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MATRIMONIO

E CAVALIERI
Il matrimonio
nel XII secolo
tra diritto e
letteratura

Daniele Colonna, PhD Legal History,


Università degli studi di Genova
Prima di cominciare:
matrimonio atto e matrimonio rapporto
Distinzione importante nel nostro ordinamento, utile anche
per leggere e comprendere le categorie medievali.

• Matrimonio atto: atto costitutivo dell’unione coniugale,


compiuto dai coniugi; se invalido può essere annullato: il
vincolo è come se non fosse mai esistito.

• Matrimonio rapporto: svolgersi concreto delle vicende


matrimoniali, insieme degli effetti giuridici che discendono
dalla costituzione del vincolo coniugale; può essere allentato
per il tramite della separazione o risolto con il divorzio (se
ammesso).

Daniele Colonna, PhD Legal History, Università degli studi di Genova


I.
Il matrimonio
medievale
tra prassi secolare e
diritto canonico

Daniele Colonna, PhD Legal History, Università degli studi di Genova


La prassi secolare del matrimonio
Sia le élite che i ceti popolari tendono a vedere nel matrimonio un
contratto utile a stringere alleanze e regolare vicende patrimoniali. In
quest’ottica, centrale è la volontà dei padri e la ragion di
famiglia/stato (publica utilitas):
▪ Le nozze sono precedute da trattative, condotte dai padri degli sposi o dallo
sposo e dal padre della sposa o un suo sostituto;
▪ L’autorizzazione del padre o del signore feudale è in ogni caso un elemento
fondamentale;
▪ Un ruolo centrale hanno i profili patrimoniali, in particolare la dote;
▪ Il costituirsi del vincolo coniugale è reso evidente da cerimonie e rituali
(impalmamento, giure, rito dell’anello, corteo nuziale, ecc.);
▪ La vicenda ha una chiara connotazione pubblica, intervengono mediatori
(sensali, mezzani), testimoni, notai, la comunità;
▪ L’indissolubilità del vincolo può essere messa in discussione dal venire
meno dei presupposti politici e/o patrimoniali su cui riposava l’unione
coniugale (es. divorzi dei re di Francia tra X e XIII secolo).

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Il matrimonio come Sacramento
La Chiesa intende il matrimonio come un sacramento (segno
della grazia divina istituito direttamente da Cristo). Di primaria
importanza è quindi la volontà degli sposi e, soprattutto, la tutela
dell’indissolubilità del vincolo.
Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È
lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?". Egli rispose:
"Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e
disse: Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua
moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due,
ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha
congiunto". Gli domandarono: "Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto
di ripudio e di ripudiarla?". Rispose loro: "Per la durezza del vostro cuore Mosè
vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all'inizio però non fu così. Ma io vi
dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima,
e ne sposa un'altra, commette adulterio". (Matteo 19, 3-9)

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L’egemonia del diritto Canonico
• La visione sacramentale del matrimonio non è di per sé in
contrasto con l’impostazione propria della società secolare,
possono però sorgere frizioni (es. matrimoni clandestini;
scontro interno al Concilio di Trento tra delegati francesi e
Chiesa di Roma).
• Nonostante ciò, tra l’XI e il XII secolo, la Chiesa riesce a
ottenere il monopolio legislativo e giudiziario dell’ambito
matrimoniale, erodendo la giurisdizione e le prerogative dei
poteri secolari: a regolare gli aspetti principali del vincolo
coniugale è il diritto canonico e le relative controversie
divengono di competenza, spesso esclusiva, dei tribunali
ecclesiastici.
• Proprio nel XII secolo, partendo da presupposti condivisi e
radicati nella tradizione, si andranno a definire gli aspetti
ancora dubbi della dottrina del matrimonio, in particolare
quelli legati ai requisiti necessari per una valida
formazione del vincolo coniugale.
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Le acquisizioni teologiche e canonistiche
• Indissolubilità del vincolo regolarmente formatosi
• Centralità volontà degli sposi
• Importanza della consumazione (copula)
• Le manifestazioni esteriori, le cerimonie, la dote non sono elementi
sostanziali, utili al massimo a fornire la prova dell’avvenuto matrimonio
• La benedizione nuziale è caldamente raccomandata, ma la sua assenza
non comporta la nullità del vincolo
• La separazione (separatio quoad thorum) è ammessa al ricorrere di talune
circostanze ma il vincolo matrimoniale non può essere messo in
discussione
• Il matrimonio illegittimo (es. incesto) può essere annullato
(separatio/divortium quoad vinculum)
• Generalmente ma non univocamente riconosciuta la superiorità del
celibato sulla vita coniugale (matrimonio come rimedio all’incontinenza)
• Eguaglianza ideale degli sposi: il marito ha autorità sulla moglie,
entrambi gli sposi hanno però eguali diritti e obbligazioni parallele nei
confronti l’uno dell’altra
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La formazione del vincolo coniugale
• Ancora alla metà del XII secolo, benché vi fosse generale accordo sulla
necessità del consenso degli sposi (consensus facit nuptias, Ulpiano, Isidoro
di Siviglia), non era chiaro se questo fosse sufficiente.
• Era diffusa in particolare l’opinione che un altro elemento necessario
fosse la copula: solo con essa si sarebbe verificata quella unitas carnis che
era l’essenza del matrimonio.
• Graziano: «tra lo sposo e la sposa il matrimonio esiste, ma non è che un
matrimonio iniziato (matrimonium initiatum); il matrimonio è perfetto
tra coloro che l’hanno consumato (ratum)». Teoria della copula
(canonisti), influsso della tradizione germanica.
• Pietro Lombardo: l’accordo di volontà è sufficiente a formare un
matrimonio perfetto e indissolubile, a questo fine la consumazione non
è necessaria. È importante però distinguere : solo il consenso espresso al
presente (per verba de praesenti) comporta conseguenze irreversibili,
quello al futuro (per verba de futuro) dà origine a una promessa
suscettibile ancora di essere sciolta. Teoria consensualista (teologi),
influsso diritto romano.
• Benché ad imporsi fu la teoria consensualista, la copula continuò ad
avere una profonda rilevanza (matrimonio presunto).
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II.
Letteratura cortese
e
Diritto
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La società cortese
(Francia XI e XII secolo)
• La letteratura francese (in langue d’oc e d’oïl) a partire dalla seconda
metà del XI secolo acquisisce una funzione egemone,
contribuendo allo sviluppo della civiltà europea.
• Tale cultura viene definita cortese perché sorge nelle corti dei
signori ed è quindi espressione dell’aristocrazia feudale che
raggiunse in questi anni, in Francia, il suo massimo splendore.
• La cultura cortese è una cultura cavalleresca. I cavalieri in origine
esprimevano una nobiltà minore (figli cadetti) priva di feudi e
ricchezze, dedita solo al combattimento. Grazie anche all’intervento
della Chiesa (cerimonia investitura), a partire dall’XI secolo si
iniziò un disciplinamento di questo ceto sociale. A tale fine
contribuì anche la letteratura cortese delineando le caratteristiche
ideali del buon cavaliere: forza, fedeltà al signore, lealtà,
gentilezza o nobiltà d’animo, difesa della Chiesa e dei deboli (in
primis le donne).
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La "rivalutazione" della donna
e l’amore cortese
• Rispetto ai secoli dell’alto medioevo, nell’immaginario della società
cortese la figura femminile viene valutata positivamente, ad essa
si attribuiscono (a livello ideale) le virtù più nobili e preziose.
• Vi sono casi (eccezionali) in cui le mogli dei signori feudali svolgono
effettivamente ruoli di supplenza rispetto ai mariti impegnati in
guerra o nelle crociate.
• Talvolta esse stesse divengono mecenati e artisti (Eleonora
d’Aquitania, Maria di Champagne).
• Amore cortese: precursore amore moderno (corteggiamento,
coinvolgimento dei sentimenti); esperienza tendenzialmente
extraconiugale e antimatrimoniale (De Amore di Andrea
Cappellano, Tristano e Isotta, eccezionalità di Chrétien de Troyes).
• Retorica congeniale a quella feudale
(signore : donna amata = vassallo : innamorato).
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Letteratura cortese, storia e
diritto
• Le fonti letterarie sono importanti per comprendere un determinato
contesto storico, possono però essere causa di fraintendimenti:
– Situazioni ideali, totalmente sconnesse dalla quotidianità;
– Esprimono un sentire limitato a una porzione assai ristretta della
società bassomedievale (aristocrazia feudale).
• D’altro canto ci permettono di intuire i modelli cui le élite del tempo si
ispiravano, sono una finestra sulla gerarchia di valori di questo mondo,
da come essi si autorappresentavano possiamo intuire come erano
veramente.
• La letteratura cortese e il diritto canonico matrimoniale hanno in
comune lo scopo di fornire un quadro di regole, di disciplinare la
società o parte di essa; entrambi agiscono sul piano ideale, del dover
essere, sebbene con intenti e strumenti diversi; il raffronto può essere
fruttuoso per individuare i rispettivi limiti e successi.

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Chrétien de Troyes
(seconda metà XII secolo)
• Il maggior autore di romanzi cortesi, il più
grande poeta medievale prima di Dante.
• Operò alla corte di Maria di Champagne e di
Filippo di Alsazia.
• Scrisse: Erec et Enide, Cligés, Lancelot, Yvain, Perceval
(più altre opere non pervenuteci).
• In contrasto con quanto teorizzato dai maggiori
trattatisti dell’amore cortese (Andrea Cappellano)
individua il matrimonio come luogo ideale per
il raggiungimento del perfetto amore (Erec et
Enide, Cligés).
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Difesa del matrimonio
Discorso di Ginevra nel Cligès
«Non sanno ciò che fanno quegli amanti
che si celano l’uno all’altra. Il travaglio
d’amore è molto gravoso, e spesso si muta
in rovina. […] Vi consiglio di non ricercare
mai l’impeto e la passione d’amore: siate
tra voi compagni per onore e
matrimonio; credo che il vostro amore
potrà così durare più a lungo.»

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III.
Erec et Enide
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Erec et Enide
(1170 ca)
Sinossi: Erec, principe e cavaliere della corte di Re
Artù, sposa Enide, damigella nobile caduta in disgrazia;
la passione amorosa tra i due coniugi porta Erec a
disattendere ai suoi doveri di cavaliere (conflitto tra
doveri della cavalleria e doveri coniugali), per
dimostrarsi degno della sua sposa e del suo sovrano
deve quindi affrontare, insieme alla consorte, una
serie di prove che rafforzeranno sia il vincolo feudale
che quello coniugale.

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Negoziazione del matrimonio
tra Erec e il padre di Enide
Padre: «In questa terra non vi è barone che non
avrebbe preso mia figlia in moglie volentieri, ma
aspetto un’occasione migliore»
Erec: «Sono figlio di un re ricco e potente,
appartengo alla corte di re Artù. Se me lo
consentirete porterò vostra figlia nella mia terra dove
sarà regina di dieci città»
Padre: «Affido mia figlia al vostro completo volere»,
prende la fanciulla per mano e dice «tenete, ve
la dono» Erec l’accoglie con gioia.
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Cerimonia pubblica, benedizione
nuziale, consumazione
• «Re Artù inviò messaggeri per tutto il regno per convocare
a corte re, duchi e conti suoi feudatari […].»
• «L’arcivescovo di Canterbury benedisse Enide così come si
doveva […] dopo la benedizione dei vescovi e degli
arcivescovi, giunse il momento in cui gli sposi si unirono»
• «La pulzella è resa ardita dall’amore che intercorre tra loro:
non prova timore, sopporta ogni cosa per quanto dolore le
possa provocare e, prima che si sia levata, ha perso il nome
di fanciulla: al mattino è dama novella»
• «Le celebrazioni delle nozze si protrassero tra magnifici
festeggiamenti per più di quindici giorni»
• «Erec mi ha sposata con il consenso di mio padre e la
gioia di mia madre. Tutti nostri parenti l’hanno saputo e se
ne sono rallegrati.»

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IV.
Cligès
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Cligès
(1176 ca)
Sinossi: Chrétien de Troyes compone questa opera con il
chiaro intento di rivendicare la superiorità dell’amore
coniugale su quello adultero, in evidente polemica con
la più famosa vicenda di Tristano e Isotta; Cligès e
Fenice, giovani di alto lignaggio, sono innamorati
ma impossibilitati a sposarsi poiché lei è già
promessa sposa allo zio di lui, Alis; con una serie di
stratagemmi, pur a matrimonio concluso, Fenice riesce
a mantenersi illibata e alla morte “provvidenziale”
del suo sposo può convolare a nozze regolarmente
con Cligès, con il quale aveva già intrapreso una
relazione adulterina. Nonostante il lieto fine e il
comportamento esemplare di Fenice, su di essa rimarrà il
marchio di una cattiva fama.

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"Falsa" consumazione del
matrimonio tra Fenice e Alis
• Fenice: «Io soffro perché chi mi piace è il nipote di colui che devo
prendere. Preferirei essere squartata che udire raccontare a nostro
riguardo l’amore di Tristano e Isotta. Quell’amore fu illegittimo
perché il suo corpo ebbe due beneficiari. Mai il mio corpo sarà
prostituito, mai avrà due comproprietari. Ma come donare il mio corpo
a colui del quale sono innamorata, se mio padre mi dona a un altro e
io non oso oppormi? […] Se conoscete un artifizio che possa
impedire che colui a cui sono data e promessa prenda possesso
di me ve ne sarei perennemente grata»
• «La nutrice le promette un filtro che le consentirà di coricarsi accanto
allo sposo senza timore, tra voi sarà come se si erigesse un muro»
• «Vi furono molti vescovi e abati per benedire il letto nuziale col
segno della croce. Quando fu l’ora Alis si coricò, come doveva, accanto
alla sposa. […] La fanciulla trema di sgomento, lo sposo la avvicina ma
subito si addormenta. Dorme e crede di essere sveglio […] crede di
tenerla e non la tiene.»

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Dall’adulterio al matrimonio
Cattiva fama di Fenice
• «Quando Cligès e Fenice si baciano e si abbracciano credono
che tutto il mondo divenga migliore in virtù della loro gioia e
della loro felicità. E non chiedetemi di più.»

• «Dell’amica Cligès ha fatto la propria sposa.»

• «Da allora non vi fu imperatore a Costantinopoli che non


temette di essere ingannato dalla moglie, poiché aveva
inteso narrare come Fenice avesse giocato Alis. […]
Perciò, a Costantinopoli, l’imperatrice è sorvegliata come in
una prigione. L’imperatore non se ne fida ricordandosi di
Fenice e la fa custodire sempre in una camera e accanto a lei
vi sono solo uomini castrati sin dall’infanzia.»

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V.
L’Histoire
de
Guillaume
le Maréchal

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Guillaume le Maréchal
• Guillaume le Maréchal (William the Marshal, Guglielmo il
Maresciallo; 1145 ca – 1219), originario della piccola nobiltà
gravitante nell’orbita dei Plantageneti, divenne uno dei più
rilevanti personaggi del medioevo europeo, fu cavaliere al
servizio di Enrico II e poi dei figli Enrico il giovane, Riccardo
Cuor di Leone, Giovanni Senza Terra e reggente con Enrico
III.
• Fu protagonista degli scontri tra la Francia e l’ancora
giovane Regno Anglo-Normanno e delle vicende che
condussero alla proclamazione della Magna Carta (1215).
• Pare che il Re di Francia Filippo II Augusto, che fu suo
nemico sul campo di battaglia, lo definì «l’uomo più leale
che io abbia mai conosciuto».

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L’Histoire
• L’Histoire è la biografia in versi del Maresciallo.
• È stata composta negli anni Venti del XIII secolo, in
volgare anglo-normanno, da un ignoto Giovanni il
Trovatore, su commissione del figlio primogenito di
Guglielmo con lo scopo di celebrare il padre da poco
defunto.
• Nonostante il tenore a tratti quasi agiografico, l’autore
ricostruisce le vicende a partire da fonti scritte e
testimonianze dirette, non vi è motivo quindi per
dubitare della veridicità di molti avvenimenti che
aprono uno squarcio importante sulla realtà del XII e
XIII secolo.

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L’importanza sociale
del matrimonio
«A quei tempi il solo vero potere
appartiene agli uomini sposati. L’uomo
vale mille volte più della donna, ma non
vale quasi nulla se non possiede per parte
sua una legittima moglie , nel suo letto, nel
cuore della sua casa».
Georges Duby, Guillaume le Maréchal, 1984

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La fanciulla e il monaco

Aneddoto: il giovane Maresciallo, in compagnia dei suoi uomini,


riposa durante un viaggio. Ad un certo punto viene svegliato dal
vociare di una donna. Immediatamente accorre (per la fretta
dimentica la spada), ma non trova nessuna fanciulla in pericolo, solo
una ragazza con un giovane uomo. Subito si informa della loro
provenienza e dopo un breve alterco viene fuori la verità: sono due
amanti, lui un monaco rinnegato e lei una damigella nobile in
fuga dalla famiglia e da un matrimonio combinato. Guglielmo,
nell’interesse della ragazza si propone di fare da mediatore tra lei e il
fratello, davanti al rifiuto di quest’ultima non si scompone ma
anzi mostra di preoccuparsi per il proseguimento del viaggio e per il
loro sostentamento. Il monaco con orgoglio mostra un sacchetto di
denaro: lo daranno a prestito con interessi nella prima città che
incontreranno e vivranno di rendita. Guglielmo si adira, gli sottrae
il denaro e li caccia mandandoli letteralmente al diavolo. Il denaro
sequestrato verrà immediatamente speso per intrattenere la comitiva
del Maresciallo.

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La fanciulla e il monaco
• «l’amore che veniva a controbilanciare i
maneggi dei capifamiglia» Duby
• Attendibilità storica della narrazione
• Opposizione liberalità (Guglielmo)/villania
(Monaco)
• Possibilità di riconciliazione per il tramite e grazie
alla mediazione di amici e conoscenti
• Eccezionale ma tollerata ribellione femminile
• Gerarchia di valori medievale: usura peggio del
ratto/stupro

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Per approfondire
➢ D. LOMBARDI, Storia del matrimonio. Dal medioevo a oggi, Bologna,
Il Mulino, 2008;
➢ M. L. MENEGHETTI, Il romanzo nel Medioevo, Bologna, Il Mulino,
2010;
➢ G. AGRATI, M.L. MAGINI, Chrétien de Troyes. I romanzi cortesi,
Milano, Mondadori, 1983;

➢ G. DUBY, Guglielmo il Maresciallo. L’avventura del cavaliere, Roma,


Bari, Laterza, 2004;

➢ D. COLONNA, Diritto e matrimonio nei romanzi cortesi di Chrétien de


Troyes, in Materiali per una storia della cultura giuridica, fasc. 1, 2022,
pp. 3-24.
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