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DON

CARLO (Versione Milano, 1884)

Opera in quattro atti

musica di
Giuseppe Verdi

libretto di
Joseph Méry e Camille du Locle

traduzione italiana di
Achille de Lauzières e Angelo Zanardini

personaggi
Filippo II, re di Spagna basso
Don Carlo, infante di Spagna tenore
Rodrigo, marchese di Posa baritono
Il Grande inquisitore, cieco nonagenario basso
Un frate basso
Elisabetta di Valois soprano
La principessa d’Eboli mezzosoprano
Tebaldo, paggio d’Elisabetta soprano
La contessa d’Aremberg mima
Il conte di Lerma tenore
Un araldo reale tenore
Voce dal cielo soprano

Deputati fiamminghi, inquisitori, signori e dame della Corte di Spagna,


popolo, paggi, guardie di Filippo II, frati,
familiari del Santo Uffizio, soldati, magistrati,
deputati delle provincie dell’Impero spagnuolo, ecc.

Spagna, verso il 1560

Editore Casa Ricordi, Milano

Don Carlo 123


Atto primo

Parte prima Ah! Padre che arridi a’ tuoi fedel,


Il chiostro del convento di San Giusto. pietoso al peccator, conceder tu vorrai
A destra una cappella illuminata. Vi si vede che la pace e il perdon su lui scendan dal ciel.
attraverso ad un cancello dorato la tomba di Carlo V. Grande è Dio sol, è grande Ei sol!
A sinistra, porta che mena all’esterno. In fondo la
porta interna del chiostro. Giardino con alti cipressi. Frati
È l’alba. Carlo, il sommo imperator,
non è più che muta cener!
Scena prima Signor… Signor…
Frati, un frate, poi Don Carlo. Il tuo furor non piombi,
I frati salmeggiano dalla cappella. non piombi sul suo cor.
Un frate, prostrato innanzi alla tomba, Grande è Dio sol, è grande Ei sol!
prega sottovoce.
(il giorno spunta lentamente. Don Carlo pal­lido
[Preludio, ed esterrefatto erra sotto le volte del chiostro. Si arresta
Introduzione per ascoltare, e si scopre il capo. S’ode suonar una
e Scena del Frate] campana. I frati escono dalla cappella, traversano
la scena e si perdono nei corridoi del chiostro)
Frati
Carlo, il sommo imperatore, Scena seconda
non è più che muta cener;
del celeste suo fattore Don Carlo
l’alma altera or trema al piè. Io l’ho perduta! Oh! Potenza suprema!
Un altro… ed è mio padre… un altro…
Un frate [e questi è il re,
Ei voleva regnare sul mondo, lei che adoro m’ha rapita!
Obliando Colui che nel ciel La sposa a me promessa!… Ah! Quanto puro
Segna agli astri il cammino fedel. [e bello
L’orgoglio immenso fu, fu l’error suo profondo! fu il dì senza diman, in cui, ebri di speme,
c’era dato vagar, nell’ombra, soli insieme,
Frati nel dolce suol di Francia,
Carlo, il sommo imperatore ecc. nella foresta di Fontainebleau!
Io la vidi e il suo sorriso
Il frate nuovo un ciel apriva a me!
Grand’è Dio sol, e s’Ei lo vuole Ah! Per sempre or m’ha diviso
fa tremar la terra ed il ciel! da quel core un padre, un re!

Teatro alla Scala 124


Non promette un dì felice Don Carlo
di mia vita il triste albor… È il ciel che a me t’invia nel mio dolor,
M’hai rubato, incantatrice, angiol consolator!
e cor e speme e sogni e amor!
Ahimè! Io l’ho perduta!… Rodrigo
O amato prence!
Il frate L’ora suonò; te chiama il popolo fiammingo!
(che si è fermato per porgere ascolto ai detti Soccorrer tu lo dêi; ti fa’ suo salvator!
di Don Carlo) Ma che vid’io! Quale pallor, qual pena!…
Il duolo della terra Un lampo di dolor sul ciglio tuo balena!…
nel chiostro ancor c’insegue; Muto sei tu!… Sospiri! Hai tristo il cor!
del core sol la guerra (con trasporto d’affetto)
in ciel si calmerà. Carlo mio, con me, con me dividi
il tuo pianto, il tuo dolor!
(suona la campana. Il frate si rimette in cammino)
Don Carlo
Don Carlo Mio salvator, mio fratel, mio fedele,
(indietreggia spaventato) lascia ch’io pianga in seno a te!
La sua voce!… Il cor mi trema…
Mi pareva… qual terror! Rodrigo
Versami in cor il tuo strazio crudele,
Veder l’imperator, che nelle lane
l’anima tua non sia chiusa per me!
il serto asconde e la lorica d’or.
Parla!
(cupo)
È voce che nel chiostro appaia ancor!
Don Carlo
Lo vuoi tu? La mia sventura apprendi
Il frate
e qual orrendo stral
(nell’interno, allontanandosi)
il cor mi trapassò!
Del core la guerra in ciel si calmerà.
Amo… d’un colpevol amor… Elisabetta!
(sempre allontanandosi)
Rodrigo
Don Carlo Tua madre! Giusto ciel!
O terror! O terror!
Don Carlo
Scena terza Qual pallor!
Don Carlo e Rodrigo. Lo sguardo chini al suol!
(con disperazione)
Rodrigo Tristo me!
(entrando) Tu stesso, mio Rodrigo,
È lui!… Desso!… L’infante! t’allontani da me?

Don Carlo Rodrigo


O mio Rodrigo! No, Rodrigo ancor t’ama!
Io tel posso giurar.
Rodrigo Soffri? Già per me l’universo dispar!
Altezza!
Don Carlo
Don Carlo O mio Rodrigo!
Sei tu, ch’io stringo al seno?
Rodrigo
Rodrigo Mio prence!
O mio prence, signor! Questo arcano dal re non fu sorpreso ancora?

Don Carlo 125


Don Carlo (Rodrigo s’è allontanato da Don Carlo che s’inchina
No! innanzi al re cupo e sospettoso. Egli cerca di
frenar la sua emozione. Elisabetta trasale nel riveder
Rodrigo Don Carlo. Il re e la regina si avanzano, e vanno
Ottien dunque da lui di partir per la Fiandra. verso la cappella ov’è la tomba di Carlo V, dinanzi
Taccia il tuo cor; degna di te alla quale Filippo s’inginocchia per un istante
opra farai, apprendi omai a capo scoperto; quindi prosegue il suo cammino
in mezzo a gente oppressa a divenir un re! colla regina)

Don Carlo Frati


Ti seguirò, fratello. (nell’interno)
Carlo, il sommo imperatore,
(odesi il suono d’una campana) non è più che muta cener;
del celeste suo fattore
Rodrigo l’alma altera or trema al piè.
Ascolta! Le porte dell’asil s’apron già; qui Grand’è Dio sol, grand’è Dio sol!
[verranno
Filippo e la regina. Don Carlo
Ei la fe’ sua! Io l’ho perduta!…
Don Carlo
Elisabetta! Il frate
Ah! La pace, il perdon discendono dal ciel.
Rodrigo Grand’è Dio sol, grand’è Dio sol!
Rinfranca accanto a me lo spirto che vacilla,
serena ancora la stella tua nei cieli brilla! Rodrigo
Domanda al ciel dei forti la virtù! Vien presso a me, il tuo cor più forte avrai!

Don Carlo e Rodrigo Don Carlo e Rodrigo


Dio, che nell’alma infondere (con entusiasmo)
amor volesti e speme, Vivremo insiem, e morremo insiem!
desio nel core accendere Sarà l’estremo anelito un grido: libertà!
tu dêi di libertà. Grido estremo sarà: libertà!
Giuriamo insiem di vivere
e di morire insieme; (partono)
in terra, in ciel congiungere
ci può la tua bontà. Parte seconda
Ah! Dio ecc. Un sito ridente alle porte del chiostro di San Giusto.
Una fontana; sedili di zolle; gruppi d’alberi
(Filippo, conducendo Elisabetta, appare in mez­zo d’aranci, di pini e di lentischi. All’orizzonte
ai frati) le montagne azzurre dell’Estremadura. In fondo
a destra, la porta del convento. Vi si ascende
Rodrigo per qualche gradino.
(a Don Carlo)
Vengon già. Scena prima
La principessa d’Eboli, Tebaldo, la contessa
Don Carlo d’Aremberg, dame della regina, paggi.
Oh! Terror! Al sol vederla io tremo! Le dame sono assise sulle zolle intorno alla fonte.
I paggi sono in piedi intorno ad esse. Un paggio
Rodrigo tempra una mandolina.
Coraggio!

Teatro alla Scala 126


[Coro e Scena] saracin ostello,
all’olezzo, al rezzo
Dame degli allor, dei fior,
Sotto ai folti, immensi abeti, una bella almea,
che fan d’ombre e di quïeti tutta chiusa in vel,
mite schermo al sacro ostel, contemplar parea
ripariamo e a noi ristori una stella in ciel.
dien i rezzi ai vivi ardori, Mohammed, re moro,
che su noi dardeggia il ciel! al giardin sen va;
dice a lei: «T’adoro,
(Tebaldo entra con Eboli)
o gentil beltà.
Vien, a sé t’invita
Tebaldo
Di mille fior si copre il suolo, per regnare il re;
dei pini s’ode il susurrar, la regina ambita
e sotto l’ombra aprir il volo non è più da me».
qui l’usignuol più lieto par. Ah!…

Tebaldo e dame Eboli e Tebaldo


Bello è udire in fra le piante Ah! Tessete i veli, vaghe donzelle,
mormorar la fonte amante, mentre è nei cieli l’astro maggior,
stilla a stilla, i suoi dolor! che sono i veli, al brillar delle stelle,
E, se il sole è più cocente, più cari all’amor.
le ore fan del dì men lente
infra l’ombra e in mezzo ai fior. Dame
Tessete i veli ecc.
Eboli
Tra queste mura pie la regina di Spagna Eboli, Tebaldo e dame
può sola penetrar. Volete voi, mie compagne, … Al brillar delle stelle,
già che le stelle in ciel spuntate ancor non son, più cari all’amor.
cantar qualche canzon?
Eboli
Tebaldo e dame «Ma discerno appena,
Seguir vogliam il tuo capriccio,
(chiaro il ciel non è),
o principessa, attente udrem.
i capelli belli,
la man breve, il piè.
Eboli
(a Tebaldo) Deh! Solleva il velo
A me recate la mandolina: che t’asconde a me;
e cantiam tutte insiem, esser come il cielo
cantiam la canzon saracina, senza vel tu de’.
quella del Velo, propizia all’amor. Se il tuo cor vorrai
Cantiam! a me dare in don,
il mio trono avrai,
Tebaldo e dame ché sovrano io son.
Cantiam! Tu lo vuoi? T’inchina,
appagar ti vo’.
[Canzone del Velo] Allah! La regina!»,
Mohammed sclamò.
(il paggio l’accompagna sulla mandolina) Ah!

Eboli Eboli, Tebaldo e dame


Nei giardin del bello Tessete i veli, ecc.

Don Carlo 127


Scena seconda Rodrigo
Detti ed Elisabetta. (ad Eboli)
Elisabetta esce dal convento. D’un gran torneo si parla già,
e del torneo il re sarà.
[Scena, Terzettino dialogato e Romanza]
Elisabetta
Dame (tenendo in mano il biglietto; fra sé)
La regina! (Ah!… Non ardisco aprirlo ancor;
se il fo, tradisco del re l’onor.
Eboli Ah! Perché tremo! Quest’alma è pura ancora.
(fra sé) Dio mi legge in cor.)
(Un’arcana
mestizia sul suo core pesa ognora.) Eboli
(a Rodrigo)
Elisabetta Son le francesi gentili tanto,
(sedendo presso il fonte) e d’eleganza, di grazia han vanto.
Una canzon qui lieta risuonò.
(tra sé) Rodrigo
(Ahimè! Spariro i dì che lieto era il mio cor!) (ad Eboli)
In voi brillar sol si vedrà
Scena terza
la grazia insieme alla beltà.
Detti e Rodrigo.
Rodrigo appare nel fondo. Tebaldo s’avanza verso
Eboli
di lui, gli parla un momento a voce bassa, poi torna
(a Rodrigo)
alla regina.
È mai ver ch’ alle feste regali
le francesi hanno tali beltà,
Tebaldo
che solo in ciel trovan rivali?
(presentando Rodrigo)
Dite, è ver?
Il marchese di Posa, Grande di Spagna.

Rodrigo Rodrigo
(inchinandosi alla regina, poi covrendosi) (ad Eboli)
Signora! La più bella mancar lor potrà.
Per Vostra Maestà, l’augusta madre un foglio
mi confidò in Parigi. Elisabetta
(a parte, leggendo il biglietto)
(Rodrigo porge la lettera alla regina, e rapidamente («Per la memoria che ci lega, in nome
le consegna un biglietto: quindi mostra alle dame d’un passato a me caro,
il real foglio) v’affidate a costui, ven prego.
Carlo.»)
(Leggete, in nome della grazia eterna.)
Ecco il regal suggel, i fiordalisi d’or. Eboli
(a Rodrigo)
(Elisabetta rimane un momento immobile e confusa, Nei balli a Corte, pei nostri manti
mentre Rodrigo s’avvicina ad Eboli) la seta e l’or sono eleganti?

Eboli Rodrigo
(a Rodrigo) (ad Eboli)
Che mai si fa nel suol francese, Tutto sta ben
così gentil, così cortese? allora che s’ha
la vostra grazia e la beltà.

Teatro alla Scala 128


Elisabetta Rodrigo
(a Rodrigo) Ah! Carlo del re suo genitore
Grata io son. Un favor chiedete alla regina. rinchiuso il core ognor trovò;
eppur non so chi dell’amore
Rodrigo saria più degno, ah! Inver nol so.
(vivamente) Un sol, un solo detto d’amore
Accetto, e non per me. sparir il duolo farà dal cor;
dato gli sia che vi riveda,
Elisabetta se tornerà, salvo sarà.
(tra sé)
(Io mi sostengo appena!) Eboli
(tra sé)
Eboli (Amor avria per me?
(a Rodrigo) Perché lo cela, perché celarlo a me?)
Chi più degno di voi può sue brame veder
appagate? Elisabetta
(tra sé)
Elisabetta (Ahimè! Io mi sostengo appena!…
(da sé) Gran Dio! Rivederlo è morir!)
(Oh terror!)
Rodrigo
Eboli Dato gli sia che vi riveda,
Ditelo, chi? se tornerà, salvo sarà,
se tornerà, Carlo fia salvo.
Elisabetta
Chi mai? Elisabetta
(a Tebaldo, con dignità e risoluzione)
Rodrigo Va’, pronta io son il figlio a riveder.
Carlo, ch’è sol il nostro amore,
vive nel duol su questo suol, Eboli
e nessun sa quanto dolore (fra sé, agitata)
del suo bel cor fa vizzo il fior. (Oserà mai?… Potesse aprirmi il cor!)
In voi la speme è di chi geme;
s’abbia la pace ed il vigor; (Rodrigo prende la mano d’Eboli e s’allontana
dato gli sia che vi riveda, con lei parlando sottovoce)
se tornerà, salvo sarà.
Scena quarta
Eboli Detti, e Don Carlo.
(tra sé) Don Carlo si mostra condotto da Tebaldo. Rodrigo
(Un dì che presso alla sua madre mi stava, parla sommesso a Tebaldo che entra nel convento.
vidi Carlo tremar… amor avria per me?) Don Carlo s’avvicina lentamente ad Elisabetta
e s’inchina senza alzar lo sguardo su di lei.
Elisabetta Elisabetta, contenendo a fatica la sua emozione,
(tra sé) ordina a Don Carlo d’avvicinarsi. Rodrigo ed
(La doglia in me s’aggrava… Eboli scambiano dei cenni con le dame, si allontanano,
Rivederlo e finiscono per disperdersi tra gli alberi. La contessa
è morir!) d’Aremberg e le due dame restano sole in piedi,
a distanza, impacciate del contegno che debbono
Eboli avere. A poco a poco la contessa e le dame vanno
(tra sé) di cespuglio in cespuglio cogliendo qualche fiore,
(Perché lo cela a me?) e si allontanano.

Don Carlo 129


[Gran Scena e Duetto] Elisabetta
(molto commossa)
Don Carlo Perché, perché accusar il cor d’indifferenza?
(con calma) Capir dovreste questo nobil silenzio.
Io vengo a domandar grazia alla mia regina; Il dover, come un raggio, al guardo mio brillò;
quella che in cor del re tiene il posto primiero guidata da quel raggio io moverò.
sola potrà ottener questa grazia per me. La speme pongo in Dio, nell’innocenza!
(animandosi a poco a poco)
Quest’aura m’è fatale, m’opprima, mi tortura, Don Carlo
come il pensier d’una sventura. (con voce morente)
Ch’io parta! N’è mestier! Andar mi faccia il re Perduto ben, mio sol tesor,
nelle Fiandre. ah! Tu splendor di mia vita!
Udire almen ti poss’ ancor.
Elisabetta Quest’alma ai detti tuoi schiuder si vede il ciel!
(commossa)
Mio figlio! Elisabetta
Clemente Iddio, così bel cor
Don Carlo acqueti il suo duol nell’obblio…
(con veemenza) O Carlo, addio; su questa terra
Tal nome no; ma quel vivendo accanto a te mi crederei nel ciel!
d’altra volta!…
(Elisabetta vuole allontanarsi. Don Carlo Don Carlo
supplichevole l’arresta) (con esaltazione)
Infelice! Più non reggo! O prodigio! Il mio cor s’affida, si consola;
Pietà! Soffersi tanto; pietà! Il ciel avaro il sovvenir del dolor s’invola,
un giorno sol mi diè; poi rapillo a me!… il ciel pietà sentì di tanto duol…
Isabella, al tuo piè morir io vo’ d’amor.
(Rodrigo ed Eboli attraversano la scena
conversando) (Don Carlo cade privo di sensi al suolo)

Elisabetta Elisabetta
(con emozione assai frenata) Giusto ciel, la vita già manca
Prence, se vuol Filippo udire nell’occhio suo che lagrimò!
la mia preghiera, per la Fiandra Bontà celeste, deh! Tu rinfranca
da lui rimessa in vostra man, quel nobil core che sì penò.
ben voi potrete partir doman. Ahimè! Il dolor l’uccide…
Tra queste braccia io lo vedrò
(Rodrigo ed Eboli sono partiti. Elisabetta fa un morir d’affanno, morir d’amore…
cenno d’addio a Don Carlo e vuole allontanarsi) Colui che il ciel mi destinò!…

Don Carlo
Don Carlo (nel delirio)
Ciel! non un sol, un sol detto Qual voce a me dal ciel scende a parlar d’amor?
pel meschino ch’esul sen va! Elisabetta! Tu, bell’adorata,
Ah! perché mai parlar non sento assisa accanto a me come ti vidi un dì!
nel vostro cor la pietà? Ah! Il ciel s’illuminò, la selva rifiorì!
Ahimè! Quest’alma è oppressa,
ho in core un gel… Elisabetta
Insan! Piansi, pregai nel mio delirio, O delirio, o terror! Egli muore!
mi volsi a un gelido marmo d’avel! O ciel, ei muore! Gran Dio!
Ah, giusto ciel!…

Teatro alla Scala 130


Don Carlo Filippo
O mio tesor! Sei tu, (ad Elisabetta)
mio dolce amor! Sei tu, Perché sola è la regina?
bell’adorata! Sei tu! Non una dama almeno presso di voi serbaste?
(rinvenendo) Nota non v’è la legge mia regal?
Alla mia tomba, Quale dama d’onor esser dovea con voi?
al sonno dell’avel
sottrarmi perché vuoi, spietato ciel! (la contessa d’Aremberg esce tremante dalla calca,
e si presenta al re)
Elisabetta
Oh! Carlo! Oh! Carlo! Filippo
(alla contessa)
Don Carlo Contessa, al nuovo sol in Francia tornerete.
Sotto il mio piè si dischiuda la terra,
il capo mio sia dal fulmin colpito, (la contessa d’Aremberg scoppia in lagrime.
io t’amo, Elisabetta!… Tutti guardano la regina con sorpresa)
(la stringe fra le braccia)
Il mondo è a me sparito! Dame e paggi
(Ah! La regina egli offende!)
Elisabetta
(scostandosi) [Romanza]
Compi l’opra, a svenar corri il padre,
ed allor del suo sangue macchiato Elisabetta
all’altar puoi menare la madre… (alla contessa d’Aremberg)
Non pianger, mia compagna,
Don Carlo non pianger, no,
Ah! lenisci il tuo dolor.
Bandita sei di Spagna
Elisabetta ma non da questo cor.
…ed allor Con te del viver mio
all’altar puoi menare la madre… fu lieta l’alba ancor;
Va’… e svena tuo padre! ritorna al suol natio,
ti seguirà il mio cor.
Don Carlo (dà un anello alla contessa)
(retrocedendo inorridito) Ricevi estremo pegno,
Ah! Maledetto io son! un pegno
(fugge disperato) di tutto il mio favor;
cela l’oltraggio indegno
Elisabetta onde arrossisco ancor.
Ah! Iddio su noi vegliò! Non dir del pianto mio,
(cade in ginocchio) del crudo mio dolor;
Signor! Signor! ritorna al suol natio,
ti seguirà il mio cor.
Scena quinta
Detta, Filippo, Tebaldo, la contessa d’Aremberg, Rodrigo, dame e paggi
Rodrigo, Eboli, dame, paggi, entrando successivamente. Spirto gentil e pio,
acqueta il tuo dolor.
[Scena]
Filippo
Tebaldo (tra sé)
(uscendo precipitosamente dal chiostro) (Come al cospetto mio
Il re! infinge un nobil cor!)

Don Carlo 131


Elisabetta Filippo
Ritorna al suol natio, Favella!
coi voti del mio cor.
Rodrigo
(la regina si separa piangendo dalla contessa, ed esce O signor, di Fiandra arrivo,
sorreggendosi ad Eboli. Le dame e i paggi la seguono) quel paese un dì sì bel;
d’ogni luce or fatto privo
Scena sesta ispira orror, par muto avel!
Filippo e Rodrigo. L’orfanel che non ha un loco
per le vie piangendo va;
[Scena e Duetto] tutto struggon ferro e foco,
bandita è la pietà!…
Filippo La riviera che rosseggia
(a Rodrigo che vuol uscire) scorrer sangue al guardo par;
Restate! della madre il grido echeggia
pei figliuoli che spirâr!
(Rodrigo pone un ginocchio a terra; poi s’avvicina Ah! Sia benedetto Iddio,
al re e si covre il capo senz’alcun impaccio) che narrar lascia a me
Presso alla mia persona questa cruda agonia,
perché d’esser ammesso voi non chiedeste ancor? perché sia nota al re.
Io so ricompensar tutti i miei difensor;
voi serviste, lo so, fido alla mia corona.
Filippo
Col sangue sol potei la pace aver del mondo;
Rodrigo
il brando mio calcò l’orgoglio ai novator,
Sperar che mai potrei dal favore dei re?
che illudono le genti coi sogni mentitor!
Sire, pago son io, la legge è scudo a me.
La morte in questa man ha un avvenir fecondo.
Filippo
Rodrigo
Amo uno spirto altier. L’audacia perdono…
Non sempre… voi lasciaste il mestier della Che! Voi pensate, seminando morte,
[guerra; piantar per gli anni eterni?
un uomo come voi, soldato d’alta stirpe,
inerte può restar? Filippo
Volgi un guardo alle Spagne!
Rodrigo L’artigian cittadin, la plebe alle campagne
Ove alla Spagna una spada bisogni, a Dio fedel e al re un lamento non ha!
una vindice man, un custode all’onor, La pace istessa io dono alle mie Fiandre!
bentosto brillerà la mia di sangue intrisa!
Rodrigo
Filippo (con forza)
Ben lo so… ma per voi che far poss’io? Orrenda, orrenda pace! La pace è dei sepolcri!
O re! Non abbia mai
Rodrigo di voi l’istoria a dir: ei fu Neron!
Nulla! No… Nulla per me! Ma per altri… Quest’è la pace che voi date al mondo?
Desta tal don terror, orror profondo!
Filippo È un carnefice il prete, un bandito ogni armier!
Che vuoi dire? Per altri? Il popol geme e si spegne tacendo,
è il vostro Imper deserto immenso, orrendo,
Rodrigo s’ode ognun a Filippo maledir!
Io parlerò, Sire, Come un Dio redentor, l’orbe inter rinnovate,
se grave non v’è! v’ergete a vol sublime, sovra d’ogn’altro re!
Per voi si allieti il mondo! Date la libertà!

Teatro alla Scala 132


Filippo Rodrigo
Oh! Strano sognator! (a parte, con trasporto di gioia)
Tu muterai pensier, se il cor dell’uom (Inaspettata aurora in ciel appar!)
conoscerai, qual Filippo il conosce!
Or non più!… Ha nulla inteso il re… Filippo
Non temer! In tua man!
(cupo)
Ma ti guarda dal Grande inquisitor! Rodrigo
(a parte, c.s.)
Rodrigo (S’aprì quel cor, che niun poté scrutar!)
Che!… Sire!
Filippo
Filippo Possa cotanto dì la pace a me tornar!
Tu resti in mia regal presenza
e nulla ancora hai domandato al re?… Rodrigo
Io voglio averti a me d’accanto! (a parte)
(Inaspettata aurora in ciel appar!)
Rodrigo
Sire! No! Filippo
Quel ch’io son restar io vo’! Possa tal dì la pace a me tornar!

Filippo Rodrigo
Sei troppo altier! (a parte)
Osò lo sguardo tuo penetrar il mio soglio… (Oh! Sogno mio divin! Oh! Gloriosa speme!)
Del capo mio, che grava la corona,
l’angoscia apprendi e il duol! Filippo
Guarda or tu la mia reggia!… L’affanno… (cupo)
[la circonda, Ti guarda dal Grande inquisitor!…
sgraziato genitor! Sposo più triste ancor! Ti guarda!…

Rodrigo Rodrigo
Sire, che dite mai? Sire!

Filippo (il re stende la mano a Rodrigo, che s’inginocchia


La regina… un sospetto mi turba… e gliela bacia)
Mio figlio!…
(la tela cala rapidamente.)
Rodrigo
(con impeto)
Fiera ha l’alma insiem e pura!

Filippo
(con esplosione di dolore)
Nulla val sotto al ciel il ben ch’ei tolse a me!

(Rodrigo, spaventato, guarda Filippo, senza rispondere)


Il lor destin affido a te!
Scruta quei cor, che un folle amor trascina!
Sempre lecito è a te di scontrar la regina!
Tu, che sol sei un uom, fra lo stuolo uman,
ripongo il cor nella leal tua man!

Don Carlo 133


Atto secondo

[Preludio] Eboli
(tra sé)
Parte prima (Un tanto amor è gioia a me suprema.
I giardini della regina a Madrid. Amata io son!)
Un boschetto chiuso. In fondo sotto un arco di
verzura, una statua con una fontana. Notte chiara. Don Carlo
L’universo obbliam! Te sola, o cara, io bramo!
Scena prima Passato più non ho, non penso all’avvenir!
Don Carlo solo. Io t’amo, io t’amo!

[Scena, Duetto e Terzetto] Eboli


Possa l’amor
Don Carlo il tuo cor al mio cor sempre unir!
(leggendo un biglietto)
Don Carlo
«A mezzanotte, ai giardini della regina,
L’universo obbliam, la vita e il ciel istesso!
sotto gli allor della fonte vicina.»
Io t’amo, io t’amo!
È mezzanotte; mi pare udir
il mormorio del vicino fonte…
Eboli
Ebbro d’amor, ebbro di gioia il core!…
(a parte)
Elisabetta! Mio ben! Mio tesor! (Oh! Gioia suprema!)
A me vien!… (togliendosi la maschera)
Scena seconda Don Carlo
Don Carlo ed Eboli. (atterrito, tra sé)
Entra Eboli, velata. (Ciel! Non è la regina!)

Don Carlo Eboli


(ad Eboli da lui creduta la regina) Ahimè! Qual mai pensiero
Sei tu, sei tu, bell’adorata, vi tien pallido, immoto, e fa gelido il labbro?
che appari in mezzo ai fior! Quale spettro si leva fra noi?
Sei tu, sei tu! L’alma beata Non credete al mio cor, che sol batte per voi?
già scorda il suo dolor! (con passione)
O tu cagion del mio contento, V’è ignoto forse, ignoto ancora
parlarti posso almen! qual fier agguato a’ piedi vostri sta?
O tu cagion del mio tormento, Sul vostro capo, ad ora, ad ora
sei tu, amor mio, sei tu, mio ben! la folgore del ciel piombar potrà!

Teatro alla Scala 134


Don Carlo Rodrigo
Deh! Nol credete: ad ora, ad ora (con accento terribile)
più denso vedo delle nubi il vel; Che vuoi dir?
su questo capo io veggo ognora
pronta a scoppiar la folgore del ciel! Eboli
Tutto io so!
Eboli
Udii dal padre, da Posa istesso Rodrigo
in tuon sinistro di voi parlar. Che vuoi dir? Sciagurata!
Trema! Io son…
Don Carlo
Rodrigo! Eboli
L’intimo sei del re…
Eboli Ignoto non è a me.
Salvarvi poss’io. Io v’amo. Ma una nemica io son formidabil, possente:
m’è noto il tuo poter, il mio t’è ignoto ancor!
Don Carlo
Qual mistero mi si rivelò! Rodrigo
Qual mistero! Che mai pretendi dir?

Eboli Eboli
Salvarvi poss’io. Io v’amo. Nulla!
(inquieta)
Ah! Carlo! (a Rodrigo)
Al mio furor sfuggite invano,
Don Carlo il suo destin è in questa mano.
Il vostro inver celeste è un core,
ma chiuso il mio restar al gaudio de’! Rodrigo
Noi facemmo ambedue un sogno strano (ad Eboli)
in notte sì gentil, tra il profumo dei fior. Parlar dovete, a noi svelate
qual mai pensiero vi trasse qui.
Eboli
Un sogno! O ciel! Quelle parole ardenti Eboli
ad altra credeste rivolgere illuso!… Io son la tigre al cor ferita,
Qual balen! Qual mister!… alla vendetta l’offesa invita.
Voi la regina amate!…
Rodrigo
Don Carlo Su voi del ciel cadrà il furor.
(atterrito) Degli innocenti è il protettor.
Pietà!
Eboli
Scena terza Il mio furor ecc.
Detti, Rodrigo.
Don Carlo
Rodrigo Stolto fui! Oh destin spietato!
Che disse mai? Egli è deliro, D’una madre ho il nome macchiato!
Non merta fè… demente egli è!… Sol Iddio indagar potrà
se questo cor colpa non ha.
Eboli
Io nel suo cor lessi l’amor; Rodrigo
or noto è a me… ei si perdé. Su voi del ciel ecc.

Don Carlo 135


Eboli Rodrigo
(con ironia amara) Tacer tu dêi; rispetta il duolo,
Ed io che tremava al suo aspetto!… o un Dio severo ti punirà.
Ella volea, quella santa novella, Tacer tu dêi, o per te il suolo
di celesti virtù mascherando il suo cor, sotto il tuo piè si schiuderà!
il piacere libar
ed intera la coppa vuotar dell’amor. Don Carlo
Ah per mia fè!… Fu ben ardita! Tutto ella sa! Tremendo duolo!
Oppresso il cor, forza non ha:
Rodrigo tutto ella sa! Né ancora il suolo
(snudando il pugnale) sotto il mio piè si schiuderà!
Tu qui morrai.
Eboli
Don Carlo Trema!… Tremar tu dêi!
(trattenendolo) Trema per te, falso figliuolo ecc.
Rodrigo!
(Eboli esce furibonda)
Rodrigo
Il velen Scena quarta
ancora non stillò quel labbro maledetto! Don Carlo e Rodrigo.

Don Carlo Rodrigo


(a Rodrigo) Carlo! se mai su te fogli importanti serbi,
Rodrigo, frena il cor! qualche nota, un segreto, a me affidarli dêi.

Eboli Don Carlo


Perché tardi a ferir? (esitando)
A te! All’intimo del re!…
Rodrigo
No. Rodrigo
Sospetti tu di me? Di me?…
Eboli
Non indugiar ancor! Don Carlo
No, del mio cor sei la speranza:
Rodrigo questo cor che sì t’amò
No. a te chiudere non so.
In te riposi ogni fidanza:
Eboli sì, questi fogli importanti ti do!
Perché tardi?
Rodrigo
Rodrigo Carlo, tu puoi,
(gettando il pugnale) tu puoi fidare in me.
No, una speme mi resta; m’ispirerà il Signor.
Don Carlo
Eboli Io m’abbandono a te.
(a Don Carlo)
Trema per te, falso figliuolo, (si gettano nelle braccia l’un dell’altro)
la mia vendetta arriva già.
Trema per te, fra poco il suolo
sotto il tuo piè si schiuderà!

Teatro alla Scala 136


Parte seconda Paggi, ecc. ecc. Il corteggio si schiera innanzi
Una gran piazza innanzi Nostra Donna d’Atocha. ai gradini della chiesa.
A destra la chiesa, cui conduce una grande scala.
A sinistra un palazzo. In fondo altra scalinata Popolo
che scende ad una piazza inferiore in mezzo alla Spuntato ecco il dì d’esultanza,
quale si eleva un rogo di cui si vede la cima. onore al più grande dei regi!
Grandi edifizii e colline lontane formano l’orizzonte. In esso hanno i popol fidanza,
Le campane suonano a festa. La calca, contenuta il mondo è prostrato al suo piè!
appena dagli alabardieri, invade la scena. Onor al re!
Ei vivrà nell’eternità!
Scena prima Onor al re!
Popolo, poi frati, che menano i condannati al rogo.
L’araldo reale
[Gran Finale] (innanzi alla chiesa la cui porta è ancora chiusa)
Schiusa or sia la porta del tempio!
Popolo
Spuntato ecco il dì d’esultanza, (tutti si scoprono il capo)
onore al più grande dei regi! O magion del Signor, t’apri omai!
In esso hanno i popol fidanza, Sacrario venerato,
il mondo è prostrato al suo piè! a noi rendi il nostro re!
Il nostro amor ovunque l’accompagna,
e questo amor giammai non scemerà. Popolo
Il nome suo è l’orgoglio della Spagna, Schiusa or sia ecc.
e viver deve nell’eternità!
Scena terza
(si ode una marcia funebre) Detti, Filippo e sei frati.
Le porte della chiesa nell’aprirsi lascian vedere
Frati Filippo con la corona sul capo, incedendo
(che traversano la scena, conducendo i condannati sotto un baldacchino in mezzo ai frati. I signori
del Santo Uffizio) s’inchinano, il popolo si prostra. I Grandi
Il dì, il dì spuntò, dì del terrore, si coprono il capo.
il dì tremendo, il dì feral.
Morran, morran! Giusto è il rigore, Filippo
giusto gli è il rigor dell’Immortal. Nel posar sul mio capo la corona,
Ma di perdon voce suprema popol, giurai al ciel, che me la dona,
all’anatema succederà, dar morte ai rei col fuoco e con l’acciar.
se il peccator all’ora estrema
all’ora estrema si pentirà. Popolo
(i frati s’allontanano) Gloria a Filippo! Gloria al ciel!

Popolo (tutti s’inchinano silenziosi. Filippo scende i gradini


Spuntato è il dì d’esultanza ecc. del tempio e va a prendere la mano d’Elisabetta
per continuare il suo cammino)
Scena seconda
Rodrigo, il conte di Lerma, Elisabetta, Tebaldo, Scena quarta
paggi, dame, signori della Corte, araldi reali. Detti, Don Carlo e sei Deputati fiamminghi.
Marcia. Il corteggio esce dal palagio. Tutte le I sei Deputati fiamminghi, vestiti a bruno,
corporazioni dello Stato, tutta la Corte, i deputati si presentano all’improvviso, condotti da Don Carlo,
di tutte le provincie dell’Impero. I Grandi di Spagna. e si gettano ai piedi di Filippo.
Rodrigo è in mezzo ad essi. La regina in mezzo
alle dame. Tebaldo porta il manto d’Elisabetta.

Don Carlo 137


Elisabetta Sono i fiamminghi a me ribelli,
(a parte) infedeli a Dio, al re!
(Qui Carlo! O ciel!)
(il re vuol passar oltre. Don Carlo si pone innanzi a lui)
Rodrigo
(a parte) Don Carlo
(Qual pensier lo sospinge!) Sire! Egli è tempo ch’io viva. Stanco
son di seguir un’esistenza oscura,
Filippo in questo suol!
Chi son costoro prostrati innanzi a me? Se Dio vuol che il tuo serto
questa mia fronte un giorno a cinger venga,
Don Carlo per la Spagna prepara un re degno di lei!
Son messagger del Brabante e di Fiandra Il Bramante e la Fiandra a me tu dona.
che il tuo figliuol adduce innanzi al re.
Filippo
Sei Deputati Insensato! Chieder tanto ardisci!
Sire, no, l’ora estrema Tu vuoi ch’io stesso porga a te
ancora non suonò pei fiamminghi in duol. l’acciar che un dì immolerebbe il re!
Tutt’ un popol t’implora,
fa’ che in pianto così sempre non gema. Don Carlo
Se pietoso il tuo core Ah! Dio legge a noi nel cor; Dio giudicar ci de’.
la clemenza e la pace chiedea nel tempio,
pietà di noi ti prenda, e salva il nostro suol, Elisabetta
o re, che avesti il tuo poter da Dio. (a parte)
(Io tremo!)
Filippo
A Dio voi foste infidi, Rodrigo
infidi al vostro re. (a parte)
Son i fiamminghi a me ribelli: (Ei si perdé!)
guardie, vadan lontan da me.
Don Carlo
Sei frati (snudando la spada)
Ah! Son costor infidi, Io qui lo giuro al ciel!
in Dio non han la fè. Sarò tuo salvator, popol fiammingo, io sol!
Vedete in lor sol dei ribelli!
Tutto il rigor mertan del re! Elisabetta, Tebaldo, Rodrigo,
sei frati e popolo
Elisabetta, Tebaldo, Don Carlo, L’acciar! Innanzi al re! L’infante è fuor di sé.
Rodrigo e popolo
Su di lor stenda il re la sua mano sovrana, Filippo
trovi pietà, signor, il fiammingo nel duol: Guardie! Disarmato
nel suo martir presso a morir, Ei sia! Signor, sostegni del mio trono,
ei manda già l’estremo suo sospir. disarmato ei sia!… Ma che? Nessuno?…
Pietà! Abbi pietà, signor!
Don Carlo
Filippo Or ben, di voi chi l’oserà?
A Dio voi foste infidi, A quest’acciar chi sfuggirà?
infidi al vostro re.
Lungi da me, a Dio foste infedeli, Filippo
al re foste infedeli: Che? Nessuno?…
vadan lontan da me. Disarmato ei sia!

Teatro alla Scala 138


(i Grandi di Spagna indietreggiano innanzi Sei frati
a Don Carlo. Il re furente afferra la spada Il dì tremendo, il dì feral!
del comandante delle guardie, che gli sta presso)
Filippo, i sei frati e popolo
Rodrigo Gloria al ciel!
(a Don Carlo)
A me il ferro! (la fiamma s’alza dal rogo)

Don Carlo (cala la tela.)


O ciel! Tu!… Rodrigo!…

(Don Carlo rimette la sua spada a Rodrigo,


che s’inchina nel presentarla al re)

Popolo
Egli! Posa!

Elisabetta
(a parte)
(Ei!)

Filippo
Marchese, duca siete. Andiam or alla festa!

(il re s’incammina dando la mano alla regina: la


Corte lo segue. Vanno a prender posto nella tribuna
a loro riservata per l’auto-da-fé)

Popolo
Spuntato il dì d’esultanza,
onor al re!
In esso hanno i popol fidanza,
il mondo è prostrato al suo piè!

Sei frati
Il dì spuntò del terrore!

Una voce dal cielo


(molto lontana)
Volate verso il ciel, volate, povere alme,
v’affrettate a goder la pace del Signore!

Sei Deputati
(sul davanti della scena, mentre il rogo s’accende)
E puoi soffrirlo, o ciel! Né spegni quelle
[fiamme!
S’accende in nome tuo quel rogo punitor!
E in nome del Signor l’accende l’oppressor!
E tu lo soffri, o ciel!

Don Carlo 139


Atto terzo

Parte prima Ah! Se il serto regal a me desse il poter


Il gabinetto del re a Madrid. di leggere nei cor!
Ella giammai m’amò! No! Quel cor chiuso m’è,
Scena prima amor per me non ha!
Filippo solo. (ricade nelle sue meditazioni)
Filippo assorto in profonda meditazione, appoggiato
ad un tavolo ingombro di carte, ove due doppieri Scena seconda
finiscono di consumarsi. L’alba rischiara già Filippo, il conte di Lerma e il Grande inquisitore.
le invetriate delle finestre. Il Grande inquisitore, vegliardo di novant’anni
e cieco, entra sostenuto da due frati domenicani.
[Introduzione e Scena]
[Scena]
Filippo
(come trasognato) Il conte di Lerma
Ella giammai m’amò! No! Quel cor chiuso m’è, (entrando)
amor per me non ha! Il Grande inquisitor!
Io la rivedo ancor contemplar triste in volto (esce)
il mio crin bianco il dì che qui di Francia
[venne. L’Inquisitore
No, amor per me non ha!… Son io dinanzi al re?…
(ritornando in sé)
Ove son?… Quei doppier Filippo
presso a finir!… L’aurora imbianca il mio Sì; vi feci chiamar, mio padre! In dubbio io
[veron… [son.
Già spunta il dì! Passar veggo i miei giorni Carlo mi colma il cor d’una tristezza amara;
[lenti! l’infante è a me ribelle, armossi contro il padre.
Il sonno, o Dio, sparì da’ miei occhi languenti.
Dormirò sol nel manto mio regal, L’nquisitore
quando la mia giornata è giunta a sera, Qual mezzo per punir scegli tu?
dormirò sol sotto la volta nera,
là nell’avello dell’Escurial. Filippo
Se il serto regal a me desse il poter Mezzo estrem.
di leggere nei cor, che Dio può sol veder!…
Se dorme il prence, veglia il traditore; L’Inquisitore
il serto perde il re, il consorte l’onore! Noto mi sia!
Dormirò sol ecc.

Teatro alla Scala 140


Filippo Filippo
Che fugga… o che la scure… Per traversar i dì dolenti in cui viviamo,
nella mia Corte invan cercato ho quel che
L’Inquisitore [bramo.
Ebben? Un uomo! Un cor leal… io lo trovai!

Filippo L’Inquisitore
Se il figlio a morte invio, m’assolve la tua Perché un uomo?
[mano? Perché allor il nome hai tu di re,
Sire, s’alcun v’ha pari a te?
L’Inquisitore
La pace dell’Impero i dì val d’un ribelle. Filippo
Non più, frate!
Filippo
Posso il figlio immolar al mondo, io cristian? L’Inquisitore
Le idee dei novator in te son penetrate!
L’Inquisitore Infrangere tu vuoi con la tua debol man
Per riscattarci Iddio il suo sacrificò. il santo giogo, esteso sovra l’orbe roman!…
Ritorna al tuo dover; la Chiesa all’uom che
Filippo
[spera,
Ma tu puoi dar vigor a legge sì severa?…
a chi si pente, puote offrir la venia intera:
a te chiedo il signor di Posa.
L’Inquisitore
Ovunque avrà vigor, se sul Calvario l’ebbe.
Filippo
No, giammai!
Filippo
La natura, l’amor tacer potranno in me?
L’Inquisitore
L’Inquisitore O re, se non foss’io con te nel regio ostel,
Tutto tacer dovrà per esaltar la fè. oggi stesso, lo giuro a Dio, doman saresti
Presso il Grande inquisitor al tribunal supremo.
Filippo
Sta ben! Filippo
Frate! troppo soffrii il tuo parlar crudel!
L’Inquisitore
Non vuol il re su d’altro interrogarmi? L’Inquisitore
Perché evocar allora l’ombra di Samuel?
Filippo Dato ho finor due regi al regno tuo possente!…
No. L’opra di tanti dì tu vuoi strugger, demente!
Perché mi trovo io qui? Che vuol il re da me?
L’Inquisitore (per uscire)
Allora son io ch’ a voi parlerò, Sire.
Nell’ispano suol mai l’eresia dominò, Filippo
ma v’ha chi vuol minar l’edifizio divin. Mio padre, che tra noi la pace alberghi ancor.
L’amico egli è del re, il suo fedel compagno,
il demon tentator che lo spinge a rovina. L’Inquisitore
Di Carlo il tradimento, che giunse a t’irritar, La pace?
in paragon del suo futile gioco appar. (allontanandosi sempre)
Ed io, l’Inquisitor, io che levai sovente
sopra orde vil di rei la mano mia possente Filippo
pei grandi di quaggiù, scordando la mia fè, Obbliar tu dêi quel ch’è passato.
tranquilli lascio andar un gran ribelle… e il re.

Don Carlo 141


L’inquisitore Elisabetta
(sulla porta, per uscire) Sì!
Forse!
(esce) Filippo
Fra i vostri gioiel!
Filippo
(solo) Elisabetta
Dunque il trono piegar dovrà sempre all’altare! Sì!

Scena terza Filippo


Filippo ed Elisabetta. Che! Confessar l’osate a me?

[Scena e Quartetto] Elisabetta


Io l’oso! Sì!
Elisabetta Ben lo sapete, un dì promessa
(entra, e si getta ai piedi del re) al figlio vostro fu la mia man!
Giustizia, Sire! Giustizia! Ho fè Or v’appartengo a Dio sommessa,
nella lealtà del re. ma immacolata qual giglio son!
Son nella corte tua crudelmente trattata Ed ora si sospetta
e da nemici oscuri, incogniti oltraggiata. l’onor d’Elisabetta!…
Lo scrigno ov’io chiudea, Sire, tutt’un tesor, Si dubita di me…
i gioielli… altri oggetti a me più cari ancor… E chi m’oltraggia è il re!
L’hanno rapito a me!… Giustizia! La reclamo
da Vostra Maestà. Filippo
Ardita troppo voi favellate!
(il re si alza lentamente, prende un cofanetto Me debole credete e sfidarmi sembrate;
del tavolo e lo presenta alla regina) la debolezza in me può diventar furor.
Tremate allor per voi, per me!
Filippo
Quello che voi cercate, Elisabetta
eccolo! Il mio fallir qual è?

Elisabetta Filippo
Ciel! Spergiura!
Se tanta infamia colmò la misura,
Filippo se fui da voi, se fui tradito,
A voi d’aprirlo piaccia. io lo giuro innanzi al ciel,
il sangue verserò!
(Elisabetta rifiuta d’un cenno)
Elisabetta
Filippo Pietà mi fate…
(infrangendo il cofanetto)
Ebben, io l’aprirò! Filippo
Ah! La pietà d’adultera consorte!
Elisabetta
(tra sé) Elisabetta
(Ah! Mi sento morir!) (cade svenuta)
Ah!
Filippo
Il ritratto di Carlo! Non trovate parola? Filippo
Il ritratto di Carlo! (aprendo le porte dal fondo)
Soccorso alla regina!

Teatro alla Scala 142


(il re esce dopo breve esitazione. Rodrigo lo segue
Scena quarta con un gesto risoluto. Eboli resta sola con
Detti, Rodrigo ed Eboli. la regina)

Eboli Scena quinta


(spaventata al veder la regina svenuta) Elisabetta ed Eboli.
(Ciel! Che mai feci! Ahimè!)
[Scena]
Rodrigo
(a Filippo) Eboli
Sire! soggetta è a voi la metà della terra: (gettandosi ai piedi d’Elisabetta)
sareste dunque in tanto vasto Imper Pietà! Perdon!… Per la rea che si pente.
il sol cui non v’è dato il comandar?
Elisabetta
Filippo Al mio piè! Voi!… Qual colpa?
(tra sé)
(Ah! Sii maledetto, sospetto fatale, Eboli
opera d’un demon infernal! Ah! M’uccide il rimorso!
No! Non macchiò la fè giurata… Torturato è il mio cor.
La sua fierezza il dice a me! Angel del ciel, regina augusta e pia,
A me infedele costei non fu!… sappiate a qual demon l’inferno vi dà in preda:
Ah! Sia maledetto il sospetto,
quello scrigno… son io che l’involai.
il demone, il rio demon!)
Elisabetta
Eboli
Voi!
(tra sé)
(La perdei!… Oh rimorso fatale!
Eboli
Commettea un delitto infernal!…
Sì, son io che v’accusai!
Ah! La tradia, io tradia quel nobile cor!
Oh dolor!… Rimorso fatal!…
Io ne morrò, dal dolor morrò!… Elisabetta
Se più perdon non avrò in terra, o in ciel!) Voi!

Rodrigo Eboli
(tra sé) Sì… l’amor, il furor…
(Omai d’oprar suonata è l’ora, L’odio che avea per voi…
folgor orrenda in ciel brillò!… La gelosia crudel che straziavami il cor
Che per la Spagna un uomo muora… contro voi m’eccitâr!
Lieto avvenir le lascerò! Io Carlo amava! E Carlo m’ha sprezzata!
Io lieti dì le lascerò!
Lieti dì a lei legar saprò!) Elisabetta
Voi l’amaste?… Sorgete!
Elisabetta
(rinvenendo) Eboli
Che avvenne? O ciel! In pianto e duolo No! Pietà di me!
ognun, o madre, m’abbandonò. Un’altra colpa!
Io son straniera in questo suolo!
Più sulla terra speme non ho!… Elisabetta
Ognun, ahimè! O madre mia, Ancor!
ognun quaggiù m’abbandonò,
più speme omai che in ciel non ho! Eboli
Speme ho sol nel ciel! Pietà! pietà! Il re…

Don Carlo 143


Non imprecate a me! andare e venire. Una scalinata vi conduce dai piani
Sì!… Sedotta!… Perduta!… superiori dell’edifizio.
L’error che v’imputai…
Io… io stessa… avea… commesso! Scena prima
Don Carlo e Rodrigo.
Elisabetta Don Carlo è assiso, col capo nelle mani, assorto nei
Rendetemi la croce! suoi pensieri. Rodrigo entra, parla sottovoce ad
La Corte vi convien lasciar col dì novello! alcuni uffiziali che si allontanano immediatamente.
Fra l’esilio ed il vel Egli contempla Don Carlo con tristezza.
sceglier potrete! Questi ad un movimento di Rodrigo si scuote.

(esce. Eboli si rialza) [Morte di Rodrigo e Sommossa]

Eboli Rodrigo
(con disperazione) Son io, mio Carlo.
Ah!
Più non vedrò, ah, più mai non vedrò la Don Carlo
[regina! (dandogli la mano)
O Rodrigo, io ti son
Scena sesta ben grato di venir di Carlo alla prigion.
Eboli sola.
Rodrigo
[Aria] Mio Carlo!

Eboli Don Carlo


O don fatale, o don crudel Ben tu il sai! M’abbandonò il vigore!
che in suo furor mi fece il cielo! D’Isabella l’amor mi tortura e m’uccide…
Tu che ci fa sì vane, altere, No, più valor non ho pei viventi! Ma tu
ti maledico, o mia beltà. puoi salvarli ancor; oppressi, no, non fian più.
Versar, versar sol posso il pianto,
speme non ho, soffrir dovrò! Rodrigo
Il mio delitto è orribil tanto Ah! Noto appien ti sia l’affetto mio!
che cancellar mai nol potrò! Uscir tu dêi da quest’orrendo avel.
O mia regina, io t’immolai Felice ancor io son se abbracciarti poss’io!
al folle error di questo cor. Io ti salvai!
Solo in un chiostro al mondo omai
dovrò celar il mio dolor! Don Carlo
Ohimè!… O mia regina, Che di’?
solo in un chiostro ecc.
Oh ciel! E Carlo! A morte domani… Rodrigo
Gran Dio! A morte andar vedrò! (con emozione)
Ah! Un dì mi resta, la speme m’arride, Convien qui dirci addio.
sia benedetto il ciel!… Lo salverò!…
(esce precipitosa) (Don Carlo resta immobile guardando Rodrigo
con istupore)
Parte seconda O mio Carlo!
La prigione di Don Carlo. Per me giunto è il dì supremo,
Un oscuro sotterraneo, nel quale sono state gettate no, mai più ci rivedrem;
in fretta alcune suppellettili della Corte. In fondo ci congiunga Iddio nel ciel,
cancello di ferro che separa la prigione da una corte ei che premia i suoi fedel.
che la domina e nella quale si veggono le guardie Sul tuo ciglio il pianto io miro;

Teatro alla Scala 144


lagrimar così perché? Don Carlo
No, fa’ cor, l’estremo spiro Gran Dio!
lieto è a chi morrà per te.
(Rodrigo cade nelle braccia di Don Carlo)
Don Carlo
(tremando) Rodrigo
Che parli tu di morte? O Carlo, ascolta, la madre t’aspetta
a San Giusto doman; tutto ella sa…
Rodrigo Ah! La terra mi manca… Carlo mio,
Ascolta, il tempo stringe. a me porgi la man!…
Rivolta ho già su me la folgore tremenda! Io morrò, ma lieto in core,
Tu più non sei oggi il rival del re; ché potei così serbar
il fiero agitator delle Fiandre… son io! alla Spagna un salvatore!
Ah! Di me non ti scordar!…
Don Carlo Regnare tu dovevi, ed io morir per te.
Chi potrà prestar fè? Ah! Io morrò ecc.
La mano a me… ah!… Salva la Fiandra…
Rodrigo Carlo, addio, ah!…
Le prove son tremende!
I fogli tuoi trovati in mio poter… (Rodrigo muore. Don Carlo cade disperatamente
Della ribellïon testimoni son chiari, sul corpo di Rodrigo)
e questo capo al certo a prezzo è messo già.
Scena seconda
(due uomini discendono la scalinata della prigione. Entrano Filippo con sèguito, Grandi di Spagna,
Uno d’essi è vestito dell’abito del Sant’Uffizio; il conte di Lerma, Eboli, il Grande inquisitore,
l’altro è armato d’un archibugio. Si fermano e detto.
un momento e si mostrano Don Carlo e Rodrigo
che non li vedono) Filippo
Mio Carlo, a te la spada io rendo.
Don Carlo
Svelar vo’ tutto al re. Don Carlo
(con desolazione)
Rodrigo Arretra!
No, ti serba alla Fiandra, La tua man di sangue è intrisa… orror!
ti serba alla grand’opra, tu la dovrai compire… Una fraterna fede ci unia! Ei m’amava!
Un nuovo secol d’or rinascer tu farai; La vita sua per me sacrificò!
regnare tu dovevi, ed io morir per te.
Filippo
(l’uomo ch’è armato d’un archibugio mira Rodrigo (commosso, scoprendosi il capo davanti il corpo
e fa fuoco) di Rodrigo)
Presagio mio feral!
Don Carlo
(atterrito) Don Carlo
Ciel! La morte!… Per chi mai? Tu più figlio non hai! I regni miei
stan presso a lui!
Rodrigo (contemplando Rodrigo)
(ferito mortalmente)
Per me! Filippo
La vendetta del re tardare non potea! Chi rende a me quell’uom?
(s’ode suonare a stormo)

Don Carlo 145


Grandi di Spagna Popolo
Ciel! Suona a stormo! (indietreggiando)
Il Gran inquisitor!
Popolo
(entro le scene) L’Inquisitore
Perir dovrà chi d’arrestarci attenti! Vi prostrate
Feriam! innanzi al re, che Dio protegge!
Perir dovrà ognun che ci arresti! Vi prostrate!…
Feriam senza tema, o pietà!
Non abbia alcun pietà! Filippo e l’Inquisitore
Tremar dovrà e curvar la testa A terra!
davanti al popol ultor!
Popolo
Conte di Lerma (cadendo in ginocchio)
Il popolo è in furor! Signor, di noi pietà!…
È l’infante ch’ei vuol!
Filippo e l’Inquisitore
Filippo Gran Dio, sia gloria a te!
Si schiudan le porte!
Popolo
Conte di Lerma e Grandi di Spagna Signor, pietà!
Ciel!
Conte di Lerma e Grandi di Spagna
Filippo (con la spada alla mano)
Obbedite! Io lo vo’! Evviva il re!

(il popolo entra furiosamente in scena) (il Grande inquisitore scende verso Filippo
che va incontro a lui in mezzo al popolo genuflesso)
Popolo
Feriam, più niun ci arresta! (cala la tela.)
Feriam, né tema né pietà!
Tremar dovrà e curvar la testa
davanti al popol ultor!

Eboli
(mascherata; a Don Carlo)
Va’! Fuggi!

Filippo
(al popolo)
Che volete?

Popolo
L’infante!

Filippo
(additando Don Carlo)
Egli qui sta!

L’Inquisitore
Sacrilegio infame!

Teatro alla Scala 146


Atto quarto

Il chiostro del convento di San Giusto, il cor ha un sol desir: la pace dell’avel!
come nell’Atto primo. Tu che le vanità ecc.
Notte. Chiaro di luna.
Scena seconda
Scena prima Don Carlo ed Elisabetta.
Elisabetta sola.
Elisabetta entra lentamente assorta nei suoi [Scena e Duetto d’addio]
pensieri, s’avvicina alla tomba di Carlo V
e s’inginocchia. Don Carlo
È dessa!
[Scena ed Aria]
Elisabetta
Elisabetta Un detto, un sol; al ciel raccomando
Tu che le vanità conoscesti del mondo il pellegrin che parte; e poi sol vi domando
e godi nell’avel il riposo profondo, e l’obblio e la vita.
s’ancor si piange in cielo, piangi sul mio
Don Carlo
[dolore,
Sì, forte esser vogl’io;
e porta il pianto mio al trono del Signor.
ma quando è infranto amore, pria della
Carlo qui verrà! Che parta e scordi omai…
[morte uccide.
A Posa di vegliar sui giorni suoi giurai.
Ei segua il suo destin, la gloria il traccerà.
Elisabetta
Per me, la mia giornata a sera è giunta già! No, pensate a Rodrigo. Non è per folli idee,
Francia, nobile suol, sì caro a’ miei ch’ei si sacrificò!
[verd’anni!
Fontainebleau! Vêr voi schiude il pensier i Don Carlo
[vanni. Sulla terra fiamminga,
Eterno giuro d’amor là Dio da me ascoltò, io vo’ a lui s’innalzi sublime, eccelso avel,
e quest’eternità un giorno sol durò. (con entusiasmo)
Tra voi, vaghi giardin di questa terra ibéra, qual mai ne ottenne un re tanto nobile e bel.
se Carlo ancor dovrà fermar i passi a sera,
che le zolle, i ruscelli, i fonti, i boschi, i fior, Elisabetta
con le lor armonie cantino il nostro amor. I fior del paradiso a lui sorrideranno!
Addio, bei sogni d’or, illusion perduta!
Il nodo si spezzò, la luce è fatta muta! Don Carlo
Addio, verd’anni, ancor! cedendo al duol Vago sogno m’arrise! Ei sparve, or
[crudel, [nell’affanno

Don Carlo 147


un rogo appar a me, che spinge vampe al Don Carlo ed Elisabetta
[ciel. (solenne)
Di sangue tinto un rio, resi i campi un avel, Ma lassù ci vedremo in un mondo migliore,
un popolo che muor, e a me la man dell’avvenir eterno suonan per noi già l’ore;
[protende, e là noi troverem nel grembo del Signor
siccome un Redentor, nei dì della sventura. il sospirato ben che fugge in terra ognor!
A lui n’andrò beato, se, spento o vincitor,
plauso, o pianto m’avrò dal tuo memore cor! Elisabetta
In tal dì, che per noi non avrà più domani, …
Elisabetta
(con entusiasmo) Elisabetta e Don Carlo
Sì, l’eroismo è questo e la sua sacra fiamma! … Tutti i nomi scordiam degli affetti
L’amor degno di noi, l’amor che i forti [profani.
[infiamma!
Ei fa dell’uomo un Dio! Va’, di più non Don Carlo
[tardar! Addio, mia madre!
Va’! Sali il Calvario e salva un popolo che
[muor! Elisabetta
Mio figlio, addio!
Don Carlo
Sì, con la voce tua quella gente m’appella, Don Carlo ed Elisabetta
e, se morrò per lei, la mia morte fia bella! Eterno addio! Per sempre
addio! Per sempre!
Elisabetta
Il popol salva! Va’, di più non tardar! Scena terza
E salva un popolo che muor! Entrano Filippo, il Grande inquisitore, fa­mi­liari
del Santo Uffizio; poi il frate.
Don Carlo
Ma pria di questo dì alcun poter uman [Scena finale]
disgiunta non avria la mia dalla tua man!
Ma vinto in sì gran dì l’onor ha in me Filippo
[l’amore; (prendendo il braccio della regina)
impresa a questa par rinnova e mente e Per sempre!… Io voglio un doppio sacrifizio!
[core! Il mio dover farò.
Non vedi, Elisabetta! Io ti stringo al mio (all’inquisitore)
[sen, Ma voi?
né mia virtù vacilla, né ad essa mancherò!
Or che tutto finì e la man io ritiro L’Inquisitore
dalla tua man… tu piangi? Il Santo Uffizio
il suo farà!
Elisabetta
Sì! Piango, ma t’ammiro. Elisabetta
Il pianto gli è dell’alma, e veder tu lo puoi, Ciel!
qual san pianto versar le donne per gli eroi!
(solenne) L’Inquisitore
Ma lassù ci vedremo in un mondo (ai familiari del Santo Uffizio, additando
[migliore, Don Carlo)
dell’avvenir eterno suonan per noi già l’ore; Guardie!…
e là noi troverem nel grembo del Signor
il sospirato ben che fugge in terra ognor! Don Carlo
Dio mi vendicherà!

Teatro alla Scala 148


Il tribunal di sangue sua mano spezzerà!…
(Don Carlo, difendendosi, indietreggia verso la
tomba di Carlo V. Il cancello si apre. Il frate appare.
È Carlo V col manto e colla corona reale)

Il frate
Il duolo della terra
nel chiostro ancor ci segue,
solo del cor la guerra
in ciel si calmerà!

L’Inquisitore
È la voce di Carlo!
Quattro familiari del Santo Uffizio
È Carlo Quinto!

Filippo
(spaventato)
Mio padre!

Elisabetta
Oh ciel!

(Carlo V trascina nel chiostro Don Carlo smarrito.)

Fine dell'opera.

Don Carlo 149

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