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Emmanuel Todd: ‘La Terza Guerra Mondiale è


iniziata’
Se guardiamo i voti dall'ONU, vediamo che il 75% del mondo non segue l'Occidente,
che così appare piccolissimo. Vediamo che questo conflitto, descritto dai media come
conflitto di valori politici, è un più profondo conflitto di valori antropologici.

Emmanuel Todd: ‘La Terza Guerra Mondiale è iniziata’

Redazione
15 Gennaio 2023 - 01.50

Intervista a cura di Alexandre Devecchio a Emmanuel Todd su “Le


Figaro”.

Grande intervista – Emmanuel Todd è antropologo, storico, saggista,


prospettivista, autore di numerose opere. Molte di esse, come “La caduta finale”,
“Illusione economica” o “Dopo l’impero”, sono diventati classici delle scienze
sociali. Il suo ultimo lavoro, “La terza guerra mondiale”, è apparso nel 2022 in
Giappone e ha venduto 100.000 copie.

Pensatore scandaloso per alcuni, intellettuale visionario per altri, “Rebelle


Destroy” con le sue stesse parole, Emmanuel Todd non lascia indifferente.
L’autore de “La caduta finale”, che ha previsto nel 1976 il crollo dell’Unione
Sovietica, era rimasto discreto in Francia sulla questione della guerra in
Ucraina. L’antropologo ha finora riservato la maggior parte dei suoi interventi
al pubblico giapponese, perfino pubblicando nell’arcipelago un titolo
provocatorio: “La terza guerra mondiale è già iniziata”. Per “Le Figaro”,
descrive in dettaglio la sua tesi iconoclasta. […]

Oltre allo scontro militare tra Russia e Ucraina, l’antropologo insiste sulla
dimensione ideologica e culturale di questa guerra e sull’opposizione tra
l’Occidente liberale e il resto del mondo che ha acquisito una visione
conservatrice e autoritaria. I più isolati non sono, secondo lui, quelli che sono
ritenuti tali.

Le Figaro. – Perché pubblicare un libro sulla guerra in Ucraina in


Giappone e non in Francia?

Emmanuel Todd. – I giapponesi sono altrettanto anti-russi quanto gli europei.


Ma sono geograficamente lontani dal conflitto, quindi non c’è un vero senso di
urgenza, non hanno la nostra relazione emotiva con l’Ucraina. E lì, non ho
affatto lo stesso status. Qui, ho l’assurda reputazione di essere un ribelle
iconoclasta, mentre in Giappone sono un antropologo, uno storico e
geopolitico rispettato, che si esprime in tutti i grandi giornali e riviste e di cui
tutti i libri sono pubblicati. Laggiù posso esprimermi in un’atmosfera serena,
cosa che ho fatto dapprima su delle riviste, e poi pubblicando questo libro, che
è una raccolta di interviste. Quest’opera si chiama “La terza guerra mondiale è
già iniziata, con 100.000 copie vendute ad oggi.

È ovvio che il conflitto, nel passare da una limitata guerra territoriale a uno
scontro economico globale, tra tutto l’Occidente da una parte e la Russia
sostenuta dalla Cina dall’altra parte, è divenuto una guerra mondiale.
Perché questo titolo?

Perché è la realtà, la Terza Guerra mondiale è iniziata. È vero che ha iniziato


“in piccolo” e con due sorprese. Si è partiti in questa guerra con l’idea che
l’esercito della Russia fosse molto potente e che la sua economia fosse molto
debole. Si credeva che l’Ucraina sarebbe stata schiacciata militarmente e che
la Russia sarebbe stata schiacciata economicamente dall’Occidente. Tuttavia, è
accaduto il contrario. L’Ucraina non è stata schiacciata militarmente anche se
ha perso il 16% del suo territorio ad oggi; La Russia non è stata schiacciata
economicamente. Mentre le parlo, il rublo ha preso l’8% rispetto al dollaro e il
18% rispetto all’euro dalla vigilia dell’ingresso in guerra.

Quindi c’è stata una sorta di malinteso. Ma è ovvio che il conflitto, nel passare
da una guerra territoriale limitata a uno scontro economico globale, tra
l’intero Occidente da un lato e la Russia sostenuta dalla Cina dall’altro, è
diventato una guerra globale. Anche se le violenze militari sono più deboli
rispetto a quelle delle precedenti guerre mondiali.

Non starà mica esagerando? L’Occidente non è direttamente impegnato


militarmente …

Forniamo comunque armi. Uccidiamo i russi, anche se non ci esponiamo in


prima persona. Ma resta il fatto che noi, europei, siamo principalmente
impegnati economicamente. Sentiamo d’altronde sopraggiungere il nostro
vero ingresso in guerra attraverso l’inflazione e le penurie.

Putin ha commesso un grosso errore all’inizio, che presenta un immenso


interesse socio-storico. Coloro che lavoravano sull’Ucraina alla vigilia della
guerra consideravano questo paese non tanto come una democrazia
emergente, quanto come una società in decomposizione e uno “stato fallito” in
divenire. Ci si chiedeva se l’Ucraina avesse perso 10 o 15 milioni di abitanti
dalla sua indipendenza. Non possiamo decidere in proposito perché l’Ucraina
non fa più censimenti dal 2001, classico segno di una società che ha paura
della realtà. Penso che il calcolo del Cremlino fosse che questa società in
decomposizione sarebbe crollata nel primo shock, o avrebbe addirittura detto
“Benvenuta mamma” alla Santa Russia. Ma ciò che è stato scoperto, al
contrario, è che una società in decomposizione, se è alimentata da risorse
finanziarie e militari esterne, può trovare in guerra un nuovo tipo di
equilibrio e persino un orizzonte, una speranza. I russi non potevano
prevederlo. Nessuno poteva.

Ma non è che i russi hanno sottovalutato, nonostante lo stato di autentica


decomposizione della società, la forza del sentimento nazionale ucraino,
e persino la forza del sentimento europeo di sostegno verso l’Ucraina? E
lei stesso non la sottovaluta?

Non lo so. Ci lavoro, ma lo faccio in veste di ricercatore, vale a dire


ammettendo che ci sono cose che non si sanno. E per me, stranamente, uno
dei campi su cui ho troppo poche informazioni per esprimermi è l’Ucraina.
Potrei dirle, sulla fede degli antichi dati, che il sistema familiare della piccola
Russia era nucleare, più individualistico del sistema Grande Russo, che era più
comunitario, collettivista. Questo, posso dirglielo, ma che cosa sia diventata
l’Ucraina, con enormi movimenti della popolazione, un’auto-selezione di
alcuni tipi sociali attraverso il rimanere in loco o l’emigrare prima e durante
la guerra, non posso dirglielo, non lo sappiamo per il momento.

Uno dei paradossi che devo affrontare è che la Russia non mi pone problemi
di comprensione. È qui che sono più fuori passo rispetto al mio ambiente
occidentale. Capisco l’emozione di tutti, è mi risulta doloroso parlare come
uno storico freddo. Ma quando pensiamo a Giulio Cesare che cattura
Vercingetorige ad Alesia, portandolo poi a Roma per celebrare il suo trionfo,
non ci si chiede se i romani fossero cattivi o carenti di valori. Oggi, in
emozione, in sintonia con il mio paese, posso vedere l’ingresso dell’esercito
russo nel territorio ucraino, bombardamenti e morti, distruzione di
infrastrutture energetiche, ucraini che crepano di freddo per tutto l’inverno.
Ma per me, il comportamento di Putin e dei russi è leggibile altrimenti e vi
dirò in che modo.

Tanto per cominciare, ammetto di essere stato preso alla sprovvista all’inizio
della guerra, non ci credevo. Oggi condivido l’analisi del geopolitico “realista”
americano John Mearsheimer. Quest’ultimo ha fatto la seguente osservazione:
ci dicevano che l’Ucraina, il cui esercito era stato preso in mano dai soldati
della NATO (americani, britannici e polacchi) almeno dal 2014, era quindi
membro di fatto della NATO e che i russi avevano annunciato che non
avrebbero mai tollerato un’Ucraina membro della NATO. Questi russi fanno
quindi, (come Putin ci ha spiegato il giorno prima dell’attacco) una guerra che
dal loro punto di vista è difensiva e preventiva. Mearsheimer ha aggiunto che
non avremmo motivo di rallegrarci di qualsiasi difficoltà dei russi perché,
poiché per loro si tratta una questione esistenziale, quanto più questa dovesse
risultare dura, tanto più loro colpirebbero con forza. L’analisi sembra essersi
verificata. Aggiungerei un complemento e una critica all’analisi di
Mearsheimer.

Questa guerra è quindi diventata esistenziale per gli Stati Uniti. Non più della
Russia, non possono ritirarsi dal conflitto, non possono mollare. Questo è il
motivo per cui stiamo ormai dentro una guerra infinita, dentro uno scontro il
cui risultato deve essere il crollo dell’uno o dell’altro.

I quali?

Per il complemento: quando si dice che l’Ucraina era di fatto membro della
NATO, non si va abbastanza lontano. La Germania e la Francia erano diventate
da parte loro partner minori della NATO e non erano a conoscenza di ciò che
si tramava in Ucraina a livello militare. Abbiamo criticato l’ingenuità francese
e tedesca perché i nostri governi non credevano nella possibilità di
un’invasione russa. Certo, ma perché non sapevano che americani, britannici
e polacchi potevano consentire all’Ucraina di poter condurre una guerra
allargata. L’asse fondamentale della NATO ora è Washington-Londra-Varsavia-
Kiev.

Ora la critica: Mearsheimer, da buon americano, sopravvaluta il suo paese.


Ritiene che, se per i russi la guerra ucraina è esistenziale, per gli americani è
fondamentalmente solo un “gioco” di potere tra gli altri. Dopo il Vietnam,
l’Iraq e l’Afghanistan, una disfatta in più o in meno…. Cosa importa? L’assioma
di base della geopolitica americana è: “Possiamo fare quello che vogliamo
perché siamo al sicuro, lontani, tra due oceani, non ci succederà mai nulla”.
Niente sarebbe esistenziale per l’America. Analisi insufficiente che ora porta
Biden a una fuga in avanti. L’America è fragile. La resistenza dell’economia
russa spinge il sistema imperiale americano verso il precipizio. Nessuno aveva
previsto che l’economia russa avrebbe tenuto testa al “potere economico”
della NATO. Credo che i russi stessi non lo avessero anticipato.

Se l’economia russa resistesse alle sanzioni indefinitamente e riuscisse a


esaurire l’economia europea, laddove essa rimanesse in campo, sostenuta
dalla Cina, il controllo monetario e finanziario americano del mondo
crollerebbe e con esso la possibilità per gli Stati Uniti di finanziare il proprio
enorme deficit commerciale dal nulla. Questa guerra è quindi diventata
esistenziale per gli Stati Uniti. Così come la Russia, non possono ritirarsi dal
conflitto, non possono mollare. Questo è il motivo per cui ora siamo in una
guerra infinita, in uno scontro il cui risultato deve essere il crollo dell’uno o
dell’altro. Cinesi, indiani e sauditi, tra gli altri, esultano.

Ma l’esercito russo sembra ancora in una brutta posizione. Alcuni


arrivano perfino a prevedere il crollo del regime, lei non ci crede?

No, all’inizio sembra esserci stata, in Russia, un’esitazione, ovvero la


sensazione di essere stati abusati, di non essere stati avvertiti. Ma lì, i russi
sono installati nella guerra e Putin beneficia di qualcosa di cui non abbiamo
idea, ossia che gli anni 2000, gli Anni Putin, sono stati per i russi gli anni del
ritorno all’equilibrio, del ritorno a una vita normale. Penso che Macron
rappresenterà per contro agli occhi dei francesi la scoperta di un mondo
imprevedibile e pericoloso, il ricongiungimento con la paura. Gli anni ’90
furono un periodo incredibile di sofferenza per la Russia. Gli anni 2000 sono
stati un ritorno alla normalità, e non solo in termini di livelli di vita: abbiamo
visto crollare i tassi di suicidio e di omicidio e, soprattutto, aqbbiamo visto il
mio indicatore preferito, il tasso di mortalità infantile, che precipitava e
persino andava al di sotto del tasso americano.

Nello spirito dei russi, Putin incarna (nel senso forte, cristico), questa stabilità.
E, fondamentalmente, i russi ordinari ritengono, come il loro presidente, di
fare una guerra difensiva. Sono consapevoli di aver commesso errori
all’inizio, ma la loro buona preparazione economica ha aumentato la loro
fiducia, non in confronto all’Ucraina (la resistenza degli ucraini è per loro
interpretabile, sono coraggiosi come dei russi, mai degli occidentali
combatterebbero così bene!), bensì di fronte a quel che chiamano “L’Occidente
Collettivo”, oppure “gli Stati Uniti e i loro vassalli”. La vera priorità del regime
russo non è tanto la vittoria militare sul terreno, quanto non perdere la
stabilità sociale acquisita negli ultimi 20 anni.

Pertanto, fanno questa guerra “in economia”, in particolare un’economia


d’uomini. Perché la Russia mantiene il suo problema demografico, con una
fertilità di 1,5 bambini per donna. Tra cinque anni avranno classi di età vuote.
Secondo me, devono vincere la guerra in 5 anni o perderla. Una durata
normale per una guerra mondiale. Pertanto fanno questa guerra in economia,
ricostruendo un’economia di guerra parziale, ma volendo preservare gli
uomini. Questo è il significato del ritiro di Kherson, dopo quelli nelle regioni di
Kharkiv e Kiev. Noi contiamo i chilometri quadrati ripresi dagli ucraini, ma i
russi da parte loro attendono la caduta delle economie europee. Noi siamo il
loro fronte principale. Posso ovviamente sbagliarmi, ma vivo con l’idea che il
comportamento dei russi sia leggibile, perché razionale e duro. Le incognite
sono altrove.

Lei spiega che i russi percepiscono questo conflitto come “una guerra
difensiva”, ma nessuno ha cercato di invadere la Russia e oggi, a causa
della guerra, la NATO non ha mai avuto così tanta influenza ad Est con i
paesi baltici che vi si vogliono integrare.

Per risponderle, le propongo un esercizio psico-geografico, che può essere


fatto zoomando all’indietro. Se guardiamo la mappa dell’Ucraina, vediamo
l’ingresso alle truppe russe da nord, est, sud … e lì, in effetti, abbiamo la
visione di un’invasione russa, non c’è altra parola. Ma se facciamo un enorme
zoom all’indietro, verso una percezione del mondo, poniamo fino Washington,
vediamo che i cannoni e i missili della NATO convergono lontano verso il
campo di battaglia, movimenti di armi che erano iniziati prima della guerra.
Bakhmout si trova a 8.400 chilometri da Washington ma a 130 chilometri dal
confine russo. Una semplice lettura della mappa del mondo consente di
pensare, di considerare l’ipotesi che “sì, dal punto di vista russo, quella deve
essere una guerra difensiva”.

Quando guardiamo i voti delle Nazioni Unite, vediamo che il 75% del mondo
non segue l’Occidente, che a quel punto appare piccolissimo. Vediamo quindi
che questo conflitto, descritto dai nostri media come un conflitto di valori
politici, è a un livello più profondo un conflitto di valori antropologici.

Secondo lei, l’ingresso nella guerra dei russi è anche spiegato dal relativo
declino degli Stati Uniti …

In ‘Dopo l’Impero’, pubblicato nel 2002, ho evocato il declino a lungo termine


negli Stati Uniti e il ritorno del potere russo. Dal 2002, l’America ha una catena
di sconfitte e ripiegamenti. Gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, ma hanno
lasciato l’Iran quale massimo attore del Medio Oriente. Sono fuggiti
dall’Afghanistan. La satellizzazione dell’Ucraina da parte dell’Europa e degli
Stati Uniti non ha rappresentato un ulteriore dinamismo occidentale, bensì
l’esaurimento di un’onda lanciata intorno al 1990, rilanciata dal risentimento
anti-russo dei polacchi e dei baltici. Tuttavia, è stato in questo contesto di
riflusso americano che i russi hanno preso la decisione di mettere al passo
l’Ucraina, perché avevano la sensazione di avere finalmente i mezzi tecnici
per farlo.

Esco dalla lettura di un’opera di S. Jaishankar, ministro degli Affari Esteri


dell’India (The India Way), pubblicata poco prima della guerra, che vede la
debolezza americana, che sa che lo scontro tra Cina e Stati Uniti non avrà un
vincitore ma darà spazio a un paese come l’India e molti altri. Aggiungo: ma
non agli europei. Ovunque vediamo l’indebolimento degli Stati Uniti, ma non
in Europa e in Giappone perché uno degli effetti del ritrarsi del sistema
imperiale è che gli Stati Uniti rafforzano la loro presa sui suoi protettorati
iniziali.

Se leggiamo Brzeziński (La grande scacchiera), vediamo che l’Impero


americano è stato formato alla fine della seconda guerra mondiale dalla
conquista della Germania e del Giappone, che sono ancora oggi protettorati.
Mentre il sistema americano si ritrae, pesa sempre più pesantemente sulle
élite locali dei protettorati (e includo qui tutta l’Europa). I primi a perdere
tutta l’autonomia nazionale, saranno (o sono già) gli inglesi e gli australiani.
Internet ha prodotto nell’Anglosfera un’interazione umana con gli Stati Uniti
di tale intensità che le loro università, media e élite artistiche sono, per così
dire, annesse. Sul continente europeo siamo un po’ protetti dalle nostre lingue
nazionali, ma la caduta nella nostra autonomia è considerevole e rapida.
Ricordiamoci della guerra in Iraq, quando Chirac, Schröder e Putin hanno
fatto conferenze stampa comuni contro la guerra.

Molti osservatori sottolineano che la Russia ha il PIL della Spagna; non è


che sopravvaluta la sua potenza economica e la sua capacità di
resistenza?

La guerra diventa un test dell’economia politica, è il grande rivelatore. Il PIL


della Russia e della Bielorussia rappresenta il 3,3% del PIL occidentale (Stati
Uniti, Anglosfera, Europa, Giappone, Corea del Sud), praticamente nulla. Ci si
chiede come questo PIL insignificante possa affrontare e continuare a
produrre missili. Il motivo è che il PIL è una misura fittizia della produzione.
Se ti ritiriamo dal PIL americano metà delle sue spese sanitarie sovrafatturate,
poi la “ricchezza prodotta” dall’attività dei suoi avvocati, dalle carceri più
affollate del mondo, poi da un’intera economia di servizi scarsamente definiti
tra cui la “produzione” dei suoi 15-20.000 economisti con uno stipendio medio
annuo di 120 mila dollari, ci rendiamo conto che una parte importante di
questo PIL è solo vapore acqueo. La guerra ci riporta all’economia reale, rende
possibile capire quale sia la vera ricchezza delle nazioni, la capacità
produttiva e quindi la capacità di guerra. Se torniamo alle variabili materiali,
vediamo l’economia russa. Nel 2014, abbiamo messo in atto le prime
importanti sanzioni contro la Russia, ma essa ha da allora aumentato la sua
produzione di grano, che va da 40 a 90 milioni di tonnellate nel 2020. Mentre,
grazie al neoliberismo, la produzione americana di grano, tra il 1980 e 2020, è
passata da 80 a 40 milioni di tonnellate. La Russia è anche diventata il primo
esportatore di centrali nucleari. Nel 2007, gli americani hanno spiegato che il
loro avversario strategico era in un tale stato di decadimento nucleare che
presto gli Stati Uniti avrebbero avuto una capacità di primo colpo atomico su
una Russia che non avrebbe potuto rispondere. Oggi i russi sono in superiorità
nucleare con i loro missili ipersonici.

La Russia ha quindi un’autentica capacità di adattamento. Quando vuoi


prendere in giro le economie centralizzate, sottolinei la loro rigidità, mentre
quando fai l’apologia del capitalismo, ne vanti la flessibilità. Giusto. Affinché
un’economia sia flessibile, prendi ovviamente il mercato dei meccanismi
finanziari e monetari. Ma prima di tutto, hai bisogno di una popolazione attiva
che sappia fare delle cose. Gli Stati Uniti hanno ora più del doppio della
popolazione della Russia (2,2 volte nelle fasce di età degli studenti). Resta il
fatto che con proporzioni da parte di coorti comparabili di giovani che fanno
istruzione superiore, negli Stati Uniti, il 7% sta studiando ingegneria, mentre
in Russia è il 25%. Ciò significa che con 2,2 volte meno persone che studiano, i
russi formano il 30% di più ingegneri. Gli Stati Uniti colmano il buco con
studenti stranieri, ma che sono principalmente indiani e ancora più cinesi.
Questa risorsa di sostituzione non è sicura e già diminuisce. È il dilemma
fondamentale dell’economia americana: può affrontare la concorrenza cinese
solo importando forza lavoro qualificata cinese. Propongo qui il concetto di
bilanciamento economico. L’economia russa, da parte sua, ha accettato le
regole operative del mercato (è persino un’ossessione per Putin quella di
preservarle), ma con un ruolo grandissimo dello stato. E si tiene anche la sua
flessibilità della formazione di ingegneri che consentono gli adattamenti, sia
industriali che militari.

Molti osservatori credono, al contrario, che Vladimir Putin abbia


sfruttato la rendita delle materie prime senza aver saputo sviluppare la
sua economia …

Se fosse così, questa guerra non avrebbe avuto luogo. Una delle cose
sorprendenti in questo conflitto, e questo lo rende così incerto, è che pone
(come qualsiasi guerra moderna) la questione dell’equilibrio tra tecnologie
avanzate e produzione di massa. Non vi è dubbio che gli Stati Uniti abbiano
alcune delle tecnologie militari più avanzate, che a volte sono state decisive
per i successi militari ucraini. Ma quando si entra nella durata, in una guerra
di logoramento, non solo dalla parte delle risorse umane, ma anche di quelle
materiali, la capacità di continuare dipende dal settore della produzione di
armi più basso. E troviamo, vedendolo ritornare dalla finestra, la questione
della globalizzazione e il problema fondamentale degli occidentali: abbiamo
trasferito una proporzione tale delle nostre attività industriali che non
sappiamo se la nostra produzione di guerra può proseguire. Il problema viene
ammesso. La CNN, il New York Times e il Pentagono si chiedono se l’America
riuscirà a rilanciare le catene di produzione di questo o quel tipo di missile.
Ma non sappiamo se i russi sono in grado di seguire il ritmo di un tale
conflitto. Il risultato e la soluzione della guerra dipenderanno dalla capacità
dei due sistemi di produrre armamenti.

Secondo lei questa guerra non è solo militare ed economica, ma anche


ideologica e culturale …

Mi esprimo qui soprattutto come antropologo. In Russia, ci sono state strutture


familiari più dense, comunitarie, di alcune delle quali certi valori sono
sopravvissuti. C’è un sentimento patriottico russo che è qualcosa di cui qui da
noi non abbiamo idea, nutrito dal subconscio di una nazione famiglia. La
Russia aveva un’organizzazione familiare patrilineare, vale a dire in cui gli
uomini sono centrali e non può aderire a tutte le innovazioni occidentali neo-
femministe, LGBT, transgender … Quando vediamo la duma russa vota una
legislazione ancora più repressiva sulla “propaganda LGBT”, noi ci sentiamo
superiori. Posso sentirlo come un occidentale normale. Ma da un punto di
vista geopolitico, se pensiamo in termini di soft power, questo è un errore.
Presso il 75% del pianeta, l’organizzazione della parentela era patrilineare e si
può sentire una forte comprensione degli atteggiamenti russi. Per il non-
Occidente collettivo, la Russia afferma un rassicurante conservatorismo
morale. L’America Latina, tuttavia, qui sta sul lato occidentale.

Quando si fa geopolitica, ci si interessa a più dominii: i rapporti di forza


energetici, militari, produzione di armi (che rinvia ai rapporti di forza
industriali). Ma c’è anche l’equilibrio ideologico e culturale del potere, che gli
americani chiamano il “soft power”. L’URSS aveva una certa forma di soft
power, il comunismo, che influenzava parte dell’Italia, dei cinesi, dei
vietnamiti, dei serbi, dei lavoratori francesi … ma il comunismo faceva in
fondo orrore al mondo musulmano per via del suo ateismo e non fu
particolarmente di ispirazione in India, tranne che nel Bengala Occidentale e
nel Kerala. Ora, attualmente, poiché la Russia si è riposizionata come
archetipo di grande potenza, non solo anti -coloniale, ma anche patrilineare e
conservatrice dei costumi tradizionali, può andare molto più in là con la
seduzione. Gli americani si sentono traditi oggi dall’Arabia Saudita che rifiuta
di aumentare la sua produzione di petrolio, nonostante la crisi energetica
dovuta alla guerra, e che di fatto si schiera dalla parte dei russi: in parte,
ovviamente, per interesse petrolifero. Ma è evidente che la Russia di Putin, che
è diventata moralmente conservatrice, è diventata solidale con i sauditi, i
quali sono sicuro che abbiano qualche problemino con i dibattiti americani
sull’accesso delle donne transgender (definite come maschi al concepimento)
ai servizi igienici delle donne.

I giornali occidentali sono tragicamente divertenti, mentre continuano a dire:


“La Russia è isolata, la Russia è isolata”. Ma quando guardiamo i voti delle
Nazioni Unite, vediamo che il 75% del mondo non segue l’Occidente, che a
quel punto sembra molto piccolo. Se siamo antropologi, possiamo spiegare la
mappa, da un lato i paesi catalogati come aventi un buon livello di democrazia
nelle classifiche di The Economist (vale a dire l’anglosfera, l’Europa …),
dall’altra parte i paesi autoritari, che si diffondono dall’Africa fino alla Cina
attraverso il mondo arabo e la Russia. Per un antropologo, questa è una carta
banale. Alla periferia “occidentale” troviamo paesi dalla struttura della
famiglia nucleare con sistemi di parentela bilaterale, vale a dire dove parenti
maschi e femmine sono equivalenti nella definizione dello stato sociale del
bambino. E al centro, con la maggior parte della massa afro-europea-asiatica,
troviamo le organizzazioni familiari comunitarie e patrilineari. Vediamo
quindi che questo conflitto, descritto dai nostri media come un conflitto di
valori politici, è a un livello più profondo un conflitto di valori antropologici. È
questa incoscienza e questa profondità che rendono pericoloso lo scontro.

Fonte originale: https://www.lefigaro.fr/vox/monde/emmanuel-todd-la-


troisieme-guerre-mondiale-a-commence-20230112.

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.


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