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 14,00 I.V.A. INCLUSA

ISBN 978-88-598-1194-7

Marco Benvenuti • Diritti sociali


Marco Benvenuti
Diritti sociali
MARCO BENVENUTI

Diritti sociali
Tratto dal Digesto delle discipline pubblicistiche - V Aggiornamento (2012).

© 2013 Wolters Kluwer Italia S.r.l.


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Project editor: Pietro Giordano


Redazione: Antonella Prandino
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ISBN 978-88-598-1194-7
INDICE SOMMARIO

Abbreviazioni ................................................................................................ p. V

Capitolo I
VICENDE STORICHE E TEORICHE DEI DIRITTI SOCIALI

1. I diritti sociali come problema costituzionale. ..................................... » 1


2. I diritti sociali come oggetto costituzionale. ........................................ » 6
3. Le “storie” costituzionali dei diritti sociali lungo l’Ottocento. ........ » 12
4. I diritti sociali nelle costituzioni del primo Novecento. ................... » 17

Capitolo II
I DIRITTI SOCIALI NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

1. I princìpi fondamentali e i diritti sociali. L’art. 1 Cost.


e i diritti sociali. .................................................................................. » 25
2. (Segue). L’art. 2 Cost. e i diritti sociali. ................................................. » 32
3. (Segue). L’art. 3 Cost. e i diritti sociali. ................................................. » 37
4. I diritti sociali e il loro statuto costituzionale. .................................... » 44
5. I diritti sociali e la disciplina costituzionale dell’economia. ............. » 52
6. I diritti sociali dal punto di vista dei soggetti. I diritti sociali
e i soggetti passivi o obbligati. ......................................................... » 56
7. (Segue). I diritti sociali e i soggetti attivi o beneficiari. ....................... » 62
8. I diritti sociali dal punto di vista degli oggetti (cenni). ..................... » 67
9. Il sistema dei diritti sociali e i suoi elementi di struttura. ................. » 83

Capitolo III
I DIRITTI SOCIALI NELLO SVOLGERSI
DELL’ESPERIENZA COSTITUZIONALE ITALIANA

1. Considerazioni metodologico-preliminari. ......................................... » 91


Indice sommario

2. I caratteri generali della giurisprudenza costituzionale sui


diritti sociali. ...................................................................................... p. 95
3. Le stagioni e gli argomenti della giurisprudenza costituzionale
sui diritti sociali. Un primo tempo: dagli inizi agli anni
settanta del Novecento. .................................................................... » 98
4. (Segue). Un secondo tempo: gli anni ottanta del Novecento. .......... » 104
5. (Segue). Un terzo tempo: la svolta della fine degli anni ottanta
e gli anni novanta del Novecento. ................................................. » 115
6. (Segue). Un quarto tempo: il primo decennio del Duemila. ............ » 136

Capitolo IV
I DIRITTI SOCIALI DI FRONTE
ALLA PLURALIZZAZIONE DEI LIVELLI NORMATIVI

1. Profili evolutivi e spunti problematici, anche con riferimento


alla crisi economica attuale. ............................................................ » 145

Bibliografia. ................................................................................................... » 159

IV
ABBREVIAZIONI

AIC Associazione italiana dei costituzionalisti


App. Corte d’appello
art. articolo
BVerfG Bundesverfassungsgericht
cap. capitolo
c.c. codice civile
C. cost. Corte costituzionale
c.d. cosiddetto
cfr. confronta
CGCE Corte di giustizia delle Comunità europee
co. comma
Cost. Costituzione italiana del 1947
d. decreto
INAIL Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro
INPS Istituto nazionale della previdenza sociale
IVA Imposta sul valore aggiunto
l. legge
l. cost. legge costituzionale
n. numero
ord. ordinanza
PSIUP Partito socialista italiano di unità proletaria
s.d. senza data
sent. sentenza
sez. sezione
s.l. senza luogo

V
Abbreviazioni

spec. specialmente
ss. seguenti
TFUE Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
tit. titolo
TUE Trattato sull’Unione europea
UE Unione europea
URSS Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche
v. versus

VI
CAPITOLO I
VICENDE STORICHE E TEORICHE DEI DIRITTI SOCIALI

SOMMARIO: 1. I diritti sociali come problema costituzionale. - 2. I diritti so-


ciali come oggetto costituzionale. - 3. Le “storie” costituzionali dei diritti sociali
lungo l’Ottocento. - 4. I diritti sociali nelle costituzioni del primo Novecento.

1. I DIRITTI SOCIALI COME PROBLEMA COSTITUZIONALE.


Ad una rapida rassegna delle più o meno recenti trattazioni enciclo-
pediche in tema di “diritti sociali”, sembra, anzitutto, che tale nozione sia
astretta ad insuperabili problemi di ordine definitorio o, per meglio dire,
che l’unico vero punto di consenso tra gli studiosi sul tema si raggiunga
in ordine al carattere «non (…) univoco»1, se non propriamente equivo-
co, del sintagma in questione, che lo ha reso una «categoria complessa e
sempre meno à la page»2. Tale profilo dei “diritti sociali”, da taluno fatto
derivare da un’asserita «intrinseca mutevolezza»3 del loro contenuto, ten-
de a sua volta a riprodurre un vero e proprio «atteggiamento di sospetto

1 Così, ad esempio, M. MAZZIOTTI, Diritto - Teoria generale: VII. - Diritti soggettivi: e) Diritti socia-

li, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1964, vol. XII, p. 802; A. GIORGIS, Diritti sociali, in Dizionario di
diritto pubblico, a cura di S. Cassese, Milano, 2006, vol. III, p. 1903; ciò – si scriveva nel 1960, da
parte di P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Diritti sociali, in Novissimo digesto italiano, Torino, 1960, vol. V, p.
761 – poiché «la relativa “novità” dei diritti sociali non ne ha finora consentito un’elaborazione
dommatica, in distinte categorie, così ricca e dettagliata come quella che ormai da vari decenni
caratterizza gli altri diritti pubblici soggettivi»; che i diritti sociali siano «junge Institutionen» è un
profilo evidenziato, altresì, da G. BRUNNER, Die Problematik der soziale Grundrechte, Tübingen, 1971,
p. 11.
2 D. BIFULCO, L’inviolabilità dei diritti sociali, Napoli, 2003, p. 1; nonché N. BOBBIO, Sui diritti

sociali, in Cinquant’anni di Repubblica italiana, a cura di G. Neppi Modona, Torino, 1996, p. 115.
3 A. MASSERA, Individuo e amministrazione nello Stato sociale, in Rivista trimestrale di diritto e procedu-

ra civile, 1991, p. 22.

1
Diritti sociali

da parte dei giuristi»4, che investe tanto il sostantivo “diritti”, con tutto il
carico semantico di tale parola, quanto l’aggettivo “sociali”, che può ap-
parire oggettivamente incerto e soggettivamente indeterminato, quanto,
ancora, l’ancoraggio di tali “diritti sociali” – ammesso e non concesso,
per ora, che l’accostamento tra i due termini abbia un qualche significato
– alla dimensione costituzionale propria di un dato ordinamento giuridi-
co5.
Un simile ammonimento, invero posto in apertura delle suindicate
trattazioni, induce a porre a valle del presente lavoro ogni considerazione
di ordine tipologico o classificatorio intorno ai diritti qui in esame –
obiettivo peraltro ineludibile di qualunque voce enciclopedica – e a muo-
vere preliminarmente da una disamina delle circostanze storico-politiche
e, ad un tempo, delle matrici ideologiche e culturali inerenti alla costitu-
zionalizzazione (e dunque alla giuridicizzazione) di istituti e provvidenze
di carattere quodammodo economico-sociale6. Se è vero, infatti, che «la li-
bertà dalla paura e dal bisogno ed il raggiungimento della felicità sulla ter-
ra grazie ad uno Stato ideale»7 sono un «antichissimo sogno dell’umani-
tà»8, non va però dimenticato che tale sogno, per l’appunto, è stato con-
finato sino ad epoche assai recenti nel «genere letterario dell’utopia»9. Si-
deralmente lontani da quello «Stato ideale» appaiono, infatti, i diversi in-
terventi di ordine lato sensu sociale portati avanti in età moderna all’inter-
no del “Polizeistaat”10, vòlti a fronteggiare la sventurata esistenza di un’u-
manità varia e dolente, composta da mendicanti, vagabondi, inabili, in-
fermi o minori abbandonati, tutte figure marginali ma «inquietanti»11 an-
che in quel moderno «Settecento riformatore»12 che si interroga su una
possibile rideclinazione della dialettica tra libertà e autorità (e sui limiti di
questa).

4 I. TRUJILLO PÉREZ, La questione dei diritti sociali, trad. it. in Ragion pratica, 2000, p. 43.
5 Ibidem.
6 Ciò proprio al fine di «offrire una visione unificante della materia» (M. LUCIANI, A proposito

del “diritto alla salute”, in Diritto e società, 1979, p. 409).


7 G.A. RITTER, Der Sozialstaat, [1991], trad. it. Storia dello Stato sociale, Roma-Bari, 2007, p. 33.
8 Ibidem.
9 Ibidem.
10 Sul punto, cfr. M.S. GIANNINI, Profili costituzionali della protezione sociale delle categorie lavoratrici,

[1953], rist. in ID., Scritti, Milano, 2003, vol. III, p. 732.


11 Così, per tutti, G. PROCACCI, Gouverner la misère, [1993], trad. it. Governare la povertà, Bolo-

gna, 1998, p. 29.


12 Secondo la nota qualificazione che di quel secolo dà F. VENTURI , Settecento riformatore,

[1969], rist., Torino, 1998, vol. I, spec. pp. XVII-XVIII.

2
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

Certamente, quella dialettica muta – e radicalmente – con il prorom-


pere della Rivoluzione francese del 1789 e con lo straordinario moto di
scomposizione del precedente assetto politico-cetuale e di ricomposizio-
ne collettiva del ruolo e della funzione dell’individuo all’interno di un
luogo politico nuovo (o comunque radicalmente rinnovato), la “nation”.
Di ciò sono espressione eminente le solenni affermazioni, poste all’art. 1
della coeva Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che «gli
uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti» e che «le distin-
zioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune». Tutta-
via, non solo in quel testo costituzionale non si rinviene alcun enunciato
semanticamente o concettualmente assimilabile, neppure alla lontana, alle
“nostre” disposizioni variamente afferenti alla sfera economico-sociale
della vicenda umana13, ma va parimenti ricordato come la dimensione
sociale dell’individuo – per nulla concepito come «astratto»14, anche in
quel frangente storico – assuma una portata massimamente escludente. In-
fatti, in quella temperie il termine «lavoro» compare sì all’art. 2, sez. II, cap.
I, tit. III, della Costituzione francese del 1791, ma per discriminare tra cit-
tadini “actifs” e cittadini “passifs”15, costituendo dunque tale riferimento –
sulla scia della fondamentale riflessione di J.-E. Sieyès, per cui solo i primi
e non i secondi «rappresentano i veri azionari della grande impresa sociale,
solo loro sono i veri cittadini attivi, i veri membri dell’associazione»16 – la
cifra distintiva per la titolarità dei principali diritti politici.
Neppure pare storicamente appropriato parlare di diritti sociali pro-
priamente detti e correttamente intesi nella successiva Costituzione fran-

13 È stato detto, molto correttamente, che «alle origini dello Stato moderno (Stato liberale)

l’espressione “diritti sociali” (…) appariva addirittura come qualcosa di incomprensibile entro le
categorie giuridiche e politiche dell’epoca» (A. BALDASSARRE, Diritti sociali, in Enciclopedia giuridica,
Roma, 1989, vol. XII, p. 1); in senso contrario, per tutti, B. MIRKINE GUETZÉVITCH, Les Nouvelles
tendances du droit constitutionnel, [1931], trad. it. Le nuove tendenze del diritto costituzionale, in ID., Compa-
razioni Teoriche e Razionalizzazioni Costituzionali, San Cesario di Lecce-Cavallino, 2009, p. 86; M.
MAZZIOTTI, Lo spirito del diritto sociale nelle costituzioni e nelle leggi della Francia rivoluzionaria, in Archivio
giuridico “Filippo Serafini”, 1954, fasc. CXLVII, pp. 54 ss.
14 Così, invece, secondo A. DE TOCQUEVILLE, L’Ancien régime et la Révolution, [IV ed., 1859],

trad it. L’antico regime e la Rivoluzione, in ID., Scritti politici, Torino, 1996, vol. I, p. 619; H. TAINE,
Les Origines de la France contemporaine. La Révolution, [1878], trad. it. Le origini della Francia
contemporanea. La Rivoluzione, Milano, 1989, vol. I, p. 347.
15 Sul punto, si rinvia, per tutti, a P. LAVIGNE, Le Travail dans les constitutions françaises, Paris,

1948, pp. 105 ss.; nonché, da ultimo, a M. BENVENUTI, Tre riflessioni sulla dimensione sociale della cit-
tadinanza nella Francia rivoluzionaria del 1789, in Politica del diritto, 2009, pp. 288 ss.
16 J.-E. SIEYÈS, Préliminaire de la Constitution, [1789], trad. it. Preliminari della Costituzione, in ID.,

Opere e testimonianze politiche, Milano, 1993, vol. I, p. 391.

3
Diritti sociali

cese dell’anno I-1793, che pure costituisce un formidabile punto di rife-


rimento per tutto il costituzionalismo democratico. Non si nega, natu-
ralmente, che il fluire dalla prima alla seconda fase rivoluzionaria abbia
segnato – per riprendere una nota formula di K. Marx – il passaggio dal-
l’«uomo bourgeois» all’«uomo citoyen»17; tuttavia, chi concepisse le previsioni
contenute nel testo costituzionale francese dell’anno I-1793 e, in partico-
lare, nel suo art. 21 alla stregua di veri e propri diritti sociali18 trascure-
rebbe la cruciale considerazione che quelle misure e quegli interventi,
compendiati nella formula dei «secours publics», si atteggiavano piuttosto
a doveri unilaterali della società politicamente organizzata (la “nation”
propriamente detta) e non – si noti – dello Stato nei confronti dei citta-
dini più bisognosi, né tantomeno a pretesa di questi ultimi nei confronti
dell’una (la società) o dell’altro (lo Stato)19.
Pertanto, vi è motivo di ritenere che le eventuali prestazioni rivolte ai
«citoyens malheureux», a voler riprendere la lettera dell’art. 21 della Co-
stituzione francese dell’anno I-1793, si risolvano, anche nelle loro artico-
lazioni più progressive, in un concetto qual è quello di “fraternité”20,
espressivo di una relazione societale tra consociati, in cui i cittadini, in
virtù di un patto sociale presupposto, sono legati tra loro senza quella in-
termediazione dei pubblici poteri nei cui confronti dovrebbero essere
eventualmente rivendicati i relativi diritti21. E di ciò è altresì prova la di-
scesa “dall’alto” e non la rivendicazione “dal basso” di tali «secours», il
loro carattere eminentemente «platonico»22, la loro finalità di «conserva-
zione dell’ordine costituito»23, il loro svolgersi nel modo «il meno pene-

17 K. MARX, Zur Judenfrage, [1844], trad. it. Sulla questione ebraica, in ID. e F. ENGELS, Opere scel-

te, Roma, 1979, p. 85.


18 Oltre agli autori citati supra, nt. 13, adde, almeno, M. LUCIANI, Sui diritti sociali, in Studi in

onore di Manlio Mazziotti di Celso, Padova, 1995, vol. II, p. 104; nonché, da ultimo, C. PINELLI, Il
discorso sui diritti sociali fra Costituzione e diritto europeo, in Diritto civile e principi costituzionali europei e ita-
liani, a cura di C. Salvi, Torino, 2012, p. 122; L. GIANI, Diritti sociali e la sfida della crisi economica, in
Studi in onore di Claudio Rossano, Napoli, 2013, vol. II, pp. 664 ss.
19 Per ulteriori svolgimenti, sia consentito rinviare a M. BENVENUTI, Tre riflessioni, cit. nt. 15,

pp. 298 ss.


20 Su cui si rinvia, da ultimo, anche in chiave storica, a F. PIZZOLATO, Fraternità (principio di),

in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento V, Torino, 2012, pp. 379 ss.
21 Riprendendo G. PECES-BARBA MARTÍNEZ, Diritti sociali, trad. it. in Sociologia del diritto, 2000,

fasc. I, p. 39, «non si hanno diritti sociali senza l’intervento dello Stato, né senza la partecipazione
dei cittadini che fanno valere le loro richieste».
22 C. MORTATI, Il lavoro nella Costituzione, [1954], rist. in ID., Raccolta di scritti, Milano, 1972,

vol. III, p. 229.


23 M.S. GIANNINI, Rilevanza costituzionale del lavoro, [1949], rist. in ID., Scritti, cit. nt. 10, vol. III,

p. 118.

4
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

trante (…) il meno compromettente»24 possibile rispetto alle leggi “naturali”


del mercato25.
Il mutamento di paradigma – perché tale può dirsi, anche sul piano
costituzionale – si verifica solo circa mezzo secolo dopo, nell’Ottocento
ormai avviato e in tutt’altro contesto politico, da un lato, ed economico-
sociale, dall’altro. Sul piano politico, infatti, è a partire da Termidoro e
poi, più nettamente ancora, nel corso dell’età napoleonica, della Restau-
razione e fino al 1848 che la linea di frattura interna alla “nation” appare
ormai definitiva, con l’esclusione sistematica dal godimento effettivo del-
lo status civitatis di quanti, ad avviso di B. Constant, «l’indigenza mantiene
in un’eterna dipendenza e condanna a lavori giornalieri»26. I poveri –
ammonisce questo scrittore – «non sono né più illuminati dei fanciulli in
merito agli affari pubblici, né più interessati degli stranieri a una prosperi-
tà nazionale di cui non conoscono gli elementi e di cui godono i vantaggi
soltanto indirettamente»27. Se questo è lo sfondo teorico, oltre che politi-
co (non già dei pensatori legittimisti o reazionari ma) degli intellettuali
liberali, non può sorprendere che la relazione orizzontale tra cives traccia-
ta nella fase più avanzata della vicenda rivoluzionaria francese si trasfiguri
nei decenni successivi in un rapporto verticale, in virtù del quale il moto
rivendicativo delle classi subalterne si sprigiona non più all’interno della
società, ma all’esterno di essa, nei confronti di uno Stato «monoclasse» 28
che viene allora visto, per l’appunto, come proiezione pubblicistico-
autoritativa dei soli ceti dominanti.
Sul piano economico-sociale, poi, in quegli stessi anni il processo di
industrializzazione incipiente delle zone più avanzate d’Europa produce
una scoperta sconvolgente: a voler riprendere le parole di un celebre
voyageur costituzionale, non certo vicino a posizioni socialiste, come A. de
Tocqueville, «allorché si percorrono le diverse regioni d’Europa, si resta

24 V. CRISAFULLI, Costituzione e protezione sociale, [1950], rist. in ID., La Costituzione e le sue dispo-

sizioni di principio, Milano, 1952, p. 122.


25 Il mercato è infatti «un sistema sociale in cui la quantità e la qualità dei beni prodotti, non-

ché il sistema dei prezzi, sono il frutto dell’interazione, indipendente, degli individui e delle im-
prese che perseguono il proprio privato interesse» (T. PADOA-SCHIOPPA, Il governo dell’economia,
Bologna, 1997, pp. 11-12); sul mercato come «locus artificialis», si veda, naturalmente, N. IRTI, Il
carattere politico-giuridico del mercato, [2003], rist. in ID., L’ordine giuridico del mercato, 2009, Roma-Bari,
p. V.
26 B. CONSTANT, Principes de politique, [1815], trad. it. Princìpi di politica, Roma, 1970, p. 100.
27 Ibidem.
28 M.S. GIANNINI, Stato sociale: una nozione inutile, [1977], rist. in ID., Scritti, cit. nt. 10, 2005,

vol. VII, p. 104.

5
Diritti sociali

impressionati da uno spettacolo veramente strano, e all’apparenza ine-


splicabile. I paesi reputati come i più miserabili sono quelli dove, in real-
tà, si conta il minor numero di indigenti, mentre tra le nazioni che tutti
ammirano per la loro opulenza, una parte della popolazione è costretta,
per vivere, all’elemosina dell’altra»29. La «Rivoluzione industriale»30, per la
prima volta, appare dunque a tutti, e non solo a chi la subisce nella sua
forma oscura, quale causa e non quale soluzione dei gravissimi problemi
determinati dalla nuova forma di produzione capitalistica31. Si moltiplica-
no allora gli studi intorno al «pauperismo»32, nei quali si distingue scienti-
ficamente la “nuova” indigenza laboriosa, fenomeno socialmente qualifi-
cato, dalla “vecchia” povertà oziosa33, propria dell’antico regime, come si
è detto, e limitata ad un’umanità marginale, ancorché varia e dolente. La
prima appare così una vera e propria «malattia sociale»34, la quale fa in-
sorgere le classi subalterne e, ad un tempo, impensierire i ceti dominanti
proprio perché si sviluppa non tra i settori improduttivi della società, ma
in forma endemica e apparentemente ineluttabile nel cuore stesso della
cittadella industriale35.

2. I DIRITTI SOCIALI COME OGGETTO COSTITUZIONALE.


Sulla scorta di questi sommari elementi di ordine contestuale, una
prima conclusione, invero interlocutoria, si impone. Se la questione sociale
– o, per dirla altrimenti, l’“Arbeiterfrage” di cui parla la pubblicistica
germanica – divampa potente nella “seconda” prima metà dell’Ottocen-
to, per ragioni di ordine ora politico ed ora economico-sociale (supra, §
I.1), da ciò discende che solo in quel tempo e non precedentemente il
dovere unilaterale della società politicamente organizzata di far fronte a

29 A. DE TOCQUEVILLE, Mémoire sur le paupérisme, [1835], trad. it. Prima memoria sul pauperismo,

in ID., Il pauperismo, Roma, 1998, p. 105.


30 Cfr., specialmente, D.S. LANDES, The Unbound Prometeus, [1969], trad. it. Prometeo liberato,

Torino, 1993, pp. 3 ss.


31 Sul punto, per tutti, R. CASTEL, Les Métamorphoses de la question sociale, [1995], trad. it. Le me-

tamorfosi della questione sociale, Avellino, 2007, pp. 35 e 275-276.


32 A. DE TOCQUEVILLE, Mémoire, cit. nt. 29, pp. 105 ss.
33 Così, ad esempio, J.-M. DE GÉRANDO, De la Bienfaisance publique, [1839], trad. it. Della benefi-

cenza pubblica, in Biblioteca dell’economista, Torino, 1867, vol. XIII, pp. 377-378; sulla distinzione tra
«povertà laboriosa» e «povertà oziosa», U. ROMAGNOLI, Diritti sociali e Costituzione, in I diritti sociali
e del lavoro nella Costituzione italiana, a cura di G. Casadio, Roma, 2006, p. 159.
34 M.S. GIANNINI, Stato, cit. nt. 28, p. 104.
35 Sul punto, per tutti, F. EWALD, Histoire de l’Etat providence, [1986], trad. it. parz. Diritto e ri-

schio, Torino, 2004, pp. 62 ss.

6
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

situazione di disagio dei consociati lascia il campo ad uno spettro sempre


più ampio di rivendicazioni, di pretese e poi di aspettative, in una parola
di diritti propriamente detti, i quali – va precisato, in termini generali –
«non sono fatti per i forti, ma per i deboli»36. E questi diritti ci appaiono
già allora contrassegnati da una serie di caratteristiche peculiari e distinti-
ve, anche nel loro svilupparsi nei decenni successivi. Essi, per prima co-
sa, sono espressione di una diffusa «tendenza polemica rivolta contro lo
status quo»37; essi, inoltre, conseguono ad un’istanza di «riconoscimento
del bisogno da parte dell’ordinamento giuridico»38, formulata da quanti si
trovano in una situazione di subalternità (e solo, lo si ripete, da questi ul-
timi39); essi, quindi, si atteggiano non a «diritti di tutti, degli uomini o dei
cittadini, ma soltanto delle persone che abbiano bisogno di essere protet-
te»40 nei confronti di quella che sarebbe stata a giusto titolo qualificata
come una «diversità subita»41; essi, pertanto, sono il prodotto di e produco-
no a loro volta un «diritto [che], invece di essere uguale, dovrebbe essere
diseguale»42; essi, ancora, per il loro soddisfacimento si rivolgono, in pri-
mo luogo, nei confronti dei pubblici poteri, da cui le classi subalterne
vengono escluse, ma altresì, mediatamente o immediatamente, nei con-
fronti degli appartenenti a quei ceti dominanti che incarnano lo Stato43;

36 S. RODOTÀ, Repertorio di fine secolo, nuova ed., Roma-Bari, 1999, p. 124.


37 Così, criticamente, E. FORSTHOFF, Begriff und Wesen des sozialen Rechtsstaates, [1954], trad. it.
Concetto e natura dello Stato sociale di diritto, in ID., Stato di diritto in trasformazione, Milano, 1973, p. 54.
38 L. ELIA e G. BUSIA, Stato democratico, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1999, vol.

XV, p. 71.
39 Il punto è còlto con lucidità da E. DICIOTTI, Sulla distinzione tra diritti di libertà e diritti sociali,

in Quaderni costituzionali, 2004, p. 746, ad avviso del quale «molti diritti sociali sono diritti a
qualcosa, cioè diritti di ottenere un determinato bene (diritto all’istruzione, diritto alla salute, ecc.)
(…) Pertanto, chi già lo possieda non ha il diritto di tenere quei comportamenti e di ricevere
quelle prestazioni».
40 G. PECES-BARBA MARTÍNEZ, Diritti, cit. nt. 21, p. 49; il punto è sovente ripreso nella dot-

trina contemporanea: nello stesso senso, tra i molti, G. CORSO, I diritti sociali nella Costituzione ita-
liana, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1981, p. 759; U. SPAGNOLI, I problemi della Corte, Torino,
1996, p. 51; G. LOMBARDI, Diritti di libertà e diritti sociali, in Politica del diritto, 1999, p. 12; M.C. CA-
VALLARO, I diritti sociali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, in Ragion pratica, 2000, p. 28;
M.V. BALLESTRERO, La costituzionalizzazione dei diritti sociali, in Globalizzazione e diritto del lavoro, a
cura di S. Scarponi, Milano, 2001, pp. 89-90.
41 C. SALAZAR, Dal riconoscimento alla garanzia del diritto sociali, Torino, 2000, p. 24; ID., I diritti

sociali alla prova della giurisprudenza costituzionale, in Diritti sociali e servizio sociale, a cura di P. Costanzo
e S. Mordeglia, Milano, 2005, p. 173.
42 K. MARX, Kritik des Gothaer Programms, [1875], trad. it. Critica al programma di Gotha, in ID. e

F. ENGELS, Opere, cit. nt. 17, p. 961.


43 Tale duplice riferimento, ad avviso di U. POTOTSCHNIG, I pubblici servizi, Padova, 1964, p.

109, fonda il significato dell’aggettivo “sociale”.

7
Diritti sociali

essi, infine, sono finalizzati a consentire alle prime di «partecipare ai be-


nefici della vita associata»44, redistribuendo, in forma più o meno intensa,
la ricchezza socialmente prodotta45.
A partire da tali considerazioni, fondate, in primo luogo, sul dato sto-
rico, pare ora possibile portare avanti un tentativo preliminare di indivi-
duazione degli elementi di ordine tipologico o classificatorio – e non già «pre-
scrittivo»46 – che contrassegnano la categoria dei diritti sociali e la distin-
guono da altre classi di diritti costituzionali47. In un primo senso, i diritti
in questione sono “sociali”, perché si caratterizzano come «legittime
aspettative, che i cittadini hanno, non come individui singoli, uno indi-
pendente dall’altro, ma come individui sociali che vivono, e non possono
non vivere, in società con altri individui»48. Essi, pertanto, non sono
compiutamente realizzabili dall’individuo atomisticamente inteso – mo-
derno Robinson Crusoe sull’isola deserta – ma passano, per così dire, at-
traverso l’incontro-scontro con altri soggetti sociali collettivi, di cui lo

44 M. MAZZIOTTI, Diritto, cit. nt. 1, p. 804.


45 Sul punto, cfr. G. PALOMBELLA, L’autorità dei diritti, II ed., Roma-Bari, 2004, p. 45.
46 Così R. BIN, Diritti e fraintendimenti, in Studi in onore di Giorgio Berti, Napoli, 2005, vol. I, p.

348, per il quale un siffatto proposito «mira, più o meno consapevolmente ad accreditare gerar-
chie e precedenze tra i “diritti”» (ibidem); ma già in precedenza, da parte di M.S. GIANNINI, Rile-
vanza, cit. nt. 23, p. 11, si è sostenuto che, ove si ricorra alla formula “diritti sociali” «per indicare
un gruppo di diritti fondamentali aventi un contenuto che può dirsi (…) sociale, essa possa accet-
tarsi come nozione meramente classificatoria (ossia non normativa) e quindi facilitativa per la
comprensione del dato giuridico; ma ove la si voglia impiegare per indicare qualche cosa di diver-
so da diritti fondamentali, essa si risolva in un espediente verbale».
47 Pertanto, non si possono condividere fino in fondo le contrapposte posizioni, autorevol-

mente espresse, da un lato di M. LUCIANI, Sui diritti, cit. nt. 18, pp. 120-121 (e, precedentemente,
di ID., Nuovi diritti fondamentali e nuovi rapporti fra cittadino e pubblica Amministrazione, in Rivista critica
del diritto privato, 1985, p. 71; ID., Salute: I. Diritto alla salute - dir. cost., in Enciclopedia giuridica, Roma,
1993, vol. XXXII, p. 4), per il quale – esistendo quattro gruppi di diritti fondamentali (di difesa,
di prestazione, di partecipazione e di percezione di parte di un utile sociale) – «che un diritto sia
considerato “sociale” ovvero “di libertà” dipende dalla sua storia, o tutt’al più dal prevalere dell’u-
no o dell’altro dei quattro aspetti che sono tipici di tutti i diritti fondamentali»; e dall’altro di A.
PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Parte generale, III ed., Padova, 2003, pp. 148-149, per il
quale «la differenza dei diritti di libertà dai diritti sociali è strutturale e non è storicamente mute-
vole»; entrambe le opinioni, infatti, hanno senz’altro un fondamento di verità, ma nella loro asso-
lutezza provano troppo: quanto alla prima, se fosse davvero impossibile procedere ad un’analisi
tipologica o classificatoria dei diritti sociali – come affermato, coerentemente con la posizione
espressa dal primo dei due autori suindicati, da I. CIOLLI, La tutela dei diritti sociali in Francia e in
Italia, in Studi in onore di Gianni Ferrara, Torino, 2005, vol. II, p. 25 – la stessa categoria dei “diritti
sociali” dovrebbe essere, contro l’intenzione dell’autore, da abbandonarsi; quanto alla seconda, se
davvero si potesse prescindere da un’analisi storica sui diritti qui in esame, si potrebbe pervenire
alla duplice e non condivisibile conclusione o che i diritti sociali siano sempre esistiti o che essi
siano sorti contemporaneamente ai diritti di libertà.
48 N. BOBBIO, Sui diritti, cit. nt. 2, p. 115.

8
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

Stato è, in tutto o in parte, in quella fase storica, la trasfigurazione pub-


blicistico-autoritativa. I diritti sociali, dunque, sono tali perché non si
esauriscono nell’esercizio di una sfera di libertà o, viceversa, nella pretesa
ad un comportamento negativo da parte dei pubblici poteri o degli altri
consociati, ma, al contrario, concretano la rivendicazione di un facere o di
un dare, vòlto alla «demercificazione»49 (e alla «defamilizzazione»50) di al-
cuni beni della vita e richiedono, per il loro soddisfacimento, un compor-
tamento attivo e non omissivo da parte dello Stato51. In sintesi, questa
caratterizzazione rende tali diritti strutturalmente pretensivi52 e, all’interno

49 Cfr., ad esempio, P. BARCELLONA, Dallo Stato sociale allo Stato immaginario, Torino, 1994, p.

174, il quale definisce i diritti sociali come «tutte quelle condizioni che sono storicamente necessa-
rie per assicurare a ciascuno la sicurezza sociale attraverso l’attribuzione di risorse economiche al
di fuori della logica mercantile e l’integrazione del reddito da lavoro, finalizzata all’acquisizione di
“beni” considerati essenziali per un tenore di vita medio».
50 Per questi due profili, G. ESPING-ANDERSEN, Social Foundations of Postindustrial Economies,

[1999], trad. it. I fondamenti sociali delle economie postindustriali, Bologna, 2000, pp. 81 ss. (e, sul primo
di essi, per ulteriori svolgimenti, ID., The Three Worlds of Welfare Capitalism, Cambridge, 1990, pp.
35 ss.).
51 Per questo, è stato detto che «il peggior legislatore nel settore dei diritti a prestazioni pos-

itive (…) è, ovviamente, quello che non interviene» (A. PACE, La garanzia dei diritti fondamentali nel-
l’ordinamento costituzionale italiano, in Scritti in onore di Paolo Barile, Padova, 1990, p. 114); in tal senso,
pertanto, i diritti di prestazione costituiscono il «punto di arrivo di una vicenda complessa, intito-
labile ai “diritti sociali”» (P. COSTA, Alle origini dei diritti sociali, in Democrazia, diritti, costituzione, a
cura di G. Gozzi, Bologna, 1997, p. 277); sul piano storico, dunque, prima che su quello teorico,
andrebbe eventualmente dimostrato il collegamento tra configurazione (strutturale) dei diritti so-
ciali come diritti di prestazione e «processo di degenerazione dello Stato sociale in Stato assisten-
ziale», paventato da F. GIUFFRÈ, La solidarietà nell’ordinamento costituzionale, Milano, 2002, p. 118.
52 Il punto è còlto, tra i molti, da P. CALAMANDREI, Costituente e questione sociale, [1945], rist. in

ID., Opere giuridiche, Napoli, 1968, vol. III, p. 179; P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Diritti, cit. nt. 1, p.
759; M. MAZZIOTTI, Diritto, cit. nt. 1, pp. 804-805; G. LOMBARDI, Potere privato e diritti fondamentali,
Torino, 1970, pp. 19 e 24; L. ELIA, Si può rinunciare allo “Stato sociale”?, in Povertà e Stato, a cura di R.
Artoni e E. Bettinelli, Roma, 1987, p. 110; Pi. GROSSI, I diritti di libertà ad uso di lezioni, II ed., Tori-
no, 1991, p. 275; L. FERRAJOLI, Dai diritti del cittadino ai diritti della persona, in La cittadinanza, a cura
di D. Zolo, Roma-Bari, 1994, p. 273; L. ELIA, Relazione di sintesi, in I diritti fondamentali oggi, Padova,
1995, p. 305; N. BOBBIO, Sui diritti, cit. nt. 2, p. 119; L. CARLASSARE, I diritti sociali nelle prospettive di
riforma costituzionale, in Quale futuro per i diritti sociali?, s.l., s.d. [ma 1996], pp. 48 ss.; P. SCOPPOLA,
Democrazia e diritti sociali, in Cinquant’anni di Repubblica italiana, cit. nt. 2, p. 126; E. BALBONI, I servizi
sociali, in Manuale di diritto pubblico, a cura di G. Amato e A. Barbera, V ed., Bologna, 1997, vol. III,
p. 167; G. CORSO, Welfare State e Stato federale, in Regionalismo, federalismo, welfare state, Milano, 1997,
p. 409; G. BIANCO, Sicurezza sociale nel diritto pubblico, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino,
1999, vol. XIV, p. 144; M.C. CAVALLARO, I diritti, cit. nt. 40, p. 28; L. PRINCIPATO, I diritti sociali
nel quadro dei diritti fondamentali, in Giurisprudenza costituzionale, 2001, p. 890; D. MORANA, La salute
nella Costituzione italiana, Milano, 2002, pp. 54-55; G.U. RESCIGNO, Principio di sussidiarietà orizzontale
e diritti sociali, in Diritto pubblico, 2002, p. 24, nt. 25; A. PACE, Problematica, cit. nt. 47, pp. 146-147,
nt. 191; P. RESCIGNO, Stato sociale e diritti sociali, in Il diritto del lavoro, 2003, p. 682; A. CERRI, Rela-
zione, in Annuario 2002. Diritto costituzionale e diritto giurisprudenziale, Padova, 2004, p. 110; M.A.
GARCIA HERRERA, I diritti sociali nella vecchia Europa, trad. it. in Quaderni rassegna sindacale, 2004, fasc.
I, p. 101; Pi. GROSSI, Qualche riflessione per una corretta identificazione e sistemazione dei diritti sociali,
(segue)

9
Diritti sociali

del genus dei diritti costituzionali, li distingue «nettamente»53 dai diritti di


libertà.
In un secondo senso, poi, i diritti in questione sono “sociali” perché
muovono dall’assunzione effettiva della realtà sociale, della sua comples-
sità, delle sue differenze e delle sue diseguaglianze. Essi, pertanto, non
vengono rivendicati da (o, per altro verso, non spettano a) l’uomo in
quanto uomo, ma l’uomo in quanto persona o, per meglio dire, l’uomo
appartenente, spesso suo malgrado, «per la collocazione nel processo
produttivo e per le condizioni economiche»54, ad un reticolo di relazioni
economico-sociali «che ne determinano in via derivata, ma non perciò
meno essenziale, la soggettività»55. I diritti sociali, dunque, sono tali per-
ché operano in una direzione eminentemente controfattuale56 ed hanno
di mira un obiettivo ad un tempo economico, coesivo ed emancipativo57 rispetto
ad un assetto di potere diseguale58, che – per dirla nel modo più semplice
possibile – «non consente a molte persone di soddisfare autonomamente
i loro bisogni»59. In sintesi, questa caratterizzazione rende tali diritti fun-

[2005], rist. in ID., Il diritto costituzionale tra principi di libertà e istituzioni, Padova, 2008, p. 29; F.
PIZZOLATO, Diritti sociali e livelli di intervento dei soggetti privati, in Nuove autonomie, 2006, fasc. II-III,
p. 329; G. ZILIO GRANDI, Diritti sociali e diritti del lavoro, Torino, 2006, p. 4; L. FERRAJOLI, Principia
iuris, Roma-Bari, 2007, vol. I, p. 742; V. ANGIOLINI, Sulle premesse culturali dell’inserimento dei “diritti
sociali” nella Costituzione, in La Costituzione ha 60 anni, a cura di M. Ruotolo, Napoli, 2008, p. 204; S.
GAMBINO, Stato e diritti sociali, Napoli, 2009, p. 35; P. COSTA, I diritti sociali, in Liber amicorum per
Bernardo Santalucia, Napoli, 2010, pp. 37-38; nonché, nella dottrina straniera, E. EICHENHOFER,
Costituzione e diritto sociale, trad. it. in Diritto pubblico, 1997, p. 461.
53 M. MAZZIOTTI, Diritto, cit. nt. 1, p. 805; analogamente, secondo R. ALEXY, Theorie der

Grundrechte, [1994], trad. it. Teoria dei diritti fondamentali, Bologna, 2012, p. 472, «il concetto di dirit-
to di prestazione è (…) l’esatto contrario del concetto di diritto di difesa, sotto il quale cade ogni
diritto a un’azione negativa, quindi a un’astensione dello Stato»; per la tesi opposta, cioè della
coincidenza dei diritti sociali e dei diritti di libertà, ma in una prospettiva che non ne distingue la
struttura e la funzione, S. LENER, Lo Stato sociale contemporaneo, Roma, 1966, p. 245; ma cfr. altresì
L. MENGONI, I diritti sociali, [1998], rist. in ID., Scritti, Milano, 2011, vol. I, p. 132; G. LOMBARDI,
Diritti, cit. nt. 40, pp. 12-13.
54 M. LUCIANI, Diritti sociali e integrazione europea, in Annuario 1999. La costituzione europea, Pa-

dova, 2000, p. 525.


55 A. BALDASSARRE, Diritti, cit. nt. 13, p. 7.
56 Riprendendo F. MERUSI, Diritto contro economia, Torino, 2006, p. 2, qui «si è consapevoli che

il diritto è utilizzato contro l’economia».


57 Così S. GIUBBONI, Diritti sociali e mercato, Bologna, 2003, p. 307.
58 Infatti, «se ci fossero soltanto le libertà negative, tutti sarebbero ugualmente liberi, ma non

tutti avrebbero eguale potere» (N. BOBBIO, Sui diritti, cit. nt. 2, p. 118).
59 G. PECES-BARBA MARTÍNEZ, Diritti, cit. nt. 21, p. 48; sul concetto di bisogno, cfr. R. TIT-

MUSS, The Social Division of Welfare, [1955], trad. it. La divisione sociale del welfare, in ID., Saggi sul “wel-
fare state”, Roma, 1986, p. 49.

10
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

zionalmente redistributivi60 e, all’interno del genus dei diritti costituzionali, li


distingue dai diritti civili e dai diritti politici.
Incrociando l’analisi storica, da un lato, e tipologico-classificatoria (id
est strutturale e funzionale), dall’altro, i diritti sociali, oltre a a) sorgere
poco prima della metà del XIX secolo come esito rivendicativo delle
classi subalterne e come prodotto della questione sociale (e delle sue con-
tinue «metamorfosi»61), b) hanno la struttura di diritti di prestazione e c)
svolgono la funzione di diritti di redistribuzione. Se poi, come si ritiene –
nelle forme e nella misura di cui si dirà (infra, §§ II.6 ss.) – tali caratteri
propri dei diritti in esame, nel loro farsi «questione costituzionale»62,
connotano anche gli ordinamenti novecenteschi, allora può convenirsi
che la qualificazione di taluni diritti costituzionali come “diritti sociali”
non solo non è equivoca, come paventato in premessa (supra, § I.1), ma,
al contrario, appare doppiamente appropriata, storicamente, da un lato, e
strutturalmente/funzionalmente, dall’altro.
Un’avvertenza, tuttavia, appare necessaria. Infatti, gli insiemi dei dirit-
ti sociali pretensivi (id est considerati strutturalmente) e dei diritti sociali
redistributivi (id est considerati funzionalmente) sono coincidenti in larga
parte, ma non del tutto; per cui ben possono esservi dei diritti di redistri-
buzione la cui struttura non è pretensiva e dei diritti di prestazione la cui
funzione non è redistributiva. Così, scegliendo qualche esempio tratto
dal vigente diritto costituzionale italiano, la libertà di organizzazione sin-
dacale, di cui all’art. 39, 1° co., Cost., o il diritto di sciopero, di cui all’art.
40 Cost., svolgono senz’altro una funzione eminentemente redistributi-
va63, ma non hanno una struttura pretensiva. Per altro verso, il diritto dei

60 Come già puntualmente affermato da C. SCHMITT, Nehmen/Teilen/Weiden, [1953], trad. it.

Appropriazione/divisione/produzione, in ID., Le categorie del “politico”, Bologna, 1972, p. 303 – e ripreso


da P. GRECO, Les Rapports économiques dans la Constitution italienne, in La Constitution italienne de 1948,
a cura di E. Crosa, Paris, 1950, p. 80; E. FORSTHOFF, Begriff, cit. nt. 37, p. 54 – «sociale si riferisce
in ogni caso al processo del dividere, distribuire ed attribuire»; si è parlato, in questa prospettiva, a
proposito dello Stato sociale, di «eine kompensatorische, eine Ergänzungsfunktion» (C. ENDERS, So-
zialstaatlichkeit im Spannungsfeld von Eigenverantwortung und Fürsorge, in Veröffentlichungen der Vereinigung
der Deutschen Staatsrechtslehrer, 2005, p. 13) e, a proposito dei diritti sociali, di «diritti distributivi co-
stituzionali» (G. MAESTRO BUELGA, I diritti sociali nella Costituzione europea, trad. it. in Rivista del dirit-
to della sicurezza sociale, 2006, p. 93).
61 Si veda, specialmente, R. CASTEL, Les Métamorphoses, cit. nt. 31, pp. 32 ss.
62 L’espressione è mutuata da M. DOGLIANI, Democrazia e redistribuzione, in Critica marxista,

1991, fasc. III, p. 19.


63 In quanto «mezzo che, necessariamente valutato nel quadro di tutti gli strumenti di pres-

sione usati dai vari gruppi sociali, è idoneo a favorire il perseguimento dei fini di cui al secondo
comma dell’art. 3 della Costituzione» (C. cost., sent. n. 290/1974).

11
Diritti sociali

non abbienti a che siano loro assicurati, con appositi istituti, i mezzi per
agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, di cui all’art. 24, 3° co.,
Cost., o, per altro verso, il diritto dei cittadini chiamati a funzioni pubbli-
che elettive di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di
conservare il loro posto di lavoro, di cui all’art. 51, 3° co., Cost., costitui-
scono sì dei diritti dalla struttura pretensiva, ma la cui funzione non è re-
distributiva.
Ai fini della presente trattazione, si ritiene, tuttavia, con N. Bobbio,
che «l’analisi strutturale, attenta alle modificazioni della struttura, e l’ana-
lisi funzionale, attenta alle modificazioni della funzione, debb[a]no essere
continuamente alimentate e procedere di pari passo»64. Da ciò discende
che i diritti sociali «tipici»65 o propriamente detti sono quelli in cui si rin-
viene, contemporaneamente e necessariamente, l’elemento strutturale
della pretensività e quello funzionale della redistributività (oltre alla loro
comune scaturigine storica); essi soli saranno dunque oggetto della se-
guente indagine. Ex adverso, infatti, l’eventuale e alternativo abbandono
dell’uno o dell’altro punto di osservazione, vòlto ad un ampliamento del-
la categoria dei diritti sociali a beneficio di situazioni soggettive di van-
taggio che non siano strutturalmente pretensive e, allo stesso tempo,
funzionalmente redistributive, ci pare comprometta la grammatica dei
diritti in questione, con il tangibile rischio, sul piano ricostruttivo, di in-
correre in «insuperabili difficoltà definitorie»66 e, su quello euristico, di
produrre un «nome privo di concetto»67, un’«astratta quanto inutile con-
cettualizzazione cara a certa dottrina costituzionalista»68.

3. LE “STORIE” COSTITUZIONALI DEI DIRITTI SOCIALI LUNGO


L’OTTOCENTO.

Una volta tenuto fermo questo primo punto di ordine definitorio –


che richiederà, naturalmente, nel prosieguo della trattazione, conferme o

64 N. BOBBIO, Intorno all’analisi funzionale del diritto, [1975], rist. L’analisi funzionale del diritto, in

ID., Dalla struttura alla funzione, Roma-Bari, 2007, p. 100.


65 M. LUCIANI, Sui diritti, cit. nt. 18, p. 121.
66 A. PACE, Problematica, cit. nt. 47, p. 147, nt. 191; cfr. altresì, da ultimo, P. CARETTI, I Diritti

Sociali nella Costituzione Italiana e gli Strumenti di Garanzia, in Problemi e prospettive in tema di tutela costi-
tuzionale dei diritti sociali, a cura di F.F. Scaff et al., Milano, 2009, p. 57.
67 L. PALADIN, Diritto costituzionale, III ed., Padova, 1998, p. 660.
68 L. MONTUSCHI, Art. 32, 1° comma, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bo-

logna-Roma, 1976, p. 147.

12
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

smentite, sviluppi o involuzioni – occorre ora tornare allo svolgimento


storico dei diritti sociali lungo tutto l’Ottocento, forti della consapevo-
lezza che «la vicenda dei diritti costituzionali è storia non di armonia e di
ordine sociale, ma di contestazione delle gerarchie sociali, è storia di lot-
te, di antagonismi, di conflitti spesso laceranti, con i quali è giocoforza
misurarsi»69. In questa direzione, può apparire proficuo provare a leggere
le vicende dei diritti sociali gettando lo sguardo oltre quel tempo, in con-
siderazione della proiezione democratica del costituzionalismo novecen-
tesco: e, dunque, ex parte populi, ovvero a seconda della loro problematica
inclusione all’interno o all’esterno di un percorso unitario di cittadinanza.
In questa prospettiva, si potranno distinguere le “storie” giuridiche che
contrassegnano i diritti in questione nell’Europa continentale a partire
dalla metà dell’Ottocento e che vedono l’opposta ipotesi di una loro teo-
rizzazione e di un loro riconoscimento come contropartita per l’esclusio-
ne delle classi subalterne dalla partecipazione al potere (e, dunque, in al-
ternativa al godimento dei diritti civili e, soprattutto, dei diritti politici)70,
oppure, al contrario, di una loro iscrizione in un percorso unificante e
vòlto al progressivo, ancorché non lineare ampliamento dello status civita-
tis (e, dunque, in addizione al godimento dei diritti civili e, soprattutto, dei
diritti politici)71.
La prima strada è percorsa dalla vicenda costituzionale tedesca – tan-
to da investire, per la sua rilevanza e influenza, anche la successiva
giuspubblicistica italiana – e conduce ad un processo di edificazione na-
zionale fortemente centrato sul primato dello Stato che si fa, nel corso
del “lungo” XIX secolo, Stato amministrazione e, dunque, (anche) «arbeit-

69 P. RIDOLA, Diritti fondamentali, Torino, 2006, p. 8.


70 Sul punto, da ultimo, P. COSTA, I diritti, cit. nt. 52, pp. 43-44.
71 Al riguardo, si ritiene euristicamente (ancorché non sempre storicamente) valida l’impor-

tante riflessione sullo sviluppo dei diritti proposta da T.H. MARSHALL, Citizenship and Social Class,
[1950], trad. it. Cittadinanza e classe sociale, Roma-Bari, 2002, pp. 16 ss., per cui i diritti civili, i diritti
politici e, infine, i diritti sociali sarebbero tutti elementi costitutivi di un unico paradigma di citta-
dinanza, però manifestatisi in epoche diverse e in successione tra loro; per una riconduzione delle
varie tipologie dei diritti all’interno di più «generazioni» – la seconda delle quali riguarderebbe i
diritti sociali – si veda, per tutti, N. BOBBIO, Introduzione, [1990], in ID., L’età dei diritti, Torino,
1997, p. XIV; naturalmente, in queste ipotesi di lettura, «non sono i “diritti” ad essere classificati,
ma l’evento storico della comparsa della relativa rivendicazione» (R. BIN, Diritti e fraintendimenti, in
Ragion pratica, 2000, p. 15); sul punto, cfr. altresì, da ultimo, A. PACE, I diritti del consumatore, in Li-
ber amicorum in onore di Angel Antonio Cervati, Roma, 2010, vol. IV, pp. 4 ss.; A. PIZZORUSSO, Le
“generazioni” dei diritti nel costituzionalismo moderno, in Diritto di welfare, a cura di M. Campedelli et al.,
Bologna, 2010, pp. 68-69.

13
Diritti sociali

ende Staat»72. Così, si sviluppano nella riflessione giuridica analisi sempre


più affinate, volte ad individuare in capo a quest’ultimo una funzione
precipua di «politica sociale» e di «polizia sociale»: tra esse, spicca quella
di L. von Stein, il quale, presa coscienza che il concetto di libertà sia «ein
abstrakter»73, enfatizza il «còmpito che ha l’Amministrazione di obbligare
gli abbienti a concorrere col loro capitale e col loro profitto al raggiun-
gimento dei fini sociali (…) pel sollievo delle classi diseredate e per attu-
tire la lotta di classe»74. Contestualmente, anche sul piano più propria-
mente giuscostituzionale, si sviluppano i primi tentativi di sistematizza-
zione dei diritti dei consociati, come quelli proposti da C.F. von Gerber
o da P. Laband, per cui, rispettivamente, i diritti si risolvono in una «de-
terminazione positiva dei diritti del Potere statale»75, ovvero in «norme
per il potere dello Stato, date da questo potere a sé stesso»76; e proprio la
comune derivazione dallo Stato e la coessenziale realizzazione nello Stato
di tutti i diritti così congegnati riveleranno presto la possibilità di un loro
ampliamento anche alla sfera economico-sociale. Infine, si giunge all’enu-
cleazione da parte di G. Jellinek di uno «status positivo» – e alla contem-
poranea individuazione da parte di S. Romano di «diritti civici», intesi
come «prestazion[i] dello Stato ai suoi sudditi»77, ovvero, in termini più
moderni, come «situazioni vantaggiose che derivano ai privati dal fatto
che l’ordinamento impone agli enti pubblici certi doveri pubblici di presta-
zione»78 – per cui «risulta per gli individui la capacità giuridicamente tute-
lata, di pretendere prestazioni positive dallo Stato, e per lo Stato l’obbligo

72 P. COSTA, Alle origini, cit. nt. 51, p. 297, il quale parla, in proposito, de «l’apologia, la pa-

linodia e il superamento del modello giuspolitico liberale, in un arco che dagli anni Quaranta, rag-
giunge gli anni Ottanta [dell’Ottocento]» (ivi, p. 302); sul punto, cfr. altresì G. OESTREICH, Ge-
schichte der Menschenrechte und Grundfreiheiten im Umriß, [1978], trad. it. Storia dei diritti umani e delle li-
bertà fondamentali, Roma-Bari, 2002, pp. 130-131.
73 L. VON STEIN, Geschichte der sozialen Bewegung in Frankreich von 1789 bis auf unsere Tage, [1850],

rist., Hildesheim, 1959, vol. III, p. 104; infatti, «die Freiheit ist erst eine wirkliche in dem, der die
Bedingungen sind in allgemeinen in der besitzenden Klasse vorhanden» (ibidem).
74 ID., Die Verwaltungslehre, [1865-1868], trad. it. parz. La scienza della pubblica amministrazione,

Torino, 1897, p. 963; ma il punto era già stato còlto in ID., Geschichte der socialen Bewegung in Frank-
reich von 1789 bis auf unsere Tage, [1850], trad. it. parz. La dottrina della Repubblica, in ID., Opere scelte,
Milano, 1986, pp. 366-367.
75 C.F. VON GERBER, Ueber öffentliche Rechte, [1852], trad. it. Sui diritti pubblici, in ID., Diritto

pubblico, Milano, 1971, p. 67.


76 P. LABAND, Das Staatsrecht des deutschen Reiches, [V ed., 1911], trad. it. Il diritto pubblico dell’Im-

pero germanico, Torino, 1925, p. 217.


77 S. ROMANO, La teoria dei diritti pubblici subbiettivi, in Primo trattato completo di diritto amministra-

tivo italiano, a cura di V.E. Orlando, Milano, 1900, vol. I, p. 172.


78 A.M. SANDULLI, Note sulla natura dei diritti civici, in Il foro italiano, 1952, pt. I, c. 1344.

14
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

giuridico di esercitare la sua attività nell’interesse individuale»79. Si tratta,


a ben vedere, di teorizzazioni dogmatiche particolarmente affinate che
costituiranno un punto di partenza – e, per taluni, anche di arrivo – per
la riflessione giuspubblicistica novecentesca80, il cui tratto comune è dato
sì dal crescente riconoscimento e dalla contestuale garanzia di taluni dirit-
ti dei consociati (i “sudditi”, si sarebbe allora detto), ma all’interno di una
cornice di estraniazione di questi dallo Stato medesimo, ente ontologi-
camente presupposto secondo la volgarizzazione giuridica della “Staats-
lehre” hegeliana81.
La seconda strada, invece, è tracciata dalla dimensione costituzionale
francese e si contraddistingue per il tentativo, in un primo tempo dram-
maticamente fallito, di tenere insieme con eguale dignità la dimensione
politica e la dimensione economico-sociale dell’esperienza giuridica,
compendiato nella formula sintetica della “République démocratique et
sociale”, la quale ritornerà – emblema della “tradition républicaine”82 –
all’art. 1 della Costituzione francese del 1946 e all’art. 1, 1° co., della Co-
stituzione francese del 1958. Al di là del modesto (prima) e infelice (poi)
epilogo della vicenda costituente e costituzionale del 184883, colpisce e
merita attenzione la contestualità dei decreti adottati da parte del Gover-
no provvisorio nei mesi di febbraio e marzo di quel fatidico anno, relativi
ora all’introduzione del suffragio universale (maschile) per l’elezione del-
l’Assemblea nazionale costituente ed ora alla garanzia, realizzata attraver-
so appositi opifici qualificati – non a caso – come “nationaux”, «del lavo-
ro a tutti i cittadini» (d. del 25 febbraio 1848). E, nei mesi successivi, sor-
prende l’attualità (non tanto del testo della Costituzione francese appro-
vata nello stesso 1848, quanto) delle discussioni svoltesi in seno all’As-
semblea nazionale costituente, vero e proprio «specchio nel quale vedere

79 G. JELLINEK, System der subjektiven öffentlichen Rechte, [II ed., 1905], trad. it. Sistema dei diritti

pubblici subbiettivi, Milano, 1912, p. 134.


80 Si pensi al ricorso all’espressione «diritti civici», in luogo di quella di «diritti sociali», ancora

da parte di C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, IX ed., Padova, 1976, vol. II, p. 1133.
81 Si veda, naturalmente, G.W.F. HEGEL, Grundlinien der Philosophie des Rechts, [1821], trad. it.

Lineamenti di filosofia del diritto, Roma-Bari, 1999, pp. 195 ss. («giacché lo stato è spirito oggettivo,
l’individuo stesso ha oggettività, verità ed eticità soltanto in quanto è un membro del medesimo»:
ivi, p. 196); nonché, paradigmaticamente, V.E. ORLANDO, Introduzione, in Primo trattato completo di
diritto amministrativo italiano, cit. nt. 77, vol. I, pp. 34 ss.
82 Sulla cui genealogia si rinvia a M. BENVENUTI, La letteratura, il 1870 e la tradition républi-

caine in Francia, in Liber amicorum in onore di Angel Antonio Cervati, cit. nt. 71, vol. I, pp. 225 ss.
83 Su cui si rinvia, per tutti, a G. FERRARA, La Costituzione, Milano, 2006, pp. 140 ss.

15
Diritti sociali

riflesse le ansie e le aspettative originate dalla trasformazione in atto»84.


In essa, infatti, intellettuali e politici del calibro di L. Blanc, V. Considé-
rant, P.L. Duvergier de Hauranne, A. de Lamartine, A. Ledru-Rollin, A.
Thiers, A. de Tocqueville, ma anche figure meno note come A.P. Ma-
thieu (detto Mathieu de la Drôme) si incontrano e si scontrano intorno al
tema della sanzione costituzionale del lavoro, concepito e configurato
per la prima volta come un vero e proprio diritto sociale, cioè struttural-
mente pretensivo e funzionalmente redistributivo85 (supra, § I.2).
Quella vicenda, dunque, non segna solamente – com’è stato effica-
cemente detto – l’«invenzione»86 o la «scoperta»87 del sociale, ma apre al-
tresì il piano costituzionale dell’ordinamento giuridico all’influenza di un
fecondo filone di pensiero, che ispira le scienze sociali lungo tutto l’Otto-
cento e poi le intreccia alle nuove istanze democratiche e pluralistiche del
secolo nuovo. Così, l’abbandono della tematizzazione costituzionale del
lavoro in quanto diritto e, a partire dal 1870, l’affermazione della «Re-
pubblica dei doveri»88 trae ispirazione dalla riflessione positivistica – nel
senso filosofico del termine – di A. Comte89 e di E. Durkheim90, i quali
assumono la centralità della società prima e al di là dell’individuo e de-
scrivono quest’ultimo, a sua volta, quale prodotto dell’organizzazione so-
ciale. Successivamente, l’enucleazione in capo a ciascun consociato di un
vero e proprio debito sociale è il presupposto per la concettualizzazione
da parte di L. Bourgeois della «solidarité»91, espressione che connota e
permea tutta la Terza Repubblica francese, come quella di “fraternité”
aveva caratterizzato la Prima92 (supra, § I.1). Su un piano più propriamen-

84 P. COSTA, Civitas, Roma-Bari, 2000, vol. II, p. 340.


85 Sul punto, M. BENVENUTI, Lavoro (principio costituzionale del), in Enciclopedia giuridica, Roma,
2009, vol. XX, pp. 2 ss.; una silloge di quel dibattito si ritrova ora in Il diritto al lavoro, a cura di G.
Longhitano, Catania, 2001, pp. 1 ss.; Il diritto al lavoro nel 1848, a cura di C. De Boni, Milano, 2002,
pp. 67 ss.
86 J. DONZELOT, L’Invention du social, nuova ed., Paris, 1994, passim.
87 G. CAZZETTA, Scienza giuridica e trasformazioni sociali, Milano, 2007, p. 12.
88 Così, ancora, P. COSTA, Civitas, cit. nt. 84, vol. II, p. 347.
89 Si veda già A. COMTE, Système de politique positive, [1824], trad. it. Sistema di politica positiva, in

E. VIDAL, Saint-Simon e la scienza politica, Milano, 1959, pp. 180-181.


90 E. DURKHEIM, De la Division du travail social, [II ed., 1902], trad. it. La divisione del lavoro socia-

le, Milano, 1999, pp. 161 ss.


91 L. BOURGEOIS, Solidarité, [VII ed., 1912], rist., s.l., 2008, pp. 49 ss., ad avviso del quale, «en

détruisant la notion abstraite et a priori de l’homme isolé, la connaissance des lois de la solidarité
naturelle détruit du même coup la notion également abstraite et a priori de l’Etat, isolé de l’homme
et opposé à lui comme un sujet de droits distincts ou comme une puissance supérieure à laquelle
il serait subordonné» (ivi, p. 79).
92 Sul punto, si rinvia, ancora, a F. PIZZOLATO, Fraternità, cit. nt. 20, pp. 380-381.

16
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

te giuridico, inoltre, l’assunzione del diritto sociale «al singolare»93 e in


una dimensione esclusivamente oggettiva è il presupposto su cui L. Du-
guit fonda la nozione di «interdipendenza sociale», intesa come «legge
organica della vita sociale»94. E, nel volgere di qualche anno, il tentativo
di «“recupero” del lato soggettivo del diritto»95 sociale è al centro della
riflessione operata da M. Hauriou, che assegna a quell’«idea di opera o di
intrapresa, che si realizza e dura giuridicamente in un ambiente sociale»96,
il nome di «istituzione» o – sarebbe meglio dire – di istituzioni al plurale,
stante la molteplicità di luoghi sociali da cui rampollano e in cui sedimen-
tano bisogni, legami e interessi degli e tra gli individui. Infine, l’analisi del
rapporto tra diritto sociale (al singolare e al plurale) e regime democratico
è portata avanti con esiti rilevanti anche per la successiva vicenda costi-
tuente italiana (infra, § II.2) da G. Gurvitch, la cui riflessione è tutta volta
a dimostrare il nesso di necessarietà e di reciproca implicazione (in poche
parole, il «legame indissolubile»97) che sussiste tra i due termini del pro-
blema. Ma con queste considerazioni si è già ormai nel Novecento inol-
trato.

4. I DIRITTI SOCIALI NELLE COSTITUZIONI DEL PRIMO NOVECENTO.


Occorre dunque fare un passo indietro: il XX secolo si apre, da un
punto di vista costituzionale, con la fine della Prima guerra mondiale98 e
con un intenso processo costituente che investe tanto i paesi vincitori
quanto (ed ancor più) i vinti, al di là del reggimento da questi di volta in
volta adottato. È stato detto, in proposito, che l’ascrizione al piano costi-
tuzionale di nuovi diritti, istituti e compiti di ordine economico-sociale in
capo allo Stato costituisce una risposta «caratteristic[a]» di tutte le nuove

93 D. BIFULCO, I diritti sociali declinati al singolare, ovvero della vocazione di fonte giuridica propria del

“diritto sociale”, in Evoluzione dello Stato delle autonomie e tutela dei diritti sociali, a cura di L. Chieffi, Pa-
dova, 2001, p. 119.
94 L. DUGUIT, Le Droit social, le droit individuel et la transformation de l’état, [II ed., 1922], trad. it.

Il diritto sociale, il diritto individuale e la trasformazione dello Stato, in ID., Le trasformazioni dello Stato, To-
rino, 2003, p. 97.
95 D. BIFULCO, L’inviolabilità, cit. nt. 2, p. 113.
96 M. HAURIOU, La Théorie de l’institution et de la fondation, [1925], trad. it. Teoria dell’istituzione e

della fondazione, in ID., Teoria dell’istituzione e della fondazione, Milano, 1967, pp. 12-13.
97 G. GURVITCH, La Déclaration des droits sociaux, [1946], trad. it. La dichiarazione dei diritti sociali,

Soveria Mannelli, 2004, p. 44; nonché, già precedentemente, ID., L’Idée du droit social, [1932], rist.,
Aalen, 1972, p. 28.
98 Invero, merita senz’altro un cenno la precedente Costituzione politica degli Stati uniti

messicani del 1917, il cui lungo ed elaborato art. 123 disciplina il lavoro e la previdenza sociale.

17
Diritti sociali

carte primonovecentesche, ovvero «generale (…) comune (…) costante»99; e


ciò sul presupposto non più controverso – o quantomeno non più eludi-
bile, in quel mutato frangente – che «l’uomo non costituisce semplice-
mente una categoria astratta e (…) esiste solo in una determinata esisten-
za concreta, la quale è differente nelle diverse classi»100.
Tali considerazioni registrano effettivamente un passaggio epocale ri-
spetto ai registri giuspubblicistici del secolo precedente e descrivono cor-
rettamente il movimento dato dall’apertura delle nuove costituzioni a
rinnovate istanze in tutti i settori della vita economico-sociale101. Nondi-
meno, la rappresentazione di siffatti interventi dei pubblici poteri in ter-
mini di «modernizzazione»102 o di «socializzazione»103, se di certo può va-
lere ad esprimere, in termini generali, un «superamento dello Stato libera-
le»104, non può in alcun modo portare ad elidere o ad obliterare le pro-
fonde linee di frattura tra coevi Stati autoritari, socialisti e democratici,
che emergono proprio con riferimento alla sanzione costituzionale dei
diritti qui in esame105. Nei primi – al di là della loro portata «retorica e
demagogica»106, come nel caso della Carta del lavoro italiana del 1927 e,
in particolare, dei suoi artt. XIV ss. – sono del tutto assenti (e non po-
trebbe essere diversamente) tanto quella struttura pretensiva, quanto a
fortiori quella funzione redistributiva che, come si è detto (supra, § I.2),
connota e informa i diritti sociali sin dalla loro comparsa. Pertanto, le pur
significative provvidenze introdotte in quegli anni negli ordinamenti au-
toritari appaiono come passivizzanti nei confronti delle istanze prove-
nienti dai consociati e finalizzate ad un complessivo occultamento delle
dinamiche sociali, anche conflittuali, in una generale prospettiva di man-
tenimento dei rapporti di forza consolidati e preesistenti. Per altro verso,
negli Stati socialisti – al di là di quanto vi si trova scritto, con tono ro-

99 Così F. PERGOLESI, Alcuni lineamenti dei “diritti sociali”, [1953], rist. Appunti su alcuni

lineamenti dei “Diritti Sociali”, in ID., Scritti minori, Sala bolognese, 1988, vol. I, p. 116.
100 H. SINZHEIMER, Die Demokratisierung des Arbeitsrechts, [1928], trad. it. La democratizzazione

del rapporto di lavoro, in Laboratorio Weimar, Roma, 1984, p. 65.


101 Per una loro rassegna, F. PERGOLESI, Orientamenti sociali delle costituzioni contemporanee, Fi-

renze, 1948, pp. 50 ss.


102 A. BALDASSARRE, Diritti, cit. nt. 13, p. 3; peraltro, sulle diverse e controverse interpreta-

zioni di tale «modernizzazione», si rinvia, per tutti, a J. ALBER, Von Armenhaus zum Wohlfahrtstaat,
[1982], trad. it. Dalla carità allo stato sociale, Bologna, 1987, pp. 85 ss.
103 F. DE FELICE, Il welfare state, in Studi storici, 1984, p. 631.
104 A. BALDASSARRE, Diritti, cit. nt. 13, p. 6.
105 In questo senso, da ultimo, P. COSTA, I diritti, cit. nt. 52, p. 47.
106 F. RIMOLI, Stato sociale (dir. cost.), in Enciclopedia giuridica, Roma, 2004, vol. XXXIV, p. 6.

18
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

boante, come nel caso della Costituzione dell’URSS del 1936 e, special-
mente, dei suoi artt. 118 ss. – risulta del tutto assente la dimensione sog-
gettiva caratteristica dei diritti costituzionali, venendo così meno il carat-
tere rivendicativo di questi, che, come si è visto (supra, § I.2), costituisce a
tutti gli effetti un tratto ineliminabile e storicamente qualificato (anche)
dei diritti sociali. In entrambi i regimi politici, dunque, seppure per ragio-
ni e con esiti che vanno tenuti necessariamente distinti, le proclamazioni
costituzionali di ordine economico-sociale – è stato detto – «rimangono
lì come una pietra di paragone, come la testimonianza continua d’una
cattiva coscienza»107.
Solo negli Stati democratici, dunque, pur con tutte le contraddizioni
proprie delle diverse forme storiche da questi assunte, la prospettiva del-
l’incorporazione dei diritti sociali all’interno della dimensione costituzio-
nale – la quale assume, contestualmente e non a caso, il carattere della
rigidità, con forme e modalità procedimentali poste a garanzia del vicen-
devole rispetto delle regole del gioco108 – è espressione eminente di «una
certa tendenza politica, che si può riassumere con sufficiente esattezza nell’e-
sigenza di estendere l’applicazione del principio democratico oltre la sfe-
ra dei tradizionali rapporti politici, strettamente intesi, alla intera struttura
complessiva della comunità statale, correggendo ed attenuando le conse-
guenze – o le conseguenze più gravi – dell’assetto economico-sociale
fondato sul principio della proprietà»109. La democrazia, infatti, fa
«v[enir]e alla luce l’autentica consistenza dell’intero tessuto sociale (che
non esclude più nessuno de suoi componenti)»110; e i diritti sociali, da
parte loro, proprio e solo all’interno di questo specifico assetto politico-

107 Così, da ultimo, S. RODOTÀ, Diritti e libertà nella storia d’Italia, Roma, 2011, p. VIII; per

questa decisiva ragione appare fuori fuoco il timore, paventato da D. BIFULCO, L’inviolabilità, cit.
nt. 2, p. 146 (e ripreso da A. D’ALOIA, Storie “costituzionali” dei diritti sociali, in Scritti in onore di Miche-
le Scudiero, Napoli, 2008, vol. II, p. 695), sulla scia di quanto illo tempore sostenuto da G. GUR-
VITCH, La Déclaration, cit. nt. 97, pp. 95-96, che «guardando ai diritti sociali unicamente come di-
ritti di prestazione (…) una forma di Stato potrà insomma definirsi sociale, ma non anche – ci
sembra – democratica».
108 Per questa fondamentale prospettiva, si veda, in primo luogo, H. KELSEN, Vom Wesen und

Wert der Demokratie, [II ed., 1929], trad. it. Essenza e valore della democrazia, in ID., La democrazia, Bo-
logna, 1988, p. 102.
109 V. CRISAFULLI, Costituzione, cit. nt. 24, p. 118, il quale riprende un tema svolto da B. MIR-

KINE GUETZÉVITCH, Les Nouvelles tendances, cit. nt. 13, pp. 44 e 85 ss.
110 G. COCCO, Riflessioni minime sui diritti sociali, in Rassegna di diritto pubblico europeo, 2006, fasc.

II, p. 11; sul nesso tra il principio sociale e il principio democratico, cfr. altresì G.M. SALERNO,
Una seconda “generazione” di diritti si aggiunge alla prima, in Studiando i diritti, a cura di M. Patrono, To-
rino, 2009, p. 77.

19
Diritti sociali

istituzionale costituiscono il tentativo mai pienamente compiuto, ma al-


meno tematizzato e avviato, di ricondurre il «dato strutturante e insupe-
rabile»111 del conflitto economico-sociale all’interno di un quadro condi-
viso di legalità costituzionale, senza per questo negarlo o ignorarlo112. Se
la democrazia costituisce, infatti, la sintesi – aggiungeremmo: dialettica –
tra libertà e uguaglianza, secondo il fondamentale insegnamento di H.
Kelsen113, allora tale conflitto, di cui sono parte eminente i diritti qui trat-
tati, assunti quali «strumenti di “potere”»114 sociale, «lo si riconosce e in
certo senso lo si garantisce nel suo concreto svolgersi (…) La meta ulti-
ma è una società in cui la giustizia sociale sia assicurata. Ma i termini di
tale “giustizia” restano largamente indeterminati, e affidati da un lato alla
dinamica dei rapporti sociali, dall’altro alle scelte politiche. L’esito del pro-
cesso è lasciato aperto»115 (cfr. anche infra, § II.3).
In questo orizzonte generale, uno snodo senz’altro problematico ma
ineludibile, nel presente discorso, è dato dalla Costituzione tedesca del
1919 (c.d. di Weimar), la quale «fa (…) epoca»116 proprio perché espres-
sione eminente del «superamento del principio individualistico e [del]l’af-
fermazione della priorità del sociale»117, da cui discende un rapporto di
consecuzione (di «folgerichtige Fortführung»118) tra democrazia nella sfe-
ra politica e democrazia nella sfera economico-sociale. È l’ampio catalo-
go dei «diritti e doveri dei tedeschi» di cui alla parte II – con titolo e col-
locazione che riecheggiano quanto disposto nella sfortunata Costituzione
tedesca del 1849 (c.d. di Francoforte) – e, nello specifico, di quelli ineren-
ti alla dimensione economico-sociale a sollevare un vivacissimo dibattito
ideologico-politico e scientifico-dottrinario e a segnare, già in quella sta-
gione, un discrimine capitale tra posizioni inconciliabili. Per C. Schmitt,
com’è noto, proprio quei diritti ricompresi nel capo V, intitolato alla «vita

111 R. BIN, Che cos’è la Costituzione?, in Quaderni costituzionali, 2007, p. 20.


112 Sul punto, A. DI GIOVINE e M. DOGLIANI, Dalla democrazia emancipante alla democrazia sen-
za qualità?, in Questione giustizia, 1993, p. 322; cfr. altresì G. FERRARA, Il lavoro come fondamento della
Repubblica e come connotazione della democrazia italiana, in I diritti sociali e del lavoro nella Costituzione italia-
na, cit. nt. 33, p. 205; nonché, se si vuole, M. BENVENUTI, Tre riflessioni, cit. nt. 15, pp. 325 ss.
113 H. KELSEN, Vom Wesen, cit. nt. 108, p. 46.
114 S. D’ALBERGO, Diritto e Stato tra scienza giuridica e marxismo, Roma, 2004, p. 28.
115 V. ONIDA, Le Costituzioni, in Manuale di diritto pubblico, cit. nt. 52, vol. I, p. 107.
116 C. MORTATI, Introduzione alla Costituzione di Weimar, [1946], rist. in ID., Raccolta, cit. nt. 22,

vol. IV, p. 325.


117 Ivi, p. 333.
118 H. HELLER, Grundrechte und Grundpflichten, [1924], rist. in ID., Gesammelte Schriften, Tübin-

gen, 1992, vol. II, p. 291.

20
Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

economica», vengono con singolare oscillazione ora dileggiati come


compromessi «impropri»119 e «fittizi»120 ed ora, invece, esorcizzati come
diritti «essenzialmente socialisti»121. Secondo altri, invece, proprio quelle
previsioni costituzionali – in quanto collocate in un quadro più ampio,
contrassegnato sia dall’indicazione di finalità vincolanti nella disciplina
costituzionale dell’economia (ad esempio, l’art. 151), sia dal contestuale
riconoscimento di intensi limiti ad alcuni diritti tradizionali (ad esempio,
l’art. 153, § 3, per cui «la proprietà obbliga») – prefigurano un nuovo re-
gime politico, qualificato da H. Heller «Stato sociale di diritto»122 o da F.
Naphtali «democrazia economica»123; ciò sul comune presupposto, ormai
incontrovertibile, come detto da F.L. Neumann, che «il non-intervento
dello stato in una società capitalistica equivale ad intervento a favore del-
la classe dominante; equivale al riconoscimento che chi è più forte eco-
nomicamente può dettare le condizioni di vita di chi è economicamente
più debole»124.
Dunque, la Carta costituzionale tedesca del 1919 – ma lo stesso po-
trebbe dirsi per la Costituzione spagnola del 1931, che si apre con straor-
dinaria vivezza, affermando che «la Spagna è una Repubblica democrati-
ca dei lavoratori di tutte le classi» (art. 1) – al di là di un epilogo infausto,

119 C. SCHMITT, Verfassungslehre, [1928], trad. it. Dottrina della costituzione, Milano, 1984, p. 52.
120 Ibidem; speculare ma analoga è la critica proposta da O. KIRCHHEIMER, Weimar - und was
dann?, [1930], trad. it. Analisi di una Costituzione, in ID., Costituzione senza sovrano, Bari, 1982, p. 65.
121 C. SCHMITT, Verfassungslehre, cit. nt. 119, p. 227; nonché, con riferimento alla successiva

Costituzione italiana, M.S. GIANNINI, Stato, cit. nt. 28, p. 107.


122 H. HELLER, Rechtsstaat oder Diktatur?, [1929], trad. it. Stato di diritto o dittatura?, in ID., Stato

di diritto o dittatura? e altri scritti, Napoli, 1998, p. 48.


123 Su cui si veda, almeno, F. NAPHTALI, Wirtschaftsdemokratie, [1928], rist., Köln-Frankfurt

am Main, 1977, pp. 22 ss.; nonché E. TATARIN-TARNHEYDEN, Artikel 165, in Die Grundrechte und
Grundpflichten der Reichsverfassung, a cura di H.C. Nipperdey, Berlin, 1930, vol. III, pp. 522 ss.; si
noti, incidentalmente, come la «democrazia economica» sia qualcosa di diverso dalla «democrazia
industriale», posto che la prima riguarda la redistribuzione e la seconda la produzione (C.B. MACPHER-
SON, The Prospects of Economic and Industrial Democracy, [1985], trad. it. Le prospettive della democrazia
economica e della democrazia industriale, in ID., Ascesa e caduta della giustizia economica, Roma, 1990, pp.
52-53; nonché infra, § II.8, a proposito dell’art. 46 Cost.); pertanto, la «democrazia economica» è
parimenti ben diversa dalla c.d. codeterminazione (Mitbestimmung) della successiva Repubblica fe-
derale di Germania, posto che quest’ultima, a differenza della prima, si sviluppa a livello unica-
mente aziendale, in una logica «del tutto avulsa, quindi, da un quadro più generale di riforma (o di
elementi di riforma) dei rapporti di produzione e da qualsiasi tipo di Mitbestimmung “superazienda-
le”» (G. GHEZZI, Art. 46, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma,
1980, p. 101).
124 F.L. NEUMANN, Die soziale Bedeutung der Grundrechte in der Weimarer Verfassung, [1930], trad.

it. Il significato sociale dei diritti fondamentali nella costituzione di Weimar, in ID., Il diritto del lavoro fra demo-
crazia e dittatura, Bologna, 1983, p. 136.

21
Diritti sociali

denota il tentativo storicamente maturo di una «“cattura” costituzionale


dell’economia e della società»125 e però, allo stesso tempo, reca in sé l’am-
monimento che i diritti sociali «possono assumere un significato positivo
solo in quanto facciano parte di tutto un sistema di rapporti economici,
che attui una loro disciplina unitaria, e quindi consenta larghi poteri di
intervento del potere centrale nella gestione produttiva. Inserite invece in
un ordinamento capitalista di tipo sostanzialmente liberale sono destinate
a rimanere affermazioni teoriche o mere aspirazioni»126, relegate – verrà
detto da E. Forsthoff, non senza soddisfazione – «nell’anticamera del di-
ritto costituzionale vigente»127.
Per trovare risposte di ordine economico adeguate ai gravi problemi
di quel tempo, occorre allora volgere lo sguardo al di là e al di qua dell’O-
ceano atlantico, con i nuovi orientamenti che, sulla scia della crisi del
1929, si sviluppano nel mondo angloamericano. Si assume, infatti, con
J.M. Keynes, che «i difetti più evidenti della società economica nella qua-
le viviamo sono l’incapacità a provvedere la piena occupazione e la di-
stribuzione arbitraria e iniqua delle ricchezze e dei redditi»128; e tale con-
sapevolezza porta, ad un tempo, ad abbandonare l’«economicismo impo-
litico»129 che ripone una fiducia illimitata nelle leggi “naturali” del merca-
to (supra, § I.1) e a dire apertamente, con K. Polanyi, che l’economia non
è se non “economia politica”130, se non è posta – si preciserà – «al servi-
zio dell’uomo»131. È in quella temperie che, nel 1932, il Presidente degli
Stati Uniti d’America F.D. Roosevelt lancia il programma del «new
deal»132, comprendente un plesso di strumenti vòlto a risollevare l’econo-
mia di quel Paese attraverso una massiccia politica sociale e di sostegno e

125 Così, da ultimo, A. CANTARO, Il diritto dimenticato, Torino, 2007, p. 119.


126 C. MORTATI, Introduzione, cit. nt. 116, p. 334.
127 E. FORSTHOFF, Begriff, cit. nt. 37, p. 35.
128 J.M. KEYNES, The General Theory of Employment, Interest and Money, [1936], trad. it. Teoria ge-

nerale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, in ID., Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della
moneta e altri scritti, Torino, 1994, p. 543.
129 H. HELLER, Staatslehre, [1934], trad. it. Dottrina dello Stato, Napoli, 1988, p. 24.
130 K. POLANYI, The Great Transformation, [1944], trad. it. La grande trasformazione, Torino,

2000, pp. 141 ss., il quale rimarca come «non vi era nulla di naturale nel laissez-faire. I mercati
liberi non avrebbero mai potuto esistere se si fossero lasciate le cose al loro posto» (ivi, p. 178).
131 F. CAFFÈ, Introduzione a In difesa del “Welfare State”, [1986], rist. in ID., Un economista per

gli uomini comuni, Roma, 2007, p. 395, il quale nota come proprio nella riflessione keynesiana vi sia
«una visione del mondo che affida alla responsabilità dell’uomo le possibilità del miglioramento
sociale» (ivi, p. 397); sul punto, cfr. altresì infra, § II.5.
132 F.D. ROOSEVELT, I Pledge You - I Pledge Myself to a New Deal for the American People, [1932],

trad. it. “New Deal Speech”, in F.D. Roosevelt, a cura di D. Frezza, s.d., s.l. [ma Siena], p. 116.

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Cap. I - Vicende storiche e teoriche dei diritti sociali

incremento all’occupazione133, che dal Tennessee Valley Authority Act


del 1933 si proietta oltre la Seconda guerra mondiale, con l’Employment
Act del 1946.
Specularmente, da parte di W.H. Beveridge, sulla scia di un sociali-
smo umanitario ma anche pragmatico, animato dalla riflessione del Fa-
bian Society134, si propone nel 1942 per l’ordinamento britannico una
complessiva riorganizzazione del sistema di assicurazioni sociali, da trat-
tarsi – è questo il punto nodale dell’approccio adottato – «come parte di
una comprensiva politica di progresso sociale»135. Il passo conseguente
ed ulteriore, due anni dopo, è l’approntamento, da parte dello stesso Be-
veridge, di un compiuto «piano di sicurezza sociale (…) diretto ad assicu-
rare, mediante un programma completo di assicurazione sociale, che ogni
individuo, a condizione che lavori fin tanto che può e che versi dei con-
tributi detraendoli dai suoi guadagni, abbia un reddito sufficiente per as-
sicurare a sé ed alla propria famiglia una sana sussistenza»136.
Coerentemente con tali assunti, infine, è da segnalarsi – per la condi-
visione degli intenti e l’incisività della formulazione, al di là della sua por-
tata prescrittiva – l’art. 22 della Dichiarazione universale dei diritti del-
l’uomo del 1948, il quale stabilisce che «ogni individuo, in quanto mem-
bro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazio-
ne attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in
rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti eco-
nomici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero svi-
luppo della sua personalità». Ma si tratta, ormai, di un documento – si-
gnificativo proprio per l’esplicitazione della formula “diritti sociali”, oltre
che per l’indicazione teleologicamente orientata della dignità dell’indivi-
duo e del libero sviluppo della sua personalità, formule entrambe destina-
te a suonarci presto come familiari (infra, § II.3) – coevo alla Costituzione
italiana del 1947, di cui occorre dare ora compiutamente conto.

133 Si veda, in particolare, ID., The Annual Message to the Congress, [1941], trad. it. Discorso delle

“Quattro Libertà”, ivi, p. 317, con riferimento al tema della «libertà dal bisogno».
134 Su cui, specialmente, G.B. SHAW, Preface, [1889], trad. it. Prefazione, in ID. et al., Saggi fabia-

ni, Roma, 1990, p. 4.


135 W.H. BEVERIDGE, Social Insurance and Allied Services, [1942], trad. it. Il piano Beveridge, in ID.,

Alle origini del welfare state, Milano, 2010, p. 48.


136 ID., Full Employment in a Free Society, [1944], trad. it. Relazione su l’impiego integrale del lavoro in

una società libera, Torino, 1948, p. 3.

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