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1. Logica elementare
p V V F F
q V F V F
p∧q V F F F
Esempio 3. La congiunzione di “Remo ha i capelli neri” e “Remo porta gli
occhiali” è “Remo ha i capelli neri e porta gli occhiali”.
Esempio 4. Sia n un numero intero arbitrario. La congiunzione n > −3 ∧ n < 3
equivale a |n| < 3.
1.2.3. Disgiunzione. Date due proposizioni p, q, è possibile considerare la di-
sgiunzione di p e q, che si denota con p ∨ q. Il connettivo ∨ ha lo stesso signi-
ficato della congiunzione “o” nella frase “andrò al cinema stasera o domani”, la
quale non esclude che io vada al cinema entrambe le sere. La proposizione p ∨ q
è vera quando almeno una tra p e q è vera, ed è falsa quando entrambe lo sono.
p V V F F
q V F V F
p∨q V V V F
Esempio 5. La disgiunzione di “Ada indossa i guanti” e “Ada tiene le mani in
tasca” è “Ada indossa i guanti o tiene le mani in tasca”, che non esclude la
possibilità che Ada faccia entrambe le cose.
Esempio 6. Sia n un numero intero arbitrario. La disgiunzione n > 1 ∨ n < −1
è |n| > 1.
1.2.4. Implicazione. Date due proposizioni p, q, è possibile considerare la im-
plicazione di p e q (in quest’ordine!), che si denota con p =⇒ q. Essa ha il
significato di “se p, allora q”, o equivalentemente “p solo se q”. Ancora, p =⇒ q
si esprime con “p è condizione sufficiente per q”, o “q è condizione necessaria per
p”. La proposizione p =⇒ q è falsa quando p è vera e q è falsa, ed è vera in
tutti gli altri casi.
p V V F F
q V F V F
p =⇒ q V F V V
Esempio 7. L’implicazione di “Remo si alza dopo le sette” e “Remo perde il
treno” è “se Remo si alza dopo le sette, allora perde il treno”. Essa è falsa se
Remo prende il treno pur essendosi alzato dopo le sette. D’altra parte, l’impli-
cazione non è falsa, e dunque è vera, nel caso in cui Remo non prenda il treno,
3
2. Insiemi
Lo scopo di queste note è fornire alcuni richiami della teoria elementare degli
insiemi, la teoria assiomatica degli insiemi, ben più formale, esula dagli scopi di
questi appunti.
Assumeremo come primitivo il concetto di insieme. Come possiamo caratte-
rizzare un insieme A? In qualunque modo possiamo stabilire se un dato elemento
a appartiene o non appartiene all’insieme A. Scriveremo:
a ∈ A, se a appartiene all’insieme A;
a 6∈ A, se a non appartiene all’insieme A.
Possiamo caratterizzare un insieme nei seguenti modi:
(1) fornendo l’elenco degli elementi dell’insieme;
(2) caratterizzando gli elementi dell’insieme attraverso una proprietà p.
Sono assegnati per elencazione i seguenti insiemi:
1
A = 1, 3, , −2.5, π B = {0, 1, 2, 3} C = {a, e, i, o, u} .
2
Osserviamo che 21 ∈ A, 1 ∈ A e 1 ∈ B, 30 6∈ A e 30 6∈ B, 0 ∈ B ma 0 6∈
A. Osserviamo infine che a ∈ C, ogni vocale dell’alfabeto italiano appartiene
all’insieme C, ma nessuna consonante dell’alfabeto italiano appartiene a C.
2En passant, si noti il quantificatore esistenziale si può sempre esprimere in termini del
quantificatore universale.
7
Notiamo che l’ordine con il quale vengono elencati gli elementi di un insieme
non è significativo. In altre parole, {0, 1, 2, 3} e {3, 1, 0, 2} indicheranno lo stesso
insieme.
Sono assegnati per caratterizzazione i seguenti insiemi:
N = {x | x è un numero naturale } ,
l’insieme dei numeri naturali;
D = {x ∈ N| x ≥ 3 } ,
F = {x | x è una lettera dell’alfabeto italiano } .
Osserviamo che 0 ∈ N, 1 ∈ N, 2 ∈ N ma −1 6∈ N. Inoltre, 3 ∈ D, 4 ∈ D,
possiamo affermare che ogni numero naturale maggiore o uguale a 3 appartiene
all’insieme D. Se volessi elencare tutti gli elementi di D sarei in difficoltà, perché
non esiste un numero finito di elementi in tale insieme. Potrei invece facilmente
elencare gli elementi dell’ insieme F . Assegnare un insieme con il secondo modo
diventa essenziale nel momento in cui non esiste un numero finito di elementi,
per cui l’elenco sarebbe impossibile.
Osserviamo che possiamo rappresentare l’insieme B per caratterizzazione nel
seguente modo:
B = {x ∈ N| x ≤ 3} ;
infatti la proprietà p che caratterizza tutti e soli gli elementi di B è la seguente:
x è un numero naturale minore o uguale a 3 ( x ∈ N | x ≤ 3).
Analogamente possiamo rappresentare l’insieme C per caratterizzazione nel
seguente modo:
C = {x ∈ F | x è una vocale } .
Nota bene: Possiamo rappresentare graficamente un insieme con un dia-
gramma di Eulero-Venn: gli elementi dell’insieme si rappresentano con punti
tracciati all’interno di una linea chiusa.
Esempio 14. Lasciamo come esercizio agli studenti la verifica che i seguenti
insiemi sono uguali:
A = {x ∈ N| x è un multiplo di 10 } ,
B = {x ∈ N| x è divisibile per 2 e 5 } .
Occorre verificare che A ⊆ B e B ⊆ A.
Vi sono due operazioni fondamentali che possiamo eseguire con gli insiemi:
Definizione 4. Siano A e B due insiemi.
(1) L’unione dei due insiemi, indicata con A ∪ B, è l’insieme che contiene
gli elementi di A e di B, in comune e non.
(2) L’intersezione dei due insiemi, indicata con A ∩ B, è l’insieme che
contiene gli elementi che A e B hanno in comune.
In simboli, avremo che l’unione è il seguente insieme:
A ∪ B = {x | x ∈ A ∨ x ∈ B}
dove il simbolo ∨ rappresenta la disgiunzione (“o, oppure”), definito nella sezione
1; e l’intersezione è il seguente insieme:
A ∩ B = {x | x ∈ A ∧ x ∈ B} ,
dove il simbolo ∧ rappresenta la congiunzione (“e”), definito nella sezione 1.
Esempio 16. Consideriamo l’insieme dei numeri naturali pari:
P = {x ∈ N| x = 2n, n ∈ N} ,
P = {0, 2, 4, 6, 8, 10, .....}, e l’insieme dei numeri naturali dispari:
D = {x ∈ N| x = 2n + 1, n ∈ N} ,
D = {1, 3, 5, 7, 9, 11, ....}, infine consideriamo l’insieme dei numeri naturali che
sono quadrati:
Q = x ∈ N| x = n2 , n ∈ N ,
9
Q = {0, 1, 4, 9, 16, 25, 36, 49, 64, 81, ....}. Abbiamo P ∩ D = ∅ ma si verifica
facilmente che risulta:
P ∩ Q = x ∈ N| x = 4n2 , n ∈ N ,
D ∩ Q = x ∈ N| x = (2n + 1)2 , n ∈ N .
(2) X − (A ∪ B) = (X − A) ∩ (X − B).
Vogliamo richiamare gli insiemi numerici che ogni studente nel proprio corso
di studi ha incontrato. Il primo di questi è l’insieme N dei numeri naturali:
N = {0, 1, 2, 3, . . . } .
Il secondo insieme è l’insieme Z dei numeri interi o relativi:
Z = {0, ±1, ±2, ±3, . . . } .
Ricordiamo che il sottoinsieme di Z degli interi positivi viene identificato con
l’insieme dei numeri naturali. Il terzo insieme è l’insieme Q dei numeri razionali:
1 1 2 4
Q = ± ,± ,± ,± ,... .
2 3 3 1
Ricordiamo che il sottoinsieme di Q dei numeri razionali che si rappresentano
con frazioni apparenti (ossia, quelle con denominatore unitario, o equivalenti a
queste ultime) viene identificato con Z. Infine l’ultimo insieme numerico cono-
sciuto è l’insieme R dei numeri reali, di cui fanno parte i numeri razionali ed i
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numeri irrazionali, cioè i numeri decimali che non sono periodici. Sono numeri
irrazionali ad esempio: √
2, π, e.
Abbiamo quindi le inclusioni di insiemi: N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R.
Infine, vediamo un’ operazione sugli insiemi che sarà utile per descrivere
argomenti fondamentali come le relazioni e le funzioni.
Prima di tutto ci soffermiamo sul concetto primitivo di coppia ordinata (a, b),
dove a e b sono due elementi di due insiemi A e B. è importante ricordare che
la coppia (a, b) e la coppia (b, a) NON sono coincidenti (ossia, importa anche
l’ordine con cui diamo gli elementi a e b). Attenzione: gli insiemi {a, b} e {b, a}
coincidono, ma (a, b) 6= (b, a).
Definizione 7. Dati due insiemi A e B (non necessariamente distinti), chiame-
remo prodotto cartesiano A × B l’insieme delle coppie ordinate (a, b) ottenibili
prendendo come primo elemento della coppia un elemento di A e come secondo
elemento un elemento di B:
A × B = {(a, b)| a ∈ A, b ∈ B} .
Osserviamo che A × B = ∅, se e solo se almeno uno dei due insiemi è vuoto.
Esempio 18. Siano A = {0, 1, 2} e B = {4, 5}, risulta:
A × B = {(0, 4), (0, 5), (1, 4), (1, 5), (2, 4), (2, 5)}.
Analogamente, potremmo definire il prodotto cartesiano fra più insiemi, esten-
dendo il concetto di coppia ordinata a quello di terna ordinata, e, in generale di
n−upla ordinata.
Nella definizione data, gli insiemi NON devono essere necessariamente distin-
ti. Sia A un insieme, indichiamo con A2 il prodotto cartesiano di A con se stesso:
A2 = A × A ; in generale, sarà An = A × A × · · · × A, prendendo l’insieme A
per n volte.
Ad esempio, possiamo considerare il prodotto cartesiano R2 , cioè l’insieme
delle coppie ordinate di numeri reali, ed in generale Rn , l’insieme delle n-uple
ordinate di numeri reali. Gli studenti hanno già incontrato R2 nel loro corso di
studi: fissato un sistema di riferimento cartesiano nel piano possiamo associare
ad ogni punto P una coppia ordinata (x, y) di numeri reali, le coordinate car-
tesiane del punto P . L’insieme Rn , con n ≥ 3 sarà il protagonista del corso di
Algebra Lineare.
3. Relazioni
sono tutti i multipli di 5, che danno 0, appunto, come resto della divisione per
5:
[0]∼ = {0, 5, 10, 15, 20, 25, . . . } ;
continuando, ci rendiamo conto che nella classe di equivalenza di 1 stanno tutti
i primi successivi dei multipli di 5:
[1]∼ = {1, 6, 11, 16, 21, 26, . . . } ;
e così via con le classi di equivalenza di 2, 3, 4:
[2]∼ = {2, 7, 12, 17, 22, 27, . . . } ;
[3]∼ = {3, 8, 13, 18, 23, 28, . . . } ;
[4]∼ = {4, 9, 14, 19, 24, 29, . . . } ;
e abbiamo finito: poiché 0 ∼ 5 la classe [5]∼ coincide con [0]∼ , la classe [6]∼
coincide con [1]∼ , ecc. Abbiamo ottenuto una partizione di N in 5 classi di
equivalenza.
Definizione 12. Dato un insieme A ed una relazione di equivalenza in A,
l’insieme delle classi di equivalenza di A rispetto alla relazione R è detto insieme
quoziente e viene indicato con A/R.
Osserviamo che l’insieme quoziente A/R è un sottoinsieme dell’insieme delle
parti P(A).
Nell’ esempio precedente abbiamo che l’insieme quoziente contiene esatta-
mente 5 elementi.
Considerando nell’insieme delle rette del piano la relazione di parallelismo,
l’insieme quoziente è l’insieme delle direzioni delle rette.
Esempio 22. Costruzione dei numeri interi
Per costruire Z, si considera la seguente relazione di equivalenza R sull’insie-
me X = N × N:
(a, b)R(c, d) ⇔ a + d = b + c.
La definizione di R sembra artificiosa. In realtà dire a + d = b + c equivale a
dire a − b = c − d (per esempio, il numero −2 corrisponde alla classe di (0, 2)
che è anche la classe di (3, 5)).
Verifichiamo che R è una relazione di equivalenza nell’insieme X.
Le proprietà riflessiva e simmetrica seguono immediatamente dalla defini-
zione; per quanto riguarda la proprietà transitiva, si considerino tre coppie
(a, b), (c, d), (e, f ) ∈ X e si supponga (a, b)R(c, d), (c, d)R(e, f ); ciò significa
a + d = b + c e c + f = e + d; segue allora (a + d) + (c + f ) = (b + c) + (e + d), e
quindi (a + f ) + (c + d) = (b + e) + (c + d). Per la legge di cancellazione in N,
segue (a + f ) = (b + e), cioè (a, b)R(e, f ).
Esempio 23. Numeri razionali Consideriamo l’insieme dei numeri relativi Z
ed il suo sottoinsieme Z∗ = Z\{0}. Nell’insieme Z×Z∗ consideriamo la seguente
relazione:
(a, b)R(c, d) ⇐⇒ ad = bc.
Verifichiamo che R è una relazione di equivalenza. Occorre verificare che è ri-
flessiva, cioè che (a, b)R(a, b). Questo segue dal fatto che ab = ba. Occorre
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verificare che è simmetrica, cioè che se (a, b)R(c, d) allora (c, d)R(a, b). poiché
(a, b)R(c, d), si ha ad = bc, ma ad = da e bc = cb, per la proprietà transi-
tiva dell’uguaglianza di numeri relativi si ha allora cb = da, da cui segue che
(c, d)R(a, b).
Infine, verifichiamo che vale la proprietà transitiva. Siano (a, b)R(c, d) e (c, d)R(e, f ).
Si ha allora:
ad = bc cf = de.
Moltiplicando la prima uguaglianza per f 6= 0 e la seconda per b 6= 0 otteniamo:
adf = bcf bcf = bde,
per la proprietà transitiva dell’uguaglianza adf = bde. Essendo d 6= 0, l’ultima
uguaglianza diventa af = be, che implica (a, b)R(e, f ).
La relazione è pertanto di equivalenza. Data un elemento (a, b) ∈ Z × Z∗ ,
vogliamo determinare la sua classe di equivalenza:
[(a, b)]R = {(c, d) ∈ Z × Z∗ |ad = bc},
a
otteniamo l’insieme di tutte le frazioni equivalenti a b. L’insieme quoziente
Z × Z∗ /R è l’insieme dei numeri razionali Q.
Occorre verificare che gode della proprietà riflessiva: è vero che aRa? Si, infatti
a = a.1, è un divisore di se stesso.
Verifichiamo che gode della proprietà antisimmetrica: se a è un divisore di b
e b è un divisore di a allora è vero che a = b? Si, infatti si ha: b = a.n e
a = b.m, moltiplicando otteniamo: ab = abnm, poiché ab 6= 0 risulta nm = 1
cioè n = m = 1.
Infine verifichiamo che gode della proprietà transitiva: se a è un divisore di b e b
è un divisore di c, allora è vero che a è un divisore di c? Si, infatti si ha: b = an
e c = bm, sostituendo nella seconda uguaglianza b = an abbiamo: c = anm,
cioè a è un divisore di c.
Osserviamo però che si tratta di una relazione d’ordine parziale. Infatti se
prendiamo 12 e 9 abbiamo che non sono confrontabili: 9 non è un divisore di 12
e 12 non è un divisore di 9.
Esempio 25. Consideriamo un insieme X e l’insieme P(X) delle parti di X.
Consideriamo la relazione R di inclusione nell’insieme P(X):
ARB ⇐⇒ A ⊆ B.
Verifichiamo che R è una relazione d’ordine.
Occorre verificare che gode della proprietà riflessiva: è vero che A ⊆ A? Si, ogni
insieme è sottoinsieme improprio di se stesso.
Verifichiamo che gode della proprietà antisimmetrica: se A ⊆ B e B ⊆ A allora
A = B? Certamente, la doppia inclusione ci garantisce che i due insiemi hanno
gli stessi elementi e quindi coincidono.
Infine, verifichiamo che gode della proprietà transitiva: se A ⊆ B e B ⊆ C è
vero che A ⊆ C ? Si, se ogni elemento di a appartiene a B, ed ogni elemento di
B appartiene a C, allora ogni elemento di A appartiene a C.
In generale, questa relazione non è d’ordine totale. Ad esempio, se X contiene
almeno due elementi a e b, allora gli insiemi A = {a} e B = {b} non sono
confrontabili: infatti A non è contenuto in B e B non è contenuto in A.
4. Funzioni
Il concetto di funzione o applicazione fra due insiemi è tra quelli chiave nella
matematica.
Definizione 14. Dati un insieme A, detto dominio ed un insieme B, detto
codominio, viene detta funzione (o applicazione) f fra i due insiemi una legge
che permette di associare ad ogni elemento a di A uno ed un solo elemento b di
B. In simboli, scriveremo
f: A → B
Fissato a ∈ A, l’elemento b che gli corrisponde verrà detto immagine di a secondo
la f , e per esprimere questo scriveremo b = f (a).
Nota bene: osserviamo che, dalla definizione data, segue che fissato x ∈ A,
l’immagine f (x) è unica: non possono corrispondere ad x due o più elementi
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nel codominio B. Nulla vieta, però, che y ∈ B sia immagine di diversi elementi
in A.
Esempio 26. Vediamo alcuni esempi di funzione.
(1) Siano A = B = N. Consideriamo la funzione f che associa ad ogni
numero naturale n il suo quadrato: f (n) = n2 .
(2) Siano A = B = R. Consideriamo la funzione f che associa ad ogni
numero reale x il suo quadrato: f (x) = x2 .
Anche se la legge che permette di trovare l’immagine è la stessa di prima,
le due funzioni sono differenti, perché hanno domini differenti.
(3) Sia A = N l’insieme dei numeri naturali e sia B = Q l’insieme dei
numeri razionali. Consideriamo la funzione f che associa ad ogni numero
naturale n il numero razionale: f (n) = 12 n.
(4) Siano A = B = R. Consideriamo la funzione f che associa ad ogni
numero reale x il numero reale: f (x) = 21 x + 1.
(5) Siano A = Z × Z e B = Z. Consideriamo la funzione f : A → B che
associa ad ogni coppia ordinata di numeri interi relativi la loro somma:
f (a, b) = a + b.
Fissiamo le notazioni.
Definizione 15. Sia f : A → B una funzione.
(1) L’insieme di tutte le possibili immagini ottenibili tramite la f viene
chiamata immagine della funzione, in simboli:
Imf = {y ∈ B|∃x ∈ A|f (x) = y } = {f (x), x ∈ A} ;
(2) Fissato b ∈ B, l’insieme di tutti gli elementi di A che hanno per immagine
b viene chiamato controimmagine di b, in simboli:
f −1 (b) = {x ∈ A|f (x) = b} .
Gli studenti che hanno studiato le funzioni reali di una variabile reale, hanno
visto che spesso vengono rappresentate graficamente nel piano cartesiano. Il
concetto di “grafico di una funzione” vale in generale:
Definizione 16. Sia f : A → B una funzione, il grafico Gf della funzione f è il
sottoinsieme del prodotto cartesiano A × B di tutte le coppie (a, f (a)) formate
al variare di a in A:
Gf = {(a, b) ∈ A × B| b = f (a), ∀ a ∈ A}
Vediamo ora una funzione che nasce in modo naturale ogni volta che in un
insieme abbiamo una relazione di equivalenza. Siano A un insieme e R una
relazione di equivalenza in A. Indichiamo con A/R l’insieme quoziente, cioè
l’insieme delle classi di equivalenza:
A/R = {[a]R |a ∈ A}.
Definizione 18. La funzione π : A → A/R che associa ad ogni elemento a ∈ A
la sua classe di equivalenza
π(a) = [a]R
è detta proiezione canonica di A sul quoziente.
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Per finire, ricordiamo come è possibile definire nuove funzioni per composi-
zione:
Definizione 20. Siano f : X → Y e g : Y → Z due funzioni, chiamiamo fun-
zione composta la funzione che ha come dominio X, come codominio Z, tale che
che l’immagine di ogni elemento x ∈ X sia l’immagine secondo g dell’immagine
di x secondo f , in simboli:
g ◦ f : X → Z, x 7→ g (f (x)) .
Calcoliamo la composizione f ◦ g:
x x 2 x2
x→ → = ,
2 2 4
2
pertanto f ◦ g(x) = x4 . Abbiamo pertanto che g ◦ f 6= f ◦ g.
Consideriamo ora le seguenti funzioni:
f : R → R, f (x) = −|x| ,
+ √
g : R → R, g(y) = y .
Osserviamo che possiamo eseguire la composizione f ◦ g:
√ √ √
x → x → −| x| = − x,
ma la composizione g ◦ f non si può eseguire (la g è definita sui numeri positivi,
mentre le immagini della f sono i numeri negativi o nulli).
6. Strutture algebriche.
Quando in un insieme A è definita una operazioen interna diremo che l’insieme
possiede una struttura algebrica:
Definizione 22. Chiamiamo struttura algebrica un insieme A non vuoto dotato
di una o più operazioni interne.
Sono esempi di strutture algebriche: (N, +), (Z, +), (N, .), (N, +, .).
Ad un anello “manca poco” per essere una struttura algebrica molto impor-
tante, perché sarà quella che servirà in molti contesti del nostro corso:
Definizione 25. Un anello commutativo unitario (K, +, ·) viene detto campo se
ogni elemento di K, escluso lo 0 (elemento neutro dell’addizione) ha l’elemento
inverso per l’operazione di moltiplicazione.
Proposizione 10. Sia K un insieme non vuoto dotato di due operazioni interne
di addizione (+) e moltiplicazione (·), (K, +, ·) è un campo se valgono le seguenti
proprietà:
(1) proprietà Commutativa dell’addizione:
a+b=b+a ∀ a, b ∈ K.
(2) proprietà Associativa dell’addizione:
(a + b) + c = a + (b + c) ∀ a, b, c ∈ K.
(3) Esistenza dell’elemento neutro per l’addizione:
∃ 0 ∈ K| a + 0 = 0 + a = a ∀ a ∈ K.
(4) Esistenza dell’opposto per l’addizione:
∀ a ∈ K, ∃ b ∈ K| a + b = 0.
(5) proprietà Commutativa della moltiplicazione:
a·b=b·a ∀ a, b ∈ K.
(6) proprietà Associativa della moltiplicazione:
(a · b) · c = a · (b · c) ∀ a, b, c ∈ K.
(7) Esistenza dell’elemento neutro per la moltiplicazione:
∃ 1 6= 0 ∈ K| a · 1 = 1 · a = a ∀ a ∈ K.
(8) Esistenza dell’inverso per la moltiplicazione:
∀ a 6= 0 ∈ K, ∃ b ∈ K| a · b = 1.
(9) Proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione:
a · (b + c) = (a · b) + (a · c) ∀a, b, c ∈ K.
Esempio 34. Sono campi: (Q, +, ·) e (R, +, ·). Invece, (Z, +, ·) non è un campo:
non sempre c’è l’inverso di un numero intero all’interno dell’insieme dei numeri
interi (anzi, in Z esiste solo per i numeri ±1).
(2) Sotto b(x) viene tracciata una linea di separazione, per scrivere il polimo-
nio q(x) quoziente risultante. Il termine che scriviamo è quello ottenuto
dividendo il primo termine a sinistra per il primo termine a destra in
alto:
9x4 −3x3 0 −2x 1 3x2 −1
3x2
(3) Moltiplichiamo il termine appena scritto nel quoziente per il divisore, e
riportiamo i risultati cambiati di segno sotto il dividendo, incolonnando
i termini di ugual grado.
9x4 −3x3 +0 −2x +1 3x2 −1
−9x4 +3x2 3x2
(4) Tracciando sotto questi termini una riga, sommiamo le due righe ed
incolonniamo corrispondentemente i risultati sotto la riga: otteniamo il
resto parziale. Omettiamo tutti gli 0 a sinistra del primo monomio non
identicamente nullo:
9x4 −3x3 +0 −2x +1 3x2 −1
−9x4 +3x2 3x2
−3x3 +3x2 −2x +1
(5) A questo punto, se il resto parziale sotto la riga a sinistra è di grado
inferiore al dividendo, il procedimento è terminato, ed il resto parziale
è il resto della divisione; altrimenti, trattiamo questo polinomio come il
nuovo dividendo, e ritorniamo al passo 2, seguendo gli altri passaggi in
sequenza. Nel nostro caso:
9x4 −3x3 +0 −2x +1 3x2 −1
−9x4 +3x2 3x2 −x
−3x3 +3x2 −2x +1
e poi, eseguendo il passo 3:
9x4 −3x3 +0 −2x +1 3x2 −1
−9x4 +3x2 3x2 −x
−3x3 +3x2 −2x +1
+3x2 −x
infine, il passo 4:
9x4 −3x3 +0 −2x +1 3x2 −1
−9x4 +3x2 3x2 −x
−3x3 +3x2 −2x +1
+3x2 −x
+3x2 −3x +1
e così via.
Terminato il procedimento abbiamo:
31
Introduciamo un po’ di terminologia che sarà utile per molti argomenti che
affronteremo nel nostro corso.
Definizione 30. Sia p(x) ∈ R[x] un polinomio di grado n > 0:
p(x) = a0 + a1 x + a2 x2 + ... + an xn .
L’equazione che si ottiene uguagliando a zero il polinomio
a0 + a1 x + a2 x2 + ... + an xn = 0;
viene chiamata equazione algebrica nell’incognita x di grado n.
Definizione 31. Sia p(x) ∈ R[x] un polinomio di grado n > 0: diremo che
α ∈ R è una radice di p(x) se sostituendo α al posto di x nel polinomio p(x) si
ottiene 0. Se p(x) = a0 + a1 x + a2 x2 + ... + an xn , α ∈ R è una radice di p(x) se
p(α) = a0 + a1 α + a2 (α)2 + · · · + an (α)n = 0.
Equivalentemente, α è una radice del polinomo p(x) se e solo se è una soluzio-
ne dell’equazione algebrica p(x) = 0. Trovare le radici di un polinomio equivale,
quindi, a risolvere un’equazione algebrica in x di grado n.
Ricordiamo la proprietà fondamentale che lega le radici di un polinomio con
la sua divisibilità per binomi di primo grado:
Proprietà 13. (Teorema di Ruffini) Sia p(x) ∈ R[x], un polinomio di grado
n > 0: α ∈ R è una radice di p(x) se e solo se p(x) è divisibile per il polinomio
(x − α).
Dimostrazione. Infatti, applicando l’algoritmo della divisione ai polinomi p(x)
e (x − α), otteniamo due polinomi q(x) e r(x) tali che:
p(x) = (x − α)q(x) + r(x),
con deg(r(x)) = 0 (dovendo essere il grado del resto inferiore al grado del
dividendo), cioè r(x) = r ∈ R.
Sostituendo α al posto di x in entrambi i membri dell’uguaglianza scritta
otteniamo:
p(α) = 0.q(α) + r = r .
Ora, se il p(x) è divisibile per x − α, il resto della divisione deve essere r = 0,
e quindi p(α) = 0, ossia α è radice di p(x). Viceversa, se α è radice di p(x),
p(α) = 0, quindi r = 0, cioè p(x) è divisibile per il polinomio (x − α).
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