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Manuali

G.....".,., Morbido:tll
--- --
collana Manuali
diretta da.
Francesco Caringella Salvatore Mazzamuto Giuseppe Morbidelli
Copyright - DIKE Giuridica Editrice, S.r.l. .
La traduzione, l'adattamento totale o parziale, la. nproduzl?ne
con qualsiasi mezzo (compresi i film, le fotocopIe), .
la memorizzazione elettronica, sono riservate per tuttI I PaesI.
Impaginazione
Studio Editoriale Cafagna, Barletta
Finito di stampare nel mese di dicembre 2011 da
L.E.G.O. S.pA
via Galileo Galilei, Il - Lavis, TN
MANUALE DI DIRITTO
AMMINISTRATIVO
Francesco Caringella
Quarta Edizione
aggiornata al correttivo processuale ed alla legge di stabilit
)
INDICE
PREMESSA ................................................................................................... LIII
PARTE I
POSIZIONI SOGGETTIVE
E TECNICHE DI TUTELA
SEZIONE I
INTERESSI LEGITTIMI E DIRITTI SOGGETTIVI
CAPITOLO 1
I L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
l. Breve storia dell'interesse legittimo e della sua contrapposi-
zione al diritto soggettivo ........................................................................... 7
2. I tentativi di dare una definizione dell'interesse legittimo
nell' evoluzione dottrinale ........................................................................... 9
2.1. La teoria dell'interesse occasionalmente protetto .............................. lO
2.2. La teoria processualistica ................................................................... lO
2.3. L'interesse legittimo come interesse strumentale alla legit-
timit dell'azione amministrativa ............................................................. Il
2.4. La teoria normativa ............................................................................ 12
2.5. I riflessi della teoria normativa .......................................................... 14
3. [Segue] contenuto e tecniche di tutela dell'interesse legittimo
alla luce delle leggi nn. 15/2005 e 80/2005 e del codice del pro-
cesso amministrativo: l'interesse al bene della vita .................................. 15
3.1. L'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed il codice del
processo amministrativo confermano la dimensione sostanziale
dell'interesse legittimo: il bene della vita messo al centro del
palcoscenico .............................................................................................. 18
VIII
4.
5.
6.
7.
8.
9.
1.
2.
Indice
I criteri di distinzione tra diritti ed interessi e la loro rilevanza
. fi . d Il . l' SdI'ZI'one ....................... 20 al Ini e a giur .................................................. .
L'indifferenza dell'ordinamento comunitario alla dicotomia
interesse legittimo-diritto soggettivo ................ _ ........................................ 21
La classificazione degli interessi legittimi.. .............................................. 22
6.1. Gli interessi legittimi mascherati da diritti risolutivamente
d
. n
o sospensivamente con IzlOnatl. ................................................ .. ...... .. ..
6.2. Interessi oppositivi e pretensivi ......................................................... 24
6.3. Interessi pariecipativi e procedimentali ............................................. 26
. . . . d' 'd l' ....................... 29
GlI mteressi supenn IVI ua 1.... .......... ............................ .... .
7.1. L'evoluzione giurisprudenziale: dagli interessi diffusI aglI
. . Il tt' . .. ......................... 29
IntereSSI co e IVI ........................................ .. .. .. .... ..
7.1.1. La dei di differenziazione tra interessi dif- O
fu
d' t llettivi ........................ 3 SI e In ereSSI co ................................................ ..
7 .1.2. [Segue] il criterio della partecipazione procedimentale
ed i relativi risvolti processuali ................................................................. 32
7.1.3. La scelta legislativa in materia ambientale ..................................... 33
7.2. La tutela giurisdizionale assicurata in sede civile agli inte-
ressi ultraindividuali: la disciplina dell'illecito ambientale
l 349/1986
...................... 36
ex ege n. ............................................................. .
7.2.1. La tutela civile degli interessi collettivi dei ............... 38
7.2.2. La class action nei confronti della pubblica ammimstra-
zione (decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198) .............................. 39
7.2.2.1. La legge delega (art. 4, comma 2, lett. l, della legge 4 40
marzo 2009, n. 15, c.d. legge Brunetta) .................................................. ..
l
dII" . t 40 7.2.2.2. Profili genera 1 e IStItu o ........................................................ ..
7.2.2.3. L'azione collettiva plasmata dal decreto legislativo at-
tuativo 20 dicembre 2009, n 198: un'arma spuntata? .............................. 42
'd .. l' 49
7.2.2.4. Consi eraZIom eone USIve ........................................................ ..
Interessi di fatto ed interessi amministrativamente protetti ...................... 50
Le forme di tutela dell'interesse legittimo e la permanente vita-
lit della nozione di interesse legittimo .................................................... 52 __ .
CAPITOLO 2
Il criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla distinzione
tra diritti soggettivi ed interessi legittimi
Il fondamento del criterio della causa petendi .......................................... 57
. d' . . d" t 57
L'evoluzione stonca ei cnten 1 npar o .............................. ..................
2.1. Il sistema preunitario ......................................................................... 57
3.
4.
Indice IX
2.2. L'abolizione dei Tribunali del contenzioso con l'art. 2 L.A.C.
del 1865 ..................................................................................................... 58
2.3. La risoluzione dei conflitti tra Giudice ordinario ed autorit
amministrative .......................................................................................... 60
2.4. Nasce il giudice amministrativo ed il conseguente problema
del.riparto di giurisdizione (L. 5992/1889, istitutiva della IV
sezione del Consiglio di Stato) ................................................................. 60
2.5. I primi contrasti sul riparto: petitumformale o causa petendi? ............... 62
2.6. La causa petendi trionfa con il concordato giurispruden-
ziale del 1929 ............................................................................................ 64
2.7. Il criterio del petitum sostanziale e la giurisdizione esclu-
siva per materia nella Carta Costituzionale e nelle successive
leggi .......................................................................................................... 65
La non facile applicazione del criterio della causa petendi:
come si distinguono gli interessi dai diritti? ............................................. 68
3.1. Attivit di imperio e di gestione ......................................................... 68
3.2. Norme di azione e norme di relazione ............................................... 70
3.3. Attivit vincolata e discrezionale ....................................................... 70
3.4. La dicotomia carenza-cattivo uso del potere ..................................... 73
3.4.1. La carenza di potere va valutata in astratto o in concreto? ................ 75
3.4.2. Potere amministrativo e diritti fondamentali: carenza o
cattivo uso? ............................................................................................... 78
Potere amministrativo e giurisdizione dopo le sentenze nn.
204/2004 e 191/2006 della Corte Costituzionale e le riforme
del 2005 e del 2010 ................................................................................... 83
4.1. Carenza in concreto, nullit e riparto dopo l'art. 21-septies
della L. 241/1990 ...................................................................................... 85
4.2. Giurisdizione e risarcimento del danno ............................................. 87
4.2.1. Evoluzione storica dalla L.A.C. alla sentenza n. 191/2006
della Consulta ........................................................................................... 88
4.2.1.1. Le soluzioni anteriori alle S.U. 500/1999 .................................... 88
4.2.1.2. Dalla sentenza n. 500/1999 al codice del processo am-
ministrativo ............................................................................................... 89
4.2.1.3. La Corte Costituzionale, con le sentenze 204/2004
e 191/2006, chiarisce che il risarcimento una tecnica di tutela
anche per le domande autonome di risarcimento ...................................... 92
4.2.2. La giurisdizione sul danno non consequenziale a prov-
vedimenti oggetto d'impugnazione: profili generali ................................ 93
4.2.2.1. Il danno da comportamenti amministrativi: casistica .................. 97
4.2.2.2. Il danno da provvedimenti inoppugnati o gi annullati ............... 99
4.2.2.3. Le Sezioni Unite optano nuovamente per la giurisdi-
zione ordinaria in materia di risarcimento del danno da prov-
x
Indice
vedimento favorevole illegittimo previamente annullato in sede
giurisdizionale o di autotutela (Cass. sez. unite, 23 marzo 2011,
ordd. n. 6594, 6595 e 6956) .................................................................... 100
4.3. Il sottile confine tra poteri pubblici e poteri privati della P.A.
ed il riparto di giurisdizione ................................. ,: ...................... .......... 107
5. Il riparto di giurisdizione nel codice del processo amministrativo
(D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104: artt. 7 ss., 30 e 133) ................................. 111
6. La giurisdizione in materia di procedimenti amministrativi com-
plessi ....................................................................................................... 114
7. La giurisdizione per connessione ............................................................ 115
8. Il riparto per materie (rinvio) .................................................................. 117
9. Riparto di giurisdizione e questioni processuali: translatio iudicii,
giudicato implicito e sindacato della Cassazione sulle sentenze
delG.A .................................................................................................... 11
7
9.1. La translatio iudicii (art. 59 della legge 18 giugno 2009,
n. 69 ed art. Il cod. proc. amm.) ............................................................ 117
9.2. Il giudicato implicito sulla giurisdizione (art. 9 cod. proc. amm.) .............. 120
9.3. L'ampiezza del sindacato della Cassazione sulle decisioni
del Consiglio di Stato (Cass., S.v., Ord. 6 marzo 2009, n. 5464) .............. 123
SEZIONE II
LA TUTELA DELL'INTERESSE LEGITTIMO
INNANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO
IN SEDE DI GIURISDIZIONE DI LEGITTIMIT
CAPITOLO 1
Le tecniche di tutela del! 'interesse legittimo:
dal giudizio sull'atto al giudizio sul rapporto
1. Evoluzione storica e ragioni della struttura impugnatori a del
processo amministrativo ......................................................................... 127
2. I dieci corollari processuali del sistema impugnatorio ........................... 129
3. Come si cambia per non morire: dal giudizio sull'atto al giudizio
sul rapporto ............................................................................................. 130
3.1. L'imperativo costituzionale ............................ 131
3.2. La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo impone la
penetrazione della fondatezza sostanziale della pretesa ......................... 132
3.3. Il Legislatore varca il Rubicone ...................................................... 133
Indice XI
3.3.1. La L. 205/2000 allarga i motivi aggiunti e introduce la
consulenza tecnica .................................................................................. 133
3.3.2. Le novit introdotte dalle leggi nn. 15 e 80/2005, dalla
legge 18 giugno 2009, n. 69 e dal codice del processo am-
ministrativo: il sindacato sostanziale sui vizi formali e l'indagine
estesa al rapporto nel giudizio relativo al silenzio-rifiuto ....................... 134
3.4. I dieci corollari processuali rovesciati del giudizio sul rapporto ............. 136
4. Le azioni esperibili: verso l'atipicit della tipologia e dei
contenuti ................................................................................................ 138
CAPITOLO 2
La tutela di annullamento
1. I caratteri classici dell' azione di annullamento nel processo
amministrativo a struttura impugnatoria ................................................. 141
2. L'art. 21-octies, comma 2, della L. 241/1990 vince l'equazione
tra riscontro del vizio di legittimit e sanzione dell'annullamento
del provvedimento illegittimo ................................................................. 145
2.1. Il problema della natura sostanziale o processuale della
norma e la connessa questione del tipo di pronuncia conse-
guente alla sua applicazione ................................................................... 147
2.1.1. Tesi della mera irregolarit ........................................................... 147
2.1.2. Tesi del raggiungimento dello scopo ............................................ 148
2.1.3. Tesi processualistica ...................................................................... 148
2.1.4. Tesi sostanzialistica ....................................................................... 151
2.2. Tipo di pronuncia adottabile a seconda della tesi che si segue .............. 154
2.3. Problemi probatori ........................................................................... 154
2.3.1. La prova della mancanza di alternative di diritto ai sensi
del primo periodo del secondo comma ................................................... 154
2.3.2. La prova della mancanza di alternative di fatto ai sensi
del secondo periodo del secondo comma ............................................... 157
3. La sentenza di annullamento ed il giudicato amministrativo: la
salvezza del riesercizio del potere amministrativo e suoi limiti ............. 160
4. I riflessi dell'annullamento sugli atti consequenziali ............................. 162
5. L'ultima frontiera della tutela caducatoria: l'annullamento con
effetti ex nunc o l'accertamento dell'illegittimit a fini mera-
mente conformativi (Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2011, n.
2755) ....................................................................................................... 165
6. Dall'annullamento dell'atto illegittimo all'accertamento della
i l l e g i ~ t i ~ i t .dell'atto (art. 34, comma 3 del codice del processo .
ammInIstratIvo) ....................................................................................... 168
XII
Indice
CAPITOLO 3
La tutela di accertamento e di condanna
1. Profili generali ............................................. .-.................................... 171
2. Le azioni di mero accertamento ......................... ,. ..................... 172
2.1. L'azione di nullit del provvedimento amministrativo ex artt.
21-septies della L. 241/1990 e 31, comma 4, del codice del pro-
cesso amministrativo ............................................................................... 173
2.1.1. Problemi di giurisdizione (rinvio ) ................................................. 174
2.1.2. L'azione di nullit come azione di mero accertamento
ammissibile dinanzi al O.A .................................................................... 174
2.1.3. Il regime dell'azione di nullit: interesse ad agire, pre-
scrizione, rilevabilit d'ufficio e principio della domanda ..................... 175
2.1.4. La nullit per violazione od elusione del giudicato: giu-
risdizione esclusiva o di merito? ............................................................. 178
2.2. L'azione di accertamento dell'illegittimit del provvedi-
mento (art. 34, comma 3 del codice del processo amministrativo) .............. 180
2.3. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisione 29
luglio 2011, n. 15) suggella l'esperibilit dell'azione di accer-
tamento atipica ................................................. .. 180
2.3.1. Accertamento atipico e d.i.a./s.c.i.a. (rinvio) ............................... 182
3. Le azioni di condanna pubblicistica (o di esatto adempimento)
in cui l'accertamento funzionale ad una pronuncia che attri-
buisca al ricorrente il bene della vita ..................................................... 182
3.1. L'azione di condanna in materia di accesso ai documenti
amministrativi (art. 116 del codice del processo amministrativo).
Rinvio ...................................................................................................... 183
3.2. L'azione di condanna previo accertamento della fondatezza
della pretesa sostanziale in tema di silenzio-rifiuto (artt. 31 e 117
del codice del processo amministrativo) ................... .......... 183
3.2.1. L'evoluzione del giudizio sul silenzio-rifiuto della P.A. .............. 185
3.2.2. Il nuovo volto del giudizio sul silenzio-rifiuto dopo il
codice del processo amministrativo ....................................................... 188
3.2.2: 1. L'accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale
una facolt o un potere dovere? .......................................................... 189
3.2.2.2. Il principio della domanda ........................................................ 190
3.2.2.3. I limiti posti all'accertamento della fondatezza della
pretesa sostanziale ................................................................................... 190
3.2.2.4. Emanazione del provvedimento espresso nel corso del
giudizio sul silenzio-rifiuto ................................ .. .............................. 191
3.2.2.5. Rito del silenzio e tutela risarcitoria ......................................... 191
3.2.2.6. I controinteressati .............................. ... .................................. 191
Indice XIII
3.3. L'azione di condanna all'aggiudicazione della gara ed alla
del contratto (art. 124 del codice del processo am-
mlnlstratIvo) ............................................................................................ 192
3.4. La tutela di condanna nell'azione collettiva di classe (art.
4 del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198) ............................... 193
3.5. L'Adunanza Plenaria (decisione 23 marzo 20 Il, n. 3) apre
alla generale azione di condanna pubblicistica (cd. azione di
esatto adempimento) ............................................................................... 193
4. Considerazioni conclusive ...................................................................... 197
CAPITOLO 4
La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
1. Dalla L.A.C. alla tutela risarcitoria dell'interesse legittimo:
percorso evolutivo ................................................................................... 199
1.1: tradizionale: l'irrisarcibilit degli interessi
legIttImI ................................................................................................... 199
1.2. Le ragioni dell'irrisarcibilit degli interessi legittimi ...................... 200
1.3. Aperture della giurisprudenza con riferimento agli interessi
oppositivi ............................................................................................... 200
1.4. Il superamento del dogma dell' irrisarcibilit nel diritto
positivo .................................................................................................... 202
1.5. La sentenza delle S.U. 22 luglio 1999, n. 500 ................................. 204
1.6. La legge 21 luglio 2000, n. 205 ....................................................... 205
1.7. Il codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio
2010, n. 104) ........................................................................................... 206
2. La natura giuridica della responsabilit della P.A.: il codice
del processo sposa la tesi della natura aquiliana ..................................... 206
2.1. Le altre tesi dottrinarie sulla responsabilit risarcitoria fio-
rite prima del varo del codice del processo amministrativo: a)
la responsabilit da "contatto sociale qualificato" .................................. 208
2.2. [Segue] b) la tesi della responsabilit precontrattuale ..................... 210
2.3. [Segue] c) la tesi della c.d. responsabilit speciale .......................... 211
2.4 .. [Segue] Una zona grigia: la responsabilit dello Stato per
tardIva trasposizione di una direttiva comunitaria .................................. 212
3. L'elemento oggettivo dell'illecito ........................................................... 215
3.1. La lesione dell'interesse legittimo condizione necessaria
ma non sufficiente per il risarcimento .................................................... 215
3.2. del danno nell'ipotesi di interessi oppositivi .............. 217
3.3 .. La venfica della spettanza del bene della vita per gli inte-
reSSI pretensivi ........................................................................................ 218
XIV
Indice
3.3.1. Il risarcimento della chance nella giurisprudenza del G.A .............. 222
3.3.2. La tutela risarcitoria della chance nel nuovo rito degli ap-
palti (art. 124 del codice del processo amministrativo) .......................... 225
3.4. Danno da ritardo e danno da silenzio .............................................. 227
3.4.1. Il danno da ritardo nella legge 69/09 (art. 2-bis della L.
241/1990) e nel codice del processo amministrtivo (artt. 30 e
133, comma 1, lett. a, n. 1) ..................................................................... 229
3.5. La tutela risarcitoria degli interessi formali e procedimentali
dopo l'art. 21-octies della L. 241/1990 .................................................. 232
3.6. Il danno da provvedimento non annullabile (art. 34, comma
3, del codice del processo amministrativo) ............................................ 23
3
4. L'elemento soggettivo .......................................... .. ........ .. ...... .... ...... 234
4.1. L'elemento soggettivo nella sentenza n. 500/1999 .......................... 234
4.2. La colpa nella giurisprudenza amministrativa successiva
alla sentenza n. 500/1999 ........................................................................ 236
4.2.1. Il risarcimento del danno negli appalti pubblici (art. 124
cod. proc. amm.): la Corte di Giustizia conia una responsabilit
di stampo oggettivo ................................................... .... .. ...... .. .......... 240
4.3. Il dolo ............................................................. .... .. .. .................... 244
5. Il risarcimento del danno per equivalente e le tecniche di quan-
tificazione ................................................................................................ 245
5.1. Gli articoli 1223, 1225, 1226 e 1227 del codice civile .................... 246
5.2. Il danno non patrimoniale ................................................................ 24
7
5.3. La quantificazione del danno nella procedura di cui all'art.
34, comma 4, del codice del processo amministrativo. Si esclude
l'ammissibilit di una condanna generica .............................................. 249
6. Il risarcimento del danno in forma specifica .......................................... 252
7. L'azione risarcitoria nel processo amministrativo .................................. 254
7.1. Il Legislatore ripudia la pregiudizialit processuale ........................ 256
7.2 .... opta per un'autonomia fortemente temperata della tute-
la risarcitoria .......................................................................................... 258
7.3 .... e sottopone la domanda risarcitoria ad un apposito ter-
mine decadenziale di centoventi giorni ................................................. 260
7.3.1. La giurisprudenza non condivide l'opzione codicistica:
il T.AR. Sicilia solleva questione di legittimit costituzionale
dell'art. 30, co. 5, cod. proc. amm .......................................................... 263
7.4. La Plenaria (decisione 23 marzo 2011, n. 3) fa il punto sulla
pregiudiziale amministrativa ...................................... 265
7.5. Rapporti tra azione di nullit (art. 31, comma 4, del codice
del processo) e tutela risarcitoria ........................................................... 270
7.6. Risarcimento del danno in sede di ottemperanza (art. 112,
Indice XV
comma 3, del codice del processo) e in corso di giudizio (art.
30, comma 5, del codice del processo) ................................................... 270
8. Risarcimento e giurisdizione (rinvio) ..................................................... 273
9. La responsabilit della P.A derivante dalla lesione di diritti -"'!e
soggettivi ................................................................................................. 273
9.1. La responsabilit extracontrattuale da lesione di diritti sog-
gettivi ...................................................................................................... 273
9.2. La responsabilit precontrattuale ..................................................... 276
9.3. Responsabilit contrattuale (cenni) .................................................. 278
lO. La responsabilit del pubblico dipendente .............................................. 278
10.1. Art. 28 Cost.: lo spirito oltre la lettera ........................................... 280
10.2. La responsabilit amministrativa dopo la legge 3 agosto
2009, n. 102 e la legge 3 ottobre 2009, n. 141 ....................................... 283
10.2.1. Il danno erariale .......................................................................... 286
10.2.1.1. Il danno all'immagine della P.A ............................................ 287
10.2.1.2. Danno da disservizio ................................................................ 290
10.2.1.3. Il danno erariale da "mobbing" ................................................ 291
1 0.3. Riparto della giurisdizione in tema di responsabilit am-
ministrativa ............................................................................................. 291
10.4. La responsabilit civile verso terzi: il problema della
giurisdizione in caso di lesione degli interessi legittimi ......................... 294
SEZIONE III
LA TUTELA CONCENTRATA DI DIRITTI
ED INTERESSI IN SEDE DI GIURISDIZIONE
ESCLUSIVA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
CAPITOLO 1
Limiti alla giurisdizione esclusiva del O.A.
dopo Corte cast. 204/2004, 191/2006 e 140/2007
ed alla luce del codice del processo amministrativo
1. Oggetto e genesi storica della giurisdizione esclusiva ............................ 301
2. Le riforme del 1998 e del 2000 e il problema della legittimit, a
costituzione invariata, della dilatazione del modello della tutela
esclusiva. Le risposte date da Corte cost. nn. 204/2004, 191/2006,
140/2007 e 35/2010 ................................................................................ 303
3. Alla ricerca del potere perduto: la distinzione opaca tra compor-
tamenti meri e comportamenti amministrativi ........................................ 309
4. La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo ............. 313
XVI Indice
CAPITOLO 2
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
1. I servizi pubblici alla luce della sentenza n. 204/2004 della Corte
costituzionale (artt. 33 D.Lgs. 80/1998; ora 133, comma 1, lett. c,
del codice del processo amministrativo) .......... : ...................................... 316
1.1. L'effetto restrittivo della giurisdizione esclusiva ............................. 318
1.2. I possibili effetti ampliativi .............................................................. 321
1.3. La residua rilevanza della nozione di servizio pubblico come
criterio di riparto della giurisdizione ...................................................... 324
1.4. Le controversie escluse dalla giurisdizione amministrativa
per effetto della sentenza n. 204/2004 .................................................... 326
2. La giurisdizione esclusiva in materia di affidamento di lavori,
servizi e forniture (art. 244 del D.Lgs. 163/2006, ora art. 133,
comma 1, lett. e, n. 1, del codice del processo amministrativo) ............. 328
3. La giurisdizione esclusiva nella materia edilizia, urbanistica ed
espropriativa (artt. 34 del D.Lgs. 80/1098 e 53 D.P.R. n. 327/
2001, ora art. 133, comma 1, lett.fe g, del codice del processo
amministrativo) ....................................................................................... 332
3.1. La giurisdizione esclusiva in materia urbanistica ed edilizia
prima dell'intervento della Corte costituzionale ..................................... 333
3.2. La giurisdizione sulle occupazioni appropriative e usurpa-
tive dopo Corte cost. 20412004 e 191/2006 ............................................ 336
3.2.1. La Cassazione restringe la giurisdizione esclusiva ai soli
casi di occupazione esecutiva di provvedimenti illegittimi .................... 337
3.2.2. Il Consiglio di Stato la estende ai casi di connessione in
senso lato con il potere pubblico ............................................................. 339
3.3. Nostre considerazioni ...................................................................... 342
4. [Segue] la tutela possessoria contro la P.A. ........................................... 345
5. Le altre materie devolute alla giurisdizione esclusiva ............................ 347
5.1. Il pubblico impiego non privatizzato (artt. 63, comma 4,
del D.Lgs. 165/2001 e 133, comma 1, letto i, del codice del pro-
cesso amministrativo) ............................................................................. 347
5.2. Le controversie nella materia della concessione di beni
pubblici (art. 5 della L. 1034/1971, ora art. 133, comma 1, lett.
b del codice del processo amministrativo) .............................................. 348
5.3. Gli accordi tra privati e amministrazioni ai sensi dell'art.
133, lett. a, n. 2, del codice del processo amministrativo ....................... 348
5.4. La giurisdizione esclusiva su silenzio e Segnalazione Cer-
tificata di Inizio Attivit (gi dj.a.), ex art. 133, comma 1, lett.
a), n. 3, cod. proc. amm. e art. 19 L. 241/09, come modo dal D.L.
78/10 ...................................................................................................... 349
Indice
5.5. Giurisdizione esclusiva in tema di indennizzo conseguen-
te a revoca di provvedimento (art. 133, comma 1, lett. a, n. 4,
XVII
del codice del processo amministrativo ) ................................................. 352
5.6. La giurisdizione esclusiva in tema di danno da ritardo (art.
133, comma 1, letto a, n. 1, del codice del processo amministrativo) ............. 352
5.7. La giurisdizione esclusiva in materia di diritto sportivo
(art. 13 3, comma 1, letto z, del codice del processo amministrativo) .............. 354
5.8. La giurisdizione esclusiva in materia di energia elettrica (art.
133, comma 1, lett. o, del codice del processo amministrativo) ............. 355
5.9. La giurisdizione esclusiva in tema di gestione dei rifiuti
(art. 133, comma 1, lett. p, del codice del processo ammini-
strativo) .................................................................................................. 357
5.10. La class action pubblica (legge c.d. Brunetta 15/2009 e '
D.Lgs. di attuazione 20 dicembre 2009, n. 198) ..................................... 357
5.11. Le altre ipotesi di giurisdizione esclusiva previste dall'art.
133 cod. proc. amm ................................................................................. 357
6. La giurisdizione sul risarcimento del danno a sua volta una
materia di giurisdizione esclusiva? ........................................................ 359
CAPITOLO 3
Il processo
1. La dicotomia diritto-interesse conserva rilievo ai fini delle tec-
niche di tutela e dei mezzi processuali .................................................... 363
2. I poteri del giudice amministrativo nella giurisdizione esclusiva
ante D.Lgs. 80/1998 ................................................................................ 365
2.1. La rilevanza della distinzione tra diritti ed interessi nelle
materie di giurisdizione esclusiva: atti paritetici ed azioni di
mero accertamento .................................................................................. 365
2.2. I limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.: i c.d. diritti
patrimoniali consequenziali nell' assetto anteriore alla riforma
del 1998 ................................................................................................... 367
3. Gli effetti del D.Lgs. 80/98 e della L. 205/2000: al G.A. viene
attribuita la cognizione del risarcimento del danno ................................ 369
4. I nuovi poteri del giudice amministrativo: i poteri di cognizione
dopo l'art. 7 della L. 205/2000 e il codice del processo ammini-
strativo .................................................................................................... 370
5. I poteri di istruzione (rinvio) ................................................................... 371
6. I poteri decisori nella nuova giurisdizione esclusiva .............................. 371
XVIII Indice
7. Azioni dichiarative e di accertamento. Azioni petitorie e posses-
sorie ......................................................................................................... 372
8. Azioni costitutive .................................................................................... 374
9. Azioni di condanna .......................................... -....................................... 375
lO. L'istruttoria ....................................................... ,: ..................................... 376
10.1. I nuovi mezzI di prova si applicano anche alle controversie
relative ai soli interessi legittimi ............................................................. 378
Il. La tutela cautelare ................................................................................... 379
12. La tutela sommaria (art. 118 del codice del processo ammini-
strativo) .................................................................................................. 380
13. Il privato parte resistente ........................................................................ 380
14. Arbitrato e diritti soggettivi (art. 12 del codice del processo
amministrativo) ....................................................................................... 383
15. La giurisdizione esclusiva del giudice ordinario (rinvio) ........................ 384
SEZIONE IV
LA TUTELA DEI DIRITTI SOGGETTIVI
INNANZI AL GIUDICE ORDINARIO
CAPITOLO 1
I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
1. I limiti esterni della giurisdizione ordinaria ricavabili dall' art.
2 L.A.C. e dall'art. 103 Cost. in relazione al criterio della causa
petendi .................................................................................................... 390
2. Il Giudice ordinario pu conoscere di interessi legittimi? Il
problema della giurisdizione esclusiva del g.O ...................................... 391
2.1. [Segue] la lettura delle disposizioni che, ai sensi dell' art.
113 Cost., affidano al Giudice ordinario poteri decisori raffor-
zati in deroga rispetto ai limiti della L.A.C ........................................... 393
2.2. Rapporti tra deroga all'art. 4 L.A.C. e giurisdizione esclu-
siva del g.O .............................................................................................. 394
3. [Segue] la giurisdizione del g.O. in materia di pubblico impiego
privatizzato (rinvio) ............................................................................... 395
3.1. La giurisdizione del g.O. in tema di tutela della privacy e
di sanzioni amministrative ..................................................................... 397
Indice XIX
CAPITOLO 2
Limiti interni e poteri del g.O.
1. I limiti interni: sguardo d'insieme ......................................................... 399
2. L'art. 4 L.A.C.: poteri di cognizione e poteri di decisione .................... 400
2.1. La nozione di atto amministrativo ex art. 4 L.A.C. nell'evo-
luzione storica ........................................................................................ 401
2.2. Deroghe al divieto di annullamento e revoca dell'atto ................... 403
3. La disapplicazione (art. 5 L.A.C.) .......................................................... 404
3.1. I controversi rapporti tra gli artt. 4 e 5 L.A.C.: oltre alla
disapplicazione incidentale ex art. 5, esiste una disapplicazione
principale ex art. 4? ................................................................................ 404
3.2. I vizi suscettibili di cognizione con lo strumento della di-
sapplicazione ........................................................................................... 406
3.3. Profili processuali ............................................................................ 407
3.4. [Segue] la disapplicazione da parte del giudice penale: in
particolare la C.d. disapplicazione in pejus (o in malam partem) .............. 407
3.4.1. Il problema dell' ammissibilit della disapplicazione in peius .............. 408
3.4.2. La tesi favorevole alla disapplicazione in malam partem ............ 409
3.4.3. La tesi contraria ............................................................................ 410
3.4.4. La casistica in materia di reati edilizi ........................................... 412
3.5. Impugnazione e disapplicazione nel contenzioso sul pub-
blico impiego privatizzato (art. 63, T.U. n. 165/2001): rinvio ............... 416
3.6. Disapplicazione e giudice amministrativo ...................................... 416
CAPITOLO 3
Azioni proponibili e disciplina del processo
1. Profili generali ....................................................................................... 420
2. Azioni dichiarative ................................................................................. 420
3. Azioni costitutive .......................................................... -: ........................ 421
4. Azioni di condanna ................................................................................ 421
5. Casistica ................................................................................................. 423
5.1. Azioni possessorie ........................................................................... 424
5.2. Sequestro e provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c .................. 424
5.3. Convalida di sfratto ......................................................................... 424
5.4. L'actio negotiorum gestio e di arricchimento senza causa ............. 425
5.5. Le azioni esecutive .......................................................................... 425
6. Deroghe al diritto processuale comune ................................................... 427
xx
Indice
SEZIONE V
LA TUTELA GIUSTIZIALE
CAPITOLO 1
Profili generali
1. La tutela giustiziale in generale .............................................................. 431
2. Ratio e natura giuridica dei ricorsi amministrativi. Distinzione
tra autodichia ed autotutela amministrativa ............................................ 432
3. Rapporti tra ricorsi amministrativi e tutela giurisdizionale: ana-
logie e differenze ..................................................................................... 435
3.1. Le analogie: giustizialit, garanzia del contraddittorio ed
irretrattabilit della decisione ................................ .... ..................... 435
3.2. Le differenze tra decisione giustiziale e giurisdizionale:
questioni di costituzionalit, questioni pregiudiziali in sede co-
munitaria ed ottemperanza ....................................... ............................ 437
4. Classificazione dei ricorsi amministrativi .............................. ...... 438
4.1. Ricorsi ordinari e straordinari .......................................................... 43
8
4.2. Ricorsi impugnatori e non impugnatori ........................................... 439
4.3. Ricorsi rinnovatori ed eliminatori (o cassatori) ............................... 440
5. Questioni attinenti all'ambito di applicazione del D.P.R. 1199/
1971; in particolare, il problema dell' applicazione alle Regioni
anche alla luce del nuovo titolo V della parte II della Costitu-
zione (L. Cost. 3/2001) ........................................................................... 441
CAPITOLO 2
Il ricorso gerarchico
1. Nozione di ricorso gerarchico: tipi e requisiti ........................................ 443
2. Rapporto di gerarchia e privatizzazione del pubblico impiego .............. 444
3. Definitivit dell'atto ........................................... .................................... 447
4. Rapporti tra il ricorso gerarchico e la tutela giurisdizionale am-
ministrativa ............................................................................................. 449
5. Rapporti tra ricorso gerarchico e tutela avanti al Giudice or-
dinario. Il problema della giurisdizione condizionata alla previa
proposizione di ricorsi amministrativi c.d. obbligatori ....................... 451
6. La decisione sul ricorso gerarchico ........................................................ 452
7. Impugnazione della decisione sul ricorso gerarchico ............................. 453
Indice XXI
8. Motivi del ricorso giurisdizionale dopo la decisione gerarchica ............ 457
9. Effetti della sentenza amministrativa di accoglimento ........................... 458
lO. sul ricorso amministrativo e la successiva tutela giu-
nsdlzl0nale .............................................................................................. 459
10.1. Gli effetti del nuovo rito del silenzio scolpito dall'art.
21-bis della L. 1034/1971 e recepito dagli artt. 31 e 117 del co-
dice del processo amministrativo ............................................................ 462
CAPITOLO 3
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
1. Brevi cenni storici ................................................................................... 463
2. I caratteri generali del ricorso straordinario ............................................ 464
2.1. Il ricorso straordinario viene giurisdizionalizzato dall'art.
69 della legge 18 giugno 2009 n. 69 ....................................................... 465
2.2. La giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario ne im-
plica l'attrazione nel sistema della giurisdizione amministrativa.
Il ricorso straordinario quindi ammissibile solo per le contro-
versie devolute alla giurisdizione amministrativa (art. 7, comma
8, del codice del processo amministrativo) ............................................ 467
3. L'ambito di operativit del ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica ..................................................................................... 468
3.1. Problemi dal punto di vista soggettivo ............................................ 469
3.2. dal punto di vista oggettivo .............................................. 469
3.3. E sempre necessaria l'impugnazione di un atto oppure, in
caso di lesione di un diritto soggettivo, sono ammissibili azioni
di accertamento? ..................................................................................... 472
3.3.1. Ricorso straordinario e risarcimento dell'interesse legit-
timo ......................................................................................................... 474
3.4. Ricorso straordinario e giudici speciali ........................................... 475
3.5. Ricorso straordinario e riti speciali c.d. assoluti .......................... 475
4. L'altemativit del ricorso straordinario ........................... ...................... 477
4.1. L'altemativit riguarda anche i diritti soggettivi affidati alla
giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo? ........................... 478
4.2. Altemativit ed impugnazione del medesimo atto da parte
di uno o pi cointeressati ........................................................................ 479
4.3. Altemativit ed impugnazione di atti connessi ................................ 480
4.4. Altemativit e motivi di ricorso ....................................................... 482
4.5. Altemativit e giudizio di ottemperanza .......................................... 482
4.6. Aspetti procedurali ........................................................................... 482
XXII
Indice
5. La trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale .............. 483
6. Le garanzie procedurali nel ricorso straordinario ................................... 489
6.1. L'avvento della tutela cautelare (art. 3 della L. 205/2000) .............. 491
6.2. I rimedi in caso di ritardo nella definizione del ricorso
straordinario ............................................................................................ 492
7. I rimedi avverso la decisione del ricorso straordinario ........................... 493
8. Avvicinamento del ricorso straordinario alla tutela giurisdizio-
nale pura: il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia; la ri-
messione alla Corte costituzionale; l'esecuzione della decisione
con giudizio di ottemperanza. L'accelerazione impressa dall'art.
69 della L. 69/2009 e dall'art. 7 del D.Lgs. 104/2010 ............................ 495
8.1. La Corte di Giustizia consente la proposizione di questione
pregiudiziale ............................................................................................ 496
8.2. Il Legislatore del 2009 ammette la possibilit di sollevare
incidentalmente questione di legittimit costituzionale (art.
69 della L. 69/2009) ................................................................................ 496
8.3. Il problema dell'ammissibilit del giudizio di ottemperan-
za ai fini dell'esecuzione della decisione sul ricorso straordina-
rio: si impone la risposta affermativa dopo la L. 69/2009 ed il
D.Lgs. 104/2010 ..................................................................................... 497
PARTE II
FONTI, ENTI E ORGANIZZAZIONE
CAPITOLO 1
Le fonti secondarie
1. Premessa ............................................................... ....... .. .. .... .. .... .... 507
2. Criteri di identificazione delle norme secondarie; differenza
rispetto agli atti amministrativi generali ................................................. 508
2.1. L'importanza della distinzione sul piano della disciplina ................ 508
3. Criteri di differenziazione secondo l'elaborazione dottrinale e
giurisprudenziale ..................................................................................... 511
4. I regolamenti ........................................................................................... 513
4.1. Nozione ............................................................................................ 513
4.2. Fondamento della potest regolamentare ........................................ 514
4.3. Limiti al potere regolamentare ......................................................... 515
404. Classificazione dei regolamenti governativi .................................... 517
4.5. [Segue] regolamenti di delegificazione e testi unici misti ............... 521
Indice XXIII
4.5.1. La delegificazione di prima generazione: l'art. 17, cpv.
della L. 400/1988 .................................................................................... 522
4.5.2. L'allontanamento dal modello originario di de1egificazione
nel sistema delle Leggi Bassanini ........................................................... 523
4.5.3. Le nuove coordinate dettate dalla L. 229/2003 ............................. 524
4.504. Gli sviluppi del procedimento di razionalizzazione degli
atti regolamentari: dalla L. n. 246/2005 alle novit introdotte
dotte dalla L.69/2009 .............................................................. : ............... 525
4.6. Il nuovo riparto del potere regolamentare tra Stato e Re-
gioni alla luce della legge costituzionale n. 3/2001 ................................ 527
4.6.1. Potere regolamentare dello Stato e attuazione delle diret-
tive comunitarie in materia di competenza regionale ............................. 529
4.6.2. La traslazione del baricentro del potere regolamentare
alle Regioni ............................................................................................. 530
5. [Segue] la tutela giurisdizionale nei confronti dei regolamenti
illegittimi e dei bandi di gara .................................................................. 532
5.1. Il controllo di costituzionalit dei regolamenti ................................ 532
5.2. La tutela dinanzi al G.O.: la disapplicazione dei regola-
menti ex art. 5 L.A.C .............................................................................. 533
5.3. Il giudizio impugnatori o dinanzi al G.A.: i regolamenti-
volizione-azione ed i regolamenti-volizione-preliminare ....................... 534
5.3.1. Problemi processuali ..................................................................... 535
5.3.2. Verso la disapplicazione: l'orientamento tradizionale
contrario e la svolta della giurisprudenza amministrativa ...................... 537
504. Il sindacato sui bandi di gara e di concorso: disapplicazione
o impugnazione? ..................................................................................... 543
504.1. L'orientamento tradizionale esclude la disapplicazione
dei bandi e ne limita l'immediata impugnazione alle sole statui-
zioni espulsive ......................................................................................... 543
504.2. Le tesi eccentriche ........................................................................ 544
504.2.1. Non esistono clausole immediatamente lesive .......................... 544
504.2.2. L'orientamento favorevole alla disapplicazione del bando ............. 545
504.2.3. Tesi che dilata il novero delle clausole del bando ne-
cessitanti di immediata impugnazione .................................................... 546
504.3. Le decisioni dell'Adunanza Plenaria e della Corte di
Giustizia CE ............................................................................................ 548
50404. Profili processuali ......................................................................... 550
6. Gli statuti degli enti locali.. ..................................................................... 553
7. Le ordinanze di necessit ed urgenza ...................................................... 554
8. Le fonti secondarie dubbie ...................................................................... 559
8.1. I bandi militari ................................................................................. 559
XXIV Indice
8.2. I provvedimenti prezzo e tariffari .................................................... 559
8.3. Capitolati generali ............................................................................ 561
8.4. Piani regolatori generali ................................................................... 562
8.5. Carte dei servizi pubblici ........................ : ........................................ 563
9. Le norme interne ..................................................................................... 564
9 .1. Nozione e classificazione .......................... ". ...................................... 564
9.2. Le circolari: caratteri generali .......................................................... 565
9.2.1. Il regime d'impugnazione delle circolari ...................................... 568
lO. Le consuetudini ....................................................................................... 570
CAPITOLO 2
Gli enti pubblici: nozione e organizzazione
J'.
.\ SEZIONE I. Cos' LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE? UNA NOZIONE
A GEOMETRIE VARIABILI ............................................................................ 574
1. Principi costituzionali in tema di organizzazione della P.A.; il
pluralismo della pubblica amministrazione ............................................ 575
2. Il pluralismo della pubblica amministrazione ......................................... 576
3. L'importanza della qualificazione di un ente come ente pubblico .......... 577
4. I criteri classici elaborati per distinguere gli enti pubblici da quelli
privati ..................................................................................................... 580
5. I limiti alla "pubblicizzazione" legislativa ............................................. 582
6. Al confine tra il diritto privato ed il diritto pubblico: i c.d. enti
pubblici informa societaria ................................................................... 585
6.1. Le norme pubblicistiche applicabili agli enti pubblici societari ............ 586
6.2. Questioni connesse di giurisdizione (art. 7, comma 2, del
codice del processo amministrativo) ...................................................... 592
6.3. Conclusioni ..................................................................................... 593
7. Dallo status di ente pubblico alla logica delle geometrie variabili:
la nozione comunitaria di pubblica amministrazione ............................ 594
8. L'organismo di diritto pubblico ............................................................. 597
8.1. La personalit giuridica .................................................................. 598
8.2. L'influenza pubblica dominante ...................................................... 599
8.3. Il requisito teleologico .................................................................... 601
9. Le societ locali per la gestione dei servizi pubblici locali e il
C.d. affidamento in house ........................................................................ 605
9.1. Genesi e contorni della figura .......................................................... 607
9.2. Il requisito del controllo analogo ..................................................... 609
Indice
XXV
9.3. La dedizione prevalente dell'ente in house ai bisogni
dell'ente pubblico ................................................................................... 615
9.4. L'affidamento in house una regola o un'eccezione? .................... 618
9.4.1. Profili comunitari .......................................................................... 618
9.4.2. Profili nazionali ............................................................................. 620
9.4.3. L'opzione restrittiva abbracciata dall'art. 2, comma 27,
della L. 244/2007 (L. finanziaria per il 2008) e dall'art.23-bis,
D.L. 112/1998, convertito dalla L. 133/2008, come modificato
dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 e attuato con il d.P.R.
7 settembre 2010, n. 168 ......................................................................... 622
9.4.4. L'abrogazione referendaria dell'art. 23-bis d.l. 112/2008:
la nuova disciplina dei servizi pubblici locali (art. 4 d.l. 138/20 Il
convertito dalla legge n. 148/20 Il) conferma l'eccezionalit
del modello dell'in house ....................................................................... 622
9.5. Differenze ed analogie tra organismo di diritto pubblico
ed enti in house ....................................................................................... 627
9.6. Il C.d. in house spurio: Corte Giust., sez. III, 15 ottobre 2009,
ammette l'affidamento diretto alle societ miste se il socio privato
stato scelto con gara ............................................................................. 629
9.7. Il problema dello svolgimento di attivit extraterritoriali... ............. 636
SEZIONE II. CLASSIFICAZIONE E VICENDE DEGLI ENTI PUBBLICI.
.J
L'ESERCIZIO PRIVATO DI PUBBLICHE FUNZIONI ........................................... 639
1. Distinzioni tra enti pubblici .................................................................... 640
2. Gli enti pubblici nell' assetto pluralistico .................................... '" ......... 641
2.1. Lo Stato ............................................................................................ 641
2.2. Gli enti territoriali ..................... '" ........................................ '" ......... 642
2.3. Gli enti pubblici economici .............................................................. 643
3. Vicende degli enti pubblici ..................................................................... 644
3.1. Costituzione ..................................................................................... 644
3.2. Modificazione .................................................................................. 645
3.3. Estinzione degli enti ......................................................................... 646
3.3.1. Il meccanismo di soppressione degli enti pubblici: il C.d.
taglia-enti ................................................................................................ 646
4. L'esercizio privato di pubbliche funzioni ............................................... 648
4.1. Concetto e natura giuridica .............................................................. 648
4.2. Titolo dell'esercizio privato di pubbliche funzioni.. ........................ 649
4.3. Caratteri dell'esercizio di pubbliche funzioni... ............................... 650
4.4. Regime giuridico .............................................................................. 650
SEZIONE III. LA STRUTTURA DELLA P.A . .................................................. 651
XXVI Indice
1.
2.
3.
4.
5.
Organi e uffici ................................................................................. .... .. 651
1.1. Concetto di organo ........................................................................... 652
1.2. Concetto di ufficio ........................................................................... 653
1.3. Rapporto organico ..................................... _ ....................................... 654
1.4. Titolarit di organi ed uffici ............................................................. 655
Rapporto organico e rapporto di servizio .......... ', ..................................... 656
2.1. Generalit ......................................................................................... 656
2.2. Instaurazione del rapporto organico e di servizio ............................ 656
Classificazioni degli organi e degli uffici ............................................... 657
Il problema della prorogatio degli organi (1. 15 luglio 1994, n. 444) ............. 659
.. . . 660
RapportI Interorganici ............................................................................ .
5.1. Gerarchia .......................................................................................... 660
2 D
. 663
5.. IrezIone ......................................................................................... .
5.3. Coordinamento ................................................................................. 664
5.4. Controllo .......................................................................................... 664
SEZIONE IV. LA COMPETENZA ................................................................... 666
1. Concetto di competenza .......................................................................... 667
2. Tipi di competenza .................................................................................. 668
2.1. Competenza per materia .................................................................. 668
2.2. Competenza per territorio ................................................................ 668
2.3. Competenza per grado. In particolare: la gerarchia ......................... 669
2.4. Competenza per valore .................................................................... 669
3. Il trasferimento dell'esercizio della competenza in generale .................. 670
4. [Segue] la delega dei poteri. Nozione ed effetti.. .................................... 671
4.1. [Segue] natura, tipi e differenza da altre figure ............................... 672
4.2. [Segue] regime giuridico ................................................................. 673
5. Il difetto di competenza .......................................................................... 675
5.1. Le ipotesi di difetto di competenza: l'acompetenza ........................ 675
5.2. [Segue] incompetenza assoluta ........................................................ 675
5.3. [Segue] incompetenza relativa ......................................................... 676
5.4. [Segue] difetto di legittimazione ...................................................... 677
6. [Segue] il funzionario di fatto ................................................................. 677
6.1. Inquadramento generale ................................................................... 677
6.2. Mancanza del titolo .......................................................................... 678
6.3. Il vizio originario del titolo ............................................................. 680
6.4 .... e quello sopravvenuto: la c.d. prorogatio ..................................... 680
6.5. Fondamento e limiti di imputabilit alla P.A. degli atti del
funzionario di fatto .................................................................................. 683
6.5.1. Teoria della continuit dell'azione amministrativa e della
conservazione .......................................................................................... 684
Indice XXVII
6.5.2. Tesi che valorizza il principio dell' apparenti a juris ...................... 684
6.5.3. Rilievi critici alle suddette tesi ...................................................... 685
6.6. La sorte dei provvedimenti adottati dal funzionario di fatto .............. 686
6.6.1. Atto adottato in difetto ab initio dell'atto di nomina o
nonostante un titolo di legittimazione nullo o inefficace ........................ 686
6.6.2. Atto emanato da soggetto la cui nomina, pur se illegit-
tima, non sia stata ancora rimossa all'epoca del provvedimento ............... 688
6.6.3. [Segue] la patologia dell'atto in caso di annullamento
giurisdizionale dell'investitura o di difetto di investitura:
incompetenza, violazione di legge o acompetenza? ............................... 690
6.6.4. [Segue] riflessi sul problema della doppia impugnativa
dell'atto di nomina e dell'atto concretamente lesivo .............................. 691
6.6.5. Conclusioni sul problema dell'impugnazione della nomina
a seguito dell'adozione del provvedimento concretamente lesivo .............. 692
6.7. Funzionario di fatto e organi collegiali ............................................ 693
6.8. Le pretese economiche del funzionario di fatto ............................... 694
6.9. Ammissibilit di una gestione di affari ex art. 2028 c.c ................... 695
7. I conflitti di competenza ......................................................................... 696
CAPITOLO 3
Il rapporto di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni
1. Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche ammini-
strazioni: caratteri generali ...................................................................... 699
2. L'evoluzione normativa della disciplina: dal pubblico impiego
al rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. secondo la riforma
Brunetta (legge delega n. 15/2009 e D.Lgs. 150/2009) .......................... 701
3. L'ambito soggettivo di operativit della riforma: i rapporti sot-
tratti alla privatizzazione e il riparto di competenza tra Stato e
Regioni .................................................................................................... 707
4. I corollari sostanziali della privatizzazione: il nuovo sistema
delle fonti ................................................................................................ 712
4.1. L'estensione della disciplina del lavoro privato ............................... 712
4.2. La contrattualizzazione e il fenomeno della rilegificazione
avviato dalla L. 15/2009. La riscrittura dell'art. 2 e dell'art.
40 D.Lgs. 165/2001 ................................................................................ 713
5. [Segue] gli atti di micro-organizzazione e di gestione tra natura
privatistica e funzione amministrativa .................................................... 719
5.1. Gli atti di macro-organizzazione ...................................................... 719
XXVIII
Indice
5.2. Gli atti di micro-organizzazione e di gestione del rapporto
di lavoro pubblico .......................................................... .... .... .... .... .. 720
6. La dirigenza pubblica dopo la riforma Brunetta ..................................... 723
6.1. Evoluzione storica .................................... ....................................... 723
6.2. Distinzione politica/amministrazione e riforn;m della dirigenza ............. 724
6.3. Gli strumenti di collegamento tra organi di governo e organi
burocratici di vertice ............................................................................... 730
6.4. Lo spoil system ................................................................................ 731
6.5. La scelta dei dirigenti in sede di conferimento degli inca-
richi dirigenziali. Le novit della riforma Brunetta in tema di re-
voca e mancata conferma degli incarichi ................................................ 735
7. La promozione della meritocrazia nella P.A. .......................................... 737
7.1. La "rivoluzione Brunetta" ................................................................ 737
7.2. Gli strumenti premiali ...................................................................... 739
7.3. Gli strumenti sanzionatori ................................................................ 740
7.4. Gli ulteriori interventi normativi (decreto legge 13 agosto
2011, n. 138, convertito dalla legge5luglio 2011, n. 111) ...................... 744
8. I corollari processuali della privatizzazione: l'art. 63 D.Lgs.
165/2001 e il nuovo riparto di giurisdizione ........................................... 744
8.1. Cenni storici .................................................................................... 744
8.2. La privatizzazione del rapporto conduce alla giurisdizione
del giudice ordinario ............................................................................... 746
9. [Segue] le controversie che restano assoggettate alla giurisdi-
zione amministrativa ................................................................ .............. 750
9.1. I rapporti non privatizzati ................................................................ 750
9.2. Le controversie relative ai rapporti privatizzati ex art. 63,
comma 4, T.V. 165/2001 ........................................................................ 751
lO. Alcune zone grigie ................................................................................. 752
10.1. Le controversie concernenti l'assunzione al lavoro e le
controversie in materia di concorsi esterni ed interni ............................. 752
10.2. Le controversie relative al conferimento e alla revoca
degli incarichi dirigenziali: la natura giuridica dell'atto di con-
ferimento dell'incarico .......................................................... .... .. ......... 758
10.3. La giurisdizione in materia di incarichi dirigenziali una
giurisdizione esclusiva? .......................................................................... 760
11. Caratteri e ambito della giurisdizione del G.O ........................................ 762
11.1. I confini tra richiesta di disapplicazione al G.O. ed im-
pugnazione innanzi al G.A. dell'atto di macro-organizzazione .............. 762
Il.2. I poteri del G.O .............................................................................. 767
Il.3. ammissibile il giudizio di ottemperanza per le pronunce
del G.O.? ................................................................................................. 769
Indice XXIX
12. L'interpretazione dei contratti collettivi .................................................. 770
13. Inammissibilit del ricorso straordinario nel pubblico impiego
.. (" )
pnvatlzzato nnvio ................................................................................ 772 j
CAPITOLO 4
Le autorit amministrative indipendenti
1. L'evoluzione della P.A. da un modello piramidale ad un modello
policentrico ............................................................................................. 773
1.1. Le ragioni dell'avvento delle autorit indipendenti ......................... 777
2. Le autorit amministrative indipendenti nell'attuale assetto am-
ministrativo ............................................................................................. 781
3. Peculiarit delle autorit indipendenti .................................................... 788
3.1 .... sul piano oggettivo ...................................................................... 788
3.1.1. Distinzioni relative al tipo di attivit: autorit di settore
o trasversali, di regolazione o di controllo .............................................. 792
3.2 .... e sul piano soggettivo ................................................................. 793
4. Amministrazioni o quarto potere: esiste una copertura co-
stituzionale? La giurisprudenza opta per la tesi ammini-
strativa .................................................................................................... 800
4.1. Presupposti e limiti ai quali subordinato il giudizio di
compatibilit costituzionale .................................................................... 808
4.2. Autorit statali indipendenti e nuove competenze regionali
in base al nuovo titolo V della parte II della Costituzione ...................... 810
5. Procedimento e accesso .......................................................................... 812
6. La tutela giustiziale ................................................................................. 813
7. La tutela giurisdizionale .......................................................................... 815
7.1. Resta ferma la necessit della tutela giurisdizionale ....................... 816
7.1.1. La soluzione adottata dall'art. 33 del D.Lgs. 80/1998,
come modo dall'art. 7 L. 205/2000 .......................................................... 818
7.1.2. Il nuovo assetto del riparto dopo le sentenze 204/2004,
191/2006 e 140/2007 della Consulta ..................................................... 819
7.1.3. Le novit introdotte dal codice del processo ammini-
strativo .................................................................................................... 819
7.2. Il sindacato giurisdizionale .............................................................. 821
7.3. Il rito ................................................................................................ 821
8. La responsabilit civile delle autorit per omessa vigilanza ................... 823
xxx
Indice
CAPITOLO 5
r Principio di sussidiariet e autonomie territoriali
l. Gli enti pubblici territoriali ............................ : ......................... .............. 829
2. L'assetto dei rapporti fra gli enti territoriali della Costituzione .............. 831
2.1. Il titolo V della parte II nella Costituzione del 1948 ........................ 831
2.2. L'assetto dei rapporti nella legge costituzionale n. 3 deI2001 ............. 833
2.3. La nuova formulazione dell'art. 118 Cost. ...................................... 835
2.3.1. La sussidiariet verticale ..................................... ................. 835
2.3.2. La sussidiariet orizzontale ...................................... ................ 840
3. Le Regioni ............................................................................................... 842
3.1. La potest legislativa ....................................................................... 843
3.2. L'autonomia amministrativa delle Regioni ...................................... 846
3.2.1. Il coordinamento fra Stato e Regioni ............................................ 851
3.2.2. Finanza regionale. L'attuazione del federalismo fiscale
con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42. Il federalismo dema-
niale di cui al D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85: rinvio ............................. 853
3.2.3. Il controllo sulle Regioni .............................................................. 857
3.2.4. Il potere sostitutivo del Governo .................................................. 860
3.3. L'organizzazione regionale ............................. : ................................ 861
4. Gli enti locali .......................................................................................... 863
4.1. Le autonomie locali nella Costituzione ........................................... 863
4.2. La riforma della legge 8 giugno 1990, n. 142, e il Testo unico
delle leggi sull' ordinamento delle autonomie locali ............................... 865
4.3. L'autonomia degli enti locali ........................................................... 866
4.4. Le funzioni degli enti locali ............................................................. 867
4.4.1. Le funzioni del Comune ............................................................... 867
4.4.2. Le funzioni della Provincia ........................................ ............. 872
4.4.3. L'organizzazione dei Comuni e delle Province ............................ 873
4.4.4. Le fusioni, le istituzioni e le modificazioni territoriali dei
Comuni .................................................................................................... 878
4.4.5. Gli istituti della partecipazione popolare ...................................... 880
4.4.6. Finanza provinciale e comunale ................................................... 882
4.4.7. Il sistema dei controlli sugli enti locali ...................................... 88:,.1
CAPITOLO 6
I beni pubblici
1. N ozione, classificazione e regime giuridico dei beni pubblici:
profili generali ......................................................................................... 895
Indice XXXI
2. I beni demaniali ...................................................................................... 898
2.1. Acquisto e perdita della demanialit ................................................ 899
2.2. Il regime giuridico dei beni demaniali ............................................. 900
2.3. Una particolare categoria di beni demaniali: i beni culturali
e paesaggistici ......................................................................................... 901
3. I beni patrimoniali indisponibili ............................................................. 903
3.1. L'acquisto e la perdita dell'indisponibilit ....................................... 903
3.1.1. Il denaro tra patrimonio indisponibile e disponibile ..................... 905
3.2. Il regime giuridico dei beni indisponibili ........................................ 906
3.3. Differenze rispetto ai beni disponibili .............................................. 906
4. L'espropriabilit dei beni pubblici demaniali e patrimoniali in-
disponibili per pubblica utilit ................................................................ 907
5. La tutela dei beni pubblici: in particolare l'autotutela c.d. esecutiva .............. 908
5.1. La portata dell'art. 823, comma 2, c.c ............................................. 908
5.2. Il rilievo del decorso del tempo nell'autotutela possessoria ............ 910
5.3. Il rapporto tra l'autotutela possessoria e l'azione di accer-
tamento della propriet ........................................................................... 911
6. Il regime dei beni pubblici affidati in concessione ................................. 912
6.1. Lo strumento concessorio: profili generali ...................................... 912
6.2. La giurisdizione esclusiva del G.A. sulle concessioni di
beni pubblici ai sensi dell'art. 133, comma 1, letto b), del codice
del processo amministrativo .................................................................. 915
6.3. [Segue] le questioni patrimoniali eccettuate dalla giurisdi-
zione esclusiva ........................................................................................ 917
7. I diritti reali pubblici su beni altrui ......................................................... 919
7.1. Generalit ......................................................................................... 919
7.2. Le servit prediali pubbliche ........................................................... 919
7.3. Diritti (o servit) d'uso pubblico: strade vicinali e usi civici ............. 922
8. Il processo di valorizzazione e cessione del patrimonio immo-
biliare pubblico: dal D.L. 351 del 2001 al federalismo demaniale
coniato dal D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 .............................................. 925
CAPITOLO 7
L'espropriazione per pubblica utilit
1. Introduzione: l'espropriazione per pubblica utilit tra normativa
nazionale e convenzioni internazionali .................................................... 935
2. Dai fondamenti alle principali fonti dell'espropriazione pubblica ............. 940
2.1. Caratteri generali ............................................................................. 940
XXXII
Indice
2.2. I fondamenti costituzionali dell'espropriazione per pubblica
utilit ....................................................................................................... 941
2.3. Occupazione preliminare all'esproprio e requisizione: dif-
ferenze ..................................................................................................... 946
2.4. Le principali fonti dell'espropriazione per pubblica utilit
confluite nel Testo Unico con D.P.R. 8 giugno'2001, n. 327 .................. 947
3. L'attuazione degli strumenti urbanistici attraverso l'attivit
espropriativa ............................................................................................ 950
3.1. I piani urbanistici e lo statuto conformativo della propriet
privata ..................................................................................................... 951
3.2. Zonizzazione e localizzazione delle opere: vincoli confor-
mativi ed espropriativi. L'espropriazione di valore ................................ 952
3.3. Il piano particolareggiato e le procedure attuative ........................... 959
4. Il procedimento di esproprio ................................................................... 960
4.1. I principi generali del procedimento d'esproprio nel Testo
Unico n. 327/2001 ................................................................................... 962
4.2. L'oggetto e i soggetti del procedimento d'esproprio ....................... 965
4.3. L'indennizzo come serio ristoro del sacrificio imposto al
privato ..................................................................................................... 968
4.4. La determinazione dell'indennit di esproprio ................................ 969
4.4.1. Il procedimento di determinazione dell'indennit ........................ 970
4.4.2. I criteri di fissazione dell'indennit .............................................. 974
4.4.2.1. Evoluzione storica .......................................... .......................... 974
4.4.2.2. Le opzioni abbracciate dal Testo Unico .................................... 975
4.4.2.3. La rivoluzione posta in essere per le aree edificabili
dalla sentenza Corte Cost. n. 348/2007 e dalla L. 244/2007 .................. 979
4.4.2.4. La rivoluzione posta in essere, per le aree non edifica-
bili, dalla sentenza Corte Cost. lO giugno 2011, n. 181 ........................ 985
4.5. La cessione volontaria ..................................................................... 988
5. L'occupazione legittima e l'occupazione appropriativa ......................... 993
5.1. Premessa: l'occupazione nel procedimento d'esproprio ................. 993
5.2. L'occupazione appropriativa (o accessione invertita): origini,
evoluzione e profili critici ............................................ ......................... 996
5.2.1. Nascita e ragioni dell'istituto ........................................................ 996
5.2.2. Il dibattito sull'accessione invertita .................................... 1000
5.2.3.(segue) Il problema della compatibilit dell'occupazione
appropriativa con la Convenzione europea per la salvaguardia
dei Diritti dell'Uomo ............................................................................ 1001
5.2.4. La tutela del proprietario in caso di occupazione appro-
priativa .................................................................................................. 1003
5.2.4.1. La nuova disciplina del risarcimento del danno da occupa-
zione appropriativa dopo Corte Cost. 349/2007 e la L. 244/2007 ............ 1004
Indice XXXIII
5.3. L'occupazione usurpativa .............................................................. 1008
5.4. La c.d. "acquisizione sanante" ...................................................... 1010
5.4.1. L'acquisizione sanante ex art. 43 T.U ......................................... 1011
5.4.2. La Corte Costituzionale dichiara l'incostituzionalit dell'art.
43 T.U .................................................................................................. 1014
5.4.3. Effetti della dichiarazione di incostituzionalit dell'acqui-
sizione sanante: tesi interpretative a confronto ..................................... 1016
5.4.3.1. Acquisizione sanante e giudizi pendenti.. ................................ 1016
5.4.3.2. Quid iuris in caso di occupazioni sine titulo? .......................... 1017
5.4.4 .. L'art. 34 del d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, conv., in L. 15
luglio 2011, n. 111, inserisce l'art. 42-bis nel corpo T.U. espr:
l"'utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse
pubblico" ..................................... : ......................................................... 1022
6. La tutela giurisdizionale in materia espropriativa ................................. 1029
6.1. La giurisdizione amministrativa .................................................... 1029
6.2. La giurisdizione ordinaria .............................................................. 1029
PARTE III
L'ATTIVIT AMMINISTRATIVA
ICAPITOLO 1
I principi generali del!' azione amministrativa
1. L'attivit amministrativa ....................................................................... 1035
1.1. Rapporti con il potere politico: la controversa nozione di
atto politico (art. 7, comma 1, ultimo periodo, del codice del
processo amministrativo) ...................................................................... 1036
1.2. Attivit amministrativa ed atti di diritto privato della P.A. ........... 1042
2. Classificazioni dell' attivit amministrativa .......................................... 1044
2.1. Attivit discrezionale e attivit vincolata ....................................... 1045
3. I principi costituzionali dell'attivit amministrativa ............................. 1045
3.1. Il principio di legalit ..................................................................... 1046
3.2. Il principio di imparzialit ............................................................. 1048
3.3. Il principio di buona amministrazione ................................. : ......... 1051
3.4. Il principio di ragionevolezza ........................................................ 1053
3.5. I principi di pubblicit e di trasparenza ......................................... 1054
3.6. Il principio della capacit negoziale della pubblica ammi-
nistrazione ............................................................................................. 1056
4. I principi dell'ordinamento comunitario ............................................... 1057
J
XXXIV Indice
4.1. Il richiamo ai principi comunitari nella L. 15/2005 ....................... 1058
4.2. Il principio di proporzionalit.. ...................................................... 1059
4.3. Il principio di tutela del legittimo affidamento .............................. 1062
4.3.1. Alcune questioni applicative ................ ...................................... 1066
4.3.2. L'evoluzione del principio dell'affidamento nella giuri-
sprudenza della Corte di Giustizia .................. , ..................................... 1067
~ ) ,
CAPITOLO 2
r L'accesso ai documenti amministrativi
SEZIONE I. PROFILI GENERALI ............................................................... 1069
1. Il diritto di accesso come principio generale dell' azione am-
ministrativa dopo la legge 18 giugno 2009, n. 69 ................................. 1069
2. La natura giuridica del "diritto" di accesso dopo il codice del
processo amministrativo (art. 133, comma 1, lett. a, n. 6) .................... 1071
3. La titolarit del diritto di accesso .......................................................... 1075
3 .1. [Segue] interessi diffusi e diritto di accesso .................................. 1079
3.2. [Segue] la legittimazione passiva .................................................. 1081
4. Il documento accessibile ....................................................................... 1082
4.1. [Segue] in particolare: l'accesso agli atti preparatori .................... 1083
4.2 .... e agli atti interni .......................................................................... 1083
5. L'accesso alle informazioni .................................................................. 1085
5.1. [Segue] l'accesso nell'ordinamento degli enti locali ..................... 1085
5.2. L'accesso in materia ambientale .................................................... 1085
5.3. L'accesso dei consiglieri comunali e provinciali di cui
all'art. 43 D.Lgs. 267/00 ....................................................................... 1089
5.4. L'accesso in materia di contratti pubblici ...................................... 1092
6. I limiti al diritto di accesso ................................................................... 1093
6.1. I documenti connessi ai documenti segreti .................................... 1094
6.2. Gli altri casi di atti sottratti all'accesso individuati dalle
pubbliche amministrazioni o dai regolamenti governativi ................... 1095
7. Le modalit di accesso .......................................................................... 1096
8. Il differimento dell'accesso ................................................................... 1097
SEZIONE II. ACCESSO ALL' ATTIVIT DI DIRITTO PRIVATO DELLA
P.A. E DEI GESTORI DI SERVIZI PUBBLICI ................................................. 1098
1. L'orientamento giurisprudenziale contrario .......................................... 1099
2. L'orientamento favorevole .................................................................... 1099
3. L'indirizzo giurisprudenziale intermedio .............................................. 1100
Indice XXXV
4. L'approccio "sostanziale" ..................................................................... 1100
5. L'intervento dell'Adunanza Plenaria (decisioni nn. 4 e 5/1999)
conferma la piena accessibilit dei documenti amministrativi
degli enti pubblici ................................................................................ 1101
6. . .. e detta il decalogo dell'accesso agli atti dei soggetti privati
gestori di pubblici servizi: il problema della c.d. attivit residuale ........... 1101
7. Le novit dopo la L. 15/2005 ................................................................ 11 05
8. Accesso ad atti di soggetti privati ed ottemperanza .............................. 11 06
SEZIONE III. I RAPPORTI TRA RISERVATEZZA ED ACCESSO ....................... 11 07
1. La riservatezza come mero limite alla trasparenza nella L.
241/1990 ............................................................................................... 1108
2. I rapporti tra accesso e riservatezza nella fase antecedente al
varo della L. 675/1996 .......................................................................... 11 08
3. L'emanazione della L. 675/1996 sui dati personali .............................. 11 09
4. L'accesso ai dati sensibili nel D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 135 .............. 1111
5. Il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e il nuovo comma 7 dell'art.
24 della L. 241 chiariscono i dubbi sull' accesso ai dati sensibili.
Ulteriori tessere sono state apposte al mosaico dal codice privacy
e dalla L. 15/2005 .................................................................................. 1112
5.1. Il codice della privacy ..................................................................... 1112
5.2. La L. 15/2005 .................................................................................. 1113
6. La tutela procedimentale e processuale della riservatezza .................... 1115
6.1. Tutela in sede procedimentale ......................................................... 1116
6.2. Tutela processuale ........................................................................... 1117
SEZIONE IV. LA TUTELA IN SEDE GIURISDIZIONALE ALLA LUCE DEL
CODICE DEL PROCESSO ............................................................................. 1118
1. Profili generali ....................................................................................... 1118
2. Il rito speciale in materia di accesso (art. 116 del codice del pro-
cesso amministrativo) ............................................................................ 1119
3. Ricorso in pendenza di giudizio ............................................................ 1122
4. Il nuovo regime della difesa nel rito dell'accesso ................................. 1125
5. Le questioni rimaste irrisolte anche dopo l'emanazione del
codice del processo ............................................................................... 1126
6. Tutela giustiziale innanzi alla Commissione per l'accesso o al
difensore civico ..................................................................................... 1127
..,1
XXXVI Indice
CAPITOLO 3
Potere amministrativo e discrezionalit
1. Potere amministrativo, principio di legalit e, discrezionalit ............... 1131
2. , ~ La discrezionalit amministrativa ......................................................... 1133
~ 2.1. L'importanza della considerazione dei c.d: interessi secon-
dari alla luce della L. 241/1990 ............................................................ 1135
"'. 2.2. I rapporti con il merito amministrativo .......................................... 1137
, 2.3. Discrezionalit, procedimento e motivazione ................................ 1138
" 2.4. Autotutela e discrezionalit (rinvio) .............................................. 1139
2.5. Sindacato giurisdizionale sulla discrezionalit.. ............................ 1140
2.5.1. Potere discrezionale e riparto di giurisdizione ............................ 1140
" 2.5.2. L'eccesso di potere come grimaldello per il sindacato sul-
la discrezionalit amministrativa (rinvio) ............................................. 1141
, 2.5.3. Il sindacato sulla discrezionalit dopo le leggi nn. 15 e
80/2005 ed il codice del processo amministrativo. Il giudice am-
ministrativo pu conoscere della fondatezza della pretesa anche
in caso di attivit discrezionale? ........................................................... 1143
2.5.4. Giudicato e potere discrezionale ................................................. 1144
2.5.5. Risarcimento e discrezionalit (rinvio) ....................................... 1145
3. Discrezionalit tecnica .......................................................................... 1145
3.1. La tesi tradizionale volta ad assimilare discrezionalit tecnica
ed amministrativa .................................................................................. 1147
3.1.1. Riflessi dell' impostazione classica sulla sindacabilit delle
valutazioni tecniche ............................................................................. 1148
3.1.2 .... e sul riparto di giurisdizione ................................................... 1149
3.2. La nuova concezione della discrezionalit tecnica: trattasi di
accertamento di fatti complessi suscettibile di sindacato intrinseco .......... 1152
3.2.1. ... ma non di sindacato sostitutivo pieno ...................................... 1156
3.2.2. Forme ed effetti della sostituzione giudiziale nella ripe-
tizione della valutazione ....................................................................... 1157
3.2.3. Il sindacato sulla discrezionalit tecnica dopo le Leggi
nn. 15 e 80/2005 ed il codice del processo amministrativo .................. 1159
3.2.4. Discrezionalit tecnica e risarcimento (rinvio) ........................... 1161
3.2.5. Discrezionalit tecnica e riparto di giurisdizione ....................... 1161
3.2.6. Profili di diritto comunitario e comparato .................................. 1162
CAPITOLO 4
T" Il silenzio amministrativo
1. Il tempo dell' azione amministrativa ..................................................... 1166
Indice XXXVII
2. L'inerzia della P.A. dopo la L. 80/2005 ................................................ 1167
2.1 .... dopo la legge 18 giugno 2009 n. 69, seguita dal codice
del processo amministrativo ................................................................ 1168
2.2 .... ed a seguito degli interventi normativi pi recenti ................... 1170
3. Il silenzio-rifiuto ................................................................................... 1172
3.1. Silenzio rifiuto e obbligo di provvedere ........................................ 1173
3.1.1. Il silenzio rifiuto postula la sopravvivenza del potere
amministrativo alla scadenza del termine procedimentale (Cons.
Stato, Ad. Plen., decisione 29 luglio 2011, n. 15) ................................. 1174
3.2. La tutela contro il silenzio-rifiuto della P.A.: osservazioni
generali .................................................................................................. 1175
3.3. Il procedimento di formazione del silenzio-rifiuto: il pro-
blema della necessit della diffida e del termine per ricorrere av-
verso il silenzio prima della riscrittura dell'art. 2 L. 241/1990
ad opera della L. 80/2005 ..................................................................... 1177
3.4. Le novit introdotte dalla L. 80/2005 e confermate dalla
L. 69/2009 e dal codice del processo amministrativo: la diffida
non pi necessaria e si introduce un termine decadenziale an-
nuale che non preclude la proposizione di una nuova istanza .............. 1179
3.5. L'oggetto del sindacato giurisdizionale nel ricorso contro
il silenzio-rifiuto: l'evoluzione dottrinale e giurisprudenziale
fino alla L. 80/2005 (rinvio) ................................................................. 1182
3.6. Ricorso contro il silenzio-rifiuto e riparto di giurisdizione ........... 1183
3.7. Diniego espresso sopravvenuto nel corso del giudizio con-
tro il silenzio-rifiuto: la soluzione accolta dal codice del pro-
cesso amministrativo ............................................................................. 1184
3.8. Il danno da ritardo nell'art. 2-bis della L. 241/1990 e negli
artt. 30, comma 4 e 133, comma 1, lett. a), n. 1 del codice del
processo amministrativo ....................................................................... 1185
3.8.1. Il tempo come bene della vita ..................................................... 1186
3.8.2. La giurisdizione ......................................................................... 1191
3.8.3. Rito del silenzio e azione risarcitoria ......................................... 1194
4. Il silenzio-assenso dopo la L. 80/2005 .................................................. 1194
4.1. I poteri che residuano alla P.A. dopo la formazione del
silenzio-assenso .................................................................................... 1202
4.2. I poteri di autotutela dopo la formazione del silenzio ................... 1202
4.3. Le novit di cui alla L. 69/2009 ..................................................... 1204
5. Il silenzio-diniego ................................................................................. 1205
6. Il silenzio-rigetto (rinvio) ...................................................................... 1207
7. Il silenzio facoltativo e devolutivo ........................................................ 1208
8. Dalla denuncia in luogo di autorizzazione alla segnalazione
certificata di inizio attivit: introduzione .............................................. 1209
XXXVIII Indice Indice XXXIX
8.1. Caratteri generali dell'art. 19 L. 241/90 ........................................ 1210 3.1. [Segue] la soluzione di cui all'art. 29 della L. 241 a seguito
8.2. L'originaria versione dell'art. 19 L. 241/1990 e la sua prima delle modifiche apportate dalla L. 15/2005 e della L. 69/2009 ............ 1248
riscrittura ad opera dell'art. 2, co. 11, L. 537/1993 ............................... 1210
8.3. La riformulazione dell'art. 19 ad opera della L. 80/2005 .............. 1212
4. Successione di leggi e procedimento ................................................... 1250
8.3.1. ... della L. 69/2009 e del D.Lgs. 59/2010 ................................ 1214
8.3.2 .... fino all'introduzione della s.c.i.a. con il D.L. 78/2010 .......... 1214
8.4. Il campo di operativit della s.c.i.a.: vi rientrano anche le
autorizzazioni espressioni di discrezionalit tecnica? ......................... 1216
SEZIONE II. IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO .................................. 1251
1. La figura del responsabile del procedimento ........................................ 1251
2. L'individuazione del responsabile del procedimento ............................ 1253
8.5. Le eccezioni previste al campo di applicazione della nuova 3. I compiti del responsabile del procedimento. Il rapporto con
s.c.i.a. In particolare: gli atti imposti dal diritto comunitario ............... 1218 il dirigente dell'unit organizzativa ...................................................... 1256
8.5.1. E gli ambiti di applicazione di maggiore interesse: l'av-
vio di attivit in materia di servizi nel mercato interno (D.Lgs.
4. Profili di responsabilit ......................................................................... 1260
59/2010), la C.d. "impresa in un giorno" (art. 38, D.L. 25 giugno
2008 n. 112, conv. in L. 6 agosto 2008 n. 133 ed il D.P.R. 160/
Sezione III. La partecipazione al procedimento ammini-
strativo ................................................................................................. 1263
2010) .................................................................................................... 1218
8.5.2 .... e l'operativit della s.c.i.a. in campo edilizio ........................ 1221
8.6. La natura della segnalazione certificata di inizio attivit
(Adunanza Plenaria, decisione 29 luglio 2011, n. 15) .......................... 1222
1. Introduzione .......................................................................................... 1264
2. La partecipazione nella L. 241/90 ......................................................... 1264
3. La comunicazione di avvio del procedimento ...................................... 1266
8.7. I poteri della P.A. dopo la presentazione della s.c.i.a.: potere 4. Contenuti della comunicazione di avvio del procedimento .................. 1267
inibitorio, potere sanzionatorio e potere di autotutela .......................... 1230
8.8. La tutela del terzo leso dall'attivit denunciata ............................. 1231
8.8.1. La soluzione prospettata dall' Adunanza Plenaria del Con-
siglio di Stato (decisione 29 luglio 2011, n. 15): il terzo pu
spiccare azione di impugnazione ed accertamento nei confronti
del provvedimento implicito della P.A. ................................................ 1232
8.8.2. L'opposta scelta del Legislatore: il nuovo comma 6-ter
dell'art. 19 L. 241/90 ............................................................................ 1236
5. Le eccezioni all'obbligo di comunicazione .......................................... 1268
5.1. Le cause di esclusione individuate dalla legge .............................. 1269
5.2. Eccezioni all'obbligo di comunicazione individuate dalla
giurisprudenza ....................................................................................... 1271
6. Gli interventori eventuali. Partecipazione al procedimento dei
portatori di interessi diffusi e legittimazione processuale ..................... 1273
7. Le forme della partecipazione ............................................................... 1275
8.9. La nuova giurisdizione esclusiva in materia di s.c.i.a. (art.
133, comma 1, letto a, n. 3, del codice del processo amministra-
8. Il preavviso di provvedimento negativo (art. IO-bis L. 241/1990) ........... 1276
8.1. Presupposti ........................................................................... : ......... 1277
tivo ) ..................................................................................................... 1239
8.2. I termini del preavviso e la sua collocazione all'interno del
,.J,
procedimento ........................................................................................ 1279
CAPITOLO 5
; Il procedimento amministrativo
8.3. Effetti del preavviso: l'interruzione del termine procedi-
mentale .................................................................................................. 1281
8.4. [Segue] effetti ulteriori del preavviso e contenuto dell'in-
tervento ................................................................................................. 1281
SEZIONE I. PROFILI GENERALI ............................................................... 1241
8.5. I rapporti con l'art. 21-octies, comma 2, L. 241/1990 ................... 1283
1. Il procedimento amministrativo nella L. 241/1990 e successive
modificazioni: nozione e struttura ........................................................ 1241
9. La dequotazione della partecipazione procedimentale per ef-
fetto dell' art. 21-octies .......................................................................... 1284
2. Il procedimento amministrativo nella L. 241/1990 e successive
modificazioni: i principi.. ...................................................................... 1244 SEZIONE IV. LA CONFERENZA DI SERVIZI DOPO LA L. 122 DEL 2010
3. Il procedimento amministrativo dopo la riforma del Titolo V
DI CONVERSIONE DEL D.L. 78/2010 ........................................................ 1284
della parte II della Costituzione ............................................................ 1247 1. La semplificazione del procedimento amministrativo .......................... 1284
XL Indice
2. Natura giuridica .................................................................................... 1285
3. Le figure di conferenza di servizi previste dall' art. 14 della L. 241 ........... 1287
3.1. La conferenza di servizi istruttoria ................................................ 1287
3.2. La conferenza di servizi decisoria ................................................. 1288
3.3. Conferenza di servizi preliminare ......... : ........................................ 1290
4. Il procedimento. della conferenza di servizi .. : ....................................... 1291
4.1. Organizzazione e funzionamento (art. 14-ter, L. 241/1990) ......... 1291
4.2. Provvedimento finale (art. 14-quater L. 241/1990) ....................... 1294
4.3. Effetti del dissenso espresso in conferenza .................................... 1296
5. Lo Sportello unico per le attivit produttive: dal D.P.R. 20 ot-
tobre 1998, n. 447 al D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 ed al suc-
cessivo regolamento di attuazione ....................................................... 1299
CAPITOLO 6
Il provvedimento amministrativo
SEZIONE I. IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO. CARATTERI GENE-
RALI. ....................................................................................................... 1305
l. L'atto amministrativo. Differenza tra atto e provvedimento am-
ministrativo ........................................................................................... 1305
1.1. Tipi di atto amministrativo non provvedimentale .......................... 1308
1.1.1. Atti consistenti in manifestazioni di volont ............................... 1309
1.1.2. Atti di conoscenza ....................................................................... 1310
1.1.3. Atti di giudizio ............................................................................ 1312
1.104. Atti endoprocedimentali .............................................................. 1313
2 .. Tipi di provvedimento amministrativo ................................................. 1313
2.1. I provvedimenti autorizzatori ......................................................... 1315
2.2. I provvedimenti concessori.. .......................................................... 1317
. 2.3. I provvedimenti ablatori ................................................................. 1321
i 204. I provvedimenti di secondo grado ................................................. 1327
3. I caratteri del provvedimento amministrativo ....................................... 1328
3.1. L'autoritariet e l'imperativit ....................................................... 1328
3.1.1. Le singole ipotesi applicative dell'esecutoriet .......................... 1331
3.2. L'esecutivit ................................................................................... 1332
3.3. L'inoppugnabilit ........................................................................... 1334
304. Caratteri ulteriori: tipicit e nominativit ...................................... 1334
4. Gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo .................. 1335
5. Gli elementi accidentali ........................................................................ 1341
6. I requisiti del provvedimento amministrativo ....................................... 1342
Indice XLI
6.1. I requisiti di legittimit .................................................................. 1342
6.2. I requisiti di efficacia ..................................................................... 1342
6.2.1. L'efficacia del provvedimento amministrativo ........................... 1343
6.2.2. La sospensione dell'efficacia del provvedimento ammi-
nistrativo ed i suoi presupposti ............................................................. 1344
7. L'interpretazione del provvedimento amministrativo ........................... 1346
8. Le leggi-provvedimento ........................................................................ 1347
SEZIONE II. LA MOTIVAZIONE DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO .......... 1352
1. Il ruolo della motivazione nel legame tra provvedimento e
procedimento amministrativo ............................................................... 1352
2. La motivazione prima dell'avvento della legge 7 agosto 1990,
n. 241: tentativi di ricostruire in via interpretativa un obbligo
di motivazione ....................................................................................... 1353
3. La motivazione dopo la legge 7 agosto 1990, n. 241: casistica
applicativa; deroghe espresse ed implicite ............................................ 1355
4. Struttura della motivazione. Motivazione per relationem. Rifles-
si sulla tipologia dei vizi ....................................................................... 1367
5. La riforma della motivazione nella L. 15/2005 .................................... 1372
6. Motivazione e processo amministrativo. Questioni controverse .............. 1374
6.1. Rilevanza della conoscenza della motivazione ai fini del
decorso del termine per l'impugnazione .............................................. 1374
6.2. L'integrazione in giudizio della motivazione ................................. 1376
6.3. Giudicato di annullamento e riesercizio del potere ....................... 1381
CAPITOLO 7
L'inyalidit del provvedimento amministrativo
l. Osservazioni generali sull'invalidit .................................................... 1383
2. L'inesistenza dell'atto amministrativo .................................................. 1386
2.1. Nozione di inesistenza e distinzione dalla nullit .......................... 1386
2.2. I casi di inesistenza ........................................................................ 1388
2.3. Regime dell'atto inesistente ........................................................... 1391
3. La nullit del provvedimento amministrativo ....................................... 1392
3.1. La dottrina e la giurisprudenza anteriori alla riforma .................... 13 92
3.1.1. La carenza di potere nell' elaborazione anteriore all'art.
21-septies della L. 241/1990 ................................................................. 1395
3.2. L'articolo 21-septies della L. 241/1990 ......................................... 1399
3 2 1 L 11'1' d' l . . l' . . . a nu 1 a per mancanza 1 e ementl essenZla 1 .......................... 1400
3.2.2. Nullit per difetto assoluto di attribuzione ................................. 1403
XLII Indice
3.2.3. La violazione e l'elusione del giudicato ..................................... 1405
3.2.4. Le nullit testuali ........................................................................ 1407
3.3. Profili di disciplina della nullit ..................................................... 1410
4. L'annullabilit del provvedimento amministrativo ............................... 1413
5.
6.
7.
1.
2.
3.
4.
4.1. Illegittimit ed annullamento ......................................................... 1413
4.2. La tripartizione dei vizi di legittimit nell'evoluzione storica
e nell' art. 21-octies della L. 241 ........................................................... 1415
4.2.1. L'incompetenza ........................................................................... 1416
4.2.2. L'eccesso di potere ...................................................................... 1420
4.2.2.1. Figure sintomatiche e prova del vizio ...................................... 1423
4.2.3. La violazione di legge ................................................................. 1430
4.3. I vizi "non invalidanti" .................................................................. 1432
4.3.1. L'elaborazione giurisprudenziale ............................................... 1432
4.3.2 .... e il comma 2 dell'art. 21-octies .............................................. 1433
Il fenomeno dell'invalidit derivata del provvedimento am-
ministrativo ........................................................................................... 1436
5.1. L'effetto dell'invalidit dell'atto presupposto sull'atto con-
sequenziale e le tesi dell'efficacia viziante e dell'effetto caducante ........... 1437
Il fenomeno dell'invalidit sopravvenuta: osservazioni generali ............ 1439
6.1. La legge retro attiva ........................................................................ 1441
6.2. La legge di interpretazione autentica ............................................. 1442
6.3. Il decreto legge non convertito ...................................................... 1443
6.4. La dichiarazione di incostituzionalit della norma regolativa
o attributiva del potere amministrativo ................................................. 1444
I vizi di merito del provvedimento amministrativo: l'inoppor-
tunit (artt. 7, comma 6, e 134 del codice del processo) ...................... 1445
CAPITOLO 8
L'autotutela amministrativa
L'autotutela in generale ......................................................................... 1449
L'autotutela amministrativa .................................................................. 1450
2.1. Potere di fare eseguire anche coattivamente i propri prov-
vedimenti .............................................................................................. 1453
2.2. Potere di riesaminare i propri atti .................................................. 1454
2.3. Potere di risolvere da s i conflitti (attuali e potenziali) ................ 1455
Fondamento ed inquadramento dogmatico dei poteri di auto-
tutela in sede di riesame ........................................................................ 1458
Il riesame con esito demolitorio: la revoca e l'annullamento
d'ufficio dopo le Leggi nn. 15 e 80/2005 ............................................. 1460
Indice XLIII
4.1. Confini e differenze tra annullamento e revoca ............................. 1460
4.2. L'annullamento d'ufficio ............................................................... 1462
4.2.1. L'interesse pubblico che giustifica l'annullamento .................... 1465
4.2.2. La disciplina speciale dettata dalla L. 311/2004 ......................... 1470
4.3. La revoca ........................................................................................ 1472
4.3.1. La disciplina dell'indennizzo da revoca nel comma l-bis
dell'art. 21- quinquies della L. 241/1990 .............................................. 1475
5. Procedimento e forma ........................................................................... 1480
6. Autotutela e tempo ................................................................................ 1481
7. Autotutela e pregiudizialit .................................................................. 1484
8. Autotutela e giurisdizione (art. l33, comma 1, lett. a, n. 4, del
codice del processo amministrativo) .................................................... 1484
9. Autotutela e silenzio (rinvio) ................................................................ 1485
lO. Autotutela e provvedimenti pluristrutturati: il caso della confe-
renza di servizi ...................................................................................... 1485
11. Il riesame con esito conservativo: autotutela e conservazione
del provvedimento ................................................................................ 1486
12. Il riesame con esito confermativo .......................................................... 1489
CAPITOLO 9
I controlli amministrativi
1. Caratteri generali e classificazione dei principali tipi di controllo ........... 1491
2. Gli effetti della legge costituzionale n. 3 del 2001: la dequota-
zione del controllo sugli atti .................................................................. 1494
3. I controlli sugli atti ................................................................................ 1496
3.1. Classificazione ............................................................................... 1496
3.2. La tutela giurisdizionale ................................................................. 1496
3.3. [Segue] sentenza di annullamento dell'atto negativo di con-
trollo e giudizio di ottemperanza .......................................................... 1499
3.4. [Segue] legittimazione dell' Autorit tutori a ad impugna-
are gli atti dell'ente controllato ............................................................. 1500
4. I controlli gestionali .............................................................................. 1500
4.1. I controlli gestionali esterni ........................................................... 1501
4.1.1. Fonti normative: la L. 20/1994 di riforma della Corte dei
Conti ed il T.U. sulle autonomie locali 267/2000 ................................ 1501
4.1.2. I controlli sulla gestione al vaglio di costituzionalit ................. 1502
4.1.3. Questioni in tema di tutela delle autonomie regionali ................ 1503
XLIV
Indice
4.1.4. Individuazione degli enti assoggettati a controllo ed ef-
fetti in materia di tutela giurisdizionale ................................................ 1504
4.1.5. Sindacato sugli atti di controllo esterni sulla gestione
effettuati dalla Corte dei Conti ...................................... ..... ............. 1505
4.1.6. Casi di inesistenza del potere di controllo: intervento delle
S.D. con la pronuncia 5762/1998 ...................... , ................. ............ 1506
4.1.7. Legittimazione della Corte dei Conti a sollevare questione
di costituzionalit o questione pregiudiziale innanzi alla Corte
di Giustizia .... , ....................................................................................... 1507
4.2. I controlli gestionali interni ....................................... ............ 1508
CAPITOLO 10
Gli accordi amministrativi
1. L'esercizio consensuale del potere amministrativo .............................. 1511
2. Dall'accordo puramente preparatorio all'accordo giuridicamente
vincolante con l'art. Il della L. 241/1990 ............................................ 1512
3. Ambito applicativo degli accordi ex art. Il: accordi procedi-
mentali e sostitutivi. La L. 15/2005 rende atipici anche gli ac-
cordi sostitutivi .................................................................................... 1513
3.1. Altre questioni inerenti all' ambito applicativo .............................. 1516
4. La disciplina degli accordi ai sensi dell' art. 11 della L. 241/1990 ....... 1517
5. La natura giuridica degli accordi .......................................................... 1519
5.1. Corollari della tesi privatistica sul piano della disciplina .............. 1521
5.2. Corollari della tesi pubblicistica sul piano della disciplina ........... 1522
5.3. Le distanze tra le due tesi si accorciano con il codice del
processo amministrativo ...................................................................... 1526
6. Il procedimento di formazione: la necessit della previa deter-
minazione amministrativa ai fini dell'intervento dell'accordo
(art. 11, comma4-bis) ................................................................. .. .. .. 1527
7. Ilrecesso ..................................................................... .. ...................... 1531
8. La giurisdizione esclusiva del G.A. (art. 133, comma 1, lett. a,
n. 2 del codice del processo amministrativo) ........................................ 1533
9. Casistica ................................................................................................ 1535
9.1. Cessione volontaria in materia espropriativa ................................. 1535
9.2. Convenzione di lottizzazione .............................................. .. .... .. 1537
lO. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni: l'accordo di pro-
gramma ex art. 34 D.Lgs. 267/2000 e gli accordi atipici ex art.
15 L. 241/90: rapporto di species a genus ............................................ 1538
Indice
XLV
10.1. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
(art. 133, comma 1, lett. a, n. 2 del codice del processo ammi-
nistrativo) .............................................................................................. 1540
CAPITOLO 11
I contratti della FA.
1. L'attivit di diritto privato della P.A. alla luce della L. 15/05 ............... 1541
2. L'autonomia contrattuale della P.A. ed il limite della funzione
pubblica ................................................................................................. 1545
3. La soggezione al diritto comune ........................................................... 154
7
3.1. In particolare, il recesso dai contratti ex art. 21-sexies della
L. 241/90 ............................................................................................... 1548
4. Classificazione dei contratti della P.A .................................................. 1551
4.1. Il procedimento di formazione del contratto ................................. 1551
4.2. L'evidenza pubblica fra diritto interno e diritto comunitario ........... 1554
5. Contratti e appalti: il codice dei contratti pubblici di lavori, servizi
e forniture .............................................................................................. 1558
5.1. Estensione dei principi del Trattato anche a fattispecie
non codificate dalle direttive: appalti sottosoglia, concessioni
di servizi, concessioni di beni, contratti diversi dagli appalti ed
atipici .................................................................................................... 1559
5.2. La nozione comunitaria di appalto: delimitazione sogget-
tiva e oggettiva .................................................... .......... .. ................... 1561
5.3. Il confine mobile fra appalti e concessioni .................................... 1564
6. [Segue] la disciplina della gara nel codice dei contratti pubblici ............ 1565
6.1. La tipologia delle procedure ad evidenza pubblica ....................... 1565
6.2. Il project financing ..................................................... .... .. .. .. .... 1567
6.3. La partecipazione alla gara: requisiti, raggruppamenti
temporanei di imprese e avvalimento ................................................... 1570
6.4. I criteri di aggiudicazione .............................................................. 1575
6.5. L'aggiudicazione e la stipulazione del contratto: la tutela
in caso di rifiuto o ritardo nella stipulazione ........................................ 1576
7. Il riparto di giurisdizione ...................................................................... 1579
7.1. Evoluzione storica .......................................................................... 1579
7.2. Dall'art. 6 della L. 205/00 all'art. 133, comma 1, lett. e),
n. 1, del codice del processo amministrativo ....................................... 1580
8. La sorte del contratto in caso di annullamento dell'aggiudicazione
XLVI Indice
fra annullabilit, nullit ed inefficacia: profili sostanziali e que-
stioni di giurisdizione dopo il codice del processo amministrativo ........... 1586
8.1. Il quadro generale delle novit introdotte in sede di rece-
pimento della direttiva ricorsi (D.Lgs. 53/1 O e D.Lgs. 104/1 O) ............ 1587
8.2. La sorte del contratto: il codice del processo amministrativo
(artt. 121 e 122) opta per l'inefficacia: nullit sanzione o riso-
luzione giudiziale? ......................................... ~ ..................................... 1594
8.3. Inefficacia del contratto e giurisdizione amministrativa (art.
l33, comma, 1, lett. e, n. 1, del codice del processo ammini-
strativo) ................................................................................................ 1599
8.4. Tecniche di tutela e inefficacia del contratto (art. 124 del
codice del processo amministrativo) ..................................................... 1600
8.5. Inefficacia del contratto e tutela cautelare ..................................... 1603
8.6. C' ancora spazio per l'intervento della P.A. in autotutela
sugli atti della gara? .............................................................................. 1604
PARTE IV
LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
CAPITOLO 1
Cenni storici
1. Concetto e funzione della giustizia amministrativa .............................. 1609
2. Dal periodo del c.d. ancien rgime agli Stati preunitari italiani,
passando per la rivoluzione francese .................................................... 1610
3. L'unit d'Italia e la Legge abolitrice del contenzioso ........................... 1612
3.1. I limiti della L.A.C ......................................................................... 1614
3.1.1. La tenuit della tutela concessa dal Giudice ordinario ............... 1614
3.1.2. L'incoercibilit della P.A. all'esecuzione del giudicato .............. 1615
3.1.3. L'ampiezza delle deroghe alla scelta di abolire i Tribunali
del contenzioso ..................................................................................... 1615
3.1.4. Gli interessi diversi dai diritti non ricevevano tutela
giurisdizionale ....................................................................................... 1616
4. L'istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato ............................ 1617
4.1. I dubbi circa il carattere giurisdizionale della IV sezione
del Consiglio di Stato ............................................................................ 1618
5. L'istituzione delle sezioni V e VI del Consiglio di Stato. La ra-
zionalizzazione del sistema di giustizia amministrativa ....................... 1619
Indice XLVII
6. L'individuazione dei criteri di riparto tra le due giurisdizioni e
la prevalenza del criterio della causa petendi ....................................... 1620
7. La c.d. giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato .......................... 1621
8. La disciplina della giustizia amministrativa nella Carta Costi-
tuzionale ................................................................................................ 1622
9. L'evoluzione successiva all'entrata in vigore della Costituzione ............ 1624
lO. La legge delega sul processo amministrativo (legge 18 giugno
2009, n. 69) ed i criteri direttivi della delega ........................................ 1627
11. Il nuovo codice del processo amministrativo ....................................... 1627
Il.1. Il primo decreto correttivo al codice del processo ammi-
nistrativo ............................................................................................... 1629
CAPITOLO 2
Caratteri generali
1. Le tre giurisdizioni del giudice amministrativo .................................... 1631
2. In particolare, la giurisdizione di merito ............................................... 1633
3. Le azioni esperibili ................................................................................ 1636
3.1. Azioni costitutive ........................................................................... 1637
3.2. Azioni di mero accertamento ........................................................ 1638
3.3. Azioni di accertamento della spettanza del bene della vita e
conseguente condanna della p.a. ad un facere pubblicistico ................ 1639
3.4. Azioni di condanna privatistica ..................................................... 1639
3.5. Pluralit delle domande e conversione delle azioni ....................... 1641
4. I principi generali del processo amministrativo .................................... 1641
4.1. Caratteri generali ............................................................................ 1641
4.2. Il giusto processo amministrativo .............................................. 1642
4.3. I principi peculiari del processo amministrativo ............................ 1646
CAPITOLO 3
Il processo di primo grado
1. Profili generali ...................................................................................... 1651
2. Questioni di giurisdizione e regolamento di giurisdizione ................... 1652
3. La competenza territoriale dei T.A.R. ................................................... 1655
3.1. Criteri generali ............................................................................... 1655
3.1.1. L'opzione zero del primo correttivo in relazione alla
inderogabilit della competenza territoriale ......................................... 1660
XLVIII Indice
3.2. La competenza territoriale nell'ipotesi d'impugnazione di
atti connessi, di litispendenza e di continenza ...................................... 1661
3.3. Regolamento di competenza .......................................................... 1663
4. Soggetti e parti del processo amministrativo ........................................ 1666
4.1. Il giudice ........................................................................................ 1666
4.2. Le parti ................................................... : ....................................... 1667
4.3. La class action nel processo amministrativo all'indomani
dell'art. 4 L. 4 marzo 2009, n. 15 (c.d. legge Brunetta) e del D.Lgs.
attuativo n. 198/2009: rinvio ................................................................. 1671
5. Presupposti processuali e condizioni dell'azione ................................. 1671
6. Il ricorso ................................................................................................ 1673
6.1. Nozione .......................................................................................... 1673
6.2. Nullit del ricorso .......................................................................... 1677
6.3. Ricorso collettivo e ricorso cumulativo ......................................... 1679
6.4. Il termine per ricorrere ................................................................... 1680
6.5. La notificazione del ricorso ........................................................... 1684
6.5.1. L'art. 44, comma 4 del codice del processo amministrativo
prevede la rinnovazione della notificazione in caso di contumacia
della parte intimata con notificazione nulla .......................................... 1686
6.6. Il deposito del ricorso .................................................................... 1687
7. La costituzione delle parti in giudizio ................................................... 1688
7.1. La costituzione dei resistenti e dei controinteressati ..................... 1688
7.2. Il ricorso incidentale ...................................................................... 1689
7.3. L'intervento in giudizio .................................................................. 1695
8. L'istruzione probatoria .......................................................................... 1698
9. La trattazione del ricorso ...................................................................... 1703
9.1. L'udienza di discussione ................................................................ 1703
9.2. Casi di trattazione del ricorso in Camera di consiglio ................... 1705
IO. Le vicende anomale del processo ......................................................... 1706
10.1. L'interruzione del processo .......................................................... 1707
10.2. La sospensione del processo ........................................................ 1711
10.3. L'estinzione del processo ............................................................. 1716
11. Decisione del ricorso ............................................................................ 1720
Il.1. La sentenza ................................................................................... 1720
11.2. Il contenuto della sentenza ........................................................... 1722
11.3. I limiti del giudicato ..................................................................... 1727
11.4. Le decisioni C.d. semplificate ....................................................... 1727
12. L'esecutivit delle sentenze dei T.A.R. ................................................. 1728
13. I riti speciali di cui al Libro IV del codice del processo ammi-
nistrativo ............................................................................................... 1728
Indice
CAPITOLO 4
Le impugnazioni
XLIX
1. Caratteri generali ................................................................................... 1733
1.1. Le impugnazioni in generale alla luce del Titolo I del Libro
III del codice del processo amministrativo ........................................... 1735
2. Il ricorso in appello al Consiglio di Stato ............................................. 1740
2.1. Genesi, natura giuridica ed oggetto ............................................... 1740
2.2. Effetto devolutivo. Divieto di ius novorum e suoi tempe-
ramenti .................................................................................................. 1742
2.3. La riserva di appello ...................................................................... 1748
2.4. La sospensione cautelare dell'esecuzione della sentenza di
primo grado impugnata ......................................................................... 1749
2.5. L'interesse e la legittimazione ad appellare ................................... 1750
2.6. L'instaurazione e lo svolgimento del giudizio di appello .............. 1753
2.7. L'appello incidentale ...................................................................... 1756
2.8. La conclusione del giudizio di appello .......................................... 1759
2.9. I rimedi contro le sentenze d'appello ............................................. 1761
3. Il ricorso per revocazione ..................................................................... 1761
4. L'opposizione di terzo ........................................................................... 1765
5. Il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione ........... 1767
CAPITOLO 5
Il giudizio di ottemperanza
1. Caratteri generali dell'ottemperanza ..................................................... 1769
2. Il giudicato in generale ........................................................................ 1772
3. Il giudicato amministrativo ................................................................... 1775
4. Presupposti dell'azione di ottemperanza .............................................. 1783
4.1. I confini mobili tra inottemperanza ed illegittimit succes-
siva al giudicato .................................................................................... 1786
5. Ambito di applicazione del giudizio di ottemperanza .......................... 1789
5.1. Esecuzione del giudicato del giudice ordinario ............................. 1790
5.2. Esecuzione del giudicato del giudice amministrativo .................... 1794
5.3. Esecuzione delle sentenze degli altri giudici speciali .................... 1795
5.4. Esecuzione delle sentenze di primo grado del giudice
amministrativo esecutive e non sospese ............................................... 1796
5.5. Esecuzione dei lodi arbitrali .......................................................... 1800
5.6. Esecuzione delle misure cautelari .................................................. 1801
L Indice
5.7. Ottemperanza e silenzio della P.A. ............................................... 1804
5.8. Ottemperanza a decisione resa su ricorso straordinario.
Rinvio .................................................................................................... 1806
6. Il procedimento di ottemperanza ................. -........................................ 1806
6.1. Introduzione del giudizio ........................ " ...................................... 1808
6.1.1. La competenza ............................................................................ 1810
6.2. La trattazione ................................................................................. 1812
6.3. La decisione ................................................................................... 1813
6.3.1. La nomina del commissario ad acta ............................................ 1815
6.4. Le impugnazioni ............................................................................ 1817
6.5. Rimedi per la mancata esecuzione anche dopo il giudizio
di ottemperanza: le astreintes fanno il loro ingresso nel proces-
so amministrativo .................................................................................. 1819
7. Le azioni connesse al giudizio di ottemperanza ................................... 1821
CAPITOLO 6
La tutela cautelare
1. I caratteri della tutela cautelare ............................................................. 1826
1.1. Il nesso di strumentalit nel nuovo codice del processo
amministrativo e nel codice di procedura civile. Due modelli
a confronto ............................................................................................ 1828
2. I presupposti per l'azione cautelare ...................................................... 1830
2.1. Il codice conferma le principali novit introdotte dalla L.
205 del 2000 .......................................................................................... 1831
2.2. ancora possibile la domanda cautelare avverso il silenzio
dell'amministrazione? .......................................................................... 1832
3. Le tipologie di misure cautelari ........................................................... 1833
3.1. Misure a contenuto negativo .......................................................... 1834
3.2. Misure propulsive e misure sostitutive .......................................... 1836
3.2.1. Le originarie resistenze alla tutela cautelare propulsiva
degli interessi legittimi pretensivi ......................................................... 1837
3.2.2. La giurisprudenza ammette la tutela cautelare degli inte-
ressi pretensivi "propri" con la tecnica della c.d. sospensiva pro-
pulsiva ................................................................................................... 1839
3.2.3. La tutela cautelare atipica viene introdotta dalla L. 205/
2000 ed confermata dal codice del processo amministrativo;
permane per gli interessi pretensivi l'alternativa tra misura pro-
pulsiva e misura positiva sostitutiva ..................................................... 1840
3.2.4. Il regime degli atti adottati "in esecuzione" e "in occa-
sione" delle ordinanze cautelari propulsive e sostitutive ...................... 1843
3.3. Misure ordinatorie a contenuto patrimoniale ................................. 1845
Indice LI
4. Il procedimento cautelare secondo il codice del processo .................... 1847
4.1. La domanda cautelare .................................................................... 1848
4.2. Questione pregiudiziale di costituzionalit e giudizio cau-
telare ...................................................................................................... 1849
4.3. Questione pregiudiziale ai sensi dell' art. 267 Trattato di
Lisbona (ex art. 234 Trattato CE) e giudizio cautelare ......................... 1850
4.4. Questione di giurisdizione e giudizio cautelare ............................. 1851
4.5. La competenza sulla domanda di misure cautelari ....................... 1852
4.6. L'efficacia delle misure cautelari disposte in sede di ri-
corso straordinario al Presidente della Repubblica trasposto,
in seguito ad opposizione, avanti al tribunale amministrativo
regionale ............................................................................................... 1853
4.7. La trattazione della domanda cautelare ......................................... 1854
4.8. La decisione cautelare ................................................................... 1857
4.8.1. Il contenuto dell'ordinanza cautelare .......................................... 1858
4.8.2. L'efficacia dell'ordinanza cautelare ............................................ 1859
4.8.2.1. L'efficacia oggettiva della sospensione del provvedimento ......... 1861
4.9. L'esecuzione delle misure cautelarL ............................................. 1861
4.10. Revoca, modificazione e riproposizione delle misure cau-
telari collegiali ...................................................................................... 1862
4.10.1. Revoca, modificazione e riproposizione delle misure
cautelari presidenziali ........................................................................... 1865
4.11. Le impugnazioni .......................................................................... 1867
4.11.1. L'appello cautelare .................................................................... 1867
4.11.2. Ricorso per Cassazione ed altre impugnazioni ......................... 1869
4.11.3. La tutela cautelare in pendenza del giudizio di impugna-
zione ...................................................................................................... 1870
5. La tutela presidenziale monocratica ..................................................... 1872
6. La tutela cautelare ante causam ........................................................... 1876
6.1. Il dibattito sulla legittimit costituzionale della mancata
previsione della tutela cautelare ante causam ....................................... 1876
6.2. I vincoli imposti dall'ordinamento comunitario in materia
di appalti e l'introduzione dell'art. 120 e ss. cod. proc. amm. (gi
art. 245 del codice dei contratti pubblici - D.Lgs. 163/2006) .............. 1878
6.3. Le misure anteriori alla causa nel codice del processo am-
ministrativo ..................................................... -...................................... 1879
7. La tutela cautelare nel rito abbreviato comune ..................................... 1882
8. La tutela cautelare nel rito specialissimo per i contratti pubblici ............. 1885
9. La tutela cautelare nelle controversie relative alle infrastrutture
strategiche ............................................................................................. 1887
Indice analitico-alfabetico ..................................................................... 1889
PREMESSA
N ella i t a di ognuno alcuni eventi segnano delle svolte.
Sono Rubiconi guadati i quali nulla sar pi uguale: ci sar un prima ed un
dopo.
Anche la vita degli istituti giuridici qualche volta segnata da appuntamenti
fatali, da incontri con la storia che non possono avere pi un ritorno.
quello che successo per il diritto amministrativo, con il battesimo del co-
dice del processo di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, da ultimo perfezionato,
sul piano tecnico, dal primo decreto correttivo.
A conferma del cordone ombelicale che avvince gli snodi processuali alle
categorie sostanziali, il codice opera una riscrittura, spesso radicale, di pressoch
tutti gli istituti del droit adminstrativ, dal riparto di giurisdizione all'ottempe-
ranza, passando per il regime della responsabilit degli agenti pubblici e senza
trascurare il silenzio, il procedimento, la patologia ed il mondo variopinto dei
contratti pubblici.
Questa rivoluzione copernicana, portata a compimento da alcuni arresti, dalla
portata dirompente, dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (vedi decisio-
ni nn. 3 e 15 del 2011), ci conferma che il dirittomministrativo sempre pi
un treno che stantuffa scoppiettante verso una meta che si sposta sempre pi in
avanti. Gli occhi degli operatori e dei cultori riflettono l'alternarsi di vigneti, ra-
dure, colline e specchi d'acqua in cui i vagoni senza requie s'immergono, acca-
rezzando, nel loro inesorabile sferragliare, panorami sempre nuovi. La consape-
volezza che una stazione di arrivo non arriver mai rende il viaggio affascinante.
Il viaggio bello per il viaggio stesso, non certo per un traguardo il cui definitivo
raggiungimento regalerebbe la malinconia di una fine.
Il cuore del presente manuale sta allora nella ricerca e nell'esposizione dei
principi istituzionali e delle categorie fondamentali che permeano il diritto delle
pubbliche amministrazioni. Sfida, questa della ricerca dell'ossatura del diritto
amministrativo, assai improba al cospetto di un settore perennemente travolto da
scosse telluriche del pi elevato grado della scala Mercalli.
La sensazione di avere tra le mani un' anguilla che sfugge alla presa, ancora
pi forte da qualche anno a questa parte, alla luce del terremoto normativo che,
nell'ultimo ventennio, dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 all'ultimissimo decreto
uv Premessa
correttivo di fine 20 Il, ha riscritto il volto e la stessa filosofia di questa affasci-
nante branca dell'ordinamento giuridico.
Sensazione accentuata dal recente varo della legge di stabilit, gravida di sor-
prese in materia di enti locali, pubblico impiego e liberalizzazioni. Il tutto in un
quadro connotato da interventi normativi sempre piu tambureggianti, tra i quali
spiccano, a titolo solo esemplificativo, le riforme del 2.011 in tema di S.C.I.A., di
titoli edilizi, di contratti pubblici, di espropriazione sanante e di servizi pubblici
locali.
L'elaborazione di un testo manualistico nel pieno di una simile tempesta tro-
picale, in cui impazzano novit normative, interventi comunitari e rivoluzioni
pretorie, impresa ardimentosa. Il concetto stesso di manuale presuppone, in-
fatti, una stabilit dei profili istituzionali oggi resa difficile da scosse telluriche
ancora disperatamente lontane dalla meta dall'assestamento statico.
Con l'incoscienza tipica dei baresi a caccia di sensazioni forti, non mi sono tut-
tavia sottratto, insieme agli eroici amici che mi hanno affiancato in quest'impresa
titanica, alla voglia di dissipare la nebbia di mistero che avvolge l' administrative
law, rintracciando e razionalizzando i principi che reggono un settore giuridico
sospeso tra la forza della tradizione e il fascino dell'innovazione.
Il volume presenta, tuttavia, alcune peculiarit rispetto ai testi classici e sacri
con i quali, ovviamente, non pu e non vuole entrare in competizione.
Diversa , infatti, l'utenza alla quale si guarda, con ci che ne deriva quanto
al taglio.
Il lavoro non infatti indirizzato, come invece ogni manuale classico, agli
studenti universitari, ma vuole strizzare l'occhio ai laureati chiamati a soste-
nere le prove scritte dei concorsi nelle magistrature e negli altri concorsi per
giuristi, nonch agli avvocati o aspiranti tali che masochisticamente bazzichino
o vogliano bazzicare nelle aule della giustizia amministrativa. Si allora posto
mano ad un manuale per cos dire specialistico, che, nell'ordine e nella cernita
degli argomenti come nel metodo di esplorazione, imperniato su di una dialettica
serrata tra le categorie teoriche e le applicazioni pratiche nella casistica pretoria,
pone mente alle esigenze di chi voglia trarre ogni utile nozione per entrare, con
una dose di faccia tosta non esagerata, nelle stanze dei concorsi e dei processi.
Rifuggendo la fatale tentazione della corsa all'ultima legge o alla pronuncia del
giorno, ci si preoccupati di fornire, in modo rigoroso e nitido, le coordinate
di riferimento di ogni istituto, prima di passare, in modo strettamente logico e
consequenziale, vorrei dire didascalico, all'illustrazione dei pi recenti arresti
normativi e pretorii. La giurisprudenza non allora riversata a valanga sul lettore
ma posta a corredo e chiarimento delle nozioni istituzionali.
In via consequenziale, l'avere di fronte un'utenza non vergine ha consentito
di mantenere ferma la contaminazione costante tra istituti di diritto sostanziale
e problematiche processuali, forti della consapevolezza che nel diritto ammini-
strativo si tratta di due facce della stessa medaglia, disperatamente insofferenti
Premessa
LV
ad un'artificiosa scissione logico-espositiva. Ogni argomento di diritto sostan-
ziale quindi arricchito da una specifica disamina dei suoi specifici problemi
processuali, dal riparto di tecniche di tutela, dall'intensit del
sindacato giurisdizionale al ruolo del nsarCimento del danno.
Sovvertendo ogni logica espositiva tipica di un manuale tradizionale, mi
allora parso giusto iniziare un volume di diritto amministrativo dallo scrutinio
del cuore del rapporto che si instaura tra cittadino e pubblica amministrazione,
che senz'altro dato dalle posizioni soggettive di cui il privato titolare nei
confronti della P.A. che, con atti o comportamenti, incida in senso lesivo nella
sua sfera giuridica.
La prima delle quattro parti quindi dedicata all'inventario delle posizioni
soggettive di cui il cittadino titolare nei confronti dei pubblici poteri, all'indi-
viduazione del giudice di fronte al quale la lesione di dette posizioni pu essere
fatta valere ed allo scandaglio delle tecniche di tutela azionabili, alla luce del
codice del processo amministrativo e della pi recente giurisprudenza dell' Adu-
nanza Plenaria (cfr. le citate decisioni nn. 3 e 15 del 20 Il), onde reagire ad atti
illegittimi o a condotte illecite dei soggetti pubblici o equiparati, in sede di giuri-
sdizione amministrativa ed ordinaria, cos come con lo strumento giustiziale dei
ricorsi amministrativi.
La seconda parte dedicata, in senso lato, all'organizzazione di cui si avvale
la P.A. per perseguire i propri fini istituzionali, colpita dallo tzunami delle mano-
vre economiche di cui ai decreti legge 31 maggio 2010, n. 78 (conv. dalla legge
n. 125/2010), 13 maggio 2011, n. 70 (conv. dalla legge 106/2011) e 13 agosto
20 Il. n. 138 (conv. dalla legge n. 148/20 Il), e, ancor pi, da ultimo, dalla legge
di stabilit 12 novembre 2011, n. 183. In quest' ambito si ritenuto di passare
al setaccio le fonti secondarie, i caratteri e l'organizzazione degli enti pubblici
nel sistema policentrico e decentrato semifederale, la nuova fisionomia ancipite
del rapporto di impiego privatizzato, i beni di cui la P.A. si avvale, e, infine, lo
strumento espropriativo con cui essa acquisisce i beni strumentali stessi. Una
particolare attenzione stata riservata alla nuova disciplina dei servizi pubblici
locali forgiata, da ultimo, dalla legge di stabilit, alla disciplina del federalismo
demaniale e municipale di cui rispettivamente ai decreti legislativi 28 maggio
2010, n. 85 e 14 marzo 20 Il, n. 23 ed alle novit apportate in materia espropria-
tiva con il conio dell'art. 42-bis del T.U. Espropriazioni, che ha reintrodotto, in
salsa aggiornata e rivisitata, l'acquisizione coattiva sanante.
La terza parte volge lo sguardo all'attivit amministrativa, nella fisionomia
ridipinta dalle incisive riforme di cui, da ultimo, all'art. 6 n. 138/2011 in materia
di denuncia di inizio attivit ed alla nuova regolamentazione in materia di appalti
pubblici e di titoli edilizi forgiata dal citato decreto legge n. 70/20 Il.
Infine, la quarta parte mette la lente di ingrandimento sul nuovo processo am-
ministrativo battezzato dal codice, sfrondato dall'analisi delle tecniche di tutela
gi esplorate nella prima parte. Notevole attenzione stata dedicata al decreto
LVI Premessa
correttivo (D.Lgs.15 novembre 2011, n.195), che, pur non introducendo no-
vit strutturali all'architettura del decreto legislativo n. 104/2010, ha appor-
tato al codice numerose modifiche volte, da un alto, a correggere le fatali
imperfezioni, tipiche delle cose umane, presenti nel testo iniziale; dall'altro,
a recepire, in taluni settori nevralgici (tra gli' altri competenza territoriale e
ottemperanza), i suggerimenti forniti dall'esperienza applicativa e dalla ri-
flessione scientifica.
Venendo al merito, la consapevolezza che la materia a caccia di una pre-
cisa identit, non mi ha impedito di cercare unfil rouge che leghi i numerosi,
anche se non sempre organici, interventi legislativi di riforma, decodificati
alla luce delle ancora pi penetranti rivoluzioni giurisprudenziali inaugurate
dalla sentenza 500/1999 e ora scolpite dal codice del processo. Questo sotti-
le ma chiaro filo rosso mi sembra dato dal passaggio da un sistema di tutele
tipizzato e formale, nel quale il cittadino poteva rivendicare il solo annulla-
mento del provvedimento illegittimo con salvezza del riesercizio del potere e
senza soddisfazione dell'interesse sostanziale, ad un sistema di tutele atipico
e sostanziale, oggi sancito dall'art. 34, comma 1, lett. c, del codice, in seno al
quale, grazie anche agli influssi comunitari ed agli imperativi costituzionali, il
soggetto leso pu spiccare ogni azione anche non tipizzata, se necessaria per
dare piena tutela all'interesse violentato (dall'azione di annullamento a quella
di risarcimento passando per la tutela di accertamento). In una prospettiva che,
ove non vi si opponga l'ostacolo della riserva della funzione amministrativa
discrezionale, consenta al giudice di penetrare il rapporto statuendo sulla bont
(o infondatezza) sostanziale della pretesa azionata, in guisa da definire aufond
la res litigiosa, e soprattutto, in un quadro europeo che elevi la sentenza del
giudice amministrativo da apostrofo guicciardiano tra due segmenti del fluire
dell'azione amministrativa a punto fermo che chiude la partita contenziosa a
favore di uno dei due litiganti.
Con tutti i suoi limiti, e pur nella consapevolezza che future tempeste
modificheranno ancora, e molto, i lineamenti di una materia in costante ebol-
lizione, rendendo vano, una volta di pi, ogni tentativo di sistemazione orga-
nica, nutro la speranza, veramente immodesta, che questo volume possa for-
nire al lettore che ne sia a diversi fini interessato un quadro sufficientemente
chiaro, completo ed aggiornato di questa seducente branca dell'ordinamento
giuridico.
Quest' opera - gi giunta, dopo solo dodici mesi, alla quarta edizione - non
avrebbe visto la luce se una squadra di valorosi collaboratori, autentico distil-
lato delle energie pi giovani e vitali della magistratura, del foro e del mondo
universitario, non mi avessero manifestato un affetto infinito in un'enorme
opera di coordinamento e revisione della quarta edizione.
Un ringraziamento vero e nient' affatto di circostanza desidero allora rivolge-
re al valoroso Marco Giustiniani, professionista dal grande futuro, protagonista
Premessa LVII
di una magistrale revisione della sez. III della parte I e dei capitoli 7 e Il della
parte III; all'impeccabile Giovanna Vigliotti, che ha curato l'aggiornamento
della sez. V della parte I e del cap. 1 della parte n; alla teutonica ma dolcissima
avvocatessa Tiziana Fiorella, infaticabile protagonista dell'aggiornamento dei
primi quattro capitoli della parte IV del manuale; a Rosanna Simone, emana-
zione della Puglia pi profumata e solare, che ha messo la sua occhiuta lente
d'ingrandimento sui capitoli 1,6 e 8 della parte III; al mio ex allievo e attuale
collega Augusto Borghini, che ha revisionato con rigore il capitolo sull' ottem-
peranza; alla minuta ma agguerritissima Antonietta Spinelli, vecchia compagna
di mille battaglie ritrovata felicemente in occasione di quest'avventura, che ha
rivisto con militaresca dedizione il capitolo dedicato all'ottemperanza tenendo
conto delle novit apportate dal correttivo processuale; alla felicissima new
entry Anna Baglivo che ha con attenzione certosina messo a punto i capitoli 6
e 7 della parte n e il capitolo lO della parte III; a quell' altra eccellente scoperta
che risponde al nome Nicol Maellaro, che ha curato il capitolo 4 della parte n
ed il capitolo 3 della parte III; ed alla talentuosa Michela Colapinto, autrice di
un non semplice riesame dei capitoli 2, 3 e 5 della parte n.
Una menzione speciale meritano, poi, i miei ex superallievi, eccezionali
colleghi e, soprattutto, grandi amici Luigi Tarantino e Francesco Cocomile che
hanno curato, sotto la scure di tempi strettissimi da me drasticamente imposti,
un' eroica opera di revisione e cesellatura della parte processuale del manuale,
condita da un certosino aggiornamento con le novit giurisprudenziali e le mo-
difiche apportate dal decreto correttivo.
Un contributo, finale ma decisivo, stato apportato dall'infaticabile Avv.
Giovanni Nicodemo che ha messo a disposizione del dream team la sua profon-
da conoscenza dei venti riformatori che stanno riscrivendo la struttura e il fun-
zionamento di quella macchina delicatissima che il processo amministrativo.
Come sempre il ruolo del leone stato assunto da alcune donne, che non
saprei se definire pazze o bioniche, capaci di una dedizione alla causa comune e
di una forza di carattere che gli uomini che popolano il pianeta in questo scorcio
iniziale di terzo millennio possono solo sognare.
Floriana Lisena, una mia recente e straordinaria allieva, ha usato il dono della
sua penna raffinata e incisiva per migliorare e risistemare tutta la parte II e il
capitolo 4 della parte III, arricchendo il manuale con i frutti della sua esperienza
negli uffici legislativi del Governo e, soprattutto, assistendomi con grande dedi-
zione nella cura degli ultimissimi aggiornamenti dovuti alla legge di stabilit.
L'eccezionale neo-collega Silvia Curione, oltre a curare la revisione del ca-
pitolo V della parte III, mi ha coadiuvato con pazienza infinita nella revisione
delle parti III e IV.
Soprattutto, la mia collaboratrice principale Olga Toriello, senza della quale
questo manale non avrebbe visto la luce neanche tra cent'anni, oltre ad occuparsi
direttamente delle parti pi affascinanti e scabrose del volume (le sezioni 1, 2
LVIII
Premessa
e 3 della parte I, oltre al capitolo IX della parte III), stata protagonista di una
revisione completa del testo che ha messo a dura prova le coronarie di noi tutti
per la molteplicit delle variabili e delle sorprese da fronteggiare.
II modo con il quale queste tre donne si sono fatte beffe del passaggio dalla
calura estiva durata fino agli ultimi respiri esalati dal mese di ottobre al pungente
autunno di inizio novembre, mi ha confermato, anche quest'anno, quanto il futu-
ro del pianeta sia destinato a tingersi di rosa e d'i come noi uomini siamo destinati
ad un malinconico crepuscolo che dobbiamo affrontare con forza e dignit.
Con le sue mani d'oro Vincenzo Cafagna ha coordinato il lavoro di impagi-
nazione e revisione tecnica del volume, mentre il preziosissimo Danilo Dimatteo
ha tenuto, con rigore e grande professionalit, le linee di collegamento tra reda-
zione e autori.
La mia splendida moglie ed i miei bellissimi figli mi hanno infuso ogni secon-
do, con il loro amore impagabile, la voglia e le energie per arrivare al traguardo
di una maratona che non aveva niente da invidiare a quella che ogni novembre
impegna le decine di migliaia di corridori infreddoliti che sciamano lungo le
strade di New York sognando di tagliare, entro il tempo massimo, il traguardo di
Centrai Park.
Roma 17 novembre 20 Il
FRANCESCO CARINGELLA
PARTE I
POSIZIONI SOGGETTIVE
E TECNICHE DI TUTELA
Ci parso giusto iniziare un volume di diritto amministrativo dallo scrutinio del
rapporto che si instaura tra cittadino e pubblica amministrazione, che senz'al-
tro dato dalle posizioni soggettive del privato nei confronti della P.A., i cui atti o
comportamenti incidano in senso lesivo nella sua sfera giuridica.
Le domande alle quali si risponde in questa prima parte sono fondamental-
mente tre:
a) la prima riguarda l'inventario delle posizioni soggettive di cui il cittadino
titolare nei confronti della P.A.;
b) la seconda concerne l'individuazione del giudice di fronte al quale la lesione
di dette posizioni pu essere fatta valere;
c) la terza afferisce alle tutele rivendicabili, ossia alle azioni esperibili per rea-
gire ad atti illegittimi od a condotte illecite dei soggetti pubblici od equiparati.
La prima sezione, tracciando i caratteri dell'interesse legittimo (cap. I) e la
distinzione di esso dal diritto soggettivo (cap. II), d risposta ai primi due quesiti,
posto che nel nostro sistema, salvi i casi di giurisdizione esclusiva del G.A. e del
g.o., il riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario ed amministrativo imper-
niato sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo, declinata in base al
criterio della causa petendi, secondo il c.d. petitum sostanziale.
Alla terza domanda si risponde nelle sezioni successive.
In particolare, nella seconda sezione si passano in rassegna le azioni esperi-
bili per la tutela dell'interesse legittimo dinanzi al giudice amministrativo, ove
questo sia individuato in base al normale riparto.
Si tratta non pi della sola tutela di annullamento (parte I, sez. II, cap. II)
ma anche della tutela risarcitoria e di condanna (parte I, sez. II, capp. III e IV) e
della tutela dichiarativa, (parte I, sez. II, cap. III), spinta ormai da un'evoluzione
ultradecennale culminata nel nuovo codice del processo amministrativo (D.Lgs.
104 del 2 luglio 2010, in G.U. n. 156 del 7 luglio 2010) verso i lidi di una tutela
di accertamento della spettanza del bene della vita che trasforma il giudizio am-
ministrativo da processo all'atto a giudizio sul rapporto (cap. I).
La terza sezione affronta il modello di tutela congiunta di diritto soggettivo
ed interesse legittimo, rivendicabile nelle materie di giurisdizione esclusiva
del G.A.
La quarta sezione analizza i caratteri della tutela dei diritti soggettivi dinanzi
al Giudice ordinario, toccando anche il tema dell'ammissibilit di una giurisdi-
zione esclusiva del G.O. estesa agli interessi legittimi.
Infine, la quinta sezione si occupa della tutela giustiziale di diritti ed interessi
con lo strumento del ricorso amministrativo.
4
Restano fuori dalla trattazione le tutele non contenziose, anch' esse facenti
parte, in senso lato, del sistema di giustizia amministrativa, prima tra tutte la tu-
tela preventiva che il privato pu spiegare, grazie alla L. 241/1990, partecipando
al procedimento che lo riguarda, onde evitare o limitare gli effetti lesivi derivanti
dall'adozione del provvedimento finale. Di dette tutele si dar conto nella parte
IIl, cap. V.
Come anticipato, la trattazione di tutti i temi sopra elencati non potr non pre-
scindere da uno sguardo rivolto al nuovissimo codice del processo amministrati-
vo, in vigore dal 16 settembre 2010, il quale, nel dettare una disciplina organica
e compiuta del processo amministrativo in ossequio ai principi fissati dalla legge
delega (art. 44 L. 69/09), incide significativamente anche sugli istituti sostanziali
del diritto amministrativo, concorrendo a rimarcare - e spesso ad innovare - i
connotati essenziali delle posizioni soggettive del privato nei confronti della P.A.
e delle relative tecniche di tutela.
Tale analisi avr come punto di riferimento costante i pi recenti arresti giuri-
sprudenziali che, nei primi mesi di vita del codice, hanno dovuto misurarsi con i
principali problemi applicativi derivanti dal nuovo impianto normativo. Si tratta
di pronunce spesso innovative, vere stelle polari nell'applicazione di regole - so-
stanziali e processuali- ancora tutte da esplorare.
SEZIONE I
INTERESSI LEGITTIMI E DIRITTI SOGGETTIVI
CAPITOLO l
L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
SOMMARlO: l. Breve storia dell'interesse legittimo e della sua contrapposizione al diritto soggetti-
vo. - 2. I tentativi di dare una definizione dell'interesse legittimo nell'evoluzione dottrinale.
- 2.1. La teoria dell'interesse occasionalmente protetto. - 2.2. La teoria processualistica. -
2.3. L'interesse legittimo come interesse strumentale alla legittimit dell'azione amministrativa.
- 2.4. La teoria normativa. - 2.5. I riflessi della teoria normativa. - 3. [Segue] contenuto e
tecniche di tutela dell'interesse legittimo alla luce delle leggi nn. 15/2005 e 80/2005 e del codice
del Processo amministrativo: l'interesse al bene della vita. - 3.1. L'art. 44 della legge 18 giu-
gno 2009, n. 69 ed il codice del processo amministrativo confermano la dimensione sostanziale
dell'interesse legittimo: il bene della vita messo al centro del palcoscenico. - 4. I criteri di
distinzione tra diritti ed interessi e la loro rilevanza ai fini della giurisdizione. - 5. L'indifferen-
za dell'ordinamento comunitario alla dicotomia interesse legittimo-diritto soggettivo. - 6. La
classificazione degli interessi legittimi. - 6.1. Gli interessi legittimi mascherati da diritti ri-
solutivamente o sospensivamente condizionati. - 6.2. Interessi oppositivi e pretensivi. - 6.3.
Interessi partecipativi e procedimentali. - 7. Gli interessi superindividuali. - 7.1. L'evoluzio-
ne giurisprudenziale: dagli interessi diffusi agli interessi collettivi. - 7.1.1. La ricerca dei criteri
di differenziazione tra interessi diffusi ed interessi collettivi. - 7.1.2. [Segue] il criterio della
partecipazione procedimentale ed i relativi risvolti processuali. - 7.1.3. La scelta legislativa in
materia ambientale. - 7.2. La tutela giurisdizionale assicurata in sede civile agli interessi ul-
traindividuali: la disciplina dell 'illecito ambientale ex lege n. 349/1986. - 7.2.1. La tutela civile
degli interessi collettivi dei consumatori. - 7.2.2. La class action nei confronti della pubblica
amministrazione (decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198). - 7.2.2.1. La legge delega
(art. 4, comma 2, letto l, della legge 4 marzo 2009, n. 15, c.d. legge Brunetta). - 7.2.2.2. Profili
generali dell'istituto. - 7.2.2.3. L'azione collettiva plasmata dal decreto legislativo attuativo 20
dicembre 2009, n 198: un'arma spuntata? - 7.2.2.4. Considerazioni conclusive. - 8. Interessi
di fatto ed interessi amministrativamente protetti. - 9. Le forme di tutela dell'interesse legitti-
mo e la permanente vitalit della nozione di interesse legittimo.
1. Breve storia dell'interesse legittimo e della sua contrapposizione al diritto
soggettivo
Le situazioni soggettive attive di cui persone fisiche ed enti sono titolari nei con-
fronti della Pubblica Amministrazione ruotano da sempre intorno alla dicotomia
diritto soggettivo-interesse legittimo.
8 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
Detta bipartizione trova il suo addentellato costituzionale nel combinato
disposto degli artt. 24, 103 e 113 Cost. e presenta implicazioni di non poco
momento in punto di riparto di giurisdizione tra autorit giudiziaria ordinaria
e giudice amministrativo (sulle quali ci si soffermer specificamente nel ca-
pitolo che segue), nonch in tema di tecniche -di tutela e forme di protezione
(v. sez. II). ,
noto che una situazione giuridica attiva viene a configurarsi come vero e
proprio diritto soggettivo in tutti i casi in cui, in virt dell'attribuzione diretta di
un bene della vita da parte di una norma di relazione - deputata alla regolamen-
tazione dei rapporti interprivati -, la sua tutela non necessita dell'intermediazio-
ne della P.A. in quanto vede direttamente garantita, in modo pieno ed immedia-
to, la soddisfazione dell'interesse giuridico ed il conseguimento del connesso
risultato. Viceversa, viene in rilievo una situazione d'interesse ogni volta in cui
il risultato (ossia il bene) al quale il titolare tende, non sia garantito dalla leg-
ge in modo diretto, ma necessiti dell'intermediazione dell'esercizio del potere
amministrativo, guidato da norme di azione tese al perseguimento dell'interesse
pubblico.
Gli interessi Nella prima fase di formazione del nostro sistema di giustizia amministrativa,

le situazioni soggettive di questo secondo tipo non erano oggetto di alcuna con-
lrl I a))1 a I
alla sola tutela siderazione da parte della legge fondamentale n. 2248 del 1865, che, infatti, si
giustiziale limitava a disciplinare all'art. 2 i diritti soggettivi, i soli ritenuti giuridicamente
rilevanti al cospetto dei pubblici poteri, e dunque meritevoli di ricevere tutela,
sia pure esclusivamente di tipo risarcitorio, davanti al giudice naturalmente de-
putato a conoscere tali posizioni nei rapporti interprivatistici, ovvero il g.o. I
C.d. interessi diversi dai diritti - non ancora designati all'epoca come interessi
legittimi - di cui all'art. 3 L.A.C., erano invece privi di tutela giurisdizionale ed
affidati alla sola tutela innanzi all'autorit amministrativa.
Soltanto a far data dalla L. 5992/1889, istitutiva della IV Sezione del Consi-
glio di Stato, veniva accordata una tutela contenziosa (la cui natura schiettamente
giurisdizionale stata solo con il tempo affermata, a fronte di iniziali titubanze)
agli interessi di individui o di enti morali giuridici, che fossero stati oggetto di
atti e provvedimenti di un 'autorit amministrativa o di un corpo amministrativo
deliberante (art. 24, legge cit.; art. 26, T.U. Cons. St. n. 1054/1924). Si sanc", in
questo modo, l'ingresso nell'ordinamento positivo dell'interesse legittimo quale
situazione giuridica soggettiva diversa dal diritto soggettivo ma parimenti meri-
tevole di protezione giuridica. Di qui l'evoluzione, snodatasi attraverso l'elabo-
razione dottrinale, dell'interesse legittimo da oggetto di tutela, dunque preso in
considerazione solo in via mediata, a posizione soggettiva sostanziale in senso
proprio, dotata di autonoma rilevanza
1

I Dal punto di vista sostanziale, infatti, la legge abolitrice del contenzioso amministrativo ave-
va evitato di dare una qualificazione sostanziale o anche solo copertura legislativa espressa alle
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 9
Tale configurazione ha trovato poi definitiva consacrazione nella Carta fon-
damentale, che, mentre con l'art. 24 pone su di un piano di perfetta parit i
diritti soggettivi e gli interessi legittimi accordando ad entrambe le posizioni
soggettive la garanzia costituzionale della tutelabilit in sede giurisdizionale,
all'art. 113 Cost. proclama sempre ammessa, avverso gli atti della pubblica
amministrazione, la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi,
con ci implicitamente riconoscendo che, a fronte di un determinato episodio di
esercizio del potere autoritativo, la titolarit di interessi differenziati e qualificati
in capo al singolo porta con s la pretesa a ricevere adeguata protezione dall'or-
dinamento giuridico.
Dette nozioni sono poi state recepite dall'art. 7 della legge T.A.R. n.
1034/1971, come modificata dalla L. 205/2000, (norma ora trasfusa in parte qua
nell'art. 30 cod. proc. amm.), che, sensibile alle sirene della sentenza delle S.v.
della Cassazione n. 500/1999, ha riconosciuto la tutela anche risarcitoria dell'in-
teresse legittimo (sul punto v. sez. II, cap. IV).
Infine, ulteriore e definitiva conferma alla configurazione dell'interesse le-
gittimo nei termini sopra delineati si rinviene nel recentissimo codice del pro-
cesso amministrativo (D.Lgs. 104 del 2010), il quale, nell'individuare nel G.A.
il giudice naturale degli interessi legittimi, ha sancito il definitivo passaggio del
processo amministrativo da giudizio sull'atto a giudizio sul rapporto, con ci
consacrando definitivamente l'interesse legittimo quale posizione giuridica di
pari dignit del diritto soggettivo (sul punto v.,funditus, sez. II, capitoli I ss.).
Sulla distinzione tra diritti ed interessi, determinante ai fini del riparto, si
rinvia al cap. II.
2. I tentativi di dare una definizione dell'interesse legittimo nell'evoluzione
dottrinale
Tutte le leggi citate, dalla L.A.C. al codice del processo amministrativo, non
forniscono alcuna indicazione in ordine ai tratti caratterizzanti dell'interesse le-
gittimo che consentano di coglierne il reale substrato sostanziale.
di natura dottrinale, quindi, la matrice concettuale della relativa nozione,
elaborata e progressivamente definita nel preciso intento di farla assurgere al
rango di situazione soggettiva sostanziale, in qualche modo simmetrica al diritto
soggettivo.
posizioni individuali diverse dai diritti civili e politici attribuiti dall'art. 2 al g.O., preferendo
ricondurle genericamente nella massa informe di affari non ricompresi nell'articolo precedente.
Tuttavia, pur con tutti i suoi limiti, l'art. 3, L.A.C. pose le basi per la creazione ed il successivo
sviluppo della giurisdizione amministrativa di legittimit sugli atti della P.A. e quindi per la tutela
degli interessi legittimi al cospetto dei pubblici poteri.
Rilievi critici
1
a
obiezione:
non si distingue
tra l'interesse
a ricorrere
e l'interesse
sostanziale
lO L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
2.1. La teoria del! 'interesse occasionalmente protetto
Le teorie coniate in materia d'interesse legittimo nascono con l'elaborazione
dottrinale dell'interesse occasionalmente protetto, secondo cui ci troveremmo
di fronte ad un interesse strumentale al perseguimento ed alla massimizzazione
dell'interesse pubblico. -
Pertanto, l'interesse del privato non sarebbe ,tutelato in s, ma soltanto nella
misura in cui coincida e possa rafforzare la tutela dell'interesse pubblico.
Questa impostazione, alla stregua della quale l'interesse non avrebbe una ri-
levanza autonoma ma sarebbe soltanto un riflesso della protezione che viene
accordata all'interesse pubblico, stata da tempo superata sulla base della sem-
plice constatazione che, cos argomentando, si giungerebbe a negare autonomia
alla categoria dell'interesse legittimo. Inoltre appare paradossale che un interes-
se legittimo possa essere creato da una norma che, per definizione, si disinteressa
dello stesso: non v', infatti, chi non veda la contraddizione insita in una linea di
pensiero secondo cui l'interesse legittimo troverebbe fondamento in una norma
diretta al solo perseguimento dell'interesse pubblico.
Infine, l'obiezione pi stringente si basa sull' osservazione secondo cui non
sempre vero che interesse legittimo ed interesse pubblico vadano di pari
passo. Ci sono alcuni casi in cui l'atto amministrativo illegittimo nonostante
sia pienamente soddisfacente per l'interesse pubblico. Infatti, in materia di an-
nullamento dell' atto amministrativo in sede di autotutela (v. art. 21-nonies L.
241/1990 su cui v. parte III, cap. VIII, 4.2.), si osservato che l'annullamen-
to non doveroso, pur in presenza di un vizio di legittimit, ma discrezio-
nale, in quanto la P.A., prima di rimuovere l'atto, deve valutare l'attualit e la
concretezza dell'interesse all'annullamento, comparando l'interesse pubblico
e quello privato, al fine di decidere se sia opportuno, per la migliore realizza-
zione dell'interesse pubblico, mantenere in vita l'atto amministrativo affetto
da un vizio di legittimit.
2.2. La teoria processualistica
La seconda teoria quella processualistica. Secondo questa tesi, l'interesse le-
gittimo non avrebbe carattere sostanziale, concretandosi in un potere di reazione
processuale del destinatario nei confronti del provvedimento amministrativo le-
sivo della sua sfera giuridica, inteso a determinarne l'annullamento.
Detto orientamento, nell'attribuire rilievo solo processuale all'interesse le-
gittimo, sembra tuttavia non cogliere la distinzione tra interesse a ricorrere ed
interesse sostanziale sottostante.
L'interesse a ricorrere costituisce, infatti, una condizione dell'azione e sus-
siste nel momento in cui la pronuncia dell'autorit adita possa rivelarsi, in via
teorica, utile per l'interessato. Si distingue pertanto nettamente dall'interesse
sostanziale, cio dalla posizione soggettiva che il privato vuole tutelare; del re-
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 11
sto, deve ritenersi assolutamente pacifica la distinzione tra l'interesse al ricorso,
nozione di carattere processuale, e l'interesse legittimo, nozione di carattere so-
stanziale (dal che discende, nella prassi, la possibilit che a fronte di una posizio-
ne d'interesse legittimo risulti carente l'interesse a ricorrere).
La seconda, e fondamentale, critica si basa sulle considerazioni svolte in pre- 2
a
obiezione:
. l l l dII" l' . l .. valenza
cedenz
a
CIrca a va enza preprocessua e e mteresse egIttlmo: ta e posIz1One preprocessuale
soggettiva, infatti, nella prospettazione seguita dalla teoria processualistica, na- dell'interesse
sce solo in presenza di un provvedimento amministrativo lesivo, per cui solo legittimo
in seguito all'emanazione dell'atto si verrebbe a creare la base per poter adire
gli organi di giustizia. Prima dell'adozione dell'atto lesivo, invece, il privato
sarebbe portatore di un mero interesse di fatto, ovvero di un interesse semplice
che non ha alcuna rilevanza dal punto di vista giuridico. Ebbene, quest'afferma-
zione cos radicale mal si concilia, oltre che con le pi autorevoli elaborazioni
dottrinali, anche con il dato legislativo, cio con la considerazione che la L.
241/1990 accorda tutela all'interesse legittimo ben prima dell'emanazione del
provvedimento amministrativo; anzi la sede procedimentale costituisce proprio
il momento principale nel quale il privato pu far valere il suo interesse legittimo
per influire sull'azione amministrativa (v., sul procedimento, parte III, cap. V).
2.3. L'interesse legittimo come interesse strumentale alla legittimit dell 'azio-
ne amministrativa
La terza teoria concepisce l'interesse legittimo come un interesse strumentale
alla legittimit dell'azione amministrativa. In sostanza l'interesse legittimo vie-
ne individuato come pretesa del privato a che la P.A. si comporti legittimamente:
esso, quindi, si sostanzia in una pretesa al legittimo esercizio del potere ammi-
nistrativo.
La tesi in esame, tuttavia, desta perplessit, in quanto sembra introdurre Rilievi critici
nell'ambito del giudizio amministrativo una sorta di azione popolare, attribuen-
do a ciascun privato la pretesa generale a che la P.A. osservi un dovere, anch'es-
so generale, di comportarsi correttamente.
Non si riesce infatti a comprendere, in primo luogo, a chi sia riconosciuta in
concreto la possibilit di esercitare tale pretesa (ed in particolare se debba essere
riconosciuta a tutti, posto che rientra nell'interesse generale che l'amministra-
zione operi legittimamente).
Questa prima critica stata superata mediante l'individuazione di alcune po-
sizioni legittimanti, in presenza delle quali la pretesa alla legittimit dell'azione
amministrativa si concretizza in capo al singolo in modo tale che lo stesso abbia
un interesse differenziato e qualificato che gli consenta di farla valere in concre-
to; Cos, ad esempio, si detto che posizioni legittimanti sono la preesistenza di
un diritto soggettivo leso dal provvedimento amministrativo, o il dovere della
P.A. di rispondere ad una certa istanza o di adottare un certo provvedimento o,
Funzione
della norma
attributiva del
potere
12 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
ancora, la circostanza che il privato sia destinatario di un precedente provvedi-
mento, o abbia partecipato ad una gara o ad un concorso.
La teoria in esame non riesce tuttavia a rispondere alla seconda obiezione, se-
condo cui l'interesse legittimo non pu avere ad oggetto la legittimit dell'azio-
ne amministrativa, bens il bene della vita, di carattere sostanziale, che il privato
vuole conseguire con la sua richiesta e con la s u ~ azione.
persino banale, infatti, osservare che al privato non importa la legittimit
in quanto tale dell'azione amministrativa ma la soddisfazione del suo interesse
sostanziale. Ad esempio, nel momento in cui il soggetto chiede un'autorizzazio-
ne per lo svolgimento di una determinata attivit, l'oggetto sostanziale dell'in-
teresse legittimo non la legittimit del procedimento per il rilascio dell'auto-
rizzazione, ma proprio la possibilit di svolgere quella determinata attivit cui
l'autorizzazione risulta funzionale (v. al riguardo sez. II).
E' evidente, dunque, che nemmeno la tesi dell'interesse strumentale alla le-
gittimit dell'azione amministrativa coglie il nocciolo dell'interesse legittimo,
ossia l'utilit concreta che il privato intende conseguire.
2.4. La teoria normativa
La teoria pi diffusa in sede dottrinale quella normativa elaborata dal NIGRO,
che costituisce il punto di approdo dopo gli studi critici condotti su tutte le ipo-
tesi precedenti.
Alla base della teoria normativa, di recente recpita dalla decisione n. 312011
dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, c' la rivisitazione della premessa
di fondo, propria di altre teorie, secondo cui la norma attributiva del potere am-
ministrativo sarebbe funzionale al solo soddisfacimento dell'interesse pubblico.
In realt tale asserzione non convince perch, nel momento in cui una norma
attribuisce un potere alla P.A., essa tiene conto (nel disciplinarlo e nel delimi-
tarlo) sia dell'interesse pubblico che deve essere soddisfatto attraverso l'eser-
cizio del potere, sia degli interessi privati che sono in qualche modo coinvolti
nell' esercizio del potere amministrativo.
Non affatto vero, quindi, che la norma giuridica attributiva del potere sia
funzionale esclusivamente alla massimizzazione dell'interesse pubblico; la nor-
ma giuridica attributiva del potere una norma che effettua una mediazione, una
valutazione complessiva degli interessi pubblici primari, degli interessi pubblici
secondari, nonch di tutti gli interessi privati, pi o meno rilevanti, che vengono
presi in considerazione con riferimento alla fattispecie in questione.
Tale conclusione tanto pi condivisibile ove si consideri che il potere am-
ministrativo non si esercita in modo avulso dalla realt. Il potere pubblico deve
necessariamente fare i conti con le aspettative e gli interessi dei privati: sarebbe
infatti assurdo pensare che la norma, nell'attribuire un potere che va ad incide-
re in modo pi o meno significativo sulle posizioni soggettive dei privati, non
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 J3
consideri tali aspetti e si limiti semplicemente a massimizzare l'interesse pub-
blic0
2
.
Il presupposto della teoria del Nigro risiede pertanto nella considerazione che
la norma attributiva del potere una norma che regolamenta e, di conseguenza,
soppesa anche gli interessi privati coinvolti nell' esercizio dell'attivit ammini-
strativa.
Questa circostanza tanto pi vera oggi, in presenza di tutta una serie di
precetti di carattere costituzionale e di legislazione ordinaria che contemplano
ipotesi di contatto e necessario contemperamento tra gli interessi dei privati e
l'attivit della P.A.: si pensi, ad esempio, al principio di imparzialit e di buon
andamento cui si deve improntare l'esercizio dei pubblici poteri a norma dell' art.
97 Cost.; ai plurimi adempimenti intesi a consentire al privato di far valere i
suoi interessi nel corso del procedimento (ad es. la comunicazione di avvio del
procedimento, l'indicazione del responsabile del procedimento ecc.) cui deve
soggiacere la P.A., ancor prima dell'esercizio del potere conferitole per la realiz-
zazione delle sue finalit; alla tutela dell'affidamento ingenerato nel privato da
atti e comportamenti dell'amministrazione (v. parte III, cap. I, 4.3.).
chiaro, allora, che la procedimentalizzazione e la democratizzazione
dell'azione amministrativa rappresentano la testimonianza del fatto che la nor-
ma attributiva del potere considera, nel contempo, anche l'interesse del privato.
Il problema vero (che spesso ha portato a ritenere che l'interesse del privato
non sia considerato dalla norma attributiva del potere) consiste nel fatto che,
sovente, la considerazione degli interessi dei privati avviene implicitamente, in
quanto la norma non chiarisce quali sono gli interessi privati rilevanti, quale
tutela devono ricevere ed in che modo devono essere comparati con l'interesse
pubblico, ma li valuta soltanto in via implicita ed indiretta.
Per ovviare a tale problema e, soprattutto, alle difficolt interpretative che
ne conseguono, il Nigro ha elaborato la teoria dei c.d. blocchi normativi, alla
stregua della quale si demanda all'interprete la funzione di chiarire la rilevanza
e la pregnanza dell'interesse privato, attraverso una ricognizione complessiva
della disciplina normativa e dei principi regolatori della materia, per colmare le
lacune delle singole norme ed avere un quadro completo di quelli che sono gli
interessi privati rilevanti.
Il primo presupposto della teoria in esame , dunque, quello secondo cui
l'interesse del privato, considerato in via diretta od in via implicita attraverso
i blocchi normativi, consiste in una situazione soggettiva qualificata e presa in
considerazione dalla norma attributiva del potere.
I ~ secondo caposaldo del pensiero del Nigro che quest'interesse del privato,
qualIficato dalla norma e, come tale, differenziato dall'interesse del quisque de
~ In questo modo il giudizio amministrativo si concreta in una verifica sostanziale di quello che
11 bene della vita che il privato vuole raggiungere.
La teoria dei
c.d blocchi
normativi
Ilpotere di
influenzare
l'azione
amministrativa
14 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
populo, non un mero interesse alla legittimit formale dell'azione amministra-
tiva, ma una posizione di vantaggio in ordine ad un bene della vita di cui s'inte-
ressa la norma attributiva del potere. Interesse quindi differenziato, in relazione
allo specifico rapporto, al bene della vita, che vantato dal singolo e non dalla
collettivit indifferenziata; e qualificato, in quanto preso in considerazione, pur
se implicitamente, dalla norma attributiva del
Da quanto precede risulta che l'interesse legittimo altro non che il potere
riconosciuto al privato di influire sull'azione amministrativa, condizionandola,
al fine di tutelare il bene sostanziale alla cui conservazione o acquisizione il
privato stesso aspira.
Il modello in esame stato recepito dal recentissimo codice del processo am-
ministrativo, che, sulla scorta di una tendenza inaugurata dalla sento n. 500/1999
delle S. U della Cassazione, ed ancor pi dalle leggi nn. 15 e 80 del 2005, ha
riconosciuto la tutelabilit diretta, anche in via risarcitoria, dell'interesse legit-
timo, facendo leva sul carattere sostanziale della posizione e sulla rilevanza del
bene della vita inciso negativamente per effetto dell'illegittimit provvedimen-
tale e delineando in tal modo un sistema di tutela che, prescindendo dalla even-
caducazione dell'atto lesivo, transiti per l'accertamento della fondatezza
sostanziale della pretesa (v. sez. II, capitoli I ss.).
2.5. I riflessi della teoria normativa
Partendo da questo presupposto possono chiarirsi una serie di problemi emersi
dalla disamina delle diverse teorie:
in primo luogo l'interesse del privato, lungi dall'essere ignorato dalla norma
attributiva del potere, viene da questa qualificato e differenziato dall'interesse
della generalit dei consociati;
l'interesse del privato, qualificato dalla norma, attiene ad un bene della vita
e non si sostanzia nell'interesse alla mera legittimit, in astratto, dell'azione am-
ministrativa;
l'interesse del privato non ha natura processuale ma sostanziale: il riflesso
processuale solo eventuale e successivo, mentre l'interesse legittimo ha na-
tura sostanziale, in quanto costituisce una situazione giuridica soggettiva presa
in considerazione direttamente dalla norma attributiva del potere. Interesse le-
gittimo ed interesse processuale a ricorrere sono quindi concetti distinti, come
dimostrato dal fatto che anche il titolare dell'interesse legittimo pu non essere
titolare di un interesse attuale a ricorrere ai sensi dell'art. 100 C.p.c. (per es. ove
la rimozione del provvedimento lesivo non possa attribuire alcuna utilit sostan-
ziale; oppure qualora la lesione non sia certa ed attuale; V. sez. II, cap. II);
l'interesse legittimo non si attualizza con l'emanazione del provvedimento
amministrativo ma diventa concretamente vitale nel momento in cui viene atti-
vato il meccanismo procedimentale, cio quando la P.A. comincia ad interessarsi
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 15
del bene sostanziale del privato: in questo momento che il privato vede concre-
tizzarsi l'interesse legittimo a tutelare il bene sostanziale coinvolto, pi o meno
significativamente, dall' azione amministrativa;
dall'interesse legittimo va distinto il c.d. interesse amministrativamente pro-
tetto, ossia l'interesse al merito dell'azione amministrativa, eccezionalmente tu-
telato in sede di giurisdizione di merito e di norma tutelabile con i soli rimedi
giustiziali (v. sez. V).
. Da tali corollari deriva un concetto diverso in ordine alla funzione del pro- Lafonzione
.. . h . Il' . Il 1 d Il . del processo
cesso ammInIstratIvo, c e conSIste ne a remtegrazIOne e ne a tute a e a POSI- amministrativo
zione sostanziale del privato, ingiustamente sacrificata dalla illegittima azione
amministrativa.
Quindi la funzione del processo, arricchita della possibilit di assicurare an-
che la tutela risarcitoria, di accertamento, di condanna e cautelare non quella
di redimere l'azione amministrativa per renderla astrattamente legittima, bens
quella di attribuire al soggetto leso l'utilit che gli stata a torto negata o far
venir meno il danno che gli stato ingiustamente inferto. Non infatti pensabile
che il Giudice amministrativo possa accertare la spettanza del bene della vita al
solo fine di assicurare il ristoro economico del danno derivante dalla sua ingiusta
negazione, ossia al fine dell'attribuzione dell'equipollente valoristico del bene
negato, e non allo scopo dell'attribuzione specifica di quest'ultimo.
Di qui la crisi del giudizio impugnatorio e l'abbraccio di un modello pro-
cessuale che, nella prospettiva del giudizio sul rapporto piuttosto che sull'atto,
deve farsi carico delle posizioni sostanziali pi che della legittimit formale del
provvedimento amministrativo.
3. [Segue] contenuto e tecniche di tutela dell'interesse legittimo alla luce
delle leggi nn. 15/2005 e 80/2005 e del codice del processo amministrati-
vo: l'interesse al bene della vita
Anche l'interesse legittimo ha quindi natura sostanziale e non pu essere consi-
derato una posizione minore.
, invece, una posizione di pari dignit, pur se tutelata in modo diverso, con
un grado di protezione che deve fare i conti con l'intermediazione dell'attivit
amministrativa (particolarmente intensa per il potere discrezionale), finalizzata
alla tutela dell'interesse pubblico.
La distinzione tra diritto ed interesse ha poi assunto rilievo sul piano delle Infavore
tecniche di tutela e delle forme di protezione. dell'interesse
legittimo
Prima degli interventi riformatori degli ultimi anni, a fronte di un diritto esperibile la
soggettivo tutelato in modo pieno e con pronunce reintegratorie e risarcitorie, sola tutela di
t
't t' d' h' . Il . 1 . . 1 1 d' annullamento
cOS l u Ive e IC IaratIve, a 'mteresse eglttImo spettava la so a tute a l an- in sede
nullamento (oltre a quella procedimentale consacrata dalla L. 241/1990, quale giurisdizionale
tecnica di condizionamento preventivo dell' esercizio del potere), mentre erano
16 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
negate la tutela risarcitoria e quella di accertamento. Il proprium della posizione
soggettiva avente la consistenza d'interesse legittimo - inserendosi in un con-
testo di soggezione all'esercizio del potere amministrativo - stato infatti da
sempre ravvisato nell'impossibilit del giudice di invadere l'esercizio del potere,
di spettanza esclusiva della Pubblica Amministrazione. In sostanza, la tutela giu-
risdizionale non si estrinsecava nell' accertament> diretto della fondatezza della
pretesa (inibito dalla riserva di tale verifica alla P.A.), ma nella mera valuta-
zione estrinseca della correttezza dell'intermediazione amministrativa. Di qui il
precipitato del carattere parentetico della tutela giurisdizionale amministrativa,
che si risolve tradizionalmente nel mero annullamento del provvedimento con
salvezza del riesercizio del potere (art. 29 cod. proc. amm., gi art. 26 L. T.A.R.)
e non in un accertamento diretto del rapporto: la sentenza del O.A. allora stata
concepita come un mero apostrofo tra il prima ed il dopo del fluire dell'azione
amministrativa, incapace di fornire una risposta definitiva all'istanza sostanziale
di tutela del ricorrente.
Tuttavia, le vistose differenze riscontrate, fino ad un recente passato, tra le
forme di tutela predisposte in favore dell'una e dell'altra situazione di vantaggio,
in gran parte dovute al carattere eterogeneo del modello processuale di riferi-
mento, risultano oggi notevolmente sfumate, per effetto delle conquiste ottenute
sul terreno giurisprudenziale, culminate nella demolizione del dogma dell'irri-
sarcibilit del danno da lesione di interessi legittimi - ad opera della citata sen-
tenza n. 500/1999 della Corte di legittimit -, che ha poi trovato consacrazione
legislativa in occasione della riforma del processo amministrativo, operata con
la L. 205/2000 ed, in via pi integrale, con il codice del processo amministrativo
(D.Lgs. 104/2010), nonch grazie al riconoscimento dell'autonoma esperibilit
dell'azione risarcitoria indipendentemente dalla proposizione del ricorso per an-
nullamento (consacrata oggi dall'art. 30 cod. proc. amm. e, ancor prima, dalla
recente sentenza 23 dicembre 2008 n. 30254 delle S.v. della Cassazione: v. sez.
II, cap. IV, 7.1.2.).
Il dogma del diniego di tutela dichiarativa stato poi strozzato con l'azione
di nullit introdotta dall'art. 21-septies della L. 241/1990.
La declaratoria Inoltre, le recenti riforme in tema di invalidit del provvedimento am-
di nullit del ministrativo (art. 2l-octies della L. 241/1990, introdotto dalla L. 15/2005) e
provvedimento
ex art. 21- di silenzio (art. 2 della L. 241, riscritto dalla L. 80/2005 e confermato dalla
septies, L. L. 69/2009, nonch, da ultimo, ex artt. 117 ss. cod. proc. amm.), hanno ro-
241/1990 . '1 d . . d . d 1 d Il d' t t 1
vesclato 1 escntto carattere parentetlco e estrmseco e mo e o 1 u e a,
premendo l'acceleratore, almeno per le attivit vincolate, verso un modello
che consenta al giudice non solo di sindacare ab extra la legittimit formale
dell'atto, ma anche di valutare la fondatezza sostanziale della pretesa ammi-
nistrativa o privata (a seconda che si tratti di interessi oppositivi o pretensi-
vi). Di qui l'agognata trasformazione del giudizio amministrativo da giudizio
sull'atto a giudizio sul rapporto; e soprattutto della sentenza che lo definisce
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 17
da apostrofo tra il prima e il dopo dell'azione amministrativa a punto fermo
che definisce au fond la res litigiosa.
Quanto alla prima disposizione non pu revocarsi in dubbio, infatti, che la nuova disci-
plina dettata in tema di vizi procedimentali e di forma dall' art. 21-octies, comma 2, della
legge sul procedimento amministrativo rappresenti il punto di approdo pi maturo della
lenta ma progressiva evoluzione giurisprudenziale e normativa sull'argomento, consa-
crando positivamente la profonda trasformazione subita dal processo amministrativo, da
giudizio esterno sulla legittimit formale dell'atto in relazione ai vizi censurati, secondo
il modello impugnatori o classico, a controllo pi penetrante da parte del giudice, esteso
al rapporto sottostante amministrazione-amministrato.
Il referente normativo suddetto, nell'escludere la sanzione dell'annullamento nei
confronti dell'atto affetto da illegittimit formali e procedurali che non abbiano avuto
un'influenza determinante sul contenuto dispositivo del provvedimento, a carattere so-
stanzialmente vincolato, assume il valore incontrovertibile di un riconoscimento espres-
so, da parte del Legislatore della novella, della possibilit - invero gi ammessa in via
pretoria - di un sindacato giudiziale sulla correttezza effettiva e concreta dell' agire dei
pubblici poteri, che non pu che tradursi nella verifica della fondatezza sostanziale della
pretesa vantata dal ricorrente in caso di interessi pretensivi; cos come della fondatezza
sostanziale della pretesa della P.A. in caso di interessi oppositivi.
Per questa via, l'intervento riformatore del 2005 mostra di recepire compiutamente
il mutamento registrato nella riflessione dottrinale e giurisprudenziale dell 'ultimo de-
cennio, accogliendo una concezione sostanzialistica di interesse legittimo, inteso come
posizione giuridica di vantaggio di natura sostanziale, in quanto correlata ad un interesse
materiale del titolare ad un bene della vita.
N e discende, a m di corollario, la diretta rilevanza, attribuita dal citato art. 21-octies,
della possibilit effettiva di realizzazione della pretesa sostanziale del privato ai fini
dell'annullabilit del provvedimento illegittimo, il che equivale ad affermare che l'esi-
to demolitorio tradizionalmente ricollegato all'accertamento dell' illegittimit dell' atto
impugnato andr negato quante volte risulti acclarata l'assenza di un collegamento tra
la violazione della norma nella quale la P.A. incorsa e la compromissione definitiva
dell'interesse materiale ad un bene finale.
Alla stregua di questa rinnovata impostazione, dunque, l'interesse legittimo, pur
senza perdere il carattere di posizione giuridica collegata all'interporsi del provvedi-
mento amministrativo al soddisfacimento della pretesa sostanziale, non si atteggia pi
ad interesse formale alla legittimit del provvedimento che neghi o sottragga il bene,
ma diviene pretesa a che una determinata utilit non venga negata o sottratta se non alle
condizioni prefissate dall'ordinamento. In tutti i casi in cui la disciplina concreta della
fattispecie porti ad escludere la possibilit di soddisfacimento dell'interesse sostanziale,
viene allora a mancare, ad un tempo, il pregiudizio al bene della vita e la lesione dell'in-
teresse legittimo.
Pertanto, non pare azzardato affermare, alla luce dei nuovi assetti disegnati dalla
novellata L. 241/1990, che il provvedimento amministrativo cessa di essere l'oggetto
principale del giudizio, rappresentandone al pi l'occasione, in qualit di semplice pre-
supposto processuale o di condizione dell'azione, per consentire al giudice o meglio,
L'art. 21-octies,
L. 241/1990:
dal giudizio
sul!' atto al
giudizio sul
rapporto
sottostante
L'interesse
sostanziale al
bene della vita
18 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
per imporgli, almeno con riferimento all'attivit vincolata, uno scrutinio sulla bont e
correttezza del risultato perseguito dalla P.A. attraverso il provvedimento impugnato.
Sul tema v. sez. II, capitoli I ss.
Nella stessa direzione, peraltro, sembrano andare la legge di conversione (L. 8012005)
Il nuovo del decreto L. 35/2005 ed il successivo codice del processo amministrativo, che struttu
rano il giudizio sul silenzio-inadempimento della P.A. come vero e proprio momento di
SIlenzIO d Il . 1 dI'" d'
verifica della fondatezza e a pretesa so stanzia e e Citta mo.
La nuova disciplina, laddove afferma che il Giudice amministrativo conosce la fon-
datezza dell'istanza, costituisce limpida espressione della volont legislativa di allargare
l'oggetto del giudizio, non pi limitato all'accertamento, di natura formale, della vio-
lazione dell' obbligo di rispondere tempestivamente in modo esplicito alle richieste del
privato, ma allargato alla verifica della fondatezza sostanziale posta a fondamento del
ricorso e della domanda.
Si assiste cos a quello che stato definito, con espressione suggestiva, un fenomeno
di osmosi della posizione d'interesse legittimo con la struttura propria del diritto sog-
gettivo: una volta riconosciuto che il giudizio amministrativo si sostanzia nella verifica
della spettanza del bene della vita anelato dal privato, giocoforza concludere nel senso
che l'utilit finale medesima non pi esterna all'interesse legittimo, ma diventa interna
allo stesso, in una logica relazionale simile a quella che governa le posizioni tradizional-
mente ricostruite in termini di diritti soggettivi. E tanto riflettendo la mutata concezione
del rapporto tra amministrazione ed amministrato, per molti versi assimilabile al model-
lo relazionale proprio del rapporto obbligatorio, in quanto legittima il privato alla diretta
rivendicazione del bene in sede processuale, senza dover passare attraverso il filtro di
una scelta amministrativa a lui favorevole.
Sul tema del silenzio-rifiuto v. parte III, cap. IV, 3.
3.1. L'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed il codice del processo am-
ministrativo confermano la dimensione sostanziale del! 'interesse legittimo: il
bene della vita messo al centro del palcoscenico
L'art. 44 della La dimensione sostanziale dell'interesse legittimo, messa al centro della rifles-
legge delega sione di Nigro, e l'esigenza di una sua piena tutela, predicata dalla pi recente
giurisprudenza, hanno trovato piena conferma con una previsione della legge
delega per la riforma del processo amministrativo, che costituisce sembra senza
dubbio la norma pi importante nella storia della giustizia amministrativa dal
1889, ovvero dalla creazione del giudice amministrativo con la quarta sezione
del Consiglio di Stato. l'art. 44, comma 2, lettera b), n. 4, della L. 69/2009, che,
nei criteri di delega per l'emanazione del codice del processo innanzi al O.A.,
stabilisce la previsione, confermata dal disegno di codice varato 1'8 febbraio
VIene suggellata O d' d' h" .. d' d'd dd' f: 1
la nozione 201 , i pronunce lC laratIve, costItutIve e 1 con anna 1 onee a so lS are a
sostanziale pretesa della parte vittoriosa.
di interesse Con tale norma si suggella, in primo luogo, una concezione moderna e una
legittimo
filosofia nuova dell'interesse legittimo: sono infatti seppellite definitivamente le
nozioni che hanno preceduto l'impostazione di Nigro.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 19
L'interesse legittimo non certo un interesse occasionalmente protetto: im-
pensabile che un interesse abbia fondamento in una norma che si disinteressa
di esso. Come pure assurda la nozione di situazione meramente processuale:
evidente che l'interesse legittimo nasce, o meglio si attualizza, ben prima del
provvedimento e, spesso, anteriormente anche all'avvio del procedimento. Su-
perato, perch disperatamente antico ed anacronisticamente romantico, pure il
concetto di interesse alla legittimit dell'azione della pubblica amministrazione:
il privato ambisce ad un bene della vita, non certo alla legittimit formale, in
quanto tale, dell'azione pubblica. La legittimit dell'azione amministrativa ,
per il ricorrente, non un fine ma un mezzo, uno strumento per agguantare un
bene che non ha (l'interesse pretensivo) o per difendere un bene che ha dalle
grinfie ablatorie dell'amministrazione che vuole strapparglielo (l'interesse op-
positivo).
La legge del 2009 suggella cos la nozione pi moderna di interesse legittimo,
come situazione di stampo sostanziale, forgiata da Nigro. L'interesse legittimo
ha a fondamento il bene della vita, quindi una utilit pratica di stampo materiale
e talora anche di natura morale.
Il codice del processo, tuttavia, non ha tenuto fede a tutte le attese.
Mentre, infatti, la versione originaria varata dalla commissione prevedeva
esplicitamente l'esperibilit, a tutela dell'interesse legittimo, anche delle azioni
di accertamento e di esatto adempimento, il decreto legislativo n. 104/2010 si
limitato a prevedere, in aggiunta alla tutela impugnatoria ex art. 29, l'azione
di condanna ex art. 30, l'azione avverso il silenzio e l'azione dichiarativa della
nullit (queste due ultime contemplate dall'art. 31).
Nonostante questa massiccia dose di timidezza, il codice compie un ulteriore
passo verso il traguardo dell'esaustivit delle tecniche di tutela dell'interesse
legittimo, in quanto, da un lato, ammette l'esperibilit dell'azione risarcitoria
autonoma rispetto a quella impugnatori a, e per altro verso codifica l'azione di
accertamento in materia di nullit.
Inoltre, il silenzio della versione definitiva del testo normativo sulle azioni di
condanna e di accertamento atipiche, non sintomatico della volont del Legi-
slatore di escluderne l'ammissibilit. Come si vedr nei capitoli dedicati alle sin-
gole azioni, infatti, tanto la dottrina che le prime applicazioni giurisprudenziali
delle nuove norme (vedi, in particolare, Cons. Stato, Ad Plen., decisioni nn. 3 e
15 del 2011) sono concordi nel ritenere ammissibili le azioni in questione.
Nello specifico, l'azione di condanna pubblicistica (c.d. azione di esatto
adempimento) tesa ad una pronuncia che, almeno per le attivit vincolate, co-
stringa la P.A. ad adottare il provvedimento satisfattorio, cos da dare vita ad
un giudizio sul rapporto. Tale tecnica di tutela, pur se non contemplata in via
generale, ammessa in materia di silenzio dall'art. 31, comma 3, del codice; in
tema di contratti pubblici, dall'art. 124 dello stesso cod. proc. amm.; l'art. 4 del
d. 19s. n. 198/2009, inoltre, consente l'azione in parola in materia di azione col-
20 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
lettiva di classe (v. 7.2.2. ss.). Che tali norme siano espressione di un principio
generale ricavabile, oltre che dai principi costituzionali e comunitari in tema di
pienezza ed effettivit della tutela giurisdizionale, dalla dizione generale dell'art.
30, comma 1, del codice del processo, in materia di azioni di condanna, e dal di-
sposto dell'art. 34 dello stesso codice, che, nello stabilire in via generale il con-
tenuto delle pronunce adottabili dal G.A., fa riferimento, alla lett. c) del comma
1, alle misure idonee a soddisfare la situazione giuridica dedotta in giudizio. La
norma, riecheggiando il disposto dell'art. 44 della legge delega, ammette impli-
citamente che, per gli interessi pretensivi, la pronuncia debba avere una valenza
satisfattoria in senso sostanziale, e quindi contenere misure attributive del bene
della vita
3

Il transito del processo amministrativo verso un giudizio sul rapporto poi


corroborato dalla previsione di cui all'art. 32 cod. proc. amm., il quale, al fine di
conferire effettivit applicativa al ventaglio di azioni astrattamente esperibili in-
nanzi al G.A., prevede espressamente la possibilit di proporre contestualmente
una pluralit di domande, al fine di assicurare, in uno alla massima tutela delle
posizioni giuridiche soggettive, le istanze di concentrazione dei tempi e dei mez-
zi processuali da pi parti evocate 4.
4. I criteri di distinzione tra diritti ed interessi e la loro rilevanza ai fini
della giurisdizione
La distinzione tra diritti ed interessi, se per certi versi sfumata sul piano degli
effetti che ne derivano in ordine al sistema delle tutele, rimane centrale ai fini
del riparto di giurisdizione. Ci in quanto, ai sensi dell'art. 103 Cost., al di
fuori delle materie di giurisdizione esclusiva (v. sez. III), il generale criterio
di riparto di giurisdizione basato sulla consistenza della posizione soggetti-
va azionata, sulla base della nota dicotomia diritto soggettivo=g.o.; interesse
legittimo=G.A.
Sul tema si rinvia alla trattazione di cui al cap. II.
3 Per una prima applicazione del potere di condanna atipica del g.a. ex art. 34 cod. proc.
amm., in ossequio alle coordinate tracciate da Cons. Stato, Ad. Plen. 23 marzo 2011, n. 3, V.
T.A.R. Roma, Lazio, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 32987, in materia di istruzione obbligatoria.
Il tema verr approfonditamente esaminato al cap. III della parte I del manuale.
4 Tanto efficacemente evidenziato da T.A.R. Campania, Napoli, 17 novembre 2010, n. 25205,
che ha peraltro puntua1izzato che "nell'ipotesi in cui le domande soggette a riti diversi siano
proposte non in via cumulativa ma l'una in via principale e l'altra subordinata, il disposto di cui
all'art. 32 del codice del processo amministrativo va interpretato alla luce dei principi di ragio-
nevolezza e di economia processuale, nel senso che non debba farsi luogo alla conversione del
rito camerale in rito ordinario ove il giudice ritenga accoglibile la domanda principale soggetta
al rito camerale, non dovendosi in tale caso scrutinare la domanda subordinata soggetta al rito
ordinario H.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 21
5. L'indifferenza dell'ordinamento comunitario alla dicotomia interesse
legittimo-diritto soggettivo
Per verificare, invece, l'influenza del diritto comunitario sulla resistenza della Premesse al
categoria dell'interesse legittimo come si venuta fin qui scandagliando, occor- problema
re prendere le mosse da due premesse fondamentali.
Innanzitutto, estranea all'ordinamento comunitario la distinzione tra interesse legitti-
mo e diritto soggettivo e, conseguentemente, la peculiarit delle relative forme di tutela
predisposte dall'ordinamento interno.
In secondo luogo, i principi di primazia e di effettivit dell'ordinamento comunitario
impongono che le posizioni giuridiche soggettive create e protette dalle fonti europee
non possano soggiacere ad un vuoto o ad una diminuzione di tutela sul piano qualitativo,
una volta introdotte nell'ordinamento giuridico nazionale e riqualificate in modo parti-
colare da parte del singolo ordinamento.
Ne deriva che l'operazione di riqualificazione, tipicamente italiana, delle posizioni
soggettive di derivazione comunitaria correlate all' azione autoritativa dei pubblici poteri
in termini di interessi legittimi non pu tradursi in un abbassamento del livello di tutela
al di sotto dello standard di effettivit che preteso dall'ordinamento europeo.
Stando cos le cose, un fuor d'opera annunciare la tesi dell'incompatibilit dell'interes-
se legittimo, e del criterio di riparto che esso determina (v. cap. II) con il quadro comunita-
rio, ossia affermare che nelle materie toccate dal diritto europeo le posizioni devono essere
necessariamente ricostruite dal Legislatore nazionale in termini di diritto soggettivo pieno.
La Corte di Giustizia ha escluso che il diritto comunitario possa spingersi fino al ... ancora
punto di sindacare la scelta nazionale operata in tema di qualificazione della posizione sull'autonomia
soggettiva e di conseguente designazione del giudice amministrativo come giudice com- nazionale ...
petente. Ci in quanto, in linea di principio, il diritto comunitario disciplina gli istituti
sostanziali, riservando alla sovranit degli Stati Nazionali la regolazione delle tecniche
processuali di tutela.
Pacifica essendo, allora, la libert di scelta del Legislatore interno sulla qualificazio- ... e sui suoi
ne della posizione e sull'individuazione del suo giudice naturale, si deve verificare se limiti
dalla predetta operazione e, soprattutto, dalla devoluzione ad un giudice diverso da quel-
lo ordinario, derivi una difficolt od impossibilit di tutela efficace. Donde la necessit
di rivisitare gli istituti del processo amministrativo al fine di verificare se gli stessi, per
avventura, non frappongano eccessivi ostacoli o troppe limitazioni alla tutela giurisdi-
zionale dell 'interesse legittimo.
Si rinvia sul punto alle considerazioni prima esposte ed a quelle di cui si dir nella Rinvio
sez. II in ordine alla risposta negativa fornita a tali quesiti con le leggi nn. 15 e 80/2005
di riforma del procedimento amministrativo e del regime del silenzio e con le novelle
della disciplina processuale, di cui alla L. 205/2000, n. 205 e, ancor pi, al codice del
processo amministrativo.
Si deve qui solo rammentare che dette norme ampliano il bagaglio delle tutele dell'in-
teresse legittimo cos da escludere in modo radicale che dalla riqualificazione in tali ter-
mini delle posizioni garantite dal diritto europeo possa derivare un vulnus al principio di
pienezza ed effettivit della tutela giurisdizionale.
Diritti
risolutivamente
condizionati ...
... e diritti so-
spensivamente
condizionati
Obiezioni:
alla teoria
del "tertium
genusi...
22 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
6. La classificazione degli interessi legittimi
6.1. Gli interessi legittimi mascherati da diritti risolutivamente o sospen-
sivamente condizionati
nota la tradizionale bipartizione degli interessi legittimi collegati ai diritti in
diritti risolutivamente condizionati e diritti condizionati in senso sospensivo,
all'interno di una pretesa categoria intermedia rispetto alle posizioni giuridi-
che di diritto soggettivo e d'interesse legittimo.
La categoria dei diritti risolutivamente condizionati (o esposti ad affievoli-
mento o degradabili o fievoli) trova storicamente fondamento nella considera-
zione che l'emanazione di un atto espressione del potere autoritativo - ancorch
illegittimo - implica la degradazione del diritto soggettivo toccato dalla statu-
izione in interesse legittimo. Si pensi al provvedimento di esproprio, idoneo a
degradare il diritto di propriet in interesse legittimo alla contestazione del non
legittimo esercizio del potere ablatorio.
I diritti risolutivamente condizionati vengono poi divisi in originari o deriva-
ti a seconda che il diritto sottoposto a degradazione sia un diritto di cui il privato
titolare a prescindere dall'azione amministrativa (si pensi al diritto di propriet,
degradabile con l'atto ablatorio), ovvero sia stato conseguito per effetto di un
atto amministrativo all'uopo adottato (si pensi al diritto alla gestione di un bene
ottenuto con concessione demaniale, suscettibile di affievolimento con l'atto di
revoca o con l'annullamento della concessione medesima).
La categoria del diritto sospensivamente condizionato (o in attesa di espan-
sione) fotografa, invece, la titolarit di un diritto in nuce allo svolgimento di una
certa attivit, necessitante, per diventare vitale, dell'intervento di un atto o di
un provvedimento amministrativo (per lo pi di carattere autorizzatorio) che ne
consentano in concreto l'effettivo esercizio. Si pensi al diritto del proprietario ad
edificare, in potenza insito nel diritto dominicale, ma suscettibile di espansione
solo con il conseguimento del permesso di costruire, che sprigiona facolt fino a
quel momento solo virtuali.
Non pi convincenti risultano, tuttavia, le due ricostruzioni storicamente date
di dette figure come posizioni intermedie tra diritti ed interessi, ovvero come po
sizioni dinamiche che degradano da diritti ad interessi od evolvono da interessi
a diritti.
Quanto alla teoria del tertium genus, si osservato in primo luogo che
la categoria dei diritti condizionati non introduce una nuova figura di posi-
zione giuridica soggettiva, ma si limita a descrivere un fenomeno, secondo
l'impostazione prevalente, di successione, cio di degradazione di un diritto
soggettivo in un interesse legittimo, o, viceversa, di espansione di un interesse
legittimo in un diritto soggettivo. Del pari in contrasto con la tesi del tertium
genus, si pone l'impostazione dottrinale prevalente, che, come si vedr, ri-
tiene che nelle ipotesi in esame ricorra la compresenza di interessi legittimi
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 23
e diritti soggettivi piuttosto che una figura intermedia carica di non pochi
profili di ambiguit.
Anche la teoria della successione, nella duplice veste della degradazione e
dell'espansione, non ha incontrato i favori della dottrina pi recente. Si osser-
vato, infatti, che il fenomeno della successione presuppone una divisione netta
(dal punto di vista cronologico) delle posizioni soggettive: nel caso del condi-
zionamento risolutivo fino ad un certo momento si avrebbe un diritto soggettivo;
dopo l'emanazione del provvedimento estintivo della P.A. si avrebbe un interes-
se legittimo a reagire nei confronti del provvedimento medesimo.
... ed alla
teoria della
successione
Con riferimento, poi, al condizionamento sospensivo, si avrebbe sino ad un Superamento
certo punto un interesse legittimo e, dopo l'emanazione del provvedimento au- definitivo della
teoria del/' al-
torizzatorio della P.A., un diritto soggettivo. fievolimento/
Questa netta scissione temporale per contraddetta dall'ovvia considerazio- riespansione del
diritto
ne, relativa al fenomeno dell'affievolimento, che il privato portatore di un in-
teresse legittimo al corretto esercizio del potere amministrativo, in un momento
gi precedente a quello in cui interviene il provvedimento della P.A. Non infatti
revocabile in dubbio (v. quanto gi detto nei paragrafi 2.2. ss.), specie dopo la L.
241/1990, che sin dal primo contatto con i pubblici poteri - che ha luogo con la
comunicazione di avvio del procedimento, ad esempio di esproprio - il cittadino
si trovi ad essere contestualmente titolare di una posizione di diritto soggettivo,
in qualit di proprietario del bene espropriando, e d'interesse legittimo al cor-
retto esercizio del potere ablatorio da parte dell'autorit procedente
5
Una volta
acquisito che l'interesse legittimo una posizione sostanziale, che si spende
anche nel procedimento per indirizzare l'azione amministrativa a tutela di un
bene della vita, concettualmente chiaro che il privato portatore di un inte-
resse legittimo al corretto esercizio del potere (ad es. ablatorio), anche nel corso
del procedimento relativo e, quindi, prima ancora che venga emanato il provve-
dimento finale. Il proprietario vede quindi tutelata la sua sfera giuridica come
diritto verso i privati o la P.A. che tenga comportamenti non collegati al potere; e
come interesse legittimo al corretto esercizio del potere ablativo della P.A.
La teoria dell'affievolimento perde ora anche consistenza pratica dopo il
riconoscimento della risarcibilit dell'interesse legittimo, completata dalla re-
cente ammissione di una tutela risarcitoria autonoma anche in caso di mancata
impugnazione dell'atto nel termine di decadenza (art. 30 cod. proc. amm.). In
5 M.ette conto rilevare, al riguardo, che anche al di fuori del considerato fenomeno della degra-
dazIOne/espansione, il nostro ordinamento contempla numerose ipotesi di coesistenza tra diritto
soggettivo ed interesse legittimo. Si consideri, a tacer d'altro, la situazione del proprietario del
v.anta, nei confronti degli altri privati, un diritto soggettivo (tutelato, in caso di violazio-
ne: III via npristinatoria o risarcitoria dagli artt. 872-873 c.c.) al rispetto delle distanze prescritte
edilizi e, al contempo, titolare di un interesse legittimo a che la P.A., in sede
di nlasclO della concessione edilizia, osservi le norme in punto di distanze, ornato, decoro e di
altezze, stabilite in materia edilizia.
L'art. 21-
septies della L.
241/1990
La distinzione
24
L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
passato, infatti, al fine di giustificare la risarcibilit della lesione dell'interes-
se legittimo, si riteneva necessario ricorrere al kafkiano congegno finzionisti-
co dell'affievolimento del diritto e della sua riespansione dopo l'annullamento
giurisdizionale del provvedimento lesivo. Ora, invece, la risarcibilit diretta ed
autonoma dell'interesse legittimo consente di riconoscere tutela (nel termine di
decadenza di centoventi giorni dal momento in cl,li il fatto si verificato) all' in-
teresse legittimo in quanto tale, che convive con il diritto soggettivo, abbando-
nando improbabili fenomeni metamorfici basati su meccanismi di successione e
trasformazione delle posizioni soggettive.
Si deve poi accennare in questa sede alla tesi secondo cui, dopo l'avvento
della categoria della nullit ai sensi dell' art. 21-septies della L. 241/1990 (v.
parte III, cap. VII, 3.2.2.), la teoria dell'affievolimento sarebbe ormai desti-
nata al pensionamento. E ci in quanto detta nullit, depurata dalla carenza di
potere - che integrerebbe in questa prospettiva una vera e propria ipotesi di
inesistenza - configurerebbe una fattispecie anch'essa di invalidit, ossia di
cattivo uso del potere amministrativo, a fronte del quale non pu che residuare
una situazione d'interesse legittimo. E tanto, ancora, sulla scorta del rilievo
che, diversamente da quanto opinato dai fautori dell'affievolimento, nel caso
di atto nullo, come in quello di atto annullabile, viene inciso l'interesse legitti-
mo che coesiste (ed posto a tutela) con il diritto soggettivo a fronte del potere
pubblico; con il che concettualmente inesatto, e sul piano disciplinatorio
fuorviante, discutere della capacit dell'atto nullo o annullabile di trasformare
il diritto in interesse.
In ambo i casi, l'atto espressione di un potere che lede il corrispondente
interesse legittimo del privato, con la conseguenza che non siamo al cospetto
di comportamenti materiali illeciti in carenza di potere, ma di forme di cattivo
uso dello stesso, sottoposto alla giurisdizione del G.A. (v. cap. II), pur se con
tecniche processuali di tutela diversa (tutela costitutiva-impugnatoria per l'atto
annullabile e dichiarativa per quello nullo).
v., meglio, sul tema cap. II, 3; sez. II, capitoli I e II, e parte III, cap. VII,
3.
6.2. Interessi oppositivi e pretensivi
Rivelatasi concettualmente fragile la costruzione teorica basata sull'affievo-
limento, maggiori consensi ha incontrato la distinzione corrente tra interessi
pretensivi ed interessi oppositivi, intendendo alludere, nell'un caso, all'in-
teresse fatto valere dal soggetto che aspira ad ottenere una certa utilit attraver-
so un provvedimento amministrativo ampliativo della propria sfera giuridica
(quale pu essere il rilascio di un permesso di costruire che gli consenta, in
concreto, l'esercizio dello ius aedificandi), nell'altro caso alla posizione del
privato inciso da un provvedimento volto a scalfire la sua preesistente sfera
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 25
patrimoniale (si pensi al decreto di espropriazione per pubblica utilit a fronte
del quale il privato si oppone all'effetto ablatorio di un bene preesistente nel
suo patrimonio).
Invero, anche tale classificazione presentava, fino ad un recente passato,
una valenza pratica di rilievo ai fini risarcitori, dal momento che solo gli
interessi oppositivi - sotto questo profilo quasi perfettamente sovrapponibili
ai diritti risolutivamente condizionati - venivano considerati tutelabili in via
aquiliana grazie al congegno dell'affievolimento seguito dalla riespansio-
ne retro attiva del diritto mediante la sentenza del G.A. di annullamento del
provvedimento lesivo (v. sez. II, cap. III). Con il revirement operato dalla
pronuncia n. 500/1999 delle S.D. della Corte di Cassazione e da ultimo posi-
tivamente consacrato con la novella del processo amministrativo di cui alla
L. 205/2000 e ancor pi con il recentissimo codice del processo amministra-
tivo, la distinzione ha perso il suo carattere tranchant, essendo ora ammessa
in via generale, anche da parte del privato titolare di un interesse pretensivo,
la possibilit di accedere alla tutela risarcitoria, subordinatamente alla dimo-
strazione - sia pure in via prognostica - della spettanza del bene della vita
anelat0
6

La distinzione rimane rilevante ai fini della prova del danno risarcibile Perdurante
se si segue la via interpretativa secondo cui, in caso d'interesse oppositivo,
, fl' t l' '11 . . ., dI" dIstinzIOne al
e su ICIen e provare I egittimita e provvedImento leSIVO per dimostrare fini probatori
l'incisione del preesistente bene della vita e quindi il danno dal punto di vista
oggettivo; mentre per gli interessi pretensivi necessaria la prova in concreto,
oltremodo difficile per gli atti discrezionali, della spettanza del bene della vita
in aggiunta alla dimostrazione dell'illegittimit del provvedimento (v. sez. II,
cap. IV).
Si aggiunga che per gli interessi pretensivi, con il nuovo rito del silenzio di
cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm. (gi art. 2 della L. 241/1990), il giudizio
amministrativo, per gli atti vincolati, diventato un giudizio sostanziale sulla
spettanza del bene. Le stesse coordinate sono tuttavia estensibili agli interessi
oppositivi (nonch agli interessi pretensivi al di fuori del silenzio), sulla scorta
del ricordato art. 21-octies della L. 241/1990, da leggere nel senso dell'inutilit
dell' annullamento del provvedimento lesivo di interessi oppositivi (o pretensivi)
viziato sul piano formale o procedurale quando l'atto sia indefettibilmente vin-
colato e, quindi, sostanzialmente giusto.
6 Le stesse considerazioni possono essere validamente riproposte con riferimento alla tutela cau-
tradizionalmente negata in favore degli interessi pretensivi e gradualmente riconosciuta in
vIa pretoria sino al definitivo recepimento legislativo ad opera del citato decreto di riforma del
processo (artt. 55 ss. cod. proc. amm.), il quale ha previsto l'adozione di misure cautelari atipiche
quale. strumento che si presenta precipuamente rivolto ad accordare protezione agli interessi in
questIOne.
Definizioni
degli interessi
partecipativi e
procedimentali
26 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
6.3. Interessi partecipativi e procedimentali
Quando si parla di interessi partecipativi e procedimentali si allude a delle posi-
zioni giuridiche ibride, che creano non poche difficolt in ordine all'individua-
zione della loro natura giuridica (con correlati problemi in punto di riparto di
giurisdizione), al riconoscimento della legittimazione processuale in favore dei
loro titolari, ed infine all'enucleazione degli strumenti di tutela giurisdizionale
in caso di loro compromissione da parte della P.A.
In via preliminare occorre fare una premessa termino logica.
Si parla di interessi partecipativi in senso stretto con riferimento al complesso
di poteri e facolt, riconosciuti in via generalizzata dalla L. 241/1990 (v. parte
III, cap. V), con la dichiarata finalit di consentire al privato, coinvolto pi o
meno significativamente dall' azione amministrativa, di interloquire con i pub-
blici poteri indirizzandone il corretto esercizio. Si tratta di una serie di attivit
che si compendiano essenzialmente nell' accesso agli atti del procedimento in
corso, nella presentazione di memorie scritte e nella produzione di documenti
idonei a fornire alla P.A. procedente utili elementi di giudizio in vista dell'assun-
zione della determinazione finale.
Si parla invece di interessi procedimentali in senso stretto con riferimento
alla pretesa del soggetto, coinvolto nell' agere amministrativo, alla conclusione
del procedimento con un provvedimento espresso, da adottarsi nel rispetto dei
termini legislativi o amministrativi all'uopo stabiliti. Consacrata per la prima
volta dall'art. 2 della L. 241/90, siffatta posizione giuridica finalizzata a con-
trastare i comportamenti ostruzionistici e dilatori della P.A. nella conduzione e
conclusione del procedimento.
In senso lato, invece, l'espressione "interessi procedimentali" viene impiega-
ta per indicare non solo l'interesse alla tempestiva conclusione del procedimento
mediante un'espressa determinazione della P.A., bens anche il complesso di
facolt preordinate ad assicurare la partecipazione procedimentale, che abbiamo
precedentemente inquadrato nella categoria dell'interesse partecipativo in senso
stretto.
In questa sede utilizzeremo la formula "interessi procedimentali" nella no-
zione lata, che comprende tutte le posizioni giuridiche che sorgono al cospetto
dei doveri e degli obblighi di cui depositaria l'amministrazione all'interno del
procedimento.
Tanto chiarito, e passando ad affrontare la prima questione problematica
suaccennata, ovvero la natura giuridica della posizione in esame, la dottrina ha
elaborato quattro diverse ricostruzioni dogmatiche:
1. l'interesse procedimentale come facolt dell'interesse legittimo;
2. l'interesse procedimentale come tipologia di interesse legittimo;
3. l'interesse procedimentale come diritto soggettivo;
4. l'interesse procedimentale come tertium genus tra diritto soggettivo ed inte-
resse legittimo.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l
27
La prima tesi, partendo dalla concezione normativa dell'interesse legittimo, concepi-
sce gli interessi procedimentali come poteri strumentali alla realizzazione dell'interesse
legittimo; se dunque quest'ultimo si sostanzia in un interesse qualificato e differenzia-
to che consente al privato di condizionare l'azione amministrativa onde conservare o
acquisire una determinata utilit sostanziale, l'interesse procedimentale si traduce nel
complesso di facolt che la norma attribuisce al privato per il soddisfacimento del bene
della vita cui egli stesso aspira.
La seconda tesi, invece, concepisce l'interesse procedimentale come un vero e pro-
prio interesse legittimo, talvolta definito come interesse legittimo di terza generazione,
in aggiunta a quelli di prima e seconda generazione, costituiti, rispettivamente, dagli
interessi legittimi oppositivi e pretensivi. Il proprium di detto prototipo di interesse le-
gittimo risiederebbe nella circostanza che esso viene colto in una dimensione dinamica,
ossia mentre dialoga con il potere amministrativo.
La terza tesi, per contro, valorizzando oltre modo la portata rivoluzionaria della L.
241 del 1990, che avrebbe segnato una netta rottura rispetto al tradizionale modo di
intendere i rapporti tra Amministrazione ed amministrati, ponendoli su un piano di ten-
denziale parit, concepisce gli interessi procedimentali come veri e propri diritti sog-
gettivi. Invero, ad avviso di questa corrente di pensiero, la L. 241 avrebbe enucleato in
capo alla P.A. un complesso di doveri di protezione, in alcun modo correlati all'interesse
sostanziale invocato dal privato, in relazione ai quali il predetto vanterebbe posizioni di
pieno diritto.
Da ultimo, la quarta tesi rivendica a favore dell'interesse procedimentale una posi-
zione di autonomia sia rispetto all'interesse legittimo che al diritto soggettivo, all'uo-
po valorizzando la distinzione tra momento procedi mentale e momento processuale.
Se quella processuale la sede naturale dell'interesse legittimo, inteso come posizione
giuridica garantita attraverso i rimedi giurisdizionali a mezzo dei quali il privato reagi-
sce alla paventata lesione posta in essere dalla P.A., quella procedimentale si caratte-
rizza come una fase in cui il privato non gi reagisce all'esercizio del potere, ma tenta
di influenzarlo, esercitando per l'appunto il complesso di facolt che l'ordinamento
gli riconosce.
Come si diceva in premessa, l'opzione per l'una o per l'altra delle tesi in merito
alla natura sostanziale degli interessi procedimentali comporta conseguenze di non poco
momento in tema di riparto di giurisdizione. Nulla quaestio allorch si propenda per
l'essenza di interessi legittimi, radicandosi in tal caso la giurisdizione presso il G.A. Pa-
rimenti, ove li si concepisca come diritti soggettivi autonomi, la giurisdizione spettereb-
be al g.O. (salvi i casi eccezionali di giurisdizione esclusiva del G.A.). Problemi sorgono
invece allorch siffatti interessi vengano intesi come situazioni giuridiche meramente
strumentali al soddisfacimento della posizione sostanziale fatta valere all'interno del
procedimento: in tal caso, infatti, la giurisdizione dipenderebbe - in forza del criterio
della causa petendi - dalla natura (di diritto o interesse legittimo) della situazione giuri-
dica vantata dal privato e asseritamente lesa dalle determinazioni della P.A.
Va precisato tuttavia che la tesi largamente maggioritaria riconosce agli interessi
procedimentali natura di interessi legittimi, partendo dal presupposto che l'azione am-
ministrativa, sebbene in qualche misura condizionata dagli interessi dei privati coinvol-
ti nel procedimento, risulta pur sempre funzionalizzata al perseguimento dell'interesse
pubblico, ed dunque espressione di un potere amministrativo, a fronte del quale non
Difetto della
legitimatio
adcausam
in caso di
partecipazione
al procedimento
infunzione solo
collaborativa
Il diritto
al tempo
dell'azione
amministrativa
e la pretesa
all'accesso non
sono facolt
strumentali
ma posizioni
sostanziali
28 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
pu che residuare una posizione di interesse legittimo, con l'inevitabile corollario del
radicamento della giurisdizione in capo al G.A.
In passato apparsa altres dibattuta la tematica della connessione tra legittimazione
a partecipare al procedimento e legittimazione processuale ad impugnarne il provve-
dimento conclusivo; ci si chiede, in altri termini, se la partecipazione procedimentale
comporti, automaticamente, la legittimazione del privato a promuovere il giudizio im-
pugnatorio avverso il provvedimento lesivo. '
In una prima fase, coincidente con l'entrata in ,vigore della legge 241 del 1990,
sull'onda dell'entusiasmo suscitato dalla novella introduzione di efficaci strumenti di
partecipazione procedimentale, l'orientamento maggioritario riconosceva automatica-
mente la legitimatio ad causam a favore dei portatori di interessi procedimentali, e tanto
sulla scorta della convinzione che la partecipazione al procedimento, assicurando l'anti-
cipazione della tutela ad una fase che precede l'adozione del provvedimento, costituisse
una forma di protezione aggiuntiva a quella comunque immancabilmente garantita dagli
strumenti processuali.
In seguito si fece strada una diversa soluzione interpretati va, attualmente prevalente
in dottrina e giurisprudenza, che valorizza la distinzione tra partecipazione in chiave col-
laborativa, ossia funzionale ad apportare al procedimento le conoscenze specialistiche
di cui sia sprovvista l'amministrazione procedente, e partecipazione in chiave difensiva,
ossia preordinata alla difesa procedimentale di un interesse sostanziale inciso dall' age-
re amministrativo. Orbene, solo in questa seconda evenienza possibile riconoscere
la legittimazione ad impugnare il provvedimento finale, posto che la legittimatio ad
causam presuppone l'interesse al ricorso, a sua volta sussistente unicamente allorch il
provvedimento pregiudichi uno specifico interesse sostanziale al cui soddisfacimento
sia strumentale l'esercizio delle prerogative procedimentali. D'altronde, una conferma
di quanto esposto pu ricavarsi dall'art. 8, U.c. L. 241, ad avviso del quale "L'omissione
di taluna delle comunicazioni prescritte pu essere fatta valere solo dal soggetto nel cui
interesse la comunicazione prevista". Sul tema v. anche il successivo 7.1.3. in tema
di interessi collettivi.
Per quanto, infine, concerne la tematica degli strumenti processuali azionabili in
caso di lesione degli interessi procedimentali, si rinvia a parte I, sez. II, cap. IV in tema di
tutela risarcitoria; parte III, cap. II, sez. IV in tema di accesso; parte III, cap. IV in tema
di silenzio; parte III, cap. VII, 4.3. in tema di vizi non invalidanti.
Tanto detto sulla tesi prevalente che qualifica le C.d. pretese partecipative e pro-
cedimentali come facolt strumentali e non come posizioni sostanziali, non pu
sottacersi, peraltro, come proprio la recente L. 80/2005 abbia rafforzato il prin-
cipio della certezza dei tempi procedimentali, avendo avvertito come i privati,
la cui sfera di interessi sia incisa dalla manifestazione del potere amministrati-
vo, possano risentire del pregiudizio recato dal fatto che il procedimento che li
vede parte interessata non si concluda entro i tempi stabiliti dalla normativa di
legge (v. parte III, cap. IV). Da ultimo il codice del processo amministrativo,
laddove sancisce, agli artt. 30, comma 4, e 133, in combinazione con l'art. 2
bis, comma 1, della L. 241/1990, la risarcibilit del danno da mero ritardo e la
devoluzione del relativo contenzioso alla giurisdizione del giudice amministra-
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 29
tivo, opta con decisione per la qualificazione del diritto al tempo come diritto
soggettivo sostanziale e non come posizione meramente strumentale. Opzione,
questa, estensibile anche all'accesso ai documenti amministrativi ex art. lO della
L. 241/1990, visto che anche per l'accesso endoprocedimentale gli artt. 22 e 25
della L. 241/1990, in combinazione con gli artt. 116 e 133, comma 1, n. 6 cod.
proc. amm., consacrano un diritto soggettivo sostanziale autonomo, sottoposto
alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo.
7. Gli interessi superindividuali
Un discorso a parte merita la categoria degli interessi superindividuali.
Il riferimento , in via generale, agli interessi di natura seriale, altrimenti
conosciuti come interessi diffusi. Denominazione, questa, di uso corrente in
dottrina, in quanto idonea ad abbracciare quella ampia gamma di interessi che,
senza appuntarsi in capo a soggetti ben determinati od individuabili, sono, piut-
tosto, comuni ad una collettivit complessivamente intesa.
Si comprende agevolmente, allora, il motivo dell' attribuzione dell' etichetta
di interessi adespoti, per sottolineare la circostanza che gli interessi in que-
stione, almeno nella loro forma primi genia di manifestazione, risultano di fatto
privi di un titolare, ossia di un soggetto portatore di una posizione differenziata
rispetto alla massa indistinta dei consociati.
La problematica posta dal fenomeno sociale dello sviluppo degli interessi con
vocazione spiccatamente collettiva, pertanto, tutta incentrata sulle prospettive
di tutela giurisdizionale che si aprono a fronte di un sistema processuale, quale
quello amministrativo, che, nella prospettiva tradizionale, aggancia la legitti-
mazione a ricorrere alla natura indefettibilmente individuale e personale della
posizione giuridica dedotta in giudizio.
7.1. L'evoluzione giurisprudenziale: dagli interessi diffusi agli interessi col-
lettivi
Lo sforzo interpretativo compiuto dalla giurisprudenza per concedere tutela ad
interessi collettivi si concretato nell'elaborazione di una nozione aggiornata
d'interesse legittimo, idonea a ricomprendere gli interessi superindividuali nel
genus degli interessi legittimi.
Il carattere
adespota
degli interessi
diffusi
Prospettive di
tutela giurisdi-
zionale
Il passaggio obbligato nell'opera di attualizzazione della figura dell'interesse L'interesse
legittimo, finalmente emancipata dall'originaria concezione personalistica, non collettivo ,
poteva che consistere nell'individuazione, sulla scorta delle indicazioni prove- dcoml . ~ p e c z e ~
. . e pluamplO
mentI da autorevole dottrina
7
, degli elementi distintivi e qualificanti in grado di genus interesse
legittimo
7,La tesi della trasformazione dell'interesse diffuso in interesse collettivo risale, nella sua origina-
na formulazione, a GIANNINI, La tuteZa degli interessi collettivi nei procedimenti amministrativi,
Sintesi, con
sommatoria
di interessi
individuali
Ilproblema
degli organismi
esponenziali
spontanei
Il requisito
formale della
personalit
30 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
far assurgere interessi originariamente adespoti al rango di veri e propri inte-
ressi collettivi, in quanto soggettivizzati in capo a gruppi sociali stabilmente
organizzati in enti che istituzionalmente perseguono, come fine costitutivo pre-
valente, se non esclusivo, proprio la tutela degli interessi della collettivit che
rappresentano.
Per questa via, gli interessi in discorso si sostanziano anch'essi in posizioni
soggettive giuridicamente rilevanti, la cui peculiarit data dal fatto che la tito-
larit di essi vantata in proprio da organizzazioni di tipo associativo, legittimate
ad agire per la tutela non gi di interessi particolaristici dei singoli componenti
8
,
bens di interessi comuni agli iscritti, cio riferibili alla sfera categoriale com-
plessivamente ed unitariamente considerata.
In altre parole, dunque, l'interesse collettivo non si identifica nella somma-
toria degli interessi individuali degli associati, ma nella sintesi degli stessi in
un interesse collettivo qualitativamente diverso da quelli dei singoli. Gli enti
esponenziali non danno cio luogo ad un fenomeno di sostituzione processuale,
ammessa nei soli casi di legge ex art. 81 C.p.c., nella misura in cui in cui non
sostituiscono i singoli nella cura dei propri interessi, ma perseguono peculiari
interessi collettivi.
Tuttavia, se non revocabile in dubbio la legittimazione attiva in capo agli enti
esponenziali pubblici, quali possono essere gli Ordini ed i Collegi professionali
sopra accennati, trattandosi di organismi istituzionalmente deputati; per espressa
previsione di legge, alla cura degli interessi di categoria, il problema pi com-
plesso per gli organismi esponenziali spontanei, cio frutto dell'autonomia as-
sociativa o negoziale (associazioni non riconosciute o comitati), che nella prassi si
costituiscono ed operano in qualit di difensori di valori sentiti in modo particolare
dalla coscienza sociale. Per tali soggetti l'assenza di re ferenti normativi impegna la
giurisprudenza in una non facile opera pretoria di cernita dei criteri volti a stabilire
la sussistenza, in capo ad essi, di una posizione differenziata e qualificata che li
legittimi ad agire in giudizio a tutela degli interessi superindividuali.
7.1.1. La ricerca dei criteri di differenziazione tra interessi diffusi ed interessi
collettivi
In una fase iniziale, la legittimazione al ricorso stata fondata sul dato squisi-
tamente formale del riconoscimento esplicito del ricorrente da parte dell'ordi-
giuridica _________________________ _
in Le azioni a tutela degli interessi collettivi, Padova, 1976,23, poi ripresa e variamente articolata
dalla dottrina successiva. Cfr, ex multis, NIGRO, Le due facce dell 'interesse diffuso: ambiguit di
unaformula, in Foro it., 1987, V, 7.
8 Cfr, sul punto, T.A.R. Torino, Piemonte, sez. I, 15 giugno 2010, n. 2848, in Foro amm. TAR
2010,6,1934, che muove proprio dal presupposto che l'interesse collettivo non si identifica nella
sommatoria degli interessi individuali degli associati, ma deve essere riconducibile al gruppo so-
ciale di riferimento, risultando cos differenziato sia rispetto a quello facente capo alla generalit
dei consociati, sia rispetto a quello vantato dai singoli appartenenti alla categoria.
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 31
namento, id est sul possesso della personalit giuridica da parte di associazioni
statutariamente rivolte al perseguimento delle finalit di protezione di interessi
collettivi. Si negava, per converso, la tutelabilit in sede giurisdizionale di inte-
ressi incarnati da enti di fatto.
Successivamente, recependo i rilievi critici sollevati dalla dottrina pi avve- Obiezioni:
duta, la giurisprudenza amministrativa ha rivisto la propria posizione ed giunta prevale.il dato
d 1 Il
' l t . 1 dII' f'lO': . . , sostanzwle
ad accor are preva enza a e emen o sostanzla e e elettIva rappresentatlvlta dell'effettiva
dell'ente rispetto all'interesse di cui si fa portatore, a prescindere dal requisito rappresentativi-
formale della personalit giuridica. t dell'ente
L'evoluzione pretoria, accantonata la pregiudizi aIe nominalistica della per-
sonalit giuridica, ha quindi iniziato le peregrinazioni al fine di individuare gli
indici sostanziali capaci di operare la ricordata trasformazione degli interessi
diffusi in interessi differenziati e qualificati, perci tutelabili come interessi le-
gittimi facenti capo a soggetti privati. Sono stati, in particolare, elaborati svariati
parametri da cui desumere la reale forza rappresentativa di un determinato grup-
po sociale organizzato.
Tralasciando le ipotesi in cui lo stesso Legislatore a fissare in termini ana- Lafinalit
litici i requisiti minimi di rappresentativit - come avvenuto in tema di asso- statutaria di
. . . d' 1 d' . 1 . . Il'' Il' d' . Il protezione del
ClaZIOlll l tute a el consumaton, eglttImate a aZIOne co ettIva l cUI a a bene o interesse
L. 281/1998, poi confluita nel codice del consumo di cui al D.Lgs. 206/2005 collettivo
-, importanza decisiva ha rivestito, sul terreno giurisprudenziale, la verifica, in
primis, del fine istituzionale perseguito dal soggetto collettivo, dovendo lo stesso
consistere, per espressa previsione statutaria, nella protezione di un dato bene od
interesse collettivo o diffuso, cio suscettibile di fruizione indifferenziata, quale
pu essere il patrimonio naturalistico.
In secondo luogo, l'ente di riferimento deve essere dotato di una struttura La struttura
organizzativa sufficientemente stabile da consentirgli, in concreto, di svolgere la organizzativa
propria attivit istituzionale in modo continuativo, cio tale da riflettere effettive stabile
istanze collettive di tutela, scongiurando, per questa via, il rischio di accordare
la legittimazione processuale anche ad associazioni C.d. di comodo, del tutto
prive, dunque, di qualsiasi rilevanza esterna. /
stato anche utilizzato il criterio della C.d. vicinitas
9
, che valorizza la localizzazione Il criterio della
vicinitas
9 Mette conto rilevare, al riguardo, che il criterio fondato sullo stabile collegamento territoriale
stato adottato dalla giurisprudenza per circoscrivere la portata della legittimazione processuale
attribuita dal Legislatore a singoli individui che subiscono una negativa incidenza nella propria
sfera giuridica. In particolare, la facolt, riconosciuta in modo generalizzato dall'art. 31, co. 9,
della legge urbanistica n. 1150/1942, di impugnare la concessione edilizia o altri provvedimenti
in grado di compromettere i valori ambientali, come quello di localizzazione di un impianto per
il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, stata opportunamente ridimensionata e riferita, non
gi indistintamente a chiunque si trovi nel territorio comunale sul quale gli atti amministrativi de
quibus sono destinati a produrre effetti, bens esclusivamente ai soggetti insediati stabilmente in
prossimit della zona sulla quale dovrebbe insistere la nuova costruzione fonte di pregiudizio, di
Il referente nor-
mativo: l'art, 9,
L. 241/1990
La tesi della
corrispondenza
tra
partecipazione
procedimentale
e legittimazione
al ricorso
La tesi della
separazione
netta tra fase
procedimentale
e fase
processuale
32 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
dell'interesse di cui l'organismo collettivo si fa portatore, cio la possibilit di ravvisare
un collegamento stabile e non occasionale tra l'area di afferenza dell'attivit dell'ente ed
il territorio in cui situato il bene a fruizione collettiva raggiunto dagli effetti finali di
segno negativo prodotti da una specifica azione amministrativa.
7.1.2. [Segue] il criterio della partecipazione procedimentale ed i relativi
risvolti processuali
Nell'intento di rinvenire il fondamento giustificativo della legittimazione processuale
in capo ad enti esponenziali di interessi collettivi diversi dalle associazioni ambientali-
stiche riconosciute dalla legge, un certo filone dottrinale ha evidenziato le implicazioni
sottese alla previsione contenuta nell'art. 9, L. 241/1990 che, com' noto, attribuisce ai
soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in organismi collettivi, quali associazioni
o comitati, la facolt di intervenire nel procedimento destinato, nel suo esito finale, ad
incidere sugli interessi de quibus.
Si osservato, infatti, che la norma in esame, diversamente da altre disposizioni
partecipative aventi una portata circoscritta e settoriale (ad es. quelle dettate in materia
di caccia, ambiente o di provvedimenti tariffari), presentando un raggio d'azione di gran
lunga pi ampio, esprimerebbe la scelta legislativa di generalizzare la legittimazione
procedimentale delle associazioni rappresentative di interessi superindividuali.
Quanto all'incidenza della legittimazione in questione sul versante processuale, due
le tesi che si contendono il campo (v. 6.3 sul tema in generale).
Un primo, ma minoritario, orientamento, scorge un collegamento tra la facolt di
intervento in sede procedimentale e la legittimazione a ricorrere in giudizio, sul rilievo
che la funzione dell'istituto della partecipazione al procedimento precipuamente quella
di anticipare ad una fase prodromica all' emanazione del provvedimento terminativo
la tutela di quegli interessi la cui lesione in sede procedimentale risulta ancora allo sta-
dio potenziale e che solo successivamente si render concreta ed attuale giustificando la
proposizione del ricorso giurisdizionale.
Consegue da tale impostazione un rigoroso automatismo che lega partecipazione
procedimentale e legittimazione ad impugnare il relativo provvedimento conclusivo da
parte degli enti esponenziali di interessi diffusi, salvo stabilire, in concreto, quali siano
le formazioni sociali effettivamente abilitate dalla legge ad intervenire nella fase di for-
mazione del provvedimento astrattamente lesivo degli interessi in questione. w
L'opzione ermeneutica di segno opposto, invece, ritenendo doveroso un distinguo tra
momento procedimentale e momento processuale, governati da regole diverse, esclude
che la facolt di intervenire attivamente nel procedimento, riconosciuta agli organismi
collettivi, porti naturalmente con s la legittimazione a contestare in sede processuale il
vulnus arrecato agli interessi che tali soggetti rappresentano in forma esponenziale. La
tesi del parallelismo, infatti, se senz'altro condivisibile con riferimento alla partecipa-
zione procedimentale in chiave difensiva, non vale, invece, per quella di carattere me-
carattere patrimoni aie o non (si pensi al proprietario del fondo o della casa finitimi o a chi risiede
o lavora nelle immediate vicinanze di una discarica).
IOV., da ultimo, Cons. St., sez, IV, 7 aprile 2009, n. 2174.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 33
ramente collaborativo, che ricorre quando l'associazione interviene nell' ambito di uno
specifico procedimento esclusivamente per mettere a disposizione dell'amministrazione
procedente quel particolare bagaglio di conoscenze tecniche che possiede in proprio, in
quanto operante nel settore oggetto di intervento da parte dell'autorit amministrativa
II

La tesi della separatezza tra la fase procedimentale e quella processuale nega in ra-
dice, dunque, che una norma di carattere generale, quale l'art. 9 citato, costituisca di
per s fonte di legittimazione a ricorrere, dal momento che la facolt partecipativa che
essa attribuisce un dato assolutamente neutro ai fini della valutazione della posizione
sostanziale e del relativo sbocco processuale. Si deve, al contrario, riconoscere che la
legittimazione processuale spetti esclusivamente al titolare di un interesse sostanziale,
suscettibile di incisione ad opera del provvedimento adottato all'esito di un determinato
procedimento, soggetto come tale interessato ad uno svolgimento rituale dell'attivit
amministrativa in sede procedimentale
I2
.
7.1.3. La scelta legislativa in materia ambientale
Merita di essere segnalata, sull'argomento, la scelta legislativa operata in materia di tu-
tela ambientale (prima dell'intervento del D.Lgs. 152/2006 di riforma dell'intero settore,
sul quale si rinvia al 7.2.), nel senso del riconoscimento espresso della legitimatio ad
causam, oltrech della facolt di intervenire nei giudizi per danno ambientale, in favore
IIIn questa sede si accenna soltanto alle altre due tesi rimaste isolate, La prima, incentrata sul
preteso principio di alternativit, in forza del quale il soggetto interessato o l'associazione do-
vrebbero scegliere, una volta per tutte, quale delle due strade percorrere in difesa dei propri in-
teressi, se far valere i propri interessi esclusivamente nell'ambito del contraddittorio instaurato
in sede procedimentale, ovvero attendere l'emanazione del provvedimento finale per contestarlo
in sede giurisdizionale; la seconda opzione interpretati va, invece, propone una distinzione tra
l'ipotesi di legittimazione in astratto a partecipare, del tutto ininfluente ai fini della successiva
legittimazione al ricorso, in quanto non seguita da un intervento effettivo dell'associazione, che
decide di rimanere estranea al procedimento o di partecipare allo stesso senza fornire per alcun
apporto significativo ai fini della determinazione finale, e l'ipotesi della C.d. partecipazione in-
fluente, la quale, al contrario, traducendosi in un contributo decisivo alla maturazione della scelta
conclusiva, sarebbe idonea a qualificare giuridicamente la posizione d'interesse dell'associazione
costituendo per la stessa titolo abilitante al ricorso giurisdizionale. '
12A tale tesi ha aderito T.A.R. Lazio, sez. II, 12 ottobre 2010, n. 32757, in Foro amm.
TAR,2010, lO, 3231. Nello specifico, il Tribunale Amministrativo, ha osservato che la legitti-
mazlOne processuale di un'associazione non pu "derivare dalla possibilit di intervenire nel
relativo procedimento amministrativo" dovendosi invece riconoscere ogni qualvolta l'ente espo-
nenziale sia portatore di un interesse sostanziale, dedotto -o deducibile- in giudizio. Ne consegue
che la regola della rigorosa correlazione tra legittimazione e titolarit dell'interesse sostanziale
esclude, in linea di principio, che l'ente possa far valere nel processo diritti od interessi relativi ad
u,n procedimento amministrativo al quale l'ente ha partecipato, ma che non sono immediatamente
l'lconducibili all'attivit esponenziale dell'ente. Infatti, "la riconducibilit di un interesse alla col-
lettivit di cui l'organizzazione ricorrente si eleva ad ente esponenziale, non un atto di volont
di quest 'ultimo, bens scaturisce dal! 'esito di una valutazione di fatto che pu essere effettuata
solo dall 'interprete", Sulla base dei medesimi principi, v. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 23 giugno
2010 n. 2602, che ha ritenuto legittimata la Regione ad agire in giudizio per l'annullamento di
che possano arrecare pregiudizio all'ambiente, in quanto ente esponenziale degli
Illteressl della collettivit insediata sul suo territorio.
La
legittimazione
attribuita alle
associazioni
ambientaliste
34 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
degli organismi di tipo associativo a carattere nazionale individuati con apposito decreto
ministeriale, sulla base di requisiti di rappresentativit mutuati in larga misura dagli in-
dici di elaborazione pretoria di cui si detto (artt. 13 e 18, comma 5, della L. 349/1986,
istitutiva del Ministero dell'Ambiente).
Non pu essere sottaciuta, al riguardo, la circostanza che l'intervento in questione,
se pur dettato dalla volont del Legislatore di dirimere i contrasti interpretativi emersi in
sede applicativa, ha finito per generare ulteriori dubbi in ordine all'effettiva portata della
legittimazione processuale accordata agli enti collettivi in questione.
Alcune pronunce, sia pure rimaste isolate, hanno infatti circoscritto il novero dei
soggetti legittimati ad adire il giudice amministrativo per ottenere l'annullamento dei
provvedimenti illegittimi lesivi di interessi ambientali alle sole associazioni riconosciute
dal suddetto decreto ministeriale.
Ad opposte conclusioni, senz'altro condivisibili, pervenuta un'altra opzione erme-
neutica secondo cui il combinato disposto degli artt. 13 e 18, comma 5 della legge suc-
citata avrebbe in realt introdotto un doppio binario, tale per cui il potere ministeriale di
effettuare una volta per tutte l'accertamento dell'effettivo grado di rappresentativit del
soggetto collettivo che opera per la difesa degli interessi ambientali non preclude affatto
la possibilit che la verifica della sussistenza della legittimazione processuale, in capo
all'organismo associativo che nella specie ha esperito il ricorso, abbia luogo, caso per
caso, in sede giurisdizionale, ad opera del giudice amministrativo o di quello ordinario
ai fini risarcitori, sulla scorta degli indici di rappresentativit di matrice pretoria, ai quali
viene condizionata in concreto l'azionabilit degli interessi collettivi, in assenza di una
disciplina positiva ad hoc.
Diversamente opinando, infatti, le disposizioni legislative in commento si esporreb-
bero a censure di incostituzionalit difficilmente superabili, per palese contrasto con gli
artt. 24, 103 e 113 Cost., se e nella misura in cui intendessero attribuire in via esclusiva
all'amministrazione il potere di selezionare i soggetti legittimati ad agire in giudizio e,
per l'effetto, impedissero l'accesso alla tutela giurisdizionale ad enti esponenziali di
posizioni soggettive differenziate e qualificate, definibili quindi in termini di interessi
legittimi, quali si configurano gli interessi di rilevanza collettiva. Del pari un'opzione
restrittiva si porrebbe in contrasto con i canoni comunitari sul piano dell'effettivit della
tutela giurisdizionale in materia ambientale, da ultimo ribaditi da Corte Giust., sez. II,
15 ottobre 2009, C-263/08.
L'incidenza dell'intervento legislativo in discorso sulla portata effettiva della legitti-
mazione a ricorrere riconosciuta in capo alle associazioni ambientalistiche, si manifesta
anche sotto un diverso, ma non meno significativo profilo, relativo alla tipologia di atti
di esercizio del potere amministrativo che tali soggetti collettivi sono abilitati a conte-
stare in sede giurisdizionale.
Sulla vexata quaestio si sono espressi due orientamenti giurisprudenziali contrappo-
sti, che hanno tentato di colmare il vuoto legislativo sul punto.
L'indirizzo processualistico di segno restrittivo, muovendo dalla connotazione giuri-
dica del bene collettivo ambiente, rigorosamente delimitata entro confini normativi ben
precisi dalla L. 349/1986, circoscrive l'oggetto dell'impugnazione ai soli provvedimenti
a vocazione ambientale pura, cio adottati nell'ambito dei procedimenti amministrativi
specificamente diretti, in base alla relativa normativa di settore, alla regolamentazione
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l
35
della materia ambiente, a condizione, peraltro, che si tratti di atti astrattamente in gra-
do di pregiudicare i valori ambientali.
Naturale corollario di tale impostazione l'esclusione della legittimazione ad agire
delle associazioni indicate dall'art. 13, L. 349/1986 avverso quegli atti amministrativi
che si presentano censurabili in relazione ad aspetti squisitamente urbanistico-edilizi,
toccando solo in via trasversale ed indiretta i profili d'interesse propriamente ambien-
tale.
Sul versante opposto si pone la tesi estensiva che, consapevole delle difficolt de-
rivanti dall'accoglimento dell'opzione limitativa - che impone di distinguere, in sede
operativa, i provvedimenti stricto sensu ambientali, perci suscettibili d'impugnazio-
ne, dai pretesi atti amministrativi a valenza totalmente neutra - ha ritenuto pi corretto
rimettere alle singole associazioni di tutela ambientale che intendono agire in giudizio
il compito di individuare, nella fattispecie concreta, gli atti amministrativi che possono
risultare, negli effetti finali, lesivi del bene ambiente; bene, quest'ultimo, inteso in una
prospettiva plurivoca, come valore trasversale rispetto a qualsiasi settore dell'azione
amministrativa, e come tale esposto a possibili forme di aggressione anche ad opera di
atti non strettamente afferenti alla normativa ambientale, ma pur sempre capaci di riper-
cuotersi in termini negativi sull' equilibrio ecologico raggiunto dan' ecosistema.
Strettamente legata alla tematica da ultimo affrontata, si presenta la questione dei
vizi concretamente deducibili in giudizio da parte delle associazioni di protezione am-
bientale legittimate ad adire il giudice amministrativo per ottenere l'annullamento del
provvedimento del quale si assume la lesivit rispetto al bene collettivo ambiente.
Ripudiata la concezione pi restrittiva, imperniata sull'argomento dell'eccezionalit
della legitimatio ad causam accordata dalla richiamata legge istitutiva del Ministero
dell' Ambiente, la giurisprudenza ha preferito accedere ad un orientamento estensivo
che, valorizzando la nozione d'interesse strumentale a ricorrere - id est l'interesse alla
caducazione dell'intero procedimento ed all'eventuale riedizione dell'iter procedurale
pregresso -, ha attribuito valenza decisiva al risultato finale cui tende l'iniziativa proces-
suale promossa dall'associazione preposta alla tutela dei valori ambientali. Si quindi
reputata irrilevante la circostanza che le censure sollevat risultino del tutto eterogenee
in relazione ai profili squisitamente ambientali dell'atto impugnato, laddove si dimostri-
no ugualmente idonee a soddisfare l'interesse sostanziale di cui il soggetto collettivo
titolare.
Venendo alle novit normative, l'art. 146, comma 12, del nuovo codice dei beni Art. 146D.Lgs.
culturali ed ambientali, varato con il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, come modificato da 42/2004
ultimo dal decreto legislativo n. 63/2008, ha attribuito anche alle associazioni portatrici
di interessi diffusi, individuate ai sensi delleJvigenti disposizioni di legge in materia
di ambiente e danno ambientale, ed a qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che
ne abbia interesse, la legittimazione ad impugnare l'autorizzazione paesaggistica con
ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica. In base ad un modello di giurisdizione in qualche misura oggettiva, le
s e ~ t e n z e e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate
dar medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.
Dal canto suo, l'art. 309, comma 2, del T.D. ambientale di cui al D.Lgs. 15212006, Art. 152 D.Lgs.
annovera le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambien- 152/2006
Il diritto alla
salubrit
ambientale
36 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
te, di cui all'art. 13 della L. 8 luglio 1986, n. 349, tra i soggetti legittimati, al pari di
quelli di cui comma l (ossia le Regioni, le province autonome e gli enti locali, anche
associati, nonch le persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere col-
pite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al
procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ri-
pristino), abilitandole a presentare al Ministro dell' ambiente e della tutela del territorio,
depositando presso le Prefetture - Uffici territoriali del Governo denunce e osservazioni,
corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale
o di minaccia imminente di danno ambientale e domandando l'intervento statale a tutela
dell'ambiente a norma della parte sesta del decreto. L'art. 310, per converso, rinvia ai
soli soggetti di cui al comma l dell'art. 309, e non anche alle associazioni ex art. 2, al
fine di individuare i soggetti legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'an-
nullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di
cui alla parte sesta del decreto, nonch avverso il silenzio-inadempimento del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, e per il risarcimento del danno subito a causa
del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzio-
ne, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale.
Tuttavia il comma 5 dell'art. l3 della L. 349/1986, comma non abrogato dal T.U.
n. 152/2006, prevede che le associazioni individuate in base all'articolo l3 della stessa
legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giuri-
sdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi.
7.2. La tutela giurisdizionale assicurata in sede civile agli interessi ultraindi-
viduali: la disciplina del! 'illecito ambientale ex lege n. 349/1986
A partire dagli anni Settanta, l'esigenza di accordare una forma di protezione adeguata in
favore di interessi di preminente rilievo riferibili alla generalit dei consociati, trascen-
denti come tali i limiti di un rapporto strettamente individuale, ha indotto la dottrina e la
giurisprudenza a ricercare, anche in sede civile, soluzioni che consentissero di rinvenire
in capo ai singoli delle posizioni differenziate e qualificate, tutelabili come tali in giudi-
zio, in qualche modo ricollegabili all'interesse diffuso.
In questa direzione, l'operazione principale compiuta dalla Corte di legittimit
I3

stata quella di distinguere tra beni collettivi indivisibili, rispetto ai quali inconcepibi-
le una situazione giuridica di vantaggio vantata dal singolo, e beni collettivi divisibili,
di gran lunga pi numerosi, e suscettibili, viceversa, di un godimento frazionato da parte
di singoli soggetti. In questa seconda ipotesi, dunque, si ravvisata una vera e propria
posizione di diritto soggettivo, incorporata nell'interesse diffuso ma da quest'ultimo se-
parabile, in caso di lesione, allo scopo di essere azionata in giudizio ai fini risarcitori.
L'esperibilit della tutela del diritto del singolo innanzi al giudice civile stata af-
fermata con particolare vigore in tema di ambiente salubre, configurando un diritto alla
salubrit ambientale
14
giuridicamente rilevante, nella misura in cui l'alterazione dell'in-
I3Cfr Cass., S.U., 9 marzo 1979, n. 1463, in Giust. civ., 1980, I, 695.
14Ritenuto da una parte della dottrina una delle possibili forme di esplicazione del diritto alla sa-
lute, di cui all'art. 32 Cost., il diritto in questione stato poi riconosciuto come dotato di valenza
giuridica autonoma, meritevole di tutela sulla base del combinato disposto degli artt. 2, 3, 9 e 32
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 37
tegrit ambientale sia tale da ripercuotersi in modo negativo e diretto sulla salute dell'in-
dividuo.
Lo strumento rivelato si maggiormente efficace per assicurare la tutela individuale
degli interessi ambientali diffusi, quello di carattere inibitorio indicato all'art. 844 c.c.,
norma invocata a pi riprese ed opportunamente interpretata in senso evolutivo dalla
giurisprudenza per accordare protezione contro immissioni nocive alla salute, non solo
in favore dei proprietari o titolari di un diritto reale di godimento sul fondo su cui insi-
stono le immissioni intollerabili, ma anche di qualsiasi altro soggetto, potenzialmente
esposto al pericolo di pregiudizio per la propria salute.
Il passo successivo stato nel senso del riconoscimento non solo della ammissibilit
del concorso tra l'azione inibitoria di cui all'art. 844 c.c. e quella di responsabilit aqui-
liana per la lesione del diritto alla salute, ma anche della praticabilit del rimedio inibito-
rio svincolato dalla rigorosa osservanza dei criteri di contemperamento normativamente
previsti, tutte le volte in cui venga in rilievo la lesione del diritto alla salute.
Preso atto, tuttavia, della circostanza che anche la lettura pi progressista della
norma sul rimedio inibitorio non , di per s, sufficiente ad assicurare una tutela piena
all'ambiente, quanto meno nelle ipotesi in cui l'alterazione dell'integrit ambientale
assuma consistenti dimensioni territoriali, essendo l'azione inibitoria comunque ri-
messa all'iniziativa del soggetto leso, il Legislatore intervenuto appositamente sul
punto, introducendo una specifica disciplina protettiva in materia di danno ambienta-
le, che d conto della profonda evoluzione interpretativa subita dalla stessa nozione
di ambiente.
Il bene immateriale ambiente, infatti, viene finalmente considerato dall'ordinamento
nella sua essenza unitaria, comprensiva di tutti gli innumerevoli profili d'interesse e
delle differenti forme di fruizione che esso in grado di offrire alla collettivit, nella
acquisita consapevolezza che la sua natura di valore trasversale ne impone una tutela a
tutto campo come esigenza resa oggi ineludibile anche dall' esplicito richiamo costitu-
zionale.
I punti qualificanti della normativa di tutela dettata in materia di danno ambientale
vanno ravvisati, in primis, nella scelta legislativa di risolvere expressis verbis la dibat-
tuta questione della giurisdizione sul punto, individuando, con l'art. 18, comma 2, il
giudice competente nel Giudice ordinario.
Si inteso cos distinguere un danno ambientale puro, concretantesi nella com-
promissione dell'equilibrio ambientale, rimesso alla cognizione del Giudice ordinario,
indipendentemente dalla natura soggettiva, di pubblico funzionario o comune cittadino,
dell'autore dell'illecito, dal danno amministrativo erariale, consistente nella spesa che
l'amministrazione deve sostenere per riparare la lesione ambientale cagionata dal com-
portamento doloso o colposo di un suo funzionario, attribuito, invece, secondo i principi
generali in tema di azione di rivalsa, alla competenza della Corte dei Conti.
Cost.. da Cass., sez. III, 25 settembre 1996, n. 5650. Sul tema v. anche la pi recente sentenza
della Cassazione civile, sez. un., 5 marzo 2010, n. 5290, che, nel ribadire che il radicarsi della
giurisdizione esclusiva del g.a. non impedita dalla asserita violazione di diritti fondamentali
costituzionalmente garantiti, riconduce invece il diritto all'ambiente salubre al genus del d i r i t t ~
alla salute, ex art. 32 Cost.
La tutela
inibitoria ex art.
844 c.c.
L'illecito
tipico ex lege
n.349/1986
Il testo unico
ambientale n.
152/2006
38 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
In secondo luogo, la particolarit della tecnica risarcitoria adottata dal Legislatore
del 1986 rappresentata dalla stessa configurazione dell'illecito ambientale, strutturato
- diversamente dall'illecito aquiliano atipico ex art. 2043 c.c., clausola volutamente
generica che ben si presta ad accogliere un illecito a struttura aperta - come illecito
tipico o chiuso, presupponente cio una specifica-violazione di legge o di un provve-
dimento applicativo di una legge, dalla quale possa derivare un pregiudizio all'ambiente,
in un'ottica dichiaratamente attenta alla compromiss'ione sostanziale, piuttosto che alla
lesione formale del bene giuridico oggetto di tutela.
Quanto al profilo della legittimazione, mentre il comma 1 individua nello Stato, in
qualit di ente esponenziale del bene collettivo ambiente, il soggetto in cui favore di-
sposto il risarcimento del danno, il successivo comma 3 attribuisce la legittimazionead
agire ai fini risarcitori anche agli enti pubblici territoriali (comuni e province) sui quali
insistono i beni oggetto del fatto lesivo, assumendo, cos come chiarito in sede interpre-
tativa, una funzione ricognitiva in relazione ai diversi soggetti che vantano in proprio la
titolarit del diritto al risarcimento del danno in materia ambientale.
Il Testo Unico in materia ambientale di cui al D.Lgs. 15212006 ha inciso signifi-
cativamente sulla disciplina previgente in tema di illecito ambientale, procedendo
all'abrogazione espressa dell'art. 18 - eccezion fatta per il comma 5 - della richiamata
L. 349/1986 e della corrispondente previsione contenuta nell'art. 9, comma 3, D.Lgs.
267/2000, con specifico riferimento alla legittimazione delle associazioni di protezione
ambientale all'autonoma proposizione dell'azione risarcitoria.
La legittimazione ad agire ai fini del risarcimento ora riconosciuta dall' art. 311,
avanti al g.o. - anche in sede penale - esclusivamente in capo al Ministro dell' Ambiente
e della Tutela del Territorio, che provvede all' accertamento delle responsabilit risarci-
torie ed alla riscossione delle somme dovute per equivalente patrimoniale, ove non sia
possibile l'integrale ripristino dello stato dei luoghi a titolo di risarcimento in forma spe-
cifica, attraverso apposita ordinanza-ingiunzione immediatamente esecutiva (art. 313);
con la precisazione che l'adozione dell'ordinanza ministeriale in parola produce effetti
preclusivi in relazione all'azione risarcitoria alternativamente esperibile in sede giurisdi-
zionale, salva restando la sola facolt del Ministero di intervenire nel giudizio penale, in
qualit di persona offesa dal reato (art. 315). Ne deriva l'esclusione della legittimazione
degli enti locali, cui attribuita la sola facolt di sollecitare l'intervento statale (art. 309);
cos come di quella surrogatoria prima riconosciuta agli enti esponenziali.
7.2.1. La tutela civile degli interessi collettivi dei consumatori
Un modello notevolmente avanzato di tutela civile collettiva si sviluppato nel settore
della tutela dei consumatori.
Tra i limiti pi evidenti della tutela del consumatore predisposta dall'originario co-
dice civile ex artt. 1341 e 1342, infatti, campeggiava la dimensione individuale della
stessa, predisposta a favore del singolo consumatore, ed azionabile, peraltro, solamente
in un momento successivo rispetto all'intervenuta lesione negoziale.
In seguito si inteso colmare tale lacuna, offrendo ad enti di natura collettiva incisivi
strumenti di cui avvalersi in funzione essenzialmente inibitoria.
L'ente collettivo fa valere un interesse collettivo qualitativamente differente dalla
sommatoria degli interessi individuali dei consumatori. Ne consegue, da un lato, una
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 39
netta differenza rispetto alle C.d. class action, tipici strumenti di tutela previsti dal di-
ritto statunitense, per il cui tramite si fa valere, sia pure collettivamente, l'insieme delle
azioni individuali spettanti ai singoli consumatori lesi; dall'altro, si ricava l'irrilevanza
dell'istituto della sostituzione processuale nel fotografare siffatte azioni, atteso che l'en-
te non agisce per tutelare un diritto del consumatore, ma per una posizione giuridica
autonoma.
La materia trova ora un assetto compiuto negli artt. da 136 a 141 del codice del con- Il codice del
sumo, varato con D.Lgs. 206/2005, che prevede, accanto all'inibitoria tipica circa l'uso consumo
di clausole abusive, altres una tutela (pure inibitoria) atipica, praticabile anche in via
cautelare. L'art. 140-bis, come modo dall'art. 59 della L. 99/1009, ha infine varato anche
l'azione collettiva di classe a tutela dei consumatori. 15
7.2.2. La class action nei confronti della pubblica amministrazione (decreto
legislativo 20 dicembre 2009, n. 198)
L'esigenza di introdurre una specifica class action nei confronti della P.A. ha
condotto alla delega legislativa conferita dall'articolo 4, comma 2, lettera 1) della
legge delega 4 marzo 2009 n. 15.
ISPer le prime applicazioni giurisprudenziali v. Trib. Torino, sez. I civile, ord. 27 maggio 2010, in
Guida al diritto, 2010, n. 27, 18 e la relativa pronuncia in sede di reclamo della Corte d'Appello 28
ottobre 2010, che hanno escluso, per carenza dell'interesse ad agire, l'ammissibilit di un'azione
collettiva di classe nel caso in cui la clausola in contestazione, relativa ad una commissione banca-
ria, non sia stata in concreto applicata. Sul tema, inoltre, V. Trib. Torino, ord. 7 aprile 20 Il, in Corro
giur., 2011,1108. nonch Trib. Torino ord., 28 aprile 2011, id, 1109, secondo cui, ai sensi dell'art.
140 bis cod. cons., l'inciso "anche mediante associazioni cui d mandato" va interpretato nel
senso della possibilit di conferire alle associazioni dei consumatori il mandato ad agire in giu-
dizio per conto del componente della classe (sulla falsariga di quanto disposto dall'art. 77 c.p.c.),
ma non anche di attribuire a tali associazioni una legittimazione ulteriore, che consenta loro di far
valere nel medesimo giudizio lo stesso diritto gi esercitato dal mandante. Tali conclusioni, tut-
tavia, sono state da ultimo ribaltate dalla Corte di Appello di Torino, 23 settembre 2011, in www.
ilsole24ore.com/norme, in sede di reclamo della succitata ordinanza del tribunale piemontese. La
Corte, in pmiicolare, evidenzia il "forte impatto" della nuova azione di classe sull'ordinamento
"sul piano della "tenuta" di consolidati principi di diritto processuale a partire dagli istituti del-
la legittimazione processuale e dei limiti soggettivi e oggettivi di giudicato", attribuendo infatti
legittimazione attiva per la tutela dei "diritti individuali omogenei di consumatori e degli utenti
[ .. l, anche attraverso l'azione di classe" a "ciascun componente della classe, anche mediante
associazioni cui d mandato o comitati cui partecipa" ex art. 140-bis. Pertanto, secondo la Corte
d'appello, deve ritenersi che il rapporto tra rappresentato ed ente rappresentante non possa essere
ricondotto al regime di cui all'articolo 77 C.p.c., il quale presuppone la coesistenza di un potere
di rappresentanza sostanziale al fine del conferimento del potere di rappresentanza processuale.
La specificit ed autonomia dalla class action, infatti, comporta che il rapporto fra componente
della classe ed associazione investa il piano della rappresentanza processuale mera, ricondu-
cibile secondo taluno al genus della rappresentanza tecnica, in qualche modo assimilabile alla
procura alle liti sotto il profilo dell 'ausilio tecnico della gestione delle liti di massa, senza alcuna
interferenza sulla titolarit, n sulla disponibilit del rapporto sostanziale dedotto con l'azione
risarcitoria ".
40
L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
7.2.2.1. La legge delega (art. 4, comma 2, letto l, della legge 4 marzo 2009, n.
15, c.d. legge Brunetta)
La norma delegante prevedeva, infatti, una delega finalizzata a consentire ad
ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonch
dei concessionari di servizi pubblici, fatte salve le competenze degli organismi
con funzioni di regolazione e controllo istituiti con legge dello Stato e preposti
ai relativi settori,se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli
obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall'omesso esercizio di poteri di vi-
gilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata
emanazione di atti amministrativi generali derivi la lesione di interessi giuridi-
camente rilevanti per una pluralit di utenti o consumatori.
I criteri della I criteri della delega erano i seguenti:
delega l) consentire la proposizione dell' azione anche ad associazioni o comitati a tutela degli
interessi dei propri associati;
2) devolvere il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministra-
tivo;
3) prevedere come condizione di ammissibilit che il ricorso sia preceduto da una dif-
fida, all'amministrazione o al concessionario, ad assumere, entro un termine fissato dai
decreti legislativi, le iniziative utili alla soddisfazione degli interessati; in particolare,
prevedere che, a seguito della diffida, si instauri un procedimento volto a responsabi-
lizzare progressivamente il dirigente competente e, in relazione alla tipologia degli enti,
l'organo di indirizzo, l'organo esecutivo o l'organo di vertice, a che le misure idonee
siano assunte nel termine predetto;
4) prevedere che, all'esito del giudizio, il giudice ordini all'amministrazione o al conces-
sionario di porre in essere le misure idonee a porre rimedio alle violazioni, alle omissioni
o ai mancati adempimenti di cui all'alinea della presente lettera e, nei casi di perdurante
inadempimento, disponga la nomina di un commissario, con esclusione del risarcimento
del danno, per il quale resta ferma la disciplina vigente;
5) prevedere che la sentenza definitiva comporti l'obbligo di attivare le procedure relati-
ve all'accertamento di eventuali responsabilit disciplinari o dirigenziali;
6) prevedere forme di idonea pubblicit del procedimento giurisdizionale e della sua
conclusione;
7) prevedere strumenti e procedure idonei ad evitare che l'azione di cui all'alinea della
presente lettera nei confronti dei concessionari di servizi pubblici possa essere proposta
o proseguita, nel caso in cui un'autorit indipendente o comunque un organismo con
funzioni di vigilanza e controllo nel relativo settore abbia avviato sul medesimo oggetto
il procedimento di propria competenza.
7.2.2.2. Profili generali dell'istituto
La L. 15/2009, in definitiva, introduce nell'ordinamento il nuovo istituto
dell'azione collettiva contro le inefficienze delle amministrazioni e dei conces-
sionari di servizi pubblici, dettandone la disciplina processuale.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l
41
Con questa nuova azione l'ordinamento si volge con decisione ad una moder-
na visione della pubblica amministrazione come amministrazione di risultato,
nel quadro di una concezione sostanziale del principio del buon andamento di
cui all' articolo 97 della Costituzione.
Sostanzialmente, l'idea portante ed innovativa quella di legare la soddi-
sfazione della pretesa avanzata da uno o pi cittadini alla promozione - per
garantire una elevata performance delle strutture pubbliche nei confronti di tutta
la collettivit - di un controllo esterno di tipo giudiziale sul rispetto, da parte
delle pubbliche amministrazioni, degli standard (di qualit, di economicit, di
tempestivit) loro imposti. Il tutto assicurando la massima pubblicit al giudizio
e la costante responsabilizzazione degli operatori pubblici
l6

Verso un 'ammi-
nistrazione di
risultato
Si tratta di un istituto che si affianca ma che differisce profondamente dalla Differenze
c.d. class action ordinaria, ossia dall'azione collettiva, entrata in vigore ilIO nl'spetto ~ l l a
'. c ass actlOn
gennaio 2010, mtrodotta nel nostro ordmamento dall'art. 2, comma 446, della ordinaria
L. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008), che ha inserito l'articolo
140-bis nel codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005,
n.206.
Come si ricorder, detta disposizione, come da ultimo modificata dalla L.
99/2009, dispone, al comma 1, che i diritti individuali omogenei dei consumatori
e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe,
secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della
classe, anche mediante associazioni cui d mandato o comitati cui partecipa, pu
agire per l'accertamento della responsabilit e per la condanna al risarcimento
del danno e alle restituzioni. Il comma 2 soggiunge che l'azione tutela:
a) i diritti contrattuali di una pluralit di consumatori e utenti che versano nei
confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a
contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei
confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto con-
trattuale;
c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e
utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
La differenza tra le due normative risiede nel rilievo che l'azione di classe di
cui al codice del consumo riguarda le lesioni dei diritti di consumatori e utenti
in ambito contrattuale e, per certi ambiti, extracontrattuale, ma non il rappor-
'6S
u
l punto V. T.AR. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 33, in Foro amm.
TAR 2010, l, 290, che ha messo in risalto come lo speciale regime di accessibilit "rafforzata",
connesso alla possibilit di controllo diffuso dell'organizzazione della P.A, sia finalizzato a con-
sentire l'esercizio delle azioni collettive da parte degli utenti e delle loro organizzazioni rappre-
sentative, ed dunque apprestato dal Legislatore ad efficace presidio dell'obbligo della P.A di
dotarsi di una organizzazione effettivamente flessibile, efficace e razionale, secondo i principi
propri del d.lgs. 165/2001, e delle pi recenti innovazioni legislative.
L'oggetto
del giudizio
e l'ambito
soggettivo di
applicazione
42 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
to tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Inoltre, mentre l'azione del codice
del consumo mira a proteggere la parte debole dallo squilibrio di posizioni sul
mercato, con effetti limitati alla fase del contatto, l'azione qui configurata si pro-
pone, pi incisivamente, di intervenire nello stesso processo di produzione del
servizio, correggendone le eventuali storture. In entrambe le ipotesi si persegue
l'obiettivo di indurre il soggetto erogatore dell'utilit a comportamenti virtuosi
nel suo ciclo di produzione, ma la presente azione lo fa in modo pi diretto, per-
ch tutela la strumentalit dell'organizzazione amministrativa alla realizzazione
del bene pubblico.
Infatti, come si vedr in sede di esame del decreto legislativo di attuazione n.
198/2009 ( 7.2.2.3), la sentenza finale di accoglimento ordina di porre rimedio
al disservizio (art. 4), tanto che il giudizio deve essere preceduto da una diffida
(meccanismo del tutto assente nel codice del consumo), ma non provvede sul
risarcimento del danno cagionato dall'inefficienza (art. 1, comma 6): pu dun-
que dirsi che per i concessionari di servizi pubblici, destinatari sia della presente
azione che di quella di cui all'art. 140-bis del codice del consumo, le due azioni
siano complementari e non possano mai sovrapporsi n quanto a natura e pre-
supposti, n quanto alla disciplina, n infine quanto agli effetti.
Si pu concludere, quindi, che il decreto n. 198 plasma, pi che di un'azione
collettiva di classe a tutela di diritti individuali omogenei, una forma pi incisiva
di tutela degli interessi collettivi, come reso evidente dall'oggetto del giudizio,
che concerne posizioni inscindibilmente collettive, dalla legittimazione autono-
ma delle associazioni esponenziali (che nell' azione consumeristica hanno invece
bisogno del mandato dei singoli componenti della classe) e dalla mancanza del
meccanismo dell' opt in previsto per l'azione di classe consumeristica.
7.2.2.3. L'azione collettiva plasmata dal decreto legislativo attuativo 20 di-
cembre 2009, n 198: un'arma spuntata?
Il decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, pubblicato sulla Gazzetta uffi-
ciale del 31 dicembre 2009, n. 203, di attuazione della delega di cui alla citata L.
15/2009, si compone di otto articoli.
Le disposizioni, nel loro complesso, si prefiggono lo scopo di garantire il cit-
tadino-utente da qualsiasi violazione degli standard di qualit del servizio pub-
blico, a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto che lo eroga.
L'oggetto del giudizio e l'ambito soggettivo di applicazione sono focalizzati
dal comma 1 dell' art. 1, il quale prevede che "al fine di ripristinare il corretto
svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di
interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralit di utenti e con-
sumatori possono agire in giudizio, con le modalit stabilite nel presente decre-
to, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi
pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi,
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 43
dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi
generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligato-
riamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento,
dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla viola-
zione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi
pubblici, dalle autorit preposte alla regolazione ed al controllo del settore e,
per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformit alle dispo-
sizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre
2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la
valutazione, la trasparenza e l'integrit delle amministrazioni pubbliche di cui
all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite
dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150".
L'oggetto del ricorso dato dalla reazione alla lesione di interessi giuridica-
mente rilevanti per una pluralit di utenti provocata dalla violazione di standard
qualitativi ed economici, o degli obblighi contenuti nelle Carte di servizi, ovvero,
ancora, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti ammini-
strativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo, da emanarsi entro
un termine di legge. Ne consegue che l'oggetto del giudizio (lo scostamento da
uno standard) si lega strettamente alla previa definizione di standard di qualit
organizzativa, che si persegue con altri provvedimenti di attuazione del disegno
complessivo di riforma di cui alla L. 15/2009
17

Va osservato che, con riferimento ai ritardi amministrativi, lo strumento in parola si
affianca al rimedio individuale praticabile dal singolo soggetto leso dalla violazione dei
termini procedimentali di cui all'art. 2 della L. 241/1990, arricchito dalla tutela risarcito-
17 Tale profilo stato evidenziato dalla recentissima pronuncia del T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-
bis, 20 gennaio 2011, n. 552, (in Guida al Dir., 2011, 7, 27), con particolare riguardo all'art. 7
d. 19s. 198/09, la cui formulazione, a parere del Tribunale, "descrive una norma incompleta che,
avendo individuato in via generale e astratta posizioni giuridiche di nuovo conio, oltre che stru-
menti azionabili per la relativa tutela, ma non i parametri specifici della condotta lesiva, necessita
di una ulteriore previsione normativa, agganciata alla peculiarit e concretezza dell'assetto or-
ganizzativo dell'agente e ai limiti della condotta diligente dal medesimo esigibili, ferme restando
le risorse assegnate. Ne consegue che, allo stato, nonostante la vigenza della norma primaria,
le posizioni giuridiche in via generale individuate e protette dalla stessa non sono ancora in
concreto prospettabili davanti ad un giudice difettando la compiuta definizione della fattispecie
lesiva o l'esatta individuazione del comportamento esigibile, oltre che la fissazione del "dies a
quo H della concreta applicazione H. Sul punto, tuttavia, il T.A.R. chiarisce che "le medesime con-
siderazioni non possano, per contro, riprodursi per quelle norme del d.lg.198/09 che individuano
fattispecie completamente definite in ogni loro aspetto, ivi compresa l'esatta perimetrazione del
comportamento lesivo; quest'ultima ipotesi ricorre, in particolare, nel caso relativo all'obbligo
di "emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da
emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamen-
to H. Contra, tuttavia, T.A.R. Lazio, sez. II, 4 novembre 20 l O n. 33190, la quale ha ritenuto la class
action "allo stato non proponibile in concreto per effetto di quanto stabilito dall'art. 7 del citato
decreto legislativo H.
44 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
ria per effetto dell'innovativa disciplina dettata dall'art. 2-bis della L. 241/1990 (intro-
dotto dalla L. n. 69/09), nonch dagli artt. 30, co. 2 ss., e 117, co. 6, cod. proc. amm ..
In sede di primo commento (LoGOLUso), si osservato che "il provvedimento am-
plia anche le possibili situazioni giuridiche tutelabili: le norme del decreto, infatti,
conferiscono la legittimazione ad agire a tutti i '-'titolari di interessi giuridicamente
rilevanti". In questa categoria possono farsi rientrare non solo i titolari di diritti sog-
gettivi, ma anche di interessi legittimi, dove la rilevanza degli stessi non agganciata
solo alla illegittimit dell' azione amministrativa, ma pu dipendere anche dalla non
conformit dell'azione amministrativa ai suddetti standard, nonostante la legittimit
in s dell'azione stessa".
Legittimazione La legittimazione attiva ad agire in giudizio compete ai titolari di interessi giu-
attiva e passiva ridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralit di utenti e consumatori (art.
1, comma 1) ed alle associazioni e comitati a tutela degli interessi dei propri
associati (art. 1, comma 4).
La relazione governativa spiega che in questa materia, a differenza di altre (tutela
dell'ambiente e dei consumatori), non parso possibile n opportuno circoscrivere la
legittimazione a un elenco consolidato di enti rappresentativi degli interessi collettivi dei
cittadini. Anche se il decreto legislativo migliora la formulazione della legge delega, ag-
giungendo il richiamo alla necessaria omogeneit degli interessi, la mancata fissazione
di elementi caratterizzanti e la conseguente genericit della nozione (pi di tre persone
potrebbero costituire una pluralit) finiranno per esporre l'interpretazione giurispruden-
ziale del profilo della legittimazione attiva ad oscillazioni ed incertezze
18

Va soggiunto che i soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del
ricorrente possono intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell'udienza di di-
scussione del ricorso, che viene fissata d'ufficio, in una data compresa tra il novantesimo
ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso.
Venendo alla legittimazione passiva, sono escluse dai destinatari dell'azione le
autorit amministrative indipendenti.
La relazione governativa di accompagnamento spiega la scelta in considerazione del
duplice rilievo che dette autorit non sono contemplate nel comma 2 dell 'art. l del decreto
legislativo n. 165/200 l (e dunque dalla disciplina fondamentale del pubblico impiego, cui
si rivolge la complessiva opera di riforma perseguita con la delega di cui alla L. 15 del
2009) e che esse non svolgono compiti di amministrazione attiva che, soli, paiono idonei
a determinare la lesione dell'interesse del singolo che legittima al ricorso.
18 Sul punto, peraltro, la giurisprudenza sembra propendere per un'interpretazione restrittiva del
citato art. 1 del decreto in commento, escludendo che la legittimazione ad agire delle associazioni
di consumatori possa estendersi a qualsiasi attivit di tipo pubblicistico che si rifletta economica-
mente sui cittadini, dovendo invece essere indagata sulla base delle indicazioni statutarie, anche al
fine di escludere potenziali conflitti di interessi nell'ambito della categoria rappresentata (T.A.R.
Sicilia, Catania, sez. III, 2 novembre 2010 n. 43235).
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 45
altres esclusa la legittimazione passiva degli organi giurisdizionali, delle as-
semblee legislative e gli altri organi costituzionali nonch della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Con riguardo agli organi giurisdizionali, legislativi e costituzionali, l'esclusione si giu-
stifica in ragione della natura non amministrativa delle funzioni svolte, oltre che della
specifica collocazione nell'assetto istituzionale. Qualche dubbio ha invece suscitato, du-
rante i lavori preparatori, l'immunit garantita alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Se, per un verso, infatti, essa si spiega in ragione della funzione di monitoraggio ex art.
6 attribuito ala Presidenza nonch per il compito, da quest'ultima assolto, di attendere
alla politica generale del governo, anche vero che, pure con riguardo a detto plesso,
ipotizzabile l'addebito di violazione dei termini o di mancata emanazione di atti ammi-
nistrativi generali privi di contenuto normativo. Di qui il dubbio della coerenza e della
legittimit costituzionale, ex artt. 3, 24 e 97 Cost., dell'esclusione della Presidenza dalla
legittimazione passiva in un sistema retto sulla pari ordinazione degli organi di ammi-
nistrazione attiva.
La giurisdizione attribuita al giudice amministrativo in sede di giurisdizio- La giurisdizione
ne esclusiva. Si tratta di una soluzione opportuna, trattandosi di materie che e la competenza
intercettano i servizi pubblici attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo ex art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, caratterizzate dalla
compresenza di interessi legittimi e diritti soggettivi. Quanto alla compatibilit
con le coordinate di cui alle sentenze nn. 204/2004 e 191/2006 della Consulta,
si deve segnalare, in senso adesivo, che le pubbliche amministrazioni, in sede
di rogazione dei servizi pubblici, non pongono in essere comportamenti meri
di stampo privatistico e materiale ma comportamenti amministrativi connessi
alla loro veste autoritativa. Trattasi, cio, di quei comportamenti amministrativi,
tenuti in settori regolati da leggi di diritto pubblico, che integrano quell'esercizio
mediato del potere pubblico idoneo a giustificare, secondo le coordinate della
Corte Costituzionale, l'attrazione in capo alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. Si aggiunga che la devoluzione della cognizione delle contro-
versie al giudice amministrativo consente l'esercizio di quel controllo penetrante
di funzionalit sull'operato della pubblica amministrazione che rientra nel baga-
glio culturale di tale giudice, con il vantaggio della pienezza delle tecniche di
tutela e del potere di cognizione, oggi consacrati dal codice del processo ammi-
nistrativo. Si deve segnalare che il decreto delegato, in ci differenziandosi dalla
legge delega, non richiama la natura anche di merito, oltre che esclusiva, della
giurisdizione del giudice amministrativo. Il dato formale, tuttavia, non intacca la
natura sostanziale di una giurisdizione che, alla luce dell'impianto generale del
decreto, mira ad un sindacato pieno sull'efficienza amministrativa, pur se non
supportata da un adeguato bagaglio probatorio.
Va soggiunto che le questioni di competenza sono rilevabili anche d'ufficio (art. l, com-
46
L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
ma 7). La scelta appare condivisibile, essendo necessario che solo il giudice territorial-
mente competente conosca di controversie relative alla corretta erogazione dei servizi
in relazione alle esigenze della collettivit territoriale. In particolare, risulta pregnante
l'esigenza di evitare la proposizione innanzi a Giudici diversi di azioni collettive concer-
nenti lo stesso ambito territoriale di riferimento.
Sussidiariet Ai sensi dell'art. 2, la class action pubblica non pu essere proposta se un or-
dell'azione ganismo con funzione di regolazione e di controllo istituito con legge statale o
regionale e preposto al settore interessato ha instaurato e non ancora definito un
procedimento volto ad accertare le medesime condotte oggetto dell'azione di cui
all'articolo 1, ovvero se, in relazione alle medesime condotte, sia stato instaurato
un giudizio ai sensi degli artt. 139, 140 e l40-bis del codice del consumo, di cui
al d. 19s. 6 settembre 2005, n. 206. Ove detti ultimi rimedi siano stati articolati
dopo l'azione pubblica, tale ultimo giudizio dovr essere sospeso.
Viene in questa guisa plasmata una logica di sussidiariet sganciata del cri-
terio di prevenzione, in modo che l'azione di classe collettiva viene relegata a
Cenerentola che non pu trovare definizione ove venga, anche in un momento
successivo, proposto un altro rimedio, giudiziale o amministrativo, alla patologia
censurata. Tale scelta, che deroga alle regole processuali in materia di connes-
sione di giudizi aventi oggetti collimanti e che addirittura subordina il rimedio
giudiziale alla definizione del procedimento amministrativo di controllo da parte
di un organismo di regolazione, finisce per intaccare pesantemente la rilevanza
del rimedio ed il ruolo della magistratura amministrativa, lasciando sul tappeto
dubbi di armonizzabilit con i principi di pienezza ed effettivit della tutela giu-
risdizionale ex artt. 24, 103 e 113 Cost.
Laprocedura Quanto alla procedura, va segnalata la previsione di una diffida preventiva all'ammi-
nistrazione, che viene cos resa edotta tempestivamente della pretesa collettiva e pu
porre rimedio ai vizi lamentati scongiurando la proposizione dell'azione (art. 3, commi
1 e 2).
L'articolo 3, comma 1, prevede, infatti, che il ricorrente deve notificare preventiva-
mente una diffida all'amministrazione od al concessionario ad effettuare, entro il termi-
ne di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati. La diffida
notificata all'organo di vertice dell' amministrazione o del concessionario, che assume
senza ritardo le iniziative ritenute opportune, individua il settore in cui si verificata la
violazione, l'omissione o il mancato adempimento di cui all'articolo 1, comma 1, e cura
che il dirigente competente provveda a rimuoverne le cause. Tutte le iniziative assunte
sono comunicate all'autore della diffida. Le pubbliche amministrazioni determinano,
per ciascun settore di propria competenza, il procedimento da seguire a seguito di una
diffida notificata ai sensi del presente comma.
Il comma 2 soggiunge che il ricorso proponibile se, decorso il termine di cui al
primo periodo del comma 1, l'amministrazione o il concessionario non ha provveduto,
o ha provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata. Il ricorso pu
essere proposto entro il termine de cadenzi aie di un anno dalla scadenza del termine di
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1
47
cui al primo periodo del comma 1. Il ricorrente ha l'onere di comprovare la notifica della
diffida di cui al comma 1 e la scadenza del termine assegnato per provvedere, nonch di
dichiarare nel ricorso la persistenza, totale o parziale, della situazione denunciata.
Ai sensi del comma 3, in luogo della diffida di cui al comma 1, il ricorrente, se ne
ricorrono i presupposti, pu promuovere la risoluzione non giurisdizionale della contro-
versia ai sensi dell'art. 30 della L. 18 giugno 2009, n. 69; in tal caso, se non si raggiunge
la conciliazione delle parti, il ricorso proponibile entro un anno dall'esito di tali pro-
cedure.
La subordinazione dell' attivazione del rimedio giurisdizionale alla proposizione
di una diffida preventiva costituisce un profilo di ulteriore differenziazione dell'azio-
ne di classe collettiva rispetto a quella ordinaria, che non conosce tale filtro preli-
minare. Il privilegio attribuito alle pubbliche amministrazioni ed ai soggetti ad esse
equiparati, giustificato dalla relazione di accompagnamento in forza dell'esigenza di
consentire ai soggetti pubblici di rimediare immediatamente al disservizio, costitui-
sce una dimostrazione ulteriore della filosofia morbida che connota il provvedimento
legislativo, impregnata della ricerca di soluzioni conciliative basate sullo stimolo al
procedimento di auto-correzione, e quindi rest"a all'applicazione di sanzioni e misu-
re autoritative dall'esterno.
L'udienza di discussione viene fissata d'ufficio in una data compresa tra il novan-
tesimo ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso. stata cos corretta, sulla
scorta dei rilievi critici formulati nel corso dei lavori preparatori, l'originaria previsione
che collegava la data della fissazione d'udienza ad un evento (la pubblicazione della
notizia sui siti istituzionali) estraneo all'ambito della conoscenza ufficiale degli organi
di giustizia amministrativa.
Venendo al contenuto della pronuncia che definisce il giudizio, l'articolo 4 sta-
bilisce che il giudice accoglie la domanda se accerta la violazione, l'omissione
o l'inadempimento di cui all'articolo 1, comma 1, ordinando alla pubblica am-
ministrazione od al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine,
nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane gi assegnate in via
ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Trattasi di una pronuncia di condanna ad unfacere, coerente con le coordi-
nate della giurisdizione esclusiva, che, da sempre, affianca alle azioni costitutive
quelle di accertamento e condanna compatibili con la consistenza della pretesa
azionata. Azioni oggi estese anche alla giurisdizione di legittimit dal disposto
del capo II, titolo III del libro I del codice del processo amministrativo, ove si
prevede -esplicitamente od implicitamente- l'innesto, nel giudizio amministra-
tivo innanzi al G.A. di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a
soddisfare la pretesa della parte vittoriosa (v. sez. II, cap. III, 5).
La legge, invece, esclude espressamente (art. 1, comma 6) che con il ricorso
si possa chiedere al Giudice una sentenza di condanna al risarcimento del danno
cagionato dagli atti e dai comportamenti di cui al comma 1; a tal fine, restano
fermi i rimedi ordinari (si veda l'azione risarcitoria innanzi al Giudice ammini-
strativo di cui all'art. 30 cod. proc. amm.).
Definizione
del giudizio e
ottemperanza
48 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
La scelta legislativa, dettata anche da chiare esigenze di tutela delle finanze pubbliche,
segna un grosso limite sul piano dell'effettivit e pienezza della tutela giurisdizionale;
e registra un scarto, di dubbia coerenza, con la diversa scelta adottata dall'art. 140-bis
del codice del consumo per la class action proposta dai consumatori nei confronti dei
professionisti, ove invece si dispone (comma 1) Ghe i diritti individuali omogenei dei
consumatori e degli utenti sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe e che, a tal
fine, ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui d mandato o co-
mitati cui partecipa, pu agire per l'accertamento della responsabilit e per la condanna
al risarcimento del danno e alle restituzioni. Il regime di privilegio attribuito alle pubbli-
che amministrazioni innesca una disparit in distonia con la tendenza dell' ordinamento
(a partire dalla sentenza n. 500/1999 delle S.D.) ad una piena responsabilizzazione dei
soggetti pubblici e si pone, al tempo stesso, in antitesi, oltre che con i parametri degli
ordinamenti europei pi progrediti, con la forte spinta verso l'efficienza e la moralizza-
zione delle condotte degli agenti pubblici che, pure, rappresenta un merito storico delle
riforme Brunetta.
Lo scarso mordente pratico del rimedio, testimonianza ulteriore all'approccio soft
di cui si detto sopra, dimostrato dalla previsione secondo cui gli obblighi, che la
pronuncia pone, incontrano il limite delle risorse strumentali, finanziarie ed umane gi
assegnate in via ordinaria, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. di
intuitiva evidenza che la romantica idea dell'uniformazione a costo zero dell'azione am-
ministrativa alle prescrizioni giudiziali incide in modo profondo sull'effettivit e sulla
concretezza dei risultati conseguibili all'esito del giudizio.
Il comma 2 dell'art. 4 prevede idonee forme di pubblicit della sentenza, oltre che del
procedimento giurisdizionale e delle misure adottate per ottemperarvi, per potenziare la
funzione di deterrence della nuova azione (v. art. 1, comma 2, art. 4, commi 2 e 3).
La sentenza che accoglie la domanda nei confronti di una pubblica amministrazione
infatti comunicata, dopo il passaggio in giudicato, alla Commissione e all'Organismo
di cui agli articoli 13 e 14 del d. 19s. n. 150/2009 di attuazione della riforma Brunetta del
pubblico impiego, alla procura regionale della Corte dei conti, nonch agli organi pre-
posti all'avvio del giudizio disciplinare e a quelli deputati alla valutazione dei dirigenti
coinvolti, per l'eventuale adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza.
Inoltre, la sentenza che accoglie la domanda nei confronti di un concessionario di
pubblici servizi comunicata all'amministrazione vigilante per le valutazioni di com-
petenza in ordine all'esatto adempimento degli obblighi scaturenti dalla concessione
e dalla convenzione che la disciplina. L'amministrazione accerta i soggetti che hanno
concorso a cagionare le situazioni di cui all'articolo 1, comma 1, e adotta i conseguenti
provvedimenti di propria competenza.
Le misure adottate in ottemperanza alla sentenza sono pubblicate sul sito istituziona-
le del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e sul sito istituzionale
dell'amministrazione o del concessionario soccombente in giudizio
Passando alla fase dell'esecuzione della sentenza, la previsione, ex art. 5, della giu-
risdizione del giudice amministrativo consente, in caso di inadempimento dell'ammini-
strazione e del concessionario, l'utilizzo di quel rimedio efficiente e penetrante dato dal
ricorso per ottemperanza (ex artt. 112 ss. cod. proc. amm.), che attribuisce al giudice
amministrativo una giurisdizione di merito con poteri di sindacato pieno e sostitutivo nei
confronti dell'azione amministrativa.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 49
In particolare, la previsione del rimedio dell' ottemperanza appare particolarmente
utile con riguardo ai concessionari di servizi pubblici, fugandosi in questa guisa ogni
dubbio circa la loro piena equiparazione alle pubbliche amministrazioni anche ai fini
dell'esercizio dei poteri penetranti che il giudice dell'ottemperanza pu spiegare nei
confronti delle pubbliche autorit che non si uniformino al contenuto precettivo delle
decisioni.
Nella logica di deterrence di cui si detto, la sentenza di accoglimento del ricorso
per ottemperanza comunicata alla Commissione e all'Organismo di cui agli articoli 13
e 14 del decreto legislativo di attuazione della riforma del pubblico impiego nonch alla
procura regionale della Corte dei conti.
Con riferimento alle ulteriori disposizioni, si segnala, infine, che la Presidenza del
Consiglio dei ministri provvede al monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni relati-
ve all'azione collettiva, anche ai fini della proposizione di eventuali interventi correttivi
(art. 6).
La norma transitoria, di cui all'articolo 7, dimostra, ancora una volta, la volont di
consentire alle P.A. un comodo paracadute, anche temporale, prima della concreta sog-
gezione all'azione collettiva di classe.
7.2.2.4. Considerazioni conclusive
Il ricorso alla class action contro la P.A. stato presentato dal suo ideatore (il
Ministro Brunetta) come un provvedimento epocale, capace di rinnovare alle
radici la pubblica amministrazione
I9
. Purtuttavia stato accolto, dai pi, con toni
assai critici e polemici: molti lamentano che si tratti di un "provvedimento-bef-
fa", che in realt non concede alcuna effettiva tutela contro le inefficienze della
pubblica amministrazione. Sebbene completamente contrapposte, entrambe le
valutazioni non appaiono prive di fondamento.
Recente dottrina (LoGOLuso) ha osservato che il provvedimento sicura-
mente innovativo, e oseremmo dire rivoluzionario, sotto molteplici aspetti:
in primis, prevede un'ampia estensione dei poteri del giudice amministrativo
sull'operato della pubblica amministrazione, perch conferisce a quest'ultimo
la facolt di valutare le scelte di allocazione delle risorse disponibili, rendendo
cosi sindacabile l'azione della pubblica amministrazione, non pi solo nella sua
legittimit, ma anche nella conformit della stessa agli "standard qualitativi ed
economici".
Inoltre, con il nuovo ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei con-
cessionari di servizi pubblici, si istituisce una forma di tutela diversa da quelle
tradizionalmente rivolte a garantire un ristoro in forma specifica o per equiva-
'9Tale profilo plasticamente messo in rilevo da Cons. St., Atti norm., 09 giugno 2009, n. 1943 in
Foro it. 2010,2, III, 89: "L'introduzione, in attuazione della delega conferita al Governo dall'art.
4 l. 4 marzo 2009 n. 15, di un 'azione per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari
dei pubblici servizi vale ad assicurare sul piano giuridico il principio costituzionale del buon
andamento come canone del "servizio" reso dall 'amministrazione ai cittadini".
La nozione
tradizionale di
interesse di fatto
50 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
lente per la lesione subita: il risultato perseguito dal ricorso, infatti, quello di
"ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione del
servizio", senza offrire quindi alcuno specifico rimedio alle violazioni, omissioni
o inadempienze che hanno legittimato l'azione.
In sintesi, il futuro ricorso dar vita ad una forma di azione inedita per il no-
stro ordinamento, che si pu definire una sorta di "azione pubblica", atteso che
consente un contrllo della corretta applicazione dei princ"pi di economicit ed
efficienza da parte della pubblica amministrazione, nell'interesse, non tanto del
singolo che agisce, quanto della generalit dei consociati, i quali beneficeranno
degli effetti della sentenza, che ordiner alla P.A. od al concessionario di porre
rimedio alla violazione, all'omissione o all'inadempimento.
Se quelli sinora indicati posso considerarsi i punti a favore del nuovo stru-
mento posto a disposizione del consumatore/utente pubblico, si devono richia-
mare le considerazioni precedentemente spese in merito alla scarsa valenza pra-
tica ed alla notevole timidezza di un provvedimento troppo morbido per essere
realmente incisivo.
Solo gli sviluppi applicativi chiariranno la portata della riforma Brunetta e la
sua effettiva riuscita.
8. Interessi di fatto ed interessi amministrativamente protetti
Come gi osservato nei precedenti paragrafi, il criterio discretivo imperniato
sulla diversit delle forme di tutela giurisdizionale approntate dall'ordinamento
giuridico in favore ora del diritto soggettivo, ora dell'interesse legittimo, risulta,
allo stato dell'arte, l'unico realmente idoneo a dare conto della distinzione tra le
due posizioni soggettive che assumono rilevanza giuridica al cospetto dei pub-
blici poteri.
Il criterio in questione si rivela, al contempo, un valido strumento a disposi-
zione dell'interprete che intenda saggiare l'attuale portata e consistenza del C.d.
interesse di fatto, alla luce delle profonde riforme che dal 1990 in poi hanno
attraversato il nostro sistema amministrativo, ponendo il problema della rivi si-
tazione del tradizionale assunto dell'assoluta irrilevanza giuridica dell'interesse
de quo.
L'interesse di fatto stato nel tempo inteso come percezione soggettiva di un
bisogno, il quale, ancorch correlato ad un bene o utilit finale che il soggetto
intende conseguire o mantenere, rimane sconosciuto al diritto. Ci in quan-
to si tratta di una situazione sostanziale che, pur ruotando attorno all'interesse
pubblico affidato alla cura dell' Autorit amministrativa, non viene riconosciuta
meritevole di protezione giuridica. Di qui la contrapposizione netta all'interesse
legittimo, che tale proprio perch preso in considerazione (id est selezionato
tra tanti bisogni, in relazione all'utilit che un dato bene pu offrire) dall'ordi-
namento a vari effetti, in primis ai fini della tutela, amministrativa e giurisdizio-
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 51
naIe, somministrabile in suo favore, per l'oggettivo rilievo che un tale interesse
riveste nella realt sociale.
Naturale corollario di una tale impostazione stato quello di ricondurre gli
interessi di mero fatto nella sfera del giuridicamente irrilevante, dalla quale, tut-
tavia, esulano gli interessi c.d. amministrativamente protetti (ossia gli interessi
differenziati al rispetto delle regole non giuridiche che afferiscono all'opportu-
nit dell'azione amministrativa), altres denominati interessi semplici. Il rife-
rimento , in particolare, all'interesse generico che vanta ciascun cittadino ad
un uso corretto, sul piano del merito (e non della legittimit), dei poteri da parte
dell'autorit amministrativa, nello svolgimento della sua attivit di cura dell'in-
teresse pubblico; interesse, dunque, al rispetto di quei canoni comportamentali
di opportunit, convenienza ed equit nell'esercizio dell'azione amministrativa,
che non presentano l'obiettivit e rigidit propria delle norme giuridiche, la vio-
lazione dei quali, pertanto, non pu essere fatta valere in sede giurisdizionale
(salvi i casi eccezionali di giurisdizione di merito). Dette posizioni non ricevono
di norma tutela in via giurisdizionale, posto che la normativa processuale, solo
in via eccezionale, ammette un sindacato di merito sull'attivit amministrativa;
esse sono invece tutelabili con lo strumento del ricorso gerarchico (v. sez. V, cap.
II) ammesso in via generale anche per il sindacato sui C.d. vizi di merito degli
atti amministrativi.
Gli interessi
amministrativa-
mente protetti
Dagli interessi amministrativamente protetti vanno distinti gli interessi pro- Gli interessi di
priamente di fatto, del tutto irrilevanti per il diritto. Trattasi di situazioni sog- fatto in senso
stretto
gettive corrispondenti ai C.d. diritti civici, cio ricollegabili a doveri pubblici
dell'amministrazione, previsti a vantaggio della comunit sociale non colletti-
vizzata e consistenti nel porre a disposizione della generalit dei cittadini beni o
prestazioni, quali ad esempio i servizi di illuminazione e nettezza delle strade, dei
quali tutti indistintamente possono beneficiare, senza che nessuno possa avanza-
re alcuna pretesa al riguardo. Il tratto caratterizzante e distintivo dell'interesse in
questione consiste proprio nel porsi come interesse non individualizzato in capo
ad un soggetto particolare, e perci indifferenziato rispetto a quello riferibile alla
generalit dei consociati. Di qui il precipitato, secondo le regole processuali,
della non accessibilit della tutela giurisdizionale.
Particolare attenzione merita la tutela di tipo oggettivo accordata dall'or-
dinamento, in deroga al principio della personalit e specificit dell'interesse ad
agire in giudizio, consentendo l'esperimento di azioni popolari, promuovibili
cio da ciascun componente una collettivit indifferenziata in difesa di un pub-
blico interesse ad essa afferente, ovvero a tutela del generale interesse al regolare
funzionamento dell' attivit amministrativa.
Gli strumenti di
tutela del! 'inte-
resse di fatto
Nell'ambito della summa divisio operata in sede dottrinale, dato distinguere un'azio- L'azione
n ~ po.polare in funzione suppletiva, come tale riconducibile al fenomeno della so- ~ ~ ~ ; ~ ~ ; ~ i v a e
stItuzlOne processuale di cui all'art. 81 C.p.c., che vede l'attore popolare sostituirsi correttiva
52 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
all'amministrazione rimasta inerte nel far valere le proprie pretese nei confronti di un
terzo, dall'azione di tipo correttivo, con la quale, invece, il cittadino reagisce all'il-
legittimo operato della P.A., lesivo dell'ordine giuridico amministrativo, affermando
cos, in qualit di membro della comunit sociale, anche il proprio interesse al corret-
to funzionamento dell'apparato amministrativo. Con riferimento alla prima tipologia
indicata, valga per tutti prevista dall'art. 9 del D.Lgs. 267/2000, dell'azionabilit di
pretese spettanti al Comune ed alla Provincia
20
A titolo esemplificativo della seconda
species di azione popolare, promuovibile in chiave correttiva, viene solitamente indica-
ta l'azione di decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale o circoscrizionale (art. 70, D.Lgs. 26712000), ovvero il potere di
impugnare l'atto di proclamazione degli eletti al Parlamento europeo (artt. 130 ss. cod.
proc. amm.).
Va segnalato, al riguardo, come entrambe le ipotesi considerate facciano emergere
una sorta di commistione tra tutela di tipo oggettivo e tutela di tipo soggettivo, dal
momento che la legittimazione ad agire innanzi al giudice amministrativo in difesa di
interessi riferibili alla collettivit non viene attribuita sic et simpliciter al quisque de
populo, ma in un certo senso personalizzata e perimetrata in relazione a particolari
qualifiche in possesso del soggetto agente, quale ad esempio l'appartenenza dell'attore
ad una comunit territoriale alla quale si riferisce lo specifico interesse fatto valere in
giudizio. Maggiore apertura, sotto il profilo della legittimazione attiva, aveva mostrato
in origine il Legislatore in occasione della C.d. legge ponte (L. 765/1967) che, all'art.
10, consentiva al comune cittadino, senza ulteriori aggettivazioni, di ricorrere avverso
il rilascio della concessione edilizia avvenuto in violazione delle disposizioni di legge;
soltanto a seguito dell'intervento dell'alto Consesso di giustizia amministrativa
21
volto a
ridimensionare la portata di tale previsione, l'orientamento giurisprudenziale sul punto
si poi assestato nel richiedere un quid pluris rispetto all'interesse generale ad un or-
dinato assetto urbanistico, battezzando un'azione popolare sui generis, cio esperibile
soltanto da parte dei soggetti che si trovino in una situazione di stabile collegamento con
la zona interessata dalla costruzione asseritamente illegittima, senza tuttavia richiedersi
la prova di un danno specifico, ritenuto quest'ultimo insito nella violazione edilizia.
Sulla tutela degli interessi di fatto in sede procedimentale e tramite lo strumento
dell'accesso ai documenti amministrativi, si rinvia alla parte III, capitoli I e V
9. Le forme di tutela dell'interesse legittimo e la permanente vitalit della
nozione di interesse legittimo.
La tutela di Rinviando per gli approfondimenti alla trattazione ad hoc contenuta nella sezio-
annullamento 2 l' l" fi . d l d
ne , ana lSI In qUI con otta non pu essere eone usa senza are conto, sia pure
2Nel senso che si tratta di un'azione sostitutiva, che ha come presupposto l'omissione nell'eserci-
zio delle azioni e dei ricorsi che competono all'ente locale, cfr Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2010,
n.2457.
21 Il riferimento alla sentenza n. 523 del 1970, resa dalla V sezione del Cons. di Stato, in Giur. it.,
1970, III, sez. I, 193 ss., seguita dalla nota di commento di GUICCIARDI.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO l 53
brevemente, dei differenti mezzi di tutela praticabili in favore dell'interesse le-
gittimo, in relazione al suo diverso atteggiarsi a fronte di un episodio di esercizio
del potere autoritativo, come interesse ora oppositivo, ora pretensivo.
Occorre preliminarmente osservare infatti che, conformemente allo schema
impugnatori o puro, il titolare dell'interesse a non subire alterazioni o modifica-
zioni di segno negativo nella propria sfera giuridica, in caso di illegittima inci-
sione ad opera dei pubblici poteri, ha sempre trovato lo strumento principe di
difesa nella tutela costitutiva di annullamento assicurata dal processo ammini-
strativo di legittimit, dal momento che l'eliminazione dal mondo giuridico, con
efficacia ex fune, dell'atto lesivo, a seguito della pronuncia giurisdizionale di
annullamento, almeno in linea teorica, soddisfa, ex se, l'esigenza di reintegrare
l'ordine giuridico violato (v. sez. II, cap. II).
Alla tutela di annullamento, per lunghi decenni unica tutela tipica ammessa,
si innanzitutto affiancata la tutela risarcitoria degli interessi legittimi (oggi pre-
vista dall'art. 30 cod. proc. amm.). Hanno poi visto la luce le tecniche di tutela
dichiarativa: si pensi all'azione di nullit del provvedimento lesivo dell'interesse
legittimo (almeno quello pretensivo), coniata, in qualche modo implicitamente,
dall'art. 21-septies della L. 241/1990 (v. sez. II, cap. III e parte III, cap. VII);
e, infine, le tecniche di tutela imperniate sull' accertamento della spettanza del
bene della vita con consequenziale condanna dell'amministrazione (c.d. azioni
di condanna pubblicistica o esatto adempimento). Si pensi, a tale ultimo riguar-
do, all'azione in materia di silenzio-rifiuto, introdotta dalla L. 80/2005, modifi-
cativa dell'art. 2 della L. 241/1990, da ultimo confluita nell'art. 117 del codice
del processo amministrativo (v. sez. II, cap. III e parte III, cap. IV), all'azione
tesa al conseguimento dell' aggiudicazione e del contratto prevista dall'art. 124
cod. proc. amm., ed nell'azione di condanna all'uniformazione dell'azione am-
ministrativa ai criteri sanciti dal giudice in caso di accoglimento della domanda
di classe ex art. 4 del decreto legislativo n. 198/2009.
Infine, e soprattutto, come si vedr nella sezione 2, cap. III, si pu ricavare
da un'analisi sistematica delle riforme degli ultimi anni (primo tra tutti, l'esame
dell'impianto normativo del recentissimo codice del processo amministrativo,
come interpretato dalle decisioni nn. 3 e 15/2011 dell'Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato), coniugata con i principi costituzionali, che, superata l'idea,
disperatamente antica, della tipicit delle azioni, anche nel processo amministra-
tivo sono ormai ammissibili anche l'azione dichiarativa atipica nonch l'azione
di condanna pubblicistica (cd. azione di esatto adempimento) finalizzata, anche
al di l del silenzio, ed almeno per gli atti vincolati, all' esatto adempimento Tutele atipiche
dell' obbligo (in senso atecnico) della P.A. di riconoscere il bene della vita riven-
dicato dal privato. Tale forma di tutela mira a consentire il soddisfacimento della
pretesa inerente al rapporto originario con il conseguimento del bene della vita
cui tende l'interesse pretensivo; essa, comportando la condanna della P.A. ad un
lacere specifico, ossia all'emanazione dell'atto richiesto, trasforma il giudizio
Ha ancora
senso parlare
di interesse
legittimo?
54 L'interesse legittimo: nozione e tecniche di tutela
amministrativo da giudizio formale sulla legittimit dell'atto a giudizio sostan-
ziale sul rapporto (v., amplius, cap. III della sez. II)22.
Da quanto fin qui detto si ricava che l'interesse legittimo si giova ormai delle
stesse tutele da sempre godute dal diritto soggettivo.
La piena omologazione delle tecniche dltutela delle due posizioni, peral-
tro, non implica l'illanguidimento dell'autonomia strutturale dell'interesse
legittimo e, in definitiva, la trasformazione dello stesso in diritto soggetti-
vo.
La tesi che predica tale metamorfosi, alludendo spesso alla categoria tede-
sca dei diritti pubblici soggettivi, confonde, infatti, i due piani, profondamente
distinti, della misura della tutela e dell'essenza o, se si vuole, della struttura
della posizione soggettiva. Si tratta di un errore di impostazione. Un interesse
legittimo pienamente tutelato non diventa, sol per questo, un diritto soggettivo.
La conformazione di una posizione soggettiva , infatti, un prius, logico prima
ancora che giuridico,rispetto all'intensit della protezione accordata dall'ordina-
mento e non pu ricavare da quest'ultima le propria identit.
Si deve convenire allora con quella dottrina (SCOCA) la quale ha osservato
che la dilatazione della tutela accordata all' interesse legittimo lascia intatta l'
"essenza della posizione", che continua ad essere una posizione dialettica che
dialoga con il potere precettivo, ad esercizio unilaterale, della pubblica ammi-
nistrazione. Detto in altre parole, il soddisfacimento dell'interesse al consegui-
mento (o alla protezione) del bene della vita non accordato in via immedia-
ta dall'ordinamento giuridico, essendo all'uopo necessaria l'intermediazione
dell' attivit amministrativa all'uopo deputata.
Ne deriva che l'interesse legittimo, pur se tutelato in modo pieno, resta un
interesse legittimo, ossia una posizione che dialoga con l'esplicazione del public
power.
A conferma di tali considerazioni si pone, a livello positivo, l'art. 34, co.
2, cod. proc. amm., il quale prevede, quale limite generale alla tutela giurisdi-
zionale degli interessi legittimi, che il giudice non possa pronunciarsi su po-
teri non ancora esercitati. Il potere amministrativo, dunque, resta il proprium
dell'interesse legittimo, che continua a dialogare con il puissance publique,
e la cui tutela deve necessariamente transitare attraverso il suo esercizio. Il
giudice amministrativo, alla stregua dell' art. 103 Cost. e prima ancora del
principio illuministico della separazione dei poteri, non una pubblica am-
ministrazione deputata all'esercizio del potere ma un organo volto a veri-
ficare la correttezza dell'esercizio del potere stesso: ne deriva che il sinda-
cato giurisdizionale non potr mai essere volto all'attribuzione immediata
22 A tali conclusioni, peraltro, era gi pervenuta la giurisprudenza ante codice del processo am-
ministrativo: sul punto, v. le recenti pronunce Cons. Sto sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717 e Cons.
Stato, sez. VI, 15 aprile 2010, n. 2139.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 1 55
del bene della vita, mediante l'inammissibile esercizio diretto e sostitutivo
del potere amministrativo ma riguarder sempre l'esercizio del potere pub-
blicistico, sia pure con un'intensit che, in caso di potere vincolato, si pu
tradurre nel riconoscimento della spettanza del bene della vita ingiustamente
negato dall'amministrazione (vedi sez. II, capp. 1 e 3).
CAPITOLO 2
Il criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla distinzione
tra diritti soggettivi ed interessi legittimi
SOMMARIO: 1. Il fondamento del criterio della causa petendi. - 2. L'evoluzione storica dei
criteri di riparto. - 2.1. Il sistema preunitario. - 2.2. L'abolizione dei Tribunali del
contenzioso con l'art. 2 L.A.C. del 1865. - 2.3. La risoluzione dei conflitti tra Giudice
ordinario ed autorit amministrative. - 2.4. Nasce il giudice amministrativo ed il con-
seguente problema del riparto di giurisdizione (L. 5992/1889, istitutiva della IV sezione
del Consiglio di Stato). - 2.5. I primi contrasti sul riparto: petitum formale o causa pe-
tendi? - 2.6. La causa petendi trionfa con il concordato giurisprudenziale del 1929. -
2.7. Il criterio del petitum sostanziale e la giurisdizione esclusiva per materia nella Carta
Costituzionale e nelle successive leggi. - 3. La non facile applicazione del criterio della
causa petendi: come si distinguono gli interessi dai diritti? - 3.1. Attivit di imperio
e di gestione. - 3.2. Norme di azione e norme di relazione. - 3.3. Attivit vincolata
e discrezionale. - 3.4. La dicotomia carenza-cattivo uso del potere. - 3.4.1. La
carenza di potere va valutata in astratto o in concreto? - 3.4.2. Potere amministrativo e
diritti fondamentali: carenza o cattivo uso? - 4. Potere amministrativo e giurisdizione
dopo le sentenze nn. 204/2004 e 191/2006 della Corte Costituzionale e le riforme del
2005 e 2010. - 4.1. Carenza in concreto, nullit e riparto dopo l'art. 21-septies del-
la L. 241/1990. - 4.2. Giurisdizione e risarcimento del danno. - 4.2.1. Evoluzione
storica dalla L.A.C. alla sentenza n. 19112006 della Consulta. - 4.2.1.1. Le soluzioni
anteriori alle S.U. 500/1999. - 4.2.1.2. Dalla sentenza n. 500/1999 al codice del pro-
cesso amministrativo. - 4.2.1.3. La Corte Costituzionale, con le sentenze 20412004
e 191/2006, chiarisce che il risarcimento una tecnica di tutela anche per le domande
autonome di risarcimento. - 4.2.2. La giurisdizione sul danno non consequenziale a
provvedimenti oggetto d'impugnazione: profili generali. - 4.2.2.1. Il danno da com-
portamenti amministrativi: casistica. - 4.2.2.2. Il danno da provvedimenti inoppugnati
o gi annullati. - 4.2.2.3. Le Sezioni Unite optano nuovamente per la giurisdizione
ordinaria in materia di risarcimento del danno da provvedimento favorevole illegittimo
previamente annullato in sede giurisdizionale o di autotutela (Cass. sez. unite, 23 marzo
2011, ordd. nn. 6594, 6595 e 6956) - 4.3. Il sottile confine tra poteri pubblici e poteri
privati della P.A. ed il riparto di giurisdizione. - 5. Il riparto di giurisdizione nel codice
del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104: artt. 7 ss. 30 e 133) - 6. La
giurisdizione in materia di procedimenti amministrativi complessi. - 7. La giurisdizio-
ne per connessione - 8. Il riparto per materie (rinvio). - 9. Riparto di giurisdizione e
questioni processuali: translatio iudicii, giudicato implicito e sindacato della Cassazione
sulle sentenze del G.A. - 9.1. La translatio iudicii (art. 59 della legge 18 giugno 2009,
n. 69 ed art. Il cod. proc. amm.). - 9.2. Il giudicato implicito sulla giurisdizione (art. 9
cod. proc. amm.). - 9.3. L'ampiezza del sindacato della Cassazione sulle decisioni del
Consiglio di Stato (Cass., S.U., Ord. 6 marzo 2009, n. 5464).
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 57
1. Il fondamento del criterio della causa petendi
Una volta analizzati i connotati dell'interesse legittimo si pone in maniera con-
sequenziale la questione del riverbero della distinzione tra interessi legittimi e
diritti soggettivi sul piano del riparto di giurisdizione, ossia ai fini dell'indivi-
duazione del giudice deputato a somministrare tutela a dette posizioni nei con-
fronti della pubblica amministrazione.
Pi nello specifico, oggetto del presente capitolo lo studio della tenuta
del tradizionale criterio discretivo fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa,
fondato sulla natura giuridica della situazione dedotta in giudizio, alla luce delle
sentenze 204/2004 e 191/2006 della Corte Costituzionale, della L. 15/2005, che
ha novellato la L. 241/1990, inserendovi un capo IV-bis dedicato anche all'in-
validit del provvedimento amministrativo (su cui v. parte III, cap. VII), nonch
del recentissimo codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010), che ha
recepito il tradizionale criterio di riparto di giurisdizione individuato dagli inter-
venti sopra elencati.
A ben vedere, infatti, quello della causa petendi, basato sulla consistenza
della posizione soggettiva la cui lesione viene fatta valere in sede giudiziaria,
resta il fondamentale discrimen tra le due giurisdizioni; tuttavia esso appare oggi
significativamente condizionato dai ripetuti interventi della Corte Costituzionale
tesi ad enucleare il concetto stesso di potere amministrativo.
Per meglio analizzare la configurazione dell' attuale sistema, sospeso tra la
perdurante vigenza della fondamentale distinzione tra diritti soggettivi ed inte-
ressi legittimi, e le sempre maggiori incursioni dei criteri - complementari ed al-
ternativi - introdotti dalle riforme di cui si tratter appresso, , peraltro, necessa-
rio un rapido excursus sui criteri di riparto che hanno caratterizzato l'evoluzione
storica della giurisdizione amministrativa (V. anche parte IV, cap. I).
2. L'evoluzione storica dei criteri di riparto
2.1. Il sistema preunitario
Allorch venne promulgata la legge 20 marzo 1865 n. 2248, alI. E (c.d. L.A.C.),
l'ordinamento giudiziario dello Stato unitario si presentava articolato in un siste-
ma che affidava ai giudici ordinari la cognizione delle controversie intercorrenti
tra privati ed amministrazione inerenti a rapporti di diritto privato, ed ai tribunali
ordinari del contenzioso amministrativo (Consigli di governo e Consiglio di Sta-
to in seconda istanza) la competenza sulle questioni che, pur se relative a diritti
soggettivi, involgevano rapporti di diritto pubblico.
In tale contesto, pi che di riparto di giurisdizione poteva parlarsi di divisione
di attribuzioni nella materia contenziosa, attesa la natura non giurisdizionale
dei Consigli di governo, i quali costituivano un complesso di organismi so-
stanzialmente amministrativi, dotati di una limitata funzione giusdicente, in
La suddivisione
delle
attribuzioni
58
Il criterio di riparto di giurisdizione
particolari materie predeterminate dalla legge e con riferimento a specifici
atti dell'amministrazione. Nella materia amministrativa, accanto a quelli C.d.
ordinari, vi erano poi dei tribunali speciali del contenzioso amministrativo, la
cui competenza era circoscritta a specifiche controversie, particolarmente in
materia di contabilit pubblica (Corte dei Conti) e di pensioni (Consiglio di
Stato in unico grado).
La prevalenza Quello della tipologia del rapporto giuridico coinvolto costituiva, quindi, sol-
d
criterio tanto uno dei criteri atti a distinguere la giurisdizione ordinaria da quella ammi-
I nparto per
materia nistrativa, mentre prevalente risultava l'altro concorrente parametro fondato sul-
la predeterminazione legale delle materie da affidare all'uno o all'altro giudice.
Per di pi, rimaneva radicalmente escluso ogni tipo di sindacato giurisdizio-
nale sulla C.d. amministrazione economica, con ci intendendosi il nucleo di
attivit amministrativa di natura schiettamente discrezionale e non puntualmente
disciplinata da leggi o regolamenti; attivit, quest'ultima, a fronte della quale era
concessa unicamente la tutela interna dei ricorsi amministrativi.
2.2. L Jabolizione dei Tribunali del contenzioso con l'art. 2 L.A. C. del 1865
L'abolizione La scelta abolitiva dei tribunali ordinari del contenzioso amministrativo, operata
dall'art. 2 della C.d. L.A.C. in funzione del modello della giurisdizione unica, si
contenzioso poneva, in tal modo, nella scia di una pi netta demarcazione e separazione dei
amministrativo poteri e, al tempo stesso, mirava a rafforzare la libert politica del singolo nei
confronti dell' amministrazione.
Si concentrava in capo all'unico Giudice ordinario la cognizione dei diritti
soggettivi anche nelle materie di diritto pubblico (<<comunque vi possa essere in-
teressata la Pubblica Amministrazione), e conseguentemente venivano espunti
dall'ordinamento quegli organismi di estrazione amministrativa che, privi dei
caratteri degli organi giurisdizionali stricto sensu, non apparivano in grado di
assicurare al suddito/cittadino le necessarie garanzie di terziet ed imparzialit.
La dicotomia Quanto alle posizioni sostanziali azionabili in giudizio, l'art. 3 della stessa
diritti soggettivi legge operava una dicotomia tra diritti soggettivi (in primis quello di propriet
/ interessi
diversi dai e, pi in generale, i diritti civili o politici) e affari non compresi nell'articolo
diritti precedente: gli uni, devoluti alla giurisdizione ordinaria (come si vedr meglio
nella sez. IV), gli altri (ossia quelli che possiamo chiamare interessi diversi dai
diritti, che non avevano ancora la dignit giuridica degli interessi legittimi) privi
di tutela giurisdizionale ed attribuiti alla cognizione della sola autorit ammini-
strativa.
I diritti soggettivi, frutto della concezione napoleonica delle libert del civis,
venivano finalmente tutelati in via generale e innanzi ad un organo schiettamen-
te giurisdizionale, senza che il radicamento della giurisdizione fosse inficiato
dalla eventuale spendita, in materia, di poteri pubblicistici da parte dell' Auto-
rit amministrativa, ai sensi dell'art. 2 della L.A.C. (<<ancorch siano emanati
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 59
provvedimenti del potere esecutivo o ci,
venivano ad essere parzialmente superate le hmltazlO111 del prevlgente SIstema
dei tribunali ordinari del contenzioso amministrativo, in ossequio ai principi del
costituzionalismo liberale.
Tuttavia, l'ampiezza del novero delle situazioni giuridiche devolute alla giu- Ilpotere di.
. . . l .. , d Il' t d' dIsapplicazIOne
risdizione ordmana era compensata dalla sostanZla e eSlgmta e appara o 1
tutela apprestato dagli artt. 4 e 5 della legge de qua, ai sensi dei quali al Giudice
ordinario conferito un mero potere di disapplicazione, con riguardo al caso
deciso, del provvedimento amministrativo, ed conseguentemente preclusa ogni
pronuncia di annullamento o revoca della statuizione amministrativa, cos come
ogni sindacabilit della stessa sul piano del merito.
A ci si aggiunga che il limite di cui all' art. 4 veniva rafforzato dall' origina- Il problema
.' .. l . t' d l comportamentI
ria mterpretazlOne, sconfessata solo m tempI re atlvamente recen 1, secon o a amministrativi:
quale il divieto di sindacato diretto sul provvedimento si sarebbe esteso anche i
ai comportamenti materiali, radicalmente sine titulo, posti in essere dalla P.A. c.d tacItI od
impliciti
in funzione del soddisfacimento di un interesse pubblico, sebbene in assenza di
alcun provvedimento autorizzatorio.
Si faceva cos strada lafictio iuris dei C.d. provvedimenti taciti, od impliciti,
categoria elaborata dalla giurisprudenza al fine di allargare le maglie della gua-
rentigia conferita all'autorit amministrativa dall'art. 4, in modo da assicurare
una sostanziale intangibilit di effetti non soltanto al provvedimento, ma anche
al mero comportamento amministrativo (v. sez. IV, cap. II, 2.1.).
N era stato previsto uno strumento specifico, atto a rendere effettivo e co- La non
d l
coercibilit
ercibile l'obbligo per l'amministrazione di conformarsi alla statuizione e glU- dell'obbligodi
dice. conformarsi al
In contrapposizione alla figura dei diritti soggettivi, la formulazione dell'art. giudicato
3 della L.A.C. lasciava del tutto priva di azionabilit in sede giurisdizionale una La non
P
letora di interessi individuali e collettivi, al corretto esercizio della potest .
, eg l In eressI
pubblica. diversi da diritti
In tale ottica, la scelta linguistica di qualificare come meri affari tutte le
situazioni soggettive diverse da quelle di cui all'art. 2 assumeva una valenza
sintomatica della volont di negare piena dignit giuridica a quegli interessi non
protetti come diritti, che invece autorevoli voci dottrinali, de iure condendo, ave-
vano pensato di affidare alla cognizione di organismi giurisdizionali amministra-
tivi.
Tutto ci suonava come un'esplicita ricusazione della proposta di trasporre
nel testo di legge la dicotomia tra diritti soggettivi, come ambito tipico di espli-
cazione dei poteri cognitivi del g.O., ed interessi individuali o collettivi degli
amministrati, quale sedes naturale di tutela di posizioni soggettive pubbliche,
da devolvere alla giurisdizione amministrativa.
Se, sul piano sostanziale, si era volutamente evitato di fornire una esplicita
qualificazione giuridica a tale categoria, sotto il profilo processuale gli affari
I criteri per
la risoluzione
dei conflitti di
attribuzione: gli
atti jure imperii
e jure gestionis
La L. 5992/1889
60 Il criterio di riparto di giurisdizione
di cui all'art. 3, come s' accennato nel capitolo precedente, ricevevano come
unica tutela quella offerta dai rimedi di carattere amministrativo; ragion per cui,
ancora una volta, non veniva in rilievo una questione di riparto di giurisdizione
in senso tecnico, quanto piuttosto un problema di attribuzioni tra Giudice ordi-
nario e Pubblica Amministrazione.
2.3. La risoluzione dei conflitti tra Giudice ordinario ed autorit ammini-
strative
La risoluzione di detti conflitti di attribuzione, inizialmente affidata al Consiglio
di Stato dalla riforma del 1859, era stata successivamente deferita alla compe-
tenza delle S. U. della Corte di Cassazione, in virt della L. 3761 del 31 marzo
1877.
Entrambi gli organi deputati, peraltro, si erano attestati su una giurisprudenza
sostanzialmente uniforme, che individuava nella distinzione tra atti iure imperii
e iure gestionis il parametro di risoluzione dei conflitti de quibus.
Il Consiglio di Stato, prima, e le S.V., poi, avevano delimitato i confini tra la
giurisdizione ordinaria e le competenze dell'autorit amministrativa, sulla base
del criterio della spendita di poteri riconducibili alla generale potest pubblici-
stica dell'amministrazione. Si riteneva, pertanto, che la giurisdizione ordinaria,
ipotizzabile tutte le volte in cui venisse in rilievo una situazione giuridica del
rango di diritto soggettivo, dovesse invece essere esclusa laddove il contem-
peramento di interessi privati e pubblici fosse previamente regolato da leggi
amministrative, cio da norme di carattere pubblicistico regolanti l'esercizio di
pubblici poteri.
Progressivamente, la nozione di atti d'imperio era stata interpretata in ma-
niera sempre pi estensiva, al punto da farla coincidere concettualmente con tutti
gli atti, emanati in base a leggi amministrative, per mezzo dei quali la P.A. agisse
nella qualit di soggetto pubblico, diverso e sovraordinato rispetto ai soggetti
privati.
Ex adverso, venivano qualificati come atti di gestione in senso stretto solo
quelli di diritto privato posti in essere dall'amministrazione in una posizione di
parit con il singolo cittadino, e retti integralmente dalle norme di diritto comune
vigenti per i rapporti interprivati.
2.4. Nasce il giudice amministrativo ed il conseguente problema del riparto di
giurisdizione (L. 5992/1889, istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato)
In tale contesto istituzionale si inser" la legge istitutiva della IV sezione del Con-
siglio di Stato (31 marzo 1889, n. 5992), con cui, come anticipato nel capitolo
che precede, si affront ex professo la questione della tutela giurisdizionale di
quelli che successivamente sarebbero stati qualificati come interessi legittimi, in
un'ottica, peraltro, meramente processuale.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 61
L'art. 3 della legge citata, infatti, lungi dal menzionare l'oggetto sostanziale
della tutela amministrativa, forniva degli interessi di individui o di enti morali
iuridici una nozione dinamico-processuale, laddove si limitava ad individuare
;olamente i vizi dell'atto amministrativo, sui quali era competente a pronunciar-
si il Consiglio di Stato in veste giurisdizionale (incompetenza, eccesso di potere,
violazione di legge).
Conseguentemente, l'interesse legittimo non sembrava in quella sede venire
in rilievo come autonoma posizione giuridica di diritto sostanziale, n traeva il
proprio fondamento da una categoria di stampo soggettivistico, ma, almeno se-
condo l'approccio inizialmente prevalente, si configurava esclusivamente come
titolo di legittimazione processuale, i cui presupposti erano costituiti dagli stessi
vizi dell'atto impugnato.
Fu soltanto in seguito, grazie a quell'elaborazione dottrinale di cui s' dato
diffusamente conto nel capitolo primo, che cominci a farsi strada una lettu-
ra soggettivistica di tale categoria, comprensiva di interessi sostanziali protetti
dall'ordinamento, seppur in modo diverso e con strumenti non coincidenti con
quelli tipici dei diritti soggettivi. .
All'indomani della promulgazione della L. 5992/1889, prevalse invece un'in- La con.cezlOne
. . . . .. . ... . oggettlvlstlca
terpretazione sostanzialmente oggettlvlstIca del gmdIzIO ammlll1stratIvo, la cm del giudizio
funzione era individuata nella garanzia del rispetto della legge da parte della amministrativo:
fi
. .. d" d" tt" la struttura
P.A.: veniva in tal modo a con Igurarsi una gmns IZIOne l tIpo ogge IVO, In impugnatoria
base alla quale oggetto della tutela era essenzialmente l'atto/provvedimento am-
ministrativo, e dunque il diritto-dovere dell' Amministrazione di agire nel pub-
blico interesse, indipendentemente dalla posizione soggettiva incisa, vantata dal
singolo.
Tale impostazione veniva, inoltre, suffragata dall'argomento, ad un tempo
letterale e sistematico, della centralit attribuita dalla legge all'atto, di cui sono
oggetto di sindacato giurisdizionale le tre tipologie di vizi; centralit, questa,
che induceva ad escludere che il giudizio amministrativo, incentrato sulla legit-
timit dell'atto, implicasse anche un sindacato sul rapporto giuridico sottostante
all' agere autoritativo.
Ancora una volta, pertanto, il criterio discretivo fra tutela ordinaria ed ammi-
nistrativa non si fondava sulla natura della situazione giuridica lesa.
Ci che connotava il giudizio amministrativo era, piuttosto, la natura impugna- Dalla natura
amministrativa
torio-annullatoria della tutela: non la pretesa sostanziale, ma la verifica della con- alla natura
formit dell'atto al principio di legalit ed all'interesse pubblico, rimanendo ecce-
zionale la possibilit di un sindacato sul merito del provvedimento amministrativo.
Quanto alla possibilit di qualificare la neoistituita IV sezione del Consiglio
di Stato come organismo giurisdizionale in senso tecnico, essa era stata inizial-
mente e prevalentemente negata, attesa la composizione stessa dei consiglieri,
di nomina governativa, e la tipologia delle pronunce da essa emanate (decreti
amministrativi, e non sentenze).
giurisdizionale
dei giudici
amministrativi
La legge
62/1907
11 criterio
del "petitum
formale"
62 Il criterio di riparto di giurisdizione
Tuttavia, con l'istituzione delle Giunte provinciali amministrative (legge 30
dicembre 1889, n. 5865, confluita nel T.u. lO febbraio 1890, n. 5921, e legge
6837/1890) venne poi superato il rigore della tradizionale concezione della tri-
partizione dei poteri, letta come ostativa ad un intervento giurisdizionale di tipo
costitutivo sulle determinazioni dell'AmminIstrazione.
I nuovi organismi, competenti a giudicare della legittimit e del merito di
un novero di questioni tassativamente indicate, esercitavano un penetrante con-
trollo sui principali atti espressione del potere degli enti locali e, per l'effetto,
risultavano depositari di funzioni espressamente qualificate dalla legge come
giurisdizionali .
Avverso le decisioni delle G.P.A., la competenza in grado di appello veniva
contestualmente conferita alla IV sezione del Consiglio di Stato, prevedendo si
in tal modo un doppio grado di tutela, sulla falsariga del modello dualistico an-
tecedente alla riforma del 1865, ma con una incisivit pi penetrante, tanto da
indurre la dottrina prevalente a parlare di un nuovo complesso giurisdizionale,
idoneo a colmare le aporie sino ad allora lasciate in capo alle posizioni d'interes-
se individuale non protette come diritti soggettivi.
Ogni residuo dubbio, in ordine alla natura delle due tipologie di organismi
di tutela amministrativa, venne, peraltro, definitivamente fugato dall'istituzione
della V sezione del Consiglio di Stato, per effetto della legge 7 marzo 1907, n.
62, che precis in modo esplicito il carattere giurisdizionale delle statuizioni del-
le Giunte provinciali amministrative e del Consiglio di Stato, ammettendo anche
il ricorso in Cassazione per difetto di giurisdizione.
, pertanto, con tale tappa dell'evoluzione legislativa che, per la prima volta,
si pose la questione di un riparto di giurisdizione in senso stretto tra il giudice
civile e il nuovo complesso di giustizia amministrativa, quale apprestato dalle
riforme di cui si detto.
2.5. I primi contrasti sul riparto: petitum formale o causa petendi?
Sulla base delle due norme fondamentali in materia, id est l'art. 2 L.A.C. e l'art.
3 legge 5992/1889, la giurisprudenza della Suprema Corte e quella del Consiglio
di Stato vennero inizialmente a contrapporsi, attestandosi su differenti interpre-
tazioni del fondamento della giurisdizione amministrativa.
Fornendo una lettura panprocessualistica degli affarilinteressi diversi dai di-
ritti soggettivi, la giurisprudenza amministrativa aveva inizialmente accolto la
teoria del petitum formale, secondo cui la giurisdizione del G.A. si radicava
allorch venisse richiesto l'annullamento di un atto amministrativo illegittimo,
con la conseguenza che ad essa spettava anche la cognizione dei diritti soggettivi
incisi da provvedimenti, dei quali il ricorrente in giudizio invocasse l'elisione.
Il proprium della tutela giurisdizionale amministrativa veniva, cio, indivi-
duato non nella natura della posizione azionata ma nello strumento processua-
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 63
le utilizzato, quello impugnatorio, in relazione ad un controllo sulla legittimit
degli atti finalizzato all'annullamento, mentre caratteristica della giurisdizione
ordinaria era la tutela risarcitoria.
Dunque, essendo astrattamente possibile ipotizzare, in ordine ad un mede-
simo episodio della vita, vuoi una tutela demolitoria dinanzi al Consiglio di
Stato, vuoi una tutela risarcitoria dinanzi al g.O., spettava alla libera determi-
nazione del privato ricorrente la scelta in concreto della strada giudiziaria da
percorrere.
Sul versante opposto, la Suprema Corte era venuta ad elaborare la teoria della Il criterio d e l ~ a
d
l fi d' '1 . . d' . Il'' . l causa petendl
causa peten l, a me I ancorare I cnteno I nparto a a SItuaZIOne so stanzia e (o petitum
dedotta in giudizio, sulla base di una lettura in chiave sostanzialistica del combi- sostanziale)
nato disposto di cui alle leggi del 1865 e del 1889.
Secondo quest'ultima impostazione, a radicare la giurisdizione amministrati-
va non poteva valere la sola circostanza che fosse richiesto l'annullamento di un
provvedimento illegittimo, ma occorreva che tale annullamento venisse dedotto
a fronte di un atto amministrativo lesivo di una posizione d'interesse non protet-
to come diritto soggettivo, ossia di un interesse legittimo. Si reputava, pertanto,
che la riforma del 1889 avesse inteso creare un plesso giurisdizionale deputato
ad assicurare una piena tutela alle posizioni d'interesse legittimo, sino ad allora
affidate al solo strumentario rimediale interno all'amministrazione stessa.
Di conseguenza la giurisdizione del G.A., secondo la Corte di Cassazione,
veniva a connotarsi in senso soggettivo e, specularmente, gli interessi di cui
all'art. 3 legge 5992/1889 assumevano la veste di autonome posizioni di dirit-
to sostanziale, tutelate con il mezzo dell' annullamento, in quella prospettiva di
simmetria, rispetto ai diritti soggettivi, che supra si individuata come il fulcro
di tali posizioni giuridiche soggettive.
Nella storica pronuncia a S.D. del 1891, il criterio di riparto fondato sulla causa petendi
(o pet;tum sostanziale) trov, dunque, la sua prima consacrazione nella giurisprudenza
di legittimit, sostituendo definitivamente all'amplissima categoria degli attijure impe-
rii la nuova concezione del C.d. diritto forte.
La tradizionale interpretazione estensiva del concetto di attivit autoritativa aveva
portato, come si visto, ad enucleare una sempre pi ampia sfera di supremazia spe-
ciale della P.A. che si sottraeva alla cognizione del Giudice ordinario, sulla base di una
presunta incompatibilit logica tra adozione di un atto imperativo, disciplinato dal diritto
pubblico, e persistenza di un diritto soggettivo.
Viceversa, la pi moderna concezione dei diritti soggettivi, ed in particolare di quelli
fondamentali (v. 3.4.2.), aveva indotto ad una rimeditazione della tradizionale contrap-
posizione tra atti iure imperii e iure gestionis, nel senso di ritenere che anche nei rapporti
di diritto pubblico potessero configurarsi delle posizioni di diritto soggettivo, in relazio-
ne ai limiti posti all'attivit amministrativa dalla stessa norma attributiva del potere.
L'affermazione della teoria del diritto forte aveva, in tal modo, riconsegnato alla giu-
risdizione ordinaria una considerevole fetta del contenzioso tra privato ed amministra-
Le teorie
mediane
Il concordato
giurispruden-
ziale
64 Il criterio di riparto di giurisdizione
zione, ribaltando i termini del rapporto tra posizione sostanziale presupposta e strumento
di tutela della stessa: nell' ottica del petitum sostanziale, la richiesta di un provvedimento
giurisdizionale (annullamento ovvero disapplicazione e risarcimento del danno) non po-
teva che seguire alla previa individuazione della situazione soggettiva sottostante, e non
viceversa.
Ciononostante, l'approccio formalistico, tipico della teoria della doppia tutela
(o della prospettazione), continu ad esercitare un notevole influsso non soltan-
to sulla giurisprudenza amministrativa, ma anche nell'ambito dell'orientamento
della stessa Corte di Cassazione, che, agli inizi del secolo scorso, sotto la presi-
denza Mortara, registr un circoscritto, ma significativo, revirement rispetto alla
consolidata teoria della causa petendi.
Del resto, sull' assunto di base della rilevanza del petitum formale si fondava
anche l'autorevolissima teoria dello Scialoja, che, prendendo le mosse da una
sorta di relazione di continenza tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, giun-
geva a ritenere che il primo potesse essere fatto valere in giudizio sotto forma
d'interesse, sulla base di una soluzione di stampo annullatorio, piuttosto che ri-
sarcitorio. Con ci venendo si a riconoscere un so strato giuridico sostanziale alle
due posizioni giuridiche de quibus, ma al contempo individuandone il criterio
discretivo, pur sempre, nell'elemento formale del tipo di tutela concretamente
prescelta dal privato, in sede di ricorso giurisdizionale.
2.6. La causa petendi trionfa con il concordato giurisprudenziale del 1929
Solamente con il C.d. concordato giurisprudenziale fra i presidenti della
Corte di Cassazione e della IV sezione del Consiglio di Stato (meglio noto
come accordo S. Romano-M. D'Amelio del 1929-30) si raggiunse, infine,
la definitiva consacrazione del principio della causa petendi, quale criterio
unico di riparto.
Nelle due decisioni rese dall' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato il
14 giugno 1930, e nella sentenza pronunciata dalle S.V. della Suprema Corte
il 15 luglio del medesimo anno (la n. 2680), si stabil", infatti, che il discrimen
tra le due giurisdizioni riposa sulla causa petendi, nel senso che la scelta del
tipo di tutela rappresenta un posterius rispetto all'individuazione della posi-
zione giuridica sottostante. Donde la conclusione che l'annullamento pu es-
sere chiesto al Consiglio di Stato solo allorquando la pretesa sostanziale fatta
valere concerna interessi legittimi e non diritti soggettivi. Pertanto, all'esito
di tale accordo concettuale, poi scaturito in un documento programmatico, tra
i Presidenti dei supremi consessi di giustizia ordinaria ed amministrativa, si
registr un sostanziale allineamento della costante opinione giurisprudenziale
al criterio de quo, che sarebbe stato successivamente cristallizzato anche nella
Carta Costituzionale.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 65
Criterio secondo il quale l'annullamento di un atto, espressione di una po-
testas pubblica, non pu essere richiesto dinanzi al giudice amministrativo, se
la pretesa sostanziale azionata in giudizio non concerna interessi legittimi, in
quanto tali e per ci solo attribuiti alla giurisdizione amministrativa, che di quelli
rappresenta la sedes naturale di tutela. Ancora, non rilevante il nomen formale ... alcune
della pronuncia pretesa ma la natura sostanziale della tutela rivendicata (di qui il incertezze ...
riferimento al C.d. petitum sostanziale).
Questo criterio ha conosciuto alcune fasi di incertezza. In alcuni casi, infatti,
i Giudici di legittimit hanno rilanciato la teoria della prospettazione, apparte-
nente per certi versi all'ambito concettuale della doppia tutela, secondo cui la
giurisdizione va individuata in base alla prospettazione della posizione giuridica
dedotta dall'attore nelle sue difese e non in relazione all'effettiva essenza sostan-
ziale di tale posizione.
La teoria della prospettazione stata abbandonata sulla scorta del rilievo che ... e la definitiva
riaffermazione
il riparto deve essere basato su dati oggettivi che discriminino il campo di azione della causa
dei due Giudici e non pu dipendere da valutazioni soggettive di opportunit petendi
delle parti. Non in altri termini plausibile, in quanto contraddittorio con un
sistema di riparto basato sulla consistenza delle posizioni soggettive, una giuri-
sdizione ballerina sulla base della quale la medesima controversia possa essere
conosciuta dall'uno o dall'altro giudice a seconda del capriccio o dell' estro del
ricorrente di turno.
Le escursioni pretorie sono state quindi riassorbite dalla definitiva riaffer-
mazione della teoria della causa petendi, imperniata sull'intrinseca natura della
posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti
allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione.
2.7. Il criterio del petitum sostanziale e la giurisdizione esclusiva per materia
. nella Carta Costituzionale e nelle successive leggi
Tale era, dunque, l'opzione giurisprudenziale prevalente che l'accordo Roma-
no-D'Amelio aveva consegnato al dibattito in seno all'Assemblea Costituente,
individuando nel criterio della situazione giuridica sostanziale il discrimen pri-
vilegiato tra le due giurisdizioni.
Pertanto, all'inizio dei lavori preliminari alla redazione del testo costituziona- La questione
le, il sistema di riparto sembrava non pi attestato sulla monoliticit del principio
della causa petendi, quale unico criterio discretivo, ma risentiva dei pervasivi nei lavori
influssi di opzioni di riparto alternative, o quantomeno, sussidiarie, atte a valo- alla
. ostltuzlOne
nzzare istanze di concentrazione processuale.
Ancora pi in radice, uno dei problemi sul tappeto concerneva l'opportunit
di conservare l'assetto dualistico ovvero di realizzare il passaggio ad un sistema
di giurisdizione unica, sopprimendo il separato consesso di giustizia ammini-
strativa.
66 Il criterio di riparto di giurisdizione
A tal proposito, l'opzione monistica, che trovava in Calamandrei il suo pi
illustre fautore, non trov accoglimento nel testo definitivo della Carta costi-
tuzionale, che recep", invece, l'avversa proposta, autorevolmente sostenuta da
Mortati, del mantenimento della doppia giurisdizione.
Respinte definitivamente le residue riserve in ordine alla natura di organo
giurisdizionale del Consiglio di Stato, si volle abbandonare, una volta per tutte,
l'atteggiamento di disfavore nei confronti del consesso di giustizia amministra-
tiva, che solo i retaggi di una visione ormai superata ed ingiustificata portavano
a considerare non altrettanto imparziale del Giudice ordinario.
In quella sede si ritenne che la giurisdizione del giudice speciale non soltanto
non sottraesse alcun ambito di cognizione al giudice naturale ordinario, ma anzi
risultasse attributaria di spazi ontologicamente estranei all'ambito ordinario del-
la cognizione dei diritti soggettivi, alla luce del sistema delineato dalle leggi del
1865 e del 1889.
Una volta acquisita la scelta di mantenere in vita un autonomo plesso giuri-
sdizionale amministrativo, insieme alla proposta della giurisdizione unica, cadde
anche quella di estendere il sindacato della Suprema Corte sulle decisioni del
Consiglio di Stato anche ai profili di legittimit, oltre ai motivi inerenti alla giu-
risdizione, preferendosi l'opzione trasfusa nell' art. 111, ult. co. COSt.
L'art. 103 Cost. Mantenuto il monopolio della funzione nomofilattica in capo alla Suprema
Corte, e recepite pressoch in toto le acquisizioni del c.d. concordato giurispru-
denziale del 1929, si volle, pertanto, dotare di copertura costituzionale la figu-
ra degli interessi legittimi, ed al contempo sancire definitivamente il principio
della causa petendi, quale criterio generale di riparto di giurisdizione (art. 103
Cost.).
In proposito, l'esame della formulazione letterale della norma costituziona-
le (<<Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno
giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli
interessi legittimi, e in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti
soggettivi) induce, a tutta prima, a concepire in termini di regola-eccezione il
rapporto tra le ipotesi di giurisdizione amministrativa generale sugli interessi le-
gittimi e quelle di giurisdizione esclusiva estesa anche alla cognizione dei diritti
soggettivi.
Tuttavia, nello stesso momento in cui l'art. 103, co. 1, Cost. sancisce il princi-
pio della causa petendi, collocandolo a fondamento del riparto, esso lo affianca
ad un criterio alternativo, quello della particolarit di talune materie, sostan-
zialmente affidato alla discrezionalit del Legislatore e governato da una logica
differente, avulsa da un'analisi in concreto in ordine alla natura della posizione
giuridica sottesa.
Per di pi, la scelta di un lemma, come tutela (artt. 103, co. I e 113, co. I),
allusivo ad un potere certamente pi incisivo di quello meramente cognitorio,
corrobora una lettura in chiave evolutiva dell'assetto predisposto dai Padri co-
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 67
stituenti, indubbiamente volto a recepire l'iter storico dei criteri di riparto, ma
anche proiettato in una concezione moderna del giudizio amministrativo, suc-
cessivamente sviluppata dalle leggi 1 034/1971 (c.d. "legge T.A.R. "), 80/1998,
205/2000, nonch, da ultimo, dal recentissimo codice del processo amministra-
tivo.
Una concezione in virt della quale al fondamentale principio della causa
petendi viene ad affiancarsi, talora anche intersecandosi, un criterio dettato so-
stanzialmente da logiche di concentrazione processuale; criterio, quest'ultimo,
inizialmente concepito come inerente a ristretti settori qualitativamente e quanti-
tativamente minoritari, e successivamente sviluppatosi in maniera esponenziale,
sino a fondare amplissime fette di giurisdizione amministrativa, infine nuova-
mente ridimensionato ad opera dell'interpretazione della recentissima giurispru-
denza costituzionale.
Rinviando, per una pi approfondita disamina, alle parti relative alle tecniche
di tutela processuale (sez. II) ed alla giurisdizione esclusiva (sez. III), in questa
sede non pu, peraltro, omettersi un cenno alla circostanza che la mancata co-
stituzionalizzazione del principio secondo il quale al Giudice ordinario risulta
precluso il potere di annullamento degli atti amministrativi (art. 4 e 5 L.A.c.),
consente di delimitare, ex adverso, gli spazi del sistema giurisdizionale ammini-
strativo affidati alla copertura costituzionale.
Ci che la Carta fondamentale recepisce ed eleva al rango di principi sovraor-
dinati alla legge ordinaria , in altri termini, il modello della doppia giurisdizione
ed il criterio sostanziale di riparto fondato sulla dicotomia diritti soggettivi/in La questione
teressi legittimi, non anche il divieto di una tutela demolitoria da parte del g.O.,
come attesta la previsione di cui all'art. 113, ult. co., COSt. esclusiva del
Il che sembra indurre al riconoscimento della natura non onnicomprensiva della g.o.
giurisdizione amministrativa sugli interessi legittimi, con conseguente ipotizzabilit
di spazi di giurisdizione esclusiva del g.O. sulle medesime posizioni giuridiche.
L'orientamento favorevole alla configurabilit, in via di principio, di una giu-
risdizione esclusiva del Giudice ordinario fornisce, infatti, dell'art. 103 Cost.
un'interpretazione lata, giungendo a ritenere che la norma valga unicamente a
demarcare dall'esterno i limiti della sola giurisdizione amministrativa, e non
anche, specularmente, quelli interni alla stessa giurisdizione ordinaria. Negata,
pertanto, l'esistenza di una generale preclusione costituzionale alla cognizione
di interessi legittimi da parte dell'autorit giudiziaria ordinaria, si invoca la pre-
visione di cui all'art. 113 Cost., che, proprio in ragione del mancato recepimento
del divieto di cui agli artt. 4 e 5 L.A.C., implicitamente lascerebbe impregiudica-
ta la possibilit che il giudizio dinanzi al g.O. abbia ad oggetto principale anche
la legittimit di un provvedimento lesivo di un interesse legittimo (sul tema v.
peraltro sez. IV, cap. II)!.
l Sul criterio generale di riparto V., da ultimo, Cass., S.D. 28 gennaio 2010, n., 1787, nonch Cons.
68 Il criterio di riparto di giurisdizione
Le soluzioni in questione sono state confermate dalle leggi successive (la L.
1034/1971, istitutiva dei T.A.R., il D.Lgs. 80/1998, che ha esteso le materie di giu-
risdizione esclusiva del G.A.; gli interventi di riforma del processo amministrativo
per effetto della L. 205/2000 ed, ancor pi, del codice del processo amministrativo,
sul quale v. il successivo 5); le leggi 15 e 80/2005, sull'azione amministrativa),
che, pur dilatando le materie di giurisdizione esclusiva del G.A., non hanno intac-
cato il carattere generale del riparto basato sulla C.d. causa petendi.
3. La non facile applicazione del criterio della causa petendi: come si distin-
guono gli interessi dai diritti?
Una volta assodato che il criterio generale di riparto dato dalla consistenza
della posizione soggettiva azionata, diventa fondamentale ai fini della sua ap-
plicazione capire come distinguere diritti ed interessi, non in relazione alla pro-
spettazione ma all'essenza delle posizioni. Su questo tema, davvero cardinale
nel diritto amministrativo, sono state elaborate nel tempo una serie di teorie che
ora si passa ad illustrare, non senza dimenticare che il problema non viene in
rilievo nelle materie di giurisdizione esclusiva (su cui v. sez. III), ovvero laddo-
ve, in attuazione del rammentato inciso finale dell'art. 103 Cost., il Legislatore
affidi alla giurisdizione amministrativa (od ordinaria ove lo si ammetta) tutto il
contenzioso relativo ad una data materia, senza che abbia rilievo (se non per fini
eminentemente processuali) la consistenza della posizione soggettiva.
3.1. Attivit di imperio e di gestione
Come osservato in sede di esame dell' evoluzione storica, la distinzione tra atti
di imperio ed atti di gestione nasceva da una lettura estremamente riduttiva del
principio di cui all'art. 2 L.A.C.
Stato, sez. IV, 02 marzo 2011, n. 1360, in Red. amm. CDS 2011,03, con specifico riferimento alla
materia del pubblico impiego. Nel senso dell'inesistenza di una riserva della tutela dell'interesse
legittimo in favore del O.A., v. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 5 gennaio 2011, n. 31, in Red. amm.
TAR 2011, 01 secondo cui in tema di contenzioso tributario, l'art. 12, comma secondo, della legge
28 dicembre 2001, n. 448, configura la giurisdizione tributaria come giurisdizione a carattere
generale, che si radica in base alla materia, indipendentemente dalla specie dell'atto impugnato.
Ne consegue, sul piano applicativo, che ai fini della giurisdizione rileva la natura dei crediti posti
a fondamento del provvedimento impugnato (Cons. Stato, sez. VI, 07 maggio 2010, n. 2658, in
Foro amm. CDS 2010,5, 1075). Il carattere generale della giurisdizione tributaria, inoltre, com-
porta la devoluzione alle commissioni tributarie anche delle controversie relative agli atti di eser-
cizio dell' autotutela tributaria, non assumendo alcun rilievo in proposito la natura discrezionale di
tali provvedimenti, in quanto l'art. 103 Cost. non prevede una riserva assoluta di giurisdizione in
favore del giudice amministrativo per la tutela degli interessi legittimi, e ferma restando la neces-
sit di una verifica da parte del giudice tributario in ordine alla riconducibilit dell'atto impugnato
alle categorie indicate dall'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la quale non attiene alla
giurisdizione, ma alla proponibilit della domanda (Cass. civ., sez. un., 27 marzo 2007, n. 7388).
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 69
Siccome tale articolo devolve alla giurisdizione ordinaria tutte le cause nelle
quali si faccia questione di un diritto civile o politico, l'interpretazione - re-
strittiva - che dello stesso fu fornita (in linea con la teoria ottocentesca della C.d.
supremazia speciale del potere pubblico nei confronti del cittadino) si orient
nel senso che la sussistenza del diritto civile o politico fosse da escludere in
tutti i casi in cui l'amministrazione agisse in veste di potere pubblico. La spen-
dita di poteri pubblicistici era quindi considerata - in tale teoria - un fattore di
per s idoneo ad impedire il sorgere (o il permanere) di vere e proprie posizioni
di diritto soggettivo in capo al singolo, senza che a nulla rilevasse l'esistenza
(in concreto o anche in astratto) del potere alla stregua dei limiti posti dalla
normativa di diritto pubblico. Di qui l'equazione secondo cui l'emanazione di
un provvedimento sarebbe ex se ostativa alla configurazione di una posizione di
diritto soggettivo.
Di fatto, quindi, si riteneva che la sussistenza di diritti civili o politici in
capo agli amministrati (e, quindi, la giurisdizione del g.O. ex art. 2 L.A.C.) fosse
configurabile solo nel caso dell'attivit contrattuale e paritetica della pubblica
amministrazione.
Tale impostazione (tributaria della coeva dottrina francese, la quale distin-
gueva anche ai fini del riparto fra Giudice ordinario e Conseil d'tat fra actes de
puissance publique e actes de gestion), present da subito almeno due rilevanti
problemi applicativi, collegati alla difficolt di rinvenire nella struttura del no-
stro sistema amministrativo categorie concettuali che consentissero di mutuare
la rigida ma precisa dicotomia individuata dalla dottrina d'Oltralpe.
In primo luogo (v. 2), detta teoria era stata elaborata in un periodo storico
(1865-1889) in cui tutte le questioni diverse da quelle coinvolgenti i diritti ci-
vili o politici rifluivano nel novero indifferenziato degli affari non ricompresi
nell'articolo precedente (art. 3 L.A.C.).
La teoria stessa, quindi, nasceva geneticamente caratterizzata dalla finalit
di porsi come strumento concettuale di un atteggiamento culturale che com-
primeva (fino a negare in radice) i diritti individuali nei confronti dell'ammi-
nistrazione.
Detta teoria era allora inevitabilmente destinata a cedere quando (verso la
fine dell'Ottocento) l'attenuazione del carattere autoritativo del primo diritto
amministrativo italiano e la percezione della necessit di garantire una pi inten-
sa tutela giurisdizionale del cittadino, provocarono una decisa espansione delle
ipotesi in cui si riteneva che le posizioni individuali potessero risultare idonee
a resistere alla vis compulsiva determinata dall'esercizio dei pubblici poteri (si
pensi, a tale proposito, all'elaborazione ed all'affermazione, sulla fine dell'Otto-
cento, della richiamata teoria del diritto forte).
In secondo luogo, la teoria in parola risultava caratterizzata da un'intrinseca
debolezza teorica laddove faceva concettualmente coinciderel'ambito dell'atti-
vit amministrativa realizzata iure imperii (e, quindi, l'esclusione della configu-
Laprima
interpretazione
dell'art. 2 della
L.A.C.
Inconvenienti
del criterio di
riparto basato
sulla dicotomia
atti "jure
imperii "/atti
''jure gestionis
La concezione
processualistica
dell'interesse
legittimo:
norme di azione
e norme di
relazione
Limiti
della teoria
processualistica
70 Il criterio di riparto di giurisdizione
rabilit di diritti soggettivi) con quella delle materie regolate da leggi ammini-
strative tout court.
Era chiaro ai critici della teoria in questione che in tal modo si occultava l'evi-
denza concettuale per cui ben possibile che anche a fronte dell'attivit ammini-
strativa della P.A. possano sorgere ( e sussistere) tanto situazioni di diritto civile,
quanto di diritto politico. Segnatamente, il tramonto dell'impostazione coincide
con la maturata consapevolezza che non sufficiente la formale spendita di potere
pubblico a negare o degradare la posizione di diritto soggettivo, essendo all'uopo
necessario che detto esercizio sia confortato dall'esistenza di una norma attributiva
del potere e dal rispetto dei relativi limiti posti a tutela del cittadino.
3.2. Norme di azione e norme di relazione
La teoria in parola funzionale alla concezione processualistica dell'interes-
se legittimo proposta dal Guicciardi.
Rinviando al capitolo 1 per l'esame della teoria processualistica e dei motivi
per cui essa risulta sostanzialmente superata dalla dottrina e dalla normativa pi
recenti, la tesi in esame reputa che solo qualora la P.A. abbia violato, nel suo con-
creto operare, una norma (c.d. di azione o di esercizio) che disciplina l'eserci-
zio del potere pubblico, in capo al privato sorge una posizione d'interesse legittimo
(nella versione originaria processualistica si parlava di un potere di reazione squi-
sitamente processuale, l'interesse legittimo appunto, rivolto ad ottenere l'elimina-
zione dal mondo giuridico dell'atto indebitamente violativo della C.d. norma di
azione). Nell'ipotesi opposta (violazione di una norma C.d. di relazione, ossia
volta a disciplinare un rapporto intersoggettivo paritetico fra P.A. e cittadino ed i
suoi effetti, senza che alla prima venga riconosciuto un particolare potere di supre-
mazia) viene in rilievo un diritto azionabile avanti al Giudice ordinario.
Al binomio norme di azione-di relazione corrispondono, quindi, sul piano
della qualificazione degli atti, la coppia illegittimit-illiceit e, sul versante
delle posizioni soggettive, la coppia interesse legittimo-diritto soggettivo.
La teoria in parola di limitato ausilio per la risoluzione del problema della
distinzione tra diritti ed interessi nei casi pratici.
Essa infatti, se pure risulta utile a sistemare concettualmente le nozioni di
diritto ed interesse, non aiuta in modo sensibile a chiarirne la rispettiva portata,
in quanto si limita a traslare l'indagine dal piano della posizione sostanziale a
quello della norma di tutela, senza fornire alcun indizio concreto per fissare il
discrimine ermeneutico certo fra nonne di azione e di relazione; con la conse-
guenza che la portata del problema resta pressoch intatta sul piano operativo.
3.3. Attivit vincolata e discrezionale
Parte della dottrina e della giurisprudenza ha per qualche tempo proposto uno
schema in base al quale sarebbe possibile tracciare una sorta di parallelismo
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 71
fra attivit discrezionale ed interesse legittimo da una parte (con conseguente
giurisdizione del G.A.) ed attivit vincolata e diritto soggettivo dall'altra (con
conseguente giurisdizione del g.o.).
La teoria in parola ritiene che la questione del riparto di giurisdizione possa
. l . b d' l" l d Il h d' . l' l" dlstmtlvo
essere nso ta m ase a un ana lSI puntua e e a norma c e lSClp ma aZIOne tra diritto
amministrativa, volta ad individuare se nel caso concreto la pubblica ammini- soggettivo
.' d t t d' t d' . l ed interesse
StrazIO ne SIa O meno o a a 1 un po ere lscreZlOna e. l 'tt' b t
egl Imo asa o
Solo nel primo caso, in adesione alla teoria dell'affievolimento, si ritiene che sulla natura
l'esercizio del potere - regolato dalla norma attributiva - sia idoneo a determi- dell'attivit
d
d d '1 d' . . d' l' . dellaPA.
nare l'effetto 1 egra are 1 mtto soggettIvo a mteresse eglttlmo, con conse-
guente giurisdizione del G.A. In questi casi, infatti, nella sostanza, il Legislatore
riserva alla P.A. la competenza esclusiva ed infungibile ad effettuare determinate
valutazioni nell'interesse pubblico che non sono state compiutamente operate
dalla legge; l'Amministrazione, integrando il dettato incompleto della legge,
allora in grado di innovare l'ordinamento giuridico, non per nel senso generico
di poter produrre effetti giuridici con un proprio provvedimento, ma nel senso
specifico di dettare regole nuove rispetto a quelle sancite dall'ordinamento, non
importa se con riferimento a situazioni particolari (c.d. provvedimento discre-
zionale con effetto circoscritto) o a situazioni generali. Ci che conta, al fine di
ritenere l'esistenza di un potere, la capacit di disciplinare situazioni giuridiche
sulla base di una valutazione riservata alla P.A., come tale limitatamente sinda-
cabile in sede giurisdizionale solo sotto il profilo della logicit e della coerenza
estrinseca.
In modo simmetrico, laddove tale discrezionalit non sia riconosciuta e la
norma configuri l'attivit amministrativa come vincolata, l'Amministrazione as-
sume i panni di mera esecutrice di comportamenti, i cui contorni sono per intero
determinati dalla norma attributiva del potere. Posto che la legge definisce com-
pletamente ci che spetta al privato in una certa situazione, l'Amministrazione
quindi tenuta, in presenza di detta situazione, ad emanare a favore dell'inte-
ressato l'atto in esame senza poter effettuare una scelta funzionale all'interesse
pubblico.
Si pu quindi dire che il privato titolare di un diritto in quanto, anche
prima ed indipendentemente dall'attivit amministrativa, definito cosa gli
spetti e la norma identifica compiutamente il risultato dell'attivit ammini-
strativa nei suoi confronti, senza che sia necessaria l'intermediazione della
scelta amministrativa. N e consegue che, in tali ipotesi, la spendita (oltremodo
vincolata) di poteri pubblicistici non risulta caratterizzata da quel quantum
di supremazia idoneo a far degradare la posizione individuale ad interesse
legittimo, per cui la giurisdizione si incardina innanzi al g.O. In caso di attivit
discrezionale, invece, il cittadino non pu vantare la pretesa ad un determina-
to risultato in quanto il conseguimento di questo dipende dalla scelta discre-
zionale e funzionale della P.A.
- - ~ . " ---
Limiti di questa
ricostruzione,,"
".con
riferimento
al!' attivit
discrezionale ...
".econ
riferimento a
quella vincolata
72 Il criterio di riparto di giurisdizione
La teoria in questione, pur apprezzabile nella sua linearit, ha suscitato dubbi
e riflessioni, sia sul versante dell'attivit discrezionale che di quella vincolata.
In particolare, con riferimento all'attivit discrezionale, l'applicazione della
teoria in parola presenta profili di dubbio, a seconda della configurazione che
si voglia riconoscere alla discrezionalit tecnica. Si rinvia al riguardo alla parte
III, cap. III, 3.1.2., significandosi in questa sede solo che la discrezionalit
tecnica mero accertamento di fatti complessi e non esercizio del potere, con la
conseguenza che non rilevante ai fini del riparto, per il quale invece decisivo
il potere decisionale che si spende sulla base della pregressa acquisizione dei
fatti
2

Soprattutto, non convincente l'assunto secondo cui in presenza di attivit


vincolata della P.A., il rigido limite posto all'esercizio del potere pubblico non
consentirebbe di ammettere l'effetto degradatorio del diritto ad interesse legitti-
mo, e, pi in generale, di configurare l'esistenza del potere. stato in senso op-
posto affermato in giurisprudenza (Cons. St., Ad. Plen., n. 18 del 5 luglio 1999 e
n. 8/2007, nonch, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1550) che,
al cospetto dell'attivit vincolata della P.A., non automatico il riconoscimento
del carattere di diritto soggettivo alla posizione individuale coinvolta, dovendosi
distinguere fra due ipotesi.
A fronte di un'attivit discrezionale, che per definizione implica una scelta
tesa all'ottimale perseguimento dell'interesse pubblico, l'attivit vincolata pu
essere infatti diretta al perseguimento di un interesse pubblico ovvero di un in-
teresse del privato.
Ebbene, qualora il vincolo all'esercizio del potere amministrativo sia posto
nell'interesse del singolo, allora tale esercizio non potr in nessun caso sorti-
re un effetto degradatorio sulle posizioni individuali, con la conseguenza che
la giurisdizione spetter al g.O. Non infatti concettualmente sostenibile che
l'adozione di un atto violativo di un vincolo posto a vantaggio del privato (v.
iscrizione all'albo degli agenti di commercio dei soggetti che abbiano i requisiti
oggettivamente fissati dalla legge) possa costituire esercizio di potere capace di
affievolire il diritto soggettivo proprio di quel singolo beneficiario dell'obbligo
posto dal Legislatore. Donde la conclusione alla stregua della quale, in caso di
interessi oppositivi, la violazione di un vincolo puntuale non pu che portare con
s una nullit (e non mera illegittimit) dell'atto, che ne determina la non pro-
duttivit di effetto alcuno, ivi compreso l'effetto di affievolimento. In altri e pi
2 Nel senso che anche a fronte della discrezionalit tecnica residui una posizione di mero interes-
se legittimo V., in tema di rimborso di spese mediche sostenute all'estero, T.A.R. Valle d'Aosta,
Aosta, sez. I, 19 gennaio 20 Il, n. 4, in Diritto & Giustizia 20 Il, nonch, con riferimento alla cor-
responsione di equo indennizzo a seguito di infermit per causa di servizio, Cons. Stato, sez. VI,
15 dicembre 2010, n. 8916, in Foro amm. CDS 2010, 12,2743. Sul tema, v. anche T.A.R. Lazio,
sez. I, 15 giugno 2009 n. 5630 in materia di provvedimenti della CONSOB sulle offerte pubbliche
di acquisto.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 73
espliciti termini, sotto le mentite spoglie dell'atto amministrativo si nasconde un
comportamento illecito negativamente incidente su di un diritto soggettivo, che
resiste ad un episodio di esercizio solo apparente del potere amministrativo. Di
qui, ancora, il precipitato della possibilit per il singolo di agire avanti al g.O.
anche senza impugnare l'atto, al fine di ottenere l'accertamento dell'esistenza e
della trasgressione del diritto previsto dalla legge a suo favore e, quindi, la con-
danna della P.A. a tenere i comportamenti conseguenti.
Laddove, invece, tale vincolo sia posto nell'interesse pubblico (come, ad
esempio, nel caso sottoposto all' Ad. Plen., l'interesse della collettivit ad una
corretta selezione dei soggetti candidati all'esercizio di una determinata profes-
sione) siamo al cospetto di un esercizio (anche se vincolato) di un potere ammi-
nistrativo funzionalizzato alla tutela dell'interesse pubblico.
Secondo l'impostazione da ultimo descritta, quindi, dalla non contestabile
premessa in virt della quale l'interesse legittimo si connota per il suo confronto
ed incontro con l'interesse pubblico, si deve concludere che d'interesse legittimo
si parla sia a fronte di un'attivit discrezionale, che per definizione mira al mi-
gliore perseguimento di detto interesse, sia per l'attivit vincolata nell'interesse
pubblico. Al contrario, non si ha potere (se non apparente) e, quindi, permane una
situazione di diritto soggettivo (per es. iscrizione in albi professionali; rilascio di
carte di circolazione), nel caso di attivit vincolata nell'interesse privato
3
.
3.4. La dicotomia carenza-cattivo uso del potere
La teoria in questione (che ha riscosso nell 'ultimo cinquantennio adesioni pres- Il criterio
distintivo
soch generalizzate e che oggi trova espressa consacrazione nell'art. 7 cod. proc. tra diritto
amm.) si basa su due presupposti concettuali: l'adesione combinata al principio
dell'affievolimento dei diritti ed a qucllo c.d. della carenza di potere.
La prima compiuta formulazione della teoria in parola si ebbe ad un anno
circa dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana con la famosissima
sentenza Ferrari (Cass., S.D., n. 1657 del 4 luglio 1949).
soggettivo
ed interesse
legittimo basato
sulla natura
dell'attivit
della PA.,
Nel suo passo centrale (che tanto avrebbe inciso sugli sviluppi successivi del- Cass., S. U
l t
. dI' rt) l t " h l d' .. . 1657/1949
a eona e npa o, a sen enza m questIOne sostenne c e a lscnmmaZIOne
fra la competenza giudiziaria ordinaria e quella del giudice amministrativo si
precisa cos: se il cittadino nega che potere siffatto (<<potere discrezionale di di-
3In chiave critica a detta ricostruzione si obiettato come rimanga alla fine oscuro sulla base di quali
criteri si possa concludere se l'attivit vincolata sia diretta a realizzare un interesse pubblico o un
interesse privato. Si osserva, infatti, che, se l'attivit vincolata, ogni apprezzamento di interessi
precluso all'Amministrazione e, quindi, la funzionalit a certi interessi dovrebbe ritenersi giuridica-
mente irrilevante; se invece s'intende fare riferimento a criteri di politica legislativa, quali le ragioni
del conferimento all'amministrazione di quel potere, allora si accoglie una logica che non giuridica
e dalla quale perci non possono essere tratte conclusioni sul piano giuridico. La non decisivit della
dicotomia atto discrezionale-atto vincolato stata da ultimo ribadita dalla giurisprudenza citata nella
nota precedente.
La teoria
dell 'affievoli-
mento
La dicotomia
carenza-cattivo
uso del potere
74
Il criterio di riparto di giurisdizione
sporre, .. di quel diritto) sia conferito all'autorit amministrativa, la competenza
a conoscere di tale controversia spetta all'autorit giudiziale, perch si tratta di
accertare se il diritto su,biettivo sia tale anche di fronte alla P.A. Se invece la
controversia abbia per suo oggetto l'esercizio, che si pretende scorretto, del po-
tere discrezionale conferito, sotto l'aspetto della competenza, della forma o del
contenuto [ ... ] la competenza a conoscere del G.A..
Il principale presupposto concettuale della dottrina in esame da rinvenirsi
nella teorica della degradazione (ovvero dell'affievolimento) dei diritti ad inte-
ressi legittimi per effetto dell' emanazione dell' atto amministrativo (quantunque
illegittimo): in tali casi, nonostante l'uso scorretto che la P.A. ha fatto del potere
conferitole, il provvedimento amministrativo ha comunque il potere di degrada-
re la posizione individuale (corollario, questo, dell'adesione alla teoria della c.d.
equiparazione dell'atto illegittimo all'atto legittimo, sub specie dell 'idoneit
ad incidere in negativo sulle posizioni individuali).
La dottrina in parola, quindi, afferma la sussistenza della giurisdizione or-
dinaria nei casi in cui sia revocata in dubbio la stessa esistenza del potere della
P.A. (carenza di potere sotto i vari profili dello straripamento di potere e dell'in-
competenza assoluta) di disporre del diritto del singolo, con la conseguenza che
in detti casi (vertendosi su questione concernente un atto inesistente o nullo, che
non ha sortito un effetto degradatorio sulla posizione di diritto soggettivo), la
giurisdizione spetter al g.o. Diversamente da quanto sostenevano i fautori della
nozione estensiva degli atti di imperio, non sufficiente, al fine di escludere una
posizione di diritto soggettivo, che la P.A. agisca autoritativamente sul piano
formale in una materia retta dal diritto pubblico; ma piuttosto necessario veri-
ficare, alla luce del dato positivo, che il provvedimento sia esercizio di un potere
effettivamente riconosciuto dalla norma. In caso negativo l'amministrazione non
esercita alcun potere e, quindi, non identificabile un interesse legittimo; inve-
ce, si radica la giurisdizione amministrativa quante volte si contesti il corretto
esercizio del potere da parte della P.A. in relazione al paradigma costituito dalla
norma attributiva del potere, ma non la spettanza del potere stesso.
Per l'individuazione del Giudice sono decisivi i termini nei quali la domanda
oggettivamente formulata (ossia il carattere oggettivo della norma invocata,
che definisce la stessa esistenza del potere o ne regola l'esercizio) e non quelli
nei quali la domanda soggettivamente prospettata (id est, la qualificazione, in
un senso o nell'altro, che della norma in parola d la parte stessa). Si infatti gi
osservato in precedenza come la teoria della prospettazione abbia conosciuto un
rapido declino.
Come anticipato, il criterio di riparto in commento oggi icasticamente ri-
prodotto nell'art. 7 cod. proc. amm., ove si dispone letteralmente che "Sono
devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia
questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla leg-
ge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del po-
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 75
tere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti
riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da
pubbliche amministrazioni".
3.4.1, La carenza di potere va valutata in astratto o in concreto?
problemi applicativi possono sorgere, invece, nel caso in cui non sia manchevole
la stessa norma attributiva del potere, ma sia in contestazione l'esistenza di uno
o pi presupposti ai quali la legge subordina l'esercizio del potere amministra-
tivo.
La giurisprudenza si infatti domandata se la carenza del potere ammini- Carenza in
strativo vada ravvisata solo in astratto (cio nei soli casi di assenza tout court astratto
d Il
'b' l' 1 carenza In
e a norma attn utlva, qua l o straripamento di potere -ossia l'adozione di un concreto
provvedimento spettante ad altro potere dello Stato- o l'incompetenza assoluta,
ossia l'adozione di provvedimento spettante ad altro plesso amministrativo) ov-
vero anche in concreto (cio in caso di dedotta mancanza di fatto dei presupposti
cui la norma ne subordina l'esercizio: si pensi all'adozione del provvedimento
di esproprio in mancanza della precedente dichiarazione di pubblica utilit, ov-
vero all' adozione del provvedimento di esproprio dopo la scadenza dei termini
di cui all'art. 13 della L. 2359/1865, oggi confluito nell'art. 13 del T.U. espr. n.
327/2001).
La Cassazione civile ha in un primo tempo reputato che la mancanza delle
condizioni dettate dal Legislatore per l'esercizio in concreto del potere ammini-
strativo configuri un modo scorretto di esercizio del potere e, quindi, una mera
violazione di legge.
In seguito la Corte di legittimit ha elaborato la teoria della carenza in con-
creto del potere amministrativo, ritenendo necessaria la distinzione tra il caso di
mancanza dei presupposti di esistenza del potere amministrativo e l'ipotesi della
requisiti legislativi per illegittimo ed ottimale esercizio del potere
ammlllistratlvo.
Nel caso di dedotta violazione delle condizioni di esistenza, il provvedimento La Cassazione
nullo in quanto espressione di un potere inesistente alla luce della delimitazio- recel!isce la
ne fi t d l L . l ,. . teona della
ssa a a egls atore e non e, qUllldl, dotato dell'imperativit che, sola, spie- carenza in
ga l'effetto degradatorio. La giurisdizione spetta allora al g.O. in quanto viene concreto
dedotto un diritto soggettivo che resiste ad un potere che non c'.
. di violazione delle condizioni di esercizio del potere, al contrario,
III una semplice violazione della disciplina posta dal Legislatore per in-
dmzzare 11 potere, comunque esistente, al fine dell'ottimale perseguimento dell'inte-
resse pubblico; di qui la giurisdizione del G.A. a fronte di un episodio di non corretto
uso dI un potere che, in quanto esistente, sortisce l'effetto di affievolimento.
La teoria, in ultima analisi, trae alimento dalla necessit di avviare un ridi-
mensionamento della teoria della degradazione passando per la considerazione
Il confine labile
tra condizioni
di esistenza
e requisiti di
legittimit
76 Il criterio di riparto di giurisdizione
che, in un sistema giuridico attento alla protezione del singolo e dei suoi diritti,
non pensabile che qualsiasi manifestazione dell'ente pubblico sia di per s,
anche se macroscopicamente eccedente rispetto ai limiti che la legge pone al po-
tere, e quindi basata su di un potere inesistente, capace di affievolire la posizione
di diritto soggettivo.
La tesi in esame si deve fare carico del non semplice problema di distinguere, nell'ambi-
to delle prescrizioni di legge che regolano il potere, le condizioni di esistenza da quelle
di esercizio, ossia le norme di esistenza da quelle di mera disciplina.
Si osserva allora, in prima battuta, come la norma, la quale definisce l'esistenza del
potere, non possa che essere contenuta in una prescrizione primaria. In un sistema nel
quale la legge conferisce il potere amministrativo (in forza del principio di legalit e dei
suoi corollari di tipicit e di nominativit dei provvedimenti), l'amministrazione, sog-
getto dell'ordinamento giuridico generale, non pu a sua volta attribuirsi in sede regola-
mentare nuovi poteri o definire le condizioni di esistenza del potere amministrativo. Si
pu quindi dire che il problema della distinzione tra condizioni di esistenza e di esercizio
si pone solo nel caso di violazione del precetto legislativo, mentre con certezza la tra-
sgressione di norme regolamentari determina solo il difetto di un requisito di legittimit
stabilito per la disciplina di un potere comune esistente in base alla volont legislativa.
Nell'ambito poi delle condizioni legislative, un criterio risolutivo viene individuato
nella finalit presa di mira dalla prescrizione.
La dottrina chiarisce, allora, che la norma che fissa una condizione per l'esistenza del
potere amministrativo ha di regola la funzione di tutelare gli interessi dei terzi nella cui
sfera giuridica il potere destinato ad incidere. Si tratta perci di norme di garanzia che,
nell'interesse superiore dell'ordinamento giuridico generale, perseguono, con la limita-
zione del potere, lo scopo di fissare un equilibrio ottimale tra l'interesse pubblico per-
seguito con l'esercizio del potere e l'interesse dei privati a non essere esposti al rischio
dell'esercizio di un potere non circoscritto e potenzialmente illimitato (si pensi alla pre-
scrizione che impone l'adozione dell'atto espropriativo previa dichiarazione di pubblica
utilit e, comunque, nel rispetto dei termini di cui all'art. 13 della legge fondamentale del
1865, n. 2359; ovvero alla disciplina che subordina l'esercizio del diritto-potere statale
di prelazione su contratti di vendita di beni culturali al rispetto di termini decadenziali).
Per converso, le norme che fissano le condizioni di esercizio del potere sono dettate
in funzione esclusiva dell'interesse dell'amministrazione stessa al fine dell'ottimale per-
seguimento dei fini pubblici.
Viene in definitiva rispolverata la rammentata teoria guicciardiana che distingue nor-
me di azione e di relazione (v. supra).
Pi empirico il criterio giurisprudenziale secondo cui si ha carenza in concreto,
capace di determinare la radicale nullit dell' atto (con conseguente giurisdizione del
g.o.), nei soli casi in cui la violazione risulti grave, ossia nel caso in cui i presupposti
del potere siano obiettivamente identificabili (nella loro esistenza/inesistenza) mediante
una constatazione che non involga apprezzamenti di natura amministrativa o anche di
natura tecnica (tale allora la violazione dei limiti temporali per l'esercizio del potere
ablatorio; non invece la mancanza dei presupposti di necessit ed urgenza per l'esercizio
del potere di ordinanza extra ordinem).
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 77
In senso contrario alla teoria della carenza in concreto si invece decisamente
orientata la giurisprudenza amministrativa4, ferma nel ritenere che la giurisdizio-
ne vada verificata in relazione all'esistenza della norma astrattamente attributiva
del potere, con la conseguenza che la mancanza dei presupposti indicati dalla
legge configura un mero vizio di legittimit dell'azione amministrativa per di-
fetto dei requisiti stabiliti dalla legge.
In senso critico alla teoria della carenza concreta sono stati svolti infatti i seguenti rilievi
critici:
a) in primo luogo, sul terreno anche pratico, appare piuttosto sfuggente il criterio che
presiede alla distinzione, nell'ambito della norma che disciplina il potere amministrati-
vo, tra i meri requisiti di legittimit dell'atto amministrativo ed i presupposti che condi-
zionano la venuta ad esistenza e la permanenza concreta del potere amministrativo;
b) in particolare, la tesi che incentra la distinzione sulla finalit perseguita dalla norma,
salda nella sua enunciazione astratta, si imbatte nella reale difficolt di ben sceverare
quale sia l'interesse perseguito dalla singola prescrizione e, quindi, finisce per scontare
l'aleatoriet degli esiti che stata alla base del fallimento pratico della teoria guicciar-
diana sulla distinzione tra norme di azione e di relazione (viene da chiedersi, ad esempio,
se siano condizioni di esistenza o di legittimit le regole che, dopo la L. 241/1990, pro-
cedimentalizzano il potere amministrativo; o, ancora, quelle che subordinano il potere
alla ricorrenza di una situazione di urgenza);
c) si deve poi riflettere sull'attendibilit dell'equazione che riconduce le norme di esi-
stenza al perseguimento dell'interesse privato e quelle di disciplina al perseguimento
dell'interesse pubblico, potendosi al contrario pensare che anche le norme di esistenza
siano funzionali all'interesse pubblico e, soprattutto, che anche la disciplina delle mo-
dalit di esercizio, ove dettata in via regolamentare, possa essere scandita in modo da
contemperare la sfera pubblica con gli interessi dei privati;
cl) il criterio che subordina la carenza in concreto alla valutazione della gravit della vio-
lazione (valutazione idonea a transustanziare la mera illegittimit in radicale nullit),
reca con s una carica di soggettivit e di opinabilit tali da rimettere la soluzione alla
sensibilit interpretativa del Giudice; di qui il timore che, in contrasto con un elementare
principio di certezza del diritto, la giurisdizione possa, in detti casi, essere attribuita in
base a discutibili valutazioni di gravit;
e) ancora pi in radice, il concetto di carenza in concreto del potere viene considerato
una contraddizione in termini da quanti osservano che la questione di giurisdizione non
pu che essere affrontata sulla base del dato astratto dell'esistenza della norma attributi-
va del potere sul piano dell' ano
Il tema acquisisce oggi una pi stringente attualit, dovendosi verificare (v. 4 ss.) se
l'atto adottato in carenza in concreto sia nullo ai sensi dell' art. 21-septies della L. 241, che
qualifica come nulli gli atti adottati con difetto assoluto di attribuzione, ovvero sia solo
affetto da un vizio di legittimit azionabile avanti al G.A. ai sensi dell'art. 21-octies. 0, per
meglio dire, se la L. 15/2005 abbia riconosciuto la sola carenza in astratto derubricando la
c.d. carenza in concreto a mero cattivo uso del potere di pertinenza del G.A. (v. 4.1.).
4 V. Ad. Plen. Cons. St., 22 ottobre 2007, n. 12.
Il Consiglio di
Stato acco-
glie il criterio
della carenza in
astratto
La carenza in
concreto alla
luce della legge
15/2005
I diritti inaffie-
volibili
78 Il criterio di riparto di giurisdizione
3.4.2. Potere amministrativo e diritti fondamentali: carenza o cattivo uso?
Sulla scorta delle fondamentali acquisizioni della dottrina tedesca della Drittwir-
kung, la giurisprudenza di legittimit e di merito, a partire dalla fondamentale
pronuncia delle S.D. n. 1436/1979 in tema di diritto alla salute, ha enucleato una
pletora di diritti soggettivi connotati da una nviolabilit assoluta, vuoi per la
loro natura di situazioni giuridiche personalissime (quali, soprattutto, il diritto
al nome e quello alla integrit personale), vuoi per il particolare rango ad essi
riconosciuto dalla Carta Fondamentale (in primis, il diritto alla salute ed il diritto
all'integrit dell'ambiente).
Illogico corollario, che la suddetta teoria trae dall'assunto della intangibilit
delle posizioni de quibus da qualsiasi forma di compressione o conformazione
da parte dell' autorit amministrativa, , dunque, quello del radicamento della
giurisdizione ordinaria, a fronte della quale si stagliano situazioni giuridiche di
diritti soggettivi pieni ed incondizionati. Diritti la cui ontologica ed originaria
rigidit impedirebbe a priori l'esercizio di un' attivit provvedimentale ammi-
nistrativa, che in ipotesi si rivelerebbe inutiliter data e, pi ancora, nulla, tradu-
cendosi in un mero comportamento radicalmente sine titulo.
In sostanza, l'eventuale esplicazione di un potere amministrativo, attraverso
il compimento di atti illegittimi, ovvero solo annullabili, non sarebbe in grado di
mutarne la natura di diritti soggettivi in interessi legittimi, e lascerebbe intatto
l'operare della regola generale della causa petendi, che trova nel g.o. il giudice
naturale dei diritti soggettivi.
Sul piano della dicotomia carenza-cattivo uso del potere, tutto ci si tra-
durrebbe, pertanto, in un'ipotesi di difetto assoluto della potest pubblicistica di
provvedere, in ragione della sussistenza, in simili materie, di siffatti, fondamentali,
interessi del singolo. Con l'ulteriore conseguenza che la loro connotazione in ter-
mini di incomprimibilit, riverberando si anche sulle modalit di tutela di tali diritti,
renderebbe inoperanti i limiti di cui agli artt. 4 e 5 L.A.C., consentendo al Giudice
ordinario di pronunciare sentenze che incidano su atti (in ipotesi, solo formalmente)
amministrativi ovvero ordinino unfacere di stampo pubblicistico (v. sez. III).
La giurisprudenza ha osservato, in particolare, che il diritto alla salute " so-
vrastante all'amministrazione di guisa che questa non ha alcun potere, neppure
per motivi d'interesse pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo,
ma neanche di pregiudicarlo nel fatto indirettamente", perch incidendo in un
diritto fondamentale la pubblica amministrazione "agisce nel fatto", dal momen-
to che "non essendo giuridicamente configurabile un suo potere in materia, esso
per il diritto non provvede", ma "esplica comunque, e soltanto attivit materiale
illecita"5; pertanto, la tutela giudiziaria del diritto alla salute, la quale non con-
5 Cfr in questi precisi termini, la storica pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, 20 feb-
braio 1992 n. 2092 in una fattispecie di realizzazione di un impianto di depurazione in prossimit
di una abitazione.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2
79
dizionata dai limiti di cui agli artt. 2 e 4 L.A.c. e ed suscettibile di riverberarsi
anche in decisioni che condannino la P.A. ad unfacere specifico pubblicistico,
pu essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie.
Nell'ottica dei diritti inaffievolibili, le pi rilevanti ipotesi di giurisdizione or-
dinaria, di cui rispettivamente alle leggi nn. 67 5/96 (ora trasfusa nel C.d. codice
della privacy, D.Lgs. 196/2003) e 230/98 (titolata Nuove norme in materia di
obiezione di coscienza), nonch al D.Lgs. 286/98 (recante il Testo unico sul-
la disciplina dell'immigrazione), pi che delimitare nuove aree di giurisdizione
esclusiva del Giudice ordinario, si limiterebbero a recepire il fondamentale crite-
rio della causa petendi, siccome riferite a diritti soggettivi inviolabili, come tali
attribuiti alla cognizione del g.0.6
In giurisprudenza, le suggestioni del modello delle situazioni giuridiche sog-
gettive resistenti a tutta oltranza si sono significativamente percepite dapprima
in tema di diritto alla salute - rectius, all'ambiente salubre - poi, con progressive
incursioni, nel campo dei diritti primari fondati sulle libert costituzionalmente
garantite (come la libert di coscienza e di religione
7
), e ancora, in tema di con-
6 Si affermato infatti che il diritto individuale alla salute di cui all'art. 32 Cost., non pu at-
teggiarsi in forma subordinata rispetto al potere-dovere dell'amministrazione di provvedere alla
tutela della salute pubblica ovvero alla cura di altri interessi pubblici. Ne deriva che il giudice
ordinario, dotato di giurisdizione naturale per la cognizione di un diritto irresistibile, pu adottare,
anche in deroga ai limiti di cui agli artt. 4 e 5 della L.A.C., qualsiasi misura si renda necessaria
per porre rimedio alla violazione e per ripristiname l'integrit. stata cos ammessa una pronun-
cia che condanni la P.A. alla rimozione di un depuratore installato a distanza inferiore a quella
richiesta; ovvero di una discarica di rifiuti ubicata in prossimit di un edificio residenziale. Si
inoltre ammessa una pronuncia inibitoria che costringa la P.A. alla rimozione di un elettrodot-
to costruito a poca distanza da un'abitazione. La giurisdizione del giudice ordinario a fronte di
un'azione inibitoria finalizzata alla tutela delIa salute stata ribadita, in tema appunto di onde
elettromagnetiche, anche dopo il varo della legge quadro n. 36/2001. Si in tal modo affermata
la giurisdizione ordinaria in relazione a controversia nella quale si debba decidere, in relazione
ad una azione inibitoria, se, sulla base delle conoscenze scientifiche del tempo, vi sia pericolo per
della salute nell'esposizione ad un fattore inquinante, ancorch tale esposizione
sIa nspettosa dei limiti massimi stabiliti dalla normativa vigente. In questa materia per la giuri-
sdizione ordinaria in tema di diritti inaffievolibili v., da ultimo, Cass., S.U., ord. 5 marzo 2010, n.
5290 in tema rispettivamente di autorizzazioni alla realizzazione di un impianto di depurazione a
ridosso di abitazioni private con pericolo per la salute dei residenti. Da ultimo la giurisprudenza
?a il coacervo dei diritti fondamentali degli stranieri al rispetto dei propri diritti
anche con riguardo al rispetto del proprio patrimonio culturale, oltre che in materia di
dmtto al conseguimento dell' asilo ed al riconoscimento dello status di rifugiato. Sul punto v. Casso
S.U., 9 settembre 2009, n. 19393, T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 20 dicembre 2010,
n. 543, IllForo amm. TAR 2010,12,3816 e T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 20 gennaio 2011, n. 553,
che affermato la giurisdizione ordinaria sul diniego del pennesso di soggiorno per ragioni
umamtane. Sul punto, inoltre, V. anche Cons. Stato, sez. V, 08 gennaio 2008, n. 16, in Foro amm.
CDS 1, I, 170, che ha rassegnato le stesse conclusioni con riferimento alla posizione che si
ai promotori dell'iniziativa referendaria, qualificata in termini di diritto soggetti-
vo pohttco Illaffievolibile, con conseguente radicamento della giurisdizione ordinaria.
7 In cfr la citata decisione di Cass., S.D., n. 15614/2006 che, nella tormentata vicenda del
crOCIfisso nelle aule scolastiche, ha ritenuto la giurisdizione esclusiva del O.A. ex art. 33 del D.Lgs.
Ipotesi di diritti
inaffievolibili
Il diritto alla
salute: natura
unicamente op-
positiva o anche
pretensiva?
Posizioni
mediane
80 Il criterio di riparto di giurisdizione
troversie relative alle procedure ed ai provvedimenti in materia di impianti di
generazione di energia elettrica.
Quanto al settore paradigmatico, nel quale si sviluppata la teorica della
inaffievolibilit, id est il diritto alla salute, esso ha visto alternarsi un approccio,
per cos dire, massimali sta - secondo il quate il diritto de qua sempre e tout
court tutelato nella sua forma pi pregnante di diritto soggettivo assoluto - ed
una interpretazione pubblicistica, secondo la quale occorrerebbe, invece, di-
scernere, nell' ambito dello stesso diritto alla salute, un nucleo di carattere op-
positivo, come diritto assoluto di libert di non subire menomazioni alla propria
integrit fisica, ed un contenuto di natura pretensiva, inteso come diritto a perse-
guire un miglioramento delle condizioni di salute.
Secondo quest'ultimo orientamento, mentre il diritto alla salute concepito
nella dimensione negativa, di cui alla prima delle accezioni riferite, varrebbe a
radicare sempre la giurisdizione del g.O., l'esercizio della posizione giuridica in
forma pretensiva necessiterebbe della interpositio di un potere pubblicistico di-
screzionale, di valutazione e bilanciamento con altri interessi costituzionali, con
la conseguenza di ritenere sussistente la giurisdizione amministrativa. Con ci
recuperandosi quella categoria dei C.d. diritti condizionati, soggetti ad una vi-
cenda degradatoria, di cui si gi detto in sede di analisi dogmatica della natura
dell'interesse legittimo
8

Rispetto agli orientamenti test citati vi anche una posizione mediana,
secondo cui, ferma restando la qualificazione in termini di non affievolibilit
del diritto alla salute inteso nella sua componente schiettamente oppositiva,
non sempre la dimensione pretensiva varrebbe a radicare la giurisdizione del
G.A.. Ci poich, all'interno del diritto alla salute in senso pretensivo, sareb-
be possibile enucleare, parimenti, un diritto soggettivo perfetto, a sua volta
non affievolibile, ad evitare un rischio mortale ovvero a non subire sofferenze
80/1998, sulla controversia originata dalla domanda avanzata nei confronti dell'amministrazione
scolastica dal genitore di uno scolaro di risarcimento in forma specifica della lesione cagionata al
diritto assoluto di libert religiosa; risarcimento da attuare con la rimozione del crocifisso dall'aula
di lezione. Sulla giurisdizione del G.A in merito alla controversia relativa alle discrezionali scelte
organizzative operate dalla scuola in materia di educazione sessuale (e in altre materie) con l'artico-
lazione dei programmi, Cass., S.V. 5 febbraio 2008, n. 2656.
8 Cos le S.V., della Cassazione, con sentenza 22 dicembre 2010, n. 25982, in Giust. civ.
Mass. 2010, 12, 1638, affelmano che la protezione apprestata dall'ordinamento al titolare del
diritto alla salute, posizione non comprimibile da parte della P.A, si estrinseca, sia nel vietare agli
altri consociati di tenere comportamenti che contraddicano il diritto, sia nel sanzionare gli effetti
lesivi della condotta illecita obbligando il responsabile al risarcimento del danno. In termini, v.
anche T.AR. Liguria, Genova, sez. II, 13 maggio 2010, n. 2529, in Foro amm. TAR 2010, 5,1639,
che, in adesione alla tesi da ultimo richiamata, ha icasticamente affermato che "Nel caso in cui
si faccia questione su controversia appartenente a materia devoluta alla giurisdizione esclusiva,
non sfugge affatto al giudice amministrativo il sindacato sull'atto amministrativo (autoritativo o
comunque discrezionale) lesivo di diritti soggettivi, ossia dei diritti fondamentali, qual il diritto
alla salute, presidiati direttamente dalla Costituzione e non suscettibili di degradazione H.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 81
eccessive, alla luce di un parametro qualitativo fondato sulla gravit dell'esi-
genza sanitaria.
In questo senso merita di essere analizzata una significativa decisione delle S.U.
9
che
abbandona la posizione oltranzista, orientata ad una incomunicabilit tra diritto e pote-
re. Il ragionamento della Corte si fa particolarmente interessante laddove distingue tra
situazioni "soggettive a nucleo variabile" - in relazione alle quali si riscontra un potere
discrezionale della pubblica a1l11l1inistrazione capace di degradare (all'esito di un giudi-
zio di bilanciamento degli interessi coinvolti) i diritti ad interessi legittimi o di espandere
questi ultimi sino ad elevarli a diritti - e "posizioni soggettive a nucleo rigido", rinveni-
bili unicamente in presenza di quei diritti, quale quello alla salute, che - in ragione della
loro dimensione costituzionale e della loro stretta inerenza a valori primari della persona
- non possono essere definitivamente sacrificati o compromessi. Secondo la Corte in
presenza di motivi di urgenza suscettibili di esporre il diritto alla salute a pregiudizi gravi
ed irreversibili, la pubblica amministrazione difetta di qualsiasi potere discrezionale in
grado di incidere sul diritto in questione. La circostanza che la Suprema Corte escluda la
presenza di un potere discrezionale della P.A. non in tutte le ipotesi ma soltanto nel caso
in cui le circostanze siano tali da esporre la salute ad un pericolo grave, induce a rite-
nere che nelle altre ipotesi anche il diritto alla salute, quantomeno nella sua dimensione
pretensiva, possa essere oggetto di bilanciamento con altri interessi costituzionalmente
rilevanti. Pertanto, nella fattispecie, la Suprema Corte ritiene sussistente la giurisdizione
del g.O. in presenza di una causa petendi quale il diritto alla salute, non degradabile ad
interesse legittimo, che, in mancanza dell'intervento richiesto alla P.A. - nella fattispecie
ripristino di un parcheggio prossimo al luogo di cura a favore di un gruppo di invalidi
emodializzati -, sarebbe esposto al rischio di un grave pregiudizio.
Quest'ultima teorica sembra, pi delle altre, recepire le numerose critiche mosse, Critiche alla
. d . Il' d' f d . . b 1" dII" teoria dell'inaf-
soprattutto m ottnna, a assunto 1 on o su CUI SI asa onentamento e m- fievolibilit
degradabilit, id est alla presunta incompatibilit, logica ed ontologica, tra po-
tere e diritto fondamentale. Attraverso un rovesciamento della celebre formula
di Mortara, secondo cui c' diritto soggettivo perch non c' potere, la teoria
de qua giunge ad affermare che non vi potere poich c' diritto soggettivo,
la circostanza che, anche nel settore dei diritti costituzionalmente
tUtelati, sia il Legislatore costituzionale, sia quello ordinario attribuiscono alla
pbblica amministrazione poteri vincolati o discrezionali, in funzione del con-
temperamento con gli altri interessi di pari rango.
Con il che sembra pi corretto ritenere che il criterio di riparto, pi che fon-
darsi sulla natura inviolabile della posizione giuridica dedotta, venga a dipende-
re dalla esistenza o meno di una predeterminazione legislativa dei limiti e delle
condizioni che consentono l'interposizione della P.A. Salvo il rispetto dei limiti
costituzionali e del principio di ragionevolezza, occorre dunque valutare se la
normativa in questione abbia fissato il criterio generale per il contemperamento
9 Cass., S.V., lO agosto 2006, n. 17461.
Corte Cast.
140/2007
82 Il criterio di riparto di giurisdizione
dei diritti fondamentali con gli altri interessi, e, di conseguenza, se la pubblica
amministrazione, nell'esercizio del potere conferitole, ne abbia osservato i limiti
e le condizioni.
La giurisdizione amministrativa, secondo quest'ultima impostazione, tributa-
ria del criterio della "carenza-cattivo uso del potere" si radica, pertanto, laddove
sussista a monte una fonte legislativa rispettosa dei parametri costituzionali,
e qualora il potere pubblicistico sia stato esercitato in conformit alle condizioni
predeterminate dal Legislatore, in modo da produrre validamente una vicenda
degradatoria della posizione giuridica soggettiva dedotta'o.
Il problema dei diritti inaffievolibili stato fin qui analizzato con riguardo al
riparto ordinario di giurisdizione. In tema di giurisdizione esclusiva del G.A. (v.
sez. III), invece, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 140/2007, ha respinto
la questione di legittimit costituzionale dell'art. 1, comma 552, della legge 30
dicembre 2004, n. 311 - nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i
provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al D.L. 7 febbraio
2002, n. 7 - osservando che non osta alla validit costituzionale del sistema in
esame la natura fondamentale dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie
de quibus. Non vi infatti alcun principio o norma nel nostro ordinamento che
riservi esclusivamente al Giudice ordinario - escludendone il giudice ammini-
strativo -la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.
Sulla stessa lunghezza d'onda l'art. 4 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, in tema
di emergenza rifiuti, conv. dalla L. 123/2008, ha stabilito che sono devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in
ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestio-
ne dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione
pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra s'in-
tende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati.
Anche con riferimento a tale disposizione, la ConsultalI, coerentemente con
il proprio precedente indirizzo test richiamato, ne ha escluso l'illegittimit co-
stituzionale. In particolare, il giudice delle Leggi ha evidenziato come nella fat-
tispecie in esame sono coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di
interesse legittimo strettamente connesse tra loro e relative ad una specifica ma-
teria, quale la gestione dei rifiuti. Tale "nodo gordiano" tra posizioni soggettive
in ambiti specifici e predefiniti, si assomma alla spendita di potere autoritativo
da parte dell'amministrazione, che agisce come autorit mediante atti unilatera-
li, moduli consensuali, ovvero comportamenti amministrativi, tutti preordinati
all'organizzazione od all'erogazione del servizio pubblico di raccolta e di smal-
timento dei rifiuti.
IOCos in senso critico alla teoria dell'inaffievolibilit, Cons. St., Ad. Plen. n. 12/2007.
Cost., 5 febbraio 2010, n. 35, in Giur. costo 2010,1,432.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 83
La sussistenza di tali requisiti, ad avviso della Consulta, di per s sufficiente
ad affermare la piena compatibilit costituzionale della disposizione censurata:
resta invece irrilevante, ai fini della giurisdizione, il coinvolgimento di diritti
costituzionalmente garantiti, quale quello alla salute, posto che alcuna dispo-
sizione della Carta Fondamentale ne afferma la devoluzione alla giurisdizione
dell'autorit giudiziaria ordinaria.
4. Potere amministrativo e giurisdizione dopo le sentenze nn. 204/2004 e
191/2006 della Corte Costituzionale e le riforme del 2005 e del 2010
Da quanto fin qui detto si ricavano due principi:
a) il nostro riparto basato sul criterio della causa petendi, ossia sulla distinzio-
ne tra diritti soggettivi ed interessi legittimi;
b) detta distinzione basata sul sottocriterio "carenza-cattivo uso del potere".
Vi quindi carenza di potere ove la P.A. spenda un potere che non ha e cattivo
uso se esercita male il potere che ha in base alla norma.
Su questo tema va ora fatta una riflessione alla luce della L. 15/2005, che, La legge
. . d' Il'' d Il b'l' , d l d' . t .. h 15/2005
codificando l caSI l nu lta e annu a l lta e provve lmento nel ermInI c e
saranno analiticamente descritti nei capitoli 1 della sezione II e 7 della parte III,
pone e forse risolve alcuni dubbi fin qui partoriti dalla giurisprudenza in ordine
al concetto di potere e, in particolare, alla categoria della carenza in concreto del
potere stesso.
Su questo tema risulta d'interesse anche la sentenza manipolativa 6 luglio
2004, n. 204 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimit co-
stituzionale dell'art. 34 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art.
7 legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui devolve alla giurisdizione
esclusiva amministrativa le controversie aventi per oggetto gli atti, i provve-
dimenti e i comportamenti anzich gli atti e i provvedimenti delle pubbli-
che amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati, in materia urbanistica
ed edilizia.
Quanto all'art. 33 del medesimo testo legislativo, relativo all'amplissimo
genus del servizio pubblico, oltre che sul secondo comma, oggi radicalmente
espunto, la scure della Corte Costituzionale si abbattuta anche sul primo com-
ma, sostituendo alla generica formulazione originaria (<<tutte le controversie in
materia di pubblici servizi) una elencazione delle tipologie di controversie ine-
renti all'esercizio di un servizio pubblico, inscindibilmente legate alla sussistenza
di un'attivit provvedimentale ed autoritativa della pubblica amministrazione.
La sentenza
n. 204/2004
della Corte
Costituzionale
. Un secondo arresto della Corte (sentenza n. 191/2006) si occupato, succes- La sentenza
. d' ... bbl' '1'" . n. 191/2006
Slvamente e conseguentemente, l espropnaZIOnI per pu lca utI lta, In partlco- della Corte
con riferimento all'art. 53, comma 1 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo Costituzionale
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilit), dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui,
Il giudice
amministrativo
come giudice
del potere
pubblico
84 Il criterio di riparto di giurisdizione
devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controver-
sie relative a i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti
ad esse equiparati, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno
mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere.
Rinviando per gli approfondimenti all'analisi che verr condotta nella sezio-
ne III - anche ai fini della disamina delle indicazioni fomite dalla Consulta con
la recente sentenza 27 aprile 2007 n. 140 - rileva in questa sede rammentare che
le sentenze restringono la giurisdizione esclusiva alle materie in cui la P.A. si
presenta come autorit spendendo un potere. Ne consegue che possono essere
attratti a detta giurisdizione esclusiva solo i comportamenti riconducibili, anche
mediatamente, al potere dell' autorit, e non piuttosto i meri comportamenti vio-
lativi delle regole di diritto comune. Ne deriva un ridimensionamento della giu-
risdizione esclusiva ed una rinnovata centralit del criterio della causa petendi.
E soprattutto, l'affermazione, che per il suo carattere generale riguarda anche il
riparto basato sulle posizioni soggettive, secondo cui il G.A. il giudice naturale
non tanto e non solo del provvedimento ma del potere dell'amministrazione (v.
4.2.2.)12.
Resta allora da dare risposta, nello scorcio finale di questo capitolo, a tre
domande: se permanga la giurisdizione del G.A. sulla C.d. carenza in concreto;
quale sia il giudice per gli atti nulli; quale sia il giudice del risarcimento ove la
lesione sia cagionata non da un provvedimento ma da un comportamento. 0, per
meglio dire, si tratta di verificare se gli atti C.d. in carenza in concreto, gli atti
nulli ed i comportamenti tenuti dalla P.A. nel corso di un procedimento pubblici-
stico (o ad esso connessi) siano o meno esercizio del potere, al cospetto del quale
si radica una posizione d'interesse legittimo o meno.
Da ultimo, infine, non pu non volgersi lo sguardo al recentissimo codice
del processo amministrativo, il quale, nel disciplinare in via organica il processo
amministrativo, ha recepito, nel capo III del libro I, i criteri di perimetrazione
della giurisdizione del Giudice amministrativo, secondo le coordinate dettate
dalla pregressa elaborazione normativa e giurisprudenziale (v. 5).
12Assai significativa sul tema Ad. Plen. Cons. St., 30 luglio 2007, n. 9, che, nel riprendere le tre
ordinanze gemelle del giugno 2006 delle S.U., cos sostiene: "la tutela giurisdizionale contro
l'agire illegittimo della pubblica amministrazione spetta al giudice ordinario, quante volte il di-
ritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo
o, se lo sopporti, quante volte l'azione della pubblica amministrazione non trovi rispondenza in
un precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile come tale, perch a sua volta deliberato
nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento e non come
via di fatto. Non si verifica il collegamento con l'esercizio del potere quando l'amministrazione
agisca in posizione di parit con i soggetti privati, ovvero quando l'operare del soggetto pubblico
sia ascrivibile a mera attivit materiale, con la consapevolezza che si verte in questo ambito ogni
volta che l'esercizio del potere non sia riconoscibile neppure come indiretto ascendente della
vicenda".
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 85
4.1. Carenza in concreto, nullit e riparto dopo l'art. 21-septies della L.
241/1990
L'art. 21-septies codifica le ipotesi di nullit, categoria prima messa in dubbio a
favore dell'inesistenza (v. parte III, cap. VII), considerando nullo anche il prov-
vedimento amministrativo viziato da difetto assoluto di attribuzione.
Sull'esatta portata di tale espressione non vi accordo in dottrina.
La scuola di pensiero che si espressa subito dopo la novella, ha ritenuto
che la dizione difetto di attribuzione evidenzia una chiara contrapposizione
rispetto ad un concetto di difetto relativo di attribuzione. Il Legislatore con
un'espressione un po' ambigua e generica ha quindi voluto distinguere i casi in
cui manca assolutamente il presupposto al quale va agganciato il potere, ovvero
fa difetto la norma attributiva del potere, rispetto a quelli in cui venga in rilievo
un difetto relativo del potere, nel senso che la norma esiste ma sono violate le
regole e le condizioni stabilite dalla norma in relazione all'esercizio del potere.
Con l'espressione difetto assoluto il Legislatore ha allora voluto catturare,
oltre alla C.d. incompetenza assoluta, la mera carenza in astratto del potere,
alla quale va equiparata l'incompetenza assoluta dell'amministrazione, avendo
cura di qualificare non come causa di nullit, ma, evidentemente, come causa di
annullabilit per cattivo uso del potere quella che la Cassazione chiamava ca-
renza in concreto di potere13.
Ci sembra trarre conferma, in ultima istanza, dallo stesso tenore del succes-
sivo art. 21-octies che, nel chiarire quali sono le cause di annullabilit del prov-
vedimento, fa riferimento alle ipotesi di eccesso di potere, di incompetenza, ma
prima ancora di violazione di legge. Ora, questa espressione cos generica, ov-
vero violazione di legge, usata senza distinguere tra regole che la legge pone
ai fini della modalit ed ai fini dell'esistenza del potere, vuole evidentemente
chiarire che, una volta assodata l'esistenza di una norma attributiva del potere,
. e quindi la non ricorrenza di un difetto assoluto di attribuzione, tutte le ulteriori
violazioni delle regole relative ai limiti, ai presupposti ed ai modi che la norma
pone per disciplinare l'esercizio del potere, ineriscono al mero cattivo uso del
potere, id est ad una mera causa di annullabilit e non di nullit.
Altra tesi sostiene, invece, che il difetto assoluto di attribuzione, inteso
nell'accezione che si ricava dall'art. 134 Cost., consista nella violazione delle
norme che distribuiscono il potere e che disciplinano la competenza, e che il
Legislatore sanzioni con la nullit la sola incompetenza assoluta (sulla quale
V. supra).
13Cos, da ultimo, T.A.R. Lazio - Roma, sez. I, 3 marzo 2009, n. 2192, e sez. II-ter, 14 gennaio
2009 n. 162. Alla luce di tali coordinate esegetiche, il giudice amministrativo capitolino conclude
che l'omissione dei termini di inizio e fine dei lavori non determina la nullit ma soltanto l'an-
nullabilit della dichiarazione di pubblica utilit, il che ne impone l'impugnazione negli ordinari
termini decadenziali.
Il concetto di
difetto assoluto
di attribuzione
La tesi della
carenza in
astratto
La tesi dell'in-
competenza
assolufa
La carenza
in astratto
come causa
di inesistenza
dell'atto
amministrativo
Conseguenze
sul riparto
86 Il criterio di riparto di giurisdizione
Evocando il concetto di difetto assoluto di attribuzione, allora, il Legislatore
non vuole fare riferimento al caso in cui nessuna amministrazione abbia un po-
tere (e, quindi, all'ipotesi in cui non esista la norma attributiva del potere), ma
considera esclusivamente la violazione delle regole che disciplinano, delimitano
e condizionano la competenza e, in definitiva, l'attribuzione.
Secondo questa scuola di pensiero - che non affronta la questione se la
carenza in concreto sia un caso di inesistenza o, come pi plausibile, di mera
annullabilit alla luce delle teorie precedenti - la carenza in astratto del pote-
re sarebbe rimasta fuori dalla previsione legislativa, perch la mancanza del
potere fa venir meno il presupposto indispensabile affinch un provvedimento
possa essere considerato tale: dunque, la carenza di potere si collochereb-
be all'esterno della patologia, ponendo piuttosto un problema di inesistenza
dell' atto. Tale rilievo si salda alla considerazione, mutuata dalla sentenza n.
204/2004 della Corte Costituzionale, secondo cui l'elemento discretivo neces-
sario per qualificare un provvedimento amministrativo costituito dal potere:
se non c' il potere non c' l'autorit e se non c' l'autorit il provvedimento
automaticamente inesistente.
La categoria della carenza (in astratto), continuerebbe quindi ad avere diritto
di cittadinanza nella dogmatica della invalidit, ponendosi, tuttavia, all'esterno
della patologia e configurando un'ipotesi di inesistenza dell'atto.
Evidenti sono i riflessi di questa seconda costruzione sul piano del riparto di
giurisdizione ove l'atto nullo incida su preesistenti diritti soggettivi.
Si radica la giurisdizione in capo al giudice ordinario tutte le volte in cui il
(presunto) provvedimento amministrativo non sia tale nemmeno sul piano mate-
riale, poich emanato in radicale assenza di alcuna norma che ne fondi il potere
legittimante, e risulti, dunque, assimilabile ad un vero e proprio comportamento
illecito.
Al cospetto dell'atto nullo, depurata la categoria dalla carenza di potere, vie-
ne in rilevo un'ipotesi anch'essa di invalidit (nel presupposto dell'esistenza
dell'atto del relativo potere), ossia di cattivo (se vogliamo, macroscopicamente
cattivo) uso del potere amministrativo a fronte del quale non pu che residuare
una situazione d'interesse legittimo. E tanto sulla scorta del rilievo che, diver-
samente da quanto opinato dai fautori dell'affievolimento, nel caso di atto nullo
come in quello di atto annullabile, viene inciso l'interesse legittimo che coesiste
ed posto a tutela del diritto soggettivo a fronte del potere pubblico. Potere
pubblico che, ove in astratto esistente, viene speso male, sia con gli atti nulli che
annullabili: con il che concettualmente sbagliato, e sul piano disciplinatorio
fuorviante, disquisire sulla capacit dell'atto nullo o annullabile di trasformare il
diritto in interesse (v. cap. I, 6.1.)14.
14La Cassazione resta tuttavia affezionata all'idea dell'atto nullo come figura di ca-
renza di potere. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 18 maggio 2010, n. 777, in Foro amm.
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2
87
Ovviamente il problema non si pone per gli interessi pretensivi, posto che
la nullit del provvedimento non ha certo la capacit di espandere l'interesse a
diritto: di qui la pacifica giurisdizione del G.A. innanzi al quale sar esperibile
l'azione dichiarativa di nullit (v. sez. II, cap. III). stato al riguardo sostenuto,
in senso critico rispetto ad una tesi volta a perorare la giurisdizione ordinaria
come estesa per definizione a tutte le ipotesi di nullit, che la giurisdizione non
pu mutare a seconda dell'invalidit che viene denunziata, in quanto essa si
determina sulla base della situazione soggettiva conformata dal provvedimento
amministrativo; il baricentro costituito dalla situazione soggettiva che viene
in rilievo ai fini della individuazione della giurisdizione del giudice ammini-
strativo.
Il nostro riparto, infatti, fondato sulla consistenza della posizione soggettiva
azionata, non certo sulla gravit della patologia o violazione riscontrata.
In presenza di interessi pretensivi, ossia di soli interessi legittimi, non pu
che sussistere la generale giurisdizione di legittimit del giudice amministra-
tivo, in quanto un determinato comportamento dell'amministrazione (viziato
gravemente, perch l'atto nullo, a maggior ragione di quanto accade nel
silenzio amministrativo) non comunque in grado di produrre, da solo, l'ef-
fetto ampliativo, facendo sorgere ex novo una situazione di diritto prima ine-
sistente.
4.2. Giurisdizione e risarcimento del danno
Si tratta da ultimo di valutare quale sia il giudice del risarcimento del danno
ove il pregiudizio sia cagionato non da un provvedimento illegittimo ma da un
comportamento. Per meglio dire occorre valutare, alla luce delle citate sentenze
204/1 004 e 191/2006 della Consulta, quando un comportamento sia espressione
patologica di potere ovvero mera violazione di obblighi di diritto comune.
A tal uopo occorre tratteggiare il quadro generale della giurisdizione risarci-
toria, rinviando per gli altri aspetti della tutela risarcitoria degli interessi legittimi
alla sez. II, cap. IV.
TAR 2010, 5, 1838 ha infatti concluso per la giurisdizione del g.O. in tema di occupazione
usurpativa in caso di carenza originaria della dichiarazione di pubblica utilit, di nullit della
stessa (per mancanza dei termini iniziali e finali per il compimento dell'espropriazione e dei
lavori) ovvero in caso di inefficacia della dichiarazione per scadenza infruttuosa dei termi-
ni medesimi. Nello stesso senso Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1247, in Red. amm.
CDS 2010, 03, che ha evidenziato come, ove l'atto impugnato possa risultare nullo o inesi-
stente per carenza di potere, la relativa giurisdizione devoluta al g.O., salvo che si versi in
un'ipotesi di giurisdizione esclusiva. Sul punto, infine, va segnalata la pronuncia Cass., sez.
un., 26 febbraio 2010, n. 4648, in Red. Giust. civ. Mass. 2010,2, che ha fatto applicazione dei
suddetti principi in materia di pubblico impiego.
Soluzioni
pretorie
Scelte
legislative
88 Il criterio di riparto di giurisdizione
4.2.1. Evoluzione storica dalla L.A.C. alla sentenza n. 191/2006 della Con-
sulta
4.2.1.1. Le soluzioni anteriori alle S. U. 500/1999
Vigente il dogma dell'irrisarcibilit del danno da lesione di interesse legitti-
mo, la Suprema Corte ha assunto un orientamento altalenante in ordine alla
risposta da dare al privato che chiedeva la tutela risarcitoria. Segnatamente,
mentre un orientamento reputava di battere la via della declaratoria del di-
fetto di giurisdizione, stante la non deducibilit innanzi al Giudice ordinario
di azioni intese alla tutela, pur se nella forma risarcitoria, di posizioni aventi
la consistenza dell'interesse legittimo, altra linea di pensiero, in seguito pre-
valente, nell'assunto che la posizione dedotta avesse la consistenza di diritto
soggettivo (diritto ad evitare un comportamento ingiustamente lesivo dell'in-
teresse legittimo), concludeva, ferma la giurisdizione ordinaria, nel senso del-
la reiezione nel merito per difetto del requisito dell'ingiustizia del danno ai
sensi dell'art. 2043 c.c.
Nei limitati casi in cui l'orientamento pretori o ed il Legislatore hanno am-
messo la tutela aquiliana di posizioni d'interesse legittimo, si invece battuta
la strada della giurisdizione ordinaria sul risarcimento del danno, previo giu-
dizio amministrativo di annullamento del provvedimento lesivo.
Quanto alle fattispecie di elaborazione giurisprudenziale, esse si identificava-
no nel fenomeno dei diritti affievoliti. Per dette posizioni, al fine di far nascere
artificiosamente il diritto soggettivo da risarcire, occorreva rimuovere il provve-
dimento lesivo (v. espropriazione) e, cos, far riespandere retro attivamente il di-
ritto degradato ad interesse legittimo per effetto del provvedimento illegittimo. Il
meccanismo, che ammetteva il risarcimento contrabbandando l'interesse legitti-
mo oppositivo come diritto soggettivo, necessitava pertanto, in via pregiudizi aIe,
del giudizio amministrativo di annullamento (cfr sez. II cap. III).
La stessa strada stata battuta dal Legislatore nei casi di ammissione della
tutela aquiliana dell'interesse legittimo. In specie, gli artt. 12 e l3 della L.
142/1992 in tema di appalti di lavori e forniture e le consimili disposizioni
dettate in altri settori di appalti, hanno subordinato l'azione avanti al g.O.
per il risarcimento del danno derivato dal provvedimento lesivo dell'interesse
legittimo alla favorevole definizione del giudizio amministrativo di annul-
lamento del provvedimento violativo delle norme comunitarie di evidenza
pubblica. In questo caso, ove la tutela dell'interesse legittimo era sancita ape
legis, la pregiudiziale amministrativa non nasceva dalla necessit di far ri-
nascere il diritto soggettivo compresso ma da motivi di opportunit (evitare
contrasti di giudicati) e, forse, dal dubbio circa la possibilit di far valere in
prima battuta dinanzi al g.O. una posizione d'interesse legittimo sia pure ai
fini del solo risarcimento.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 89
4.2.1.2. Dalla sentenza n. 500/1999 al codice del processo amministrativo
C
on la sentenza 500/1999 delle S.V., che ha demolito il dogma della irrisarcibi- La sentenza
. , 500/1999 delle
lit degli interessi legittimi, la Corte Suprema ha ncavato dalla lettura dell art. s. u
2043 c.c., quale norma precetti va, il corollario del radicarsi della giurisdizione
del Giudice ordinario sulle domande intese al risarcimento del danno da lesione
di interessi legittimi, in settori non sussumibili nella vecchia e nuova giurisdi-
zione esclusiva del Giudice amministrativo. E ci con un'apertura giurispruden-
ziale che ha anticipato la successiva presa di posizione assunta dal Legislatore.
con la L. 205/2000.
In sostanza la Corte, traendo linfa dalla premessa che l'art. 2043 c.c. non
norma sanzionatoria diretta a punire la lesione di posizioni da altre norme
protette ma essa stessa disposizione precettiva primaria che fonda il diritto
soggettivo al risarcimento del danno da lesione d'interessi reputati meritevoli
di tutela, conclude che la posizione soggettiva dedotta in giudizio qualifica-
bile in termini di diritto soggettivo, e come tale, ove non venga in rilievo una
materia sussumibile nella giurisdizione esclusiva del G.A., rientra naturaliter
nella sfera di operativit della giurisdizione ordinaria in base al criterio della
causa petendi. In poche parole il diritto al risarcimento del danno diritto
distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione fonte del danno
ingiusto15.
Sono emersi cos, come si vedr in seguito, oltre che due giudici, anche due Critiche alla
ricostruzione
giudizi in gran parte diversi: avanti al giudice amministrativo, ove il privato delle S. u
chiedeva anche l'annullamento del provvedimento, il giudizio si presentava con-
centrato in capo ad un unico giudice per i profili sia risarcitori che impugnatori;
p.el secondo caso si assisteva alla dislocazione presso due giudici, con gli incon-
15Le S.V. hanno infatti ritenuto che: a) alla stregua della nuova lettura dell'art. 2043 C.C., va
senz'altro confermato, con le necessarie precisazioni, l'indirizzo secondo il quale non d luogo a
questione di giurisdizione, ma attiene al merito, la contestazione circa la risarcibilit degli inte-
ressi legittimi. Si ribadisce infatti che: b) l'azione di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. nei
confronti della P.A. per esercizio illegittimo della funzione pubblica bene proposta davanti al
giudice ordinario, come giudice al quale spetta in linea di principio la competenza giurisdizionale
a conoscere di questioni di diritto soggettivo, poich tale natura esibisce il diritto al risarcimento
del danno, che diritto distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione fonte di danno
ingiusto (che pu avere, indifferentemente, natura di diritto soggettivo, d'interesse legittimo, nelle
Sue varie configurazioni correlate alle diverse forme di protezione, o d'interesse comunque rile-
vante per l'ordinamento ); c) stabilire se la fattispecie di responsabilit della P.A. per atti o provve-
dimenti illegittimi dedotta in giudizio sia riconducibile nel paradigma dell'art. 2043 c.c., secondo
la nuova lettura, costituisce questione di merito, atteso che l'eventuale incidenza della lesione su
na posizione d'interesse legittimo non deve essere valutata ai fini della giurisdizione, bens ai
fini della qualificazione del danno come ingiusto, in quanto lesivo di un interesse giuridicamente
rilevante; ci) una questione di giurisdizione configurabile soltanto se sussiste, in relazione alla
materia nella quale sorta la fattispecie, una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
estesa alla cognizione dei diritti patrimoniali consequenziali, e quindi delle questioni relative al
risarcimento del danno.
90 Il criterio di riparto di giurisdizione
venienti facilmente intuibili, del giudizio sull'annullamento dell'atto e di quello
sul risarcimento del danno cagionato dall'atto medesimo.
Tale ricostruzione stata sottoposta a serrata critica dottrinale nella misura
in cui:
a) ritorna al criterio del petitum formale
l6
;
b) scinde irragionevolmente ai fini della giurisdizione l'interesse legittimo leso
dal rimedio postO a tutela dell'interesse stesso
1
?;
c) non considera che, ai sensi degli artt. 24, 103 e 113 Cost., al Giudice ordinario
spetta non la cognizione ma la tutela dei diritti, cos come al giudice ammini-
strativo, spetta non la cognizione ma la tutela degli interessi legittimi, e quindi
la cognizione del diritto soggettivo al risarcimento, che costituisce strumento di
tutela dell'interesse legittimo come situazione di fondo lesa (v. 2.7.)18.
16Dietro un omaggio formale al criterio imperniato sulla consistenza della posizione soggettiva
(ossia sulla causa petendi) affiora infatti un sostanziale ritorno al criterio del petitum formale.
Basti considerare che, seguendo la traiettoria suggerita dalle S.D., a fronte di un medesimo prov-
vedimento lesivo di una posizione avente la consistenza d'interesse legittimo, verrebbe a radicarsi
la giurisdizione del giudice amministrativo o del giudice ordinario solo alla stregua del tipo di
pronuncia invocata dall'interessato, ossia a seconda che il privato chieda l'annullamento della
determinazione lesiva ovvero pretenda il ristoro delle conseguenze patrimoniali innescate dalla
medesima determinazione.
17Pi in radice non convince pienamente, anche alla luce degli inconvenienti pratici che ne deri-
vano, la possibilit di scindere la posizione giuridica lesa da uno dei rimedi apprestati per la sua
violazione, introducendo nella sequenza un'ulteriore posizione sostanziale. Non sembra decisiva
infatti, a favore della giurisdizione ordinaria, la considerazione, che pure traspare dall'ordito ar-
gomentativo della Cassazione, secondo cui la lesione dell'interesse legittimo sarebbe un elemento
volto ad integrare il presupposto storico dell'evento dannoso, rispetto al quale si porrebbe in termi-
ni di perfetta autonomia il diritto al risarcimento. Non convince, in particolare, l'assunto secondo
cui il diritto strumentale al risarcimento accederebbe ad una diversa posizione sostanziale, rispetto
alla quale la lesione dell'interesse legittimo non sarebbe oggetto di tutela ma semplicemente l'oc-
casione, il motivo; con la conseguenza pratica che la tutela risarcitoria sarebbe riconducibile alla
lesione dell'interesse legittimo soltanto in via indiretta e riflessa. L'assunto della Cassazione non
sembra cogliere appieno la circostanza oggettiva che la posizione d'interesse legittimo, diversa-
mente dagli altri interessi tutelabili ai sensi dell'art. 2043 c.c., gode di un suo giudice naturale alla
stregua dell'art. 103 Cost., ossia il giudice amministrativo, per cui appare del tutto illogico pensare
gi de jure condendo ad un giudice della condotta illecita, ossia della lesione dell'interesse legit-
timo, da identificarsi nel O.A., e ad un giudice del danno derivante dalla medesima condotta, da
identificare nel giudice ordinario. L'artificiosa creazione di un diritto all'integrit del patrimonio,
ossia di un diritto ad un bene della vita diverso dall'interesse legittimo, porta all'implicita -ed
inaccettabile- affermazione del principio secondo cui la giurisdizione sul risarcimento del danno
spetta sempre al giudice ordinario, anche se la situazione lesa rientra nella giurisdizione di un altro
giudice.
18Non la semplice creazione di un diritto strumentale al risarcimento che pu spostare
la natura della posizione la cui lesione oggetto principale del giudizio. La situazione non
poi tanto differente da quella che si crea in ordine ai diritti strumentali, o facolt o poteri che
sono posti a tutela dell'interesse legittimo. Basti pensare al diritto di partecipare al procedi-
mento che compete a quanti siano portatori di un interesse legittimo oggetto di diretta incisione
dal provvedimento finale (si pensi ad un provvedimento di espropriazione). Non sembra dub-
bio che, pur se l'illegittimit derivi dalla lesione del diritto di partecipazione (come nel caso di
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 91
d) decreta un'incongrua marginalizzazione dell'interesse legittimo nell'econo-
mia dell'illecito aquiliano, a guisa di semplice presupposto storico da accertare
. . 19
in via quaSI parentetlca ;
e) sul piano pratico costringe il privato a due giudizi, con rischio di conflitti
sostanziali, quello amministrativo di annullamento dell'atto e quello ordinario
per il risarcimento del danno cagionato dallo stesso atto.
In sede di riforma del processo amministrativo, con la L. 205/2000 il Legi- La legge
'd t l d Il . . d l 205/2000
slatore, eVI entemen e consapevo e e e mcongruenze mnescate a permanere
di una doppia giurisdizione sul medesimo atto nelle materie diverse da quelle
attratte nella giurisdizione esclusiva, ha imboccato la strada dell'universalizza-
zione dell'investitura del G.A. a conoscere del risarcimento del danno, con la
comprensione anche di settori rientranti nella giurisdizione di legittimit.
La nuova formulazione dell'art. 7 della L. T.A.R., infatti, disponeva che Il Il nuovo art.
7 della legge
Tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce
T.A.R.: la
anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche giurisdizione
attraverso la reintegrazione specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequen- O.A. diventa
piena
ziali.
Alla luce del nuovo dettato normativo, come esplicitato nella relazione
di accompagnamento, pertanto, il potere di assicurare il risarcimento da
parte del G.A. riguardava (ma tale disposizione, come si dir, rimasta
immutata nel suo contenuto precettivo) tutto l'universo della giurisdizione
di quest'ultimo e non solo le materie attratte nella giurisdizione esclusiva,
come si sarebbe potuto opinare se fosse rimasto fermo il riferimento alle
materie, termine tradizionalmente evocativo dei blocchi di giurisdi-
zione esclusiva.
Il nuovo testo dell'art. 7, comma 3, della L. 1034/1971 costituiva, dun- Lagiurisdizione
del O.A. nel
que, una vera e propria disposizione generale sulla concentrazione della tutela codice del
giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione: la processo
giurisdizione amministrativa tutta, anche quella di legittimit, diventava piena, amministrativo
nel senso di poter assicurare tutte le forme di tutela a favore delle posizioni sog-
omessa comunicazione dell'avvio del procedimento), la giurisdizione spetti al O.A. ove l'atto
finale sia stato emanato da organo amministrativo non carente del potere ablatorio. Similmente
si deve reputare che il diritto al risarcimento non sia un diritto sostanziale ma un diritto stru-
mentale, al pari del diritto alla risoluzione od all'annullamento del contratto in presenza delle
condizioni di legge. Detto diritto, come tale, non costituisce un cespite nuovo ed aggiuntivo,
mentre la pronuncia del giudice determina la sola trasformazione per equivalente di un cespite
patrimoniale preesistente.
191n realt, se si muove dall'inoppugnabile premessa che il privato vede nel provvedimento lesivo
la fonte del danno risarcibile, non sembra dubbio che la lesione dell'interesse legittimo l'epicen-
tro della pretesa fatta valere in giudizio. Non quindi possibile giustificare l'intervento del giudice
ordinario attraverso il richiamo all'istituto della disapplicazione ex art. 5 della legge abolitrice del
posto che nella fattispecie il provvedimento autoritativo non un puro antecedente
logiCO della decisione da conoscere in via incidentale, ma si atteggia ad elemento costituivo della
fattispecie da traguardare in via principale.
La sentenza
204/2004
della Corte
Costituzionale
92 Il criterio di riparto di giurisdizione
gettive attribuite alla sua cognizione, rompendo in modo definitivo il monopolio
del Giudice ordinario in tema di protezione risarcitoria.
L'attribuzione in via generale della giurisdizione risarcitoria al G.A. rimasta
inalterata anche a seguito dell'adozione del recentissimo codice del processo
amministrativo, il quale, nel consacrare agli- artt. 30 e 7 l'azionabilit innanzi
al G.A. della tutela risarcitoria, anche in forma autonoma (v. successivo), ha
confermato - e rafforzato -l'idea di una giurisdizione amministrativa piena, in
cui l'azione risarcitoria costituisce uno dei mezzi di reintegrazione della lesione
del bene della vita.
In particolare, l'art. 7, comma 4, dispone che "Sono attribuite alla giurisdi-
zione generale di legittimit del giudice amministrativo le controversie relative
ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese
quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli
altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma".
Tale disposizione compendiata da quanto previsto dal successivo art. 30, co.
6, il quale sancisce che "Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni
per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di
diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo". Infine, il
co. 5 dell'art. 7 si occupa della giurisdizione risarcitoria nelle materie devolute
alla g.e. del G.A., stabilendo che "Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indi-
cate dalla legge e dall'articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai
fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti
soggettivi ".
4.2.1.3. La Corte Costituzionale, con le sentenze 204/2004 e 191/2006, chia-
risce che il risarcimento una tecnica di tutela anche per le domande auto-
nome di risarcimento
La soluzione individuata dal Legislatore a partire dal 2000, ha trovato conforto
in due sentenze della Corte Costituzionale, la quale, pur se nell'ambito di una
pronuncia dedicata alla disciplina che riconosce in capo al G.A. la competenza
all'erogazione della tutela risarcitoria nelle materie di giurisdizione esclusiva,
con argomenti estensibili anche alla giurisdizione di legittimit, ha rimarcato,
con la sentenza n. 204/2004, che il potere riconosciuto al Giudice amministra-
tivo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarci-
mento del danno ingiusto, non costituisce sotto alcun profilo una nuova mate-
ria attribuita alla sua giurisdizione, ossia una nuova e generalissima materia di
giurisdizione esclusiva, bens uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello
classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al
cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.
L'attribuzione di tale potere non soltanto appare conforme alla piena digni-
t di Giudice riconosciuta dalla Costituzione al Consiglio di Stato, ma anche,
PARTE I -- SEZIONE I - CAPITOLO 2 93
e soprattutto, affonda le sue radici nella previsione dell'art. 24 Cost., il quale,
garantendo alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizione amministrativa
piena ed effettiva tutela, implica che il giudice sia munito di adeguati poteri, im-
ponendo il superamento della regola (avvenuto, peraltro, sovente in via pretori a
nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva) che imponeva, ottenuta tutela davanti al
Giudice amministrativo, di adire il Giudice ordinario, con i relativi gradi di giu-
dizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali consequenziali e l'eventuale
risarcimento del danno (regola alla quale era ispirato anche l'art. 13 della legge
19 febbraio 1992, n. 142).
Con la successiva sentenza 191/2006 la Consulta ha affermato testualmente La sentenza
che i principi appena ricordati impongono di escludere che, per ci solo che la
domanda proposta dal cittadino abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del
danno, la giurisdizione competa al Giudice ordinario: ci dicendo non intende
questa Corte prendere posizione sul tema della natura della situazione sogget-
tiva sottesa alla pretesa risarcitoria, ovvero sulla natura (di norma secondaria,
id est sanzionatoria di condotte aliunde vietate, oppure primaria) dell'art. 2043
c.c., ma esclusivamente ribadire che laddove la legge costruisce il risarcimento
del danno, ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice am-
ministrativo, come strumento di tutela affermandone - come stato detto - il
carattere rimediale, essa non viola alcun precetto costituzionale e, anzi, costi-
tuisce attuazione del precetto dell' art. 24 Cost. laddove questo esige che la tutela
giurisdizionale sia effettiva e sia resa in tempi ragionevoli.
In tal modo, in definitiva, il Legislatore ha costruito un sistema che riconosce
esclusivamente al giudice naturale della legittimit dell'esercizio della funzione
pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche il potere di risar-
cire, sia per equivalente sia in forma specifica, il danno sofferto per l'illegittimo
esercizio della funzione.
Da ci consegue che, ai fini del riparto di giurisdizione, irrilevante la circostanza
che la pretesa risarcitoria abbia - come si ritiene da alcuni -, o non abbia, intrinseca
natura di diritto soggettivo: avendo la legge, a questi fini, inequivocabilmente privi-
legiato la considerazione della situazione soggettiva incisa dall'illegittimo esercizio
della funzione amministrativa, a questa Corte competeva (e compete) solo di valutare
se tale scelta del Legislatore - di collegare, cio, quanto all'attribuzione della giuri-
la tutela risarcitoria a quella della situazione soggettiva incisa dal provve-
dimento amministrativo illegittimo - confligga, o non, con norme costituzionali; ci
c4e, con la pi volte ricordata sentenza n. 204 del 2004, questa Corte ha escluso.
. 4.2.2. La giurisdizione sul danno non consequenziale a provvedimenti ogget-
to d'impugnazione: profili generali
Come anticipato, l'art. 30 del recentissimo codice del processo amministrativo
ha definitivamente individuato l'ambito ed i caratteri della tutela risarcitoria in-
nanzi al G.A.
191/2006
della Corte
Costituzionale
94 Il criterio di riparto di giurisdizione
Nello specifico, la norma in parola dispone che:
"1. L'azione di condanna pu essere proposta contestualmente ad altra azione
o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo,
anche in via autonoma.
2. Pu essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto di natura
patrimoniale derivante dall'illegittimo esercizio del!' attivit amministrativa o
dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva
pu altres essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti sogget-
tivi. Sussistendo i presupposti previsti dali 'articolo 2058 del codice civile, pu
essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
3. L'azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi proposta entro il
termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto
si verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva
direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte
le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comun-
que, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando
l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'impugnazione, nel termine di decaden
za, degli atti lesivi illegittimi. [ ... ] che il ricorrente comprovi di aver subito in
conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del
procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura
l'inadempimento.
5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarci-
toria pu essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi
giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
6. Dell'azione di condanna di cui al presente articolo conosce esclusivamente il
giudice amministrativo ".
La disposizione in parola, dunque, costruisce un sistema risarcitorio utilizza-
bile contro la pubblica amministrazione sia per i danni da illegittimo esercizio
dell'azione amministrativa, sia nei casi di giurisdizione esclusiva, per i danni da
lesione di diritti soggettivi.
La relativa azione, a mente del comma 3, pu essere esperita nel termine
decadenziale di centoventi giorni in via autonoma, indipendentemente dall'espe-
rimento e/o dall'ottenimento di una pronuncia caducatoria dell'atto lesivo: la
mancata impugnazione del provvedimento lesivo potr al pi essere oggetto di
mera valutazione dal giudice al fine di ridurre o escludere il risarcimento me-
diante un meccanismo chiaramente ispirato a quello di cui all'art. 1227 del co-
dice civile.
In ogni caso, per evitare che l'introduzione dell'azione risarcitoria autonoma
possa limitare le strategie difensive del cittadino in quei casi in cui egli pre-
ferisca optare per l'immediato esercizio della sola azione di annullamento per
poi valutare se sussistono i presupposti per proporre l'azione di risarcimento, la
norma prevede che, nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento, la
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 95
domanda risarcitoria pu essere formulata nel corso del giudizio, o comunque
sino a centottonta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Rinviando all'apposita trattazione sul punto Cv. cap. IV, sez. II), in questa
sede ci si limita ad evidenziare come la disciplina tratteggiata dalla norma in
commento ha definitivamente fugato le notevoli incertezze applicative relati-
ve alle ipotesi di domande risarcitorie "isolate", relative a danni cagionati dai
comportamenti della P.A. che non si traducano in provvedimenti di cui si chieda
l'annullamento.
Fino al recentissimo intervento del Legislatore, il problema prendeva le mosse dal dato
letterale dell'art. 7 L. T.A.R. (oggi integralmente sostituito dall'art. 30 cod. proc. amm.),
laddove si qualificava il risarcimento del danno conoscibile dal G.A. in termini di "di-
ritto patrimoniale consequenziale".
Parte della dottrina osservava, in particolare, che il riferimento legislativo al risarci-
mento del danno alla stregua di diritto patrimoniale consequenziale, avrebbe consentito
di distinguere tra le ipotesi in cui il diritto al risarcimento del danno costituiva un diritto
all'annullamento di un provvedimento amministrativo, e le fattispecie
nelle quali il diritto al risarcimento del danno non aveva carattere consequenziale, per-
ch il danno non era stato cagionato da un provvedimento ma da un mero comportamen-
to della P.A. (v. silenzio non significativo, ritardo nella definizione del procedimento,
violazione delle regole procedimentali non sfociante nell'illegittimit del provvedimen-
to, trasgressione delle regole della buona fede, della correttezza e dell'affidamento che
la P.A. tenuta ad osservare anche nel corso del procedimento; sulla responsabilit da
contatto amministrativo, v. sez. II, cap. III), ovvero perch il provvedimento non era
stato impugnato nel termine decadenziale o non era pi annullabile (perch gi annullato
iJ,1 sede giurisdizionale o ritirato in sede di autotutela).
Ebbene, mentre in caso di diritti risarcitori consequenziali il radicarsi della giu-
risdizione amministrativa sarebbe stato confortato sia dal tenore letterale della norma
che dalla ratio di evitare una duplicazione di giudizi con possibili contrasti sostanziali
di giudicati, nel caso dei diritti non consequenziali invece, in senso contrario alla giu-
,risdizione amministrativa avrebbero militato sia il dato positivo, sia la non ricorrenza
della rammentata esigenza di concentrazione, posto che in dette ipotesi la duplicazione
,dei giudizi (e la conseguente esigenza di concentrazione) sarebbero state escluse in ra-
'dice dall'assenza del provvedimento da impugnare o dalla mancata impugnazione dello
stesso. Per non dire della fatale attrazione alla giurisdizione ordinaria di un contenzioso
da comportamenti, ove, alla stregua della teoria della responsabilit da contatto (v. sez.
cap. IV, 2.2.), sarebbe venuta in rilievo la violazione di un obbligo di condotta con
lesione di un diritto soggettivo alla correttezza comportamentale ed al rispetto dell'af-
ifidamento.
E tuttavia, gi prima dell'ultimo arresto normativo, tale tesi, pur apparentemente
fedele al dato letterale, non appariva convincente.
In primo luogo si osservava che il permanere di un riparto di giurisdizione, imper-
niato sulla caratterizzazione consequenziale del danno rispetto all'illegittimit provve-
dimentale, si sarebbe posto in palese contrasto con la ratio legis, data dalla volont di
una reductio ad unitatem della giurisdizione in tema di risarcimento del danno cagionato
La tesi che
attribuiva
al g.O. la
giurisdizione
sul risarcimento
dei danni non
consequenziali
Considerazioni
critiche
Il nuovo
concetto
di diritto
consequenziale
Rilevanza della
posizione di
base
96 Il criterio di riparto di giurisdizione
dalla P.A., anche ove non vengano in rilievo posizioni d'interesse legittimo affidate, sot-
to il profilo dell'annullamento, alla giurisdizione amministrativa di legittimit.
L'assunto era corroborato anche dalla permanenza, in materia di giurisdizione esclu-
siva, di una norma, quale l'art. 35, comma 1, del decreto n. 80/1998 (oggi art. 133 lett.
c) cod. proc. amm.), che affidava alla giurisdizione amministrativa, senza limitazioni
di sorta, il compito di assicurare il risarcimento del danno ingiusto (tale potendo essere
il pregiudizio arrecato da una condotta lesiva di un diritto soggettivo, per la quale non
neanche prospettabile una pregiudizi aIe di annullamento). Non essendo logico che i
destini della giurisdizione e del risarcimento seguissero canali diversi a seconda che
venisse in rilievo la giurisdizione di legittimit o esclusiva, si doveva allora ritenere che
l'art. 7 L. T.A.R., riferito indistintamente alla giurisdizione esclusiva e di legittimit,
con formulazione ampia, avesse inteso devolvere alla giurisdizione amministrativa la
cognizione dei danni scaturenti da provvedimenti e da condotte non conformi a diritto
(ossia illecite nella prospettiva dell' art. 2043 c.c.), senza che all 'uopo fosse necessaria
in via pregiudizi aIe un'illegittimit provvedimentale consacrata dalla pronuncia di an-
nullamento.
Si riteneva, dunque, che il diritto consequenziale si so stanziasse in un concetto
interno alla giurisdizione, evocante, in via descrittiva, non pi la necessit di una pro-
nuncia del giudice amministrativo avente un diverso oggetto (l'annullamento dell'atto
illegittimo), ma la circostanza che il pregiudizio di cui si chiedeva il ristoro fosse con-
seguenza di una condotta o di un provvedimento la cui cognizione, in base ai criteri di
riparto, spettasse al giudice amministrativo (ovvero atto lesivo di un interesse legittimo
per la giurisdizione di legittimit o anche comportamento lesivo di diritto soggettivo
nella giurisdizione esclusiva). L'accento sulla consequenzialit stava allora ad indicare
la derivazione di un danno da una condotta o provvedimento, la cui cognizione spet-
tava al giudice amministrativo (di legittimit o esclusivo), non gi la necessit di una
pronuncia principale, su detta condotta o provvedimento, diversa dalla decisione sul
risarcimento.
Si deve poi aggiungere, quanto al caso di danno da violazione procedimentale non
sfociata nell'illegittimit del provvedimento, che il mancato rispetto degli obblighi stru-
mentali che gravano sulla P.A. nell'esercizio del potere pubblico, incontra fisiologica-
mente non certo un generico diritto soggettivo alla correttezza (come si sa, il diritto non
pu dialogare con il potere, sia questo speso in sede procedimentale o provvedimentale)
ma la posizione d'interesse legittimo (a seconda dei casi pretensivo od oppositivo) del
privato destinatario del potere. E tanto sia perch, secondo un insegnamento dottrina-
le diffuso, la procedimentalizzazione dell'azione amministrativa e la dequotazione del
provvedimento fanno s che il vero momento di esercizio del potere autoritativo sia il
procedimento; sia, ancora, perch gli obblighi ed i diritti strumentali non hanno rilievo
ai fini della giurisdizione, che va stabilita in relazione alla posizione sostanziale che
vanta il destinatario di un'azione amministrativa di stampo pubblicistico. Si deve quindi
concludere che anche in tal caso parliamo di danno da lesione d'interesse legittimo,
sebbene cagionato non da un provvedimento ma da una condotta procedimentale, la cui
cognizione competeva, ai sensi dell'art. 7 cit., al G.A.
Infine, sempre nel caso di danno da violazione degli obblighi procedimentali, per-
maneva la necessit di assicurare la concentrazione dei giudizi, non potendosi escludere
che l'interessato chieda in via prioritaria l'annullamento del provvedimento per l'effetto
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 97
invalidante sortito dalla violazione procedimentale e, solo in via subordinata, il risarci-
mento del danno cagionato dalla condotta illecita.
4.2.2.1. Il danno da comportamenti amministrativi: casistica
Alla luce dell'evoluzione normativa hanno dunque, trovano ulteriore legittima-
zione, ancor prima della definitiva scelta di campo effettuata con il codice del
processo amministrativo (v. 5), i principi ricavabili dalle sentenze nn. 140/2007,
191/2006 e 204/2004 della Corte Costituzionale:
a) dal punto di vista sistematico la scelta di cassare dall'ordinamento un riferi-
mento (quello ai comportamenti che non siano neanche mediatamente ricollegabili
al potere, come meglio precisato dalla sentenza n. 191) che sortiva l'indesiderabile
effetto di devolvere alla giurisdizione esclusiva del G.A. - in modo acritico ed indif-
ferenziato - questioni del tutto prive di collegamenti con l'agere pubblicistico, non
tocca invero i comportamenti amministrativi (e non meri) che costituiscono, al con-
trario, espressione del potere pubblico nella dimensione dinamica e procedimentale;
b) proprio la coerente applicazione dei principi enucleati dalla Corte Costituzio-
nale, secondo cui il G.A. va individuato quale Giudice ordinario dei rapporti
non paritetici fra P.A. e cittadino, ossia delle controversie nelle quali l'ammini-
strazione agisce come autorit, porta a distinguere tra danno da comportamenti
materiali o radicalmente senza titolo e danni cagionati da comportamenti ammi-
nistrativi (scorretta gestione del procedimento; ritardo nella definizione del pro-
cedimento; cattivo o mancato esercizio del potere di vigilanza; scorretta gestione
del procedimento di evidenza pubblica nelle gare di appalto), in cui i comporta-
menti sono collegati funzionalmente all'esercizio di potest pubblicistiche, anzi
sono esercizio di potere pubblico, in coerenza con l'oramai consolidata teoria
del procedimento come forma della funzione amministrativa. Tale conclusione,
come sopra anticipato, corroborata anche dalle scelte disciplinatorie del codice
del processo amministrativo. Nella relazione di accompagnamento al testo nor-
mativo, infatti, emerge nitidamente la volont di caratterizzare il G.A. "quale
giudice naturale della legittimit dell'esercizio del pubblico potere (secondo la
definizione utilizzata nella giurisprudenza della Consulta e delle S. U. della Cas-
sazione) e come tale il giudice chiamato ad apprestare ogni forma di tutela,
anche risarcitoria, agli interessi legittimi";
c) la stessa prima applicazione del nuovo art. 34 del decreto n. 80 (v. Adunanza Ple-
~ a r i a n. 4/2005) avallata esplicitamente dalla sentenza n. 191/2006 della Consulta, ha
comportato l'attrazione in capo al G.A. delle controversie relative alle occupazioni ap-
propriative ed usurpative provocate da condotte esecutive di illegittimi provvedimenti
di esproprio o di illegittime dichiarazioni di pubblica utilit, alla luce della accennata
necessit di distinguere tra comportamenti amministrativi e comportamenti meri
20
;
29Per la giurisdizione del G.A. in tema di danni da occupazione appropriativa, stante la qualifica-
zione della condotta della P.A. come comportamento amministrativo in quanto volto al persegui-
Nostri rilievi
98 Il criterio di riparto di giurisdizione
d) infine, e soprattutto, deve escludersi che, solo perch la domanda proposta dal
cittadino abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno, la giurisdizione
competa al Giudice ordinario; inoltre, ai fini del riparto di giurisdizione, irrile-
vante la circostanza che la pretesa risarcitoria abbia - come si ritiene da alcuni -,
o non abbia, intrinseca natura di diritto soggettivo, avendo la legge, a questi fini,
inequivocabilmente privilegiato la considerazione della situazione soggettiva in-
cisa dall'illegittimo esercizio della funzione amministrativa.
Danni da In sostanza, facendo applicazione di tali coordinate, non seriamente dubita-
comportamenti
amministrativi bile che anche i comportamenti tenuti nella veste di autorit, in quanto correlati
riconducibili all'esercizio del potere, distinguendosi dai comportamenti meri, sono ricondotti
alla giurisdizione del G.A. (che giudice del potere e non dell'atto, abilitato a
deIO.A. somministrare anche tutele non impugnatorie: v. sez. II, capitoli I ss.). Tali sono,
a titolo esemplificativo, oltre ai danni da occupazione appropriativa od usur-
pativa che matura nell'ambito di un procedimento ablatorio (fattispecie per la
quale vi anche il presidio della giurisdizione esclusiva: v. parte II, cap. VII):
a) il danno da ritardo nell'esercizio del potere, essendo patologia che afferisce
comunque al cattivo uso, sul piano temporale, del potere (Ad. Plen. 7/2005; V.
parte III, cap. IV, ove si evidenzia la conferma della giurisdizione esclusiva del
G.A. anche per danno mero ai sensi dell'art. 2-bis della L. 241/1990, introdotto
dalla L. 69 del 18 giugno 2009 e confluito nell'art. 133 del codice del processo
amministrativo: V. sul punto, sez. III, cap. II, 5.6.)21;
b) il danno da comportamento precontrattualmente scorretto in caso di ritardo
o rifiuto della stipulazione del contratto all'esito della procedura culminata con
l'aggiudicazione (v. Ad. Plen. 6/2005: si rinvia al cap. XI della parte III, per l'ana-
lisi della giurisdizione esclusiva ex art. 133 del processo amministrativo );22
c) il danno da omessa vigilanza sul settore di competenza di un'amministrazione
(nonostante il contrario avviso della Cassazione a S.V., per l'omessa vigilanza
della Consob, di cui si dir nella parte II, cap. IV, 8);
d) in generale i danni provocati da comportamenti scorretti nella gestione di un
procedimento, che pure non si traducano nell'illegittimit del provvedimento;
e) i danni inferti dal comportamento complessivo dato dalla combinazione di pi
atti, con particolare riguardo al danno cagionato da un atto favorevole illegittimo
il cui successivo ritiro legittimo abbia inciso in senso pregiudizievole sull'affi-
mento dei fini posti a fondamento di un procedimento legalmente iniziato, V. Casso civ., sez. un.,
12 gennaio 2011, n. 509 (v. anche S.D., nn. 15327/2010,1787/2010 e 43/2010). Conf. C.G.A., 25
gennaio 2011, n. 79.
21 Cos, da ultimo, per la giurisdizione amministrativa in tema di danno da ritardo, Casso civ., sez. I,
05 luglio 2010, 5827, in Giust. civ. 2010, 12, I, 2773, che considera il ritardo amministrativo come
violazione delle norme pubblicisti che di azione sul tempo amministrativo. In termini v. anche
Cass., S.V., 25 marzo 2010, n. 7160, nonch T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 08 settembre 2010, n.
3450.
22Sulla giurisdizione del G.A. in tema di responsabilit precontrattuale della P.A. v. Cons., Stato,
sez. VI,17 marzo 2010, n. 1554 e T.A.R. Lombardia, sez. III, 14 aprile 2010, n. 1043.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 99
damento ingenerato in capo al privato (si pensi ad una concessione illegittima
sulla base della quale il privato abbia effettuato investimenti poi vanificati dal
successivo, pur legittimo, atto di ritiro)23.
Le acquisizioni in esame sono state confermate dal codice del processo am- L'opzione
.. t' h tt'b' l G A h l .. d' d . d abbracciata
mm1stra 1VO, C e a n msce a .. anc e a cogmzlOne e1 anm a compor- dal codice del
tamenti costituenti esercizio diretto e, nei casi di giurisdizione esclusiva, anche processo
indiretto, del potere pubblico (artt. 30 e 133 del codice).
4.2.2.2. Il danno da provvedimenti inoppugnati o gi annullati
Problema per molti aspetti analogo a quello esaminato nel paragrafo precedente, Il codice del
riguarda l'individuazione del giudice competente ad apprestare tutela risarcito- l
conJerma a
ria in caso di lesione ad interessi legittimi da provvedimento inoppugnato o gi giurisdizione
previamente annullato (in sede di autotutela ovvero in seguito ad un precedente
. d' . ) d' ..., l SUl danm da
gm 1ZlO 1 cm S1 gm latto cenno ne precedente 4.2.2.. provvedimenti
Anche tale ipotesi stata positivamente risolta dal Legislatore codicisti- inoppugnati
co, il quale, come pi volte anticipato, ha definitivamente sancito l'autonomia
dell'azione risarcitoria, quale forma di tutela ulteriore ed autosufficiente rispetto
a quella impugnatoria, salva la rilevanza della mancata impugnazione ai fini
della limitazione del danno risarcibile ai sensi dell'art. 1227, comma 2 c.c. (v.
art. 30 del codice del processo). Rinviando alla specifica trattazione sulla annosa
questione della pregiudiziale amministrativa (v. cap. IV 7.1. ss.), in questa sede
ci si limita rimarcare, per quel che concerne specificatamente il riparto di giuri-
sdizione, che, a mente del disposto di cui all'art. 30 cod. proc. amm., il risarci-
mento non costituisce una "materia", ma una tecnica di tutela azionabile innanzi
al G.A. ove vi sia spendita, anche solo mediata, di potere amministrativo. Ne
consegue, pertanto, che, coerentemente a quanto affermato dalla Consulta nella
citata sentenza n. 191/2006, la giurisdizione risarcitoria spetta al G.A. indipen-
dentemente dall'esperimento o meno di una domanda caducatoria del provvedi-
mento dal quale promana la lesione della quale si chiede il ristoro.
f.. tali conclusioni, peraltro, era gi giunta la pi recente giurisprudenza, la quale aveva
superato da tempo l'idea secondo la quale esulava dalla giurisdizione del giudice ammi-
nistrativo il caso del risarcimento del danno cagionato da provvedimenti non impugnati
nel termine di decadenza (o gi previamente annullati in sede giurisdizionale o in auto-
tutela come affermato dalla Cassazione con la citata sentenza n. 1207/2006).
Secondo i fautori della giurisdizione ordinaria, detto risarcimento doveva essere co-
fiosciuto dal g.O. perch, anche in tale caso, come nell'ipotesi di danno non cagionato
da, un provvedimento, non sarebbe venuta in rilievo la necessit di evitare un duplice
giudizio avanti a plessi giudiziari differenti.
2
C
l
C
'D' 'os, la recente decisione Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 465, in Red. amm.
S 2011, 01; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 gennaio 2011, n. 136.
Le S. U ricono-
scono al G.A.
la giurisdizione
sulle "questioni
risarcitorie
isolate"
Una
giurisdizione a
tutto tondo
100 Il criterio di riparto di giurisdizione
La tesi preferibile, tuttavia, oltre alle considerazioni di cui si dato conto nel para-
grafo precedente, evidenziava che, anche ad ammettere la possibilit di un risarcimento
solitario, non sembrava accettabile, in assenza di base positiva, l'idea di una giurisdi-
zione ballerina che dipendesse dalla scelta dell'interessato di gravare il provvedimento
(giurisdizione amministrativa) o di lasciar decorrere i termini per l'impugnazione (giu-
risdizione ordinaria), ossia di una giurisdizione influenzata da ragioni di connessione
processuale e non dal dato sostanziale della posizione azionata o tutelata.
Tale tesi, peraltro, aveva trovato l'avallo anche nel tenore di tre fondamentali arresti
delle S.D. (ord. 13 giugno 2006, n. 13659, ord. 13 giugno 2006, n. 13660; ord. 15 giugno
2006, n. 13911; seguite da ultimo da Casso civ., sez. un., 19 aprile 2010, n. 9302 e Casso
civ., sez. un., 03 marzo 2010, n. 5025). Rinviando alla trattazione specifica riservata
nella sez. II, cap. IV, 7.1.5. agli effetti di tali decisioni sul versante della pregiudizialit
amministrativa (di cui si decreta la condanna a morte), e limitandosi ai risvolti in punto
di riparto, sufficiente rammentare che la Corte, rifiutando l'idea di una giurisdizione
peripatetica che si radi chi per ragioni di connessione con il giudizio di annullamento,
ha ravvisato la giurisdizione amministrativa sul danno quando si sia in presenza di un
concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed
alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano.
La Corte, infatti, ha ritenuto l'avversa tesi in base alla quale in presenza di esercizio
dell'azione risarcitoria dopo l'annullamento del provvedimento illegittimo, la giurisdi-
zione spetterebbe al g.O., in insanabile contrasto con il principio di cui all'art. 24 Cost. in
quanto contraria alla svolta voluta dal Legislatore di assicurare all'interesse legittimo
una tutela piena concentrata dinanzi ad un unico giudice per il principio di effettivit che
reca in s la ragionevolezza dei tempi di tutela.
D'altro canto, anche dall'attribuzione al O.A. della cognizione sulle controversie in
esame, non pu derivare, ad avviso delle S.u., una compressione della tutela risarcitoria,
per effetto della sottoposizione della relativa azione al termine di decadenza previsto
unicamente per l'azione di annullamento.
Ne risulta, dunque, rafforzata l'idea di una giurisdizione a tutto tondo del O.A. anche
sul risarcimento del danno, inteso come tecnica di tutela anche autonoma ed isolata,
sganciata da quella di annullamento, in piena sintonia con quanto successivamente espli-
citato dal Legislatore codicistico all'art. 30.
4.2.2.3. Le Sezioni Unite optano nuovamente per la giurisdizione ordinaria
in materia di risarcimento del danno da provvedimento favorevole illegitti-
mo previamente annullato in sede giurisdizionale o di autotutela (Cass. sez.
unite, 23 marzo 2011, ordd. n. 6594, 6595 e 6956)
Lungi dal costituire un approdo ormai pacifico della giurisprudenza, l'individua-
zione della giurisdizione in materia di danni non consequenziali stato oggetto
di un ennesimo revirement delle Sezioni Unite a meno di un anno dalla emana-
zione del codice del processo.
Le Sezioni Unite, nel fare riferimento a fattispecie anteriori all'entrata in
vigore del codice del processo, hanno da ultimo riaffermato che la giuri-
sdizione risarcitoria deve essere incardinata innanzi al O.A. solo in quanto
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 101
consequenziale ad un' azione caducatoria di un provvedimento amministra-
tivo.
In particolare, la Corte di Cassazione, con tre ordinanze "gemelle" del 2011
24
ha esaminato il problema dell'individuazione del giudice deputato a conoscere
del risarcimento del danno lamentato dal proprietario di un fondo, destinatario
incolpevole di un provvedimento favorevole (titolo edilizio o aggiudicazione di
una gara pubblica), gi annullato (in sede giurisdizionale o di autotutela), con
conseguente frustrazione del'affidamento ingenerato nel privato circa la legit-
timazione a svolgere l'attivit e corisolidazione del danno per la vanificazione
degli impegni finanziari gi profusi ..
In simili ipotesi, le Sezioni Unite hanno ritenuto di ancorare nuovamente la
giurisdizione amministrativa al tipo di doglianza lamentata dal ricorrente, af-
fermando l'accessoriet della tutela risarcitoria rispetto a quella impugnatorio-
caducatoria.
, In particolare, le prime due pronunce, relative al danno da concessione edili-
zia poi annullata, hanno ritenuto che "la controversia nella quale il beneficiario
di una concessione edilizia, annullata d'ufficio o su ricorso di altro soggetto in
quanto illegittima, chieda il risarcimento dei danni subiti per avere confida-
to nella apparente legittimit della stessa, che aveva ingenerato l'incolpevole
convincimento di poter legittimamente edificare, rientra nella del
g.O., avendo ad oggetto un comportamento illecito della P.A. per violazione del
principio del "neminem laedere", cio di quei doveri di comportamento il cui
contenuto prescinde dalla natura pubblicistica o privatistica del soggetto che ne
responsabile e che anche la P.A., come qualsiasi privato, tenuta a rispettare;
egli, pertanto, non tenuto a domandare al G.A. un accertamento della illegit-
timit del suddetto comportamento, che ha invece interesse a contrastare nel
giudizio di annullamento da altri provocato e che pu solo subire ".
Merita riportare i passaggi essenziali della motivazione: La pronuncia
"Con riferimento alla questione di giurisdizione sottoposta all'esame di questa Su-
prema Corte, si osserva: se la pubblica amministrazione procede alla emanazione di
provvedimenti illegittimi - contro i quali, ai sensi dell'art. 113 Cost., comma 1, sem-
pre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi lesi dinanzi
agli organi di giustizia ordinaria o amministrativa - determina la lesione dei diritti o
agli interessi in maniera diversa a seconda che l'interesse leso rientri nella categoria
'generale degli interessi pretensivi o in quella degli interessi oppositivi. Se l'interesse
pretensivo la sua lesione si concretizza nello illegittimo diniego o nella ritardata assun-
'24Cass. civ., sez. un., 23 marzo 2011, ordd. n. 6594 e 6595, in Red. Giust. civ. Mass. 2011, 3. Negli
'stessi termini concludono le Sezioni Unite con riferimento alla diversa ipotesi di risarcimento del
dahno proposta da colui che, avendo ottenuto l'aggiudicazione in una gara per l'affidamento di un
pubblico servizio, successivamente annullata dal T.A.R. perch illegittima su ricorso di un altro
.ppncorrente, deduca la lesione dell'affidamento ingenerato dal provvedimento di aggiudicazione
apparentemente legittimo (Cass., sez. un., 23 marzo 2011, n. 6596, ibidem).
102 Il criterio di riparto di giurisdizione
zio ne di un provvedimento amministrativo (legittimo); se l'interesse oppositivo la sua
lesione si concretizza nello illegittimo sacrificio di un bene o di una situazione di van-
taggio. Il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n.
205, art. 7, dispone che "il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua
giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso-la reintegrazione in forma specifica,
il risarcimento del danno ingiusto. ".
La Corte nelle sentenze n. 292 del 2000 e 281 del 2004, ha chiarito
che con tale disposizione il Legislatore ha inteso rendere piena ed effettiva la tutela del
cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, concentrando innanzi al giudice
amministrativo non solo lafase del controllo di legittimit dell'azione amministrativa,
ma anche (ove configurabile) quella della riparazione per equivalente, ossia il risarci-
mento del danno, evitando per esso la necessit di instaurare un successivo e separato
giudizio innanzi al giudice ordinario; ha chiarito, per, che il risarcimento del danno
ingiusto non costituisce una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice am-
ministrativo, ma esclusivamente uno strumento di tutela ulteriore e di completamento
rispetto a quello classico demolitorio, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei
confronti della pubblica amministrazione.
In altre parole il Legislatore ha inteso realizzare la unificazione della tutela avanti
al giudice amministrativo, concentrando dinanzi allo stesso sia i poteri di annullamento
dell'atto illegittimo che la tutela risarcitoria consequenziale alla pronuncia di legitti-
mit dell'atto o provvedimento contro cui si ricorre (argomenta anche dal succitato art.
113 Cost.), prima riservata al giudice ordinario.
Ne deriva che la attrazione della tutela risarcitoria nell 'ambito della giurisdizio-
ne esclusiva del giudice amministrativo pu verificarsi esclusivamente qualora il dan-
no, patito dal soggetto che ha proceduto alla impugnazione dell 'atto, sia conseguenza
immediata e diretta (art. 1223 c.c.) della illegittimit dell'atto impugnato; pertanto,
qualora si tratti di atto o provvedimento rispetto al quale l'interesse tutelabile quello
pretensivo, il soggetto che pu chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice ammini-
strativo, perch vittima di danno ricollegabile con nesso di causalit immediato e diretto
al provvedimento impugnato, colui che si visto, a seguito di una fondata richiesta,
ingiustamente negare o adottare con ritardo il provvedimento amministrativo richiesto.
Qualora si tratti di atto o provvedimento amministrativo rispetto al quale l'interesse
tutelabile si configura come oppositivo, il soggetto che pu chiedere la tutela risarci-
toria dinanzi al giudice amministrativo soltanto colui che portatore dello interesse
alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio, che vengono direttamente
pregiudicati dal! 'atto o provvedimento amministrativo contro il quale ha proposto ricor-
so. Soltanto in queste situazioni la tutela risarcitoria si pone come tutela consequenziale
e comporta, quindi, la concentrazione dellafase del controllo di legittimit dell'azione
amministrativa e quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del dan-
no, dinanzi ali 'unico giudice amministrativo. Tra gli atti rispetto ai quali configurabile
un interesse pretensivo rientra la concessione edilizia. Appare opportuno precisare che
la concessione edilizia prevista dalla legge n. 10/77 in sostituzione della licenza edili-
zia, nonostante il nomen iuris, non una concessione. La Corte Costituzionale nella
sentenza 5/1980 ha chiarito che la concessione edilizia ha struttura efunzione di auto-
rizzazione. In detta sentenza si afferma che il diritto di edificare inerisce alla propriet
P ARTE I - SEZIONE l - CAPITOLO 2 103
dell'area da edificare (ius aedificandi), e che tale diritto, per, pu essere esercitato
solo entro i limiti, anche temporali, stabiliti dagli strumenti urbanistici; che sussistendo
le condizioni richieste solo il proprietario o il titolare di altro diritto reale, che legittimi
a costruire, pu edificare, non essendo consentito dal sistema che altri possa, autorita-
tivamente, essere a lui sostituito per la realizzazione dell'opera; che, quindi, la conces-
sione a edificare non attributiva di diritti nuovi, ma presuppone facolt preesistenti,
sicch sotto questo profilo non adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella
dell'antica licenza, avendo lo scopo di accertare la ricorrenza delle condizioni previste
dall'ordinamento per l'esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema normativo ne ri-
conosce e tutela la consistenza.
11 proprietario del suolo o il titolare di altro diritto reale, che legittimi a costruire,
hanno, quindi, un interesse pretensivo al rilascio della concessione edilizia; se il richie-
dente che si trova nelle condizioni previste dalla legge per il rilascio di detta li conces-
sione, se la veda ingiustamente negare, pu insorgere contro l'illegittimo provvedimento
di diniego chiedendo al giudice amministrativo sia il controllo della legittimit dell 'atto
sia il conseguente risarcimento del danno. In questo caso ammissibile la concentra-
zione di entrambe le tutele dinanzi allo stesso giudice, potendo l'avente diritto al rila-
scio della licenza invocare entrambe le tutele. Diversa la situazione del proprietario
o di altro titolare dello ius aedificandi che ottenuta la concessione edilizia ed iniziata
l'attivit di edificazione sul fondo facendo affidamento (incolpevole) sulla (apparente)
legittimit dell 'atto, venga successivamente privato del diritto ad edificare a seguito di
annullamento di ufficio della concessione o di annullamento giurisdizionale della stessa
sU ricorso di un soggetto (in tal caso titolare di un interesse oppositivo), che assuma la
intervenuta lesione di un suo diritto da parte del provvedimento impugnato.
1n questo caso, intervenuto l'annullamento d'ufficio o giurisdizionale per la riscon-
trata illegittimit della concessione, il proprietario ed il titolare di altro diritto che lo
legittima ad edificare, venendo giustamente privati del diritto ad edificare, non possono
invocare, adducendo la perdita di tale facolt, il risarcimento del danno. Sulla base di
questa situazione non possono invocare n la tutela demolitoria di un qualche atto (a
meno che non si ritenga di impugnare il provvedimento di ufficio, che, una volta ricono-
sciuto legittimo non consente pi di invocare lo ius aedificandi quale fondamento di una
lteriore tutela) n quella risarcitoria alla possibilit di quel tipo di tutela strettamente
collegata. La legittima privazione del diritto ad edificare non autorizza nessuna delle
due tutele e non consente, quindi, (non costituendo la tutela risarcitoria una autonoma
ipotesi di giurisdizione esclusiva) che possa essere invocata dinanzi al giudice ammini-
strativo la tutela risarcitoria.
Una volta intervenuto legittimamente l'annullamento della concessione edilizia pu
rilevare esclusivamente una diversa situazione, sulla quale fondare il risarcimento del
danno.
11 titolare dello ius aedificandi, cui sia venuto meno tale diritto, a seguito di annul-
lamento della concessione edilizia o d'ufficio o su ricorso di un altro soggetto, che sia
insorto contro detto provvedimento (soggetto che, in quanto portatore di un interesse
oppositivo all'annullamento dell'atto pu chiedere dinanzi al medesimo giudice ammi-
'iistrativo sia la tutela demolitoria che la correlata tutela risarcitoria), una volta che sia
definitivamente accertata la illegittimit della concessione, si trova privato dello
l
104 Il criterio di riparto di giurisdizione
ius aedificandi, senza che sussista un qualche altro provvedimento amministrativo con-
tro il quale possa insorgere.
Si ha soltanto che il provvedimento che aveva concesso il diritto ad edificare e che,
perch illegittimo, legittimamente stato posto nel nulla e che non rileva, quindi, pi
come provvedimento che rimuove un ostacolo all'esercizio di un diritto, continua a rile-
vare per il proprietario del fondo o il titolare di altro diritto, che lo abiliti a costruire sul
fondo, esclusivamente quale mero comportamento degli organi che hanno provveduto al
suo rilascio, integrando cos, ex art. 2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazio-
ne del principio del neminem laedere, imputabile alla pubblica amministrazione in virt
del principio di immedesimazione organica, per avere tale atto con la sua apparente
legittimit ingenerato nel suo destinatario l'incolpevole convincimento (avendo questo
il diritto di fare affidamento sulla legittimit dell 'atto amministrativo e, quindi, sulla
correttezza dell 'azione amministrativa) di poter legittimamente procedere alla edifica-
zione del fondo.
In mancanza di un atto impugnabile il proprietario o il titolare di altro diritto che
lo abiliti a costruire sul fondo hanno la esclusiva possibilit di invocare un 'unica tu-
tela (che non essendo collegata alla impugnabilit di un atto non pu essere attratta
nell'ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva, atteso che, appare opportuno
ribadirlo, la autonoma tutela risarcitoria non costituisce una ulteriore ipotesi di giu-
risdizione esclusiva): quella risarcitoria fondata sull 'affidamento; viene in considera-
zione un danno che oggettivamente prescinde da valutazioni sull'esercizio del potere
pubblico, fondandosi su doveri di comportamento il cui contenuto certamente non di-
pende dalla natura privatistica o pubblicistica del soggetto che ne responsabile, atteso
che anche la pubblica amministrazione, come qualsiasi privato, tenuta a rispettare
nell'esercizio della attivit amministrativa principi generali di comportamento, quali la
perizia, la prudenza, la diligenza, la correttezza. Di quanto si osservato sin qui si pu
offrire questa sintesi.
In base agli artt. 103 e 113 Cost., il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia
amministrativa hanno giurisdizione per la tutela contro gli atti della pubblica ammini-
strazione.
La giurisdizione amministrativa dunque ordinata ad apprestare tutela - cautelare,
cognitoria ed esecutiva - contro l'agire della pubblica amministrazione, manifestazione
di poteri pubblici, quale si concretato nei confronti della parte, che in conseguenza del
modo in cui il potere stato esercitato ha visto illegittimamente impedita la realizzazio-
ne del proprio interesse sostanziale o la sua fruizione.
Dei poteri che al giudice amministrativo stato dato di esercitare per la tutela degli
interessi sacrificati dall'agire illegittimo della pubblica amministrazione, dal D.Lgs. n.
80 del 1998, in poi, ha iniziato a far parte anche il potere di condanna al risarcimento
del danno, in forma di completamento o sostitutiva: risarcimento che perci volto a
contribuire ad elidere le conseguenze di quell'esercizio del potere che si risolto in sa-
crificio illegittimo dell 'interesse sostanziale del destinatario dell 'atto.
Casi, come quello in esame, non prospettano un 'esigenza di tutela quale quella ap-
pena delineata.
La parte che agisce in giudizio non stata destinataria di un provvedimento ab/ato-
rio, di un comportamento silenzioso mantenuto su una domanda di provvedimento favo-
revole o del diniego di un tale procedimento, atti o comportamenti di cui avrebbe potuto
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 105
avere ragione di postulare l'illegittimit e sollecitare di tale illegittimit l'affermazione
con l'ulteriore eventuale ristoro del danno che quella illegittimit gli avesse provocato.
Nel caso in esame, la parte ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia e ha
iniziato a realizzare il manufatto oggetto della concessione.
Questa situazione di fatto non era tale da sollecitare alcuna esigenza di tutela contro
un agire illegittimo della pubblica amministrazione.
L'esigenza di tutela - risarcitoria e solo di tale tipo - affiora in questo come in analo-
ghi casi solo per l'affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole e non richiede
che per ottenere il risarcimento la parte domandi al giudice amministrativo un accer-
tamento a proposito della illegittimit del comportamento tenuto dali 'amministrazione,
perch questo accertamento essa ha invece interesse a contrastarlo nel giudizio di an-
nullamento del provvedimento summenzionato da altri provocato e pu solo subirlo.
La parte che invoca la tutela risarcitoria non postula dunque un esercizio illegitti-
mo del potere, consumato in suo confronto con sacrificio del corrispondente interes-
se sostanziale, ma la colpa che connota un comportamento consistito per contro nella
emissione di atti favorevoli, poi ritirati per pronunzia giudiziale o in autotutela, atti che
hanno creato affidamento nella loro legittimit ed orientato una corrispondente succes-
siva condotta pratica, poi dovuta arrestare.
La possibilit di questa sola e, quindi, autonoma tutela porta ad escludere la giuri-
sdizione esclusiva del giudice amministrativo, invocata dalle controparti in applicazio-
ne del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, non
ma anche quella generale di legittimit, stante la consistenza di diritto soggettivo
della situazione, nel caso di specie, fatta valere. Va dichiarata, pertanto, la giurisdizione
del giudice ordinario, compensando integralmente tra le parti, data la complessit della
questione, le spese del giudizio di cassazione ".
I profili problematici delle ordinanze in esame sono molteplici.
Poco persuasivo appare gi il presupposto di fondo su cui si basa l'intero impianto mo- Snodi critici
tivazionale delle pronunce. Se sicuramente condivisibile l'osservazione per cui "il Le-
gislatore ha inteso rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della
pubblica amministrazione, concentrando innanzi al giudice amministrativo non solo la
fase del controllo di legittimit dell' azione amministrativa, ma anche quella risarcitoria,
e:vitando per esso la necessit di instaurare un successivo e separato giudizio innanzi
al giudice ordinario", di guisa che "il risarcimento del danno ingiusto non costituisce
una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma esclusi-
vamente uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello classico
Qy,ffiolitorio, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica
amministrazione", non sono del pari plausibili le conseguenze che la Cassazione ne trae
in punto di giurisdizione.
, Ancor prima dell'inequivocabile soluzione normativa fornita dal codice del proces-
di cui si gi detto in precedenza, la posizione delle Sezioni Unite sembra ontolo-
incompatibile con la stessa ratio che sottintende la scelta codicistica e che ha
presieduto l'intera evoluzione pretori a dell'ultimo decennio. L'unificazione della tutela
innanzi al giudice amministrativo, infatti, risponde ad esigenze di giustizia sostanziale,
106 Il criterio di riparto di giurisdizione
nella logica complessiva di affrancazione del processo amministrativo da un modello
meramente impugnatorio di verifica notarile della legalit fonnale dell'atto: l'attrazio-
ne della tutela risarcitoria nell'ambito della giurisdizione del G.A., pertanto, non pu
limitarsi alla sola ipotesi il cui il danno sia consequenziale ad un atto amministrativo
tempestivamente impugnato, dovendosi invece ritenere effetto di ogni fonna di esercizio
del potere pubblico.
A rilevare, pertanto, non la "concentrazione della fase del controllo di legittimit
dell' azione amministrativa e quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimen-
to del danno, dinanzi all'unico giudice amministrativo", ma l'attribuzione alla cogni-
zione del G.A. di tutti gli strumenti processuali idonei a tutelare la posizione soggettiva
lesa dall'esercizio dei pubblici poteri di cui titolare l'amministrazione. A partire dalla
storica sentenza Ferrari del 1959, infatti onnai pacifico che il giudice amministrativo
non giudice della P.A. (a differenza di quanto sostenuto dalla Cassazione, che invece
ritiene che "il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giu-
risdizione per la tutela contro gli atti della pubblica amministrazione"), essendo ormai
assolutamente pacifico che il riparto di giurisdizione prescinde da qualsivoglia conside-
razione in ordine alla qualificazione soggettiva del convenuto, dovendosi invece basare
sul diverso (e sostanziale criterio) della causa petendi, a seconda che venga lamentata la
carenza, ovvero il cattivo uso del potere.
Sotto il profilo causale, poi, a conseguenze opposte rispetto a quelle rassegnate dalle
Sezioni Unite, conduce proprio la regola della causalit invocata dagli Ennellini: il ri-
chiamato art. 1223 c.c., infatti, richiede che il danno patito dal soggetto sia "conseguenza
immediata e diretta" della condotta. Orbene, il danno subito dal proprietario del fondo
per illegittimo affidamento nella validit della rilasciata concessione edilizia, costituisce
conseguenza immediata e diretta del rilascio della stessa, a seguito di un procedimento '
amministrativo svoltosi mediante l'esercizio di una potest pubblicistica dell'ammini-
strazione. Tali evenienze non possono venire elise dall'annullamento (in autotutela o in
sede giurisdizionale) dell'atto favorevole, deputato ad eliminare dall'ordinamento giu-
ridico il provvedimento illegittimo, ma non gi ad elidere completamente -sul piano
dell'esistenza storica e della natura giuridica- il fatto storico illegittimo causativo del
danno. Quest'ultimo, in definitiva, seppur non promana dal provvedimento (legittimo)
di rimozione in autotutela della concessione, consegue direttamente ad un provvedimen-
to che, ancorch favorevole e poi caducato, costituisce frutto dell' esercizio di un potere
autoritativo dell'amministrazione. Si versa, in altre parole, in un'ipotesi di cattivo uso
del potere ex artt. 7 e 30 del codice del processo, ossia in un caso in cui quest'ultimo
stato male esercitato, ma la cui spendita non affatto revocabile in dubbio, tanto da
necessitare un'ulteriore provvedimento amministrativo per la sua elisione
25

25 Sul punto, stato autorevolmente osservato in dottrina che la lesione di un interesse legittimo si confi-
gura non solo quando l'amministrazione nega illegittimamente un provvedimento favorevole, ma anche
quando rilascia al cittadino illegittimamente un provvedimento favorevole. Quest'ultimo, dunque, pu co-
stituire senz'altro fonte di lesione dell'interesse legittimo: ed infatti, "la circostanza che un provvedimento
favorevole normalmente non arrechi di per s un danno, profilo che attiene alla tematica del danno, ma
non pare corretto arguire che, ove manchi il danno, non si possa neppure configurare una lesione della
situazione soggettiva di interesse legittimo." In defmitiva, dunque, "l'utilit della figura dell'qffdamento
non deve andare a detrimento della possibilit di identificare un 'ordinaria situazione di interesse legitti-
mo" (A. TRAVI, in nota alle tre ordinanze delle Sezioni Unite, in Foro It., 2011, 2398 ss.).
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 107
Sotto il profilo della giurisdizione, dunque, azione caducatoria ed azione risarcitoria
appaiono assolutamente equipollenti, in quanto a di cat-
tivo esercizio del potere, valutato secondo un approccIo smtetIco con nfenmento alI mtera
vicenda, a fronte del quale il privato non pu che vantare posizioni di interesse legittimo.
, A fronte di tali osservazioni, dubbia appare l'osservazione della Cassazione secondo
il provvedimento (illegittimo e perci caducato) che aveva concesso il diritto ad edi-
ficare non rileverebbe pi come provvedimento che rimuove un ostacolo all'esercizio
di un diritto, ma "continua a rilevare per il proprietario del fondo esclusivamente quale
comportamento degli organi che hanno provveduto al suo rilascio, integrando cos,
ex art. 2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazione del principio del neminem
laedere, imputabile alla pubblica amministrazione in virt del principio di immedesi-
mazione organica, per avere tale atto con la sua apparente legittimit ingenerato nel suo
destinatario l'incolpevole convincimento (avendo questo il diritto di fare affidamento
sulla legittimit dell'atto amministrativo e, quindi, sulla correttezza dell'azione ammini-
strativa) di poter legittimamente procedere alla edificazione del fondo".
Se pur vero che anche l'amministrazione tenuta all'osservanza del generale pre-
cetto del neminem laedere, altrettanto vero che la condotta amministrativa stata
inficiata dalla violazione delle norme pubblicistiche di azione che avrebbero dovuto
impedire l'attribuzione del bene e suggerire l'autotutela al fine di impedire o arrestare
per tempo l'esecuzione dannosa dell'atto favorevole.
, La Sezioni Unite, in definitiva, obnubilano la nota distinzione tra comportamenti
amministrativi -espressione comportamentale di una potest pubblicisti ca- e comporta-
menti meri -privi di qualsivoglia profilo di pubblicit, e pertanto, questi s, soggetti agli
ordinari canoni esclusivamente privatistici di cui al codice civile. Anche sotto tale aspet-
viceversa, si deve ritenere che, anche a ritenere che il rilascio della concessione edi-
.lizia (oggi pennesso di costruire) illegittima non rilevi quale provvedimento ma degradi
a "comportamento", esso debba comunque ritenersi ammantato da profili pubblicistici.
Si deve soggiungere che bella specie si verte in materia di giurisdizione esclusiva, nella
quale sufficiente, ai sensi dell'art. 133 del codice del processo, che il comportamento
,sia,anche solo in via mediata, esercizio del potere.
A nulla poi rileva che la questione risarcitoria costituisca nei casi in esame una que-
stione isoalta a fronte del pregresso annullamento (in autotutela o in seno ad un sepa-
rato giudizio) dell'atto, posto che il nostro ordinamento processuale non condiziona la
giurisdizione alla sussistenza di profili di connessione tra domande e che, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 7 e 30 del codice del processo, il giudice amministrativo
pu anche essere investito della proposizione di un'azione risarcitoria autonoma.
4.3. Il sottile confine tra poteri pubblici e poteri privati della FA. ed il riparto
" di giurisdizione
,L'analisi dell'evoluzione normativa e pretori a in ordine all'ampiezza della giu-
risdizione del giudice amministrativo induce a svolgere alcune considerazioni
sull'essenza stessa del potere pubblico, per scrutinare in seguito le ipotesi nelle
quali non si presenta agevole verificare se l'amministrazione agisce in forza di
"un potere pubblico o privato.
La distinzione
tra potere
pubblico e
privato
108 Il criterio di riparto di giurisdizione
Va infatti operata una distinzione tra la nozione di potere pubblico e quella
di potere privato. Le due categorie si presentano diverse sotto il profilo funzio-
nale, in quanto la natura pubblicistica del potere deriva dalla presenza di una
disciplina che consente di individuare il fine pubblico al cui raggiungimento
il potere autoritativo mira e di enucleare un- giudizio di conformit del potere
rispetto all'interesse perseguito; i poteri privati sono, invece, riconosciuti, in via
eccezionale, dal diritto comune, con la conseguenza che in tale evenienza la P.A.
opera in una dimensione privatistica che non la differenzia dai soggetti privati
ai quali la norma derogatoria tali poteri conferisca. Al cospetto di tali poteri, il
destinatario vanta una posizione di diritto soggettivo, o se vogliamo d'interesse
legittimo di diritto privato a che tale potere venga esercitato nel rispetto dei ca-
noni, anch'essi privatistici, della buona fede e della tutela dell'affidamento: la
giurisdizione spetta, pertanto, al Giudice civile.
Si pensi ai poteri che la P.A. esercita come privato contraente, che le permet-
tono, in casi tassativi (come ben chiarito dall'art. 21-sexies della L. 241/1990), di
recedere dal contratto con un atto che costituisce un diritto potestativo volto allo
scioglimento del rapporto contrattuale, e non gi un provvedimento di autotutela
sul provvediment0
26

Altra ipotesi nella quale l'amministrazione pu esercitare poteri di diritto
pubblico e poteri derivanti da posizioni analoghe a quelle dei privati quella in
cui essa sia titolare del diritto di propriet su di un bene
27

Inoltre, pu venire in rilievo l'esercizio da parte dell'amministrazione di po-


teri tipicamente privati in caso di revoca, ai sensi degli artt. 2449 e 2450 c.c., di
amministratori o sindaci di una s.P.A. a partecipazione pubblica nominati dalla
stessa amministrazione nella veste di socio, ovvero, in presenza di una specifica
previsione normativa in tal senso, a prescindere da tale posizione
28

26La questione stata affrontata dalle S.v. della Cassazione con sentenza del lO febbraio 2010, n.
2906, in Guida al diritto 2010, 17,63, a cui avviso l'autotutela della P.A attuata mediante lo strumen-
to autoritativo con effetti sulla esecuzione di contratti di diritto privato non costituisce un principio
generale dell'ordinamento, ma si riferisce ad ipotesi tassativamente previste per legge, non estensibili
in via di analogia a casi diversi (conf. sez. un. Il gennaio 20 Il, n. 391). In termini, v. Cons. Stato, sez.
V, 28 maggio 2010, n. 3410 e T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 27 gennaio 2011, n. 154.
27Sulla tematica in questione di recente intervenuto Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n.
7147, in Foro amm. CDS 2010,9, 1946, che ha evidenziato come "In materia di delimitazione
del demanio rispetto alla propriet privata, la FA. non esercita un potere autoritativo costitutivo,
ma si limita ad accertare l'esatto confine demaniale. Siffatto accertamento, pur svolgendosi con
le forme del procedimento amministrativo, ha carattere vincolato, non comporta la spendita di
potere amministrativo discrezionale ed inidoneo a degradare il diritto di propriet privata in
interesse legittimo, trattandosi appunto, di un atto di accertamento e non di un atto ab/atorio, da
qualificare come autotutela privatistica speciale e non come attivit provvedimentale discrezio-
nale. Pertanto, secondo l'ordinario criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla distinzione
fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, in difetto di norma attributiva al giudice amministrativo
di giurisdizione esclusiva, le controversie di cui ali 'art. 32 cod. nav. rientrano nella giurisdizione
del giudice ordinario". In termini analoghi anche la giurisprudenza ordinaria: cos Casso civ., sez.
un. 30 novembre 2006, n. 25514.
28La giurisprudenza prevalente si muove in linea con le indicazioni dettate da Corte cost. n.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 109
Va precisato, peraltro, che esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo le sole
ipotesi di di atti ed .i provvedim.en-
ti, prodromiC1 alloro eserC1ZlO, con l quah l ammm1strazlOne Sl determma alla coshtu-
zione di una societ.
Tanto stato chiarito, da ultimo, da Cons. Stato, ad. pl., 03 giugno 2011, n. lO, il
quale ha evidenziato come "Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sugli
atti unilaterali prodromici a una vicenda societaria, con cui un ente pubblico delibera
di costituire una societ, o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o
estintivo della societ medesima in quanto si tratta di scelta organizzativa afferente al
perseguimento dell 'interesse pubblico, che si esercita mediante un atto di natura pubbli-
cistica. Infatti la scelta, da parte di un ente pubblico, di costituire o partecipare ad una
societ, considerata una scelta organizzativa discrezionale, che differisce logicamen-
te e cronologicamente rispetto al negozio societario che costituisce attuazione di tale
scelta, e che radica una diversa giurisdizione rispetto a quella prevista per il negozio
societario "29.
204/2004, che, al fine di scongiurare la tendenza del Legislatore a ripartire la giurisdizione per
blocchi di materie, ha escluso possa ricorrere la giurisdizione del giudice amministrativo a
fronte della mera partecipazione in giudizio di una P.A o del generico coinvolgimento di un
pubblico interesse. Secondo la citata giurisprudenza, nell'esercizio del potere esclusivo di revoca
diamministratori o sindaci, il soggetto pubblico agisce nella veste di socio della s.p.a. e non di
autorit, attivando un potere che, senza la speciale legittimazione apprestata dallo statuto o dalla
legge, sarebbe comunque spettato all'assemblea dei soci, secondo l'ordinaria disciplina delle so-
ciet per azioni. Si ritiene, infatti, che esso sia espressione di una potest attinente ad una situa-
zione giuridica societaria, restando esclusa qualsiasi sua valenza amministrativa (Cass. S.v. n.
7799/2005), non rilevando, nel senso di una qualificazione in chiave pubblicistica di detto potere,
la circostanza che ne sia titolare l'ente pubblico, socio di maggioranza della s.p.a. N una diversa
conclusione pu essere raggiunta per il fatto che l'art. 2250 c.c. prevede comunque a favore del
soggetto pubblico un potere di revoca, considerato che non esiste una regola di portata assoluta
secondo la quale un potere attribuito dalla legge all'amministrazione deve avere necessariamente
natura pubblicistica. Da ci deriva che la natura eminentemente privatistica del potere di revoca
impone la qualificazione in termini di diritto soggettivo della posizione giuridica soggettiva azio-
nata, la cui tutela spetta, dunque, al giudice ordinario quale giudice dei diritti (ex multis, V. T.AR.
Sicilia, Catania, sez. III, 25 gennaio 2010, n. 89, in Red. amm. TAR 2010, 01).
i
9
In particolare, la Plenaria ha ritenuto che la controversia riguardante l'impugnazione di provve-
dimenti dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, prodromici alla costituzione di una
societ lucrativa, ricada nella giurisdizione del g.a. poich esiste "una evidente connessione, un
esplicito collegamento" fra le delibere degli organi universitari che hanno deciso la costituzione
dL un ente strumentale di un soggetto pubblico e gli atti di diritto privato con cui la societ
stata successivamente costituita. Sostiene il Consiglio di Stato che alle delibere degli organi uni-
versitari va riconosciuta natura provvedimentale, "in quanto qualificabili come determinazioni
macro-organizzative volte ad imprimere un determinato assetto organizzativo al complesso delle
attivit di competenza e ad individuare le modalit gestionali ritenute maggiormente funzionali
al perseguimento degli scopi prefissati [ .. .}. Tali atti prodromici, infatti, vanno, sul piano logico,
oronologico e giuridico, tenuti nettamente distinti dai successivi atti negoziali, sempre imputabili
ll'ente pubblico, con cui l'ente, spendendo la sua capacit di diritto privato, pone in essere
un atto societario (costituzione di una societ, acquisto o vendita di quote societarie, modifica
dsoioglimento di una societ) [ .. .}. Gli atti prodromici attengono al processo decisionale, che
da ultimo si esterna nel compimento di un negozio giuridico societario. Mentre per un soggetto
privato il processo decisionale resta ordinariamente relegato nella sfera interna del soggetto, e
110 Il criterio di riparto di giurisdizione
Si pensi infine ai poteri di autotutela che la legge riconosce alla P.A. come
creditore (v. in particolare il fermo amministrativo in materia di beni mobili
registrati)30.
ci che rileva solo il negozio giuridico finale, per un ente pubblico esso assume la veste del pro-
cedimento amministrativo, e ci sotto un duplice profilo". Innanzitutto, viene in rilievo lo stesso
procedimento di stipula dei contratti pubblici, che avviato mediante la delibera a contrarre, in cui
la P.A. evidenzia le ragioni di interesse pubblico che giustificano il contratto: essa costituisce mez-
zO di cura dell'interesse pubblico ed quindi provvedimento amministrativo. Inoltre, "ulteriore e
specifico profilo di rilevanza pubblicistica costituito dal fatto che nel caso della costituzione di
una societ vengono in evidenza aspetti organizzatori, essendo evidente l'incidenza della relativa
scelta sulla struttura dell'ente". Tanto lo si desume anche a livello normativo. "L'art. 244, co.
l, d.lgs. n. 163/2006, (ora art. 133, co. l, letto l), cod. proc. amm.), assegna alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo le controversie inerenti le procedure di affidamento di lavori,
servizi, forniture, ivi comprese quelle relative alla scelta del socio. Allorquando un ente pubblico
decide di costituire una societ con laforma del partenariato pubblico-privato, la scelta del socio
privato considerata dall'ordinamento una vicenda pubblicistica, tanto che tale scelta deve av-
venire con procedura di evidenza pubblica, soggetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva ".
Ne consegue, afortiori "che ascritta alla sfera pubblicistica la scelta, a monte, dell'utilizzo del
modello societario, anche se per tale scelta non prevista una giurisdizione esclusiva, sicch si
ricade nell'ordinaria giurisdizione generale di legittimit. Ulteriore referente normativo, poi,
costituito dal d.l. n. 332/1994, conv. in l. n. 474/1994, il quale, all'art. 2 devolve alla giurisdizione
di legittimit, con competenza territoriale del T.A.R. Lazio - Roma, taluni poteri speciali riservati
allo Stato in societ da esso partecipate. "Dalla disamina delle norme sopra commentate, si evince
che la scelta, da parte di un ente pubblico, di costituire o partecipare ad una societ, considera-
ta una scelta organizzativa discrezionale, che differisce logicamente e cronologicamente rispetto
al negozio societario che costituisce attuazione di tale scelta, e che radica una diversa giurisdi-
zione rispetto a quella prevista per il negozio societario [ .. .}. Conclusivamente, la giurisdizione
amministrativa sussiste per gli atti che, incidendo sulla organizzazione del 'ente, sono espressione
di potest pubblica, atti tra i quali rientrano certamente quelli di costituzione, modificazione ed
estinzione della societ, ivi compresa evidentemente la scissione, che comporta la costituzione di
una nuova societ. Per converso, resta fermo il modello privatistico, e la conseguente giurisdizio-
ne ordinaria, sugli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo o meno del modello socie-
tario: in tal caso, infatti, l'ente pubblico esercita i poteri ordinari dell'azionista che si traducono in
atti societari sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo".
30Y.le S.U. della Cassazione, del 17 gennaio 2007, n. 875, secondo cui l'atto che dispone il fermo '
amministrativo dei beni mobili registrati (nella specie, un'autovettura) emesso dal concessionario
del servizio riscossione tributi ex art. 86 del D.P.R. 602 del 1973 un atto funzionale all'espro-
priazione forzata attraverso il quale si realizza il credito dell'amministrazione, e pertanto la tutela
giurisdizionale nei confronti dello stesso si realizza dinanzi al giudice ordinario. La Cassazione
ha quindi reputato non attendibile quell'orientamento assunto da Cons. St., sez. VI, ordinanza 16
aprile 2006 n. 2032, secondo il quale la normativa, se cos interpretata, cio nel senso della de-
voluzione a g.O. del contenzioso concernente gli atti con cui si disponga il fermo dei beni mobili
registrati, sarebbe una norma di sospetta incostituzionalit per violazione degli artt. 24, 103 e 113
Cost., nella misura in cui, non avendo il g.o. il potere di annullare provvedimenti o di imporne
l'adozione, la tutela che detto giudice potrebbe assicurare sarebbe una tutela inferiore e quindi non ,!
effettiva rispetto a quella somministrabile dal G.A. Tali principi sono poi stati meglio puntualizzati
dalla successiva giurisprudenza, che ha evidenziato come, anche in tale ambito, l'individuazione
del giudice giusdicente dipende dal tipo di credito sottostante il fermo, e quindi, in ultima analisi,
dalla natura del potere esercitato dalla P.A., in qualit di pubblica autorit, ovvero di creditore
"privato" nei confronti del soggetto attinto dal fermo (ex multis Casso civ., sez. un., 22 dicembre.
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2
111
Altro territorio di confine in cui l'amministrazione risulta essere titolare di
poteri tipicamente pubblicistici e di poteri analoghi a quelli del datore di lavoro
privato quello dell'impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione.
Rinviando alla trattazione di cui alla parte II, cap. III, in questa sede si rammenta
solo che 1'art. 5 t.U. 165/2001, in combinato disposto con l'art. 63, ha devoluto
al g.o. le controversie relative ad atti di gestione del rapporto di lavoro e dell'uf-
ficio, che, con l'eccezione degli atti di macro-organizzazione tipizzati dall' art.
2, sono ormai adottati dalla P.A., non pi nella veste di autorit che spende un
potere pubblico, ma di soggetto che esplica la capacit ed il potere privato del
datore di lavoro
3l
.
5. Il riparto di giurisdizione nel codice del processo amministrativo (D.Lgs.
2 luglio 2010, n. 104: artt. 7 ss., 30 e 133)
Come gi pi volte anticipato, i principi sin qui esposti hanno trovato definitiva
consacrazione nel recentissimo codice del processo amministrativo, il quale de-
dica il Capo III del libro I alla "giurisdizione amministrativa".
In particolare, il codice non opera interventi profondi sul riparto ma codifica
e razionalizza i dati normativi e gli insegnamenti giurisprudenziali pregressi.
Il decreto legislativo n. 104/2010 definisce la giurisdizione del giudice ammi-
nistrativo, in ossequio alle pronunce della Corte Costituzionale sopra esaminate,
come strettamente connessa all' esercizio (od al mancato esercizio) del potere
amministrativo, sia ove esso promani da provvedimenti od atti amministrativi,
sia nell'ipotesi in cui esso rinvenga la propria scaturigine in comportamenti,
riconducibili - nelle materie di giurisdizione esc1usiva- anche mediatamente, a
detto potere
32
.
2010, n. 25983, in Diritto & Giustizia 2011; Cons. Stato, sez. VI, 07 maggio 2010, n. 2658, in
ioro amm. CDS 2010,5, 1075; Cons. Stato, sez. IV, 18 marzo 2010, n. 1620, in Foro amm. CDS
2010,3, 558).
31S
u
l punto particolarmente significativo T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, lO aprile 20 lO, n. 5411,
in Red. amm. TAR 2010, 04, che ha efficacemente individuato i confini tra atti di organizzazione
degli uffici (che costituiscono espressione del generale potere di auto-organizzazione di cui all'art. 2
T.U;PJ. e si estrinsecano nell'esercizio di una vera e propria funzione autoritativa di razionalizzazione
delle risorse) ed atti di gestione e di organizzazione del personale. Questi ultimi, anche se con finalit
di carattere organizzatorio, assumono consistenza di provvedimenti di stampo giuslavoristico, con la
conseguente devoluzione alla giurisdizione del g.O .. Sul punto V. parte II, cap. III, 5 ss.
~ ~ S e c o n d o la pi recente giurisprudenza, peraltro, l'esercizio di un potere pubblicistico vale a
superare taluni limiti formali tradizionalmente opposti alla devoluzione della giurisdizione al g.a.
In',particolare, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1014, in Foro amm. CDS2011, 2,434, ha
ritenuto ammissibile, secondo un'interpretazione conforme alla Costituzione vivente (e segnata-
mente agli artt. 103 e 113 Cost.) un processo amministrativo "a parti invertite", in cui ad esperire
Pazione (nella specie di esecuzione di un accordo sostitutivo in materia edilizia) sia la pubblica
amministrazione. Nella fattispecie in esame, peraltro, si versava in un'ipotesi di giurisdizione
esclusiva del g.a. (in materia edilizia e di accordi amministrativi), nel cui ambito la presenza di
[l
. I
! l,
Ambito
soggettivo di
applicazione
112 Il criterio di riparto di giurisdizione
Il codice, dunque, designa il G.A. quale giudice naturale della legittimit
dell'esercizio del pubblico potere, investendolo del potere di conoscere ogni for-
ma di tutela, anche risarcitoria, agli interessi legittimi. infatti previsto all' art.
7 che "Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie [ ... ] con-
cernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti
provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente
all'esercizio di tale potere ".
La norma, con una formulazione che riecheggia da vicino il tenore letterale
dell'art. 103 Cost., si preoccupa di affidare al G.A.la cognizione di ogni forma di
tutela degli interessi legittimi e, "nelle particolari materie indicate dalla legge ",
dei diritti soggettivi, ivi compresa quella relativa al "risarcimento del danno per
lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure
se introdotte in via autonoma "33.
Onde chiarire ulteriormente la portata applicativa della norma, il comma 2
dell'art. 7 delinea l'ambito soggettivo di applicazione della stessa, chiarendo
che "Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono
anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del
procedimento amministrativo ". Il Legislatore codicistico, dunque, ha sposato
una concezione sostanziale di P.A., di conio comunitario, estendendo la giurisdi-
zione "naturale" del G.A. a tutti quei soggetti, che, indipendentemente dalla loro
qualifica formale, sono assoggettati alle norme procedimentali pubblicistiche.
Ha quindi trovato ulteriore esplicitazione, a livello di normazione primaria, il
dettato costituzionale dell'art. 103 Cost., secondo cui il G.A. non giudice della
P.A., ma deputato a conoscere di tutte le ipotesi di spendita di un potere pub-
blicistico ed autoritativ0
34

"sacche" di diritti soggettivi e di rapporti bilaterali di natura consensuale, consentiva a fortiori
all'amministrazione di adire in veste attore a il giudice amministrativo.
33 Sulle incongruenze della disciplina codi cistica sulla cd. "giurisdizione amministrativa" V.
4.2.l.2.
34In applicazione del comma 2 dell'art. 7, il Consiglio di Stato, sez. VI, con la decisione del 24
novembre 2010, n. 5379, ha ritenuto rientrante nella giurisdizione del g.a. la controversia concer-
nente un bando della Rai s.p.a. per la selezione di giornalisti professionisti. Sulla base della nozio-
ne sostanziale di pubblica amministrazione di matrice comunitaria, il Consiglio di Stato ha indi-
viduato gli indici della natura pubblicistica della Rai in una pletora di profili peculiari derogatori
rispetto alla ordinaria disciplina societaria dettata dalle norme di diritto comune. In particolare,
sono stati ritenuti indici sintomatici della natura pubblica dell'ente: a) la prevista nomina di nume-
rosi componenti del Consiglio di Amministrazione non gi ad opera dal socio pubblico, ma dalla
Commissione parlamentare di vigilanza; b) l'indisponibilit dello scopo da perseguire, prefissato
con atto normativo; c) la destinazione alla copertura dei costi del servizio dalla stessa gestito di
un canone di abbonamento, avente natura di imposta. Analoghe conclusioni ha rassegnato anche
il T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 20 aprile 2011 n. 218, secondo cui "Sussiste la giurisdizio-
ne amministrativa in ordine ad una controversia relativa ad una selezione pubblica, per titoli
ed esami, per l'assunzione a tempo pieno e indeterminato di personale, indetta da una persona
giuridica privata, che gestisce servizi pubblici e che partecipata da un ente pubblico, atteso
che l'art. 18 d.!. n. 112/2008, convertito nella l. n. 133/2008 [c.d. "decreto Tremanti", n.d.r.], al
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 113
La norma, inoltre, si premura di consacrare anche la giurisdizione esclusiva del
G.A.: a tal fine il codice prevede che nelle particolari materie indicate dalla legge
(e nominalmente indicate dall'art .. il. a
anche delle controversie nelle qualI SI faCCIa questIOne dI dmtti soggettIVI.
Come osservato nella relazione di accompagnamento alla bozza di codice
predisposta l' 8 febbraio 20 l O dalla Commissione insediata il Consiglio
Stato "viene cos data rilevanzaformale anche sul dato normatlvo al processo dl
piena attuazione del disegno realizzato c.on le della
Corte costituzionale e della Corte dl cassaZlOne. Questo dlsegno costltuzlOnale
ricordato dal Primo presidente della Suprema Corte di cassazione in aper-
tura dell 'anno giudiziario, "garantisce la tutela di diritti e interessi grazie a due
giurisdizioni sostanzialmente ordinarie: l'una perch apprestata e organizzata
per erogare ogni forma di tutela ai diritti; l'altra apprestata, organizzata e at-
trezzata per incalzare in ogni sua forma l'esercizio della funzione pubblica al
fine di garantire tutela altrettanto piena e completa alle posizioni di interesse e,
solo in particolari materie (indicate dalla legge e sempre connesse all'esercizio
del potere) anche ai diritti".
Le disposizioni generali in materia di giurisdizione, inoltre, sono compen-
diate da un puntuale disciplina relativa alle questioni di giurisdizione, e segna-
tamente sul giudicato implicito sulla giurisdizione (art. 9 cod. proc. amm.: V.
6.2.) e sulla translatio judicii (art. 11 cod. proc. amm.: V. 6.1.).
. Va sottolineata, inoltre, la qualificazione del ricorso straordinario (v. sez. V,
cap. III, 2.1. e 2.2.) come strumento speciale del sistema della giustizia am-
ministrativa, come tale non configurabile in materie estranee alla giurisdizione
amministrativa (art. 7, comma 8).
Va infine rammentato, riprendendo le osservazioni precedentemente svolte,
che dal combinato disposto degli artt. 7 e 30 del codice si ricava la devoluzione
al G.A. anche delle questioni risarcitorie isolate, relative cio a danni cagionati
da provvedimenti inoppugnati (salva la rilevanza dell'omessa impugnazione ex
:tt. 1227, comma 2 c.c.) e da comportamenti costituenti esercizio anche mediato
del potere pubblico.
opportuno riportare i passi salienti della relazione governativa finale:
, "Il Capo III, dedicato alla "giurisdizione amministrativa", si apre con l'articolo
1/ che definisce la giurisdizione del giudice amministrativo in ossequio alle norme
comma 1, dispone che le societ che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione
pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalit per il reclutamento del personale
ej:ier il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell 'articolo 35 del
d,ecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 1655 e, al comma 2, prevede che le altre societ a parteci-
pazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalit per
ltreclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche
di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicit e imparzialit". Sulla nozione comunitaria
di pubblica amministrazione, V. parte II, cap. II.
l
114
Il criterio di riparto di giurisdizione
costituzionali e ai noti principi dettati dalla Corte costituzionale, in particolare nelle
sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006. In applicazione di tali regole e principi
la giurisdizione amministrativa strettamente connessa all'esercizio (o al mancato
esercizio) del potere amministrativo e in tale ambito rientrano in essa le controversie
concernenti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche media-
tamente a detto potere. -
L'articolo 7 costituisce una clausola generale tesa a spiegare la ratia delle diverse
ipotesi di giurisdizione amministrativa in termini unitari. Essa, come anticipato, ripro-
duce pedissequamente il testo di cui all'articolo 103 Cost., con la sola esclusione del-
la parola "anche", riferita dalla norma costituzionale alle controversie involgenti diritti
soggettivi. La mancata riproduzione dell"'anche", nell'art. 7, secondo i pi, non signi-
ficativa, poich si tratterebbe di un riferimento non necessario. Si osserva, infatti, che
sarebbe impropria una riproduzione testuale della norma costituzionale poich la Zittera
legis, in ossequio alla giurisprudenza della Corte costituzionale e al diritto vivente della
Corte di Cassazione, ha richiamato l'esistenza o l'inesistenza di una norma attributiva
del potere ed il criterio di connessione del diritto soggettivo al potere quale fondamento
dell'esistenza stessa della giurisdizione amministrativa di tipo esclusivo.
All'interno di questo perimetro il giudice amministrativo:
si caratterizza quale giudice naturale della legittimit dell' esercizio del pubblico po-
tere (secondo la definizione utilizzata nella giurisprudenza della Consulta e delle S.U.
della Cassazione) e come tale il giudice chiamato ad apprestare ogni forma di tutela,
anche risarcitoria, agli interessi legittimi;
nelle particolari materie indicate dalla legge, conosce, pure a fini risarcitori, anche
delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.
Pertanto, in puntuale applicazione dei criteri direttivi della delega il codice insieme
definisce e consolida, nel rispetto delle regole e della giurisprudenza costituzionale, il
ruolo del giudice amministrativo nel complessivo funzionamento del servizio giustizia.
Gi la norma sulla giurisdizione rende palese che quella innanzi al giudice ammini-
strativo una tutela piena, nel senso che per le diverse posizioni giuridiche soggettive
azionabili innanzi al giudice amministrativo sono esperibili adeguati strumenti di tutela,
ivi compresa quella risarcitoria.
Viene cos data rilevanza formale anche sul piano normativo al processo di piena
attuazione del disegno costituzionale".
6. La giurisdizione in materia di procedimenti amministrativi complessi
Complessi profili applicativi involgono l'individuazione della giurisdizione ove
protagonisti della vicenda oggetto di contestazione giudiziale siano procedimen-
ti amministrativi complessi, in cui intervengono organi amministrativi sia nazio-
nali che comunitari.
Sul punto di recente intervenuta la Corte di Giustizia
35
, la quale ha osservato
come il diritto comunitario osta all'applicabilit di norme nazionali (nella specie
l'art. 2909 c.c.) che, nel sancire l'autorit della cosa giudicata, impediscano il
35V. la sentenza 18 luglio 2007 in causa C- 119/05.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2
115
recupero degli aiuti di stato illegittimamente erogati e la cui incompatibilit con
iI mercato stata accertata dagli organi comunitari.
Sulla scorta di tale decisione, le Sezioni Unite della Cassazione
36
hanno rite-
nuto che la controversia relativa alla legittimit della revoca di un finanziamento
erogato in conformit ad un giudicato, a sua volta in contrasto con i vincoli
comunitari, verte su diritti soggettivi e non gi su interessi legittimi, giacch non
riguarda la legittimit dei modi di esercizio di un pubblico potere (interferente
con l'interesse del privato), bens l'esistenza stessa di tale potere, dovendosi
configurare la revoca del finanziamento o come esulante dai poteri dell'ammi-
nistrazione, nel caso si reputi prevalente la regola dell'intangibilit del giudica-
to, oppure come comportamento necessitato, ove si ritenga prevalente il dovere
di rispettare i vincoli comunitari, da cui sorge l'obbligo di disapplicazione di
.eventuali norme interne contrastanti con i vincoli medesimi. Ne consegue che la
giurisdizione su una siffatta controversia spetta al g.o.
7. La giurisdizione per connessione
Una questione particolarmente delicata, che ha diviso l'elaborazione pretoria Orientamento
pi recente, riguarda l'ipotizzabilit di vicende modificative della giurisdizio- favorevole
ne in ragione della formulazione in sede giudiziaria di domande connesse. In
particolare, la giurisprudenza si interrogata sulle regole di individuazione del
giudice giusdicente ove il ricorrente spicchi contestualmente pi domande, tra
loro articolate in subordine, delle quali solo talune sono devolute alla cognizione
del G.A.
In tal caso configurabile uno spostamento della giurisdizione per l'intera
vicenda processuale in favore del giudice a cui rimessa la cognizione della
domanda principale?
Sul punto, si registra un acceso contrasto tra la giurisprudenza amministrativa
e quella ordinaria.
In particolare, secondo un primo orientamento, sostenuto dalle Sezioni Unite
della Corte di Cassazione
3
?, ove siano spiccate due domande che, ancorch at-
tribuite a giurisdizioni diverse, presuppongono l'accertamento degli stessi fatti,
la domanda articolata in subordine viene "assorbita" da quella principale, se-
guendone la relativa giurisdizione, per ragioni di concentrazione delle tutela, di
ragionevole durata del processo e di economia dei mezzi processuali.
36Cass., sez. un., n. 12641/08. In termini, v. anche Cons. Stato, n. 2464/09, che ha evidenziato
come, ove la P.A. agisca in adempimento di un preciso dovere comunitario ed eserciti un diritto
vantato dall'Unione, essa agisce quale "langa manus degli organi sovranazionali, senza che resi-
dui alcun margine di discrezionalit di stampo pubblicistico con la conseguente inconfigurabilit,
anche ai fini del riparto di giurisdizione, di un potere di stampo autoritativo.
37Cass., sez. un., 25 febbraio 2011, n. 4615, in www.lexitalia.it.
116 Il criterio di riparto di giurisdizione
In particolare la fattispecie portata all'attenzione della Corte riguardava l'ipotesi in cui
un soggetto, vittima di un'occupazione illegittima di un'area, aveva chiesto in via prin-
cipale il risarcimento e la restituzione del bene (domande che presuppongono la devo-
luzione della giurisdizione al G.A., in quanto, come visto, l'occupazione illegittima di
un fondo costituisce comportamento amministrativo, espressione mediato di un potere
autoritativo, ancorch illegittimo), articolando in subordine la domanda di liquidazione
dell'indennizzo per l'occupazione, devoluta alla giurisdizione del g.O. dall'art. 133, letto
i) cod. proc. amm.
Affermano sul punto gli Ermellini, che "Quanto alla domanda subordinata relativa
al! 'indennit di occupazione legittima, va ritenuto che possa essere affidata al giudice
amministrativo anche la pronuncia sul merito di una domanda altrimenti rientrante nella
giurisdizione del giudice ordinario, quale quest'ultima, quante volte il diritto che ne costi-
tuisca l'oggetto, come nel caso in esame, sia alternativo alla tutela chiesta in via principale
rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo e le domande siano proposte sulla
base dei medesimifatti, dipendendo l'accoglimento dell 'una o dell 'altra da un accertamen-
to avente carattere prioritario di competenza del giudice amministrativo.
Ci in applicazione del principio di concentrazione delle tutele, a fini di economia
processuale e della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), gi enunciato per
casi analoghi da queste sezioni unite con le sentenze 24 giugno 2009, n. 14805 e 28
febbraio 2007, n. 4636".
Tale ricostruzione ha tuttavia incontrato l'opposizione del Consiglio di Stat0
38
, il
quale ritiene invece che le norme sulla giurisdizione sono per loro natura indero-
gabili, e non tollerano pertanto alcuna incisione da parte del ricorrente.
Si osserva, peraltro, che rimettere all'attore la possibilit di influire sulla giu-
risdizione mediante la mera articolazione di domande in subordine anzich in via
autonoma, significherebbe di fatto re introdurre il criterio di riparto del petitum,
ormai sconfessato dalla giurisprudenza assolutamente pacifica e consolidata.
Nello specifico, ha ritenuto il supremo consesso di Giustizia Amministrativa che "Rien-
tra nella giurisdizione del giudice amministrativo un 'azione con la quale i proprietari
di un 'area hanno chiesto la restituzione del fondo, o in subordine il risarcimento dei
danni, deducendo la sopravvenuta illegittimit degli atti di occupazione, ancorch ori-
ginariamente avvenuti a seguito di una corretta dichiarazione di pubblica utilit. Rien-
tra, invece, nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda relativa alla richiesta
dell 'indennit di occupazione legittima, in applicazione, ratione temporis, del! 'art. 34
d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dall'art. 7, comma l, letto b), l. n. 205/2000 (oggi art.
133, letto j) cod. proC. amm.), senza che l'eventuale connessione tra tale domanda e
quella di risarcimento del danno pu giustificare l'attribuzione di entrambe le domande
allo stesso giudice, essendo indiscusso in giurisprudenza il principio generale dell'in-
derogabilit della giurisdizione per motivi di connessione (da ultimo, Cassazione civile,
sez. un., 9 febbraio 2010, n. 2788).
38Cons. Stato, sez. IV, 04 febbraio 2011, n. 804, in Foro amm. CDS 2011,2,418.
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 117
Pertanto, in disparte ogni considerazione sulla circostanza di quanto in concreto sia
stata accolta la domanda, deve ritenersi che in ogni caso la giurisdizione sia stata corret-
tamente radicata dinanzi al giudice amministrativo".
8. Il riparto per materie (rinvio)
Fin qui si detto del riparto di giurisdizione ordinario e generale (la cui centrali-
t e primazia sono state ribadite dalle sentenze 204/2004 e 191/2006 della Con-
sulta) imperniato sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo, declinata
in base al criterio della causa petendi, secondo il C.d. petitum sostanziale.
Si rinvia invece alle sezioni III e IV per l'analisi dettagliata del derogatorio
criterio di riparto dato dalla giurisdizione esclusiva del G.A. (e, per chi la am-
mette, del g.o.), in cui ad un unico giudice affidata la cognizione di tutte le
controversie relative ad una materia, senza che abbia rilievo la distinzione tra
diritti ed interessi (rilevante ai soli fini processuali).
9. Riparto di giurisdizione e questioni processuali: translatio iudicii, giudi-
cato implicito e sindacato della Cassazione sulle sentenze del G.A.
Alla fine del capitolo non inopportuna una riflessione su alcuni temi proces-
suali che toccano il riparto di giurisdizione.
9.1. La translatio iudicii (art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ed art. 11
cod. proc. amm.)
Va innanzitutto preso in esame l'istituto della translatio iudicii, ispirato ad un
concetto sostanziale di unit della giurisdizione, secondo cui la domanda giudi-
~ ~ a r i a proposta di fronte ad un giudice non munito della giurisdizione conserva i
~ l . l o i effetti sostanziali e processuali presso il Giudice innanzi al quale il processo
viene proseguito dopo la declinatoria di giurisdizione pronunciata dal giudice
originariamente adito.
,," Questa logica di unit sostanziale della giurisdizione fa s che la trasposizione
innanzi al giudice effettivamente munito di giurisdizione implichi una continua-
zione del processo iniziale e non gi l'inizio di un nuovo giudizio.
l/istituto stato, per certi versi, battezzato, dalla sentenza della Corte Costituzionale, 12
w
arzo
2007, n. 77, che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 30 della legge
6 dicembre 1971, n. 1034 (L. T.A.R.), nella parte in cui non prevedeva che gli effetti, so-
stanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si
conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al
&idice munito di giurisdizione
39

39Sposando la tesi estensiva poi abbracciata d:l Legislatore, il T.A.R. Lombardia, sez. III, con
Corte Costo n.
77/2007
Artt. 59 della L.
69/2009 e art.
11 cod proc.
amm.
118 Il criterio di riparto di giurisdizione
Le esigenze di regolazione del principio della translatio, sul piano della portata della
conservazione degli effetti della domanda e delle regole per la riassunzione, sono sta-
te soddisfatte con il recente intervento del Legislatore che, nell'ambito della riforma
generale del processo civile sancita dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, ha dedicato al
tema l'apposita disciplina di cui all'art. 59. Successivamente, il recentissimo codice del
processo amministrativo ha positivizzato tale principio nell'ambito del processo innanzi
alO.A.
In particolare, il comma l dell' art. Il cod. proc. amm. dispone che: "l. Il giudice
amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudi-
ce nazionale che ne fornito "40. La prosecuzione del giudizio affrontata dal comma
2, a mente del quale "Quando la giurisdizione declinata dal giudice amministra-
tivo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e
le decadenze intervenute
41
, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della
domanda se il processo riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che
declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in
giudicato
42
"
I commi successivi dispongono poi che:
a) se sulla questione di giurisdizione non si sono gi pronunciate, nel processo,
le S.v. della Corte di Cassazione
43
, il giudice davanti al quale la causa riassun-
sentenza 24 marzo 2009, n. 1965, ha affermato che il principio della translatio si applica anche
nell'ipotesi in cui il ricorso sia stato incardinato dinanzi al giudice ab origine incompetente (in
senso contrario, tuttavia, era altra parte della giurisprudenza ante riforma: T.A.R. Lazio, Sez. III- ,
quater, 3 marzo 2008, n. 1946).
4L'obbligo di indicazione non viene quindi in rilievo in caso di difetto assoluto di giurisdizione
o di giurisdizione di un giudice straniero. Inoltre, il giudice che si spoglia non deve indicare,
nell'ambito della giurisdizione delineata, quale sia il giudice competente sul piano della materia,
del valore o del territorio, essendo questo compito di pertinenza della parte chiamata alla rias-
sunzione. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 24 gennaio 2011, n.88, ha reputato che, per ragioni
collegate alla certezza dei rapporti giuridici, alla prevenzione del contrasto tra giudicati ed alla
razionalizzazione delle energie processuali a ex. artt. Il Cost., e 6, comma 1, CEDU, la translatio
iudicii postula il passaggio in giudicato formale della sentenza declinatoria della giurisdizione.
41 La norma chiarisce, in definitiva, che l'omessa tempestiva impugnazione del provvedimento nel
termine decadenziale, provocata dall'errore nell'individuazione del giudice, non sanata (salvo
l'errore scusabile) dalla conservazione degli effetti della domanda. Gi prima della riforma, peral-
tro, T.A.R. Piemonte, sez. I, sentenza 24 aprile 2009 n. 1180, aveva evidenziato che gli effetti della
translatio iudicii della domanda proposta davanti al giudice sfornito di giurisdizione non operano
nei casi in cui vengano a costituire un mezzo per aggirare i termini decadenziali d'impugnazione
degli atti amministrativi.
42Si deve escludere, secondo TRAVI, cit., che sia un elemento della pronuncia che dichiara il
difetto di giurisdizione la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda. Va
soggiunto che non possibile la proposizione di un regolamento preventivo di giurisdizione in
seno al processo che prosegue dopo la translatio in quanto tale processo non un autonomo pro-
cedimento ma la prosecuzione dell'unico giudizio nel quale gi intervenuta una decisione sulla
giurisdizione.
43Non quindi vincolante, per il giudice ad quem, una pronuncia sulla giurisdizione resa dalle .
Sezioni semplici della Cassazione a norma dell'art. 374 c.p.c.
PARTE I - SEZIONE 1- CAPITOLO 2 119
ta pu sollevare d'ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime
S.u. della Corte di Cassazione, fino alla prima udienza (comma 3)44;
b) il principio della translatio iudicii trova applicazione anche nell'ipotesi di
regolamento di giurisdizione deciso dalle S.V. della Corte di cassazione (comma
:j;nei giudizi riproposti, il giudice amministrativo pu concedere la rimessione
in termini per errore scusabile ove ne ricorrano i presupposti (comma 5);
d) sono valutabili come argomenti di prova, nel giudizio riproposto innanzi al
giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo
di giurisdizione (comma 6);
e) onde evitare un utilizzo dilatorio della questione di giurisdizione, il Legisla-
tore ha disposto che i provvedimenti cautelari perdono la loro efficacia trenta
giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giuri-
sdizione del giudice li ha pronunciati (comma 7)45.
Il Legislatore codi cistico, dunque, ha accolto le critiche sollevate dalla prima dottrina che
si occupata della riforma, la quale aveva messo in evidenza che nulla veniva disposto
dall'art. 59 L. 69/09 in merito alla competenza a concedere il beneficio dell'errore scusabi-
le, nell'ipotesi in cui l'errore iniziale sulla giurisdizione abbia determinato una proposizione
tardiva della domanda giudiziale. La nuova norma, invece, ha tenuto presente che l'erronea
individuazione del giudice pu accompagnarsi anche con l'errore sulla situazione giuridica
tutelata e, quindi, sui termini per esercitare il diritto di azione: a tal fine, come evidenziato
nella relazione di accompagnamento al codice, "se da un lato si voluto evitare un abuso
della translatio, quale meccanismo sanante decadenze ormai verificatesi in modo inescusa-
bile, dall'altro si espressamente previsto che rimesso al giudice il potere di valutare caso
per caso se la decadenza verificatasi nonostante la salvezza degli effetti della domanda non
possa ascriversi ad errore scusabile e quindi consentire la rimessione in termini".46
44Peraltro, la giurisprudenza ha chiarito che il giudice adito sulla controversia non pu investire
direttamente le sezioni unite della Corte di Cassazione della questione di giurisdizione, dovendo
invece statuire sulla stessa ex art. 37 C.p.C., poich il citato art. 59 deputato ad operare solo ove
gi altro giudice abbia negato la propria giurisdizione. A tal fine, non pu essere considerato
provvedimento declinatorio di giurisdizione il diniego adottato da g.O. in sede cautelare, poich
la natura strumentale dell'incidente cautelare rispetto al giudizio di cognizione rende il processo
innanzi al g.a. il primo e l'unico giudizio di merito ai fini del rilievo del difetto di giurisdizione
(Cass. civ., sez. un., ord. 9 settembre 2010 n. 19256, in Il Corriere Giuridico ,3/2011,349).
~ s P e r una prima applicazione dell'art. Il cod. proc. amm., v. T.A.R. Lazio, Roma,sez. II, 19 gen-
baio 2011 e 05 gennaio 2011, n. 22; T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 24 novembre 2010,
n. 223; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 novembre 2010, n. 8059. Particolarmente
interessante, inoltre, la decisione del T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 18 gennaio 2011, n. 254,
inRed. amm. TAR 2011, 01, che ha chiarito come l'istituto della translatiojudicii opera solo sul
crinale processuale, in caso di esperimento dell'azione innanzi a giudice privo di giurisdizione,
e non sul piano sostanziale, a sanatoria di eventuali termini decadenziali o prescrizionali ormai
spirati: il loro decorso, infatti, esclude che possa essere pi esperito alcun mezzo processuale, sia
dinanzi al giudice amministrativo che a quello civile.
46La relazione finale cos chiarisce le ragioni per cui non si ritenuto di poter accogliere le mol-
Limiti alla
rilevazione
d'ufficio del
difetto di
giurisdizione
120 Il criterio di riparto di giurisdizione
9.2. Il giudicato implicito sulla giurisdizione (art. 9 cod. prac. amm.)
Ispirato ad una logica di concentrazione e di razionalizzazione invocata dalla pi
recente giurisprudenza, il codice del processo, in adesione al prevalente orien-
tamento della Corte di Cassazione, ha fornito un'interpretazione innovativa, re-
strittiva e costituzionalmente orientata, della -regola della rilevabilit d'ufficio
del difetto di giurisdizione, in base alla quale "il difetto di giurisdizione rileva-
to, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo".
L'art. 9 cod. proc. amm., infatti, ha stabilito che la questione di giurisdizione
non pi sollevabile (n dalle parti, n ex officio) allorquando nei precedenti
gradi di giudizio non sia stato posto il problema in modo esplicito e, di con-
seguenza, sia proseguito l'iter giudiziario innanzi al giudice "apparentemente"
munito di giurisdizione.
stata cos definitivamente recepita la necessit di coordinamento del principio di rile-
vabilit di ufficio del difetto di giurisdizione, consacrato ante riforma dall'art. 37 C.p.c.,
con le disposizioni di cui agli artt. 324 e 329 c.p.c., dalle quali discende l'impossibilit
(per le parti e per il giudice) di porre in dubbio la sussistenza della giurisdizione in capo
all'autorit giudiziaria procedente se la sentenza (di primo o secondo grado) che ha
statuito esplicitamente sulla questione non sia stata espressamente impugnata sul punto.
Pi in particolare, si riteneva che, "qualora il giudice decida espressamente sia sulla
giurisdizione sia sul merito, e la parte impugni solo sul merito, precluso al giudice
d'appello ed alla Cassazione il rilievo d'ufficio della questione di giurisdizione e alla
parte interessata non consentito introdurla in sede di legittimit se non l'abbia propo-
sta anche in appello [ ... ]. La preclusione alla contestazione deriverebbe dalla formazione
di un giudicato interno sulla questione di giurisdizione e/o dall'acquiescenza in quella
direzione manifestata.
In applicazione di tali coordinate normative, dunque, non pu ritenersi che,
ove le parti non abbiano mai contestato la spettanza della giurisdizione in capo
all'organo giudicante che ha trattato i precedenti gradi di giudizi, la questione sia
rimasta "non toccata" dal giudice e rimanga quindi suscettibile di essere esaminata
in qualunque successivo stadio del processo. Al contrario, anche in questa ipotesi
si forma un giudicato (ancorch implicito, perch non espresso) sulla giurisdizio-
teplici osservazioni (della Commissione Affari costituzionali del Senato e della Commissione
Giustizia della Camera) che suggerivano di sostituire - ferma comunque restando, nella traslatio
judicii, la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della prima domanda, secondo quanto
richiesto dalla pronuncia della Corte costituzionale 12 marzo 2007, n. 77 -la "riproposizione" del
ricorso con la sua "riassunzione". Se quest'ultima, infatti, implica la totale conservazione degli ef-
fetti degli atti compiuti nel primo giudizio svoltosi davanti a un giudice privo di giurisdizione, ci
sarebbe stato in stridente contrasto con il disposto dell'ultimo comma dell'art. 59 della L. 69 del
2009 (la stessa legge, peraltro, il cui art. 44 reca la delega sulla cui base il codice stato redatto),
oltre che con il comma 2 dello stesso art. 59, recante la norma cardine in materia di traslatio, che
fa parimenti riferimento alla "riproposizione" della domanda davanti al giudice fornito di giuri-
sdizione. Se, allora, si fosse introdotta una "riassunzione" anche pel transito da una giurisdizione
all'altra, si sarebbe stravolto l'istituto gi forgiato nel cit. art. 59.
PARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 121
ne, analogo a quello esplicito che sorge ove la questione sia affrontata expressis
verbis
47

Va segnalata, poi, la recentissima pronuncia delle S.V. del 18 giugno 2010 n. 14828,
la quale ha evidenziato che "Nel quadro dell'attuale lettura del sistema, alla luce della
evoluzione giurisprudenziale e legislativa (v. art. 59 della L. 69 del 2009) che ha dato
ingresso nell'ordinamento processuale al princ"pio della trans/atio iudicii nei rapporti
tra giudice ordinario e giudice speciale, non pi possibile limitare - come fin qui ri-
tenuto - la preclusione del regolamento preventivo di giurisdizione dopo che il giudice
di merito abbia emesso una pronuncia declinatoria della propria giurisdizione alla sola
ipotesi di proposizione dello stesso nell'ambito del giudizio promosso innanzi a detto
giudice, con esclusione del caso in cui il regolamento venga proposto a seguito della
riassunzione del giudizio innanzi al giudice indicato dal primo come quello fornito di
potestas iudicandi. La preclusione alla proponibilit del regolamento preventivo di giu-
risdizione deve ritenersi sussistente, quindi, in difetto di impugnativa sulla pronuncia di
difetto di giurisdizione, anche nel caso di giudizio riassunto dinanzi al secondo giudice
in virt della formazione del giudicato implicito sulla giurisdizione".
La previsione in esame, peraltro, costituisce logico corollario di quanto dispo-
sto dall'art. 276, co. 2, c.p.c., laddove si prevede che "il Collegio decide gra-
datamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio,
e quindi il merito della causa n. Da tali premesse consegue che anche nelle
decisioni in cui la questione di giurisdizione non venga espressamente affron-
tata si forma una statuizione sul punto, con la conseguenza che la mancata
proposizione di appello implica una acquiescenza sulla questione e determina
la formazione di un giudicato implicito, intangibile in Cassazione al pari di
quello esplicito.
. Deve evidenziarsi, da ultimo, come l'istituto del giudicato implicito con-
sacrato dall'art. 9 cod. proc., costituisce filiazione dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del giudizio (art. 111 Cost.), dal momento
che si porrebbe in netto contrasto coi predetti principi la condotta delle parti
in causa che hanno lasciato celebrare pacificamente ben due gradi di giudizio
senza obbiettare alcunch - pur potendolo fare sin da subito - in ordine alla
sllssistenza della potestas iudicandi in capo al giudice ad"to. L'azzeramento di
ogni attivit processuale conseguente ad una eventuale e "tardiva" decisione
declinatoria della giurisdizione, infatti, non sarebbe certamente in linea col
richiamato principio di ragionevole durata del processo, e si tradurrebbe in un
profondo disvalore con riguardo all'efficienza delle soluzioni ed alla tempesti-
vit della sentenza.
", La nuova norma, inoltre, tiene anche conto del giudizio di anacronisticit del
~ ~ h l C i p i o di incomunicabilit dei vari ordini giurisdizionali espresso dalla Corte
4iSulpunto v., da ultimo, la recentissima ordinanza delle Sezioni Unite, 22 novembre 2010 n.
23596. Conf. C.G.A. 17 gennaio 2011, n. 26.
Applicazioni
giurispruden-
ziali
122 Il criterio di riparto di giurisdizione
Costituzionale nella nota decisione sulla c.d. translatio iudicii (n. 77/2007, su
cui v. precedente), nonch dell' affermazione contenuta nella medesima senten-
za in base alla quale la pluralit di giudici presenti nel nostro ordinamento - se,
da una parte, offre garanzie di maggior adeguatezza e professionalit del servizio
giustizia - non pu certamente risolversi nella sostanziale vanificazione della tu-
tela giurisdizionale di diritti ed interessi che si avrebbe allorch la pronuncia non
risolvesse il merito della controversia, limitandosi a decidere aspetti meramente
procedurali.
Da ultimo, deve osservarsi come la soluzione normativa proposta non si pone
in contrasto col principio costituzionale che pone il diritto al "giudice natura-
le precostituito per legge" (art. 25 Cost.). La Corte Costituzionale, infatti, (n.
128/1999) ha sempre escluso la sussistenza della violazione dell'art. 25 Cost.
analizzando la disposizione del codice di rito che pone limiti temporali alla ri-
levabilit del difetto di competenza del giudice ad"to, in tal modo legittimando
la discrezionalit del Legislatore ad introdurre limitazioni alla possibilit di rile-
vare i vizi di competenza a vantaggio dell'interesse all'ordine ed alla speditezza
del processo.
La giurisprudenza non ha mancato di occuparsi del nuovo istituto.
In particolare, l'art. 9 cod. proc. amm. stato oggetto di una recentissima decisione
del Consiglio di Stato (sez. VI, lO marzo 2011, n. 1537), il quale, nel farne applicazione,
ha scandagliato la natura ed i contorni applicativi dell'istituto.
Di seguito si riportano i passaggi pi significativi della pronuncia.
"Secondo l'art. 9 del codice del processo amministrativo [ .. .j, se in primo grado il
difetto di giurisdizione rilevato anche d'ufficio, nei giudizi di impugnazione non pi
rilevabile d'ufficio, ma deve formare oggetto di uno specifico motivo d'appello (che nel
caso di specie non stato proposto: l'eccezione viene sollevata solo con una memoria
successiva nel corso dell'appello).
Il che significa che anche nel processo amministrativo stato introdotto, e in via
legale, il principio del c.d. giudicato interno implicito sulla questione di giurisdizione
trattata, seppur tacitamente, dal giudice di primo grado (cfr. per tutte, per il processo
civile, Cass., Ss. Uu., 9 ottobre 2008, n. 24883). In difetto di un siffatto "specifico mo-
tivo", si intende che la parte che aveva interesse a sollevare la carenza di giurisdizione
vi ha fatto acquiescenza.
Tale regola incide sugli strumenti processuali ed quindi di immediata applicazione.
Ne deriva qui che comunque ormai precluso l'esame della questione. A ci si aggiunge
che, in ragione dei medesimi principi ispiratori di tale nuovo regime, che l'eccezione
medesima non pare pi sollevabile dalla parte che vi ha dato luogo, agendo in primo
grado mediante la scelta del giudice del quale, poi, nel contesto dell 'appello disconosce
e contesta la giurisdizione. Ritenere il contrario, infatti, si porrebbe in contrasto con i
principi di correttezza e affidamento che modulano il diritto di azione e significherebbe,
in caso di domanda proposta a giudice carente di giurisdizione, non rilevata d'ufficio,
attribuire alla parte la facolt di ricusare la giurisdizione a suo tempo prescelta, in ra-
gione dell'esito negativo della controversia.
P ARTE I - SEZIONE I - CAPITOLO 2 123
In quanto contenuto di una vera e propria eccezione in senso tecnico (e non pi,
uindi, di una mera segnalazione al giudice al fine della attivazione di un potere eserci-
;abile d'ufficio; potere gi, peraltro, limitato in relazione alla formazione del giudicato
interno: tra le altre, Cons. Stato, Ad. plen., 30 luglio 2008, n. 4 e Cass., SS. Uu., 24
luglio 2009, n. 17349), si deve quindi ritenere inammissibile censura
iurisdizione qui sollevata dagli appellanti, che avevano scelto dz proporre zl ricorso dz
g -1 -1 . l . d' . . t t' "48
primo grauo uavantz a gzu zce ammZnlS ra zvo .
9.3. L'ampiezza del sindacato della Cassazione sulle decisioni del Consiglio
di Stato (Cass., S. U, Ord. 6 marzo 2009, n. 5464)
V:
a da ultimo, esaminata la questione, sulla quale il codice non interviene, Il sindacato
, della
dell'ampiezza del sindacato delle S.V. della Corte di cassazione sulle decisioni Cassazione
del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. La vicenda stata affrontata dap- sulle pronunce
prima con la citata ordinanza n. 13659/2006 delle S.v. della Cassazione, che
ritenuto di poter sindacare la pronuncia di inammissibilit da parte del G.A. In avviso di S.U n.
relazione alla domanda di risarcimento del danno da lesione d'interesse legitti- 13659/2006
mo per intempestiva attivazione dell'azione di annullamento avverso il provve-
dimento foriero della lesione, in termini di diniego di giurisdizione da parte del
G.A. (sul tema v. sez. II, cap. IV, 7.1.5.).
Di tali principi stata da ultimo fatta concreta applicazione da parte di Cass., S.u. con
Ordinanza 6 marzo 2009 n. 5464, che ha annullato una decisione del Consiglio di Stato
che aveva dichiarato l'inammissibilit della domanda sull'applicazione alla controversia
del principio di diritto, di recente enunciato dalle S.U. della Corte, nell'interesse della
legge, ai sensi dell'mi. 363 c.p.c., (Cass. S.U. 23 dicembre 2008, n. 30254). Di seguito
si riporta la massima ufficiale della decisione in commento:
a) "Ai fini dell'individuazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, che
tradizionalmente delimitano il sindacato consentito alle S.U. sulle decisioni del Consi-
glio di Stato che quei limiti travalichino, si deve tenere conto dell'evoluzione del concet-
to di giurisdizione - dovuta a molteplici fattori: il ruolo centrale della giurisdizione nel
rendere effettivo il primato del diritto comunitario; il canone dell'effettivit della tutela
giurisdizionale; il principio di unit funzionale della giurisdizione nell'interpretazione
del sistema ad opera della giurisprudenza e della dottrina, tenuto conto dell'ampliar-
si delle fattispecie di giurisdizione esclusiva; il rilievo costituzionale del principio del
giusto processo ecc. - e della conseguente mutazione del giudizio sulla giurisdizione
rimesso alle S.u., non pi riconducibile ad un giudizio di pura qualificazione della situa-
zione soggettiva dedotta, alla stregua del diritto oggettivo, n rivolto al semplice accer-
tamento del potere di conoscere date controversie attribuito ai diversi ordini di giudici
di cui l'ordinamento dotato, ma nel senso di tutela giurisdizionale dei diritti e degli
interessi, che comprende, dunque, le diverse tutele che l'ordinamento assegna a quei
giudici per assicurare l'effettivit dell' ordinamento. Infatti norma sulla giurisdizione
48In termini v. anche Cons. Stato, sez. VI, lO marzo 20 Il, n. 1537, in Diritto & Giustizia 20 Il.
124 Il criterio di riparto di giurisdizione
non solo quella che individua i presupposti dell'attribuzione del potere giurisdizionale,
ma anche quella che da contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso
le quali esso si estrinseca. Pertanto, rientra nello schema logico del sindacato per motivi
inerenti alla giurisdizione l'operazione che consiste nell 'interpretare la norma attributiva
di tutela, onde verificare se il giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma
8, la eroghi concretamente e nel vincolarlo ad esercitare la giurisdizione rispettandone
il contenuto essenziale, cos esercitando il sindacato per violazione di legge che la S.C.
pu compiere anche sulle sentenze del giudice amministrativo".
b) "Proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla
condanna al risarcimento del danno prodotto dall'esercizio illegittimo della funzione
amministrativa, viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed soggetta a cas-
sazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo
che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l'illegittimit
dell'atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annul-
lamento. L'attribuzione al giudice amministrativo della tutela risarcitoria, in caso di
esercizio illegittimo della funzione pubblica, presuppone che quella tutela sia esercitata
con la medesima ampiezza, sia per equivalente sia in forma specifica, che davanti al
Giudice ordinario e, per altro verso, che spetta, in linea di principio, al titolare dell'in-
teresse sostanziale leso, nel caso in cui alla tutela risarcitoria si aggiunga altra forma di
tutela (ad es., quella demolitoria), scegliere a quale far ricorso al fine di ottenere ristoro
al pregiudizio subito".
SEZIONE II
LA TUTELA DELL'INTERESSE LEGITTIMO
INNANZI AL GIUDICE AMMINISTRATIVO
IN SEDE DI GIURISDIZIONE DI LEGITTIMIT
CAPITOLO 1
Le tecniche di tutela dell 'interesse legittimo:
dal giudizio sull'atto al giudizio sul rapporto
SOMMARIO: 1. Evoluzione storica e ragioni della struttura impugnatori a del processo amministra-
tivo. - 2. I dieci corollari processuali del sistema impugnatorio. - 3. Come si cambia per
non morire: dal giudizio sull'atto al giudizio sul rapporto. - 3.1. L'imperativo costituzionale.
_ 3.2. La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo impone la penetrazione della fondatezza
sostanziale della pretesa. - 3.3. Il Legislatore varca il Rubicone. - 3.3.1. La L. 20512000
allarga i motivi aggiunti e introduce la consulenza tecnica. - 3.3.2. Le novit introdotte dalle
leggi nn. 15 e 80/2005, dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 e dal codice del processo ammini-
strativo: il sindacato sostanziale sui vizi formali e l'indagine estesa al rapporto nel giudizio
relativo al silenzio-rifiuto. - 3.4. I dieci corollari processuali rovesciati nel giudizio sul rap-
. porto. - 4. Le azioni esperibili: verso l'atipicit della tipologia e dei contenuti.
Il presente capitolo dedicato all'esame delle tecniche di tutela dell'interesse
legittimo nel giudizio amministrativo di cognizione. Si passer in rassegna la
progressiva trasformazione del giudizio amministrativo da giudizio sull'atto,
anzi da processo all'atto, in giudizio sul rapporto. Nei capitoli successivi, forti di
questa premessa, si esaminer il ventaglio delle azioni esperibili innanzi al G.A.
in sede di giurisdizione di legittimit a tutela dell'interesse legittimo.
t i Evoluzione storica e ragioni della struttura impugnatoria del processo
amministrativo
Il bisogno di tutela dell'amministrato nei confronti della Pubblica Amministra-
non sempre stato un principio immanente nel nostro ordinamento. La
maggiore preoccupazione del Legislatore postunitario, lungi dall'essere quella
assicurare la tutela del cittadino nei confronti dell'autorit amministrativa,
era, infatti, quella di dettare le "guarentigie dell'amministrazione nei confronti
del potere giudiziario"
La scarsa considerazione che il nostro Legislatore aveva degli interessi La L. 2248/1865
legittimi (meglio, gli interessi diversi dai diritti o, meglio ancora, ai sen- ali. E
3 L. 20 marzo 1865, n. 2248, alI. E, "gli affari non compresi
nell'articolo precedente") plasticamente rappresentata dalla celebre fra-
l
128 Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
se di Stanislao Mancini, pronunciata in occasione dei lavori parlamentari
che hanno portato, nel 1865, all'approvazione della legge abolitrice del
contenzioso amministrativo: "[ ... ] sia pure che l'autorit amministrativa
abbia fallito la sua missione, che non abbia provveduto con opportunit
e saggezza, [ ... ] sia pure che essa abbia, e forse anche senza motivi, rifiu-
tato ad un cittadino una permissione, un vantaggio, un favore, che ogni
ragione di prudenza e di buona economia consigliasse di accordargli ...
sia pure che questo cittadino stato di conseguenza ferito, e forse anche
gravemente, nei propri interessi: che perci? [ ... ] che cosa ha sofferto il
cittadino in tutte le ipotesi test discorse? Semplicemente una lesione degli
interessi? Ebbene, che vi si rassegni". Si ponga mente al raggelante impe-
rativo "si rassegni".
La concezione autoritaria della Pubblica Amministrazione ha poi influito su
La struttura tutta la legislazione successiva, e, persino dopo l'istituzione della IV Sezione
del Consiglio di Stato nel 1889 ed il riconoscimento della funzione giurisdizio-
amministrativo naIe della stessa (avvenuto nel 1907), l'interesse legittimo stato considerato
quale oggetto di tutela solo indiretta ed occasionale da parte dell'ordinamen-
to.
Lo stesso Costituente, nello stabilire le garanzie giurisdizionali dei citta-
dini, ha mantenuto in vita il sistema dualistico di tutela nei confronti della
Pubblica Amministrazione, confermando il carattere speciale del diritto am-
ministrativo.
Non ci si pu, dunque, meravigliare se la struttura del giudizio amministra-
tivo sia stata concepita in chiave impugnatori a, in quanto tale conformazione
costituisce lo strumento migliore per il perseguimento dell'interesse pubblico,
nel rispetto del principio della certezza del diritto.
Il modello impugnatori o del processo era cristallizzato nell'art. 45 T.V. 26
giugno 1924, n. 1054 (sostanzialmente confermato dalla legge istitutiva dei
T.A.R. del 1971 all'art. 26), il quale stabiliva che il ricorso si propone avverso
"atti e provvedimenti" e che, in caso di accoglimento del ricorso, il Consiglio
di Stato "annulla l'atto o il provvedimento, salvo gli ulteriori provvedimenti
dell' autorit amministrativa".
Il privato, dunque, nel sistema impugnatorio classico, non vedeva tutelata
la sua posizione sostanziale, dovendo il giudice amministrativo accertare solo
che non vi fosse stato un uso arbitrario del potere pubblico da parte dell'ammi-
nistrazione, senza avere agio di soffermarsi sulla fondatezza delle richieste del
ricorrente e, dunque, sulla spettanza del bene della vita.
In un sistema imperniato su di una rigida tipicit delle tecniche di tutela,
l'unica azione concessa era quindi quella tesa all'annullamento del provvedi-
mento in relazione ai vizi riscontrati in base ad un controllo estrinseco che non
consentiva, in omaggio al principio di separazione dei poteri, una sostituzione
nella verifica della fondatezza della pretesa sostanziale.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 1 129
La sentenza del giudice amministrativo non definiva quindi au fond, almeno
per gli interessi pretensivi, la res litigiosa, le del apo-
strofo guicciardiano che separa due segmentI del flUIre dell aZIOne ammIll1stra-
tiva. Si pu dire, un po' causticamente, che la sentenza del G.A., nel limitarsi
a verificare la presenza dei vizi denunciati in seno all'atto impugnato, senza
traguardare la bont sostanziale dell'aspirazione del privato, verificava se l'am-
ministrazione avesse torto piuttosto che stabilire se il privato avesse ragione.
In definitiva, il soddisfacimento dell'interesse era subordinato al riesercizio
del potere amministrativo, fatto salvo ai sensi dell'art. 26 della L. 1034/1971.
Riesercizio che, ove affetto da profili di illegittimit non toccati dal giudicato,
innescava un successivo ricorso di cognizione in una spirale perversa destinata a
non avere teoricamente mai fine. La scarsa effettivit della tutela, insita nell' ac-
cumulo di vittorie di Pirro, incapaci di appagare alcun bisogno sostanziale, era
poi accentuata dal disconoscimento di una tutela risarcitoria dell'interesse legit-
timo.
2. I dieci corollari processuali del sistema impugnatorio
La struttura del giudizio impugnatorio sull'atto portava con s dieci corollari
relativi alla conformazione del processo amministrativo tradizionale:
l) non erano ammesse azioni di accertamento e di condanna, postulanti una non
consentita penetrazione del rapporto;
2) non era consentita all'amministrazione, in giudizio, un 'integrazione postuma
della motivazione del provvedimento impugnato, che sarebbe stata contradditto-
ria con l'identificazione dell'oggetto del giudizio nell'atto originario con la sua
motivazione storica;
3) anche il giudizio cautelare, secondo una logica di simmetria con la possibile
decisione finale, aveva ad oggetto la semplice legittimit del provvedimento e
si concretizzava nella mera sospensione (anticipatoria dell'annullamento) del
provvedimento, senza poter essere arricchita da misure atipiche o propulsive;
4) un processo teso alla mera verifica della conformit dell'atto alla legge, alla
luce delle risultanze procedimentali, si appalesava meramente cartolare, non ab-
bisognando dell'acquisizione di fatti estranei a quelli risultanti ex actis: donde
la limitazione dei mezzi di prova ammessi nel processo di legittimit (ai sensi
dell'art. 44 del T.u. Cons. St. n. 1054/1924) alla sola acquisizione di documenti
e chiarimenti nonch alle verificazioni, e la non ammissione dei mezzi di prova
del processo civile (testimonianza e consulenza tecnica in particolare), invero
necessari ai fini dell' acquisizione dei profili fattuali di un rapporto giuridico-
economico;
5) sempre sul versante istruttorio, l'avere il giudizio ad oggetto un provvedi-
mento reso sulla base di un'istruttoria procedimentale alla quale il privato era
estraneo, limitava l'onere probatorio imposto al ricorrente alla sola deduzione
La P.A. ha torto
ma il privato
non ha ragione
130 Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
di un principio di prova suscettibile di essere supplito dall'intervento giudiziario
alla stregua del metodo acquisitivo;
6) si era sviluppata la discutibile prassi dell 'assorbimento dei motivi, in base alla
quale la valutazione della ricorrenza dei vizi (ormali, ed in particolare di quello
di incompetenza, conducendo al risultato dell'annullamento senza un'eccessiva
incidenza verso il riesercizio del potere amministrativo, impediva la cognizione
dei vizi pi ficcanti sull'angolazione sostanziale del potere;
7) il riesercizio del potere successivo al giudicato di annullamento, ove affetto
da vizi diversi da quelli colti dalla sentenza, non contraddiceva un giudicato che,
per definizione, non poteva dettare prescrizioni sul rapporto e innescava un nuo-
vo giudizio di cognizione, secondo uno schema seriale ipoteticamente infinito;
8) invece, in caso di provvedimento affetto da vizi sostanzialmente reiterativi di
quelli colti dal Primo Giudice, cos come nell'ipotesi di inerzia dell'ammini-
strazione nell'esercizio del potere, veniva in rilievo una violazione/elusione del
giudicato, suscettibile di essere stigmatizzata in un giudizio di ottemperanza;
9) nel caso di cui al punto che precede, il giudice dell' ottemperanza, in prima
persona o per il tramite del commissario ad acta all'uopo designato, era chia-
mato a svolgere un' attivit non di mera esecuzione ma di cognizione, dovendo,
in via sostitutiva rispetto ad un'amministrazione silente o riottosa, indagare su
quella fondatezza sostanziale della pretesa nel rapporto amministrativo della
quale si era invece disinteressato un giudizio di cognizione concentrato sulla
sola legittimit estrinseca dell'atto: l'ottemperanza non era, quindi, un rimedio
meramente esecutivo ma anche schiettamente sostitutivo, persino ai fini della
spendita di sacche di potere discrezionale;
lO) infine anche nel giudizio sul silenzio-rifiuto, finanche in caso di attivit integral-
mente vincolata, il Giudice non varcava la porta del rapporto sostanziale, limitandosi
a pronunciare una sentenza, un po' inquietante e dal sapore notarile, che annullava il
silenzio sulla base del mero riscontro della violazione del termine, lasciando intatto il
riesercizio, anzi il primo esercizio, del potere (cos, per tutte, Ad. Plen. 1/2002).
Un r ~ c e s s o Questi dieci corollari ci consegnano dunque un processo amministrativo ab-
poco utIle per b "1' fi . d l dd' f:' d l" . ...
gli interessi astanza mutI e aI 1m e so lS aClmento eg 1 mteressl pretenSlV1. SI pu dire
pretensivi che l'imperativo mancini ano "si rassegni" non aveva perso completamente di
attualit. Ben diverso il discorso per gli interessi oppositivi, per i quali l'annul-
lamento soddisfa in pieno l'esigenza di difesa di un bene preesistente nel baga-
glio del privato. Ci dimostra che il processo amministrativo stato sagomato
sulle fattezze degli interessi oppositivi ed stato per molti decenni disattento alle
diverse esigenze che connotano la tutela degli interessi pretensivi; interessi dei
quali si , solo col tempo, percepita la centralit e la specificit.
3. Come si cambia per non morire: dal giudizio sull'atto al giudizio sul rapporto
Acqua passata sotto i ponti: le parole della bella canzone di Fiorella Man-
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO l
131
noia ci inducono a riflettere se il Giudice amministrativo possa sopravvivere
erogando una tutela cos formale, incidentale ed asfittica; o se, invece, sia
necessaria una rilettura, in chiave sostanzialistica e finalistica, del giudizio
amministrativo.
Molteplici argomenti rendono preferibile questa seconda via, resa ormai do-
verosa dalla emanazione del recentissimo codice del processo amministrativo,
che ha per molti aspetti recepito normativamente le riflessioni di seguito ripor-
tate, suggellando a livello positivo lo spostamento del baricentro della valuta-
zione giudiziale dall'atto al rapporto. Il guado del Rubicone stato da ultimo
suggellato, in via pretoria, nel 20 Il dalle decisioni nn. 3 e 15 rese dall'Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato.
3.1. L'imperativo costituzionale
In primo luogo, il viaggio verso un giudizio sul rapporto, nel sindacato sugli atti Artt. 24, 103 e
. .. . d' . l" . Il 113 Costo
vincolati che non implicano una sostItuzIOne m poten lscrezIOna 1 nservatI a a
P.A., imposto dal principio di effettivit e pienezza della tutela giurisdizionale,
sancito dagli artt. 24, 103 e 113 della nostra Carta Fondamentale e rafforzato dai
principi comunitari cristallizzati nella Carta Fondamentale di Nizza e nella Con-
venzione Europea per la salvaguardia dei Diritti fondamentali dell'Uomo. L'in-
teresse legittimo, ormai inteso quale posizione sostanziale direttamente tutelata,
non pu e non deve arrestarsi alle soglie della tutela di annullamento di stampo
estrinseco e incidentale; si rende, dunque, necessario l'approntamento di una
tecnica di tutela capace di garantire al privato il conseguimento diretto del bene
della vita cui aspira. doveroso, dunque, accedere, senza un'insensata paura del
nuovo, ad una lettura moderna del sistema processuale, capace di sincronizzare
il crogiuolo delle tecniche di azione con i sempre pi avvertiti bisogni di tutela.
Si staglia, allora, prepotente, la questione della proponibilit di azioni atipiche
nel processo amministrativo, quali le azioni di accertamento, che esulino dagli
schemi dell'azione di annullamento per penetrare il rapporto, onde accertare,
una volta per tutte e senza dilazioni bizantineggianti, la fondatezza della pretesa
sostanziale.
Al fine di superare le obiezioni poste a tale trasformazione in senso sostan- Non decisivo
. l' . . . .. l ... . h l'ostacolo della
ZIa lStIco del sindacato gmnsdlzIOna e ammmlstratIvo, occorre nmarcare c e separazione dei
la rafio del principio della separazione dei poteri non tradita da un accerta- poteri
mento pi pregnante del fatto da parte del giudice amministrativo, ove detto
sindacato pieno sia limitato ai casi di attivit vincolata. La mancata invasione
dei territori, essi s riservati, del potere discrezionale amministrativo e dei giu-
dizi discrezionali tecnici, rende infatti ragione di quanto il controllo giurisdi-
zionale non decampi nella non ammissibile invasione di territori lasciati in
mano al potere amministrativo, ma si esaurisca nel riscontro della sussistenza
dei fatti posti a base del vincolo di legge. Un accertamento di fatti in base ai
Cass., S.u.
500/99 entra nel
rapporto
132 Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
parametri di legge: ossia un'operazione di schietto e tradizionale taglio giuri-
sdizionale.
3.2. La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo impone la penetrazione del-
la fondatezza sostanziale della pretesa
La soluzione qui prospettata riguardo all'evoluzione dell'oggetto del giudizio
amministrativo ormai obbligata anche dall'avvento della tutela risarcitoria
dell'interesse legittimo (sulla quale v. il cap. IV).
noto cha la storica sentenza n. 500/1999 della Cassazione a S.D. (seguita
a breve dall'art. 7 L. 205/2000, che ha affidato al giudice amministrativo la co-
gnizione delle domande di risarcimento dei danni nell'ambito della sua giurisdi-
zione, e, da ultimo, dall'art. 30 cod. proc. amm.), nel riconoscere la risarcibilit
degli interessi legittimi, ha affermato che il giudice deve procedere ad una ve-
rifica pro gnostica sulla spettanza del bene della vita ai fini del risarcimento del
danno.
Ai fini della somministrazione della tutela per equivalente, dunque, il giu-
dice non pu soffermarsi sulla cruda illegittimit del provvedimento, ma deve
indagare sul rapporto sottostante, onde valutare la fondatezza sostanziale della
pretesa.
Sebbene si debba ammettere che il giudizio di spettanza, in sede di azione
diretta ad ottenere il risarcimento del danno, sia solo ipotetico, e non com-
porti dunque ingerenza del giudice amministrativo, nondimeno il semplice
riconoscimento della possibilit per il giudice di valutare la fondatezza della
pretesa comporta la caduta di molti tab, e soprattutto di quello che vorrebbe
il giudice amministrativo privo degli strumenti idonei all'accertamento del
fatto.
Si pu dunque affermare che il necessario accertamento della spettanza del
bene della vita ai fini risarcitori porta come corollario la possibilit di un sinda-
cato sul rapporto anche in sede d'impugnazione dell'atto. Invero, sarebbe con-
traddittorio ammettere che il G.A. possa valutare la fondatezza dell'istanza per
accordare un risarcimento monetario (ossia un surrogato economico del bene
illegittimamente denegato) e non per poter accordare al privato il bene effettivo
al quale anela. illogico, cio, che il Giudice possa conoscere del rapporto per
accordare la tutela equivalente e non quella specifica.
La contraddizione diviene ancora pi evidente ove si ponga mente alla possi-
bilit della reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c. ed art. 7 L. T.A.R.
(ora art. 30, co. 2, cod. proc. amm.). Prescindendo dalle disquisizioni in merito ai
requisiti ed alla natura di detto rimedio, per i quali si rimanda alla sede opportuna
(cap. IV di questa sezione), si deve qui rilevare che non vi una vera differenza
tra accertamento della spettanza ai fini della reintegrazione in forma specifica ed
accertamento della stessa ai fini della statuizione sul rapporto.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO l 133
3.3. Il Legislatore varca il Rubicone
Dirimenti, per abbattere gli ostacoli che parte della dottrina frappone alla nuova
visione del giudizio amministrativo come giudizio sul rapporto, risultano poi
le innovazioni apportate al processo amministrativo dalle leggi nn. 205/2000,
15/2005 e 80/2005, poi ampiamente trasfuse e sviluppate nel nuovo codice del
processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010).
3.3.1. La L. 205/2000 allarga i motivi aggiunti e introduce la consulenza
tecnica
Cominciando con la legge 205/2000, va osservato che l'art. 1 della stessa ha I motivi g g i u n t i
accordato al privato la possibilit di impugnare i provvedimenti connessi con allargatI
l'oggetto del giudizio adottati dalla P.A. nel corso del processo mediante lo stru-
mento dei motivi aggiunti. Detta innovazione non pu, infatti, essere considerata
un mero strumento di economia processuale.
La possibilit di veicolare all'interno dello stesso giudizio una pluralit di provvedimen-
ti inerenti allo stesso oggetto sposta definitivamente il baricentro del processo dalla va-
lutazione della legittimit del singolo atto amministrativo allo scrutinio sostanziale della
fondatezza della pretesa del privato, contribuendo ad una visione non pi atomistica ma
sintetica del rapporto amministrazione-amministrato.
La nuova possibilit per il giudice di conoscere dei provvedimenti successivi me-
diante lo strumento dei motivi aggiunti porta, inoltre, a rimeditare molte delle questioni
riguardanti l'emanazione dei provvedimenti sopravvenuti. chiaro, infatti, da un lato,
che nel sistema attuale l'emanazione in corso di causa di un nuovo provvedimento che
emendi i vizi dell'atto precedente non porr fine tout court al precedente giudizio, ben
potendo l'amministrato avvalersi del nuovo strumento dei motivi aggiunti, e dall'altro
che, proprio per via di questa nuova possibilit, l'Amministrazione sar libera di ema-
nare i provvedimenti stessi anche laddove, per il principio della parit delle parti, la
giurisprudenza l'aveva escluso.
In questo quadro si segnala la giurisprudenza
l
secondo cui l'innovazione sui moti-
vi aggiunti allargati "che permette di far confluire ali 'interno del giudizio tutti gli atti
connessi al suo "oggetto ", non va vista soltanto come uno strumento di economia pro-
cessuale. La sua portata impone innanzi tutto di rivedere la tradizionale identificazio-
~ e senza residui dell'oggetto del giudizio amministrativo con il singolo provvedimento
impugnato. Il presupposto logico, infatti, che ha reso possibile l'estensione dell'impu-
gnativa ai provvedimenti sopravvenuti mediante semplici motivi aggiunti ali 'interno del
giudizio gi pendente risiede in ci, che il Legislatore del 2000 ha rimodellato l'oggetto
del processo amministrativo intorno alla pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente.
Ebbene, questa nuova norma comporta che l'adozione di un ulteriore provvedimento,
i1Jteso ad emendare un vizio dell'atto formante oggetto di un gravame, non pone pi,
oggi, automaticamente fine al relativo giudizio (strutturato, innovativamente, come giu-
L'art. 43 cod.
proc. amm.
Il ruolo della
consulenza
tecnica
Il nuovo regime
dei c.d. vizi non
invalidanti
134
Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
dizio sul rapporto), ma abilita semplicemente l'interessato ad integrare la sua origina-
ria impugnativa mediante motivi aggiunti".
La centralit dei motivi aggiunti quale strumento di scandaglio del rapporto so-
stanziale azionato in giudizio trova oggi un'ulteriore conferma nel potenziamen-
to dell'istituto ad opera del Codice del Processo Amministrativo, il quale dedica
una specifica disposizione all'istituto in esame: a mente dell'art. 43 cod. proc.
amm., invero, i ricorrenti, principale e incidentale, possono addurre con motivi
aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande gi proposte, ovvero domande
nuove purch connesse a quelle gi spiegate. La norma, dunque, ha accolto l'in-
terpretazione giurisprudenziale che consentiva l'impugnazione di un provvedi-
mento nuovo con lo strumento dei motivi aggiunti anche nei casi in cui le parti
della nuova impugnazione non coincidano con quelle dell'atto introduttivo del
giudizio.
L'introduzione dello strumento dei motivi aggiunti non invero l'unica in-
novazione degna di nota della L. 205/2000 e delle omologhe disposizioni del
codice del processo amministrativo. L'art. 16 della L. 205 cit., infatti, ampliando
notevolmente il bagaglio probatorio del giudice amministrativo, ha introdotto
la possibilit per il G.A., anche in sede di legittimit, di disporre la consulenza
tecnica Cv. parte III, cap. III, 3). L'introduzione di questo strumento, originaria-
mente previsto dall'art. 44 T.V. C.d.S. ed oggi disciplinato dagli artt. 19,20,63,
co. 4, e 67 cod. proc. amm., permette al giudice un accertamento pieno del fatto
e consente di superare le obiezioni di quella parte della dottrina che non riteneva
il giudice in grado di valutare la fondatezza della pretesa, in quanto privo degli
strumenti tecnici necessari per poter valutare appieno la spettanza.
3.3.2. Le novit introdotte dalle leggi nn. 15 e 80/2005, dalla legge 18 giugno
2009, n. 69 e dal codice del processo amministrativo: il sindacato sostan"
ziale sui vizi formali e l'indagine estesa al rapporto nel giudizio relativo al
silenzio-rifiuto
La trasformazione del ruolo del giudice amministrativo stata da ultimo sancita
dalle recenti innovazioni apportate al nostro ordinamento dalla L. Il febbraio
2005 n. 15 e dal D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni dalla L.
14 maggio 2005 n. 80, confermate dalla recente legge 18 giugno 2009, n. 69 ed
in parte trasfuse con modificazioni nel codice del processo amministrativo.
La L. 15/2005, infatti, nell'introdurre nella L. 241/1990 il capo IV-bis, rela-
tivo alla "Efficacia ed invalidit del provvedimento amministrativo. Revoca e
recesso", che costituisce la prima integrale codificazione dei vizi del provvedi-
mento, ha previsto all'art. 21-octies la categoria delle irregolarit non vizianti,
accogliendo le istanze di parte della dottrina e della giurisprudenza.
Si stabilisce, infatti, al secondo comma di detto articolo, che "non annulla-
bile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla'
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO l
135
forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese
che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non comunque annullabile
per mancata comunicazione del! 'avvio del procedimento qualora l'amministra-
zione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potu-
to essere diverso da quello in concreto adottato n.
L'introduzione nel nostro ordinamento dell' art. 21-octies C sul quale v. anche il
successivo cap. II, 2, nonch la parte III, cap. VII, 4.2.), lungi dall'atteggiarsi
a mera codificazione di una regola gi affermatasi in giurisprudenza, costituisce
una vera e propria pietra angolare nell'evoluzione del processo amministrativo.
Tale norma porta, infatti, a compimento, perlomeno per gli atti vincolati,
l'evoluzione, in chiave sostanzialistica, del giudizio amministrativo di cui si
fin qui detto.
Malgrado l'espressione ambigua utilizzata dalla norma, 1'art. 21-octies non infatti in-
terpretabile nel senso di attribuire al G.A. il compito di valutare la fondatezza della
pretesa al solo fine di rigettare le richieste del privato, non potendo i poteri del giudice
variare secundum eventum litis. In questo senso, la vera forza innovativa della disposi-
zione costituita non da ci che la norma afferma, ma da ci che la norma sottintende:
cosi come (ci che la norma dice) in caso di infondatezza della pretesa al privato non
compete neanche l'annullamento (v. 3.1), specularmente (ci che la norma non dice
ma sottintende), ove, in tema di atti vincolati, la pretesa sia fondata e sia stata proposta
rituale domanda, il Giudice non conceder solo l'annullamento ma valuter anche la
fondatezza della pretesa sostanziale condannando l'amministrazione all'adozione del
provvedimento spettante. Si anticipano cos alla fase cognitoria alcune statuizioni tipi-
che del giudizio di ottemperanza.
Volendo filosofeggiare un po', si pu dire che per le stesse ragioni per cui in caso
di pretesa sostanziale infondata l'annullamento non serve, cos in caso di pretesafon-
data l'annullamento non basta. 0, per scomodare CHIOVENDA, perle stesse ragioni per
cui colui che ha torto preferibile che lo subisca subito e fino in fondo, senza riportare
vittorie apparenti e consolatorie (di qui la non annullabilit di provvedimenti non fune-
stati da vizi che abbiano deviato il corso reale delle cose), del pari colui che ha ragione
giusto che se la veda accordata senza intollerabili dilazioni (di qui la necessit di non
limitarsi all'annullamento del provvedimento lesivo ma di indagare sul senso profondo
delle cose).
Una conferma di questa corsa verso il nuovo si trae dalle novit introdotte dalla
successiva L. 80/2005, di conversione del D.L. 35/2005 Cv. anche il cap. III non-
chla parte IV, cap. IV).
L'art. 2 della L. 241/1990, come modo dalla L. 80/2005 e da ultimo confluito La nuova
n Il
' rt 31 d 1 d' d 1 b'l" f: . h . d' disciplina del
e a. , comma 3, e co ice e processo, sta i isce 111 atti c e 111 caso i silenzio
ticorso avverso il silenzio-rifiuto della P.A. "il giudice amministrativo pu co-
noscere del!afondatezza dell'istanza" nel caso in cui venga in rilievo un'attivit
amministrativa vincolata. Questa norma segna profondamente l'essenza stessa
Il codice del
processo
amministrativo
1) Le nuove
azioni
2) L'integra-
zione della
motivazione
136 Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
del giudizio sul silenzio-inadempimento, trasformando il processo da attacco
ali 'atto (o processo ali 'atto) in indagine sul rapporto. Trasformazione che non
pu non contagiare anche il giudizio sul diniego espresso, non ravvisando si
ragioni per giustificare una disparit di trattamento di situazioni sostanziali
gemelle.
Il giudizio sugli interessi pretensivi a fronte di atti vincolati diventa, quindi,
un giudizio sul rapporto che definisce au fond la res litigiosa. Da apostrofo rosa
tra due segmenti dell' azione amministrativa diventa cio punto fermo che vinco-
la in via integrale l'azione amministrativa successiva.
Il codice del processo sposa l'opzione esposta in quanto, pur non prevedendo
in via esplicita una generale azione di esatto adempimento, la presuppone laddo-
ve prevede che il giudice, nell'emanare la pronuncia di merito, debba condanna-
re la P.A. all'adozione di tutte le misure idonee a tutelare la situazione giuridica
soggettiva dedotta in giudizio.
Pi in generale, il d. 19s. n. 104/1 costituisce l'ultimo approdo di questo
complesso iter evolutivo: come si avr modo di verificare analiticamente nella
presente sezione, l'intero impianto codicistico, recependo, coordinando e razio-
nalizzando le disposizioni sin qui richiamate per cenni, ha definitivamente con-
sacrato i connotati di un processo amministrativo quale giudizio sostanziale, in
cui le vicende impugnatori e dell'atto non costituiscono pi l'oggetto ultimo del
processo, ma il veicolo mediante il quale scandagliare ed attribuire al ricorrente
(sia pur nei limiti della non sovrapponibilit del giudice con le valutazioni ed i
poteri riservati alla P.A.) il bene della vita sotteso alla pretesa azionata in giudi-
zio.
3.4. I dieci corollari processuali rovesciati del giudizio sul rapporto
La struttura del giudizio impugnatorio sull' atto portava con s i dieci corollari di
cui si prima detto ( 1.1.), ancora validi per il sindacato sugli atti discrezionali.
Sono inoltre chiari, a questo punto, i dieci corollari specularmente rovesciati di
un giudizio sul rapporto relativo ad interessi pretensivi incisi da un non corretto
esercizio di un potere vincolato (si rinvia alla sez. I, cap. II per il riparto di giuri-
sdizione in tema di atti vincolati, ove si chiarita la ricorrenza della giurisdizio-
ne amministrativa qualora il vincolo sia posto nell'interesse pubblico).
Detti corollari possono essere cos tratteggiati:
1) oltre all' azione di annullamento sono ora ammesse anche le azioni di risarci-
mento, anche in forma specifica (art. 30 cod. proc. amm.), di nullit (art. 21-sep-
ties L. 241/1990, introdotto dalla legge 15/2005) e di accertamento-condanna in
tema di silenzio (art. 2 L. 241/1990, come modo dalla legge 80/2005), di accer-
tamento mero, di condanna (art. 30 cod. proc. amm.), di esatto adempimento ed
esecutive.
2) consentita, per gli atti vincolati, un'integrazione postuma della motivazione
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 1 137
del provvedimento impugnato, coerente con un giudizio avente ad oggetto la
fondatezza della pretesa e non pi la legittimit formale del provvedimento mal
motivato (tale facolt oggi positivizzata dall'art. 43 cod. proc. amm., che, nel
disciplinare i motivi aggiunti, consente "la proposizione di domande nuove, pur-
ch connesse a quelle gi proposte ");
3)'il giudizio cautelare, secondo una logica di simmetria con la possibile decisio-
ne finale, ed in omaggio ad un'evoluzione pretoria recepita nelle diverse leggi di
riforma, non si limita pi alla mera sospensione del provvedimento, ma conosce,
con sempre maggiore intensit, misure atipiche e propulsive (artt. 55 sS. cod.
proc. amm.), in omaggio ai moniti comunitari;
4) un giudizio non pi teso alla mera verifica della conformit dell'atto alla 4) Le nuove
legge ma all'analisi del rapporto sottostante, necessita dell'acquisizione piena prove
dei fatti che connotano il rapporto: di qui la coerente estensione al processo am-
ministrativo di legittimit della consulenza tecnica ex artt. 19,20,63, co. 4, e 67
c'od. proc. amm., e, pi in generale, di tutti i mezzi di prova del processo civile,
compresa la testimonianza scritta ed eccettuate le sole prove legali (art. 63 co. 5,
cod. proc. amm.);
5} sempre sul versante istruttorio, poich oggetto del giudizio un rapporto, si 5) L
1
. l' . d' b d' . . 1 probatono
impone a rIcorrente osseqmo a un rIgoroso onus pro an l, m omaggIO a
principio di vicinanza della prova, ove i fatti relativi al rapporto siano conosciuti
(solo, principalmente o anche) dal ricorrente (si pensi alla prova del danno subito
per effetto di un provvedimento illegittimo)2;
6) va superata la prassi dell' assorbimento dei vizi formali, vigendo la regola, 6) Superato
l'assorbimento
posta dall'art. 21-octies della L. 241/1990, della preminenza di quelli sostanzia- dei viziformali
li, in quanto pi sintomaticamente rivelatori della spettanza dell'agognato bene
della vita
3
;
7) il riesercizio del potere successivo al giudicato di accertamento della spet- 8),
d l b
' . 1 . l . . d d . d b'l' l' . neserclZlO del
tanza e ene e mtegra mente vmco ato, m gmsa a ren ere sm aca 1 1 g 1 attI potere dopo il
non satisfattori, in quanto nulli, dal giudice dell' ottemperanza ai sensi dell' art. giudicato
21-septies, comma 2, della L. 241/1990 e da evitare la reiterazione di molteplici
giudizi di legittimit
4
;
2 Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 457.
3. In questa direzione, con forza, Cons. St., sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 213, in Guida al diritto,
ti: ?/2008, 52, nonch T.A.R. Campania, sez. III, 9 novembre 2010, n. 23704, in Foro amm.
r.1R 2010,11,3600.
::,'Cjr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 22 giugno 2009, n. 656, in Foro amm. TAR 2009, 6,1891,
si afferma l'estensibilit della nullit in parola anche al caso di violazione/elusione di una misura
cautelare nell'assunto che pure in tale ipotesi viene in rilievo un'ipotesi paradigmatica di carenza di
Il,otere sanzionata con la nullit ai sensi della regula juris sottesa al disposto dell' art. 2l-septies della
L} sempre che il provvedimento cautelare imponga alla P.A. il riesame dell' atto impugnato
,(q.d. remand)o In tale ipotesi, invero, deve escludersi la nullit del provvedimento di riesame se, in as-
alcun indirizzo impartito all'attivit dell'amministrazione per il prosieguo, la P.A. introduce
ultenon elementi sui quali non vi era stato alcun pronunciamento da parte del giudice della cautela.
138 Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
8) il riesercizio del potere invece fatto salvo solo in caso di atti discrezionali
per i quali, peraltro, la giurisprudenza limita l'inesauribilit del potere,
do la P.A., dopo il giudicato di annullamento, ad una sola, definitiva e non pi
ulteriormente integrabile esternazione dei motivi di diniego;
9) il giudizio di ottemperanza su atti vincolati recupera quindi una dimensione
esecutiva mentre l'aspetto sostanzialmente sostitutivo resta limitato ai casi di atti
discrezionali;
10) .l[l reffimifie dellO) infine nel giudizio sul silenzio-rifiuto, secondo alcuni anche in caso di attivit
SI enzlO rz IUto
non mtegralmente vincolata, il giudice varca la porta del rapporto sostanziale.
4. Le azioni esperibili: verso l'atipicit della tipologia e dei contenuti
La prima versione del codice del processo amministrativo, approvato dal Con-
siglio di Stato 1'8 febbraio 2010, aveva provveduto ad implementare lo spettro
delle azioni esperibili innanzi al giudice amministrativo, recependo in pieno il
modello della pluralit delle azioni ed assicurando cos anche all'interesse legit-
timo il bene incommensurabile della pienezza della tutela.
In particolare, il disegno di legge prevedeva, accanto alla "classica" azione
di annullamento anche quelle di risarcimento, anche in forma specifica, di
nullit (a corredo di quanto gi previsto dall'art. 21-septies L. 241/1990), di
accertamento-condanna in tema di silenzio (gi parzialmente prevista dall'art.
2 L. 241/1990), di accertamento mero, di condanna, di esatto adempimento,
ed esecutive. In molti casi, peraltro, il progetto di codice si limitava a positi-
vizzare e razionalizzare le conclusioni gi rassegnate dalla giurisprudenza in
ordine alla possibilit di esperire davanti al G.A. azioni non esplicitamente
previste dalla legge.
In sede di emanazione definitiva del codice, tuttavia, le norme relative alle
azioni in discorso sono state espunte dal testo normativo, il quale, quindi, de iure
condito, si limita a disciplinare espressamente le azioni di annullamento (art.
29), risarcitorie e condanna (art. 30) ed avverso il silenzio amministrativo
nonch in materia di nullit (art. 31). Non pu non evidenziarsi come tale "passo
indietro" del Legislatore costituisca di fatto un'occasione persa nel cammino
inaugurato dalla sentenza della Cassazione n. 500/99, ed a tutt' oggi non ancora
concluso, verso la pienezza e l'effettivit della tutela giudiziale innanzi al giu-
dice amministrativo, cos come auspicato dallo stesso Legislatore delegante, il
quale aveva espressamente inteso positivizzare "le pronunce dichiarative, costi-
tutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa" (art.
44, co. 2, n. 4, della L. 69/09).
L'ammissibilit, in via generale, di un'azione di condanna pubblicistica
(c.d. azione di esatto adempimento) tesa ad una pronuncia che, almeno per
le attivit vincolate, costringa la P.A. ad adottare il provvedimento satisfatto-
rio, tuttavia ricavabile, oltre che dall'interpretazione della portata espansiva
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO l 139
delle specifiche ipotesi previste dall'art. 31 comma 3 del codice, in materia di
silenzio, dall'art. 124 in materia di contratti pubblici, oltre che dall'art. 4 del
decreto legislativo n. 198/2009 in materia di azione collettiva di classe (v.
7.2.2. ss.), dalla dizione ampia dell'art. 30, comma 1 e dall'applicazione dei
principi costituzionali e comunitari in materia di pienezza ed effettivit della
tutela giurisdizionale.
Si ribadisce, infine, che la portata generale del principio sotteso a tali norme
desumibile dal disposto dell'art. 34 del codice del processo che, nello stabilire
il contenuto in via generale delle pronunce adottabili dal G.A., fa riferimento, al
comma 1 lett. c), alle misure idonee a soddisfare la situazione giuridica dedotta
in giudizio.
In ogni caso, deve evidenziarsi come l'esperibilit di azioni atipiche, anche
di esatto adempimento e di accertamento, nel processo amministrativo ritenuta
ammissibile da dottrina e giurisprudenza (Ad. Plen. nn. 3 e 15 del 20 Il), le quali,
in un paziente lavoro di "cesello interpretativo" delle disposizioni vigenti (specie
alla luce delle nuove norme codicistiche), hanno individuato anche i rispettivi
presupposti sostanziali e processuali.
Si pu dire che, a seguito della penetrazione dei cogenti precetti costituziona-
li, comunitari e Cedu, dal vocabolario del processo amministrativo scomparsa
la parola tipicit, incompatibile con la parola "effettivit".
Non si pu infatti ad accedere una visione tutte processualistica dell'inte-
resse legittimo secondo cui la tipicit delle azioni proponibili e delle senten-
ze conseguentemente pronunciabili finisce per frustrare i bisogni di tutela non
efficacemente placabili con dette azioni e, quindi, per incidere negativamente,
dimidiandola, sulla struttura della posizione soggettiva.
Al contrario, l'adesione ad una nozione sostanziale dell'interesse legittimo
precede e condiziona l'enucleazione dei i bisogni di tutela passibili di soddisfa-
cimento e, quindi, il novero nonch il contenuto delle azioni proponibili e delle
sentenze adottabili. N e deriva che, a fronte di un interesse legittimo che vede al
centro della sua architettura il bene della vita, o meglio l'interesse materiale ad
un bene della vita, devono essere esperibili tutte le azioni che siano necessarie
per tutelare in concreto l'interesse sostanziale. Ci in coerenza con il precetto di
cui all'art. 44, comma 2, lett. b, n. 4, della legge delega, che prevede l'emana-
zione di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la
pretesa sostanziale.
Ne deriva, da un lato, che sono proponibili tutte le azioni atipiche che siano
necessarie per soddisfare esigenze di protezione che le tutele regolate non sono
in grado di soddisfare in modo adeguato (si pensi all'azione di accertamento
atipica reputata ammissibile dalla decisione n. 15/2011 del Consiglio di Sta-
to); dall' altro, che anche le azioni tipiche presentano un profilo di atipicit in
quanto il legislatore, nel prevedere un' azione, non pu predeterminare in astratto
il contenuto delle domande proponibili a tutela di una determinata posizione,
138 Le tecniche di tutela dell' interesse legittimo
8) il riesercizio del potere invece fatto salvo solo in caso di atti discrezionali
per i quali, peraltro, la giurisprudenza limita l'inesauribilit del potere,
do la P.A., dopo il giudicato di annullamento, ad una sola, definitiva e non pi
ulteriormente integrabile esternazione dei motivi di diniego;
9) il giudizio di ottemperanza su atti vincolati recupera quindi una dimensione
esecutiva mentre l'aspetto sostanzialmente sostitutivo resta limitato ai casi di atti
discrezionali;
lO) .t
Il
relfimifie dellO) infine nel giudizio sul silenzio-rifiuto secondo alcuni anche in caso di attivit
SI enzlO n IUtO. '
non mtegralmente vmcolata, il giudice varca la porta del rapporto sostanziale.
4. Le azioni esperibili: verso l'atipicit della tipologia e dei contenuti
La prima versione del codice del processo amministrativo, approvato dal Con-
siglio di Stato 1'8 febbraio 2010, aveva provveduto ad implementare lo spettro
delle azioni esperibili innanzi al giudice amministrativo, recependo in pieno il
modello della pluralit delle azioni ed assicurando cos anche all'interesse legit-
timo il bene incommensurabile della pienezza della tutela.
In particolare, il disegno di legge prevedeva, accanto alla "classica" azione
di annullamento anche quelle di risarcimento, anche in forma specifica, di
nullit (a corredo di quanto gi previsto dall'art. 21-septies L. 241/1990), di
accertamento-condanna in tema di silenzio (gi parzialmente prevista dall'art.
2 L. 241/1990), di accertamento mero, di condanna, di esatto adempimento,
ed esecutive. In molti casi, peraltro, il progetto di codice si limitava a positi-
vizzare e razionalizzare le conclusioni gi rassegnate dalla giurisprudenza in
ordine alla possibilit di esperire davanti al G.A. azioni non esplicitamente
previste dalla legge.
In sede di emanazione definitiva del codice, tuttavia, le norme relative alle
azioni in discorso sono state espunte dal testo normativo, il quale, quindi, de iure
condito, si limita a disciplinare espressamente le azioni di annullamento (art.
29), risarcitorie e di condanna (art. 30) ed avverso il silenzio amministrativo
nonch in materia di nullit (art. 31). Non pu non evidenziarsi come tale "passo
indietro" del Legislatore costituisca di fatto un'occasione persa nel cammino
inaugurato dalla sentenza della Cassazione n. 500/99, ed a tutt'oggi non ancora
concluso, verso la pienezza e l'effettivit della tutela giudiziale innanzi al giu-
dice amministrativo, cos come auspicato dallo stesso Legislatore delegante, il
quale aveva espressamente inteso positivizzare "le pronunce dichiarative, costi-
tutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa" (art.
44, co. 2, n. 4, della L. 69/09).
L'ammissibilit, in via generale, di un'azione di condanna pubblicistica
(c.d. azione di esatto adempimento) tesa ad una pronuncia che, almeno per
le attivit vincolate, costringa la P.A. ad adottare il provvedimento satisfatto-
rio, tuttavia ricavabile, oltre che dall'interpretazione della portata espansiva
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO l 139
delle specifiche ipotesi previste dall'art. 31 comma 3 del codice, in materia di
silenzio, dall'art. 124 in materia di contratti pubblici, oltre che dall'art. 4 del
decreto legislativo n. 198/2009 in materia di azione collettiva di classe (v.
7.2.2. ss.), dalla dizione ampia dell'art. 30, comma 1 e dall'applicazione dei
principi costituzionali e comunitari in materia di pienezza ed effettivit della
tutel giurisdizionale.
Si ribadisce, infine, che la portata generale del principio sotteso a tali norme
desumibile dal disposto dell' art. 34 del codice del processo che, nello stabilire
il contenuto in via generale delle pronunce adottabili dal G.A., fa riferimento, al
comma 1 lett. c), alle misure idonee a soddisfare la situazione giuridica dedotta
in giudizio.
In ogni caso, deve evidenziarsi come l' esperibilit di azioni atipiche, anche
di esatto adempimento e di accertamento, nel processo amministrativo ritenuta
ammissibile da dottrina e giurisprudenza (Ad. Plen. nn. 3 e 15 del 20 Il), le quali,
in un paziente lavoro di "cesello interpretativo" delle disposizioni vigenti (specie
alla luce delle nuove norme codicistiche), hanno individuato anche i rispettivi
presupposti sostanziali e processuali.
Si pu dire che, a seguito della penetrazione dei cogenti precetti costituziona-
li, comunitari e Cedu, dal vocabolario del processo amministrativo scomparsa
la parola tipicit, incompatibile con la parola "effettivit".
Non si pu infatti ad accedere una visione tutte processualistica dell'inte-
resse legittimo secondo cui la tipicit delle azioni proponibili e delle senten-
ze conseguentemente pronunciabili finisce per frustrare i bisogni di tutela non
efficacemente placabili con dette azioni e, quindi, per incidere negativamente,
dimidiandola, sulla struttura della posizione soggettiva.
Al contrario, l'adesione ad una nozione sostanziale dell'interesse legittimo
precede e condiziona l'enucleazione dei i bisogni di tutela passibili di soddisfa-
cimento e, quindi, il novero nonch il contenuto delle azioni proponibili e delle
sentenze adottabili. Ne deriva che, a fronte di un interesse legittimo che vede al
centro della sua architettura il bene della vita, o meglio !'interesse materiale ad
Vn bene della vita, devono essere esperibili tutte le azioni che siano necessarie
per tutelare in concreto l'interesse sostanziale. Ci in coerenza con il precetto di
cui all'art. 44, comma 2, lett. b, n. 4, della legge delega, che prevede l'emana-
di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la
pretesa sostanziale.
Ne deriva, da un lato, che sono proponibili tutte le azioni atipiche che siano
?ecessarie per soddisfare esigenze di protezione che le tutele regolate non sono
In grado di soddisfare in modo adeguato (si pensi all'azione di accertamento
reputata ammissibile dalla decisione n. 15/2011 del Consiglio di Sta-
.to); dall'altro, che anche le azioni tipiche presentano un profilo di atipicit in
. il legislatore, nel prevedere un'azione, non pu predeterminare in astratto
Il contenuto delle domande proponibili a tutela di una determinata posizione,
140
Le tecniche di tutela dell'interesse legittimo
contenuto ricavabile solo in ragione della specificit della lesione che viene in
rilievo nel caso concreto e del bisogno di tutela che deve essere correlativamente
appagato.
Il principio di atipicit non concerne quindi solo il novero delle azioni propo-
nibili, con conseguente superamento del dogma del numerus clausus, ma anche
e forse soprattutto il contenuto concreto delle azioni tipizzate in modo astratto, e
quindi necessariamente incompleto, dal legislatore.
Cos l'azione di condanna si ammanta di profili atipici, potendosi tradurre, a
fronte di poteri vincolati, anche nella richiesta dell'adozione di unfaeere pubbli-
cistico ossia di un provvedimento satisfattorio dell'interesse pretensivo.
Alla stessa stregua anche l'azione di annullamento pu tradursi in una sen-
tenza a contenuto non pi tipizzato, ossia nella sola eliminazione ex tune dell'at-
to, essendo possibile che in concreto il giudice reputi idonea a soddisfare la
pretesa sostanziale un annullamento ex nune o solo parzialmente retro attivo o,
infine, un accertamento dell'illegittimit a fini meramente conformativi e senza
esiti demolitori
Fatta questa doverosa premessa, possiamo passare all'esame delle singole
forme di tutela dell'interesse legittimo azionabili innanzi al giudice amministra-
tivo.
CAPITOLO 2
La tutela di annullamento
SOMMARIO: 1. I caratteri classici dell' azione di annullamento nel processo amministrativo a strut-
tura impugnatoria. - 2. L'art. 2l-octies, comma 2, della L. 241/1990 vince l'equazione tra
riscontro del vizio di legittimit e sanzione dell'annullamento del provvedimento illegittimo.
- 2.1. Il problema della natura sostanziale o processuale della norma e la connessa questione
del tipo di pronuncia conseguente alla sua applicazione. - 2.1.1. Tesi della mera irregolarit.
- 2.1.2. Tesi del raggiungimento dello scopo. - 2.1.3. Tesi processualistica. - 2.1.4. Tesi
sostanzialistica. - 2.2. Tipo di pronuncia adottabile a seconda della tesi che si segue. -
2.3. Problemi probatori. - 2.3.1. La prova della mancanza di alternative di diritto ai sensi
del primo periodo del secondo comma. - 2.3.2. La prova della mancanza di alternative di
fatto ai sensi del secondo periodo del secondo comma. - 3. La sentenza di annullamento ed
il giudicato amministrativo: la salvezza del riesercizio del potere amministrativo e suoi limiti.
- 4. I riflessi dell'annullamento sugli atti consequenziali - 5. L'ultima frontiera della tutela
caducatoria: l'annullamento con effetti ex nunc o l'accertamento dell'illegittimit a fini mera-
mente conformativi (Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2011, n. 2755). - 6. Dall'annullamento
dell'atto illegittimo all'accertamento dell'illegittimit dell'atto (art. 34, comma 3, del codice
del processo amministrativo).
1. I caratteri classici dell'azione di annullamento nel processo amministra-
tivo a struttura impugnatoria
Si osservato nel capitolo precedente che la struttura del giudizio amministrati-
vo stata tradizionalmente concepita in chiave impugnatoria.
, Il modello impugnatorio del processo era cristallizzato nell'art. 45 T.U. 26
giugno 1924, n. 1054 (sostanzialmente confermato dagli artt. 2 e 26 della legge
l ~ t i t u t i v a dei T.A.R. del 1971), ove si stabiliva che il ricorso si propone avverso
"atti e provvedimenti" e che, in caso di accoglimento, a seguito del riscontro di
uno dei tre vizi di legittimit (violazione di legge, eccesso di potere, incompe-
tenza), il Giudice amministrativo "annulla l'atto o il provvedimento, salvo gli
ulteriori provvedimenti dell 'autorit amministrativa".
, Rinviando al capitolo che precede per l'avvento di un giudizio sul rapporto
almeno per gli atti vincolati, tuttora la tutela degli interessi legittimi del pri-
La struttura
impugnatoria
del processo
amministrativo
142 La tutela di annullamento
vato, specie per i provvedimenti discrezionali e per gli interessi oppositivi,
principalmente affidata all'azione di annullamento, attualmente disciplinata
dall'art. 29 cod. proc. amm. da leggere in combinazione con il successivo art.
41. I provvedimenti amministrativi, infatti, sono soggetti alla c.d. presunzione
di legittimit, di talch non data al privato alcuna autotutela nei confronti degli
atti dell'autorit amministrativa, potendo egli scegliere soltanto se impugnare
gli stessi dinanzi al G.A. nel termine decadenziale di sessanta giorni ovvero se
adire l'autorit amministrativa in sede di ricorso amministrativo. Ove non venga
esperita nei termini l'azione di annullamento, il privato non potr far valere l'il-
legittimit dell' atto nemmeno in via di eccezione. L'atto amministrativo, in tal
caso, acquista infatti stabilit, e potr essere rimosso solo dall' Amministrazione
in sede di autotutela.
"Rafio." d e ~ La ratio della previsione di detto termine decadenziale da ravvisarsi nel
~ : : : ~ : ~ ~ principio della certezza del diritto: gli atti amministrativi, essendo preordinati
alla tutela di interessi pubblici, devono acquisire stabilit in tempi brevi, perch
non sarebbe ammissibile una situazione di incertezza costante rispetto all'effica-
cia ed alla validit degli atti stessi. Inoltre, detta stabilit conforme anche alle
esigenze dei controinteressati che fanno affidamento sulla validit dell'atto che
attribuisce loro un beneficio.
Detto principio presente anche nel diritto comunitario, massimamente at-
tento all'affidamento dei privati (su cui v. parte III, cap. I, 4.3.). Il diritto co-
munitario, infatti, ammette che le azioni possano essere sottoposte ad un termine
decadenziale, purch questo non renda eccessivamente difficile l'esercizio del
diritto di azione da parte del privato. A tal fine, giova ricordare che il nostro
ordinamento prevede l'istituto della rimessione in termini del privato per errore
scusabile (art. 37 cod. proc. amm.). Si pu inoltre rilevare che anche l'ordi-
namento comunitario prevede un termine decadenziale: gli atti delle istituzioni
comunitarie possono essere impugnati dinanzi alla Corte di Giustizia nel termine
di due mesi.
La ratio di tutela della certezza dell' azione tempo dell' azione amministrativa
perseguita dalla disciplina decadenziale impedisce che il giudice possa conosce-
re dell'illegittimit di atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare (art. 34,
comma 3, del codice del processo amministrativo )1. A tale divieto fa eccezione il
riconoscimento della proponibilit di una domanda risarcitoria autonoma avente
ad oggetto anche il danno da provvedimento inoppugnato (v. sez. I, cap. II,
4.2.2.1. e cap. IV 7.1. ss. dove si mette l'accento sul superamento temperato
della cd, pregiudizialit amministrativa).
l Nel senso dell'inammissibilit di un'azione di accertamento volta ad eludere l'applica-
zione del termine decadenziale, v. Cons. Stato, sez. V, 29 marzo 2011, n. 1918, in Foro amm.
CDS 2011,3,926.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 143
L'irrinunciabilit del principio di certezza del diritto, sub specie di principio
di affidamento, pone inoltre dei limiti finanche alla stessa autotutela ammini-
strativa: l'art. 21-nonies, infatti, impone all'amministrazione, nel provvedere
all'annullamento di ufficio, i limiti del termine ragionevole, dell'interesse
pubblico e dell'interesse dei destinatari e dei controinteressati (v. parte III,
cap. VIII, 4) .
. Sono impugnabili tutti gli atti soggettivamente amministrativi. Possono, Atti impugnabili
dunque, essere impugnati dinanzi al giudice amministrativo anche gli atti
di natura regolamentare, costituenti, dunque, fonti del diritto, ove siano im-
mediatamente lesivi di interessi legittimi (su cui v. parte II, cap. I). Si deve,
per, rilevare che, sebbene l'impugnabilit immediata dei regolamenti sia
ammessa, essa di rara verificazione, iri quanto nella maggior parte dei casi
essi contengono previsioni generali ed astratte, e dunque l'effetto lesivo si
realizza a valle, con l'atto attuativo del regolamento stesso (sul punto v.
parte II, cap. I, 5 ss.). Non sono invece impugnabili gli atti politici, in
quanto liberi nei fini e quindi non oggettivamente amministrativi (diversa-
mente dagli atti di alta amministrazione).
Sono legittimati all'impugnazione di atti e provvedimenti amministrativi co- Legitimafio ad
loro che si affermano titolari di un interesse legittimo leso dal provvedimento causam
amministrativo impugnato. Possono impugnare gli atti amministrativi anche gli
enti esponenziali (purch in possesso delle caratteristiche prescritte) posti a tute-
la di interessi collettivi (per i caratteri dell'interesse legittimo e per la legittima-
zione degli enti esponenziali si rimanda alla sez. I, cap. I).
Ulteriore condizione dell'azione l'interesse ad agire. Detto interesse si so-
stanzia nella concretezza ed attualit della lesione lamentata e nell'utilit deri-
vante al ricorrente dall' ottenimento di una pronuncia favorevole nel giudizio che
si vuole instaurare.
Per quanto attiene alla prima affermazione, occorre interrogarsi sul signifi-
cato della concretezza ed attualit della lesione. In una prima approssimazione,
ci significa che la lesione lamentata deve essere avvenuta per mezzo dell' atto
impugnato. Non infatti ammessa n l'impugnazione degli atti non immediata-
mente lesivi (in quanto la lesione si verifica in un secondo momento, con l'atto
attuativo) n l'impugnazione di atti meramente esecutivi di provvedimenti pre-
.cedenti (in quanto in tal caso la lesione si gi verificata con l'atto a monte).
Per altro verso, il provvedimento impugnato deve essere un provvedimento ef-
ficace (altrimenti la lesione non sarebbe concreta). pertanto esclusa, ad esem-
pio, l'immediata impugnabilit di provvedimenti ancora soggetti ad un controllo
preventivo, nonch degli atti infraprocedimentali.
Per quanto attiene, invece, all'utilit ricavabile dalla decisione favorevole, si
rileva che il vantaggio derivante dalla sentenza favorevole non dovr necessa-
.tiamente avere carattere patrimoniale: il ricorrente ben pu essere animato da un
iriteresse meramente morale alla proposizione del ricorso.
144 La tutela di annullamento
Efficacia
medio tempore
dell'atto
annullabile
Giova sottolineare che l'atto annullabile, sebbene invalido, comunque effi-
cace. Per la presunzione di legittimit degli atti della Pubblica Amministrazione
esso, infatti, continuer a produrre i suoi effetti finch non interverr la sentenza
e natura di annullamento, che ha efficacia costitutiva. Ci significa che, anche nel corso
costitutiva
dell'azione di del giudizio amministrativo di annullamento, il provvedimento conserver la sua
annullamento efficacia, salva la possibilit per il privato di chiederne la sospensiva in via cau-
telare (per la trattazione della quale si rimanda alla trattazione specifica di cui
alla parte IV, cap. VI).
L'efficacia medio tempore del provvedimento impugnato verr, poi, defi-
nitivamente travolta dalla sentenza di annullamento, i cui effetti normalmente
retroagiscono alla data di emanazione del provvedimento annullato, che verr
dunque considerato come mai esistito (c.d. efficacia ex tunc: sul punto, tuttavia,
v., infra, 5).
Instaurazione Il giudizio di annullamento si instaura mediante ricorso al Tribunale Ammini-
del giudizio
strativo Regionale contenente i motivi d'illegittimit dell'atto. Detto ricorso, sta-
tuisce l'art. 41 cod. proc. amm., deve essere notificato all'organo che ha emesso
l'atto impugnato, nonch ad almeno uno dei controinteressati entro il termine
di sessanta giorni (ove i contro interessati siano pi di uno, il giudice ordiner
poi l'integrazione del contraddittorio). Il ricorso, con la prova delle avvenute
notifiche e la copia del provvedimento impugnato, ove questo sia in possesso
del ricorrente, deve poi essere depositato nella segreteria del T.A.R. entro trenta
giorni dall'ultima notifica.
I controinteressati sono coloro che ricevono dal provvedimento amministra-
satl tivo impugnato un vantaggio giuridicamente rilevante e che hanno interesse alla
sua conservazione, in quanto tale perfettamente speculare a quello del ricorren-
te. La ratio della necessit della notifica ai controinteressati risiede, dunque,
proprio nel fatto che essi in realt verrebbero lesi da un'eventuale pronuncia di
accoglimento, e quindi necessario che siano in grado di contraddire nel corso
del giudizio. Si pu dunque affermare che il processo amministrativo realizzi
un'ipotesi di litisconsorzio passivo necessario, che si instaura, tuttavia, nei soli
confronti dei controinteressati individuati nell'atto, unici soggetti ai quali l'art.
41 cod. proc. amm. impone la notificazione del ricorso.
Vizi del provve- Nel rinviare alla parte III, cap. VII per una pi completa trattazione della
dimento
patologia del provvedimento amministrativo, giova in questa sede solo rammen-
tare che il provvedimento amministrativo impugnabile per tre diverse categorie
di vizi: incompetenza (relativa), violazione di legge od eccesso di potere (per
quanto attiene, per, alle novit normative che hanno introdotto dei casi di non
annullabilit del provvedimento si rimanda al 4).
Caratteristiche Tirando le fila di quanto fin qui detto, detta tecnica di tutela, nella prospettiva
e funzioni della
pronuncia di tradizionale appena tracciata, presenta due connotati essenziali propri del giudi-
annullamento zio sull'atto, anzi del processo all'atto, che non si preoccupa dello scrutinio del
rapporto: da un lato, il risconto del vizio conduce all'annullamento senza che sia
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 145
essario verificarne l'incidenza concreta sul rapporto, ossia la sua influen-
nec . . , l Il' Il t
ulla bont sostanzIale della solUZIOne data; dalI a tro, a annu amen o
za s d' l'
nsegue il riesercizio del potere fatto salvo dalla sentenza I accog Imento.
entrambi detti connotati ha inciso in modo l'avvento dell'art.
21-octies, comma 2, della L. 241/1990, tappa salIente dello spostamento del
giudizio amministrativo verso il rapporto, di cui si detto nel capitolo che
precede.
2. L'art. 21-octies, comma 2, della L. 241/1990 vince l'equazione tra riscon-
tro del vizio di legittimit e sanzione dell'annullamento del provvedi-
mento illegittimo
Ed invero, nella complessiva riforma della legge 241 del 1990, operata con le
L. 15 e 80 del 2005, il Legislatore ha dettato per la prima volta una disciplina
generale della invalidit del provvedimento an:ministrativo.: gli stati
danti dell'atto vengono individuati nelle classIche categone della nullIta e
dell'annullabilit, la prima regolata dall'art 21-septies e la seconda dall'art.
21-octies.
Quest'ultima norma, in particolare, dopo aver riaffermato al primo comma
che annullabile il provvedimento amministrativo affetto dai tradizionali vizi
di violazione di legge, eccesso di potere ed incompetenza, introduce al secondo
comma due incisive quanto innovative deroghe al principio.
Il citato art. 21-octies stabilisce, infatti, al secondo comma, che "non an-
nullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o
sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia
palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non comunque
annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora
l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".
La logica in cui si muove la disposizione , in definitiva, quella di evitare che
qualunque violazione di legge debba sempre tradursi nell'annullamento dell'atto
impugnato, vincendo un'equazione pi che secolare tra riscontro del vizio di
lgittimit dell'atto e sanzione dell'annullamento. Logica da ultimo recepita dal
Wnmentato disposto dell'art. 34, comma 3, del codice, che esclude l'adozione
pronuncia di annullamento non utile ai fini del soddisfacimento dell'inte-
resse azionato dal ricorrente (v. 4).
Si detto gi nel capitolo che precede dell'impatto del nuovo art. 21-octies
I" .. 241/1990 sull'oggetto del giudizio amministrativo e sulla stessa nozione d'in-
teresse legittimo. Rinviandosi al cap. VII ( 4.2.) della parte III per l'analisi
dei vizi formali e procedimentali sottratti alla sanzione dell'annullamento, in
questa sede necessario analizzare la portata della norma nel sistema delle tute-
Nostra opinione
sui risvolti
comunitari e
costituzionali
L'accertamento
della spettanza
146
La tutela di annullamento
le dell'interesse legittimo e sottoporre ad indagine i suoi risvolti schiettamente
processuali.
Ci si deve in primo luogo chiedere se la restrizione dei casi di annullabilit
dell'atto sancisca una riduzione delle garanzie e delle tutele suscettibile di cen-
sura sul versante comunitario o costituzionale.
La risposta , a nostro avviso, negativa.
Soppesando le garanzie ottenute con i rimedi negati, il privato non risulta
essere stato defraudato di reali mezzi di tutela; pare anzi che lo spostamento
del baricentro del giudizio sul rapporto, sancito dalla norma (v. cap. I), faccia
s che la tutela dell' amministrato risulti addirittura migliorata nel duplice senso
di evitare annullamenti inutili (ave l'atto annullato debba essere seguito da atti
sicuramente identici emendati dai vizi formali e procedimentali) e di affiancare
all'annullamento utile l'accertamento della spettanza del bene della vita agogna-
to (v. cap. III).
Il sindacato sulla spettanza del bene della vita, che dalla lettura della norma
appare essere possibile solo in chiave negativa, non pu, infatti, non essere
ammesso, ovviamente nei limiti della domanda di parte, anche nel caso in cui
la pretesa del privato sia palesemente fondata. Non certo ammissibile, in un
sistema processuale improntato al principio di parit delle parti, perlomeno
all'interno del processo, che i poteri del giudice possano variare secundum
eventum litis, ed dunque implicito corollario del potere di dare torto quello
di dare ragione.
Si pu quindi affermare che, nel caso di vizi formali o procedimentali, lo
stesso oggetto del giudizio non pi l'atto impugnato, ma il rapporto sotto-
stante: ave il giudice riterr che il contenuto non avrebbe potuto essere di-
verso, egli non annuller il provvedimento (salva, come si vedr nei prossimi
paragrafi, la disputa dottrinale riguardo al tipo di pronuncia destinata a con-
cludere il giudizio); ave invece riterr che il provvedimento avrebbe dovuto
(per via del suo carattere vincolato) avere un contenuto diverso e favorevole,
dovr emettere una pronuncia di annullamento con contenuto di accertamento
del bene della vita.
La norma, in definitiva, sancisce la scissione tra le regole del comportamento e le regole
dell'atto, tra illiceit ed invalidit dello stesso. Questa scissione, oltre ad essere cono-
sciuta da altri ordinamenti ed aderente alla ricostruzione comunitaria delle c.d. forme
formali (v. cap. VII della parte IV), anche in linea con i principi di diritto privato. Il
codice civile, infatti, in ossequio al principio di conservazione degli atti, prevede nu-
merose ipotesi in cui la violazione di norme comportamentali (quali ad esempio il prin-
cipio della buona fede) non comporta l'annullabilit del contratto, ma d la possibilit
al danneggiato di ottenere una tutela risarcitoria (si pensi, ad esempio, al caso di dolo
incidente, previsto dall'art. 1440 c.c.). Anche nel diritto amministrativo, con la norma
in esame, si limita la sanzione dell'annullamento alle violazioni realmente incidenti sul
contenuto della statuizione terminale; si lascia ferma per il resto l'illiceit comporta-
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2
147
entale denunziata dal vizio formale o procedimentale, illiceit suscettibile di adeguata
:igmatizzazione sul crinale risarcitorio.
2.1. Il problema della natura sostanziale o processuale della norma e la con-
nessa questione del tipo di pronuncia conseguente alla sua applicazione
La ricostruzione della portata sistematica della norma da subito risultata pro-
blematica
2

2.1.1. Tesi della mera irregolarit
Un primo orientamento, ha ritenut? di pot::. i vizi. fon:nali dall' art.
21-octies alla tradizionale categona della megolanta degh attl ammmlstratlVl. . '
L'irregolarit solitamente descritta come una difformit dell'atto dal paradlgma NOZIOne
legale di minor conto e innocua, in quanto attinente ad estrinsec,i del provvedi-
mento che non sono suscettibili di intaccare, nemmeno potenZialmente, il corretto eser-
cizio della funzione amministrativa. Ne costituiscono esempi giurisprudenziali la man-
cata indicazione nei provvedimenti del termine e dell'autorit cui ricorrere, la mancata
allegazione degli atti richiamati nel provvedimento motivato ab relationem, la mancata
sottoscrizione del verbale da parte dei componenti di una commissione se sussiste la
sottoscrizione del soggetto che lo redige, il mancato inserimento dei pareri di regolarit
tecnica e contabile ai sensi dell'art. 53, L. 8 giugno 1990 n. 142 nella deliberazione
impugnata allorch non se ne contesti l'effettiva esistenza, la mancata indicazione del
numero di protocollo dell' atto, l'omessa attestazione nel verbale di riunione di un organo
collegiale che la volont dell' organo si formata attraverso la riunione collegiale degli
aventi titolo a partecipare.
Tuttavia stato facile osservare, in chiave critica rispetto a tale ricostruzione, che Critiche
nei casi di irregolarit, come quelli sopra descritti, il giudizio circa la non influenza
del vizio sulla validit dell'atto si appunta sulla scarsa rilevanza della norma violata:
sicch, l'incapacit del vizio di incidere sul contenuto dell'atto si coglie gi in astratto
attraverso un'attivit di interpretazione e ricostruzione della ratio della disposizione che
prescrive la formalit, senza necessit di verificare in concreto le conseguenze della sua
inosservanza.
Invece, l'art. 21-octies, affinch l'atto possa essere ritenuto "non annullabile", richie-
de una valutazione da effettuarsi in concreto ed ex post circa la non incidenza del vizio
formale o procedurale sul contenuto dispositivo dell'atto. I vizi relativi alla forma ed al
procedimento possono infatti astrattamente produrre l'illegittimit del provvedimento
(e per questo non costituiscono mere irregolarit), ma la norma attribuisce al giudice la
possibilit di verificare se, nella fattispecie concreta, la violazione formale non abbia
influito sul contenuto dell'atto che sarebbe rimasto il medesimo anche se la prescrizione
sulla forma o sul procedimento fosse stata osservata.
2 V. per tutti PASTORE, Violazioni procedimentali e sorte del provvedimento: il rebus dell'art. 21-
octies, co, 2, L. 241/1990, in CARINGELLA-PROTTO (a cura di), Il nuovo procedimento amministra-
tivo, Roma, 2009; GISONDI, L'art, 21-octies della L. 241 del 1990fra atto e processo amministra-
tivo, in Urbanistica e appalti, 2007,
Il
i:
148
La tutela di annullamento
2.1.2. Tesi del raggiungimento dello scopo
Art. 156, co. 3,
c.p.c.
Sulla scorta di tale rilievo ci si quindi chiesti se la ratio dell' art. 21-octies non sia
piuttosto quella di introdurre nell'ambito del procedimento amministrativo una regola
analoga a quella dell'art. 156, co. 3 del codice di procedura civile, il quale, come noto,
esclude che possa essere pronunciata la nullit di un atto processuale se questo ha rag-
giunto il suo scopo. A tale regola si ispira l'orientamento giurisprudenziale secondo cui
l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento, non comporta l'illegittimit
del provvedimento finale qualora i soggetti interessati abbiano acquisito "aliunde" la
conoscenza del procedimento, in tempo utile per realizzare l'eventuale partecipazione
all' iter istruttorio.
In questo, cos come in casi analoghi, il raggiungimento dello scopo della dispo-
sizione sulla forma o sul procedimento rende ininfluente il vizio formale senza perci
contraddire il principio di legalit, in quanto le garanzie procedurali che la norma violata
appresta rimangono comunque salvaguardate e la violazione di legge risulta essere quin-
di solo apparente.
Obiezioni
Tuttavia, di immediata evidenza che il disposto dell'art. 2l-octies va ben al di l
della regola del raggiungimento dello scopo della norma violata. La verifica richiesta
dall'articolo in esame per esentare dall'annullamento l'atto affetto da un vizio formale
o procedurale non riguarda infatti il raggiungimento dello scopo della norma che ri-
masta inosservata, bens il fatto che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso.
Qualora ci accada, la violazione della norma sulla forma o sul procedimento diventa
irrilevante ancorch il suo scopo sia effettivamente rimasto frustrato.
Tesi del difetto
dell'interesse a
ricorrere
2.1.3. Tesi processualistica
Le suddette considerazioni hanno indotto una corrente dottrinale e giurisprudenziale a
rifiutare l'idea che l'art. 2l-octies si muova sul terreno del diritto sostanziale depoten-
ziando l'efficacia invalidante delle violazioni formali e procedurali.
Secondo quest'ultimo orientamento, la ratio dell'art. 21-octies andrebbe invece rin-
venuta sul piano del diritto processuale, costituendo la norma un'applicazione della re-
gola che postula la sussistenza di un interesse ad agire come condizione di ammissibilit
del ricorso. Si afferma infatti che "la circostanza che il contenuto non possa essere diver-
so priva il ricorrente dell'interesse a coltivare un giudizio, da cui non potrebbe ricavare
alcuna concreta utilit"3.
Il Consiglio di Stat0
4
ha sposato, a pi riprese, proprio un approccio schiettamente
processualistico alla stregua del quale l'art. 2l-octies non avrebbe inciso sulla categoria
dell'irregolarit dell'atto amministrativo, come gi definita da dottrina e giurispruden-
za, mirando invece a codificare quelle tendenze gi emerse in giurisprudenza in ordine
all'insussistenza dell'interesse a ricorrere ove il ricorrente non possa attendersi, dalla
rinnovazione del procedimento, una determinazione amministrativa diversa da quella
gi adottata.
3 Cos testualmente GrsONDI.
4 Da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 256, in Guida al diritto 2011, 6, 109. Sul tema
v. anche Cons. Stato, sez. VI, 03 marzo 2010, n. 1241, in Guida al diritto 2011, Dossier 3,111.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 149
In definitiva, sulla base dell'art. 2l-octies il provvedimento non annullabile non
perch assoggettato ad un diverso regime di invalidit o irregolarit, ma perch la cir-
costanza che il contenuto non possa essere diverso priva il ricorrente dell'interesse a
coltivare un giudizio da cui non potrebbe ricavare alcuna concreta utilit.
La tesi fa quindi permanere l'efficacia invalidante delle violazioni formali e pro-
cedimentali; il giudizio di disvalore che deriva dalla qualificazione degli atti viziati da
errori formali come illegittimi lascia pertanto aperte le porte non solo a sanzioni diverse
dall'annullamento ma anche alla possibilit che sia la stessa P.A., ricorrendone le con-
dizioni, a ripristinare la legalit delle forme e del procedimento attraverso gli strumenti
della "autotutela" ora codificati dalle leggi di riforma del 2005. Il riferimento non solo
all'annullamento d'ufficio ex art. 2l-nonies della L. 241/1990, che, al pari di quello giu-
risdizionale, pu sembrare una misura eccessiva qualora il contenuto dell'atto non abbia
alternative, ma anche alla convalida ex art. 2l-nonies, co. 2, che, in tali casi, appare un
rimedio idoneo a recuperare passaggi procedimentali omessi, senza per questo costrin-
gere la P.A. a dover ricominciare daccapo.
L'atto resta quindi invalido ed annullabile, ma non dal giudice, ossia non in sede
giurisdizionale, facendovi quivi difetto il necessario interesse a ricorrere.
Alcuni argomenti a supporto di tale tesi sono di ordine letterale, laddove la norma uti-
lizza, in entrambi i periodi, la formula negativa del "non annullabile", ovvero quando,
nel secondo periodo, richiama la necessit che "[ 'amministrazione dimostri in giudizio":
siffatte espressioni sono state intese quali chiari indici del voler limitare l'ambito appli-
cativo della norma al processo e, all'interno di esso, al solo annullamento giudiziale.
Sul piano sistematico, si poi sostenuto che a favore della tesi processuale giuoca
l'art. 2l-nonies, il quale, nell'estendere la possibilit di annullamento d'ufficio a tutte le
ipotesi di vizi di cui aI2l-octies, non fa alcuna distinzione tra il primo e il secondo com-
ma, con ci permettendo all'amministrazione di annullare d'ufficio un provvedimento
che non pu essere annullato, invece, giudizialmente.
Infine, dal punto di vista teleologico, viene individuata la ratio della disposizione
nella necessit di articolare e graduare il sistema sanzionatorio alla effettiva natura del
vizio riscontrato in concreto e alla pretesa sostanziale azionata in giudizio.
In tal senso, attraverso il 2l-octies, il diritto pubblico recepirebbe quella distinzione,
gi nota in ambito privatistico, tra "regole di validit" e "regole di condotta", a fronte
della quale, se alla violazione delle prime non pu che conseguire la sanzione della
nullit-annullamento, alla violazione di quelle particolari regole di condotta costituite
dalle regole formali e procedimentali, risultano pi appropriati i rimedi amministrativi e
di ricerca della responsabilit dell'autore.
Si deve considerare, poi, che la mancanza di potere di annullamento del giudice am-
ministrativo non preclude all'amministrazione l'annullamento in autotutela ai sensi del
2l-nonies, n la disapplicazione da parte del Giudice ordinario, oltre che la richiesta di
risarcimento del danno da provvedimento illegittimo.
Ancora, nell'ambito di tale impostazione, la disposizione riveste carattere eccezio-
nale, rispetto alla generale regola dell'annullabilit degli atti amministrativi viziati ai
sensi del co. 1 deI2l-octies, e, in quanto espressione del potere esclusivo statale nella
materia "giustizia amministrativa", non pu essere modificata o derogata da interventi
regionali.
, I
I
Obiezioni
150
La tutela di annullamento
Infine, la tesi della natura processuale della nonna porta con s la conseguenza che
essa applicabile agli atti perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, nei giudizi
pendenti a tale data, stante il principio dell'immediata applicabilit delle nonne pro-
cessuali, gi sostenuto pi volte anche dalla giurisprudenza costituzionale, e che la pro-
nuncia del giudice a seguito della proposizione del ricorso per far valere il vizio debba
essere, in quanto limitata all'accertamento della mancanza d'interesse del ricorrente,
quella di inammissibilit, pertanto, una pronuncia di rito e non di merito.
La soluzione, pur abilmente argomentata, non persuade.
Da un lato, non si comprende la ragione per cui una norma processuale sarebbe stata
inserita in una nonnativa sostanziale, quale la L. 241/1990, e segnatamente nel capo,
anch' esso di matrice schiettamente sostantiva, volto alla definizione della categoria della
patologia.
Il dato letterale del comma 2, primo periodo, nel qualificare l'atto come non annulla-
bile, senza riferimento al processo, sembra poi escludere la ricorrenza in assoluto degli
estremi della patologia invalidante non solo nel processo ma anche ad altri fini, e quindi
anche nella logica dell'autotutela. L'art. 21-nonies, peraltro, nel rinviare all'art. 21-oc-
ties per definire i presupposti dell'annullamento d'ufficio, richiama l'intera nonna, ivi
compreso il secondo comma, laddove si definisce in negativo il concetto di annullabilit
anche al fine di perimetrare le detenninazioni in sede di autotutela.
Non si vede, d'altronde, quale interesse pubblico possa sorreggere l'autotutela ove si
sappia per certo che l'atto annullato d'ufficio sarebbe reiterato.
Desta, infine, non poche perplessit il paventato collegamento fra tale nonna e l'isti-
tuto processuale dell'interesse a ricorrere. In particolare, l'orientamento del Consiglio
di Stato che riconduce la non annullabilit degli atti affetti da vizi fonnali al difetto
d'interesse a ricorrere non pare in linea con il tradizionale modo di intendere tale istituto
processuale.
L'interesse a ricorrere rappresenta infatti un filtro di accesso alla giustizia ammini-
strativa che preclude la possibilit di ottenere l'annullamento di atti illegittimi qualora
dalla pronuncia richiesta non possa derivare alcuna utilit al ricorrente.
La giurisprudenza, tuttavia, ritiene pacificamente che anche la sentenza che annulli
l'atto per vizi di fonna o procedura possa arrecare al ricorrente utilit finali o strumentali
che valgono a fondame l'interesse a ricorrere.
In particolare, per quanto riguarda i ricorsi fondati su interessi oppositivi, non si
mai dubitato che la pronuncia di annullamento, ancorch resa in accoglimento di vizi
formali, possa procurare al ricorrente una utilit immediata e diretta consistente nel con-
seguimento del bene di cui egli era stato privato. Il fatto che la P.A. possa reiterare il
medesimo atto ablatorio, emendandolo dal vizio di forma o procedura, non toglie che
egli possa continuare legittimamente a godere del bene fino a quando il nuovo atto lesi-
vo non venga adottato. Senza contare poi le utilit strumentali che possono derivare da
eventuali fatti sopravvenuti che precludono il riesercizio del potere dopo la sentenza di
annullamento, garantendo cos in modo stabile la conservazione della posizione sogget-
tiva di vantaggio (si pensi alla scadenza del vincolo espropriativo che intervenga dopo
l'annullamento della dichiarazione di pubblica utilit).
Ma anche in relazione ai ricorsi nei quali si facciano valere vizi fonnali a tutela
di interessi pretensivi, la giurisprudenza considera sufficiente a radicare l'interesse a
ricorrere la semplice rimessa in discussione del rapporto controverso. Sicch, a rendere
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 151
ammissibile il ricorso, basta che dall'annullamento possa una nuova
P
ortunit di ottenere il provvedimento favorevole. Il rIcorrente vanta, 111 tal caso, un
op .
interesse, definito dalla giurisprudenza "strumentale", che potrebbe teOrIcamente sus-
. tere anche quando l'atto negativo, al momento della sua emanazione, non avrebbe
SiS . . f l' d
potuto essere diverso. Si pensi all'impugnazione di un bando per ViZi onna i a parte
di un'impresa che al momento della scadenza del tennine per la presentazione della
domanda non possedeva i requisiti per poter partecipare alla gara, ma che potrebbe ac-
quistarli in tempo utile per partecipare alla procedura che l'Amministrazione dovrebbe
nuovamente indire dopo l'annullamento del bando.
Se vero quindi che anche l'annullamento dell'atto per vizi fonnali o procedurali
pu procurare al ricorrente utilit finali o semplicemente strumentali, a prescindere dal
fatto che l'atto annullato non avrebbe potuto essere diverso, si deve allora ammettere
che l'interesse a ricorrere sussiste anche nei casi prefigurati dal comma secondo dell'art.
21-octies.
Tale nonna, pertanto, non costituisce una neutrale applicazione di una preesistente
regola processuale ma sembra comportare, almeno primafade, un'effettiva innovazione
sostanziale del concetto di patologia invalidante, che restringe i casi dei vizi meritevoli,
per l'ordinamento, della sanzione dell'annullamento. '
2.1.4. Tesi sostanzialistica
Convincente si appalesa allora l'approccio sostanzialistico, recentemente sposato dal
Consiglio di Stat0
5
, in forza del quale non suscettibile di condivisione l'interpretazio-
ne secondo cui l'art. 21-octies, co. 2, L. 241/1990 ha valenza meramente processuale,
non intaccando il giudizio d'illegittimit del provvedimento adottato in violazione della
prescrizione fonnale e, pertanto, applicabile anche nei giudizi in corso, in relazione a
provvedimenti adottati prima della sua entrata in vigore.
L'art. 21-octies, co. 2, L. 241/1990, infatti norma avente natura sostanziale: illin-
guaggio utilizzato dal comma 2 perfettamente omogeneo a quello presente nel comma
l dello stesso articolo 21-octies, che contiene il "catalogo" generale dei vizi del provve-
dimento, connettendolo alla categoria giuridica dell'annullabilit. Questa, pur non "qua-
lificata" dalla legge, appare decisamente situata nell'ambito delle nozioni sostanziali di
disciplina dell'atto.
L'art. 21-octies, comma 2, contribuisce, in definitiva, a specificare il significato della
formula "violazione di legge", contenuta nel comma 1. Detta nozione, isolatamente con-
siderata, resta intrinsecamente caratterizzata da un elevato grado di genericit. La nonna
contenuta nel comma 2, per un verso, delimita la rilevanza del vizio d'illegittimit deri-
vata dalla violazione realizzata nell'ambito del procedimento, per altro verso circoscrive
la prescrizione fonnale, stabilendo che essa surrogabile dal particolare contenuto del
provvedimento.
L'importanza della decisione rende opportuna la trascrizione dei sUOI passaggi es-
senziali: "Secondo un consistente indirizzo interpretativo, la norma avrebbe valenza
meramente processuale, non intaccando il giudizio d'illegittimit del provvedimento
5 Cons. St., sez. V, 20 marzo 2007, n. 1307.
Una nuova
nozione di
invalidit
Cons. St.,
sez. VL n.
1307/2007
152 La tutela di annullamento
adottato in violazione della prescrizione formale e, pertanto, sarebbe applicabile anche
nei giudizi in corso, in relazione a provvedimenti adottati prima della sua entrata in vi-
gore. La Sezione non condivide questa impostazione e propende per la tesi della natura
sostanziale della norma, per le ragioni di seguito esposte.
[ ... ] La Sezione osserva che la formula letterale 'non annullabile' (utilizzata dalla
disposizione) presenta, ma solo a prima vista, forti argomenti a supporto della con-
figurazione meramente processuale dell'effetto. Si potrebbe sostenere, infatti, che la
disposizione intenda operare solo nell'ambito del potere di reazione dell'ordinamento
ali 'accertata difformit tra il provvedimento e la norma che lo disciplina.
Il peso lessicale della locuzione, tuttavia, non deve essere sopravvalutato. Infatti,
il linguaggio utilizzato dal comma 2 perfettamente omogeneo a quello presente nel
comma 1 dello stesso articolo 21-octies, che contiene il 'catalogo' generale dei vizi
del provvedimento, connettendolo alla categoria giuridica dell 'annullabilit. Questa,
pur non 'qualificata' dalla legge, appare decisamente situata nell 'ambito delle nozioni
sostanziali di disciplina dell 'atto.
Affermando la valenza sostanziale della nozione di annullabilit, anche il comma
2 si dovrebbe inscrivere, a pieno titolo, ali 'interno della classe, anche alla luce del
sistema definito dalla L. 241/1990. Il comma 1 enuncia, in termini generali e positivi',
il concetto di annullabilit sostanziale. Il comma 2 delimita e chiude la stessa nozione,
mediante un enunciato espresso in forma 'negativa '.
Per affermare la natura processuale della norma, si richiamata l'attenzione sulla
dizione dell'articolo 21-nonies, secondo cui 'Il provvedimento amministrativo illegit-
timo ai sensi dell'articolo 21-octies pu essere annullato d'ufficio [ ... ] '. A giudizio di
alcuni commentatori, la norma qualificherebbe espressamente come illegittimo il prov-
vedimento viziato ai sensi dell'articolo 21-octies, comma 1, ancorch non annullabile
ai sensi del comma 2. Sarebbe codificata, quindi, la categoria del provvedimento mera-
mente illegittimo, perch contrastante con la disciplina sostanziale del procedimento o
della forma, ma non annullabile in sede giudiziaria.
Ma proprio il confronto tra i due articoli sembra offrire ulteriori argomenti a favore
della tesi sostanziale. L'art. 21-nonies, infatti, non richiama affatto il solo comma 1,
bens l'intero articolo 21-octies. Quindi, deve considerarsi illegittimo solo il provvedi-
mento annullabile sulla base dell'integrale applicazione del 21-octies, senza che possa
residuare alcuno spazio alla classe del provvedimento 'meramente illegittimo '.
[ ... ] Giova sottolineare, ancora, che il carattere meramente processuale della norma
non potrebbe essere ricavato nemmeno dalla formulazione 'negativa' utilizzata dalla
legge, incentrata sulla locuzione 'non annullabile '. Sul piano della 'logica' del lin-
guaggio normativo, lafattispecie della annullabilit pu essere descritta sia ricorrendo
esclusivamente ad elementi a contenuto positivo', sia utilizzando dati a contenuto 'ne-
gativo', che si integrano insieme. Il comma 2, se considerato alla stregua di un 'eccezio-
ne alla 'regola' del comma 1, avrebbe solo lo scopo di delimitare il raggio di operativit
della nozione - sempre sostanziale - di annullabilit.
Il collegio ritiene, allora, che l'art. 21-octies, comma 2, contribuisca a specificare il
significato della formula 'violazione di legge', contenuta nel comma 1. Detta nozione,
isolatamente considerata, resta intrinsecamente caratterizzata da un elevato grado di
generalit. La norma contenuta nel comma 2 per un verso delimita la rilevanza del vi-
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 153
zio d'illegittimit derivata dalla violazione realizzata nell 'ambito del procedimento, per
altro verso circoscrive la prescrizione formale, stabilendo che essa surrogabile dal
particolare contenuto del provvedimento. .. . .
[ ... ] Chiarito, allora, che la norma produce sempre effettI sostanzzall, definendo Il
regime di legittimit o annullabilit del provvedimento amministrativo, occorre appro-
fondire la questione e essa ~ a d ~ considerata, anche sul piano della 'fattispecie', come
disposizione sostanzzale, anzIche processuale.
La questione appare largamente condizionata dalle premesse sistematiche concer-
nenti la teoria della annullabilit dell 'atto amministrativo. Non vi dubbio, infatti, che
la tecnica giuridica dell 'impugnazione del provvedimento e del suo annullamento in
giudizio induca a spostare l'asse del ragionamento sulla vicenda processuale e sui suoi
possibili esiti. Ma questa notazione empirica non deve trarre in inganno. Anche l'annul-
labilit del provvedimento destinata a concretizzare i propri effetti giuridici all'esito
del giudizio promosso dali 'interessato. Il valore sostanziale del vizio indipendente dal
carattere pi o meno complessodell 'indagine svolta dal giudice. Basti pensare ali 'ap-
prezzamento del vizio di eccesso di potere o alle valutazioni relative alla discrezionalit
tecnica.
Tanto sul piano logico, quanto su quello strettamente empirico, le stesse cOllside-
razioni devono svolgersi con riguardo al comma 2 dell'articolo 21-octies, in entrambe
le sue previsioni. L'esito di 'non annullamento' del provvedimento impugnato, imposto
dall'applicazione della norma, pu essere inteso, sul piano empirico, la conseguenza
dell'accertamento compiuto dal giudice, sopravvenuto all'adozione dell'atto, connesso
alla dinamica processuale della singola vicenda. Ma la situazione sostanziale di 'non
annullabilit' gi presente in un momento precedente, non affatto condizionata dalla
vicenda processuale successiva. Almeno non diversamente da quanto potrebbe accadere
per qualsiasi altro profilo d'illegittimit del provvedimento.
Da altro punto di vista, il carattere processuale' della norma stato sostenuto
facendo leva sull'argomento che l'art. 21-octies, comma 2, conterrebbe apposite re-
gole relative alle modalit di accertamento dei dati rilevanti per la formulazione del
giudizio. Il contenuto operativo della norma consisterebbe proprio nella definizione
dei poteri delle parti e del giudice nell'accertamento del 'fatto impeditivo' dell'an-
nullabilit.
Neanche questa costruzione persuade. Tanto il primo, quanto il secondo periodo
della norma descrivono, insieme al profilo sostanziale dell'effettivo spazio attribuito
all'annullabilit dell'atto, le regole di ripartizione dell'onere di allegazione e di prova
tra le parti e il giudice. In entrambi i casi, infatti, sono distinguibili due diverse regole.
La prima definisce il limite oggettivo di rilevanza dell'annullabilit del provvedimento.
La seconda disciplina le modalit di accertamento dei diversi elementi della fattispe-
cie.
Sembra allora esatto riconoscere che la disposizione abbia un contenuto/Iomplesso,
in parte riferito alla ripartizione dell 'onere della prova. Per quanto sia dehsa di aspetti
incerti e problematici, la norma si limita a definire la relazione tra i poteri officiosi del
giudice e gli oneri di dimostrazione posti a carico delle parti. Non vi sono regole diretta-
mente riferibili alle modalit (meccaniche) di assunzione delle prove o allo svolgimento
dell'attivit delle parti di allegazione e deduzione delle rispettive difese".
Tesi della
inammissibilit
Tesi de! rigetto
Tesi de! mero
accertamento
154 La tutela di annullamento
2.2. Tipo di pronuncia adottabile a seconda della tesi che si segue
Connessa alla portata della norma sulla non annullabilit di atti colpiti da vizi
formali e procedimentali non influenti sul suo contenuto dispositivo la questio-
ne della pronuncia adottabile in caso di sua applicazione.
Alcuni ritengono che, nell'ipotesi in esame, il giudizio debba concludersi con
una pronuncia processuale di inammissibilit del ricorso per difetto d'interesse
ex art. 100 C.p.c. (o di improcedibilit per sopravvenuta carenza d'interesse).
Detta impostazione coerente con la lettura processuale della norma che si
visto essere non convincente.
Resta allora l'alternativa tra sentenza di rigetto o di accoglimento parziale ai
soli fini dell'accertamento del vizio formale o procedimentale.
Una prima tesi sostiene che, dato il completo stravolgimento dell'oggetto del
giudizio amministrativo, ora individuato nella spettanza del bene della vita, la
pronuncia che conclude il giudizio d'illegittimit 'con l'accertamento della non
spettanza, e dunque con l'impossibilit di annullare il provvedimento, debba
essere una pronuncia di rigetto.
I! provvedimento non , infatti, affetto dal vizio denunciato, inteso questo
nella prospettiva sostanzialistica fin qui delineata.
Invero, se si reputa che il giudizio amministrativo verta ormai sulla fondatez-
za della pretesa sottostante all'atto impugnato, si deve concludere che, ove detta
pretesa risulti infondata, la domanda debba essere rigettata; il provvedimento
non infatti colpito da un vizio di valore che lo connoti come sostanzialmen-
te illegittimo. Viene invece in rilievo un'illiceit della condotta (piuttosto che
un'illegittimit dell'atto) che, sulla base della ricordata scissione tra norme atti-
zie e comportamentali, sar reprimibile con l'articolazione di apposita domanda
rsarcitoria.
Non manca, infine, chi, traendo spunto dall 'ingresso nel processo amministra-
tivo anche dell'azione di accertamento (v. cap. III), considera che la domanda di
annullamento contiene anche quella, minore, di accertamento dell'illegittimit.
Donde la conclusione dell' ammissibilit di una sentenza di accertamento vera e
propria, che dichiari l'illegittimit del provvedimento in esame, anche nella pro-
spettiva della tutela risarcitoria. Soluzione, quest'ultima, avvalorata dalla ricor-
data previsione di pronunce di accertamento dell'illegittimit a fini meramente
risarcitori ex art. 34, comma 3, cod. proc. amm. (v. 4).
2.3. Problemi probatori
2.3.1. La prova della mancanza di alternative di diritto ai sensi del primo
periodo del secondo comma
Esaminiamo ora il funzionamento sul terreno probatorio della norma, iniziando
dal primo periodo del comma 2, secondo cui non annullabile il provvedimento
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 155
adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora,
per la natura vincolata dell'atto, sia palese che il suo contenuto dispositivo non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
La disposizione si riferisce, quindi, alla sola attivit giuridicamente vincola-
ta.
6
Una prima precisazione va effettuata sul concetto di natura vincolata del La natura
d
t N Il' t l d" ... h' . , d' vinco/atade!
provve Imen o. e a tua e mtto ammInIstratIvo anc e attI vIta appnma non provvedimento
vincolate possono divenirlo per via di regolamentazioni di vario genere. In pri-
mis, il riferimento corre all'autovincolo, e cio al caso in cui l'Amministrazione,
con un precedente atto di natura generale quale ad esempio un atto regolamenta-
re od un bando di gara, abbia consumato la sua discrezionalit. Anche in tal caso,
infatti, la portata dell'atto risulter vincolata. In pi, possiamo affermare che
vincolato il provvedimento emanato in attuazione di un accordo tra privato e
pubblica amministrazione ex art. 11 L. 241/1990: la discrezionalit viene infatti
esercitata a monte, all'atto della stipula dell'accordo, essendo l'attivit successi-
va vincolata all'attuazione dello stesso. La natura vincolata pu anche derivare
dalla necessit della pubblica amministrazione di rispettare il vincolo derivante
da un precedente giudicato.
Tanto, oggi confermato a livello positivo dal codice del processo ammini-
strativo, il quale individua i confini del potere del giudice amministrativo di co-
noscere della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, chiarendo, all'art. 31
cod. proc. amm., che tale verifica sostanziale pu essere effettuata "solo quando
si tratta di attivit vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margi-
ni di esercizio della discrezionalit e non sono necessari adempimenti istruttori
che debbano essere compiuti dall'amministrazione".
Tanto premesso sul concetto di attivit vincolata, va esaminato il profilo L'onere della
dell'onere della prova. prova
Si tratta di stabilire, nel silenzio della legge, se la questione circa la mancanza
di alternative all'atto impugnato debba essere introdotta nel giudizio ammini-
strativo in via di eccezione oppure di azione. Nel primo caso gli effetti innovativi
della norma appaiono pi limitati, restando l'apertura del giudizio amministra- a) Tesi secondo
. Il cui si tratta di
1vo a 'accertamento del rapporto un fatto solo eventuale. Se si abbraccia la se- un'eccezione
conda tesi, invece, l'accertamento del rapporto entra necessariamente a far parte
del giudizio in quanto elemento costitutivo della domanda.
Pi nel dettaglio, allorch si ritenga che l'art. 21-octies operi come eccezione, il ricor-
rente non dovr dimostrare in giudizio che, qualora le norme di forma o di procedura di
cui lamenta la violazione fossero state osservate, l'atto della P.A. sarebbe stato o avrebbe
potuto essere diverso. La deduzione di tale questione nel giudizio dipende quindi o da
6 Cos Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2908, in Red. amm. CDS 2011,05. Sostiene, in-
vece, la tesi minoritaria dell'applicabilit della disposizione anche all'attivit discrezionale Cons.
Stato, sez. V, in 18 gennaio 2011, n. 283, in Foro amm. CDS 2011, l, 173.
b) Tesi che
onera della
prova il
ricorrente
156 La tutela di annullamento
un'iniziativa officiosa del giudice (almeno nel caso di cui al primo periodo del se-
condo comma dell'art. 21-octies), oppure dalla formulazione di un'eccezione da parte
della P.A. o del controinteressato. Pertanto, se la questione relativa alla mancanza di
alternative all'atto impugnato non viene sollevata d'ufficio o su eccezione di parte, il
giudizio verte solo sui motivi formali di ricorso e-l'eventuale sentenza di accoglimento
risulta priva di ogni contenuto sostanziale e vincolante per la successiva riedizione del
potere.
Si potrebbero dunque ipotizzare due diverse soluzioni.
La prima, pi fedele al dato letterale, pone l'onere a carico del privato; invero, si
afferma, se il Legislatore ha sentito il bisogno di sottolineare nel secondo periodo che
l'onere della prova a carico della pubblica amministrazione, questo implica che la
regola generale affatto diversa. Spetterebbe dunque al privato la prova dell'eventuale
diverso contenuto del provvedimento atto a soddisfare i propri interessi. Ci sarebbe
coerente con lo spostamento del baricentro del giudizio sugli atti vincolati verso il rap-
porto, tale da imporre al privato che invochi l'annullamento la prova, o almeno un inizio
di prova, in merito alla fondatezza della pretesa?
7 Cfr OrsoNDr, cito secondo cui "Appare molto pi vicina alla prospettiva del giudizio sul rapporto la tesi
secondo cui la affermazione della spettanza del bene aggredito o negato dali 'amministrazione con l'atto
impugnato deve essere contenuta gi nel ricorso. In tal caso, infatti, lo schema del giudizio appare radi-
calmente diverso da quello sopra delineato. Il processo nasce sempre con una matrice impugnatoria ed
lasciata al giudice, all 'amministrazione o ai contro interessati la scelta di introdurre in via di eccezione
elementi attinenti al rapporto sostanziale. Il rapporto non quindi un elemento necessario del giudizio
ma vi filtra se e nella misura in cui il giudice o le parti lo ritengano necessario per la reiezione del ricor-
so. Nella ipotesi ora considerata, invece, la domanda di annullamento dell 'atto non formulata (solo)
sulla base di una astratta deduzione di un vizio di legittimit, ma sulla base della asserzione che il prov-
vedimento ha violato una situazione soggettiva che garantisce al ricorrente la spettanza di un certo bene
che la P.A. ha ingiustamente aggredito o non ha riconosciuto. Pertanto, il giudizio verte fin dal principio
sulla spettanza di tale bene e si conclude riconoscendola o negandola. Tale modello pare maggiormente
idoneo a dare una convincente spiegazione di taluni aspetti dell'art. 21-octies che, altrimenti, semhre-
rebbero dar luogo a vere e proprie incongruenze. Innanzitutto esso spiega il perch, almeno nell 'ambito
della attivit vincolata, il giudice possa d'ufficio accertare che l'atto non avrebbe potuto essere diverso.
Invero, nella prospettiva secondo cui la questione relativa alla mancanza di alternative non fa parte della
azione promossa dal ricorrente, la sua successiva introduzione ad opera del giudice appare come un
indebito abbandono della terziet che caratterizza tale figura. Questi, infatti, verrebbe ad ampliare motu
proprio il thema decidendum ai fini del rigetto della domanda principale, proponendo in tal modo una
vera e propria eccezione che, normalmente, riservata alla parte. Nell'ottica secondo cui la questione
della spettanza del bene elemento costitutivo della azione invece del tutto naturale che il giudice
possa accertarne la insussistenza senza necessit di eccezione di parte, anche utilizzando d'ufficio i
propri poteri istruttori (cos come consentito dal rito processuale amministrativo). In secondo luogo
sembra paradossale che un 'eccezione volta afar accertare l 'infondatezza della pretesa ad ottenere o ad
evitare un certo provvedimento possa essere introdotta in un giudizio di carattere impugnatorio che si
dovrebbe in realt occupare solo della legittimit dell'atto [ . .]. In terzo luogo la tesi che consente alla
P.A. di opporre anche dopo la sentenza di accoglimento motivi di diniego che avrebbe potuto dedurre nel
processo, appare fortemente lesiva del principio di parit delle parti. Invero, finch il processo ammini-
strativo era ispirato al principio della netta separazione fra il giudizio sulla legittimit dell 'atto, che era
compito del G.A., e la definizione dell 'assetto del rapporto, riservata invece alla P.A., appariva naturale
che l'amministrazione nell 'ambito del giudizio potesse solo dedurre l'irifondatezza dei motivi di ricorso,
mentre nella successiva riedizione del potere potesse contrapporre alla pretesa sostanziale del privato
motivi ostativi rimasti estranei al thema decidendum. Ma una volta ammesso che la difesa in giudizio
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 157
Si pu obiettare che in questo modo si pone un onere molto pesante a carico dell'am-
ministrato. Invero, dall'assenza di un'esplicita previsione si potrebbe derivare anche
semplicemente la soggiacenza della prova alle regole generali dell'art. 2697 del codice
civile. In tal caso, potrebbe ritenersi che l'onere della prova spetti comunque, in via di
eccezione, alla pubblica amministrazione, essendo l'assenza di alternative di diritto un
iatto impeditivo dell'annullamento, e come tale, al pari dei fatti negativi, da provarsi
da parte del convenuto. In pi la prova spetterebbe alla P.A. anche per il principio di
vicinanza della prova, ben noto ai civilisti, potendo risultare complessa per il privato la
dimostrazione dell' ammissibilit di altri esiti dell' azione amministrativa. L'onere della
prova spetterebbe, dunque, al privato solo quante volte egli richieda espressamente l'ac-
certamento della fondatezza della pretesa, restando in capo all' Amministrazione tutte le
volte in cui la stessa voglia semplicemente evitare l'annullamento.
Il problema pu essere forse superato con la considerazione che il processo ammini- c) Tesi che
. ,. . 1 d . . . . C 1 h h faceva perno
strativo e Imperniato su c. . SIstema acqUISItivO. on a conseguenza c e, anc e senza sul c.d. sistema
una precisa articolazione dell'onere della prova, il giudice anche d'ufficio sar chiamato acquisitivo
allo svolgimento delle indagini istruttorie tese a valutare l'influenza del vizio. L'ascri- del processo
zione dell'onere della prova in capo alla P.A. poi contraddetta dalla ricorrenza di una amministrativo
simile previsione nel solo secondo periodo del comma 2; cos come appare logico, in un
sistema basato sul metodo acquisitivo, che spetti al giudice la verifica dei presupposti
giuridici relativi ad atti vincolati, tali da non implicare la penetrazione di profili riservati
dell'azione discrezionale.
Il rinvio al carattere palese dell' ininfluenza del vizio, poi, sembra alludere non alla Natura palese
possibilit di effettuare detta valutazione solo ove la prova sia in atti senza necessit di del! 'ininjluenza
ulteriore istruttoria, ma, in coerenza con il nostro sistema processuale amministrativo,
anche alla luce di nuove acquisizioni probatorie, anche ufficiose.
Certo che, in mancanza di detta prova, appare pi convincente la tesi secondo cui
l'atto va annullato, dovendosi applicare la regola generale che riserva alla P.A. il rieser-
cizio di un potere i cui esiti non siano prevedibili in sede giurisdizionale.
2.3.2. La prova della mancanza di alternative di fatto ai sensi del secondo
periodo del secondo comma
Il secondo periodo del comma 2 dell' art. 21-octies riguarda una fattispecie spe-
ciale di esclusione dell'annullabilit, con caratteristiche per certi versi eccentri-
che rispetto a quelle indicate nel primo periodo.
della P.A. (e dei controinteressati) possa basarsi anche su elementi estranei ed ulteriori rispetto a quelli
deqotti dal ricorrente, non si vede il perch si debba lasciare alla P.A. la scelta di giocarsi le sue carte
dentro o jori il processo allungando cos i tempi di definizione della vicenda. Tutto ci viene evitato se
si ritiene che il ricorso comporti, anche implicitamente, l'affermazione della fondatezza sostanziale della
pretesa del privato e quindi la deduzione in giudizio dell'intero rapporto di cui la sentenza pu e deve
definire completamente l'assetto. In tal caso, infatti, la P.A., a frdhte della ajjrmazione della spettanza
di un certo bene contenuta nella domanda, ha l'onere di contestare la pretesa del ricorrente sotto tutti
gli aspetti sostanziali che potrebbero dimostrarne l'irifondatezza, verificandosi altrimenti le preclusioni
tipiche del giudicato ".
Ambito di
operativit
della norma e
rapporti con il
primo periodo
del comma 2
158 La tutela di annullamento
La fattispecie in esame, infatti, prevede che il provvedimento non sia annul-
labile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'ammi-
nistrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe
potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Un primo problema concerne i rapporti con il primo periodo sul piano del
rispettivo ambito di operativit.
Una prima tesi riconduce al rapporto di specialit la relazione intercorrente tra le due
disposizioni, con la conseguenza che, ritagliando la seconda all'interno della categoria
delle violazioni procedimentali, la specifica ipotesi di omessa comunicazione di avvio
del procedimento, si dovrebbe escludere in radice la possibilit di applicazione della
norma ai provvedimenti discrezionali.
Nell'ambito di tale orientamento, vi poi chi ritiene si tratti di "specialit assoluta",
la quale postula, nell'ipotesi di verificazione dell'omessa comunicazione, l'esclusiva ap-
plicazione del secondo periodo, e chi la qualifica in termini di "specialit concorrente",
autorizzando l'utilizzazione di entrambi i periodi, a seconda che sia o meno "palese" che
il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso.
Dall'altro lato, altra chiave di lettura, prendendo spunto dall'avverbio "comunque",
inteso come "in ogni caso", attribuisce alle due disposizioni assoluta autonomia e di-
stinto ambito applicativo (pur consentendo delle sovrapposizioni), in una relazione di
concorrenza tra norme, con ci permettendo l'applicazione del secondo periodo anche
ai provvedimenti discrezionali.
Per quanto riguarda la giurisprudenza, anch'essa, pur sostenendo formalmente l'esi-
stenza di un rapporto di specialit
8
, applica nel concreto, sulla base della vincolativit
o meno del provvedimento, una relazione di concorrenza tra le norme, dimodoch, se
il provvedimento vincolato, a seconda che la sua conformit sostanziale sia palese o
meno, trover applicazione il primo o il secondo periodo, se il provvedimento discre-
zionale, si applicher soltanto il secondo periodo.
Il regime Strettamente collegato il problema ulteriore del regime probatorio di cui al
probatorio . d
L'alternativa di
fatto
secondo peno o.
La norma d al riguardo la stura ad un' evidente distonia: nonostante l'omessa comunica-
zione di avvio del procedimento costituisca il vizio procedimentale pi grave, impeden-
do la stessa, di fatto, l'instaurazione del contraddittorio con l'amministrato all'interno
del procedimento, il Legislatore prevede in questa fattispecie una prova liberatoria pi
ampia. Prova che, secondo la tesi che appare preferibile tra quelle sopra esposte circa
l'ambito di applicazione del periodo finale del secondo comma, concerne anche le at-
tivit discrezionali (la disposizione, in questa parte, non parla, infatti, di atti vincolati,
diversamente che nel periodo precedente).
Una netta differenza rispetto alla fattispecie di cui al primo periodo del secondo
comma si ha allora, seguendo questa prospettazione, in ordine alle alternative che il giu-
8 Cfr, T.A.R. Sicilia - Catania, sez. II, 07 aprile 2008, n. 627.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 159
d' deve prendere in considerazione. Vertendosi in materia di atti discrezionali, si deve
.1t
Ce
ere che la prova liberatoria potr appuntarsi sull'assenza di ragionevoli alternative
f1 en .. . b'l" d'
di fatto, cio di efficient.i fattuali, che rIsultInO pratIca 1 1 pur In presenza 1 un
certo numero di alternatIve dI dmtto. , .
Altra differenza data dalla circostanza che la norma accolla alla P.A. 1 onere dI
dimostrare che l'atto, pur se astrattamente discrezionale, in non
re diverso. Tale accollo dell'onere probatorio appare lOgICO VIstO che SI deve rIper-
esse bI' ...
ere l'esito di una valutazione discrezionale riservata alla pub Ica ammImstrazIOne.
corr ..
Sul piano processuale, poi, appare troppo rigorosa, e non avvalorata dal dato pOSItI-
la tesi che vuole imporre alla P.A. l'onere di una domanda riconvenzionale; la prova
del vizio, infatti, non sposta n amplia l'oggetto del giudizio di talch si
appalesa sufficiente lo strumento dell' eccezione. ,. . , .. ,
Quanto al sostrato della prova che deve confortare 1 ecceZIOne, non VI e unammlta
di vedute.
La tesi prevalente onera la P.A. della dimostrazione piena della non praticabilit di
soluzioni diverse e, quindi, dell'ininfluenza di ogni possibile deduzione che il privato,
ove avvisato, avrebbe introdotto nel procediment0
9
.
Altra, pi innovativa tesi, spostata verso un giudizio sul rapporto, esige dal
l'indicazione del modo in cui il rispetto delle forme avrebbe potuto astrattamente IndI-
rizzare in senso a lui pi favorevole le scelte discrezionali della P.A. Siffatta allegazione
viene reputata da tale linea di pensiero IO sempre necessaria, in quanto la tutela ricono-
sciuta da un processo amministrativo volto ad attribuire la spettanza di un bene non con-
sente pi che la macchina amministrativa e quella giudiziaria possano "girare a vuoto"
per garantire aspettative ipotetiche di cui non sia nemmeno astrattamente ravvisabile un
fondamento sostanziale. Alla P.A. non spetta quindi l'improba dimostrazione dell'as-
senza di soluzioni diverse alla luce di tutti i contributi astrattamente possibili bens la
pi agevole prova dell'ininfluenza dell'apporto specifico che il ricorrente afferma che
avrebbe dato ove fosse stato in condizione di partecipare al procedimento.
In tale ottica sembra muoversi anche un orientamento pretorio che, in applicazione
dell' art. 21-octies, ha rigettato la domanda di annullamento proposta per il vizio di man-
cato avviso di avvio del procedimento in quanto "i ricorrenti in primo grado non hanno
indicato quale tipo di osservazioni intendevano proporre nel procedimento amministra-
tivo di proroga, cui non hanno partecipato" II
9 T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 14 febbraio 2011, n. 240, in Foro amm. TAR 2011, 2, 598;
Cns. Stato, sez. V, 7 gennaio 2009, n. 17.
IOGISONDI, op. cito
,IISecondo T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 129, in Foro amm.
TAR 2011, 1,210, l'art. 21-octies, co.2, pone in capo all'Amministrazione l'onere di dimostrare
in caso di mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, che l'esito di questo non sarebbe
stato diverso. Al fine di evitare che sull'Amministrazione gravi una probatio diabolica, il privato
l)op pu limitarsi a dolersi della mancata comunicazione di avvio, ma deve allegare o quantomeno
indicare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento qualora aves-
se ricevuto la comunicazione di avvio. Solo dopo che il ricorrente ha adempiuto a questo onere di
llegazione, la P.A. sar gravata dal ben pi consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli
'elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato.
Intensit
della prova di
resistenza
160
La tutela di annullamento
3. La sentenza di annullamento ed il giudicato amministrativo: la salvezza
del riesercizio del potere amministrativo e suoi limiti
Non si pu concludere la trattazione della tutela di annullamento senza accen-
nare alla problematica del giudicato amministrativo di annullamento. Il tema
in questione risulta, invero, decisivo ai fini della valutazione complessiva circa
l'effettivit deIla tutela del privato, specialmente nel caso in cui egli sia titolare
di interessi legittimi pretensivi. Occorre, dunque, anticipare alcune delle questio-
Il giudicato e
gli interessi
legittimi
oppositivi
ni inerenti agli effetti del giudicato, che verranno poi trattate approfonditamente
nella parte IV, cap. V.
Ove, infatti, l'amministrato lamenti la violazione di interessi legittimi op-
positivi, egli ben potr ritenersi soddisfatto dalla pronuncia di annullamento
dell' atto. Per via del carattere demolitorio della stessa, infatti, l'atto amministra-
tivo sar considerato tamquam non esset. Ove la semplice pronuncia non sia di
Ilproblema
degli interessi
pretensivi
per s sufficiente a realizzare gli interessi del privato, egli potr inoltre avvaler-
si dell' effetto ripristinatorio della stessa: l'amministrazione sar infatti tenuta
a ripristinare lo status quo ante, vale a dire la situazione esistente al momento
dell'emanazione dell'atto lesivo.
Per il titolare di interessi legittimi pretensivi la situazione invero decisa-
mente meno agevole: per poter ottenere il bene della vita al quale aspira, il pri-
vato infatti dovr soggiacere ad un nuovo esercizio dell' azione amministrativa,
laddove non sussistano i presupposti per una pronuncia che riconosca in via
diretta la spettanza del bene della vita (v. cap. III).
La teoria del
giudicato a
formazione
progressiva
Per far fronte alle istanze del privato, la pi attenta dottrina, seguita poi dalla
giurisprudenza, ha evidenziato un ulteriore effetto del giudicato amministrativo:
l'effetto conformativo. Questa particolare tipologia di effetti parte dalla consi-
derazione che il giudicato amministrativo non si fonda soltanto sul dispositivo
della sentenza, ma investe l'intera decisione; insieme al dispositivo, oggetto di
cosa giudicata la motivazione connessa con il dispositivo stesso, che dunque
atta a stabilire la regula iuris alla quale la pubblica amministrazione deve atte-
nersi nel successivo riesercizio del potere amministrativo.
Ciononostante, al titolare di interessi legittimi pretensivi il semplice effetto
conformativo del giudicato non pu consentire, ex se, l'accesso al bene della vita
negato. Invero, l'amministrazione, pur avendo l'obbligo di conformasi al giudi-
cato, conserva ancora la facolt di riesercitare il potere del quale titolare, che,
se fosse inesauribile, esporrebbe il titolare di meri interessi pretensivi all'attesa
sine die di un provvedimento corretto.
Alla teoria tradizionale dell'inesauribilit del potere amministrativo sono state dunque
affiancate nuove e pi garantiste prospettazioni della dottrina.
L'orientamento dottrinale pi evoluto, partendo dalla nuova prospettiva del giudizio
amministrativo come giudizio sul rapporto, ha elaborato la teoria della formazione pro-
PARTE I - SEZIONE II- CAPITOLO 2
161
gressiva del giudicato. Secondo detta elaborazione, ogni atto costituente riesercizio del
potere amministrativo dopo un giudicato dovrebbe essere conosciuto dal giudice dell' ot-
temperanza, con il conseguente ampliamento del thema decidendum all'intero rapporto
controverso, e concludersi, ove vengano accolte le richieste del privato, con una vera
e propria condanna della pubblica amministrazione all'emanazione del provvedimento
agognato. In quest'ottica, il primo giudizio di annullamento costituisce il primo, indi-
spensabile, passo verso l' ottenimento della piena tutela. Esso, infatti, vale a rendere
inoperante la presunzione di legittimit degli atti della pubblica amministrazione, che
costituisce, a detta di questa dottrina, l'unica ratia della limitazione dei poteri cognitori
e decisori del giudice amministrativo.
Detta argomentazione, sebbene improntata ad esigenze ben comprensibili, non trova
per riscontro nel dato positivo. forse per questo che la giurisprudenza non ha accolto
con favore detto orientamento, che dunque rimasto una mera prospettazione teorica Cv.
sul tema il cap. V della parte IV).
Anche la giurisprudenza ha per aderito alle istanze pi garantiste, limitando in La decisione
maniera quasi salomonica l'inesauribilit del potere amministrativo. Il Consiglio di
d

l d . 4/ 9 h . l tato n.
Stato, nel a nota eCISlOne 13 19 9, a infattI affermato che non data alla Pubblica 134/1999
Amministrazione la possibilit di reiterare per la terza volta il provvedimento di diniego,
essendo presunto iuris et de iure il carattere elusivo del giudicato del terzo provvedimen-
to sfavorevole per il privato.
La pubblica amministrazione, nella seconda riedizione del potere, dovr quindi espli-
citare ogni singolo motivo di infondatezza della pretesa del privato, essendo quella la
sua ultima occasione di negare all'amministrato la spettanza del bene della vita. Paral-
lelamente, il secondo giudizio amministrativo, avendo l'effetto ultimo di precludere il
terzo provvedimento di rigetto, si concluder con una decisione che, seppur sotto le vesti
di una pronuncia di annullamento, accerter definitivamente la spettanza del bene della
vita, che non potr pi venire negata.
L'eventuale terzo provvedimento negativo sar poi conosciuto dal giudice dell'ot-
temperanza, stante la violazione dell'obbligo, derivante dal giudicato, di esplicitare nel
secondo atto tutti i motivi di diniego.
In tal senso si poi espresso il T.A.R. Puglia
I2
, che per, in una visione ancora pi ga-
rantista, ha equiparato il giudicato sostanziale al giudicato cautelare, con la conseguenza
che il successivo provvedimento amministrativo di diniego, anche se emesso a fronte
di una mera pronuncia cautelare, costituisce l'ultima spiaggia dell' esercizio dell'azione
amministrativa, con la conseguenza che il dispositivo della sentenza non si limiter ad
annullare l'atto amministrativo, ma condanner l'Amministrazione a provvedere.
A fronte di quanto affermato poc' anzi, di palmare evidenza che la nuova elabora-
zione giurisprudenziale persegua la finalit, certamente condivisibile, di accordare una
tutela pi effettiva all'amministrato.
Si rileva, ciononostante, che detto orientamento desta non poche perplessit, doven- Conclusioni
do questa impostazione parallelamente prevedere, perlomeno, una cognizione piena in
capo al secondo giudice, con correlativo ampliamento del thema decidendum. Altrimenti
opinando, l'Amministrazione correrebbe il rischio di veder consumare il proprio potere
12TAR. Puglia, Lecce, sez. I, 27 febbraio 2002, ll. 842, in Urbanistica e Appalti, 2002.
162 La tutela di annullamento
anche a fronte di un vizio meramente formale del secondo provvedimento. Meglio sa-
rebbe, dunque, prevedere che l'oggetto del secondo giudizio si estenda dalla legittimit
del secondo diniego alla spettanza del bene della vita, dall'atto emanato all'atto emanan-
do, di modo che la preclusione del successivo provvedimento negativo non derivi da una
pronuncia di carattere meramente processuale, ma da un ben preciso accertamento della
fondatezza della pretesa del privato.
Ancora pi opportuno sarebbe, peraltro, in aderenza alla teoria della formazione pro-
gressiva del giudicato, prevedere che un giudizio cos invasivo sia di competenza (non
del giudice amministrativo di legittimit ma) del giudice dell'ottemperanza, l'unico do-
tato dei poteri e degli strumenti necessari per valutarefunditus le regole di buona ammi-
nistrazione applicabili al caso concreto.
In chiusura, vanno brevemente rammentate sul punto le disposizioni del codice del
processo amministrativo, il quale, pur non risolvendo espressamente il problema della
esatta perimetrazione del giudicato, conferma il divieto di sovrapposizione tra le sta-
tuizioni del O.A. e le ulteriori valutazioni discrezionali della P.A.. Sul punto, infatti, il
nuovo testo normativo fa chiaramente salvo il potere sostanziale di (ri)edizione del po-
tere amministrativo, consentendo la verifica della fondatezza sostanziale dell'istanza del
privato nei soli casi di consumazione od inesistenza del potere discrezionale della P.A.
(art. 31, co. 3, cod. proc. amm.), ovvero nei casi di giurisdizione di merito (art. 34, co. 1,
lett. d) cod. proc. amm.); per le altre ipotesi, invece, resta fermo che "In nessun caso il
giudice pu pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati"
(art. 34, co. 2, cod. proc. amm.)
4. I riflessi dell'annullamento sugli atti consequenziali
L'annullamento di un atto illegittimo da parte del G.A. pone l'ulteriore problema
di verificare se ed in quale misura la sentenza di annullamento produca effetti
anche nei confronti di atti che, pur non essendo stati impugnati innanzi al Tar,
presentino con l'atto caducato un collegamento cos stretto da ritenersi comun-
que influenzati dall'annullamento di quest'ultimo.
In particolare, la pronuncia di annullamento comunica i suoi effetti agli atti
che si pongono in un rapporto di derivazione, di guisa che il provvedimento an-
nullato costituisce il presupposto sul quale stato emanato l'atto successivo.
Fermo restando il sicuro riverbero dell'annullamento di un atto presuppo-
sto su quello consequenziale, mutano tuttavia gli effetti che l'annullamento
dell'atto a monte produce sull'atto a valle, a seconda dell'intensit che con-
traddistingue il nesso di derivazione intercorrente tra l'atto annullato e l'atto
successivo.
In particolare, la giurisprudenza suole distinguere tra "invalidit ad effet-
to caducante" ed "invalidit ad effetto viziante".
La prima ipotesi si realizza quando l'atto a monte "entra" nel modello le-
gale dell'atto consequenziale come requisito stesso di esistenza di quest'ulti-
mo, di guisa che l'atto successivo rinviene il suo unico presupposto nell' atto
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 163
annullato:in tal caso, l'annullamento del primo atto comporta l'automatica ca- Il c.d. "ejjf;!to
ducazione dell'atto consequenziale, che, a seguito dell'annullamento del prov- caducante
vedimento presupposto, perde la sua stessa ragion d'essere (c.d. "invalidit ad
effetto caducante"). In fattispecie di tal fatta, dunque, l'annullamento dell'atto a
monte travolge automaticamente tutti gli atti ad esso strettamente consequenzia-
li. L'effetto caducante, quindi, opera ipso iure, per il solo annullamento dell'atto
presupposto senza che sia necessaria una nuova impugnazione dei provvedimen-
ti successivi innanzi al giudice amministrativo.
L'''invalidit ad effetto viziante", invece, opera in tutte quelle fattispecie in Il.c:d. " ~ 1 f e t t o
. d d . l , d d VIZIante
cui, pur eSlsten O un rapporto l consequenZIa lta tra atto ca ucato e provve 1-
menti successivi, esso non si articola in termini di esclusivit, dCguisa che l'at-
to successivo, consequenziale a quello annullato, conserva tuttavia una propria
ragion d'essere al di fuori ed indipendentemente dal rapporto con l'atto a mon-
te. Ne consegue che l'atto consequenziale risulta s invalido per vizio derivato
dall'atto presupposto, ma resta efficace, salva apposita e specifica impugnativa,
resistendo all'annullamento dell'atto presupposto.
Ai fini della concreta individuazione della predetta tipologia di effetti, deve
valutarsi l'intensit del rapporto di consequenzialit, con il riconoscimento
dell'effetto caducante ove tale rapporto sia immediato, diretto e necessario: ove,
cio, l'atto successivo si ponga, nell'ambito della stessa sequenza procedimen-
tale, come inevitabile conseguenza di quello anteriore, senza necessit di nuove
ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento
di soggetti terzi 13.
In definitiva, l'effetto caducante si realizza per tutti gli atti che, in quello
annullato, trovano il loro antecedente necessario, purch non sia frattanto in-
tervenuto un nuovo e diverso atto, il quale, come suo effetto diretto ed indipen-
dentemente dall'atto annullato, modifichi irreversibilmente situazioni giuridi-
che, ovvero implichi nuove ed ulteriori valutazioni di interessi del destinatario
dell'atto presupposto e di eventuali terzi soggetti che hanno partecipato al pro-
cedimento 14.
l3Cosi Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1114, in Foro amm. CDS2011, 2, 621. Cfr. anche
Cons. Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 244, in Diritto & Giustizia 2011; Cons. Stato, sez. V,
05 maggio 20lD, n. 2577, in Foro amm. CDS 2010,5, 1037; Cons. Stato, sez. V, 04 marzo 2010,
n. 1260, in Ragiusan 2010,319-320,36. Sul tema merita menzione, inoltre, Con. Stato, sez. V,
25 novembre 2010, n. 8243, in Foro amm. CDS 2010, 11,2379, che ha negato che l'eventuale
annullamento delle determinazioni attinenti all'ammissione/ricusazione delle liste dei candida-
ti presentate per le consultazioni per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale potessero
spiegare effetti caducanti rispetto agli atti di indizione delle nuove consultazioni ed alla rispettiva
proclamazione degli eletti.
l4T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 17 marzo 2008, n. 1359, in Foro amm. TAR 2008, 3, 808, con
specifico riferimento agli atti della procedura di espletamento di un concorso a pubblico impiego.
V. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 12 febbraio 2007, n. 997, cha ha rassegnato analoghe
conclusioni con riferimento al rapporto tra annullamento del nulla-o sta comunale e diniego della
concessione in sanatoria.
Casistica
applicativa
164 La tutela di annullamento
In quest'ultimo caso, gli atti successivi, seppur viziati, potranno essere annul-
lati soltanto se tempestivamente gravati nell'ordinario termine decadenziale.
Ed infatti, la circostanza che l'atto finale sia affetto da invalidit derivata dai
vizi dell'atto preparatorio, non esclude che tale invalidit derivata debba essere
fatta valere con i rimedi tipici del processo impugnatorio. In mancanza, l'atto
viziato da invalidit derivata, si consolida e non pi impugnabile.
Sul piano applicativo, l'efficacia caducante opera per lo pi nell'ambito del rapporto
endoprocedimentale
l5
, ovvero in tutte le ipotesi in cui sussiste tra gli atti un rapporto di
"preordinazione funzionale" che prescinde dal rapporto procedimentale.
Le ipotesi pi frequenti si verificano con riferimento all'annullamento dell'atto di
approvazione della graduatoria dei vincitori di un concorso pubblico, rispetto al quale
l'atto di nomina si pone come atto esecutivo, che diviene quindi carente del suo ogget-
to
l6
. Fino ad un recente passato, inoltre, assai animato era il dibattito sugli effetti che si
producono a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione sul contratto nell'ambito di
una procedura di appalto. Il problema oggi risolto direttamente dal Legislatore, il qua-
le, agli artt. 121 ss. cod. proc. amm., detta una disciplina dettagliata sugli effetti dell 'ille-
gittimit dell'aggiudicazione sul contratto gi stipulato (v. parte III, cap. XI) 17.
15T.AR. Sicilia, Catania, sez. IV, 12 marzo 2010, n. 599, in Red. amm. TAR 2010,03.
16DAultimo, T.AR. Campania, Napoli, sez. 1,17 giugno 2011, n. 3244 inRed. amm. TAR 2011, 06.
Sul punto si segnalano anche T.AR. Liguria, Genova, sez. II, 19 febbraio 2010, n. 643, in Foro
amm. TAR 2010, 2, 407, con specifico riferimento all'annullamento del giudizio di non idoneit
del concorrente di un concorso per p.i., nonch Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2009, n. 1730, in
Foro amm. CDS 2009,3,837 in materia di valutazione comparativa per la copertura di un posto
di professore di prima fascia ordinario.
17 I problemi relativi all'effetto caducante o viziante perdurano, in ogni caso, con riferimento
all'annullamento degli altri atti del procedimento di gara diversi dall'aggiudicazione definitiva:
sul punto, v. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2011, n. 2482, in Foro amm. CDS 2011,4, 1337, che
si occupata dei rapporti tra fra aggiudicazione provvisoria ed aggiudicazione definitiva. In par-
ticolare, i Giudici di Palazzo Spada, hanno chiarito che di norma non intercorre effetto caducante
"fra aggiudicazione provvisoria ed aggiudicazione definitiva, tenuto conto della giurisprudenza
prevalente, che attribuisce all'aggiudicazione provvisoria natura di atto endo-procedimentale,
dagli effetti ancora instabili e meramente interinali, con autonoma incidenza lesiva dell'aggiu-
dicazione definitiva, quale provvedimento di formale ricezione, da parte dell 'Amministrazione,
dell'esito della gara, non senza nuova valutazione degli interessi pubblici e privati sottostanti. Il
soggetto che si consideri leso pu, dunque, impugnare l'aggiudicazione provvisoria, ma si ritiene
che debba comunque contestare, a pena di improcedibilit del ricorso, anche l'aggiudicazione
definitiva (mentre l'impugnativa di quest'ultima comunque ammissibile, anche in assenza di
previa contestazione di altri atti interni della procedura di gara) ". E tuttavia, chiarisce il collegio,
"Quanto sopra non esclude che - in presenza di un 'aggiudicazione definitiva, di fatto meramente
confermativa di quella provvisoria ed anche in assenza di invalidit di atti presupposti, tali da
travolgere "ab initio" l'intera procedura di gara - possa in singoli casi ritenersi applicabile
il principio generale, in precedenza enunciato in tema di effetto caducante". Sul tema, inoltre,
merita menzione anche la recentissima decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,
4 giugno 2011, n. lO, la quale, nel verificare, tra l'altro, la sussistenza dell'interesse dei ricorren-
ti ad impugnare taluni atti amministrativi prodromici alla costituzione di una societ di diritto
privato da parte di un Istituto Universitario, ha evidenziato che "Nei casi in cui un negozio di
diritto privato posto in essere da una pubblica amministrazione preceduto da un procedimento
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 165
Ulteriore applicazione dei principi in esame stata fatta in materia di espropriazione.
Sul punto, un'interessante pronuncia del T.A.R.di Palermo
l8
ha chiarito che, in caso di
procedimento di espropriazione per pubblico interesse, la tempestiva impugnazione del-
la dichiarazione di pubblica utilit dell'opera esime il ricorrente dal seguire il prosieguo
dell'iter procedurale, "avendo l'eventuale annullamento degli atti presupposti un effetto
non gi meramente viziante, ma caducante sul decreto di espropriazione eventualmente
adottato".
Sul tema v. anche parte III, cap. VII, 5.1.
5. L'ultima frontiera della tutela caducatoria: l'annullamento con effetti ex
nunc o l'accertamento dell'illegittimit a fini meramente conformativi
(Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2011, n. 2755)
Si detto in apertura che uno dei caratteri peculiari dell'annullamento per illegit-
timit del provvedimento amministrativo risiede nella caducazione del provve-
dimento con efficacia ex fune, ed il conseguente travolgimento di tutti gli effetti
medio fempore prodotti dall'atto.
Tale impostazione, data ormai per acquisita dalla giurisprudenza assoluta-
mente pacifica e consolidata, stata revocata in dubbio dalla recentissima pro-
nuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, lO maggio 2011, n. 2755
19
, la quale, in
applicazione dei principi di giustizia sostanziale di effettivit e proporzionalit
della tutela giudiziaria, di derivazione comunitaria, ha sfatato il dogma della
necessaria retro attivit dell' annullamento dell' atto illegittimo.
In particolare, il Consiglio di Stato ha evidenziato che l'annullamento ex fune
del provvedimento impugnato rinviene le sue radici non gi in una disposizione
di legge, ma in una prassi, suscettibile di essere derogata tutte le volte in cui
l'annullamento retro attivo dell'atto costituisce una misura eccessiva -e pertanto
non satisfattiva- delle istanze di tutela del ricorrente (o addirittura lesiva della
sua sfera di interesse).
amministrativo, l'annullamento degli atti del procedimento amministrativo non comporta, di re-
gola, l'automatica caducazione del negozio giuridico a valle (c.d. effetto caducante), producendo
piuttosto una invalidit derivata (c.d. effetto viziante)", che deve quindi essere dedotta davanti al
g.O., avente giurisdizione sull'atto negoziale. Tale circostanza, peraltro, "nonfa per venire meno
l'interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti amministrativi prodromici di un
negozio societario, atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del negozio socie-
tario a valle, con la conseguente possibilit di azionare rimedi risarcitori, impugnare il negozio
societario davanti al giudice ordinario, chiedere ali 'Amministrazione l'ottemperanza al giudicato
amministrativo, e, in caso di perdurante in ottemperanza, adire il giudice amministrativo che in
sede di ottemperanza pu intervenire sulla sorte del contratto".
18 T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 04 novembre 2009, n. 1726, in Foro amm. TAR 2009, 11,
3276.
19In Diritto & Giustizia 2011, 14 giugno.
166 La tutela di annullamento
E' quanto accade, ad avviso del supremo Consesso di Giustizia amministrati-
va, nelle ipotesi in cui il ricorrente impugna l'atto al fine di giovarsi dell' effetto
conformativo del giudicato pro futuro, ove si lamenti l'insufficienza di determi-
nate misure adottate con il provvedimento.
Nella specie, una associazione ambientalista aveva impugnato un piano faunistico ve-
natorio, il quale avrebbe dovuto contenere determinate prescrizioni ed essere soggetto a
specifici incombenti procedimentali.
Orbene il Consiglio osserva che, dinnanzi a fattispecie di tal fatta, "non utilizzabile
la regola secondo cui "l'accoglimento della azione di annullamento comporta l'annul-
lamento con effetti ex tunc del provvedimento risultato illegittimo, con salvezza degli
ulteriori provvedimenti della autorit amministrativa, che pu anche retroattivamente
disporre con un atto avente effetti "ora per allora" [ .. ].
Quando la sua applicazione risulterebbe incongrua e manifestamente ingiusta, ov-
vero in contrasto col principio di effettivit della tutela giurisdizionale, ad avviso del
Collegio la regola dell'annullamento con effetti ex tunc dell'atto impugnato a seconda
delle circostanze deve trovare una deroga, o con la limitazione parziale della retroattivi-
t degli effetti (Sez. VL 9 marzo 2011, n. 1488), o con la loro decorrenza ex nunc ovvero
escludendo del tutto gli effetti dell'annullamento e disponendo esclusivamente gli effetti
conformativi ".
Il Consiglio di Stato, inoltre, osserva che la legislazione ordinaria non preclude al
giudice amministrativo l'esercizio del potere di determinare gli effetti delle proprie sen-
tenze di accoglimento. Anzi, un implicito riconoscimento alla possibilit di caducare gli
atti amministrativi solo per l'avvenire rinvenibile nell'art. 21-nonies L. 241/1990, il
quale, nel richiamare illegittimo affidamento del destinatario del provvedimento quale
limite al suo annullamento d'ufficio, consente di lasciare intatti gli effetti gi prodotti da
un provvedimento illegittimo.
Pertanto, "il giudice amministrativo, nel determinare gli effetti delle proprie statu-
izioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le pi innovative, devono produrre
conseguenze coerenti con il sistema (e cio armoniche con i principi generali dell 'ordi-
namento, e in particolare con quello di effettivit della tutela) e congruenti (in quanto
basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la
regula iuris in concreto enunciata) ".
Tali conclusioni sono indotte anche dall'applicazione dei principi nazionali, comuni-
tari e CEDU sulla effettivit della tutela giurisdizionale.
"Quanto al principio di effettivit della tutela giurisdizionale, desumibile dagli ar-
ticoli 6 e 13 della CEDU, dagli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione e dal codice del
processo amministrativo, si deve ritenere che la funzione primaria ed essenziale del
giudizio quella di attribuire alla parte che risulti vittoriosa l'utilit che le compete in
base all'ordinamento sostanziale", con la conseguenza che "il giudice pu emettere le
statuizioni che risultino in concreto satisfattive dell 'interesse fatto valere e deve inter-
pretare coerentemente ogni disposizione processuale".
Anche la giurisprudenza comunitaria, peraltro, ha da tempo affermato che il prin-
cipio dell'efficacia ex tunc dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha
portata assoluta e che la Corte pu dichiarare che l'annullamento di un atto (sia esso
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 167
parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l'atto medesimo conservi
i propri effetti sino a che l'istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l'atto im-
pugnato.
La giurisprudenza comunitaria ha da tempo affermato che il principio dell'efficacia
ex tunc dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che
la Corte pu dichiarare che l'annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia
effetto ex nunc o che, addirittura, l'atto medesimo conservi i propri effetti sino a che
l'istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l'atto impugnato (Corte di Giustizia,
5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; Corte di Giustizia, 25 febbraio
1999, Parlamento c. Consiglio, in C-l64/97 e 165/97).
Tale potere valutativo prima dell' entrata in vigore del Trattato di Lisbona era previsto
espressamente nel caso di riscontrata invalidit di un regolamento comunitario (v. l'art.
231 del Trattato istitutivo della Comunit Europea), ma era esercitabile - ad avviso della
Corte - anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio
1998, Regno Unito c Commissione, in C-l 06/96), delle direttive e di ogni altro atto ge-
nerale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio
1995, Parlamento c Consiglio, in C-21-94).
La Corte di Giustizia dunque titolare anche del potere di statuire la perduranza, in
tutto o in parte, degli effetti dell'atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che
pu tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha
vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rile-
vante (Corte di Giustizia, lO gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05
e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07).
Tale giurisprudenza, come sopra segnalato, ha ormai trovato un fondamento testuale
nel secondo comma dell' art. 264 (ex 231) del Trattato di Lisbona sul funzionamento
della Unione Europea, che non contiene pi il riferimento delimitativo alla categoria dei
regolamenti ("Se il ricorso fondato, la Corte di giustizia dell 'Unione europea dichiara
nullo e non avvenuto l'atto impugnato. Tuttavia la Corte, ove lo reputi necessario, preci-
sa gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi").
In applicazione del sopra richiamati principi consegue pertanto che "anche il giudice
amministrativo nazionale possa differire gli effetti di annullamento degli atti impugnati,
risultati illegittimi, ovvero non disporli qffatto, statuendo solo gli effetti conformativi,
volti a far sostituire il provvedimento risultato illegittimo"
Il Consiglio conclude affermando che"ove il Collegio annullasse ex tunc ovvero an-
che ex nunc il piano" in ragione della mancata attivazione di determinati incombenti
procedurali, "sarebbero travolte tutte le prescrizioni del piano, e ci sia in contrasto
con la pretesa azionata col ricorso di primo grado, sia con la gravissima e paradossale
conseguenza di privare il territorio pugliese di qualsiasi regolamentazione e di tutte le
prescrizioni di tutela sostanziali contenute nel piano gi approvato (retrospettivamente
o a decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza, nei casi rispettivamente di
annullamento ex tunc o ex nunc). In altri termini, l'annullamento ex tunc e anche quello
ex nunc degli atti impugnati risulterebbero in palese contrasto sia con l'interesse posto
a base dell'impugnazione, sia con le esigenze di tutela prese in considerazione dalla
normativa di settore, e si ritorcerebbe a carico degli interessi pubblici di cui portatrice
ex lege l'associazione appellante".
168 La tutela di annullamento
Questa sentenza stata sottoposta a critica da severa dottrina (TRAVI) la quale,
per un verso, ha censurato il sapore pretorio dell' operazione ermeneutica, che si
porrebbe in contrasto con la tipicit del contenuto dell'azione e della sentenza
di annullamento oltre che con la riserva di legge prevista dall'art. 113, comma 3,
Cost, che attribuisce solo alla legge il compito di stabilire gli effetti dell'annul-
lamento dell'atto, con conseguente impossibilit che il giudice deroghi in via in-
terpretativa alla regola dell'efficacia retro attiva della pronuncia costitutiva; per
altro verso, ha sottolineato che il principio della domanda osta ad una decisione
che, a fronte di una domanda tesa alla demolizione retro attiva dell'atto, il giudi-
ce si limiti all'accertamento non demolitori o o alla caducazione non retroattiva
del provvedimento impugnato.
Le critiche non colgono nel segno.
Quanto alla prima obiezione si deve replicare che nessuna legge, sostanziale
o processuale, sancisce la regola della retroattivit degli effetti della pronuncia di
annullamento, con la conseguenza che, in coerenza con la generale atipicit delle
azioni e delle pronunce, non pu che spettare al giudice il compito di distillare
gli effetti della propria decisione in guisa da offrire la tutela migliore all'interesse
del ricorrente, tale essendo quella necessaria e sufficiente a soddisfare in modo
pieno l'interesse azionato senza frustare in modo inutile l'interesse pubblico e la
sfera giuridica dei contro interessati.
In ordine alla seconda censura si deve rimarcare che la domanda di annul-
lamento contiene sempre, e per definizione, come il pi reca il meno, il quid
minus della domanda di mero accertamento dell' illegittimit con effetti non
retroattivi o non eliminatori. E' quindi coerente con il principio della domanda
di cui all'art. 112 del codice di rito civile una decisione che effettui questo ac-
certamento adottando una misura che eviti di concedere un quid pluris rispetto a
quanto sia necessario per gratificare in modo pieno il bisogno di tutela. E tanto
in omaggio alla regola processualistica secondo cui non l'interesse a ricorrere,
ex art. 100 C.p.c., una condizione dell'azione, che, come tale, non solo la con-
diziona sul piano dell' an ma la limita sul versante della portata delle pronunce
conseguibili.
6. Dall'annullamento dell'atto illegittimo all'accertamento dell'illegittimi-
t dell'atto (art. 34, comma 3 del codice del processo amministrativo)
Va, infine, osservato che, introducendo una novit epocale, l'art. 34, comma 3,
del codice del processo ha escluso l'emanazione di una pronuncia di annulla-
mento quante volte l'eliminazione dell'atto non risulti pi utile ai fini del conse-
guimento del bene della vita da parte del ricorrente.
In tali ipotesi (si pensi all'aggiudicazione di una gara gi seguita dall'inte-
grale esecuzione del contratto o ad un provvedimento illegittimo di esproprio
che abbia irreversibilmente prodotto i suoi effetti con la trasformazione dell'area
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 2 169
consequenziale alla realizzazione di un'opera pubblica) il giudice amministrati-
vo si limiter ad una pronuncia di accertamento dell'illegittimit al solo fine di
consentire, eventualmente con un separato giudizio, il ristoro del danno patito.
La norma ci ricorda, una volta di pi, che un atto non illegittimo perch an-
nullabile ma annullabile in quanto illegittimo.
Si supera cos, di slancio, dando seguito agli spunti di novit sottesi all'art.
21-octies, comma 2, L. 241/1990, l'idea disperatamente antica dell'esclusivi-
t e dell'indefettibilit della sanzione dell'annullamento come conseguenza del
riscontro di una situazione di illegittimit, e si d la stura ad un sistema duttile
in seno al quale una pronuncia di mero accertamento pu aprire direttamente
la strada ad una tutela risarcitoria senza passare per un'inutile ed ineseguibile
pronuncia demolitoria.
20
I connotati ontologici e dogmatici dell'art. 34 cod. proc. amm. sono stati da
ultimo indagati a fondo dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stat0
21
, la qua-
le, nello scandagliare il problema della pregiudiziale amministrativa (v. cap. IV
della presente sezione), si interrogata anche sulle implicazioni applicative della
norma in esame.
Nello specifico, la Plenaria rinviene nell'art. 34, co. 3, cod. proc. amm. una conferma Cons. Stato, Ad.
Il
' . dII" . . . d Il d' d Plen 3/11
a autonomIa e aZIOne nsarcitona a que a ca ucatona, concorren o a consacrare, .
in termini netti, la reciproca autonomia processuale tra i diversi sistemi di tutela, con
l'affrancazione del modello risarcitorio dalla logica della necessaria "ancillarit" e "sus-
sidiariet" rispetto al paradigma caducatorio.
Afferma nella decisione che "La diposizione consente che un 'azione costitutiva di
annullamento, non pi supportata dal necessario interesse, sia convertita in un 'azione
meramente dichiarativa di accertamento dell 'illegittimit, da far valere in un (anche
successivo) giudizio di risarcimento.
Si recepisce, in sostanza, l'indirizzo ermeneutico, gi tracciato da questo Consiglio
(sez. V, 16 giugno 2009, n. 3849), secondo cui, afronte della domanda di annullamento
inidonea a soddisfare l'interesse in forma specifica (nella specie veniva in considera-
zione un provvedimento di espropriazione relativo ad aree non pi restituibili in quanto
irreversibilmente trasformate), la pronuncia - nel caso in parola motivata con riguardo
alla regula iuris sottesa agli artt. 2058 e 2933 c.c. - deve limitarsi ad un accertamento
dell 'illegittimit, senza esito di annullamento, ai soli fini della tutela risarcitoria invo-
cabile con riguardo agli eventuali danni patiti per effetto dell'esecuzione del provvedi-
mento impugnato [ .. .}.
Tale articolo introduce un principio di carattere generale volto da un lato ad inibire
l'annullamento di atti che abbiano ormai esaurito i loro effetti nel corso del giudizio e,
dali 'altro, a tutelare, in presenza dei necessari presupposti, l'interesse al! 'accertamento.
2Il codice recepisce una soluzione gi elaborata in giurisprudenza. Cfr, proprio con riguardo
all'esproprio seguito dalla trasformazione irreversibile dell'area, Cons. Stato, sez. V, 16 giugno
2009, n, 3849.
21Cons. Stato, ad. pI., 23 marzo 2011, n. 3, in Guida al diritto 2011, 15,64.
170
La tutela di annullamento
In questa ipotesi l'azione costitutiva si depotenzia di quel "quid pluris _ la mo-
dificazione di una situazione giuridica - che la caratterizza rispetto al contenuto di
accertamento proprio di ogni azione per ridursi a mero accertamento, per il quale il
presupposto del! 'interesse costituito dal! 'interesse risarcitorio".
I rapporti con
l'art. 21-octies,
co. 2, L. 241/90
Secondo la dottrina, il disposto di cui all'art. 34, co. 3, cod. proc. amm., co-
stituisce species del genus dei vizi non invalidanti di cui all'art. 2l-octies. In
particolare, l'art. 34 concorre ad evidenziare come l'annullamento non l'uni-
Il sindacato
giudiziale sul/a
soravvenuta
carenza di inte-
resse al/'annul-
lamento
ca sanzione per il provvedimento illegittimo, che ben pu rimanere valido ed
efficace ove il ricorrente non abbia interesse alla sua caducazione, residuando
invece interesse al solo accertamento della sua illegittimit al fine di verificare
l'esistenza dei presupposti per accedere al risarcimento dei danni. L'art. 34 cod.
proc. amm., in tal modo, pone la carenza sopravvenuta di utilit (e quindi di
interesse all'annullamento) quale limite alla caducazione dell'atto, a fronte del
difetto di interesse originario rilevante ai fini del2l-octies L. 241/90 (sul tema
v. supra, 2 ss.).
A questo punto l'indagine si sposta sulla ampiezza del sindacato giudiziale in
merito alla sopravvenuta inutilit della caducazione dell'atto: sul punto, infatti,
il codice non chiarisce se essa possa essere rilevata d'ufficio dal giudice o se in-
vece debba soggiacere ad un preciso ed ineliminabile onere di allegazione delle
parti. In particolare, ci si chiede se, a fronte di una domanda di annullamento il
ricorrente debba proporre una specifica istanza, provando l'esistenza di un'uti-
lit alla caducazione del provvedimento impugnato, o, al contrario, l'inutilit
dell' annullamento dell' atto illegittimo possa essere rilevata d'ufficio dal giudice
per rigettare la domanda.
Orbene, sul punto, la giurisprudenza pi recente
22
ha ritenuto che la domanda
di annullamento del provvedimento ex art. 2l-octies, co. 1, L 241/90, secondo
il principio per cui "il pi contiene il meno", comprende un' implicita istanza di
accertamento dell'utilit al ricorso, sicch il giudice pu limitare la sua pronun-
cia ad un contenuto di accertamento, anche sulla scorta di un giudizio ufficioso
sul permanere dell'interesse, senza bisogno di una puntuale domanda o di una
specifica prova sul punto. Secondo altra tesi (CORSO), il ricorrente ha invece
l'onere di allegare la susistenza di un'utilit, e quindi di un interesse al mero
accertamento a fini risarcitori. In assenza di tale allegazione il ricorso sar di-
chiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse ex art 35, comma l.
lett. c, del codice del processo.
22Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 20 Il, n. 2817, Diritto & Giustizia 20 Il, 21.
CAPITOLO 3
La tutela di accertamento e di condanna
SOMMARIO: l. Profili generali. - 2. Le azioni di mero accertamento. - 2.1. L'azione di nullit
del provvedimento amministrativo ex artt. 21-septies della L. 241/1990 e 31, comma 4, del
codice del processo amministrativo. - 2.1.1. Problemi di giurisdizione (rinvio). - 2.1.2.
L'azione di nullit come azione di mero accertamento ammissibile dinanzi al G.A. - 2.1.3. Il
regime dell'azione di nullit: interesse ad agire, prescrizione, rilevabilit d'ufficio e principio
della domanda. - 2.1.4. La nullit per violazione od elusione del giudicato: giurisdizione
esclusiva o di merito? - 2.2. L'azione di accertamento dell'illegittimit del provvedimento
(art. 34, comma 3 del codice del processo amministrativo). - 2.3. L'Adunanza Plenaria del
Cosniglio di Stato (decisione 29 luglio 2011, n. 15) suggella l'esperibilit dell'azione di ac-
certamento atipica. - 2.3.1. Accertamento atipico e d.i.a./s.c.i.a. (rinvio). - 3. Le azioni
di condanna pubblicistica (o di esatto adempimento) in cui l'accertamento funzionale ad
una pronuncia che attribuisca al ricorrente il bene della vita. - 3.1. L'azione di condanna
in materia di accesso ai documenti amministrativi (art. 116 del codice del processo ammini-
strativo). Rinvio. - 3.2. L'azione di condanna previo accertamento della fondatezza della
pretesa sostanziale in tema di silenzio-rifiuto (artt. 31 e 117 del codice del processo ammini-
strativo). - 3.2.1. L'evoluzione del giudizio sul silenzio-rifiuto della P.A. - 3.2.2. Il nuovo
volto del giudizio sul silenzio-rifiuto dopo il codice del processo amministrativo. - 3.2.2.1.
L'accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale una facolt o un potere dovere? _
3.2.2.2. Il principio della domanda. - 3.2.2.3. I limiti posti all'accertamento della fondatezza
della pretesa sostanziale. - 3.2.2.4. Emanazione del provvedimento espresso nel corso del
giudizio sul silenzio-rifiuto. - 3.2.2.5. Rito del silenzio e tutela risarcitoria. - 3.2.2.6. I con-
trointeressati. - 3.3. L'azione di condanna all'aggiudicazione della gara ed alla stipulazione
del contratto (art. 124 del codice del processo amministrativo). - 3.4. La tutela di condanna
nell'azione collettiva di classe (art. 4 del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198). _
3.5. L'Adunanza Plenaria (decisione 23 marzo 2011, n. 3) apre alla generale azione di con-
danna pubblicistica (cd. azione di esatto adempimento). - 4. Considerazioni conclusive.
1. Profili generali
Nella nuova configurazione della tutela giurisdizionale amministrativa - eman-
cipata, come visto nei capitoli precedenti, dall'esclusivit della tutela di annul-
lamento, ed ormai assestata sullo scandaglio del rapporto amministrativo - fan-
no il loro ingresso le tutele dichiarative (o di mero accertamento), volte non a
172
La tutela di accertamento e di condanna
rimuovere costitutivamente provvedimenti efficaci ma ad accertare determinati
fatti o situazioni; nonch le tutele di condanna pubblicistica (o esatto adempi-
mento) che, sulla scorta dell' accertamento della spettanza del bene della vita,
impongono alla P.A. l'adozione del provvedimento richiesto.
Nelle prime azioni viene in rilievo un accertamento mero; nelle seconde si
tratta di un accertamento della spettanza del bene della vita, strumentale ad una
consequenziale statuizione di condanna (o di esatto adempimento).
Pensiamo, quanto alle azioni di mero accertamento, all'azione di nullit ex
art. 21-septies, della L. 241/1990 ed all'azione di accertamento dell'illegittimit
ex art. 34, comma 3 del codice del processo; in merito alle azioni di condanna
previo accertamento del bene della vita, all'azione (di accertamento e condan-
na) in tema di accesso ex art. 25 della L. 241/1990, ed all'azione di condanna
all'adozione del provvedimento satisfattorio della pretesa sostanziale (e conse-
guente condanna al facere specifico) ora prevista dagli artt. 2 L. 241/90 e 31-117
cod. proc. amm. in tema di silenzio-rifiuto o inadempimento.
Sul punto, il codice del processo non ha rispettato in pieno le indicazioni
prmClplO di
tipicit delle della legge delega (art. 44 della L. 69/2009) poich, tradendo l'impostazione
azioni? originaria impressa alla bozza di codice licenziata dal Consiglio di Stato 1'8
febbraio 2010, non ha ammesso in via generale e con formulazione esplicita,
l'esperibilit di azioni di accertamento e di condanna pubblicistica. Il silenzio
sul punto del testo vigente del d. 19s. n. 104/1 O, tuttavia, non appare sintomatico
della volont del Legislatore di escludere la generale ammissibilit nel processo
amministrativo delle forme di tutela in parola: l'esperibilit di dette azioni, infat-
ti, ricavabile in via implicita dal combinato disposto di numerose disposizioni
costituzionali e codicistiche.
Di tali profili si occupa il presente capitolo, il quale, esamina le fattispecie in
cui il nostro ordinamento ammette expressis verbis la tutela di accertamento e
l'azione condanna, per poi passare a verificare l'ammissibilit, de iure condito,
di azioni di accertamento ed adempimento atipiche.
2. Le azioni di mero accertamento
Il progetto di codice, approvato l' 8 febbraio 2010 dalla Commissione insediata
presso il Consiglio di Stato, aveva recepito in pieno il modello della pluralit
delle azioni, assicurando cos anche all'interesse legittimo il bene incommensu-
rabile della pienezza della tutela.
In particolare, l'art. 38 di tale bozza aveva previsto in via generale l'azione
di accertamento volta a chiedere la verifica dell' esistenza o dell' inesistenza di
un rapporto giuridico contestato con l'adozione delle consequenziali pronunce
dichiarative. A tal fine, si prevedeva che potesse essere sempre chiesto l'accer-
tamento della nullit di un provvedimento amministrativo e che, ad eccezione
dell' azione di nullit, l'accertamento non potesse comunque essere domandato
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 173
quando il ricorrente non avrebbe potuto far valere i propri diritti o interessi me-
diante l'azione di annullamento o di adempimento. Si stabiliva, inoltre, che l'ac-
certamento non potesse essere chiesto con riferimento a poteri amministrativi
non ancora esercitati.
Come anticipato, la versione definitiva del codice del processo non ha riba-
dito l'ammissibilit di una generale azione di accertamento. Tuttavia, come si
dir nei 2.1. ss, dall'esplicita previsione dell' azione dichiarativa della nullit
(art. 31) e dell'illegittimit (art. 34, comma 3) del provvedimento, declinata in
combinazione con le coordinate costituzionali, lecito evincere il corollario
della generale praticabilit di tale tutela ove essa sia indispensabile al fine di
conseguire un obiettivo di tutela non efficacemente assicurabile con le altre
azioni espressamente contemplate dall'ordito normativo. invece sancita ex-
pressis verbis l'inammissibilit di un'azione di accertamento preventivo relativa
a poteri pubblicistici non ancora esercitati (art. 34, comma 3).
Tale soluzione coerente con il modello costituzionale (art. 103 della Carta
Fondamentale) che configura il giudice amministrativo come giudice chiamato a
sindacare l'esercizio del potere e non come organo chiamato, in spregio al prin-
cipio di separazione dei poteri, a sostituirsi ex ante alla P.A. nella spendita di un
potere non ancora esercitato.
Nei prossimi paragrafi verranno esaminate analiticamente le diverse tipolo-
gie di azioni di accertamento espressamente previste dall' ordinamento vigente,
per poi passare a verificare l'ammissibilit e l'ambito di applicazione dell' azione
di accertamento atipica ed autonoma. ,.
2.1. L'azione di nullit del provvedimento amministrativo ex artt. 21-septies
della L. 241/1990 e 31, comma 4, del codice del processo amministrativo
Si pi volte affermato che la L. 11 febbraio 2005, n. 15 ha profondamente
innovato il procedimento e, in via indiretta, il processo amministrativo. Tra le
numerose innovazioni introdotte da detto testo normativo all'interno della L. 7
agosto 1990, n. 241 possiamo sicuramente annoverare l'art. 21-septies, in tema
di nullit del provvedimento, il cui statuto oggi compendiato dalla disciplina
spiccatamente processuale dettata dall'art. 31, co. 4, cod. proc. amm.
. Sotto il profilo sostanziale, la L. n. 241/1990 ha codificato per la prima volta La nullit
la categoria giuridica della nullit, prima elaborata solo in sede giurispruden-
ziale. Si stabilisce in particolare, al primo comma, che l'atto amministrativo
nullo per mancanza di elementi essenziali, difetto assoluto di attribuzione,
violazione od elusione del giudicato e negli altri casi espressamente previsti
dalla legge. Si rileva fin d'ora che l'art. 21-septies non meramente ricognitivo
dello stato dell'arte in tema di nullit del provvedimento ma introduce innova-
zioni di indubbio rilievo rispetto alle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali
precedenti.
! '
I
, I
Interessi
pretensivi
Interessi
oppositivi
174 La tutela di accertamento e di condanna
Rinviando per gli approfondimenti del regime sostanziale di tale nullit alla
parte III, cap. VII, 3, in questa sede si analizzeranno i problemi processuali
innescati, anche alla luce delle novit di cui al codice del processo, dalla pre-
visione normativa di una patologia prima accarezzata dalla sola elaborazione
pretoria e dottrinale. -
2.1.1. Problemi di giurisdizione (rinvio)
L'espressa previsione della categoria della nullit del provvedimento pone, in
prima battuta, talune questioni inerenti alla giurisdizione in tema di azione di
nullit.
Sul punto, l'art. 21-septies, comma 2, disciplinava la giurisdizione (con una di-
sposizione in parte qua abrogata e trasfusa nell'art. 133, co. 1, letto a, n. 5, cod.
proC. amm.) nella sola fattispecie di nullit per violazione od elusione del giudicato,
prevedendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Si posta dunque
la questione della giurisdizione negli altri casi di nullit previsti dalla legge.
Nel rimandare alla sez. I, cap. II, 4.1., per una trattazione esaustiva del tema,
giova qui ricordare che la ricostruzione attualmente dominante quella per la
quale, in assenza di una statuizione espressa del Legislatore, bisogna applicare
alla fattispecie in esame i principi generali
1
: la giurisdizione dunque del giudice
amministrativo perlomeno nei casi in cui la posizione del destinatario del provve-
dimento sia d'interesse legittimo pretensivo. E ci sia nel caso d'impugnazione,
da parte del destinatario del provvedimento, di un diniego affetto da nullit, che
in quello d'impugnazione, da parte del terzo controinteressato, del provvedimento
ampliativo nullo.
Restano, invece, nella cognizione del giudice ordinario, secondo la tesi tradi-
zionale, le questioni inerenti a provvedimenti nulli incidenti su diritti soggettivi
che, a fronte di atti ab origine inefficaci come quelli nulli, non degradano ad
interessi legittimi oppositivi.
Altra tesi, per converso, attrae anche tali patologie incidenti su interessi op-
positivi nell'alveo della giurisdizione amministrativa di legittimit, muovendo
dall'assunto che l'atto nullo qualificabile come espressione, pur se gravemente
viziata, di un potere amministrativo in ogni caso esistente. Trattasi quindi di un,
pur se peculiare, caso di cattivo uso del potere, soggetto, in base ai criteri ordi-
nari di riparto, alla giurisdizione di legittimit del G.A.
2.1.2. L'azione di nullit come azione di mero accertamento ammissibile di-
nanzi al G.A.
Accertata, nei casi evidenziati nel precedente paragrafo, la proponibilit dell' azio-
ne di nullit all'interno del giudizio amministrativo di legittimit necessario in-
l Cos, da ultimo, V. Cons. Stato, sez. VI, 03 marzo 2010, n. 1247, in Red. amm. CDS 2010,03.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 175
terrogarsi sullo statuto della nullit amministrativa e sulla disciplina processuale
applicabile a detta fattispecie.
Il problema oggi risolto dall'art. 31, comma 4, del codice del processo, T.A.R. Puglia,
l
, d' Il'' l'fi d l l'" d' Bari 4581/2005
che espressamente consacra aZ10ne 1 nu 1ta, qua 1 1can o a qua e aZ10ne 1 opt; per la
accertamento"2 . soluzione
Va peraltro rilevato che l'azione dichiarativa della nullit non un' azione della sentenza
costitutiva
di accertamento del bene della vita in senso proprio, ossia un'azione in cui l'ac
d l
Convince la tesi
certamento volto ad una pronuncia che condanni la P.A. all'attribuzione e dichiarativa
bene si di cui sia verificata la spettanza. Essa, infatti, non diretta a verificare
l'esistenza o meno del rapporto sostanziale, ma, 'al contrario, ad accertare l'ille- Un'azione di
accertamento
gittimit del provvedimento amministrativo. Si tratta, quindi, di un'azione che ma non di
non d vita ad un giudizio sul rapporto, configurabile solo nel caso in cui l'atto spettanza
richiesto sia integralmente vincolato in base alla regola sottesa all'art. 21-octies,
comma 2, ed estensibile anche al caso del provvedimento nullo.
E' stata in tal modo sconfessata l'opposta tesi, pure paventata in giurisprudenza
3
, che, I precedenti giu-
considerando insuperabile il rilievo dell'assenza di una disciplina processuale ad hoc, pre- risprudenziali
feriva annullare il provvedimento nullo, data l'impossibilit, de iure condito, di emanare
una pronuncia dichiarativa nell'ambito della giurisdizione di legittimit.
Tale tesi, raffinata e persino fantasiosa, non aveva tuttavia convinto la dottrina e la
giurisprudenza ante riforma, le quali avevano evidenziato come essa fosse prigioniera
del retaggio della tipicit delle azioni modellate dalla legge, con la conseguente attri-
buzione -impropria- della veste costitutiva di una pronuncia di "annullamento" di un
provvedimento ab origine inefficace.
2.1.3. Il regime dell'azione di nullit: interesse ad agire, prescrizione, rileva-
bilit d'ufficio e principio della domanda
N ell' assenza di uno statuto specifico della nullit in seno all' art. 21-septies ed Applicabilit
Il
' d l d' di' ,. h' l' bT delle norme del
a e relatIve norme e co Ice e processo, SI puO ntenere c e SIano app 1ca 1 1 Codice Civile
le norme del codice civile. Esse, infatti, costituiscono l'espressione di principi
generali dell'ordinamento, e possono quindi ben trovare ingresso nel processo
amministrativo.
In primis, va affrontata la questione dell'interesse ad agire. Era infatti
opinione dominante nella giurisprudenza precedente alla riforma del 2005
che, in caso di azione preordinata alla declaratoria di nullit, mancasse l'in-
teresse ad agire in capo al privato. Si sosteneva, infatti, che non sussistesse
l'interesse ad eliminare dall'ordinamento giuridico un provvedimento im-
produttivo di effetti. Detta concezione, per, finiva per confondere la fat-
2 Sull'ammissibilit di tale azione, ancor prima del codice, Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2010, n.
1498; sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1554.
3 T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 26 ottobre 2005, n. 4581.
Interesse
ad agire e
legittimazione
attiva
176 La tutela di accertamento e di condanna
tispecie del provvedimento nullo con la differente fattispecie del provvedi-
mento inesistente.
Ed invero si pu rilevare che l'interesse ad agire sussiste: il provvedimen-
to nullo, nonostante il suo deficit di imperativit, potr infatti essere eseguito;
inoltre, venendo comunque in rilievo un atto giuridicamente rilevante, possono
essere emanati provvedimenti consequenziali all'atto stesso; il provvedimento
stesso pu d'altronde ingenerare un affidamento nei terzi in ordine alla sua va-
lidit. Si rileva, infine, che la stessa presenza di un provvedimento nullo genera
nell'ordinamento giuridico una situazione di incertezza che il privato potrebbe
avere interesse a rimuovere.
Altra cosa , poi, valutare l'interesse ad agire nel caso concreto. La domanda
di nullit, infatti, per i principi di diritto civile, pu essere proposta da chiunque
vi abbia interesse (art. 1421 c.c.). Questo implica che il legittimato deve poter
ottenere un'utilit concreta dalla pronuncia di nullit (art. 99 c.p.c., pacifica-
mente applicabile al giudizio amministrativo in ragione del generale richiamo
alle norme del codice di rito civile ex art. 39 cod. proc. amm.). Potranno dunque
esperire l'azione di nullit il destinatario dell'atto ed i (soli) soggetti terzi che
l'atto nullo idoneo a ledere
4

4 Osserva sul punto RAMAJOLI, Nullit, legittimazione ad agire e rilevabilit d'ufficio, relazione al
convegno di Siena sulla nullit del provvedimento amministrativo del 22-23 giugno, 2007. "Se non vi
sono ostacoli ad attribuire la legittimazione a proporre l'azione di nullit a chiunque vi abbia interesse,
tuttavia, con riferimento a qualsivoglia processo, l'affermazione secondo cui ogni interessato pu agire
e far rilevare la nullit deve fare i conti con i consueti limiti espressi dall'art. 100 C.p.c. (''per proporre
una domanda o per contraddire alla stessa necessario avervi interesse"). principio acquisito quello
secondo cui la legittimazione generale all'azione di nullit non esime il soggetto che propone tale azione
dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire ex art. 100 C.p.c. [ ... ]. Il fatto che
l'azione di nullit sia proponibile "da chiunque vi abbia interesse" non significa che essa giunga a con-
figurarsi come un'azione di tipo popolare, attribuita a quivis de populo; si tratta invece del conferimento
della legittimazione attiva ad una categoria pi ampia rispetto a quella costituita da coloro che hanno
partecipato all'atto che si assume nullo, ma pur sempre limitata dall'interesse ad agire, consistente nella
necessit di ricorrere al giudice per evitare una lesione attuale di una propria posizione soggettiva e il
conseguente danno alla propria sfera, derivante come effetto dell'atto di cui si deduce la nullit. Del resto,
la pronuncia di nullit una pronuncia dichiarativa ed pacifico che le azioni di mero accertamento sono
proponibili solo quando "in concreto sussiste il bisogno di conseguire una certezza giuridica circa l'esi-
stenza di un proprio diritto o l'esclusione di una pretesa altrui, il che presuppone uno stato di incertezza
obiettiva e non meramente interna o soggettiva, in ordine all' esistenza, al contenuto o alle modalit di un
rapporto giuridico, tale da determinare un pregiudizio attuale rispetto alla temuta lesione del diritto, per
la cui eliminazione sia necessaria la pronuncia del giudice". Pur essendo necessario conciliare l'art. 1421
c.c. con l'art. 100 C.p.C., rimane comunque fermo che la legittimazione a proporre l'azione di nullit
conferita ad una categoria estesa ad una sfera di soggetti pi ampia rispetto a quella costituita da coloro
che hanno posto in essere il negozio nullo. Dunque, anche di fronte ad un atto amministrativo nullo ci
dovremmo ragionevolmente aspettare un ampliamento della sfera dei soggetti legittimati a fame valere in
giudizio la nullit. Invece, a causa del differente punto di partenza rispetto al processo civile, nel processo
amministrativo la legittimazione generale configurata dall'art. 1421 c.c. finisce per perdere gran parte
della sua pregnanza. lnfatti, nel diritto civile legittimati sono anzitutto i soggetti che hanno posto in essere
il negozio giuridico nullo, i quali possono essere interessati a far valere la nullit in via autonoma o per
contestare l'azione della controparte fondata sul contratto. La legittimazione ad agire poi riconosciuta
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 177
Prima del varo del codice del processo si a lungo discusso sulla sottoposizio- Il codice del
1
,' d' Il'' . . d d .. Il processo opta
ne del aZIOne 1 nu lta a prescnzIOne o a eca enza ovvero In mento a a mutua- er la decaden-
zione della regola civilistica dell'imprescrittibilit. L'art. 31, comma 4, del codice ~ a di 180 giorni
ha risolto il problema stabilendo che, per le nullit previste dalla legge sottoposte
alla g
iurisdizione amministrativa, l'azione va proposta entro il termine di deca Imprescritti-
bilit
denza di centottanta giorni; resta ferma, tuttavia, la perpetuit della corrispondente
eccezione, nonch la rilevabilit d'ufficio. Si d la stura ad un'anomalia data da
una preclusione che impedisce di accertare l'originaria inefficacia dell'atto e che,
quindi, stabilizza sul piano sostanziale un provvedimento ab initio inefficace. In
definitiva viene fortemente assottigliata la differenza tra nullit ea annullabilit,
s da autorizzare la qualificazione della nullit come macro-annullabilit. A tale
regime decadenziale sfugge l'ipotesi della nullit per contrasto con il giudicato,
sottoposta al regime della prescrizione decennale proprio dell' actio iudicati (artt.
31 e 114, commi 1 e 4, letto b), del codice del processo).
dalI'ordinamento anche a quei terzi estranei, che, "ricevendo un pregiudizio giuridicamente apprezzabile
dalla permanenza dell'incertezza sull'inidoneit del negozio a produrre i suoi effetti tipici, dimostrino
un proprio concreto interesse ad agire". Legittimati sono quindi i terzi pregiudicati dal contratto, ai quali
sarebbe opponibile il contratto nullo [ .. .]. Nel giudizio civile vistosamente percepibile la distinzione
tra nullit e annullamento in ordine alla legittimazione, dal momento che si riserva la legittimazione
all'annullamento ad una cerchia assai ristretta di interessati ("l'annullamento del contratto pu essere
domandato solo dalla parte nel cui interesse stabilito dalla legge" recita l'art. 1441 c.c.), mentre, come
si visto, legittimata a proporre azione di nullit anche la (potenzialmente) ampia categoria di terzi
diversi dalle parti del contratto. La demarcazione assai netta fra i due tipi di invalidit consente di dare
un senso ben preciso all'azione di nullit nel processo civile. La situazione muta radicalmente quando la
nullit e l'annullabilit si confrontano sul terreno dell'atto amministrativo. Nel caso di azioni di nullit
tipicamente pubblicistiche (per mancanza degli elementi essenziali dell'atto amministrativo o per difetto
assoluto di attribnzione) sicuramente il destinatario del provvedimento ha interesse ad ottenere una pro-
nuncia dichiarativa della nullit, qualora dall'atto nullo discendano effetti materiali concreti comunque
pregiudizievoli nei suoi confronti, occasionati, ad esempio, dall'esecuzione dell'atto nullo. Tuttavia nel
processo amministrativo di legittimit ampi spazi di tutela hanno ottenuto non solo i destinatari diretti
del provvedimento amministrativo, ma anche i terzi, le cui posizioni hanno sempre ricevuto una consi-
derazione pi ampia di quanto non accada nel campo dei rapporti privati, specie a causa del rilievo non
meramente individuale degli interessi coinvolti. In tale processo la legittimazione a far valere l' annullabi-
lit del provvedimento tradizionalmente assai pi ampia rispetto a quella prevista per il negozio annul-
labile. Anzi, si pu proprio dire che la caratteristica saliente dell'interesse legittimo sia quella di far capo
normalmente anche a soggetti terzi rispetto ai destinatari immediati degli effetti dell'atto amministrativo.
Ne discende che se la contrapposizione tra nullit e annullabilit si dovesse misurare anche nel diritto
amministrativo in base alla maggiore ampiezza della legittimazione della prima rispetto alla seconda,
allora si dovrebbe pensare a una sfera di legittimati ancora pi ampia di quella che gi consente l'azio-
ne per l'annullamento del provvedimento illegittimo. Siccome per oltre la sfera della legittimazione
consentita nel processo armninistrativo di legittimit c' soltanto quella tipica dell'azione popolare, nel
diritto amministrativo appare davvero difficile rinvenire una differenza tra nullit e annullabilit sotto il
profilo della legittimazione. Dal momento che la legittimazione nel processo amministrativo gi ampia
quanto quella massima che la giurisprudenza civile riconosce per l'azione di nullit, non probabile che
la giurisprudenza armninistrativa si orienti in futuro a interpretare la norma sulla nullit come un mezzo
per allargare ulteriormente la sfera dei soggetti abilitati a contestare i provvedimenti amministrativi e,
quindi, per allargare i confmi della sindacabilit".
178 La tutela di accertamento e di condanna
Quanto alle nullit di atti che incidono su diritti soggettivi sottoposte alla giurisdizione
ordinaria, resta ferma, nel silenzio del codice, l'imprescrittibilit della relativa azione
ex art. 1422 c.c .. Bisogna, per, rilevare che, nonostante l'azione per la declaratoria
della nullit sia imprescrittibile, tali non sono, invece, n le azioni ad essa connesse n,
in genere, le posizioni giuridiche sottostanti. In-particolare, ove l'atto nullo tocchi un
diritto soggettivo, occorrer verificare la suscettibilit o meno di prescrizione: in questo
caso si prescriver non l'azione dichiarativa di nullit in s ma l'azione di condanna o
restituzione a tutela del diritto.
La nullit del provvedimento, come accennato, pu essere rilevata d'ufficio dal
giudice, ex art. 1421 c.c., richiamato dall'art. 31, comma 4, del codice, in ogni
stato e grado del giudizio (salvo che sia passata in giudicato la statuizione del
Rilevabilit ex giudice inferiore riguardo all'invalidit dell'atto). L'accertamento ex officio sar
officio per possibile solo ove essa emerga dagli atti di causa e non siano necessarie
ulteriori indagini sul fatto.
In tal senso occorre, per, una precisazione. In tema di nullit del contratto, la giuri-
sprudenza prevalente reputa che, per effetto del principio della domanda di cui all'art.
112 c.p.c., la rilevazione di ufficio della nullit - volta a coadiuvare il convenuto che
non abbia proposto l'eccezione e non l'attore che abbia dimenticato la domanda - non
possa accordare all'attore un'utilit superiore a quella richiesta. In tale prospettiva, si
ritiene che la nullit possa essere rilevata solo nel caso in cui si agisca per far valere
diritti presupponenti la validit del contratto (ad es. per l'esecuzione) e non in caso
d'impugnazione del contratto stesso per altre invalidit o per vicende risolutorie. Ac-
cogliendo questa interpretazione, dunque, dovremmo supporre che non sia possibile
per il a.A. rilevare la nullit del provvedimento amministrativo tutte le volte in cui
il privato (come in genere accade nell' ambito del processo amministrativo) agisca in
giudizio per ottenere l'annullamento del provvedimento stesso. La rilevazione sarebbe
invece possibile ove l'atto nullo sia a base della domanda attorea, come nel caso in cui
si azioni la pretesa all'esecuzione dello stesso atto (che preveda erogazioni economi-
che) ovvero d'impugnazione di un provvedimento a valle per contrariet ad un atto a
monte nullo.
2.1.4. La nullit per violazione od elusione del giudicato: giurisdizione esclu-
siva o di merito?
Qualche parola va inoltre spesa in merito all'art. 133, comma 1, n. 5, del co-
dice del processo che, recependo l'abrogato art. 21-septies, comma 2, della L.
241/1990, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del G.A. le questioni relative
alla nullit dei provvedimenti amministrativi adottati in violazione od elusione
del giudicato. L'art. 114, comma 4, lett. b), del codice prevede che il giudice
dell' ottemperanza dichiara la nullit di tali atti e sottrae, in combinazione con
l'art. 31, comma 4, la relativa azione al termine di decadenza di 180 giorni di cui
si detto nel paragrafo che precede.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 179
La norma in commento, la cui ratio di evitare che questioni complesse
inerenti al contrasto dei provvedimenti amministrativi con i limiti derivanti dal
precedente giudicato possano essere conosciute dal Giudice ordinario, lascia sul
tappeto una serie di interrogativi, vecchi e nuovi.
In primis, bisogna rilevare che la normativa esaminata non appare distinguere tra le varie
tipologie di giudicato. Si potrebbe dunque desumere che il giudice amministrativo debba
ora conosGere delle questioni attinenti alla violazione od all' elusione di qualsiasi tipo di
giudicato (amministrativo, civile, dei giudici speciali ecc.).
In sede di primo commento si per affermato, anche alla luce dei lavori prepa-
ratori della L. 1512005, che della norma in questione occorrer dare un'interpreta-
zione restrittiva, ritenendo la applicabile alle sole questioni inerenti alla violazione
od all'elusione del giudicato amministrativo. Detta ricostruzione non pare, invero,
l'unica possibile, essendo ugualmente probabile che il Legislatore intendesse, giusta
l'art. 2l-septies, comma 2, poi confluito nel codice del processo, semplicemente ri-
badire che la violazione od elusione del giudicato (sia del giudice amministrativo sia
di quello ordinario), implica la nullit degli atti violativi/elusivi, indipendentemente
dal fatto che il relativo accertamento abbia luogo in sede di ottemperanza o meno
innanzi al a.A.
La formulazione della norma, invero non molto tecnica, ha portato inoltre ad inter- tra
. l . . d' . l' . l' dI' dI' d' nullzta ex art.
rogarsl su rapporto tra gmfls lZlOne esc USlVa per VlO aZlOne o e USlOne e gm lcato e 21-septies ed
giudizio di ottemperanza. parso, infatti, ad alcuni dei primi commentatori che la disci- ottemperanza
plina legislativa, nella parte in cui demanda le questioni in tema di nullit per violazione
od elusione del giudicato alla giurisdizione esclusiva del a.A. e non alla giurisdizione di
merito, abbia l'effetto di sottrarre gran parte del contenzioso ai giudici dell'ottemperan-
za. Si , infatti, affermato da parte di questa dottrina che l'attrazione della violazione
e dell'elusione del giudicato nell'area della giurisdizione esclusiva, senza l'ulteriore
precisazione dell'estensione della cognizione anche al merito dell'azione amministra-
tiva [ ... ] fa pensare che si sia voluto accentuare la natura cognitoria di questa fase
processuale a scapito di quella tipicamente esecutiva, che trova nel vaglio del merito
dell'azione amministrativa uno strumento molto efficace per la tutela delle posizioni
contrapposte.
Detta ricostruzione, tuttavia, non sembra convincente, alla luce anche delle novit
recate dal codice del processo. Con l'introduzione dell'art. 2l-septies, e quindi, con i
successivi artt. 114, comma 4, letto b), e 133, comma 1, n. 5, la legge ha chiarito che,
fermo il normale assorbimento della nullit in esame nel giudizio di ottemperanza, e cio
in sede di giurisdizione di merito (oggi chiarita dall'art. 114), competono comunque al
G.A. (esclusivo) le azioni con le quali, anche al di fuori dell'ottemperanza (ad esempio
non pi possibile per la prescrizione o per sopravvenienze) si faccia valere (ad esempio
a fini risarcitori), la nullit dell'atto difforme dal giudicat0
5

5 Nel senso della nullit di atti che reiterino, senza elementi di sostanziali novit, di precedenti
determinazioni annullate, C.O.A. Il maggio 2009 n. 398.
Le aperture
della L. 69/2009
180 La tutela di accertamento e di condanna
2.2. L'azione di accertamento dell 'illegittimit del provvedimento (art. 34,
comma 3 del codice del processo amministrativo)
Si gi ricordato, nel 4 del cap. I, che l'art. 34, comma 3, ha escluso l'ema-
nazione di una pronuncia di annullamento guante volte nel corso del giudizio
l'eliminazione dell'atto non risulti pi utile ai fini del conseguimento del bene
della vita da parte del ricorrente.
In tali ipotesi il giudice amministrativo si limiter ad una pronuncia di ac-
certamento dell'illegittimit al solo fine di consentire, eventualmente con un
separato giudizio, il ristoro del danno patito.
Viene quindi chiarito che l'azione di annullamento contiene, come il pi con-
tiene il meno, un'azione di accertamento e che detta ultima azione suscettibile
di separata delibazione se la portata costitutiva della sentenza non sia utile ai fini
del soddisfacimento dell'interesse sostanziale azionato.
Si deve altres ritenere che sia possibile un'azione di accertamento dell'ille-
gittimit quante volte gi prima del giudizio risulti l'inutilit pratica della cadu-
cazione dell'atto ma permanga l'interesse, anche solo morale, all'accertamento
dell'illegittimit dell'atto.
Sul tema v.,junditus, v. cap. II, 6 della presente sezione.
2.3. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisione 29 luglio 2011, n.
15) suggella l'esperibilit dell'azione di accertamento atipica
Si gi anticipato che la legge delega per la redazione del codice del processo
amministrativo (art. 44 della L. 69/2009) prevedeva espressamente l'introdu-
zione di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare
la pretesa della parte vittoriosa. E tuttavia, la versione finale del codice non ha
previsto, in via generale ed in modo esplicito, l'ammissibilit di azioni dichia-
rative di condanna pubblicistica; ci nondimeno, il codice segna comunque un
ulteriore avvicinamento alla meta della completezza della mappa delle tutele
dell'interesse legittimo.
Cionondimeno, l'ammissibilit di detta azione stata sancita dalla decisione
n. 15/2011 dell'Adunanza Plenaria.
Secondo il Consiglio di Stato, l'assenza di una previsione legislativa espres-
sa non osta all'esperibilit di un'azione di tal genere quante volte, detta tecnica
di tutela sia l'unica idonea a garantire una protezione adeguata ed immediata
dell'interesse legittimo.
Sviluppando il discorso gi avviato dall' Adunanza Plenaria con la preceden-
te decisione n. 3/2011, si deve, infatti, ritenere che, nell'ambito di un quadro
normativo sensibile all'esigenza costituzionale di unapiena protezione dell'in-
teresse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, la
mancata previsione, nel testo finale del codice del processo, dell'azione generale
di accertamento non precluda la praticabilit di una tecnica di tutela, ammessa
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 181
dai principali ordinamenti europei, che, ove necessaria al fine di colmare esigen-
ze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni
tipizzate, ha un fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla
Carta fondamentale al fine di garantire la piena e completa protezione dell'inte-
resse legittimo (artt. 24, 103 e 113).
Anche per gli interessi legittimi, infatti, come pacificamente ritenuto nel
processo civile per i diritti soggettivi, la garanzia costituzionale impone di ri-
conoscere l'esperibilit dell'azione di accertamento autonomo, con particolare
riguardo a tutti i casi in cui, mancando il provvedimento da impugnare, una
simile azione risulti indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa
sostanziale del ricorrente.
A tale risultato non pu del resto opporsi il principio di tipicit delle azioni,
in quanto corollario indefettibile dell'effettivit della tutela proprio il principio
della atipicit delle forme di tutela.
In questo quadro la mancata previsione, nel testo finale del codice, di una
norma esplicita sull'azione generale di accertamento, non sintomatica della
volont legislativa di sancire una preclusione di dubbia costituzionalit, ma
spiegabile, anche alla luce degli elementi ricavabili dai lavori preparatori, con
la considerazione che le azioni tipizzate, idonee a conseguire statuizioni dichia-
rative, di condanna e costitutive, consentono di norma una tutela idonea ed ade-
guata che non ha bisogno di pronunce meramente dichiarative in cui la funzione
di accertamento non si appalesa strumentale all' adozione di altra pronuncia di
cognizione ma si presenta, per cos dire, allo stato puro, ossia senza sovrappo-
sizione di altre funzioni. Ne deriva, di contro, che, ove dette azioni tipizzate
non soddisfino in modo efficiente il bisogno di tutela, l'azione di accertamento
atipica, ove sorretta da un interesse ad agire concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c.,
risulta praticabile in forza delle coordinate costituzionali e comunitarie richia-
mate dallo stesso art 1 del codice oltre che dai criteri di delega di cui all'art. 44
della legge n. 69/2009.
La soluzione suffragata anche da un'interpretazione sistematica delle nor-
me dettate dal codice del processo amministrativo che, pur difettando di una di-
sposizione generale sull'azione di mero accertamento, prevedono la definizione
del giudizio con sentenza di merito puramente dichiarativa agli artt. 31, com-
ma 4 (sentenza dichiarativa della nullit), 34, comma 3 (sentenza dichiarativa
dell'illegittimit quante volte sia venuto meno l'interesse all'annullamento e
persista l'interesse al risarcimento), 34, comma 5 (sentenza di merito dichiara-
tiva della cessazione della materia del contendere), 114, comma 4, lett. b (sen-
tenza dichiarativa della nullit degli atti adottati in violazione od elusione del
giudicato ).
Soprattutto, l'azione di accertamento implicitamente ammessa dall'art. 34,
comma 2, del codice del processo amministrativo, secondo cui "in nessun caso
il giudice pu pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora
Il rito previsto
dal!' art. 11 7
cod. proc. amm.
184
La tutela di accertamento e di condanna
quale la legge non accorda alcun significato. Per questo motivo esso chiamato
anche silenzio-inadempimento o silenzio non significativo.
In caso di silenzio-rifiuto, dunque, il privato si trova a far fronte ad un'inerzia
della pubblica amministrazione, non avend,o ottenuto dalla stessa n un provve-
dimento espresso n un provvedimento tacito. L'assenza di un atto amministrati-
vo ci fa plasticamente intuire l'impossibilit per il privato di ottenere una vera e
propria tutela di annullamento. , infatti, evidente che in tal caso l'annullamento
del silenzio una mera fictio iuris, non essendo in realt possibile "annullare"
un comportamento omissivo.
Per questo motivo il giudizio avverso il silenzio-rifiuto ha sempre assunto
connotati eccentrici rispetto al tradizionale paradigma del giudizio dinanzi al
G.A.: non vi , infatti, la demolizione di un atto mediante una pronuncia co-
stitutiva ma (almeno nella ricostruzione tradizionale di questo giudizio) l' ac-
certamento della violazione dell'obbligo di provvedere da parte della P.A. e la
conseguente condanna dell'amministrazione a provvedere.
Il Legislatore ha mostrato di comprendere appieno i connotati della fatti-
specie in esame. La L. 205/2000 dapprima (introducendo l'art. 21-bis nella L.
T.A.R.) e il codice del processo amministrativo, hanno, infatti, introdotto un rito
speciale acceleratorio in tema di silenzio-rifiut0
7
.
Nello specifico, il rito in questione, oggi disciplinato dall'art. 117 cod. proc.
amm. sulla base del principio di cui all'art. 31 (ed applicabile anche ai giudizi di
impugnazione
8
), deve concludersi in tempi brevi (entro 30 giorni dalla scaden-
za del termine per il deposito del ricorso) con sentenza in forma semplificata.
All'esito del giudizio, il giudice, accertata la violazione dell'obbligo di conclu-
dere il procedimento con un provvedimento espresso (e la natura non significa-
tiva di tale silenzio), ordina alla P.A. di provvedere, assegnandole a tal fine un
termine, di norma non superiore a trenta giorni. Ove occorra, il giudice nomina
un commissario ad acta, con la sentenza con cui definisce il giudizio, o succes-
sivamente, su istanza della parte interessata.
7 Per quanto attiene l'ambito di applicazione del rito sul silenzio-rifiuto cfr, tra le pi recenti,
Cons. St., sez. V, 3 giugno 2010, n. 3487, che cos precisa: "Va osservato al riguardo che il rito
speciale introdotto dall'art. 21 bis, della L. 1034 del 1971 [oggi in parte qua trasfuso nel codice
del processo amministrativo, n.d.r.] ha per presupposto il comportamento inerte dell 'Amministra-
zione in ordine ad una istanza sulla quale abbia l'obbligo di provvedere ed , quindi, esclusiva-
mente preordinato ad ottenere dall'Amministrazione, con la massima celerit compatibile con le
garanzie processuali, stante la relativa semplicit in fatto e in diritto della questione sottoposta
al vaglio giurisprudenziale, il rispetto dell 'obbligo di concludere il procedimento mediante l'ado-
zione di un provvedimento espresso. Tale rito speciale non pu, pertanto, essere utilizzato per
proporre, unitamente al ricorso nei confronti del silenzio-rifiuto, azioni di accertamento e di con-
danna, trattandosi di azioni distinte, aventi diverso oggetto e per le quali, in relazione al diverso
grado di complessit che normalmente le caratterizza, l'ordinamento ha predisposto differenti riti
processuali, fra loro incompatibili ".
8 Tale estensione anche al rito di gravame stata operata dal decreto correttivo al codice del pro-
cesso.
P ARTE I SEZIONE II CAPITOLO 3
185
Occorre precisare a tal proposito una significativa novit introdotta sul punto
dal nuovo codice del processo amministrativo. Invero, mentre secondo la di-
sciplina previgente la nomina del commissario ad acta poteva intervenire solo
all'indomani dell'inerzia della P.A., rimasta inadempiente all'ordine del G.A. di
provvedere nel termine assegnatole, ai sensi del combinato disposto degli artt.
34, co. 1, lett. e) e 117 del codice, si evince che costui pu essere nominato gi
in sentenza. La prima disposizione prevede infatti che "in caso di accoglimento
del ricorso il giudice, nei limiti della domanda [ .. ] dispone le misure idonee ad
assicurare l'attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la
nomina di un commissario ad acta, che pu avvenire anche in sede di cognizione
con effetto dalla scadenza di un termine assegnato perTottemperanza"; l'art.
117, co. 3 prevede invece che: "il giudice nomina, ove occorra, un commissario
ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza
della parte interessata".
Da ci consegue che la concreta attuazione delle sentenze rese nel rito incar-
dinato avverso il silenzio si muove su un duplice binario: essa pu infatti essere
veicolata attraverso la mera richiesta di esecuzione indirizzata dal ricorrente vit-
torioso al commissario ad acta che dovr provvedere in luogo della P.A. inadem-
piente, ovvero pu svolgersi innanzi al giudice dell'ottemperanza se la richiesta
indirizzata al commissario ad acta resta inascoltata, ovvero se sorgono questioni
relative alle modalit dell' ottemperanza.
Va soggiunto, peraltro, che il silenzio-rifiuto stato interessato dalla recentis-
sima novella realizzata dal decreto correttivo al codice del processo amministra-
tivo, che ha devoluto le controversie in materia di silenzio di cui all'articolo 31,
commi 1, 2 e 3 alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Sul tema
v. sez. III, cap. II, 5.4., ove si affronta la questione se la norma abbia inteso
coniare una generale giurisdizione esclusiva in materia di silenzio-rifiuto o ab-
bia, invece, ritenuto di limitarla al solo silenzio serbato nell'esercizio dei poteri
inibitori e repressivi che spettano alla P.A. in materia di s.c.i.a. e di d.i.a. ex art.
19 della legge n. 241/1990.
Nei paragrafi che seguono si affronter l'evoluzione del giudizio avverso il
silenzio rifiuto nella giurisprudenza e nel diritto positivo, soffermandosi in par-
ticolar modo sull'analisi delle recentissime innovazioni in tema di oggetto del
sindacato sul silenzio, confluite da ultimo nel codice. Per l'analisi degli ulteriori
aspetti della disciplina sostanziale e processuale si rinvia alla parte III, cap. IV,
3 ss.
3.2.1. L'evoluzione del giudizio sul silenzio-rifiuto della PA.
La disciplina del giudizio sul silenzio-rifiuto, prima della L. 205/2000 e delle
successive riforme del 2005 e del 2010, stata codificata essenzialmente in via
pretoria.
a) L'impostazio-
ne tradizionale
b) La decisione
n.10/1978
del! 'Adunanza
Plenaria
186 La tutela di accertamento e di condanna
Ci si da sempre chiesti, in particolare, se il giudice, nell'ambito del giudi-
zio sul silenzio-rifiuto, debba limitarsi ad accertare la violazione dell'obbligo di
provvedere ovvero se debba soffermarsi a valutare la fondatezza della pretesa
del privato.
Fino al 1978, si riteneva che il giudizio avverso il silenzio-rifiuto si risol-
vesse nella mera verifica della sussistenza dell' obbligo di provvedere. Il giudi-
zio in esame si concludeva, dunque, con una pronuncia di mero accertamento,
dichiarativa dell'esistenza o dell'inesistenza di detto obbligo in capo all'ammi-
nistrazione. Si riteneva, dunque, che, in ossequio al principio della separazione
dei poteri, al G.A. non fosse consentito di ingerirsi nell'attivit amministrativa,
nemmeno in caso di provvedimenti a natura vincolata perch spettava solo alla
pubblica amministrazione la determinazione del contenuto degli atti amministra-
tivi. Detta ricostruzione era, inoltre, reputata pi garantista anche nei confronti
del privato, in quanto il giudice era tenuto a dichiarare l'obbligo di provvedere
anche nel caso di non spettanza del bene della vita.
Questo orientamento venne superato dalla nota decisione dell' Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, n. 10 del 10 marzo 1978. Con tale statuizio-
ne, il Supremo Consesso della giustizia amministrativa ammise, sebbene solo
limitatamente agli atti vincolati, la possibilit per il giudice amministrativo di
valutare la fondatezza della pretesa del privato all'interno del giudizio avverso il
silenzio-rifiuto. Secondo detta ricostruzione, dunque, nel caso di provvedimenti
discrezionali il giudizio destinato a concludersi con una pronuncia di tipo tra-
dizionale, contenente la mera dichiarazione dell'obbligo di provvedere, mentre
nel caso di attivit vincolata il giudice amministrativo pu, nella sentenza, spin-
gersi a determinare il contenuto del provvedimento da emanare.
La tesi sostenuta dalla Plenaria del 1978 si basava su rilievi difficilmente
contestabili. Il giudizio tradizionale si poneva infatti in contrasto con due prin-
cipi generali: il principio di economia dei mezzi processuali ed il principio di
effettivit della tutela giurisdizionale.
Invero, un giudizio preordinato alla sola dichiarazione dell'obbligo di prov-
vedere in capo alla P.A. si rivela per il privato piuttosto inutile, soprattutto nel
caso in cui l'attivit sia vincolata: all'esito del giudizio il privato non ottiene
infatti il bene della vita, ma una pronuncia che ordina all' Amministrazione di
provvedere, senza porre alcun vincolo all'esercizio del potere amministrativo.
La P.A., quindi, ben potr adempiere a quest'obbligo mediante l'emanazione
di un provvedimento illegittimo, che il privato sar costretto ad impugnare
con un nuovo ed ulteriore giudizio. Se consideriamo, inoltre, la possibilit
che l'amministrazione, dopo la pronuncia dichiarativa dell'obbligo di provve-
dere, rimanga inerte, possiamo immaginare che l'amministrato, per ottenere
il bene della vita al quale anela, sia costretto ad adire per tre volte il giudice
amministrativo, il che in palese contrasto con il principio di economia dei
mezzi processuali.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 187
La pronuncia che si limiti al controllo del rispetto della tempistica, per gli
stessi motivi gi esposti, inoltre in contrasto con il principio di effettivit della
tutela.
Una pronuncia del tipo tradizionale non giova, inoltre, neanche alla pubblica
amministrazione: il giudice amministrativo, infatti, secondo l'orientamento tra-
dizionale, costretto a dichiarare l'obbligo di provvedere anche ove, per la natu-
ra vincolata del provvedimento richiesto dal privato, sia palese che il bene della
vita non gli spetti. Anche l'amministrazione ha dunque uno specifico interesse
all'accertamento della fondatezza della pretesa, affinch il privato non impugni
il successivo provvedimento negativo.
Questa impostazione, tendenzialmente accolta dalla giurisprudenza succes-
siva, stata per revocata in dubbio a seguito della riforma del 2000, che ha
introdotto nel processo amministrativo un rito ad hoc per i giudizi avverso il
silenzio-rifiuto (art. 21-bis L. T.A.R., oggi trasfuso nell'art. 117 cod. proc. amm.,
per il quale si rimanda al 2). Detto rito caratterizzato dalla celerit, dalla
succinta motivazione della sentenza, che, in caso di accoglimento, condanna
l'amministrazione a provvedere, e dalla possibilit, in caso di ulteriore inerzia
della P.A., di chiedere la nomina di un commissario ad acta all'interno dello
stesso giudizio (anticipando, cos, alla fase di cognizione una statuizione tipica
del giudizio di ottemperanza).
Le modifiche normative hanno riaperto, in dottrina ed in giurisprudenza, il
dibattito riguardo l'oggetto del giudizio avverso il silenzio-rifiuto, anche per via
dell'ambiguit del testo dell'abrogato art. 21-bis della L. T.A.R.
9
L'introduzione
del rito speciale
dovuta alla L.
205/2000
A dette incertezze interpretative ha posto fine l'Adunanza Plenaria del Con- c) L'Adunanza
siglio di Stato, con la decisione n. I del 9 gennaio 2002. Con tale decisione, il f ; ; ~ ~ ; i a n.
Consiglio di Stato ha aderito alla posizione pi restrittiva, stabilendo che, con il
nuovo rito di cui all'art. 2I-bis della L. T.A.R., oggetto del giudizio il solo ob-
bligo di provvedere. Il giudice, dunque, secondo l'interpretazione della Plenaria,
non pu pi ingerirsi nell'attivit provvedimentale della P.A. nemmeno ove si
tratti di provvedimenti di natura vincolata.
A detta conclusione si arrivati seguendo un iter argomentativo molto artico-
lato, del quale occorre analizzare i punti salienti. L'interpretazione della Plenaria
si basa su motivazioni di carattere letterale, teleologico e sistematico.
Per quanto riguarda le prime, si rilevato che l'art. 2I-bis non menziona mai
la pretesa sostanziale del ricorrente, riferendosi al solo silenzio; in pi, quando si
riferisce all'inadempimento all'ordine del giudice, usa l'espressione resti ina-
dempiente, dal che si potrebbe dedurre che l'obbligo al quale l'amministrazione
9 Secondo pacifica giurisprudenza il rito in questione presuppone e non fonda la giurisdizione
amministrativa. Esso viene allora in rilievo solo in caso di silenzio-rifiuto pubblicistico, ossia di
inadempimento, da parte della P.A., dell'obbligo di concludere tempestivamente il procedimento
su istanza posta a tutela di interessi legittimi: da ultimo v. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez.
1,24 marzo 2011, n. 227, in Red. amm. TAR 2011,03.
188 La tutela di accertamento e di condanna
non adempie sempre lo stesso, quello di provvedere; infine, dalla terminologia
del Legislatore (<<ordina [ ... ] di provvedere, commissario [ ... ] che provveda
ecc.) pare si possa intendere che il potere amministrativo resti, anche dopo la
pronuncia del giudice, in capo all'amministrazione o, nel caso in cui questa non
adempia, al commissario ad acta.
Le argomentazioni di carattere teleologico attengono alle caratteristiche ed
alla ratio del nuovo giudizio. Questo procedimento speciale, caratterizzato per
la sua celerit e semplicit, infatti stato introdotto al fine di assicurare al pri-
vato una pronta decisione sulla controversia. La ragione di questa fretta ap-
punto da rinvenirsi, secondo i giudici di Palazzo Spada, nella scarsa utilit di
detto giudizio, che si conclude con la mera statuizione in merito all'obbligo di
provvedere. Inoltre, asserisce la Plenaria, non immaginabile che valutazioni
complesse come quelle inerenti alla spettanza del bene della vita possano essere
veicolate all'interno di un giudizio scarno e necessariamente rapido come quello
sul silenzio.
Sul piano sistematico, la Plenaria afferma che la non ingerenza del G.A. nella
gestione del potere amministrativo pienamente conforme al principio generale
della separazione dei poteri. Inoltre, rileva, se si dovesse ammettere un sindacato
sulla fondatezza della pretesa nel giudizio avverso il silenzio, si fronteggerebbe
la curiosa conseguenza che l'ordinamento tuteli il privato molto pi efficace-
mente nel caso di silenzio che nel caso di diniego espresso.
3.2.2. Il nuovo volto del giudizio sul silenzio-rifiuto dopo il codice del pro-
cesso amministrativo
Le Leggi 15 e 80 del 2005, suffragate dalla L. 69/2009, hanno avuto, per i silenzi
della pubblica amministrazione, l'effetto di un tornado (v. anche parte III, cap.
IV, 3).
In base al nuovo testo dell'art. 2 L. 241/1990, modificato prima dalla L.
15, quindi dalla successiva L. 80/2005 e infine dalla L. 69/2009, il silenzio-ri-
fiuto impugnabile, senza diffida, entro un anno dalla sua formazione, ferma
restando la riproponibilit dell'istanza ricorrendone i presupposti. Al giudice
stato altres attribuito il potere di conoscere della fondatezza della pretesa
sostanziale.
Detto regime stato confermato dall'art. 31 del codice del processo.
Sul versante strettamente processuale va segnalato poi che, a mente dell' art.
117 del codice del processo, quando chiesto anche l'accertamento della fon-
datezza della pretesa, il giudice pu disporre, anche su istanza di parte, la con-
versione del rito camerale in ordinario. In tal caso fissa l'udienza pubblica per
la discussione del ricorso. La conversione del rito camerale in rito ordinario
facoltativa ed rimessa alla valutazione del giudice; infatti, ove la fondatezza
della pretesa fosse insussistente, sarebbe superfluo convertire il rito.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 189
Nel caso in cui nel corso del giudizio avverso il silenzio sopravviene il prov-
vedimento espresso, o un atto connesso con l'oggetto della controversia, questo
pu essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito pre-
visto per il provvedimento espresso, e l'intero giudizio prosegue con tale rito.
In tale ipotesi prevista una conversione obbligatoria del rito camerale in rito
ordinario, essendo sopravvenuto il provvedimento espresso e incentrandosi il
contenzioso su quest'ultimo.
Se insieme all'azione avverso il silenzio viene proposta l'azione di risarci-
mento del danno per inosservanza dolosa o colposa del termine per provvedere,
il giudice pu definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e fissare
l'udienza pubblica per la trattazione della domanda risarCitoria.
Rinviandosi per gli ulteriori profili di interesse della riforma alla parte III,
cap. IV, 3 sS., ci si sofferma in questa sede sulla questione del potere del giudi-
ce di conoscere della fondatezza della pretesa sostanziale.
3.2.2.1. L'accertamento dellafondatezza della pretesa sostanziale unafa-
colt o un potere dovere?
Si pu notare in primo luogo la carica di equivocit insita nell 'utilizzo del ver-
bo potere a proposito del cognizione sulla fondatezza della pretesa sostan-
ziale (art. 31, comma 3, del codice, che riproduce l'art. 2, comma 8, della L.
241/1990).
Ci si chiede, infatti, se il pu stia ad indicare una mera facolt del giudice ovvero un
potere-dovere. Nel primo caso, inoltre, bisogna interrogarsi in merito ai criteri in base ai
quali il giudice pu scegliere se valutare la fondatezza dell'istanza. doveroso, inoltre,
chiedersi se detto potere sia in qualche modo condizionato dalle domande di parte.
Occorre in primis escludere che l'eventualit della valutazione della fondatezza
dell'istanza sia rimessa al mero arbitrio del giudice. Detta impostazione risulterebbe
infatti irrazionale in base ai principi del giusto processo consacrati dall'art. 111 Cost.,
per i quali il giudice deve essere terzo ed imparziale.
Stabilito questo, la miglior dottrina ha sottolineato la necessit di interpretare il pu La tesi del
come potere-dovere: il giudice, qualora ricorrano i presupposti per il sindacato sulla fonda- potere-dovere
tezza (ossia se vi sia una domanda di parte e non vi osti il carattere discrezionale dell' attivit
amministrativa interessata dal sindacato (v. successivo), dunque tenuto a pronunciarsi
sulla fondatezza, non residuando al G.A. alcuna scelta in merito all'eventualit di decidere.
Detta ricostruzione appare invero condivisibile: non sarebbe infatti la prima volta
che il nostro Legislatore utilizza il verbo servile per indicare un vero e proprio dovere;
si pensi, ad esempio, al vecchio art. 26, comma 3, della L. T.A.R., che statuiva che <<Il
Tribunale Amministrativo Regionale, nella materia relativa a diritti attribuiti alla sua
competenza esclusiva e di merito pu condannare l'amministrazione al pagamento delle
somme di cui risulti debitrice. Ovviamente, il poter decidere diventa dovere in presenza
di apposita domanda di parte e nei limiti dell'oggetto del giudizio (dei quali si parler
nei prossimi paragrafi).
Giudizio sul
silenzio e
principio della
domanda
190 La tutela di accertamento e di condanna
3.2.2.2. Il principio della domanda
Va, poi, affrontato il problema della domanda di parte. Il potere del giudice di
decidere in merito alla fondatezza della pretesa del privato deve, infatti, essere
raccordato con il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui
all'art. 112 c.p.c., pacificamente applicabile anche al processo amministrativo.
L'oggetto del giudizio , infatti, generalmente circoscritto dalla domanda di parte. le-
cito dunque chiedersi se la parte, mediante una domanda volta ad ottenere la sola dichia-
razione dell'obbligo di provvedere, possa escludere la decisione sulla fondatezza della
pretesa. In questo senso va operato un discrimen tra il caso in cui l'istanza sia fondata e
quello in cui, all'opposto, essa non lo sia.
Se la domanda fondata, ma il ricorrente non ne chiede l'accertamento, al giudice
senz'altro inibito pronunciarsi sulla fondatezza della pretesa. Il privato, in questo caso,
otterr una pronuncia del vecchio tipo, che nulla dice in merito alla spettanza del bene
della vita.
Nel caso opposto, invece, ossia qualora la domanda sia infondata, si prospettano due
diverse possibilit.
Una prima dottrina ha asserito (sulla falsariga dell'art. 21-octies, comma 2, ultimo
periodo: v. cap. Il, 2) che il giudice pu pronunciarsi in merito all'infondatezza del-
la pretesa solo su eccezione dell'amministrazione, poich la verifica della fondatezza
dell'istanza, in assenza di domanda in tal senso, non pu andare ad implementare le
difese della P.A. che nulla abbia dedotto in proposito.
Detta impostazione, sebbene basata su un'apprezzabile ratio di tutela dell'ammini-
strato, presenta l'inconveniente di assegnare al privato una vittoria solo apparente: in tal
caso, infatti, la pubblica amministrazione, nel provvedere, non potr che negargli il bene
della vita cui aspira. Si pu dunque notare che il privato non ha alcun reale interesse ad
ottenere una pronuncia di questo tipo.
Pare, dunque, pi convincente la tesi secondo cui, anche nel caso in cui la P.A. nulla
eccepisca, il giudice amministrativo, seguendo lo stesso schema dell' art. 21-octies, se-
condo comma, primo periodo e giovandosi del metodo acquisitivo che informa il proces-
so amministrativo, dovr dichiarare l'inammissibilit del ricorso per infondatezza della
pretesa sostanziale. Del resto, questa soluzione non contrasta con il principio ne proce-
dat iudex extra petita partium, dato che la valutazione della sussistenza dell'interesse a
ricorrere va effettuata d'ufficio dal giudice.
3.2.2.3. I limiti posti all'accertamento della fondatezza della pretesa sostan-
ziale
La tematica in esame ha trovato una risposta definitiva nel nuovo codice del
processo amministrativo, che, all'art. 31, co. 3, cos prevede: "Il giudice pu
pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si
tratta di attivit vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini
di esercizio della discrezionalit e non sono necessari adempimenti istruttori
che debbano essere compiuti dall'amministrazione".
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 191
La disposizione appena richiamata da un lato chiarisce che (in presenza
dell'apposita domanda di parte) il giudice non si limiter ad accertare la viola-
zione dell'obbligo di provvedere da parte della P.A., con conseguente condanna
all'adozione di un provvedimento amministrativo, quale che esso sia, ma scen-
der a valutare la fondatezza o meno della pretesa invocata dal privato, provve-
dendo in conformit; dall'altro precisa, in conformit alla prevalente giurispru-
denza amministrativa fiorita prima dello ius superveniens, IO che non si tratta
di una giurisdizione di merito e che, quindi, la penetrazione del rapporto sar
ammissibile unicamente allorch non si versi in settori connotati da discrezio-
nalit, all'uopo implicitamente escludendo che si sia al cospetto di un'ipotesi di
giurisdizione di merito.
In coerenza con la celerit del rito sul silenzio si esclusa la possibilit di
un sindacato sul rapporto ove siano necessari adempienti istruttori riservati alla
pubblica amministrazione
ll
.
3.2.2.4. Emanazione del provvedimento espresso nel corso del giudizio sul
silenzio-rifiuto
Per quanto attiene alla problematica delle conseguenze che l'emanazione del
provvedimento di diniego espresso provoca sul giudizio avverso il silenzio-ri-
fiuto, l'art. 117, comma 5, stabilisce che nel caso in cui nel corso del giudizio
avverso il silenzio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso
con l'oggetto della controversia, questo pu essere impugnato anche con motivi
aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il provvedimento espresso, e l'in-
tero giudizio prosegue con tale rito. In tale ipotesi prevista una conversione
obbligatoria del rito camerale in rito ordinario, essendo sopravvenuto il provve-
dimento espresso e incentrandosi il contenzioso su quest'ultimo.
Sul tema si rinvia alla parte III, cap. IV, 3.7.
3.2.2.5. Rito del silenzio e tutela risarcitoria
L'art. 117, comma 6, del codice stabilisce che se insieme all'azione avverso il silenzio
viene proposta l'azione di risarcimento del danno per inosservanza dolosa o colposa del
termine per provvedere, il giudice pu definire con il rito camerale l'azione avverso il
silenzio e fissare l'udienza pubblica per la trattazione della domanda risarcitoria.
3.2.2.6. I controinteressati
L'art. 117, co. l, cod. proc. amm., prevede espressamente che "Il ricorso avverso il
silenzio pu essere proposto anche senza previa diffida, con atto notificato all'amministra-
zione e ad almeno un contro interessato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2".
lODa ultimo C.G.A. 19 gennaio 2011, n. 50.
BCos, gi prima del codice, Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 2010, n. 3487.
Il terzo
destinatario di
provvedimento
sfavorevole
192 La tutela di accertamento e di condanna
In tal modo viene definitivamente risolto il problema della tutela dei controinteres-
sati nel giudizio avverso il silenzio-rifiuto, tradizionalmente ritenuto un giudizio senza
contro interessati.
La tesi assolutamente prevalente in giurisprudenza sosteneva che non vi fossero con-
trointeressati in senso proprio nei giudizi contro 11 silenzio-rifiuto della P.A., difettando
in radice il presupposto in forza del quale emerge detta figura processuale, ossia l'esi-
stenza di un atto fonte di utilit per tale terzo e che costui avrebbe interesse a conservare.
In questi casi il terzo avrebbe potuto semplicemente spiegare intervento volontario ad
opponendum oppure impugnare il provvedimento adottato dall' Amministrazione in ese-
cuzione del giudicato.
Siffatta forma di tutela appariva inadeguata, soprattutto alla luce della riformulazio-
ne dell'art. 2 della L. 241, come modo dalla L. 80/2005, che, gi prima del codice del
processo, consentiva al giudice - quanto meno in caso di attivit vincolata - di statuire
direttamente sulla fondatezza della pretesa del privato; per questo una parte della dot-
trina, seguita da certa giurisprudenza, riteneva che fosse compito del giudice, avvalen-
dosi del meccanismo di cui all'art. 107 C.p.c., ed eventualmente su sollecitazione delle
parti, disporre la chiamata in causa del terzo non intervenuto volontariamente. Questa
soluzione appariva senz'altro preferibile, poich, mettendo il terzo al corrente della pen-
denza del giudizio, lo si poneva in condizione di contro dedurre e proporre eventuali
domande; inoltre, una volta chiamato in causa, e a prescindere dalla sua partecipazione
o meno al giudizio, la sentenza diveniva a lui opponibile. D'altronde - si aggiungeva-
il coinvolgimento del terzo nel giudizio avverso il silenzio-rifiuto non poteva avvenire
riconoscendogli la qualit di contro interessato, poich in tal modo si sarebbe sacrificata
eccessivamente la posizione del ricorrente, costringendolo, a pena di inammissibilit del
ricorso, a ricercare eventuali controinteressati quand'anche non fossero agevolmente
individuabili in base all'atto impugnato.
Anche prima dell' entrata in vigore del codice, tuttavia, almeno in un caso si rico-
nosceva pacificamente la qualit di controinteressato, ossia nell'ipotesi in cui il ricorso
contro il silenzio fosse preordinato a stigmatizzare l'inerzia della P.A. a fronte della
richiesta di un provvedimento sfavorevole in danno di un terzo: in tal caso, infatti, consi-
derato che il terzo sarebbe stato destinatario diretto, se il ricorso fosse stato accolto, di un
provvedimento restrittivo della sua sfera giuridica, sarebbe stato difficile riconoscergli
la veste di controinteressato in senso sostanziale. Naturalmente l'onere della notifica del
ricorso a pena di inammissibilit a detto controinteressato veniva pur sempre subordi-
nato alla sussistenza di un requisito formale, dovendo il destinatario del provvedimento
sfavorevole richiesto alla P.A. essere individuato o facilmente individuabile sulla base
della stessa istanza in ordine alla quale si era formato il silenzio-rifiuto.
Come detto, il novello codice ha posto fine a questa diatriba, prevedendo espressa-
mente l'onere della notifica del ricorso avverso il silenzio-rifiuto non solo alla P.A. bens
anche ad almeno un controinteressato.
3.3. L'azione di condanna all'aggiudicazione della gara ed alla stipulazione
del contratto (art. 124 del codice del processo amministrativo)
Rinviando per approfondenti alla trattazione svolta nella parte III, cap. XI, 7
sS., si osserva che l'art. 124 del codice del processo, recependo le novit origi-
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 193
nariamente introdotte dal D.Lgs. 53/2010 nella struttura del codice dei contratti
pubblici, prevede esplicitamente, nel contenzioso relative alle procedure di gare
per la stipulazione dei contratti pubblici, la proponibilit di una domanda tesa al
conseguimento dell'aggiudicazione e del contratto.
Trattasi dell'innesto di un'azione di esatto adempimento (la rubrica parla di
tutela specifica), praticabile nei casi di procedure vincolate (in via originaria o
a seguito della pronuncia giurisdizionale), sottoposta opportunamente ad una
pregiudizi aIe composta, data dall'annullamento dell'aggiudicazione definiti-
va e dalla pronuncia di inefficacia del contratto'. La soluzione coerente con
l'attribuzione al G.A. esclusivo (art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 del codice)
della cognizione del contratto: visto, infatti, che siamo di fronte ad un rappor-
to sostanziale unitariamente ed inscindibilmente dato dal provvedimento pub-
blicistico di aggiudicazione e dal contratto privatistico di appalto, logico e
necessario che una pronuncia attributiva del bene della vita anelato tolga di
mezzo, insieme, entrambi gli ostacoli che si frappongono al conseguimento del
risultato finale.
3.4. La tutela di condanna nell'azione collettiva di classe (art. 4 del decreto
legislativo 20 dicembre 2009, n. 198)
Rinviando per approfondimenti al 7.2.2.3., cap. I della sez. I, si rammenta
che la C.d. azione collettiva di classe conduce ad una pronuncia con la quale il
giudice accerta la violazione, l'omissione o l'inadempimento di cui all'art. 1,
comma 1, ordinando alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi
rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie
ed umane gi assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Trattasi di una pronuncia di condanna ad unfacere pubblicistico volto al con-
seguimento di un risultato di respiro metaindividuale.
3.5. L'Adunanza Plenaria (decisione 23 marzo 2011, n. 3) apre alla generale
azione di condanna pubblicistica (cd. azione di esatto adempimento)
Ultima tappa dell'evoluzione giurisprudenziale in materia costituita dalla pro-
nunCia dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
12
, che ha definitivamen-
te segnato il passaggio dalla ammissibilit delle azioni di condanne tipiche,
espressamente previste e disciplinate da specifiche disposizioni normative, alla
generale esperibilit dell'azione di condanna quale strumento di tutela attivabile
dal ricorrente innanzi al G.A. al fine di ottenere il riconoscimento del bene della
vita ingiustamente negato gli.
12COnS. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, in Diritto & Giustizia 2011, 12 aprile 2011.
194
La tutela di accertamento e di condanna
La Plenaria, investita della diversa questione relativa ai rapporti tra domanda
di annullamento e domanda di risarcimento dei danni cagionati da un provvedi-
mento non impugnato nel termine decadenziale, ha colto l'occasione per inda-
gare a fondo gli strumenti di tutela utilizzabili innanzi al G.A. ed i rapporti che
intercorrono tra le diverse domande giudiziali.
Orbene, con specifico riferimento all'azione di condanna pubblicisti ca, la
Plenaria rileva come oggi essa sia a pieno diritto inscrivibile nel ventaglio di
azioni dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della
parte vittoriosa.
Data la centralit del tema, si riportano di seguito i passaggi pi salienti della
pronunCia.
In prima battuta, la Plenaria ritiene che "In attuazione dei principi costituzio-
nali e comunitari in materia di pienezza ed effettivit della tutela giurisdiziona-
le" l'ordinamento vigente presenti "un ordito normativo che, portando a com-
pimento un lungo e costante processo evolutivo tracciato dal Legislatore e dalla
giurisprudenza, amplia le tecniche di tutela dell 'interesse legittimo mediante
l'introduzione del principio della pluralit delle azioni. Si sono, infatti, aggiunte
alla tutela di annullamento la tutela di condanna (risarcitoria e reintegratoria ex
art. 30), la tutela dichiarativa (cfr. l'azione di nullit del provvedimento ammi-
nistrativo ex art. 31, comma 4) e, nel rito in materia di silenzio-inadempimento,
l'azione di condanna pubblicistica (cd. azione di esatto adempimento) all'ado-
zione del provvedimento, anche previo accertamento, nei casi consentiti, della
fondatezza della pretesa dedotta in giudizio (art. 31, commi da 1 a 3)".
Tale soluzione, coerente con le indicazioni fomite a livello comunitario dal-
la giurisprudenza della Corte di Giustizia, " suffragata anche dall'evoluzione
della legislazione nazionale - registratasi gi prima dal codice del processo am-
ministrativo e da questo armonicamente portata a compimento - in ordine alle
tecniche di tutela dell 'interesse legittimo ed al sistema delle invalidit nel diritto
amministrativo ".
Sul punto, la Plenaria mette in rilievo "la tendenza legislativa a superare il
modello dell'esclusivit della tutela impugnatoria con la conseguente ammis-
sione di tecniche di tutela dell'interesse legittimo anche dichiarative (art. 21
septies della legge 7 agosto 1990, n. 241/1990, in materia di azione di nullit) e
di condanna (art. 2, comma 8, di tale legge e art. 21 bis della legge 6 dicembre
1971, n. 1034, in tema di azione nei confronti del silenzio non significativo; art.
7, comma 3, di tale legge, come mod. dalla legge n. 205 del 2000; art. 21 bis
della legge 1971, n. 1034, introdotto dalla stessa legge n. 205 del 2000, rispetti-
vamente in materia di tutela risarcitoria in generale e di danno da ritardo)".
Una conferma del superamento della centralit della tutela di annullamen-
to ove siano percorribili altre e pi appropriate forme di tutela, rinvenibile
nell'art. 21-octies, comma 2, della L. n. 241/1990, il quale "ha statuito che il
provvedimento amministrativo non suscettibile di annullamento ove sia affetto
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 195
da vizi procedimentali o formali che non abbiano influito sul contenuto disposi-
tivo dell'atto finale.
Sullo stesso solco si pone l'art. 34, comma 3, del codice del processo ammi-
nistrativo- richiamato, nel rito dei contratti pubblici, dall'art. 125, comma 3-,
il quale stabilisce che "quando nel corso del giudizio l'annullamento del prov-
vedimento non risulti pi utile per il ricorrente il giudice accerta l'illegittimit
dell 'atto se sussiste l'interesse a fini risarcitori".
La di posizione consente che un 'azione costitutiva di annullamento, non pi
supportata dal necessario interesse, sia convertita in un 'azione meramente di-
chiarativa di accertamento dell'illegittimit, dafar valere in un (anche succes-
sivo) giudizio di risarcimento.
Si recepisce, in sostanza, l'indirizzo ermeneutico, gi tracciato da questo
Consiglio (sez. V, 16 giugno 2009, n. 3849), secondo cui, afronte della doman-
da di annullamento inidonea a soddisfare l'interesse in forma specifica (nella
specie veniva in considerazione un provvedimento di espropriazione relativo ad
aree non pi restituibili in quanto irreversibilmente trasformate), la pronuncia -
nel caso in parola motivata con riguardo alla regula iuris sottesa .agli artt. 2058
e 2933 c.c. - deve limitarsi ad un accertamento dell'illegittimit, senza esito di
annullamento, ai soli fini della tutela risarcitoria invocabile con riguardo agli
eventuali danni patiti per effetto del! 'esecuzione del provvedimento impugnato
[ .. .j.
In questo quadro, l'ammissibilit, in via generale, di un'azione di condanna
pubblicistica (c.d. azione di esatto adempimento) tesa ad una pronuncia che, per
le attivit vincolate, costringa la P.A. ad adottare il provvedimento satisfattorio,
allora ricavabile dall'applicazione dei principi costituzionali e comunitari in
materia di pienezza ed effettivit della tutela giurisdizionale, dall'interpretazione
della portata espansiva delle specifiche ipotesi previste dall' art. 31 comma 3 del
codice, in materia di silenzio, dall'art. 124 in materia di contratti pubblici, oltre
che dall'art. 4 del decreto legislativo n. 198/2009 in materia di azione collettiva
di classe ( parte I cap. 1, par. 7.2.2. ss.), e, soprattutto, . dalla dizione ampia
dell'art. 30, comma 1 del codice, che non tipizza i contenuti delle pronunce di
condanna, e, soprattutto, non limita dette pronunce ai soli casi privatistici del
risarcimento del danno e della lesione di diritti soggettivi nelle materie di giuri-
sdizione esclusiva.
Soprattutto, la portata generale del principio sotteso a tali norme desumibi-
le dal disposto dell' art. 34 del codice del processo che, nello stabilire il contenu-
to in via generale delle pronunce adottabili dal G.A., fa riferimento, al comma 1
lett. c), alle misure idonee a soddisfare la situazione giuridica dedotta in giudizio.
Detto riferimento contenutisticamente atipico va riempito con la considerazione
che con riferimento agli interessi pretensivi la sentenza di condanna all' ado-
zione del provvedimento negato l'unica idonea a soddisfare effettivamente e
sostanzialmente la situazione soggettiva.
196 La tutela di accertamento e di condanna
Va soggiunto che detta azione di esatto adempimento conosce due limiti
pregnanti : a) il limite sostanziale rappresentato dalla non utile esperibilit di
detto rimedio ove residuino sacche di discrezionalit amministrativa o tecnica
o siano necessarie attivit istruttorie riservate alla p.a. (vedi l'art. 31, comma
3, in tema di rito del silenzio, che esprime un principio generale estensibile
anche al caso di diniego esplicito); b) un limite processuale dato dalla necessit
che detta azione di condanna, non esperibile in via autonoma, si accompagni
ad altra azione di cui rappresenti il completamento nell'ambito dello stesso
processo.
Quanto a detto ultimo limite va rammentato che l'art. 30, comma 1, infatti
stabilisce, che, salvi i casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
(segnatamente, con riferimento alle azioni di condanna a tutela di diritti sogget-
tivi) ed i casi di cui al medesimo articolo (relativi proprio alle domande di risar-
cimento del danno ingiusto di cui ai successivi commi 2 e seguenti), la domanda
di condanna pu essere proposta solo contestualmente ad altra azione in guisa da
dar luogo ad un simultaneus processus che obbedisce ai principi di concentrazio-
ne processuale ed economia dei mezzi giuridici. Ne deriva che la domanda tesa
ad una pronuncia che imponga l'adozione del provvedimento satisfattorio non
ammissibile se non accompagnata dalla rituale e contestuale proposizione della
domanda di annullamento del provvedimento negativo (o del rimedio avverso il
l'atto nullo ex art. 31, comma 4).
In definitiva, onde evitare l'elusione del termine decadenziale che permea il
rimedio costitutivo, la legge impone che il soggetto che abbia subito un prov-
vedimento illegittimo di diniego impugni tempestivamente detto diniego per
essere legittimato a proporre, nello stesso processo, la domanda di condanna
all'adozione dell'atto satisfattorio. La necessaria connessione della domanda di
condanna pubblicistica a quella principale di annullamento (o di nullit) spiega
perch detta azione di condanna non conosca un suo termine decadenziale, visto
che mutua il termine che governa la domanda principale rispetto alla quale si
pone in chiave complementare ed integrativa.
La Deve evidenziarsi, peraltro, che alle conclusioni rassegnate dalla Plenaria in materia
giurisprudenza di azione di accertamento, peraltro, era gi giunta la giurisprudenza degli ultimi anni,
pregressa:
Cons. St.,sez,
VL 9 febbraio
2009, n. 717
prima ancora che il dibattito si arricchisse con gli innumerevoli spunti offerti dal codice
del processo sul punto.
L'ammissibilit di una tutela atipica di accertamento aveva trovato conferma, da ul-
timo, la decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009 n. 717 (confermata da
Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 2010, n, 2139), secondo cui " ammissibile, da parte del
terzo leso dagli effetti di una d.i.a., esperire un 'azione di accertamento - ancorch atipi-
ca - della carenza dei presupposti per l'esercizio dell 'attivit oggetto di dichiarazione, e
tale azione sar sottoposta allo stesso termine di decadenza (di sessanta giorni) previsto
per l'azione di annullamento che il terzo avrebbe potuto esperire se l'Amministrazione
avesse adottato un permesso di costruire, non potendosi ritenere applicabile un diverso
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 3 197
termine di natura prescrizionale in quanto l'azione, ancorch di accertamento, non
diretta alla tutela di un diritto soggettivo, ma di un interesse legittimo ".
La riportata pronunzia, pur se resa in materia di denunzia di inizio di attivit, ha
assunto un valore centrale nell'attuale dibattito dottrinario e giurisprudenziale, in quan-
to il principio ivi consacrato travalicava i limiti della specifica fattispecie de qua per
involgere l'intero sistema processuale amministrativo. I giudici del Supremo Consesso
amministrativo, infatti, hanno ritenuto che l'ammissibilit di un'azione atipica di accer-
tamento e/o di condanna nel processo amministrativo di legittimit derivasse dalla stessa
configurazione assunta dall'interesse legittimo, che costituisce una posizione soggettiva
assistita dalle medesime garanzie di tutela del diritto soggettivo: Ne derivava che anche
gli interessi legittimi, al pari dei diritti soggettivi, dovevano poter fruire della tutela di
mero accertamento, la quale si rivela vieppi utile nell'ambito di fattispecie per le quali
la dialettica tra interessi privati e pubblici non mediata dall'emanazione di un provve-
dimento amministrativo.
4. Considerazioni conclusive
Riannodando i fili del discorso fin qui svolto, si deve allora opinare nel senso che
il sistema processuale amministrativo sia ormai aperto:
a) all'esperimento di azioni di mero accertamento, tese alla dichiarazione giudi-
ziaria in ordine a situazioni di fatto e di diritto, ammissibili quando ricorra una
res dubia e sussista l'interesse alla sua chiarificazione (si pensi ad un'azione di
8;ccertamento dell'avvenuta formazione del silenzio-assenso ove vi sia una con-
testazione sul punto da parte della P.A. o di terzi ovvero, sempre in caso di dubbio
legato all'altrui condotta, all'azione di accertamento in merito all'edificabilit di
un suolo a causa della non piena utilizzazione della volumetria assentibile);
b) all'esperimento di azioni di condanna al conseguimento del bene della vita
la cui spettanza sia stata previamente accertata (si pensi all'azione di condanna
all'adozione del provvedimento vincolato spettante in base alla legge o ad un
autovincolo ).
CAPITOLO 4
La tutela risarcitoria del! 'interesse legittimo
SOMMARIO: l. Dalla L.A.C. alla tutela risarcitoria dell'interesse legittimo: percorso evolutivo. -
1.1. L'orientamento tradizionale: l'irrisarcibilit degli interessi legittimi. - 1.2. Le ragioni
dell'irrisarcibilit degli interessi legittimi. - 1.3. Aperture della giurisprudenza con riferi-
mento agli interessi oppositivi. - 1.4. Il superamento del dogma dell'irrisarcibilit nel diritto
positivo. - 1.5. La sentenza delle S.U. 22 luglio 1999, n. 500. - 1.6. La legge 21 luglio
2000, n. 205. - 1.7. Il codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).
- 2. La natura giuridica della responsabilit della P.A.: il codice del processo sposa la tesi
della natura aquiliana. - 2.1. Le altre tesi dottrinarie sulla responsabilit risarcitoria fiorite
prima del varo del codice del processo amministrativo: a) la responsabilit da "contatto sociale
qualificato". - 2.2. [Segue] b) la tesi della responsabilit precontrattuale. - 2.3. [Segue]
c) la tesi della C.d. responsabilit speciale. - 2.4. [Segue] Una zona grigia: la responsabilit
dello Stato per tardiva trasposizione di una direttiva comunitaria. - 3. L'elemento oggettivo
dell'illecito. - 3.1. La lesione dell'interesse legittimo condizione necessaria ma non suffi-
ciente per il risarcimento. - 3.2. L'accertamento del danno nell'ipotesi di interessi oppositivi.
- 3.3. La verifica della spettanza del bene della vita per gli interessi pretensivi. - 3.3.1. Il
risarcimento della chance nella giurisprudenza del G.A. - 3.3.2. La tutela risarcitoria della
chance nel nuovo rito degli appalti (art. 124 del codice del processo amministrativo). - 3.4.
Danno da ritardo e danno da silenzio. - 3.4.1. Il danno da ritardo nell' art. 2-bis della L. ,
241/1990 e nel codice del processo amministrativo (artt. 30 e 133, comma 1, letto a, n. 1). -
3.5. La tutela risarcitoria degli interessi formali e procedimentali dopo l'art. 2l-octies della L
241/1990. - 3.6. Il danno da provvedimento non annullabile (art. 34, comma 3, del codice
del processo amministrativo). - 4. L'elemento soggettivo. - 4.1. L'elemento soggettivo'
nella sentenza n. 500/1999. - 4.2. La colpa nella giurisprudenza amministrativa successiva
alla sentenza n. 500/1999. - 4.2.1. Il risarcimento del danno negli appalti pubblici (art. 124
cod. proc. amm.): la Corte di Giustizia conia una responsabilit di stampo oggettivo. - 4.3. Il
dolo. - 5. Il risarcimento del danno per equivalente e le tecniche di quantificazione. - 5.1. .
Gli articoli 1223, 1225, 1226 e 1227 del codice civile. - 5.2. Il danno non patrimoniale. -
5.3. La quantificazione del danno nella procedura di cui all'art. 34, comma 4, del codice del
processo amministrativo. Si esclude l'ammissibilit di una condanna generica. - 6. Il risar-
cimento in forma specifica. - 7. L'azione risarcitoria nel processo amministrativo. - 7.1.
Il Legislatore ripudia la pregiudizialit processuale ... - 7.2 .... opta per un'autonomia forte-
mente temperata della tutela risarcitoria ... - 7.3 .... e sottopone la domanda risarcitoria ad un
apposito termine decadenziale di centoventi giorni. - 7.3.1. La giurisprudenza non condivide
l'opzione codicistica: il T.A.R. Sicilia solleva questione di legittimit costituzionale dell'art.
30, co. 5, cod. proc. amm. - 7.4. La Plenaria (decisione 23 marzo 2011, n. 3) fa il punto
pregiudiziale amministrativa. - 7.5. Rapporti tra azione di nullit (art. 31, comma 4, del co-
dice del processo) e tutela risarcitoria. - 7.6. Risarcimento del danno in sede di ottemperanza
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 199
(art. 113, comma 3, del codice del processo) e in corso di giudizio (art. 30, comma 5, del co-
dice del processo). - 8. Risarcimento e giurisdizione (rinvio). - 9. La responsabilit della
P.A. derivante dalla lesione di diritti soggettivi. - 9.1. La responsabilit extracontrattuale da
lesione di diritti soggettivi. - 9.2. La responsabilit precontrattuale. - 9.3. Responsabilit
contrattuale (cenni). - lO. La responsabilit del pubblico dipendente. - 10.1. Art. 28 Cost.:
lo spirito oltre la lettera. -10.2. La responsabilit amministrativa dopo la legge 3 agosto 2009,
n. 102. - 10.2.1. Il danno erariale. - 10.2.1.1. Il danno all'immagine della P.A. - 10.2.1.2.
Il danno da disservizio. - 10.2.1.3. Il danno erariale da "mobbing". - 10.3. Riparto della
giurisdizione in tema di responsabilit amministrativa. - 10.4. La responsabilit civile verso
terzi: il problema della giurisdizione in caso di lesione degli interessi legittimi.
1. Dalla L.A.C. alla tutela risarcitoria dell'interesse legittimo: percorso
evolutivo
1.1. L'orientamento tradizionale: l'irrisarcibilit degli interessi legittimi
L'immunit dell' Amministrazione per l'illecito cagionato dall'esercizio di pote-
st autoritative ha rappresentato per lungo tempo un dogma del diritto italiano.
Tale impostazione ha trovato il proprio fondamento normativo nella Legge
abolitrice del contenzioso amministrativo (l. 20 marzo 1865, n. 2248, alI. E)
che, in ossequio alla concezione liberale propria delle Istituzioni nazionali post-
unitarie, ammetteva la tutela giurisdizionale nelle controversie "nelle quali si
faccia questione di un diritto civile e politico ".
Al di fuori dell'ambito dei C.d. "diritti civili e politici", e dunque nelle
ipotesi in cui il privato si fosse trovato dinanzi all'esercizio di una potest
amministrativa, tanto nel caso in cui il cittadino vantasse un interesse all'am-
pliamento della propria sfera giuridica, quanto in quello in cui mirasse alla
su conservazione, non vi era altro rimedio che il ricorso amministrativo,
giustiziale interno all'Amministrazione, fondato solo sul meccani-
smo caducatorio.
.. A partire dalla Legge "Crispi", istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato,
si , tuttavia, cercato di ovviare ai difetti ed ai vuoti di tutela creati dalla L.A.c.
In particolare, con le leggi istitutive delle sezioni giurisdizionali del Consi-
,glia di Stato, con la legislazione creatrice della giurisdizione periferica e, suc-
cessivamente all'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, con la legge
istitutiva dei T.A.R., stata ammessa la tutela giurisdizionale dell'interesse le-
:gittimo, attribuendone la cognizione al Giudice Amministrativo.
Gli organi di giustizia amministrativa, per, sono stati dotati del solo
di annullare il provvedimento ritenuto illegittimo; non stato infatti
. il potere di accordare il risarcimento del danno sofferto dal
. privato per effetto del comportamento contra jus tenuto dalla pubblica am-
.f!1inistrazione.
L'argomento
processuale
L'argomento
sostanziale:
la risarcibilit
dei soli diritti
soggettivi
200 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
L'intelaiatura normativa presentava cos una forte lacuna sotto il profilo del-
la effettivit della tutela giurisdizionale, essendo evidente che l'annullamento
dell'atto amministrativo, nonostante la portata retro attiva della pronuncia giuri-
sdizionale di demolizione, non sempre in grado di riparare il pregiudizio subito
dal cittadino.
Si immagini ad esempio il caso di diniego di rilascio di una licenza di com-
mercio: l'annullamento del diniego, per quanto retroattivo, non toglie il dato
di fatto rappresentato dal ritardo nel conseguimento del titolo di assenso e, per
l'effetto, lascia sul tappeto il danno per il ritardo nell'esercizio dell'attivit eco-
nomica.
La giurisprudenza di legittimit, tuttavia, rimasta contraria all'ammissibi-
lit, in via generale, del risarcimento del danno da lesione d'interesse legittimo,
fino alla sentenza delle S.v. di Cassazione del 22 luglio 1999 n. 500.
1.2. Le ragioni dell'irrisarcibilit degli interessi legittimi
Il dogma dell'irrisarcibilit del danno da lesione di interessi legittimi stato
costruito essenzialmente su due ordini di argomenti, l'uno di carattere formale e
l'altro di carattere sostanziale.
Il primo, di ordine meramente processuale, si fondava sulla constatazione
che nel nostro ordinamento positivo (quantomeno fino al D.Lgs. 80/98, art. 35,
co. 1) la giurisdizione del giudice amministrativo era disegnata come una giuri-
sdizione di mero annullamento del provvedimento illegittimo, pertanto capace
di fornire una tutela esclusivamente demolitoria, essendo il potere di condanna
riservato al Giudice ordinario.
Sul piano sostanziale si riteneva che l'unico danno risarcibile, ai sensi
dell'art. 2043 c.c., fosse quello derivante dalla lesione di un diritto soggettivo
assoluto; a sostegno di tale assunto si invocava con riferimento alla responsabi-
lit della pubblica amministrazione l'art. 28 Cost., che prevede la responsabilit
dello Stato e degli enti pubblici per "gli atti compiuti in violazione di diritti" da
funzionari e dipendenti pubblici.
Il riferimento esplicito ai "diritti" ha indotto a ritenere che la P.A. risponde-
rebbe solo per la lesione di diritti e quindi sarebbe condannabile solo al risarci-
mento del danno causato dalla loro lesione. Gli interessi legittimi si sarebbero
dunque collocati al di fuori della tutela risarcitoria.
1.3. Aperture della giurisprudenza con riferimento agli interessi oppositivi
Nel tempo la giurisprudenza, pur tenendo fede al dogma dell'irrisarcibilit del
danno da lesione di interessi legittimi sulla base degli argomenti fin qui descritti,
ha riconosciuto tutela risarcitoria a posizioni che nella sostanza erano d'interesse
legittimo oppositivo, contrabbandandole per diritti soggettivi. Un peso fondamen-
tale ha rivestito al riguardo la tematica dell'affievolimento e della riespansione
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 201
dei diritti soggettivi risolutivamente condizionati, di cui si gi detto alla sez. I,
cap. I.
Inizialmente la giurisprudenza tradizionale, sorretta dalla dottrina predominante, ha Limitazione
tracciato una netta distinzione, nell'ambito della generale tematica dell'affievolimento
dei diritti soggettivi, tra diritti derivati e diritti originari, laddove i primi si caratterizzano
per la derivazione da un atto ampliativo della P.A. (ad es. concessionc), c quindi per la di diritti
fisiologica fievolezza, mentre i secondi si configurano come diritti nati perfetti ma de- soggettivi
gradabili ad interessi legittimi laddove si verifichi un' incompatibilit con l'interesse originari
pubblico (v. il diritto di propriet affievolibile per l'intervento dell'atto ablatorio della
P.A.).
Ebbene, quanto ai diritti suscettibili di affievolimento, la giurisprudenza ha in un
primo momento ammesso il risarcimento del danno nel solo caso di illegittima compres-
sione di diritti originari (v. il pregiudizio lamentato dal proprietario a seguito di un atto
ablatorio reputato illegittimo e, quindi, annullato in sede giurisdizionale amministrativa).
Da lungo tempo, infatti, la Corte regolatrice non ha dubitato riguardo alla possibilit, per
il privato, di agire per il risarcimento del danno, previo annullamento ad opera del G.A.
di un provvedimento illegittimo idoneo a recidere una posizione di diritto soggettivo ori-
ginariamente goduta, degradandola a mero interesse legittimo. La forza retroattiva della
sentenza di annullamento del G.A. nei riguardi dell'atto illegittimo determinava, alla
luce del meccanismo della riespansione dei diritti ingiustamente affievoliti, la rinascita,
con effetti ex fune, della posizione di diritto soggettivo compressa, lasciando residuare
una lesione della medesima suscettibile di ristoro in ambito extracontrattuale.
, Donde la creazione di un meccanismo che consentiva al privato, ottenuta la riespansio-
ne del diritto compresso grazie alla pregiudiziale pronuncia del Giudice amministrativo di
ammllamento (c.d. pregiudiziale amministrativa), di rivolgersi al Giudice ordinario per il ri-
sarcimento,
Si cos da tempo sottolineata la risarcibilit, secondo il descritto meccanismo, del
danno in caso di annullamento di un provvedimento di espropriazione o di requisizione
inuso o di imposizione di servit coattiva, lesivo del diritto di propriet di cui titolare il
privato, finanche in caso di annullamento per vizio di forma. Argomento forte a sostegno
dell'assunto si rivelata in definitiva la pienezza del diritto di propriet, posizione sog-
gettiva opponibile erga omnes, in quanto tale suscettibile di compressione solo in caso
di provvedimento della pubblica autorit da adottarsi nel rigoroso rispetto del criterio di
legalit,
Riguardo, invece, ai diritti nati in virt di atto ampliativo della P.A., la giurisprudenza
inizialmente ha negato la risarcibilit del danno conseguente ad un atto di ritiro poi an-
nullato dal G.A., sul rilievo che, seppure in capo al privato viene a configurarsi a seguito
del rilascio dell' atto una posizione di diritto soggettivo, tale diritto, proprio perch parto-
rito dalla volont dell'Amministrazione, gode, di fronte al potere di autotutela decisoria
della stessa, di una protezione nient'affatto incondizionata (come avviene per converso L
ni confronti dei terzi), ma subordinata al perseguimento dell'interesse pubblico.
Ebbene, proprio in questa materia si sono registrate significative aperture da parte apre alla tutela
della giurisprudenza, In ossequio alle sollecitazioni della dottrina pi evoluta, si avver-
tito . f: tt' , Id' d' d" . , , del diritti
, m a i, con sempre maggIOre nettezza, come tra e ue categone i mttl soggettivi derivati da
non fosse ravvisabile alcuna differenza strutturale. Trattandosi infatti in entrambi i casi, provvedimenti
secondo la classificazione tradizionale, di diritti risolutivamente condizionati - cio de- ampliativi
L'art. 13 della
L. 142/92
202 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
stinati ad affievolirsi al verificarsi della condizione risolutiva costituita dall'esercizio di
un potere autoritativo a tutela del prioritario interesse pubblico - non v' ragione alcuna
per diversificare, sul versante risarcitorio, il trattamento riservato: indipendentemente
dalla derivazione o meno della situazione soggettiva da un provvedimento amministrati-
vo, i titolari vedono parimenti riespanso, con effetto retroattivo, il proprio diritto per via
della sentenza di annullamento del G.A.
Abolita una discriminazione dal sapore ormai anacronistico, la Suprema Corte, a far
data da una storica pronunzia del 1979 a S.U. in materia di licenze di commercio, ha
osservato che l'interesse pretensivo al varo di un atto ampliativo per lo svolgimento di
attivit economiche riconosciute dall'ordinamento, pur essendo in origine un mero dirit-
to in attesa di espansione, si atteggia, dopo il conseguimento dell'atto richiesto, a guisa
di diritto soggettivo perfetto. La relativa compressione a mezzo di un provvedimento
contra legem di ritiro (nelle varie forme dell'annullamento, della revoca, dell'abroga-
zione e dello stesso congelamento interinale) legittima pertanto, previo annullamento in
sede di giurisdizione amministrativa, l'esperimento dell'azione civile innanzi al g.o. per
il risarcimento del danno.
Su questa scia si pongono numerose successive decisioni anche della giurisprudenza
di merito, in cui si ascrive consistenza di diritto soggettivo alla posizione del privato
destinatario di un provvedimento autorizzatorio o concessorio illegittimamente ritirato
in sede di autotutela decisoria e, per l'effetto, si riconosce l'esercizio dell'azione risarci-
toria in ipotesi di illegittima incisione.
In particolare, scavalcando un'opzione interpretativa di segno opposto, l'elaborazio-
ne giurisprudenziale si , da oltre un ventenni o a questa parte, espressa per il diritto al
risarcimento del damlO nell'ipotesi di annullamento dell'atto di ritiro della concessione
edilizia.
1.4. Il superamento del dogma dell'irrisarcibilit nel diritto positivo
L'atteggiamento conservatore della giurisprudenza con riferimento alle posizio-
ni d'interesse legittimo pretensivo stato ampiamente criticato in dottrina, e
l'insostenibilit del dogma dell'irrisarcibilit emersa anche nella legislazione
anteriore al 1999, soprattutto in ragione dell'incidenza del diritto comunitario.
Al riguardo, va innanzi tutto ricordato l'art. 13 della L. 142/1992 (oggi abro-
gato), emanata in attuazione della dir. CE/89/665 in tema di appalti.
La norma in commento prevedeva che: "1 soggetti che hanno sub "fo una lesione
a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appal-
ti pubblici di lavori o di forniture o delle relative norme interne di recepimento
possono chiedere ali 'Amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno.
La domanda di risarcimento proponibile dinanzi al Giudice ordinario da chi
ha ottenuto l'annullamento dell'atto lesivo con sentenza del giudice ammini-
strativo".
L'obiettivo della direttiva europea era -e continua ad essere- quello di evitare che
le Pubbliche Amministrazioni, in sede concorsuale, favoriscano le imprese nazionali a
scapito di quelle degli altri Paesi comunitari. Per ottenere ci, il Legislatore comunitario
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 203
impone di garantire forme rimediaI i comprendenti il risarcimento del danno, ritenuto
indispensabile per garantire un tutela effettiva.
Il diritto comunitario, infatti, non conosce la differenza tra diritto e interesse le-
gittimo - propria del diritto italiano - ma richiede solo che le situazioni giuridiche
di rango comunitario ricevano piena ed effettiva tutela dal Legislatore nazionale, a
prescindere dalla consistenza e dal nome che esse assumono una volta "tradotte" negli
ordinamenti dei Paesi membri.
Secondo la dottrina prevalente, l'art. 13 cito ha introdotto nell'ordinamento italiano
un'ipotesi di risarcibilit di interessi legittimi dinamici. Infatti, la posizione giuridica
vantata dall'impresa partecipante ad un gara d'appalto, nell'ipotesi di sua illegittima
esclusione dalla stessa gara, senz'altro un interesse legittimo pretensivo (non un diritto
-originario o derivato- affievolito), poich l'impresa aspira ad un ampliamento della sua
sfera giuridica patrimoniale, senza che si possa individuare un precedente diritto in capo
all'impresa inciso negativamente dall'atto di estromissione dall'appalto.
Si allora posto il problema della portata dell'art. 13: si trattava di norma eccezio-
nale o principio generale?
La Cassazione, pronunciandosi al riguardo, ha optato per il carattere eccezionale del-
la norma, in quanto dettata in un settore specifico: anzi, ad avviso della Suprema Corte, il
riconoscimento normativo della risarcibilit di posizioni d'interesse legittimo in un settore
particolare, quale quello degli appalti, confermava la regola della generale irrisarcibilit degli
interessi legittimi pretensivi.
Nella lunga marcia verso la risarcibilit dell'interesse legittimo, fondamentale Il D.Lgs. 80 del
importanza va attribuita al D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, il quale, nel ridisegnare 1998
la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei settori dei servizi pub-
blici, dell'edilizia e dell'urbanistica, ha statuito all'art. 35, co. 1, che: "Il giudice
amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, di-
spone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifca, il risarcimento del
danno ingiusto".
La norma - ampiamente valorizzata nei passaggi motivazionali della senten-
za 500/99 - ha avuto una portata rivoluzionaria: per la prima volta, stato rico-
nosciuto al giudice amministrativo il potere di condannare al risarcimento del
danno, pur se limitatamente all'ambito della giurisdizione esclusiva individuato
dagli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 80/98, escludendo in tale giurisdizione qualsivoglia
enclave in favore del g.o.
i Il G.A., dunque, cessava di essere il giudice di mero annullamento e si
vedeva attribuita la possibilit di garantire una tutela piena, risarcitoria oltre
che demolitori a . Sottolineando che il potere condannatorio era accordato solo
in alcune materie di giurisdizione esclusiva, in dottrina si anche sostenuto
che esso, come attribuito dal D.Lgs. 80/98, si riferisse sempre e comunque ai
danni da lesioni di diritti soggettivi, dovendosi, appunto, interpretare la nuo-
va legislazione alla luce dei consolidati orientamenti giurisprudenziali circa
la nozione di danni ingiusti, all' epoca non includente i danni da lesione di
interessi legittimi.
Il danno
ingiusto
La concezione
sostanzialistica
dell'interesse
legittimo
204 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
1.5. La sentenza delle S. U. 22 luglio 1999, n. 500
All'esito del percorso evolutivo delineato per sommi capi nei precedenti para-
grafi, il dogma dell'irrisarcibilit delle posizioni d'interesse legittimo pretensivo
stato infine infranto anche dalla Corte di assazione, con le storiche S.V. n.
500 del 22 luglio 1999, sulla base di una rilettura dell' art. 2043 c.c. e dell' adesio-
ne ad una concezione sostanzialistica d'interesse legittimo da ultimo confermata
da Cass., sez. III, 23 febbraio 2010, n. 4326.
Secondo la Suprema Corte, "danno ingiusto" qualsiasi conseguenza pre-
giudizi evo le che incida negativamente sulla sfera giuridica del soggetto danneg-
giato, e che trovi causa nella lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento
giuridico, sia che esso assuma la forma e la sostanza del diritto soggettivo, sia
che esso si presenti come interesse legittimo.
L'area della risarcibilit non definita da norme recanti divieti e/o costitutive
di diritti (con conseguente tipicit dell 'illecito in quanto fatto lesivo di ben deter-
minate situazioni ritenute dal Legislatore meritevoli di tutela), bens da una sola
clausola generale, espressa dalla formula "danno ingiusto", in virt della quale
risarcibile il danno che presenta le caratteristiche dell'ingiustizia, e cio il danno
arrecato in difetto di una causa di giustificazione (non iure), che si risolve nella
lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento (contra ius).
Ne consegue che l'art. 2043 c.c. non norma (secondaria), volta a sanzionare
una condotta vietata da altre norme (primarie), bens norma (primaria) volta ad
apprestare una riparazione del danno ingiustamente sofferto da un soggetto per
effetto dell'attivit altrui.
La rilevanza dell'interesse per l'ordinamento potr affermarsi solo a seguito
della comparazione degli interessi in conflitto, effettuata dal giudice, al fine di
accertare se il sacrificio dell'interesse del soggetto (asseritamente) danneggiato
trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrapposto interesse del
soggetto (preteso) danneggiante, in ragione della sua prevalenza.
La Cassazione, inoltre aderisce ad una concezione sostanzialistica
dell'interesse legittimo. Quest'ultimo, infatti, non rileva come una situa-
zione meramente processuale - cio quale titolo di legittimazione per la
proposizione del ricorso al giudice amministrativo, del quale, per inciso,
non sarebbe neanche prospettabile una lesione produttiva di danno patri,
moniale - ma ha anche una natura sostanziale, nel senso che si correla ad
un interesse materiale del titolare al conseguimento di un "bene della vita",
la cui lesione (in termini di sacrificio o insoddisfazione) pu cagionare un
danno.
Ci che caratterizza l'interesse legittimo e lo distingue dal diritto soggettivo
soltanto il modo o la misura con cui l'interesse sostanziale ottiene protezione: .
Esso emerge nel momento in cui l'interesse del privato ad ottenere o a conserva-
re un bene della vita viene a confronto con il potere amministrativo, e cio con il
potere della P.A. di incrementare (con provvedimenti ampliativi della sfera giu-
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 205
ridica dell 'istante) o di sacrificare (con provvedimenti ablatori) la sfera giuridica
del privato stesso.
Le S.V., inoltre, si pronunciano specificamente sulla vexata quaestio della
fisarcibilit del danno da lesione dell'interesse legittimo dinamico.
Secondo la Cassazione, per quanto concerne gli interessi legittimi oppositivi
potr ravvisarsi danno ingiusto nel sacrificio dell'interesse alla conservazione
del bene o della situazione di vantaggio conseguente all'illegittimo esercizio del
potere; con riferimento agli interessi pretensivi, dovr invece vagliarsi la con-
sistenza della protezione che l'ordinamento riserva alle istanze di ampliamento
della sfera giuridica del pretendente.
Tale valutazione implica un giudizio pro gnostico - effettuato tenendo conto
della normativa applicabile al caso concreto - per stabilire se iJ privato fosse
titolare (non di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, bens) di una
situazione suscettiva di determinare un oggettivo affidamento sulla conclusione
favorevole del procedimento (ovvero, l'emanazione del provvedimento richie-
sto). In altre parole, deve verificarsi che l'amministrato istante fosse titolare di
una situazione che, in base alla disciplina applicabile "era destinata, secondo un
Criterio di normalit, ad un esito favorevole, e risultava quindi giuridicamente
protetta ".
Assai importanti sono anche le conseguenze cui giungono le sezioni unite Muore anche la
in punto di giurisdizione, cui solamente si accenna in questa sede, rinviando ad pregiudizialit?
altra parte della presente trattazione per i necessari approfondimenti.
La Cassazione ha ritenuto sussistente la giurisdizione del g.O. in tema di ri-
sarcimento dei danni da lesione di interessi legittimi. In particolare, la Suprema
Corte ha scisso la situazione giuridica la cui lesione all'origine del danno pa-
tito (ovvero l'interesse legittimo) dalla situazione giuridica fatta valere (cio il
"diritto" al risarcimento del danno): essendo la domanda risarcitoria volta alla
fute la del "diritto" al risarcimento, essa non pu che essere devoluta alla cogni-
zione del giudice "naturale" dei diritti, ossia il Giudice ordinario.
i'. Conseguentemente, viene abbandonata la tradizionale pregiudizialit ammi-
nistrativa, poich il g.O. valuterebbe l'illegittimit del provvedimento ammini-
strativo incidenter tantum, al fine, appunto, di poter poi statuire sulla fondatezza
del diritto al risarcimento del danno, senza necessit di ricorrere preventivamen-
eal G.A. per l'annullamento dell'atto illegittimo.
1.6. La legge 21 luglio 2000, n. 205
La risarcibilit degli interessi legittimi, sancita dalla Cassazione, ha trovato
conferma nell'art. 7 della Legge 21 luglio 2000 n. 205, che, nel riscrivere l'art.
'7
i
della L. 1034/1971, ha attribuito al Tribunale Amministrativo Regionale,
nell'ambito di tutta la sua giurisdizione (sia esclusiva, che di legittimit) la
Cognizione delle questioni relative all'eventuale risarcimento del danno (anche
Il codice opta
per il modello
aquiliano
206 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
attraverso la reintegrazione in forma specifica), e agli altri diritti patrimoniali
consequenziali.
Ebbene, pare a chi scrive che la scelta legislativa, riferendosi essenzialmente
al danno da provvedimento illegittimo conosciuto dal Giudice di legittimit (per
la giurisdizione esclusiva vi era infatti gi la- disciplina del 1998), ossia a situa-
zioni nelle quali il G.A. non pu che conoscere di interessi legittimi, rappresenti
il primo riconosCimento legislativo espresso e generale in punto di tutelabilit
aquiliana dell'interesse legittimo.
Si rinvia al cap. II della sez. I per l'approfondimento delle questioni pi con-
troverse in ordine al riparto di giurisdizione in materia di risarcimento del danno,
per lo pi definitivamente risolte dal recentissimo codice del processo ammini-
strativo (D.Lgs. 104/2010).
1.7. Il codice del processo amministrativo (D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104)
Ultimo approdo normativo in materia di risarcimento degli interessi legittimi
costituito dall'art. 30 cod. proc. amm., il quale conferisce esplicita tutela ri-
sarcitoria "al danno ingiusto di natura patrimoniale derivante dali 'illegittimo
esercizio dell 'attivit amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbliga-
toria ".
Come si dir pi innanzi, la nuova norma, nel consacrare definitivamente lo
strumento risarcitorio quale mezzo ordinario di tutela esperibile innanzi al G.A.,
dispone per la prima volta una disciplina organica dell'istituto in esame, indicando
specificatamente condizioni e termini per l'azionabilit della tutela risarcitoria, e
ponendo cos fine ad una serie di dispute e di incertezze applicative, determinate
dalla pregressa mancanza di una regolamentazione ad hoc della materia.
In patiicolare, il codice del 2010 ha delineato l'azione in questione quale
azione di matrice aquiliana, soggetta ad un breve termine di decadenza di 120
giorni, esperibile in via autonoma rispetto all'eventuale impugnazione del prov-
vedimento lesivo da cui eventualmente promani la lesione di cui si chiede il
ristoro; e tuttavia, in sede di valutazione della spettanza risarcitoria, la vicenda
dannosa deve essere verificata dal giudice in via complessiva, dovendosi accer-
tare se la mancata, tempestiva impugnazione del provvedimento lesivo avrebbe
potuto evitare (o quantomeno limitare) il danno subito dal ricorrente, in una
logica sostanziale molto simile a quella consacrata dall'art. 1227 cod. civ ..
2. La natura giuridica della responsabilit della P.A.: il codice del processo
sposa la tesi della natura aquiliana
La disciplina posta dall'art. 30 cod. proc. amm. conferisce alla responsabilit
risarcitoria natura aquiliana. Tanto lo si evince agevolmente dalla lettera della
norma, ove viene richiamata la clausola aquiliana del "danno ingiusto derivante
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 207
dall'illegittimo esercizio dell'attivit amministrativa o dal mancato esercizio di
quella obbligatoria", dal dolo o colpa quali requisiti soggettivi relativi al risarci-
mento del danno da ritardo amministrativo, nonch dal richiamo al risarcimento
in forma specifica ex art. 2058 c.c. Uguale riferimento all'ingiustizia del danno ed
alla necessit della sussistenza dell'elemento soggettivo contenuto nell'art. 133,
co.1, lett. a), del codice, che, recependo le indicazioni al riguardo recate dall'art.
2-bis della L. 241/1990, disciplina il danno da ritardo (sul tema v., pi approfondi-
tamente, sez. III, cap. II, 5.6. e parte III, cap. IV, 3.8. ss).
Ne deriva, in definitiva, una particolare figura di illecito aquiliano, in cui la
specifica fonte del danno (un atto di natura autoritativa), non vale ad attribuire
all'attivit dannosa peculiarit e connotati ontologicamente diversi dal danno
ingiusto provocato da un quisque de populo.
La natura aquiliana della responsabilit, peraltro, non messa in discussio-
ne dalla previsione del termine decadenziale di centoventi giorni per l'esperi-
mento della domanda (a tal proposito, infatti, il comma 3 dell'art. 30 dispone
che "L'azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi proposta en-
tro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il
fatto si verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno de-
riva direttamente da questo "). Come espressamente osservato nella Relazione
di accompagnamento al codice, infatti, tale previsione non si pone in contrasto
con la vocazione della responsabilit a titolo aquiliano, poich essa "potenzia
la tutela del privato e, nello stesso tempo, offre una garanzia adeguata all' esi-
genza di certezza nei rapporti di diritto pubblico. Del resto, proprio il diritto
civile ben conosce ipotesi in cui, anche nei rapporti paritetici, viene privile-
giata tale esigenza di certezza con la previsione di termini decadenziali entro
cui contestare la conformit a diritto di determinate situazioni giuridiche, la
cui scadenza preclude anche l'azione risarcitoria. [ ... ] La soluzione , quindi,
coerente con le forme di tutela nei confronti dei poteri privati che prevedo-
no - talvolta - lo stesso termine per l'azione di impugnazione e per quella di
risarcimento "1.
La scelta del Legislatore codicistico di assoggettare la responsabilit risarcitoria della
P.A. al modello aquiliano si pone in linea di continuit con le conclusioni a cui erano gi
pervenute la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, sulla scorta di quanto stabilito
per la prima volta dalla nota sentenza n. 500/99 delle S.v. della Corte di Cassazione.
Ed infatti, come ricordato in precedenza, proprio attraverso la rimodulazione del
concetto di "danno ingiusto" che le sezioni unite avevano ammesso la risarcibilit del
danno derivante dall'illegittimo esercizio del potere amministrativo.
I Va peraltro segnalato che la legittimit costituzionale dell'assoggettamento dell'azione risar-
citoria ad un cos breve termine decadenziale stata messa in dubbio da T.A.R. Sicilia, sez. I,
Palenno, ord. 7 settembre 2011 n. 628, che ha investito della questione la Corte Costituzionale.
Per l'esame esaustivo delle argomentazioni del T.A.R. siciliano, v. 7.3.1.
Conseguenze
pratiche della
natura extra-
contrattuale
208
La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
In particolare, in accordo con il modello di responsabilit prescelto, le S.u. del 1999
avevano affermato che il privato, per accedere alla tutela risarcitoria, deve provare:
a) la sussistenza di un evento dannoso;
b) l'ingiustizia del danno in relazione alla sua inc!denza su un interesse rilevante per
l'ordinamento;
c) sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso
sia riferibile ad una condotta (positiva o omissiva) della P.A.;
d) infine, se l'evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A.
La natura aquiliana della responsabilit della P.A. conduce ad una ristorazione "piena"
del danneggiato. Se, come detto, l'interesse legittimo si qualifica come complesso di poteri
e facolt idonei ad incidere sull'esercizio dell'azione amministrativa e funzionali al con-
seguimento di un bene della vita - che il privato ottiene ( o mantiene) tramite illegittimo
esercizio di potest pubblicistiche (v. cap. I della parte I) - il danno da lesione dell'interesse
legittimo potr essere ristorato solo parametrando il risarcimento al mancato godimento
del "bene della vita", con le ovvie conseguenze in tema di quantificazione, che pu avere
luogo anche mediante il ricorso alle tecniche di liquidazione equitativa di cui all'art. 1226
cod. civ. A tale norma, destinata a trovare larga applicazione soprattutto per la definizione
del valore economico degli interessi legittimi pretensivi o procedimentali nei quali risultano
difficilmente apprezzabili le effettive implicazioni economiche della violazione provvedi-
mentale, fa da controcanto la procedura di cui all'art. 34, comma 4, cod. proc. amm., che,
proprio in considerazione di tali difficolt di quantificazione, cerca di rimettere alle parti una
defmizione consensuale del quantum (vedi 5.3.).
Ulteriore corollario applicativo della natura aquiliana della responsabilit in questio-
ne risiede nella allocazione dell' onere della prova, assoggettata alla rigorosa disciplina
di cui al codice civile.
La giurisprudenza amministrativa, infatti, ha ritenuto che l' onus pro bandi debba
essere completamente sopportato dal danneggiato, atteso che il giudizio risarcitorio
essenzialmente un giudizio sul rapporto, che investe la pienezza del rapporto, con una
maggiore disponibilit probatoria da parte del ricorrente, in ossequio ai generali princi-
pio di vicinanza della prova e di persistenza presuntiva del diritt0
2
Tali conclusioni, pe-
raltro, sono oggi confortate dal disposto del codice del processo, che ha ampliato i poteri
istruttori del O.A., esportando nel processo amministrativo, anche in sede di legittimit,
l'intero ventaglio delle prove esperibili innanzi al giudice ordinario, come individuate
dal codice di procedura civile (art. 63 cod. proc. amm.). Sul punto v. parte IV, cap. VI.
2.1. Le altre tesi dottrinarie sulla responsabilit risarcitoria fiorite prima del
varo del codice del processo amministrativo: a) la responsabilit da "contat-
to sociale qualificato"
Prima dell'entrata in vigore del codice, peraltro, accanto al prevalente orientamento che
qualificava la responsabilit risarcitoria dell' Amministrazione in termini aquiliani, si
erano sviluppate correnti di pensiero che riconducevano tale forma di responsabilit al
modello contrattuale "da contatto sociale qualificato" (detta anche "da contatto ammini-
2 Cos da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739. Sul punto v. anche Cons. Stato, sez.
V, 15 settembre 2010, n. 6797.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4
209
strativo"), alla responsabilit precontrattuale, ovvero alla responsabilit speciale (sulla
falsariga dell' esperienza francese).
In questa sede, per completezza espositiva, deve farsi un cenno a ciascuno dei sud-
detti archtipi, anche in ragione delle rilevantissime conseguenze disciplinatorie ed ap-
plicative che derivavano dall'adesione ad uno o all'altro paradigma di responsabilit.
Una prima corrt:nte di pensiero aveva evidenziato l'impossibilit di ricondurre la
responsabilit dell'Amministrazione per attivit provvedimentale nell' ambito della re-
sponsabilit extracontrattuale, in quanto proprio l'aspetto che caratterizza la responsabi-
lit extracontrattuale, ovvero l'estraneit tra danneggiante e danneggiato, difetta allorch
l'Amministrazione e il privato diventano parti di un procedimento amministrativo.
La pubblica amministrazione - si osservava - non si trova rispetto al privato leso
nel suo interesse legittimo, nella posizione del passante o del chiunque: a seguito
del contatto che si instaura tra Amministrazione e cittadino nel corso del procedi-
mento amministrativo, si viene infatti ad un rapporto giuridico, il che vale
ad escludere quell'estraneit che costituisce invece il presupposto della responsabilit
extracontrattuale. Ne consegue, pertanto, che il rapporto che si instaura tra P.A. e privato
nell'ambito del procedimento qualificabile quale rapporto senza obbligo primario di
prestazione3.
Si tratta, in pmticolare, di rapporti di incerta collocazione, in cui, pur mancando l'ele-
mento centrale del rapporto obbligatorio, ovvero la prestazione, sono tuttavia presenti
obblighi di protezione della sfera giuridica della controparte. La fonte di tali obblighi
viene individuata nell'art. 1173 c.c. che sancisce il carattere aperto delle fonti delle ob-
bligazioni, rinviando ad ogni atto o fatto idoneo secondo l'ordinamento giuridico.
Secondo l'impostazione in esame, quindi, la violazione di tali obblighi d luogo ad
una responsabilit contrattuale, non potendo invece configurarsi una responsabilit ex-
tracontrattuale caratterizzata ab origine dall'assenza di doveri di comportamento rivolti
a favore di persone determinate.
La scelta della natura contrattuale della responsabilit amministrativa era foriera di un
regime applicativo completamente diverso da quello aquiliano: l'onere della prova t:ra posto
a carico del debitore/danneggiante, che doveva dimostrare che l'inadempimento dovuto a
causa a lui non imputabile; l'azione era soggetta a prescrizione decennale; cambiava l'area del
danno risarcibile, limitato, fuori dai casi di dolo, al solo danno prevedibile ex art. 1225 c.c ..
La tesi della responsabilit da contatto determinava, infine, un'altra conseguenza
di grande rilievo e decisamente innovativa rispetto alla strada indicata dalle S.u. con la
sentenza n. 500/1999: la possibilit di concedere il risarcimento del danno a prescindere
della spettanza del bene della vita: il danno non consiste pi nella lesione dell'interesse
a un bene della vita, meritevole di tutela, al quale l'interesse legittimo si correla, ma
nell'inadempimento degli obblighi sorti da un contatto amministrativo qualificato, tale,
cio, da ingenerare nel privato un obiettivo affidamento.
L'incertezza circa la spettanza del bene della vita, che nella concezione accolta
dalla sentenza n. 500 precludeva il risarcimento, perdeva consistenza, in quanto il
3 Cfr CASTRONOVO, L'obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto, in La nuova
responsabilit civile, Milano, 1997. In giurisprudenza v. T.A.R. Veneto, sez. I, 14 maggio 2009, n.
1486.
Il risarcimento
a prescindere
dalla lesione del
bene della vita
Critiche: a)
Rischio di
risarcimento
senza danno
b) Una
concezione
antica
del! 'interesse
legittimo
210 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
danno non era pi ricondotto alla perdita dell'utilit sostanziale cui il privato aspira,
ma all'inadempimento del rapporto che si genera in relazione all'obbligo imposto
dalla norma.
Ugualmente si ritenevano risarcibili gli interessi legittimi cosiddetti procedimen-
tali, che, a differenza di quelli pretesivi e oppositivi, non sono in alcun modo colle-
gati ad un'utUitas concreta e per i quali la dottrina ha sempre escluso la risarcibilit,
proprio perch, in mancanza di una lesione di un bene della vita per effetto del com-
portamento illegittimo dell'Amministrazione, non vi sarebbe un danno patrimoniale
da risarcire.
La tesi in commento, tuttavia, stata ben presto criticata dalla dottrina e dalla giuri-
sprudenza maggioritaria alla luce di una serie di considerazioni.
Innanzitutto, in tal modo, si sarebbe rischiato di aprire la strada alla tutela risarci-
tori a, prescindendo non solo dall'elemento della colpa, ma dallo stesso danno, con un
automatismo che avrebbe finito per dare maggiore importanza alle pretese partecipative,
piuttosto che agli interessi sostanziali, poich il giudizio sull' an e sul quantum del risar-
cimento sarebbe avvenuto, comunque, a prescindere dalla valutazione circa la spettanza
del bene della vita.
A parit di contatto (e quindi di affidamento) allora, sarebbero stati risarciti nella
stessa misura sia colui che vedeva leso il proprio interesse legittimo da un atto viziato
unicamente per ragioni attinenti alla forma o al procedimento, sostanzialmente giusto,
sia colui che, invece, era stato privato ingiustamente del bene della vita.
La teoria del contatto procedimentale, inoltre, pareva fondarsi su una concezione
dell' interesse legittimo, inteso come pretesa alla legittimit dell' azione amministrativa;
ormai superata dalla prevalente dottrina. Come stato autorevolmente sostenuto, invero,
se le situazioni soggettive si definiscono in ordine a beni della vita, non s'intende come
la legittimit di un atto (cio una qualificazione astratta di un atto) possa essere vista
come un bene della vita 4. Con ci non si vuole negare che il privato possa subire un
danno non collegato al C.d. bene della vita, ma si deve negare che tale danno possa essere
riconosciuto in via automatica, o quasi, senza una rigorosa valutazione del danno stesso
e del suo rapporto di causalit con la regola procedimentale violata.
Peraltro, un generalizzato riconoscimento della tutela risarcitoria, fondato sulla mera
violazione delle regole procedimentali, sarebbe incappato nella difficolt di quantificare
il danno conseguente alla violazione di tali precetti, con il rischio che il ricorso a criteri
equitativi avrebbe condotto ad un tipo di tutela pi vicina alla logica dell'indennizzo che
a quella del risarcimento.
2.2. [Segue] b) la tesi della responsabilit precontrattuale
In presenza d'illegittimit verificatesi nel corso di procedimenti selettivi, alcune
pronunce avevano risarcito il danno inquadrando la responsabilit dell' Amministrazione
nell'ambito dell'art. 1337 c.c.
Secondo questa impostazione, il rapporto tra Amministrazione e soggetto titolare di
un interesse legittimo pretensivo sarebbe da ritenersi del tutto analogo a quello che fonda
4 GIANNINI, Diritto amministrativo, voI. I, Milano, 1988,519.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 211
la responsabilit precontrattuale: si potrebbe pensare che quando l'interesse legittimo
si presenta come interesse ordinato all' ottenimento di un bene della vita sia identica la
posizione del titolare del! 'interesse legittimo e del titolare del potere, cio l'Amministra-
zione, onde ambedue abbiano il dovere di comportarsi secondo buonafede .
La tesi della responsabilit precontrattuale, basata sull' esportazione delle regole di
correttezza ex artt. 1337 e 1338 c.c. all'universo dell'azione amministrativa, risultava
tuttavia un'opzione descrittiva foriera di risvolti disciplinatori di scarso interesse, spe-
cie se si aderisce alla tesi tradizionale che la inquadra nell'alveo della responsabilit
aquiliana.
2.3. [Segue] c) la tesi della C.d. responsabilit speciale
Con una decisione del 2005 la sesta sezione del Consiglio di Stat0
5
aveva riproposto la
tesi, ciclicamente ricorrente nel dibattito teorico ed ispirata dall' esperienza francese, del-
la natura speciale della responsabilit della P.A. da illegittima attivit provvedimentale.
Secondo tale impostazione, per ragioni ontologiche, storiche, normative ed istituzio-
nali, l'esercizio del potere autoritativo non sarebbe stato assimilabile alla condotta delle
parti di un rapporto contrattuale, caratterizzato da diritti, obblighi o altre posizioni tute-
late dal diritto privato. Analogamente, esso non sarebbe stato assimilabile alla condotta
di chi - con un comportamento materiale o di natura negoziale - avesse cagionato un
danno ingiusto a cose, a persone, a diritti, posizioni di fatto o altre posizioni tutelate ai
fini risarcitori erga omnes dal diritto privato.
Da tanto conseguiva, secondo la tesi in parola, che spettava al Giudice amministra-
tivo il potere di determinare in concreto se e quali conseguenze dannose vi fossero nel-
la sfera giuridica del soggetto legittimato all'impugnazione, quando vi era l'illegittimo
esercizio del potere autoritativo, verificando anche se - nel caso al suo esame - un
principio affermatosi nel diritto privato risultasse compatibile con quello da applicare
nel diritto pubblico (in ragione delle regole organizzative, sostanziali e procedimentali
che l'Amministrazione tenuta a rispettare, nonch delle regole che caratterizzano il
processo amministrativo).
Ci comportava che non sempre l'Amministrazione era tenuta a risarcire in tutto o in
parte, il danno conseguente all'esercizio illegittimo del potere autoritativo, d;vendosi pure
verificare l'incidenza che avesse avuto non solo la condotta del soggetto leso che abbia
indotto o concorso all'emanazione dell'atto illegittimo, ma anche quelle degli altri soggetti
coinvolti nel procedimento o anche degli stessi beneficiari che se ne siano avvantaggiati.
Quanto al requisito della colpevolezza dell'apparato amministrativo (indefettibile
per accertare una responsabilit, in assenza di una contraria determinazione del Legi-
slatore), il Giudice amministrativo ne doveva esaminare la sussistenza senza formalismi
(e senza gravare alcuno dell'onere della relativa prova), tenendo conto delle deduzioni
delle parti e di quanto poteva emergere dall'esercizio dei suoi poteri istruttori (tra l'altro
valutando le condizioni caratterizzanti l'organizzazione e l'attivit amministrativa, la
chiarezza della normativa, lo stato della giurisprudenza, la complessit delle questioni
coinvolte, la condotta degli interessati nel corso del procedimento).
5 Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2005, n. 1047.
Critiche
I presupposti
212 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
La tesi in esame non appariva convincente. Essa, infatti, appariva difficilmente co-
niugabile con l'assenza di una disciplina compiuta in seno ai citati artt. 35 e 7, tale da
rendere necessario l'utilizzo di un modello di riferimento (quello aquiliano o contrattua-
le) pena la carenza di una regolamentazione di base della disciplina e la rimessione della
stessa all'opera totalmente creativa della giurisprudenza (v. la prescrizione, l'elemento
soggettivo, l'onere della prova.
2.4. [Segue) Una zona grigia: la responsabilit dello Stato per tardiva tra-
sposizione di una direttiva comunitaria.
Una materia nella quale le diverse tesi sulla natura della responsabilit risarcito-
ria della P.A. si sono misurate con particolare accanimento quella dell'obbligo
dello Stato di recepire le direttive comunitarie, la cui violazione comporta, oltre
alla responsabilit nei confronti dell'Unione, l'obbligo dello Stato di risarcire i
danni cagionati ai singoli in conseguenza del mancato recepimento.
A livello comunitario, il principio della responsabilit dello Stato nei con-
fronti dei singoli non espressamente consacrato da alcuna norma del Trattato:
si tratta di una regola di elaborazione pretoria
6
, che trova il proprio fondamento
nell' esigenza di assicurare piena efficacia alle norme comunitarie attraverso la
tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche create da quelle stesse norme,
nonch nell'obbligo di cooperazione dello Stato ex articolo lO del Trattato
CE, in forza del quale gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure
di carattere generale o particolare derivanti dal diritto comunitario (e, conse-
guentemente, ad eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto
comunitario ).
La Corte di Giustizia ha chiarito che la piena efficacia delle norme comu-
nitarie sarebbe messa a repentaglio se i singoli non avessero la possibilit di
ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto
comunitario imputabile ad uno Stato membro. La possibilit del risarcimento
a carico dello Stato membro particolarmente indispensabile qualora la piena
efficacia delle norme comunitarie sia subordinata alla condizione di un'azione
da parte dello Stato.
Siffatta responsabilit pu configurarsi ove:
a) la direttiva (ossia il risultato da questa prescritto) attribuisca in modo suffi-
cientemente chiaro e preciso diritti a favore dei singoli;
b) il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base delle disposizioni
della direttiva stessa;
c) emerga un nesso di causalit tra la violazione perpetrata dallo Stato e il danno
subito da parte del soggetto leso.
6 Il principio di responsabilit dello Stato per mancato recepimento stato coniato per la prima
volta dalla Corte di Giustizia con le storiche sentenze 19 novembre 1991, cause C-6/90 e C-9/90
(Francovich e Bonifaci).
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 213
Il principio della responsabilit dello Stato per violazione del diritto comuni-
tario ha carattere generale e, dunque, opera indipendentemente dalla circostanza
che il diritto sia attribuito da una norma non immediatamente esecutiva. Lungi
dal costituire un rimedio utilizzabile soltanto laddove non sia possibile l'esecu-
zione diretta della norma comunitaria, esso trova applicazione tutte le volte in
cui il comportamento del Legislatore nazionale o dell'amministrazione (statale e
non) abbiano conculcato un diritto riconosciuto al singolo dal diritto comunita-
rio, e dunque allorquando la condotta dell'autorit nazionale, a qualsiasi livello,
abbia cagionato un danno per effetto della viola:z;ione delle norme comunitarie
(trattato, regolamenti, decisioni, direttive o anche solo principi generale dell'or-
dinamento comunitario Y
Sul piano oggettivo, il profilarsi della responsabilit dello Stato subordinato Requisiti
alla concorrenza di tre condizioni8: oggettivi
a) la norma comunitaria violata attribuisce un diritto a favore dei singoli;
b) la violazione grave e manifesta;
c) sussiste un nesso di causalit tra la violazione perpetrata dallo Stato e il danno
subito dal singolo.
Sul piano soggettivo, non necessaria l'imputazione della violazione a dolo Requisiti
O colpa dello Stato membro (v. 4.2.l.) Di fatto, peraltro, il profilo psicologico soggettivi
asSume sostanziale rilevanza, in quanto la gravit della violazione indicativa
di un atteggiamento colposo, cos come il dolo viene considerato un indice della
gravit medesima.
Detti principi sono stati oggetto di un vivace dibattito nel nostro ordinamento La natura della
in ordine alla concreta operativit degli stessi ed alloro coordinamento con gli responsabilit:
istituti della responsabilit della P.A.
La giurispmdenza prevalente
9
riconduce la responsabilit dello Stato per vio-
lazione del diritto comunitario nell'ambito dell'illecito aquiliano ex art.2043 c.c.
Detto orientamento, tuttavia, stato avversato da quant
lO
hanno escluso la con-
figurabilit di un illecito dello Stato per ritardata attuazione di una direttiva, in
quanto nel nostro ordinamento non sussisterebbe un diritto del singolo all'eser-
cizio della funzione legislativa.
a) responsabili-
t extracontrat-
tuale
Sul punto hanno preso posizioni le Sezioni Unite della Corte di Cassazione
ll
b) responsabili-
che hanno proposto un'innovativa ricostmzione dell'istituto in commento. t ex lege
particolare, gli Ermellini hanno escluso che il c.d. illecito del legislatore vada
7 Naturalmente, l'eventuale immediata eseguibilit della direttiva senza la necessit dell 'interme-
dello Stato, incide sui rimedi concretamente azionabili privato: mentre a fronte di una
direttIVa non immediatamente esecutiva il soggetto danneggiato potr avvalersi soltanto di una
tutela risarcitoria, nel caso di violazione di norme comunitarie direttamente applicabili il soggetto
!eso godere sia del ristoro economico che della diretta azionabilit del suo diritto.
Corte 5 marzo 1996, Brasserie du Pcheur e Factortame.
,ass. CIV., sez. lav., 3 giugno 2009, n. 12814.
:OCass., sez.lII, l aprile 2003, n.4915
I Sez. un., 17 aprile 2009, n. 9147.
214 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
ricondotto allo schema della responsabilit civile extracontrattuale, integrando
invece gli estremi di un'obbligazione ex lege dello Stato inadempiente, di na-
tura indennitaria, per attivit non antigiuridica. Ed infatti, stante il carattere
autonomo e distinto tra i due ordinamenti, comunitario e interno, il compor-
tamento del legislatore suscettibile di essere qualificato come antigiuridico
nell'ambito dell'ordinamento comunitario, ma non alla stregua dell'ordina-
mento interno, secondo principi fondamentali che risultano evidenti nella stes-
sa Costituzione.
Diverse sono state le critiche mosse a tale ricostruzione. Sotto un primo pro-
filo, si osservato come non possa essere affermata la natura legale dell'obbli-
gazione dello Stato, posto che nessuna disposizione nazionale impone il recepi-
mento delle direttive e ne sanziona la violazione. Peraltro, la ricostruzione della
responsabilit da inadempimento dello Stato, mal si concilia con la previsione di
un ristoro meramente indennitario, che postula, sul piano ontologico, l'esercizio
di un'attivit lecita, ancorch dannosa. Da ultimo, non pu non osservarsi che
l'eventuale inadempimento agli obblighi comunitari non potrebbe coinvolgere i
rapporti tra Stato e cittadini, che sono e restano "terzi" rispetto al rapporto obbli-
gatorio tra Stato e Unione.
c) responsabi- Un diverso e pi recente orientamento, invece, stato invece paventato Casso
Ut da contatto
sociale civ., sez. III, 17 maggio 20 Il, n. 10813, che ha affermato che il diritto degli inte-
ressati al risarcimento dei danni che va ricondotto allo schema della responsabilit
per inadempimento dell'obbligazione "ex lege" dello Stato, di natura indennita-
ria. Tale responsabilit - dovendosi considerare il comportamento omissivo dello
Stato come antigiuridico anche sul piano dell' ordinamento interno e dovendosi
ricondurre ogni obbligazione nell'ambito della ripartizione di cui all'art. 1173
c.c. - va inquadrata nella figura della responsabilit "contrattuale", in quanto na-
scente non dal fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., bens dall'inadempimento di
un rapporto obbligatorio preesistente, sicch il diritto al risarcimento del relativo
danno soggetto all'ordinario termine decennale di prescrizione.
Sul dibattito, peraltro, destinato ad incidere l'art. 4, co. 43, L. 12 novem-
bre 20 Il, n. 183 (cd. "Legge di stabilit 2012"), il quale testualmente prevede
la natura extra- che "La prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato
contrattuale? recepimento nell'ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti
obbligatori comunitari soggiace, in ogni caso, alla disciplina di cui all'articolo
2947 del codice civile e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero
derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si e'
effettivamente verificato".
Come noto, l'art. 2947 del codice civile disciplina la prescrizione del diritto
al risarcimento del danno derivante da fatto illecito e dispone, al primo comma,
che tale diritto si prescrive nel termine di cinque anni decorrenti dal giorno in
cui il fatto si verificato. Il generico rinvio all'art. 2947 nel suo complesso deve
verosimilmente intendersi come un rinvio al disposto del primo comma dello
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 215
stesso e, quindi, volto a prevedere l'applicazione del termine di prescrizione
quinquennale per il diritto al risarcimento del danno derivante da mancato rece-
pimento nell'ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbliga-
tori comunitari. Tale richiamo normativo - oltre a determinare l'applicazione del
termine di prescrizione quinquennale - potrebbe peraltro essere suscettibile di
avere anche implicazioni normative di pi ampia portata ove, sulla base di esso,
si pervenisse sul piano interpretativo alla conclusione che la responsabilit dello
Stato per mancato recepimento nell'ordinamento di direttive o altri provvedi-
menti obbligatori comunitari debba ricondursi nell'ambito della responsabilit
aquiliana di cui all'articolo 2043 del codice civil,e.
3., L'elemento oggettivo dell'illecito
3.1. La lesione dell'interesse legittimo condizione necessaria ma non suffi-
ciente per il risarcimento
In armonia con quanto gi stabilito dalla sentenza n. 500/99 delle S.U. della Cor-
te di Cassazione, l'art. 30 cod. proc. amm. nega la coincidenza tra illegittimit
del provvedimento ed illiceit del comportamento della Pubblica Amministra-
zione ex art. 2043 c.c.: tale evenienza emerge chiaramente dalla formulazio-
ne della norma che fa espressamente riferimento al "danno ingiusto derivante
dall'illegittimo esercizio dell'attivit amministrativa o dal mancato esercizio di
quella obbligatoria ".
La necessit che sussista un "danno ingiusto", dunque, esclude che l'ille-
gittimit dell'atto sia sufficiente a giustificare la responsabilit della pubblica
amministrazione, potendosi pervenire a risarcimento "soltanto se l'attivi-
t illegittima della pubblica amministrazione abbia determinato la lesione
dell 'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il con-
creto atteggiarsi del suo contenuto effettivamente si collega, e che risulta
meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento". In altri termini, la
lesione dell'interesse legittimo " condizione necessaria, ma non sufficien-
te, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poich occorre al-
tres che risulti leso, per effetto dell 'attivit illegittima (e colpevole) della
Pubblica Amministrazione, l'interesse al bene della vita al quale l'interesse
legittimo si correla e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla luce
dell'ordinamento pos itivo "12.
Ci che si risarcisce, dunque, non affatto la lesione dell'interesse legittimo
in quanto tale, ma la lesione di un diverso interesse-diritto al provvedimento.
Il danno ingiusto costituito, infatti, dalla lesione non dell'interesse legittimo,
ma dell'interesse sostanziale ad esso correlato e l'interesse legittimo finisce col
-------
12cos Cass., S.V. n. 500/99 e, pi di recente, n. 4326/2010.
...
216
La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
rivelarsi una forma di tutela (di tipo ripristinatorio) dell'interesse al bene della
vita, concorrente con la tutela aquiliana (di tipo compensativo )13.
Le critiche della dottrina alla scelta della Cassazione di subordinare il risarci-
mento al giudizio prognostico sulla spettanza. del bene della vita
La formulazione letterale della norma, dunque, confuta definitivamente le pregresse cri-
tiche mosse all'impostazione della sentenza n. 500/99.
In particolare, si era rilevato che la Cassazione, nel subordinare l'esistenza di un
danno risarcibile ad un giudizio prognostico riguardo all'accoglimento dell'istanza,
finiva per far dipendere il danno da aspettative o diritti futuri, mentre il risarcimento
prescinde da giudizi prognostici, poich esso si fonda su fatti gi avvenuti.
Sul punto, tuttavia, coglieva probabilmente nel segno chi aveva replicato che il giu-
dizio prognostico cui si riferisce la Cassazione giudizio che attiene non ad un evento
futuro ma al nesso di causalit tra il vizio che inficia il provvedimento ed il contenuto
,
del provvedimento stesso.
In senso critico si era ulteriormente evidenziato che il giudizio prognostico evocato
dalla sentenza n. 500 normalmente inammissibile, in quanto contrario al principio che
riserva all'Amministrazione l'esercizio del potere e, soprattutto, le scelte discrezionali.
Come stato autorevolmente rilevato, il Giudice, sia civile che amministrativo, non ha
il potere (n ha i mezzi) per ricostruire, sulla scena del processo, lo sviluppo dell'azione
amministrativa, e per ipotizzare quali possano essere le scelte che l'Amministrazione
avrebbe potuto fare nell'ambito della sua discrezionalit. Nessun Giudice pu, in altri
termini, (allo stato della legislazione positiva) raggiungere alcuna prognosi oggettiva-
mente affidabile sulla fondatezza della domanda, tranne nel caso, assolutamente margi-
nale di attivit totalmente vincolata.
Si era quindi affermato che altra era la vera svolta che ci si attendeva e che ri-
mane ancora da conseguire: la risarcibilit non di interessi collegati ad una decisione
amministrativa per intero dovuta e, dunque, dell'interesse (o "diritto"?) all'otteni-
mento del bene (il che si dovrebbe dare per scontato), ma dell'interesse a non subire
un pregiudizio economico a causa della condotta antigiuridica dell' Amministrazione,
indipendentemente dall'esito della vicenda in termini di ottenimento o non dell'atto,
e quindi la risarcibilit del danno riferibile non alla spettanza del bene (scontata, si
ripete, quando ricorra), ma il pregiudizio subito in relazione ad aspetti rispetto a que-
sti ulteriori e diversi.
13S
u
l punto si segnala una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV, 2 febbraio 2010,
n. 467, la quale, proprio in ragione della irrisarcibilit tout court di ogni ipotesi di attivit illegit-
tima dell'amministrazione, ha evidenziato che a seguito dell'introduzione dell'art. 21-octies, la
presenza di vizi formali e procedimentali, in ragione dei quali stato annullato il provvedimento
amministrativo, non appare pi di tale gravit da giustificare una successiva richiesta risarcitoria.
Peraltro, l'annullamento per vizi di ordine formale, non esclude (ed anzi consente) il riesercizio
del potere, con la conseguenza che la domanda risarcitoria del danno non pu essere valutata se
non all'esito del nuovo esercizio del potere, con la conseguenza che, ave "l'atto negativo dovesse
essere reiterato, il nuovo sopravvenuto negativo escluderebbe allo stato la sussistenza del danno
risarcibile, derivante dal primo provvedimento, se non eventualmente, ove ritenuto ammissibile,
come danno da ritardo di provvedimento comunque negativo n.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 217
Nonostante le critiche sopra riportate, la scelta operata dal Legislatore di anco-
rare il risarcimento del danno alla lesione del bene della vita appare pienamente
condivisibile: il tentativo di accreditare un'equazione tra ingiustizia del danno e
lesione di interessi legittimi di qualsivoglia natura, infatti, finirebbe con il to-
gliere al criterio dell'ingiustizia quel ruolo selettvo della meritevolezza di tutela
risarcitoria dell'interesse leso che, in concreto, sottost alla generica e troppo
lata qualificazione in termini d'interesse legittimo.
In definitiva, il Legislatore, avvertendo il contenuto polimorfo della figura
dell'interesse legittimo, comprendente tutta una serie di utilit strumentali (la
pretesa alla conclusione del procedimento nel termine prefissato; ad una pun-
tuale ed analitica motivazione; alla comunicazione all'avvio del procedimento;
alla valutazione delle memorie presentate nel procedimento ecc.) sicuramente
estranee al concetto di bene della vita su cui si fonda il sistema civilistico,
avrebbe fatto bene a precisare che non ogni illegittima lesione di tali utilit pu
ritenersi causa di danno, escludendo in linea di principio che la lesione di pretese
al conseguimento di utilit strumentali possa considerarsi negli stessi termini
di quella arrecata alla diversa pretesa che sia rivolta direttamente al consegui-
mento del bene della vita, oggetto di potere amministrativo, alla quale solo
deve riconoscersi la tutela risarcitoria.
, , Da tale impostazione, peraltro, sfugge la violazione di determinati interessi
legati al rispetto delle procedure, (si pensi, ad esempio alla lesione del tempo
procedimentale), i quali, secondo la legge, sono essi stessi beni della vita suscet-
tibili di incisione per effetto della condotta illecita della P.A. (v. l'art. 2-bis L.
241/90 e l'attuale art. 30 cod. proc. amm. Sul punto v. 3.4. ss).
3.2. L'accertamento del danno nel! 'ipotesi di interessi oppositivi
Si detto che la lesione dell'interesse legittimo, e dunque la verifica dell'illegit-
timit (o l'annullamento) dell'atto, condizione necessaria ma non sufficiente
per il risarcimento.
'" ,A tale proposito, a partire dalla pronuncia della Cassazione 500/99, si di-
stingue tra interessi oppositivi ed interessi pretensivi, puntualizzando che nei
primi, stante la preesistenza del bene della vita al provvedimento affetto da
vizi di legittimit, la lesione dell'interesse legittimo implica ex se la lesione
del detto bene (ossia il sacrificio del! 'interesse alla conservazione del bene o
della situazione di vantaggio conseguente ali 'illegittimo esercizio del potere), davvero
con la conseguenza che l'accertata illegittimit dell' atto lesivo dimostra la automatico
consolidazione del danno ingiusto (salvi naturalmente i problemi di quantifi- il a ~ n o . l
, . patnmonza e
CaZlOne). da lesione
;. In realt l'affermazione, nella sua perentori et, non ha convinto pienamente di interessi
l,a dottrina, in quanto si finirebbe per innescare un sistema di protezione degli oppositivi?
Cons. St.
Interessi oppositivi ingiustificatamente eccessivo. 1261104
218
La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
Tali rilievi critici sono stati recepiti da una decisione della VI sezione del Consiglio di
Stato, relativamente al risarcimento del C.d. "danno da disturbo"14: in particolare il col-
legio osserva che" se il provvedimento compressivo viziato per ragioni attinenti alla
sola forma oppure al solo procedimento, ma risulta ineccepibile sul piano sostanziale,
la Pubblica Amministrazione potrebbe adottare un provvedimento di identico contenu-
to sfavorevole per il privato. In questa situazione difficile giustificare un diritto al
risarcimento, s.alvo a sganciare la responsabilit del! 'Amministrazione dal paradigma
aquiliano, con conseguente differente valutazione dei presupposti fondanti il diritto al
ristoro e distinta quantificazione dei pregiudizi riparabili ".
Per evitare un'ingiustizia sostanziale, che renderebbe alcune categorie di interessi
oltremodo protetti, stata suggerita in dottrina, anche per gli interessi legittimi opposi-
tivi la distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali, nel senso di riconoscere efficienza
,
causale soltanto a questi ultimi.
In senso difforme, si , tuttavia, rilevato che anche la distinzione tra vizi formali e vizi
sostanziali pu non essere risolutiva. Invero, mentre nei casi di potere interamente vincolato
il nesso causale certamente da escludere quando sia provato che l'Amministrazione, di
fatto non avrebbe deciso in modo diverso anche se la regola violata fosse stata osservata (e
tant; specie dopo l'avvento dell'art. 21-octies della L. 241 che limita l'effetto invalidante
dei vizi formali), a conclusioni diverse deve giungersi quando l'attuazione del potere avreb-
be ammesso decisioni diverse da quella assunta e anch'esse illegittime.
In tal caso, dato che la statuizione, pur materialmente corretta, non ne esclude altre,
anch'esse compatibili con il diritto sostanziale, non possibile escludere che un diverso
svolgimento delle cose, conforme alle regole formali, avrebbe condotto ad una decisio-
ne diversa da quella che stata adottata e pi favorevole all'interessato. Ci quanto
accade nelle ipotesi in cui il potere discrezionale in qualche suo aspetto e non sussi-
stono circostanze che, in concreto, riducano ad una soltanto la decisione che pu essere
legittimamente assunta.
In queste situazioni, in cui incerto se la violazione delle regole formali abbia inciso
sulla possibilit di esito favorevole del procedimento, la dottrina in esame, onde evitare
che l'impossibilit della prova vada a detrimento della parte che si afferma danneggiata,
ammette il risarcimento della chance.
Tale posizione stata a pi riprese ribadita dalla Suprema Corte: da ultimo, con la
sentenza del 29 gennaio 20 l O n. 2122, la I sezione ha precisato che la tecnica di accerta-
mento della lesione nel caso di interessi oppositivi si fonda sull'accertamento in ordine
alla lesione in concreto, prodotta mediante l'attivit amministrativa illegittima, dell'in-
teresse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio.
3.3. La verifica della spettanza del bene della vita per gli interessi pretensivi
Rispetto agli interessi pretensivi, dato che la posizione d'interesse legittimo e
la spettanza del bene della vita per definizione non coesistono nella sfera del
14Il danno da disturbo riguarda la vulnerazione di un interesse di tipo oppositivo, in cui il danno
lamentato promana da un provvedimento amministrativo lesivo, perch limitativo di una rilevante
posizione giuridica soggettiva. In tal caso l'interesse leso consisterebbe nella pretesa a non essere
disturbato nel libero esercizio delle facolt ad essa inerenti.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4
219
privato, si pone il problema di verificare come il Giudice del risarcimento possa
sostituirsi alla Pubblica Amministrazione, sia pure nell'ottica prognostica, nel
valutare la spettanza del bene della vita (ad es. la possibilit di costruire grazie
alla concessione edilizia). Per detti interessi, cio, fisiologico che l'illegittimit
formale del provvedimento possa non coincidere con l'ingiustizia sostanziale
dello stesso.
In generale, il Giudice amministrativo non ha avuto problemi nel rilevare
che un atto illegittimo esclusivamente per vizi formali non va necessariamente
a ledere l'interesse al bene della vita cui il soggetto aspira perch non escluso
che il provvedimento sia sostanzialmente g i u ~ t o . In tal caso il Giudice non
in grado di definire l'assetto degli interessi in gioco, dei quali rimane arbitra
l'Amministrazione; una sentenza di annullamento per vizi formali non intacca,
pertanto, l'essenza del potere dell'Amministrazione, la quale ben pu riadottare
un atto avente il medesimo contenuto di quello decaduto, purch emendato dal
vizio estrinseco che lo inficiava.
Tanto premesso in linea generale, occorre distinguere tra attivit vincolata,
attivit tecnico-discrezionale ed attivit discrezionale pura, premettendo si in li-
nea generale che il giudizio sulla spettanza sposta il baricentro del processo am-
ministrativo dall'atto al rapporto. Con le conseguenze dell' onere per il privato di
dimostrare i profili che inducano ad una positiva valutazione dell'istanza (senza
che basti la denuncia dell'illegittimit); e della possibilit-onere per la P.A. di
integrare in giudizio la motivazione (o addurla per la prima volta in caso di silen-
zio) al fine di dimostrare le ragioni di diniego in origine non valorizzate.
Il giudizio prognostico sul normale e prevedibile sbocco del procedimento A!tivit
". . l' . h' fi . d Il' Il Vincolata ammmIstratIvo, OggI reso u tenormente necessano anc e aI mI e annu a-
mento dall'art. 21-octies della L. 241/1990 per i vizi formali e procedimentali,
pu essere effettuato senza particolari problemi da parte del G.A. qualora l'at-
tivit amministrativa si estrinsechi nell'adozione di un atto vincolato (v. anche
il nuovo art. 2 della L. 241/1990 dopo la L. 80/2005). Ove non residui in capo
aH' Amministrazione alcun potere discrezionale, non si pone, infatti, il problema
di giustificare la sostituzione del Giudice del risarcimento in una valutazione di-
screzionale riservata di norma alla pubblica amministrazione. Il Giudice, accer-
tata la sussistenza dei presupposti di legge, pu stabilire che, data quella situa-
zione, l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare quella certa determinazione.
Tanto confermato dal dettato di cui al codice del processo amministrativo,
dal cui impianto complessivo si evince con nettezza come il giudice, in caso di
attivit vincolata, sia abilitato, anche ai fini risarcitori, a verificare la fondatezza
della pretesa sostanziale sottesa alla posizione soggettiva azionata dal privato.
In particolare, l'art. 31 cod. proc. amm., con una disposizione espressamente
dettata in tema di silenzio ma applicabile in via generale, prevede che "Il giudice
pu pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando
si tratta di attivit vincolata" (v. cap. II, 3. ss.).
Attivit
connotata da
discrezionalit
tecnica
220 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
Sul punto, peraltro, la nonna in commento chiarisce che lo scandaglio sulla fondatezza
sostanziale della pretesa azionata dal privato consentita sia nelle ipotesi in cui l'attivit
amministrativa ab origine vincolata, sia nel diverso caso in cui non residuino ulteriori
margini di esercizio della discrezionalit in capo alla P.A. e non siano necessari ulteriori
adempimenti istruttori, con un approccio di stampo sostanzialistico, che d rilievo all' ef-
fettiva consumazione del potere discrezionale dell'amministrazione piuttosto che alla
sua astratta qualificazione.
Problemi sorgono, invece, quando il provvedimento amministrativo espressio-
ne di discrezionalit tecnica, la quale ricorre ogni qualvolta l'Amministrazione,
per decidere, deve applicare regole tecniche di varia natura (medica, scientifica
ecc.) che si caratterizzano per la loro opinabilit.
In questi casi il Giudice amministrativo (al pari di quello ordinario), nel for-
mulare il giudizio prognostico, dovrebbe ingerirsi nella valutazione tecnica per
verificare se questa sia stata esplicata in modo corretto.
In ordine ai limiti entro cui l'autorit giudiziaria pu sindacare la discrezio-
nalit tecnica, pu ritenersi ormai spezzato il legame tra discrezionalit tecnica e
merito amministrativo, ammettendosi di conseguenza un sindacato C.d. intrinse-
co sulla discrezionalit tecnica, da condurre cio alla luce di regole e conoscenze
tecniche appartenenti alla stessa scienza specialistica applicata dall' Amministra-
zione (v. parte III, cap. III). Sul tema si registrano due diversi orientamenti.
Secondo il primo, al Giudice sarebbe comunque precluso il giudizio sulla spettanza del
bene della vita. Si evidenzia, infatti, che per formulare tale giudizio prognostico egli non
si limita a censurare la valutazione tecnica compiuta dalla P.A. perch erronea, ma com-
pie, ex novo, un'altra valutazione tecnica, sostituendosi all' Amministrazione. Ebbene,
questa tesi, pur riconoscendo l'esigenza di un sindacato intrinseco sulla discrezionali-
t tecnica, non si spinge sino al punto di consentire al Giudice di fonnulare una valuta-
zione tecnica, che tenga luogo, sia pure ai soli fini risarcitori, di quella della P.A.
Questa conclusione respinta da un'altra parte della dottrina sulla base della con-
siderazione secondo cui nel risarcimento del danno per equivalente la sostituzione del
giudizio tecnico, lungi dall' incidere sul concreto dispiegarsi dell' attivit amministrativa,
funzionale al solo ristoro patrimoniale.
In quest'ottica, pertanto, la sostituzione del giudice alla P.A. non avrebbe alcun effet-
to diretto sull' esito della detenninazione amministrativa implicante lo scioglimento di
un nodo tecnico. Non si verificherebbe, in altri termini, nessuna sovrapposizione defini-
tiva dell'opinione tecnica del Giudice (attraverso l'ausilio del consulente) all'opinione
tecnica dell' autorit all 'uopo investita.
Secondo questo indirizzo interpretativo, in definitiva, il Giudice, ai soli fini del risar-
cimento per equivalente, potrebbe valutare la spettanza del bene della vita, sostituendosi
al giudizio tecnico della P.A. in ogni caso di discrezionalit tecnica, anche laddove il
controllo intrinseco di tipo forte nonnalmente precluso I 5.
15Uno dei settori in cui pi vivace stato il confronto tra le contrapposte tesi sull'ampiezza della
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 221
I problemi pi spinosi in relazione al giudizio prognostico sulla spettanza di un
determinato bene della vita si pongono nei casi in cui l'ordinamento riconosca
margini di vera e propria discrezionalit amministrativa in capo all'autorit. In
tali casi si prospetta, invero, il rischio di un'ingerenza del Giudice, chiamato
ad accertare il nesso causale tra illegittimit del provvedimento e lesione del
bene della vita, nella sfera esclusiva riservata all'Amministrazione, quella af-
ferente il merito e le valutazioni di mera opportunit e convenienza alla stessa
spettanti.
Secondo una prima impostazione, andrebbe riconosciuta in ogni caso al privato la pos-
sibilit di seguire la via del solo giudizio risarcitorio, concentrando in tale sede la espli-
citazione da parte della P.A. degli eventuali motivi ostanti al rilascio del provvedimento
che avrebbe potuto esternare in sede di riesame dell'istanza.
Il giudizio risarcitorio diverrebbe cos la sede nella quale l'Amministrazione chia-
mata ai fini processuali ad una riedizione dell'attivit amministrativa, con la conseguen-
za che, laddove i motivi eventualmente esposti di fronte al giudice al fine di giustificare
il diniego risultassero illegittimi, il giudice potr concludere in senso positivo il giudizio
prognostico, per non essere stata la P.A., n in sede di risposta all'istanza dell'interessa-
to, n in sede giudiziale, capace di prospettare motivi legittimi contrari all' attribuzione
del bene richiesto dal privato.
La tesi, da apprezzare per l'attenzione mostrata all' esigenza di assicurare l'effetto
tile dell'affermata risarcibilit del danno, si scontra peraltro con la difficolt di imporre
alI 'Amministrazione 1'esercizio, in sede processuale ed in via solo virtuale, dei propri
poteri discrezionali, da attivare e distintamente esercitare, poi, in modo questa volta
reale, nella distinta sede procedimentale.
Tale difficolt potrebbe peraltro superarsi ove si consideri che nella specie il Giudice
non adotta il provvedimento ma si limita parenteticamente a verificare la spettanza del
bene della vita ai fini del giudizio sul risarcimento del danno, non venendo dunque in
rilievo un possibile conflitto con il principio costituzionale di separazione dei poteri.
.. Ancora, pu aggiungersi che l'art. 21-octies della L. 241/1990, nel postulare la non
aimullabilit dell' atto ove il vizio formale o procedimentale non abbia inciso sul con-
tenuto del provvedimento, con disposizione che per il vizio di omessa comunicazione
di avvio riguarda anche l'attivit discrezionale (tecnica ed amministrativa), sfata il tab
della non sostituibilit e trasforma il giudizio di annullamento, ed a maggior ragione
quello di risarcimento, in giudizio sulla spettanza del bene della vita. E tanto per non dire
dell'ancora pi dirompente disciplina dettata dal nuovo art. 2 della L. 241/90 cos come
novellata dal D.L. 35/2005 (conv. dalla L. 80/2005), che trasforma il giudizio sul silenzio
~ n giudizio esteso alla fondatezza della pretesa sulla scorta di una soluzione naturalmente
dotata di efficacia espansiva verso l'alto per i giudizi impugnatori e risarcitori tutti.
sindacabilit delle valutazioni tecnico-discrezionali a fini risarcitori quello degli appalti. Oggi,
peraltro, il problema, depotenziato dalla specifica disciplina dettata dal codice del processo
amministrativo (artt. 124 ss.), che attribuisce al g.a. specifici poteri di valutazione dell'intera vi-
cenda contrattuale, al fine di decidere se ed in quale caducare il contratto stipulato a seguito di una
procedura illegittima di evidenza pubblica. Sul tema v.,jimditus, parte III, cap. XI.
Attivit
connotata da
discrezionalit
amministrativa
Tesi della
riedizione in
sede risarcitoria
del!' attivit
amministrativa
Tesi della
rilevanza della
chance
Tesi restrittiva:
risarcibilit del
solo danno da
ritardo ave resi-
duina margini di
discrezionalit a
seguito del!' an-
nullamento
222
La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
Ulteriore orientamento nega la possibilit per il O.A. di compiere il giudizio pro-
gnostico, ma ritiene che il risarcimento del danno da lesione d'interesse pretensivo possa
essere concesso in presenza di seria probabilit di soddisfacimento dell'interesse pre-
tensivo da parte dell'Amministrazione nel caso avesse posto in essere un' attivit non
inficiata da illegittimit. La chance viene, quindi, in rilievo in funzione eziologica, come
onere in capo al danneggiato di dimostrare di possedere una possibilit superiore al 50%
di ottenere il bene della via dall'Amministrazione; ovvero in chiave ontologica, ove la
percentuale sia inferiore (con correlativo coefficiente di riduzione dell' entit del danno)
e si individui come bene leso non il risultato finale perso ma la perdita della possibilit
di ottenerlo (sulla duplice faccia della chance v. il 3.3.1).
Secondo un'ultima tesi pi radicale, invece, nell'ipotesi in cui a seguito dell'annul-
lamento del provvedimento residuino dei margini di discrezionalit, dovrebbe escludersi
qualsiasi indagine sulla spettanza del bene della vita, circoscrivendo, pertanto, la respon-
sabilit dell'Amministrazione alla lesione di situazioni di affidamento oggettivamente
valutabili, suscettibili di maturare solo con riferimento a fattispecie in cui l'Amministra-
zione risulta interamente vincolata all'emanazione del provvedimento richiesto.
Si rileva, invero, che le valutazioni discrezionali con cui si decide ci che oppor-
tuno o conveniente per l'interesse pubblico sono per definizione di esclusiva pertinenza
dell' Amministrazione, costituendo 1'essenza dell' attivit amministrativa funzionale ri-
servata all' Amministrazione in omaggio al principio di separazione dei poteri.
Secondo questo indirizzo, quindi, nell'ipotesi di attivit discrezionale il risarcimen-
to potr essere disposto solo dopo che l'Amministrazione rieserciti il proprio potere e
riconosca all'istante il bene della vita (ma il danno, in questi casi, non potr che essere
danno da ritardo), ovvero allorquando il giudicato amministrativo abbia eroso la sfera
discrezionale e trasformato l'attivit amministrativa in attivit vincolata. La tesi ben si
combina con il mantenimento del principio di pregiudizialit dell'annullamento rispetto
al risarcimento, di cui si dir ai 7. ss.
In senso critico pu tuttavia osservarsi che subordinare il diritto al risarcimento del
danno alla attribuzione del bene della vita da parte della P.A. con un provvedimento
tardivo pu risultare non del tutto soddisfacente per il privato, sia perch la definizione
della spettanza e la prospettiva risarcitoria si proiettano molto lontani nel tempo, sia
perch la stessa circostanza che l'Amministrazione che (finalmente) provvede positi-
vamente sia in quello stesso momento esposta alla domanda risarcitoria costituisce un
disincentivo per tale decisione.
Inoltre, in tutti i casi in cui per il decorso del tempo il bene della vita non sia pi per-
seguibile o non interessi pi, appare illogico costringere il privato ad ottenere dall' Am-
ministrazione un provvedimento tardivo che, anche se favorevole, sarebbe ormai non
pi eseguibile o inutile (si pensi al silenzio serbato dalla P.A. su un'istanza di conces-
sione presentata per un periodo di tempo gi spirato o seguito da uno ius superveniens
ostativo al conseguimento del bene della vita).
3.3.1. Il risarcimento della chance nella giurisprudenza del G.A.
Filone Come sopra ricordato, il risarcimento della chance viene spesso evocato per
eziologico
facilitare il ragionamento eziologico, in ragione delle difficolt probatorie deri-
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 223
vanti dalla presenza di residua discrezionalit, pura o tecnica, in capo all' Am-
ministrazione. In quest'ipotesi la chance svolgerebbe una funzione eziologica,
poich consentirebbe di ritenere provato il nesso causale tra attivit dell' Am-
ministrazione e mancato conseguimento del bene della vita sotteso all'interesse
pretensivo nel caso di superamento del 50% delle possibilit di ottenere il bene
della vita (in genere l'aggiudicazione di una gara pubblica).
In altre occasioni la chance viene tirata in ballo in chiave ontologica, ossia
quale bene giuridico in s, leso dall' Amministrazione in relazione ad una tipolo-
gia di attivit che per sua natura non consente di ritenere con certezza che il pri-
vato avrebbe ottenuto il bene della vita negatogli. Non viene quindi in rilievo il
danno da lucro cessante, ovvero da perdita di un risultato che spetti con certezza
o significativa probabilit (superiore al 50%) ma il danno emergente da perdita
della possibilit di ottenere questo risultato, possibilit che una posta attuale
del patrimonio, economicamente rilevante e valutabile in via equitativa ai sensi
dell'art. 1226 c.c.
La VI sezione, con la decisione del 14 settembre 2006, n. 5323, si occupa di
precisare il rapporto esistente tra perdita di chance e lesione dell'interesse pre-
tensivo quante volte l'Amministrazione sia munita di un potere discrezionale dal
cui esercizio, solo, dipenda l'accertamento della spettanza del bene della vita (in
tennini v. anche la recentissima pronuncia Cons. St., sez. VI, 15 giugno 2009,
n.3829).
A giudizio del Consiglio l'imposizione, ai fini del risarcimento, della forca caudina
dell'attesa del riesercizio, con esito favorevole, del potere amministrativo discreziona-
le, appare insoddisfacente, perch posticipa irragionevolmente le possibilit di ottenere
il risarcimento, costringendo il giudice a pronunciare una sentenza di inammissibilit
dell'azione risarcitoria per difetto di presupposti onde rimettere in moto l'elefantiaca
macchina macchina, che, nel riesercizio del potere, si presenterebbe pa-
radossalmente SCIssa fra necessit di ottemperare al giudicato e timore di ingenerare i
presupposti per soggiacere ad una pretesa risarcitoria.
In queste ipotesi il danno valutabile va allora visto nella dimensione della perdita di
chance.
'. 1.1 premette che la chance, secondo un'impostazione, rappresenta un bene
gIUrIdICO a s stante, quale probabilit di successo definitivamente perduta; mentre se-
condo tesi -:a. vi.sta come lucro cessante, ossia come esito di un giudizio prognostico
espress.o m dI notevole possibilit di raggiungere il risultato sperato, in quanto tale
sprovvIsta dI autonoma consistenza giuridica. La distanza tra le due tesi si apprezza sotto il
giacch nel primo caso sufficiente che vi sia un nesso tra una qualunque
dI successo e la condotta illecita che ne ha estinto la possibilit; nel secondo, in-
vece, Il nesso che si deve rinvenire quello prossimo alla certezza della spettanza
del bene che VIene meno a causa della condotta illecita del danneggiante.
l. Cos il Consiglio propone una via interpretativa in grado di avvicinare le distanze tra
le due te . . . d d' .. .
. SI m gUIsa a etermmare una rICostruZIOne ontologlca complessiva, uniforme
:e coerente.
Filone
antologico
Cons. St.,
sez. VI, n.
5323/2006
...
224 La tutela risarcitoria del!' interesse legittimo
A tal fine la sezione precisa che parola chance deriva, etimologicamente, dall'espres-
sione latina cadentia, che sta ad indicare il cadere dei dadi, e significa "buona probabilit
di riuscita".
Si tratta, dunque, di una situazione, teleologicamente orientata verso il conseguimen-
to di un'utilit o di un vantaggio e caratterizzata da una possibilit di successo presumi-
bilmente non priva di consistenza. In particolare, trasponendo tale definizione in ambito
giuridico, si pu rilevare che, affinch un'occasione possa acquisire rilevanza giuridica,
ossia ricevere tutela da parte dell' ordinamento, necessario che sussista una consistente
possibilit di successo, onde evitare che diventino ristorabili anche mere possibilit sta-
tisticamente non significative. Pertanto, una chance che non possa adeguatamente essere
apprezzata nella sua ontologica consistenza appare irrilevante sul piano giuridico. Ven-
gono cos a fondersi i due orientamenti sopra citati, da un lato perch la chance si palesa
quale bene giuridico autonomo ascrivibile alla posta del danno emergente; dall'altro,
perch si attribuisce rilievo decisivo al giudizio prognostico, al fine di ritenere giuridica-
mente rilevante la chance di successo.
decisivo, allora, distinguere fra probabilit di riuscita (chance risarcibile) e mera
possibilit di conseguire l'utilit sperata (chance irrisarcibile), utilizzando la teoria pro-
babilistica, merc il procedimento di sussunzione del caso concreto che si voglia di volta
in volta analizzare sotto un sapere scientifico. Occorre, pertanto, operare un giudizio
secondo la miglior scienza ed esperienza, in modo da formulare un giudizio il pi possi-
bile corretto e compiuto in ordine alla prognosi probabilistica circa il verificarsi o meno
dell' evento vantaggioso preso in considerazione.
Quanto allivello percentuale di verificazione dell' evento favorevole, esso non deve
essere necessariamente superiore al 50%, perch secondo la scienza statistica il grado
di possibilit qualificabile come probabilit presenta una soglia costitutiva variabile da
determinare caso per caso sulla base del concreto assetto della situazione esaminata.
La peculiarit delle posizioni giuridiche di vantaggio consente di operare un distin-
guo, quanto al grado di accuratezza del giudizio probabilistico, tra attivit vincolata, at-
tivit tecnico-discrezionale e attivit discrezionale pura. Nei primi due casi il G.A. potr
fittiziamente sostituirsi ai soli fini risarcitori all' Amministrazione per individuare con
certezza il grado di possibilit di ottenimento, da parte del privato asseritamente leso,
del bene della vita, irrimediabilmente perso, che poteva scaturire dalla chance, senza che
la natura dei poteri attribuiti alla pubblica amministrazione possa in alcun modo alterare
l'esito prognostico. Al contrario, in presenza di attivit discrezionale pura, quindi di
parametri valutativi elastici e variabili attraverso i quali si articola l'esercizio del potere
dell'Amministrazione, il G.A. non potr, nella generalit dei casi, enucleare un valido
giudizio prognostico in termini di preciso calcolo percentuale ma ci non esclude di
poter riconoscere una perdita di chance, sulla base del grado di approssimazione al bene
della vita raggiunto dal ricorrente.
Pertanto, il G.A., dopo avere accertato la titolarit in capo al danneggiato di una
chance secondo i parametri sopra indicati, dovr verificare la presenza di una condotta
illecita consistente nell'interruzione di una successione di eventi potenzialmente idonei
a consentire il conseguimento di un vantaggio, generando una situazione che ha carattere
di assoluta immodificabilit, consolidata in tutti gli elementi che concorrono a determi-
narla, in modo tale che risulta impossibile verificare compiutamente se la probabilit
di realizzazione del risultato si sarebbe, poi, tradotta o meno nel conseguimento dello
PARTE 1- SEZIONE II - CAPITOLO 4
225
stesso. Da ultimo, andr verificata l'imputazione soggettiva della condotta all' Ammini-
strazione attraverso l'individuazione della colpa, che non pu essere rinvenuta in re ipsa
nella illegittimit del provvedimento amministrativo, ma in senso ampio nella violazione
da parte dell' Amministrazione di canoni generali di condotta, quali i principi comunitari
di trasparenza e non discriminazione tra le imprese, in assenza di cause scusanti
I6
.
3.3.2. La tutela risarcitoria della chance nel nuovo rito degli appalti (art. 124
del codice del processo amministrativo)
Il tema della tutela risarcitoria della chance nel campo nevralgico degli appalti
pubblici intercettato dall'art. 124 del codice del processo che
recepisce l'abrogato art. 245-quinquies del codice dei contratti pubblici, a sua
volta introdotto dal decreto legislativo n. 53/2010 di recepimento della direttiva
ricorsi n. 77/2007.
Rinviando per approfondimenti ai 7 ss. del cap. XI della parte III, si for-
mulano in questa sede solo alcune considerazioni sulla disciplina della tutela
risarcitoria per equivalente.
La formulazione originaria della normativa di recepimento della direttiva ri- I dubbi di
legittimit
corsi (art. 245-quinquies del codice dei contratti pubblici) stabiliva che in caso di costituzionale
impossibilit - per mancanza di domanda, per proibizione di legge o per scelta sortiti
del giudice - della tutela specifica (ossia quella di condanna al conseguimento dall'originario
testo dell'art.
dell'aggiudicazione e del contratto previa declaratoria di inefficacia del contrat- 245-quinquies
to stipulato con l'aggiudicatario illegittimo: v. sez. II, cap. III, 3.3), il giudice codice .
h
d' d d f: dII' . l del contrattI
era c mmato a lsporre, su oman a e a avore e so o ncorrente avente tIto o pubblici ...
all'aggiudicazione, il risarcimento per equivalente del danno da questi subito e
provato.
Ha da subito destato pesanti dubbi la previsione che limitava la possibilit di
richiedere il risarcimento del danno al solo ricorrente avente titolo all'aggiudi-
Cazione.
I6Sui punto v. anche la recentissima pronuncia del T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 4 giugno 2010,
n,,2069, che, ritenendo la chance un bene ex se risarcibile in quanto costituente una posta auto-
\loma ed attuale del patrimonio del ricorrente, ha ritenuto che la relativa domanda di risarcimento
danno vada riconosciuta anche ove non sia provata la significativa probabilit che il ricorrente
avrebbe potuto conseguire l'aggiudicazione. Osserva infatti il Tribunale che l'interesse alla vit-
toria di un appalto, nella vita di un'impresa, va ben oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in
s, e al relativo incasso. Alla mancata esecuzione di un'opera appaltata si ricollegano "indiretti
all 'immagine della societ ed al suo radicamento nel mercato, per non dire del poten-
?iamento di imprese concorrenti che operino su medesimo target di mercato, in modo illegittimo
dichiarate aggiudicatarie della gara. In linea di massima, allora, deve ammettersi che l'impresa
Illegittimamente privata dell 'esecuzione di un appalto possa rivendicare a titolo di lucro cessante
.c/nche la perdita della possibilit di arricchire il proprio curriculum professionale. Tale danno
viene generalmente rapportato, in via equitativa, a valori percentuali compresifra 1'1% e il 5%
dell'importo globale dell'appalto da aggiudicare, depurato del ribasso offerto". Conf., Cons.
Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144.
... e superamen-
to dei dubbi
con l'art. 124
del codice del
processo
L'autonomia
temperata
dell'azione
risarcitoria
226 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
In tal guisa il risarcimento del danno veniva limitato solamente all'impresa
che avesse dimostrato la spettanza del bene finale, mentre veniva radicalmente
negata protezione al portatore di posizioni qualificabili come chance o interessi
strumentali.
Una simile limitazione di tutela dava adito a pesanti sospetti di contrasto con
il diritto comunitario e con i parametri costituzionali (si pensi all'art. 24 della
Costituzione).
Difatti, l'operatore economico, con l'assetto di tutela cos delineato, si trova-
va sostanzialmente impossibilitato, da un lato, ad ottenere la tutela in forma spe-
cifica, visto ilfavor del Legislatore per la dichiarazione di efficacia del contratto
illegittimamente aggiudicato; dall'altro, si vedeva negare, nella gran parte delle
ipotesi, la possibilit di ottenere la tutela per equivalente. In particolare alla ne-
gazione della tutela specifica prevista dalla decisione giudiziale di non decretare
l'inefficacia del contratto si accompagnava, invece della doverosa espansione in
via compensativa della tutela per equivalente, la negazione radicale anche della
tutela risarcitoria della chance in modo da plasmare un radicale vuoto di tutela
giurisdizionale.
Inoltre l'opzione legislativa si poneva in contrasto con la stessa direttiva
ricorsi, laddove, invece, si prevede che la responsabilit dell'amministrazione
possa essere fatta da qualsiasi persona lesa da una violazione, e, quindi,
non, dal solo concorrente titolare di una situazione di spettanza).
Tali dubbi sono stati dissipati, a seguito dell'abrogazione e sostituzione
della norma in questione, dall'art. 124, comma 1, del codice del processo, che
consente, in caso di negazione della tutela specifica, il risarcimento del dan-
no provato, senza pi limitare il perimetro dei danni risarcibili ai soli danni
da mancata aggiudicazione e consentendo il risarcimento anche della lesione
della chance.
Va infine osservato che, ai sensi dell'art. 124, comma 2, del codice del
processo, la condotta processuale del ricorrente che non chiede l' aggiudica-
zione del contratto valutabile ai sensi dell'art. 1227 c.c. Se si considera che
la domanda di subentro va proposta nello stesso giudizio di annullamento (e
comunque ne postula la proposizione tempestiva), viene in sostanza intro-
dotta, in coerenza con la scelta abbracciata dal nuovo codice del processo
all'art. 30 ( 7 ss.), un'autonoma temperata (o, secondo alcuni, una doppia
pregiudizialit mascherata) della tutela risarcitoria: la favorevole delibazio-
ne della domanda risarcitoria sar, infatti, significativamente ostacolata dal-
la mancata proposizione della domanda di annullamento della gara abbinata
a quella di aggiudicazione della medesima con connessa stipulazione del
contratto.
Ulteriori osservazioni sulla disciplina di cui all'art. 124 cod. proc. amm., e
segnatamente sull'indagine dell'elemento soggettivo dell'illecito dell'ammini-
strazione, saranno effettuate al successivo 4.2.1.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 227
3.4. Danno da ritardo e danno da silenzio
possono distinguersi le seguenti ipotesi di danno da ritardo, incentrate, le prime
due, sul provvedimento tardivo rispetto ai tempi procedimentali, la terza sul ri-
fiuto di provvedere; in particolare il pregiudizio lamentato pu derivare:
a) dal ritardo con cui la stessa Amministrazione ha emanato (previo o meno an- Ritardo dell'atto
nullamento del diniego originario) il provvedimento favorevole richiesto: in tale favorevole
ipotesi, il danno risarcito quello sub"to per aver avuto in ritardo il bene della
vita cui si aveva titolo;
b) dal fatto che l'Amministrazione non emani alcun provvedimento, ovvero Inerziapura
emani in ritardo un provvedimento negativo, pur se legittimo.
Nella prima ipotesi, tralasciando in questa sede il problema della pregiudi-
zialit tra giudizio d'impugnazione e giudizio risarcitorio e della necessit della
previa diffida, che saranno oggetto di specifica trattazione nella parte III, cap. IV,
sul piano dell'elemento oggettivo nulla osta all'ammissibilit della tutela risarci-
tria, stante il fatto che il conseguimento tardivo del bene della vita da parte del
privato a seguito dell'esercizio non tempestivo della funzione amministrativa
vale certamente a colorare d'illegittimit l'agere della P.A. senza necessit di
ricorrere al giudizio prognostico1
7

Questioni pi delicate si pongono invece nell'ipotesi sub b).


In particolare discussa l'ammissibilit del C.d. danno da "ritardo mero", da
identificarsi come il danno derivante al privato dalla lesione dell'interesse pro-
cedimentale
18
alla tempestiva definizione del procedimento nel termine previsto
ai sensi dell'art. 2 della L. 241/90, indipendentemente dalla lesione del bene
finale della vita al cui conseguimento era rivolta l'istanza non tempestivamente
riscontrata.
,Il problema si pone proprio nelle ipotesi in cui l'Amministrazione adotti un
provvedimento negativo in ritardo (o non emani alcun provvedimento) e il pri-
vato, in base al principio dispositivo, invece di far valere l'interesse all'otteni-
mento del bene finale della vita al quale auspicabilmente avrebbe condotto il
corretto esercizio dell'azione amministrativa, scelga di rivolgersi al giudice per
ottenere il ristoro del pregiudizio subito per effetto della mancata eliminazione
ije1le incertezze in ordine alla realizzabilit o meno di una propria iniziativa. Lo
~ t e s s o discorso vale se il ricorso per annullamento risulti infondato ma l'interes-
sato rivendichi in ogni caso il risarcimento per il ritardo in s considerato lesivo
dell'affidamento del privato circa il rispetto della certezza dei tempi come bene
in s rilevante.
17Cosl, da ultimo,Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739, in Red. amm. CDS 2011, 03. Sul
punto, v. anche Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, in Guida al diritto 2011, 12,77.
18Con riferimento alla qualificazione dell'interesse procedimentale alla tempestiva definizione del
procedimento amministrativo in termini di diritto soggettivo o d'interesse legittimo e ai conse-
guenti problemi di riparto di giurisdizione si rinvia al cap. II della sez. I.
Ad. Plen.
7/2005 esclude
il risarcimento
del ritardo puro
228 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
Secondo un'impostazione dottrinale autorevolmente recepita dalla IV sezione del Consi-
glio di Stato (ord. 875/05) "l'affidamento del privato alla certezza dei tempi dell'azione
amministrativa sembra - nell'attuale realt economica e nella moderna concezione del
C.d. rapporto amministrativo - essere interesse meritevole di tutela in s considerato,
non essendo sufficiente relegare tale tutela alla previsione e all' azionabilit di strumenti
processuali a carattere propulsivo, che si giustificano solo nell'ottica del conseguimento
dell'utilit finale ma appaiono poco appaganti rispetto all'interesse del privato a vedere
definita con certezza la propria posizione in relazione ad un'istanza rivolta all'ammini-
strazione".
Sul piano teorico il fondamento della risarcibilit del danno da "mero ritardo" viene
rintracciato o nell' adesione alla tesi della natura contrattuale della responsabilit della
P.A., che, come si visto, non richiede il giudizio prognostico sulla spettanza del bene
della vita, aprendo la strada alla risarcibilit dei meri interessi procedimentali, o nella
individuazione tra le norme che disciplinano il procedimento, accanto a disposizioni che
danno luogo a mere situazioni strumentali (come le norme in tema di partecipazione), di
norme volte a tutelare interessi sostanziali del privato, qualificabili essi stessi "beni della
vita" (tra le quali andrebbero senz'altro annoverate quelle che scandiscono la tempistica
procedimentale ).
Tale ricostruzione, peraltro, totalmente disattesa dalla decisione n. 7 del 15 settem-
bre 2005 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Ad avviso della Plenaria "il fatto dell'intervenuto riconoscimento, da parte
dell'amministrazione comunale, di aver pronunciato in ritardo [ ... ] non comporta, per
ci solo - come vorrebbe la societ ricorrente -l'affermazione della sua responsabi-
lit per danni".
Ne deriva un'impostazione secondo la quale "il sistema di tutela degli interessi pre-.
tensivi - nelle ipotesi in cui si fa affidamento (come nella specie) sulle statuizioni del
giudice per la loro realizzazione - consente il passaggio a riparazioni per equivalente
solo quando l'interesse pretensivo, incapace di trovare realizzazione con l'atto, in con-
giunzione con l'interesse pubblico, assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali
e, perci, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento .
vantaggioso per l'interessato (suscettibile di appagare un "bene della vita")"I9.
I9La prevalente giurisprudenza ha seguito l'orientamento indicato dall'Adunanza
naria con la decisione n. 7 del 2005, secondo cui non possibile accordare il risarcimento
del danno da ritardo della P.A. nel caso in cui i provvedimenti adottati in ritardo risultino dI
carattere negativo per colui che ha presentato la relativa istanza di rilascio e le statuizioni ih
essi contenute siano divenute intangibili per l'omessa proposizione di una qualunque impugnai
tiva (Cass, civ., sez. I, 29 gennaio 2010, n. 2122; T.A.R. Veneto - Venezia, sez. I, 29 gennaio
2010, n. 197). In conformit a detto orientamento, come si vedr nel prosieguo
non pacifico specie alla luce delle nuove disposizioni codicistiche, stato affermato che la
condanna della P.A. al risarcimento del danno subito dal privato per l'omesso esercizio di un
potere autoritativo nei termini prefissati dalla legge presuppone il riconoscimento del diritto.
del ricorrente al bene della vita inutilmente richiesto, che, nelle materie in cui la P.A. dispone
di ampia discrezionalit amministrativa, e non solo tecnica, non pu essere affidato ad
giudizio necessariamente pro gnostico del giudice, ma presuppone che la P.A., riesercitato
proprio potere, abbia riconosciuto all'istante il bene stesso, in questo caso riducendosi il .
cimento al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento di detto bene (Cons.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 229
Emerge in definitiva il rifiuto netto di accedere alla qualificazione del tempo come
bene ex se rilevante. E tanto in distonia con i principi comunitari che considerano la cer-
tezza dei rapporti in termini anche temporali come un bene di spessore decisivo.
3.4.1. Il danno da ritardo nella legge 69/09 (art. 2-bis della L. 241/1990) e nel
codice del processo amministrativo (artt. 30 e 133, comma 1, letto a, n. 1)
La tesi estensiva, che disancora il danno da ritardo dalla necessaria dimostrazio-
ne della spettanza del bene, cos concependo il tempo come bene e la relativa
perdita come danno, stata sposata dall'art. 2-bis della L. 241/1990, introdotto
dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.
, Il primo comma stabilisce che le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui
all 'articolo 1, comma 1-ter (ossia i privati investiti di pubblici poteri) sono tenuti
al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
La norma, poi, prevedeva al secondo comma l'attribuzione di tali controver-
sie alla giurisdizione esclusiva del G.A. e l'assoggettamento della relativa azione
al termine prescrizionale di 5 anni; tuttavia il co. 2 stato abrogato dal codice del
processo amministrativo, che si occupa della risarcibilit del danno da omesso o
rjtardato esercizio del potere amministrativo all'art. 30.
.Pi precisamente, dopo aver fissato al co. 3 in 120 giorni il termine di de-
cadenza per la proposizione della domanda risarcitoria, al co. 4 il Legislatore
codicistico prescrive che "Per il risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale
che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza do-
losa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al
comma 3 non decorre fintanto che perdura l'inadempimento. Il termine inizia
comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvede-
re" (per l'esame completo del termine decadenziale dall'azione risarcitoria v. il
sUccessivo 7.3.).
L'art. 133, comma 1, letto a, n. 1, infine, conferma la devoluzione delle con-
troversie in esame alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
20

V, 2 marzo 2009, n. 1162; T.A.R. Veneto - Venezia, sez. 1,29 gennaio 2010, n. 197, cit.;
T:;\.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 14 gennaio 2009 n. 7). In senso conforme, stato afferma-
to che allorch un provvedimento di diniego sia annullato per vizi che comunque consentono
il riesercizio del potere, se l'atto negativo viene reiterato, per ragioni diverse dal precedente, il
sopraVVenuto provvedimento negativo esclude, allo stato, la sussistenza di un danno risarcibile
". derivante dal primo provvedimento, salva la verifica degli estremi del danno in caso di annul-
lamento giurisdizionale anche del secondo provvedimento (Cons. St., ad. plen., 3 dicembre
. n: 13). La risarcibilit del danno da ritardo mero, a prescindere dalla spettanza del bene
della. vIta, stata, invece, affermata dal T.A.R. Puglia, sez. III, con sentenza 4 marzo 2009, n.
4SS;contra v. per T.A.R. Veneto - Venezia, sez. III, 23 febbraio 2010, n. 496.
giurisdizione relativa al danno da ritardo v., da ultimo, Cass., S.D., 25 marzo 2010, n. 7160,
. che come anche se in tale ipotesi a venire in rilievo un comportamento omissivo
amml11lstrazione, esso si risolve nella violazione di una norma che regola il procedimento
La tesi estensiva
nella legge di
riforma
Il tempo un
bene della vita
autonomamente
risarcibile
230 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
La normativa in parola si inserisce nella linea, gi tentata con il disegno di
legge c.d. Nicolais, propensa a riconoscere al tempo il valore di bene autonomo
della vita.
A differenza di quanto previsto nel naufragato dsegno di legge della XV legislatura, la
nuova norma prevede il risarcimento del danno ingiusto, senza specificare alcun criterio
di computo e senza prevedere alcun automatismo forfettario (come un indennizzo para-
metrato ai giorni di ritardo )21.
Si applicheranno, quindi, i normali criteri di valutazione dei danni di cui agli artt.
1223, 1226 e 1227 c.c., che l'art. 2056 c.c. rende applicabili anche all'illecito aquiliano.
La formulazione della norma sembra eliminare definitivamente ogni dubbio sulla na-
tura aquiliana dell'illecito perpetrato dalla P.A. (archiviando le pur affascinanti tesi con-
trattualistiche basate sul contatto sociale qualificato): si parla, infatti, di danno ingiusto e
di inosservanza dolosa o colposa.
La norma sembra inoltre chiarire che la lesione di una situazione giuridica soggettiva
di interesse legittimo produce comunque una situazione giuridica di diritto soggettivo al
risarcimento del danno, superando i dubbi lasciati aperti dalle sentenze della Corte Costi-
tuzionale nn. 204/04 e 191/06 (in cui si parlava genericamente del risarcimento come tec-
nica di tutela dell'interesse legittimo e di mezzo di completamento della tutela stessa).
A sostegno della ricostruzione in termini di diritto soggettivo gioca, oltre al dato te-
stuale, anche l'attribuzione delle controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, che non si renderebbe necessaria se si fosse trattato di mera tecnica di
tutela dell'interesse legittimo, in quanto gi ricompresa nella giurisdizione generale di
legittimit.
Infine, per quanto riguarda l'onere della prova, deve rimarcarsi che al privato spetta
la prova dell'elemento soggettivo in capo alla P.A.; prova che potr essere fornita anche
tramite presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c.
Per quanto riguarda il novero dei danni risarcibili, in applicazione delle nuove
coordinate normative, l'elaborazione pretori a pi recente ha confermato la tesi .
minoritaria pi "progressista" affacciatasi in giurisprudenza prima della riforma
del processo, affermando che il risarcimento da ritardo amministrativo prescin-
de dalla fondatezza dell'istanza del privato e dalla eventuale spettanza del bene
della vita a questa sottes0
22

ordinato all'esercizio del potere, con conseguente lesione di una situazione di interesse legittimo
pretensivo e non di diritto soggettivo.
21
1 principi contenuti nel d.d.l. Nicolais sono stati recepiti a livello locale dalla legge regionale
della Toscana 23 luglio 2009 n. 40, la quale prevede all'art. 16, co. 1, che taluni enti pubblici
regionali, individuati dalla norma, siano tenuti a corrispondere agli interessati che ne facciano
richiesta una somma di denaro a titolo di indennizzo per ogni dieci giorni di ritardo, salvo il diritto
al risarcimento del danno, "in caso di inosservanza del termine per la conclusione dei
menti di rispettiva competenza".
22Cos, da ultimo, C.G.A., 4 novembre 2010, n. 1368, in Corr. giur., 5/2011.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 231
A tale conclusione conducono sia la formulazione dell'art. 2-bis L. 241/90,
che la devoluzione della giurisdizione esclusiva al G.A. delle relative controver-
sie (art. 133, comma 1, lett. a), del codice del processo) oltre che la stessa possi-
bilit, prima sconosciuta all'ordinamento positivo e negata dalla giurisprudenza
prevalente, del cumulo tra azione avverso il silenzio e risarcitoria, oggi esperibili
anche congiuntamente ex artt. 32 e 117, co. 6, cod. proc. amm .. Tali disposizioni
inducono a ritenere che il tempo assurga a bene della vita autonomo, la cui le-
sione ex se rilevante ai fini risarcitori: ne deriva, pertanto, che sono ristorabili
tutte le conseguenze dannose, ivi compresi i danni non patrimoniali subiti dal ri-
corrente in ragione dell' illegittimo ritardo dell' amministrazione
23
Non potranno
essere, invece, considerati ingiusti i danni conseguenti ad un ritardo in relazione
istanze palesemente infondate o meramente pretestuose.
Peraltro, tale orientamento non pacificamente condiviso dalla giurispru-
denza, parte della quale ritiene, al contrario, che il diritto al risarcimento del
danno da ritardo amministrativo nasce solo ove sia riconosciuta (giudizialmente
ovvero dalla stessa amministrazione che emani tardivamente il provvedimento)
la spettanza del bene della vita, non potendosi invece accedere ad una idea lata di
risarcimento, conseguente al mero decorso infruttuoso del termine di legge per la
conclusione del procediment0
24

Si osserva, inoltre, che una generale conferma all'irrisarcibilit del danno da
ritardo per la mera inosservanza del termine a provvedere rinvenibile nell' at-
tuale formulazione dell'art. 30 cod. proc. amm., che espressamente prevede che
i:'lfel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il
comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei
danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attra-
verso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti". La norma, dunque, con-
fermerebbe che la pretesa risarcitoria non pu trovare soddisfazione per la sola
illegittimit del contegno della P.A. (attizio od inerte), essendo invece necessaria
un'adeguata ponderazione, anche in chiave prognostica, di tutte le circostanze
che connotano la vicenda, ivi compresa la fondatezza della pretesa sostanziale,
ch vale ad ammantare di ingiustizia il danno lamentato dal privato.
1>:Il1fine, deve in ogni caso evidenziarsi che l'adozione tardiva del provvedi-
mento da parte dell'amministrazione costituisce una "facilitazione probatoria",
anche processualmente, sull'ingiustizia del danno, che configurabi-
232
La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
le in re ipsa nell'ipotesi in cui la P.A. abbia effettivamente tardivamente ricono-
sciuto la spettanza della pretesa sostanziale cui il privato mirava
25

Sul tema v. anche sez. III; cap. Il, 5.6. e parte III, eap. IV, 3.8.
3.5. La tutela risarcitoria degli interessi formali e procedimentali dopo l'art.
21-octies della L. 241/1990
Le conclusioni della Plenaria erano gi apparse suscettibili di revisione alla luce delle
novit normative contenute nel nuovo art. 21-octies della L. 241/90 (come novellata
dalla legge 15 del 2005: v. sul tema cap. II).
In particolare l'art. 21-octies, al comma 2, esclude l'annullabilit del provvedimento
inficiato da vizi meramente formali o procedimentali qualora, per la natura vincolata
dell'atto, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso
da quello in concreto adottato; l'esclusione della tutela caducatoria, ove ricorra la mede-
sima condizione di non incidenza del vizio sul contenuto sostanziale del provvedimento,
inoltre estesa dal secondo periodo del comma 2 al vizio di omessa comunicazione di
avvio del procedimento, e dunque anche ad ipotesi di attivit discrezionale (tecnica od
amministrativa) .
Di conseguenza, di fronte ai vizi formali e procedimentali, e nell'ipotesi di mancata
comunicazione dell'avvio del procedimento, il G.A. ai fini dell'annullamento dell'atto
sar tenuto ad effettuare il giudizio sulla spettanza del bene finale della vita.
Nell'ipotesi di esito negativo di tale giudizio, al G.A. sar precluso il potere c a d u c a ~
torio e, ove si aderisca all'orientamento delle S.D. del 1999, dovrebbe afortiori esclu-
dersi anche il risarcimento del danno, proprio perch il giudizio di spettanza sarebbe
stato effettuato a monte, ai fini dell'annullamento, con esito negativo.
Tale soluzione presenta per dei gravi inconvenienti in punto di effettivit della tu-
tela giurisdizionale ai sensi degli artt. 24, 103 e 113 Cost., in quanto conduce ad una
sostanziale degradazione dei vizi formali e procedimentali che non si ripercuotano sul
contenuto sostanziale del provvedimento, a mere irregolarit, con conseguente esclusio-
ne di ogni forma di tutela.
Il superamento di tale obiezione, necessario ove voglia salvarsi il nuovo art. 21-
octies da una possibile declaratoria di incostituzionalit, richiede una revisione dei pre-
supposti della tutela risarcitoria, ed in particolare, quanto meno con riferimento ai vizi
in esame, un abbandono del paradigma aquiliano nella conformazione disegnata dalle
S.D. del 1999.
In definitiva, occorre riconoscere che l'illegittimit solo formale, pur non cagionan-
do l'annullamento, pu determinare comunque un danno risarcibile.
A tal fine sul piano teorico pare opportuno estendere al diritto amministrativo la tradi-
zionale distinzione civilistica tra regole del comportamento e regole dell'atto, cio regole
la cui violazione comporta una qualificazione in termini di illiceit del comportamento
complessivamente inteso (e dunque un problema di responsabilit per scorrettezza com-
portamentale), e regole la cui violazione comporta invece la sanzione dell'invalidit.
25Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 127l.
PARTE 1- SEZlONE ll- CAPITOLO 4
233
Paradigmatico il caso della violazione del principio di buona fede nelle trattative,
a cui normalmente, se non c' un vizio della volont, non consegue l'annullabilit del
contratto, bens la responsabilit precontrattuale per danno da interesse negativo, perch
il contratto nella sostanza non stato inciso dalla violazione di questa regola, o non
stato inciso al punto tale da giustificare o da meritare la sanzione dell'annullamento (cfr
art. 1440 c.c.).
Si pensi anche al contratto in frode ai terzi del quale ipotesi classica la doppia
alienazione immobiliare in cui il secondo acquirente acquista un bene che stato gi
venduto dal venditore, ma "furbescamente" trascrive per primo: in tali casi il contratto
perfettamente valido perch il nostro ordinamento non conosce la norma imperativa del
divieto di frode ai terzi con effetto invalidante del contratto; e tuttavia il comportamento
illecito, in considerazione della decisione del Legislatore di privilegiare la stabilit del
contratto, sanzionando diversamente sul piano della responsabilit il contegno scorretto
del contraente.
In conclusione, sembra di poter dire che l'art 21-octies una norma che amplia lo
spettro delle sanzioni: l'annullabilit non pi l'unica sanzione per il comportamento
illegittimo della Pubblica Amministrazione, ma addirittura una sanzione eccessiva,
inutile, persino dannosa nel caso di provvedimento che non sia stato inciso dalla viola-
zione della regola formale o procedimentale.
In tale ipotesi, per, il contegno illecito della P.A., in virt del principio di effettivit
della tutela giurisdizionale, deve trovare una risposta adeguata in sanzioni di tipo diverso
in primo luogo nella responsabilit della Pubblica Amministrazione per scorrettezza
procedimentale e formale che abbia cagionato un danno ed un pregiudizio al privat0
26
.
Sull'art. 2l-octies v. approfonditamente la parte III, cap. VII, 4.3. ss .. Sul danno da
ritardo v. altres parte III, cap. IV, 3.8.
3.6. Il danno da provvedimento non annullabile (art. 34, comma 3, del codice
del processo amministrativo)
S.ull
o
stesso binario si pone l'art 34, comma 3, del codice del processo, che, reci-
dendo l'equazione illegittimit-annullabilit, stabilisce che, ove l'annullamento
non sia pi utile al ricorrente ai fini del conseguimento o della difesa del bene
~ e l l a vita, il giudice si limita ad una pronuncia di dichiarazione dell'illegittimit
dell'atto a scopo solo risarcitorio.
Si rinvia per approfondimenti alla sez. II, cap. II, 6.
26Proprio la dimostrazione della sussistenza del danno, unitamente alla prova della colpa dell' Am-
ministrazione, dovr essere la chiave di volta per il riconoscimento di una responsabilit della P.A.
per la violazione degli interessi formali e procedimentali. La progressiva estensione della nozione
di danno ingiusto atta a ricomprendere anche la lesione di interessi procedimentali aventi una
portata sostanziale e non meramente strumentale. In tal modo si evita di giungere all'estremo di
cpncedere la tutela risarcitoria in ogni caso, indipendentemente dall'indagine sulla sussistenza di
una lesione sostanziale per il privato, pur diversa dall'interesse al conseguimento del bene finale
della vita.
L'orientamento
giurispruden-
ziale in tema
di colpa della
FA. prima della
sentenza delle
Sezioni Unite n.
500/1999
La svolta delle
S.U.
234 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
4. L'elemento soggettivo
Sul crinale soggettivo, l'art. 30 cod. proc. amm. prescrive la sussistenza di dolo
o colpa della P.A. con esclusivo riferimento all' "inosservanza dolosa o colposa
del termine di conclusione del procedimento" (co. 4), mentre tace sui danni di-
versi da quelli da ritardo o silenzio.
La mancata previsione di una clausola generale di colpevolezza dell' Ammi-
nistrazione, tuttavia, non sembra destinata ad addebitare la responsabilit risar-
citoria in capo alla P.A. in via oggettiva. Ed invero, al di l del riferimento alla
"valutazione del comportamento complessivo delle parti ", di cui al co. 3, in cui
sono evidentemente rinvenibili "tracce" di dolo e colpa anche dell'Amministra-
zione, non pu tacersi come la previsione di una specifica disciplina processuale
in materia risarcitoria non erode l'applicabilit in ambito amministrativo della
clausola generale di cui all'art. 2043 c.c., come ampiamente illustrato in apertura
di capitolo.
Anzi, il richiamo al paradigma dell'ingiustizia recato dal primo comma
dell'art. 30 evidenzia l'adesione al modello della tutela aquiliana, che richiede in
via generale la sussistenza del requisito soggettivo.
Ne consegue, pertanto, che, una volta riscontrata l'effettiva verificazione del
danno ingiusto, ai fini risarcitori il giudice dovr verificare anche la sussistenza
dell'elemento soggettivo dell'illecito aquiliano, sub specie di dolo o colpa della
P.A.
4.1. L'elemento soggettivo nella sentenza n. 500/1999
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 500/1999, ha superato il tradizionale
orientamento in tema di accertamento della colpa della P.A.
L'impostazione consolidata prima della sentenza n. 500, accolta anche dalle
S.V. con la sentenza 22 maggio 1984, n. 5361, riteneva, infatti, la colpa sus-
sistente in re ipsa nella stessa illegittimit processualmente accertata dell'atto
amministrativo.
Secondo questo orientamento, in altre parole, la colpa era di per s gi rav-
visabile con l'emissione (necessariamente volontaria) del provvedimento ille-
gittimo e con la sua esecuzione, indipendentemente dalla natura del vizio che
inficiava il provvedimento.
L'indirizzo in esame escludeva, inoltre, la possibilit per l'Amministrazione
di liberarsi del danno dimostrando la scusabilit dell'errore, ad esempio, perch
l'atto illegittimo era conforme ad una prassi interpretativa giurisprudenziale poi
superata o per l'oggettiva oscurit della legge da interpretare.
Ad avviso della storica sentenza n. 500/99, componente essenziale della veri- .
fica dell'illecito da illegittimo esercizio della funzione pubblica l'accertamento
del dolo o della colpa della Pubblica Amministrazione.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 235
La Suprema Corte afferma in maniera esplicita il superamento del principio
secondo il quale la colpa della struttura pubblica sarebbe in re ipsa nel caso di
esecuzione volontaria di atto amministrativo illegittimo, in quanto tale principio
_ elaborato dalla C01te con riferimento all'ipotesi di attivit illecita, per lesione
di un diritto soggettivo - non pi conciliabile con la nuova lettura estensiva
dell'art. 2043 c.c.
Si afferma infatti che l'imputazione non potr quindi pi avvenire sulla base
del mero dato obiettivo dell'illegittimit dell'azione amministrativa, ma il Giudi-
ce dovr svolgere una pi penetrante indagine, non limitata al solo accertamento
dell'illegittimit del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applica-
bile, bens estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente
(da riferirsi ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come
apparato (in tal senso, v. sent. n. 5883/1991), che sar configurabile nel caso in
cui l'adozione e l'esecuzione dell'atto illegittimo (lesivo dell'interesse del dan-
neggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialit, di correttezza,
e di buona amministrazione alle quali l'esercizio della funzione amministrativa
deve ispirarsi e che il Giudice ordinario pu valutare, in quanto si pongono come
limiti esterni della discrezionalit.
La ricostruzione dell'elemento soggettivo proposta dalle S.v. presta il fianco ad alcune,
penetranti, obiezioni.
In primo luogo, si rilevato che nella motivazione della sentenza n. 500 manca una
nozione di apparato che valga, in positivo, ad orientare l'indagine verso un centro d'im-
putazione della responsabilit agevolmente individuabile.
Infatti, secondo autorevole dottrina, un organismo amministrativo pu agire in vio-
lazione dei principi di imparzialit, correttezza e buona amministrazione sia per disfun-
zioni proprie (cattiva gestione del personale, inadeguata organizzazione, controlli interni
insufficienti, cattiva disposizione nei confronti dei privati ecc.), che per fattori imputabili
ad altro organismo amministrativo (sottodimensionamento organizzativo, mancanza di
indirizzi gestionali, insufficienza di strumenti tecnici e di mezzi economici, e cos via).
" pertanto necessario stabilire le "dimensioni" della nozione di apparato cui si rife-
risce la sentenza: se per apparato s'intende il solo organismo agente, si possono determi-
nare casi di violazione dei suddetti principi ma senza colpa; se per apparato s'intende, al
di l anche (ove necessario) delle separazioni organizzative determinate dalla distinzio-
ne delle persone giuridiche, l'insieme degli organismi pubblici comunque coinvolti dalla
condotta illecita, ogni violazione d luogo a colpa".
Sotto altro profilo stato evidenziato che la "violazione dei principi di imparzialit,
c,orrettezza e buona amministrazione", considerati dalla Cassazione indici sintomatici
della sussistenza della colpa d'apparato, si risolve nell'illegittimit del provvedimento
amministrativo per eccesso di potere, in tal modo ricadendo si nell'equivalenza illegitti-
mit/colpa, che proprio il citato rvirement ha inteso superare.
, Inappropriato apparso, in particolare, il riferimento al criterio della violazione delle
regole di "buona amministrazione", il quale potrebbe far intendere che un provvedimento
anche solo "inopportuno" possa assurgere a presupposto per la responsabilit della P.A.:
Obiezioni alla
ricostruzione
operata dalla
sentenza n.
500/99
La giurispru-
denza comuni-
taria
236 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
al contrario, ben noto che il privato non ha un interesse giuridicamente tutelato a che
la P.A. amministri "bene", con provvedimenti (non solo legittimi ma anche) opportuni,
essendo, nel nostro ordinamento, il sindacato giurisdizionale di merito un'eccezione.
Infine pu osservarsi che se si sgancia l'elemento soggettivo dallo stato psicologico
del funzionario agente, riferendolo alI "'apparato", la colpa della P.A. sembra coincidere
con la disfunzione organizzativa del plesso amministrativo cui imputabile l'adozione
o l'esecuzione dell'atto illegittimo.
Il problema che siffatta disfunzione oltre a non essere agevolmente conoscibile
dal privato, con inevitabili ricadute sul piano probatorio, potrebbe non influire affatto
sul procedimento generativo dell' atto illegittimo, con la paradossale conseguenza che
l'elemento soggettivo dell 'illecito potrebbe essere del tutto scollegato dal processo ezio-
logico che conduce alla produzione del danno.
4.2. La colpa nella giurisprudenza amministrativa successiva alla sentenza
n.500/1999
In considerazione dei rilievi sopra delineati, la giurisprudenza ha cercato di me-
glio definire l'elemento soggettivo della responsabilit della P.A. per illegittima
attivit provvedimentale.
Un ruolo non marginale in tal senso stato ricoperto dalla giurisprudenza
comunitaria in punto di responsabilit delle Istituzioni dell'Unione Europea e
delle Pubbliche Amministrazioni dei paesi membri derivante da atto giuridico
(sia di tipo normativo che amministrativo) contrario a norme comunitarie sovra-
ordinate.
La giurisprudenza comunitaria
27
ricostruisce tale responsabilit in chiave og-
gettiva, subordinandone la configurabilit al ricorrere di tre condizioni:
a) violazione di una norma comunitaria attributiva di un diritto a favore del sin-
golo;
b) carattere grave e manifesto della violazione;
c) nesso di causalit tra violazione e danno patito.
Pur escludendosi la necessit di una specifica indagine sull' elemento psico-
logico, un giudizio di valore in termini di rimproverabilit dell' Amministrazione
che emana l'atto assume indirettamente rilievo in considerazione della necessit
di valutare la gravit della violazione della norma comunitaria, desumibile da
una serie di indici sintomatici espressamente individuati
28
.
27Da ultimo, Corte Giust., sez. III, 30 settembre 2010, n. 314/09, con specifico riferimento al dan-
no da aggiudicazione illegittima: v. seguente.
28Essi (come sottolineato da Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 775) consistono: a) nel gra-
do di chiarezza e di precisione della norma violata, b) nell' ampiezza del potere discrezionale
buito all'autorit, c) nel carattere intenzionale o meno della violazione, d) nella presenza o meno
di una giurisprudenza consolidata, e) nell' eventuale novit della questione affrontata dall' Ammi-
nistrazione. v., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, in Vita noto 2011, 1,285;
Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2010, n. 2029; Casso civ., sez. III, 23 febbraio 2010, n. 4326;.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 237
A conferma di tale assunto basti considerare che, ad avviso della Corte di
Giustizia, la responsabilit sarebbe da escludersi ove, alla luce dei suddetti indici
sintomatici, l'Amministrazione sia incorsa in un errore scusabile, sul fatto o sul
precetto.
Traendo ispirazione dagli orientamenti della giurisprudenza comunitaria, il
Consiglio di Stato ha accolto una nozione "oggettiva" di colpa della P.A., che
tiene conto dei vizi che inficiano il provvedimento.
Secondo il riferito orientamento, possibile affermare la sussistenza di colpa
"d'apparato" qualora l'illegittimit del provvedimento sia stata cagionata da una
violazione "grave" di norme giuridiche; e tanto con l'estensione analogica della
norma ex art. 2236 c.c. che esclude la responsabilit dei professionisti per colpa
lieve
29

Per valutare siffatta gravit, il Consiglio di Stato richiama indici sintomatici
in tutto analoghi a quelli dettati dalla giurisprudenza comunitaria: l'ampiezza
delle valutazioni discrezionali rimesse all'organo, i precedenti della giurispru-
denza, le condizioni concrete e l'apporto eventualmente dato dai privati nel pro-
cediment0
3o

Si conclude, quindi, nel senso che se la violazione appare grave e se essa ma-
tura in un contesto nel quale all'indirizzo dell'Amministrazione sono formulati
addebiti ragionevoli, specie sul piano della diligenza e della perizia, il requisito
della colpa potr dirsi sussistente
3l
.
Anche detta impostazione non convince appieno, per almeno quattro motivi:
a) in primo luogo s'introdurrebbe indirettamente una limitazione della responsabilit
della P.A. alla colpa grave, senza un'adeguata base normativa;
b) secondariamente, si finirebbe per assegnare alla responsabilit dell'Amministrazione
una funzione prevalentemente sanzionatoria, mentre lo strumento risarcitorio preor-
dinato essenzialmente a realizzare l'effettiva protezione dell'interesse leso dall'attivit
ill(gittima;
c) inoltre, pur se normalmente le illegittimit pi gravi esprimono la colpa dell' Ammini-
strazione, non sempre vero il contrario, perch anche vizi oggettivamente meno gravi
potrebbero accompagnarsi alla colpa della P.A.;
d) infine, la colpa "va riferita al processo generativo dell'atto illegittimo, alla sua atti-
tudine a pregiudicare gli affidamenti dei privati e non alla misura della difformit dai
p{lrametri normativi che governano l'esercizio del potere amministrativo"32.
29In termini analoghi V. anche Casso civ., 5 luglio 2009, n. 16456; contra, V. tuttavia Cons. Sta-
to, sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038, in Red. amm. CDS 2010,02.
30Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2010 n. 4326.
punto, Cons. St., Sez. V, 13 aprile 2010, n. 2029. V. anche la recentissima pronuncia del
Gons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, che si occupa del tema con specifico riferimento
alla colpa da ritardo provvedimentale della P.A.
32Nel senso che la mera incertezza del dato normativo non esclude la responsabilit della P.A.,
Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162.
La colpa
sussiste solo
in ipotesi di
violazioni gravi
238
La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
L'illegittimit
dell'atto ammi-
nistrativo quale
indizio (grave,
preciso e con-
cordante) della
Tali considerazioni critiche sono state fatte proprie da un successivo orientamen_
to giurisprudenziale ad avviso del quale l'illegittimit dell'atto pu rappresenta-
re un indice (grave, preciso e concordante) della colpa dell'Amministrazione.
Di regola, quindi, in base ad un apprezzamento di frequenza statistica, il dan-
neggiato potrebbe limitarsi ad allegare l'iIlegittimit dell'atto amministrativo
in quanto essa indica la violazione di parametri che, nella generalit delle i p o ~
tesi, specificano la colpa dell'Amministrazione; in tale eventualit spetterebbe
all' Amministrazione fornire elementi istruttori (o anche meramente assertori)
per dimostrare l'assenza di colpa.
colpa dell'Am-
ministrazione
L'errore
scusabile
Il tratto che distingue la tesi in parola da quella precedentemente analizzata
proprio il ruolo attribuito alla gravit della violazione delle norme applicate
dalla P.A.: mentre nel primo orientamento la gravit diviene elemento determi"
nante per l'affermazione della colpa (cosicch se la violazione non grave non
potr mai rilevarsi la colpa dell'Amministrazione), qui la gravit rileva quale
presunzione semplice di colpa ex artt. 2727 e 2729 c.c., indice presuntivo tra i
tanti, potendosi, in teoria, affermare la responsabilit colposa anche in presenza
di violazioni non macroscopiche
33

In ogni caso, entrambe le riferite posizioni consentono all' Amministrazione
di provare l'assenza di colpa, dimostrando di essere incorsa in un errore scusa-
bile.
Per la determinazione delle ipotesi in cui, nonostante l'illegittimit dell'atto;
l'errore pu essere ritenuto scusabile, pu farsi riferimento ai risultati raggiunti
dalla giurisprudenza penale dapprima in tema di buona fede nelle contravvenzio-
ni e successivamente in tema di errore di diritto scusabile o non rimproverabile
ex art. 5 c.p., cos come riformulato a seguito della sentenza della Corte costitu.;
zionale n. 364/1988.
Secondo questa elaborazione, al fine di accertare l'inevitabilit dell'ignoran-
za o dell'erroneo convincimento del soggetto agente circa la liceit del proprio
agire, bisogna valutare il livello socio culturale e la certezza o meno del quadro
normativo di riferimento.
Ora, il primo parametro non assume alcuna rilevanza per valutare l'errore
scusabile della P.A.: la colpa, infatti, va riferita non al singolo funzionario, ma
33Con la decisione del lO marzo 20 l O, n. 1156, la V sezione del Consiglio di Stato
aderisce alla tesi secondo cui la gravit della violazione posta in essere dalla P.A. costituisce
indice presuntivo ex artt. 2727 e 2729 c.c. della sussistenza della colpa. Sul tema v. anche '
T.A.R. Lombardia - Milano, sez. III, 14 aprile 2010, n. 1043, secondo cui: l'elemento sog-
gettivo della colpevolezza va individuato con riferimento non gi ad attivit successive al
comportamento illegittimo per il quale richiesto il risarcimento, ma all' inosservanza delle
regole che presiedono lo svolgimento della gara a cui l'amministrazione si vincolata, di per
s costituente condotta colposa inescusabile, dalla quale derivata l'aggiudicazione in favore,
della concorrente anzich della ricorrente. Per un'applicazione di tale principi in materia di
silenzio amministrativo v. T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, 21 aprile 2011, n. 421, in Red.
amm. TAR 2011,04.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 239
all' Amministrazione come complesso organizzato, la quale, per definizione,
esperta nel settore in cui opera. .
Senz'altro pi utile , invece, il riferimento al secondo parametro. Esso Im-
pone, invero, di valutare se l'errata applicazione della norma sia o men? ~ m p u
tabile ad un'effettiva incertezza sul reale contenuto della stessa, desumIbIle, ad
esempio, da un conflitto giurisprudenziale ovvero da un perdurante contrasto
interpretativo tra vari organi della pubblica amministrazione.
Sul tema il Consiglio di Stato ha reputato che ai fini della dimostrazione
dell'errore scusabile, rilevante ai fini risarcitori per ritenere non sussistente
l'elemento della colpa, pu farsi riferimento alla giurisprudenza comunitaria,
la quale, pur assegnando valenza pressoch decisiva alla gravit della violazio-
ne, indica, quali parametri valutativi di quel carattere, il grado di chiarezza e
precisione della norma violata e la presenza di una giurisprudenza consolidata
sulla questione esaminata e definita dall'Amministrazione, nonch la novit di
quest'ultima, riconoscendo cos portata esimente all'errore di diritto, in analogia
all'elaborazione della giurisprudenza penale in tema di buona fede nelle con-
travvenzioni.
In questo quadro si paventa anche, in dottrina, l'applicazione analogica
(c.d. analogia iuris) del principio desumibile dall'art. 2236 c.c. in tema di
responsabilit dei prestatori d'opera intellettuale per il quale nei casi in cui
l'esercizio di un'attivit lato sensu professionale implica la soluzioni di pro-
blemi tecnici di speciale difficolt, il prestatore professionale risponde solo
per dolo o colpa grave. Tale principio potrebbe essere applicato anche alla
P.A. in quanto essa si trova spesso di fronte alla soluzione di problemi tecnici
di speciale difficolt.
L'opportunit di adottare tale regola pare, inoltre, confermata dalla disciplina
della C.d. responsabilit amministrativa, delineata dal D.L. 23 ottobre 1996, con-
vertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639, il cui art. 3 limita la responsabilit del
funzionario o amministratore alle ipotesi di dolo e colpa grave.
Accanto ad un errore scusabile sul diritto, non pu escludersi, infine, un erro-
re scusabile sul fatto. Invero, ammessa la sindacabilit delle valutazioni tecniche
110n solo sotto il profilo estrinseco e formale dell'iter logico seguito, ma anche
sotto il profilo intrinseco dell'attendibilit, non pu escludersi la rilevanza di un
eventuale errore scusabile circa la valutazione dei fatti complessi, tenuta peraltro
presente la particolare competenza tecnica che si pu e si deve esigere da un' or-
ganizzazione complessa come la pi parte degli apparati amministrativj34.
34Sul piano casistico, in tema di errore sul fatto, v. Cons. Stato, 19 settembre 2006, n. 5444, il
quale ha escluso la ricorrenza della colpa ove la situazione che aveva portato all'adozione del
provvedimento illegittimo risulti COllllotata da profili di evidente difficolt. In tema di errore sul
precetto, invece, v. Cons. Stato, sez. VI 31 marzo 2011 n. 1983, il quale ha individuato elementi
da cui desumere la presenza di un errore scusabile in grado di elidere la colpa della P.A.: a)
nella oggettiva oscurit o rilevante complessit della fattispecie; b) nella sovrabbondanza o nel
L'inversione
dell'onere
della prova: la
responsabilit
da contatto
sociale
La disciplina
codicistica
in materia di
aggiudicazione
illegittima
240 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
In conclusione, ove si accerti che l'errore in cui sia incorsa l' Amministrazio-
ne sia scusabile - perch indotto da equivocit del dato normativo, da contrasti
giurisprudenziali, da interpretazioni divergenti fomite da altri organi ammini-
strativi, dalle risultanze di istruttorie procedimentali ovvero dalla particolare
complessit della situazione fattuale - deve-essere esclusa la colpa.
In giurisprudenza si anche suggerito di porre l'onere della prova della (as-
senza di) colpa in capo all'Amministrazione: si tratta di quelle pronunce nelle
quali si afferma la natura contrattuale (in particolare: da "contatto sociale quali-
ficato") della responsabilit della P.A.
Rinviando al precedente 2.I.per i necessari approfondimenti sui caratteri
propri della responsabilit "da contatto", necessario, in questa sede, sottoli-
neare che il portato processuale della tesi contrattuale una diversa ripartizione
dell' onere probatorio tra (assunto) danneggiato e (preteso) dmmeggiante.
Infatti, l'art. 1218 c.c., dettato in tema di inadempimento contrattuale, pone
una presunzione di colpa in capo al debitore/danneggiante, che cade solo quan-
do costui dimostri che l'inadempimento dipeso da causa a lui non imputabile,
mentre il creditore/danneggiato deve solo provare l'elemento oggettivo.
Applicando i detti principi alla responsabilit della P.A. da lesione di interessi
legittimi, il privato sarebbe ammesso alla prova del danno subito, mentre alla
P.A. spetterebbe l'onere di provare l'assenza di colpa, per essere incorsa in un
errore scusabile.
4.2.1. Il risarcimento del danno negli appalti pubblici (art. 124 cod. proc.
amm.): la Corte di Giustizia conia una responsabilit di stampo oggettivo
Da ultimo, merita menzione un recensissimo arresto della giurisprudenza comu-
nitaria, la quale ha ricostruito in termini oggettivi la responsabilit dell'ammini-
strazione in materia di appalti pubblici, escludendo la rilevanza, ai fini risarcito-
ri, dell'elemento soggettivo dell'illecito.
Rinviando per l'esame esaustivo della disciplina in materia di contratti pub-
blici al cap. XI della parte III, in questa sede sufficiente richiamare brevemente
le tecniche di tutela scolpite dal codice del processo amministrativo, in sede di
recepimento della direttiva comunitaria n. 89/665, onde poi esaminare la posi-
zione sul punto assunta dalla Corte di Giustizia.
In particolare, gli artt. 121 ss. del codice del processo amministrativo preve-
dono una serie di ipotesi nelle quali il giudice deve (o pu, a seconda della gra-
vit della violazione commessa) dichiarare l'inefficacia del contratto illegittima-
mente aggiudicato, disponendone l'attribuzione in favore del ricorrente. Precisa
inoltre l'art. 124, co. 1, cod. proc. amm., che "L'accoglimento della domanda di
repentino mutamento delle norme; c) nella formulazione incerta di norme recenti; d) in contrasti
giurisprudenziali; e) nell'influenza determinante di comportamenti di terzi;j) nell'illegittimit da
successiva dichiarazione di incostituzionalit.

PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 241
conseguire l'aggiudicazione e il contratto comunque condizionato alla dichia-
razione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122.
Se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del
danno per equivalente, subito e provato ".
Il codice, dunque, prevede la possibilit di ottenere il ristoro in forma spe-
cifica mediante il conseguimento dell'aggiudicazione o del contratto; nel caso
in cui invece il giudice non disponga in favore del ricorrente il bene della vita
illegittimamente attribuito ad altri, la disposizione assicura in ogni caso all'aven-
te diritto all'aggiudicazione il ristoro per equivalente dei danni subiti, dei quali
abbia fornito adeguata prova nel corso del giudizio.
Orbene, detta disposizione stata oggetto della pronuncia della Corte di Giu-
stizia, sez. III, 30 settembre 2010, in Causa C-314/09
35
, la quale ha ritenuto che,
laddove non venga dichiarata l'inefficacia del contratto, e quindi non venga ri-
conosciuta la tutela in forma specifica ex art. 124 cod. proc. amm., il giudice
deve riconoscere al ricorrente, d'ufficio e senza necessit di prova dell'elemento
soggettivo, il risarcimento del danno subito e provato. Diversamente opinando,
secondo il giudice comunitario, il rimedio per equivalente non sarebbe una alter-
nativa valida ed effettiva rispetto a quella in forma specifica (il conseguimento
dell'aggiudicazione), che certamente opera a prescindere dalla colpa.
La Corte giunge a tale conclusione in ragione della natura del risarcimento
per equivalente contemplata dalla normativa comunitaria, e per essa dal com-
ma 1 dell'art. 124 cod. proc. amm .. Esso, infatti, non costituisce uno strumen-
to risarcitorio in senso stretto, ma una misura sostitutiva della: tutela specifica,
sostanziandosi nell'attribuzione del bene della vita "aggiudicazione-contratto"
in ragione del suo valore economico. In sostanza, quindi, non si tratta di una
domanda risarcitoria tout court, ma dell'accoglimento della stessa domanda di
adempimento spiccata dal ricorrente che chieda l'aggiudicazione del con-
tratto, con la mera sostituzione del bene della vita in senso specifico con il suo
surrogato economico. Di qui i due corollari della non necessit dell'elemento
psicologico e della non necessit di una nuova domanda.
Sulla base di tali evenienze, la Corte conclude nel senso che una normativa
nazionale non pu subordinare il risarcimento danni derivanti da violazioni della
P.A. commesse nel corso di gare d'appalto al carattere colpevole di tale violazione.
La responsabilit in materia di appalti, dunque, si configura come oggettiva, con
la conseguente impossibilit, per la stazione appaltante di dimostrare il carattere
incolpevole della violazione accertata dal G.A., dimostrando la scusabilit dell'er-
rore ed escludendo, di conseguenza, il risarcimento per equivalente del danno.
.. Data la centralit del tema, di seguito si riportano i passaggi pi importanti
pronuncia.
35 In Europa e dir. privo 2011, 1,313. La Corte di Giustizia, peraltro, era gi giunta ad analoghe
Conclusioni con la decisione 14 ottobre 2005, in causa C-275/03.
CGUE lO
settembre 2010,
in C-3l4/09
242 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
"30. Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva
89/665 debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la
quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della
disciplina sugli appalti pubblici da parte di un'amministrazione aggiudicatrice al carat-
tere colpevole di tale violazione, qualora l'applicazione della normativa in questione
sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all'amministrazione suddetta,
nonch sull'impossibilit per quest'ultima di far valere la mancanza di proprie capacit
individuali e, dunque, un difetto di imputabilit soggettiva della violazione lamentata.
31. A questo proposito, occorre anzitutto rilevare che l'art. 1, n. 1, della direttiva
89/665 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire l'esisten-
za di procedure di ricorso efficaci e, in particolare, quanto pi rapide possibile contro le
decisioni delle amministrazioni aggiudicatrici che abbiano violato il diritto dell'Unio-
ne in materia di appalti pubblici o le norme nazionali di trasposizione di quest'ultimo.
Il terzo 'considerando' della citata direttiva sottolinea, per parte sua, la necessit che
esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto o delle nor-
me suddetti.
32. Per quanto riguarda, in particolare, il mezzo di ricorso inteso ad ottenere il ri-
sarcimento dei danni, l'art. 2, n. 1, lett. c), della direttiva 89/665 stabilisce che gli Stati
membri fanno s che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all'art. 1 della medesi-
ma direttiva prevedano i poteri che permettano di accordare tale risarcimento ai soggetti
lesi da una violazione.
33. Tuttavia, la direttiva 89/665 stabilisce solamente i requisiti minimi che le pro-
cedure di ricorso istituite negli ordinamenti giuridici nazionali devono rispettare al fine
di garantire l'osservanza delle prescrizioni del diritto dell'Unione in materia di appalti
pubblici (v., in particolare, sentenze 27 febbraio 2003, causa C-327/00, Santex, Racc.
pago 1-1877, punto 47, e 19 giugno 2003, causa C-315/01, GAT, Racc. pago 1-6351, punto
45). In mancanza di una disposizione specifica in merito, spetta quindi all'ordinamento
giuridico interno di ogni Stato membro determinare le misure necessarie per garantire
che le procedure di ricorso consentano effettivamente di accordare un risarcimento ai
soggetti lesi da una violazione della normativa sugli appalti pubblici (v., per analogia,
sentenza GAT, cit., punto 46).
34. Pertanto, se indubbiamente l'attuazione dell'art. 2, n. 1, lett. c), della direttiva
89/665 rientra, in linea di principio, nell'autonomia procedurale degli Stati membri, de-
limitata dai principi di equivalenza e di effettivit, occorre nondimeno verificare se la
norma suddetta, interpretata alla luce del contesto e dell'obiettivo generali nei quali si
inscrive il mezzo di ricorso inteso al riconoscimento di un risarcimento, osti a che una
disposizione nazionale quale quella in questione nella causa principale subordini, alle
condizioni indicate al punto 30 della presente sentenza, la concessione di tale risar-
cimento al carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici
commessa dall' amministrazione aggiudicatrice.
35. A questo proposito, importante rilevare, anzitutto, che il tenore letterale degli
artt. 1, n. 1, e 2, nn. 1, 5 e 6, nonch del sesto 'considerando' della direttiva 89/665
non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far
sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteri-
stiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta,
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 243
dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di
esonero di responsabilit.
36. Tale analisi risulta corroborata dal contesto e dall'obiettivo generali del mezzo di
ricorso inteso al riconoscimento di un risarcimento, previsto dalla direttiva 89/665.
37. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, gli Stati membri, pur essendo tenuti
a prevedere mezzi di ricorso che consentano di ottenere l'annullamento di una decisione
dell'amministrazione aggiudicatrice contraria alla normativa sugli appalti pubblici, sono
legittimati, in vista dell'obiettivo di celerit perseguito dalla direttiva 89/665, a prevede-
re per questo tipo di ricorsi termini ragionevoli da osservarsi a pena di decadenza, e ci
per evitare che i candidati e gli offerenti possano in qualsiasi momento allegare violazio-
ni della normativa suddetta, obbligando cos l'amministrazione aggiudicatrice a ripren-
dere l'intera procedura al fine di rimediare a tali violazioni [v. in tal senso, in particolare,
sentenze 12 dicembre 2002, causa C-470/99, Universale-Bau e a., Racc. pago 1-11617,
punti 74-78; Santex, cit., punti 51 e 52; 11 ottobre 2007, causa C-241106, Uimmerzahl,
Racc. pago 1-8415, punti 50 e 51, nonch 28 gennaio 2010, causa C-406/08, Uniplex
(UK), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38].
38. Inoltre, l'art. 2, n. 6, secondo comma, della direttiva 89/665 riconosce agli Stati
membri la facolt di prevedere che, dopo la conclusione del contratto successiva all'ag-
giudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso
siano limitati alla concessione di un risarcimento.
39. In tale contesto, il rimedio risarcitorio previsto dall'art. 2, n. 1, lett. c), della di-
rettiva 89/665 pu costituire, se del caso, un'alternativa procedurale compatibile con il
principio di effettivit, sotteso all'obiettivo di efficacia dei ricorsi perseguito dalla citata
direttiva [v. in tal senso, in particolare, sentenza Uniplex (UK), cit., punto 40], soltanto
a condizione che la possibilit di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle
norme sugli appalti pubblici non sia subordinata - cos come non lo sono gli altri mezzi
di ricorso previsti dal citato art. 2, n. 1 - alla constatazione dell'esistenza di un compor-
tamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice.
40. Come rilevato dalla Commissione europea, poco importa al riguardo che, a
differenza della normativa nazionale esaminata nella citata sentenza 14 ottobre 2004,
Commissione/Portogallo, la disciplina in questione nel presente procedimento non fac-
cia gravare sul soggetto leso l'onere della prova dell'esistenza di una colpa dell'ammi-
nistrazione aggiudicatrice, benS imponga a quest'ultima di vincere la presunzione di
colpevolezza su di essa gravante, limitando i motivi invocabili a tal fine.
41, Infatti, quest'ultima normativa genera anch'essa il rischio che l'offerente pregiu-
dicato da una decisione illegittima di un'amministrazione aggiudicatrice venga comun-
que privato del diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da tale decisione,
ntJl caso in cui l'amministrazione suddetta riesca a vincere la presunzione di colpevolez-
za su di essa gravante. [ ... ]
45. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima que-
stione dichiarando che la direttiva 89/665 deve essere interpretata nel senso che essa osta
d una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a
motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un'ammini-
strazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui
l'applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevo-
Ricadute
applicative
244 La hltela risarcitoria dell'interesse legittimo
lezza in capo all'amministrazione suddetta, nonch sull'impossibilit per quest'ultima di
far valere la mancanza di proprie capacit individuali e, dunque, un difetto di imputabi-
lit soggettiva della violazione lamentata".
La sentenza in esame destinata ad avere un grande impatto nel nostro ordina-
mento nazionale. Le conclusioni rassegnate dal giudice comunitario, infatti, met-
tono seriamente in discussione tutta l'elaborazione giurisprudenziale nazionale,
salda nel ritenere che la responsabilit della P.A. da provvedimento illegittimo
integra un'ipotesi di responsabilit per colpa (ancorch dimostrabile mediante
semplificazioni probatorie )36.
Nonostante la sentenza in commento si occupi esclusivamente dell'ipotesi in
cui il danno lamentato dal ricorrente, e del quale chiede il ristoro, derivi dalla
violazione della normativa comunitaria sugli appalti, il principio ivi affermato
non pu che avere portata generale: non sarebbe facile giustificare, infatti, anche
sul piano dei principi costituzionali, una tutela risarcitoria dell'interesse legitti"
mo la cui intensit ed i cui presupposti mutino in funzione del tipo di disposizio-
ne violata e della "materia" cui essa si rivolge.
4.3. Il dolo
In conclusione, opportuno qualche cenno in tema di dolo. Esso, evidentemente,
rappresenta uno stato psicologico non riferibile alla Pubblica Amministrazione,
intesa come complesso organizzato, ma al singolo agente.
L'Amministrazione risponde dell'operato dei propri dipendenti in base ad un
rapporto di immedesimazione organica, per cui gli atti posti in essere da costoro
vengono ad essa direttamente imputati.
Al riguardo, si pone il problema di stabilire se e quando l'Amministrazione
sia solidalmente responsabile, a fini risarcitori, della condotta dei suoi agentP7,
ed in particolare, per quanto interessa in questa sede, dell'attivit
tale da questi realizzata.
36Sul punto, ex multis, v. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2010 n. 2384, in Urb e App., 8/2010, 956
ss., che, proprio in una fattispecie relativa al risarcimento danni da aggiudicazione illegittima, ha
condizionato il ristoro dei danni subiti dal concorrente illegittimamente escluso alla sussistenza
della colpa dell'amministrazione, nella specie individuata nella violazione dei canoni di
lit, correttezza e buona amministrazione, nonch in negligenza od in errore inescusabile nell'in-
terpretazione di norme (su detti parametri v. precedente).
37Secondo l'opinione di gran lunga prevalente, in virt del rapporto di immedesimazione orga-
nica che lega i funzionari e i dipendenti pubblici all' Amministrazione, gli atti posti in essere
dai primi nell'esercizio delle loro funzioni sono da considerare atti propri dell'ente pubblico.
Ne consegue che la Pubblica Amministrazione direttamente responsabile ex art. 2043 c.c.
nei confronti dei terzi che per effetto dei suddetti atti abbiano subito un danno ingiusto, i quali
possono agire, in base alla regola della solidariet passiva (art. 28 Cost.), indifferentemente nd
confronti dell'Amministrazione ovvero del dipendente.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 245
Sul punto, si fronteggiano essenzialmente due ...
Secondo un primo indirizzo, gli atti compiuti con il delIberato propOSItO dI cagIOnare
d
no a terzi ovvero integranti un reato comportano l'interruzione del rapporto organico
l l'
che lega il funzionario all'Amministrazione, con la che l'att? e a re
P
onsabilit sono imputabili al solo agente. Questo onentamento, pero, non spIega
res ., . h '1
come il dolo o il reato riescano ad infrangere Il rapporto orgamco, VISto c e comunque l
singolo dipendente agisce quale parte integrante dell' ente di appartenenza. .
Si allora sviluppato un criterio di riferibilit pi ampio, mutuato dall'elaborazIOne
giurisprudenziale dell'art. 2049 c.c., secondo cui la. condotta .del
all'ente pubblico tutte le volte in cui stata posta m essere m una SItuaZIOne dI
'onalit necessaria con le attribuzioni sue proprie, cosicch se l'operato del pubblIco
stato occasionato o facilitato dalle sue mansioni, a nulla rileva che questi
abbia agito con dolo o al fine di commettere un reato. ., . ,
Se invece, il comportamento non legato neppure da un nesso dI occasIOnalIta
essendo del tutto estraneo ai compiti dell' Amministrazione e alle funzioni
:ffidategli, l'unico responsabile rimane il dipendente. Questa soluzione, per i suoi so-
stenitori, quella che meglio si concilia col disposto dell'art. 28 Cost. che, cos come
formulato, impone un'interpretazione restrittiva dei casi di esonero di responsabilit
dell' Amministrazione allorch sussiste la responsabilit del suo agente. v., sull'art. 28
Cost., il successivo 9.
5. Il risarcimento del danno per equivalente e le tecniche di quantificazione
Si soliti affermare che nel nostro ordinamento vi sono due tipi di risarcimento
del danno: quello per equivalente e quello in forma specifica.
. Col primo il danneggiato ottiene una somma di denaro corrispondente al va-
lore del bene della vita perduto o leso (c.d. tantundem), mentre col secondo vie-
ne rimesso nella medesima situazione in cui si trovava prima della commissione
dell 'illecit0
38

" . La quantificazione del tantundem pone particolari problemi nel caso in cui il
privato sia titolare di una posizione d'interesse legittimo e, precisamente, ove sia
titolare di un interesse legittimo di tipo pretensivo.
i Una volta intervenuta la caducazione del provvedimento illegittimo e prima
che l'Amministrazione rieserciti i propri poteri, infatti, non pu dirsi con certez-
se al privato spetti o meno il bene della vita che all'esito del procedimento
egli sperava di ottenere.
, A partire dalla sentenza n. 500 del 1999 delle S.V., quindi, l'attenzione de-
gli operatori del diritto, una volta superato il dogma della irrisarcibilit degli
interessi legittimi pretensivi, si concentrata sull'individuazione dei criteri che
meglio conformano il ristoro pecuniario all'effettivo pregiudizio subito.
38'Per la problematica relativa alla corretta definizione del risarcimento in forma specifica v. il
sUCcessivo 6.
246 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
A riguardo, grande utilit hanno avuto, da una parte, il trapianto nel nostro or-
dinamento dell'istituto francese della c.d. chance e, dall'altra, la valorizzazione
degli interessi procedimentali.
Anche la dilatazione dei confini del danno non patrimoniale risarcibile, come
vedremo, ha consentito di riconoscere al privato un ristoro pecuniario che in
quanto non pi irragionevolmente limitato al solo danno patrimoniale
oggi molto pi vicino a quello che l'integrale pregiudizio subito. '
5.1. Gli articoli 1223, 1225, 1226 e 1227 del codice civile
Ai fini della quantificazione del danno da attivit illegittima dell' Amministra-
zione, vengono in rilievo le norme dettate dal codice civile con riferimento alla
disciplina dell'inadempimento delle obbligazioni.
Importanza centrale viene ad assumere, dunque, l'art. 1223 c.c. il quale, come
noto, positivizza il principio dell'integralit del risarcimento del danno.
In virt del citato articolo il danneggiato ha diritto al risarcimento non solo
ma anche del lucro cessante e, quindi, nel caso per esempio
dI gara 11legIttnna, non solo alle perdite derivanti dalle spese di partecipazione
ma anche all'utilit economica che non stata conseguita in conseguenza
legittimit che ha determinato la mancata aggiudicazione.
. di debito di valore il giudice quantificher il pregiudizio in con-
sideraz10ne del valore del bene perduto dal danneggiato rapportato al momento
della decisione.
A tale risultato pu pervenirsi o facendo riferimento, come base del calcolo
della liquidazione, a valori monetari dell' epoca del fatto dannoso ed applican-
do alle somme cos ottenute la rivalutazione monetaria, oppure facendo diretta-
mente riferimento a valori monetari propri del tempo della decisione; in siffatta
ultima ipotesi,. gli. interessi possono essere calcolati (dalla data dell' illecito)
somma per Il capitale, definitivamente rivalutata, mentre pos-
sIbIle determmarh con riferimento all'ammontare del danno espresso nei valori
epoca fatto e periodicamente rivalutato (in relazione ai pre-
sceltI mdlci dI svalutaz1One) oppure facendo applicazione di un indice medio nel
periodo compreso tra la data dell'illecito e quella della liquidazione del danno.
.. invece, trova applicazione solo se si qualifichi la responsa-
blhta dell AmmInIstrazione come contrattuale, l'mi. 1225 c.c. In virt di esso
il danno risarcibile, salvo il caso che il danneggiante fosse in dolo, va limitato al
solo danno prevedibile. ..
Anche l'art. 1226 c.c. viene spesso utilizzato dal giudice amministrativo. 111
virt di tale disposizione si consente la liquidazione del danno in via equitativ
ove la prova del suo preciso ammontare sia eccessivamente difficoltosa.
Si rinvia, poi, ai successivi 7. ss. per l'esame del ruolo che pu essere assun-
to dall'art. 1227, comma 2, c.c. al fine di escludere la risarcibilit dei danni che
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 247
il privato avrebbe potuto evitare impugnando tempestivamente il provvedimento
dannoso.
5.2. Il danno non patrimoniale
Nella sua originaria fonnulazione, il comma 2 dell'art. 30 prevedeva espressa-
mente che "Pu essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto
di natura patrimoniale derivante dal! 'illegittimo esercizio del! 'attivit ammini-
strativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria". Analogamente il com-
ma 4 disponeva che "Per il risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale che
il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza del! 'inosservanza dolosa o
colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma
3 non decorre fintanto che perdura l'inadempimento".
Il tenore letterale della norma, dunque, sembrava escludere inequivocabil-
mente dal proprio ambito di applicazione il risarcimento del danno non patrimo-
niale; tale scelta aveva destato numerose perplessit, non essendo giustificabile,
alla stregua dell'iter evolutivo normativo e giurisprudenziale in materia risar-
citoria, una disciplina che circoscrivesse la risarcibilit ai soli danni di natura
patrimoniale.
La questione pu tuttavia dirsi ormai risolta, atteso che nel testo definitivo
dell'art. 30 si fa riferimento alla "condanna al risarcimento del danno ingiusto",
senza precisare che esso debba avere natura "patrimoniale", il che ci induce a
pensare che il Legislatore codicistico - re melius per pensa - abbia voluto ribadi-
re la risarcibilit di qualsivoglia pregiudizio, patrimoniale o meno, che sia scatu-
rito al privato dall'esercizio o mancato esercizio del potere amministrativo.
La risarcibilit del danno non patrimoniale cagionato dalla P.A. stata d'altronde affer-
!llata sempre pi di frequente dalla giurisprudenza amministrativa degli ultimi anni.
. Per quanto riguarda il danno biologico, rare, anche se non isolate, sono le pronunce Danno
in cui i giudici amministrativi ne riconoscono l'esistenza a fronte di un agere illegittimo biologico
dell' Amministrazione.
In relazione alla quantificazione valgono le regole civilistiche, ed in particolare viene
utilizzato il criterio equitativo di cui all'art. 1226 c.c.
Per quanto riguarda il danno esistenziale, la risarcibilit stata riconosciuta, invece,
per la prima volta dal Consiglio di Stato nella decisione n. 1096 del 2005 della VI se-
zione.
Quindi con decisione 18 gennaio 2006, n. 125, la V sezione del Consiglio ha rimar-
cato che al risarcimento del danno patrimoniale, tuttora ancorato al paradigma dell'art.
2043 c.c., si accompagna il risarcimento del danno non patrimoniale, che trova tutela pi
ampia ed articolata nell'art. 2059 c.c., il quale non va pi restrittivamente interpretato
ed applicato in via esclusiva ai casi tradizionali del danno morale soggettivo (ex art.
185. c.p.), ma deve assicurare la riparazione delle ipotesi legali espresse di danno non
patrimoniale risarcibile (art. 89 C.p.C., art. 2 della L. 117/1988, art. 29 della L. 675/1996,
sostituito dall'art. 152 del D.Lgs. 196/2003, art. 44 D.Lgs. 286/1998, art. 2 della L.
Danno
esistenziale
248 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
89/2001), e delle lesioni che, incidendo sui valori (della persona) costituzionalmente
garantiti non possono non costituire figure di danno risarcibile, a prescindere dai risvolti
penalistici, non pi condizionanti.
Dalla nuova sistemazione del danno non patrimoniale (da ultimo Cass., S.D. e 11
novembre 2008, n. 26972) deriva che tale tipo di danno una categoria unitaria ampia,
nella quale trovano collocazione tutte le ipotesi di lesione di valori inerenti alla persona,
e, quindi, alla stregua di sottotipi aventi rilevanza solo descrittiva e non di categorie au-
tonome, sia il danno morale soggettivo (concretantesi nella perturbatio dell' animo della
vittima), sia il danno biologico in senso stretto (o danno all'integrit fisica e psichica,
coperto dalla garanzia dell'art. 32 Cost.), sia il c.d. danno esistenziale (o danno conse-
guente alla lesione di altri beni non patrimoniali di rango costituzionale)39.
In applicazione di dette coordinate della Corte di Legittimit, il Consiglio di Stato
(decisione sez. V, 28 maggio 2010, n. 3397), con riguardo ad una fattispecie relativa
alla revoca illegittima del provvedimento di autorizzazione all'apertura di un'edicola,
ha di recente rimarcato che per effetto della lettura evolutiva dell'art. 2059 c.c. fornita
dalla pi recente giurisprudenza della Cassazione (Cass. Civ., sez. III, 31 maggio 2003,
n. 8827 e 8828; Casso S.D., 11 novembre 2008, n. 26972; 19 agosto 2009, n. 18356);
il danno non patrimoniale deve ritenersi risarcibile non solo nei casi contemplati da
apposita previsione di legge ma anche in caso di lesione dei valori fondamentali della
persona tutelati dalle disposizioni immediatamente precettive della Carta Costituzionale.
Si in questo modo aderito ad un approccio ermeneutico che legge in senso elastico la
tipicit del danno non patrimoniale risarcibile, consentendo il ristoro del danno in caso di
lesione di valori costituzionali primari, oltretutto non confinabili ad un numerus clausus
in quanto ricavabili, in forza della clausola aperta di cui all'art. 2 della Costituzione, in"
base ad un criterio dinamico che consente di apprezzare l'emersione, nella realt sociale,
di nuovi interessi aventi rango costituzionale in quanto attinenti a posizioni inviolabili
della persona.
L'ampliamento della categoria del danno non patrimoniale, categoria unitaria non
scindibile in sottocategorie strutturalmente autonome, tuttavia compensata,
duzione di un limite ontologico e di un onere probatorio. Quanto al primo, in un quadro
interpretativo attento al contemperamento tra i principi costituzionali di solidariet e
39Venendo alla casistica, stato affermato che la condotta di mobbing del datore di lavoro, ravvi-
sabile in ipotesi di comportamenti materiali o provvedimentali contraddistinti da finalit di pere
secuzione e di discriminazione, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi contrat-
tuali, deve essere provata dal lavoratore. A tal fine valenza decisiva assunta dall'accertamento
dell'elemento soggettivo e, cio, dalla prova del disegno persecutorio (Cons. Stato, sez. IV, 21,
aprile 2010, n. 2272, in Foro it. 2010,5, III, 225). Con la stessa pronuncia, stata indicata la linea
di demarcazione fra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice ordinario, in
materia di lesione dell'integrit psicofisica del pubblico dipendente non contrattualizzato: mentre
la proposizione dell' azione contrattuale, legata alla violazione degli obblighi sanciti dall' art. 2087'
c.c., attratta alla cognizione del giudice amministrativo, quella aquiliana, legata solo .
mente al rapporto di lavoro, devoluta al giudice ordinario (cos, da ultimo, T.A.R. Lazio, sez. l,:
01 aprile 2011, n. 2907, in Red. amm. TAR 2011,04, nonch T.A.R. Lazio, sez. I-ter, 8 febbrai\>
2010, n. 130, in Guida al diritto, 8/2011, 118). Vedi Cass., sez. unite 28 gennaio 2011, n., 1897,
che ribadisce la sussistenza della giurisdizione amministrativa ove la responsabilit della P.A:
datrice di lavoro sia fatta vale a titolo contrattuale.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 249
di tolleranza, il risarcimento del danno non patrimoniale costituzionalmente qualificato
stato ammesso nei soli casi in cui la lesione del diritto costituzionale sia qualificata
dalla seriet dell'offesa e dalla gravit delle conseguenze nella sfera personale. Quanto
l secondo aspetto la Cassazione, superando la teoria del danno evento, esige che il
fornisca la prova, oltre dell'evento dato dalla sussistenza di una lesione del
diritto costituzionalmente primario che superi la soglia della tollerabilit, anche della
ricorrenza di significative ripercussioni pregiudizievoli sotto il profilo del danno con-
seguenza
40

5.3. La quantificazione del danno nella procedura di cui all'art. 34, comma
4, del codice del processo amministrativo. Si esclude l'ammissibilit di una
condanna generica
L'art. 34, co. 4, cod. proc. amm., prevede una peculiare tecnica di liquidazione
del danno in caso di condanna pecuniaria, cos statuendo: "In caso di condanna
pcuniaria, il giudice pu, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i
'Ctiteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il paga-
mento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un
accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall 'accordo concluso,
il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determi-
razione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti n.
La norma in commento, che conferma l'inammissibilit di una mera condanna generica
amministrativo, ripropone una peculiare tecnica processuale di detennina-
zione del danno introdotta dall'art. 35, comma 2, del D.Lgs. 80/98, il quale prevedeva
che il Giudice amministrativo, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva,
non addiveniva direttamente all'esatta quantificazione del danno, poteva indicare i
v'
applicazione delle coordinate esposte, il Consiglio, in adesione ai motivi di appello, non
considera ravvisabile una lesione che superi la soglia dell'apprezzabilit e, in ogni caso, non repu-
tll,assolto l'onere probatorio che grava sul danneggiato. Il Collegio reputa che il semplice ritardo,
l}e, la condotta amministrativa ha cagionato, nell'inizio di un'attivit economica (nella specie
di giornali) non evidenzi una lesione grave dei diritti primari della persona, tale da
ripercuotersi, oltre la soglia della tollerabilit, sulla qualit della vita e sulla sfera esistenziale. Nel
caso di specie, infatti, il provvedimento gravato aveva prodotto un impedimento temporalmente
,Circoscritto ad un intervallo di meno di cinque mesi, ritenuto dal collegio, in mancanza della prova
di specifici danni biologici, troppo breve per procurare danni che valichino la soglia della gravit.
l\1:JIPplcllzi<me degli stessi principi, Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, in Resp. civ.
2011,4,961, ha reputato fonte di danni giuridicamente apprezzabili il ritardo di circa due
rilascio di un permesso di costruire. Tale ritardo, secondo il Consiglio, ha compromesso
debole situazione psico-fisica del ricorrente, che stata in concreto messa duramente
da una attesa, apparsa a volte interminabile, della conclusione di un procedimento,
dipendeva la sorte dell 'unica attivit imprenditoriale in quel momento svolta. Il ritardo di
anni nella conclusione del procedimento e le gi menzionate ripetute e pretestuose richieste,
assunto l'unico scopo di dilazionare (illegittimamente) l'adozione del provvedimento
sono elementi che hanno finito per incidere sull'equilibrio psico - fisico del ricorrente,
Drrlvn.('m,rln un danno, che va quindi risarcito".
Natura
dell'accordo
e conseguenze
de/suo
inadempimento
250 La tutela risarcitoria del!' interesse legittimo
criteri in base ai quali l'Amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio do-
vevano formulare al danneggiato la proposta risarcitoria, nel rispetto di un congruo ter-
mine. Nell'ipotesi in cui l'accordo sulla proposta risarcitoria non fosse stato raggiunto,
il danneggiato avrebbe potuto nuovamente invocare l'intervento del giudice amministra-
tivo perch, nelle forme del giudizio di ottemperanza, provvedesse alla determinazione
della somma dovuta a titolo risarcitorio.
Tale meccanismo di liquidazione del quantum debeatur, come anticipato, stato
riproposto nell'art. 34 cod. proc. amm., il quale, tuttavia, ha ancorato tale forma di li-
quidazione alla mancata opposizione della parti. In tal modo il Legislatore ha recepito le
critiche pi volte mosse dalla dottrina al vecchio impianto normativo, il quale rimetteva
alla mera facolt del giudice, sia pur nelle sole materie devolute alla sua giurisdizione
esclusiva, la possibilit di "coartare" la parte soccombente del giudizio a proporre una
somma a determinazione di quanto dovuto a titolo di condanna
41

La nuova nmma, al contrario, pur estendendo tale meccanismo liquidatorio a tutte
le ipotesi di condanna della P.A., prevede la possibilit che le parti - compresa quindi
l'Amministrazione soccombente - possano proporre opposizione alla condanna parziale
emessa dal giudice, domandando che la quantificazione della somma da versare a titolo
di condanna sia determinata giudizialmente.
La motivazione della scelta normativa a favore di una condanna parziale (o incom-
pleta) risiede nella difficolt di quantificazione dei danni patiti per effetto di atti e
portamenti illegittimi o illeciti della P.A. Di qui, in uno all' inevitabile ricorso alla tecnica
equitativa di liquidazione ex art. 2056 c.c., l'incentivazione di accordi pattizi di stampo
lato sensu transattivi.
Il nuovo dettato normativo, peraltro, non chiarisce i dubbi, gi innescati dalla versio-
ne precedente della norma, quanto alla natura dell' accordo ed alle conseguenze derivanti
dal suo inadempimento.
Dalla natura dell'accordo eventualmente raggiunto dalle parti dipende, infatti, anche
la possibilit di riconoscergli natura di titolo esecutivo: l'impossibilit di assimilarlo
ad una sentenza impone una risposta negativa, con evidente deficit di tutela per il dan-
neggiato. Infatti, qualora venisse adottata dalle parti la soluzione transattiva, verrebbe a
mancare il presupposto per l'esecuzione forzata processualcivilistica: lampante , quin-
di, il rischio che un utilizzo poco ortodosso di questo strumento transattivo lo trasformi
in una sorta di via crucis per il danneggiato, privato di reali strumenti esecutivi per op':
porsi ad un'inerzia del danneggiante nel momento attuativo dell'accordo (salvi i rimedi
anche sommari per l'inadempimento contrattuale).
L'art. 34 cod. proc. amm., invece, pi chiaro con riferimento ai limiti entro i qua-
li possibile l'utilizzo del rimedio dell' ottemperanza. Il codice, infatti, ha esplicitato
come non solo il mancato raggiungimento dell'accordo, ma anche il suo inadempi-
mento consentono il ricorso al giudice dell'ottemperanza secondo le forme che la
norma richiama. In tal modo, dunque, il Legislatore codi cistico sembra aver
mato come pi che un rinvio pieno al giudizio di ottemperanza, si tratta di un rinvio .
al solo procedimento proprio di tale giudizio, senza riprendere limiti e presupposti
per la sua attivazione.
41Cos T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez., I, 5 febbraio 2010, n. 135.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 251
Non si pu infatti tacere dell' eterodossia di detta forma di ottemperanza che la norma
richiama in caso di mancato raggiungimento dell'accordo per riempire la condanna
incompleta.
In prima battuta non chi non veda come si tratti di strumento non diretto a rime-
diare all'inadempimento dello jussum contenuto nella decisione ma ad integrare, con
l'esercizio di potere di sindacato di merito proprio del meccanismo dell'ottemperanza,
il precetto incompleto della stessa con la quantificazione del danno prima rimessa alle
parti. Di inadempimento si pu parlare ove l'amministrazione non formuli la proposta,
non certo nel caso in cui la proposta non trovi consenziente il privato che pretenda cifre
esorbitanti.
Ancora, non era dubitabile (gi prima della L. 205/2000), stante l'inconcepibilit di
una condanna monca di primo grado, che a detta anomala forma di ottemperanza do-
vesse approdarsi anche per sentenze esecutive prive dell'autorit della cosa giudicata, e
che quindi il richiamo conceruesse la procedura non i presupposti dell'ottemperanza. La
contraria opinione, secondo cui l'ottemperanza in esame avrebbe richiesto il giudicato,
oltre a lasciare residuare decisioni inconcepibilmente mutilate, avrebbe dato facilmente
la stura ad appelli puramente defatigatori, con un allontanamento dei tempi della giusti-
zia sostanziale in antitesi con la ragione semplificatrice che innervava la disciplina del
1998 ed, ancor pi, quella del codice del processo.
Il problema ora risolto in senso estensivo dall'art. 112 cod. proc. amm. che allarga
anche alle sentenze esecutive, e non necessariamente passate in giudicato, il ricorso al
giudizio di ottemperanza
42

Si deve anche rilevare che, ove la condanna parziale venga pronunciata in secondo
. grado, anche il giudizio di ottemperanza anomala si svolger solo innanzi al Consiglio di
Stato, con la deroga al principio del doppio grado di giudizio (propria d'altronde anche
dell'ottemperanza in senso stretto).
La parte vittoriosa della cognizione dovr porre in essere gli adempimenti prodromi-
'ci al giudizio di ottemperanza, quali l'intimazione all'Amministrazione di provvedere
nei trenta giorni, prevista dall'art. 90 R.D. 17 agosto 1907 n. 642, e, in caso di omissione
(li statuizione o di statuizione insoddisfacente, la domanda al giudice
43
.
Sotto la vigenza dell'art. 35 D.Lgs. 80/98, il Consiglio di Stato ha chiarito che la
domanda di risarcimento non pu essere formulata per la prima volta in sede di ottem-
peranza
44
Rinviandosi ai 7. ss. per l'approfondimento dei rapporti tra risarcimento ed
'ottemperanza ed anche per l'illustrazione di soluzioni pretorie opposte, si deve in questa
sede rimarcare che, secondo il Consiglio, le peculiarit del regime scolpito dall'art. 35,
42Ante riforma, sotto la vigenza dell'art. 35 D.Lgs. 80/98, la giurisprudenza prevalente (ex multis,
TAR. Campania, 22 giugno 2009, n. 3429) riteneva tuttavia che tale rimedio giuridico speciale
la presenza dei medesimi presupposti propri dell'azione di esecuzione del giudicato:
In primis, il passaggio in giudicato della sentenza di cognizione che ha disposto il risarcimento del
danno, dovendosi escludere che l'art. 35, comma 2, secondo periodo, abbia introdotto un'autono-
<!1J.a azione di accertamento del quantum debeatur seguente una condanna generica.
R.D. 642/1907 stato abrogato dal codice del processo amministrativo, che si occupa del
,giUdizio di ottemperanza agli artt. 112 ss. Sul tema, v., pi approfonditamente, parte IV, cap. V.
Cons. St., sez. IV, lO febbraio 2001, n. 396; 8 ottobre 2001, n. 5312; sez. VI, 18 giugno
}902, n. 3332 in Dir. proc. amm., 2002, 663 ss., con commento di VALAGUZZA; contra T.A.R.
Campania, sez. I, 4 ottobre 2001, n. 4485.
Si tratta di
vero giudizio di
ottemperanza?
252 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
commi 1 e 2, del decreto n. 80/1998 (oggi art. 34, co. 4, cod. proc. amm.), si condensano
nel rendere fisiologica, probabilmente in ragione delle difficolt di liquidazione, l'op-
zione della condanna incompleta, ma non arrivano al punto di comportare la traslazione
in sede di ottemperanza di tutto il giudizio risarcitorio, indifferentemente per l'an e per
il quantum.
Alla tesi secondo la quale l'art. 35 (i.e. art. 34, co. 4, cod. proc. amm.)
be un giudizio di ottemperanza nel corso del quale - a seguito dell'annullamento del
provvedimento amministrativo strappato in sede di precedente giudizio di cognizione
- vi sarebbe, sulla base dei criteri stabiliti dal Giudice, una prima fase collaborativa
(imperniata sulla formulazione della proposta) ed una seconda in senso stretto ese-
cutiva e condannatoria (in caso di mancanza dell'accordo o della stessa proposta), i
giudici di Palazzo Spada ribattono che le attivit di condanna al risarcimento, con la
fissazione dei criteri nel rispetto dei quali deve essere formulata la proposta, sono di
competenza del Giudice amministrativo di cognizione, essendo riservato al giudizio
di ottemperanza solamente il compimento delle attivit di quantificazione del danno
in caso di mancanza di proposta e di accordo. A sostegno dell'assunto depone, in uno
con la chiarezza del dato testuale, l'osservazione che la verifica dei presupposti della
fattispecie risarcitoria complessa ex art. 2043 c.c. implica un accertamento ordinario
imperniato sul doppio grado di giurisdizione, dovendosi rifuggire scorciatoie interpre-
tative che finiscono per trasformare il risarcimento in una sorta di sanzione patrimo-
niale il cui versamento consegue, in modo quasi automatico, all'annullamento di un
provvedimento amministrativo.
Va precisato, infine, che, secondo la prevalente giurisprudenza, avallata dalla Plena-
ria nel 2009, nel processo amministrativo non sono ammissibili domande di condanna
generica ex art. 278 c.p.c. Il ricorso alla c.d. sentenza sui criteri di liquidazione del
danno ex art. 35, co. 2 (rectius, art. 34, co. 4, cod. proc. amm.), postula, infatti, che sia
stata accertata l'esistenza del danno stesso e che il giudice sia in grado di individuare i
criteri generali che fungeranno da guida per la formulazione dell'offerta da parte della
P.A. (Cons. St. sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967, secondo cui "i! meccanismo processuale
divisato dali 'art. 35 non pu essere strumentalizzato per eludere l'obbligo di allegazio-
ne dei fatti costitutivi del proprio diritto ").
Tale impostazione, peraltro, non sembra scalfita dalla riforma del processo ad opera
del codice del 2010, il quale, nel disciplinare l'azione di condannd, prevede che "Nel
determinare i! risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e i! compor-
tamento complessivo delle parti e, comunque, esclude i! risarcimento dei danni che si
sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'impugnazione,
nel termine di decadenza, degli atti lesivi illegittimi" (art. 3 O co. 3)". Inoltre in caso
di sentenza "incompleta" ex art. 34, co. 4, cod. proc. amm., resta fermo l'accertamento
dell' an e dei criteri di liquidazione della somma da parte del giudice.
6. Il risarcimento del danno in forma specifica
La possibilit per il privato di accedere a tale forma di risarcimento positi"
vamente prevista dall'art. 30, co. 2 cod. proc. amm. (gi art. 7, comma 3, L.
1034/1971) ove si prevede che "Sussistendo i presupposti previsti dal! 'articolo
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 253
2058 del codice civile, pu essere chiesto il risarcimento del danno in forma
specifica ".
Di particolare interesse appare il riferimento della norma in esame ai pre-
supposti previsti dal codice civile: il Legislatore ha cos definitivamente fugato
i dubbi che avevano animato dottrina e giurisprudenza ante riforma, le quali si
erano a lungo interrogate sui canoni applicativi dell'istituto in esame nel giudi-
zio amministrativo. Alla luce dell'esplicito richiamo all'art. 2058 c.c., dunque,
oggi concettualmente chiaro che la particolare forma di risarcimento in esame
pu essere disposta ove richiesta dal soggetto danneggiato e purch sia in tutto o
in parte possibile e non eccessivamente onerosa.
Tale previsione, come osservato nella Relazione di accompagnamento al codice, "co-
stituisce il definitivo chiarimento del fatto che con la previsione di questo istituto nel
processo amministrativo, gi avvenuta ad opera del D.Lgs. 80/1998, non si introdotta
una azione diretta ad ottenere la condanna del debitore all'adempimento di una obbli-
gazione, n un rimedio in forma specifica per l'attuazione coercitiva del diritto, ma si
inteso estendere al processo amministrativo lo stesso rimedio, di natura risarcitoria, di
cui all'art. 2058 c.c., alfine di ottenere la diretta rimozione delle conseguenze derivanti
dall'evento lesivo attraverso la produzione di una situazione materiale corrispondente
a quella che si sarebbe realizzata se non fosse intervenuto i! fatto illecito produttivo del
danno".
Si sono per tale via fugati i precedenti dubbi relativi all'applicazione dell'istituto
del risarcimento in forma specifica in ambito amministrativo, in ragione del riferimento
dell'abrogata legge T.A.R. alla "reintegrazione in forma specifica", che, secondo taluni,
avrebbero inteso introdurre nel processo amministrativo uno strumento di reintegra che
prescindeva dalla sussistenza di un danno, e non gi una diversa forma di tutela risarcito-
ria. Tale interpretazione, piegata alla necessit di individuare un addentellato normativo
!\ll'azione di condanna atipica della P.A., oggi definitivamente superata dal menzionato
art. 30, cod. proc. amm., il quale abilita l'esperibilit dell'azione di condanna atipica
nei confronti dell'amministrazione, chiarendo definitivamente, l'autonomia concettuale
ed ontologica dell'azione (reintegratoria) di condanna atipica da quella di risarcimen-
to in forma specifica, la quale recupera la sua autonoma vocazione riparatoria in virt
dell'espresso richiamo all'art. 2058 C.C.
45

Il richiamo alla disciplina civilistica, peraltro, e segnatamente ai limiti pre-


visti dal codice civile, impongono di calibrare il risarcimento in forma spe-
cifica con i principi che regolano i poteri di cognizione del giudice ammi-
nistrativo.
Deve infatti ritenersi che il riferimento alla "possibilit" di cui al 2058 cod.
civ. vada inteso nel processo amministrativo quale possibilit "giuridica", ove
cio il risarcimento in forma specifica non sia impedito dalla persistenza di un
potere discrezionale dell'amministrazione, il cui esercizio non potrebbe
45GIOVAGNOLI, Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, Milano, 2010, 225 SS.
Corollari
applicativi
254
La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
in ogni caso essere condizionato da una pronuncia di condanna del G.A., in base
al precetto di cui all'art. 31, co. 3, cod. proc. amm.
Ne consegue, quindi, che, seguendo l'approccio civilistico fatto proprio dal
codice, il rimedio destinato ad operare prevalentemente, se non solo, per gli
interessi oppositivi, ove ad essere turbato ' il legittimo godimento del bene da
parte del privato: in tal caso, infatti, possibile che l'effetto caducatorio-ripristi_
natorio lasci residuare pregiudizi ulteriori (per esempio le modifiche del bene ap-
portate durante la sua occupazione illegittima). Il giudice, pertanto, accordando
la tutela in forma specifica, potrebbe condannare l'Amministrazione a rimuovere
tali effetti pregiudizievoli, salvo il limite dell'eccessiva onerosit. E ci vale a
maggior ragione in sede di giurisdizione esclusiva, ove il privato lamenti un
danno da ingerenza nella sua sfera di diritto soggettivo, che abbia comportato
delle alterazioni eliminabili con il ripristino dello status quo ante (si pensi all'oc-
cupazione usurpativa).
Deve invece escludersi, in linea di massima, che detta tutela risarcitoria
in forma specifica possa operare per gli interessi pretensivi, con un ordine
rivolto all'Amministrazione di emanare un certo provvedimento con un deter-
minato contenuto. In tal caso, infatti, non si tratterebbe di risarcimento, ossia
di elisione del danno con un comportamento volto ad eliminare le modifiche
materiali prodotte dall'illecito, bens di un'azione di esatto adempimentQ
tesa ad ottenere la stessa prestazione originariamente dovuta ed illegittima-
mente negata (sulla questione dell' esperibilit dell' azione di condanna pub-
blicistica, o di esatto adempimento, nel nuovo processo amministrativo, v. il
cap. III).
Da ultimo, deve evidenziarsi che, con riferimento all'eccessiva onerosit di cui all'art
2058 c.c., la giurisprudenza amministrativa ha spesso richiamato il dettato di cui all'art.
2033 c.c., il quale, nel disciplinare l'esecuzione forzata degli obblighi di non fare,
individua il relativo limite, escludendo che possa "essere ordinata la distruzione dell
cosa" se questa "di pregiudizio ali 'economia nazionale" 46.
7. L'azione risarcitoria nel processo amministrativo
'\
L'emanazione di una norma ad hoc sulla tutela risarcitoria ha risolto
mente i numerosi problemi applicativi che derivavano, ante riforma del 2010,
dalla pressoch totale assenza di una disciplina processuale, anche solo di
rinvio.
46A seguito della declaratoria di incostituzionalit dell'istituto dell'acquisizione sanante di
all'art. 43 T.V. Espr., ad opera dalla sentenza della cOlie Cost., 8 ottobre 2010, n. 293, parte
dottrina invoca il disposto di cui all'art. 2933 c.c. quale limite alla restituzione in rerum natura
fondo illegittimamente occupato. Sul punto v.,junditus, parte II, cap. VII.
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 255
L l ge
infatti si limitava a prevedere all'art. 7 L. 205/2000, che "Il tribunale ammini-
a eg, , . .
t
vogionale nell 'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questlO-
stra IVO 'c- , . ..
. l tl've all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazIOne In
. .
fi a specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali". Il LegIslatore, mvece,
orm
si
era mostrato particolarmente interessato ai profili pi squisitamente processua-
non fi' . l' . t d l
li, limitandosi a dettare alcune disposizioni volte a de mIre tIpo ogia e C?nSIS e.
potere istruttorio (art. 35, D.Lgs. 80/1998), oltre che una peculIare teclllca dI
antificazione del danno nsarcibIle (art. 35, comma 2, D.Lgs. 80/1998).
qu Nessuna specifica disposizione, invece, era dettata al fine di delineare un vero e
rio rito risarcitorio, distinto da quello tradizionalmente seguito in sede di trattazione
prop " '1' d'
delle domande a carattere demolitorio. Veniva cos affidato aH mterprete I compIto I
colmare le numerose lacune di previsione del sistema.
L'art. 30 del codice del processo amministrativo, ai co. 2 ss., prevede testual-
mente che:
"2. Pu essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto di natura
patrimoniale derivante dali 'illegittin:o o
dal mancato esercizio di quella obblzgatorza. Nel caSl dl glurzsdlzzone escluslva
pu altres essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di
dvi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del codlce clvlle, puo
essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
3. L'azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi proposta entro il
termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto
si , verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva
direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte
le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque,
esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'or-
diligenza, anche attraverso l'impugnazione, nel termine di decadenza,
1egli atti lesivi illegittimi.
il risarcimento dell'eventuale danno patrimoniale che il ricorrente com-
provi di aver subito in conseguenza dell 'inosservanza dolosa o colposa del ter-
mine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre
fintanto che perdura l'inadempimento.
Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarci-
t'iJHa pu essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi
, dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. "
norma, dunque, da leggere in combinazione con il disposto del comma
'art. 7 (che parimenti fa riferimento all'autonomia della tutela risarci-
delinea un'azione risarcitoria autonoma, esperibile indipendentemente
.. ,aL.1Vl.l" del provvedimento lesivo dell'interesse legittimo. Trova in
:fuodo definitiva consacrazione la "equiparazione", in chiave di reciproca
.. tra i diversi sistemi di tutela, con l'affrancazione definitiva del
"''''<V11\J risarcitorio da una pi o meno forte "ancillarit" rispetto al paradigma
Art. 30 cod.
proc. amm.
i I
Diritto
comparato e
comunitario
256 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
caducatorio, gi peraltro messa in discussione ante riforma dalla giurispruden-
za preferibile.
L'art. 30 cod. proc. amm. ha cos definitivamente composto il contrasto tra
Cassazione e Consiglio di Stato sulla questione della C.d. pregiudizialit
ministrativa (necessit di impugnare - ed ottenere l'annullamento - dell'atto
amministrativo prima di poter conseguire il risarcimento del danno derivante
da quel medesimo atto), disciplinando espressamente l'autonomia dell'azione
di risarcimento, in coerenza con l'orientamento della Suprema Corte di
zione
47
, e, nel contempo, attribuendo una mera rilevanza, ai fini del merito della
fondatezza della pretesa risarcitoria, alla mancata impugnazione del provvedi-
mento lesivo, che potr essere valutata dal giudice al fine di ridurre o escludere
il risarcimento, attraverso un meccanismo chiaramente ispirato a quello di cui
all'art. 1227 cod. civ.
Il Legislatore sposa quindi una nozione compromissoria tra la tesi della
giudizialit pura e la tesi dell'autonomia radicale dell'azione risarcitoria.
7.1. Il Legislatore ripudia la pregiudizialit processuale ...
Quanto al primo punto, dal combinato disposto degli artt. 7 e 30 si evince il su-
peramento della tesi, inizialmente avallata dal Consiglio di Stato, secondo cui la
mancata proposizione della domanda impugnatoria precluderebbe in radice, sul
piano dell'ammissibilit, la proposizione della domanda risarcitoria.
Sotto questo aspetto la scelta legislativa condivisibile in quanto si sposa con l'evolu-
zione del sistema normativo, sul piano comparativistico ed amministrativistico.
Cominciando con le coordinate comunitarie e comparate, tutti gli Stati della
munit si fanno carico dell'esigenza di garantire la stabilit dei provvedimenti e la cer-
tezza dei rapporti giuridici da questi governati, con la previsione di termini decadenziali
per l'impugnazione (termini che in Francia, Spagna e per le istituzioni comunitarie sono
pari a 60 giorni come da noi; in Gran Bretagna di tre mesi; ed in Germania di 30 giorni,
previo ricorso amministrativo).
E tuttavia, in assenza di specifiche previsioni decadenziali riferite all'azione risarci
tori a, oggi sancite dal codice del processo, nessun ordinamento soddisfa la pure avver-
tita esigenza di stabilit dei rapporti giuridici - costituente vieppi principio generale
dell'ordinamento comunitario - con l'estensione analogica della preclusione impugna-
tori a all'autonoma tutela risarcitoria; mentre invece comune la penetrazione so stanzia:
le del problema con la reiezione nel merito di domande risarcitorie riferite a danni che
47Sul punto, da ultimo, v. Casso civ., sez. un., 6 settembre 2010, n. 19048; 16 dicembre 2010, n.
23595 e 11 gennaio 2011, n. 405. Detta ultima pronuncia ha peraltro puntualizzato che il diniego
di giurisdizione che consente il sindacato della Cassazione riscontrabile nelle sole ipotesi in cui
il Consiglio di Stato neghi la tutela risarcitoria per il solo fatto della mancata impugnazione del
provvedimento amministrativo e non anche in quelle in cui il giudice amministrativo pervenga ad .
una pronuncia sfavorevole di merito in ragione dell'assenza, in concreto, dei presupposti sostan
ziali all'uopo necessari.

PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 257
l
, 'mpugnazione sarebbero stati, in tutto o in parte, evitati. Cos solo nel Regno Unito
con 1 . f . d' bi'
. lude per l'inammissibilit della domanda in tort proposta nel con rontI el pu IC
SI eone . . ,
m
a solo in forza della espressa preVISIOne alI uopo recata dalla rule 54.3. della
powers,
parto 54 delle procedural rules. . .
Per converso, in Germania, il 839 del BGB depone per la releZIOne delle domande
'elative a danni che la vittima avrebbe evitato con il rimedio .
1 In Francia si privilegia persino il rimedio risarcitorio rispetto a quello lmpugnatono;
d ogni caso l'omessa impugnazione, non atteggiantesi a sbarramento procedurale,
e 1ll Il . l
traguardata in un' ottica assai attenta alla verifica del nesso e de a mer.ltevo ezza
di tutela. Ancora una volta, quindi, si abbraccia una prospettiva dI stampo schIettamente
sostanzialistico. .
Lo stesso ordinamento comunitario, come vivificato dalle sentenze della Corte dI
Giustizia e dello stesso Tribunale di Primo Grado, rivendica con vigore l'autonomia pro-
suale delle due tecniche di tutela (salvo che con l'azione risarcitoria non si vogliano
ces . )
elusivamente perseguire gli stessi risultati conseguibili con la tutela annullatona e con-
sidera l'omesso ricorso ai mezzi impugnatori idonei evitare il come
colposamente omissiva che si rifrange non. ment.evolezza dI tutela da valutare 1ll
concreto e non a guisa di astratta forca caudma dI matnce processuale.
La morale che emerge dalla comparazione con i principali ordinamenti europei ,
quindi, la valorizzazione forte dell' delle tutele.e la pro-
cessuale, in mancanza di norme espresse dI segno contrano, dell omessa
dell'atto dannoso, per contro apprezzabile, con tecniche cognitive particolarmente ngo-
rose, sul diverso crinale dell'eziologia, e quindi, a fini di reiezione della domanda.
Qualche accenno ai profili amministrativistici, spendendo poche parole sull'evolu-
zione del sistema che depone nel senso del superamento della pregiudizialit.
Basti osservare che predicare l'ancillarit della tutela risarcitoria rispetto alla tutela
di annullamento sostenuta dai fautori della pregiudizialit nuda e pura, sarebbe singo-
larmente in con:rotendenza rispetto alla perdita di centralit che la tutela impugnatori a
sta conoscendo nel nostro quadro normativo.
. Basti pensare che la tutela di annullamento, un tempo l'unica in un ordinamento che
onfigurava il processo amministrativo come processo sull'atto, anziyrocesso all'att?,
ora solo una delle tutele, affiancata da quella risarcitoria, da quella dI accertamento (m
tema di nullit) e da quella di verifica della spettanza del bene della vita nel giudizio sul
silenzio nonch in quello sull'accesso.
Si consideri poi che, il processo amministrativo ormai viaggia a vele spiegate verso
la penetrazione del rapporto, in cui cio la domanda alla quale rispondere non pi se
la P:A. abbia torto, bens se il privato abbia ragione. Infatti, l'annullamento, a seconda
dei casi, pu essere troppo poco (se il privato dimostra la fondatezza della pretesa so-
stanziale, in tema di atti vincolati, oltre all'annullamento dell'atto negativo occorre in-
flitti attribuirgli il bene agognato con una pronuncia di accertamento e condanna, ex art.
31 del codice del processo amministrativo) o troppo (in quanto l'annullamento sarebbe
uri'inutile vittoria di Pirro ove sia certa la reiterazione dell'atto lesivo a seguito della
Correzione del vizio formale o procedimentale ex art. 21-octies, comma 2, della legge
241 di cui si detto al cap. II 2.2.; ovvero laddove l'eliminazione dell'atto non sarebbe
HiOhea a conferire alcuna utilit sostanziale: V. art. 34, comma 3 del codice del processo
d cui si detto al capitolo II, 6).
Profili ammini-
strativistici
Considerazioni
critiche
258 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
Infine, proprio tali ultime norme, recidendo l'equazione illegittimit = annullabilit
ci ricordano che un provvedimento annullabile perch illegittimo, non
perch annullabile. Se ne ricava che, in presenza di vizi procedimentali o formali non
influenti, un provvedimento pu non essere annullabile pur essendo illegittimo (secon-
do alcuni anche invalido), e come tale capace di-recare (con l'atto e pi ancora con la
condotta a questo connessa) una lesione dell'interesse legittimo apprezzabile in sede
risarcitoria.
Non si vede allora perch, oltre che in detta fattispecie normativamente codificata, il
privato debba essere costretto ad impugnare un provvedimento anche quando sia certo
che l'annullamento non arrecherebbe alcuna utilit sostanziale (si pensi al caso in cui;
ex art. 125, comma 3, del codice del processo, la caducazione dell'aggiudicazione non
implicherebbe la risoluzione del contratto gi stipulato). Non persuade infatti, anche alla
luce delle coordinate processual-civilistiche in tema di condizioni dell'azione (specie
per quel che attiene all'interesse ad agire), la surrettizia trasformazione, che la pregiudi-
ziale induce in tali casi, del ricorso di annullamento da impugnativa volta ad un risultato
sostanziale in un visita a Canossa processualmente necessaria al solo fine di potere ri-
vendicare la tutela risarcitoria.
In definitiva, anche l'evoluzione del diritto amministrativo congiura in senso opposto
alla praticabilit di una via processualistica basata sulla pregiudiziale senza se e senza
ma, e impone di valorizzare, in armonia con le coordinate comunitarie e civilistiche, il
significato dell'omessa impugnazione nella diversa prospettiva della reiezione di do-
mande risarcitorie relative a danni che il ricorso di annullamento avrebbe plausibilmente
consentito di evitare o limitare.
7.2. . .. opta per un 'autonomia fortemente temperata della tutela risarcito-
ria ...
L'art. 30 del codice non sposa neanche il modello della piena autonomia dell' azio-
ne risarcitoria rispetto al ricorso di annullamento in quanto, pur senza richiamare
pi, diversamente dalla bozza originaria, il disposto dell'art. 1227, comma 2,
c.c., fa chiaramente riferimento al duty to mitigate sancito da tale disposizione
laddove considera che il comportamento complessivo delle parti, e in particolare
l'omesso esperimento degli strumenti di tutela previsti, sar dato valutabile ai
fini della limitazione del risarcimento. E tanto, in una logica che vede l'omessa
impugnazione non pi come preclusione di rito ma come elemento di valutazio-
ne in sede di merito ai fini della valutazione della sussistenza e della consistenza
del pregiudizio risarcibile.
Chi scrive concorda con la posizione del Legislatore, che si uniforma a rilievi gi svolti
nelle precedenti edizioni di questo manuale.
Infatti, le giuste preoccupazioni che animano i sostenitori della teoria della pregiu-
diziale - ossia la garanzia della certezza dei rapporti giuridici connessa alla stabilit
del provvedimento inoppugnato; la necessit di non premiare comportamenti scorretti
dei privati che non impugnino gli atti lesivi al solo fine di far lievitare le voci di danno
- possono essere pi coerentemente e correttamente fronteggiate, piuttosto che con la
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 259
manipolazione analogica di castrazioni processuali, per loro stessa natura dolorose ed
eccezionali, con l'utilizzo delle coordinate pi schiettamente proprie del diritto sostan-
ziale.
La domanda che sembra, in questa prospettiva, pi corretta allora non quella proces-
suale: ammissibile la domanda di risarcimento avente ad ?ggetto un danno cagionato
da provvedimento non impugnato? Ma quella sostanziale: E meritevole di risarcimento
il pregiudizio che il privato si in qualche misura auto-procurato non impugnando il
provvedimento dannoso? .. .
A favore di questo spostamento dI prospettIva depongono le coordmate comparate,
amm.inistrativistiche e civilistiche, dalle quali si evince il principio comune secondo cui
l'omessa impugnazione, piuttosto che fungere da cieco fattore di preclusione processuale
della domanda risarcitoria, rileva come condotta colposa che impedisce il risarcimento
dei danni che l'impugnazione avrebbe verosimilmente evitato, mentre neutra con rife-
rimento ai danni (invero residuali se non scolastici) che si sarebbero prodotti comunque,
rispetto ai quali cio detta condotta omissiva eziologicamente muta. Con un esito che
non una pronuncia in rito di inammissibilit ma una statuizione di merito di reiezione
della domanda; nonch con il soddisfacimento, sostanzialmente per equivalente, delle
esigenze che muovono i fautori della pregiudizialit nuda e pura.
In definitiva, le esigenze di contenimento dei danni e di preservazione della stabilit
dei rapporti pubblicistici, che abbiamo visto muovere i fautori della pregiudizi aie, sono
ampiamente soddisfatte, come rammenta la stessa Cassazione, da quella fitta rete di
sbarramento che poggia sul combinato disposto degli artt. 1223 (sono risarcibili solo
i danni costituenti conseguenze nonnali dell'illecito), 1225 (che, in mancanza di dolo,
con norma da taluno reputata estensibile anche alla materia extracontrattuale, considera
risarcibili sono i danni prevedibili) e, soprattutto 1227 comma 2 (sono risarcibili solo i
danni non evitabili nonostante un comportamento diligente del danneggiato) del codice
civile.
Dette coordinate civilistiche, ed in particolare il re ferente di cui all'art. 1227, comma
2; cod. civ., nel quadro di un sistema che esclude il risarcimento dei danni too far sul
'piano causale rispetto all'illecito, ci conducono allora ad un approdo simile a quello co-
munitario e comparato, in virt del quale l'omesso ricorso ai mezzi impugnatori idonei
;ad evitare il danno non rileva quale porta stagna che impedisce l'accesso ad ogni pretesa
r1sarcitoria ma funge da condotta colposamente omissiva che esclude la risarcibilit dei
danni che una tempestiva e diligente impugnazione avrebbe scongiurat0
48
.
Portata del
"duty to
mitigate"
Il termine
prescrizionale
ante riforma
260 La tutela risarcitoria del! 'interesse legittimo
Certo, qualche puri sta rivendicher l'antico orientamento secondo cui la mancata
attivazione di rimedi giudiziari non idonea a configurare contegno colposo (sul pia-
no della violazione dell'anglosassone duty to mitigate), ai sensi del capoverso dell'art.
1227, comma 2. Una risposta a tale critica viene alla sempre pi spiccata sensibilit della
Cassazione a sanzionare gli abusi del processo, attivi ed omissivi, con la scure dell'abu-
so del diritto, della clausola di buona fede e dell'exceptio doli generalis (v. Cass., S.D.
15 novembre 2007, n. 23726, sull'abuso processuale in caso di atomizzazione di una
pretesa creditoria unitaria; nonch Cass., sez. I, 3 maggio 2010, n. 10634, che ha stig-
matizzato la proposizione di pi ricorsi individuali in una situazione in cui sarebbe stata
praticabile la strada di un unico ricorso collettivo).
Deve precisarsi, peraltro, che la dottrina
49
tende a porre un freno all' eccessiva dilata-
zione della sfera dei doveri esigibili, circoscrivendo l'obbligo di limitare l'irrisarcibilit
dei danni prevedibili con riferimento alla sola ipotesi di mancata attivazione dello stru-
mento caducatorio da parte del danneggiato. Deve invece escludersi che il duty to miti-
gate gravi anche sull'amministrazione che ha adottato l'atto illegittimo ove, in pendenza
del termine per la proposizione dell' azione risarcitoria, il privato proponga istanza di
ritiro dell'atto illegittimo in autotutela. In tal caso non pu ritenersi che il ritiro del prov-
vedimento sia in qualche modo un atto dovuto dalla P.A., poich l'obbligo di cui all'art.
1227 c.c. non pu coartare l'attivit di autotutela: quest'ultima resta a tutti gli effetti
espressione di un potere discrezionale dell'amministrazione, in quanto tale incomprimi-
bile, neppure per particolari esigenze equitative di limitazione di danni ingiusti.
7.3 .... e sottopone la domanda risarcitoria ad un apposito termine decaden-
ziale di centoventi giorni
Quanto al termine entro cui spiccare l'azione risarcitoria, l'art. 30, comma 3, del
cod. proc. amm. dispone che "L'azione di risarcimento per lesione di interessi
legittimi proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente
dal giorno in cui il fatto si verificato ovvero dalla conoscenza del provvedi-
mento se il danno deriva direttamente da questo ".
n Legislatore, nel plasmare un regime che erode ancor pi l'autonomia ef-
fettiva della tutela risarcitoria, pone in tal modo termine alle dispute relative
al regime prescrizionale dell'azione risarcitoria che avevano animato dottrina e
giurisprudenza ante riforma, legando la proponibilit della domanda di risarci-
mento al rispetto di un termine decadenziale di centoventi giorni decorrente dal
giorno in cui il fatto dannoso si verificato o il provvedimento lesivo stato
conosciuto.
Prima della riforma ad opera del codice del processo amministrativo, il termine prescri-
zionale, al quale pacificamente si riteneva soggiacere l'azione risarcitoria, veniva indi-
viduato in cinque o dieci anni a seconda dell'accoglimento della tesi della responsabilit
aquiliana o contrattuale da contatto.
49CHIEPPA - GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, 766 SS.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 261
Quanto al dies a qua (il C.d. exordium prescriptionis), parte della giurisprudenza,
ispirandosi al principio della necessaria pregiudizialit dell'annullamento rispetto al ri-
sarcimento, riteneva che detto termine di prescrizione ex art. 2947, n. 1, c.c., decorresse,
ave si trattasse di danni da lesione di interessi legittimi, dalla pubblicazione della sen-
tenza esecutiva di annullamento e non dal successivo passaggio in giudicato. In altri, pi
corposi, precedenti si richiedeva invece il giudicato di annullamento (Cons. St., ad. pI.,
9 febbraio 2006 n. 2; Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 785).
Ad avviso della Plenaria le regole da applicare erano le seguenti:
a) la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu essere fatto valere:
art. 2935 c.c.;
b) se l'interruzione avvenuta mediante un atto che d inizio ad un giudizio o con una
domanda proposta nel corso di un giudizio, il nuovo periodo di prescrizione non decorre
fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio: art. 2945,
comma 2, c.c.
Ne conseguiva che, in base al principio di pregiudizialit amministrativa, era solo
dal passaggio in giudicato della decisione del giudice amministrativo che poteva avere
inizio il decorso del periodo di prescrizione.
Altra tesi, come accennato, faceva invece riferimento alla pubblicazione della sen-
tenza esecutiva di primo grado, posto che, pur se non definitiva, tale pronuncia caduca
retroattivamente il provvedimento e, quindi, elimina l'ostacolo ex art. 2935 c.c. alla
proposizione dell'azione costitutiva.
'. Ii punto di partenza comune ad entrambe le tesi esaminate in tema di decorrenza
del termine prescrizionale dell'azione risarcitoria da lesione di interessi legittimi, era
'adesione alla teoria della necessaria pregiudizialit. Le recenti prese di posizione della
giurisprudenza anteriore all'emanazione del codice del processo contro la pregiudizialit
amministrativa avevano fatto venire meno le basi delle ricostruzioni fin qui esposte. Ne
conseguiva, pertanto, che, venuta meno la pregiudiziale amministrativa, quale neces-
Sit di annullamento dell'atto restrittivo della sfera giuridica ai fini della proponibilit
risarcitoria per il riespandersi del diritto soggettivo, e costruito il risarci-
mento come diritto primario e autonomo, veniva indubbiamente meno quell'ostacolo
all'esercizio dell'azione, che configurava un impedimento al decorso della prescrizione
(art. 2935 c.c.).
c" In ogni caso si riteneva pacificamente che, ove fosse stata proposta domanda di an-
nullamento dell'atto amministrativo, essa sarebbe stata comunque idonea a interrompere
Ja prescrizione dell'azione di risarcimento, e che il decorso sarebbe rimasto sospeso per
la durata di quel giudizio.
.r!;
Lalscelta codicistica di assoggettare l'azione risarcitoria ad un termine decaden- Decorrenza
. l .. .. d' d Il .... 'd' h del termine
Z1a e appare IspIrata a garantIre le eSIgenze l certezza e e pOSIZIOnI gmrI IC e prescrizionale
si rapportano con il pubblico potere. In tal modo, infatti, la tutela del priva-
Eo/potenziata grazie all'abbandono della C.d. pregiudiziale amministrativa, offre
nello stesso tempo una garanzia adeguata all'esigenza di certezza nei rapporti di
diritto pubblico, che giustifica il ricorso ad un termine decadenziale.
;; 'Del resto, tale opzione non del tutto nuova per il nostro ordinamento; come
si' evidenzia nella Relazione di accompagnamento al codice, infatti, "il diritto
262 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
civile ben conosce ipotesi in cui, anche nei rapporti paritetici, viene privilegia-
ta tale esigenza di certezza con la previsione di termini decadenziali entro cui
contestare la coriformit a diritto di determinate situazioni giuridiche, la cui
scadenza preclude anche l'azione risarcitoria
5o

Coerentemente con la ricordata autonomia dell'azione risarcitoria rispetto a
quella impugnatoria il termine decorre dalla conoscenza del provvedimento solo
ove sia certa, sin da questo momento, la pur futura produzione del danno. In
caso contrario, coerentemente con le coordinate di cui all'art. 2935 c.c., il termi-
ne decorre dalla successiva conoscenza o conoscibilit del danno cagionato dal
precedente provvediment0
51

In ogni caso, per evitare che l'introduzione dell'azione risarcitoria autonoma
possa limitare le strategie difensive del cittadino in quei casi in cui egli pre-
ferisca optare per l'immediato esercizio della sola azione di annullamento per
poi valutare se sussistono i presupposti per proporre l'azione di risarcimento, il
codice prevede che, nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento, la
domanda risarcitoria possa essere formulata nel corso del giudizio o comunque
sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza
52

50A fronte di tali considerazioni, appaiono poco condivisibili le preoccupazioni di chi ritiene che la
previsione di un termine di decadenza si sostanzierebbe, di fatto, nella introduzione di una nuova
"pregiudiziale mascherata" di matrice processuale, per la natura sostanzialmente impugnatoria del
termine previsto dall'mi. 30 cod. proc. amm. In senso critico verso tale orientamento, v. CHIEPPA
GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, 743.
SILa prescrizione decorre spesso non gi dalla conoscenza del provvedimento illegittimo, bens
dalla percezione del danno da questo prodotto, momento spesso assai spostato in avanti, ex art.
2947 c.c., segnatamente in caso di danni permanenti o lungo-latenti. Sul punto v.la giurisprudenza
civile (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008 n. 581), i cui principi sono stati trasposti in ambito
amministrativo da C.G.A., sez. giur., 30 marzo 2011 n. 291, la quale ha chiarito che "L'art. 2935
C.C., nello stabilire che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu essere
fatto valere, ha riguardo solo alla possibilit legale dell'esercizio del diritto, non influendo sul,
decorso della prescrizione l'impossibilit di fatto. In particolare, il mutamento di un precedente
orientamento giurisprudenziale - cos come, in genere, le difficolt od i dubbi sulla interpretazio-
ne di una norma, ed anche l'esistenza di un vizio di incostituzionalit, non ancora rilevato, della
disposizione che disconosce un dato diritto - costituiscono altrettanti impedimenti solo fattuali, e
non legali, al! 'esercizio del diritto medesimo".
52Va messa in rilievo l'eccentricit della previsione in commento, la quale fa decorrere il termine
iniziale dei centoventi giorni per la proposizione della domanda risarcitoria dalla formazione del
giudicato di annullamento, indipendentemente da eventuali giudizi per la sua esecuzione, che pure
possono incidere significativamente sulla fonte di danno caducata in sede di cognizione. Taluni
Autori (CHIEPPA - GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2001, 741), peraltro,
ritengono che la disposizione in esame svelerebbe il sostanziale sfavore con cui il Legislatore
guarda l'esperibilit dell'azione risarcitoria autonoma, consentendo uno slittamento in avanti del
termine per l'espletamento dell'azione risarcitoria ove essa sia preceduta dall'ordinaria azione
caducatoria. E tuttavia, sul punto si osserva come la norma in questione, lungi dal tradire lo sfa-
vore del Legislatore, evidenzia al contrario l'attenzione alla sostanziale praticabilit dell' azione
risarcitoria: in mancanza della norma, infatti, il danneggiato sarebbe costretto a proporre l'azione
di risarcimento nel termine decadenziale di centoventi giorni, indipendentemente da eventuali
altre iniziative giudiziarie caducatorie e dalla pendenza del relativo processo.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4
263
Una disciplina prescrizionale espressa, poi, prevista dal co. 4 dell'art. 30
cod. proc. amm. in materia di risarcimento del danno da ritardo amministrativo,
per il quale la sospende il dei giorni
dura l'inadempImento della P.A., chIarendo tuttaVIa, che esso commCla m ogm
caso a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere
53

Il codice del processo, in definitiva, conferma il superamento della pregiudi-
zialit (sia di rito che di merito) e adotta la soluzione dell' autonomia temperata
dell' azione risarcitoria.
Emerge, quindi, una costruzione della disciplina del risarcimento degli inte-
ressi legittimi in termini di tutela e non di diritto al risarcimento. Ci differenzia
in modo sostanziale questa tutela da quella risarcitoria tipica, che, a stare al co-
dice civile, non conosce termini di prescrizione inferiori all'anno e non ammette
deroghe all'istituto dell'interruzione.
7.3.1. La giurisprudenza non condivide l'opzione codicistica: il T.A.R. Sicilia
solleva questione di legittimit costituzionale dell'art. 30, co. 5, cod. proc.
amm.
Quanto sin qui esposto, lungi dal costituire un definitivo e sicuro punto di ap-
prodo sul regime decadenziale a cui soggiace l'azione risarcitoria, stato messo
in discussione da una recentissima ordinanza del T.A.R. Sicilia
5
4, la quale ha
rimesso alla Consulta la questione di legittimit costituzionale dell'art. 30, co. 5,
cod. proc. amm. per violazione degli artt. 3, 24, 103 e 113 Cost., nella parte in cui
prevede un termine di decadenza di 120 giorni per la proposizione dell' azione
risarcitoria nei confronti della P.A. decorrente dal giudicato di annullamento del
provvedimento amministrativo illegittimo.
Le ragioni dell'asserita incostituzionalit della norma censurata sono essen-
zialmente due.
Innanzi tutto, i giudici rimettenti reputano irragionevole la previsione di un
brevissimo termine decadenziale per l'esperimento dell'azione in luogo dell'or-
dinario termine di prescrizione quinquennale.
Il T.A.R. siciliano ritiene senz'altro condivisibile la determinazione di un
breve termine decadenziale per l'esperimento di azioni che altrimenti esporreb-
bero a pericolo il fondamentale principio della di certezza dei rapporti giuridici
coinvolgenti la P.A. E tuttavia, osserva l'ordinanza di rimessione, la fattispecie
S3Tale soluzione, seppure dettato da evidenti esigenze di certezza del diritto, stata da pi parti
contestata, in quanto contraddittoria con la stessa relazione governativa, che qualifica il danno
da ritardo quale illecito permanente dell'amministrazione, con la conseguente ontologica in-
compatibilit con la previsione di un termine decadenziale, sia pur pi lungo rispetto a quello
previsto per l'ordinaria azione risarcitoria. Sul punto v. CHIEPPA - GIOVAGNOLI, Manuale di diritto
amministrativo, Milano, 2011, 759.
54T.A.R. Sicilia, sez. I, Palermo, ord. 7 settembre 2011 n. 628.
T.A.R. Sicilia
628111
Le ragioni di
incompatiblit
costituzionale
dell'art. 30, co.
5, cod. proc.
amm.
Gli ulteriori
problemi
applicativi:
entro quale
termine va
proposta
razione
risarcitoria?
264 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
richiamata dal coma 5 dell'art. 30 non presenta affatto di certezza e stabilizza-
zione dei "rapporti amministrativi", a fronte di un giudicato di annullamento
che, per definizione, stabilizza definitivamente un assetto di interessi e quindi
non espone a pericolo di incertezze giuridiche derivanti da successive domande
risarcitorie, che rilevano in concreto "solo sul piano della reintegrazione patri-
moniale dello spostamento di ricchezza conseguente all 'illecito". In definitiva
dunque, l'esistenza di un giudicato di annullamento "azzera" la fonte del
to amministrativo portato alla cognizione del giudice amministrativo, rendendo
del tutto superfluo (anzi, controproducente sul piano dell'effettivit della tutela),
la previsione di un termine decadenziale.
In secondo luogo, il Tribunale rimettente sottolinea come la previsione nor-
mativa censurata opera un'inaccettabile sovrapposizione tra tutela caducatoria e
tutela risarcitoria, consentendo per entrambe l'esperibilit entro stringenti termi-
ni di decadenza. In tal modo viene completamente azzerata la complementariet
del rimedio risarcitorio rispetto a quello demo litorio , in palese violazione dei
principi costituzionali di effettivit e pienezza della tutela giurisdizionale che sta
alla base della stessa tutela risarcitoria autonoma rispetto al giudizio caducato-
rio, invocata dalla giurisprudenza dell'ultimo decennio ed affermata con forza
dal codice del processo (v. 7.1. ss.).
Sul piano positivo, peraltro, tali considerazioni sono corroborate da quanto
previsto dall'art. 30, comma 3, cod. proc. amm., che disciplina l'azione di ri-
sarcimento autonoma, proposta nella diversa ipotesi in cui l'atto amministrati-
vo dannoso sia divenuto inoppugnabile in ragione dell'infruttuoso decorso del
termine di impugnazione. In tal caso, infatti, il definitivo consolidamento del
provvedimento richiede necessariamente la previsione di un limite temporale
all'esperimento di iniziative risarcitorie per rispondere all'esigenza di certezza
del rapporto amministrativo che continua a vivere nel provvedimento dannoso ..
La questione di legittimit sollevata dal T.A.R. siciliano particolarmente delicata,
poich l'incostituzionalit della nonna censurata, ove dovesse essere confermata dalla
Corte Costituzionale, provocher un vuoto nonnativo che sar assai arduo riempire in
sede interpretativa. In assenza di una nomla specifica sul tennine (decadenziale o di pre-
scrizione) entro cui esercitar l'azione, a quale tennine va assoggettata la domanda risare
citoria? Taluno ha paventato un ritorno al vecchio regime di prescrizione quinquennale;
decorrente dal giudicato di annullamento, dell'azione da illecito aquilano, cos come
individuato dalla Corte Costituzionale
55
e consolidato dalla giurisprudenza successiva
(v. supra).
A ben vedere, tuttavia, tale soluzione non sembra praticabile alla luce del nuovo dio,
sposto del codice del processo amministrativo
56
La proponibilit della domanda risarci"
55Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006
561n tal senso L. D'ANGELO, Dubbi sulla nuova e "stringata" tutela risarcitoria degli interessi legit-
timi prevista dal c.p.a., nota a all'ordinanza T.A.R. Sicilia, sez. 1, Palermo, 7 settembre 2011 n. 628.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 265
toria anche in via autonoma (art. 30, co. 1, cod. proc. atnm.), senza il necessario transito
per il previo annullamento del provvedimento dannoso, sposta all'indietro il termine per
l'esercizio dell'azione risarcitoria, che decorre sempre dall'adozione dell'atto e dalla sua
conoscenza in capo al privato (ex art. 30, co. 3, cod. proc. amm.) e non gi dalla sen-
tenza definitiva di annullamento del provvedimento, che resta, in ragione dell' affennata
autonomia delle due azioni, del tutto estranea (sul piano sostanziale e processuale) alla
vicenda risarcitoria.
In definitiva, dunque, scomparirebbe la possibilit di iniziative risarcitorie spiccate
dopo il giudicato caducatorio, dovendosi ritenere gi decorso il termine di decadenza
per l'attivazione delle stesse. Tanto, con buona pace del disposto di cui all'art. 112, co.
3, cod. proc. amm., che consente l'esperimento della domanda risarcitoria ben dopo il
giudicato di annullamento, finanche in sede di ottemperanza.
7.4. La Plenaria (decisione 23 marzo 2011, n. 3) fa il punto sulla pregiudi-
ziale amministrativa.
Sul tema della pregiudizi aIe amministrativa intervenuta l'Adunanza Plenaria
ael23 marzo 2011 n. 3, la quale, investita della questione relativa ai rapporti
domanda di annullamento e domanda di risarcimento da lesione di interessi
legittimi a seguito di un provvedimento amministrativo inoppugnato, ha fatto il
punto sulla vexata quaestio della azionabilit dello strumento risarcitorio in via
, autonoma, verificando la tenuta dei risultati esegetici ed interpretativi cui pervie-
luce delle disposizioni introdotte dal codice del pocesso amministrativo.
;, Data la centralit della decisione, nel presente paragrafo si proceder ad un
puntuale della pronuncia, indagandone analiticamente gli snodi motiva-
z\onali e riportandone i passaggi essenziali.
l!,a,Plenaria, in particolare, provvede alla ricognizione della disciplina contenuta nel co-
die del processo amministrativo, il quale contiene, come pi volte anticipato, un' espres-
S.a disciplina sul punto all'art. 30, co. 1, cod. proc. amm. La norma prevede l'esperibilit
anche in via autonoma dell'azione risarcitoria entro il tennine di decadenza di cento-
decorrente dal giorno in cui il fatto si verificato ovvero dalla conoscenza
se il danno deriva direttamente da ques;o. La disciplina positiva,
d.\1.n,que, inequivoca nello sganciare lo strumento risarcitorio da quello caducatorio,
. la conseguente piena autonomia processuale della relativa azione, la quale, lungi
. 'essere avvinta da un vincolo ancillare di stretta consequenzialit attizia rispetto alla
in rerum natura del provvedimento lesivo, deve invece essere sindacata in
giudiziale indipendentemente dalle vicende caducatorie dell'atto
57

Preso atto della consacrazione positiva dell'autonomia processuale delle azioni, la


. osserva come tale principio, diretta attuazione dei principi costituzionali e co-
". in materia di pienezza ed effettivit della tutela giurisdizionale, non foriera di
. sostanziale indipendenza tra tutela caducatoria e risarcitoria.
C.G.A. 25 gennaio 2011, ll. 80.
Il processo
amministrativo
quale giudizio
sostanziale sul
rapporto
266 La hltela risarcitoria dell'interesse legittimo
Le esigenze di preservazione della stabilit dei rapporti pubblicistici e di prevenzio_
ne di comportamenti opportunistici, perseguite dalla giurisprudenza ante riforma con
l'affermazione del principio della pregiudizialit, possono infatti essere soddisfatte con
l'applicazione delle norme di cui agli artt. 1223 e SS. c.c. in materia di causalit giuridica,
con la conseguente irrisarcibilit dei danni evitabili con un comportamento diligente del
danneggiato.
Ed infatti, "il codice, pur negando la sussistenza di una pregiudizialit di rito, ha
mostrato di apprezzare, sul versante sostanziale, la rilevanza eziologica dell'omessa
impugnazione come fatto valutabile alfine di escludere la risarcibilit dei danni che,
secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, sarebbero stati presumibilmente evitati in
caso di tempestiva reazione processuale nei confronti del provvedimento potenzialmente
dannoso".
Sul punto, la Plenaria osserva che l'art. 30, co. 3 cit., "pur non evocando in modo
esplicito il disposto dell'art. 1227, co. 2, c.c., afferma che l'omessa attivazione degli
strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle
parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buonafede e del principio di solidarie-
t, aifini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligen-
za. E tanto in una logica che vede l'omessa impugnazione non pi come preclusione di
rito ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza
e consistenza del pregiudizio risarcibile f. . .}.
Operando una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalit giuridica e
di principio di auto-responsabilit, il codice del processo amministrativo sancisce la
regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omis-
siva, contraria al principio di buonafede ed al parametro della diligenza, che consenta
la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della
causalit civile imperniato sulla probabilit relativa, recide, in tutto o in parte, il nesso
casuale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle con-
seguenze dannose risarcibili. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente
causale, dell 'omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilit di
danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello
strumento di tutela specifica predisposto dal!' ordinamento a protezione delle posizioni
di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi".
Detta soluzione, ispirata ad un'evidente esigenza di effettivit di tutela, che sarebbe
irragionevolmente compressa dalla castrazione processuale di domande risarcitorie non
consequenziali all'azione caducatoria, armonica con la pletora di disposizioni che si in-
seriscono nello stesso trend di pienezza della tutela innanzi al G.A.. L'intera produzione
nonnativa degli ultimi dieci anni, a partire dalla L. 205/2000, fino ai pi recenti n t e r v e n ~
ti normativi che hanno consentito un'indagine sostanzialistica sull'istanza di giustizia
del privato, finalizzata a superare il modello dell' esclusivit della tutela impugnatoria
e la conseguente ammissione di strumenti anche dichiarativi e di condanna. Si pensi, ad
esempio, all'effetto ostativo alla caducazione del provvedimento dei C.d. "vizi formali"
di cui art. 21-octies L. 241/90; nello stesso solco, poi, si pone l'art. 34, co. 3, cod. proc.
amm., il quale, in maniera esattamente speculare a quanto stabilito dal citato art. 21-
ocites stabilisce che "quando nel corso del giudizio l'annullamento del provvedimento.
non risulti pi utile per il ricorrente il giudice accerta l'illegittimit dell'atto se sussiste
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 267
/'interesse a fini risarcitori". In definitiva, dunque, il Legislatore sposta l'indagine sul
rapporto tra azione di danno e domanda di annullamento dal terreno processuale al pia-
no sostanziale, pervenendo alla conclusione che la mancata promozione della domanda
ill1pugnatoria non pone un problema di ammissibilit dell'actio damni ma idonea ad
incidere sulla fondatezza della domanda risarcitoria, incidendo sul piano della causalit
giuridica ex art 1223 c.c., mediante l'apprezzamento in concreto delle possibili aree di
interferenza tra rimedio impugnatorio e azione risarcitoria.
, Il limite al risarcimento del danno in caso di mancato esperimento della domanda
caducatoria, assimilabile secondo il Consiglio di Stato a tutte le ipotesi di ingiustifi-
cata inerzia del danneggiato dal provvedimento (come nel caso di omessa attivazione
dei ricorsi amministrativi e l'assunzione di atti di iniziativa finalizzati alla stimolazio-
ne dell'autotutela amministrativa), trova un addentellato normativo nel disposto di cui
all'art. 1175 c.c. e nel correlato principio di solidariet di cui all'art. 2 Cost. Esso, poi,
rinviene un omologo nel codice dei contratti pubblici, il cui art. 233-bis, nel disciplinare
l'istituto dell'informativa in ordine all'intento di proporre ricorso giurisdizionale, stabi-
lisce che l'omissione di detta comunicazione, finalizzata alla stimolazione dell'autotute-
la, costituisce comportamento valutabile ai sensi dell'art. 1227 c.c ..
Con specifico riferimento a tale ultima disposizione, osserva la Plenaria, "la nor-
ma introduce un giudizio basato sulla cd. causalit ipotetica, in forza del quale non
deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato
il comportamento collaborativo cui tenuto, secondo correttezza. Si vuole, a questa
stregua, circoscrivere il danno derivante dall 'inadempimento entro i limiti che rap-
prr:;sentano una diretta conseguenza dell'altrui colpa f. . .}. L'articolo 1227, capo-
verso, costituisce allora applicazione del pi generale principio di esclusione della
responsabilit ogni volta in cui si provi, in base ad un giudizio ipotetico pi che stret-
tamente causale, che il danno prodottosi non rappresenta una perdita patrimoniale
per il creditore o per il danneggiato in quanto l'avrebbe egualmente subita o perch
avrebbe potuto evitarla.
La giurisprudenza e la dottrina hanno nel tempo dilatato, in sede interpretativa,
{a portata ed i corifni dell 'impegno cooperativo gravante sul creditore vittima di un
altrui comportamento illecito. Risulta cos superato il tradizionale indirizzo restrittivo
!lecondo il quale il canone della "diligenza" di cui ali 'art. 1227, comma 2, imporrebbe il Art. 1227,
l11ero obbligo (negativo) del creditore di astenersi da comportamenti volti ad aggravare co. 2, c,c,
M,danno, mentre esulerebbe dallo spettro degli sforzi esigibili la tenuta di condotte di
(iPR positivo sostanziantisi in un facere. La giurisprudenza pi recente, muovendo dal
presupposto che la disposizione in parola non formula meramente ricognitiva dei prin-
lPi che governano la causalit giuridica consacrati dali 'art. 1223 c.c. ma costituisce
qytonoma espressione di una regola precettiva che fonda doveri comportamentali del
,reditore imperniati sul canone dell 'auto-responsabilit, ha, infatti, adottato un 'inter-
pretazione estensiva ed evolutiva del comma 2 dell'art. 1227, secondo cui il creditore
f,.gravato non soltanto da un obbligo negativo (astenersi dall'aggravare il danno), ma
af/Che da un obbligo positivo (tenere quelle condotte, anche positive, esigibili, utili e
J;ossibili, rivolte a evitare o ridurre il danno) f. . .}.
Un limite all'obbligazione cooperativa e mitigatrice del creditore e agli sforzi in
c.apo allo stesso esigibili , peraltro, rappresentato dalla soglia del c.d. apprezzabile
sacrificio: il danneggiato tenuto ad agire diligentemente per evitare l'aggravarsi
268 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
del danno, ma non fino al punto di sacrificare i propri rilevanti interessi personali e
patrimoniali, attraverso il compimento di attivit complesse, impegnative e rischiose:
L'obbligo di cooperazione gravante sul creditore, espressione del dovere di corret,
tezza nei rapporti fra gli obbligati, non comprende, pertanto, l'esplicazione di attivi-
t straordinarie o gravose attivit, ossia un ''facere'' non corrispondente al! 'id quod
plerumque accidit".
Orbene, secondo la pronuncia in esame, nel novero dei comportamenti esigibili dal
destinatario di un provvedimento lesivo sussumibile, ex art. 1227, co. 2, c.c., "anche
laformulazione, nel termine di decadenza, della domanda di annullamento, quante volte
l'utilizzazione tempestiva di siffatto rimedio sarebbe stata idonea, secondo il ricordato
paradigma della causalit ipotetica basata sul giudizio probabilistico, ad evitare, in
tutto o in parte, il pregiudizio".
Il principio dell'insindacabilit delle scelte giudiziarie, al di l dei limiti e dei divieti
puntualmente stabiliti, infatti interessato da un graduale ma chiaro superamento da
parte della giurisprudenza pi recente della Corte di Cassazione, propensa a sanzionare
le condotte processualmente scorrette con gli strumenti del divieto dell' abuso del diritto;
della clausola di buona fede e dell'exceptio doli generalis. Le pronunce pi recentj58
"affermano con forza la vigenza, nel nostro sistema, di un generale divieto di abuso
di ogni posizione soggettiva, che, ai sensi dell'art. 2 Costo e dell'art. 1175 c.c., permea
le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto
[. . .}. Viene cos in rilievo una condotta che, pur formalmente conforme al paradigma
normativo, disattende il limite moda le che impone al titolare di ogni situazione
tiva di non azionarla con strumenti, sostanziali e processuali, che infliggano all'inter" ,
locutore un sacrificio non comparativamente giustificato dal perseguimento di un lecito
e ragionevole interesse". Il divieto di abuso del diritto si applica allora anche in chiave
processuale, giungendo all'elaborazione della figura dell'abuso del processo quale
cizio improprio, sul piano funzionale e modale, del potere discrezionale della parte di
scegliere le pi convenienti strategie di difesa.
In definitiva, dunque, "anche le scelte processuali di tipo omissivo possono costitui-
re in astratto comportamenti apprezzabili aifini della esclusione o della mitigazione dl
danno laddove si appuri, alla stregua del giudizio di causalit ipotetica di cui si
to, che le condotte attive trascurate non avrebbero implicato un sacrificio significativo
ed avrebbero verosimilmente inciso, in senso preclusivo o limitativo, sul perimetro dlH
danno". Ne consegue, pertanto, che la mancata impugnazione di un provvedimento
ministrativo pu essere ritenuto un comportamento contrario a buona fede nell'ipotesi'
cui si appuri che una tempestiva reazione avrebbe evitato o mitigato il dann0
59
.
In quest' ottica, il ricorso per annullamento finalizzato a rimuovere la fonte del
no, pur non essendo pi l'unica tutela esperibile, il mezzo "ordinario" di
contro l'attivit illegittima della P.A., con la conseguente esigibilit (rectius, rt'YHM,.,Q1IT"
nei termini sopra chiariti) del suo esperimento alla luce del dovere di solidale
zione di cui alla norma civilistica in esame. Si deve allora reputare che la scelta di
58Cass. civ., sez. un., 15 novembre 2007, n. 23726; sez. III 3 maggio 2008, n, 15476; sez. II,
maggio 2008, n. 13791.
59 Cos, ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 21 marzo 2011, n. 759; Cons. Stato, sez.
24 settembre 2010, n. 7124; sez. VI, 22 ottobre 2008, n. 5183.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 269
avvalersi della forma di tutela impugnatori a (peraltro dai costi pi contenuti e dall'alea
pi circoscritta rispetto ad altri giudizi), "apprezzata congiuntamente alla successiva
proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che la tempestiva azione
di annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento comples-
sivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del
principio di auto-responsabilit cristallizzato dall'art. 1227, comma 2, c.c., implica la
han risarcibilit del danno evitabile".
La mancata impugnazione del provvedimento, peraltro, non implica la violazione
t()ut court del dovere di cooperazione di cui all'art. 1227 c.c., dovendo invece apprezzar-
si, con una valutazione case by case, l'effettiva incidenza della inerzia processuale. Ove
infatti la decisione di non azionare lo strumento impugnatori o sia frutto "di un 'opzio-
ne discrezionale ragionevole e non sindacabile, in quanto l'interesse all'annullamento
oggettivamente non esista, sia venuto meno e, in generale, non sia adeguatamente su-
scettibile di soddisfazione", il danno va risarcito per intero senza alcuna valutazione ex
post sull'incidenza che avrebbe avuto l'omessa tempestiva impugnazione dell'atto. E' il
bso, secondo la Plenaria, dell'ipotesi in cui il provvedimento sia stato immediatamente
eseguito producendo una modificazione di fatto irreversibile, ovvero di quella in cui i
tempi tecnici del processo non consentano di praticare in modo efficiente,il rimedio della
tlftela ripristinatoria; o, ancora, delle situazioni in cui, per effetto di specifica previsione
di.legge (ad esempio ex art. 125, co. 3, cod. proc. amm.), il mezzo dell'annullamento
possa soddisfare, in termini reali, l'aspirazione al conseguimento del bene della vita
asiderato.
Da ultimo, la Plenaria evidenzia come l'intero istituto della pregiudiziale, ricostruito Applicazio-
in termini di pregiudizialit logica e non processuale, in virt dell 'iter argomentativo sin ne ,
f,,l '. .. "'1 ti d' . preglU lZla Ita
esammato, non costituisce I rutto I un mtervento innovativo del codice del pro- temperata anche
cesso, il quale, piuttosto, costituisce conferma e ricognizione di canoni gi consacrato prima dell'en-
nell'ordinamento. I principi rassegnati dal Consiglio, pertanto, appaiono pacificamente trata in.vigore
" l' b'l' h Il . . . del codice
IlPP Ica I I anc e a e controversIe msorte ratione temporis pnma del 16 settembre 20 l O,
. qata di entrata in vigore del codice.
",C. Come sopra rammentato, infatti, l'evoluzione del diritto amministrativo, gi nel siste-
lfIa normativo anteriore al d. 19s!. n. 104/1 0, si orientata in senso opposto alla praticabilit
. qi una soluzione rigidamente processuale che imponesse la proposizione del ricorso di
quale condizione per accedere alla tutela risarcitoria anche quando la sen-
costitutiva non fosse -o non fosse pi- necessaria ed utile per soddisfare l'interesse
spstanziale al bene della vita. Tale conclusione, osserva la Plenaria, indotta dall'indagine
eziologia del danno, poich "a conferma della diversit e della non automatica
delle regole di validit del provvedimento rispetto a quelle di liceit del
il danno non di norma cagionato dal provvedimento in s inteso ma da un fatto,
un comportamento, in seno al quale rilevano anche le condotte precedenti e suc-
all'atto. In caso difatto illecito non viene allora in rilievo una mera illegittimit
in s ma un 'illiceit della condotta complessiva riguardo alla quale as-
r,ilievo centrale il giudizio sintetico-comparativo di valore sul! 'ingiustizia del danno
la valutazione della rimproverabilit soggettiva del contegno "60.
soluzione, peraltro, ha incontrato il favore della giurisprudenza che si era gi espressa a
270 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
7.5. Rapporti tra azione di nullit (art. 31, comma 4, del codice del processo)
e tutela risarcitoria
Il problema della pregiudizialit, invece, non si mai posto ove l'atto sia radical-
mente nullo, in guisa da non produrre alcun effetto giuridico che meriti stabiliz-
zazione ove manchi l'impugnazione nel temiine decadenziale.
L'introduzione (v. cap. III, 2.1. ss.) di un termine decadenziale di 180 giorni
per fare valere l'azione di nullit, ora destinata ad implicare, alla stessa stregua
delle coordinate di cui si detto per l'omessa impugnazione del provvedimento
annullabile, la valutazione, ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., della rilevanza
eziologica della condotta omissiva che ha stabilizzato il provvedimento nullo ai
fini dell'esclusione del risarcimento del danno che sarebbe stato evitato in caso
di tempestivo esercizio della tutela specifica.
7.6. Risarcimento del danno in sede di ottemperanza (art. 112, comma 3, del
codice del processo) e in corso di giudizio (art. 30, comma 5, del codice del
processo)
Con l'attribuzione al giudice amministrativo della cognizione delle domande
risarcitorie connesse ad atti amministrativi illegittimi, si posta la questione
dell'ammissibilit di una domanda di risarcimento del danno formulata per la
prima volta in sede di giudizio di ottemperanza ad una precedente decisione di
annullamento di un provvedimento.
La tesi prevalente
61
, muovendo dalla diversit della tutela risarcitoria rispetto
a quella impugnatoria e dalla natura prevalentemente esecutiva del giudizio di
ottemperanza, aveva sposato, prima del Codice, la tesi negativa. Era stata am-
messa, in via d'eccezione, la proposizione della domanda risarcitoria in sede di
ottemperanza solo in caso di:
a) danno da mancata esecuzione del giudicato (oggi art. 112, comma 3, del co-
dice del processo);
b) danno da ineseguibilit in forma specifica del giudicato;
c) risarcimento per equivalente in caso di non eseguibilit della sentenza che
abbia disposto il risarcimento in forma specifica;
d) mancato raggiungimento o mancata esecuzione dell'accordo di cui all'art.
35, comma 1, del D.Lgs. 80/1998 (oggi v. art. 34, comma 4, del codice del
processo).
Sul tema il codice del processo ha prodotto, quanto meno in prima battuta,
una forte innovazione in quanto l'art. 112, comma 4, consentiva la proposizione
favore della inconfigurabilit di una pregiudizi aIe processuale: ex multis, v. la recentissima pro-
nuncia Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011 n. 1983 e C.O.A., sez. giur., 30 marzo 2011 n. 291.
6
1
Ex multis, v. Cons. Stato, sez. V, 12 dicembre 2009, n. 7800, in Resp. civ. e prev. 2010, 3, 679;
nella giurisprudenza di merito v. T.A.R., Campania, Napoli, sez. III, 11 giugno 2007, n. 6065, in
Foro amm. TAR 2007,6,2141.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 271
nel giudizio di ottemperanza, per la prima volta, della domanda risarcitoria. Il
termine decadenziale di 120 giorni decorreva in questo caso, come gi osservato
al 7.3., dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento. Avendo na-
tura sostanziale di cognizione, il giudizio di ottemperanza "risarcitoria" si svol-
geva nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario.
l Il codice sembrava dunque aver recepito l'indirizzo ante riforma minoritario,
che ammetteva la proposizione in sede di ottemperanza della domanda risarci-
toria dei danni discendenti dall'originario illegittimo esercizio della funzione
pubblica, a condizione che venisse introdotta davanti al T.A.R. per evitare la
violazione del principio del doppio grado di giudizio
62

La disposizione in esame, tuttavia, ha avuto vita breve: in sede di prime modi-


fiche del codice del processo, il decreto correttivo, infatti, ha abrogato il comma
4 dell'art. 112 cod. proc. amm., limitandosi a prevedere, nel riformulato comma
3, che "Pu essere proposta, anche in unico grado innazi al giudice dell'ottem-
peranza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e
. interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonch azione
di risarcimento dei danni connessi all 'impossibilit o comunque alla mancata
esecuzione informa specifica, totale o parziale del giudicato o alla sua violazio-
ne o elusione". E' evidente, dunque, la brusca inversione di rotta del Legislatore,
il quale ha nuovamente messo in non cale la giurisprudenza pi progressista,
per condividere le conclusioni dell'elaborazione pretori a pi conservatrice, che
escludeva l'azionabilit elIo strumento risarcitorio in un giudizio squisitamente
esecutivo mentre l'ammetteva solo per i casi di violazione, elusione e, in gene-
rale, non esecuzione (o non eseguibilit) del giudicato.
Sul crinale spiccatamente processuale, inoltre, la norma chiarisce che la do- Il problema del
doppio grado di
manda risarcitoria pu essere proposta "anche in unico grado dinanzi al giudi- giudizio
ce dell'ottemperanza ", con la conseguenza che, per le sentenze da portare ad
esecuzione innanzi al Consiglio di Stato, la domanda risarcitoria esperibile
direttamente innanzi al giudice del gravame, senza che sia necessario spostare
la competenza a conoscere dell' ottemperanza della sentenza al giudice di prima
i ~ t a n z a onde garantire il doppio grado di giudizio al processo risarcitorio.
( ;,
Tale disposizione, introdotta nell'art. 112 cod. proc. amm. dal citato decreto correttivo,
,fuga definitivamente i dubbi applicativi che avevano animato la giurisprudenza all'indo-
m,ani dell'entrata in vigore del codice.
L'originaria versione della nonna prevedeva, al co. 4, che "Nel processo di ottempe-
l ranza pu essere altres proposta la connessa domanda risarcitoria di cui all'articolo 30,
. comma 5, nel termine ivi stabilito. In tal caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle
forme, nei modi e nei termini del processo ordinario ". In particolare, di difficile interpre-
'tazione appariva il rinvio alla disciplina del processo di legittimit innanzi al O.A., non
62V., ad es., Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3332. Per una prima applicazione dell'art.
112 cod. proc. amm. v. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, lO gennaio 2011, n. 19.
L'origina-
ria versione
del!' art. 112
cod. proc. amm.
272 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
essendo chiaro se con tale riferimento dovessero intendersi richiamate le sole norme pro-
cessuali che disciplinano il rito (quali, ad esempio, le disposizioni sullo svolgimento delle
udienze, sulla pubblicit, sui termini processuali), ovvero se esso comprendesse anche la
disciplina sulla competenza. .
Le prime applicazioni giurisprudenziali della norma
63
aveva ritenuto che il comma
4 dell'art. 112 cit., dovesse essere inteso quale integrale richiamo delle norme sul rito
ordinario di legittImit, innervato dal principio generale del doppio grado di giudizio.
Il riferimento della disposizione in commento, infatti, non poteva che intendersi come
comprensivo di tutte le norme che disciplinano il processo, ivi comprese quelle che rego-
lano l'individuazione del giudice competente: ne conseguiva che, in caso di connessione
tra domanda di risarcimento e di esecuzione della sentenza, la cognizione di entrambe
le domande dovesse intendersi devoluta al G.A. ordinariamente competente secondo le
regole del processo di legittimit.
Per tali ragioni era stato ritenuta a pi riprese inammissibile la formulazione della do-
manda risarcitoria in sede di ottemperanza di una sentenza azionata innanzi al Consiglio
di Stato: in tal caso, la competenza risarcitoria doveva essere devoluta al T.A.R. secondo
le ordinarie regole di cui agli mit. 13 ss. cod. proc. amm., con l'attrazione per connessione
nella sua sfera di cognizione anche della domanda di esecuzione.
Tale orientamento, ispirato ad esigenze garantiste per la P.A., per la quale la scelta
del privato di esperire congiuntamente domanda di esecuzione e risarcitoria non poteva
tradursi in un pregiudizio per l'amministrazione, privata di un grado di giudizio, era av-
versata da quanti
64
ritenevano che la formulazione letterale del co. 4 dell'art. 112, lungi
dal richiamare anche le disposizioni sulla potestas iuducandi del G.A., si riferisse alle
sole regole processuali, lasciando per il resto inalterate le norme che presiedono il giu-
dizio di ottemperanza, peraltro costantemente ed espressamente richiamato dallo stesso
art. 112 cod. proc. amm. Secondo l'orientamento in parola, pertanto, la norma in que-
stione avrebbe attribuito al giudice competente per l'ottemperanza la cognizione anche
della domanda risarcitoria, sia pur con l'applicazione delle ordinarie regole processuali
del giudizio di legittimit.
A fronte del chiaro testo normativo, peraltro, si ritenevano irrilevanti le invocate esigen-
ze di garanzia del doppio grado di giudizio, poich si tratta di IDl principio non costituziona-
lizzato, suscettibile quindi di essere derogato in via puntuale dal Legislatore ordinario.
A tale orientamento, originariamente minoritario, ha da ultimo aderito il Legislatore
del 2011, il quale, come anticipato, ha modificato il disposto dell'art. 112 cod. proc.
amm., consentendo esplicitamente, ma ormai solo per il danno da non esecuzione del
giudicato, che il giudizio risarcitorio spiccato innanzi al giudice dell' ottemperanza si
svolga "anche in unico grado ". Abrogato il comma 4 dell'art 114, il danno da illegitti-
mit originaria del provvedimento andr invece rivendicato in via autonoma con un giu-
dizio di cognizione nei termini di cui al comma 5 dell'art. 30 del codice del processo.
Per un approfondimento del tema V. parte IV, cap. V, 15.
63y. Cons. Stato, sez. III, 05 maggio 20 Il, n. 2693, in Red. amm. CDS 20 Il, 05; Cons. Stato, sez.
Y, 01 aprile 2011, n. 2031, in Diritto & Giustizia 2011, 19.
64V. sul punto CHIEPPA - GIOVAGNOLl, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 20 Il, 773.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 273
8. Risarcimento e giurisdizione (rinvio).
La tutela risarcitoria da lesione dell'interesse legittimo pone problemi di non
poco momento in materia di giurisdizione. Si rinvia al cap. II, 4.2. e ss.
per l' esame della in quest.a sede ci si
come dottrina e gmnsprudenza SI sono a lungo mterrogate sull mdlvlduazlO-
ne del giudice deputato a conoscere del risarcimento da lesione di interessi
legittimi.
9. La responsabilit della P.A. derivante dalla lesione di diritti soggettivi
Fino ad ora si sono affrontate le tematiche relative alla responsabilit della P.A.
derivante dalla lesione di interessi legittimi.
In chiusura pare tuttavia opportuno un raPido cenno agli "altri tipi" di respon-
sabilit civile in cui pu incorrere la P.A., nell'ipotesi in cui siano lese posizioni
di diritto soggettivo del privato. Si tratta di tipi di responsabilit da lungo tempo
ammessi senza i travagli che hanno accompagnato il parto della tutela aquiliana
degli interessi legittimi, in quanto sincronizzati con la qualificazione dell'art.
2043 c.c. come norma volta a sanzionare secondariamente la lesione di diritti
soggettivi.
"
, 9.1. La responsabilit extracontrattuale da lesione di diritti soggettivi
La disposizione fondamentale in materia di responsabilit extracontrattuale della
contenuta nell'art. 28 della Costituzione, a tenore del quale "i funzionari
e dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili,
secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazio-
ne di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato e agli enti
pubblici".
, Vi dunque un rinvio della norma costituzionale alle leggi che disciplinano i
rapporti tra privati in materia di responsabilit per fatto illecito, applicabili anche
alla pubblica amministrazione, "salvo che vi sia una disposizione contraria o
sussista una ragione d'incompatibilit della norma in relazione alla natura sog-
gettiva dell'ente pubblico, della relativa attivit e dei rapporti cui inerisce".
" Gli elementi della responsabilit della P.A. sono quelli comuni ad ogni re-
sponsabilit civile: e dunque, il giudice, investito di un'azione di responsabilit,
dovr accertare l'esistenza di un danno ingiusto, del nesso di causalit che lega
il 'danno ingiusto al fatto illecito della P.A., ed infine del nesso psichico, e cio
dell'imputabilit alla P.A. del fatto o della omissione del suo dipendente, autore
comportamento.
, Occorrer peraltro verificare, specie con riferimento ad alcune fattispecie
astratte, se gli istituti civIlistici siano sempre applicabili alle controversie
Responsabilit
per l'esercizio
di attivit
pericolose
Responsabilit
per danni
da cose in
custodia: in
particolare
l'insidia
stradale
274 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
(non involgenti l'esercizio del potere), di cui sia parte un soggetto pubbli-
co.
n problema si posto in particolare con riferimento alle disposizioni di
cui agli artt. 2050 e 2051 c.c. che sanciscono presunzioni di responsabilit o
di colpa.
In ordine al problema dell'applicabilit dell'art. 2050 c.c. alla pubblica am-
ministrazione, hl giurisprudenza tradizionale era orientata per la soluzione ne-
gativa, essenzialmente per tre ordini di ragioni: in primo luogo si riteneva che
la presunzione di colpa sancita dalla norma contrastasse con la presunzione di
legittimit che assiste gli atti amministrativi; secondariamente si poneva l'accen-
to sulla ratia della disposizione di cui all'art. 2050 c.c., che presupporrebbe lo
svolgimento di un'attivit a fini utilitari, mentre per definizione gli enti pubblici
non perseguono fini di lucro; infine si riteneva che l'indagine in merito alla
prova liberatori a richiesta dalla norma (di aver adottato tutte le misure idonee ad
evitare il danno) sarebbe preclusa all'autorit giudiziaria, in quanto sconfinereb-
be in un sindacato sulle scelte discrezionali operate dalla P.A.
Tale impostazione attualmente del tutto superata, tanto in dottrina quanto
in giurisprudenza, sulla base di un'esplicita confutazione delle argomentazioni
sopra riferite.
Quanto all'argomento che fa leva sulla presunzione di legittimit dell'azione ammini-
strativa, oggi si ritiene pacificamente che se tale presunzione vale a giustificare l'ese-
cutoriet degli atti e dei provvedimenti amministrativi, certamente sarebbe priva di giu-
stificazione una corrispondente presunzione di liceit riferita alle condotte materiali, la
cui pericolosit deve valutarsi "non tanto in riferimento a leggi o regolamenti, quanto
in relazione alla concreta natura di essa, qual offerta all'esame del giudice della realt
oggettiva".
Ancora, con riferimento alla ritenuta applicabilit della presunzione di colpa ex art.
2050 c.c. esclusivamente a fronte di attivit teleologicamente volte ad uno scopo utilita-
ristico, pu obiettarsi che tale restrizione dell'ambito applicativo della norma priva di
qualsivoglia addentellato sul piano del dato positivo.
Infine, stante la natura tecnica delle regole che vengono in rilievo per valutare
neit delle misure poste in essere dall'Amministrazione per evitare il danno, non pare
che la cognizione del giudice sul punto possa sconfinare in un sindacato di merito su
scelte discrezionali della P.A.
Non esiste in definitiva un principio generale che giustifichi l'esonero della P.A.
dalla responsabilit ex art. 2050 c.c. esclusivamente in ragione della soggettivit pub-
blicistica.
Un percorso analogo si registrato anche con riferimento alla responsabilit per
danni da cose in custodia.
La tesi tradizionalmente sostenuta in dottrina e giurisprudenza escludeva che
P.A. fosse applicabile il criterio di imputazione di cui all'art. 2051 c.c., anch'esso
ritenuto incompatibile con la presunzione di legittimit che assiste l'azione ammini-
strativa.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 275
Si riteneva inoltre che le dimensioni spesso assai estese dei beni appartenenti al de-
manio e al patrimonio dello Stato non rendessero esigibile "l'esercizio di un controllo
continuo ed efficace che valga ad impedire l'insorgenza di pericolo per i terzi".
La conclusione secondo questa tesi, che meglio si attaglia alla P.A. la regola di
cui all'art. 2043 c.c. (rispetto a quella di cui al 2051 c.c.), posto che la responsabilit
per danni derivanti da un bene demaniale o, comunque, di propriet dello Stato indi-
viduabile nelle sole ipotesi in cui sia possibile muovere un giudizio di colpevolezza nei
confronti di un soggetto pubblico.
In alcune recenti sentenze, tuttavia, la Cassazione chiamata a pronunciarsi sulla
disciplina applicabile alla P.A. in ipotesi di C.d. insidie e trabocchetti stradali, indi-
vidua nell' art. 2051 c.c. la norma di riferimento, sovvertendo cos un orientamento
decennale.
In particolare, la Suprema Corte ha espressamente escluso che la demanialit possa
essere un requisito tale da precludere, automaticamente, l'applicazione della disciplina
di cui all'art. 2051 c.c. alla P.A., affermando, anzi, con riferimento alle autostrade, per
loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, che l'apprezza-
mento relativo all'effettiva "possibilit" del controllo adeguato sulle eventuali fonti di
pericolo per i terzi, alla stregua di diversi parametri, non limitati a quello dimensionale
65
,
non pu che indurre a conclusioni in via generale affermative e, dunque, a ravvisare la
configurabilit di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all'art. 2051 C.C.
66
Ulteriore ipotesi di risarcimento del danno aquiliano da lesione di diritti sogget-
tivi individuata dalla giurisprudenza pi recente con riferimento all'ipotesi di
mancato od illegittimo esercizio dell' attivit di vigilanza da parte delle autorit
indipendenti, con particolare riferimento all'attivit di vigilanza della Consob.
Rinviando alla parte II, cap. IV, 8, per l'esame esaustivo del tema, in questa
sede sufficiente ricordare come la giurisprudenza amministrativa distingue, sul
crinale soggettivo, gli operatori soggetti al suo controllo dai beneficiari dell'at-
tivit di vigilanza: nei confronti di questi ultimi, la Consob non gode di alcun
autoritativo, ma, al contrario, tenuta a specifici obblighi di protezione,
con la conseguente inaffievolibilit delle rispettive posizioni soggettive, la cui
illegittima incisione dall'autorit produce un danno al diritto soggettivo all'inte-
del patrimonio e l'incardinamento della controversia innanzi al g.0.67.
650ltre all'estensione del bene, la Corte individua quali parametri per individuare la possibilit
di un controllo adeguato le caratteristiche della strada, le dotazioni, i sistemi di assistenza che la
c.onnotano, gli strumenti che il progresso tecnologico volta a volta appresta e che, in larga misura,
condizionano anche le aspettative della generalit degli utenti.
66f.. dimostrazione di un indirizzo di maggiore apertura, v., da ultimo, Cass., sez. III, 13 maggio
2010; n. 11592. V. anche Casso civ., sez. III, 25 febbraio 2009, n. 4480, la quale ha da ultimo
. precisato che la responsabilit per i danni derivanti dalla mancata manutenzione di strade vici-
\Wi private non pu gravare sull'amministrazione comunale, atteso che i compiti di vigilanza
non comportano anche l'obbligo di provvedere a quella manutenzione, facente carico
sclusivamente ai proprietari interessati.
67Sul tema v., da ultimo, Casso civ., sez. III, 23 marzo 2011, n. 6681, in Diritto & Giustizia 20 Il.
Responsabilit
da omessa
vigilanza
Ingiustificata
rottura di
trattative
Mancata
comunicazione
di cause di
invalidit del
276
La tutela risarcitoria del! 'interesse legittimo
9.2. La responsabilit precontrattuale
La responsabilit precontrattuale della P.A. configurabile in tutti i casi in cui
l'ente pubblico nelle trattative o nelle relazioni con i terzi abbia tenuto un
portamento contrastante con i principi di correttezza e buona fede.
In tali ipotesi il giudice (di regola, salve le ipotesi di giurisdizione esclusiva,
quello ordinario } dovr accertare se il comportamento dell' Amministrazione ab-
bia ingenerato nei terzi un ragionevole affidamento, poi andato deluso in ordine
alla conclusione del contratto: si tratter dunque di accertare se l'ente pubblico
abbia tenuto o meno, alla stregua dei parametri civilistici, il contegno esigibile
dal corretto contraente, e non gi di verificare l'osservanza dei doveri del corret-
to amministratore.
I casi paradigmatici in cui tradizionalmente si ravvisata una responsabilit .
precontrattuale della P.A. sono quelli della ingiustificata rottura delle trattative,
nonch le ipotesi di mancata comunicazione di cause di invalidit del contratto.
Affinch sorga una responsabilit precontrattuale dell'ente pubblico per
giustificata rottura di trattative, necessario che esse siano giunte ad un punto
tale da ingenerare nella controparte un ragionevole affidamento in merito alla
futura conclusione del contratto. ,
Per esemplificare si pensi all'ipotesi di un comune che revochi la concessione
del servizio di distribuzione del gas, deliberata a favore di una societ privata,
a motivo della migliore offerta pervenutagli da altra ditta, dopo aver sollecitatq
la concessionaria, nel corso delle trattative per la stipulazione della convenzione
attuativa della concessione, all'acquisto dell'area e alla costruzione degli
pianti per lo svolgimento del servizio.
stata del pari riconosciuta la piena applicabilit alla pubblica ammini;
strazione dell'art. 1338 c.c., nelle ipotesi in cui i funzionari, violando le
gole di correttezza, abbiano sottaciuto all'altra parte le cause di invalidit
contratto contratto.
Revoca legit-
tima dell'ag-
giudicazione e
responsabilit
precontrattuale
Ad esempio si ritenuto che risponda a titolo di culpa in contrahendo il
mune che, dopo aver tenuto per lungo tempo un comportamento
l'efficacia del contratto stipulato con un privato, abbia eccepito l'inefficacia
contratto stesso per non essere stato approvato dall'organo di controllo, al
non era stato inviato.
Non sussisterebbe, peraltro, ad avviso della Cassazione, responsabilit
P.A. ex art. 1338 c.c. quando l'invalidit del contratto si ricolleghi all' .. . 'v"' ....
mit della delibera a contrattare adottata in violazione di norme di legge,
potendosi in tale ipotesi ravvisare l'affidamento incolpevole della controparte.
Lo schema della responsabilit precontrattuale stato applicato
nell'ambito dell'attivit conseguente all'aggiudicazione, quando la P.A.
comportamenti chiaramente indirizzati alla stipula di un contratto e poi
idea, decidendo che l'opera o il servizio o la fornitura non serve pi ed
l'intera procedura.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 277
Tale impostazione esplicitamente accolta dalla recente decisione 5 settem- Ad. Plen.
bre 2005 n. 6 dell' Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. 6/2005
'0
Afferma la Plenaria che "nello svolgimento della sua attivit di ricerca del contraente
l'amministrazione tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell'interesse pub-
blico (la cui violazione implica l'annullamento o la revoca dell'attivit autoritativa) ma
anche le norme di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (regole
la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della
fase pubblicistica attributivi degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi
effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito)".
Nella fattispecie concreta l'Ad. Plen. pur riconoscendo la piena legittimit di un
provvedimento di revoca dell'aggiudicazione di un appalto per sopravvenuta carenza di
fondi, ha tuttavia ammesso il risarcimento del danno da lesione dell'affidamento inge-
nerato nella ditta aggiudicataria dalla complessiva condotta della P.A., in relazione agli
sp'ecifici comportamenti da essa posti in essere anche nella fase caratterizzata dall'evi-
dnza pubblica.
i! Secondo la Plenaria "la revoca dell'aggiudicazione e degli atti della relativa pro-
cedura valsa a porre al riparo l'interesse pubblico dalla stipula di un contratto che
non avrebbe potuto fronteggiare per carenza delle risorse finanziarie
oCcorrenti. restato per - dopo tale revoca (caducatoria dell' aggiudicazione e degli
itri atti del procedimento) - il fatto incancellabile degli affidamenti suscitati nell'im-
presa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi (affidamenti che sono
petdurati fino a quando non stata comunicata alla parte privata la revoca degli atti
avanti ricordati). Ed invero l'impresa non poteva non confidare, durante il procedimento
aividenza pubblica, dapprima sulla possibilit di diventare affidataria del contratto e
pi tardi - ad aggiudicazione intervenuta - sulla disponibilit di un titolo che l'abilitava
ad accedere alla stipula del contratto stesso".68
'beve soggiungersi, peraltro, che il tema destinato ad essere rimeditato alla luce
dell'interpretazione fornita dalla giurisprudenza alle nuove disposizioni dettate dal co-
del processo (e, ancor prima dal codice dei contratti pubblici). Secondo taluni
69
,
. ihfalti, l'espresso riconoscimento al G.A. del potere di caducare il contratto stipulato a
d una procedura ad evidenza pubblica illegittima, escluderebbe alcun residuo
in capo alla P.A. di rimuovere l'atto in autotutela. Ne conseguirebbe, pertanto,
responsabilit squisitamente contrattuale, di matrice civilistica, in quanto il com-
portmnento dell'amministrazione che rimuova in autotutela un atto inerente la procedura
q,{N'f-'V'\''''''''''1 dopo la stipula del contratto si risolverebbe nell'illegittimo esercizio del
di recesso di cui al codice civile.
. tesi, tuttavia, avversata da chj7 sostiene che il riconoscimento normativo di
specifico potere giudiziale di conoscere della sorte del contratto non osta all'eserci-
potere di rimozione in autotutela della P.A., la quale conserva intatto il potere di
. St., sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1754.
., civ., sez. un., 11 gennaio 2011, n. 391, in Riv. it. dir. pubbl. comunit. 2011, 1,258; T.A.R.
Firenze, sez. I, 27 gennaio 2011, n. 154, in Diritto & Giustizia 2011.
Stato, sez. V, 04 gennaio 20 Il, n. Il, in Diritto & Giustizia 20 Il.
La prospettiva
codicistica
278 La tutela risarcitoria del!' interesse legittimo
annullare l'aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del con-
tratto, con la conseguente caducazione automatica dei relativi effetti negoziali. Il rico-
noscimento del potere di intervento in secondo grado sugli atti della procedura di gara,
implica evidentemente l'affermazione di un diverso tipo di responsabilit in capo alla
P.A., la quale sar tenuta a corrispondere all'aggiudicatario l'indennizzo di cui all'art.
21-quinquies L. 241/90; in caso di esercizio illegittimo del potere di autotutela, invece,
l' amministrazione risponder dei danni subiti a titolo di responsabilit aquiliana da ille-
gittimo esercizio del potere pubblicistico.
Per l'esame analitico della questione si rinvia alla parte III, cap. XI,.
9.3. Responsabilit contrattuale (cenni)
L'esame specifico della casistica applicativa relativa alla responsabilit contrattuale del-
la P.A. esulerebbe dai limiti della presente trattazione.
In questa sede sufficiente ricordare che la P.A., nel perseguire i propri fini, pu
avvalersi, oltre che delle tradizionali fOlme previste dal diritto pubblico, anche degli
strumenti di diritto comune, nel cui ambito assumono particolare rilievo i negozi di
diritto privato.
Con riferimento all'attivit contrattuale dell'amministrazione pubblica possono di-
stinguersi la fase anteriore alla stipulazione, dominata dal diritto pubblico ed espressa-
mente regolamentata dalla disciplina contabile, e la fase successiva alla stipulazione
stessa, relativa alla esecuzione del contratto, dominata dal diritto privato.
Pur non mancando anche in tale seconda fase situazioni che richiedono la v a l u t a ~
zione dell'interesse pubblico e che possono generare nuove determinazioni autoritative
della P.A., in linea generale occorre sottolineare che la natura pubblica di uno dei due
contraenti non incide sulla disciplina applicabile al contratto, che resta quella del codice
civile.
Dunque anche nell'ipotesi di inadempimento delle obbligazioni assunte dalla parte
pubblica, troveranno applicazione le regole comuni in tema di responsabilit contrattua-
le, e la cognizione delle relative controversie sar normalmente devoluta al g.O., nella
qualit di giudice dei diritti soggettivi (salve alcune ipotesi di giurisdizione esclusiva-
es. pubblico impiego non privatizzato).
10. La responsabilit del pubblico dipendente
Tanto detto sulla responsabilit della P.A., un cenno va fatto al tema della re-
sponsabilit del dipendente o funzionario della P.A. verso la P.A. o verso terzi.
La lunga evoluzione storica, che ha portato ad una significativa trasformazio-
ne del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni dello Stato, non
ha sciolto, in via definitiva, i dubbi afferenti all'esatto contenuto semantico del
concetto di "pubblico impiego" (oggi "privatizzato"), per alcuni versi rimasto
torbido. La distinzione tra impiego pubblico e impiego privato non ha valen-
za meramente dogmatica poich comporta l'applicazione di regimi giuridici tra
loro ontologicamente diversi ed assume, dunque, primaria importanza, anche
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 279
alla luce delle norme di rango costituzionale deputate a regolamentare l'impiego
di natura pubblicistica (in via esclusiva).
In tal senso il caso di ricordare, in primis, che agli impieghi nelle Pubbliche
Amministrazioni si accede mediante concorso (salvo i casi stabiliti dalla legge)
e che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Non questa la sede per una disamina analitica, ma, in estrema sintesi, pu
convenirsi con chi, in dottrina, ha autorevolmente ritenuto che il rapporto di
impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni sia da intendere come
un rapporto di lavoro subordinato per il quale un soggetto (funzionario, titolare
dell'organo, impiegato, operaio) si impegna professionalmente e con continuit
a prestare la propria attivit alle dipendenze di una pubblica amministrazione in
cambio di una retribuzione predeterminata.
corretto discorrere delle responsabilit del pubblico dipendente "al plura-
le", sebbene l'istituto nel suo complesso, si presenti, in realt, come un prisma
attraversato da intensi fenomeni di rifrazione: se vero che le sedi dei differenti
rimproveri sono indipendenti e distinte anche innegabile che le stesse siano in
reciproco rapporto di interferenza ed interazione cos da potersi condizionare ed
anche in modo rilevante, alla stregua di vasi comunicanti.
L'istituto, cos inteso, trova un preciso grimaldello nel tessuto della Carta
'. Costituzionale, in una disposizione, tuttavia, oggetto in passato di un acceso
: dibattito ancora non del tutto esaurito: ai sensi dell'art. 28 Cost. "ifunziona-
ri e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente respon-
sabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in
violazione di diritti. In tali casi la responsabilit civile si estende allo Stato
e agli enti pubblici" (da leggersi in combinato disposto con l'art. 54 comma
2:. "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adem-
pierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla
legge").
"Le" responsabilit del prestatore di lavoro alle dipendenze della P.A. posso-
ho essere cos classificate:
'. . responsabilit civile, secondo le leggi civili (che trova il suo grimaldello
nella norma ex art. 2043 c.c. a presidio del principio del neminem laedere).
responsabilit penale, secondo le leggi penali (qualora il fatto posto in esse-
i re sia sussumibile sotto una norma penale incriminatrice);
; ~ responsabilit amministrativa, secondo le leggi amministrative (in senso
: lato, per aver arrecato un pregiudizio alla Pubblica Amministrazione);
responsabilit contabile, (stricto sensu, che fa capo a tutti coloro che hanno
maneggiato denaro o valori pubblici).
; A.lle ipotesi considerate deve essere aggiunta quella afferente al rapporto fidu-
piario di lavoro che va ad instaurarsi tra Ente e pubblico dipendente:
responsabilit disciplinare, secondo le norme giuslavoristiche e quelle pre-
viste dai CCNL di riferimento (senza trascurare i c.d. codici di condotta).
Il pubblico
impiego nella
Costituzione
Il prisma della
responsabilit
del pubblico
dipendente
280
La tutela risarcitoria dell' interesse legittimo
Art. 55 D.Lgs.
165/01
L'ultima delle responsabilit evidenziate non espressamente enucleata nel testo dell' art.
28 Cost. ma il dato non ostativo al suo riconoscimento poich essa rappresenta una
pertinenza fisiologica di ogni rapporto di lavoro subordinato. In ogni caso trattasi di un
istituto procedimentalizzato ed esplicitamente previsto dal c.d. Testo Unico del Pubblico
Impiego, di cui al D.Lgs. 165/2001 [attraverso il-quale non solo si esprime in via positiva
il dato costituzionale ricordato (art. 28) ma si rcgolamenta, per l'appunto, la responsabi-
lit di tipo disciplinare (art. 55)], e potenziato dalle recentissime riforme di cui alle leggi
nn. 69/09 e 133/08, nonch dal D.Lgs. 150/09 (c.d. "riforma Brunetta", sulla quale v.
parte II, cap. III).
Ratio del!' art.
28 Cast.
Chi chiamato
a rispondere?
Le diverse forme di imputazione della responsabilit in capo al pubblico dipendente
costituiscono delle scelte vincolate per il Legislatore, poich la stessa giurisprudenza
costituzionale ha ritenuto innegabile il nesso tra organizzazione e responsabilit 71.
Prima di soffermarsi sulle singole ipotesi considerate, opportuno richiamare quelli
che sono stati i principali argomenti di discussione concernenti l'addentellato normativo
costituzionale.
10.1. Art. 28 Cast.: lo spirito oltre la lettera
La ratio sottesa alla previsione normativa in esame, secondo la migliore dottrina,
da rinvenire nell'esigenza di offrire maggiore garanzia ai diritti dei cittadini
eventualmente lesi dalla pubblica amministrazione, come risulta dalla estensio-
ne della responsabilit civile dei funzionari e dipendenti pubblici allo Stato ed
agli altri enti pubblici.
La tesi avvalorata dalla prima diretta attuazione dei principi ivi contenuti, ovvero
il D.P.R. 3/57, che disciplina lo statuto degli impiegati civili, i quali sono chiamati a
rispondere del danno ingiusto arrecato a terzi se posto in essere "ne Il 'esercizio delle
attribuzioni ad essi conferite dalle leggi o dai regolamenti" (ipotesi di responsabilit
solidale, secondo l'orientamento dottrinale prevalente e preferibile). Con riguardo alla
prima delle problematiche da affrontare ("chi chiamato a rispondere"), il dato oggetti-
vo sembra proporre un contenuto normativo semantico "allargato": si ritiene, infatti, che
il riferimento a "funzionari" e "dipendenti" (nel lessico usati disgiuntamente) abbia di
fatto richiamato il pi generale concetto di "operatori pubblici", non inusuale nella ma-
nualistica, cosicch "le" responsabilit non fanno capo solo a coloro i quali sono legati
alla Pubblica Amministrazione da un rapporto di impiego, ma anche a tutte le persone
fisiche preposte ad uffici, comunque legate funzionalmente all'ente da un rapporto di
servizio. Il tessuto connettivo che veicola l'addebito di responsabilit non , dunque, la
natura giuridica del rapporto quanto l'effettiva azione amministrativa svolta: la lettura
appare plausibile anche alla luce dell'art. 54 Cost., che parla, expressis verbis, di "citta-
dini a cui sono affidate funzioni pubbliche".
L'adesione alla tesi ernleneutica "estensiva" o "funzionale" garantisce una tutela
rafforzata ad ampio raggio ed evita aree grigie di irresponsabilit: si pensi, a titolo
di esempio, al fenomeno dell'esercizio di funzioni pubbliche da parte di privati, non
71Corte cost., 24 ottobre 2001, n. 340, in Dir. Formazione, 2001, 104l.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 281
. nducibili allo schema contrattuale del rapporto di impiego alle dipendenze della
nco
P.ALa valorizzazione del dato funzionale al seguito della giurisprudenza richiamata, ha
ortato la dottrina a discorrere di depubblicizzazione della Pubblica Amministrazione,
p s veicolando l'accoglimento di una nozione oggettiva dell' attivit amministrativa
il soggetto che "opera" nella P.A. pu anche non avere natura pubblicistica
Poich il dato significativo e rilevante la "funzionalizzazione" della sua attivit al sod-
di interessi pubblici.
Il baricentro si sposta dal rapporto di impiego al rapporto di servizio.
Nel nostro ordinamento, pertanto, con riguardo al regime della responsabilit, viene
accolta una nozione "oggettiva" di pubbliche funzioni, e non soggettiva, in sintonia, pe-
raltro, con l'espansione del fenomeno nelle altre sedi affini e connesse: possono essere
chiamati a rispondere, dunque, anche soggetti privati non legati da rapporto di impiego
con una pubblica amministrazione.
Ne discende che nel novero dei responsabili di cui all'art. 28 Cost. possono esse-
re ricompresi: dipendenti, funzionari anche onorari, cariche elettive, ruoli di nomina,
soggetti che abbiano nei confronti della P.A. un "rapporto di obbligo giuridico", come
statuito dalla Suprema Corte in materia di responsabilit amministrativa.
L'indirizzo ermeneutico in discorso stato sposato anche di recente dalla giurispru-
denza di legittimit, chiamata, in un caso singolare, a doversi pronunciare sulla natura
pubblicistica o meno del rapporto di lavoro di un assunto alle un
Casin gestito da s.p.a. a capitale interamente pubblIco. Il problema che vemva 111 nlIevo
era la sussumibilit del rapporto lavorativo sotto la nozione di "dipendente del Comune"
di cui all'art. 60, n. 7, del D.Lgs. 267 del 2000. Nella fattispecie, la Corte ha dovuto ve-
rificare la tenuta dei principi generali in un casus decisus del tutto peculiare, caratteriz-
zato da una dicotomia soggettiva tra Ente pubblico titolare del servizio e societ privata
cui era affidata la gestione, che si riverberava sullo status dei dipendenti del soggetto
affidatario del servizio stesso: segnatamente, si trattava di una ipotesi di delegazione
interorganica (ajfidamento in house) in cui la societ-datore di lavoro del dipendente
non era che una longa manus della P.A. Ma quale status per gli operatori del servizio
a valle? Con una giurisprudenza risalente, (Cass. civ. 9762/1995), la Suprema Corte di
Cassazione ha ritenuto che il discrimine tra rapporto di lavoro avente natura pubblici-
stica e rapporto privato nelle ipotesi di dipendenti di case da gioco sia da rinvenire nella
presenza o meno di un affidamento del servizio a terzi (s.p.a.) i quali vengono a rivestire
la qualifica formale di datori di lavoro, assorbendo cos nell'universo privatistico le pre-
stazioni di lavoro ricevute dai dipendenti. Con la sentenza dell' Il marzo 2006 n. 6082, la
Cassazione conferma il proprio indirizzo ribadendolo espressamente;tuttavia l'interprete
non pu prescindere da un dato di fatto rilevante: trattasi di una giurisprudenza deputata
a risolvere il problema in esame nell'ambito della problematica riconnessa alle cause di
ineleggibilit a cariche elettive pubbliche.
" La s.p.a., comunque, conserva la propria natura giuridica di soggetto privato che si
riverbera sui contratti di lavoro da essa stipulati, come anche sancito di recente dalle
S.D. della Cassazione (S.D. 7799/2005).
Come gi anticipato, la sentenza 6082/2006 sposa la versione ermeneutica propria
dello ius receptum di Cassazione, seppur in via di obi/er dictum: "al pi, nelle relazione
tra gli enti locali e societ per azioni costituite con partecipazione maggiori/aria o to-
Casso civ.
6082/2006
Verso chi
risponde il
dipendente
pubblico?
A che condizioni
e limiti risponde
l'operatore
pubblico?
Inderogabilit
verso il basso
del criterio di
imputazione
soggettiva della
responsabilit
282 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
talitaria dei medesimi enti locali, possibile individuare una relazione funzionale, che
giustifica l'inserimento del soggetto privato controllato nell 'organizzazione funzionale
dell'ente pubblico, che ne comporta l'assoggettamento alla giurisdizione della Corte
dei conti in materia di responsabilit patrimoniale per danno erariale, (cos gi, S. U.
3899/2004). Spettano, pertanto, alla giurisdizione della Corte dei conti le controversie
in materia di responsabilit patrimoniale per danno erariale che riguardano gli am-
ministratori ed i dipendenti della societ, non rilevando, in senso contrario, la natura
privatistica della stessa elo dello strumento contrattuale con il quale si costituito ed
attuato il rapporto di servizio".
Risolto nei termini esposti il primo quesito affrontato, i dubbi ermeneutici non sono
esauriti. , tuttavia, possibile affermare che non vi siano contrastanti opinioni significa-
tive con riguardo al problema concernente i soggetti verso i quali il pubblico dipendente
chiamato a rispondere ("verso chi si deve rispondere"). Dal disposto costituzionale,
come gi evidenziato, risulta chiaro come l'operatore pubblico possa essere tenuto a
rispondere sia nei confronti dei privati (responsabilit civile e penale), che della P.A.
(responsabilit amministrativa e contabile), seppur al seguito di regimi giuridici diversi
e non fungibili.
Molto pi complesso il percorso da affrontare per esaurire cautamente il punto ne-
vralgico della materia, concernente condizioni e limiti della responsabilit de qua.
Inizialmente si riteneva, con largo consenso, che l'art. 28 della Costituzione avesse
introdotto una posizione passiva solidale tra operatori pubblici (considerati responsabili
ai sensi dell'art. 2043 c.c., a titolo di responsabilit extracontrattuale) e la P.A. (da in-
tendersi come coobbligata in forza dell'art. 2049 c.c., a titolo, dunque, di responsabilit
indiretta quale committente).
Il criterio di imputazione soggettiva della responsabilit in capo ai pubblici dipen-
denti ha subito, tuttavia, con il D.P.R. 3/1957 (Testo Unico cit.), una significativa mo-
difica che ha differenziato l'istituto rispetto all'art. 2043 c.c.: ai sensi degli artt. 22 e 23
cit., infatti, il danno arrecato dall'operatore pubblico pu definirsi "ingiusto" solo se sia
stato arrecato con dolo o colpa grave (come accade per il debitore professionale ex art.
2236 c.c.). La disciplina, originariamente circoscritta ai soli impiegati dello Stato stata
poi oggetto di un fenomeno espansivo che ha portato ad una sua generalizzazione con
riguardo a tutti i funzionari della P.A. parte della dottrina, in passato, ha ritenuto che la
configurazione di una responsabilit "attenuata" non fosse confacente ai principi ex art.
28 Cost. ma l'indirizzo non stato sposato dalla Consulta la quale, al contrario, lo ha
sconfessato. La Corte Costituzionale, infatti, chiamata a pronunciarsi sui limiti previsti
ex lege alla responsabilit dei funzionari dello Stato, ha ritenuto che dal precetto ex art.
28 Cost. sia deducibile un vincolo che lascia ampio margine discrezionale al Legislatore:
questi non pu escludere in radice il diritto al ristoro delle "vittime" dell'azione ammi-
nistrativa ma ben pu scegliere il quomodo e le condiciones.
Il regime giuridico richiamato , ad oggi, assorbito nel tessuto dell' ordinamento giu-
ridico in virt, soprattutto, di un diritto vivente delle Alte Corti consolidato e, pertanto,
occorre necessariamente fare riferimento alle norme quali vivono nel sistema vigente.
La ratio che sottende alla scelta legislativa di un minimum soggettivo aggravato
da rinvenire nella necessit di non paralizzare l'agere amministrativo quasi ad inibire
i movimenti tellurici fisiologici dell'apparato, nel riconoscimento, anche, di un settore
professionale di espletamento delle funzioni caratterizzato da normative non sempre
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 283
chiare. Se la condicio sine qua non della responsabilit del pubblico dipendente , per-
tanto, la sussistenza di una culpa grave (o dolo) in capo all'agente, tuttavia, tale criterio
di imputazione psicologica anche lo standard minimo inderogabile, il dato-base, cio,
insuscettibile di essere modificato verso il basso, qualitativamente e quantitativamente:
pena la dell'art. 28 Cost. (che verrebbe evaso: ad es. responsabilit solo a
titolo di dolus). E stata, in tal senso, proprio la giurisprudenza costituzionale (nel settore
della responsabilit amministrativa) ad espungere quelle norme di legge che, in modo
diretto od indiretto, derogavano in senso verticale (verso il basso) al criterio della colpa
grave.
La Corte ha, in tal guisa, ritenuto che la imputazione della responsabilit ha come
limite minimo quello della colpa grave (prevista, in via generale, insieme all'imputazio-
ne per dolo). Non , perci, conforme ai principi dell'ordinamento, quale configurato
nell'attuale sistema normativo, attenuare ulteriormente, in via generale, i casi di respon-
sabilit per colpa grave.
Acceso interesse ha suscitato in dottrina l'interrogativo concernente la natura della
responsabilit del funzionario pubblico e le tipologie di danno risarcibili (cio imputabi-
li all'illecito dell'operatore agente come conseguenze del fatto giuridico posto in essere).
Si sono, in particolare, registrate contrastanti opinioni, in relazione alla natura giuridica
dell'istituto, al centro di un vivace dibattito dottrinale: per taluni, la responsabilit patri-
moniale sarebbe attratta nel paradigma dell' art. 1218 c.c. (contrattuale), per altri, invece,
sarebbe tipicamente aquiliana. Secondo alcuni autori, deve ritenersi pacifico che il titolo
della responsabilit patrimoniale non possa che essere extracontrattuale, anche alla luce
del dato letterale di riferimento (si parla di ingiustizia del danno). La Corte dei conti, in
realt, ha ritenuto che non possa prescindersi dal fatto che essa gemina nell'ambito di
un rapporto di pubblico impiego cosicch non potrebbe non riconoscersi la specialit
dell'istituto come disegnato dalle nonne di settore.
Quanto al danno imputabile come conseguenza, esso stato tradizionalmente inteso
come "patrimoni aie" ma, oggi, non in via esclusiva. Ha, peraltro, suscitato particolare
interesse l'ammissibilit o meno, nel paradigma dell'art. 28 Cost., del c.d. danno obli-
quo: il pregiudizio, cio, arrecato dal dipendente pubblico ad un ente diverso da quello
di appartenenza.
La risposta positiva oggi possibile alla luce della legge 639 del 1996, con una im-
portante precisazione: il danno "obliquo", essendo stato cagionato ad amministrazione
dIversa di quella di appartenenza, avrebbe comportato il difetto di giurisdizione della
Corte dei conti, sennonch, a seguito dell'intervento del Legislatore, ci oggi corretto
solo per fatti anteriori alla L. 20 del 14 gennaio 1994.
Richiamate queste premesse generali, con riferimento all'art. 28 Cost. ed ai tratti es-
senziali della responsabilit del pubblico dipendente possibile soffermarsi sulle singole
ipotesi di responsabilit configurabili in capo agli operatori pubblici.
10.2. La responsabilit amministrativa dopo la legge 3 agosto 2009, n. 102 e
la legge 3 ottobre 2009, n. 141
La responsabilit amministrativa consiste nella responsabilit in cui incorre il
funzionario o impiegato che, per l'inosservanza dolosa o colposa dei suoi ob-
Natura
giuridica della
responsabilit e
danni risarcibili
Il c.d. danno
obliquo
284 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
blighi di servizio, abbia cagionato alla FA. un pregiudizio: essa ha contenuto
patrimoniale ed deputata a far fronte ai danni causati all'ente nell'ambito o
in occasione del rapporto d'ufficio (l'accertamento della responsabilit, infatti,
comporta la condanna al risarcimento del danno a favore dell' amministrazione
danneggiata). , quindi, necessario che l'ente danneggiato abbia natura pubbli.
ca. Sovviene, peraltro, in giurisprudenza, una nozione ampia di ente pubblico
che attribuisce rlievo anche agli enti pubblici economici ed alle societ di dirit)
privato finanziate prevalentemente con capitali pubblici o dotate di finanziamen-
ti pubblici con vincoli di scopon. .
L'istituto noto anche come responsabilit "per danno erariale": l'aerarium
rappresentava nell' antica Roma il tesoro dello Stato custodito nel tempio di Sa-
turno; oggi il termine resiste nella sua accezione originaria ad indicare le finanze
statali. La fonte positiva primaria della responsabilit amministrativa la legge
di contabilit dello Stat0
73
la quale disegna i tratti essenziali dell'istituto nell'am-
bito delle norme di cui agli artt. 82 e 83, rappresentando quello che i pi ritengo-
no un tertium genus tra responsabilit civile e penale
74

La norma fa capo ad un modello di responsabilit che riemerge anche in altri
settori del pubblico impiego: personale degli enti parastatali (art. 8 L. 70/1975),
amministratori e dipendenti delle Regioni a statuto ordinario (art. 33 D.Lgs.
76/2000), amministratori e personale degli enti locali (art. 93 t.u. n. 267/2000).
La materia stata interessata dalla recente riforma di cui alla L. 102/2009,
modo dal D.L. 103/2009 (conv. dalla L. 141/2009), che ha inciso sulla nozione di
nv., da ultimo, Cass., S.D., ordinanza n. 27092/2009, sulla responsabilit erariale dei dirigenti e
dipendenti della RAI, societ concessionaria di servizio pubblico finanziata con un canone e con
contributi ordinari dello Stato. La tendenza estensiva della giurisdizione contabile stata, tuttavia,
solo parzialmente avallata da recenti interventi normativi che hanno escluso dal regime speciale
della responsabilit amministrativa i giudizi relativi ai danni al patrimonio pubblico causati da
amministratori ed enti di societ con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione
anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50 per cento,
nonch per le loro controllate (mi. 16-bis, decreto L. 258/2007, conv. dalla legge 28 febbraio 2008,
n. 31, ove si stabilisce che "la responsabilit degli amministratori e dei dipendenti di tali societ
regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente
alla giurisdizione del giudice ordinario"). Va segnalato peraltro, che in controtendenza rispetto ad
un orientamento estensivo assunto fino agli anni scorsi, Cass., S.v., 19 dicembre 2009, n. 26806;
ha escluso la giurisdizione della COlie dei conti, dovendosi affermare la giurisdizione del giudice
ordinario, nel caso di responsabilit degli amministratori di societ di diritto privato partecipate da
un ente pubblico, atteso che tali societ non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto
che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente
pubblico. Inoltre, il semplice danno mediato che l'ente pubblico socio riceve dalla ripercussione
nella sua sfera del danno patito dalla societ privata non sufficiente a configurare un danno era-
riale. A diverse conclusioni ocCorre addivenire per il danno diretto all'immagine che l'ente pubbli-
co socio subisce per effetto della condotta illecita dell'amministratore (cfr Cass., S.D., 15 gennaio
2010, n. 519; contra, tuttavia, V. Corte Conti, sez. reg. Campania, 24 giugno 2010, n. 1235).
73R.D. 18 novembre 1923, n. 2440.
74CHIEPPA - GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, 781.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 285
danno erariale, sul requisito soggettivo della colpa grave, sul regime della com-
pensatio lucri cum damno nonch sul perimetro del danno all'immagine.
Ai sensi dell'art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994 n. 20 (azione di responsabilit) la re-
sponsahilit dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di
contabilit pubblica personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o
colpa grave, fenna restando l'insindacabilit nel merito delle scelte discrezionali.
Dalle norme cos rievocate possibile rinvenire, da un lato, i tratti connotativi della
responsabilit amministrativa e, dall'altro, gli elementi costitutivi dell' illecito C.d. era-
riale.
Quanto al primo profilo, risultano pacifici alcuni aspetti significativi:
la responsabilit "personale": (art. 1, comma 1), ne discende che, nelle ipotesi
di concorso di agenti nel medesimo illecito, non vi sar obbligazione solidale al risarci-
mento ma responsabilit pro quota in ragione del coefficiente causale nella produzione
del danno. Nel caso di deliberazioni di organi collegiali, inoltre, la responsabilit andr
imputata esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole (comma l-ter).
Altro corollario la intrasmissibilit della responsabilit erariale, salvo per il caso di
eredi indebitamente arricchitisi a seguito dell'illecito arricchimento realizzato dal dante
causa in frode dell'amministrazione;
compe1lsatio lucri cum damno: (art. 1, comma l-bis come modo dall'art, 17, comma
30-quater, letto b, D.L. 78/2009, conv. dalla L. 102/2009), nel giudizio di responsabilit
deve tenersi conto dei vantaggi conseguiti dall'amministrazione di appartenenza o di
altra amministrazione o dalla comunit amministrativa in relazione al comportamento
degli amministratori o dei dipendenti pubblici coinvolti;
la responsabilit gestionale: (art. 1, comma l-ter), nel caso di atti che rientrano
nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilit non si
estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne
abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione;
insindacabilit dei membri di un organo collegiale, se non quando essi esprimano
volto favorevole;
il criterio di imputazione soggettiva la colpa grave o il dolo: (art. 1, comma 1),
alla luce delle modifiche apportate dalla L. 102/2009, esclusa la gravit della colpa
q\lando il fatto dannoso tragga origine dall'emanazione di un atto vistato e registrato in
sede di controllo preventivo di legittimit in relazione ai profili interessati dal control-
lo;
sindacabilit del c.d. danno obliquo: come gi evidenziato, la Corte dei conti giu-
dica sulla responsabilit amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici an-
che quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da
quelli di appartenenza (art. 1 comma 4 come introdotto dall'art. 2, D.L. 23 ottobre 1996,
n. 543, conv. in L. 20 dicembre 1996, n. 639);
!. responsabilit indiretta degli operatori che hanno concorso a causare il maturarsi di
prescrizioni o decadenze: qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata
a'causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i
soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l'azione proponi bile en-
tro cinque anni dalla data in cui la prescrizione maturata, (art. 1, comma 3, L. 20/94).
Caratteri della
responsabilit
amministrativa
Gli elementi
costitutivi
Danno erariale
come danno alla
collettivit
286 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
Quanto alla ricostruzione, in termini strutturali, dell'illecito produttivo di danno
all'erario, affinch possa ravvisarsi una ipotesi di responsabilit amministrativa-conta_
bile imprescindibile la compresenza di fattori indefettibili quali:
a) l'esistenza del rapporto di servizio (vincolo funzionale) nei termini gi esposti;
b) l'elemento oggettivo, ovvero l'esercizio di un)azione amministrativa contraria ai fini
istituzionali nell'espletamento di una funzione connessa al rapporto di servizio, al di
fuori della quale sussisterebbe soltanto una responsabilit civile;
c) l'elemento soggettivo, e quindi il criterio di imputazione psicologica in termini di
colpa grave o dolo (la responsabilit graduata secondo la colpa);
d) l'esistenza di un danno concreto ed attuale suscettibile di quantificazione anche equi-
tativa, segnatamente, c.d. danno erariale;
e) l'esistenza di rapporto di causalit tra la condotta dell'agente ed il danno all'erario,
(secondo i canoni in via generale previsti dal nostro ordinamento agli articoli 40 e 41 del
codice penale).
10.2.1. Il danno erariale
Il dipendente pubblico chiamato a rispondere, in sede amministrativa, esclusivamente
qualora sia ad esso ascrivibile, sul piano causale (oggettivo e soggettivo), un danno c.d:
erariale (diretto od indiretto), sistematicamente inquadrato dalla dottrina maggioritaria
nell'ambito dei C.d. danni pubblici. Integra gli estremi di tale figura ogni pregiudizio di
tipo patrimoniale subito dalla P.A. in conseguenza del comportamento illecito del fun-
zionario o agente pubblico: il danno erariale precipuamente inteso dalla giurisprudenza
come danno al patrimonio dell'ente o amministrazione pubblica per il quale il danneg-
giante agisce. La sua determinazione (ed eventuale riduzione) rimessa al giudice della
responsabilit amministrativa che la Corte dei conti.
La risarcibilit legata alla sussistenza di taluni requisiti:
a) attualit o potenzialit;
b) effettivit;
c) patrimonialit (il danno concerne beni o mezzi finanziari).
Sul piano effettuale, viene, dunque, in rilievo un danno che presuppone un
zio economico inteso come perdita, distruzione, sottrazione di beni o valori della P.A.,
ovvero come mancato guadagno. La precisazione "effettuale" importante, poich il
danno a valle "patrimoni aIe" ma la lesione giuridicamente rilevante "a monte" pu ge-
minare da strappi a beni anche immateriali se dalla loro aggressione discendano dei costi
e delle spese per il ripristino (si verte nella delicata tematica del c.d. danno all'immagine
della P.A., di cui si dir).
Deve darsi atto, peraltro, di un'innovativa giurisprudenza (ancora in evoluzione) che
ha ricostruito il danno erariale come danno alla collettivit, allargando, dunque, le ma.!.
glie contenenti le voci di pregiudizio risarcibile e comprendendovi, cos, anche il danno'
non ricollegabile direttamente ed immediatamente alla P.A. come ente pubblico ma, di
fatto, lesiva di interessi collettivi fondamentali come l'ambiente, il paesaggio, la salute
(c.d. lesioni agli interessi diffusi della collettivit).
In realt non sempre agevole individuare il discrimine tra condotta funzionalizzata
e condotta illecita, soprattutto allorquando, ad esempio, vengano in gioco attivit di rap.-
presentanza che comportano spese, anche notevoli, non sempre di semplice valutazione!
P ARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 287
Nel merito di tale problematica, pu precisarsi che la giurisprudenza fa riferimento a
tre indici di riferimento idonei ad identificare "il funzionario che ha la carta di credito
facile": la legittimit del pagamento permane nei limiti in cui:
za) sia precisamente indicato l'interesse pubblico perseguito dalla spesa (causale espli-
cita); ..
b) sussista la correlazione "stretta" tra la spesa e lo scopo da raggmngere (nesso funZIO-
nale);
c) vi sia congruit e tra le due (rapporto di .
Il dirigente che verSI mdennlta non dovute m assenza deglI opportum controllI o
rimborsi di spese che non sono giustificate dal rapporto di servizio, incorrer anch'es-
so nel giudizio di responsabilit erariale. Quanto alle tipologie di danno all' aerarium,
la giurisprudenza pi recente della Corte dei conti ravvisa la sussistenza di tre voci di
pregiudizio:
1) danno patrimoniale in senso stretto;
.2) danno c.d. da disservizio;
3) danno all'immagine della P.A.
Proprio per reagire alla dilatazione interpretativa del concetto di danno erariale, il La discipli-
na della L.
Legislatore ha tentato di intervenire con una disciplina restrittiva sul piano sostanziale e 102/2009:
sul versante probatorio. profili sostan-
.. Sul piano sostanziale, l'art. 17, comma 30-ter, del D.L. 78/2009, conv. dalla L. ziali e aSf!etti
102/2009 ha stabilito che per danno erariale perseguibile innanzi alle sezioni giurisdi- probatorz
'zionali Corte dei Conti si intende l'effettivo depauperamento finanziario o patri-
inoniale arrecato ad uno degli organi dell' art. 114 Cost. (ossia Stato ed enti territoriali)
o ad altro organismo di diritto pubblico, cagionato illecitamente ai sensi dell'art. 2043
,CIO. La modifica stata tuttavia cassata dal coevo decreto L. 10312009, convertito dalla
L. 141/2009.
In merito ai presupposti probatori per l'esercizio dell'azione da parte delle procure
della Corte dei Conti il comma 30-ter cit., come modo dal D.L. 103, ha richiesto il
} presupposto della e concreta notizia di danno. stato, invece, cancellato, per
mano del citato decreto L. 10312009, il riferimento alla prova piena della colpevolezza,
Iche,se conservato, avrebbe paralizzato le indagini sul danno erariale, con la previsione
diprove rigorose che devono essere la risultante, non certo il presupposto, dell'accerta-
.mento contabile.
'10.2.1.1.11 danno all'immagine della PA.
all'immagine dell'ente pubblico inteso come diritto al conseguimento, al
:,t#imtenimento ed al riconoscimento della propria identit come persona giuridica pub-
'blica
75
: l'istituto stato oggetto di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale e
ci soprattutto all'indomani degli scandali di "tangentopoli" che avevano drasticamen-
. . il prestigio, il decoro e l'immagine delle amministrazioni statali e degli enti
, in generale. Fatti quali quelli ricordati possono incidere sui rapporti tra P.A. e
.c.ltltadinL ingenerando in questi la convinzione che la P.A. non sia conformata ai principi
7SCorte Conti, reg. Umbria, sez. giurisd., 05 agosto 2009, n. 100, in Riv. corte conti 2009, 4, 163.
Che natura
giuridica
ha il danno
all'immagine
dellaPA.?
Le sezioni
riunite del
2003 optano
per il danno
esistenziale
288 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
fissati dalla Costituzione, ma sia strutturata attraverso un esercizio distorto dei pubblici
poteri. La coscienza giuridica ha avvertito, dunque, la necessit di riconoscere, in casi
del genere, un danno non patrimoniale in capo all'ente e varcare, conseguentemente, le
porte di un ulteriore strumento di tutela.
L'addentellato normativo stato rinvenuto, dalla dottrina pi autorevole, nel secondo
comma dell'art. 97 Cost. riferito expressis verbis ai pubblici impiegati: la giurisprudenza
si aperta al pregiudizio non patrimoniale inteso come lesione dell' interesse della perso-
na giuridica pubblica alla sua identit, credibilit e reputazione, giuridicamente tutelato
e conformato in forza dei principi di cui ai commi l e 2 dell' art. 97 Cost.
Riconosciuta la risarcibilit della lesione all'immagine della P.A., si sono registrati
indirizzi ricostruttivi diversi, sia in dottrina che in giurisprudenza, con riguardo alla na-
tura giuridica del pregiudizio accusato dall'ente pubblico.
L'originaria qualificazione, sul piano giuridico, stata in termini di danno non pa-
trimoniale sub specie di danno morale, ex art. 2059 c.c.: ne discendeva un orientamen-
to giurisprudenziale della Corte dei conti, assolutamente prevalente, che escludeva la
giurisdizione contabile e la relativa azione di risarcimento in merito al danno morale
subito da un ente pubblico. L'indirizzo era stato affrancato dalle sezioni riunite della
Corte dei conti del 1988, che riportandosi alla nozione tradizionale di danno erariale;
da intendersi come nocumento patrimoni aie effettivo subito dalla P.A. (sul presupposto
che la cognizione del giudice contabile afferisce alle sole ipotesi di danno patrimonia-
le) avevano negato la giurisdizione della corte stessa a conoscere del cosiddetto danno
morale. Ma tale indirizzo ermeneutico si progressivamente eroso, sotto la spinta delle
sopravvenienze legislative ed a seguito degli impulsi dottrinali: si sono cos registrati
significativi arresti che hanno rinvenuto, nelle fattispecie considerate, tutti gli elementi
costitutivi della responsabilit amministrativa ed hanno, dunque, qualificato il danno
all'immagine della P.A. come danno erariale. Con esattezza, in virt della evoluzione
giurisprudenziale successiva, la pi attenta dottrina ha maturato la consapevolezza di
assistere a due voci risarcitorie differenti prodotte dal medesimo fatto illecito e, perci,
suscettibili di concorrere senza alcuna incompatibilit rilevando, segnatamente, come lo
stesso fatto illecito sia idoneo a generare alla P.A. un danno morale (ex art. 2059 c.c.)
ed un danno patrimoniale conseguente ai costi da affrontare per ripristinare il prestigio
divelto: il primo nocumento squisitamente "non patrimoniale" ed integra gli estremi
del pretium doloris; il secondo suscettibile di valutazione economica ed integra gli
estremi del danno erariale.
Decisiva, in tal senso, si rivelata la pronuncia della Corte dei conti, a sezioni riunite,
del 23 aprile 2003, la quale ha statuito che il danno all'immagine di un ente pubblico
da ritenersi non gi (solo) un danno non patrimoniale ai sensi dell'art. 2059 c.c., bens
un danno patrimoniale in senso ampio, rientrante nella pi generale figura del danno
esistenziale.
La ricostruzione in base alla quale "il danno all'immagine di una pubblica ammi-
nistrazione, cagionato da amministratori o dipendenti pubblici, non costituisce danno
morale bens danno esistenziale"76 una costante anche della giurisprudenza pi recente,
seppur sempre nell'ambito di una riconosciuta differenziazione dei diversi profili (dan-
76Corte conti, 23 aprile 2003, n. lO, in Foro it., 2005, 3, 74.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 289
on patrimoniale diretto e danno patrimoniale indiretto). Pu, attualmente, ritenersi
l'indirizzo giurisprudenziale che opta, nell'ambito del. danno all'immagine,
una dicotomia tra il danno-evento (morale, stricto sensu) ed 11 danno-conseguenza
per .. l d Il'''1
(patrimoniale, er.anale): orbIta, pertanto, figura de .. a erano l
filo patrimomale del nocumento al prestIgIO della pubblIca amm111IstrazlOne, ovvero
che discende dagli esborsi economici necessari a ripristinare l'immagine infan-
gata o . ., ... . .
Ai fini nsarclton o nparaton la potenzialIta dannosa va saggIata nel s111goh casI.
Assumono rilievo in relazione all'an ed al quantum del danno i
elementi: l'attivit dell'ente, organo, ufficio dell'autore del danno; la pOSIZIOne funzlO-
aIe dell'autore dell'illecito, che assume maggior gravit in caso di posizione di vertice;
sporadicit o la continuit o la reiterazione illeciti; la.
meno di interventi sostitutivi o riparatori dell'attIvIt IllecItamente tenuta; 111 IpotesI dI
tangenti, l'entit del denaro ricevuto; la negativa impressione nell'opinione pubblica,
tale da suscitare sfiducia nei confronti dell' ente.
, Nonostante la consistente giurisprudenza richiamata, deve convenirsi con quella dot-
trina che, muovendo dalla natura pretori a dell' istituto, reputa che ancora oggi non si pos-
seggano univoche chiavi di lettura circa la consistenza del
ed al prestigio della P.A. registrando si un "convulso e contmuo sussegUirsI dI
tra di loro di evidente segno contrastante e disorganico". Inoltre, la configuraZIOne dI
1m danno esistenziale "patrimoniale" appare in distonia con i principi regolatori della
materia .
. Nonostante le incertezze, pare, tuttavia, possibile richiamare quelli che devono es-
sere considerati, nella giurisprudenza contemporanea, i punti fenni ad oggi propri di un
diritto vivente che va consolidandosi.
Tale forma di danno erariale va inquadrato:
della categoria del "danno patrimoniale ingiusto per viol.azi?ne di un
ritto fondamentale della persona giuridica pubblica", rapportandolo, qU111dl, - come gra
videnziato - al "danno patrimoniale in senso ampio" ex art. 2043 c.c. in collegamento
con l'art. 2 Cost.;
by nell'ambito della fattispecie del "danno esistenziale", inteso quale "tutela della pro-
pria identit, del proprio nome, della propria reputazione e credibilit";
c) nell'ambito della categoria del "danno/evento" (e non del "danno/conseguenza"),
considerato che, poich l'''oggetto del risarcimento non pu che essere una perdita ca-
gionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva e la liquidazione del danno
pu riferirsi se non a perdite, a questi limiti soggiace anche la tutela risarcitoria dei
aanni non patrimoni ali causati dalla lesione di diritti od interessi costituzionalmente pro-
quali il diritto all'immagine, con la peculiarit che essa deve essere ammessa, per
Precetto costituzionale, indipendentemente dalla dimostrazione di perdite patrimoniali,
oggetto del risarcimento, senza la diminuzione o la privazione di valori inerenti al bene
protetto";
ci) nell'ambito delle fattispecie per le quali - non essendo richiesta la prova delle spese
necessarie al recupero del bene giuridico leso - si pu fare affidamento sulla "valutazio-
neequitativa del Giudice", ai sensi dell'art. 1226 c.c., sulla base dei "parametri di tipo
oggettivo, soggettivo e sociale";
II regime
restrittivo di cui
alla L. 102/2009
290 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
e) nell'ambito delle fattispecie per le quali sussiste in ogni caso "l'onere per l'attore di
indicare le presunzioni, gli indizi e gli altri parametri che intende utilizzare sul piano
probatorio" 77.
Una restrizione dei margini di operativit di tale figura stata sancita dalla L.
10212009, che, alla luce delle modifiche appertate dal coevo decreto L. 103, conv.
dalla L. 141/2009, ha stabilito (comma 30-ter dell' art. 17) che l'azione di risarcimento
per il danno all'immagine esercitabile solo se l'illecito amministrativo integri anche
reato
78

Il termine di prescrizione, a tal fine, sospeso fino alla conclusione del procedimento
penale. In caso di condanna, ex art. 7 della L. 97/2001, il p.m. penale informa quello'
contabile affinch l'azione sia promossa nei successivi trenta giorni.
Va soggiunto, in via interpretativa, che l'impedimento all'esercizio immediato
dell'azione in sede contabile - data l'eccezionalit della norma, derogatoria rispetto al
principio generale, da ultimo sancito da Corte Cost. n. 27212007, dell'autonomia del
giudizio erariale rispetto a quello penale - concerne il solo danno all'immagine in senso
stretto, e non il danno erariale che la medesima condotta abbia contestualmente cagiona-
to (si pensi al valore del bene illecitamente sottratto alla P.A.).
10.2.1.2. Danno da disservizio
Altra figura di danno erariale, elaborata in via pretoria, quella del C.d. danno da dis-
servizio, inteso come violazione dei principi di legalit, imparzialit, buon andamento
dell' azione amministrativa (che si concreta nella lesione stessa del diritto non patrimo-
niale tutelato, non in un criterio di quantificazione).
77per una recentissima applicazione dell'istituto in esame, v. Trib. Termini Imerese, sez. Corleo-
ne, 8 febbraio 2011 n. 32, in Giuda al Diritto, 15/2011, 38 ss., il quale ha riconosciuto il danno
all'immagine al Comune dove sono stati efferati crimini mafiosi ampiamente divulgati dai mezzi
di comunicazione, dai quali promanata una grave lesione della reputazione della citt nell'opi-
nione pubblica nazionale ed internazionale, rendendo inevitabilmente la cittadina poco attrattiva
per qualsiasi investimento idoneo per una crescita sociale ed economica.
7
8
Va segnalato che la disposizione in esame ha recentemente superato indenne il vaglio di legittimit
costituzionalit nella parte in cui limita il risarcimento del danno per lesione all'immagine della P.A.
alla sola ipotesi di commissione di determinati reati. Sul punto, Corte Cost., 15 dicembre 2010, n.,
355 ha ritenuto che: "Non vi dubbio che laformulazione della disposizione non consente di rite-
nere che, in presenza di fattispecie distinte da quelle espressamente contemplate dalla norma impu-
gnata, la domanda di risarcimento del danno per lesione del! 'immagine dell 'amministrazione possa
essere proposta innanzi ad un organo giurisdizionale diverso dalla Corte dei conti, adita in sede
giudizio per responsabilit amministrativa ai sensi dell 'art. 103 costo Deve, quindi, ritenersi che, '
Legislatore non abbia inteso prevedere una limitazione della giurisdizione contabile afavore di
tra giurisdizione, e segnatamente di quella ordinaria, bens circoscrivere oggettivamente i casi in
possibile, sul piano sostanziale e processuale, chiedere il risarcimento del danno in presenza
lesione dell'immagine dell'amministrazione imputabile a un dipendente di questa. In altri
non condivisibile una interpretazione della normativa censurata nel senso che il Legislatore
voluto prevedere una responsabilit nei confronti dell 'amministrazione diversamente mc,au,tara
seconda dell 'autorit giudiziaria competente a pronunciarsi in ordine alla domanda risarcitoria.
norma deve essere univocamente interpretata, invece, nel senso che, al difuori delle ipotesi
vamente previste di responsabilit per danni all'immagine dell'ente pubblico di appartenenza,
configurabile siffatto tipo di tutela risarcitoria".
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 291
La dottrina identifica tale pregiudizio nel mancato raggiungimento dell'utilit che il
Legislatore prevedeva di ricavare dal regolare ed ordinario funzionamento del servizio
affidato all'operatore pubblico. Un consistente indirizzo giurisprudenziale sostiene che
il danno da disservizio rivesta natura patrimoniale e che sia caratterizzato da connotati
diversi dal danno "per mancato rendimento del servizio" in cui la condotta del funzio-
nario si inserisce al di fuori del rapporto di immedesimazione organica. Il "danno da
disservizio" presuppone, come evidenziato dalla giurisprudenza unanime, un pubblico
servizio al quale correlarsi, e si verifica allorquando il s e r v i ~ i o "desostanziato" per
l'utenza delle sue intrinseche qualit, secondo i parametri dell'efficienza e della effi-
cacia. In altri termini, nei casi di "disservizio", l'azione non raggiunge, sotto il profilo
qualitativo, quelle utilit ordinariamente ritraibili dall'impiego di determinate risorse,
cosi da determinare uno spreco delle stesse
79

10.2.1.3. Il danno erariale da "mobbing"


Assolutamente innovativa, nel panorama giurisprudenziale, risultata l'apertura della
Corte dei conti alla risarcibilit del danno erariale da mobbing, ovvero quella condotta
persecutoria del datore di lavoro, sistematica e protratta nel tempo, diretta all'emargina-
zione del dipendente (mobbing C.d. verticale).
Nella fattispecie che interessa, un istituto scolastico pubblico era stato condannato
dal giudice del lavoro a risarcire il danno da mobbing subito da un insegnante e causato
dalla condotta di un preside (dirigente scolastico). La procura erariale aveva, dunque,
convenuto in giudizio quest'ultimo affinch risarcisse alla P.A. il danno che per essa
veva rappresentato la condanna in sede civile. La sentenza di primo grado aveva negato
he il mobbing potesse costituire un valido titolo fondante la responsabilit ammini-
strativa ritenendo che vi fosse difetto dell'elemento del danno alla P.A. e dell'ulteriore
elemento della colpa grave.
Con una pronuncia innovativa la Corte dei conti riforma la pronuncia ed accoglie le
istanze della procura erariale: ne discende che il risarcimento da mobbing liquidato agli
insegnanti diventa danno erariale per il preside.
La sentenza in esame ha anche il merito di ribadire la ammissibilit di una azione
inrsede erariale fondata su meri comportamenti materiali e non su puntuali atti ammini-
strativi.
10.3. Riparto della giurisdizione in tema di responsabilit amministrativa
11 giudice naturale della responsabilit amministrativo - contabile da rinvenire nella
,orte dei conti ma il baricentro che funge da discrimine tra le giurisdizioni si notevol-
mente spostato nel tempo.
giurisprudenza fa comunemente rientrare nel danno da disservizio anche il C.d. "danno da
, ove la P.A. sia chiamata a risarcire il pregiudizio patrimoniale subito da un privato per
della ritardata e/o mancata attuazione di taluni provvedimenti amministrativi. In tal caso,
,PIA. chiamata a risarcire il danno pu rivalersi verso il funzionario responsabile dell'omissione
'adozione tardiva del provvedimento (da ultimo V. Corte Conti Sicilia, sez. giur., 28 gennaio
Il n. 282).
Il mobbing
come fonte di
danno erariale:
Corte Conti
623/2005
Finanziamenti
pubblici a
soggetti privati:
S.u. 4511/2006
292 La tutela risarcitoria del! 'interesse legittimo
In passato, il criterio assunto a cartina di tornasole era dato dalla qualit del sog_
getto: la natura pubblicistica dello stesso dava la stura alla competenza del giudic
contabile. Ad oggi l'indirizzo risalente e si fa capo, invece, alla natura del danno ed
agli scopi perseguiti, con un criterio che non pi di tipo soggettivo ma, appunto, og,
gettivo. Peraltro, non sempre agevole qualifieare la natura della controversia al fine di
identificare il giudice da adire, anche alla luce di indirizzi giurisprudenziali non sempre
uniformi nell'identificare i criteri cui far riferimento per il riparto della giurisdizione
tra giudice contabile e Giudice ordinario, soprattutto in specifici settori particolarmente
nevralgici.
Una ipotesi che ha trovato soluzioni diametralmente opposte, in tal senso, concerne
il caso dei finanziamenti pubblici a soggetti privati, questione di recente affrontata dalle
S.u. della Cassazione.
Ad avviso di un primo indirizzo ermeneutico, in tali casi risulta estranea la giurisdi-
zione contabile: innanzitutto, si evidenzia che i destinatari del finanziamento conservano.
completa autonomia nell'organizzazione dell'attivit imprenditoriale, sia pure con l'ob-
bligo di destinare le somme erogate al fine predeterminato (vincolo funzionale); si affer-
ma, inoltre, che il soggetto privato non assume la posizione di ente strumentale dell'ente
pubblico, specialmente quando l'unica forma di controllo cui sottoposto il soggetto
beneficiario riguarda soltanto la corretta contabilizzazione o quando il rapporto tra l'
erogante e il soggetto beneficiario si esaurisce nella mera destinazione delle somme ero-
gate alla finalit prevista; inoltre, l'obbligo sinallagmatico a carico del soggetto privato
si configura come il presupposto dell'erogazione e non come l'espletamento di un'atti"
vit rientrante tra i compiti della pubblica amministrazione.
La tesi stata messa in mora dalle S.u. della Cassazione (sentenza n. 4511 del
marzo 2006), le quali hanno, al contrario, optato per la giurisdizione contabile: ",.i
ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile
spostato dalla qualit del soggetto (che pu ben essere un privato od un ente
blico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicch
il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d'essere del
imposto dalla Pubblica Amministrazione, alla cui realizzazione egli chiamato
partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da
determinare uno sviamento dalle finalit perseguite, egli realizza un danno per l'entd
pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il UU'UliO<aJ.H""-
to che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano cos come conciretiz2:ato
ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore), di
deve rispondere dinanzi al giudice contabile (ex plurimis Cassazione, S.U.
926/99, 11309/95)".
Alla luce delle conclusioni cui sono pervenute le S.U., il danno erariale scatta per
ha mal gestito i fondi vincolati (es. comunitari) anche se si tratti di imprenditore
e, conseguentemente, il giudizio sul cattivo uso dei finanziamenti pubblici deve
si davanti alla giustizia contabile
80

80Corte Conti, reg. Sardegna, sez. giurisd., 05 ottobre 2010, n. 563, in Riv. Corte Conti 2010,5,1
Casso civ., sez. un., 14 luglio 2010, n. 16505, in Foro il. 2011, 3, I, 78; Casso civ., sez. un., 27
2010, n. 9963, in Giust. civ. Mass. 2010, 4, 612; Corte Conti, sez. I, 15 ottobre 2009, n. 581.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 293
Con la sentenza n. 4582 del l o marzo 2006, le S.U., invece, si sofferrnano su un'altra
questione delicata afferente la configurabilit di responsabilit amministrativa in capo ai
.parlamentari e, dunque, agli operatori pubblici che rivestano cariche elettive.
;, Il punctum dolens concerne le ipotesi in cui il Parlamentare percepisca tangenti
nell'esercizio delle funzioni e, conseguentemente, cagioni una perdita di prestigio ed un
grave detrimento dell'immagine e della personalit pubblica dello Stato.
Sulla scorta di un primo indirizzo giurisprudenziale, le controversie de quibus non
potrebbero non orbitare nella giurisdizione ordinaria in quanto "deve escludersi la sin-
1cabilit nell'alveo della giurisdizione contabile dell'attivit svolta dal membro del
Parlamento e nell'esercizio delle prerogative - costituzionalmente garantite (cfr Corte
Cost. 1997 n. 265) - di espressione del voto".
'. Le S.u. della Cassazione optano per la tesi avversa. Ad avviso del Collegio, il deputa-
to, allorch eserciti il proprio compito istituzionale, "agisce in funzione di un rapporto di
servizio, speciale e onorario, e non perseguibile in assoluto solo se c' uno stretto legame
funzionale tra opinioni espresse e atti compiuti ed esercizio indipendente delle proprie at-
tribuzioni. Tale legame si interrompe quando l'accettazione di denaro e di altri beni mate-
a condizionare atti parlamentari e di governo. Pertanto, configurabile il danno
'erariale, in termini di pregiudizio del prestigio e del decoro dell'Istituzione pubblica, in
di accettazione, da parte del parlamentare (nella specie, presidente di una commis-
parlamentare), di contributi illeciti da parte di un'impresa, aggiudicataria di lavori
'Rubblici [ ... ]. Le considerazioni esposte sono in perfetta sintonia con i principi affermati in
ma,teria da questa Corte che, da un lato, ha sempre riconosciuto la rilevanza di un rapporto
s,ervizio anche di natura onoraria (Cass., S.u., 17 maggio 1995 n. 5393 e 22 ottobre 1979
e, dall'altro, ben ferma nel sostenere che la cognizione in ordine all'azione di
responsabilit amministrativa di soggetti istituzionalmente investiti di pubbliche funzioni
appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti anche allorch, con il suo
e'sHrcizio, si assuma sussistente non solo il danno erariale, ma anche il danno conseguente
. perdita di prestigio ed al grave detrimento dell'immagine e della personalit pubblica
'. rllo Stato, che, pur se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, tuttavia su-
. di una valutazione patrimoniale sotto il profilo della spesa necessaria al ripristino
. '. bene giuridico leso va dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti".
La tangente, pertanto, spezza l'incantesimo del legame funzionale ed espone il parla-
lllt)ntare a responsabilit verso lo Stato dinanzi alla Corte dei conti.
Responsabilit
erariale in capo
ai parlamentari:
S. U. 4582/2006
\." .. ,"",',
Un'ulteriore problematica affrontata dalla giurisprudenza pi recente riguarda l'ipotesi in Ulteriori
sia contestata la responsabilit in parola ad un soggetto privato esterno (quale una s.p.a. a
:ci'ipmdOlle bbl' . . ') d l d h .. ... . app lcatlve
}'! pu Ica magglOntana, evo ven oanc e tale fattIspecIe alla gIurIsdIZIone del-
dei Conti, in ragione di un asserito rapporto funzionale tra societ e P.A., derivante dalla
azionaria maggioritaria pubblica. Ne consegue che soggetto a responsabilit
devoluta alla giurisdizione contabile, il funzionario dell'ente pubblico che ometta di
eS:rci1:are i diritti di socio dell'ente, in guisa da arrecare direttamente un danno al patrimonio di
Resta in ogni caso fuori dalla giurisdizione contabile la domanda di risarcimento
, oanni subiti direttamente dalla societ, in quanto non in tal caso configurabile n un rap-
gorto di servizio tra l'agente e l'ente-socio, n un danno diretto all'ente pubblic0
81

punto, v" da ultimo, Casso civ., sez. un., 19 dicembre 2009 n, 26806, nonch ord. 121uglio
O, n. 16286.
La tesi
secondo cui la
giurisdizione
del g.O.
294 La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo
Nel solco di un indirizzo innovativo, poi, si colloca quel filone giurisprudenziale82
che ha indagato la C.d. riserva di amministrazione, ovvero il limite che incontra il Giudi-
ce contabile nell'ambito della propria giurisdizione. Sul punto, si ritenuto che la Corte
dei conti non pu estendere il suo sindacato all'articolazione concreta e minuta dell'ini-
ziativa intrapresa dalla P.A, la quale rientra nell-'ambito di quelle scelte discrezionali di
cui la legge stabilisce l'insindacabilit.
10.4. La responsabilit civile verso terzi: il problema della giurisdizione in
caso di lesione degli interessi legittimi
In tema di responsabilit civile della P.A. la fisiologia che l'amministrazione risponda
verso il terzo per poi rivalersi in sede di danno erariale avanti alla Corte dei conti verso
il dipendente.
tuttavia possibile, ex art. 28 Cost., che il terzo agisca direttamente verso il dipen-
dente della P.A
Si pone allora un problema di giurisdizione.
Si fin qui osservato che appartiene alla giurisdizione del Giudice amministrativo
l'azione risarcitoria spiccata dal privato nei confronti della P.A per i danni conseguen-
ti all'illegittimit dell'atto o del comportamento dell'amministrazione. Viene allora da
chiedersi quale sia il Giudice competente a conoscere della domanda proposta dal dan-
neggiato nei confronti della persona fisica (funzionario o soggetto privato) artefice del
comportamento che ha cooperato a determinare l'illegittimit dell' atto amministrativo
(si pensi alla rappresentazione di circostanze non veritiere, recepite nel provvedimento);
e, ancora, quale sia anche il Giudice al quale debba rivolgersi 1'Amministrazione con-
dannata al risarcimento che intenda agire in via di regresso.
Analizzando le pronunce del periodo immediatamente precedente la sentenza della
Cassazione - rese durante la vigenza dell' originale versione dell' art. 35 D .Lgs. 80/1998,
in base al quale il risarcimento del danno era previsto per le sole materie di giurisdizio-
ne esclusiva - emerge che, secondo il giudice amministrativo, l'azione di risarcimento
avrebbe potuto essere proposta unicamente nei confronti dell'Amministrazione e non
gi dei singoli dipendenti e funzionari.
Emblematico, in tal senso, T.AR. Friuli-Venezia Giulia, 26 luglio 1999, n. 903, se-
condo cui le azioni di risarcimento del danno, consequenziali ai giudizi amministrativi,
possono essere proposte unicamente nei confronti della P.A, non gi dei singoli funzio- .
nari o responsabili. Si tratta, infatti, di un'azione di risarcimento danni che afferisce iti
ogni caso ad un giudizio amministrativo avente ad oggetto la legittimit di un
mento (o eventualmente l'accertamento di un diritto) ma non la responsabilit dei singoli
che spetta ad altri Giudici valutare.
Sulla base di queste motivazioni, il Giudice friulano ha, quindi, dichiarato il difetto
di giurisdizione rispetto all' azione di risarcimento dei danni che la ditta ricorrente aveva
proposto nei confronti del Sindaco e del segretario comunale, ritenuti corresponsabili dei
ritardi nell'esame della pratica relativa ad una lottizzazione edilizia. .
82Cass. civ., S.D., 05 marzo 2009, n. 5288, in Giust. civ. Mass. 2009,3 385.
PARTE I - SEZIONE II - CAPITOLO 4 295
. Ci nonostante, tuttavia, i due amministratori pubblici citati dalla ricorrente non ven-
ono estromessi dal giudizio, in quanto secondo il T.AR. il loro intervento in causa
Zdefinibile ad opponendum) va comunque. stante il eviden-
te interesse di fatto a non vederSI comvoltl, nemmeno mdIrettamente, nella VIcenda, pro-
rio per le eventuali conseguenze - anche patrimoniali - cui potrebbero andare incontro,
di condanna del Comune al risarcimento del danno.
, ' Di conseguenza, secondo questa impostazione, la responsabilit diretta del funziona-
rio verso il terzo danneggiato pu essere fatta valere solo dinanzi al Giudice ordinario,
subordinatamente alla prova del dolo e della colpa grave.
Tale conclusione, peraltro, sembra confortata anche dal tenore dell'art. 7 cod. proc.
amm., a mente del quale "Sono devolute alla, giurisdizione amministrativa le contro-
versie concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguar-
danti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente
all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni". Il comma 2,
inoltre, precisa che "Per pubbliche amministrazioni, aifini del presente codice, si inten-
dono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del
procedimento amministrativo ".
Una parte della dottrina ha criticato il citato orientamento, auspicando un rvirement
della giurisprudenza a fronte della recente normativa che estende la possibilit di pro-
nunciarsi sul risarcimento del danno anche nella giurisdizione di legittimit.
Si evidenziato, in particolare, che lo scollamento, a livello giurisdizionale, tra la
responsabilit dell'Amministrazione e quella del suo dipendente creerebbe gravi conse-
guenze sul piano della coerenza complessiva del sistema.
In relazione allo stesso provvedimento, si potrebbe verificare, infatti, un giudizio di
fronte al Giudice amministrativo, volto ad ottenere nei confronti dell' Amministrazione
l'annullamento e il risarcimento del danno, ed un giudizio di fronte al Giudice ordinario,
proposto nei confronti del funzionario o dipendente, che prescinde dall'annullamento e
che potrebbe avere esiti contraddittori rispetto al primo.
Al fine di prevenire la duplicazione dei giudizi di risarcimento per il danno pro-
veniente dallo stesso provvedimento, si sostenuta allora la giurisdizione del Giudice
amministrativo anche per le azioni proposte contro il dipendente.
A tali conclusioni si giunti rivalutando la disposizione, contenuta nel testo unico
degli impiegati civili dello Stato n. 3 del 1957, in base alla quale l'azione di risarcimento
nei confronti dell'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle
leggi o dai regolamenti cagioni ad altri un danno ingiusto [ ... ], pu essere esercitata con-
giuntamente con l'azione diretta nei confronti dell'amministrazione qualora, in base alle
norme e ai principi vigenti dell' ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilit
dello Stato83.
Secondo la tesi in esame, dalla possibilit di esercizio congiunto delle due azioni di-
scenderebbe che - nei casi in cui responsabilit del soggetto dipendente e responsabilit
dell'amministrazione coesistano -l'azione nei confronti del singolo funzionario potreb-
83Cfr art. 22 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, la cui vigenza non venuta meno in virt del D.Lgs.
29/1993 e successive modifiche. Quest'ultimo, infatti, ha modificato le regole della responsabilit
disciplinare, ma non ha inciso sul regime giuridico della responsabilit civile, amministrativa,
penale e contabile che resta inalterato per espressa previsione (cfr art. 59 D.Lgs. 29/1993).
Rilievi critici
La tesi
secondo cui la
giurisdizione
del G.A.
296 La tutela risarcitoria dell 'interesse legittimo
be essere proposta davanti al Giudice amministrativo in tutti i casi in cui la responsabilit
dell'amministrazione sia connessa ad un provvedimento, mentre si andrebbe di fronte
al Giudice ordinario solo quando l'Amministrazione sia responsabile per meri compori
tamenti materiali.
Tesi opposta Questa soluzione, tuttavia, sembra trovare un ostacolo insormontabile nell'art. 103
Cost., che preclude l'attribuzione al G.A. della competenza a conoscere di
tra soggetti che vengano in considerazione come meramente privati, e non come soggetti
investiti comunque di funzioni e compiti pubblici.
Un'altra tesi, infine, nega in radice la responsabilit diretta del dipendente in caso
di lesione di interessi legittimi. Si osserva, a sostegno di tale conclusione, non solo
l'art. 28 Cost., in tema di responsabilit diretta del dipendente, si riferisce alla violazione
di diritti, ma soprattutto che il provvedimento amministrativo illegittimo, diversamente.
dal comportamento illecito, riferibile esclusivamente alla P.A. nel cui seno ha operato.
il dipendente senza rilevare all'esterno. Ne discende che, nel caso del provvedimento
illegittimo, diversamente che nei casi di comportamento materiale o di atto sine titulo .
ancora di condotta scorretta nel corso della procedura amministrativa, viene in
solo la responsabilit della P.A. a cui unicamente va imputata all'esterno la pa:tenlit
della determinazione.
Naturalmente diverso il discorso laddove il rapporto di immedesimazione organica
venga reciso in caso di comportamento del funzionario integrante reato ovvero di coni
dotta dolosa.
SEZIONE III
LA TUTELA CONCENTRATA DI DIRITTI
ED INTERESSI IN SEDE DI GIURISDIZIONE
ESCLUSIVA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
Nella sezione precedente sono state esaminate le tecniche di tutela dell'interesse
legittimo invocabili innanzi al G.A. in sede di giurisdizione di legittimit, ove
cio la sua giurisdizione si fondi sulla causa petendi e sia pertanto limitata ai soli
interessi legittimi.
In questa sezione si esamineranno le problematlche specifiche che investono
la tutela dell'interesse legittimo quando questa sia abbinata con quella dei diritti
soggettivi in materie affidate alla giurisdizione esclusiva del G.A.
CAPITOLO 1
Limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.
dopo Corte cast. 204/2004, 191/2006 e 140/2007
ed alla luce del codice del processo amministrativo
SOMMARIO: 1. Oggetto e genesi storica della giurisdizione esclusiva. - 2. Le riforme del 1998 e
del 2000 e il problema della legittimit, a costituzione invariata, della dilatazione del modello
, . della tutela esclusiva. Le risposte date da Corte cost. nn. 20412004, 191/2006, 140/2007 e
'35/2010. - 3. Alla ricerca del potere perduto: la distinzione opaca tra comportamenti meri
,e comportamenti amministrativi. - 4. La giurisdizione esclusiva nel codice del processo
amministrativo.
Oggetto e genesi storica della giurisdizione esclusiva
esclusiva consiste nell'attribuzione alla cognizione del giudice
d Il
. . 1 h l' . . 1 . .. gIUrisdiZIOne
amlffill11s:traltlV'O e e controversIe a lerentl, o tre c e ag l mteressi eglttIml, an- esclusiva
e in via principale, ai diritti soggettivi, con il limite dell'incidente di falso e
questioni di stato e capacit delle parti, ai sensi e per gli effetti degli artt.
, ss. cod. proc. amm.
affonda le sue origini nella legislazione preunitaria
l
, dove gi si registra-
i primi isolati casi di attribuzione ad autorit diverse dal giudice ordinario
m,c:ontro'versl'le concernenti diritti.
Nell'Italia unita il sistema era quello recepito nel RD. 2840/23 trasfuso negli Genesi storica
29 e 30 del RD. 1054/24 - T.U. Cons. St. - confermato nell'art. 5 del D.Lgs.
, 1948 n. 654
2
con riferimento alla C.G.A.RS. e successivamente ripro-
nell'art. 7, secondo comma, legge T.A.R
l'art. 29 del T.U. Cons. St. del 1924 attribuiva "all'esclusiva
f"UU.HJUIO del Consiglio di Stato" i ricorsi relativi al pubblico impiego, quelli
i provvedimenti in materia di fondazione, statuti e "trasformazione di isti-
pubbliche di beneficenza o di istituzioni di istruzione e di educazione; le
. tra Stato e suoi creditori nella materia del debito pubblico e quelle
20 novembre 1859 n. 3780 sui conflitti.
per l'esercizio nella Regione siciliana delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato".
Ratio dell'intro-
duzione della
O.E.
La giurisdizione
esclusiva nella
Costituzione
302 Limiti alla giurisdizione esclusiva del O.A.
in materia di spedalit; i ricorsi contro i decreti mediante i quali il prefetto regoli
o vieti l'esercizio di industrie pericolose".
Secondo la tesi maggioritaria, la giurisdizione esclusiva rappresentava
giusta soluzione per decidere, in un unico_plesso giurisdizionale - per evidenti
ragioni di economia processuale - le controversie relative a particolari
per le quali la. distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi presentasse
particolari difficolt, rendendo inapplicabile il tradizionale principio della caUsa
petendi ai fini del ripart0
3
. L'intento del Legislatore era pertanto quello di agevo.
lare il cittadino, con riferimento a casi in cui diritti soggettivi e interessi legittimi
risultassero strettamente intrecciati tra loro, da un lato evitando all'interessato
il gravoso compito di selezionare il giudice chiamato a conoscere della causa
,
dall'altro, risparmiandogli le forche caudine della duplicazione di giudizi in re.
lazione ad una vicenda sostanzialmente unitaria. '
La dottrina tradizionale reputava, poi, che l'avvento del modello della giuri-
sdizione esclusiva non intaccasse la validit complessiva del criterio della causa
petendi (di cui si detto nella parte I, sez. II, cap. II) e non si ponesse con esso
in posizione di alternativit ma, semmai, di sussidiariet.
Tale criterio venne recepito dal Costituente che, cos come sanc" l'accogli-
mento della distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi quale fonda-
mento del riparto fra le giurisdizioni (v. ancora parte I, sezione I, cap. II, 2.7.),
alla stessa stregua consider fisiologico, nel sistema del riparto, l'esistenza d
casi in cui la fissazione della giurisdizione potesse essere operata dal
in virt della particolarit della materia e secondo un criterio che non contraQ(li:
cesse la validit del principio generale del riparto per posizioni.
Ne deriv la stesura dell'attuale art. 103, primo comma, Cost. secondo cui
Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno U"'Ul-,
zione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli intlere1;si
legittimi (regola) e, in particolari materie indicate legge, anche dei diritti N'\''''''"''_
tivi (eccezione)".
L'elenco delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
ministrativo stato arricchito da numerose leggi successive al T.U. Cons. St.
Va in particolare menzionata la legge 1034/1971 (legge T.A.R), il cui art.
comma 2, prescriveva che il tribunale amministrativo regionale "esercita
sdizione esclusiva" nei casi previsti dall'art. 29 T.U. Cons. St. e in quelli
dall'art. 4 RD. 1058/1924 (T.D.G.P.A.) e dall'art. 5, legge T.A.R Di
era il richiamo a tale ultima norma, la quale aggiungeva un importante
3 Si sostenuto da NIGRO, Problemi veri e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge
tribunali regionali, in Riv. trim. pubb., 1972, 1815 ss. che "vi stato il conferimento a quel .
di un intero territorio popolato sia da diritti soggettivi che da interessi legittimi, ma sopra1:tlJtt
da figure in cui dette situazioni si presentavano e si presentano cos connesse e di tanta
qualificazione, da suggerire la soluzione dell'attribuzione in blocco ad un giudice unico
controversie che lo riguardano".
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 1
303
d
. 'urisdizione esclusiva, costituito dalla materia delle concessioni di beni e
l gi l . . d" d Il' t 't'
. i avendo cura di precisare che "resta salva a gmns IZlOne e au on a
servl
Z
, .' . d ., . d lt'
iudiziaria ordinaria per le controverSie concernenti III enmta, canom e a n
g . ."
corrispettIvi . .
Pure di estrema importanza era l'art. 26, legge T.A.R, III aveva
ressamente sancito per la prima volta la sussistenza del potere di condanna
giudice amministrativo in sede di pur
all'art. 7, comma 3, il limite dato per il gmdice ammimstrativo
di conoscere dei diritti patrimoniali consequenziali.
2. Le riforme del 1998 e del 2000 e il problema della legittimit, a
, zione invariata, della dilatazione del modello della tutela esclUSiva. Le
risposte date da Corte costo nn. 204/2004, 191/2006, 140/2007 e 35/2010
Il
. . d' . l" 't il D Lgs 80198
Il vero salto di qualit del modello de a gmns lZlone esc USiva Viene sanci o tre
con il D.Lgs. 80/98, come poi integrato e sanato dalla L. 20512000. nuove materie
: 'L'art Il comma 4 lett. g) legge 15 marzo 1997, n. 59 ha, infatti, delegato di
. , , . . esclUSiva
ii Governo ad emanare disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. 29/93, lll-
aicando, tra i principi e i criteri direttivi, l'''estensione della giurisdizione del
giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali
ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno".
La delega contenuta nella norma, la quale ribadisce espressamente che le
bontroversie relative al risarcimento del danno rientrano tra quelle aventi ad og-
getto diritti patrimoniali consequenziali, stata esercitata con il D.Lgs. 80/98,
6he ha devoluto tre nuove e importanti materie alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo (servizi pubblici, urbanistica ed a
zare la concentrazione della tutela dinanzi al G.A. nelle matene di gmnsdizlOne
eliminando il doppio binario di tutela giurisdizionale che vedeva ri-
\6krata al g.O. la cognizione di diritti consequenziali e costringeva il privato ad
\.in doppio giudizio, quello di annullamento dell'atto o di cognizione del
V,",,",V"V della giurisdizione esclusiva, cui era subordinato l'eventuale successiVO
di condanna per il risarcimento di danni dinanzi al g.o. ,
,:'L Con l'art. 35, D.Lgs. 80/98, che ha modificat? l'art. 7, 3, la
stata soppressa la riserva di giurisdiz10ne del gmdIce ordmano con giurisdizione
ai diritti patrimoniali consequenziali, trasformando la giurisdizione
d Il
'b'l' , '1' d' diventa piena
in giurisdizione anche piena, nel senso e a pOSSI i ita per l gm Ice
ogni forma di tutela nelle materie in esame, ivi compresa la tutela
un tempo ritenuta monopolio del giudice ordinario.
Dopo la bocciatura della versione originaria del D.Lgs. 80 da parte della Cor-
, 'tuzionale per violazione dei limiti posti dalla legge delega (sentenza n.
sull'art. 33, seguita dalla sentenza gemella n. 282/2004 sull'art. 34),
la111ento ha approvato in tempi assai rapidi la legge 21 luglio 2000 n. 205,
La L. 205/2000
ribadisce le
scelte di fondo
Il limite
costituzionale
all'espansione
dei casi di
giurisdizione
esclusiva
304 Limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.
la quale, nell'ambito di una pi vasta riforma del processo amministrativo, ha
riprodotto gli artt. 33, 34, 35 del decreto n. 80, sia pure con alcune modifiche
,
salvandoli in tal modo dai rischi di declaratoria di incostituzionalit per
zione della delega. .
Le novit di fondo apportate dalla legge-205 al decreto 80, per il resto
mato nelle strutture prima descritte, sono, pertanto, cos riassumi bili:
a) la cognizione delle questioni risarcitorie e relative ai diritti consequenziali
viene estesa anche alla giurisdizione di legittimit (art. 7 della L. 205), che di ..
venta anch'essa una giurisdizione capace di assicurare una tutela piena dell'in'_
teresse legittimo;
b) l'art. 6, comma 1, della L. 205 (trasfuso di recente nell'art. 244 cod.
varato G.u. D.Lgs. 163/2006) ha incluso nella giurisdizione esclusiva le proce:
dure di affidamento dei pubblici appalti;
c) l'art. 35, che contempla i nuovi poteri decisori ed istruttori del giudice
nistrativo, stato esplicitamente esteso a tutte le materie di giurisdizione
siva del G.A., anche diverse da quelle di cui agli artt. 33 e 34;
d) sempre per tutta la giurisdizione esclusiva la L. 20512000 ha introdotto all'
6, comma 2, la tutela arbitrale per i diritti soggettivi, cos come, con l'art. 8,
sono estesi ai diritti patrimoniali le tecniche di tutela urgente sommaria
causam, ed in corso di giudizio.
L'interrogativo che si pone a seguito di questa espansione quantitativa e
litativa del modello della tutela esclusiva quello dei limiti entro i quali il
gislatore pu spingersi, a Costituzione invariata, nel dare la stura a criteri
riparto diversi da quello della causa petendi.
Il Consiglio di Stato, nell'ordinanza n. 1/2000 resa dall' Adunanza
ha posto mano ad una suggestiva ricostruzione secondo cui, mentre per la
sdizione in materia di interessi legittimi l'art. 103 Cost. avrebbe fissato un
di giurisdizione amministrativa non contendibile da altri pIessi . w'
nel caso di diritti soggettivi l'art. 103 Cost., coordinato con l'art. 113,
comma, rimetterebbe alle valutazioni discrezionali del Legislatore
l'individuazione dei casi in cui il Consiglio di Stato e gli altri organi di .-..i'l,,,ti'7i,
amministrativa conoscano anche di diritti soggettivi.
In una direzione opposta si muovono le opzioni interpretative che "V'.LV'.H''''''
no, al contrario, come il criterio ordinario di riparto sia ancora dato dalla
petendi e la giurisdizione esclusiva costituisca un'eccezione che per sua
necessita di applicazione ad ipotesi e materie circoscritte.
Da qui l'emersione di dubbi consistenti di legittimit costituzionale per'
artt. 33 e 34 del D.Lgs. 80, nella misura in cui dette disposizioni, per un
attribuivano alla giurisdizione esclusiva del G.A. materie di estensione
tativamente esorbitante (si pensi ancora alla sfuggente nozione di servizio
blico); per altro verso sottraevano al g.O. anche controversie di carattere
sitamente patrimoniale per le quali non viene in rilievo l'esercizio
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 1 305
del potere dell'interesse pubblico attraverso
l'applicazione dI norme dI dmtto pubblIco. ..'
o,. La Corte costituzionale, con la sentenza 6 luglio 2004 n. 204, npudiando le La tesI accolta
. , dI' l Il'' dalla Corte
t si volte a considerare illimitata la discrezionalIta e Legis atore ne mtro- costituzionale
d
e ZI'one di materie di giurisdizione esclusiva, ha dichiarato incostituzionale, in nella sentenza
U .
parte qua, glI artt. 33 e 34 D.Lgs. 80/1998.
In particolare la Corte ha negato che il riferimento generico all'interesse pub-
blico coinvolto nella fattispecie e la presenza della P.A. come parte processuale
siano idonee a sorreggere una previsione di giurisdizione esclusiva.
Al riguardo la sentenza, prendendo spunto dai lavori preparatori, ha rile-
yato che le ''particolari materie" devolvibili alla giurisdizione esclusiva del
O.A. ai sensi dell'art. 103 Cost., si caratterizzano per "la inscindibilit delle
questioni d'interesse legittimo e di diritto soggettivo, e per la
prime ", le quali impongono di "aggiungere la competenza del ConslglIO dl
Stato per i diritti soggettivi, nelle materie particolari specificamente indicate
dalla legge".
In presenza di tale opzione, ha osservato il giudice delle leggi, "il principio
. "dell'unicit della giurisdizione espresso dall'art. 102, con riguardo al giudice,
.. e,di riflesso nell'art. 113, con riguardo alle forme di tutela garantite al cittadi-
o'. no sta a significare che in nessun caso il Legislatore ordinario pu far s che la
. amministrazione sia, in quanto tale, assoggettata ad una particolare
giurisdizione, ovvero sottratta alla giurisdizione alla quale soggiace qualsiasi
litigante privato: la specialit di un giudice pu fondarsi esclusivamente sul
che questo sia chiamato ad assicurare la giustizia nell'amministrazione,
mai sul mero fatto che parte in causa sia la pubblica amministrazione".
luce di questi principi, la Corte ha ritenuto che la disciplina introdotta,
,Ul.IJUU'CV di giurisdizione esclusiva, dal D.Lgs. 80/98, prima, e dalla L. 205/2000,
'sia incompatibile con il dettato costituzionale. Secondo i Giudici costitu-
. .,'v ...... , infatti, il Legislatore ordinario del 1998-2000 ha finito per accogliere
idea di giurisdizione esclusiva ancorata alla pura e semplice presenza in un
settore dell'ordinamento di un rilevante pubblico interesse senza conside-
la natura delle situazioni soggettive coinvolte.
Al contrario, il necessario collegamento delle "materie" assoggettate alla giu-
'p"'J',"'",uv esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni
espresso dall'art. 103, laddove statuisce che quelle materie devono
"particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legit-
devono cio partecipare della loro medesima natura, che contrassegnata
circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorit nei con-
. della quale accordata tutela davanti al giudice amministrativo.
Legislatore pertanto ben potrebbe ampliare l'area della giurisdizione Necessit la
" . . ., P.A. vesta I pan-
lo faccia con riguardo a materze (m tal senso, partlcolari) che, ni di autorit
,iaS'Se/17.rJ di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera
Ridimensiona-
mento dell'art.
33 D.Lgs.
80/98 ...
306 Limiti alla giurisdizione esclusiva del O.A.
la pubblica amministrazione-autorit, la giurisdizione generale di legittimit:
con il che, da un lato, escluso che la mera partecipazione della pubblica mn-
ministrazione al giudizio sia szifficiente perch si radichi la giurisdizione del
giudice amministrativo e, dall'altro, escluso che sia sufficiente il generico
coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perch questa Possa
essere devoluta al giudice amministrativo" (sulla nozione di veste autoritativa
della P.A. v. ancora parte I, sez. I, cap. II).
In adesione a quest' orientamento, la giurisprudenza ha affermato che, a se-
guito della sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204, la giurisdizione esclu,
siva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi non comprende
le controversie riguardanti i diritti di credito nelle quali la pubblica ammini-
strazione non sia coinvolta come autorit, dovendosi, quindi, escludere che tale
giurisdizione si estenda fino a comprendere le liti sulla definizione dei rapporti
patrimoniali derivanti dall'istituzione, modificazione o estinzione dei soggetti
gestori di pubblici servizi. .
Ebbene, tali criteri, a giudizio della Corte costituzionale, non si rinverrebbero
nell'art. 33 del D.Lgs. 80/98 non soltanto e non tanto per il riferimento ad una
materia (i servizi pubblici) dai confini non compiutamente delimitati, quanto e
soprattutto per il riferimento a "tutte le controversie" ricadenti in tale settore, che
rende la materia cos individuata indifferente del tutto alla natura delle situazioni
coinvolte: sicch, in modo inammissibile, la giurisdizione esclusiva si radica sul
dato, puramente oggettivo, del normale coinvolgimento in tali controversie di
quel generico pubblico interesse che naturaliter presente nel settore dei p u b ~
blici servizi.
"'D
ed
L
ell
'art,,/:34 Analoghi rilievi sono stati svolti dalla Corte sulla formulazione dell'art. 34 del
. gs. 8098 /
D.Lgs. 8098, quale recata dall'art. 7 comma llett. b) della L. 205/2000, che si po-
neva in contrasto con la Costituzione nella parte in cui, comprendendo nella giuri"
sdizione esclusiva - oltre gli "atti e i provvedimenti" attraverso i quali le pubbliche
amministrazioni svolgono le loro funzioni pubblicistiche in materia urbanistica ed
edilizia - anche "i comportamenti", la estendeva a controversie nelle quali la pubbli-
ca amministrazione non esercita - nemmeno mediamente, e cio avvalendosi della
facolt di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere.
Pur premettendo che la dichiarazione di incostituzionalit non investe in al-
cun modo l'art. 7 della L. 205/2000 nella parte in cui (lettera c) sostituisce l'art;
35 del D.Lgs. 80/98, la Corte costituzionale ha voluto precisare che il ''potere
riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reinte-
grazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce
sotto alcun profilo una nuova "materia" attribuita alla sua giurisdizione, ben-
s uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (eia.
conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della
pubblica amministrazione.
L'attribuzione di tale potere non soltanto appare conforme alla piena di-
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO l 307
nit di giudice riconosciuta dalla Costituzione al Consiglio di Stato, ma
g che, e soprattutto, essa affonda le sue radici nella previsione dell'art. 24
:st., il quale, garantendo alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizio-
ne amministrativa piena ed effettiva tutela, implica che il giudice sia munito
di adeguati poteri".
Il substrato argomentativo della sent. n. 204/2004 stato richiamato dalla Corte.co
2
s
o
t016
1
. h d' maggIO
Corte cost. nella successiva pronuncia 11 maggio 2006 n. 191 con cm a 1- n.191
chi arato l'illegittimit costituzionale dell'art. 53, comma 1, del D.Lgs. 8 giu-
gno 2001, n. 325, trasfuso nell'art. 53, comma 1, del decreto del Presidente
della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 nella parte in cui, devolvendo alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a i
comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equipa-
rati, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediamente,
all'esercizio di un pubblico potere (si rinvia per un'analisi di tale pronuncia al
cap. II, 3.3. ss.).
Nello stesso alveo si da anche inserita la sentenza n. 140/2007 della Con-
sulta, che ha respinto le questioni di legittimit costituzionale sollevate con rife-
rimento all'art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n: 311 (v. cap. II,
'5.8.), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice ammini-
strativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in ma-
teria di impianti di energia elettrica di cui al D.L. 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale).
La Corte ha reputato che la norma conforme all'art. 103 Cost., in quanto ; 4 ~ ~ ~ ~ 7
nella fattispecie ricorrono tutti i presupposti enucleati dalla precedenti sentenze
del 2004 e del 2006 al fine di legittimare il riconoscimento di una giurisdizione
.esclusiva al giudice amministrativo. L'oggetto delle controversie invero ri-
gorosamente circoscritto alle particolari procedure e provvedimenti, tipizzati
dalla legge (D.L. 7 del 2002), e concernenti una materia specifica (gli impianti
di generazione di energia elettrica) .
,I La sentenza ha inoltre escluso che la giurisdizione possa competere al giudice
ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarci-
.inento del danno. Il giudizio amministrativo, infatti, in questi casi assicura la
..futela di ogni diritto: e ci non soltanto per effetto dell'esigenza, coerente con i
.princ'pi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad
,un unico giudice l'intera protezione del cittadino avverso le modalit di esercizio
,della funzione pubblica, ma anche perch quel giudice idoneo ad offrire piena
.. futela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell'eser-
.. cizio della funzione amministrativa.
I Osserva infine la Consulta che non osta al riconoscimento della giurisdizione
esclusiva del G.A. la natura fondamentale dei diritti soggettivi coinvolti nelle
cntroversie (sui diritti inaffievolibili v. sez. I, cap. II, 3.4.2), non essendovi
alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al
308 Limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.
giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti
costituzionalmente protetti.
4
Sulla stessa lunghezza d'onda l'art. 4 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, in
tema di emergenza rifiuti, conv. dalla L. 123/2008, ha stabilito che sono de-
volute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le contro-
versie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla comples-
siva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti
dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giuri-
sdizione di cui sopra s'intende estesa anche alle controversie relative a diritti
costituzionalmente tutelati.
C. Cast. Anche su tale norma (ora abrogata e trasfusa nell'art. 133, comma 1, lett
35/2010 ) d l d' di" ') h d d' " .
p, e co Ice e processo ammIll1stratIvo a avuto mo o I pronuncIarsI la
Corte Costituzionale. Infatti, con sentenza 5 febbraio 2010, n. 35, la Consulta
ha ritenuto di escludere che tale disposizione violi l'art. 103 Cost., essendo
retta a disciplinare una "particolare materia", sufficientemente delimitata nella.
quale vengono in rilievo posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo
4 In applicazioni di dette coordinate, Casso Civ., S.D., 5 marzo 2010, n. 5290 ha affermato che
"Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute
(art. 32 cost.) - allorch la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento mate,
riale espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata la
illegittimit, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come
quella della gestione del territorio - compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative
controversie in ordine alla sussistenza in concreto dei diritti vantati, al contemperamento o alla
limitazione di tali diritti in rapporto all 'interesse generale pubblico al!' ambiente salubre, nonch
alla emissione dei relativi provvedimenti cautelari, che siano necessari per assicurare provv"
soriamente gli effetti della futura decisionefnale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed even-
tualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o
provvedimenti". Analogamente Casso Civ., S.D., 21 maggio 2009, n. 11832 ha ritenuto che rientri
nella giurisdizione esclusiva del G.A. la cognizione della controversia promossa dai residenti nel
territorio di un Comune che, lamentando le disfunzioni nella raccolta e nello smaltimento dei
fiuti solidi urbani e il conseguente significativo peggioramento della qualit della vita, chiedano la
condanna dell'ente locale e del consorzio intercomunale gestione rifiuti al risarcimento dei danni
asseritamente subiti, ivi compresi i pregiudizi alla salute ed alla vita di relazione. Casso Civ., S.U.;
9 luglio 2009, n. 16090, inoltre, ha riconosciuto la giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 34 del
D.Lgs. 80/1998 (oggi trasfuso in parte qua nell'art. 133, lett. p) cod. proc. amm.) in ordine alla
controversia relativa all'ubicazione di una discarica di cui si deduceva la pericolosit per la
degli abitanti vicini. La Cassazione mette in evidenza la piena tutela anche cautelare accordabil
dal G.A. a tali posizioni. AI richiamo della giurisprudenza costituzionale la Suprema Corte
giunge il riferimento alla nuova formulazione dell'art. 21 legge T.A.R., in tema di tutela cautelate
nel processo amministrativo. In particolare, la Corte osserva che la norma, come modificata daUa
L. 205/2000, dopo aver previsto la possibilit del G.A, di assicurare una tutela cautelare atipica;
assimilabile a quella di cui all'art. 700 c.p.c., prevede che la concessione o il diniego della misura
cautelare non possano essere subordinati a cauzione quando essi attengano ad interessi essenziali ,
della persona, quali il diritto alla salute, ali 'integrit dell' ambiente, ovvero ad altri beni di primario
rilievo costituzionale: la disposizione evidenzia, quindi, che anche il giudice amministrativo ha
piena cognizione dei diritti fondamentali in parola, quando si velia in controversie riservate alla
sua giurisdizione esclusiva. .
...... ---------------------------------------------------------------------------
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 1 309
l
O strettamente correlate e connesse. Peraltro, nella materia in questione
tra or . ... . . .
pA
agisce medIante la spendita dI poten a natura autontatIva. ne consegue,
la . . .. .
ertanto, che anche i comport.amenti adottatI .assumono
espressione dI un potere pubbhcIstIco, m quanto tah devolutI
alla giurisdizione del O.A ..
3. Alla ricerca del potere perduto: la distinzione opaca tra comportamenti
meri e comportamenti amministrativi
Ebbene, le ricordate sentenze della. Consulta. ci un quale
'1 iparto di giurisdizione, anche m sede dI gmnsdizIOne esclUSIva, ancora la
l r .. . d Il t
giurisdizione del O.A. alla sussistenza del potere ammmistratIvo e a a ves e
autoritativa della P.A. . .
Ne discende l'insufficienza di un coinvolgimento genenco dell'mteresse
p.ilbblico o della qualit di parte in P.A. e la
vengano in rilievo non comportamentI dI con I quah
P.A., come soggetto di diritto comune, vIOh obbhghi dI dmtto comune,
8binportamenti amministrativi con i quali come. m
un settore pubblicisticamente qualificato e dehmItato, vIOh norme dI dmtto spe-
ciale che regolano un rapporto di diritto pubblico. .... .
Dobbiamo, quindi, penetrare il discrimine tra comportamentI ammmistratIvi
costituenti esercizio di pubblica funzione e comportamenti meri violativi di ob-
Blighi di diritto comune.
. A tal uopo ci sembra possibile tracciare un filo d'Arianna cos confezionato.
In primo luogo, vanno escluse dal novero dei comportamenti amministrativi
condotte che la P.A. tenga nell'esercizio di poteri privati che le competono
. b'on nella qualit di autorit ma nelle vesti privatistiche di datore di lavoro, di
ereditore, di contraente e di socio (v. parte I, sez. I, cap. II, 4.3).
In questo caso, infatti, l'ente pubblico agisce come soggetto di diritto comune
. abusa di poteri di stampo privatistico a fronte dei quali non si pu che radica-
. '.' luna posizione di diritto soggettivo (o interesse legittimo, ma di diritto privato)
'tn1spetto dei canoni privatistici di buona fede e di tutela dell'affidamento, che
l'
ffevono permeare tali condotte.
Per contro, come osservato nel cap. III della sez. II, 2.1. ss., alla luce
. codificazione della nullit ai sensi dell'art. 21-septies della L. 241/1990,
il provvedimento nullo, in quanto esistente e qualificabile come tale,
reputarsi esercizio, ancorch gravemente malato e originariamente inef-
. , del potere. Non , infatti, possibile invertire la logica ricostruttiva ed
. . che il provvedimento nullo non esiste come espressione del potere
'quanto inefficace; all'opposto, intanto si pone il problema dell'efficacia
'atto nullo in quanto si d per scontata l'esistenza di un atto del quale pre-
.. l'eventuale inefficacia; atto che, in un rapporto pubblicistico, adot-
Criteri
distintivi:
a) L'atto nullo
b) La carenza di
potere
310 Limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.
tato dalla P.A. nella veste di autorit e non gi di soggetto di diritto comune,
Vanno quindi attratti alla giurisdizione esclusiva del G.A. sia gli atti nulli Ch
i comportamenti finalizzati alla relativa esecuzione (si vedano le ,,'
tra Consiglio e Cassazione in materia di appropriativa ed Usur_
pativa di cui al successivo cap. II, 3.2).
Si rinvia, poi, alla sez. I, cap. II, 3.4., per analizzare la nozione di __
di potere. In questa sede ci limitiamo a manifestare la nostra adesione alla rico,
struzione secondo cui:
a) l'atto affetto da carenza in astratto difetta del presupposto (l'esistenza
norma attributiva del potere), affinch esista un potere da spendere, con la
seguenza che trattasi di atto inesistente;
b) la nozione di carenza in concreto sembra invece ricondotta nei casi di
uso del potere che decretano l'annullabilit ai sensi dell'art. 21-oeties della .
241/1990.
c) l diritti In terzo luogo la sentenza n. 140/2007 della Corte Costituzionale ha chiarito
fondamentali
con nettezza che attratta nella giurisdizione esclusiva del G.A. anche la
zione dei diritti fondamentali o inaffievolibili, non essendovi alcun principio
norma che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice
amministrativo -la tutela dei diritti costituzionalmente protetti. .I
La circostanza, infatti, che a fronte di tali diritti fondamentali la P.A. non
bia il potere di degradazione, non toglie che i relativi atti siano adottati dalla P.A.
nella veste di autorit in un rapporto di diritto pubblico.
,
d) Rileva Va poi soggiunto che, anche alla luce dell' esigenza di concentrazione
a natura l' . d' . .
pubblicistica de' permea a gmfls lZlOne escluslVa come modello, la nozione di esercizio
rapporto, non indiretto del potere va traguardata in base ad una approccio non atomistico
dell'atto sintetico.
Posto, infatti, che parliamo di giurisdizione esclusiva estesa ai diritti
tivi ovvio che non pu essere all'uopo necessario che la condotta sia
diretto del potere ovvero sia puntualmente esecutiva di un provvedimento
ce, altrimenti in tal caso la giurisdizione spetterebbe comunque al G.A. in base .
normale criterio del riparto. , invece, sufficiente un collegamento in senso .'
dato dall' esistenza del potere nella materia, non gi dall' esistenza di un
vedimento costituente esercizio del potere ovvero dall'autorizzazione di
specifica condotta in base ad un provvedimento efficiente. Ne deriva che
la condotta esecutiva di un provvedimento nullo, ovvero tenuta nell'ambito
un procedimento pubblicistico o di un rapporto pubblicistico, pur in mancanza,
un provvedimento autorizzativo, vada considerata esercizio in senso mediato
potere, essendo posta in essere dalla P.A. come autorit in un contesto di
pubblico.
In definitiva, quindi, la connessione con il potere non vuole .
che vi sia un atto che autorizzi la condotta, bens che la condotta mede
viva in un rapporto, in un ambiente, in un humus di stampo pubblicis
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO l
311
A maggior ragione, ove la condotta sia esecutiva di un provvedimento, rileva
'1 dato cronologico dell'esistenza di detto atto al momento in cui la condotta
1 toricamente tenuta e va, quindi, giuridicamente valutata ai fini della giurisdi-
e non lafietio della sua inesistenza a seguito dell'annullamento retro attivo
. 'iurisdiziona1e o in sede di autotutela o, ancora, alla stregua della decadenza con
ex tune dei suoi effetti.. ., .., .
Si deve poi ammettere che Il gmdlce ammInIstratIvo conosca anche dI que-
stioni patrimoniali relative a diritti soggettivi ove queste vengano in rilievo in un
di diritto pubblico che la P.A. partorisca e regoli nella veste complessi-
va di autorit.
Questo spiega perch nel pubblico impiego non privatizzato e negli accordi Casistica
eX art. Il della L. 241/1990, diversamente che nel pubblico impiego privatiz-
zato e nei normali contratti, il G.A. esclusivo possa conoscere anche delle con-
troversie relative all'esecuzione degli obblighi (anche patrimoniali) relativi al
rapport05: nei primi due casi, diversamente che negli altri due, si tratta infatti di
condotte che, pur se singolarmente violative di obblighi e lesive di diritti patri-
moniali, sono tenute in un rapporto complessivamente di diritto pubblico che la
P.A. ha generato con l'esercizio (o comunque sulla base dell ' esistenza) di un po-
tere pubblico (potere che si traduce nell'atto di nomina per il pubblico impiego
nqn privatizzato o nel varo dell'accordo, inteso come esercizio consensuale del
potere pubblico, ai sensi dell'art. Il della L. 241/1990).
. ' Con riferimento all'impiego non privatizzato la Corte di Cassazione a S.v., Il cas,o de'
. pubb lCO
on sentenza n. 601 del 14 gennaio 2005 (v. parte II, cap. III), ha statmto che la impiego non
pronuncia n. 204/2004 della Corte Costituzionale non ha enucleato il principio privatizzato
generale della non conformit a Costituzione di tutte le previsioni legislative le
quali non riservano aH' autorit giudiziaria ordinaria le controversie (meramente)
patrimoni ali pur inerenti ad una particolare materia, contrassegnata dal domi-
b del diritto pubblico e dalla titolarit di poteri amministrativi. Finalit di tale
i:Wonuncia stata, infatti, non quella di limitare la giurisdizione esclusiva alle
controversie inerenti a tali particolari materie e concernenti, perci, interessi
tegittimi (controversie, peraltro, gi rientranti nella giurisdizione amministrati-
va di legittimit), ma quella di estenderla anche alle controversie, inerenti alle
medesime particolari materie, nelle quali venga in rilievo la lesione di diritti
soggettivi da parte di atti paritetici emessi dalla P.A.
ka Corte osserva che "la regola sulla giurisdizione non suscettibile di essere sospettata
costituzionale sulla base della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costi-
... L'intervento del giudice delle leggi, invero, ha scrutinato con esito negativo
la legittimit dell 'estensione della giurisdizione esclusiva amministrativa a una materia,
!' dei servizi pubblici, dai confini non definiti e pertanto tale da escludere la com-
l:bggi la giurisdizione esclusiva per entrambe le fattispecie affermata dall'art. 133, cod. proc.
rispettivamente alle lettere i) e g), del comma l.
S.u. 60112005
312
Limiti alla giurisdizione esclusiva del O.A.
petenza del giudice ordinario per una serie di rapporti con l'amministrazione, generica_
mente inerenti al settore indicato ma riconducibili al diritto comune e non coinvolgenti
profili specifici d'interesse pubblico.
Per queste ragioni, l'attribuzione di giurisdizione esclusiva al giudice amministra_
tivo, ad opera del menzionato art. 33, stata ritenuta conforme a Costituzione solo
relativamente a materie particolari e specifiche, tra le quali, appunto, quella relativd
alle concessioni di servizi pubblici e, al riguardo, espressamente la motivazione avverte
che il Legislatore, con l'art. 5 della L. 1034 del 1971, aveva gi dettato una regola sulla
giurisdizione rispettosa dei principi costituzionali, regola che stata, di conseguenzd;
sostanzialmente ripristinata, ma senza svolgere alcuna considerazione che induca a ri-
tenere che a questa regola sia stata attribuita valenza di generale principio costituzio-
nale.
Non consentito perci enucleare dalla sentenza in esame il principio generale della
non conformit a Costituzione di tutte le previsioni legislative, le quali, nel devolvere
alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie inerenti a una "particolare
materia ", contrassegnata dal dominio del diritto pubblico e dalla titolarit di poteri
amministrativi, e perci dalla presenza sia di situazioni d'interesse legittimo, sia di
tuazioni di diritto soggettivo, non riservano all'autorit giudiziaria ordinaria le contro-
versie (meramente) patrimoniali inerenti alla materia stessa. "
Ogni residuo dubbio, del resto, resta dissolto dalla considerazione che la senten-
za costituzionale reca in motivazione il riferimento a numerose ipotesi di giurisdizione
esclusiva amministrativa presenti nell'ordinamento, da quelle pi risalenti ad altre
recenti, tutte ritenute legittime perch concernenti materie particolari nelle quali
ministrazione esercita poteri amministrativi, oppure, nel presupposto della titolarit di
essi, conclude accordi sul suo esercizio o sostitutivi del provvedimento. Ebbene, tra gli
altri, il riferimento ali 'art. 11 della L. 241 del 1990 indicativo della legittimit dellil
devoluzione anche delle controversie patrimoniali comprese nella materia alla
zio ne esclusiva amministrativa (tra le cuntroversie inerenti al! 'esecuzione del! 'accordo
rientrano certamente quelle concernenti l'adempimento di obbligazioni).
Senza sottovalutare, infine, la circostanza che della legittimit della devoluzione
giurisdizione amministrativa delle controversie patrimoniali promosse dall lml1ip(7ntn
pubblico non si era mai dubitato in precedenza e l'assenza di dubbi appare
nelle pronunce della Corte costituzionale che hanno assicurato ai diritti notril11nninli
dei dipendenti pubblici strumenti processuali atti a garantire l'effettivit della tutela
processo amministrativo (e. Costo n. 190 del 1985 e n. 146 del 1987) ".
Le stesse ragioni ci inducono a valutare con favore la giurisdizione
dipinta dall'art. 133, lett. a.4), cod. proc. amm. in ordine alle controversie
tive all'indennizzo da revoca di provvedimenti di cui all'art.21-nonies della L:
241/1990, vertendosi in tema di rapporti patrimoniali generati dall'esercizio
potere e non dalla manifestazione di autonomia privata (v. parte III, cap. VIII;,
8).
Lo stesso a dirsi per la giurisdizione esclusiva coniata dall' art. 133, 1ett.
cod. proc. amm. in tema di dj.a. ex art. 19 della L. 241/1990 - ora trasformata
in s.c.i.a. (v. parte III, cap. IV, 8 ss.), specie se si aderisce alla configurazion.y,
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 1
313
. d tto istituto come modulo autorizzativo tacito. Anche aderendo alla diversa
modulo privatisti co, peraltro. indubitabile che, se il terzo contesta
la legittimit non di un atto, nella speCIe non adottato, ma dI un
(l'inerzia serbata dalla P.A.), si tratta non di un mero comportamento
le ma di un comportamento amministrati.vo, strettamente collegato all'eserCIZIO
funzione di vigilanza e del potere dI autotutela. ..'
Si deve, infine, rinviare alla sez. I, cap. II, 4.2. per la quahficazIOne, m
'nl' pubblicistici anche dei comportamenti violativi delle norme pro ce-
terml ' .' . .
dimentali di azione nonch in caso di VIOlaZIOne del termme procedlmenta-
le (anche il non uso tempestivo .cattiv.o uso: versante
t e)
P
er i comportamenti violatIvl degh obbhghl precontrattuah dI dmtto
po er , . . '.c:
ne in un procedimento di evidenza pubbhca (anche m questo caso, mlattI,
comu . t f t
il comportamento atomisticamente privatistico in un contesto sm e
bblicistico) e, infine, in materia di omessa vigilanza da parte delle Autonta
pu 8 l' "1 della
nei settori di pertinenza (v. parte II, cap. IV, ,per omessa Vlgl anza
Consob). . d Il danno da
'.. Dette conclusioni sono state di recente ribadite dal LegIslatore, che ha ato ritardo ex
vita ad una giurisdizione esclusiva del G.A. per danno da ritardo ex art. del- art. 2-bis L.
l L 241/1990 (introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69) ed ora trasmlgrata 241/1990
dell'art. 133, comma 1, lett. a), cod. proc. amm. (v. cap. II, 5.6.).
La compatibilit di tale scelta con le coordinate fissate se
solo si considera che, pure ad accedere alla qualificaZIOne m termml dI dmtto
soggettivo della pretesa al rispetto dei tempi, si tratta pur
temporali che concernono lo svolgimento di una procedura pubbhclstIca, OSSIa
l'esercizio del potere autoritativo della P.A.
4. La giurisdizione esclusiva nel codice del processo amministrativo
E\:nerge, in definitiva, un quadro nel quale il G.A. in sede di di legit-
tihiit ed, a maggior ragione, in sede di giurisdizione esclUSIVa, nel enu-
cieato dalle sentenze nn. 204/2004 e 191/2006 della Consulta e dagh arrestI delle
S.D. della Cassazione nn. 13659 e 13660 del 2006, non pi giudice dell'atto, ma
giudice delle condotte amministrative tutte e del potere, in un sistema di tutele che
vede affiancata a quella impugnatoria anche quella risarcitoria
tivabile in una con quella di accertamento (v. sez. II, cap. I sulla
ca dell'oggetto del giudizio amministrativo e sul sistema delle tutele lVl
anche alla luce degli innovativi criteri che permeano la riforma del processo ammI-
nistrativo di cui al codice del processo amministrativo di cui al D.Lgs. 104/2010).
Con un'inversione di tendenza rispetto a quanto stabilito dal D.Lgs. 80/98 e
dalla L. 205/2000, la devoluzione della giurisdizione esclusiva del G.A. (e re-
sta) un'eccezione al generale criterio di riparto di giurisdizione ex 03 C?st.,
giustificato solo dalla stretta connessione tra diritti e potere pubbhco m ragIone
314 Limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.
di peculiari profili tipici di determinate materie. Resta, quindi, ineludibile pre-
supposto per il radicamento della giurisdizione esclusiva del G.A. la stretta con-
nessione con il potere, che deve sussistere, in via sintetica, anche nelle ipotesi
di mancanza di provvedimenti amministrativi. quanto da ultimo plasticamente
ribadito dal codice del processo amministrativo.
Invero, l'art. 7, co. 1, prima parte recita testualmente: "Sono devolute alla
giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di
interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti sog-
gettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo,
riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche
mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche ammini_
strazioni". Siffatta disposizione normativa appare degna di nota non solo poi-
ch al primo comma recepisce espressamente i dicta della Consulta in tema di'
perimetrazione della giurisdizione esclusiva del G.A. richiedendo l'esercizio
,
ancorch mediato, del potere, ma anche poich delinea, al secondo comma, la
nozione di pubblica amministrazione ai fini dell'applicazione del codice stesso,
ricomprendendovi, oltre alle PP.AA. in senso tradizionale, altres "i soggetti ad
esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento am-
ministrativo". Per la prima volta, infatti, in una disposizione sulla giurisdizione
in generale (e non solo sulla giurisdizione esclusiva, come era l'art. 34 D.Lgs.
80/1998) si fa riferimento non solo alle amministrazioni pubbliche .
mente intese, e quindi formalmente tali, ma anche ai soggetti ad esse equipa-
rati; con ci da una lato assecondando la tendenza a definire la P.A. in termini
oggettivi (secondo una logica a geometria variabile), e dall'altro conferman"
do che il giudice amministrativo giudice non della pubblica amministrazione
tradizionalmente intesa ma del pubblico potere, anche se esercitato da soggetti
solamente equiparati alle pubbliche amministrazioni. In ogni caso, la
equiparazione ai fini del riparto rileva solo se e nei limiti in cui tali
ti esercitino poteri pubblicistici riconosciuti loro espressamente dalla legge, il)
quanto tale circostanza costituisce, come si pi volte ribadito, il presuppostq
necessario per la devoluzione della controversia alla cognizione del giudice am-
ministrativo.
CAPITOLO 2
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
SOMMARIO: 1. I servizi pubblici alla luce della sentenza n. 20412004 della Corte costituzio-
nale (art. 33 D.Lgs. 80/1998; ora art. 133, comma 1, letto c., del codice del processo am-
ministrativo). - 1.1. L'effetto restrittivo della giurisdizione esclusiva. - 1.2. I possibi-
li effetti ampliativi. - 1.3. La residua rilevanza della nozione di servizio pubblico come
., criterio di riparto della giurisdizione. - 1.4. Le controversie escluse dalla giurisdizione
amministrativa per effetto della sentenza n. 20412004. - 2. La giurisdizione esclusiva
in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture (art. 244 del D.Lgs. 163/2006, ora
art. 133, comma l, letto e, n. l del codice del processo amministrativo). - 3. La giuri-
sdizione esclusiva nella materia edilizia, urbanistica ed espropriativa (artt. 34 del D.Lgs.
80/1098 e 53 del D.P.R. n. 32712001, ora art. 133, comma l, lett.fe g, del codice del
processo amministrativo). - 3.1. La giurisdizione esclusiva in materia urbanistica ed
edilizia prima dell'intervento della Corte costituzionale. - 3.2. La giurisdizione sulle
occupazioni espropriative e usurpative dopo Corte cost. 20412004 e 19112006. - 3.2.1.
La Cassazione restringe la giurisdizione esclusiva ai soli casi di occupazione esecutiva
di provvedimenti illegittimi. - 3.2.2. Il Consiglio di Stato la estende ai casi di connes-
sione in senso lato con il potere pubblico. - 3.3. Nostre considerazioni. - 4. [Segue]
la tutela possessoria contro la P.A. - 5. Le altre materie devolute alla giurisdizione
esclusiva. - 5.1. Il pubblico impiego non privatizzato (art. 63, comma 4, del D.Lgs.
165/2001 e 133, comma l, 1ett. i del codice del processo amministrativo). - 5.2. Lc
controversie nella materia della concessione di beni pubblici (art. 5 L. 1034/1971, ora
art. 133, comma l, 1ett. b del codice del processo amministrativo). - 5.3. Gli accordi tra
privati e amministrazioni ai sensi dell'art. 133, letto a, n. 2, del codice del processo am-
ministrativo. - 5.4. La giurisdizione esclusiva su silenzio e Segnalazione Certificata di
Inizio Attivit (gi dj.a.), ex art. 133, comma 1, letto a), n. 3, cod. proC. amm. e art. 19 L.
241/09, come modo dal D.L. 78/10. - 5.5. Giurisdizione esclusiva in tema di indennizzo
conseguente a revoca di provvedimento (art. 133, comma l, letto a, n. 4, del codice del
processo amministrativo). - 5.6. La giurisdizione esclusiva in tema di danno da ritardo
(art. 133, comma 1, letto a, n. 1, del codice del processo amministrativo). - 5.7. La giu-
risdizione esclusiva in materia di diritto sportivo (art. 133, comma l, letto z, del codice
.i . del processo amministrativo). - 5.8. La giurisdizione esclusiva in materia di energia
elettrica nell'art. 133, comma l, letto o, del codice del processo amministrativo). - 5.9.
, La giurisdizione esclusiva in tema di gestione dei rifiuti (art. 133, comma l, letto p, del
.. codice del processo amministrativo). - 5.10. La class action pubblica (legge C.d. Bru-
netta 15/2009 e D.Lgs. di attuazione 20 dicembre 2009, n. 198). - 5.11. Le altre ipotesi
di giurisdizione esclusiva previste dall'art. 133 del codice del processo amministrativo.
- 6. La giurisdizione sul risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo a sua
volta una materia di giurisdizione esclusiva?
Premessa
La sentenza n.
204/04 della
Corte costo
316 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
Nei successivi paragrafi saranno esaminate le principali materie di giurisdizio-
ne esclusiva previste nel tempo da una pletora di disposizioni succedutesi nel
tempo, ora abrogate e raggruppate nell'art. 133 del codice del processo ammi-
nistrativo. A detta nonna, oltre che alle eventuali ulteriori leggi che prevedano
ipotesi di giurisdizione esclusiva, rinvia l'art. 7, comma 5, del codice, secondo
cui "nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall'art. 133,
il giudice amministrativo conosce, a fini risarcitori, anche delle controversie
nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi". La logica di concentrazione
che pennea la giurisdizione, esclusiva e non solo, del O.A., ben focalizzata dal
comma 7 del medesimo art. 7, a mente del quale "il principio di effettivit re-
alizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogn:i
forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla
legge, dei diritti soggettivi".
Nel presente capitolo si tenter, dunque, di analizzare in modo dinamico
l'evoluzione, anche temporale, dell'ambito della giurisdizione esclusiva del giu-
dice amministrativo. Per tale ragione si continuer a far riferimento non solo
alle nonne rilevanti inserite nel codice del processo amministrativo, ma anche a
quelle originarie 'disseminate' in diversi atti nonnativi che si sono susseguiti, e
in parte sovrapposti, negli ultimi anni.
1. I servizi pubblici alla luce della sentenza n. 204/2004 della Corte costitu-
zionale (artt. 33 D.Lgs. 80/1998; ora 133, comma 1, lett. c, del codice del
processo amministrativo)
La giurisdizione in materia di servizi pubblici ha avuto (e forse continua ad
avere) una vita travagliata. Dopo la declaratoria d'illegittimit costituzionale
dell'art. 33 D.Lgs. 80/98 per eccesso di delega pronunciata dalla Corte costitu-
zionale con la sentenza n. 292 del 17 luglio 2000 e la successiva riscrittura ad
opera dell'art. 7 L. 205/2000, sulla nonna si abbattuta nuovamente la falcidia '.
della Corte costituzionale con la nota pronuncia n. 204/2004.
Partendo dal presupposto secondo cui "il Legislatore ordinario ben pu
ampliare l'area della giurisdizione esclusiva purch lo faccia con riguar-
do a materie (in tal senso particolari) che, in assenza di tale previsione
contemplerebbero, in quanto vi opera la pubblica amministrazione come
autorit, la giurisdizione generale di legittimit", la Corte ha dichiarato in-
costituzionale l'art. 33, comma 1, come sostituito dall'art. 7 legge 205/2000,
nella parte in cui prevedeva che fossero devolute alla giurisdizione esclusi-
va del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici .
servizi n, anzich "le controversie in materia di pubblici servizi relative a
concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennit, canoni
ed altri corrispettivi (cosi come era previsto fin dall 'art. 5 della L. 1034 del
1971), ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministra-
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2
317
zione O dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministra-
tivO disciplinato dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, ovvero ancora quelle
relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo
nei confronti del gestore (cosi come era previsto dall 'art. 33, comma 2, let-
c) e d) n.
. B' stata del tutto cancellata, invece, l'elencazione esemplificativa di contro-
versie contenuta nel comma 2. Tale elencazione, si legge nella sentenza, oltre ad
travolta dalla censura che investe la previsione di "tutte le controversie
in materia di pubblici servizi", contemplava comunque liti nelle quali poteva
essere del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-
autorit, travalicando in tal modo il limite delle particolari materie di cui all'art. L'art. 133, lett.
. c) cod. proc.
103 Cost. amm.
, La manipolazione del testo legislativo ad opera della Corte Costituzionale,
stata da ultimo recepita, quasi integralmente, dal Legislatore del 2010, il quale,
nell'elencare all'art. 133, comma 1, 1ett. c), cod. proc. amm., le materie devolute
alla giurisdizione esclusiva, devolve al O.A. in g.e. "le controversie in materia
di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle con-
cernenti indennit, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti
adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in
un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un
pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonch
cif.ferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare,
al servizio jrmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pub-
blica utilit n.
o Volendo schematizzare, e rinviando per approfondimenti ai paragrafi succes-
sfvi, deve precisarsi come la nuova giurisdizione esclusiva sia oggi perimetrata
s,ulla base di due criteri.
Il primo, di carattere trasversale ( o orizzontale), fa riferimento al tipo di con-
ed destinato ad operare in relazione a qualsiasi servizio pubblico.
quale che sia il servizio pubblico che viene in considerazione, sono devo-
al giudice amministrativo solo le controversie che rientrano in uno dei tipi
\ndividuati dalla Corte (concessione di servizi pubblici; provvedimenti; affida-
mento di servizio pubblico; vigilanza sul soggetto gestore).
',L,'altro criterio, invece, prescinde dal tipo di controversia ed impone di
che la lite afferisca ad uno dei servizi pubblici espressamente
menzionati (vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobi-
.. servizio farmaceutico, trasporti, telecomunicazioni, servizi di pubbli-
Tale criterio, a differenza del precedente, non taglia in maniera
tutta la materia dei servizi pubblici, ma ha una portata verticale,
trersenso che opera solo per determinati settori (quelli "nominati" appun-
te) nel cui ambito sembra devolvere alla cognizione del O.A. ogni relativa
Al O.A. solo
alcune tipologie
di controversie
Le concessioni
di pubblici
servizi
318 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
1.1. L'effetto restrittivo della giurisdizione esclusiva
Confrontando il vecchio testo dell'art. 33 D.Lgs. 80/98 con quanto disposto
dall'art. 133, lett. c), cod. proc. amm., appare evidente che mentre il primo cri.
terio (quello orizzontale) riduce l'area della nuova giurisdizione
esclusiva circoscrivendola ad alcune controversie tipizzate, il secondo criterio
(quello verticale) finisce, invece, per avere, sia pure con riferimento ad alcuni
servizi pubblici, un effetto ampliativo della sfera di cognizione del giudice amo
ministrativo.
Quanto al primo aspetto, facile evidenziare che, mentre prima dell'intero
vento della Corte costituzionale l'ambito di cognizione del G.A. esclusivo ab.
bracciava, indistintamente, tutte le liti in materia di servizi pubblici, con l'unica
eccezione dei rapporti individuali di utenza e delle controversie meramente ri.
sarcitorie, successivamente all'intervento della Consulta al G.A. sono rimesse
solo alcune tipologie di controversie ed, in particolare, quelle relative:
l) alla concessione di pubblici servizi (escluse quelle concernenti indennit,
noni ed altri corrispettivi);
2) a provvedimenti adottati dalla P.A. in un procedimento amministrativo disci.
plinato dalla L. 241/1990;
3) all'affidamento di un servizio pubblico;
4) alla vigilanza e controllo nei confronti del soggetto gestore.
Si tratta, per molti versi, di un ritorno al passato che segna un considerevole ridimensio-
namento della giurisdizione esclusiva rispetto al testo originario dell'art. 33.
Basti pensare che le concessioni di servizi pubblici erano gi devolute alla
zione esclusiva dall'art. 5 L. 1034 del 1971. La restaurazione del passato qui integrale,
perch vengono espressamente eccettuate le controversie concernenti indennit, canoni ed
altri corrispettivi: sar possibile cos giovarsi delle linee interpretative consolidate che la
Cassazione aveva gi stilato in punto di giurisdizione in relazione al vecchio art. 5 legge
T.A.R. affermando che in tema di indennit, canoni e corrispettivi la norma non conia una
giurisdizione esclusiva del g.O. ma rinvia implicitamente al normale riparto governato dalla
causa petendi. Riparto in base al quale verr in rilievo la giurisdizione del g.O. se il tema
del contendere tocchi meri diritti patrimoniali senza coinvolgere l'esplicazione del potere
discrezionale della P.A. in punto di fissazione dei indelmit, canoni e corrispettivi.! Per
l Cassazione civile, S.V., 3 aprile 2009, n. 8113 ha quindi reputato di pertinenza del g.O. la contro-
versia relativa al compenso spettante al gestore del servizio di tesoreria, secondo un criterio di riparto
gi presente nell'art. 5 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, non implicando statuizioni sulla validit e l'ope-
rativit di clausole della concessione, e richiedendo un'indagine meramente preliminare e delibativa
sul contenuto e la disciplina del rapporto concessorio. Lo stesso principio stato affermato da Cassa-
zione civile, S.V., 6 marzo 2009, n. 5465, con riguardo alla controversia riguardante il corrispettivo
dovuto da un ente locale al gestore di una discarica per lo smaltimento dei rifiuti in quanto relativa
ad canoni od corrispettivi" dovuti dal concedente al di un pubblico
servIZIO; analogamente ha moltre concluso Casso civ., S.V., 25 marzo 2010, n. 7160 con riferimento
alla con si chiede "l.a illegittimit del ritardo nell' esercizio di poteri
mrummstratlV! (relatIVI alla determmazlOne del cOrrIspettivi tariffari per i servizi di controllo sul
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 319
l'analoga giurisdizione esclusiva in tema di concessione di beni, v. la parte II,
cap. VI, 6.2.
Anche con riferimento ai provvedimenti amministrativi, la giurisdizione del G.A. di-
scende, in linea di massima, dall'applicazione del tradizionale criterio di riparto fondato
sulla natura della situazione giuridica fatta valere.
Sotto quest'ultimo profilo, quindi, la previsione di una giurisdizione esclusiva appare
per molti versi inutile e tautologica: il provvedimento amministrativo, come tale, impli-
ca, infatti, l'esercizio di una funzione con la quale si commisura una posizione sogget-
tiva d'interesse legittimo, e al giudice compete un sindacato uguale a quello esercitato
nell'ordinaria giurisdizione di legittimit. In questo caso, quindi, l'omologazione della
giurisdizione esclusiva alla giurisdizione di legittimit risulta integrale.
2
L'unico effetto che la previsione di una giurisdizione esclusiva in tale ambito pare
avere quello di devolvere al G.A. anche i c.d. diritti fondamentali, tradizionalmente
ritenuti non affievolibili dai provvedimenti amministrativi, oppure i provvedimenti adot-
tati in carenza di potere, quanto meno in concreto e, ancora, i provvedimenti nulli purch
esistenti, costituenti pur sempre espressione della veste autoritativa della P.A. (su questi
ultimi concetti si rinvia, ancora, alla parte I, sez. I, cap. II).3
bagaglio da stiva nell'ambito del trasporto aereo) ed il risarcimento del danno per tale ritardo da
parte della P.A., stante la natura autoritativa e tecnicamente discrezionale della determinazione mi-
nisteriale dei corrispettivi dovuti al gestore del servizio e della fissazione della relativa esigibilit".
Da ultimo occorre segnalare una recente ordinanza delle Sezioni Vnite della Corte di Cassazione (8
aprile 2011, n. 8035) secondo cui "con la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, l'mi. 33
del D.L.vo n. 80 del 1998, nel testo sostituito dall'art. 7 della L. n. 205 del 2005, il quale prevede la
giurisdizione esclusiva del O.A. in materia di servizi pubblici, stato dichiarato parzialmente illegit-
timo ed interpretato nel senso che la materia dei pubblici servizi pu essere oggetto di giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo nel solo caso in cui la P.A. agisca esercitando il proprio potere
autoritativo ovvero, stante la facolt riconosciutale dalla legge di adottare strumenti negoziali in
sostituzione di tale potere, nel caso in cui essa si avvalga in concreto di tale facolt, il cui esercizio,
peraltro, presupponga pur sempre l'esistenza di quel potere", ha concluso che "rientra nella giurisdi-
zione del giudice ordinario una controversia in materia di servizi pubblici, ove il privato lamenti un
mero inadempimento contrattuale, atteso che in tale ipotesi la controversia ha ad oggetto diritti sog-
gettivi di fonte negoziale, oggetto del contendere essendo il rapporto individuale o intersoggettivo
di utenza e le situazioni giuridiche ad esso sottese, inclusa quella risarcitoria" (la fattispecie rimessa
all'attenzione della Corte era relativa ad un'azione proposta da un soggetto privato nei confronti di
ENEL s.p.a, con la quale si chiedeva la condanna della societ all'esecuzione dell'allacciamento alla
rete di distribuzione dell'utenza agricola di propriet dell'attore, ovvero - in subordine - alla restitu-
zione della somma versata per l'ottenimento dell'utenza).
2 Cassazione civile, S.V., 25 marzo 2009, n. 7103 ha affermato che le controversie relative al
servizio di sostegno scolastico a favore di minori diversamente abili spettano alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 33 D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (e succes-
sive modificazioni), come inciso dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte cost., concernendo
provvedimenti adottati dalla P.A. nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali in materia
di pubblici servizi, come nella ipotesi (ricorrente nella specie) in cui, chiedendo l'aumento del
numero delle ore di supporto concesse al minore, si mette in discussione la correttezza del potere
amministrativo esercitato nell' organizzazione del servizio.
3 Ad avviso di Cassazione civile, S.V., 9 febbraio 2009, n. 3058, la cognizione della domanda pro-
posta nei confronti del Comune da un alunno pOliatore di handicap, al fine di far dichiarare il diritto
al trasporto gratuito dalla propria abitazione alla scuola, in relazione ai disposti dell'art. 28 L. 118
I provvedimenti
amministrativi
Utilit di una
giurisdizione
esclusiva in
presenza di un
provvedimento
amministrativo
Il riferimento
alla L. 241/1990
320
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
Una parte della dottrina, tuttavia, applicando alla sentenza i canoni interpretativ'
della legge, ha cercato di dare un significato pi ampio all'espresso riferimento che 11
sentenza n. 20412004 fa ai provvedimenti amministrativi. a
. affermat?, in particolare, che se la Corte ha sentito l'esigenza di circoscrivere la giu-
nsd1Zl0ne esclusiva a queste fattispecie, lo ha fatto perch ha considerato quantomeno com
possibile una qualificazione delle situazioni soggettive confrontabili con i detti
menti in termini didiritto soggettivo. In quest'ottica, il dictum della Corte, lungi dall'essere
tautologico, avrebbe una sua "utilit", agevolando l'individuazione della giurisdizione in
tutti quei casi in cui, pur a fronte di un provvedimento amministrativo, risulti problematica
la in ?i. diritt? o interesse della posizione del privato. Si fa l'esempio
degli attI con 1 quali l ammIll1strazIOne, applicando la L. 241/1990, provveda alla scelta di
privato per la costituzione di una societ mista affidataria della gestione di un ser-
VIZIO pubblico, oppure agli atti di nomina o revoca degli amministratori.
133, letto amm., ha invece espunto il richiamo che la Corte opera, per
delimitare la nuova gmnsd1Zl0ne esclusiva, alla L. 241/1990. Il Legislatore codi cistico ha fatto
proprie le critiche mosse a tale riferimento dalla dottrina e dalla giurisprudenza all'indomani
della Si osservava, infatti, che il riferimento alla legge
sul procedimento atrurumstratlvo nsultava, a seconda dell'opzione teorica che si riteneva di
seguire in merito al campo di applicazione di tale nOlmativa, o tautologico o irragionevole.
del 1971 e .dell'ar:. 8, g, L. .104 del 1992, appartiene alla giurisdizione amministrativa, poich il
P?rtatore dI handIcap e tItolare m proposito di un interesse legittimo, trattandosi di provvidenza che
vIene erogata sulla base della compatibilit con le risorse di bilancio pubblico, da valutarsi discrezio-
nalmente da parte della pubblica amministIazione. In merito anche il T.AR. Veneto ha recentemente
concluso che "la controversia diretta all' annullamento di provvedimenti autoritativi con cui il servizio
di scolastico a favore di alunni disabili che f'equentano le scuole medie superiori e i CFP
essere a tI!tti i richiedenti, viene limitato a coloro che abbiano ottenuto una
una apposIta di accesso, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice ammi-
lllstratlv.o attIene .a materia relativa al pubblico scrvizio di trasporto scolastico di soggetti
portaton dI handIcap, fmahzzato a rendere effettivo il diritto allo stI!dio (v. art. 33, comma 2, lett. e)
del d. Igs. 80 del non. costitI!endo il servizio di trasporto a fini scolastici degli alumli disabili
contratto dI utenza .dl dmtto pnvato tra la P. A obbligata al servizio e i genitori dei soggetti interessati"
(sez. III, 23 febbraIO 2010, n. 497). Ancora il Tribunale di Roma ha ritenuto sussistente "il difetto di
g.O. della controversia instaurata dai genitori del figlio disabile al fine
dI ottenere II nconosclmento dI un amministratore di sostegno non sussistendo il diritto dell'alunno
P?rt.atore d.i ad avere. un insegnante di sostegno, n un numero di ore di sostegno che possa
dIrSI (sez. II, 6 apnle 2010, 7464). Sulla stessa lunghezza d'onda Cassazione civile, S.D.,
6. ha reputato che in materia di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai
m It.aha presso centri di altissima specializzazione all' estero, per prestazioni che non
sIano ottembIlI m Itaha tempestivamente o in fonna adeguata alla particolarit del caso clinico (art. 5
L. 23 ottobre 1985 n. 595 e decreto del ministro della sanit 3 novembre 1989 come successivamente
modificato), la giurisdizione spetta al g.O., sia nel caso in cui siano addotte situazioni di eccezionale
ed urgenza, prospettate come ostative alla possibilit di preventiva richiesta di autorizzazione
sIa nel caso. in cui sia stata chiesta e si assuma illegittimamente negata, giacch
comunque m Il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di affievolimento per
effetto meramente tecnica riconosciuta alla P.A in ordine all'apprezzamento dei
presuppostI per delle prestazioni. In tennini, V. T.AR. Trentino Alto Adige, Bolzano, 25
febbraIO 2010, n. 57, m Red. amm. TAR 2010, 02; contra, tI!ttavia, V. T.AR. Lombardia, sez. III, 04
febbraio 2011, n. 351, in Foro amm. TAR 2011,2,362.
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 321
In particolare, se si fosse ritenuto che la L: si nelle sue
. osizioni di principio, a tutti i procedimentI ammmistratIvI, Il cnteno mtrodotto dalla
dlSp ., l' . d' h tt t
C rt
non avrebbe avuto alcuna reale capaCIta se ettlVa e, qum 1, anc e so o ques o
o e .
rofilo, la norma si presenterebbe, ancora una volta, tautologlca.
p Se, invece, si fosse opinato nel senso che la legge 241/.1990 non ave.sse
rcazione si sarebbe giunti alla conclusione secondo CUI era necessano dlstmguere, ai
app I . . . d' . l' . d l l l' lt'
fini del riparto della giurisdizione, tra 1 procedImentI ISCIp matI a ta e egge e g 1 a n
procedimenti . .
( Accogliendo questa mterpretazIOne, tuttaVIa, la norma scntta dalla Corte pre.sentava
. . denti elementi di irrazionalit. Pur in presenza di un agere del soggetto pubbhco pro-
eVI b' ... .
cedimentalizzato e, dunque, di fattispecie in cui la pub hca ammmlstrazIOne come
utorit, la giurisdizione esclusiva avrebbe dovuto essere affermata o negata m base al
meramente estrinseco o formale dell'applicabilit o meno della L. ...
Continuando questa rapida panoramica delle controversie devolute alla gmnsdizIOne
esclusiva, la Corte e, di conseguenza, il codice conservano al G.A. le controversie in
materia di affidamento di un pubblico servizio e quelle relative alla vigilanza e controllo
nei confronti del soggetto gestore. .
Il riferimento generico all'affidamento dei servizi pubblici, senza ulteriore specIfi-
. . . . .. .,. d' . l del servIZI
cazione, consente dI svmcolare la gmnsdizIOne esclUSIva dalI eSIstenza 1 un tIto o con- pubblici
cessorio. Si tratta di una soluzione opportuna, in considerazione anche del fatto che la
concessione ormai un istituto recessivo nel sistema di affidamento dei servizi pubblici.
Emblematiche, in tal senso, sono le novit susseguitesi nella disciplina sull'affidamento
dei servizi pubblici locali, dapprima introdotta con l'art. 14 della legge 24 novembre
2003, n. 326, che riformulava l'art. 113 D.Lgs. 26712000, e poi doppiate dal nuovo art.
23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 che non menzionano pi la concessione tra le mo-
dalit di affidamento dei servizi pubblici locali aventi rilevanza economica.
Non sar facile, tuttavia, individuare con precisione la tipologia di controversie rela-
tive all'affidamento del servizio. Occorrer verificare, in particolare, se, e in che misura,
tale ampia formula sia in grado di ricomprendere alcune delle controversie concernenti
"l'istituzione, modificazione o estinzione del soggetto gestore", prima contemplate dalla
lettera a) del comma 2 dell'art. 33.
Infine, l'art. 133 cod. proC. amm. continua a menzionare le controversie relative al con-
trollo e alla vigilanza nei confronti del soggetto gestore, il che consente di mantenere nell'or-
bita della giurisdizione amministrativa tutte le liti gi menzionate nel vecchio testo dell' art. 33
D.Lgs. 80/98. La Cassazione, con sentenza delle S.v. 29 luglio 2005, n. 15916 (recentemente
ribadita dalla sez. 1,25 febbraio 2009, n. 4587), ha tuttavia escluso la giurisdizione del GA
in tema di risarcimento danni da omessa vigilanza Consob, poich nel caso di specie viene in
rilievo la lesione di un diritto soggettivo all'integrit del patrimonio non legata al sindacato su
atti autoritativi della PA (v. sul tema, ampiamente, parte II, cap. IV).
1.2. I possibili effetti ampliativi
Accanto a questo primo effetto, fortemente restrittivo della cognizione del giudice am-
ministrativo, ora circoscritta ad alcune tipologie di controversie, la decisione della Corte
costituzionale, pur nata con il dichiarato intento di ridune la portata della giurisdizione
esclusiva, determina anche un duplice effetto ampliativo della medesima.
La vigilanza nei
confronti del
soggetto gestore
324 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
Ebbene, la Consulta ha dato nuovo vigore a tale posizione ermeneutica.
Nel nuovo testo, infatti, la norma non solo non menziona pi l'eccezione dei rapporti
individuali di utenza, ma espressamente include nell'ambito della giurisdizione ammi-
nistrativa le controversie relative a provvedimenti amministrativi emanati dalla pubblica
amministrazione. Quindi, dopo la sentenza della Consulta, non pare esservi dubbio sul
fatto che in materia di rapporti di utenza, per individuare il giudice competente a cono-
scere delle relative controversie, assume rilievo determinante la fonte regolatrice del
rapporto medesimo, per cui:
1) se la fonte un contratto vi sar giurisdizione ordinaria;
2) se, al contrario, la fonte un provvedimento della P.A., vi sar giurisdizione ammi-
nistrativa.
Anche rispetto alle controversie meramente risarcitorie la Cassazione ha ribadito
con riferimento all'omessa vigilanza della Consob su titoli, operazioni ed operatori
nanziari, che l'espunzione dell' eccezione relativa alle questioni risarcitorie non incide
sull'ascrizione al g.O., alla luce della ratio e degli effetti della riscrittura del primo com-
ma, delle controversie relative a danni cagionati da comportamenti non riconducibili
all'esercizio del potere autoritativo.
Va, infine, segnalato che, l'art. 133, comma l, lett.l), del codice del processo devolve
alla giurisdizione esclusiva anche le controversie relative alle sanzioni applicate dalle
Autorit indipendenti, comprese quelle irrogate dalla Consob e dalla Banca d'Italia, in
precedenza devolute alla giurisdizione ordinaria.
Su tale tema si rinvia, specificamente, alla parte II, cap. IV, 7 e 8.
1.3. La residua rilevanza della nozione di servizio pubblico come criterio di
riparto della giurisdizione
Nonostante il ridimensionamento imposto dalla Corte costituzionale alla giu,
risdizione amministrativa esclusiva, la nozione di servizio pubblico continua
ad integrare uno dei criteri di delimitazione degli spazi di cognizione assegnati
dall'art. 133 cod. proc. amm.
La Consulta ha escluso che potessero rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutte le controversie in materia di servizi pubblici e ha eliminato l'elen-
cazione semplificativa contenuta nel secondo comma dell'art. 33 D.Lgs. 80/1998.
Ci nonostante, nel dettare i confini della nuova giurisdizione, non ha voluto pre-
scindere dalla sfuggente nozione di servizio pubblico, precisando che, nell'ambito della
vasta categoria, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva soltanto quel-
le controversie in cui sussista l'inscindibile correlazione tra la "materia dei pubblici
servizi" e l'esercizio del ''potere autoritativo" da parte della Pubblica amministrazione.
La Corte costituzionale, tuttavia, non fornisce alcuna indicazione nel chiarire la no-
zione di servizio pubblico che stata considerata, da un'autorevole scuola di pensiero,
tra le pi tormentate dell' ordinamento giuridico italiano, visto che la legislazione,
concernenti, cio, il singolo rapporto di fornitura del servizio tra gestore e privato cittadino
utente".
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2
325
eluso l'art. 133 cod. proc. amm., non ne ha fornire nozi.one e:
conseguentemente, dottrina non ha. avuto a preCiSi ed Ul1lVOCi termmi di
'ferim
ento
sui quah fondare le propne COStruZiOl1l teonche.
r1 All'interno del dibattito che si sviluppato tra i sostenitori della teoria soggettiva, se-
. . ," , f . t' . l dI serVIZIO
ndo cui il servizio pubblico conSiste m un attiVita non avente orma autonta iva nvo - pubblico
co . 1 . . h'
ta terzi, la cui titolarit assunta da un ente pubblico, e a teona oggettiva, c e ancora
l: nozione di servizio pubblico a criteri oggettivi riconoscibili, prevalsa., dottrina e
in giurisprudenza, quest'ultima accezione che comprenderebbe tutte le svolte da
ualsivogl
ia
soggetto, riconducibili a un ordinamento di settore, sottoposte CiO a con-
vigilanza o a mera autorizzazione da parte di una pubblica
,,! Particolare impulso all'affermazione di una concezione oggettiVa del servlZlo pub-
blico stato dato dall'art. 43 Cost. a tenore del quale, "afini di utilit generale, la legge
pu riservare o mediante e
allo Stato, ad enti pubbliCI o a comumta dI lavoratorT e dI utentI determmate Imprese o
oategorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o afonti di energia o
situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale".
Argomenti a favore della tesi oggettiva possono trarsi anche dalla normativa in ma-
teria di servizi pubblici locali e dalle relative modalit di gestione, cosi come evolutasi
attraverso le leggi im. 142/1990,448/2001 e 326/2003.
Gli indici di riconoscimento della pubblicit del servizio vengono, solitamente, iden-
Hficati nella coesistenza di tre presupposti, cos declinabili:
a) il risultato dell'attivit deve consistere in una prestazione;
b) per la gestione del servizio deve esistere un'organizzazione stabile con un controllo
pubblico che assicuri un livello minimo di erogazione;
c,) l'attivit deve essere diretta alla soddisfazione immediata dei bisogni dell'utenza:
" , La dottrina e la giurisprudenza avevano ritenuto che la precedente formulaZiOne La nozione
" d . oggettiva
33 avesse la nozione. di servizio o di servizio
ppmo luogo dalla Circostanza che la dispOSiziOne espressamente mclude nell ambito dei pubblico accolta
servizi pubblici tipi di attivit, come il servizio farmaceutico, i trasporti, le telecomuni- dall'art. 33
c'boni, l'energia elettrica, il gas, svolte generalmente da soggetti privati o che agiscono
alla stregua di privati e, in secondo luogo, desumendo, da tale elencazione esemplifica-
tfva, talune essenziali indicazioni sintomatiche della scelta di far riferimento a quelle
attivit non solo assoggettate ad un regime giuridico implicante la necessaria osservanza
,di un dovere di imparzialit e di obblighi di continuit, regolarit ed obiettivit in sede
gestionale, ma anche connotate, sul piano finalistico, dall'idoneit a soddisfare in modo
diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti.
La sentenza n. 204/2004, se pure non toglie rilevanza alla nozione di servizio pubbli-
cb ai fini del riparto della giurisdizione, rischia, tuttavia, di mettere in discussione alcuni
',ditali punti.
E'Si fa riferimento in particolare alla tradizionale concezione del servizio pubblico
come attivit che si differenzia dalla pubblica funzione per il suo svolgersi a mezzo di
atti non autoritativi, concezione che, evidentemente, male si concilia con le conclusioni
9Mi giunge la Corte costituzionale, secondo cui, al contrario, in materia di servizi pubbli-
cida giurisdizione amministrativa sussiste solo nei casi in cui la pubblica amministra-
zione agisce come autorit.
Resta da chiarire, inoltre, se la nozione di servizio pubblico in senso oggettivo com-
La nozione di
S,p. alla luce
della sentenza
Corte Cast, n.
204/2004
326 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
prenda solo le prestazioni volte direttamente al soddisfacimento dei bisogni della collet,
tivit ovvero anche quelle che raggiungano tale scopo in via indiretta.
Al riguardo sono a confronto, in buona sostanza, due interpretazioni: l'una estensiva
o "pubblicistica" e l'altra restrittiva o "privatistica".
necessaria
la destinazione
alla collettivit
Secondo la prima, seguita da una parte della -giurisprudenza amministrativa, rien,
trano nelle attivit di servizio pubblico non solo quelle dirette al soddisfacimento
bisogni dell 'utenza,. ma anche tutte quelle meramente strumentali.!
Di segno opposto la Corte di Cassazione e la prevalente giurisprudenza amministra'
tiva, che hanno evidenziato come tutte le attivit strumentali alla gestione del servizio
pubblico, ossia quelle che si collocano "a monte" di tale servizio, non rientrano nella sua
nozione, poich non vi , in tali ipotesi, un'erogazione diretta e immediata di utilit alla
Nozione di s.p.
dopo la senten-
za n. 204/2004
Le controversie
patrimoniali tra
A. Us.L. e so-
ciet accreditate
collettivit.
I
L'illustrata accezione restrittiva di servizio pubblico, basata sulla destinazione finali
stica dell'attivit in favore di una platea indifferenziata di utenti, pare in linea anche
la nuova formulazione dell'art. 33, D.Lgs. 80/1998, come risultante a seguito di Corte
costituzionale n. 204/2004: anche nella nuova versione, infatti, permane il riferimento
a taluni settori (trasporto, telecomunicazioni, servizi pubblici ex lege n. 481/1995) nei
quali l'attivit del gestore presenta le indicate connotazioni funzionali.
1.4. Le controversie escluse dalla giurisdizione amministrativa per
della sentenza n. 204/2004
Come illustrato nei paragrafi precedenti, la farraginosa opera di chirurgia ortope ..
dico-legislativa posta in essere dalla Corte costituzionale ha finito per generare
rilevanti problemi interpretativi in ordine ai nuovi confini fra la F"c,uO',"U''''VJLlv
esclusiva amministrativa e la giurisdizione ordinaria nei servizi pubblici, i
peraltro, non sono stati risolti dal codice del processo amministrativo, che, .
pi volte ricordato, si limitato a riproporre pedissequamente, salvo il riferimen:l
to ai procedimenti amministrativi di cui alla 241/1990, il testo dell'art. 33 D
80/98 come riformulato dalla Consulta e recepito dal codice del processo.
In questa sede si deve dare contezza dei sussulti giurisprudenziali in merito
nuovo riparto di giurisdizione nella materia dei servizi pubblici.
In linea generale la giurisprudenza ritiene che le controversie squisitarneJlt(,l
patrimoniali tra la P.A. e il gestore del pubblico servizio siano tornate alla cogni-
zione del g.O.
In particolare, il contenzioso pi consistente di cui il G.A. si sta spogliando riguarda
controversie aventi ad oggetto pretese di pagamento per erogazione di prestazioni sani,,'
tarie fatte valere nei confronti delle A.U.S.L. da parte delle societ accreditate presso il
Sevizio Nazionale.
Al riguardo la prevalente giurisprudenza, preso atto della cassazione ad opera
Consulta della letto e) del comma 2 dell'art. 33 che attribuiva al G.A. la cognizione delle
controversie riguardanti le attivit e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patri,
moniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle svolte
bito del Servizio sanitario nazionale, afferma che la giurisdizione esclusiva in
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 327
comprende pi le controversie riguardanti diritti di credito, nelle quali la pubblica
non sia coinvolta come autorit, ancorch tali diritti scaturiscano da
am orti di natura concessoria, come nel caso dell'accreditamento presso il Servizio Na-
rapp
zional. . . ... .. .
. Si registra, invece, un contrasto gmnsprudenzmle m ordme alle controversIe relatlve Le
, ,. . ., d . f: .. ... f t' d Il patrzmomalz
alle mere pretese patnmomah avanzate al armacIsl convenZ1Onatl nel con ron l e e tra A. US.L. e
AU.S.L. per la fornitura dei farmaci alla collettivit che, secondo farmacisti
olidatasi prima della sentenza n. 204/2004, appartenevano alla gmflsdIzlOne esclUSIva
G.A. alla stregua dell'art. 33, che riconduceva in modo esplicito, nell'ambito della
.... nuova giurisdizione del giudice amministrativo, le controversie tra le amministrazioni
pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi (comma 2, lett. b) nonch
quelle riguardanti le attivit e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimonia-
le, rese nell'espletamento di pubblici servizi, "ivi comprese quelle rese nell'ambito del
Servizio sanitario nazionale" (comma 2, letto e).
Secondo una prima tesi, in tali fattispecie si in presenza di una pretesa contras-
segnata da un contenuto meramente patrimoniale attinente al rapporto interno (farma-
cista-A.U.S.L.) in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere
schematizzata secondo il binomio obbligo-pretesa, non venendo in rilievo il potere di
intervento riservato alla P.A. per la tutela di interessi generali, ovvero il coinvolgimento
lell'Amministrazione come autorit; il che esclude, quindi, una possibile riconduzione
. della vicenda alla giurisdizione del G.A.
8

Di diverso avviso altra tesi giurisprudenziale secondo cui le questioni attinenti ai


diritti di credito dei farmacisti, per quanto dotati di autonoma rilevanza rispetto al potere
riconosciuto all'amministrazione sanitaria, sono pur sempre
riflessa di detta potest, appositamente conferita per regolamentare la ma-
Pertanto il servizio farmaceutico, regolato dal potere autoritativo nella fase gene-
del rapporto di natura concessoria, sarebbe stato individuato dal Legislatore in
conforme al limite posto dall'art. 103, quale particolare materia da attribui-
giurisdizione esclusiva, anche in ordine al diverso momento delle controver-
'attinenti ai diritti soggettivi. E la Consulta, nel mantenere integra la giurisdizione
in alcune specifiche materie tra le quali il servizio farmaceutico, avrebbe
emesso un implicito giudizio di configurabilit in detti settori del potere autoritativo
'Amministrazione
9

"
C.O.A, 19 gennaio 2011, n. 51, secondo cui, per effetto della sentenza n. 20412004 della
spettano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie tra gestori del servizio
nazionale e le strutture private solo quando queste riguardano esclusivamente il paga-
di corrispettivi, mentre quando la vertenza coinvolga una verifica dell'azione autoritativa
. pubblica amministrazione sul rapporto sotto stante o l'esercizio di poteri discrezionali di cui
. gode nella determinazione di indennit, canoni ed altri corrispettivi, si radica la giurisdizione
giudice amministrativo.
. sul punto Cons. St., Ad. Plen., 27 marzo 2000 n. 1.
Cfr. inter alia, T.AR. Campania, Napoli, sez. V, 13 novembre 2007, n. 12106.
ex multis, T.AR. Calabria, Reggio Calabria, 03 dicembre 2005, n. 2178.
328 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
Nostra opinione In senso opposto si pu, tuttavia, agevolmente replicare che tale conclusione Con-
traddice sensibilmente il dictum del giudice delle leggi, quale enucleabile dalle ragioni
costituenti il nucleo motivazionale della pronuncia.
Invero, se pacifico che il rapporto intercorrente tra le A.U.S.L. e le farmacie per la
erogazione dell'assistenza farmaceutica si inquadra nello schema della concessione di
pubblico servizio, nel contempo le controversie avente ad oggetto la pretesa del farma-
cista concessionario al pagamento dei compensi dovutogli per il servizio svolto - costi-
tuenti il corrispettivo dei medicinali forniti, in forza della concessione, agli utenti del
servizio sanitario nazionale - hanno ad oggetto un vero e proprio diritto soggettivo 10 noli
legato ad alcun momento autoritativo della P.A. e, quindi, ormai rientranti nella giurisdi-
zione del g.O., alla luce della sentenza n. 204/2004.
2. La giurisdizione esclusiva in materia di affidamento di lavori, servizi e
forniture (art. 244 del D.Lgs. 163/2006, ora art. 133, comma l, letto e, n.
l, del codice del processo amministrativo)
Le controversie sui pubblici appalti e pi in generale in ordine all'attivit con-
trattuale della P.A., fino al D.Lgs. 80/98 e alla L. 205/2000, erano ripartite tra
il giudice amministrativo e il giudice ordinario secondo il generale criterio di
riparto basato sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi.
In base a tale criterio erano, quindi, affidate alla giurisdizione del G.A. le
controversie relative alla procedura pubblicistica di evidenza pubblica di scelta
del contraente, costituente esplicazione di un potere pubblicistico-autoritativo a
cui si giustappone un interesse legittimo del privato.
Successivamente alla scelta del privato attraverso il meccanismo della gara,
la pubblica amministrazione procede alla stipula del contratto che, in quanto atto
negoziale C anche la P.A. agisce infatti jure privatorum in sede di stipulazione),
postula una posizione di parit tra le parti secondo le regole proprie del diritto .
vile. Pertanto, le controversie relative alla validit ed all'esecuzione del contratto
di diritto privato, involgendo posizioni aventi la consistenza di diritti soggettivi,
erano attratte alla giurisdizione del g.o.
Il nuovo quadro Su tale quadro elaborato dalla giurisprudenza si sono innestati dapprima l'art.
33 D.Lgs. 80/98 e successivamente, l'art. 6 L. 205/2000, il cui testo stato tra-
244 del codice sfuso prima nell'art. 244 del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 12
aprile 2006 n. 163 e da ultimo, nell'art. 133, comma 1, lett. e), del codice del
pubblzcI e 136 ' .. '.
letto e) cod processo ammmistratlvo.
proc. amm. Detta ultima norma, che ha recepito le modifiche apportate al quadro nor-
mativo dal decreto legislativo n. 53/2010, di attuazione della direttiva ricorsi n;
66/2007, devolve alla giurisdizione esclusiva del G.A. le "procedure di affida-
mento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti,
IOCfr ex multis, Cass., S.U., 3 febbraio 1986, n. 652.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 329
Il scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comu-
a. ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla
mtarza . . . .. . .
ormativa statale o regionale, IVI zncluse quelle rzsarcltorze e con estenslOne
giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di del a
'to di annullamento dell'aggiudicazione ed alle SanZlOnl alternatIve nonche
fUlontroversie "relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di la-
e c. servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo
vorz, . . d'
. ravvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione contInuata o perlO lca,
'ipotesi di cui ali 'articolo 115. del 12 aprile 2006, 163,.
nch quelle relative ai provvedImentI applzcatlvl dell adeguamento del prezzI
no d "
ai sensi dell 'articolo 133, commi 3 e 4, dello ecreto.. . ..
Il Legislatore ha cos definitivamente chlanto che la gmnsdlZlone
siva non riguarda solo gli appalti di lavori, servizi e forniture strumentalI a
ubblici servizi, come emergeva dalla lettura dell'art. 33, comma 2, lettera e),
80/98 alla luce dei limiti della legge delegante, ma tutte le proce?ure
preordinate all'affidamento di lavori, servizi e fomitu.re, anche dI fuon del
campo dei servizi pubblici, ivi comprese C stante la nOZIOne lata dI affidamento)
le procedure relative a concessioni di servizi, a sistemi di pro!ect .(nancing,
all'individuazione del generai contractor ed alla scelta del SOCIO pnvato delle
societ miste. . . .
. . .. d' d d' 'd t d' om Le nOZIOni dI
La genenclt del rmvIO al concetto l proce ura l eVI enza consen e l c - d d'
. .. .. proce ura l
prendere in siffatta ipotesi di giurisdizione escluslV.a SIa Il
di norme dettagliate di procedura che la trasgressIOne del pnncipi generalI dI e dI
. bbl" f:' . tt tt pubblzca
evidenza pubblica posti dal codice dei contrattI pu ICI per attlspecIe so ra e
a norme puntuali Cv. taluni appalti sottosoglia, le concessioni di servizi e, in ge-
nerale, le fattispecie cui all'art. 27 del codice dei contratti pubblici). La
non dettagliata dei principi non incide, infatti, sulla loro natura di regole Imme-
diatamente precettive di natura pubblicistica.
Del pari, la giurisdizione esclusiva viene in rilievo sia nel caso di procedura
di evidenza pubblica illegittimamente condotta che di illegittima omissione di
una doverosa procedura di evidenza pubblica. Anche l'effettuazione di una non
consentita trattativa privata implica, infatti, violazione delle regole pubblicisti-
che che obbligano ad una gara e, quindi, mette in luce una condotta violativa di
horme di azione sottoposta alla giurisdizione esclusiva del G.A.II.
... poi necessario, quanto ai soggetti privati tenuti ad una gara in virt di
un'equiparazione ai soggetti pubblici (si pensi ai concessionari ed agli orga-
nismi di diritto pubblico: v. parte II, cap. II, sez. I) che il vincolo di evidenza
p').lbblica venga posto dal Legislatore o da altra fonte normativa. L'autovincolo
sancito da un soggetto privato, in assenza di norme che lo equiparino ai soggetti
Il V., da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 04 maggio 2010, n. 9354, in Foro amm.
TAR 2010,5, 1702.
La giurisdizione
sui
comportamenti
330 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
pubblici, non vale, infatti, ad imprimere valenza pubblicistica ai relativi atti e
quindi, ad attrarre il relativo contenzioso in capo al giudice amministrativo
sede esclusiva.
Tanto detto in ordine al concetto di procedura violativa delle regole di evi-
denza pubblica, va osservato che l'ampiezza della formulazione consente di
comprendere non solo i provvedimenti adottati nel corso della procedura (ban-
di, lettere di invito, provvedimenti di ammissione o esclusione dei concorrenti
,
aggiudicazioni provvisorie e definitive nonch i relativi atti di autotutela
l2
) ma
anche i comportamenti non provvedimentali posti in essere nel corso della pro-
cedura, quali appunto i silenzi, i rifiuti, i ritardi e le condotte scorrette nella fase
delle trattative, che sono fonte di responsabilit precontrattuale anche a prescin-
dere dall'adozione di atti illegittimi.
Tale conclusione un effetto diretto dell'attribuzione al G.A., in sede di giu-
risdizione esclusiva, di tutte le controversie in materia di procedura di affida-
mento, a prescindere dalla natura giuridica della situazione soggettiva dedotta,
sia essa diritto o interesse legittimo, incluse le controversie in materia di risarci-
mento del danno.
Infatti, l'unica differenza testuale che presenta l'attuale disciplina rispetto al
menzionato art. 6 della L. 205/2000 - dato dal richiamo, nel corpo della prima
norma, delle controversie risarcitorie - sintomatica della conferma legislativa
dell'attrazione in capo al G.A. esclusivo delle questioni risarcitorie tutte che
toccano la fase dell'evidenza pubblica, ivi comprese quelle attinenti non solo
alla responsabilit precontrattuale scaturente da provvedimenti illegittimi lesivi
di interessi legittimi, ma anche a quella collegata a condotte illecite violative dei
canoni di diritto comune scolpiti dagli artt. 1337 e 1338 c.c.D.
Il Legislatore ha cos recepito le indicazioni interpretative fomite dal Con-
siglio di Stato (vigente l'art. 6 della L. 20512000) in ordine alla portata della
sentenza n. 204/2004 della Consulta.
12Da ultimo, Cons. St., sez. V, 21 aprile 2010, n. 2254 devolve alla giurisdizione esclusiva del G.A.
la controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'atto di revoca con cui la stazione appaltante
provvede ad eliminare l'aggiudicazione definitiva. Si tratta invero di atto posto in essere prima
della stipulazione negoziale, considerato che il rapporto contrattuale non sorge con l'aggiudica-
zione definitiva, come chiarito dall'art. 11, co. 7 D.Lgs. 163 del 2006. In un momento successivo
alla stipula del contratto, invece, la Corte di Cassazione ha concluso per la giurisdizione del g.o ..
Con la recente sentenza 11 gennaio 2011, n. 391, le Sezioni Unite hanno, infatti, statuito che "nelle
procedure connotate da concorsualit aventi a oggetto la conclusione di contratti da parte della
P.A, una volta stipulato il contratto, la revoca dell' aggiudicazione effettuata per sopravvenuti
motivi di opportunit, rientra nell'ambito del generale potere contrattuale di recesso (previsto, per
i contratti di appalto di opere pubbliche, dalla L. n. 2248 del 1865, art. 345, alI. F), sul cui esercizio
sussiste la giurisdizione del giudice ordinario".
13Cfr Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2010, n, 1554 e sez. V, 13 febbraio 2009, n. 817; 7 settembre
2009, n. 5245.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 331
L'Adunanza Plenaria con la pronuncia n. 6 del 5 settembre 2005, chiamata a L'Adunanza
. '.. d' . l' d Il b'l't' t t Plenaria n. 6/05
valutare l'attrazIOne nella gmns IZIOne esc USlva e a responsa l l a precon ra - sulla giurisdi-
tuale della P.A. nell'ambito di una procedura di evidenza pubblica, ha affermato zione in
che
nessuna influenza esercita, in relazione alla giurisdizione esclusiva in tema responstabtltlztal
. precon ra ua e
di scelta del contraente di cui all'art. 6 della L. 20512000, la pronunCIa n. 204/
2004 della Corte costituzionale.
Infatti, i limiti sanciti dalla sentenza n. 204/2004 sono rispettati con riguardo
alla giurisdizione esclusiva in materia di contratti pubblici, visto che questa com-
prende contr?versie . tra soggettivi e
legittimi, OSSIa tra momenti dI dmtto comune e dI esphcazIOne del potere pubbh-
co. Sulla stessa linea, il T.A.R. Lazio
14
ha recentemente ribadito che "l'art. 244
del codice dei contratti pubblici approvato con d.lgs. n. 163/2006 - disposizione
ora sostanzialmente trasfusa nell'art. 120, comma 1, del codice del processo
mministrativo approvato con d.lgs. n. 104/2010 - ha previsto la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo in materia di procedure di affidamento di
lavori pubblici, che vale anche per l'azione di risarcimento per responsabilit
tt l
"15
precontra ua e .
Tradizionalmente venivano considerate di pertinenza del g.O. le condotte del- Le controversie
devolute al g. o.
la P.A. successive al contratto, con particolare riguardo agli inadempimenti con-
trattuali ed all'esercizio del potere privatistico (o diritto potestativo) di recesso o
risoluzione conferito dalla legislazione speciale in materia di contratti pubblici;
cos come il contenzioso relativo all'invalidit del contratto.
16
Qualche dubbio,
14Sez. III, 16 febbraio 2011, n. 1446.
15Sempre in materia di responsabilit precontrattuale, si segnala anche una peculiare sentenza
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 24 giugno 2009, n. 14833, sebbene nell'ambito di
un procedimento di selezione per la vendita di un complesso immobiliare, secondo cui "la contro-
yersia promossa da un privato per ottenere, nei confronti di un Comune, il risarcimento del danno
conseguente alla prospettata responsabilit del medesimo ente, in qualit di alienante, per la vio-
lazione degli obblighi di buona fede e correttezza nella vendita di un complesso immobiliare, per
avere taciuto l'inesistenza di tutte le condizioni di legge per procedere alla cessione dell'immobile
(segnatamente, l'autorizzazione della Soprintendenza regionale) appatiiene alla giurisdizione del
giudice ordinario, giacch trattasi di domanda risarcitoria che non attiene alla fase pubblicistica
della gara, ma a quella prodromica, rispetto alla quale si fa valere la responsabilit precontrattuale
della P.A., con conseguente rilevanza del criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla natu-
ra della situazione soggettiva dedotta in giudizio, la quale, nella specie, ha consistenza di diritto
soggettivo.
16TAR. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2011, n. 474. V. anche T.AR. Campania, Napoli, sez. I,
29 aprile 2010, n. 2212, secondo cui rientra invece nella g.e. del G.A. la controversia mediante
la quale la societ fa valere la sua pretesa diretta a stipulare ed eseguire il contratto e mira ad ot-
tenere una sentenza sostitutiva in luogo del contratto, con un meccanismo che riprodurrebbe nel
settore dei contratti della P.A l'esecuzione dell'obbligo di contrarre disciplinata nei rapporti inter
privatos dall'art. 2932 c.c. La giurisdizione amministrativa si giustifica in quanto si in una fase
anteriore alla stipula del contratto e alla sua esecuzione, regolata da principi di diritto pubblico e
nella quale l'interesse generale - sotteso alla disciplina dei contratti degli enti pubblici e ai relativi
poteri riconosciuti agli enti stessi, tra i quali quello di non procedere alla stipula ove sussistano
interessi pubblici pregiudicati dall' esecuzione del contratto gi aggiudicato - non consente la con-
332 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
invece, riguardava la condotta della P.A. successiva all'aggiudicazione ma ante-
riore al contratto, non essendo chiaro se il concetto di procedura di affidamento
tocchi anche questa intercapedine temporale e, soprattutto, se, a seguito dell'ag.
giudicazione definitiva, l'aggiudicatario vanti un interesse legittimo o un diritto
soggettivo alla stipulazione.
Inoltre la giurisprudenza della Cassazione rivendicava in capo al g.O. il con-
tenzioso concernente la sorte del contratto a seguito dell'annullamento della gara
da parte del G.A ..
Rinviando per l'approfondimento di tale profilo alla parte III, cap. XI, 7 ss.
in questa sede ci si limita ad evidenziare come sulla materia abbia
te inciso il D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, il quale, in attuazione della direttiva
2007/66/CE in materia di miglioramento dell' efficacia delle procedure di ricorso
in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici, ha devoluto alla giurisdizio.
ne esclusiva del G.A. la dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di
annullamento dell' aggiudicazione e la determinazione delle sanzioni alternative
applicabili laddove non si addivenga alla dichiarazione di inefficacia.
La disciplina oggi confluita nell'art. 133, comma l, lett. e), n. 1 , del codice
del processo amministrativo. '
Per questi temi v. pi diffusamente parte III, cap. XI, 8 ss ..
3. La giurisdizione esclusiva nella materia edilizia, urbanistica ed
priativa (artt. 34 del D.Lgs. 80/1098 e 53 D.P.R. n. 327/2001, ora art. 133,
comma 1, letto f e g, del codice del processo amministrativo)
Anche la giurisdizione esclusiva in materia edilizia ed urbanistica, originaria-
mente consacrata dall'art. 34 del D.Lgs. 80/1998, ha subito un viaggio tormenta- ..
to, culminato, da ultimo, in due bocciature della Corte costituzionale, per effetto
delle sentenze nn. 204/2004 e 281/2004. La prima ha parzialmente bocciato la
norma a regime, laddove prevedeva la giurisdizione esclusiva del giudice ammi-
nistrativo sulle controversie aventi a oggetto meri "comportamenti" delle pubbli,
che amministrazioni; la seconda, applicando la precedente sentenza n. 292/2000
sui servizi pubblici, ha cassato per eccesso di delega tutta la norma per il periodo
antecedente la sanatoria legislativa di cui alla legge 205/2000.
Con la successiva sentenza n. 191/2006 la Consulta, nel dichiarare la parziale
illegittimit dell' art. 53 del T. U. espr. (che aveva recepito e chiarito la disciplin
dell'art. 34 cito in ordine alla giurisdizione esclusiva del G.A. in materia esproc
priativa), ha messo a fuoco il perimetro dei comportamenti espropriativi banditi
dalla giurisdizione esclusiva ad opera della sent. 204/04 (si rinvia sul punto al
3.3.).
figurazione di pretese fondate su diritti soggettivi perfetti ma solo posizioni di interesse legittimo
al corretto uso di tali poteri. :
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 333
: La materia oggi regolata dal codice del processo amministrativo, che ha
abrogato gli artt. 34 e 53, disponendo, all'ali. 133, comma l, lett. f), la devolu-
zione alla giurisdizione esclusiva del G.A. delle "controversie aventi ad oggetto
gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica
edilizia, concernente tutti gli aspetti dell 'uso del territorio, e ferma restando la
giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, nonch quella del
giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corre-
sponsione delle indennit in conseguenza dell'adozione di atti di natura espro-
priativa o ablativa ", nonch, alla successiva lett. g), delle "controversie aventi
ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili,
anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche ammi-
nistrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilit, ferma restando la
giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e
la corresponsione delle indennit in conseguenza dell'adozione di atti di natura
espropriativa o ablativa" (art. 133, lett. f) e g) cod. proc. amm.).
Nei paragrafi successivi si esamineranno le questioni ermeneutiche che si
sono poste in ordine alle norme originarie e le risposte fornite al riguardo da
giurisprudenza e dottrina, con l'avvertenza che tali indicazioni sono estensibili
alla formulazione dell'art. 133 che ha riprodotto in modo sostanzialmente fedele
la disciplina pregressa.
3.1. La giurisdizione esclusiva in materia urbanistica ed edilizia prima
dell 'intervento della Corte costituzionale
Nella formulazione conseguente alle modifiche di cui alla L. 205/2000, l'art. 34, L'art. 34 D.Lgs.
comma l del D.Lgs. 80/1998, devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice 80/98
amministrativo "le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i
comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti equiparati alla
P.A. in materia urbanistica e edilizia".
Il comma 2 dell'art. 34 aggiungeva che "agli effetti del presente decreto, la
materia urbanistica concerne tutti gli aspetti del! 'uso del territorio"; mentre
il comma 3 afferma che "nulla innovato in ordine: a) alla giurisdizione del
tribunale superiore delle acque; b) alla giurisdizione del giudice ordinario
per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle
indennit in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o abla-
tiva".
La previsione di una giurisdizione esclusiva nelle materie dell'urbanistica e
edilizia non rappresentava una novit assoluta poich l'art. 16 della L. 10/1977
gi riservava al G.A. la tutela giurisdizionale, in via esclusiva, contro i provve-
dimenti di rilascio o di diniego di concessioni edilizie, la determinazione e la
liquidazione dei contributi di urbanizzazione e relative penalit e contro i prov-
vedimenti sanzionatori per abusi edilizi; l'art. 35, comma 11, della L. 47/1985
334
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
aveva poi esteso tale giurisdizione al contenzioso relativo all'oblazione per il
c.d. condono edilizio.
Le novit assolute apportate dal D.Lgs. 80/1998 risiedevano, invece, nel ca-
rattere generale della nuova giurisdizione e nell'estensione della cognizione del
giudice amministrativo - ad opera dell'ari. 35 del D.Lgs. 80/1998 - ai diritti
patrimoniali consequenziali ed alle controversie risarcitorie.
La nozione di
edilizia
Sotto il primo profilo l'art. 34, oggi confluito nell'art. l33, comma 1, lett.lett.'
f), cod. proc. amm., devolveva alla giurisdizione esclusiva del G.A. l'urbanistica
e l'edilizia, senza dare una definizione puntuale dell'ambito delle materie.
La nozione di edilizia non ha mai posto particolari questioni. Essa possiede
un significato preciso, indicando il regime dei singoli interventi sul territorio e di
tutte le attivit ad essi inerenti: nella giurisdizione esclusiva del G.A. sono, dun,
que, ricomprese le controversie relative ai permessi di costruire, agli altri titoli
edilizi, ai contributi ed oneri di urbanizzazione ed ai provvedimenti sanzionatori
di abusi edilizi 17.
La nozione di
urbanistica
Pi consistenti, invero, si sono palesati i problemi di definizione della ma-
teria urbanistica, a causa della formulazione dell'art. 34 D.Lgs. 80/98, che
al comma 2, disponeva, con un'espressione assai lata, che, "agli effetti del
presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso
del territorio" e, diversamente dall'art. 33, non recava distinzioni n fornisce
esemplificazioni.
La giurisprudenza prevalente ne ha fornito un'interpretazione estensiva,
prediligendo il c.d. modello panurbanistico
18
, ossia opinando nel senso che il
Legislatore non avrebbe inteso limitare la materia urbanistica al "solo aspetto
normativa della disciplina dell'uso del territorio" e cio all'esercizio della "po-
test amministrativa di pianificazione territoriale mediante l'adozione di scelte
urbanistiche", ma vi avrebbe fatto rientrare anche "gli aspetti ulteriori dell'uso
17In materia di giurisdizione nel settore dell'edilizia e, in particolare, in caso di domanda di ri-
sarcimento del danno, si segnalano due recentissime ordinanze delle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione (Cass. civ., sez. un., 23 marzo 2011, ordd. n. 6594 e 6595, in Red. Giust. civ.
Mass. 2011, 3) che, muovendo dall'assunto che "l'attrazione della tutela risarcitoria nell'ambi-
to della giurisdizione esclusiva del G.A. pu verificarsi esclusivamente qualora il danno, patito
dal soggetto che ha proceduto alla impugnazione dell'atto, sia conseguenza immediata e diretta
(art. 1223 c.c.) della illegittimit dell'atto impugnato", ritengono sussistente la giurisdizione d-
sarcitoria del G.A. solo in quanto consequenziale ad un'azione caducatoria di un provvedimento
amministrativo. Ne consegue, secondo la Corte, che ove la domanda risarcitoria sia spiccata a
seguito della rimozione in autotutela di un precedente provvedimento illegittimo che abilitava il
destinatario all'edificazione dell'area, essa devoluta al g.o., in quanto il rilascio del provvedi-
mento autorizzatorio illegittimo rileverebbe quale mero comportamento degli organi che hanno
provveduto al suo rilascio, e non gi come attivit esercizio di un potere pubblicistico. Per l'esame
esaustivo delle pronunce, e di tutti i rilevanti profili problematici di cui sono foriere, v. sez. I, cap.
II, par. 4.2.2.3.
18Cfr Cons. St., Ad. Plen., 26 marzo 2003, n. 4, in Foro il., 2003, III, 433, con nota di TRAVI;
Cass., S.U., 14 luglio 2000, n. 494, in Foro il., 2001, I, 2473.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 335
del territorio, ivi compreso quello gestionale [ .. .]", costituito dall'attuazione dei
piani realizzazione ?elle g.li
espropriatIVI ed I comportamentI postI m essere m eseCUZIOne dI questI o m
mancanza (occupazione appropriativa)'9.
Si gi detto nel cap. I che con la sentenza n. 204/2004 la Consulta ha boc-
ciato l'art. 34 nella parte in cui attraeva nella giurisdizione esclusiva l'indistinta
cognizione anche dei comportamenti della pubblica amministrazione; e che, in
forza cli Corte Cost. n. 140/2007, la giurisdizione comprende anche le condotte
violative di diritti fondamentali della persona
20

Venendo all'espropriazione, l'art. 53 del T.u. n. 327/2001 (oggi recepito
dall'art. 133, comma 1, lett. g, cod. proc. amm.), disponeva, al primo comma,
che "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le
controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i com-
portamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati,
conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico".
Con la sentenza n. 191/2006 prima rammentata la Consulta ha dichiarato l'il-
legittimit della norma, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusi-
va del G.A. le controversie relative a "comportamenti della pubblica ammini-
strazione e dei soggetti ad esse equiparate ", non esclude i comportamenti che
non siano riconducibili, nemmeno mediamente, all'esercizio del potere. Ne
derivato un delicato dibattito sulla giurisdizione in ordine al contenzioso rela-
tivo a comportamenti integranti le fattispecie di occupazione appropriativa ed
usurpativa, di cui si dir nel paragrafo successivo. Va segnalato che l'intervento
della Consulta stato doverosamente recepito dall'art. l33, comma 1, lett. g,
cod. proc. amm., che devolve al G.A. esclusivo i comportamenti amministra-
tivi solo ove essi siano, almeno mediatamente, riconducibili all'esercizio del
potere.
senso che la giurisdizione esclusiva sull'urbanistica comprende anche le sanzioni per il
mantenimento di opere abusive eseguite in violazione delle norme sulla protezione delle bellezze
naturali, giusta l'art. 15, co. 1, L. 1497/1939, v. Cons. St., sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1585, in Gui-
da al diritto, n. 19/2007,105. La giurisdizione esclusiva del G.A. in tema di controversie relative
all'impugnazione di atti violativi delle norme ambientali consacrata ora, in termini positivi,
dall'art. 310, comma 2, del codice ambientale di cui al D.Lgs. 15212006.
9Cassazione civile, S.U., 05 marzo 2010, n. 5290: "Anche in materia di diritti fondamentali tute-
lati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 cost.) - allorch la loro lesione sia dedotta
come effetto di un comportamento materiale espressione di poteri autoritativi e conseguente ad
atti della P.A. di cui sia denunciata la illegittimit, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva
dei giudici amministrativi, come quella della gestione del territorio - compete a detti giudici la
cognizione esclusiva delle relative controversie in ordine alla sussistenza in concreto dei diritti
vantati, al contemperamento o alla limitazione di tali diritti in rapporto all'interesse generale pub-
blico all'ambiente salubre, nonch alla emissione dei relativi provvedimenti cautelari, che siano
necessari per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste ini-
bitorie, demolitori e ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati
da detti comportamenti o provvedimenti".
Il riparto di
giurisdizione
in materia
espropriativa
336 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
In forza del comma 3 dell'art. 53, confluito nel disposto da ultimo citato
del codice, restava, invece, ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le
controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indenni_
t in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa. La
giurisprudenza ha compreso in tale contenzioso meramente patrimoniale an-
che le questioni relative all'indennizzo da reiterazione dei vincoli preordinati
all'espropriazione ex art. 39 D.P.R. n. 327 /200pI, i vizi della procedura relativa
alla fissazione dell'indennizzo che si riverberino sulla relativa quantificazione
22
,
il mancato riconoscimento delle maggiorazioni a seguito di accettazione dell'in-
dennizzo
23
.
Da ultimo, il codice del processo amministrativo, recependo tale disciplina;
ha ribadito la devoluzione al giudice ordinario delle" controversie riguardanti la
determinazione e la corresponsione delle indennit in conseguenza dell 'adozione
di atti di natura espropriativa o ablativa" (art. 133 lett. g, cod. proc. amm.).24
Va segnalato per completezza che l'art. 133, comma 1, lett. h), del codice del
processo, comprende nella giurisdizione esclusiva anche le controversie aventi
ad oggetto i decreti di espropriazione per causa di pubblica utilit delle inven-
zioni industriali.
3.2. La giurisdizione sulle occupazioni appropriative e usurpative dopo Cor-
te costo 20412004 e 191/2006 l
Si gi detto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 204/2004, per-
venuta alla declaratoria di incostituzionalit dell'art. 34, comma 1 del D.Lgs.
80/98, nella parte in cui prevedeva la devoluzione alla giurisdizione esclusiva
del G.A. delle controversie aventi per oggetto "gli atti, i provvedimenti e i
comportamenti" anzich "gli atti e i provvedimenti" delle pubbliche ammini-
2lCons. St., sez. IV, lO aprile 2009, n. 2234; contra V. tuttavia, nel senso che la legittimit della
procedura di reiterazione non intaccata dall'omessa o insufficiente quantificazione dell'inden-
nizzo, Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2627; Cons. St., sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2262, non-
ch Cons. St., sez. IV, lO aprile 2009, n. 2234. In materia V. anche Cons. Stato, sez., IV, 12 maggio
2010, n, 2843, e 4 maggio 2010, n. 2545.
22T.AR. Piemonte, sez. I, 20 maggio 2009, n. 1443.
23T.AR. Sardegna, sez. II, 30 marzo 2009, n. 377. In base al normale criterio di riparto sono state
considerate di pertinenza del g.o. anche le controversie in tema di retrocessione totale, essendo
in tal caso il proprietario titolare di uno ius ad rem potestativo che gli consente di agire davantial
giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit e
la restituzione dei beni espropriati (T.AR. Veneto, sez. I, 24 aprile 2009, n. 1254; T.AR. Puglia,
sez. III, 26 maggio 2009, n. 1271); nonch in materia di mancato adempimento dell'accordo di
cessione volontaria (T.AR. Campania, sez. V, 5 maggio 2009, n. 2340).
24Si rinvia al 7 del cap. II, sez II, della parte I per l'esame della questione della devoluzione al
G.A della controversia relativa all'indennit di occupazione legittima ove si tratti di domanda
subordinata ad una principale, di pertinenza esclusiva del G.A, di risarcimento dei danni da occu-
pazione illegittima. In senso affermativo Cass., sez. un., 25 febbraio 2011, n. 4615; contra Cons.
Stato,sez. IV, 8 febbraio 20 Il, n. 804 e T.A.R. Abruzzo, Pescara Il gennaio 20 Il, n,l.
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 337
strazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edili-
zia.
; La Corte, eliminando dalla disposizione i C.d. comportamenti della P.A., ha
di fatto ridotto l'ambito oggettivo della giurisdizione esclusiva ritenendo che
nelle controversie sui comportamenti materiali della P.A. non venga in rilievo,
neppure indirettamente, l'esercizio del potere pubblico.
, Si detto anche che la sentenza n. 191/2006 della Corte Costituzionale ha
bocciato l'art. 53 del TU n. 327/2001, ripropositivo, con specifico riferimen-
to all'espropriazione, dell'art. 34, nella parte in cui include nella giurisdizione
esclusiva anche i comportamenti che non siano neanche mediatamente ricondu-
cibili all'esercizio del potere e che l'art. 133, comma 1, lett. g), del codice del
processo si adeguato a tale intervento della Corte delle Leggi.
Emerge allora prepotente il problema della giurisdizione sul contenzioso re-
lativo all'occupazione appropriativa ed a quella usurpativa al fine di verificare
quando dette fattispecie (per i connotati sostanziali delle quali si rinvia alla parte
Il, cap. VII, 5 ss.) esprimano un comportamento amministrativo conoscibile
dal G.A. ovvero un comportamento mero di pertinenza del g.O. E tanto alla luce
della nozione di comportamento amministrativo tratteggiata nel 3 del capitolo
che precede.
Ebbene, anche dopo gli interventi della Corte Costituzionale, le divergenze
tra Cassazione e Consiglio di Stato permangono.
3.2.1. La Cassazione restringe la giurisdizione esclusiva ai soli casi di occu-
pazione esecutiva di provvedimenti illegittimi
Una parte della giurisprudenza della Cassazione, infatti, seguendo, nella
definizione del concetto di esercizio indiretto o mediato del potere, un ap-
proccio atomistico e restrittivo, attrae alla giurisdizione esclusiva del G.A.
s610 il caso in cui il comportamento occupativo sia tenuto dalla P.A. in ese-
cuzione di un provvedimento efficace, ancorch illegittimo e poi annullato
in sede giurisdizionale o di autotutela (e quindi l'occupazione appropriativa
da esproprio illegittimo e l'occupazione usurpativa da dichiarazione illegit-
tima).
Considera invece comportamenti meri, di pertinenza del g.O., quelli con cui
la P.A. occupi il bene in assenza di ogni provvedimento (la C.d. occupazione
usurpativa pura), o in base ad un provvedimento (esproprio, occupazione o di-
chiarazione) nullo (si pensi al provvedimento di esproprio affetto da carenza in
toncreto di potere per assenza della dichiarazione di pubblica utilit) o ineffi-
Cace, ovvero, ancora, in caso di caducazione retro attiva della dichiarazione per
scadenza del termine ivi fissato (e quindi l'occupazione usurpativa spuria, da
dichiarazione nulla o scaduta e quella appropriativa da ritardata o mancata ema-
hazione dell' atto ablatorio).
Corte cast.
191/2006
Occupazione
appropriativa
Occupazione
usurpativa
338 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
Si osserva, in particolare, che nel caso di mancanza del decreto d'esproprio o
di sua tardivit la giurisdizione appartiene al giudice ordinario in quanto il fatto
lesivo avvenuto in mancanza o quando venuto meno l'atto degradatorio del
diritto soggettivo ad interesse legittimo, ed ha inciso quindi su un diritto sog_
gettivo tutelabile avanti al giudice ordinarIo. La Consulta, con le sentenze nn.
204/2004 e 191/2006, secondo il giudice di legittimit, non ha voluto limitare la
declaratoria d'illegittimit ai soli casi di occupazione usurpativa: se cos fOsse
stato, avrebbe pronunciato una sentenza interpretativa di rigetto, proponendd
una lettura costituzionalmente orientata delle norme interessate. Avendo, invero .
,
emanato una sentenza di accoglimento, la Corte Costituzionale ha voluto opera-
re nel senso di uno stralcio significativo dalla giurisdizione esclusiva di tutte le
fattispecie comportamentali, sia usurpative che appropriative.
Quanto all'occupazione usurpativa la Cassazione ha a pi riprese affermato
che in questi casi vi solo un comportamento illecito che non riguarda la giu-
risdizione esclusiva in materia urbanistica. La Suprema Corte ha poi sostenuto
che, nel caso di mancata apposizione dei termini finali dei lavori e delle espro-
priazioni alla dichiarazione di pubblica utilit, tale atto affetto da carenza di
potere in concreto per cui non idoneo ad affievolire il diritto soggettivo del
proprietario del fondo trasformato in modo irrevers ib ile, con la conseguenza
che la giurisdizione verte su diritti soggettivi ed chiamato a decidere il giudice
ordinario.
Venendo, quindi, alle ipotesi di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione
di p.u. individuate dal 3 comma dell'art. 13 della legge 2359 nel caso di inutile
decorso dei termini finali in essa fissati per il compimento dell' espropriazione e
dei lavori (senza che sia intervenuto il decreto ablativo o si sia verificata la c.d.
occupazione espropriativa); e dal 3 comma dell'art. l legge 1/1978, nell'ipotesi
d" mancato inizio delle opere "nel triennio successivo all'approvazione del pro-
getto, si osserva che a nulla rileva, al fine di radicare la giurisdizione del GA
j
la circostanza che in entrambe le fattispecie il potere ablativo fosse in origine
attribuito all'Amministrazione, in quanto decisivo che tale attribuzione fos,
se circoscritta nel tempo direttamente dal Legislatore e fosse gi venuta meno
all'epoca dell'utilizzazione della propriet privata (Cass., S.V., 15615/2006;
13659 e 13660/2006; 600/2005).
La giurisprudenza della Cassazione, con riguardo alla C.d. occupazione
usurpati va, ha quindi concluso nel senso che sussiste la giurisdizione ammi.;
nistrativa solo nell'ipotesi in cui la dichiarazione di p.u. sia stata emessa ti
poi successivamente annullata in sede amministrativa o giurisdizionale per-
ch, anche in tal caso, si in presenza di un concreto e riconoscibile atto di
esercizio del potere, pur se poi lo stesso si rivelato illegittimo e, per disposto
annullamento, ha cessato retro attivamente di esplicare i suoi effetti. La lesione
del diritto soggettivo di propriet , infatti, rapportabile ad un comportamento
materiale dell'Amministrazione, tuttavia riconducibile all'avvenuta adozione
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 339
d esecuzione della dichiarazione di p.u. e divenuto tale in seguito al provve-
che l'ha caducata, sicch spetta al giudice amministrativo disporre le
diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive
sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere ablativo, e tra queste rientra an-
che quella risarcitoria, in forma specifica o per equivalente, che per il disposto
dell'art. 35 D.Lgs. 80/1998 non pu pi essere oggetto di separata e distinta
oonsiderazione ai fini della giurisdizione; peraltro, a nulla rileva a tal fine la
scelta di un momento successivo per proporre la domanda di risarcimento del
danno, in quanto gli art. 34 e 35 D.Lgs. 80/1998 non richiedono una situazione
di contestualit fra sindacato di legittimit e cognizione degli effetti di ordine
patrimoniale per la devoluzione della controversia alla giurisdizione ammini-
strati va. 25
.' 3.2.2. Il Consiglio di Stato la estende ai casi di connessione in senso lato con
il potere pubblico
Il Consiglio di Stato e, pi in generale, la giurisprudenza amministrativa inter-
pretano, invece, in senso pi lato il perimetro della giurisdizione esclusiva del
G.A.
. Segnatamente, a favore di una dimensione pi panciuta della giurisdizione
esclusiva si pongono sia la mancata condivisione della figura della carenza di
potere in concreto (con la conseguenza che casi come quelli della mancata fissa-
zione dei termini nella dichiarazione di p.u. sono degradati a mera annullabilit);
sia l'adesione ad un concetto pi ampio di connessione con il potere ai sensi
2SCass. civ., sez. un., 12 gennaio 2011, n. 509, opina perla giurisdizione dcl g.O. in caso di azione ri-
sarcitoria relativa alla fattispecie qualificabile come occupazione usurpativa, posta in essere in assen-
za di dichiarazione di pubblica utilit, di nullit della stessa (per mancanza dei termini iniziali e finali
per il compimento dell'espropriazione e dei lavori) ovvero in caso di inefficacia della dichiarazione
per scadenza infruttuosa dei termini. Detta giurisdizione concerne sia il caso in cui venga invocata
hl tutela restitutoria (eventualmente azionata con ricorso per la reintegrazione del possesso), sia il
caso in cui, attraverso un'abdicazione implicita al diritto dominicale, si opti per il risarcimento del
danno. Tale giurisdizione si radica anche in caso di carenza originaria della dichiarazione di pubblica
Wilit. Cass., S.V. 16 aprile 2009, n. 9003, attrae al G.A. la cognizione dei comportamenti risultati
successivamente illeciti (per mancata tempestiva definizione del procedimento), se la condotta della
sia stata posta in essere in esecuzione della manifestazione di poteri autoritativi (dichiarazione
di P.V. e decreto di occupazione). Cass., S.V., 13 marzo 2009, n. 6070. ha invece concluso per la
giurisdizione del g.O. in caso di occupazione usurpativa da mancanza materiale o giuridica della
diphiarazione di pubblica utilit, nell'assunto che la mancanza della dichiarazione esclude la ricon-
dell' occupazione alla veste autoritativa della P.A. e, quindi, impedisce la considerazione
della condotta di occupazione in termini di comportamento amministrativo. Cfr Cass., S.v., 23 aprile
2009, n. 8673, per la giurisdizione del g.O. ove la P.A. abbia agito in assenza di poteri autoritativi o di
accordi di cessione. Cass., S.v. 6 maggio 2009, n. 10364 afferma la giurisdizione esclusiva del G.A.
se la condotta di occupazione sia maturata a seguito di una dichiarazione di pubblica utilit, senza
che assuma rilievo il difetto di un decreto di occupazione, ovvero ove la dichiarazione sia annullata
ex tunc (Cass. civ., sez. un., 28 gennaio 2010, n. 1787).
340 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
della sentenza n. 191/2006 della Consulta (criterio coerente con i rilievi svolti al
3 del cap. I).
I Giudici di Palazzo Spada, quindi, pur se con alcune divisioni interne, at-
traggono nell'ambito della giurisdizione esclusiva del G.A. tutti i casi in cui la
condotta sia connessa con l'esplicazione del potere in senso ampio concepita . .I
Una nozione Si ammette quindi la devoluzione al g.O. del contenzioso relativo alla sola c.d.
lata di
connessione occupazione usurpativa pura (ove cio manca il provvedimento di dichiarazione
di pubblica utilit), in quanto espressione di una mera condotta illecita non con"
nessa all'agire pubblicistic0
26
; si reputa invece sussistente l'esercizio mediato.
del potere, da valutare con l'approccio ampio prima rammentato, idoneo a radi-
care la giurisdizione esclusiva del G.A., anche in caso di occupazione usurpativa
da dichiarazione illegittima
27
ed anche da dichiarazione scaduta, e tanto, con
riguardo a detto ultimo caso, specie ove il venir meno dell' efficacia della dichia-
razione si sia verificato dopo la realizzazione dell' opera il e connesso acquisto
della propriet. Peraltro, stante il pi volte ricordato ripudio della teoria della
carenza in concreto, il caso di dichiarazione di p.u. senza termini viene concepi-
to come mera ipotesi di cattivo uso del potere, di pertinenza della giurisdizione
amministrativa.
Ad. Plen. n. Con riguardo all'occupazione appropriativa, Cons. St., Ad. plen. 30 agosto
4/2005
2005, n. 4 ha, in particolare, reputato che la sentenza n. 204/2004 della Corte Co-
stituzionale non determina un ritorno al passato, ma una conferma di quella giu-
risprudenza che ha ricondotto alla giurisdizione amministrativa tutti i comporta"
menti lesivi di diritti soggettivi posti in essere dall' Amministrazione in veste di
autorit. Ne discende che anche l'occupazione sine titulo, fermo il limite esterno
della giurisdizione, pu costituire una forma di uso del territorio e quindi pu
rientrare nella giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. 8011998 ..
Perci, sussiste giurisdizione esclusiva non solo nel caso di proposizione con-
giunta dell'impugnativa dell'atto degradatorio e della pretesa risarcitoria relativa
a diritti soggettivi, ma anche nel caso di inefficacia retro attiva ex lege dell'atto
degradatorio impositivo del vincolo preordinato all'esproprio, data l'assoluta
miglianza delle due fattispecie. In entrambe, infatti, si in presenza di compor-
tamenti che sono esecuzione di provvedimenti autoritativi degradatori, venuti
meno per annullamento o per sopravvenuta inefficacia. Solo i comportamenti
che non siano riconducibili sul piano eziologico all'esplicazione di un pubblic
potere debbono ritenersi devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario.
Ad. Plen. n. 9 e L'argomentazione stata ripresa ed approfondita nel successivo arresto
12/2007 d Il'Ad PI' h' 1 .. .
e unanza enana, c e e tornata su punto con la pronunCIa 16 novembre
2007, n. 9. Secondo i giudici amministrativi esulano dalla giurisdizione esclu;
26In questo senso cfr., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2011, n. 1375.
27Cons. Stato, sez. IV, 4 aprile 2011, n. 2113; contra, tuttavia, V. Cons. Stato, sez. VI, 07 maggio
2010, n. 2666.
---------------------------------------------------4
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 341
siva solo quei comportamenti che hanno ad oggetto non gi attivit materiali
sorrette dall'esplicazione di un potere (sia pur manifestatosi con atti illegittimi
poi caducati), ma condotte poste in essere dalla P.A. muovendo (magari anche in
del perseguimento di interessi pubblici) fuori dall'esplicazione del potere
(come attivit materiale, vie di fatto, manifestazioni abnormi del pubblico po-
tere ecc.)>>. Ne discende che anche l'occupazione usurpativa, quando consegua
. della dichiarazione di pubblica utilit, rientra nella giurisdizio-
ne. esclusiva del giudice amministrativ0
28
Le stesse conclusioni sono state riba-
dite dalla successiva decisione 22 ottobre 2007, n. 12 dell'Adunanza Plenaria
29

);Cjr T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 31 gennaio 20 Il, n. 37, che ha affermato la giurisdizione del
giudice con a di acquisitiva verificatasi alla
scadenza del perIodo dI occupazIOne legIttima; C.G.A. 25 gennaIO 2011, n. 80, che ha affer-
iriato la giurisdizione amministrativa con riguardo ad una controversia relativa al risarcimento
danni da occupazione intervenuta a seguito di dichiarazione di pubblica utilit non seguita
dalla tempestiva emanazione del provvedimento espropriativo; Cons. Stato, sez. VI, 7 maggio
2010, n. 2666, che esclude dalla giurisdizione amministrativa le domande di restituzione e ri-
sarcimento proposte a seguito della protrazione meramente fattuale della requisizione a seguito
della scadenza del vincolo posto con l'ordinanza di requisizione; T.A.R. Salerno 22 gennaio
2009, n. 152, che attrae alla giurisdizione del g.O. solo la detenzione di mero fatto. Peraltro
itnche Cass., S.U., 23 aprile 2009, n. 8673, ha concluso per la giurisdizione del G.A. in tema
di danni da occupazione appropriativa, stante la qualificazione della condotta della P.A. come
amministrativo in quanto volto al perseguimento dei fini posti a fondamento di
fin procedimento legalmente iniziato; V. anche Cass., S.U., 23 aprile 2009, n. 9675 e Cass., S.U.
1'6 aprile 2009, n. 9003, che attrae al G.A. la cognizione dei comportamenti risultati successiva-
mente illeciti (per mancata tempestiva definizione del procedimento), se la condotta della P.A.
sia stata posta in essere in esecuzione della manifestazione di poteri autoritativi (dichiarazione
di p.U. e decreto di occupazione). v., da ultimo, S.U. n. 23321 del 4 novembre 2009, secondo
compete alla giurisdizione del G.A. la cognizione della domanda diretta a conseguire il ri-
storo del danno cagionato dall'illegittima trasformazione del fondo a suo tempo legittimamente
occupato ed in difetto del tempestivo decreto di esproprio. Ancora, la Corte di Cassazione ha
ritenuto che "in materia espropriativa, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, ai
sensi dell'art. 7 della 1. n. 205/2000, sulle domande restitutorio-risarcitorie non solo per le ipo-
tesi in cui il riscontro di un collegamento con l'esercizio del potere farebbe comunque ascrivere
la controversia risarcitoria al g.a. (ed il caso della occupazione appropriativa, preceduta da
valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilit ), ma anche per le ipotesi in cui l'annulla-
lll-ento "ex tunc" della dichiarazione di pubblica utilit abbia l'astratta idoneit a ripristinare la
situazione di diritto soggettivo (s da determinare l'appropriazione definita come occupazione
usurpativa)" (S.U., 28 gennaio 2010, n. 1787).
29Anche in quest'ultima pronuncia, infatti, i Giudici di Palazzo Spada hanno concluso nel sen-
so .che "rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. la controversia relativa all'accertamento di
intervenuta accessione invertita e alla conseguente domanda di risarcimento, in presenza di un
agire dell'amministrazione causalmente riferibile a una funzione che per legge le appartiene ed
l'
stata in concreto svolta, in quanto, nella materia espropriativa, i comportamenti che esulano dalla
giurisdizione amministrativa esclusiva sono solo quelli che, tenuto conto dei riferimenti formali
e fattuali di ogni fattispecie, non risultano riconducibili all'esercizio di un pubblico potere". Spe-
nella fattispecie all'esame dell'Adunanza Plenaria, stata ritenuta ricompresa nella
giurisdizione amministrativa esclusiva una controversia insorta su procedura espropriativa con-
clusa da decreto di esproprio adottato dopo la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione
di pubblica utilit, quando l'opera pubblica - una strada - era gi in esercizio.
342 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
3.3. Nostre considerazioni
Rileva il I rilievi precedentemente svolti sulla nozione di comportamento amministrativo
rapporto, non
l'atto (cap. I, 3) ci inducono a sposare un'opzione estensiva. Posto, infatti, che ci
che rileva il rapporto in seno al quale la c<?ndotta tenuta, pi che la condotta
in s intesa ed il suo legame atomistico con singoli atti abilitativi o autorizzativi
al G.A. esclusivo non possono che competere quei comportamenti nutriti da
cordone ombelicale con il rapporto di diritto pubblico che si instaura con l'av-
vio del procedimento di esproprio, dato dalla comunicazione di avvio della fase
procedurale volta alla dichiarazione di pubblica utilit, e anzi, nel nuovo testo
unico sulle espropriazioni (parte II; cap. VII), del vincolo preordinato all' espro-
prio. Una volta avviato il procedimento e fino al suo esaurimento, infatti, le
condotte della P.A. sono tenute non da un soggetto di diritto comune sottopo-
sto a canoni privatistici ma da un'autorit volta al perseguimento dell'interesse
pubblico a mezzo di una procedura pubblicistica che non pu non permeare in
senso pubblicistico anche i comportamenti connessi. Ci vale per l'occupazione
da dichiarazione nulla ed illegittima ovvero per l'occupazione appro-
pnahva legata alla scadenza della dichiarazione (se non si accoglie la teoria della
carenza in concreto) ovvero alla ritardata emanazione del decreto di esproprio.
Per converso, dovrebbero essere di pertinenza del g.O. i comportamenti tenuti al
di fuori del procedimento, ovvero le occupazioni usurpative maturate in assenza
dell'avvio di una rituale procedura ablatoria oppure dopo il suo esaurimento
(da taluno individuato nella scadenza dei termini stabiliti nella dichiarazione di
pubblica utilit).
L'approccio ora declinato ci sembra confortato dalle argomentazioni svolte
dalla citata sentenza 191/2006 della Consulta in ordine alla misteriosa nozione
di comportamento amministrativo. .
La Consulta, infatti, dopo aver precisato che quanto espresso nella citata senti
n. 204/2004 a proposito dell'art. 35 era una statuizione e non un obiter dictum
,
torna a ribadire la legittimit costituzionale del sistema previsto con l'art. 35 che
"riconosce esclusivamente al giudice naturale della legittimit dell'esercizio
della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche
il potere di risarcire, sia per equivalente sia in forma specifica, il danno sofferto
per l'illegittimo esercizio della funzione".
N e consegue, secondo il giudice delle leggi, che, ai fini del riparto di giu-
risdizione, ci che rileva la considerazione della posizione soggettiva incisa
dall'illegittimo esercizio della funzione amministrativa, di talch la questione di
legittimit costituzionale sollevata "non pu risolversi in base al solo petitum, id
est alla domanda di risarcimento del danno, bens considerando il fatto dedotto
a fondamento della domanda, che si assume causativo del danno ingiusto".
. poich .l'art. 53, oggi recepito dall'art. 133 del codice del processo,
mdlvldua anche nel "comportamenti" della P.A. il fatto causativo del danno
giusto, in questa parte riproducendo il contenuto dell'art. 34 D.Lgs. 80/1998, la
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 343
Consulta ha dichiarato l'illegittimit costituzionale di tale previsione ''[00.] l
dove la locuzione, prescindendo da ogni qualificazione di tali comportamenti,
attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie
nelle quali sia parte - e per ci solo che essa parte - la P.A., e cio fa del
giudice amministrativo il giudice dell'amministrazione piuttosto che l'organo di
garanzia della giustizia nell'amministrazione (art. 100 Cost.).
. Viceversa, nell 'ipotesi in cui "i comportamenti" causativi di danno ingiu-
sto - e cio, nella specie, la realizzazione dell'opera - costituiscono esecuzione
di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilit e/o di
indifferibilit ed urgenza) e sono quindi riconducibili all'esercizio del pubblico
potere dell'amministrazione, la norma si sottrae alla censura d'illegittimit co-
stituzionale, costituendo anche tali "comportamenti" esercizio, ancorch viziato
da illegittimit, della funzione pubblica della P.A. ".
In sintesi - prosegue la Corte - "i principi sopra esposti - peraltro gi enun-
ciati da questa Corte con la sentenza n. 204/04 - comportano che deve ritenersi
conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo delle controversie relative a "comportamenti" (di impossessa-
inento del bene altrui) collegati ali 'esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico
potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devolu-
zione alla giurisdizione esclusiva di comportamenti posti in essere in carenza di
potere ovvero in via di mero fatto ".
La Consulta chiude la motivazione sottolineando che l'attribuzione alla giu-
risdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria "si fonda sul!' esi-
genza coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di
concentrare davanti ad un unico giudice l'intera tutela del cittadino avverso le
l1todalit di esercizio della funzione pubblica (cos Corte di Cassazione, S. U, 22
luglio 1999, n. 500), ma non si giustifica quando la pubblica amministrazione
non abbia in concreto esercitato, nemmeno mediamente, il potere che la legge le
attribuisce per la cura dell 'interesse pubblico ".
Con tale pronuncia la Consulta sembra avallare la tesi sostenuta all'indomani Conclusioni
della sent. n. 204/2004, ovvero che la declaratoria di incostituzionalit dell'art.
34, comma 1, D.Lgs. 80/1998 sottrae alla giurisdizione esclusiva del G.A. solo
le fattispecie di occupazioni usurpative in cui assente ab origine la dichiarazio-
ne di p.u., trattandosi di "comportamenti materiali" che in alcun modo possono
assumere rilevanza come espressione di potere amministrativo ricollegabile ad
un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato.
Per converso, anche dopo la pronuncia n. 204/2004, nelle ipotesi di occu- .
. . . . dII' d Il d' h' . glurzsprudenza
pazlOne usurpahva carattenzzata a assenza sopravvenuta e a lC laraZlOne anteriore
di p.U., scaturita dall'annullamento di quest'ultima o dalla sua inefficacia per all'art. 34
inutile decorso dei termini previsti per l'esecuzione dell'opera pubblica, l'oc-
cupazione non si atteggia a comportamento mero ma a condotta esecutiva di
un provvedimento (,'la dichiarazione di pubblica utilit e/o di indtfferibilit e
L'art. 133, letto
g) cod. proc.
amm.
344 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
urgenza" come espressamente sancisce la Consulta), costituente esercizio di un
potere, ossia in termini di comportamento amministrativo che si inserisce nell'al_
veo dell' esercizio della funzione pubblica e pertanto pienamente devolvibile alla
giurisdizione esclusiva amministrativa.
Peraltro, la negazione della giurisdizion amministrativa in queste fattispecie
costringerebbe il privato ad impugnare il provvedimento illegittimo di dichia_
razione di p.u. dinanzi al G.A. e ad agire per il risarcimento da comportamento
esecutivo dinanzi al g.O., con incisione sulla finalit di concentrazione della tute-o
la giurisdizionale che la Corte Costituzionale prima nella pronuncia n. 204/2004
e da ultimo nella n. 191/2006 ha adeguatamente valorizzato alla luce dei principi
costituzionali di cui agli artt. 24 e art. 111 Cost. (su detti temi v. la parte II, cap.
VII anche per l'analisi del controverso istituto dell'espropriazione sanante ex art.
43 T.u. espr., recentemente dichiarato incostituzionale con sent. Corte Cost., n.
293/2010).
La tesi estensiva sembra trovare un conforto normativo nel (ed essere avva-.
lorata dall'art. 133, lett. g), cod. proc. amm., il quale devolve alla giurisdizione
esclusiva del G.A. "le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli
accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di
un pubblico potere". Il riferimento all'esercizio anche mediato del potere,
que, lascerebbe intendere che sono sottratte alla giurisdizione esclusiva solo le
fattispecie in cui l'occupazione venga eseguita sine titulo, in mancanza di alcuna
dichiarazione di pubblica utilit (ossia la cognizione solo dei comportamenti
meri, ossia di quelli solamente privatistici e materialiY
o
.
30Riassumendo, possiamo sostenere quanto segue: nessun problema si pone nel caso in cui l'eserci-
zio del potere sia legittimo ed efficace nel momento in cui viene posto in essere il comportamento,
anche se questo si protragga oltre il termine di efficacia della dichiarazione medesima (Cass. Civ.,
S.D., 23 dicembre 2008, n. 30254): in tal caso, si certamente in presenza di un comportamento
amministrativo. Analogamente, si ritiene, anche a parere della giurisprudenza pi recente della Corte
di Cassazione, che sia amministrativo il comportamento connesso ad un esercizio del potere ille-
gittimo ma pur tuttavia efficace, indipendentemente dalla circostanza che a seguito dell'attuazione
del comportamento il provvedimento, esplicazione del potere, venga annullato con efficacia ex tune
(Cass. Civ., S.D., 27 gennaio 2010, n. 1623; Cons. St., sez. IV, 30 ottobre 2009, n. 6705; nonch,da
ultimo, Cass., sez. un., 12 gennaio 2011, n. 511). Maggiori incertezze e contrasti giurisprudenziali
si sono invece avuti nel caso in cui il provvedimento sia considerato nullo. Il problema si posto, in
particolare, in materia di occupazioni qualora la dichiarazione di pubblica utilit non contenga l'in;
dicazione dei termini per l'inizio ed il compimento dell'espropriazione e dell'opera richiesta dall'ari,
13 l. 2359 del 1865. In questo caso la Cassazione, accedendo alla tesi della carenza di potere in
concreto per violazione di un presupposto di esercizio del potere, afferma la nullit dell'atto e la giu-
risdizione ordinaria in ordine al risarcimento del danno derivante dall'occupazione (Cass. Civ., S.U.,
7 febbraio 2007, n. 2688). A diverse conclusioni giunge, di contro, la giurisprudenza amministrativa
che, rifiutando la categoria della carenza di potere in concreto, considera la mancata determinazione
dei termini come mera causa di illegittimit (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 11 gennaio 2008, n. 142).
Infine, spetta certamente al giudice ordinario la cognizione del comportamento (e le relative pretese
risarcitorie) posto in essere in assenza di qualsivoglia esercizio di pubblici poteri o in presenza di
un provvedimento che sia viziato da carenza di potere in astratto (cos, da ultimo, Cons. Stato, sei:
PARTE I - SEZIONE IIl- CAPITOLO 2 345
Pertanto, poich - com' noto - la dichiarazione di p.u. stata sostituita
dall'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, deve ritenersi
omunicazione di avvio della relativa procedura fino alla scadenza deglI effetti
vincolo l'intera parentesi pubblicistica sia affidata alla giurisdizione esclu-
siva del G.A., spettando al g.O. le controversie che riguardano le condotte che si
pongono a monte e a valle della citata parentesi.
Va da ultimo precisato che le considerazioni che precedono riguardano l'ipotesi di contro-
versie che involgano direttamente ed immediatamente l'attivit -attizia o comportamen-
tale- della pubblica amministrazione. Esulano invece dall'ipotesi in questione tutte le do-
mande giudiziarie che riguardano in via diretta rapporti tra privati, restando sullo sfondo la
legittimit di un provvedimento amministrativo che costituisce il presupposto dell'attivit
privata dedotta in giudizio. In tali ipotesi, invero, non vi sono ostacoli per
ddl'ordinario criterio di riparto della causa petendi, con la conseguente devolUZiOne della
giurisdizione al giudice ordinario, il quale pu accertare, incidenter tantum, l'eventuale
illegittimit del provvedimento amministrativo, e conseguentemente disapplicarlo
3I

Si rinvia, infine, agli approfondimenti svolti nella parte II, cap. VII, per l'analisi
delle conseguenze dalla declaratoria di illegittimit costituzionale dell'art. 43
TU n. 327/2001 ed al conseguente intento legislativo di adeguamento
32
.
4. [Segue] la tutela possessoria contro la P.A.
Prima dell'entrata in vigore dell'art. 34 D.Lgs. 80/1998, le azioni possessorie, La
giurisprudenza
volte a contrastare provvedimenti adottati e comportamenti tenuti dalla P.A. in anteriore
materia urbanistica, erano esperibili davanti al g.o. solo nei casi in cui l'ammi- all'art. 34
v; 3 marzo 2011, n. 1375, nonch T.A.R. Molise, 26 gennaio 2011, n. 26). Inoltre, secondo taluno,
sarebbero riconducibili alla giurisdizione esclusiva anche i comportamenti privatistici posti in essere
nell'ambito di un rapporto complessivamente pubblicistico, senza che ci contrasti con i principi
enunciati dalle citate sentenze della Corte Costituzionale; in giurisprudenza si veda da ultimo Cons.
sez. V, 17 febbraio 2010, n. 935, secondo cui, in virt di una lettura costituzionalmente orientata,
cosi come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, la giurisdizione esclu-
siva sussiste "con riferimento ad ipotesi in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere si collo-
chino in un'area di rapporti in cui la P.A. agisce esercitando il suo potere autoritativo". Il riferimento
h tutte le questioni, anche meramente privatistiche, attinenti gli accordi ex art. 11 l. 241/1990, dal
momento che, riconosciuta la natura pubblicistica dei suddetti accordi, il rapporto tra P.A. e privato
resta di stampo pubblicistico (si pensi alla controversia concernente la risoluzione per inadempimen-
to dell'accordo e il relativo risarcimento del danno: Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 2010, n. 214).
31Tanto stato ribadito a pi riprese anche dalla giurisprudenza, sul punto, da ultimo, v. Casso
civ., sez. II, 22 giugno 2011, n. 13705, in Guida al diritto 2011, 29, 51, con specifico riferimento
ad una controversia relativa al rispetto delle distanze legali tra costruzioni, in cui un proprietario
pretendeva la reintegrazione del proprio diritto, asseritamente leso dalla costruzione eseguita dal
proprietario finitimo in violazione di disposizioni di legge in materia di distanze, ma conforme-
mente alla (illegittima) concessione edilizia rilasciata dal Comune.
32Corte Cost., 8 ottobre 2010, n. 293.
346 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
nistrazione, nel compiere l'atto o nell' attuare il corrispondente comportamento
espresso da attivit materiale, avesse agito iure privatorum o al di fuori dell'am_
bito dei suoi poteri e dei propri fini istituzionali.
Con l'introduzione dell'art. 34 si posto il problema dell'ammissibilit di
Il criterio di una tutela possessoria contro la P.A. non pi 'davanti al g.O. ma innanzi al G.A. e,'
riparto dopo
l'art. 34 in termini pi ampi rispetto al passato, quante volte la turbativa dello ius posses-
sionis venga arrecata in forza di un comportamento tenuto dalla P.A. nell'ambito
dell'esercizio delle sue funzioni edilizio-urbanistiche e, segnatamente, in rela-
zione ad una finalit espropriativa.
La Cassazione - ritenendo ininfluente la qualificazione della situazione sog-
gettiva del possessore (c.d. prospettazione) - giunta a riconoscere la spettanza
al G.A., purch si velia nell'ambito della giurisdizione esclusiva e cio il
portamento di molestia o di spoglio sia stato posto in essere "al fine di realizza-
re l'opera pubblica progettata dall'amministrazione e quindi nell'esercizio dei
poteri direttamente attinenti al governo del territorio ".
Al contrario, prosegue la Cassazione, la tutela possessoria devoluta al g.o:
se si tratta di meri atti materiali della P.A. non ricollegabili, neppure implicita-
mente, all'esercizio di un provvedimento amministrativo in ambito urbanistico
(come ad esempio nel caso di apposizione di un segnale di limitazione del traf-
fico su area privata).
Gli spazi per la tutela possessoria avanti al G.A., sono ora fortemente incisi
dai dicta del giudice delle leggi enunciati nella sentenza n. 204/04 e ribaditi
nella pronuncia n. 191/2006, e infine positivizzati nell'art. 133 lett. g) cod. proc,
amm.
Il codice del processo, infatti, in sintonia con i principi affermati dalla Consulta, devolve
alla g.e. del G.A. tutte le controversie riconducibili anche in via mediata all'esercizio
del potere pubblico. Ne consegue, quindi, che restano escluse dall'ambito della giu.
risdizione amministrativa esclusiva le azioni possessorie avverso comportamenti me-o
ramente materiali tenuti dalla P.A., ovvero quei comportamenti che non siano sorretti
dall'esercizio di alcuna potest amministrativa e che, pertanto, come pi volte precisato;
non siano ricollegabili in nessun modo ad una volont provvedimentale della pubblica:
amministrazione. ..
Cass., S. u., ord. In tal senso si pronunciato pi volte il giudice del riparto
33
secondo cui "Le azioni
n. 14988/05 . 'b '1' -1 l . ,f, . -1 Il FA I d' h '
esclude dalla possessorze sono esperz I I uavantl a g. O. nel COY!; rontl ue a . . l e I c i agisca pet
O.A.E. le azioni conto di essa) quando il comportamento della medesima non si ricolleghi ad un formale
possessorie provvedimento amministrativo, emesso nell'ambito e nell'esercizio dei poteri autorita
J
tivi e discrezionali ad essa spettanti, ma si concreti e si risolva in una mera attivit md
l
compor amenti
non ricollegabili teriale, non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali; ove risulti, invece,.
all'esercizio sulla base del criterio del "petitum" sostanziale, che oggetto della tutela invocata
dell!0tere una situazione possessoria, ma il controllo di legittimit sull 'esercizio del potere da
autontatlvo '
33Cass. civ., sez. un., 03 dicembre 2010, n. 24563; Casso Civ., S.v., 2 luglio 2009, n. 15469.
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 347
arte della FA., va dichiarato il difetto di giurisdizione del g.o., competente essendo
ft giudice amministrativo, poich costituisce una questione di merito, la cui decisione
spetta al giudice provvisto di giurisdizione, stabilire se l'azione sia proponibile e la pre-
tesa dell 'attore possa essere soddisfatta".
Quanto alle occupazioni da atto illegittimo ma non nullo (dichiarazione di p.u., de-
creto di esproprio) la restituzione consequenziale alla necessaria pronuncia di annul-
lamento da parte del G.A. e rientra nell'alveo del normale giudizio di ottemperanza in
guisa da escludere la proposizione della mera azione possessoria
34

5. Le altre materie devolute alla giurisdizione esclusiva


5.1. Il pubblico impiego non privatizzato (artt. 63, comma 4, del D.Lgs.
165/2001 e 133, comma 1, letto i, del codice del processo amministrativo)
Con l'art. 29, n. 1, R.D. 1054/1924 - T.V. Cons. St. -la materia inerente al pub-
blico impiego statale venne attribuita alla giurisdizione esclusiva del Consiglio
di Stato, mentre l'art. 4 R.D. 26 giugno 1924 n. 1058 - T.V.G.P.A. - istitu" la
giurisdizione esclusiva anche in materia di impiego presso enti locali.
. La giurisdizione esclusiva sul pubblico impiego stata ribadita dall'art. 7,
2, L. 1034/1971.
La ragione della giurisdizione amministrativa nel rapporto di pubblico im-
piego si giustificava con il regime rigorosamente pubblicistico a cui era assog-
gettato, essendo scandito da atti pubblicistici, senza che alcun rilievo venisse
conferito alla fonte contrattuale.
L'esclusivit della giurisdizione amministrativa, invece, era dovuta all'esi-
genza di coniare uno strumento idoneo a risolvere preventivamente la questione
. del riparto in un settore in cui diritti soggettivi e interessi legittimi erano stretta-
. mente intrecciati tra loro.
l Il modello del pubblico impiego inizi a entrare in crisi negli anni Ottanta (L.
93/1983 che evidenzi la necessit di recepire alcuni principi di carattere priva-
tistico) per poi essere definitivamente travolto dal D.Lgs. 29/1993 con cui stata
privatizzata la "magna pars dei rapporti di pubblico impiego.
L'mi. 63 D.Lgs. 165/2001 (che ha sostituito il D.Lgs. 29/1993) dopo aver de-
voluto alla giurisdizione del giudice ordinario i rapporti di lavoro alle dipenden-
ze delle pubbliche amministrazioni (comma l), ha fatto salva espressamente la
giurisdizione esclusiva del G.A. per le controversie relative ai rapporti di lavoro
il C.d. pubblico impiego non contrattualizzato, per i quali il perma-
, del carattere pubblico del rapporto e della natura amministrativa degli atti di
organizzazione comporta il corollario del perdurare della giurisdizione
esclusiva del G.A., di talch continueranno ad applicarsi le tecniche processuali
..L.
34
111 tal senso Cons. St., Ad. Plen., 29 aprile 2005 n. 2.
La ratio della
devoluzione alla
O.A.E.
348 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
elaborate dalla giurisprudenza per la giurisdizione esclusiva (v. cap. III). Tale
principio, poi, stato ribadito dall'art. 133, lett. i) cod. proc. amm., che
tamente devolve alla g.e. del G.A. "le controversie relative ai rapporti di lavoro
del personale in regime di diritto pubblico ".
Sul tema si rinvia alla parte II, cap. III, - 8 ss. ed al precedente cap. I, 3,
anche per l'esame dei dubbi di costituzionalit che, alla luce della sentenza n: '
204/2004, la normativa in esame pone sotto il profilo della dubbia compatibilit
costituzionale di una giurisdizione esclusiva del G.A. che investe anche atti
ritetici della P.A. (v. mancata corresponsione dello stipendio) non agganciati al
potere autoritativo ma concretanti inadempimenti meri di obbligazioni patrimo-
niali discendenti dalla legge.
5.2. Le controversie nella materia della concessione di beni pubblici (art.
5 della L. 1034/1971, ora art. 133, comma 1, letto b del codice del processo.
amministrativo)
Le riforme degli ultimi anni non hanno toccato la giurisdizione esclusiva nella
delle concessioni dei beni pubblici, introdotta dall'art. 5 della L. 1034 del 1971 e tra-
sfusa nell'art. 133, comma 1, lett. b) cod. proC. amm.), ad eccezione delle controversie
concernenti indennit, i canoni e gli altri corrispettivi e di quelle attribuite ai Tribunali
delle Acque pubbliche
35

Per l'approfondimento dell'istituto V. parte II, cap. VI, 6.2. e 6.3.


5.3. Gli accordi tra privati e amministrazioni ai sensi dell 'art. 133, letto a, n.
2, del codice del processo amministrativo
L'art. 133, lett. a, n. 2, cod. proC. amm., prevede la giurisdizione esclusiva del
G.A. per le controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione de.,
gli accordi tra privati e P.A. ex art. Il L. 241/1990, comprendendo sia gli accordi
diretti alla determinazione del contenuto del provvedimento che quelli sostitutivi
del provvediment0
36

Sul tema V. parte III, cap. X, 8.
35Restano altres escluse dalla giurisdizione esclusiva le controversie insorte tra con. ,
cessionari e terzi, qualora l'amministrazione concedente resti totalmente estranea alla questi o, '
ne, e l'atto concessorio si ponga quale mero presupposto di fatto alla base delle reciproche
pretese tra le parti (cos Casso civ., sez. un., ord. 1 aprile 2010 n. 8067, in Urb. e app., 812010,
949 ss.) I
36Sul punto v., da ultimo, Casso sez. un., 3 febbraio 2011, n. 2546, in Urb. e App., 6/2011, ch(j
ha risolto in favore del g.a. la questione di giurisdizione su una controversia relativa al mancato
adempimento di un accordo transattivo avente ad oggetto, tra l'altro, l'approvazione di una con-
venzione di lottizzazione.
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 349
5.4. La giurisdizione esclusiva su silenzio e Segnalazione Certificata di Inizio
Attivit (gi d.i.a.), ex art. 133, comma 1, letto a), n. 3, cod. proC. amm. e art.
.19 L. 241/09, come modo dal D.L. 78/10
L'art. 19 della L. 241/1990 ha introdotto un istituto privo di significativi pre-
. edenti nel panorama legislativo, poich mira a semplificare, o meglio a libe- s.c.i.a.
C lizzare, il complesso regime delle autorizzazioni amministrative concernenti
ra l .. .
l'esercizio di attivit economiche private, attraverso la oro set-
tori tassativamente indicati nella disposizione, con un'apposlta dlchlaraz10ne da
parte dei soggetti interessati.
. L'art. 13 3, comma l, lettera a, n. 3 del codice del process0
37
conferma la
disciplina pregressa in materia di giurisdizione esclusiva del G.A. in ordine a
egnalazione, denuncia e dichiarazione di inizio attivit.
Nel giustificare tale previsione con riguardo all'iniziativa di un terzo finalizzata a conte-
stare l'esercizio dell'attivit denunciata, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con
decisione 29 luglio 20 Il, n. 15, ha osservato che" l'iniziativa proposta nel caso di specie
da parte del terzo mira a far valere l'interesse legittimo leso dal non corretto esercizio
dc!! potere amministrativo di verifica della conformit dell 'attivit dichiarata rispetto al
paradigma normativo, nella specie rappresentato divieto di aggravio ai
sensi dell'art. 1067 del codice civile. La controversza sottoposta alla cognzzzone dz que-
sto giudice non riguarda, quindi, un rapporto meramente privatistico, ossia il coriflitto
ra il denunciante che intenda svolgere l'attivit oggetto della dichiarazione ed il terzo
che lamenti l'indebita ingerenza nella sua sfera giuridica, ma si appunta su un rapporto
Ymministrativo che ha come fulcro il corretto e tempestivo esercizio del potere ammini-
di controllo circa la conformit dell'attivit dichiarata al paradigma normativo,
con onseguente adozione delle misura inibitoria in caso di esito negativo del riscontro.
I! contenzioso ha quindi come oggetto l'esercizio di un potere pubblicistico finalizzato
alla tutela di interessi pubblici, in coerenza con il disposto dell'art. 7, comma 1, del
codice del processo amministrativo, che assegna alla giurisdizione del giudice ammini-
strativo la cognizione delle controversie concernenti l'esercizio o il mancato esercizio
del potere amministrativo.
O" E'pur vero che il ricorrente avrebbe potuto contestare direttamente all'autore della
d.i.a. la violazione della servit, ma ci, in base al noto principio giurisprudenziale del-
doppia tutela, non esclude che egli possa avere invece interesse - legittimo in senso
- a pretendere l'intervento repressivo dell 'amministrazione in una pi ampia e
pi efficace prospettiva di tutela degli interessi pubblici coinvolti. Basti a tal fine consi-
derare che l'accesso in auto invece che pedonale non certo circostanza irrilevante dal
punto di vista urbanistico.
Tale disciplina in punto di giurisdizione va coordinata con le recenti modifiche
apportate all'istituto, il quale stato negli ultimi mesi oggetto di numerosi inter-
Venti normativi, tra loro spesso contraddittori.
37COS come modificata dal correttivo al codice del processo amministrativo.
350 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
Il recentissimo D.L. 78/2010, conv. con modo dalla L. 122/2010, ha sostituito
la dichiarazione di inizio di attivit (dj.a.) con una segnalazione dell'interessato'
(s.c.i.a.), corredata da dichiarazioni sostitutive di certificazioni o da atto di no-
toriet attestanti gli stati, le qualit personali e i fatti richiesti per l'espletamento
salve le verifiche successive -degli organi e delle amministrazioni
competentI.
Il comma 5 dell'art. 19, nella sua formulazione originaria, cos recitava: "il
relativo ricorso giurisdizionale [ovvero il ricorso in tema di d.i.a., oggi s.c.i.a,'
n.d.a.], esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, pu
anche gli atti di assenso formati in virt delle norme sul silenzio assenso previsti
dall 'articolo 20".
Le modificdhel Tale comma, abrogato espressamente dall'art. 4 dell'AlI 4 del codice de' l
apportate a . .,.
codice del processo, era stato sostltuito in toto dall'art. 133, comma 1, lett. a), n. 3, cod.
processo proc. amm., il quale si limitava a devolvere al G.A. esclusivo le controversie iIi
materia di d.i.a., senza riprodurre l'inciso finale del comma 5 dell'art. 19.
La scelta del Legislatore codi cistico sembrava dunque aver recepito le
tiche mosse in dottrina e giurisprudenza alla puntualizzazione contenuta nella
parte finale del comma 5, che sembrava sposare la tesi della d.i.a. come
assenso, in palese contraddizione con quanto concluso dai pi recenti
giurisprudenziali.
Le ulteriori I l t t l .
modifiche n pa ese con ras o con ta e opZIOne normativa, tuttavia, a distanza di poco'
apportate dai pi di un mese dall'emanazione del codice del processo, il Legislatore ha ;
di, nn, 78/2010 mente mutato opinione. In sede di conversione del D.L. 78/2010 (nonch .
e 122/10 lt . .. . d' . l d l
u enon lllterventI l cUI a .. n. 125/2010 ed alla relativa legge di
n. 163/1 O), infatti, il Legislatore ha ulteriormente modificato l'art. 19 della
241/1990, reintroducendo nuovamente una disposizione di analogo tenore
rale dell'abrogato comma 5.
Nello specifico, il nuovo art. 19, nel sostituire la previgente denunzia di'
attivit con la "Segnalazione Certificata di Inizio Attivit", prevedeva
mente, al comma 5, che "Ogni controversia relativa all'applicazione del pri:o
sente articolo devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amminis
va. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato
termini di legge, pu riguardare anche gli atti di assenso formati in virt
norme sul silenzio assenso previste dall'articolo 20".
Tale ulteriore intervento normativo, testimone di un atteggiamento
rio del Legislatore, ha destato forti perplessit. La reintroduzione di una
dall'interpretazione letterale assai incerta, foriera di nuove critiche relative alla
lificazione della d.i.a. (oggi s.c.i.a.) quale ipotesi di silenzio-assenso, era
aggravata dal fatto che la nuova norma aveva lasciato inalterato il dettato di
all'art. 133 cod. proc. amm., creando cos un vistoso difetto di coordinamento
il codice di procedura amministrativa, il quale, invece, continua a non far
menzione del meccanismo di cui all'art. 20 L. 241/1990.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 351
La questione in esame ha dato la stura a due nuovi interventi del Legi- Illegislatore
interviene
slatore. nuovamente: il
Innanzitutto, il d.l. 13 agosto 2011, n. 138
38
, ha introdotto un nuovo comma 6-ter di. 138/2011
nell'art. 19 L. 241/90, il quale prevede che "La segnalazione certificata di inizio
attivit, la denuncia e la dichiarazione di inizio attivit si riferiscono ad attivit li-
,beralizzate e non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli
:interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministra-
fiione e, in caso di inerzia, esperire l'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del
d.ecreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 " .. Alla luce di tale inequivocabile presa
,di posizione, dunque, sembrerebbero ormai superati a pi pari tutti i dubbi relativi
alla natura provvedimentale dell'avvio di attivit che si annidavano in previsioni
:(p,eraltro processuali), dalla formulazione dubbia.
Da ultimo, infine, il decreto correttivo al codice del processo amministrativo, Le ulteriori
f d
d' d' modifiche
hil risolto il di etto l coor lllamento tra co Ice del processo ed art. 19, co. 5, L. ad opera del
.4
41
, chiarendo anche definitivamente la vexata quaestio del contestato accosta- correttivo al
. dell'avvio di attivit al silenzio-assenso. codice del
. d 1 d' di' f: . . . processo
,La nuova verSIOne e co Ice e processo, III attI, consacra III una preVIsione
hoc la giurisdizione esclusiva del g.a. in materia di silenzio-assenso (art. 133,
1, lett. a-bis, cod. proC. amm.), riservando invece la lett. a.3) dell'art. 133
controversie in materia di "silenzio di cui all'articolo 31, commi 1,2 e 3,
provvedimenti espressi adottati in sede di verifica di segnalazione certificata,
,\.II;>J.JUu.vla e dichiarazione di inizio attivit, di cui all'articolo 19, comma 6-ter,
legge 7 agosto 1990, n. 241".
L'attuale lettera della nonna attribuisce dunque alla giurisdizione esclusiva
G.A. tutte le controversie relative alle forme di semplificazione di cui alla L.
/90, ricomprendendovi le questioni relative alla liberalizzazione dell'attivit
degli strumenti della segnalazione, denuncia o dichiarazione di inizio di
di cui all'art. 19 L. 241/90, nonch ai provvedimenti adottati dalla P.A.
di verifica dei presupposti di legge. B' invece definitivamente scomparso
.riferimento al silenzio assenso nella nonna sulla d.i.a., il cui abbinamento
.avvio di attivit aveva sollevato tante perplessit in dottrina e giurispruden-
( al contrario, l'accostamento nella medesima norma dell'avvio di attivit al
mediante l'espresso richiamo all' art. 31, co. 1, 2 e 3, sembra pro-
per il definitivo superamento delle tesi dottrinarie e pretorie che ascrive-
agli istituti di cui all'art. 19 L. 241/90 natura provvedimentale tacita.
Di particolare interesse, inoltre, il riferimento alle controversie in materie di La giurisdizione
, . d' . Il' 31 1 2 3 d esclusiva in
l cUI a art. ,co., e ,co . proc. amm. materia di
. La fonnulazione letterale della norma, secondo una prima linea di pensiero, infat- silenzio ex art.
. estendere le controversie sottoposte alla giurisdizione esclusiva del g.a. 30, co, l, 2 e 3
llh

a que e c e attengono, in via generale, al silenzio-rifiuto. Cos intesa, la dispo-
in questione priva di significativi precedenti: unica ipotesi di giurisdizione
in Legge n. 148/20 Il.
352
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
esclusiva in materia di silenzio non concludente, infatti, era prevista dall'art. 2-bis L.
241/90 (poi trasfuso nell'art. 133, co. 1, letto a.1 cod. proC. amm.) con esclusivo rife-
rimento al risarcimento del danno da silenzio o ritardo amministrativo.
Ad avviso di questi autori, dunque, la nuova previsione sembra vv.w"""'uo
definitivamente la convivenza, nei rapponi tra cittadino e P.A., di un vero e
proprio "diritto al tempo", che si sostanzia nel diritto soggettivo ad ottenere una'
risposta all'istanza presentata all'amministrazione. Tale posizione soggettiva
peraltro, ben distinta ed autonoma dall'interesse legittimo al bene della
sotteso all'istanza del privato, con il quale tuttavia "convive" ed inscindibil.l
mente connesso. Proprio la stretta commistione tra i due profili di diritto sogget.l
tivo al tempo ed interesse legittimo al bene della vita (specie alla luce dei par-
ticolari poteri che la legge riconosce al giudice di pronunciarsi sulla fondatezza
della istanza, ex art. 31, co. 3, cod. proC. amm., e di nominare un commissario ad
acta, ex art. 117 co. 3, cod. proC. amm.) hanno quindi indotto il Legislatore della'
novella a devolvere l'intera materia alla giurisdizione esclusiva del g.a.
Altra parte della dottrina, invece, ha aderito ad una lettura di minore impat-
to della norma, suggerita dai lavori preparatori, secondo cui il riferimento al
silenzio-rifiuto di cui all'art. 133, n. 3 deve essere letto insieme al richiamo della
stessa norma ai provvedimenti espressi, in modo da riguardare non ogni silenzio
inadempitivo, ma solo quello esibito con il mancato esercizio dei poteri inibitori
e di intervento in materia di s.c.i.a. e d.i.a.
Sulla ipotesi di giurisdizione esclusiva in esame V. anche parte III, cap. IV;
8.9.
5.5. Giurisdizione esclusiva in tema di indennizzo conseguente a revoca di
provvedimento (art. 133, comma l, letto a, n. 4, del codice del processo am-
ministrativo)
Anche la giurisdizione di cui a detta norma, nella misura in cui tocca una mera
conseguenza economica di un provvedimento assunto come mero fatto storico,
pone problemi di compatibilit con la sentenza 204/2004. Problemi risolti nega-
tivamente da chi rileva che nella specie vi la cognizione diretta ed esclusiva
di un mero rapporto obbligatorio, in seno al quale non vi spendita del poter
autoritativo; positivamente da chi all'opposto rimarca che detta obbligazione
consequenziale all'esercizio del potere pubblico concretatosi nella revoca del
precedente provvedimento.
Sulla questione v., pi analiticamente, parte III, cap. VIII, 4 ss ..
5.6. La giurisdizione esclusiva in tema di danno da ritardo (art. 133, comma
1, letto a, n. 1, del codice del processo amministrativo)
Gli artt. 2-bis della L. 241/1990 (introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69) e 30, '
co. 2, cod. proc. amm., hanno varato una specifica disciplina in tema di danno
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 353
da ritardo pubblica amministrazione nella definizione del proce-
dimento ammmistratlvo.
, Rinviando alla parte I, sez. II, cap. IV, 3.4.1. ed alla parte III, cap. IV,
!i..IS., per la specifica trattazione ivi dedicata ai profili sostanziali della
"', a"'1'Ylenta in questa sede solo che art. 133, comma 1, letto a, n. 1, del COdl-
Sl,r llllH
," del processo, nel riprodurre l'abrogato comma 2 dell'art. 2-bis, devolve alla
esclusiva del giudice amministrativo il contenzioso relativo a tale
g b'l' '39
responsa 1 lta . .
'.' noto che, gi prima di tale norma, la giunsprudenza, suggellata dalla
decisione n. 7/2005 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, si era di-
nos
trata
propensa a devolvere alla giurisdizione di legittimit del G.A., in
base al normale criterio di riparto, il contenzioso in tema di ritardo procedi-
mentale
40

La sottolineatura dell'esclusivit della giurisdizione, operata dal codice a
conferma della scelta di cui all'art. 2-bis cit., fa propendere per la qualificazione
tt termini di diritto soggettivo della pretesa giuridica al rispetto della tempi-
sica procedimentale. In senso opposto, tuttavia, la Cassazione, con la recente
delle S.V. 25 marzo 2010, n. 7160, ha affermato che, in caso di ritar-
do amministrativo, il comportamento amministrativo si risolve nella violazione
1i una norma che regola il procedimento ordinato all'esercizio del'p0tere,
, conseguente lesione di una situazione di interesse legittimo pretenslVo e non dI
diritto soggettivo.
'.' Va infine segnalato che, diversamente dall'art. 2-bis, comma 2, della L. 241,
che sttoponeva la domanda risarcitoria relativa al danno da ritardo alla prescri-
zione quinquennale, l'art. 30 del codice del processo la fa soggiacere al termine
di decadenza di 120 giorni previsto per il danno da lesione di interesse legittimo,
bbn l'aggiunta che tale termine non prende a decorrere fino a quando perduri
hnerzia amministrativa e che esso inizia comunque a decorrere dopo un anno
scadenza del termine per provvedere.
. Sul tema V. anche sez. II, cap. IV, 3.4.1.
39V. la pregevole trattazione riservata al tema da GISONDI, in Caringella-Protto (a cura di), Il
. nuovo procedimento amministrativo, 2009, Roma,
pare, invece, che la configurazione di una nuova (ennesima) ipotesi di giurisdizione esclu-
siva del G.A. sulle controversie derivanti dalla violazione dei termini procedimentali possa in-
tendersi come attrazione alla cognizione del giudice amministrativo di controversie relative al
silenzio serbato dalla P.A. in relazione ad atti di natura non autoritativa che oggi la giurisprudenza
ritiene pacificamente devolute al giudice ordinario (T.A.R. Napoli, 6 giugno 2008 n. 5425 in Foro
Amm. TA.R., 2008, 6, 1815; Cons. St., V, 11 gennaio 2007 n. 6378 in Foro Amm. CDS,2008,
12,3449). Fare di qualunque inerzia della P.A. una vera e propria materia trasversale oggetto di
giurisdizione esclusiva che abbraccia anche ambiti in cui assente l'esercizio di un vero e proprio
potere amministrativo contrasterebbe con i canoni stabiliti dalla citata sentenza n. 204/04 della
Corte Costituzionale.
354 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
5.7. La giurisdizione esclusiva in materia di diritto sportivo (art. 133, comma
1, letto z, del codice del processo amministrativo)
La genesi del
D.L. 220
del 2003
Con la legge 17 ottobre 2003 n. 280, che ha convertito il D.L. 220 del 19 agosto
2003, il Legislatore ha inteso porre fine alla querelle insorta tra la FIGC e ii
plesso giurisdizionale amministrativo in ordine al riparto di giurisdizione sulle
Il legislatore
distingue le
controversie
riservate
alla giustizia
sportiva e quelle
devolute alla
giurisdizione
amministrativa
La ratio della
devoluzione alla
giurisdizione
amministrativa
esclusiva
controversie sportive
41

La contesa vedeva la contrapposizione tra due principi fondamentali: da un lato, la salva.
guardia dell'autonomia dell'ordinamento sportivo dall'ordinamento statuale; dall'altro
la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice statuale delle situazioni giuridiche
connesse con l'ordinamento sportivo e rilevanti per l'ordinamento giuridico.
Il Legislatore, ispirandosi al principio della pluralit degli ordinamenti giuridici,
cordato nella relazione governativa al decreto n. 220/2003, ha distinto le controversie ri.
servate in via esclusiva all'ordinamento sportivo e ai suoi organi di giustizia [quali quel.
le attinenti all'osservanza e all'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e
statuarie dell' ordinamento sportivo nazionale che, essendo norme interne associative,
sono espressione dell' autonomia negoziale dell'associazione tutelata
te, nonch le questioni riguardanti i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare (art,
2)] dalle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
aventi ad oggetto gli atti del CONIo delle Federazioni sportive (artt. 3 D.L. 220/03 e
133, letto z, cod. proc. amm.), previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva (l
C.d. pregiudizi aie sportiva).
L'autonomia dell'ordinamento sportivo, tuttavia, stata delimitata dall'art. 1 L. 220
del 2003, che stabilisce una clausola di salvezza in favore del giudice statale per tutte le
ipotesi in cui la controversia sportiva coinvolga posizioni di diritto soggettivo o interesse
legittimo rilevanti per l'ordinamento statale.
Un diverso modo di intendere la riserva a favore dell'autonomia sportiva, tale
ricomprendere nella sfera dell'indifferenza per l'ordinamento statale ogni aspetto della
materia disciplinare, anche quando i relativi provvedimenti incidono su diritti soggettivi
e interessi legittimi, si porrebbe in insanabile contrasto con l'art. 24 Cost., che garantisc
sempre e in ogni caso la tutela giurisdizionale di siffatte situazioni giuridiche soggettive
e connoterebbe d'illegittimit costituzionale la norma che prevede quella riserva.
La scelta legislativa di devolvere alla giurisdizione amministrativa esclusiva, anzich
alla giurisdizione ordinaria, le controversie riguardanti gli atti del CONI e delle Federa-
zioni sportive sembra costituire un precipitato dell'indirizzo giurisprudenziale che pa-
41 la nota vicenda che port all'emanazione del D.L. 220/2003 e che interess alcune squadre di:
serie B, in particolare il Catania, coinvolte dai provvedimenti dei giudici sportivi riguardanti la
regolarit di un incontro di campionato (Catania-Siena), e comportanti una diversa configurazione
della classifica finale, alla cui incertezza contribu" l'atteggiamento della giurisprudenza ammini-
strativa adita dalle societ di calcio coinvolte. Di fronte all'ingerenza dei giudici amministrativi
in questioni di carattere tecnico, la F.I.G.C. adott un atteggiamento dilatorio, contribuendo ad
alimentare l'incertezza circa l'organico della serie B per il campionato 2003-2004. Per garantire
il regolare avvio del campionato il Governo t ce ricorso ai poteri d'urgenza, che pOliarono
provazione del D.L. poi convertito nella L. 28012003.
PARTE I -- SEZIONE III CAPITOLO 2 355
'ficamente considera
42
l'attivit delle federazioni sportive, che devono essere espletate
?1 rmonia con le deliberazioni e gli indirizzi di CONI e CIO, come espressione di un
potere che si estrinseca attraverso l'adozione di provvedimenti amministrativi
f d esempio i provvedimenti riguardanti l'ammissione al campionato), sebbene da parte
; soggetti espressamente qualificati dalla legge come associazioni di diritto privato (art.
15 D.Lgs. 242/1999). . . .,..
A ci si aggiunga che nella matena 1ll esame la difficoIta di qualIficare la natura
delle posizioni soggettive, incise dagli atti del Coni e delle Federazioni sportive, rende
O portuna la devoluzione ad un unico giudice della cognizione degli atti, onde facilitare
l:tutela giurisdizionale del soggetto leso.
Resta ferma, expressis verbis, la giurisdizione ordinaria per le controversie patrimo-
niali tra societ associazioni e atleti
43

'5.8. La giurisdizione esclusiva in materia di energia elettrica (art. 133, com-
" ma 1, letto o, del codice del processo amministrativo)
L'art. 1, comma 552, della legge finanziaria per il 2005, aveva previsto e la giurisdizione
esclusiva del G.A. sulle procedure e sui provvedimenti in materia di impianti di gene-
razione di energia elettrica di cui al D.L. 7 febbraio 2002 n. 7 convertito, con modifica-
dalla L. 55/2002, e sulle relative questioni risarcitorie. La norma, oggi abrogata,
. tata integralmente trasfusa nell'art. 133, letto o, cod. proc. amm., che ha inglobato anche
ISl4iscipiina dettata dall'art. 49 della L. 99/2009 in materia di procedimenti e provvedi-
S.V. 23 marzo 2004 n. 5775; Cons. St., sez. VI, 9 luglio 2004 n. 5052.
1
3
La disciplina in esame ha superato indenne un recente scrutinio di costituzionalit. La Corte
Costituzionale, con sentenza 11 febbraio 20 Il, n. 49, ha ritenuto infondata la questione di legitti-
mit costituzionale nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le
bbritroversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti,
tesserati, associazioni e societ sportive, sottraendo le al sindacato del giudice amministrativo,
anche ove i loro effetti superino l'ambito dell'ordinamento sportivo, incidendo su diritti soggettivi
legittimi. La Corte, infatti, ha fornito una chiave di lettura costituzionalmente orientata
norme in questione sostenendo che, "Iaddove il provvedimento delle Federazioni
o:del CONI incida anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento gmndlco
Sfatale la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento
deve essere proposta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non
bperando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria
nemmeno pu essere fatta valere, sicch il g.a. pu conoscere delle sanzioni disciplinari inflitte a
s9.\:iet, associazioni ed atleti, in via incidentale ed indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda
riaarcitoria avanzata dal destinatario della sanzione. Pertanto, qualora la situazione soggettiva
consistenza tale da assumere nell' ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo
bdi interesse legittimo, in base al diritto vivente del giudice dotato di giurisdizione esclusiva in
niteria secondo la legge, riconosciuta la tutela risarcitoria, che non preclusa dall'esplicita
esclusione della diretta giurisdizione sugli atti di irrogazione delle sanzioni disciplinari (posta a
tUtela dell'autonomia dell'ordinamento spOliivo). sicuramente una forma di tutela, per equiva-
!\lpte,diversa da quella in generale attribuita al g.a. (ed infatti si verte in materia di giurisdizione
ma la mancanza di un giudizio di annullamento (che, oltretutto, difficilmente sortireb-
. ripristinatori, potendo intervenire solo dopo l'esperimento di tutti i rimedi interni alla
sportiva, e costituirebbe comunque un'intromissione non annonica rispetto all'afferma-
legislativo di tutelare l'ordinamento sportivo) non viola l'art. 24 Cost.".
Il quadro
normativo
La giurisdizione
esclusiva
nell'ipotesi di
diniego della
autorizzazione
alla
realizzazione
dell 'impianto
La G.E.
nell 'ipotesi in
cui il terzo si
opponga alla
realizzazione
dell 'impianto
La tesi tradizio-
nale devolve-
va alg.o. la
giurisdizione
sulla lesione del
diritto alla sa-
lute per effetto
delle immissioni
elettromagne-
tiche
La G.A. include
anche le azioni
inibitorie a
tutela del diritto
alla salute
Corte costo n.
140/2007
356 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
menti concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori .
gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche nonch quelle relative ad infrastn:ti
ture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale'o
rete nazionale di gasdotti. :
La disciplina in esame non sortisce alcun effetto innovativo sul riparto di giurisdizio::
ne in ordine alle controversie tra la P.A. e il privato che impugni il diniego o il silenzio
serbato dalla P.A. sull'istanza rivolta ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione alla rea-
lizzazione dell'impianto. lj
In tali ipotesi, infatti, la posizione giuridica soggettiva del privato che aspira al proy.
vedimento autorizzatorio senz'altro d'interesse legittimo, per cui la giurisdizione del
G.A. sulla controversia in ordine alla legittimit del diniego o del silenzio della PA
sull'istanza poteva affermarsi in base al tradizionale criterio di riparto fondato sulla
sapetendi.
La disposizione in commento assume, invece, rilevanza in ordine al riparto di giuri-
sdizione nelle ipotesi in cui sia il terzo ad agire in giudizio per opporsi alla
o all'esercizio dell'impianto produttivo, lamentando la lesione del diritto alla salute e
alla salubrit ambientale a causa delle immissioni elettromagnetiche.
Tradizionalmente la giurisprudenza riteneva che la cognizione sulle controversie at.:
tinenti alla lesione, attuale o potenziale, del diritto alla salute, spettasse alla giurisdizione
del g.O., in quanto si tratta di un diritto fondamentale che il potere amministrativo non
in grado di affievolire.
Profili problematici presentava, in particolare, il riparto di giurisdizione nelle ipotesi
in cui il terzo, anzich domandare il risarcimento del danno alla salute, avesse pn)m,osso
un'azione inibitoria diretta ad ottenere la cessazione delle immissioni nocive attraverso
la rimozione della centrale elettrica o lo spostamento della linea elettrica o la sua
tivazione.
. La tesi favorevole alla giurisdizione del G.A. ha trovato seguito in dottrina e g
i
4i
nsprudenza anche all'indomani del varo del comma 552 della Finanziaria 2005 (oggi
art. 133, comma l, lett. o), cod. proc. amm.) che, nel delineare la nuova .. '
esclusiva in materia di centrali elettriche, devolve al G.A. anche le relative
risarcitorie in senso ampio; e trova conferma nella dizione ampia dell'art. 133,
l, lett. o, che devolve il contenzioso relativo a tali procedimenti e provvedimenti al
esclusivo senza alcuna limitazione in ordine alle tecniche di tutela azionabili innanzi
giudice amministrativo.
Si ritiene, infatti, che il Legislatore abbia voluto concentrare in capo al G.A.
controversia che interferisca con la progettazione, la realizzazione, l'esistenza, il
zionamento di un impianto, in cui si faccia questione, anche in via incidentale,
legittimit del provvedimento autorizzatorio rilasciato dalla P.A. incluse le
risarcitorie, anche in forma specifica, avanzate dal terzo a tutela del proprio diritto
salute pregiudicato dalle immissioni elettromagnetiche generate dalle centrali
te dalla P.A.
Si rinvia al paragrafo finale del precedente capitolo per l'esame della a sentenza
140/2007 della Consulta, che, nel confermare tale lettura estensiva, ha respinto le
stioni di legittimit costituzionale sollevate con riferimento all'art. 1, comma 552,
legge 30 dicembre 2004, n. 311 nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 357
il.1dice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimen-
in materia di impianti di energia elettrica di cui al D.L. 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure
urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale).
5.9. La giurisdizione esclusiva in tema di gestione dei rifiuti (art. 133, comma
.1, letto p, del codice del processo amministrativo)
sull'onda dell'emergenza campana in tema di rifiuti, l'art. 4 del D.L. 23 maggio
2008, n. 90, conv. dalla L. 123/2008 (oggi abrogato e trasfuso nell'art. nell'art.
'1:33, lett. p), secondo inciso, cod. proC. amm.), ha stabilito che sono devolute
aUa giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, an-
bIie in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di
dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministra-
iione pubblica riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico
p,otere
44

5.10. La class action pubblica (legge c.d. Brunetta 15/2009 e D.Lgs. di attua-
: zione 20 dicembre 2009, n. 198)
$i gi visto (sez. I, cap. I, 7.2.2.) che l'esigenza di introdurre una specifica
c)ass action nei confronti della P.A. ha condotto alla delega legislativa conferita
dall'articolo 4, comma 2, lettera 1) della legge delega 4 marzo 2009 n. 15.
La legge delega devolve il contenzioso in parola alla giurisdizione esclusiva
e di merito del giudice amministrativo. Il decreto legislativo di attuazione 20 di-
cembre 2009, n. 198 ribadisce la natura esclusiva di tale giurisdizione e tuttavia
don fa pi menzione della sua natura anche di merito.
5.11. Le altre ipotesi di giurisdizione esclusiva previste dall'art. 133 cod.
Rnviando alle specifiche trattazioni per l'approfondimento delle singole ipotesi di giu-
risdizione esclusiva, in questa sede ci si limita a menzionare le altre ipotesi di g.e. che
lfart. 133 cod. proC. amm. attribuisce al giudice amministrativo.
Esse sono:
". 'le controversie in materia di nullit del provvedimento amministrativo adottato in
violazione o elusione del giudicato e di diritto di accesso ai documenti amministrativi
comma l, lett. a.5 e a.6, cod. proC. amm.);
la pronuncia n. 35 del 5 febbraio 2010 la Corte Costituzionale aveva reputato legittima
li attribuzione alla giurisdizione esclusiva del G.A., ai sensi dell'art. 4 del D.L. 90/2008, delle
controversie in tema di rifiuti, sottolineando che si tratta di una patiicolare materia, sufficiente-
mente delimitata, in cui vengono in rilievo posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo
Intimamente connesse, e che comunque in questo ambito l'Amministrazione agisce attraverso la
spendita di poteri amministrativi. Sul tema si da ultimo pronunciata, negli stessi termini, Corte
Cost., ord. 18 febbraio 2011 n. 54, in www.lexitalia.it.
358 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
le controversie concernenti l'esercizio del diritto a chiedere e ottenere l'uso delle
tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e coni
gestori di pubblici servizi statali (art. l33, lett. d cod. proc. amm.);
le controversie aventi ad oggetto i decreti di espropriazione per causa di pub
utilit delle invenzioni industriali (art. l33, letL h, cod. proc. amm.);
le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sarlZI<)llatori
ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d'Italia
dagli Organismi di cui agli articoli 112-bis, 113 e 128-duodecies del decreto
1 o settembre 1993, n. 385
45
, dalla Commissione nazionale per le societ e la .
dall'Autorit garante della concorrenza e del mercato, dall'Autorit per le garanzie
comunicazioni, dall'Autorit per l'energia elettrica e il gas, e dalle altre Autorit .
ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, dall' Autorit per la vigilanza sui corltra1tL
pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla Commissione vigilanza fondi pensione,
Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrit della pubblica
zione, dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private, comprese le {'(,,1tremA'"";"
relative ai ricorsi avverso i decreti ministeriali che applicano le sanzioni ai sensi dell'
ticolo 326 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (art. l33, lett. l, cod.
amm.);
le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di comunicazioni
troniche, compresi quelli relativi all'imposizione di servit, nonch i giudizi
l'assegnazione di diritti d'uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai
mi da 8 alI 3 dell'articolo 1 della legge l3 dicembre 2010, n . 220, incluse le prolcecluri
di cui all'articolo 4 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con """HU"';<"'''J,'.
ni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75 (art. 133, letto m, cod. proc. amm.)46;
le controversie relative alle sanzioni amministrative ed ai provvedimenti
dall'organismo di regolazione competente in materia di infrastrutture ferroviarie ai
si dell'art. 30 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188 (art. l33, lett. n, cod.
amm.);
le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali
tati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
legge 24 febbraio 1992, n. 225 (art. l33, lett. p, primo inciso, cod. proC. amm.);
le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti,
nati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumit pubblica
sicurezza urbana, di edilit e di polizia locale, d'igiene pubblica e dell'abitato (art. 1
letto q, cod. proc. amm.);
le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alla disciplina o al
dell'esercizio d'industrie insalubri o pericolose (art. l33, letto r, cod. proc. amm.);
le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione
disposizioni in materia di danno all'ambiente, nonch avverso il silenzio InaC1elnpllme:ll1
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento
danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, .
45L'elencazione delle a.i. soggette alla giurisdizione esclusiva del g.a. stata implementata
decreto di modifica del codice del processo amministrativo.
46Lettera cos modificata dal decreto correttivo al codice del processo.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 359
. ure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonch
inerenti le ordinanze ministeri ali di ripristino ambientale e di risarcimento del
danno (art. 1?3, letto s, c.od. ?roc. amm.);.
r le controverSIe relatlve all'apphcazlOne del prehevo supplementare nel settore del
e dei prodotti lattier?-caseari 133, t, co.d: proc. .
;' le controversie aventi ad oggetto l provvedlmentl In matena dI passaportI (art. l33,
Itt. u), cod. proc. amm.); .. ... . ,. . . .
le controversie tra lo Stato e l SuOi credlton nguardantll InterpretazlOne del contrattl
per oggetto i titoli di Stato o le leggi relative ad essi o comunque sul debito pub-
(art. 133, letto v), cod. proc. amm.).
ie controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori
'esclusi quelli inerenti i rapporti di impiego, adottati dall'Agenzia nazionale di rego-
del settore postale di cui alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 37 della
4 giugno 2010, n. 96 (art. l33, lett. z-bis, cod. proC. amm.);
. P in materia di ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti dell'Agenzia
per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, istituita dall'art. lO, co.
del d.l. l3 maggio 2011 (il c.d. decreto sviluppo), convertito con modificazioni
legge 12 luglio 2011, n. 106. La stessa nonna, inoltre, attribuisce la competenza
a conoscere della controversia al T.A.R. Lazio, assoggettando il relativo
, alla rito abbreviato di cui all'art. 119, co. 1, letto m-ter, cod. proc. amm. (art.
, lett. z-ter, cod. proc. amm.);
le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 3, comma
. d. 19s. 6 settembre 2011, n. 149, in materia di interdizione dalle cariche pubbliche
regionali e dei revisori dei conti responsabili di un grave dissesto finan-
degli enti locali presso i quali prestano servizio (art. l33, letto z-quater cod. proC.
Merita menzione, infine, la disposizione di cui all'art. lO, co. 26-bis del d.l. l3 mag-
2 11 (il c.d. decreto sviluppo) il quale attribuisce alla giurisdizione esclusiva del
. in materia di ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti dell'Agenzia nazionale per la
WU'L1l111v e la vigilanza in materia di acqua, istituita dal medesimo decreto. La stessa
inoltre, attribuisce la competenza inderogabile a conoscere della controversia al
Lazio, assoggettando il relativo processo alla rito abbreviato di cui all'art. 119
. giurisdizione sul risarcimento del danno a sua volta una materia di
esclusiva?
35 D.Lgs. 80/1998, innovando il sistema previgente, stabiliva che nelle ma-
'deferite alla giurisdizione esclusiva il G.A. conosce anche di tutte le questioni
a diritti, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno ingiusto.
IJU'vl,;C;;t;t; vamente l'art. 7 della L. 20512000 aveva esteso anche alla giurisdi-
generale di legittimit la cognizione di tutte le questioni relative all' even-
risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma speci-
'e agli altri diritti patrimoniali consequenziali.
La giurisdizione
sul risarcimento
danni come
caso di
giurisdizione
generale di
legittimit
La giurisdizione
sul risarcimento
danni come
ipotesi di
giurisdizione
esclusiva
360
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
L'art. 7, nell'estendere la giurisdizione del G.A. alle questioni relative al
sarcimento del danno, anche al di fuori delle materie attratte alla giurisdiziol1.
esclusiva, non precisava quale fosse il concreto criterio sistematico di e
zione che aveva sostenuto la scelta del Legislatore.
Occorreva in altri termini verificare se 'si trattasse di una giurisdizione
pre di legittimit, ancorch arricchita da poteri cognitori e decisori, ovvero se
fosse al cospetto di una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva.
La questione, oltre che particolarmente complessa sul piano teorico, laddove
la verifica della natura delle posizioni soggettive di cui si riconosce la tutela
assumeva un non indifferente rilievo sul versante applicativo, poich la tesi della
sdizione esclusiva comportava l'applicabilit ai giudizi risarcitori azionati in
ad attivit estranee alle materie di giurisdizione esclusiva delle disposizioni riguardanti l
poteri istruttori e sommari previsti dall'art. 35 D.Lgs. 80/1998 e dall'art. 8 L. 205/2000
riguardanti le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del O.A. ,.
Sull'argomento, la dottrina e la giurisprudenza ipotizzavano due soluzioni
ve, di fatto antitetiche tra loro.
Secondo una prima tesi, la giurisdizione espressamente riconosciuta dal nuovo art.
comma 3, L. T.A.R. alO.A. in materia risarcitoria "nell'ambito della sua UI1Jr",nl'''nMn''.
costituiva un' estensione ''funzionale'' della giurisdizione generale di legittimit: H.1UO.1j..1lOlI-
dentemente dalla qualificazione che s'intendesse riconoscere alla posizione giuridica
soggetto leso al risarcimento del danno, la giurisdizione in materia di risarcimento del
danno da lesione di interessi legittimi sarebbe stata in ogni caso da ricondurre nell' .
bito della giurisdizione generale ordinariamente riconosciuta al giudice anlmlm:stnit\i'Q
su tale materia.
La tesi contrapposta muoveva dalla ricostruzione effettuata dalle S,V. con la
500/99, secondo le quali quello al risarcimento del danno era da ritenersi un
soggettivo che, ponendosi in modo autonomo e differenziato rispetto alla posizione
ridica (di diritto o interesse) la cui lesione ha cagionato il danno, dovrebbe (in base
rigorosa applicazione della causa petendi) essere rimessa alla cognizione del g.O.
do, invece, il Legislatore deciso di deviare dall'ordinario criterio di riparto, da
che lo avesse fatto individuando, appunto, nel risarcimento del danno una
materia di giurisdizione esclusiva.
La Corte cost, La prima delle soluzioni in esame stata sostanzialmente accolta dalla Corte
sul risarcimento
del danno: la Costituzionale con la pronuncia n. 204/2004,la quale ha escluso
pronuncia n. che la tutela risarcitoria costituisca una nuova materia devoluta alla giurisdizio-
204/2004... ' . t t' d h . l'fi '1' . .
ne ammmiS ra Iva e a, anZI, qua I Icato l nsarcimento del danno ingiusto da
parte del G.A. quale "strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classicQ.
demolitorio (elo conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al
nei confronti della pubblica amministrazione".
Con tale pronuncia sembra che la Corte abbia inequivocabilmente
lato la tesi che considera questo tipo di risarcimento come un rimedio
tutela dell'interesse legittimo, senza possibilit di confusione dal punto di.
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 2 361
. t del fondamento costituzionale con il diritto soggettivo ex art. 103 Cost.
VIS a ., . f, .
S tratterebbe, m partlcolare, dI una tutela volta a completare le orme dI
p:'otezione da tempo sperimentate nel sindacato giudiziale sul pubblico po-
tere. . .. Il l .
conclusione stata succeSSlVamente sacramentata dal gmdlce de e eggi ... e la pronuncia
1, n. 191/2006
lla pronuncia n. 191/2006 (le cui argomentazioni sono poi nella sostanza ri-
n;esada Cass., S.V., ord. 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660) in cui, dopo aver
P'badito che la tutela risarcitoria non una nuova materia ma uno strumento di
ulteriore a disposizione del cittadino, espressamente avalla il nu.ovo
a risarcitorio, che considera irrilevante la circostanza che la pretesa nsarcltona
o non abbia intrinseca natura di diritto soggettivo, avendo la legge inequi-
vocabilmente privilegiato la considerazione della situazione soggettiva incisa
dall'illegittimo esercizio della funzione amministrativa (per la disamina comple-
ta di tale pronuncia si rinvia al 3.3.).
Ed a questo proposito la Corte costituzionale non ha mancato di escludere che
llper ci solo che la domanda proposta dal cittadino abbia ad oggetto
il risarcimento del danno, la giurisdizione competa al giudice ordinario", m
quanto ci che radica la giurisdizione amministrativa nel nuovo sistema risar-
citorio la natura della posizione soggettiva lesa dall'illegittimo esercizio della
funzione rispetto alla quale la tutela risarcitoria ha carattere rimediale.
Tanto detto con riferimento al risarcimento dei danni nel caso di giurisdizione
di .legittimit, un discorso analogo varr per quanto concerne l'inquadramento
della materia risarcitoria nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva, ove, peraltro,
non avrebbe alcuna utilit concettuale ipotizzare l'esistenza di una materia di
giurisdizione esclusiva (la materia risarcitoria) la quale si innesta su di un'altra
tnateria di giurisdizione esclusiva (es. i pubblici servizi) ai soli fini dei relativi
dsvolti risarcitori.
In base a quanto detto ed alla luce delle recenti pronunce della Corte costitu-
. z,ionale, si deve quindi concludere sul punto sostenendo che la giurisdizione in
materia risarcitoria non configurabile quale ipotesi di giurisdizione esclusiva ai
sensi dell' art. 103 Cost., quanto piuttosto come una sorta di estensione in massi-
mo grado della stessa giurisdizione di legittimit, in aderenza ad una lettura che
olloca sistematicamente le disposizioni in tema di giurisdizione in base alla loro
funzione di tutela delle posizioni giuridiche sostanziali sottostanti.
. Tale conclusione peraltro stata definitivamente positivizzata dal codice del Il codice del
: " l . . d" processo
processo amministrativo, il quale, nell'attribuire in via generale a gmns IZlOne amministrativo
risarcitoria al G.A., anche in forma autonoma, ha confermato - e rafforzato -
l'istituto risarcitorio non si sostanzia in una "materia" conoscibile dal
G .. A., ma costituisce uno dei mezzi di reintegrazione della lesione del bene della
vita azionato nel processo amministrativ0
47
A sostegno di tale assunto, peraltro,
;t'
47Sul punto, tuttavia, v. le tre ordinanze gemelle delle sezioni unite della Corte di Cassazione nn.
362 Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva
depone la previsione ex art 30 di un termine decadenziale che omogeneizza
tutela risarcitoria con quella impugnatoria, in una con il disposto dell'art.
cod. proc. amm., il quale, nell'individuare le materie devolute alla .
esclusiva del G.A., non fa alcun riferimento alle questioni risarcitorie da
di interessi legittimi.
Ne consegue che il riparto del danno tender, in un certo modo, a'
fare" le soluzioni che di volta in volta vengono adottate sulle questioni di
fra le giurisdizioni, sotto il versante delle posizioni sostanziali.
Qualche perplessit, tuttavia, suscita la previsione di cui alla lett. a.l)
norma in commento, che devolve alla giurisdizione esclusiva del G.A. il .
mento del danno da ritardo amministrativo (gi prevista, peraltro, dall'art.
della L. 241/1990), relativa a fattispecie nelle quali viene in rilievo la
dell'interesse legittimo al corretto esercizio del potere amministrativo sul
della tempestivit. La norma sembra evidenziare l'adesione legislativa ad un
dello nel quale assume rilevanza non la posizione sostanziale lesa ma la
risarcitoria, salvo relegare l'opzione al suo ambito specifico di pertinenza,
appunto dal danno da ritardo: viene cos fornito dal Legislatore lo spunto
l'adesione all'approccio, fino ad oggi minoritario, secondo cui la "' .... ",J ...u .... ,,JUU
del G.A. sul danno da lesione di interessi legittimi configura sempre, e non
nel caso particolare in esame, una materia di giurisdizione esclusiva, in
verte sul diritto soggettivo al risarcimento. Si tratterebbe di una .
compatibile con i principi della Consulta, stante la connessione tra la
risarcitoria e l'esercizio del potere pubblico, e, quindi, la configurazione
della pretesa risarcitoria isolata come strumento per il sindacato dell'
mediato del potere pubblico.
La norma si presta anche ad una lettura diversa, che configura la pretesa
rispetto del tempo come diritto soggettivo, e, in via consequenziale, plasma,
una scelta limitata al campo in esame, la relativa giurisdizione in termini di
risdizione esclusiva.
Sul tema v. il 5.6. ed i rinvii in quella sede effettuati.
6594, 6595,6596 del 2011, che hanno riaffennato il criterio di riparto di giurisdizione in
ria risarcitoria a seconda che essa sia spiccata in via autonoma, ovvero consequenzialmente
una domanda impugnatorio-caducatoria, escludendo nella prima ipotesi la giurisdizione del
e reintroducendo cos l'idea di una giurisdizione risarcitoria, se non ratione materiae, cornurlqU
strettamente connessa al tipo di tutela azionata in giudizio dal ricorrente. Per l'esame
della pronuncia, e dei relativi snodi problematici, v. sez. I, cap. II, 4.2.2.3.
CAPITOLO 3
Il processo
nU',<A"'IJ. 1. La dicotomia diritto-interesse conserv.a ai fini di e dei
l
processuali. - 2. I poteri del giudice ammllllstra1vo nella glUnsdlzlOne esclUSIVa ante
mezz . . d'
D.Lgs. 80/1998. - 2.1. La rilevanza della distinzione tra diritti ed interessI I
. risdizione esclusiva: atti paritetici ed azioni di mero accertamento. - 2.2. I ltml1 alla glU-
esclusiva del G.A .. : i C.d. diritti patrimoniali consequenziali nell'assetto anter,iore
alla riforma del 1998. - 3. Gli effetti del D.Lgs. 80/98 e della vlen.e
attribuita la cognizione del risarcimento del danno. - 4. I nuovI poten del
! nistrativo: i poteri di cognizione dopo l'art. 7 della L. 205/200? - 5. I pot.en
(
" ') - 6. I poteri decisori nella nuova giurisdizione esclUSIVa. - 7. AZlO111 dlchmratlve
rmvlO . . . d'
'e di accertamento. Azioni petitorie e possessorie. - 8. Azioni costitutive. - 9. AZlO111 I
t condanna. - lO. L'istruttoria. - 10.1. I nuovi mezzi di prova si applicano anche alle
versie relative ai soli interessi legittimi - 11. La tutela cautelare. - 12. La tutela sommana
(!lrt. 118 del codice del processo amministrativo). - 13. Il resistente. - .
'Arbitrato e diritti soggettivi (art. 12 del codice del processo ammmistratlvo). - 15. La glUn-
esclusiva del giudice ordinario (rinvio).
istituendo la giurisdizione esclusiva e quindi devolvendo al G.A.
. la cognizione di situazioni di diritto soggettivo (oggi art. 7, comma 5,
codice del processo), aveva originariamente omesso di indicare le
giudizio e gli strumenti processuali del giudice, cos creando le premesse dI
, necessaria evoluzione giurisprudenziale, resa necessaria dalla insufficienza
inidoneit del tradizionale modello di giudizio di legittimit a conoscere di
anche patrimoniali relative a diritti soggettivi. Tale lacuna, peraltro,
colmata di recente dal codice del processo amministrativo, il quale, come
' anticipato, ha avvicinato i modelli processuali di legittimit ed esclusiva;
". diversi istituti (quali quelli probatori), originariamente riservatI
,. sola giurisdizione esclusiva.
La dicotomia diritto-interesse conserva rilievo ai fini delle tecniche di
. Ittitela e dei mezzi processuali
giurisdizione amministrativa esclusiva, nei primi anni di applicazione, con-
i caratteri e l'impronta processuale proprie del processo amministrativo
364
Il processo
in sede di legittimit, anche quando la controversia avesse riguardato la reinte_
grazione di un diritto soggettivo leso dalla P.A. Il processo, quindi, continuava
basarsi sull'impugnazione dell'atto amministrativo entro il consueto termine
decadenza, anzich nel termine di prescrizione del diritto, e il giudice
strativo poteva pronunziare solo sentenze di mero annullamento.
Solo a seguito delle pronunzie del Consiglio di Stato I e della Corte
tuzionale
2
, la giurisdizione esclusiva ha acquisito una propria configurazione
e caratterizzazione, differenziandosi dalla giurisdizione generale di
con regole proprie e idonee a fornire una risposta soddisfacente all'esigenza
accordare un' efficace tutela processuale alla nuova situazione giuridica, il
soggettivo, che il G.A. viene a conoscere.
Tale elaborazione giurisprudenziale ha consentito che, ove venga in .
una materia affidata alla giurisdizione esclusiva del G.A., la distinzione tra di-
ritto soggettivo e interesse legittimo, pur non rilevando ai fini del riparto di giu-
risdizione, conservi la sua importanza sotto il profilo del tipo di processo
viene ad instaurarsi dinanzi al G.A.
La Infatti, nei casi in cui sia coinvolta una posizione d'interesse legittimo tale
tra mttl .. ., '
soggettivi pOSIZIOne non ncevera un trattamento diverso (n dal punto di vista .
e n da quello processuale) da quello cui sarebbe stata assoggettata nel caso in cui
leglftzmz . rt Il' bt d Il . . d . . ...
rileva aifini SI ve esse ne am 1 o e a gmns IZIOne generale dI legIttImIt. La giurispru-
della tutela denza del Consiglio di Stato ha, anzi, espressamente escluso che, pur vertendosi
processuale . t d . . d . l Il Id .
m ma ena 1 gmns IZIOne esc USI va, a a tute a eglI mteressi legittimi possa
essere riconosciuta una gamma di azioni e rimedi (es.: la possibilit di ammet.
tere pure azioni di accertamento) tipici della tutela riservata ai diritti soggettivi.
L'unica tutela possibile era quella di annullamento, necessitante dell'impugna-
zione (vista la struttura impugnatori a del processo in tema di interessi
del provvedimento amministrativo o del suo surrogato dato dal silenzio
secondo le regole tipiche del processo innanzi al G.A. che impongono di eSflenre
il ricorso nell' ordinario termine di decadenza di sessanta giorni, di noti
nello stesso termine, a pena di inammissibilit ai controinteressati e di invocare
una pronuncia demolitoria dell'atto .j
Non altrettanto a dirsi per l'ipotesi in cui sia coinvolta una posizione. '
diritto soggettivo. '.
In questi casi, il rito si svolge secondo gli schemi del processo civile ordinariq
e il novero delle azioni ammissibili identico alle azioni esperibili innanzi al g.o;
per la tutela dei diritti, per cui, in sintesi: l'azione deve essere avanzata nel .
mine di prescrizione, rispetto ai litisconsorzi necessari opera l'art. 102 c.p.c.
possibile non solo domandare al giudice l'annullamento dell'atto, bens
l'accertamento circa l'esistenza del diritto vantato e, vieppi, una decisione di,
I Cons. St., sez. V, l dicembre 1939, n. 795.
2 Corte cast. 28 giugno 1985, n, 190 e sent. 23 aprile 1987 n. 146,
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 365
danna dell'amministrazione resistente al pagamento di somme di cui risul-
c.o
n
ere debitrice. La Corte Costituzionale ha da tempo eliminato, per i diritti
tlesSettivi affidati alla giurisdizione esclusiva, gli ostacoli all'ammissione di una
SO!ra cautelare atipica e di mezzi istruttori ulteriori (quali la testimonianza) ri-
tuetto a quelli previsti per il processo amministrativo dall'art. 44 T.u. Cons. St.
sp . ..fi. .)
. (chiarimentI, documenti, ven .. , ... .
. La differenziazione delle tecl11che dI tutela e ora ndlmensIOnata alla luce del
rilievi svolti nei capitoli 2, 3 e 4 della sezione II. Anche per gli legittimi
infatti ammissibile, pur se con le peculiarit esposte, una tutela dI accertamento
edi risarcimento. . .
In particolare, ultimo approdo normativo che ha notevolmente ndotto le dl-
tanze tra i connotati del processo ordinario di legittimit e quello in sede di giu-
esclusiva costituito dal codice del processo amministrativo, il quale
spostato il baricentro del processo di legittimit dall'atto al rapporto, ridise-
gnando i connotati di una tutela che non pi solo caducatoria.
emerge con evidenza, ad esempio, in riferimento all'istruzione probatona:11 Le-
gislatore codicistico, infatti, ha agli ?e.l process?
oivile (al quale si conforma il gmdlzIO esclUSIVO SUl dmtti soggettIVI) anche Il
complessivo bagaglio dei mezzi di prova utilizzabili nel giudizio ordinario di
legittimit.
Z;'I poteri del giudice amministrativo nella giurisdizione esclusiva ante
D.Lgs. 80/1998
Prima di esaminare le rilevanti novit introdotte in materia dai recenti interventi
legislativi, opportuno, anche per una migliore comprensione dell'attuale asset-
. tOdella giustizia amministrativa, esaminare i poteri riconosciuti al G.A. in sede
dii 'giurisdizione esclusiva dal tradizionale sistema processuale attinto dal RD.
i'054/1924, nonch dalla L. 1034/1971, e, correlativamente, le azioni dinanzi a
questo proponibili.
(,li
,2.1. La rilevanza della distinzione tra diritti ed interessi nelle materie di giu-
'ih" risdizione esclusiva: atti paritetici ed azioni di mero accertamento
Gome si appena detto, si deve all'opera della giurisprudenza l'enucleazione dei
ptincipi fondamentali, enunciati con particolare riferimento al pubblico impiego,
che hanno consentito la configurazione di un modello giurisdizionale proprio
giurisdizione esclusiva in modo da garantire al diritto soggettivo del dipen-
dente pubblico una tutela processuale che non fosse diversa e meno effettiva di
quella fornita dal g.o.
;d, Tuttavia, preliminare alla fissazione e all'applicazione di regole processuali
diverse, era l'individuazione delle posizioni giuridiche soggettive, in modo da
Distinzione tra
atti autoritativi
e paritetici
L'azione di
accertamento
366
Il processo
garantire che il tipo di tutela potesse essere adeguato e corrispondente alla
tura della situazione giuridica soggettiva lesa. Tale obiettivo stato
dalla giurisprudenza amministrativa attraverso la considerazione che
amministrativa non sempre e comunque espressione del potere di
della P.A., ma pu configurarsi anche come mero comportamento, assimilabile
quello di un qualsiasi soggetto in un rapporto tra privati.
Sulla scorta di tale argomentazione, con la nota sentenza della V sezione
Consiglio di Stato, pronunciata nel 1939
3
, stata operata la distinzione tra
autoritativi e atti paritetici, nel senso che le dichiarazioni della P.A. possono
re di due specie: quelli aventi carattere autoritativo e cio gli atti arrlmllllS
veri e propri, con i quali la P.A. incide sulle situazioni giuridiche soggettive
privato, degradandole ad interessi legittimi, e quelle equiparabili alle
zioni unilaterali di parte in un rapporto tra privati, in cui l'Amministrazione
si pone in veste di autorit, poich il rapporto interamente, ab origine,
nato dalla legge, sicch l'atto da questa emanato non pu che essere ricogniti
di un diritto gi definito in tutti i suoi caratteri essenziali dalla legge.
Si , dunque, nel caso degli atti paritetici, in presenza di un atto vincolato
avente i caratteri del provvedimento amministrativo, come tale non
quindi non in grado di affievolire diritti
4

Posta questa distinzione, il Consiglio di Stato ha stabilito che, nell'ipotesi
controversie relative a diritti patrimoniali, scaturenti dal rapporto di pu
impiego, sulle quali la P.A. non ha provveduto autoritativamente, ma "ff1""nTA""A
semplici dichiarazioni, il dipendente pu proporre al G.A. azione di
to entro il termine di prescrizione e non pi azione d'impugnazione nel
di decadenza.
Fino a quando le controversie in materia di pubblico impiego hanno
nell'ambito della giurisdizione esclusiva del G.A., e sino a prima del D
29/1993 e succo modo ed int. (ora T.U. n. 165/2001), la distinzione tra atti
tetici ed atti autoritativi ha assunto un'importanza centrale, oltre che conn()tat
sufficientemente precisi, nei rapporti tra la P.A. e i propri dipendenti.
L'atto In un primo momento la categoria degli atti paritetici stata riconosciuta
paritetico viene
riconosciuto nelle controversie di lavoro aventi contenuto patrimoniale, per cui si
per i che solo i diritti patrimoniali (ad esempio determinazione di stipendi o II' loelnnilta)
dirittI non t tt d' . d' .
patrimoniali po essero essere ogge o l accertamento gm Izmle dinanzi al G.A. nel termine
prescrizione. Solo in un secondo momento la giurisprudenza amministrativa ha
tato rotta ed ha riconosciuto che tutti i diritti, anche quelli non aventi
3 Si tratta della nota sentenza "Fagiolari" (dal nome del suo estensore) (Cons. St., sez. V, lO
bre 1939, n. 795, in Foro it., 1940, III, 9).
4 Autorevole dottrina definiva gli atti paritetici come quelli che "pur consistendo in
di volont inerenti all'esercizio di un potere pubblico e dotati di una propria autonomia
che li mette in grado disperare direttamente nei rapporti esterni, non rivestono tuttavia
autoritativo [ ... ]" (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1984,632.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 367
cl immediatamente contenuto pecuniario, impiego,
ere accertati in giudizio (si pensi ad esempIO al dmtto del dIpendente trasfento a
ess . ., d' .. )
vedersi riconosciuta la pregressa anzmlllta ? . ...
Tuttavia, la distinzione tra carattere pantetlco-vmcolato e
";' le non si presentava idonea a qualificare in modo assoluto la pOSIzIOne gm-
Z;lOna . .. l' d 1 rt
"'d' a come diritto soggettivo, in relazione a profih non patnmollla 1 e rappo o
f1 lC .. . l' ffi' 1" d t
a
'; ubblico impiego come la quahfica, le manSIOlll, u lCIO, mqua ramen o,
l
? arriera
5
Tali situazioni, sebbene siano previste e disciplinate dalla norma
a c .. dI' .
come diritti soggettivi, venute in correlazione l'eserCIZIO. e an:
mml
-
strativo, perdono la loro originaria .consistenza supenon eSIgenze
di pubblico interesse d.l natura orga?lZzatlva) e SI come
'nteressi legittimi. Per cm la gmnsprudenza nteneva necessano precIsare
del dipendente aveva consistenza di diritto soggettivo solo nel caso m
cui il provvedimento che incidesse su di esso fosse vincolato e non avesse ad og-
getto primario ed l'organizzazione e il buon funzionamento dell' ap-
parato interno ammllllstratlVO. .. . ,
La pronunzia del Consiglio di Stato del 1939, seppur dI grande
il primo passo verso l'adeguamento del processo ammllllstratlvo
esclusiva alla tutela del diritto soggettivo, era di fatto vanificata dall'im-
p0ssibilit per il G.A. di condannare la P.A. al pagamento delle di de-
di cui era debitrice nei confronti del dipendente, potendo pronuncmre solo
sentenze dichiarative di diritti e cio limitarsi a dichiarare quanto la P.A. doveva
al ricorrente.
inLLa lacuna in questione stata colmata dal Legislatore nel 1971 con la L. 1034,
. . 'all'art. 26 comma 3 ha stabilito "Il tribunale amministrativo regionale nella
... "fo ... in relativa a diritti attribuiti alla sua competenza esclusiva e di merito pu
liiIVirfflmn.arp.l'amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice".
: Restava, invece, precluso, l'esperimento di un'azione volta ad ottenere la
, dell' Amministrazione al risarcimento del danno cagionato per effet-
dell'adozione di un provvedimento illegittimo, essendo riservate al giudice
le questioni attinenti ai diritti patrimoniali consequenziali alla pro-
, d'illegittimit dell'atto o provvedimento impugnato (art. 7, comma 3, L.
.1971 e art. 30, comma 2, R.D. 1054/1924).
2.2. I limiti alla giurisdizione esclusiva del G.A.: i c.d. diritti patrimoniali
consequenziali nell 'assetto anteriore alla riforma del 1998
Come si appena detto, sia l'art. 30 R.D. 1054/24 che l'art. 7, comma 3, L.
, " 1971, pur affidando al giudice amministrativo in sede esclusiva anche la
distinzione tra atto paritetico e atto autoritativo nel rapporto di pubblico impiego V. FAB-
Giurisdizione esclusiva: i modelli processuali, Torino 2002, 35 sS.
La nozione
di diritti
patrimoniali
consequenziali
nella
elaborazione
della
giurisprudenza
368
Il processo
cognizione di tutte le questioni relative a diritti, riservavano all'autorit giuri,
sdizionale ordinaria le questioni attinenti ai diritti patrimoniali consequenziali .
alla pronunzia d'illegittimit dell'atto o provvedimento impugnato nonch le.
questioni concernenti lo stato e la capacit dei privati individui, salvo che si
trattasse della capacit di stare in giudizio e la risoluzione dell'incidente di
falso.
Prima di dre contezza circa l'abolizione della riserva - sancita prima
il D.Lgs. 80/1998 per la giurisdizione esclusiva e poi con la legge 205/2000
per quella di legittimit, che hanno riscritto l'articolo 7 L. T.A.R. e tacitamente
abrogato l'art. 30 T.U. Cons. St. - appare opportuno ripercorre brevemente il
dibattito giurisprudenziale inteso a chiarire e delimitare la nozione di diritti (o
questioni) patrimoniali consequenziali.
Le maggiori questioni si sono dibattute soprattutto in materia di pubblic
impiego, in quanto sovente risultato arduo stabilire se le pretese del dipendente
nei confronti della P.A. fossero da considerare diritti consequenziali e, quindi,.di
competenza del g.O., oppure pretese relative al rapporto di pubblico impiego e,
quindi, di competenza del G.A.
Sia la giurisprudenza sia la dottrina pi autorevole hanno sempre mostrato un .
certo interesse a ricondurre nel plesso giurisdizionale amministrativo le contro ..
versie in materia di pubblico impiego onde evitare al privato l'onere dell'instau'i.
razione del doppio giudizio..:
In particolare, la giurisprudenza amministrativa intendeva la "consequenzialit" in senso
restrittivo, limitandola alle sole questioni che, pur connesse all'oggetto principale del
giudizio, non potevano trovare nella pronuncia una loro automatica definizione, in quan;
to necessitavano di ulteriori ed autonomi accertamenti.
Al riguardo il Consiglio di Stato
G
aveva escluso la qualificabilit degli interessi sulle
somme dovute dalla P.A. ai dipendenti, sia corrispettivi sia moratori, come diritti
moniali consequenziali, riconoscendoli intimamente connessi alla pretesa principale e il
cui importo, stabilito per legge, non richiede alcun ulteriore accertamento. . . "
Al contrario la Suprema Corte aveva ripetutamente escluso la giurisdizione del G.A:
in materia di interessi moratori, in quanto consequenziali ad una pronuncia giurisdizio1
naIe dichiarativa dell'illegittimit del comportamento della P.A., mentre aveva conclusi)
per la sussistenza della stessa in ordine alle domande relative ad interessi corrispettivI,
in quanto questi, essendo accessori al credito principale, costituiscono una conseguenza
immediata ed automatica della pronuncia su tale credito.
6 Cons. St., Ad. Plen., 7 aprile 1981 n. 2, in Foro it., 1981, III, 427. Sulla base delle medesimI)
considerazioni, (Ad. Plen., 6 maggio 1980 n. 13; Cass., S.V., 17 maggio 1979 n. 2805), facenti
leva sull' automaticit della relativa attribuzione giudiziale, era stata in precedenza riconosciuta la
giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande di risarcimento del danno derivante dalla
violazione dell'obbligo di versare agli istituti previdenziali i contributi di assistenza e previdenz
obbligatori.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3
369
Quanto alla rivalutazione monet.aria dei dei ed
t
arretrati la Corte di CassaZlOne negh anni Ottanta ha m1Zlato ad allmearsl alla
lum
en
I , .' . Il'' d'
. rudenza amministrativa
8
affermando che tah domande nentnno ne a gmns 1-
glunsp , . l d' .
amministrativa in quanto il maggior danno subito dal lavoratore per a Immu-
zlOne . d
di valore del suo credito un'entit immanente a tale credito quan o non venga
zlOne d' d 11' 1"
' stl'vamente soddisfatto non essendo altro che una conseguenza Iretta e avcrg I
tempe , . .
.' dl'to di svolgere la funzione di fornire al lavoratore mezzI di sostentamento.
1mpe . l . l .
. Ne consegue che la giurisdizione apparteneva al G.A. Oglll qual :,olt,a. a nva
. se richiesta in base ad un meccanismo automatico, ancorato a mdlci prestabllltl, ed
velll
S
. . dI" rt
, rtl'colare quelli ISTAT mentre apparteneva al g.O. se nfenta a u tenon compo a-
1ll pa, ..
enti colposi, o richiesta in misura superiore a quella prestablhta.
m Successivamente la S.C. ha incluso nella giurisdizione del G.A. anche domande :'01-
te a conseguire un risarcimento ulteriore rispetto a conseguito dalla
lutazione, ossia un risarcimento fondato su parametn di calcolo automatico: purche
detta richiesta risarcitoria risulti collegata causalmente (anche m modo non diretto) e
non solo occasionalmente, agli obblighi incombenti per legge o regolamento sulla P.A.
nel rapporto di impieg0
9
. .,
Pi in generale, la giurisprudenza pi recente ha incluso nella gmnsd1Zlone
del G.A. le domande di risarcimento danni per contrattuale
pubblico, mentre ha considerato attratte nelle questlolll
nella giurisdizione del g.O. le domande risarcitorie proposte a titolo di responsablhta
aquiliana ex art. 2043 c.c. lO . ..,
l' Tanto premesso circa il dibattito giurisprudenziale sulla Vicenda dmttl patnmo-
niali consequenziali, va chiarito, sul versante legislativo, che le leggi n. 412/1991
16, comma 6) e n. 724/1994 (art. 22, comma 36) hanno disposto sub.ie.
cta

divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione, rispettivamente nel crediti prevldenzlah
e in quelli retributivi Il.
3. Gli effetti del D.Lgs. 80/98 e della L. 205/2000: al G.A. viene attribuita la
cognizione del risarcimento del danno
in attuazione della delega parlamentare n. 59/1997, il Governo ha
il pi volte citato D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 il quale, all'art. 35, pOi nscntto
dalla L. 205/2000 ha riconosciuto al G.A., nelle controversie devolute alla sua
giurisdizione il potere di disporre, anche attraverso la
in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non
diritto patrimoniale consequenziale all'annullamento dell'atto ammllllstratlVo
impugnato.
7 Cass., S.V., 3 dicembre 1982, n. 5750 e idem 5 maggio 1983.
8 Cons. St. Ad. Plen., 30 ottobre 1981 n. 7.
9 Cass., S.V., 9 marzo 1996 n. 1920.
tOCass., S.D., 22 maggio 2002 n. 7470, in Cons. St., 2002, II, 1374. .
IIPer quanto riguarda la rivalutazione dei crediti previdenziali v. CARINGELLA, Corso, elt., 669.
370
Il processo
Sono state in definitiva abolite le questioni patrimoniali consequenziali riser_
vate al g.O. e si stabilito il principio generale della estensione della cognizion
del G.A., nelle sue materie di giurisdizione esclusiva (e poi anche per la
zione di legittimit), ai diritti patrimoniali -consequenziali.
L'ampliamento della tutela del privato al cospetto dell' attivit amministrativa
stato perseguito riconoscendo al giudice amministrativo non solo la
ne incidentale, ma anche il potere, principale, di disporre - e dunque decidere
- anche in ordine al risarcimento del danno (anche attraverso la reintegrazione
in forma specifica) patito dal cittadino a causa dell'adozione del
amministrativo dichiarato illegittimo o di un comportamento (omissivo e/o
missivo) illegittimo (rectius: illecito) posto in essere dalla medesima P.A. ..
Si in presenza di una nuova giurisdizione del G.A. al quale viene ricono,
sciuta una cognizione, e dunque un potere di decisione su diritti, equivalent
ed equipollente a quello che l'autorit giudiziaria ordinaria detiene rispetto alle
relazioni tra privati ai sensi degli artt. 2907 ss. del codice civile.
Parimenti utile risulta precisare sin d'ora che non si tratta della semplice abo-
lizione del doppio binario giurisdizionale di tutela affidato al cittadino in favore
della cognizione esclusiva del solo giudice amministrativo, quale giudice unicQ
e naturale precostituito per legge, bens dell'estensione della tutelabilit delle
posizioni soggettive del cittadino, atteso che al G.A. viene apprestato il potere
di decidere non solo su quelli che l'art. 30 del R.D. 1054/1924 definiva "diritti
patrimoniali consequenziali alla pronunzia di legittimit dell'atto e/o provve,
dimento contro cui si ricorre", ma anche sull' eventuale risarcimento del danno
ingiusto (o, ancora di pi, finanche della restitutio in integrum) verificatosi nella'
sfera giuridica del privato.
Tale riconoscimento legislativo ha posto le basi per modificare integralmen-
te, verso una direzione sostanzialmente paritaria, le dinamiche dei nuovi rapporti
tra privati e pubblica amministrazione. .
Sulla base della suddetta premessa, sembra naturale procedere adesso ad esa-
minare le nuove tipologie di azioni esperibili innanzi al giudice amministrativo
in sede esclusiva, soffermandosi su quelle che sono le nuove attribuzioni
nali affidate dalla legge al G.A. .
4. I nuovi poteri del giudice amministrativo: i poteri di cognizione dopo
l'art. 7 della L. 205/2000 e il codice del processo amministrativo
In sede di giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo gode di poteri istrut-
tori e decisori, modellati sulla falsa riga del processo civile, tradizionalmente pi
ampi di quelli spettanti al G.A. in sede di legittimit.
Le distanze rispetto alla giurisdizione di legittimit si sono tuttavia
tigliate dopo la L. 205/2000 ed i successivi sviluppi normativi e pretorii, da
ultimo parzialmente confluiti nel codice del processo amministrativo, che hanno.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 371
dilatato notevolmente i poteri di a?che del giudice
. sede di legittimit, affiancando al gmdlzIO dI annullamento anche le tutele dI
:ndanna (art. 30 cod.yroc. amm.) (v. sez. capp. I e III). .
. La nuova impostaZIOne ha da ultImo trovato Il placet dell Adunanza Plenana
he nella recentissima pronuncia del 23 marzo 20 Il, n. 3, ha concluso nel senso
c he' "Il codice del processo amministrativo, in coerenza con il criterio di delega
fissato dal!' art. 44, comma 2, lettera b), n. 4, della legge 18 giugno 2 o O?, . n. 69,
ha superato la tradizionale limitazione della tutela dell 'interesse legIttImo al
solo modello impugnatorio, ammettendo l' esperibilit di azioni tese al consegui-
mento di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la
retesa della parte vittoriosa. Di qui, la trasformazione del giudizio amministra-
ave non vi si frapponga l'ostacolo dato dalla non sostituibilit di attivit di-
'screzionali riservate alla pubblica amministrazione, da giudizio amministrativo
sull'atto, teso a vagliarne la legittimit alla stregua dei vizi denunciati in sede
di ricorso e con salvezza del riesercizio del potere amministrativo, a giudizio
sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della
pretesa sostanziale azionata ".
I . Per un esame esaustivo della pronuncia, si rinvia alla sez. II, cap. IV, 7.4.
5. I poteri di istruzione (rinvio)
Come anticipato, il codice del processo amministrativo ha uniformato i mezzi
istruttori esperibili sia nel giudizio ordinario di legittimit che innanzi al G.A.
in g.e.: l'art. 63 cod. proc. amm., infatti, prevede espressamente l'utilizzabilit
ihnanzi al G.A. di tutti i mezzi istruttori previsti nel codice di procedura civi-
le (analiticamente elencati dalla stessa norma) ad eccezione dell'interrogatorio
formale e del giuramento. Per la specifica trattazione della nuova fisionomia
dell'istruttoria si fa rinvio al lO.
I poteri decisori nella nuova giurisdizione esclusiva
I !poteri decisori dell' autorit giudiziaria, in linea generale, possono essere di
accertamento, costitutivi e di condanna.
Come riferito, il G.A. nell'ambito della giurisdizione esclusiva relativa a di-
'ritti soggettivi, pu emettere pronunce che costituiscono espressione di ciascuno
di questi poteri.
Il codice del processo amministrativo, sulla scorta di quanto gi stabilito
,dall'art. 35 D.Lgs. 80/1998, ha ampliato il novero delle pronunce di condanna
,del G.A., prevedendo che quest'ultimo pu anche disporre il risarcimento del
12Ex multis, v. Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, in Vita noto 2009, l, 265.
372 Il processo
danno per o in forma specifica (art. 30 cod. proc. amm.) e che a tal
fine, Opp.oslZIone, pu fissare i criteri in base ai quali la P.A. deve procede_
re a tale nsarClmento a favore dell'avente diritto entro un congruo termine (
34, co. 4, cod. proc. amm.).
7. Azioni dichiarative e di accertamento. Azioni petitorie e possessorie
Come si visto in precedenza, nelle materie di giurisdizione esclusiva la diver' "
. d Il . . ' sa
connotaZIOne e a SItuaZIOne soggettiva di base rileva ai fini del tipo di tutela
processuale.
tradizi?na!e. tecnica. d.i mediante annullamento riflette la
raZIOne d.e1. quale impugnatorio a protezione
delle pOSIZIOlll d mteresse leglttlmo avverso l provvedimenti autoritativi delili
.
noto, infatti, che la tutela degli interessi legittimi passa, necessariamente\
attraverso un dato legislativo di riferimento per poi concludersi con una deterl.
P.A. volta a ponderare gli interessi in gioco; in tali casi compito
e, appunto, valutare la correttezza di questa scelta sotto i profili della
leglttlmlta.
. Ne consegue che il processo ad impostazione impugnatoria, nonostante le
spm.te. evolutive sia che pretorie, continua a rimanere la via principe '
tradIZIOnalmente pratIcabIle, anche in sede esclusiva, ove si lamenti la lesione
di un interesse legittimo, atteso che viene esercitato il sindacato sull'esercizio
legittimo del potere amministrativo nel procedimento (si rinvia al cap. II).
P.er quando si al cospetto di un diritto soggettivo, l'esigenza di
medIaZIOne del provvedimento amministrativo non sussiste, in quanto il privato
trover una protezione esaustiva nella norma attributiva del diritto. ;
Nell'ambito della giurisdizione esclusiva, quindi, il giudizio solo eventual"
soggettivi si rivolto .al. sindacato sul corretto esercizio del potere, in quanto nel caso di
svolge indi- dmttI soggettIvI non richiesta nessuna intermediazione dei pubblici poteri Il
p.rocesso sui diritti si svolge indipendentemente dall'impugnazione di un atto
un a!to ncorrente pu adire il giudice semplicemente per chiedere l'accertamento della
ammInistratIvo spett . l d' h' . . d' . Id' . ' ,
anza, a IC mraZIOne gm Izm e ell eSIstenza del diritto, in altri termini
passa per la disapplicazione dell'atto lesivo. '
giurisdizione esclusiva, quindi, mentre l'azione di annullamento penna"
ne chIaramente per la tutela di posizioni d'interesse legittimo incise da
menti amministrativi, per i diritti soggettivi sono ammissibili azioni
e di accertamento del diritto, e, per i soli diritti patrimoniali, anche azioni tese
alla condanna della P.A. al pagamento delle somme di cui l'Amministrazione'
sia debitrice ed ora anche al risarcimento del danno o alla restitutio in
(tenendo comunque presenti i limiti applicativi recentemente imposti da Corte
costituzionale n. 204/2004).
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 373
Nelle pagine che precedono si sottolineato che, inizialmente, l'azione di
ccertamento, in assenza di una espressa previsione legislativa, era riconosciuta
soli giudizi (per lo pi relativi alla materia del pubblico impiego) in cui il
G.A. operava in sede di giurisdizione esclusiva e si controverteva soltanto di
Uiritti soggettivi, essendo invalsa l'opinione, peraltro in alcuni autori ancora at-
tUa1e, che soltanto i diritti soggettivi (non gli interessi legittimi) potessero essere
tutelati da azioni a carattere dichiarativo.
Al riguardo, il caso di precisare che se l'attuazione di un diritto, in una ma- L'azione di ac-
certamento del
" teria devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A., dipende dall' operato della diritto soggetti-
P
ubblica amministrazione che resti inerte, il titolare del diritto non dovr ricor- va non necessita
. . Il dI' . 1 dell' attivazio-
(ere avverso il silenzio dell'autorit ammmistratIva ne e forme e nto specla e ne del rito
sul silenzio (art. 117 cod. proc. amm., gi art. 21-bis L. T.A.R.), dopo aver com- del silenzio
pletato la relativa procedura di messa in mora, ma dovr limitarsi ad adire, nel e
.. '1 G A h' . '1"11' . ., dII" . dali Impugna-
termine di prescnzIOne, l .. a imc e questI accertI l eglttImlta e merzla zione dell'atto
amministrativa lesiva del diritto fatto valere in giudizio!3. Per una ricostruzione paritetico
Uella questione in chiave problematica, v. anche il cap. II della sez. II.
noto, infatti, che in sede di giurisdizione esclusiva, come innanzi al g.O.,
n'diritto soggettivo autonomamente azionabile senza attendere l'intervento di
un atto paritetico di diniego e senza provocare il suo surrogato costituito dal C.d .
i silenzio-inadempimento.
, Si deve pertanto reputare ammissibile la proposizione di un'azione finaliz-
zata all'accertamento, e dunque a dissolvere l'incertezza in cui versa un diritto
(e correlativamente un obbligo), prescindendo dalla impugnazione di
un atto amministrativo.
'stato esattamente osservato che, per effetto dell'art. 35 del D.Lgs. 80/1998, atteso il
sUo mancato riferimento ai diritti patrimoniali consequenziali, il O.A. poteva disporre,
sa apposita istanza del ricorrente, l'accertamento del diritto e la condanna al risarci-
hlhto del danno ingiusto che non fosse conseguente alla dichiarazione d'illegittimit
di alcun atto amministrativo. Prerogativa attualmente ancor pi avvalorata dalla circo-
stanza, pacificamente ammessa, che la P.A. possa sovente rivestire nel nuovo processo
la parte processuale che d impulso al giudizio.
Tale conclusione, peraltro, deve oggi essere estesa anche all'ipotesi di giurisdizione
di legittimit: come ampiamente esposto nel capitolo 4 della sezione I, infatti, il codice
processo amministrativo ha definitivamente abbandonato ogni riferimento ai diritti
\'"
pati"imoniali consequenziali, rendendo del tutto autonoma l'esperibilit dell'azione risar-
citoria, anche principaliter, innanzi al O.A. (art. 30 cod. proc. amm.)I4.
13.Gfr., in argomento, T.A.R. Lazio, sez. II-ter, 28 febbraio 2001, n. 1597, in www.giustamm.it.
In merito si ricorda la gi menzionata decisione della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
n; 312011 in cui stato ribadito che "Il legislatore, con il codice del processo amministrativo (v.
gli artt. 30 e ss. del codice), ha mostrato di non condividere la tesi della pregiudizialit pura di
stampo processuale al pari di quella della totale autonomia dei due rimedi, approdando ad una
soluzione che, non considerando l'omessa impugnazione quale sbarramento di rito, aprioristico ed
374
Il processo
Possono, altres, essere proposte azioni di mero accertamento di diritti soggettivi
carattere petitorio o possessorio che risultano, in ogni caso, svincolate dalla previa
nazione di un provvedimento amministrativo lesivo dei medesimi: in assenza di
amministrativo il diritto soggettivo non pu degradare ad interesse legittimo. Tale
bilit era maggiormente avvalorata dalla circostanza che il vecchio testo dell' art. 34
D.Lgs. 80/1998 correlava la giurisdizione esclusiva del G.A., nella materia
ed edilizia, anche a "comportamenti" della P.A., dunque a situazioni di fatto
del tutto dall'adozione di un formale atto amministrativo; oggi, come si riferito, il
rimento ai "comportamenti" stato abrogato dalla Corte cost. n. 204/2004.
Pi specificamente, si trattava di azioni di accertamento di matrice civilistica
ponibili a tutela di situazioni di natura petitoria, possessoria e quasi-possessoria, la
risoluzione era pregiudiziale a statuizioni di contenuto consistente per lo pi, rrauaJlctosl
di meri comportamenti della P.A., in condanna ad unfacere. Si poteva, dunque,
dere che il G.A., nelle liti che rientravano nella propria sfera di cognizione esclusiva
riguardanti posizioni di diritto soggettivo, aveva, al pari del giudice ordinario, il
di adottare pronunce dichiarative che consentivano di rimuovere la situazione di
tezza in cui viene sovente a trovarsi un rapporto paritario tra P.A. e privato. Cos,
esempio, il G.A. ben poteva dichiarare la nullit di un contratto dopo aver accertato la
presenza dei vizi che ne inficiassero la validit, trattandosi di attivit posta in essere dalla
P.A. iure privatorum. "
Allo stato attuale tali prerogative sembrano essere venute meno in radice per el
fetto della sentenza della Consulta n. 204/2004 la quale ha statuito che nell'ipo-
tesi in cui la P.A. agisce in assenza di potest pubblicistica la cognizione '
controversia sar sempre devoluta al g.O., pur se vertente in materia di gums:Ol-
zione esclusiva del G.A.
Tanto detto per le azioni a tutela dei diritti soggettivi si fa rinvio alla
l, sez. II, capp. II e III per la tesi che ammette, anche per gli interessi
a fronte di atti vincolati, azioni di accertamento della fondatezza della
sostanziale tese a completare, nell'ambito di un giudizio sul rapporto, la non
sufficiente tutela di annullamento.
8. Azioni costitutive
In via preliminare, va chiarito che resta fermo il potere costitutivo del G.A., .'
sede esclusiva, di annullare - quale "azione principe" - gli atti illegittimi adlJWltl
astratto, valuta detta condotta come fatto concreto da apprezzare, nel quadro del comportamento
complessivo delle parti, per escludere il risarcimento dei danni evitabili per effetto del ricorso per'
l'annullamento. E tanto sulla scorta di una soluzione che conduce al rigetto, e non alla declaratoria
di inammissibilit, della domanda avente ad oggetto danni che l'impugnazione, se proposta nel
termine di decadenza, avrebbe consentito di scongiurare. La mancata promozione della domanda
impugnatoria, quindi, non pone un problema di ammissibilit dell'actio damni ma idonea ad
incidere sulla fondatezza della domanda risarcitoria". V. sez. II, cap. IV, 7.4.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 375
dalla pubblica amministrazione per i vizi di :iolazio-
d' legge ed eccesso di potere ove venga m nhevo la leSIOne dI un mteresse
(art. 29. cod. pr?c .. amm. e art. 21-octies della L. 241/1990). Per i line-
amenti di tale aZIOne SI nnvla alla parte I, sez .. II, cap. I. .,. . .
Peraltro, oltre alla tradizionale pronuncia dI annullamento, Il gmdICe
t
tivo in sede esclusiva, ove venga azionato un diritto soggettivo, ha anche Il
s ra , .' t
, tere di disporre, analogamente al giudice ordinano, sentenze aventI contenu o
non occasionate da ricorsi aventi a oggetto l'impugnazione di atti
ltrriministrativi. ., .. . .
'" In altri termini, qualora il G.A. conosca di un rapporto gmndlco m CUI la P.A.
opera su un piano paritario al pu ?ronunciamenti .che
il Cidono su tale rapporto modrficandolo. S mtende fare nfenmento a quelle IpO-
in cui, per effetto dell'ampliamento dello spettro delle liti confluite nella sfe-
giurisdizione amministrativa, il conosce
9ggetto negoziali che lo av.valendosi de.I
istruttori, deCIdere con pronunce costItutIve dI annullamento ,nsoluzIOne
di contratti ovvero con decisioni che producono, ex art. 2932 c.c., gh
di un contratto non concluso!7.
",Anche tali pronunce, tuttavia, essendo strettamente inerenti a controversie
di tipo squisitamente contrattuale, sottratte alla cognizione del G:A. per.
della sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale, devono ntenerSI ormai
avviate lungo la strada del tramonto.
Azioni di condanna
Tale azione implica la condanna della P.A. ad un dare o ad un facere. Nelle
materie di giurisdizione esclusiva tali azioni si possono suddividere in: azioni di
condanna al risarcimento, azioni di condanna al pagamento di somme di denaro
ISSi trattava per lo pi di ipotesi di annullamento del contratto di appalto a seguito dell'annulla-
mento dell'aggiudicazione (T.AR. Lecce, sez. II, 28 febbraio 2001, n. 746, in TA.R. 2001,1451).
Questa problematica stata oggi risolta dal legislatore, il quale, con il D.Lgs. 20 marzo 2?10, n.
5'3 ha recepito la nuova direttiva ricorsi, comminando la privazione di effetti del contratto stipulato
prima del decorso di un termine dilatorio dalI' aggiudicazione (norme oggi confluite nel codice del
processo amministrativo). Sul tema v.,junditus, parte III, cap. XI.
16Cfr Cons. St., sez.V, 2 ottobre 2000, n. 5207, in Foro amm., 2000, per cui il G.A pu annullare
per inadempimento una concessione-contratto (nella specie trattasi della concessione in gestione
di impianti pubblicitari di propriet comunale).
17Sul puntov. T.AR. Lazio, Latina, sez. I, 19Iugli02010,n. 1169, inForoamm. TAR201O, 7-8,2509,
che ha emanato, ex art. 2932 c.c., sentenza costitutiva e sostitutiva di un atto pubblico di trasferi-
mento in esecuzione dell'obbligo, assunto da un consorzio con convenzione accessiva a progetto
di lottizzazione, di cedere a titolo gratuito le aree per le opere di urbanizzazione primaria e secon-
daria.
376
Il processo
L'azione
risarcitoria
L'azione risarcitoria stata introdotta con l'art. 35 D.Lgs. 80/98 che conferiva al
G.A. in sede esclusiva, per diritti ed interessi, il potere di disporre, anche attraverso
la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. L'azione
in parola stata poi generalizzata anche in sede di giudizio di legittimit dalla l:
205/200 prima e dal codice del processo amillinistrativo poi (v. cap. IV, parte I).
Il G.A.pu
rimettere
alle parti la
quantificazione
del danno
Sotto il profilo della tecnica processuale, invece, occorre sottolineare che l'art. 34 cod,
proc. amm. dispone che il giudice amministrativo, ove non addivenga direttamente
all'esatta qualificazione del danno, pu, salvo opposizione, indicare i criteri in base ai
quali l'amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono formulare
al danneggiato la proposta risarcitoria, nel rispetto, peraltro, di un congruo termine.
Nell'ipotesi in cui l'accordo sulla proposta risarcitoria non sia raggiunto, il danneggiato
pu nuovamente invocare l'intervento del giudice amministrativo perch, nelle forme
del giudizio di ottemperanza, provveda alla determinazione della somma dovuta a titolo
risarcitorio. La motivazione della scelta normativa a favore di una condanna parziale
(o incompleta) risiede senz'altro nella difficolt di quantificazione dei danni patiti per
effetto di atti e comportamenti illegittimi o illeciti della P.A. Di qui, in uno con un
tabile ricorso alla tecnica equitativa di liquidazione ex art. 2056 c.c., l'incentivazione di
accordi pattizi di stampo lato sensu transattivi
l8

L'azione di
condanna al
pagamento
di somme di
denaro
Azione ini-
bitoria ex L.
281/1998 e
D.Lgs. 206/2005
L'azione di condanna al pagamento di somme di denaro nelle materie di giurisdizione
esclusiva stata prevista dall'art. 26, comma 3, L. T.A.R. Al riguardo non vi sono particolari
approfondimenti da effettuare poich in tali giudizi il G.A. in sede di giurisdizione esclusiva
versa, ove conosca di posizioni di diritto soggettivo, in una posizione non dissimile dal giu-
dice ordinario. Occorre rammentare che ora il G.A., a mente dell'art. 118 cod. proc. amm.,
pu emettere, sempre per i diritti soggettivi, i decreti ingiuntivi ex arti. 633 ss. c.p.c., qualora
sussistano tutti i presupposti previsti dal codice di procedura civile.
Quanto, infine, all'azione inibitoria, essa esperibile nella giurisdizione esclusiva in
materia di pubblici servizi, a seguito della L. 281/1998 (c.d. statuto dei consumatori e
degli utenti) che ha previsto all'art. 3 la possibilit per l'autorit giurisdizionale compe-
tente (G.A. nel caso di servizi pubblici) di emanare provvedimenti inibitori a tutela degli
interessi collettivi degli utenti, afferenti ai c.d. diritti fondamentali elencati dall'art. l
della legge e comprendenti anche l'interesse al rispetto di adeguati standard qualitativi
nell'erogazione dei servizi (art. l, comma 2, letto g). La descritta disciplina stata poi
doppiata dal D.Lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del consumo).
10. L'istruttoria
Come detto, il codice del processo amministrativo ha uniformato i mezzi istrut-
tori esperibili sia nell'ordinario giudizio di legittimit che in quello di giurisdi-
18y' sul punto amplius CARINGELLA, Corso, cit., 905 sS.; V. in giurisprudenza Cons. St., sez.
IV, 31 luglio 2008, n. 3823, che esclude che l'art. 35 abbia introdotto ex se una speciale azione
di condanna generica nel processo amministrativo. In termini v. anche la recentissima pronuncia
T.A.R. Cagliari - Sardegna sez. I. 5 febbraio 2010, n. 135.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 377
zione esclusiva. Del resto l'art. 63 cod. proc. amm. a prevedere espressamente
l'utilizzabilit innanzi al G.A. di tutti i mezzi istruttori disciplinati dal codice
di procedura civile (e analiticamente elencati dalla stessa norma) ad eccezione
delle sole prove legali (confessione e giuramento, preclusione tradizionalmente
giustificata sulla base dei tradizionali principi in tema di indisponibilit
teresse pubblico e di non assoggettabilit del libero convincimento al VIncolo
delle prove legali).
. ., . tutt l . . d' . clusiva L'assenza dei
Tale estenSIOne peraltro era gia stata operata m seno a a a gmns IZIOne es . .
" .. . . mezzI dI prova
dall'art. 35 D.Lgs. 80/1998, in ossequio alle pressantI nchieste della dottrma che denun- previsti dal
ciava, nell'ambito della giurisdizione esclusiva, l'assenza dei mezzi di prova previsti dal C.p.c. nel caso
codice di procedura civile nel caso in cui il ricorrente lamentasse la lesione di un diritto di lesione di
Il
. . d" diritti soggettivi.
soggettivo, con la grave conseguenza che l'attribuzione di una materia a a gmns IZIOne
esclusiva del G.A. finiva per limitare sul piano probatorio il titolare del diritto e per pre-
giudicarne la tutela rispetto alla situazione che si sarebbe verificata se, invece, la stessa
materia fosse stata attribuita alla cognizione del giudice civile.
La Corte costituzionale era intervenuta con la pronuncia n. 146/1987 estendendo al
giudizio amministrativo sul pubblico impiego i mezzi di prova del processo ordinario del
lavoro, nell'ottica di dar seguito alla "omogeneizzazione dei diritti soggettivi". .
Il potenziamento degli strumenti fruibili nella fase istruttoria risultava necessano an-
che a cagione dell' estensione dei poteri cognitivi e decisori del giudice amministrativo
al risarcimento del danno ed alle questioni di carattere puramente patrimoniale
l9
, sancita
dal summenzionato D.Lgs. 80/1998.
Tale esigenza era altres avvalorata dall' elevato tecnicismo che connota talune delle
nuove materie (v. l'articolato ventaglio delle controversie in tema di servizi pubblici, ex
vecchio testo dell'art. 33).
All'indomani del decreto del 1998 perplessit erano sorte circa l'ambito applica-
tivo di tali innovazioni sul piano probatorio, posto che la norma, al comma citato, nel
prevedere l'incremento dei mezzi di prova nel processo amministrativo, "le
materie di cui al comma l", ove si faceva espresso riferimento alle controversIe devolute
alla giurisdizione esclusiva ai sensi dei precedenti artt. 33 e 34.
Nonostante analisi pi ossequiose del dato testuale inducessero ad una lettura della
norma limitata alle controversie risarcitorie o, al pi, a tutte le controversie,anche non
risarcitorie, relative alle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva ex artt. 33 e 34, prevalse
in dottrina la tesi secondo cui l'imlovazione legislativa interessava tutte le ipotesi di con-
troversie sottoposte alla giurisdizione esclusiva del G.A. Tale tesi risultava preferibile,
pur prestando il fianco a dubbi di eccesso di delega, in quanto evitava che tra le
di giurisdizione esclusiva, e segnatamente per i diritti soggettivi, venissero a crearSI
percorsi differenti nonostante la identit sostanziale di posizioni soggettive e di ragioni
di tutela
20

19y' la posizione estensiva assunta dall'Adunanza Plenaria con l'ordinanza n. 1/2000 cito .
2Anche una simile differenziazione sarebbe problematica sul piano della tenuta cost!-
tuzionale alla luce dei principi affermati dalla Consulta con sentenze IO aprile 1987, n. 146 e
18 maggio 1989, n. 251, in tema di istruttoria nel processo amministrativo, rispettivamente su
Le soluzioni in
dottrina
378
Il processo
IO.! .. I nuovi mezzi di prova si applicano anche alle controversie relative .
solz mteressi legittimi al
Tanto premesso sul piano delle prove esperibili prima della riforma del pro i
d 12010 .. h' d ..' cesso
e Cl SI C le eva se le prove dI CUI al-codice di procedura civile doves "
essere estese anche agli interessi legittimi ovvero permanere limitate
d' r d' . . IveI'-'
so 1 . soggetti:i, con. la perdurante rilevanza, interna
alla della dIcotomIa dmtto soggettivo-interesse legittimo al fine
(anche) dI stabIlIre le regole probatorie applicabili.
La soluzione restrittiva era preferita dalla dottrina prevalente2I l'n c 'd . dI'
. " .. onsl erazlOne e ca"
rattere del gmdlZlo amministrativo avente a oggetto l'annullamento di un
prov.vedlmento leSIVO, c?me non necessitante di mezzi di prova tesi alla '
ne pIena de,l. SI. che una soluzione estensiva avrebbe potuto
durre ad un IrraZIOnale dIfferenZIazIOne nell'ambito della tutela degl" t '1" . "
l' . . . ....'. I m eressI egIttIml
tra g I mteressl affidatI alla gmnsdlZl0ne di legittimit connotat d . l' 't' I
d'" . . '. ' a aI ImI I processuali
tra. IZlOn.alI, e q.ue!la nservata aglI mteressl di cui alla giurisdizione esclusiva arricch't'
dal nuovI mezzI dI prova. ' I a
\
Il. del ammi.nistrativo, in linea con le pi recenti elaborazioni
che il catalogo delle azioni esperibili in-
al sede dI ha definitivamente fugato ogni dubbio in
mento alI IstruzIOne probatona estendendo all'art 63 an h Il . . d' .'
d' l . . .,. '. ,. , c e a a gmns IZlOne
l, Il del di prova (tutti quelli del processo civile ec-
ceZIOn fatta per gmramento e mterrogatorio formale) e le regole di ac '"
delle stesse. qUIslzlOne
. di tale omogeneizzazione la configurazione del processo am-
un giudizio a sistema probatorio misto, in cui coesiste un
del <:I.A. (con riferimento ai tradizionali mezzi probatori della
dI. della produzione di documenti e dell 'ispezione) con il .
dISpOSItIVO tIpICO del processo civile per l'ammissione della prova
stImomale (art. 63 cod. proc. amm.).
it., 1987, I, 1341 e 1989, I, 2700. La prima decisione ha esteso alla giurisdizione esclu-
SIva .le ?el. l,avoro. La seconda ha escluso l'incostituzionalit delle nonne
ret.latlve adi. di leglttlmlta, anche se con riferimento alla risoluzione incidentale di que"
s IOne a mttl.
21Cfr. in giurisprudenza, oltre alla cito Ad. Plen., ord. n. 1/2000' Cons St IV. 17"
febbraIO 1997 n 113 . C S 19 ' .., sez. ,
in T A R 1995' I ,lll . . ons. I.; 97, l, 191; T.A.R. Lazio, sez. I, lO ottobre 1995, n. 1663, .
am '. '.;, . '.' 4423,.1ll dottnna v. BARBIERI, voce Giurisdizione esclusiva nel giudizio
d III glUr., 1989: XV, 2: Per la tesi restrittiva e quindi per l'inammissibilit'
e a prova testImomale nel contenzIOso su lllteressi legittimi Cons St sez V. 24 2006
1534. ' .., ., marzo ,n,
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 379
11. La tutela cautelare
Rinviando per approfondimenti alla trattazione specifica di cui alla parte IV cap.
VI, in questa sede si vuole brevemente ricordare che l'insufficienza del modello
cautelare tipizzato imperniato sulla mera sospensione del provvedimento impu-
gnato (art. 12, L. 5992/1889, confermata dall'art. 39 del T.U. Cons. St., ripresa
infine dall'art. 21 L. 1034/1971), si avvert" proprio in ordine alla tutela dei diritti
soggettivi nelle materie di giurisdizione esclusiva.
. Infatti la tutela cautelare avverso gli atti della P.A. prevedeva unicamente,
anche dopo l'entrata in vigore della L. 1034/1971, la sospensione del provve-
dimento gravato, ovvero una misura volta a preservare i soli interessi legittimi
oppositivi, coerentemente con la struttura demolitoria del processo amministra-
tivo.
Una tutela cautelare ritagliata sul congegno del provvedimento amministrativo assai mal
si sincronizzava con un giudizio chiamato non gi alla verifica della legittimit di un
.atto, che potrebbe essere anche assente o la cui impugnazione non comunque neces-
Bada bens alla verifica sul piano sostanziale della fondatezza della pretesa azionata dal
Si sul punto osservato che il giudizio amministrativo esclusivo su diritti
sOggettivi basato fisiologicamente sull'accertamento costitutivo della posizione giu-
ridica dedotta e che, se in taluni casi, quando il diritto si presenta in forma per cos dire
oppositiva rispetto ad un atto della P.A. diretto a comprimerlo, la sospensiva classica pu
rivelarsi utile o necessaria (ad es. sospensione dell'atto che dispone una trattenuta sullo
'stipendio), ben diverso il discorso nel caso in cui il diritto si esplichi in forma schietta-
'mente pretensiva, e cio miri ad un riconoscimento giudiziale che imponga all'ammini-
unfacere positivo omesso (ad es. riconoscimento delle maggiori spettanze in
,relazione alle mansioni superiori espletate).
:') Nell'inerzia del Legislatore, la Corte costituzionale diede una spinta propulsiva deci-
;siva nel senso della riconduzione della tutela cautelare nell'alveo dell'art. 24 Cost. con
la celebre sentenza 28 giugno 1985, n. 190.
, Alla Corte era stata rimessa la questione del contrasto tra l'art. 21, Legge T.A.R. e gli
, 3 e 113 Cost., nella parte in cui la prima norma prevedeva la sola sospensione del
gravato, non consentendo al pubblico dipendente di ottenere la medesi-
Jna tutela assicurata in via cautelare al lavoratore privato dall'art. 423 c.p.c. che consente
al giudice del lavoro di emettere ordinanze di pagamento di somme in corso di
.' giudizio. La Corte, come noto, ritenne costituzionalmente illegittimo l'art. 21 Legge
, 'tA.R. nella parte in cui non consentiva al giudice amministrativo di adottare, nelle con-
,troversie patrimoniali in materia di pubblico impiego oggetto di giurisdizione esclusiva,
'i provvedimenti d'urgenza pi idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della
sul merito.
,t,l
ILa giurisprudenza amministrativa, sulla scia tracciata dalla Consulta e incorag-
giata dalla giurisprudenza comunitaria (preoccupata della necessit di tutelare
:adeguatamente le posizioni soggettive di derivazione comunitaria dinanzi ai
La protezione
dei diritti sog-
gettivi ha aperto
la strada alla
tutela cautelare
atipica
380
Il processo
giudici nazionali
22
), ha proceduto ad una costante e progressiva erosione dell
tutela cautelare tipica prevista dall'art. 21 Legge T.A.R. in omaggio al princi . a
di effettivit della tutela giurisdizionale, fino a che si giunti alla codificazi:
lo
della tutela cautelare atipica ad opera della L. 205/2000 che ha modificato
21 prevedendo che il G.A. possa emanare misure cautelari,
1 a. una somma, che, secondo le circostanze, siano pi
Idonee ad aSSIcurare mtermalmente gli effetti della decisione sul ricorso.
Tale da ultimo normativamente recepita dal codice del pro"
cesso ammlll1stratIvo, Il quale, secondo una logica di simmetria con la possib'l
d
.. fi le
eClSIOne male, prevede che il giudizio cautelare non si limiti pi alla m
. era
sospensIOne del provvedimento, ma conosca anche misure atipiche e propulsive
(artt. 55 ss. cod. proc. amm.).
12. La tutela sommaria (art. 118 del codice del processo amministrativo)
Il codice del processo amministrativo prevede che "nelle controversie devolute
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti
soggettivi di natura patrimoniale, si applica il Capo I del Titolo I del Libro IV
del codice di procedura civile. Per l'ingiunzione competente il presidente o un
magistrato da lui delegato. L'opposizione si propone con ricorso" (art. 118 cod.
proc. amm.).
previsione era gi contenuta nell'abrogato art. 8 L. 205/2000; in sede di
nel codice, invece, non stata riportata la possibilit che
Il m gmnsdlZlone. i presupposti previsti dagli artt.
e 186-ter, adottI ordmanze dI condanna al pagamento provvisoriamente
esecutIve.
La del. Legislatore codicistico di espungere dal novero delle pronunce
sommane le ordlllanze ex artt. 186-bis e 186-ter si pone in linea con quanto gi ri-
levato dalla dottrina all'indomani della sentenza n. 204/2004 della Corte costituzio-
nale, che, nel dichiarare la parziale illegittimit costituzionale dell'art. 33 del
80/1998, ha fortemente contratto le ipotesi di giurisdizione esclusiva nell'ambito
dei servizi pubblici. Ne conseguito, evidentemente, il drastico ridimensionamento
delle ipotesi in cui il G.A. pu conoscere di questioni meramente patrimoniali di
carattere contrattuale/obbligatorio abbisognanti di tecniche di tutela sommaria.
13. Il privato parte resistente
Il classico Il '"
assetto del classico, com' noto, stato concepito come luogo in
processo cUI Il pnvato clttadmo lllvoca tutela nei confronti dell'interlocutore pubblico.
amministrativo:
la P.A. parte
resistente -22------
V. sul punto CARINGELLA, Corso, cit., 984.
PARTE T - SEZIONE III - CAPITOLO 3 381
A tal proposito emblematico che lo stesso art. 103 Cost., disponga che "Il
Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdi-
zione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi
legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti sogget-
tivi"; d'altronde, anche l'art. 7 cod. proc. amm. statuisce chiaramente che "Sono
devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie concernenti l'eserci-
Zio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti,
atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio
Ji tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Per pubbliche am-
'ministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse
f!quiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento ammini-
strativo" .
Siffatta impostazione, in virt della quale il privato a rivestire il ruolo di
parte ricorrente, viene rafforzata dalla circostanza che uno dei caratteri che con-
traddistingue l'attivit della P.A. rispetto agli altri soggetti che operano nel no-
stro ordinamento la C.d. esecutoriet. La pubblica amministrazione, infatti, pu
soddisfare le proprie pretese senza la necessaria intermediazione dell'organo
giudiziario, con la conseguenza che sempre il privato a dover ricorrere all'or-
gano giurisdizionale per esercitare la difesa dei propri interessi, qualora questi
si presumano lesi o compromessi da un atto o provvedimento della pubblica
LI .,
ammlll1strazlOne .
. I tratti qualificanti la struttura del processo amministrativo di legittimit (an-
he dopo l'intervento del codice del processo amministrativo) sono inoltre tutti
coerenti con l'impalcatura impugnatori a che pretende l'aggressione di un prov-
vedimento o di un comportamento amministrativo contro cui il privato chiede
tutela.
i. Ci nondimeno, gi prima del D.Lgs. 80/1998, cominciava a profilarsi l'idea Gli r:
er
., . . d' . . .. un glUdlZlo am-
dlcbnceplfe altresl un vero e propno gm IZIO a partI mvertlte, quanto meno ministrativo Ha
nll'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per defini- parti invertite"
zione libera dallo schema impugnatorio discendente dalla posizione d'interesse nella
\ , ZlOne esc USlva
legittimo. prima del
D.Lgs. 80/98: il
Prendendo le mosse dal pubblico impiego, profili applicativi di un giudizio a "parti inverti-
presentavano (specie prima della devoluzione di gran parte del contenzioso al g.O. per
effetto della privatizzazione), nelle ipotesi in cui la P.A. risultasse titolare di pretese patrimo-
hiali nei confronti del dipendente (ad esempio la restituzione di emolumenti indebitamente
o il risarcimento danni per atti inadempitivi o illeciti aquiliani del dipendente).
i. Alcuni giudici di prime cure
23
hanno sostenuto, in tali controversie, la giurisdizione
del giudice amministrativo in sede esclusiva, ritenendo che la giurisdizione in materia di
pubblico impiego includesse tutte le controversie che trovavano "titolo diretto ed imme-
diato" nel rapporto di pubblico impiego.
23T.A.R. Veneto, sez. II, lO marzo 1988, n. 220, in Foro it., III, 184.
caso del pubbli-
co impiego
382
Il processo
Una prospettiva nettamente contraria stata assunta da altra parte della giurispru_
denza di primo grado, ad avviso della quale "da tutto il sistema della giustizia aml1li'
nistrativa si ricava che nei giudizi amministrativi, compresi quelli ricadenti nella giu-
risdizione esclusiva, ricorrente pu essere soltanto il soggetto passivo della funzione
amministrativa o - per meglio dire - il soggette che riceva una lesione dall'esercizio o
dall'inerzia di una potest amministrativa, come anche il soggetto che, nell'ambito
giurisdizione eS<.;lusiva, sia titolare nei confronti della pubblica amministrazione di uri
diritto soggettivo"24. ".
Gli accordi tra
FA. e privati
Minori obiezioni positive possono invece muoversi ad un giudizio con privato resi-
stente per la giurisdizione esclusiva in tema di accordi ex art. Il della L. 241/1990, posto
che, conformemente alla logica pattizia, il quinto comma di detta norma devolve al G.A,
esclusivo le controversie su formazione, conclusione ed esecuzione, senza alludere alla
necessit che i panni della parte resistente siano indossati dalla P.A.
In questo quadro di profonda incertezza si inserisce la riforma del 1998, poi comple-
Le innovazioni
apportate dal
D.Lgs. 80/98:
la formulazione
dell'art. 33
tata dalla L. 205/2000 e, infine, trasfusa nel codice del processo amministrativo. "
La lettera del dato positivo sembra suggerire, almeno in parte, la configurabilit di
un diverso assetto processuale, che vede il privato nel ruolo di parte resistente. Infatti
le norme sopra citate testualmente devolvono alla giurisdizione esclusiva del
amministrativo "tutte le controversie in materia di". Non vi quindi una formula assi-
Configura-
bilit della
parte privata
resistente alla
luce dell'art. 35
D.Lgs. 80/98
La sua
bocciatura
adopera di
Corte costo n.
204/2004
milabile a quella in passato utilizzata in tema di pubblico impiego, diretta ad affermare
l'irrinunciabilit del ruolo dell'Amministrazione quale parte resistente nell'ambito di
giudizi contro atti e provvedimenti amministrativi; si enuclea, invece, in parallelo
la enunciazione in tema di accordi tra P.A. e privati, una materia in quanto tale, senza
preventiva distinzione di ruoli processuali come fattore determinante per l'incardinarsi
della giurisdizione esclusiva.
Un altro argomento a favore dell'ammissibilit di un giudizio amministrativo con il
privato resistente dato dal conferimento al G.A. del potere di accordare il risarcimento
del danno e, pi in generale (v. art. 35 D.Lgs. 80/1998), di conoscere di questioni pu-
ramente patrimoniali, pur se non direttamente connesse, ma solo consequenziali o, ad-
dirittura, pur se non originate da un atto o comportamento amministrativo. Il passaggio
da una giurisdizione semplicemente esclusiva ad una giurisdizione piena, in seno alla
quale il G.A. colonizza tutta le materie affidategli anche nei loro risvolti patrimoniali
ed indipendentemente dal petitum promosso in giudizio, non pu che portare con s il
precipitato dell' irrilevanza della qualifica del soggetto che prende l' iniziativa
suale.
Peraltro, tali conclusioni sono state minate dalla pronuncia della corte Cost. n.
204/2004, la quale, come stato ampiamente illustrato (v. 1. del capitolo precedente);
ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 33 D.Lgs. 80/1998 nella parte in cui
prevedeva che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
tutte le controversie in materia di pubblici servizi, in quanto il generico riferimento
a tutte le controversie si pone in insanabile conflitto con i criteri ai quali deve ispirarsi
24T.A.R. Lazio, sez. III, 23 novembre 1987, n. 1902, in Foro it., Rep. Voce Giustizia amministm-
tiva, n. 354; in tal senso anche Cons. St., sez. VI, 23 dicembre 1987, n. 991, in Cons. St., 1987, I,
455.
P ARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 383
le e ordinaria quando voglia riservare una particolare materia alla giurisdizione
la gg . ...
elusiva del giudice ammllllstra1vo. .
eS La Corte, pertanto, ha bandito dalla giurisdizione esclusiva le meramen-
trimoniali tra la P.A. e il privato, affermando che qualora non venga In contesta-
pa '1 legittimo esercizio dell'attivit amministrativa, l'azione risarcitoria rientra nella
ZIOne I . . l
giurisdizione g.O., non operando nella specie la connessIOne legale tra tute a
demolitoria e nsarcltona. . . ..,. ... . . ..
Una apertura in favore dell'ammlsslblhta di una glUnsdlZl0ne esclUSiva a parti In-
. rtite rinvenibile invece nella recentissima pronuncia del Consiglio di Stato
25
, la
ve l la ritenuto ammissibile una domanda giudiziale spiccata dalla P.A. per ottenere
qua e . . d d' . d'
l'adempimento di una convenzione stipulata con un .In s: e .. 1 un
P LP. (nel caso di specie, dunque, venivano in rilievo due distInte IpotesI di giurisdiZIOne
con riferimento agli accordi amministrativi di cui all'art. 11 L. 241/90 ed alla
materia urbanistica). . .
I giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato come a tale Induca una
interpretazione evolutiva degli artt. 103 e 113 luce del Vivente, e se-
atamente dei nuovi connotati del processo ammllllstratIvo quale gIUdiZIO sul rapporto.
gn l ... . d
Il pieno sindacato sulla spettanza del bene della vita sotteso a le aZlOlll In se .e
rocessuale, infatti, non pu che implicare, come naturale conseguenza, Il nconoscl-
di pari facolt processuali a tutti i soggetti coinvolti nella vicenda controvers.a. E
questo tanto pi vero in sede di :sclusiva ove
"mista" di diritti soggettivi ed interessI legittImi delle pOSlZl0111 soggettive Involge. an-
che rapporti bilaterali, di natura consensuale e sinallagmatica, con la conseguente piena
equiparazione -sostanziale e processuale- delle parti pubblica. e l'am-
missibilit di un processo a parti invertite significherebbe, In defillltIva, valllficare la
stessa ratia di concentrazione delle tutele che presidia la giurisdizione esclusiva, intro-
ducendo una inammissibile "giurisdizione frazionata" a seconda della natura pubblica o
privata del soggetto ricorrente.
14. Arbitrato e diritti soggettivi (art. 12 del codice del processo amministra-
tivo)
L'art. 12 cod. proc. amm. (gi art. 6 cpv. L. 205/2000) prevede espressamente
che "Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del
giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto
ai sensi degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile". .
Il coinvolgimento della parte pubblica, con i relativi risvolti sul piano degh
interessi da soddisfare, ha suggerito al Legislatore la preclusione di percorsi ar-
bitrali non ortodossi, ossia l'arbitrato irrituale e, soprattutto, l'arbitrato irrituale
secundum equitatem.
La versione originaria della norma in commento taceva sulla disciplina ap-
plicabile alla procedura applicabile: nel silenzio della legge si riteneva dovesse
25Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2011 n. 1014, in Foro amm. CDS 2011, 2, 434.
384
Il processo
trovare integrale applicazione il disposto del codice di procedura civile (nomina
degli arbitri, sindacato sul lodo, procedura
26

Tale questione appare oggi definitivamente risolta dal disposto dell'art. l
cod. proc. amm., che, nell'attuale formulazione
27
richiama integralmente la
sciplina del codice di rito civile.
Le disposizioni normative in esame hanno definitivamente confutato il prevalente orienta.
mento tradizionale, contrario all'ammissibilit dell'arbitrato, in ragione, oltre che dell"
sponibilit del pubblico interesse, dell'impossibilit, che, attraverso l'opposizione al lodo,
il g.o. ritorni a conoscere di controversie devolute alla giurisdizione, anche se esclusiva, del
G.A.28 Segnatamente, la dottrina, argomentando da una tendenziale sussidiariet del procei
dimento arbitrale rispetto alla giurisdizione civile ordinaria e dalla conseguente propension6'
a regolare i rapporti tra il giudice civile ed arbitrato in termini di competenza e non di
risdizione
29
, aveva ritenuto di escludere in radice la compromettibilit in materie riservatcl
alla giurisdizione dei giudici speciali, primo fra tutti, il G.A. 30
15. La giurisdizione esclusiva del giudice ordinario (rinvio)31
Tanto detto per la giurisdizione esclusiva del O.A. estesa ai diritti viene da chie.:
26Salvo il problema relativo alla individuazione del giudice deputato a conoscere dell
ne avverso il lodo, sul quale, attesa la diversit di posizioni della dottrina e della
innescate dal silenzio legislativo, auspicabile un intervento chiarificatore del legislatore ovver
una pronuncia dirimente della Corte costituzionale. Sulle diverse pozioni assunte dalla dottrina e
dalla giurisprudenza v. CARINGELLA, Corso, cit., 786 ss.
27Come modificata dal decreto correttivo al codice del processo.
28La tesi contraria alla compromettibilit in arbitri delle controversie di competenza della
sdizione, anche esclusiva del G.A., stata ribadita, di recente, da T.A.R. Catania - Sicilia
III, 12 marzo 2010, n. 621, secondo cui tale divieto stato abolito dall'art. 6 L. 205 del
limitatamente alle cause relative a diritti soggettivi e comunque senza effetto retroattivo
di eventuali clausole pattuite in precedenza. V. anche Cass., S.V., 16 aprile 2009, n. 8987,
cui bench la P.A., nel suo operare negoziale, si trovi su un piano paritetico a quello dei
ci non significa che vi sia una piena ed assoluta equiparazione della sua posizione a quella
privato, poich l'Amministrazione comunque portatrice di un interesse pubblico cui il suo
deve in ogni caso ispirarsi; ne consegue che alla stessa preclusa la possibilit di avvalersi, nella
risoluzione delle controversie derivanti da contratti di appalto conclusi con privati, dello
to del C.d. arbitrato irrituale o libero, poich in tal modo il componimento della vertenza '
ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) individuati, nell'ambito di una pur legittima
negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perci, senza
garanzie di trasparenza e pubblicit della scelta.
29Nel senso che la compromettibilit di una controversia ponga un problema di competenza e
di giurisdizione, basata sul rapporto tra competenza del g.O. e competenza arbitrale, Cass., sez.
12 novembre 1998, n. 11436, in Gius., 1999,2, 190.
30In dottrina si legga la buona ricostruzione approntata da ANTONIOLI, Arbitrato e Ul1,Wl0rt1'7"nne
esclusiva, Milano 2004, 60 sS., il quale ricorda che "il punto di rottura con tale assetto
identificato nella compromettibilit degli accordi di programma, ammessa dall'art. 27, co. 2,
L. 241/90 confluito ora nell'art. 34, co. 2, del D.Lgs. 267/2000".
31v. sul tema della giurisdizione esclusiva del g.O. amplius CARINGELLA, Corso, cit" 271.
PARTE I - SEZIONE III - CAPITOLO 3 385
. s1'a ammissibile la speculare giurisdizione esclusiva del g.O. estesa agli
ders1 se
. teressi legittimi. L ' 'd"
m ". , l' t' l on a glUrlS Iz/One
Di "giurisdizione esclusiva del g.O. S1 puo m ecmco. so o c , esclusiva del
d alle ipotesi di giurisdizione per blocch1 d1 matene nelle quah al g.O. e g.o.
ng
uar
o . ... I . t l . l
affidata la cognizione sia di diritti che di interess1 leglttllTI1 .. ntesa m a .a
. tende a configurarsi come una figura "speculare" nspetto alla gmnsd1-
categona . .
sclusiva del O.A. prevista dall'art. 103, comma 1 della CostltuzlOne. . . '.
ZlOne e ., d' . . l d l La gIurisdIzIOne
Per converso, di giurisdizione piena del S1 par a quan. o a. piena del g.o.
O
riconosciuti sull'atto amministrat1vo poten d1 mtervento esorb1tant1
g.o. son .. . d l
tto a quelli ordinariamente prev1stl dagh artt. 4 e 5 L.A.C. con eroga a
nspe l' . . d Il''
d
. t del potere di revoca ed annullamento ed alla correlata 1m1tazlOne e m-
lV1e o . .. 'd t l
tervento sull'atto alla sola disapplicazione, ammessa soltanto m Via mC1 en a e
e con efficacia limitata al caso concreto. . ., .
Prima di rinviare alla sez. IV, cap. I, S1 rammenta m sede che
ntissima sentenza delle Sezioni Unite della Corte d1 CassazlOne ha defimt1-
rece l . . t t
vamente ritenuto che "L'art. 103 della Costituzione, evo In a-
fO, va inteso nel senso che all'A.g.o. consentito, per dispo-
sizione del Legislatore ordinario, di conoscere di interessI legittimi, di conoscere
ed eventualmente annullare un afto della PA. e di incidere
sui rapporti softostanti secondo le diverse tipologie di intervento
previste (Cort costo ord. 140, 165 e 275/2001; 525/2002, mentre l affermaZIOne
contenuta nella sentenza 204 del 2004, a mente della quale la cognizione .degli
interessi legittimi "sarebbe riservata al giudice amministrativo" sembra In re-
alt compiuta incidenter tantum, avendo la stessa Corte, con la
del 2008, espressamente riconosciuto al Legislatore ordinario" un. .dl
apprezzamento in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordznarlO e gzu-
dice amministrativo)" (14 aprile 2011, n. 8487).
SEZIONE IV
LA TUTELA DEI DIRITTI SOGGETTIVI
INNANZI AL GIUDICE ORDINARIO
CAPITOLO 1
I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
l. I limiti esterni della giurisdizione ordinaria ricavabili dall'art. 2 L.A.C. e dall'art.
103 Cost. in relazione al criterio della causa petendi. - 2. Il Giudice ordinario pu conoscere
di interessi legittimi? Il problema della giurisdizione esclusiva del g.O. - 2.1. [Segue] la
lettura delle disposizioni che, ai sensi dell'art. 113 Cost., affidano al Giudice ordinario poteri
decisori rafforzati in deroga rispetto ai limiti della L.A.C .. - 2.2. Rapporti tra deroga all'art.
4 L.A.C. e giurisdizione esclusiva del g.O. - 3. [Segue] la giurisdizione del g.O. in materia
di pubblico impiego privatizzato (rinvio). - 3.1. I poteri del g.O. in materia di tutela della
'I privacy e di sanzioni amministrative.
Il nostro ordinamento si ispira al principio della pluralit delle giurisdizioni, pre-
Vedendo, accanto alla tutela assicurata dal giudice amministrativo, anche quella
D'fferta dal giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione.
" Il testo costituzionale ratifica e completa la sistemazione dei rapporti tra
liiurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, gi definiti dalle leggi
processuali vigenti al momento della sua emanazione: la legge abolitrice del
o del 1865 (L. 2248/1865, alI. E), che delineava la giurisdizione del
g;'o. in base al criterio della situazione giuridica lesa, e la L. 5992/1889, istitutiva
ddla IV Sezione del Consiglio di Stato, che fondava la giurisdizione del G.A. in
ragione della lesione di interessi legittimi.
La Costituzione, infatti, consacra il criterio di riparto di giurisdizione basato
'iiua natura della situazione giuridica soggettiva lesa, attribuendo al g.O. la tutela
aei diritti ed al G.A. la tutela degli interessi legittimi (v. sez. I, cap. II) .
. 'L'art. 24 dispone infatti che "tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
diritti e interessi legittimi", sancendo in tal modo l'azionabilit delle si-
soggettive dei privati nei confronti della P.A. ed escludendo esenzioni o
di questa in ordine alla legittimazione passiva.
, La giurisdizione del giudice amministrativo (T.A.R. e Consiglio di Stato) si
qistingue in generale ed esclusiva. La giurisdizione amministrativa generale
prevista, senza limiti, a tutela degli interessi legittimi lesi da un atto ammini-
la giurisdizione esclusiva, invece, eccezionale, cio individuata con
riferimento a "particolari materie indicate dalla legge" (art. 103 Cost.), nelle
quali il giudice amministrativo abbia anche la cognizione di diritti soggettivi.
390
I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
1. I limiti esterni della giurisdizione ordinaria ricavabili dall'art. 2 L.A.C
e dall'art. 103 Costo in relazione al criterio della causa petendi .
L'art. 2 L.A.C., confermato dall'art. 103 Cost. come criterio ordinario di riparto
costituisce la disposizione fondamentale ai- fini dell'individuazione della
sdizione del g.O. avente ad oggetto le controversie tra la pubblica
ne e i soggetti privati.
Ai sensi dell' art. 2, L. 2248/1865, all. E, i giudici ordinari conoscono di
tutte le cause per contravvenzioni (in materia penale), nonch di tutte le
troversie in cui "si faccia questione di un diritto civile o politico" (in materia
civile), "comunque vi possa essere interessata l'Amministrazione pubblica, e
ancorch siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell 'autorit
ministrativa".
Questioni penali
Pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario indicata dall'art. 2 L.A.C. ri-
guarda sia le questioni penali che le questioni civili.
Le questioni penali relative ai delitti, gi prima della L. del 1865, si rite-
Diritti civili e
politici
nevano di competenza dei giudici penali ordinari. Il riferimento alle cause per
contravvenzioni riguarda, invece, tutte quelle che, prima dell'abolizione del con-
tenzioso amministrativo, erano giudicate dai tribunali del contenzioso e che con
tale legge sono state ascritte alla competenza del g.O.
Non mancano, tuttavia, eccezioni alla regola della giurisdizione del g.O. in
materia di delitti e contravvenzioni. Ci succede, ad esempio, per i reati di com-
petenza dei Tribunali militari di pace e di guerra.
A norma dell'art. 2 L.A.c. vi giurisdizione del g.O. nelle "cause nelle quali
si faccia questione di un diritto civile o politico", anche se vi sia coinvolta
P.A., ed anche se in materia sia stato emanato un provvedimento dell'Ammini-
strazione, restando peraltro irrilevante che lo stesso sia stato adottato iure impe-
rii o iure gestionis.
Per comprendere quale sia l'estensione della competenza del g.O. necessa- .
rio rare luce sull' espressione "diritti civili e politici" di cui all'art. 2.
.. E pacifico .che tale espressione vada intesa come comprensiva di qualsiasi
perfetto, sia esso privato ("diritti civili") o pubblico ("diritti
polItICI ). La lettera della norma, a causa del suo mancato coordinamento con la
legge istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato, assume, poi, anche una
valenza "in negativo", in quanto concentra la tutela del g.O. sulle posizioni di
diritto soggettivo. Esclude, quindi, dalla tutela assicurata dal giudice ordinario
tutte le posizioni giuridiche non riconducibili allo schema del diritto soggettivo,
e quindi gli interessi legittimi.
Si deve comunque precisare che il diritto soggettivo una categoria che ha subito nel
tempo una evoluzione simmetrica a quella sviluppatasi nei rapporti tra lo Stato e i cit-
tadini.
P ARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO l 391
In prima battuta si sono affermati i diritti civili di libeIt, che riguardano il rapporto
Stato e individuo al quale viene garantita una sfera di libert dallo Stato; la seconda
tra . . .
.: e vede comparire i diritti politici per i quali la libert concepIta pOSItIvamente come
las Il' l"
tonomia e l'individuo diventa libero nello Stato, concorrendo a a VIta e ag 1 onenta-
aU
enti
dei suoi organi; nell'ultima, i diritti sociali, maturati dalle esigenze della societ
dustriale, si integrano ai precedenti e comportano prestazioni da parte dello Stato che
:eve garantire una situazione di certezza sociale ed economica ai cittadini, i quali risul-
tano cos liberi per mezzo dello Stato.
Fisiologicamente, l'ambito dei diritti soggettivi varia in relazione ai mutamenti stori-
ci e sociali, e di ci ha tenuto conto il Legislatore costituente, laddove ha previsto in seno
all'art. 2 Cost. una formula onnicomprensiva e aperta ("i diritti inviolabili dell'uomo,
sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit"),
a ricomprendere nel suo alveo tutti i diritti che sorgono dall'evoluzione della COSCIenza
sociale.
La formulazione letterale dell'art. 2 L.A.C., pur riferendosi ai soli diritti civili e po-
litici, viene estesa, per opinione pacifica, a tutti i diritti soggettivi, a prescindere dalla
loro caratterizzazione.
In definitiva, in base al criterio ordinario di riparto il Giudice ordinario non pu
conoscere di controversie relative ad interessi legittimi. Si dovr all'uopo quindi
fare riferimento ai criteri elaborati per distinguere tra diritti ed interessi legittimi,
e segnatamente ai problemi pi significativi che il criterio della causa petendi,
declinato in base alla dicotomia carenza-cattivo uso del potere, sottende con
particolare riferimento alla figura "carenza in concreto di potere", alla categoria
dei diritti inaffievolibili, alla nozione di nullit del provvedimento, al significato
dell'espressione comportamenti amministrativi e, infine, alla tutela risarcitoria
dell'interesse legittimo.
Su tali temi si rinvia alla trattazione svolta in sede di analisi del riparto alla
sez. I, cap. II.
2. Il Giudice ordinario pu conoscere di interessi legittimi? Il problema del-
la giurisdizione esclusiva del g.o.
Ci si deve a questo punto domandare se il limite esterno che l'art. 2 L.A.C. pone
alla giurisdizione del giudice ordinario abbia o meno rango costituzionale, ov-
vero se la legge ordinaria possa attribuire al g.O. anche la cognizione di interessi
legittimi, ossia, in altri termini, se sia costituzionalmente ammissibile il varo di
materie di giurisdizione esclusiva del g.O. nelle quali quest'ultimo, specular-
mente a quanto accade nella giurisdizione esclusiva del G.A., possa conoscere
di tutte le controversie relative ad un dato settore, ivi comprese quelle che coin-
volgono posizioni d'interesse legittimo.
Giurisdizione
Sul punto, necessaria una precisazione concettuale. esclusiva e
Si deve infatti distinguere tra la nozione di "giurisdizione esclusiva del g.o." piena
392
I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
in senso tecnico, che si ha nelle ipotesi, ora rammentate, in cui al giudice ordi.
nario venga affidata la cognizione, per blocchi di materie, sia di diritti sogget.
tivi che di interessi legittimi, in modo sostanzialmente speculare rispetto alla
giurisdizione esclusiva del G.A. prevista dall'art. 103, co. 1, Cost., e la nozione
di giurisdizione piena del g.O., che si realizza quando al g.O. sono riconosciut
poteri di intervento ulteriori rispetto a quello di disap.
plIcazIOne, dI cm aglI artt. 4 e 5 L.A.C., con deroga al divieto di revoca ed annuI.
lamento (sul tema v. cap. II).
Peraltro, le due nozioni possono coincidere, nel senso che la giurisdizione
esclusiva del g.O., se ammessa, comporta inevitabilmente la cognizione princi.
pale dell'atto amministrativo con i relativi poteri di annullamento.
Nel dettaglio, la prima problematica da affrontare se sia ipotizzabile, a Co-
stituzione invariata, il riconoscimento al g.O. della cognizione integrale in una
determinata materia, sia con riferimento ai diritti soggettivi che agli interessi
legittimi, cio indipendentemente dalla consistenza della posizione soggettiva
coinvolta.
Orientamento L" t d" l'
tradizionale onen amento tra IZIona e e negativo, e si fonda sul disposto dell'art. 103
negativo Cost., nella parte in cui prevede che "il Consiglio di Stato e gli altri organi di
giustizia am-ministrativa hanno giurisdizione per la tutela degli interessi legit-
timi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche di diritti soggettivi". La
norma interpretata nel senso che l'art. 103 Cost. consentirebbe la giurisdizione
esclusiva solo per il G.A.; non sembra, invece, contemplata e, quindi, possibile
l'ipotesi della giurisdizione esclusiva del g.O., sia pure per il tramite dell'inter-
positio legislatoris (Cons. St., Ad. Plen., n. 1/2000).
Orientamento O t t d" . dI' . . .
l
ppos a corren e l pensIero, appoggIata a a CUllI recentI mterventl della
preva ente ..
favorevole Corte costItuzIOnale (Corte cost., n. 414/2001; n. 240/2006) ammette la confi-
gurabilit di ipotesi di giurisdizione esclusiva del g.O., ritenendo che l'art. 103
Cost. fissi i "limiti esterni" della giurisdizione del solo G.A. e non una regola
che limiti anche la giurisdizione del g.O. A sostegno di tale tesi richiamato l'art ..
113 Cost., nella parte in cui prevede che spetta alla legge (intesa come
ria) determinare "quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della
pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge ", ammet-
tendo che giudici diversi da quello amministrativo possano essere legittimati ad
una cognizione piena e principale degli interessi legittimi; inoltre l'art. 4 della
L. T.A.R., recita: "nelle materie indicate negli artt. 2 e 3 la competenza spetta
ai tribunali amministrativi regionali per i ricorsi aventi ad oggetto diritti ed
teressi di persone fisiche o giuridiche, la cui tutela non sia attribuita all'autorit
giudiziaria ordinaria, o ad altri organi di giurisdizione". Parrebbe dunque che
nella norma in questione la giurisdizione del G.A. risulti fissata con un criterio
di resi dualit rispetto a quella di altri plessi giurisdizionali.
Si pone infine l'accento sul trendnormativo degli ultimi anni (v. L. 689/1981
in tema di sanzioni amministrative; D.Lgs. 165/2001 in tema di pubblico impie- .
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO l 393
go; L. 675/1996 in tema di tutela della privacy, confluita nel D.Lgs. 196/2003),
sempre pi favorevole all'affermazione del modello della giurisdizione esclusi-
va del g.o. In particolare si tratta di ipotesi in cui il Legislatore stabilisce a priori
che tutte le controversie in determinate materie siano devolute alla giurisdizione
del g.o. 1.
2.1. [Segue] la lettura delle disposizioni che, ai sensi dell'art. 113 Cost.,
affidano al Giudice ordinario poteri decisori rafforzati in deroga rispetto ai
limiti della L.A. C.
Strettamente collegata al tema dell'ammissibilit della giurisdizione esclusiva
del g.o. la questione dell'ammissibilit e dei limiti, a Costituzione invariata, di
una legge che, in determinate materie, ammetta una giurisdizione piena del g.O.
con l'ampliamento dei poteri di cognizione sugli atti amministrativi, in
deroga ai limiti interni posti dagli artt. 4 e 5 L.A.C ..
. Come gi visto, non costituzionalizzato il principio, di cui all'art. 4 L.A.C.,
secondo il quale al g.O. sarebbe precluso il potere di annullare l'atto amministra-
tivo. Come noto, il predetto limite generale per il g.O. considerato la principale
(se pure non l'unica) differenza fra il quantum di tutela accordabile dal G.A. e
dal g.O. in relazione agli atti della P.A.
. Purtuttavia, l'invocato limite generale non riveste carattere di principio costi-
tuzionale, stante il chiaro disposto del citato art. 113, ult. comma, Cost., secondo
cui spetta alla legge determinare "quali organi di giurisdizione possono annulla-
re gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla
legge stessa".
In merito, le ordinanze della Corte costituzionale n. 140 del 17 maggio 2001,
n. 165 del 28 maggio 200 l e n. 525 del 9 dicembre 2002, rese con riguardo al
nuovo riparto nel pubblico impiego privatizzato, hanno stabilito che "rientra
nella discrezionalit del Legislatore l'attribuzione ad un giudice (sia ammini-
strativo, sia ordinario) [ ... ], in sede di decisione di ricorso giurisdizionale, del
potere di annullare (nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa: art. 113,
comma 3, Cost.) un atto amministrativo [ ... ]".
A tal proposito si fronteggiano il campo due teorie, che si dividono nello sta-
5.i1ire fino a che punto possa spingersi la discrezionalit del Legislatore ordinario
in tale campo.
Corte Cast.
140/2001 e
525/2002
Per la tesi estensiva, la discrezionalit legislativa non incontra specifici limiti. La manca- Tesi estensiva
ta costituzionalizzazione del divieto di annullamento e revoca che l'art. 4 L.A.C. riferi-
sce essenzialmente ai provvedimenti amministrativi espressione di potere pubblicistico,
I Ad analoghe conclusioni, poi, giunta la giurisprudenza in materia di p.i.: sul tema V., da ultimo,
Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7527, in Foro amm. CDS 2010, 10,2145, con specifico
riferimento alle cause risarcitorie.
394
I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
fa s che il Legislatore possa attribuire al g.O. il potere di incidere sulla permanenza in
vita di provvedimenti amministrativi cos come di emettere pronunce che obblighino la
P.A. ad unfacere di tipo pubblicistico. A sostegno dell'assunto si citano gli artt. 22 e 23
della L. 689/1981, che attribuiscono al g.O. innanzi al quale sia stata proposta oPposi_
zione avverso l'ordinanza-ingiunzione, il potere di sospendere, annullare e revocare il
provvedimento amministrativo, incidendo anche sull'entit della sanzione.
Tesi restrittiva La tesi pi restrittiva (GALLI) interpreta in modo limitativo la portata dell'art. 113 Cost.,
asserendo che la possibilit per il Legislatore ordinario di attribuire al g.O. il potere di
annullare gli atti della P.A. non riconosciuta in assoluto (con estensione massima dell'
bitrium legislatoris), ma va temperata e conformata ad altre disposizioni costituzionali. In
particolare la disposizione di cui all'art. 113, co. 3, Cost., va letta in combinato disposto
con quanto previsto dagli artt. 24, 103 e 111 Cost. Ne consegue che l'interpositio
ris nella previsione di ipotesi di annullamento degli atti illegittimi da parte della P.A. intan-
to sar esente dalla censura d'illegittimit costituzionale, in quanto conferisca tale potere
in ipotesi in cui il g.O. abbia una ragione sistematica per ingerirsi in modo cos penetrante
nell'attivit della P.A.: tale ragione non potr che rinvenirsi nelle ipotesi in cui la materia
in questione coinvolga le posizioni soggettive ordinariamente devolute alla cognizione del
g.O., ovvero quelle di diritto soggettivo. La dottrina citata sostiene in particolare che "se si
tiene conto di tali imprescindibili premesse sistematiche, si comprende come l'art. 113, ult.
comma, Cost., per armonizzarsi coerentemente con gli altri principi costituzionali prima
enunciati, debba essere interpretato nel senso che i casi in cui la legge consente ad orga- .
ni giurisdizionali diversi da quello amministrativo di annullare provvedimenti illegittimi
vanno identificati con le sole ipotesi in cui questi incidano negativamente su posizioni di
diritto soggettivo" (i.e.: con le ipotesi concernenti l'attivit C.d. "paritetica" della P.A.,
ovvero con gli atti sine titulo). Soccorrono parimenti in questa direzione gli orientamenti
giurisprudenziali in merito alla non opponibilit dei limiti di cui all'art. 4 L.A.c. in caso di
lesione di diritti soggettivi fondamentali che resistono all'affievolimento (v. il diritto alla.
salute). Del resto, lo stesso principio , secondo tale teoria, sotteso alla citata pronuncia
della Consulta, n. 140/2001, ove si legge che "non esiste un principio costituzionale che
escluda la possibilit per il Legislatore ordinario, in determinati casi (rimessi alla scelta
discrezionale dello stesso Legislatore), in sede di cif.fidamento della tutela giurisdizionale
dei diritti soggettivi nei confronti della P.A., di attribuire al g.o. anche un potere di annul-
lamento". Anche in questo caso sembra chiaro che la scelta del Legislatore di devolvere
tale amplissimo potere al g.O. non possa essere operata "a tutto campo", ma solo
ipotesi in cui tale devoluzione si innesti su materie in cui il g.O. gi esercita ordinariamente
la propria giurisdizione, in quanto afferenti alla citata tutela giurisdizionale dei diritti so&
gettivi. In caso contrario, l'ipotetica previsione che consentisse al g.O. di esercitare poteri
processuali esorbitanti (in primis: poteri di annullamento, ma anche di revoca e modifica)
sugli atti amministrativi anche in ipotesi coinvolgenti solo interessi legittimi, non si
trarrebbe alla censura d'illegittimit costituzionale per violazione del disposto degli artt .
24, 103 e 111 Cost.
2.2. Rapporti tra deroga all'art. 4 L.A.C. e giurisdizione esclusiva del g.O.
evidente che l'accoglimento dell 'una o dell' altra tesi presenta risvolti
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO l
395
cativi sui rapporti tra estensione dei poteri del g.O. e tematica della giurisdizione
esclusiva del g.O.
La tesi favorevole ad un intervento del g.O. ai fini di provvedi-
enti lesivi di posizioni d'interesse legittimo finisce per saidarsI con la tesI che ammette
Fa giurisdizione esclusiva del giudice ordinari.o. Non age:ole
'udice ordinario possa annullare un provvedImento ammInIstratIvo dI tIpo pubbhcIStIcO
gI e tale provvedimento non costituisca oggetto principale del giudizio: e tanto pu acca-
solo in caso di giudizio che verta su posizioni d'interesse legittimo. Al contrario chi
reputa che l'esplicazione del potere .di parte .. possa
lo in ipotesi in cui le posizioni comvolte SIano dmttI soggettIvI lesI da attI pantetIcI e
so . '1
comunque incapaci di spiegare un effetto degradatorio, esclude che venga m n e:o
ipotesi di giurisdizione esclusiva del g.o .. : del P?te.re del mfattI,
opererebbe nell' ambito dell'ordinario cnteno dI nparto e ne costItuIrebbe, m un certo
senso, null'altro che un rafforzamento ed una conferma.
3. [Segue] la giurisdizione del g.o. in materia di pubblico impiego privatiz-
zato (rinvio)
La materia del pubblico impiego fra quelle in cui pi di frequente si parlato
di una presunta "giurisdizione esclusiva" del g.o.
. La norma che viene in rilievo sul punto l'art. 68 del D.Lgs. 29/1993, poi
confluito nell'art. 63 del T.u. del pubblico impiego, n. 165/2001.
. In particolare, ci si chiede se l'art. 63 del T.u. del pubblico impiego possa
essere letto nel senso di comportare una cognizione piena del g.O. anche sulle
posizioni d'interesse legittimo coinvolte nei rapporti di lavoro alle dipendenze
oella P.A.
ta tesi secondo cui la giurisdizione sul pubblico impiego privatizzato sarebbe esclusiva
fondamento nel dato testuale. Infatti il comma primo dell'art. 63, nella sua am-
plissima formulazione, prevede che "sono devolute al Giudice ordinario, in funzione
di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni [00'] ancorch vengano in questione atti amministrativi
presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li
disapplica, se illegittimi". Dal riferimento a "tutte le controversie" relative ai rapporti di
lavoro nelle P.A., da un lato, e dal riferimento al potere del g.O. di pronunciarsi sugli atti
su di essi incidenti dall'altro, i sostenitori della tesi in esame concludono
Ehe, nel caso di specie, il ha inteso introdurre una ipotesi di giurisdizione
esclusiva del g.O. Tale interpretazione ha trovato il sostegno di una parte della giuri-
sprudenza amministrativa (Cons. St., sez. V, dec. n. 1519/2001), che ha riconosciuto la
giurisdizione del g.O. nel caso di controversia avente ad oggetto l'atto di conferimento di
incarichi dirigenziali, la cui natura pubblicistica ora espressamente enunciata dalla L.
145/2002. Invece secondo l'opposto orientamento, assolutamente prevalente e ribadito,
da ultimo, dalle S.D. della Cassazione, (ord. 8 novembre 2005, n. 21592, confermata
396 I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
d! Cass., S. U. 15 gennaio 2.0 lO nn .. 529 e 1 da TA.R. sez. III quale/)
1 marzo 2010, n. 3217; v. llloltre, III matena dI graduatone scolastIche, T.A.R. Emilia
Romagna - Bologna, sez. I, 15 gennaio 2010, n. 99; Casso civ., S.u., 28 luglio 2009,n.
17466), l'art. 63 una nonna ricognitiva della giurisdizione sui diritti soggettivi. Si
va, infatti, che in seguito alla privatizzazione del rapporto di lavoro e del regime degli .
gli atti di gestione del rapporto (arti. 2 e 5 T.u. n. 165/2001) sono solo atti paritetici
datore di lavoro pubblico, espressione non pi di potere pubblicistico ma di autonl::>mia
imprenditoriale. Si tratta, cio, di atti che hanno perso il carattere autoritativo che
penneava gli atti di natura organizzatoria (c.d. atti di micro-organizzazione).
In altri termini, gli atti di gestione dei rapporti di lavoro alle dipendenze dell'
nistrazione non sono espressione di alcuna potest pubblicistica e, pertanto, si (
nell'ambito dei limiti esterni dell'art. 2 L.A.C. ed al di fuori del raggio di afllJ11lC'i:l:Glone
dei limiti esterni di cui all'art. 4 L.A.C .. Ne deriva che la disciplina in esame non
tuisce una deroga, ma un'applicazione del perimetro ordinario della giurisdizione
giudice civile, che conosce di atti di diritto privato con gli ordinari poteri di
to e di condanna. Di ci vi confenna nell'art. 63 del T.U. n. 165. Infatti detta
laddove menziona gli "atti amministrativi presupposti", stabilendo che essi possano
sere disapplicati dal g.O. se incidenti sul rapporto di lavoro ed illegittimi, si riferisce
soli atti di macro-organizzazione (cio gli atti che concernono l'Amministrazione
suo complesso), in quanto solo per essi configurabile il carattere di atti amlministralti1
espressione di potere pubblicistico; detti provvedimenti, in coerenza con i limiti
ed interni della giurisdizione ordinaria, non possono essere conosciuti in via
con esito di annullamento, ma solo sindacati in via incidentale con lo strumento
disapplicazione (art. 5 L.A.C.).
A non diverse conclusioni si pu pervenire in relazione alla giurisdizione del g.O.
gli atti di conferimento e revoca di incarichi dirigenziali di cui allo stesso art. 63, pure
taluno considerata espressione di una cognizione principale in ordine a rm"",,,porli,,,,po"1
amministrativi pubblicistici. Peraltro si evidenzia che la giurisdizione del g.O. sugli
privatisti ci della P.A. discende in via diretta dalla privatizzazione della fase di
del rapporto e trova conferma nella conservazione in capo al g.O. dello strumento
disapplicazione per sindacare in via indiretta la legittimit dei provvedimenti
zativi presupposti, laddove il tennine "provvedimento", usato dall'art. 19, co. 2,
non ad un provvedimento amministrativo ma ad un atto privatistico (v. Casso civ.,
09 febbraio 2009, n. 3052; T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 15 marzo 2010, n. 1
espressione dei poteri e delle capacit di diritto privato del datore di lavoro di cui al"
tato art. 5, comma 2, del T.U. 165/2001.
In conclusione, quindi, la giurisdizione del g.O. sul lavoro pubblico
espressione di una giurisdizione ordinaria relativa a posizioni aventi la COJnSlstenz:a.'
diritti soggettivi; con la conseguenza che nei confronti dei provvedimenti L<U.uu,uw,,,,
tivi illegittimi presupposti esercitabile solo il sindacato incidentale con lo
della disapplicazione; mentre il potere, che il comma 2 della norma in questione
ca, di emanare pronunce costitutive e di condanna ad un lacere specifico
solo il sindacato principale su atti e comportamenti privatistici e paritetici.
Sul tema si rinvia alla trattazione svolta nella parte II, cap. III, 7 sS.
P ARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 1 397
3.1. La giurisdizione del g.O. in tema di tutela della privacy e di sanzioni
amministrative
La tesi favorevole al modello della giurisdizione esclusiva del g.O. annovera altri
aue casi previsti dal Legislatore.
l: . In materia di tutela della riservatezza gi l'art. 29 della L. 675/1996 prevede- Codice della
ya un'espressa deroga ai limiti di cui all'art. 4 L.A.C. trattando del ricorso giuri- prIVacy
sdizionale avverso la decisione del Garante su ricorso amministrativo. La norma
iora confluita nell'attuale art. 152 del codice della privacy di cui al D.Lgs.
1:96/2003, che riferisce la deroga ai limiti di cui all'art. 4 L.A.C. a tutti gli atti
amministrativi e non solo alle determinazioni del Garante.
2
, " In ogni caso, va ribadito come si tratti di una questione ancora dibattuta:
a fronte di chi ritiene che si versi in un'ipotesi di vera e propria giurisdizione
esclusiva in favore del g.0.3 non mancano posizioni contrarie, che ritengono
la disciplina in questione meramente ricognitiva degli ordinari criteri di riparto
stabiliti dall'art. 103 Cost. 4
In secondo luogo una deroga sancita dalla L. 689/1981, art. 23, in tema di Sanzioni
amministrative
impugnazioni di sanzioni amministrative, che consente al Giudice di pace l'an-
nullamento delle ordinanze-ingiunzioni, ossia di provvedimenti amministrativi
autoritativi che infliggono sanzioni amministrative.
,-,VvV'.'uv tale orientamento, in ambedue i casi, i rilevanti poteri (fino a quello di annulla-
mento) su atti amministrativi che vengono riconosciuti al g.O. dalla nonna costituiscono
chiare applicazioni del principio di cui all'art. 113, ultimo comma, Cost., coerenti con un
di giurisdizione esclusiva del g.O. che deroga ai limiti di cui agli artt. 2 (esterni)
e 4 (interni) della L.A.C .. 5.
,2'Di recente Cass., sez. l,Io aprile 2009, n. 7958, ha rimarcato che la Banca d'Italia non si sottrae
alla tutela giurisdizionale di cui all'art. 152 del codice della privacy, in base al quale con la sen-
tenza il giudice provvede sulla domanda anche in deroga al divieto di cui all'art. 4 L. 20 marzo
,1865 n. 2248, nel caso di illegittima inserzione di una sofferenza non qualificabile come tale, nella
centrale dei rischi.
Cos Cass., sez. un., 14 aprile 2011, n. 8487, in Red. Giust. civ. Mass. 2011,4: "La controversia
il titolare del trattamento di dati personali e l'Autorit garante per la protezione dei dati per-
concernente la legittimit del rifiuto da quest'ultimo opposto alla richiesta, avanzata dal
di autorizzazione ad esigere un contributo dai richiedenti l'accesso ai dati, devoluta alla
'OU.''''''JHIO del g.O., ai sensi dell'art. 152 d.lg. 30 giugno 2003 n. 152. Infatti, posto che la chiara
operata dal Legislatore tramite l'art. 152 citato non contrasta con l'art. 103 cost., non essen-
vietata l'attribuzione al g.O. della cognizione anche degli interessi legittimi, la materia dell'ac-
ai dati personali e dei costi di esercizio di tale diritto presenta una inestricabile interferenza
i diritti ed interessi legittimi, con la netta prevalenza dei primi sui secondi, l dove, inoltre, il
vu.mv.""IJLCUI.U che deve operare l'Autorit garante , eminentemente, tra interessi privati (quelli
interessati ai dati trattabili e quelli delle imprese detentrici), mancando, quindi, una vera e
discrezionalit amministrativa".
Cons. Stato, sez. VI, 03 settembre 2009, n. 5198, in Foro amm. CDS, 2009, 9, 2065, cit.
tal senso, da ultimo, V. Cons. Stato, sez. III, 05 marzo 2010, n. 2150, in Foro amm.
2010,3,698.
398 I limiti esterni della giurisdizione del Giudice ordinario
Secondo la tesi che esclude l'ammissibilit di casi di giurisdizione esclusiva del g.o.,
invece, tali previsioni legislative trovano una giustificazione a livello costituzionale in
quanto, in entrambi i casi, le materie de quibus hamlO la caratteristica di vertere in ambiti
che non ammettono altre situazioni giuridiche se non quelle di diritto soggettivo (trattasi
infatti di diritti soggettivi inaffievolibili, in quanto fondamentali della persona), con la
conseguenza che la cognizione del g.O. in tali materie non esorbitante rispetto a quella
relativa al normale criterio di riparto stabilito in considerazione della causa petendi. In
altri termini, anche in questi due casi non vi sarebbe una giurisdizione esclusiva del g.o:
su interessi legittimi ma una giurisdizione "ordinaria" su diritti, nell'ambito della quale
il g.O. ha il potere di annullare atti amministrativi lesivi di diritti non degradabili, cio'
atti paritetici che nascondono un mero comportamento illecito violativo di norme di
relazione. Al pi sar ravvisabile solo una deroga ai limiti interni di cui all'art. 4 L.A.C.
sotto il profilo dell'ammissibilit di pronunce che, per soddisfare tali diritti fondamenta_
li, obblighino la P.A. anche ad unfacere specifico di stampo pubblicistic0
6
..
6 Cos Casso civ., sez. un., 02 luglio 2008, n. 18040, in Giust. civ. Mass. 2008, 7-8, lO74, che
indagato la specifica questione del rapporto tra la giurisdizione (non esclusiva) del g.O. in
di opposizione a sanzioni amministrative e la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di urba-
nistica ed uso del territorio.
CAPITOLO 2
Limiti interni e poteri del g.O.
SOMMARIO: l. I limiti interni: sguardo d'insieme. - 2. L'art. 4 L.A.C.: poteri di cognizione e
poteri di decisione. - 2.1. La nozione di atto amministrativo ex art. 4 L.A.C. nell'e:roluzi?ne
storica. - 2.2. Deroghe al divieto di annullamento e revoca dell'atto. - 3. La dlsappltca-
zione (art. 5 L.A.C.). - 3.1. I controversi rappOlii tra gli artt. 4 e 5 L.A.C.: oltre alla disap-
plicazione incidentale ex art. 5 esiste una disapplicazione principale ex art. 4? - 3.2. I vizi
suscettibili di cognizione con lo strumento della disapplicazione. - 3.3. Profili processuali.
- 3.4. La disapplicazione da parte del giudice penale: in particolare la C.d. disapplicazione
inpejus (o in malam partem). - 3.4.1. Il problema dell'ammissibilit della
in peius. - 3.4.2. La tesi favorevole alla disapplicazione in malam partem .. - 3.4 ..3. La :esl
contraria. - 3.4.4. La casistica in materia di reati edilizi. - 3.5. ImpugnazIOne e dlsappltca-
zione nel contenzioso sul pubblico impiego privatizzato (art. 63, T.u. n. 165/2001): rinvio. -
3.6. Disapplicazione e giudice amministrativo.
Tanto detto sui limiti esterni relativi alla delimitazione della giurisdizione del
g.o., occorre ora esaminare i limiti interni, ossia i poteri esercitabili dal g.O.
nell'ambito del contenzioso attratto alla propria giurisdizione e quindi, specular-
le tipologie di azioni esperibili innanzi a tale giudice nei confronti della
PA.
1. I limiti interni: sguardo d'insieme
.L'art. 2 L.A.C. indica il diritto soggettivo come linea di demarcazione tra giuri-
S,dizione del g.O. e del G.A., e fissa in questo modo i limiti esterni della giurisdi-
zione del g.O. nei confronti della P.A.
: Gli artt. 4 e 5 L.A.C. fissano, invece, i limiti interni alla giurisdizione, cio Profili generali
i,poteri del g.O. in relazione agli atti amministrativi. Tali norme presuppongono
jnfatti come gi risolto il riparto di giurisdizione a favore del g.O. e vanno 01-
fornendo una risposta al quesito: "Cosa pu fare il g.O. di fronte ad un atto
che ritiene essere illegittimo?". L'art. 4 sul punto prevede che:
la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto
geli 'autorit amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti
,dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio. L'atto amministrati-
Art. 4 comma 1
L.A.C.
400
Limiti interni e poteri del g.O.
vo non potr essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti
autorit amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei tribunali in
quanto riguarda il caso deciso". Questa norma introduce il divieto per il g.o.
salve le materie di sua giurisdizione esclusiva, ove ammissibili (v. sez. I), di
nullare e revocare gli atti amministrativi, spettando invece tali poteri all'autorit
amministrativa, che deve conformarsi al giudicato.
Prevede poi l'art. 5 che: "In questo, come in ogni altro caso, le autorit giu-
diziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali
in quanto siano conformi alle leggi". Tale norma fissa il potere del g.O. di disap-
plicare gli atti amministrativi, se illegittimi.
2. L'art. 4 L.A.C.: poteri di cognizione e poteri di decisione
Gli art. 2 e 4 L.A.C. non sono dettati in antitesi, bens collegati da una continuit
logica, nella misura in cui la norma dell'art. 4 stabilisce il contenuto dei poteri
cognitivi e decisori del g.O. nei confronti della pubblica amministrazione, defi-
nendo lo spazio operativo del giudice, laddove sia gi stata risolta positivamente
la questione sulla sussistenza, o meno, della sua giurisdizione.
La scelta normativa trova spiegazione nella necessit, avvertita dal Legislato-
re del 1865, di dettare una norma di chiusura che, nel rispetto del principio della
separazione dei poteri, assicuri tutela adeguata al diritto soggettivo direttamente
inciso da un atto amministrativo evitando il rischio di ingerenze eccessive del
potere giudiziario nella sfera di quello esecutivo.
L'art. 4, co. 1, L.A.C. stabilisce che il g.O. pu conoscere degli effetti dell'at-
to in relazione all'oggetto dedotto in giudizio: pertanto l'accertamento dell'att6
amministrativo da parte del g.O. limitato dalla rilevanza che esso riveste
e soltanto) per il giudizio in corso.
Il g.O., quindi, pu conoscere degli effetti dell'atto soltanto in funzione
pronuncia che sar tenuto ad emettere sugli effetti dell'atto stesso, e non anche
con efficacia erga omnes. In altri termini, con riferimento all'atto, la pronuncia.
del giudice non ha efficacia erga omnes, ma vale soltanto per il caso deciso ed
inter partes.
Il giudizio di cui all'art. 4 ha infatti come oggetto non la legittimit dell'at- .
to ma la lesione del diritto; l'atto rileva pertanto per gli effetti che produce,
come veicolo di lesione del diritto. Poich la lesione prodotta dagli effetti
del provvedimento, si comprende la ragione per cui il giudice, chiamato a giuL
dicare della lesione del diritto, si disinteressi dell'atto in quanto tale.
in sostanza la vera differenza tra il processo che verte sulla lesione del
e quello che si occupa invece del nocumento causato da un atto all'interesse
legittimo: infatti, nell'ipotesi di lesione del diritto la tutela offerta a
dere dall'impugnazione dell'atto senza che il giudice consideri la sua sorte al
di fuori dal processo.
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 401
Il sindacato del g.O. sull'atto amministrativo pu solo essere di legittimit
senza estendersi al merito, cio all'apprezzamento dei criteri di opportunit e di
'convenienza che rappresentano i capisaldi dell' azione amministrativa.
Quanto, invece, ai tre vizi di legittimit (incompetenza, eccesso di potere e violazione di
legge), dopo che per molti anni si era esclusa la possibilit per il g.O. di esaminare l'atto
amministrativo sotto il profilo dell'eccesso di potere, si pi di recente consolidata, in
dottrina (NIGRO) ed in giurisprudenza, l'opinione secondo cui nessuna norma implica il
divieto per il g.O. di sindacare l'atto amministrativo anche sotto il profilo dell'eccesso
di potere. Si , anzi, sottolineato (SANDULU) che l'art. 113 Cast. afferma proprio il con-
trario, sancendo la tutelabilit del privato a fronte di tutti i vizi di legittimit dell'atto
amministrativo, nessuno escluso.
L'art. 4, co. 2, L.A.C., invece, riguarda i poteri di decisione del g.O. e stabilisce Art. 4 comma 2
il divieto per quest'ultimo di "revocare" o "modificare" l'atto amministrativo, L.A.C.
ove ne ravvisi l'illegittimit.
Tale impedimento viene pacificamente inteso dalla giurisprudenza nel senso
che al g.o. fatto divieto di annullare e riformare il provvedimento, spettando in-
vece tali poteri all'autorit amministrativa, che si deve conformare al giudicato,
pna l'azionabilit del giudizio di ottemperanza.
i, Si ritiene in particolare che gli artt. 4 e 5 L.A.C. riguardino unicamente gli
rltti amministrativi e non gli atti di diritto privato della P.A., che rientravano nella
competenza del g.O. gi prima della L. del 1865 e sui quali questi ha gli stessi
pteri di cui dispone sugli atti dei privati.
2.1. La nozione di atto amministrativo ex art. 4 L.A.C. nell'evoluzione storica
L'interpretazione della locuzione "atto dell' autorit amministrativa" ha cono-
sciuto nel tempo un'evoluzione che ha notevolmente inciso sull'applicazione
.della norma.
All'indomani dell'emanazione della L.A.C., dottrina e giurisprudenza han- In origine
l
. . d' .... d d . d' . . prevale una
nb acco to una noz1One ampIa I atto ammmIstratIvo, mten en o I IV retI nozione
di cui all'art. 4 in modo estensivo, al fine di evitare ingerenze del g.O. nella ampia di atto
. . d . amministrativo
gestIOne dell' attivit amministrativa. Si opt qum i per una conceZ1One am-
plissima e finalistica di atto amministrativo lesivo di un diritto, al punto da
ogni comportamento astrattamente idoneo ad incidere sulla
del privato. Ci ha consentito di rinvenire all'interno dell'art. 4 il
assoluto di adottare qualsiasi pronuncia che potesse incidere non solo
provvedimenti, ma su qualsiasi azione comunque collegata o riconduci-
bile ad una pubblica funzione, finendo per influenzare anche settori estranei,
come nel caso di attivit di diritto privato. In questa prima fase le sole pronun-
ce ammissibili erano di mero accertamento nonch di condanna al pagamento
di somme di denaro.
L'avvento di
una nozione
restrittiva,
che esclude i
comportamenti
materiali e gli
atti "sine titulo"
402
Limiti interni e poteri del g.O.
Tale indirizzo giurisprudenziale muoveva da due presupposti:
a) anche il fatto materiale, cio il comportamento, espressione di volont;
b) la natura pubblica del fine qualifica l'azione, a prescindere che si tratti di un atto
comportamento (Cass., 13 febbraio 1953, n. 365).
Si , cos, affermata la presenza di un atto amministrativo anche in assenza di un si-
mulacro di provvedimento, come nell'ipotesi di meri comportamenti materiali dell'Am_
ministrazione, purch diretti al conseguimento di fini pubblici dell'ente (v. occupazione
abusiva di un suolo privato), oltre ad una concezione rigida del principio di non inge_
renza, in base alla quale si ritenne vietato al giudice ordinario non solo la revoca e la
modifica degli atti amministrativi lesivi di diritti soggettivi, cos come letteralmente
statuito dalla norma, ma anche tutto ci che non fosse espressamente previsto dagli arti.
4 e 5 L.A.C ..
Successivamente, dottrina e giurisprudenza hanno rivisitato in senso critico
questo orientamento, ritenendo che le limitazioni poste dall'art. 4 L.A.C. ai
poteri del giudice ordinario operino soltanto nel caso di lesione di un diritto
soggettivo causata da atti amministrativi in senso proprio, cio atti espressivi
di un pubblico potere, la cui cognizione di norma rimessa al G.A. Di conse-
guenza, stato ritenuto che gli atti, espressione di autonomia o potere di diritto
privato della P.A. (c.d. atti iure privatorum), cos come i meri comportamenti
materiali posti in essere dall'amministrazione s ine titulo ed i provvedimenti
emessi in carenza di potere, debbano essere collocati al di fuori dell'ambito di
operativit dell'art. 4.
Ci in quanto l'assenza di una posizione di supremazia della P.A. compor-
ta la soggezione al sindacato pieno del g.O., comprensivo del potere di annul-
lamento. Si pensi ai contratti della P.A. ed agli atti di gestione dei rapporti di
impiego privatizzato ai sensi del T.U. n. 165/2001. In seguito all'emanazione
della Costituzione, poi, si sono affermate interpretazioni dell'art. 4 L.A.C.
costituzionalmente orientate, che hanno determinato un significativo muta-
mento di prospettiva nel modo di concepire i poteri del g.O. nei confronti
dell' ente pubblico.
Il principio di imparzialit e buona amministrazione (art. 97 Cost.) e quello
del giusto processo (art. 111 Cost.) escludono la legittimit di norme che assicu-
rino in sede giurisdizionale alla P.A. una posizione di privilegio.
La ratio dell'art. 4 L.A.C. va pertanto rinvenuta non nella volont di attribui-
re una sfera di immunit alla P.A. intesa in quanto tale, ma nella necessit di tu-
telare la funzione amministrativa (NIGRO). Dunque, "i limiti ai poteri del giudice
ordinario nei confronti della pubblica amministrazione possono considerarsi
costituzionalmente legittimi soltanto con riferimento alle controversie in cui la
lesione di un diritto soggettivo sia stata causata da un provvedimento ammini-
strativo, oppure, detto in termini diversi, dalla c.d. pubblica amministrazione-
autorit".
Si fa infine riferimento al principio di effettivit della tutela giurisdizionale,
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2
403
. al combinato disposto degli artt. 24 e 113 Cost., in base al quale l'ordina-
di CUI . . . . l'
to deve predisporre mezzi processualI 111 grado dI garantIre una tute a pIena
:e:ffettiva ai privati, i cui diritti soggettivi stati lesi .atti
t tivi. Partendo da tale principio, si giunge a ntenere che 1 lImItI ai poten del
nlS ra .. . d' . Il' rt 4
d' ordinario nei confronti della pubblica ammmlstrazIOne l cUI a a .
glu Ice . .. . d' d' . .
L.A.C. possano essere superati venga 111 r.IlIevo .1 mttI. sog-
t . non patrimoniali per i qualI non possano ntenersI satIsfattivi nmedI me-
get IVI, . dII" d' 'd
ramente risarcitori, in quanto coinvolgenti libert fondamentalI e 111 IVI uo
costituzionalmente garantite. ... . " ,
In applicazione di detti canOnI SI ntIene qumdI che se e vero alla P:A.
riconosciuta una posizione di preminenza,
cl na serie di limiti quali la tipicit degli attI amm111IstratIvi e Il pnncipIO
a u , '" d
di imparzialit. Di conseguenza tutte le volte che 1 e
questi limiti l'azione amministrativa rientra sotto la discIplma del dmtto
comune.
Sono dunque revocabili e modificabili dal g.O.:
a) gli atti compiuti dalla P.A. in regime di diritto privato;
b) le attivit meramente materiali;
c) gli atti compiuti sine titulo.
2.2. Deroghe al divieto di annullamento e revoca dell'atto
Derogano al principio dell'art. 4 i poteri attribuiti dalla legge al g.O. in materia di:
trascrizione del matrimonio (che il g.O. pu annullare, ex art. 16 concordato);
rettifica dei certificati di stato civile (cfr art. 95, D.P.R. 396/2000);
cancellazione di ipoteca (art. 2884 c.c.);
retrocessione dei beni espropriati (T.U. espropriazione);
opposizione all'ordinanza-ingiunzione per le amministrati:e; .
cessazione della condotta sindacale monoffenslva, comportante la nmOZIOne da par-
te del Tribunale dell'atto lesivo degli interessi sindacali (art. 28 .Statuto
la tutela dello straniero avverso il provvedimento di espulSIOne prefettlzIO (art. 13,
co. 8 D.Lgs. 286/1998); .. . '"
controversie aventi ad oggetto il provvedimento ammllllstratlvo dI releZIOne del-
la domanda di ammissione al servizio civile e di decadenza dal diritto a prestarlo (L.
230/1998); ....
provvedimenti dell'Autorit per la protezione del datI personalI ex art. 152
della privacy (v. cap. I). Si deve aggiungere, pi in generale, che l'
di una giurisdizione esclusiva del g.O. (v. cap. I) estesa cogmzIOne
legittimi implica il corollario dell'esercizio di un potere dI annullamento del provvedI-
menti lesivi; e che in giurisprudenza l'elaborazione (sulla.quale v. s.ez. I, cap. II)
teoria dei diritti fondamentali indegradabili, porta con s Il corollano della
degli stessi anche in deroga ai limiti posti dalla L.A.C: non t.ali limiti
al fine di limitare la pienezza di una tutela che, con nguardo a dIrIttI fondamentalI, non
pu che essere appunto piena ed incondizionata.
404
Limiti interni e poteri del g.O.
3. La disapplicazione (art. 5 L.A.C.)
Con la disapplicazione il g.O. conosce degli atti amministrativi illegittimi: accer_
tata l'illegittimit del provvedimento egli decide della contro,;
versi a sottopostagli come se l'atto non esistesse, in guisa che il provvedimento
per la sola causa in esame non spiegher alcun effetto e sar quindi
non esset. Il g.O., quindi, dovr ricostruire il rapporto prescindendo dagli effetti
prodotti dal provvedimento e, quindi, giudicare come se l'Amministrazione non
avesse dettato, attraverso il provvedimento, alcuna regola puntuale.
3.1. I controversi rapporti tra gli art!. 4 e 5 L.A. C.: oltre alla disapplicazione
incidentale ex art. 5, esiste una disapplicazione principale ex art. 4? i
di ope- Assai discusso l'ambito di operativit del potere di disapplicazione, anche in
ratlVlta: rappor- l' l . 'd' l' rtt 4 5 L A C .'
fo tra art! 4 e 5 re aZIOne a non mtI o rapporto mtercorrente tra g l a . e '"
L.A.c. La giurisprudenza attualmente maggioritaria d un'interpretazione
te riduttiva del potere di disapplicazione del g.O., limitandolo alle sole ipotesi in
La cui l'atto rilevi in via incidentale ex art. 5 L.A.C. :
giurisprudenza l
prevalente Infatti, mentre ai sensi dell'art. 4 l'atto amministrativo costituisce 'oggetto.
limita la principale della controversia, ossia la res in judicium deducta, in seno all'art. 5
disapplicazione esso oggetto di un mero accertamento incidentale.
alla sola . .
cognizione Secondo questa tesi, nella fattispecie di cui all'art. 4 L.A.C., l'atto ammini-
incidentale ex strativo, per essere oggetto di accertamento principale, deve essere necessaria-
art. 5 L.A. C. mente nullo od inesistente (o gi annullato ex tunc), in quanto diversamente non
sarebbe sottoposto alla cognizione del g.O. (v. per il nuovo confine tra atto nullo
ed inesistente nonch per la persistenza della teoria dell' affievolimento le
siderazioni svolte nella parte I, cap. I, 6.1.). La cognizione del g.O. in quest
caso innescata dalla proposizione di un'istanza di parte e si conclude con
za che d atto della nullit od inesistenza dell'atto. In questi casi, non ponendosi
un problema di conflitto o separazione di poteri (proprio perch l'atto non
espressione di un potere nei sensi poi specificati dalla Corte Cost. 204/2004
191/2006), il g.O. pu conoscere direttamente dell'atto sancendo l'obbligo della
P.A. di conformarsi al giudicato ai sensi dell'art. 4, co. 2, L.A.C. o, in mancan,
za, attraverso il giudizio di ottemperanza, da esperire, per, davanti al giudic
amministrativo ex artt. 112 ss. cod. proc. amm. Per converso, la disapplicazione
di cui all'art. 5 L.A.c. evoca la cognizione incidentale di un atto amministrativo
che non oggetto del giudizio ma solo antecedente logico della decisione. La
disapplicazione viene operata d'ufficio e rileva ai soli fini del decisum. .
Secondo questa tesi, in definitiva, la disapplicazione non pu poi che riguar"
dare atti meramente illegittimi ex art. 5 e non nulli o inefficaci ex art. 4, in quan- .
to, nonostante diversa opinione tenda ad assimilare le due ipotesi argomentando
dall'apparente autoritativit anche degli atti nulli e dal conseguente interesise
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 405
alla relativa disapplicazione, il meccanismo di quest'ultima postula l'esi.stenza
di effetti da neutralizzare con il rimedio disapplicativo. Di qui la. non
dell'istituto con riguardo ad atti gi ex se inefficaci in quanto nullI. TrattandosI dI
un provvedimento inefficace, dunque privo di evidenza fattuale, non v' motivo
P
er parlare di disapplicazione. .... .
. l d l t tu Tesi della
Secondo un altro orientamento, Invece, a Isapp IcaZIOne cos lIsce uno
disapplicazione
strumento di carattere generale, applicabile sia nei casi di cognizione diretta (art. come strumento
4) che incidentale (art. 5) dell'atto amministrativo. . .
Questa interpretazione estensiva muove dalla valonzzazIOne del dato testua-
le dell'art. 5. La norma, infatti, precisa il proprio ambito di applicazione con
l'espressione in questo, come in ogni altro caso, laddove per questo caso
deve intendersi l'ipotesi disciplinata dall'art. 4, relativa ad atto direttamente le-
sivo del diritto, mentre ogni altro caso pu raggruppare le ipotesi di sindacato
incidentale su di un atto che non fonte di lesione.
Aderendo a questa impostazione si potrebbero, quindi, individuare due tipi
di disapplicazione: una principaliter, su istanza di parte nei casi di cui all'art. 4
(quando l'atto della P.A. causi la del del
privato), ed una per incidens, officIOsa, nel casI.In CUI la relatIva
legittimit dell'atto costituisca l'antecedente lOgICO per dmmere la controverSIa
tra due soggetti privati.
In particolare secondo una versione di tale orientamento, i casi di cognizione l' .
' . . . . . lsapp lcaZlOne
diretta in cui si pu ricorrere alla disapplIcaZIOne sono quellI dI carenza dI potere in via principale
in concreto.
A tale conclusione una parte della dottrina giunge, infatti, riconoscendo alla
disapplicazione non solo valenza processuale ma anche sostanziale.
'. I passaggi logici di tale impostazione possono essere cos ricostruiti. Il prov-
vedimento nullo, non spiegando effetti, non in grado di degradare il diritto ad
interesse; per cui la giurisdizione pacificamente del g.o. L'atto annullabile ,
jnvece di competenza del G.A., che ha il potere di eliminarlo.
Pi problematica l'ipotesi dell'atto adottato in carenza di potere in concreto, cio nel
caso in cui la norma attributiva del potere sussista in astratto, ma in concreto il potere
manchi per una preclusione legislativa (ad es. il decreto di esproprio emanato dopo la sca-
denza dei termini della dichiarazione di pubblica utilit). In tale ipotesi il provvedimento
amministrativo non nullo, ma neppure annullabile, in quanto in grado di produrre
effetti ma non di degradare il diritto ad interesse legittimo. Poich la situazione soggettiva
di diritto soggettivo, la competenza spetterebbe, in base all'art. 2 L.A.C., al g.O., il
quale, tuttavia, non potrebbe n revocare n annullare l'atto, bens dovrebbe applicarlo.
Per evitare questa contraddizione del sistema, i sostenitori dell' orientamento in esame in-
troducono un tertium genus di invalidit: l'illiceit. In altri termini, si sostiene che "l'atto
oggetto di disapplicazione non n nullo n annullabile, disapplicabile, appunto".
Pertanto, il provvedimento illecito, pur non essendo nullo, appartiene alla giurisdi-
zione del Giudice ordinario, il quale, non potendo annullarlo o revocarlo, lo disapplica in
406
Limiti interni e poteri del g.O.
via principale. In tal modo viene fatta salva la coerenza interna del sistema. In altri ter-
mini, in tali casi vi sono degli atti apparentemente autoritativi ed efficaci che, una volta
accertatane l'illiceit dal giudice, vengono disapplicati in considerazione della carenza
del potere autoritativo.
Si rinvia al cap. II della sez. I, 4.1., per l'esame della nozione di carenza in concreto
del potere.
Il vizio di
eccesso di
potere
3.2. 1 vizi suscettibili di cognizione con lo strumento della disapplicazione
Quanto ai vizi conoscibili in sede di disapplicazione, con riguardo alla disappli_ ."
cazione incidentale ex art. 5 L.A.C., si posto il problema della rilevabilit, da
parte del g.O. in sede di disapplicazione, oltre che di vizi di legittimit
competenza e della violazione di legge, anche del vizio di eccesso di potere.
La dottrina tradizionale riteneva che il potere di disapplicazione potesse ave-
re ad oggetto solo gli atti viziati per incompetenza o violazione di legge e non
quelli inficiati da eccesso di potere, in quanto era considerato inammissibile un
controllo del g.O. sulle valutazioni discrezionali della P.A. I
Rapporto tra
disapplicazione
incidentale
e art. 21-
octies della L.
241/1990
La dottrina prevalente, confortata dalla giurisprudenza, invece, facendo leva
sull' ampia formulazione dell' art. 5 (che si riferisce agli atti conformi alle
gi), ritiene che il g.O. sia legittimato ad esercitare un controllo sugli atti ammi-
nistrativi esteso a qualsiasi vizio di legittimit, ivi compreso l'eccesso di potere.
Il potere di disapplicazione non riguarda invece il profilo dell'opportunit, che
spetta alla sola P.A.
2
Un altro aspetto che non pu essere trascurato quello relativo alla connes-
sione tra l'istituto della disapplicazione incidentale e l'art. 21-octies, co. 2, L,
241/90. Tale norma prevede che "non annullabile il provvedimento adottato
in violazione di norme sul procedimento e sulla forma degli atti qualora, per la
natura vincolata del provvedimento sia palese che il suo contenuto dispositivo
non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato n. Si pone quin-
di il problema se il giudice ordinario possa disapplicare il provvedimento non
annullabile dal giudice amministrativo in base ai criteri di cui all'art. 21-octies
(v. parte III, cap. VII, 4; nonch sez. II, cap. II, 2). .
La soluzione cambia a seconda che si accolga la tesi della natura solo .
suale o anche sostanziale della norma. Se infatti si accoglie la tesi della
l Una tesi mediana ammetteva che il sindacato del g.O., in sede di disapplicazione, va
all'eccesso di potere estrinseco, ovvero all'eccesso di potere per sviamento, in quanto non pu
considerarsi conforme a legge il provvedimento emanato nell'esercizio di un potere diverso da
quello attribuito alla pubblica autorit.
2 v., da ultimo, Cass., sez. I, 28 luglio 2010, n. 17679, che ha ribadito che, al fine della disapplicar
zione in via incidentale dell'atto amministrativo il giudice ordinario pu sindacare tutti i possibi,li
vizi di legittimit del provvedimento - incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere-'
ma non ha il potere di sostituire l'Amministrazione negli accertamenti e valutazioni di merito che
sono di sua esclusiva competenza (conf. Cass., sez. un., 9 ottobre 2009, n. 21466).'
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 407
lusivamente processuale dell'art. 21-octies, ne consegue che l'illegittimit
esC '" b '
del provvedimento dell' atto non annullabIle non cUl. e?
'1 iudice ordinario disapplicare l'atto, nonostante l'ImpossIbIlIta per Il gIUdIce
1 g .. l .
rnministrativo di annullarlo. Aderendo alla teSI della natura sostanzia e, lllvece,
:i dovrebbe ritenere che l'atto sia sanato in base all'art. 21-octies e, pertanto, non
sia pi annullabile n disapplicabile.
3.3. Profili processuali
La giurisprudenza ritiene che il potere di disapplicazione incidentale possa
ere esercitato d'ufficio dal giudice, per cui non precluso n dalla mancanza dI
istanza di parte n dall'eventuale inoppugnabilit osserva,
'nfatti che la disapplicazione incidentale, non conducendo ad un gIUdIcato ester-
su;cettibile di ottemperanza, non comporta il r.ischio di
di decadenza previsti dalla legge per l'impugnazIOne deglI attI ammlllistratIvi
illegittimi dinanzi al G.A. .
La disapplicazione dell'atto conosciuto principaliter - istituto che abbiamo
innanzi visto essere non pacifico - invece assoggettata all'iniziativa di
e non pone problemi di elusione di termini decadenziali, poich concerne attI
"lesivi di diritti soggettivi.
3.4. [Segue] la disapplicazione da parte del giudice penale: in particolare la
c.d. disapplicazione in pejus (o in malam partem)
yn problema da sempre dibattuto quello della ammissibilit della disapplica-
iione dell'atto amministrativo da parte del giudice penale. bilit
'" Si passati, nel tempo, da un indirizzo (processualistico), che riteneva tout
icourt ammissibile la disapplicazione ai sensi dell'art. 5 L.A.C., al pi recente
eondivisibile approccio autonomistico (sperimentato in tema di reati edilizi),
favorevole ad escludere il ricorso all'art. 5 L.A.c., per fondare il sindacato del
giudice penale su considerazioni pi propriamente penalistiche legate all'accer-
tamento degli elementi costitutivi del fatto tipico.
/ Occorre, innanzitutto, distinguere una disapplicazione in bonam partem e una
,gAsapplicazione in malam partem o in peius. ...
La prima riguarda gli atti restrittivi della sfera del destinatano e SI ha ogm-
'qualvolta dall'operazione di disapplicazione dell' atto amministrativo
l-'",,,,,,,.L1U'UIV effetti favorevoli per il soggetto agente: specificamente, nelle IpoteSI
." 'cui, considerato il provvedimento tamquam non esset, non risulta integrata
fattispecie penalmente rilevante (si pensi all'art. 650 c.p. che subordina
reato di inosservanza di un provvedimento amministrativo alla legittimit di
'ultimo).
La disapplicazione in malam partem, invece, concerne gli atti ampliativi della
giuridica del destinatario e si ha nei casi in cui dall'operazione di disappli-
408
Limiti interni e poteri del g.O.
cazione dell'atto amministrativo illegittimo da parte del giudice penale discendono
effetti sfavorevoli per il soggetto agente: in particolare allorch, considerato l'atto
amministrativo tamquam non esset, - e quindi improduttivo dei suoi effetti tipici".
risulti l'integrazione di una fattispecie criminosa, con la conseguente declaratoria di
responsabilit (e relativa condanna) del soggetto cui il reato viene attribuito.
3.4.1. Il problema dell'ammissibilit della disapplicazione in peius
Mentre la disapplicazione in bonam partem ammessa, in quanto espressione del prin-
cipio delfavor rei, vi contrasto in dottrina e giurisprudenza riguardo all'ammissibilit
o meno della disapplicazione in peius
3

3 Come stato rilevato in dottrina, infatti, in questo caso non si prospetta l'esigenza di garanti-
re la libert delle persone coinvolte nell'applicazione della norma incriminatrice, sicch non si
dubita circa la possibilit di disapplicare in bonam partem un atto amministrativo illegittimo. Lo
strumento della partem utilizzabile dal giudice penale, in primo luogo,
allorquando tra glI elementI costItutIVI dI un reato sia presente un atto amministrativo restrittivo
della sfera giuridica del privato, in funzione di presupposto della condotta incriminatrice: anche
se l'atto amministrativo non sia stato qualificato come "legittimo" (o simili) dal Legislatore nell '
tipizzazione della fattispecie legale. In secondo luogo, quando si tratta di norme penali che
zionino l'inottemperanza ad un ordine della pubblica amministrazione, che integra il contenut
del precetto qualificato come "legittimo" o con qualificativi equivalenti (v. art. 650 c.p.)
ovvero non qualIficato come tale: quanto si verifica nel reato di inosservanza, da parte del cit-
tadino extracomunitario, dell'ordine di espulsione del questore, ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter
del 1998. ?om' noto, in alla disciplina vigente in materia di immigrazione,
l espulSIOne dello stramero, una volta che sIa stata decretata dal Prefetto, va eseguita immediata-
mente, mediante l'accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica; ove ci non
sia possibile per determinati motivi indicati tassativamente dalla legge, l'interessato deve essere
trattenuto, il tempo necessario, all'interno di un centro di permanenza. In alternativa a queste due
diverse modalit, si prevede l'ipotesi (residuale) dell'ordine del Questore di lasciare il territorio
dello entro il termine perentorio di cinque giorni decorrenti dalla notifica del provvedimento
stesso. E contemplata, infine, la responsabilit penale dello straniero che "senza giustificato moti-
vo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore". La disci:
plina in esame, peraltro, stata da ultimo dichiarata incompatibile con la direttiva 2008/115/CE,
recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi
terzi il cui soggiorno irregolare, da Corte Giust VE, 28 aprile 2011, in C-61/11, che ha censurato
la normativa dello Stato italiano che prevede l'irrogazione della pena della reclusione al
di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un
ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio dello Stato, permane in detto territo-
rio senza giustificato motivo. Nonostante l'intervento comunitario sia destinato ad incidere sulla
stessa configurabilit del reato, appare in ogni caso utile ripercorrere brevemente gli arresti pretori
in materia, quale significativo esempio dell'uso che la giurisprudenza amministrativa ha fatto
dell'istituto della disapplicazione di cui alla L.A.C. Sul punto il Supremo Collegio, con sentenz
28 marzo 2006, n. 13314 ha concluso nel senso che, ai fini del giudizio di responsabilit in ordine
al reato de qua, il giudice tenuto a verificare "ex offida", previamente, la "legalit formale
sostanziale del provvedimento presupposto che si assume violato sotto i tre profili tradizionali
della violazione di legge, dell'eccesso di potere e dell'incompetenza, con la conseguenza che, oye
venga rilevato il difetto del presupposto della legittimit sotto uno di tali profili, l'inosservanza del
provvedimento amministrativo non integra il reato contestato". In senso contrario, v. Casso civ"
sez. I, 13 gennaio 20lO, n. 462, secondo cui invece "In tema di immigrazione, il provvediment
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 409
3.4.2. La tesi favorevole alla disapplicazione in malam partem
U rimo orientamento ermeneutico, sostenuto fino agli inizi degli anni Sessanta, af-
iju Pt va e risolveva la questione attraverso il ricorso generalizzato all'istituto della di-
Jron a ., . . .
. licazione di cui all'art. 5 L.A.C., ntenendo che Il gmdlce penale fosse dotato, al pan
sapp d' d' l' . '. b h' l t
d
', uello civile, del potere I Isapp IcaZlOne sia In onam c e In ma am par em.
I q . ti d l'
, A sostegno di tale soluzione si adducevano due argomentI on amenta 1. . .
In primo luogo, la ratio della legge abolitrice del che,. codIficando Il
principio generale di separazione dei .poteri dello .perse.gue Il dI
sia in sede civile che in sede penale Il controllo gmdIZIale dI legalIta suglI attI ammInI-
strativi.
In secondo luogo, la generica formulazione dell'art. 5 ("in ogni altro caso") nella
'uale non si rinviene alcuna distinzione tra aspetti civili e penali, s da conferire alla di-
;applicazione il di strumento di tutela del (ossia la
Jyso dal provvedImento senza che abbIa nlevo la vulnerazIOne dI specIfiche posizIOm
soggettive. .... .., .. .
" Il paradigma della dIsapplIcaZIOne In sede penale VIene dar sostemton dI tale onen-
individuato nella fattispecie di cui all'art. 650 c.p., che punisce "chiunque non
un provvedimento legalmente dato dal! 'autorit per ragione di giustizia o di si-
curezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene". In questa ipotesi, pertanto, aderendo
tesi richiamata, il giudice penale, qualora accerti che il provvedimento non osservato
h,gn stato legalmente dato dall'autorit, dovr disapplicare la fattispecie di cui all'art.
650 C.p.
,'Tale impostazione ha condotto, poi, ad estendere il potere di disapplicazione da par-
ie' del giudice penale a tutte le ipotesi nelle quali venisse in rilievo un provvedimento
restrittivo della sfera giuridica altrui, anche in assenza di un espresso
hchiamo alla sua legittimit nella descrizione della fattispecie (sull'assunto secondo cui
la verifica della legittimit dell' atto autoritativo comunque necessaria ogni qualvolta
dello stesso il presupposto imprescindibile dell'integrazione del reato),
alla categoria dei provvedimenti ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni
Ne derivato un generalizzato riconoscimento della disapplicazione in malam
nel caso dei provvedimenti ampliativi, infatti, il reato sussiste in quanto il com-
portamento venga tenuto non in violazione, ma in assenza del provvedimento, con la
di,espulsione dello straniero provvedimento obbligatorio a carattere vincolato, sicchY giudice
9rdinario dinanzi al quale esso venga impugnato tenuto unicamente a
momento dell'espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l'emanaZIOne, I qualI consl-
nella mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno,
()Vvro nella sua revoca, o annullamento ovvero nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo
che ne abbia comportato il diniego. Al giudice investito dell'impugnazione del provvedimento
di espulsione non invece consentita alcuna valutazione sulla legittimit del provvedimento del
questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno ovvero ne abbia negato
n,dnnovo, poich tale sindacato spetta unicamente al giudice amministrativo, la cui decisione
costituisce in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione. Il
g\uce dell' espulsione - infatti - tenuto solo a verificare la carenza di un titolo che giustifichi la
presenza del ricorrente sul territorio nazionale, non anche la regolarit della azione amministrativa
svolta al riguardo le cui carenze possono essere dedotte come motivo di impugnazione dell'espul-
sione."
410
Limiti interni e poteri del g.O.
conseguenza che la disapplicazione dello stesso, anzich escludere l'integrazione delia
fattispecie criminosa, ne amplia l'ambito operativo ad ipotesi (atti esistenti, ma illegit,
timi) non contemplate dalla lettera della disposizione. In altri termini, il reato sussister
non solo quando il comportamento penalmente rilevante sia stato tenuto senza autoriz_
zazione, ma anche laddove esso sia stato realizzato in forza di un'autorizzazione illegit-
tima. L'integrazione oggettiva del reato viene controbilanciata, tuttavia, da una attenta
valutazione del profilo soggettivo (in termini di buona fede e, dunque, di errore scusabile
ex art. 47 c.p.).
3.4.3. La tesi contraria
Secondo un altro orientamento, prevalente in dottrina, all'ammissibilit della disapplica_
zione in peius si oppone il principio di legalit in materia penale, sotto diversi aspetti.
Anzitutto, sotto il profilo della riserva di legge. Tale principio pu dirsi rispettato
solo quando l'applicazione di misure punitive sia legata ad una precedente previsione
legislativa espressa di ci che costituisce reato: per questo, nei casi in cui la predeter-
minazione normativa concerne esclusivamente l'assenza dell'atto amministrativo e non
anche la sua illegittimit, il principio in parola impedisce che un soggetto sia punito in
presenza di un atto materialmente esistente ma illegittimo.
Altro corollario del principio di legalit dato dal c.d. principio di tipieit
la fattispecie penale, implicante la chiara e precisa individuazione degli elementi
costitutivi della norma incriminatrice: occorre, in sintesi, che la descrizione del
comportamento vietato includa la rilevanza dell'elemento costituito
mit dell'atto amministrativo. In mancanza di una siffatta descrizione deve ritenersi
non consentita qualsiasi attivit interpretativa tendente ad equiparare l'illegittimit
dell'atto amministrativo alla sua mancanza, e, quindi, vietata la disapplicazione in
malam partem.
Il principio di legalit verrebbe violato anche sotto il profilo della tassativit o
minatezza. In tale eventualit, infatti, il giudice diverrebbe titolare di un potere creativo
in relazione al fatto tipico, mentre il principio di tassativit preclude al giudice penale
il procedimento interpretativo analogico nei confronti di norme incriminati ci,
dolo a ricondurre nella fattispecie incriminatrice soltanto i casi da essa "espressamente;l
preveduti.
Infine, la disapplicazione in peius si porrebbe in tensione col principio di <VF,"HOM,
anche sul piano del divieto della retro attivit della legge penale: ove si potesse operare
una disapplicazione in malam partem, verrebbe qualificata come illecita una condotta
che, al momento in cui fu posta in essere, risultava conforme ad un atto s illegittimo:
ma pur sempre efficace. Nel momento in cui si assume violata la norma penale, il fattq'
commesso non costituiva reato, ed solo a seguito della disapplicazione - con effetti eX
tune - che il fatto integrato corrisponde allo schema normativo.
Sulla base di queste considerazioni, la dottrina propone un superamento della tecnica
della disapplicazione in malam partem, ritenendo che la questione dell' ammissibilit di
un sindacato (e di una disapplicazione) in malam partem non possa risolversi una ,
per tutte e in astratto, dovendo distinguersi le singole ipotesi di rilevanza del provvedi
T
mento amministrativo nella struttura della fattispecie penale incriminatrice.
In particolare, questa tesi distingue tra atti esterni ed atti interni allafattispeeie.
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 411
La disapplicazione pacificamente ammessa per i casi in cui il giudice penale ha
.. . ., d l' tt . 'd b t Il di atti esterm
Cognizione CIOe quan o a o e a ex erno su a alla fattispecie
fattispecie incnmmatnce sul plano effettuale, senza essere parte mtegrante della sua di reato
struttura. . . ... .
Ebbene, in tal caso non sarebbe ravvlsabIle alcuna preclUSIOne alla dlsapphcazIOne
dell'atto amministrativo da parte del giudice penale, poich si sarebbe in presenza di
vvedimento rilevante ex se, destinato direttamente e primariamente a produrre effettl
sistema penale: in altri termini, il giudice ha una cognizione diretta e in via principale
e dei suoi effetti, e pu, per questo, disapplicarlo ove ne ravvisi
g
ando gli effetti ad esso connessi e pronunciandosi, pertanto, come se non eSlstesse
ne d' '1 l
(tamquam non esset). Si pensi, a titolo esemplificativo, al provve lmento con l qua e
li ammette un soggetto all'oblazione (provvedimento che non agisce dall'interno della
fattispecie, ma dall'esterno, dopo che essa si realizzata, conducendo alla estinzione
della stessa): nulla quaestio circa la possibilit per il giudice penale di disapplicare tale
provvedimento (ove e di ne.l non, interv.enuta estinzio-
ne del reato (per illeglttlmlta del provvedlmento dl ammISSIOne alI oblazIOne).
Problemi si pongono, invece, per i casi di cognizione incidentale, cio quando
. Il .. ... di atti Interm
il provvedimento illegittimo opera mternamente a a qua- allafattispecie
le presupposto (art. 650 c.p.; art. 20 lett. b) L. 47/1985, ora conflmto nell art. 44 penale
del D.P.R. 380/2001), oggetto materiale o mezzo esecutivo della condotta, o come
circostanza aggravante o scriminante, e solo indirettamente proietta i suoi effetti nel
sistema penale.
Secondo tale orientamento, quando l'atto opera dall'interno della fattispecie, il giu-
dice non ha il potere di disapplicazione di cui all'art. 5 L.A.C. ma pu solo controllare
latipicit della fattispecie, cio pu verificare se la fattispecie concreta corrisponde alla
fattispecie astratta delineata dal Legislatore (tesi della tipicit).
In altri termini, in questa ipotesi non si tratterebbe di disapplicazione, quanto piutto-
del normale compito del giudice penale che consiste proprio nel verificare se "sulla
base degli elementi della fattispecie descritti dalla norma incriminatrice [ ... ] sussista o
h1eno un reato". Secondo questa impostazione, pi precisamente, nei casi sanzionatori
l'elemento dell'illecito sarebbe costituito dalla violazione di un provvedimento legitti-
mo; di conseguenza, qualora il provvedimento sia illegittimo, la condotta non dovrebbe
essere sanzionata in quanto non prevista dalla norma penale, e non perch troverebbe
esplicazione l'istituto della disapplicazione.
Nell'ambito della tesi della tipicit, la dottrina divisa:
s'econdo la tesi della tipicit formale, il giudice penale pu controllare la legittimit
solo quando la norma incriminatrice considera la legittimit dell'atto un ele-
\lento costitutivo della fattispecie (es. art. 650 c.p.). In tali casi, ove il provvedimento
sia illegittimo, il giudice, piuttosto che disapplicare l'atto, si limita a dichiarare la non
sussistenza del reato per mancanza di un elemento costitutivo della fattispecie, cio la
legittimit dell'atto.
b) Secondo la tesi della tipicit sostanziale (prevalente sia in dottrina che in giurispruden-
z), il giudice penale pu verificare la legittimit dell'atto non solo quando la norma incri-
minatrice la considera espressamente un elemento costitutivo della fattispecie, ma anche
qando il giudice, tenendo conto del bene giuridico che la norma tutela, ritenga sul piano
interpretativo che la legittimit dell'atto sia un elemento costitutivo della fattispecie.
412
Limiti interni e poteri del g.O.
Questo orientamento, sebbene prevalente, viene tuttavia criticato, in quanto l'esatta
individuazione del bene giuridico tutelato il pi delle volte un' operazione complessa
suscettibile di diversi esiti applicativi, in contrasto con il principio di certezza e
vit della fattispecie penale.
3.4.4. La casistica in materia di reati edilizi
Problema della La tematica del sindacato del giudice penale sul provvedimento amministrativo
disapplicazione
della si posta, pi volte, nel settore dei reati edilizi.
concessione
illegittima
Anzitutto, con riferimento alla rilevanza penale della condotta di costruzione eseguita iri
base ad una concessione edilizia - oggi permesso di costruire - esistente ma illegittima,
ex art. 20, L. 28 febbraio 1985, n. 47, oggi confluito nell'art. 44 D.P.R. 6 giugno 2001'
Casso s.u.
n. 3/87, sento
Giordano
.1
n. 380 (reato di esecuzione di lavori in totale difformit o in assenza del permesso di
costruire).
Sul punto si registra una notevole divergenza di opinioni.
Secondo la prevalente giurisprudenza di merito, il giudice penale pu, ex art. 5
L. A. C. , disapplicare la concessione edilizia (ora permesso di costruire) illegittima e, di
conseguenza, condannare, ai sensi dell'art. 20 letto b) L. 47/1985, il soggetto che sulla
base di tale concessione abbia eseguito lavori edili, equiparando agli effetti penali ,
tivit edificatoria senza concessione e l'esecuzione dei lavori edilizi realizzati in base .
concessione esistente ma illegittima.
In altri termini, il giudice penale dovrebbe sempre equiparare la concessione
illegittima alla mancanza della concessione, all'uopo utilizzando la tecnica della disap:
plicazione di cui agli artt. 4 e 5 L.A.C. Pertanto, per accertare la sussistenza del reato d.i
costruzione in assenza di concessione edilizia, il giudice penale potrebbe ben disappli-
care in peius la concessione stessa, ove ne ravvisi l'illegittimit.
Questa tesi si fonda su una lettura autonoma degli artt. 4 e 5 L.A.C., in base
quale la disapplicazione in via incidentale ex art. 5, a differenza della cognizione in
principale di cui all'art. 4, non presuppone che l'atto abbia leso un diritto
bastando anche la mera violazione del diritto oggettivo. Ne consegue che sono disappli7
cabili, in base all'art. 5, non solo gli atti restrittivi illegittimi, ma anche gli atti CULL].H1C""
illegittimi, nonostante questi ultimi, lungi dal ledere una situazione soggettiva del
vato, siano funzionali all'ampliamento della medesima. Le conseguenze applicative
questa tesi vengono, tuttavia, mitigate spostando la valutazione della responsabilit
soggetto sul piano dell'elemento psicologico e ritenendo che, in caso di errore
sulla legittimit della concessione edilizia, il soggetto non sia punibile ex art. 47 c.p.
virt dell' efficacia scusante della buona fede (c.d. teoria della buona fede nelle contr:aVr
venzioni).
La tesi della giurisprudenza di merito non , invece, condivisa dalla Corte di
zione, che ha aderito alla tesi della tipicit sostanziale.
In particolare, le S.V. della Cassazione, con la nota sentenza Giordano, n. 3 del
febbraio 1987, hanno affermato che gli articoli 4 e 5 L.A.c. non introducono un
cipio generalizzato di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi da parte del
giudice ordinario (sia esso civile o penale) per esigenze di diritto oggettivo, ma, al
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 413
. fmitano il controllo sulla legittimit dell'atto amministrativo ai soli atti incidenti
trarro, 1 .. t'
t
mente sui diritti soggettivi. Conseguentemente, la normatIva m ques IOne non
nega Iva .. .. ... l
' t vare applicazione per queglI attI ammIlllstratIvi che, lungi dal comportare e-
puo ro .. 'b' .
. ' d' dI'rI'tto soggettivo nmuovono mvece un ostacolo alloro II ero eserCIZIO
SlOne 1 un ..' .. .'.. ' . .
Il
ta autorizzazIOlll) o addmttura II costItuIscono (concessIOlll). Pertanto, essendo
(nu aos , . d" . . .
l di cui agli artt. 4 e 5 L.A.C. dettata unicamente a tutela del mtti soggettIVI,
la rego a .. . .. .. ..
d
eludersi la possibilit per il giudice penale dI dIsapplIcare glI attI ammIlllstratIvi
eve es . d'l' .
che ampliano la sfera giuridica soggettiva, e, segnatamente, della conceSSIOne e 1 lZIa
(sebbene illegittima). . . ... . ...
: Pur tuttavia, precisa la S.c., ben pOSSIbIle che Il gIUdIce penale, m determmati
, a uglIalmente della illegittimit di provvedimenti ampliativi (come la concessIO-
conos
c
... ,
ne). Una tale possibilit d.e:re e nell art. 5 L.A.C.,
in una specifica preVISIOne legIslatIva (come, ad esempIO, nell art. 650 c.p.) ovv.er.o
de di interpretazione della norma penale, qualora l'illegittimit dell'atto ammIlll-
10 se . . ..
trativo si presenti essa stessa come elemento essenziale della fattIspeCIe cnmmosa.
S L sentenza "Giordano" prende in considerazione, infine, l'interesse tutelato dalla
riorm: che incrimina la condotta di costruzione in assenza di concessione edilizia:
'sterebbe nel "sottoporre l'attivit edilizia al preventivo controllo della pubblica
conSI dII' bbl' d"
amministrazione, con conseguente imposizione a chi voglia edificare e o .Igo I rI-
h 'edere l 'ap'Posita autorizzazione amministrativa; per cui il reato de quo sussiste anche
c l . . 1-' .
se il privato - che non ha chiesto o comunque ottenuto la detta \ uenoml-
nata concessione) - abbia costruito o iniziato a costruire nel pieno rispetto delle
sostanziali che disciplinano l'attivit edilizia", e, viceversa, non sussiste in presenza dI
na concessione edilizia illegittima, salvi i correttivi gi rilevati.
" 'Questi principi sono stati pi volte ribaditi dalle sezio.ni semplici e. dalle
S.U. nel 1993
4
(c.d. sentenza Borgia) in relazione alla dIversa IpoteSI dI CUI alla lett. a)
art. 20 L. 47/85 (oggi art. 44 del D.P.R. n. 3801200 l: reato di inosservanza delle .norme:
prescrizioni e modalit esecutive recate dal titolo IV della I del. testo UlllCO, dar
regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso dI costruIre). . .
\;' La sentenza "Borgia" opera un netto superamento dell'istituto della disapplIcazIOn.e
in materia edilizia in favore di un'impostazione autonomistica del problema inerente Il
ontrollo del giudice penale sulla legalit amministrativa. Si sostiene che, versandosi. in
Ima chiara ipotesi di norme penali in bianco, al giudice penale non affidato sm-
dacato sull' atto amministrativo ( concessione edilizia), essendo egli, nell' eserCIZIO della
potest penale, semplicemente tenuto ad accertare la conformit tra ipotesi fatto (ope-
ra eseguenda o eseguita) e fattispecie legale, in vista dell'interesse sostanZiale che
fattispecie assume a tutela. Tale interesse non sarebbe quello formale al controllo dell at-
,tivit edilizia riservata in mano pubblica (come ritenuto dalla sentenza "Giordano" del
.f987), ma quello finale e sostanziale relativo alla "tutela dell 'assetto del
eoriformit alla normativa urbanistica ". Detto altrimenti, "il territorio" a costItUIre Il
bene oggetto della relativa tutela. .
Ne consegue, prosegue la Corte, che l'art. 20, attraverso le tre ipotesi di preVIste
(lett. a., b. e c.), preordinato alla tutela dell'interesse sostanziale-finale dI tutela del
4S.U., 21 dicembre 1993, n. 11635 in Casso Pen., 1994,901 con nota di MENDOZA.
Casso S. U. n.
11635/93
Casso S. U. n.
5115/02
414
Limiti interni e poteri del g.O.
territorio: ferma l'unicit del bene-interesse tutelato, "mentre nelle letto b) e c), con una
gradualit crescente delle pene edittali in rapporto al grado di lesione dell 'interesse
stesso, la suddetta norma sanziona le opere di trasformazione urbanistica del territorio
[ ... ] in assenza di concessione, in totale difformit con variazioni essenziali a quest'ul_
tima equiparate, la previsione della letto a) comprende le trasgressioni residuali, sem-
prech apprezzabili penalmente, cio non depenalizzate".
Non viene dunque in rilievo l'istituto della disapplicazione, ma soltanto il tradizio_ .
naie accertamento che il giudice effettua in ogni processo penale e che, nella materia in
esame (art. 20, letto a.), consiste nel procedere ad esatta e concreta verifica tra l'opera in
corso di esecuzione o realizzata e fattispecie legale, quale risulta dalla integrazione degli
elementi extrapenali di natura amministrativa. Il parametro per l'accertamento della li-
ceit o meno dell'opera edilizia , quindi, dato da tutti gli strumenti normativi urbanistici
(in particolar modo dalle norme tecniche di attuazione del p.r.g.), nonch dal regolamen-
to edilizio e dalla concessione edilizia.
Le S.U. del 1993 concludono nel senso che: "non pu ritenersi che, sussistendo
l'accertata aporia dell'opera edilizia rispetto agli strumenti normativi urbanistici ov-
vero alla norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale, il giudice penale .
debba ugualmente concludere per la mancanza di illiceit penale solo perch sia stata
rilasciata la concessione edilizia, la quale nel suo contenuto, nonch per le caratteri-
stiche strutturali eformali dell'atto, non idonea a definire esaurientemente lo statuto
urbanistico ed edilizio dell 'opera realizzanda senza rinviare al quadro delle prescrizioni
degli strumenti urbanistici ed alle stesse rappresentazioni grafiche del progetto, a segui-
to della cui approvazione tale atto amministrativo viene emesso". Si pu, allora, porre in
essere una condotta integrante il precetto previsto dall'art. 20, letto a) (ma solo questo),
anche se sia stata rilasciata una concessione edilizia senza che il giudice penale debba
disapplicare un atto amministrativo illegittimo.
L'orientamento test riportato stato successivamente ripreso dalla giurisprudenza
prevalente, secondo cui "la c.d. disapplicazione della concessione edilizia illegittima
non sussiste, trattandosi di accertare l'integrazione della fattispecie penale alla luce
dell 'interesse sostanziale protetto, rinvenibile nella tutela dell 'assetto del territorio in
conformit alla normazione urbanistica, attraverso il controllo della legittimit di un
atto amministrativo che costituisce un elemento costitutivo o il presupposto del reato".
La Corte di Cassazione ha inoltre precisato che i principi enunciati nella sentenza del'
1993 in relazione alla previsione di cui all'art. 20, letto a) hanno valore e portata generale
in relazione a tutte e tre le fattispecie attualmente previste dan' art. 44 D.P.R. 380/01. (cfr
Casso pen., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 14504; Casso peno sez. III, 13 gennaio 2009, n;
9177; T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 20 ottobre 2010, n. 3682)5.
Altra figura di reato edilizio in relazione alla quale si posta la questione del control-
lo del giudice penale sulla legalit amministrativa quella della lottizzazione abusiva
c.d. materiale di cui alla lettera c) dell'art. 20 della L. 47/1985 (reato di lottizzazione
abusiva di terreni a scopo edilizio).
5 Casso Peno sez. III, n. 232/05 ha precisato l'ambito del legittimo esercizio del potere di
cazione da parte del giudice penale, con riferimento a quattro ipotesi: ... atti restrittivi della sfera
giuridica del destinatario; ... in presenza di espressa previsione legislativa; ... adozione di atto da
parte di un soggetto privo del potere necessario; ... macroscopica o eclatante violazione di legge;
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2
415
La questione controversa, sottoposta all'esame delle S.U., consisteva nello stabilire
se il reato di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, disciplinato dagli artt. 18
o l e 20, 1ett. c) della L. 47/1985 (ora artt. 30 e 44 letto c) D.P.R. 380/2001, fosse o
configurabile in presenza di una autorizzazione a lottizzare che si assumeva rila-
sciata in violazione degli strumenti urbanistici.
In relazione alla fattispecie di lottizzazione abusiva c.d. materiale si consolidato,
nel tempo, un contrasto giurisprudenziale, composto dalla sentenza delle S.u. del 2002,
articolato in due orientamenti.
Il primo riteneva che il reato di lottizzazione abusiva di terreni si realizzasse soltanto
se l'attivit lottizzatoria fosse abusiva; e l'abusivit, si diceva, esclusa ogni qual vol-
ta la lottizzazione sia autorizzata dall'autorit competente, senza che sia consentito al
giudice penale disapplicare l'atto autorizzativo, a meno che esso non sia inesistente o
invalido.
Un secondo orientamento sostiene che il reato di lottizzazione abusiva sarebbe a
consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione sia per
il contrasto della stessa con le prescrizioni degli strumenti urbanistici; sicch non pu
obiettarsi la non configurabilit del reato laddove esista un piano di lottizzazione appro-
vato, ma possa per contro affermarsi la contrariet dello stesso agli strumenti urbanistici
sovraordinati .
. , Orbene, la Corte di Cassazione a S.U., con la pronuncia di cui s' fatto cenno, aderisce
'al secondo orientamento menzionato, pronunciando il principio di diritto secondo cui: "Il
reato di lottizzazione abusiva a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia per
il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli stru-
menti urbanistici; la previsione normativa della mancanza di autorizzazione si aggiunge a
quella del contrasto con le prescrizioni delle leggi o degli strumenti urbanistici, anche se
solo adottati, e deve ritenersi del tutto residuale poich pu verificarsi solo nel caso in cui
'una lottizzazione, pur essendo conforme alle prescrizioni di legge e di piano, sia eseguita
in assenza di autorizzazione". Precisa inoltre che la lottizzazione abusiva ben pu confi-
gurarsi indipendentemente dalla circostanza che la stessa sia o meno autorizzata. Quando
il giudice constati un contrasto tra la lottizzazione considerata (anche se autorizzata) e la
'normativa urbanistica, giunge all'accertamento dell'abusivit prescindendo da qualunque
giudizio sull'autorizzazione e non opera alcuna disapplicazione del provvedimento am-
ministrativo, ma "si limita ad accertare la conformit del fatto concreto alla fattispecie
;astratta descrittiva del reato, poich, una volta che constati il contrasto tra la lottizzazio-
fle considerata e la normativa urbanistica, giunge all'accertamento dell'abusivit del-
'ZaJottizzazione prescindendo da qualunque giudizio sull'autorizzazione". Concludendo,
:)11- presenza del rilascio di una autorizzazione (alla lottizzazione) illegittima, non si pone
la questione della disapplicazione in malam partem del provvedimento, quando
tHlegittimit dello stesso dipenda dalla non conformit agli strumenti urbanistici. Il fatto
gi tipico alla stregua di una delle modalit alternative di realizzazione della fattispecie: la
violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Dunque, anche con riferimento a tale reato la Cassazione supera la figura della disappli-
'oazione in ambito penale
6
.
6 Alla citata pronuncia delle Sezioni Unite, peraltro, si uniformata tutta la giurisprudenza suc-
\
Eccezioni
effettive o
presunte: a)
giurisdizione
esclusiva del
G.A. in tema di
diritti soggettivi
b) Atti generali
e violazioni
comunitarie
416
Limiti interni e poteri del g.O.
3.5. Impugnazione e disapplicazione nel contenzioso sul pubblico impiego
privatizzato (art. 63, T.U n. 165/2001): rinvio
Un'interessante palestra in cui lo strumento della disapplicazione da parte del
giudice ordinario (nella specie del lavoro), ha trovato attuazione quello del
pubblico impiego privatizzato ex art. 63 del citato T.V. n. 165/2001.
Per un approfondimento si rinvia alla parte II, cap. III, 8 ss.
3.6. Disapplicazione e giudice amministrativo
Secondo un indirizzo interpretativo consolidato, il giudice amministrativo non
pu disapplicare provvedimenti lesivi di interessi legittimi non tempestivamente
impugnati. Diversamente opinando, si realizzerebbe una chiara elusione del ter-
mine di decadenza entro il quale detti provvedimenti devono essere gravati con
ricorso di annullamento.
Tuttavia, possibile individuare nell' ordinamento alcune eccezioni.
Innanzitutto, detta preclusione non opera ove il G.A., in sede di giurisdizione
esclusiva, conosca di diritti soggettivi (v. sez. III, cap. III): trattasi infatti in que-
sto caso di un giudizio sul rapporto, che consente il sindacato indentale sugli atti .
illegittimi ex art. 5 L.A.C ..
La giurisprudenza ammette poi la disapplicazione per gli atti normativi co-
stituenti fonti secondarie del diritto, quali i regolamenti amministrativi (v. parte
II, cap. I). .
altres ammessa, secondo una tesi nettamente minoritaria, la disapplicazio-
ne degli atti amministrativi generali in base ad una loro presunta caratterizza-
zione normativa (evidente, in particolare, per i bandi di gara e di concorso) che
consentirebbe, specie in caso di violazione del diritto comunitario, l'estensione
delle coordinate tracciate dalla giurisprudenza in tema di disapplicazione dei
regolamenti.
Chi scrive, aderendo alla giurisprudenza prevalente7, opina in senso contrario. Da un
lato, infatti, la stessa normativa comunitaria, al pari di tutti gli ordinamenti europei,
proprio in omaggio all'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, sottopone ad un termi-
ne di decadenza l'impugnazione dei provvedimenti delle istituzioni comunitarie, senza
consentire una generale disapplicabilit ufficiosa degli stessi; in secondo luogo l'art. 21- ,
octies della L. 241/1990, come modo dalla L. 1512005, nel qualificare come annullabili i
provvedimenti affetti da vizio di violazione di legge, senza ulteriori distinzioni, mostra
di non annettere rilevo alla differenza tra violazione di norme nazionali e comunitarie.
Infine, come rilevato nella parte II, cap. I, 5.4.2.2, questi atti difettano dei caratteri
cessi va: ex multis, v. Casso pen., sez. III, Il giugno 2008, n. 37274 e, nella giurisprudenza ammi-
nistrativa, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, Il settembre 2009, n. 4934.
7 Cos Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983, che sottolinea la necessit di impugnare nel
termine decadenziale anche i provvedimenti affetti da violazione comunitaria.
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2
417
dell'innovativit e dell'astrattezza, necessari per la sussunzione nell'ambito delle fonti
del diritto che, sola, in base alle preleggi, giustifica l'operativit della disapplicazione
della fonte di rango subordinato contrastante con quella di livello superiore.
E .infine improprio parlare di disapplicazione nel giudizio risarcitorio in cui il
o.A. conosce del danno cagionato dal provvedimento illegittimo (eventualmen-
te non impugnato se non si accede alla tesi della pregiudiziale). In tal caso, infat-
c) Risarcimen-
to dal danno
cagionato dalla
lesione di inte-
ti, il giudice, lungi dal rimuovere incidentalmente gli effetti dell'atto, valuta in ressi legittimi
principale che detto atto ha prodotto effetti dannosi.
'... Deve peraltro evidenziarsi come il tema stato oggetto di una rimeditazione dJ. Violazione
d'a parte della giurisprudenza amministrativa in sede di prima applicazione del
del processo amministrativo di cui al d. 19s. n. 104/20 lO. giudiziale
, . " ' diverso dal
Sul punto, in particolare, si segnala una recente pronuncia del T.A.R. Lazio, n. 32797/1 0,
che si occupata del tema dei rapporti tra nullit del provvedimento amministrativo per
:violazione o elusione del giudicato e giudizio di ottemperanza.
,,' Nello specifico, il Tar, ha scandagliato i rapporti tra l'art. 31, co .. 4, cod. proc.
1I111111., che disciplina, in generale, l'azione diretta alla declaratoria di nullit dell'atto
". Il)Ulllinistrativo, sottoponendo ad un preciso termine decadenziale la sua proposizio-
ne, e l'art. 114, co. 4, che si occupa della specifica ipotesi di nullit conseguente a
iiolazione o elusione del giudicato, espressamente sottratta alla decadenza di cui al
richiamato art. 31.
Sul punto, l'art. 114, co. 4, cod. proc. amm., stabilisce che il giudice, quando acco-
glie il ricorso "dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato"
qyvero, ove si tratti di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri
Rrovvedimenti giurisdizionali suscettibili di attuazione ex art. 112 cod. proC. amm.,
"determina le modalit esecutive considerando inefficaci gli atti emessi in violazione
,elusione". Il nuovo testo normativo, secondo il Tribunale Amministrativo, configu-
r,erebbe quindi due regimi diversi delle conseguenze della violazione o elusione del
giudicato, a seconda che la sentenza da ottemperare sia passata o meno in giudicato
si tratti di violazione o elusione di altro provvedimento giurisdizionale esecutivo,
Riverso, cio, dalla sentenza ma suscettibile di ottemperanza, come nel caso dell'ordi-
naJ,1za cautelare). Nel primo caso (art. 114 co. 4, lett. b) dovr essere adottata una di-
\shiarazione di nullit dell' atto elusivo o lesivo, conformemente alla incontrovertibilit
8Jel,giudicato formatosi; nel secondo caso (art. 11 4 co. 4, lett. c), invece, si verserebbe
lP,un'ipotesi di disapplicazione del provvedimento lesivo della pronuncia esecutiva, in
quanto non potrebbe profilarsi una vera e propria nullit in senso tecnico, che richiede
indefettibilmente la sussistenza, quale presupposto della detta patologia, della viola-
od elusione di un giudicato.
.r,' [In definitiva, secondo il Tar, l'impossibilit di applicare l'atto contrario a provvedi-
'1pe,nti giudiziali esecutivi, dovendosi considerare "inefficaci gli atti emessi in violazione
o elusione", ex art. 114, co. 4, lett. c), "costituisce un'ipotesi "minore" rispetto alla di-
chiarazione di nullit per violazione del giudicato, che evidenzia come l'accertata nullit
imponga di disapplicare incidentalmente ("considerando inefficaci") i medesimi "atti
.emessi in violazione o in elusione". Alla mancanza della nullit in senso tecnico, quindi,
giudicato
, i
418 Limiti interni e poteri del g.O.
corrisponderebbe una sorta di disapplicazione degli atti lesivi, di cui non si dovrebbe
tener conto ai fini della determinazione delle modalit esecutive del provvedimento da
attuare.
Da tali premesse, il T.A.R. deriva un vero e proprio riconoscimento del potere di di-
sapplicazione incidentale dell'atto nullo da parte del giudice amministrativo:
atto amministrativo adottato in "difetto assoluto di attribuzione" in ragione della
"violazione o elusione del giudicato", non in grado di intercettare ed affievolire la preo
tesa sostanziale del ricorrente al bene della vita consentito dall'esecuzione del giudicato'
imponendo al Giudice dell'ottemperanza, nell'ambito della sua giurisdizione
estesa al merito, di accertare incidentalmente la sua "nullit" e di procedere oltre".
consegue, secondo la pronuncia in commento, che "i medesimi motivi ostativi di
diniego gi annullato da questo Tribunale, palesando la propria elusione del
formatosi sul punto, e deve pertanto essere incidentalmente dichiarato nullo, e quindi
disapplicato".
Le conclusioni rassegnate dalla pronuncia in esame, tuttavia, non appaiono condivi:
sibili.
Essa, infatti, sembra porsi in contrasto con la giurisprudenza formatasi in relazion
all'art. 2l-septies L. 241/90, la quale ormai pacificamente sanziona con la nullit non
solo l'atto elusivo o lesivo della sentenza passata in giudicato, ma anche quello con:
trastante con l'ordinanza cautelare ovvero con la sentenza di primo grado non sospes
dal giudice del gravame
8
, trattandosi di provvedimento adottato dall' Amministrazione
in situazione di difetto di attribuzione, sia pure non definitivo, stante l'obbligo di con:
fermarsi alla pronuncia che comunque grava sulla P.A. soccombente tali fattispecie, !
categoria della "nullit per difetto temporaneo di attribuzione".
Tali conclusioni, sono peraltro oggi avallate sul piano positivo dall'art. 31 cod. prad
amm., la cui lettera impone inequivocabilmente l'adozione di una pronuncia di
mento nelle ipotesi di nullit del provvedimento amministrativo, senza alcuna distinzio:
ne tra le diverse cause di invalidit.
Sul piano applicativo, peraltro, la tesi del T.A.R. condurrebbe a
applicative opinabili, poich essa comporterebbe l'attribuzione alle diverse
di nullit di statuti differenti, introducendo un'inaccettabile "gerarchia" tra le
nullit, di cui non v' traccia nel codice n nelle relative norme sostanziali.
nullit dell'atto violativo di un giudicato in senso tecnico, infatti, sarebbe
di una pronuncia di accertamento del G.A., efficace erga omnes, idonea ad
re definitivamente l'atto dall'ordinamento giuridico; la violazione di un
provvedimento esecutivo, invece, sarebbe sanzionabile con la mera disapplicazione
incidentale di un atto, che quindi continuerebbe giuridicamente ad esistere ed
produrre effetti.
Appare pertanto preferibile ritenere, a parere di chi scrive, che anche la nullit
violazione od elusione di cui un provvedimento esecutivo non in giudicato sia .
in sede di ottemperanza mediante una pronuncia di accertamento, la cui generale am-
missibilit, peraltro, non oggi revocabile in dubbio alla luce delle nuove cOIJrdmate
8 Ex pluribus, v. Cons. Stato, sez. V, 24 luglio 2007, n. 4137; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 29
gennaio 2008, n. 200.

PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 2 419
codicistiche9. Per l'esame esaustivo della nullit del provvedimento e dei relativi poteri
del giudice si rinvia alla sez. II, cap. III, 2.1. ss.
.tratta di una soluzione condivisa dalla dottrina assolutamente maggioritaria: sul punto si
alle interessanti considerazioni di G. IANNI, Ottemperanza e provvedimento elusivo del
1.!1U11j".Atn emanato nelle more del giudizio, in Giurisprudenza di merito, 3/2011, 808 ss.
CAPITOLO 3
Azioni proponibili e disciplina del processo
SOMMARIO: l. Profili generali. - 2. Azioni dichiarative. - 3. Azioni costitutive. - 4.
di condanna. - 5. Casistica. - 5.1. Azioni possessorie. - 5.2. Sequestro e provvedimenti
d'urgenza ex art. 700 c.p.c. - 5.3. Convalida di sfratto. - 5.4. L'actio negotiorum gestio
di arricchimento senza causa. - 5.5. Le azioni esecutive. - 6. Deroghe al diritto
comune.
1. Profili generali
Dopo aver analizzato i poteri ed i limiti posti al sindacato del g.O. sugli atti am- '
ministrativi, esaminiamo il ventaglio delle azioni proponibili nei confronti della o
P.A. innanzi al giudice ordinario.
Sulla base dell'interpretazione degli artt. 4 e 5 L.A.C. di cui si detto, dottri-
na e giurisprudenza hanno individuato le tipologie di azioni esperibili, operazio"
ne che ha, tuttavia, incontrato oscillazioni ed incertezze, derivanti soprattutto dal
fatto che la legge non ha specificato in positivo i tipi di sentenze che il g.O.
pronunciare nei confronti della P.A., ma si limitata a prevedere, in negativo,
divieto per il g.O. di revocare o modificare l'atto amministrativo.
Il problema delle azioni esperibili nei confronti della P.A. davanti al giudice
nario risente allora della soluzione che si d, a monte, all'ambito di applicazione
alla portata dei limiti di cui all'art. 4 L.A.C. di cui si detto nel capitolo precedente.
2. Azioni dichiarative
Le azioni dichiarative mirano ad accertare l'esistenza o l'inesistenza di un rapporto
giuridico controverso od incerto tra le parti; pertanto non si pongono dubbi .
la loro ammissibilit. Esse, infatti, non contrastano col principio di separazione
poteri, poich non implicano alcuna sovrapposizione o sostituzione della
del giudice ordinario a quella della P.A., consistendo in un mero accertamento di
un diritto, di una pretesa o di un rapporto giuridico su cui vi sia obiettiva
za, al fine di rimuovere e definitivamente eliminare quest'ultima. .
P ARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 3
421
, Tali azioni sono utilmente esperibili da parte del privato ove egli abbia inte-
resse all'accertamento negativo di obblighi difacere, di nonfacere o di dare nei
confronti della P.A. o per rimuovere lo stato di incertezza relativo ad un rapporto
tra privato ed autorit pubblica.
Cosi, ad esempio, ove la P.A. pretenda una determinata prestazione pecuniaria o per-
sonale dal privato, questi potr adire il g.O. per far accertare l'infondatezza di tale ob-
bligazione, chiedendo, eventualmente, la disapplicazione del provvedimento dal quale
essa dovrebbe discendere. In tale sede si fa notare che in ogni caso, a fronte di atti
Amministrativi imperativi, l'accertamento della relativa illegittimit, bench sia sempre
solo incidentale; nel caso in cui, invece, l'accertamento riguardi l'inerzia
P.A., il cittadino ha l'onere di adire il G.A. per ottenere l'adempimento della stessa
Hell'obbligo di conformarsi al giudicato (artt. 112 ss. cod. proc. amm.).
J.,.Azioni costitutive
Le azioni costitutive, previste dall'art. 2908 C.C., sono "quelle che tendono a porre
o in essere sentenze aventi per effetto di costituire, modificare o estinguere rapporti
o giuridici, con effetti tra le parti, i loro eredi o aventi causa, previo accertamento
condizioni, a stregua di legge, necessarie, affinch la mutazione giuridica si
'q .'0 '. Anche le azioni costitutive comportano un accertamento dal quale per
deriva non solo la certezza giuridica ma la modificazione invocata dall'attore che
trova il suo titolo in tale accertamento e, quindi, nella sentenza che lo contiene.
rh
Argomentando dal divieto di revoca ed annullamento dell'atto amministrativo, di cui
(dI'art. 4 L.A.C., la dottrina tradizionale negava la possibilit per il g.O. di pronunciare
',i' , costitutive nei confronti della P.A., in quanto ci avrebbe comportato la sosti-
della volont del giudice a quella della P.A. Nel corso del tempo, tuttavia, dot-
,e giurisprudenza hanno modificato tale opinione, ritenendo ammissibili le azioni
190stitutive quando non incidono sui poteri pubblici della P.A. In altri termini, il divieto
:9pera solo per gli atti posti dai soggetti pubblici nell 'esercizio del potere amministrativo,
,9jR,.solo per gli atti amministrativi in senso proprio; le limitazioni ai poteri del g.O. non
in rilievo, invece, quando la P.A. ha agito in carenza di potere o nell' esercizio
41 attivit di diritto privato (cos ammissibile l'azione di annullamento di un nego-
giuridico, cos come l'azione che miri ad ottenere l'annullamento, la rescissione o la
di un contratto stipulato dalla P.A. nell'esercizio della sua attivit di diritto
Parimenti, si ritiene ammissibile nei confronti della P.A. l'azione ex art. 2932
S'R:,' per la quale si rinvia al successivo 5.5 ..
Sono quelle volte, previo accertamento dell'esistenza di un obbligo giuridico in
ad una delle parti o della responsabilit nascente da un comportamento an-
Azioni
risarcitorie
422
Azioni proponibili e disciplina del processo
tigiuridico ex art. 2043 sS., C.C., ad ottenere una sentenza con la quale il giudice
ordina una prestazione che pu consistere nella dazione da parte del soggetto
obbligato di una somma di denaro, ovvero in uno specifico comportamento po-
sitivo di dare o di fare che soddisfi in concreto il diritto violato. In quest' ottica si
distinguono azioni risarcitorie ed azioni reintegratorie.
Le prime sono ritenute pacificamente ammissibili sia in caso di lesione di
diritti soggettivi che di interessi legittimi, perch la P.A. pu sempre essere
dannata al pagamento di una somma di denaro, sia che risulti debitrice in forza
di un'obbligazione contratta iure privatorum, sia per danno extracontrattuale ca-
gionato nell'esercizio - illegittimo - della propria attivit autoritativa. Sul punto,
un orientamento ormai pacifico ha chiarito che se vero che il giudice non pu
ordinare alla P.A. unfacere specifico, o modificare o porre nel nulla un atto od
un comportamento espressione del suo potere di autodeterminarsi autoritativa-
mente, egli pu tuttavia imporre alla stessa il pagamento di una somma dovuta in
forza di un titolo giuridico dalla stessa voluto ma illegittimamente inadempiuto
come conseguenza della sua condotta illegittima.
Il divieto di cui all'art. 4, difatti, ha come unico scopo quello di impedire
l'esercizio dell'attivit amministrativa da parte del giudice: l'ordine di pagare
non si inserisce in tale attivit perch non risponde ad un interesse pubblico ma
privato del singolo creditore. L'autorit amministrativa, dunque, libera di deci- .
dere come gestire la cosa pubblica ma, ove lo faccia in modo irregolare, quella
giudiziaria pu decidere quali conseguenze ne derivino. '
Tanto premesso, ove la P.A. non si conformi alla sentenza di condanna al pagamento di
somme di denaro, il cittadino pu ricorrere ai seguenti rimedi:
1) presentare ricorso di ottemperanza al Consiglio di Stato, ex artt. 112 ss. cod. proc;
amm.;
2) attivare la procedura di esecuzione forzata sui beni patrimoniali disponibili dell'en-
te pubblico, dal momento che in tale sede esclusa la configurabilit di un poter
discrezionale della P.A. Peraltro, la facolt di adire l'autorit giudiziaria ordinaria in
sede esecutiva in luogo del giudizio di ottemperanza espressamente prevista anche
in materia di giudizio amministrativo dall'art. 115, 2 co., cod. proc. amm., il quale
espressamente prevede che "1 provvedimenti emessi dal giudice amministrativo che
dispongono il pagamento di somme di denaro costituiscono titolo anche per
zione nelle forme disciplinate dal Libro 111 del codice di procedura civile e per l'iscri-
zione di ipoteca".
. Pi complesso, invece, il discorso per quanto riguarda le azioni reintegrato-
remtegratorIe.,. '"
ne. L adempImento specIfico, mfattt, presuppone sempre un atto amministrativo
all'emanazione del quale la pubblica autorit non pu essere costretta, fermo il
divieto di cui all'art. 4, co. 2, L.A.c.. Inizialmente venne proposta un'interpre-
tazione estensiva della disposizione, alla stregua di quella concezione finalistica
dell'atto amministrativo di cui si detto (v. sez. II, cap. II, 2. ss). Dopodich,
PARTE 1- SEZIONE IV - CAPITOLO 3 423
. linea con i principi costituzionali, venne ritenuta ammissibile l'azione ogni
m . l l' l'
ual volta sia ordinato un comportamento matena e, come ta e non lmp lcante
q ercizio di potest discrezionale, oppure allorch la consegna del bene non
ida sulla sua destinazione all'uso pubblico, perch in tali casi la destinazione
mc . .
n riservata all'apprezzamento discrezionale della P.A. o non conSIste m
nttivit volta al perseguimento di pubblici interessi (Cass. n. 5834 del 1984 e
6363/1982). Il g.O., dunque, pu condannare la P.A. ad unfacere specifico
ve l'amministrazione abbia agito o detenuto un bene sine titulo, eccedendo
titolo o sulla base di un titolo inefficace: nei casi, cio, in cui la pronuncia
dell'autorit giudiziaria non coinvolge l'esercizio di un potere autoritativo da
parte della P.A. Sono state, cos, sent.enze di CO? il g.O.
ha ordinato alla P.A. di consegnare bem detenutI senza tItolo, Il nlascIO dllmmo-
bili per finita locazione, la restituzione di un immobile scaduti i termini previsti
decreto di occupazione d'urgenza dello stesso, la demolizione di un'opera
abusivamente dalla P.A. se non destinata a fini pubblici. Per converso
non ammissibile tale pronuncia quando il bene da restituire abbia ricevuto
una destinazione idonea a trasformarlo in bene demaniale o bene patrimoniale
indisponibile perch, in tali casi, la condanna alla restituzione porterebbe in s
l;annullamento o la modifica dell'atto esplicito o implicito di destinazione, caso
di annullamento di dichiarazione di p.u .. Proprio le vicende dell'occupazione
appropriativa ed usurpativa sono significative di quell'elaborazione
denziale dell'art. 4 L.A.C. che da una fase iniziale di totale chiusura alle aZIOm
di condanna reintegratorie approdato ad un approccio pi coerente con lo
della norma.
Una deroga al divieto in parola viene in rilievo nel caso in cui si verta in tema di diritti al .
. dlvzeto sancito
fondamentali che, secondo dottrina e giurisprudenza (Cass., S.u., sentenze. nn. 3870/1990 dall'art. 4
e .2092/1992), non sono affievolibili a fronte di alcun provvedimento autoritativo: tali L.A. C.
ad esempio, il diritto al nome, all'integrit fisica, alla salute (v. sul tema sez. I,
ap. II, 3.4.2.). Si tratta, per, di un'impostazione giudicata nella sua rigidit non
condivisibile alla luce della sentenza Corte cost. n. 140/2007, che ha ritenuto che anche
in materia di diritti fondamentali la presenza della potest autoritativa della P.A. possa
generare situazioni giuridiche d'interesse legittimo.
Ancora, una deroga espressamente prevista all'art. 28 dello Statuto dei lavoratori,
che attribuisce al giudice ordinario, in veste di giudice del lavoro, di ordinare, su istanza
delle associazioni sindacali, la cessazione del comportamento antisindacale e la rimo-
zione degli effetti.
Esaminati i principi generali sulle azioni ammissibili, possibile procedere
alI 'analisi della casistica pi significativa.
424
Azioni proponibili e disciplina del processo
5.1. Azioni possessorie
La tutela possessoria nei confronti della pubblica amministrazione ha risentito dell'evo;
luzione interpretativa subita dall'art. 4 L.A.C .. Dottrina e giurisprudenza sono infatti
passate dalla tesi dell'inammissibilit generale di tali azioni ad una ricostruzione pi'
estensiva. La dottrina prevalente ritiene che esse siano inammissibili nei confronti della
P.A. ove questa sia entrata in possesso del bene mediante un provvedimento autoritativo
poich il ripristino dello status quo ante priverebbe indirettamente di efficacia il ,
vedimento stesso (un decreto di occupazione d'urgenza, di espropriazione, di
zione), ovvero comporterebbe la condanna ad unfacere specifico dell'amministrazione) !,
contrariamente al disposto di cui all'art. 4 L.A. C .. Per la identica ragione, la stessa dottri:
na ritiene ammissibili le azioni possessorie nei confronti della P.A. ove essa abbia
iure privato rum, sine titulo, oppure ove l'impossessamento sia avvenuto al di fuori dei
limiti temporali o materiali previsti nel provvedimento amministrativo legittimamen6
adottato. Si deve evidenziare, peraltro, che la problematica in esame riveste un maggir
rilievo in seguito alle sentenze della Corte costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006
1
che hanno ridimensionato l'ambito della giurisdizione esclusiva del G.A. nella
edilizia ed urbanistica, cui sono prevalentemente riconducibili le azioni di cui si tratta
facendo rientrare nella giurisdizione del g.O., con la conseguente applicazione dei limiti
ai poteri decisori di cui all'art. 4 L.A.C., tutte le controversie sui "comportamenti" della
P.A. incidenti sull'uso del territorio. Sul tema v., ampiamente, parte II, cap. VII, 5 ss'.
con riferimento alle note vicende dell'occupazione appropriativa ed usurpativa. :
5.2. Sequestro e provvedimenti d'urgenza ex art. 700 C.p.C.
La dottrina tradizionale ritiene che detti provvedimenti siano inammissibili ex art. 4,
L.A.C. ove mirino a paralizzare l'efficacia di un provvedimento amministrativo (si pensI
ad esempio al tentativo atto a impedire la demolizione di opere abusive o a sospendere
un decreto di esproprio). Segnatamente, inammissibile il sequestro ove abbia l'effetto
di mutare la destinazione di beni demaniali o patrimoniali indisponibili della P.A., meni
tre si ritiene non sia configurabile quello conservativo perch nei confronti della PA;
secondo la dottrina prevalente, non ricorrerebbe mai il presupposto del periculum in
mora. Si comunque fatto ricorso ai provvedimenti di cui sopra negli stessi casi in cui
possibile agire in via possessoria ma, come evidente, sono esclusi quei provvedimenti
che comportino la modifica, la revoca o la sospensione di atti amministrativi.
5.3. Convalida di sfratto
La dottrina pi recente ritiene non vi sia alcun ostacolo ad ammetterla: infatti il contratto
di locazione viene stipulato dalla P.A. iure privatorum e privata resta la natura del bee
locato, anche se l'autorit pubblica se ne serva nell'interesse pubblico (v. da ultimo,
Casso civ., sez. III, 22 aprile 2010, n. 9549). In proposito stato detto (VIRGA) che la
destinazione data ad un bene dalla P.A. intanto rileva, in quanto essa sia oggetto di un
provvedimento amministrativo formale, n osta la considerazione che la convalida di
sfratto si so stanzi in un obbligo di fare in capo alla P.A., perch tali obblighi sono giuri-.
dicamente configurabili ove incidano sull'attivit privata della P.A.
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 3 425
" 5.4. L'actio negotiorum gestio e di arricchimento senza causa
i, . ne di gestione ammissibile nei limiti in cui ammessa l'ingerenza di un privato
lJ aziO l l . d" . ,
" dI'attivit della P.A.: deve, dunque, ritenersi esclusa o svo . I au-
n itative in ossequio al principio di prohibitio domini VIgente per I soggettI estraneI alla
Per quanto riguarda le attivit di diritto privat?, c' ostacolo che un
agisca nell'interesse ma ad. che e nmessa la valutazIOne dell utTlzter
coeptum sia essa espliCIta, SIa essa dedUCIbIle da un comportamento concludente. Ana-
logo discorso va fatto per l'actio de in rem verso.'
': 5.5. Le azioni esecutive
azioni esecutive si so stanziano nel potere di ottenere il soddisfacimento della
'retesa da parte dell'avente diritto. Esse si fondano sull'esistenza di un valido
esecutivo - che pu essere una sentenza, un atto negoziale od un provve-
limento amministrativo - che sia contenuto in un documento di cui sufficiente
il possesso per attenerne l'esecuzione, sulla legittimazione attiva e
che si fonda sullo stesso titolo, nonch sulla possibilit concreta dell'esecuzIOne,
da ravvisarsi nell'esistenza di un mezzo esecutivo e di beni patrimoniali espro-
, ..
" Ci posto, quanto all'esecuzione forzata, essa puo eserCItarSI
ex art. 2910 c.c. o dell'esecuzione in forma speCIfica dI CUI
agli artt. 2930 e 2933 c.c.
Un primo limite all' esecuzione forzata deriva dal regime sostanziale dei beni che co-
stituiscono il patrimonio dell'Amministrazione debitrice. La dottrina dominante (SAN-
})LLI) ritiene infatti che l'esecuzione forzata possa aver luogo solo sui beni
disponibili, non sui beni patrimoniali indisponibili e su quelli demaniali, in quanto talI
beni non possono essere sottratti alla loro funzione pubblicistica.
;1 Quanto alle somme di denaro, nel corso del tempo dottrina e giurisprudenza
adottato posizioni diversificate. In un primo momento si sono ritenute non assoggettabIlI
ad esecuzione forzata - n a sequestro - le somme di denaro non iscritte nei capitoli di
bilancio destinati alle spese per liti giudiziarie, perch si riteneva che il g.O. non potesse
incidere sulle scelte della P.A. in merito alle destinazioni del denaro pubblico cos come
g,elineate nel bilancio (SANDULLI). Il provvedimento del giudice dell'esecuzione forzata
avrebbe infatti inciso sulla destinazione assegnata al denaro dal bilancio, che pur sem-
i Casso civ., sez. III, 4 marzo 20 l O, n. 5206: in tema di azione di arricchimento senza causa
nei confronti della P.A., il riconoscimento espresso o tacito, compiuto da quest'ultima, dell'utI-
, lit della prestazione costituisce uno degli elementi integrativi della fattispecie.
credito e, pertanto, la questione concernente l'esattezza dell'accertamento compIUto dal
in ordine all'esistenza di siffatto elemento non attiene ai limiti della giurisdizione, ma, trattandOSI
dell'accertamento di fatti storici, al merito della controversia. Ne consegue che, non disponendo la
o,rte di Cassazione del potere di esperire, al riguardo, indagini di fatto, il suddetto
pu essere censurato, in sede di legittimit, soltanto sotto il profilo del vizio di omessa od lllsuffi-
ciente motivazione. In termini v. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, lO marzo 2010, n. 248.
Espropriazione
di somme di
denaro
426
Azioni proponibili e disciplina del processo
pre un atto amministrativo, costituendo dunque una indebita intromissione nella sfera
screzionale dell'Amministrazione. Si affermava, pertanto, che i provvedimenti
per collocare in bilancio le spese dovessero essere assunti dalla stessa P.A. o dal
amministrativo in sede di ottemperanza. La giurisprudenza successiva ha negato ch .'
di bilancio (aventi rilevanza meramente interna) possano impedire l' e
ZlOne sulle casse rilevando che, a fronte dell'obbligo
adempIere, la P.A. non dIspone dI dIscrezionalit, per cui l'esecuzione forzata non
implica l'incisione. .
Espropriazione Problemi analoghi si sono posti con riguardo alla espropriabilit dei crediti della p' "
di crediti
Per quanto riguarda l'esecuzione forzata avente ad oggetto crediti dell'ua"au>uo,,,
L'esecuzione in
forma specifca:
l'art. 2932 c,c.
ne, la giurisprudenza in passato riteneva pignorabili solo i crediti originati da ... :
di diritto privato e non quelli originati da titoli di diritto pubblico, perch vincolati
pubbliche finalit. La dottrina, invece, afferma la generale pignorabilit dei crediti .
P.A., rilevando che, una volta esplicata la funzione pubblica con la riscossione,
ogni ostacolo all'espropriabilit delle somme. Negli ultimi anni, tuttavia, la
nsprudenza, sulla scorta delle critiche dottrinali, ha mutato orientamento e ha
che l'iscrizione della somma a bilancio non sufficiente a paralizzare l'azione esecutivi;'
poich da essa non si pu desumere un vincolo di destinazione in senso tecnico tale
far transitare tali somme nel patrimonio indisponibile. Si ritiene per che i crediti .
patrimonio indisponibile e siano, quindi, impignorabili quando da una disposi!
ZlOne dI legge o da un provvedimento amministrativo abbiano ricevuto univoca, precisa
e concreta destinazione ad un servizio pubblico, vale a dire ad una determinata attivit
per l'attuazione di una funzione dell'ente.
Ultima questione sul punto attiene all'esecuzione forzata in forma specifica, rime-
dio non esperibile quando la reintegrazione in forma specifica "risulti eccessivament
per il debitore" o "la distruzione della cosa sia di pregiudizio per l' ,
naZIOnale" (artt. 2058 e 2933 c.c.). Particolare interesse ha suscitato, per, l'art. 2932
c.c., con specifico riferimento ai casi in cui sia possibile che il g.O. pronunci una ..'
tenza che produca l'effetto del contratto definitivo in esecuzione di un preliminare
tra la stessa autorit pubblica ed un privato. Giurisprudenza e dottrina tradizionali
(VIRGA; Cass., S.U., 5 aprile 1966, n. 872) forniscono una soluzione al problema di
segno negativo affermando che, diversamente opinando, si ammetterebbe la sostitu-
zione della volont del g.O. a quella della P.A.: tale dottrina ha sottolineato che sia
tutto coerente con le prerogative della P.A. che essa, a fronte di un mutato interess
pubblico, non dia esecuzione ad un contratto preliminare precedentemente concluso
e che tale valutazione rientri, ad ogni buon conto, nel proprio potere discrezionale;
Altra dottrina, invece, seguita dalla pi recente giurisprudenza (Cass., sent. nn. 2968
aprile 1986,5838 del 7 ottobre 1983), ritiene che l'art. 2932 c.c. sia
ove non residui alcuna discrezionalit in capo all'Amministrazione pubblica in
ordme alla stipula del definitivo, salvo che un rifiuto in tal senso non si fondi sul
tamento delle condizioni originarie presenti al momento della stipula del
L'ostacolo dell'insindacabilit ed insostituibilit di scelte discrezionali di merito non
opponibile quando, consumata la discrezionalit con il contratto preliminare;
restI da svolgere un'attivit ontologicamente vincolata e privatistica quale la
del contratto definitivo.
PARTE I - SEZIONE IV - CAPITOLO 3 427
Il
dI' L'esecuzione del
Va ricordato, infine, che l'esecuzione del su e sentenze e g.O. puo essere giudicato
. t anche con il giudizio di ottemperanza mnanZI al G.A. (v. parte IV, cap. V).
chies a
6. Deroghe al diritto processuale comune
. ate le azioni proponibili, si pu passare all'analisi delle regole processuali spe-
Esam
lll
., . bbl" .
'fi h che concernono il contenzioso ordmano che comvolge la pu Ica ammmIstra-
CliC e
zione. . . l
Il procedimento nelle cause contro la. P:A. dal dmtto. e
Tuttavia la presenza in causa dell' AmmmlstrazIOne comporta vanaZIOm nspetto all or-
dinario regime processuale.
La difesa in giudizio dell' Amministrazione statale spetta all' del.lo Stato,
te sede presso ciascun distretto di Corte d'appello. Nelle controversie di lavoro,
aven ., ., d Il
l'art. 417-bis C.p.c., introdotto dal D.Lgs. 80/1998, e o
Stato e limitatamente al giudizio di primo grado, dI stare m gmdlZl0 da sole senza es-
sere ;appresentate dall' Avvocatura dello Stato. Particolare
territorio e le modalit di proposizione dell'azione. Nel caso m cUI parte gmdlZl0
sia un'Amministrazione statale, l'art. 25 c.p.c. e l'art. 6 T.D. Avv. Stato stabIhscono la
regola del c.d. foro erariale: la competenza spetta al giudice del luogo dove ha sede l'Av-
ocatura dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo
norme ordinarie. Quando l'Amministrazione convenuta, il distretto si determina con
al giudice del luogo in cui sorta o deve eseguirsi l'obbligazione, o. in cui si
trova la cosa mobile od immobile oggetto della domanda. Tale competenza e mderoga-
bile, perci pu essere eccepita in ogni stato e grado del Nelle
cause proposte contro l'Amministrazione statale, la capaCIta dI stare m gmdIzIO spetta al
Ministro in carica competente per materia.
Gli atti introduttivi del giudizio devono pertanto essere notificati all' Amministra-
zione statale in persona del Ministro competente presso l'ufficio dell'Avvocatura dello
Stato nel cui distretto ha sede il giudice adito.
L'Avvocatura dello Stato domiciliataria ex lege per le Amministrazioni per le quali
abbia il patrocinio legale: la notificazione delle citazioni e dei ricorsi, pertanto, non deve
essere effettuata presso il domicilio delle singole Amministrazioni, ma presso la sede
dell' Avvocatura. In caso contrario, essa nulla, ma detta invalidit viene sanata ove
1'Avvocatura dello Stato si costituisca in giudizio.
Gli enti pubblici diversi dallo Stato stanno in giudizio in persona del loro legale rap-
presentante, Si discute sull'ammissibilit, come mezzi di prova, della confessione e del
giuramento, in quanto essi presuppongono la piena disponibilit della situazione dedotta
in giudizio.
Secondo l'orientamento positivo, tali mezzi di prova possono essere deferiti all'or-
gano che ha la legittimazione a disporre in ordine alla lite. In senso negativo, in tema di
giurisdizione esclusiva del G.A., si richiamava l'art. 35 del D.Lgs. 80/1998 (v. sez. III,
cap, III, 3.).
Infine, quanto alle peculiarit del regime fiscale, gli atti giudiziari nell'interesse
dell' Amministrazione statale e degli enti parificati per legge sono esenti da bollo.
SEZIONE V
LA TUTELA GIUSTIZIALE
CAPITOLO 1
Profili generali
SOMMARIO: 1. La tutela giustiziale in generale. - 2. Rafio e natura giuridica dei ri-
,. ; corsi amministrativi. Distinzione tra autodichia ed autotutela amministrativa. -
3. Rapporti tra ricorsi amministrativi e tutela giurisdizionale: analogie e differenze. -
3.1. Le analogie: giustizialit, garanzia del contraddittorio ed irretrattabilit della decisione.
_ 3.2. Le differenze tra decisione giustiziale e giurisdizionale: questioni di costituzionalit,
questioni pregiudiziali in sede comunitaria ed ottemperanza. - 4. Classificazione dei ricorsi
amministrativi. - 4.1. Ricorsi ordinari e straordinari. - 4.2. Ricorsi impugnatori e non
impugnatori. - 4.3. Ricorsi rinnovatori ed eliminatori (o cassatori). - S.Questioni attinenti
all'ambito di applicazione del D.P.R. 1199/1971; in particolare, il problema dell'applicazione
. alle Regioni anche alla luce del nuovo titolo V della parte II della Costituzione (L. Cost. n.
3/2001).
1. La tutela giustiziale in generale
La tutela giustiziale consiste nella possibilit per il privato di chiedere giustizia Definizione
alla stessa Amministrazione.
L'interessato ha cio la possibilit di chiedere, attraverso un ricorso alla Pub-
blica Amministrazione, la revisione del provvedimento di cui destinatario - o
altro tipo di soddisfazione della sua pretesa - senza ricorrere alla tutela giurisdi-
iionale.
Il procedimento conseguente alla proposizione del ricorso un procedimento Le
caratteristiche
amministrativo la cui funzione "decisoria", tuttavia, lo distingue dall'ordinaria dellafunzione
funzione amministrativa almeno sotto un duplice profilo. decisoria
Da un lato, in un'ottica funzionale, l'atto finale del procedimento, che pure
presenta formalmente le caratteristiche di un provvedimento amministrativo
(perch proveniente dalla P.A.), acquista il valore sostanziale di una deci-
sione, in quanto con tale atto la P.A. risolve la controversia sottoposta al suo
same.
Dall'altro, nella prospettiva procedimentale tale funzione decisoria stata
scandita da previsioni legislative che, a far tempo dall'art. 3 L.A.C., hanno ga-
rantito, al pari di quanto accade in ambito processua1e, l'instaurazione del con-
La ratio della
tutela giustiziale
432
Profili generali
prima ancora che il principio della partecipazione al procedimento
ammmistratIvo fosse generalizzato con l'avvento della L 24111990' c
h . . , omunque
e dopo Il varo della legge sulla trasparenza, la funzione giustiziale ca '
tenzzata da moduli e stilemi, sotto il profilo della garanzia del contradditt
d Id' . t d' d'f . . - Ofto e
e mt o 1 1 esa, che nposano su dI un paradigma pi intenso rispetto al
t dd
" . mero
con ra Ittono procedimentale di stampo generale.
2. Ratio e natura giuridica dei ricorsi amministrativi. Distinzione tra aut
dichia ed autotutela amministrativa 0-
abbiano per certi versi smarrito la loro tradizionale centralit l
SIstema delle ?el. cittadino nei confronti della P.A., i ricorsi
secondaria importanza. La ratio della tutela giusti-
ZIale e tuttora nassumibIle nella triplice necessit di:
ricercare nello stesso ordine amministrativo una soluzione alle controve .
ms rt Il' b't d" rSIe
.0 e IO 1 esso e che comvolgono interessi dell'Amministrazion
eVItando Il ncorso a mezzi giurisdizionali (principio dell'economia dei m e:
. 'd") ezzi
gIUri ICI;
b) alla P.A., in seguito al ricorso, di riesaminare la questione, ed even-
tualmente dI correggere i propri errori;
c) .al. privato la tutela relativamente a vizi che non siano deducibili in
-!'- di quanto accade davanti al G.A., infatti, con
Il gerarchIco e possIbIle dedurre in via generale vizi di merito del prov-
vedImento.
Autotutela o p' , . l .
autodichia? m .ato l'inquadramento dogmatico dei ricorsi amministrativi;
la dottnna e, mfattI, dIVIsa nel sostenere due distinte tesi. ,
I ricorsi V '.
amministrativi , 1 m pnmo luogo, coloro I che fanno rientrare i ricorsi amministrativi
come nell ambIto del generale potere di autotutela della P.A. .
Si ritiene cio che le decisioni sui ricorsi amministrativi, anche se caratteriz-
autotutela della zate da alcuni. elementi di specificit, come l'iniziativa del privato e la puntuale.
P.A. regolamentazIOne de: altro non sono che un' esplicazione parti-:
colare del potere dell AmmmistrazIOne di farsi giustizia da s.
I ricorsi Alt . ,
amministrativi . . . ra e pm convincente tesi
2
ritiene, per converso, che i ricorsi amministra.:
c?me tIVI del potere di autodichia dell'Amministrazione in quanto
le c?e la P.A. adotta, in seguito al ricorso dell'interessato: non sono
autodichia un potere della P.A. di "autotutelare" i propri interessi, ma di
?ecidere da se m veste neutrale una controversia insorta con i terzi. L'autodichia
e; pertanto, autentica espressione amministrativa della funzione di giustizia che
SI condensa nell'affermazione del diritto nel caso concreto, sub specie di
I BENVENUTI,Appunti di diritto amministrativo, 115, e Autotutela, in Enc. del Dir. 541
2 SANDULLl, Manuale di Diritto Amministrativo, Napoli, 1989. ' .
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO l 433
. ne dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi violati dal provvedimento
faz
lO
.
amministratIvo. . .. . .
A S
ostegno di questa seconda teSI mIlItano anche le carattenstIche della tutela
. .. . . .., differenze tra
amministrativa (O glUstlZlaie od autodichIa) che valgono a dIfferenZIarla dall au- autodichia e
t 1
. autotutela
totu e a.
il) L'iniziativa del ricorrente. .
., Mentre l'autodichia necessita dell'iniziativa del privato che deve sollecItare
l'intervento della P.A. attraverso un apposito ricorso, l'autotutela , per defini-
ione, caratterizzata dall'iniziativa di ufficio della P.A., che pu annullare l'atto
:enza la necessit di sollecitazioni esterne, essendo la stimolazione del privato
puramente eventuale.
b) Carattere contenzioso del procedimento. . .
L'autodichia un procedimento contenzIOSO da sempre carattenzzato da
una puntuale disciplina del contraddittorio. Il contraddittorio non era, invece
previsto, prima del nel caso autotu.tela. A s.eguito, L.
l'introduzione dell'obblIgo generalIzzato dI comUlllcare 1 avvIO del procedI-
mento amministrativo ha senz'altro accorciato le distanze tra i due istituti. Le
ci nonostante permangono, soprattutto con riferimento alla diver-
'saintensit di garanzia del contraddittorio, che nel caso di autotutela rimane
limitata alle facolt previste dall'art. lO della L. 241/1990, ed comunque
dalle consistenti deroghe scolpite dagli artt. 7 e 13 della stessa
legge.
) Doverosit dell'annullamento in presenza di vizi di legittimit.
. Altra importante differenza che connota l'autodichia e la distingue dall'au-
totutela il carattere doveroso della decisione di annullamento nell'ipotesi di
fhdatezza del ricorso.
': Mentre in caso di autotutela la P.A. deve sempre valutare l'interesse pubblico
all'eliminazione del provvedimento, con la conseguenza che al riscontro della
illegittimit pu non far seguito l'eliminazione del provvedimento (v. art. 21-no-
nies della L. 24111990: parte III, cap. VIII, 4.2.1), nell'ipotesi di autodichia la
.constatata presenza di vizi di legittimit porta necessariamente all'annullamento
del provvedimento.
d) Neutralit ed imparzialit.
i' Molto diversa anche la posizione della P.A. rispetto ai terzi a seconda che
.eserciti il potere di autotutela o di autodichia.
. Nell'ipotesi di autodichia, infatti, la P.A. neutrale, nel senso che gli interessi
pubblici e privati sono considerati su di un piano di parit. Nel caso di autotutela
.la P.A. invece solo imparziale, nel senso che tutti gli interessi privati e pubblici
coinvolti nell'esercizio della propria attivit devono essere trattati senza alcuna
discriminazione in una prospettiva comunque funzionale all'ottimale persegui-
mento dell'interesse pubblico.
e) Il vincolo dei motivi di ricorso.
434
Profili generali
Contestuale Nel caso di autodichia, diversamente da quanto accade in sede di autotutela
esercizio di
autotutela ed l'autorit decidente vincolata nella decisione ai motivi di ricorso e, quind/
autodichia all'iniziativa del ricorrente di cui si detto sub a). La P.A. cio si deve
ad un principio di corrispondenza tra chiestQ e giudicato analogo a quello previ.
sto in ambito giurisdizionale.
A tal proposito peraltro necessario distinguere le ipotesi in cui, contestual.
mente alla decisione, la P.A. eserciti anche il potere di autotutela di cui sia even.
tualmente dotata.
Pur considerando infondati i motivi addotti dal ricorrente, infatti l' Ammini,
strazione potrebbe esercitare ex offido il diverso potere di autotutela e, per l'ef.
fetto, annullare il provvedimento per altri vizi ovvero caducare provvedimenti
diversi da quello toccato dal ricorso amministrativo. Non si tratterebbe in tal
caso di una pronuncia ultra vires, ma di un provvedimento di annullamento in
sede di autotutela contestuale alla decisione giustiziale
3
.
3 Da ultimo v. T.A.R. Lecce - Puglia, sez. I, 7 febbraio 2008 n. n. 367: "La questione se l'eser-
cizio della potestas judicandi, proprio delle decisioni sui ricorsi amministrativi, sia compatibile
con il successivo esercizio del potere di autotutela sulla decisione gi resa da parte dell 'Autori/il
decidente trova soluzioni differenti nell 'ipotesi dei ricorsi gerarchici in senso proprio ed in quella
dei ricorsi gerarchici impropri. Nel primo caso, considerato che il potere di pronunciarsi in ordi'
ne ai ricorsi gerarchici e quello di rendere pronunce in sede di autotutela sono caratterizzati da
una eadem ratio, ricorrendone i presupposti (ed in particolare, la puntuale esplicitazione deite
relative ragioni di interesse pubblico), ben pu ipotizzarsi l'annullamento o la revoca in autotu-
tela di una decisione assunta in seguito a ricorso amministrativo; nel caso dei ricorsi gerarchici
c.d impropri, invece, il potere di rendere una pronuncia in sede giustiziale assume un carattere
del tutto speciale, che non condivide la ratio della generale potest di adottare atti di autotutela,
sussistendo una scissione fra la devoluzione ex lege del potere di pronunciarsi in ordine al ricorso '
giustiziale - potere riconosciuto ad un p/esso amministrativo diverso da quello che ha emanato
l'atto della cui legittimit si tratta - e la generale titolarit del potere di autotutela, riconosciuto
alla medesima amministrazione che ha adottato l'atto medesimo H. Per una recente applicazione di
v. Cons. sez. V, febbraio 2010, n. 577, in ed amm. CDS 2010, 02, con spe:
clfico nfenmento al procedImento dI rettifica della formazione dei ruoli nominativi regionali del
Unit sanitarie locali. L'unicit del contesto non toglie naturalmente che il provve-
dImento dI autotutela debba comunque presentare i requisiti suoi propri che si fin qui visto essere
diversi da quelli dell'autodichia: la P.A. tenuta pertanto, in tale evenienza, non solo a precisare
quale sia l'interesse pubblico che l'ha indotta ad annullare l'atto in sede di autotutela ma anche
a comunicare l'avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell'art. 7 della L. 24111990;
sostanza essa tenuta ad enunciare di quale potere ha fatto uso, a seguirne le regole proce-
duralI ed a dare conto dei motivi d'interesse generale che l'hanno indotta a provvedere. , inoltre,
necessario accertare di volta in volta che l'Amministrazione decidente sia effettivamente titolare
anche del potere di autotutela. Tale requisito , infatti, implicito nei ricorsi in opposizione dove \I
decidere la stessa autorit che ha emanato l'atto; deve invece ritenersi escluso in linea di massi:
ma nei ricorsi gerarchici impropri dove manca un rapporto gerarchico ed la legge che attribuisce
il P?tere di decidere; cos come nei ricorsi straordinari, in cui il potere decisionale segue un mee"
call1smo sostanzialmente giurisdizionale che si sublima nel parere del Consiglio di Stato. Quanto
al caso del ricorso gerarchico proprio, occorre verificare, alla luce dell'ordinamento di settore, se
l'autorit gerarchicamente sopraordinata sia legittimata all'eteroannullamento del provvedimento
di pertinenza dell'autorit sottostante.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 1 435
f) La consumazione del potere decisorio.
In sede di autodichia, inoltre, a differenza di quanto accade per l'autotutela,
l'autorit che decide il ricorso una volta emanato il provvedimento decisorio,
consuma, secondo l'opinione prevalente, il suo potere. P.A. preclusa
. o la possibilit di pronunciarsi una seconda volta sul medesimo oggetto, vo-
I
C! dosi evitare una sorta di ne bis in idem vietato in ambito giurisdizionale. Tale
en l d'
rincipio antitetico al modello dell'inesauribilit temporale de i au-
fotutela, a sua volta precipitato storico e logico della permanente tensiOne della
P.A. al perseguimento dell'interesse pubblico istituzionale.
4
g) Escluso l'affievolimento. ... ., .
La natura giustiziale delle determmaziOlli esclude, m radice, che esse, diver-
samente da quanto accade in tema di autotutela, possano incidere, ove si verta in
tema di diritti soggettivi, sulla posizione sotto stante nel senso di degradarla ad
interesse legittimo.
h) Vizi della decisione deducibili in sede giurisdizionale.. .. . .
Se si accede alla tesi secondo cui le decisioni sono atti neutrah di apphcaziO-
ne vincolata del diritto e non provvedimenti di esplicazione di discrezionalit
amministrativa per la tutela dell'interesse pubblico, si deve concludere che i mo-
tivi di ricorso giurisdizionale avverso dette decisioni dovranno concernere vizi
identici a quelli deducibili in relazione ad un atto giurisdizionale e non il vizio
tipicamente amministrativo dell'eccesso di potere.
3. Rapporti tra ricorsi amministrativi e tutela giurisdizionale: analogie e
, differenze
: 3.1. Le analogie: giustizialit, garanzia del contraddittorio ed irretrattabilit
", della decisione
Dal raffronto fra l'attivit dell' Amministrazione di decisione dei ricorsi ammini-
,strativi e l'attivit giurisdizionale emergono rilevanti analogie.
, In primo luogo, come il ricorso giurisdizionale, anche il ricorso amministra-
tivo preordinato a garantire l'affermazione del diritto nel caso concreto; se,
quindi, si prescinde dall'aspetto soggettivo (i ricorsi amministrativi sono, infat-
4 Cons. St., sez. II, 23 gennaio 2008, n. 4142 bis/2003, in Giurisdizione amministrativa, 2008, I,
930, secondo cui il parere del Cds in sede di ricorso straordinario si avvicina alla sentenza per quel
che concerne il concetto di giudicato, e ci impedisce il suo riesame in caso di normativa soprav-
venuta: infatti un riesame del parere alla luce di sopravvenienze o di errori di diritto originari si
sostanzierebbe in un auto annullamento contraddittorio con la funzione giustiziale del parere che
reclama la stabilit tipica delle pronunce giurisdizionali. Tali conclusioni, peraltro, sono anc.or pi
'rafforzate dalla recentissima riforma del ricorso straordinario al Presidente della RepubblIca, la
cui detenninazione finale non pu discostarsi dal parere del Consiglio di Stato, reso vincolante
dalla L. 69/09.
La funzione di
giustizialit
436
Profili generali
I profili
procedurali
ti decisi, a differenza di quelli giurisdizionali, da organi solo occasionalmente
chiamati a svolgere tale attivit), ontologicamente le due situazioni possono es-
sere senz'altro accomunate per l'analoga funzione di giustizialit. '
Le analogie tra i due tipi di ricorso si rinvengono anche dal punto di vista
strettamente procedurale: cos il ricorso amministrativo come quello giurisdi.
zionale deve essere sollecitato dall'iniziativa di parte, vincolato ai motivi
ricorso ed caratterizzato da forme pi pregnanti di garanzia del contraddittorio'
introdotte a suo tempo gi dall'art. 3 L.A.C., che valgono a differenziarlo' '
La
irretrattabilit
della decisione
to al modulo procedimentale dipinto dalla L. 241/1990.
Come sopra rammentato, al pari di quanto accade nei ricorsi giurisdizionali
anche le decisioni sui ricorsi amministrativi sono considerate, in linea di ' ,
sima, irretrattabili da parte della stessa autorit che le ha emesse consumando il
potere decisorio: unici temperamenti a tale principio sono la correzione di errori
materiali ex art. 287 c.p.c., la revocazione (ordinaria e straordinaria) e l'oppo;
sizione di terzo (introdotta nel processo amministrativo con la sentenza
Corte costituzionale del 17 maggio 1995, n. 177
5
e reputata estensibile anche alle
decisioni giustiziali vista l'identit di ratio).
La tesi pi
rigorosa
controverso in dottrina e giurisprudenza se il principio della consumazione
del potere decisorio assuma valore assoluto anche in ambito giustiziale, ovver6
se sia mitigato dalla possibilit di revocare od annullare i provvedimenti decisori
da parte della stessa autorit decidente in sede di amministrazione attiva. , J
La tesi pi rigorosa reputa esportabile in blocco il principio
bilit delle decisioni giudiziarie, concludendo nel senso che anche le decisioni.
amministrative rese in sede giustiziale non sono pi revocabili od annullabili
La tesi
intermedia
volta che, emettendole, la P.A. abbia esaurito il suo potere decisori06.
Altra tesi, che si manifesta pi aperta in merito all'annullamento, sulla
razione che la decisione ha pur sempre natura di provvedimento amministrativo7,
esclude in ogni caso la possibilit di applicare alla decisione dei ricorsi ammi ..
nistrativi il rimedio della revoca, ossia la possibilit di ritirare la decisione sulla
base di motivi di opportunit; un simile rimedio contrasterebbe con il significato
di applicazione definitiva del diritto al caso concreto propria anche delle
ni amministrative e con l'assenza di profili di discrezionalit che caratterizza la
decisione giustiziale. Risulta infatti complesso coniugare la revoca, che atto
screzionale fondato sulla rivalutazione dell' opportunit di una pregressa
nazione, con il carattere comunque vincolato della decisione giustiziale che, come
gi detto, volta all'applicazione oggettiva del diritto al caso concreto.
5 In Cons. Stato, 1995, I, 868.
6 Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2005 n. 2675 secondo cui: " Le decisioni emesse su ricorsi
gerarchici, tipici o atipici, non sono revocabili o annullabili d'ufficio attesa la loro funzione giu"
stiziale; n pu farsi differenza tra ricorsi gerarchici propri ed impropri ( .. .), giacch le regole ed
i principi enucleabili dal d.PR. n. 1199 del 1971 trovano applicazione per ogni tipo di ricorso
7 In questo senso C.O.A., n. 85/1977, Cons. St., sez. VI, n. 904/1977.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 1 437
S l pe
r una tesi assai minoritaria infine sarebbe possibile anche la revoca ,
o o , , . , . mmorztarza
del provvedimento decisorio quante volte la P.A. dIsponga, oltre che dell autodl-
. h'a anche del potere di autotutela.
o 1 ,
3.2. Le differenze tra decisione giustiziale e giurisdizionale: questioni di co-
stituzionalit, questioni pregiudiziali in sede comunitaria ed ottemperanza
N
' stante le indiscutibili analogie di cui si sopra detto e ferme le conside-
ono . d" l tu
,,:. . i specifiche che si svolgeranno per il ncorso straor mano, a na ra pur
raz
lOn
.. ... d' . , f, d
l;' 're amministrativa dei ricorsi ammmistratlvi lmpe lsce una pm pro on a
smp .. . d" l . t . t
alla .funzlOn. e. gmr.ls. lZlon. a e strzc o s.ens. u 1.n ... .
'1 d d d d lO Questioni di
:.' Cos nei ricorSI ammmistratlvl, a ,el m se e .1Z - legittimit
""'l generalmente esclusa, salvo quanto SI dlra per 11 ncorso straordmano, la costituzionale
na e, l . d Il ' d' , r
l'" ibilit di sollevare questioni di legittimit costituzionale a pan e a que- e IZza I
pOSS ..... . . .. ,. davantI alla
, tione pregmd1Zlale mnanZl alla Corte dI Gmstlzla dell Umone . Corte di
giurisprudenza, infatti, ha tradizionalmente ritenuto che 1'.AmmlmstrazlO: Giustizia
e in sede di decisione dei ricorsi amministrativi, sia priva dI quel profilo
n, , che solo conferisce la possibilit di interrogare la Corte costl-
LUL.IV<JI'UV e la Corte di Giustizia.
, L'altra differenza riguarda l'efficacia delle decisioni. .,
Le decisioni su ricorsi amministrativi non sono sentenze, ma provvedImentI
amministrativi disapplicabili da parte del Giudice ordinario ai sensi degli artt. 4
e 5 L.A.C., non hanno capacit degradatoria di diritti in interessi legittimi, non
la forza di giudicato e, di conseguenza, non possono avere esecu-
2ibne attraverso il rimedio dell' ottemperanza.
'1' d Il PA Tecniche di
:"L'unico strumento di tutela, nel caso di mancata un110rmaZlOne e a . . tutela esecutiva
al:Vincolo derivante dal decisum amministrativo, allora l'impugnazione del
p'tovvedimento violativo/elusivo o del silenzio dell: inot-
, temperante davanti al Giudice Amministrativo; la dI. un provve-
dimento vincolante, quale la decisione del ricorso ammmistratlvo da parte
dell'autorit sottordinata, infatti, vizia di eccesso di potere gli atti da que-
emanati. Solo a seguito della decisione giurisdizionale di annullamento
del provvedimento o del silenzio sar quindi possibile dare corso al rimedio
tielI'ottemperanza. . .
,'Per il ricorso straordinario al pari della possibilit di sollevare questlOm pre-
UUJ,L,W,U avanti alla Corte di Giustizia e di costituzionalit vi sono stati, con
i,. all'ottemperanza, revirement giurisprudenziali sintomatici .della
smpre pi netta percezione della caratterizzazione paragiurisdizionale tale
rmedio, da ultimo suggellati dalla riforma di cui all'art. 69 della 1. 8
2009, n. 69 e dall'art. 7, comma 8, del codice del processo ammmistratlvo dI cm
al decreto legislativo 2 luglio 2010. n. 104. Si rinvia, sul punto, al cap. III, 2.1.
e 8 ss.
438
Profili generali
4. Classificazione dei ricorsi amministrativi
La distinzione pi tradizionale e consolidata quella che contrappone i
straordinari ordinari al ricorso straordinario.
4.1. Ricorsi ordinari e straordinari
I ricorsi
ordinari e "non
definitivit"
degli atti
amministrativi
Sono ordinari i ricorsi esperiti contro provvedimenti non definitivi della P.A.
Sono non definitivi i provvedimenti per i quali possibile la
oltre che da parte della stessa autorit che ha emanato l'atto, anche di
gerarchicamente sovraordinata che manifesta in tal modo la "definitiva"
I ricorsi
straordinari e
"definitivit"
degli atti
amministrativi
dell'Amministrazione su un determinato argomento.
In passato la definitivit dell'atto era presupposto essenziale per poter
re la tutela giurisdizionale; tale requisito rispondeva evidentemente alla eSllgenza
di assicurare che la tutela davanti al Consiglio di Stato (fino alla L. 103411971'
unico organo di giustizia amministrativa) si svolgesse nei confronti solo'
determinazione finale dell'Amministrazione su una certa questione e che,
munque, l'azione giurisdizionale fosse proposta solo quando non residuasse
cun rimedio amministrativo.
Con la legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali la .
dell'atto amministrativo ha cessato di essere presupposto per il ricorso giuri-
sdizionale; il privato pu pertanto, a fronte di un atto amministrativo anche non
definitivo, ricorrere direttamente al giudice amministrativo senza esperire
ventivamente il ricorso ordinario (c.d. facoltativit del ricorso gerarchico). .;
Sono ricorsi ordinari: l'opposizione (esperibile nei soli casi previsti dalla legge
all'indirizzo della stessa autorit emanante), il ricorso gerarchico proprio (rimedio
generale con il quale si aziona l'intervento dell' organo gerarchicamente sovraor-
dinato rispetto all'emanante) e quello improprio (mezzo di tutela eccezionale p
ra
7
ticabile nei casi tassativi di legge all'indirizzo di un organo non legato da r<l1".n,Yrti
di gerarchia, spesso appartenente ad un distinto plesso amministrativo). .
Sono invece straordinari i ricorsi che possono essere proposti solo nei con7
fronti di atti definitivi, cio di provvedimenti con i quali o in relazione ai quali
sia gi intervenuta l'ultima parola da parte dell'autorit amministrativa non
rivisitabile attraverso la proposizione di un ricorso gerarchico.
Unica forma di ricorso straordinario oggi esistente il ricorso al
della Repubblica, epigono delle originarie procedure extra ordinem facenti
alla grazia sovrana. Detto rimedio concerne solo la legittimit e non il merito
dell'atto e si pone come alternativo al rimedio giurisdizionale: a fronte di uri
provvedimento definitivo, non pi impugnabile in sede amministrativa e lesivo
di interessi legittimi, pertanto, il privato pu scegliere tra adire il giudice .
nistrativo e promuovere un ricorso straordinari08 .;
8 II ricorso straordinario non alternativo al giudice ordinario. Sul punto, v.,junditus, cap. III, 3 ss.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO l 439
La definitivit dell'atto quindi essenziale nell'individuazione degli stru-
menti di tutela del cittadin0
9

"lt che a seguito dell'esperimento del ricorso gerarchico, l'atto pu essere de fini-
O re . l' d . . d" 1
. e quindi non pi impugnabile in sede gerarchica ma so o m se e gmns IZlOna e
uvo, .. . d Il .. d Il' h l h
' t ordinaria, per natura (m conslderazlOne e a poslzlOne e organo c e o a
o s ra .. h' . . r
nato se si tratta di autorit che non hanno supenon gerarc ICI - per esemplO g I
Definitivit per
natura
collegiali che per definizione sfuggono a relazioni gerarchiche, i ministri e,

1'1 D.Lgs. 29/1993, e succo mod., i dirigenti apicali) e per legge (in tal caso Definitivitper

d
ttamente la legge ad attribuire lo stigma della definitivit ad un atto, anche sancen o
Ire . . .. d 11 .
l','esclusione della possibilit di esperire ricorsi gerarchiCI o la prevlSl.one a
bilit immediata del ricorso straordinario. Sono tali ad es. i provvedimenti prefettlzl m
triateria di requisizione di urgenza). . . .
.' Esistono anche casi di definitivit implicita; il carattere defimtlvo dell'atto SI desume
dall'attribuzione per legge all'autorit inferiore di una competenza esclusiva. In
caso il ricorso gerarchico deve ritenersi escluso, anche se manchi
'one di legge in tal senso, perch la competenza dell'organo configurata m termml tah
ZI. . IO .,' f
da rendere incompatibile l'assoggettamento dell' atto al ncorso . Sono stati COSI ntenu I
atti definitivi i provvedimenti prefettizi di occupazione di urgenza, di esproprio, di retro-
cessione, quelli in tema di distributori di carburante.
Sono ritenuti definitivi, inoltre, gli atti soggetti ad approvazione dell'autorit supe-
riore, in quanto si ritiene che l'Amministrazione si sia gi espressa sulla questione in
sede di approvazione.
, Si discute invece se sono da considerarsi definitivi i provvedimenti emanati da organi
inferiori a seguito di delega, istruzioni, ordini e direttive degli organi superiori. Sul tema
v, anche cap. II, 3.
4.2. Ricorsi impugnatori e non impugnatori
Definitivit
implicita
classificazione quella che distingue tra ricorsi impugnatori e ricorsi non ricorsi .
Impugnatori. ..
impugnatori. . .
I ricorsi amministrativi sono, in via generale, ricorsi impugnatori, con 1 qualI
Cio si impugna un provvedimento amministrativo al fine di ottenerne una rivi-
sitazione del merito oppure di legittimit.
'9 In dottrina si discute se la definitivit sia un requisito che l'atto amministrativo impugnato ac-
quisisce con il ricorso amministrativo o sia un carattere tipico dell'atto sin dalla sua origine che
quindi riguarda la decisione e non l'atto impugnato. Nonostante il testo del .. 1199/1971
disciplina del silenzio rigetto induca a ritenere che si tratti di un carattere "acqUiSito", la questIOne
vimane ancora oggi senza soluzione.
IO Dopo l'emanazione del T.D. n. 383 del 1934 il cui art. 5 prevedeva in via generale e per l'avve-
nire, il ricorso gerarchico "salvo che la legge non disponga si ritenne la
zione dell'atto al sindacato dell'autorit gerarchicamente sovraordmata potesse avvemre solo m
'via implicita. La giurisprudenza ha per superato tale lettura restrittiva e riconosce pacificatamene
ipotesi di definitivit implicita.
440
Profili generali
, .. e non
impugnatori
Sono non impugnatori i ricorsi che non hanno per oggetto un provvedimen_
to ma una controversia insorta, oltre che tra privati e P.A., anche tra due o pi
soggetti terzi contendenti in un campo che tocchi in qualche modo (in via .
o anche solo indiretta) gli interessi della P.A., come nel caso delle autorit
pendenti (v. infra cap. V della parte II). Tali rimedi sono ammessi solo in ipotesi
eccezionali tassativamente previste dalla legge; la relativa decisione non riguar.!
da un provvedimento amministrativo e, in caso di accoglimento, pu sfociare d
volta in volta in una pronuncia dichiarativa o costitutiva senza acquistare in ogni
caso il carattere di provvedimento di secondo grado.
In genere i ricorsi in esame sono rivolti alla tutela di diritti soggettivi e non
sono sottoposti ad alcun termine di decadenza.
Detti caratteri peculiari dei ricorsi non impugnatori inducono a dubitare della
possibilit di applicare a questi la disciplina generale dettata per i ricorsi
nistrativi dal D.P.R. 1199/1971; il tema, fino ad oggi, stato scarsamente
fondito
ll
.
4.3. Ricorsi rinnovatori ed eliminatori (o cassatori)
Sono eliminatori i ricorsi che possono comportare la sola eliminazione del prov" '
vedimento impugnato, con salvezza del riesercizio del potere di amministrazio-'
ne attiva, nel rispetto del vincolo decisorio, da parte dell'amministrazione che ha
adottato il provvedimento annullato.
Sono invece ricorsi rinnovatori quelli che comportano la devoluzione per
cos dire dell 'intera pratica all'organo decidente, che, quindi, dopo aver
ficato la fondatezza del ricorso, non si limita all'annullamento del provvedi-
mento ma procede alla sua modifica o sostituzione con altra determinazione
che sancisce il definitivo assetto di interessi sul tema. La decisione sul ricorso
quindi un atto con il quale non si valuta solo la legittimit o l'
del provvedimento impugnato ma si assume la determinazione finale sulla'
questione sostanziale.
Possono allora avere carattere rinnovatorio i soli ricorsi diretti ad
torit competente a provvedere sulla pratica, vale a dire titolare sia del poter().
giustiziale che di amministrazione attiva. Sono tali senz'altro il ricorso in op-
posizione e, talora, quello gerarchico proprio, segnatamente ove il ricorrente
deduca vizi di merito tesi non solo alla stigmatizzazione del provvedimento
Il Sono esempi di ricorsi non impugnatori: quelli alle Commissioni (centrali e regionali) di vigilan"', .
za per l'edilizia economica e popolare; quelli ai consigli comunali, provinciali e regionali, diretti,
a far dichiarare l'ineleggibilit ed incompatibilit dei componenti; quelli proposti da Comuni e
Province per controversie riguardanti le rispettive circoscrizioni territoriali; quelli in materia daL
ganale; quelli tra agenti esattoriali e relativi ad enti pubblici; quelli tra assistiti ed enti previden+
ziali, a proposito di trattamenti di previdenza spettanti ai primi; quelli all'ispettorato provinciale
della agricoltura, per controversie tra locatore e coltivatore diretto a proposito delle migliorie del
fondo.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO l 441
l riesercizio sostitutivo del potere da parte dell'autorit investita
gravato ma a
del ricorso. Il l l" . d l prov
" Non lo mai il ricorso straordinario, deputato a a so a e ImmaZIOne e -
Vedimento. 'fi '1'
, Lo in via eccezionale, ove soccorra una disposizione speci Ica, Incorso
gerarchico improprio.
" Questioni attinenti all'ambito di applicazione D:P.R. 1199/1971; in
articolare, il problema dell'applicazione alle RegIOnI anche alla luce del
titolo V della parte II della Costituzione (L. Costo 3/2001)
rsi amministrativi sono disciplinati in via generale dal D.P.R. 1199/1971,
neo t in attuazione della delega conferita con l'art. 6 della legge 28 ottobre
emana o fi h d' t ., Ila leg
1970 n 775. Tale legge aveva per oggetto modi IC e e m a . :
,: 8" 1968 n 249 che concerneva il riordino delle AmmmistraZIOnI
ge l marzo ,. ,
dello Stato.
Il t: tt che la legge di delega riguardasse il riordino dell' Amministrazione, e
dell' Amministrazione civile e dello Stato, ha fatto sorgere questIollI circa
i;ambito di applicazione della disciplina dettata dal D.P.R. 971. . , 'l't . I I ricorsi alle
' . . d ' . l l' rl' corsi alle AmmmlstrazIOllI mi I ano n .
.. . Il problema ha nguar ato, m pnmo uogo.' . 2' amministrazioni
reat tale questione risulta ora risolta normatIvamente dalla I;' 19?8, n. ,m militari
virt della quale si definitivamente chiarito che pe: l mlhtare

. ' formit alle regole generali, i ricorsi gerarchicI SI artIcolano m UllICO e che.
impugnare non definitivi in sede giurisdizionale senza Il prevIO
esperimento del ricorso gerarchico. Il l I ricorsi alle
r: L' l' b'l't' del DPR 1199/1971 allc Amministrazioni diverse da que a stata e amml'nl'strazio-
:. app lca l I a . . . .... h' . d'l
pr,esenta invece soluzioni pi articolate, a che riguardi I ncorsl gerarc ICI o I ni diverse da
ricorso straordinario al Presidente della Repubbhca. b'l' quella statale
'l'" ,.. h' . l' t 1 2 del DPR 1199/1971 sta lisce ,
, . Nel caso del ncorsl gerarc ICI, ar. ,co. . : '. , . , I ricorSI
,yspressamente che Contro gli atti amministrativi r .. ] [ ... ] e gerarchici
messo ricorso da parte di chi vi abbia interesse nel caSI, nel le
dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti: da SI che. la dl-
. l" , di' ata e' vall'da anche per i ricorsi contro atti diverSI da quelli dello
SClp ma m esso m c ., . d .
Stato nel rispetto dei limiti e delle modalit di cui alla legge ed aglI ordmamentI el
singoli enti. . , ' n In particolare:
Con pmticolare riferimento alle Regioni, stato precisato che l cos I le Regioni
zionalmente garantita delle Regioni preclude la pos.sibilit di prevedere ncorsl gerarchi-
ci (impropri) avverso atti di queste ultime ad de,llo Stato. . .. ._
L'esclusione dei ricorsi gerarchici ad orgallI statalI avverso attI. regIOnah eqUI
vale per all'esclusione dei ricorsi gerarchici nell'ambito
. . , . . . tt' l'onali propostI all'mdmzzo dell au-
ossia della propOSIZIOne di gravami avverso a I reg .
torit regionale gerarchicamente sopraordinata o, comunque, investita di competenze
giustiziali.
442
Profili generali
La Legge
Costituzionale
18 ottobre 2001,
n. 3
A seguito della Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
della parte seconda della Costituzione) da ritenersi che, nelle materie di loro compe,
tenza, le Regioni potranno dettare una disciplina dei ricorsi amministrativi che si .
Ricorso
straordinario
da quella statale. Va peraltro precisato che numerose disposizioni del D.P.R. 1199/1
afferiscono alla giustizia amministrativa ed alla tutela giurisdizionale in generale,
sia a materia affidata alla competenza esclusiva dello Stato. Facciamo riferimento,
particolare, alle norme sui rapporti tra tutela amministrativa e tutela giurisdizionale, ,
principio di facoltativit del ricorso amministrativo (art. l D.P.R. 1199/1971), al
del silenzio su ricorso come presupposto processuale (art. 6 D.P.R. 1199), al
di unicit del grado, alla tipologia di censure deducibili (art. l D.P.R. 1199/1971).
meno dette norme sono come tali inderogabili da parte del Legislatore regionale se
si vuole accedere alla pi radicale tesi dottrinale che addirittura considera l'intera
giustiziale come branca della giustizia amministrativa, integralmente sottratta alla pot,
st derogatoria delle Regioni e province autonome.
stato anche discusso se il ricorso straordinario al Capo dello Stato sia arrlmissibille.
avverso atti regionali; e, ancora, se sia ammissibile che il potere istruttorio e decisorio
integralmente concentrato nelle mani di organi statali, con pretermissione degli organi
regionali.
Le questioni sono state affrontate da due sentenze della Corte costituzionale12
Entrambe le sentenze hanno ritenuto la legittimit delle disposizioni del
1199/1971 che attribuiscono allo Stato ogni potere istruttorio rispetto a ricorsi straordg
nari contro atti regionali, affermando che il potere istruttorio non interferisce con i poteri
di amministrazione attiva, costituzionalmente riservati alle Regioni nelle materie di loro
competenza.
'.
La ricostruzione sistematica dei rapporti tra ricorso straordinario ed ordinamento .
gionale delineata dalla Corte costituzionale non mutata neanche a seguito dell'
in vigore della Legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001.
La disciplina indicata nel D.P.R. 1199/1971 relativa al ricorso straordinario attiene;
infatti, come detto, alla giurisdizione ed alla giustizia amministrativa, materie
cate dal comma 2 dell'art. 117 tra quelle riservate alla potest legislativa esclusiva
Stato e risulta pertanto vincolante nei confronti delle Regioni. L'assunto confennato
dalla sempre pi spiccata consapevolezza della natura sostanzialmente
del rimedio e della conseguente esportazione di istituti propri della tutela glllllISUIZ,lUIJI"U;,:
stricto sensu intesa e, da ultimo, dalla chiara giurisdizionalizzazione del rimedio
dall'art. 69 della L. 69/2009 (v. cap. III, 2.1.).
12Corte Cost. n. 31/1975 e Corte Cost. n. 298/1986.
CAPITOLO 2
Il ricorso gerarchico
. 1 Nozione di ricorso gerarchico: tipi e requisiti. - 2. Rapporto di gerarchia e pri-
SOMMARIO. . . '1'
t aZI'one del pubblico impiego. - 3. Definitivit dell'atto. - 4. Rapporti tra I
valZZ .. hco
rchico e la tutela giurisdizionale amministrativa. - 5. Rapporti tra. gerarc I.
gerat l vanti al Giudice ordinario. Il problema della giurisdizione condiZIOnata alla prevla
etueaa .... l' _
. roposizione di ricorsi amministrativi C.d. obbhgatorl. - 6 .. La deCISIOne . ge
p h' - 7 Impugnazione della decisione sul ricorso gerarchico. - 8. MotiVI del ncorso
rarc ICO. . .. . d'
giurisdizionale dopo la decisione gerarchica. - . della
accoglimento. - lO. Il silenzio sul e successl:a tutela gmnsdlzlO
naie. - 10.1. Gli effetti del nuovo rito del silenzIO 21-bls della L. 1034/1971
e recepito dagli artt. 31 e 117 del codice del processo ammlll1stratlVO.
Nozione di ricorso gerarchico: tipi e requisiti
. ricorso gerarchico il rimedio accordato a. chi ha
. all'autorit sovraordinata, i provvedimenti non defimtIvi dell autonta
che assuma viziati per ragioni di legittimit o di merito.
Il ricorso gerarchico proprio (v. infra) considerato un
. ;,,! .... ammesso anche in assenza di un'espressa preViSione normativa ogm
che vi sia un' Amministrazione con una struttura gerarchizzata.
, previsto a tutela sia di interessi legittimi che soggettivi. .
' . Si possono distinguere due tipi di ricorsi gerarchiCi: il ncorso gerarchiCO pro-
e quello improprio .
. Il ricorso gerarchico proprio.
Si ha il ricorso gerarchico proprio quando tra l'autorit c.he ha emanat?
decidente viene in rilievo un vero rapporto gerarchiCO, quando ClOe eSi-
un rapporto di subordinazione.
. 'Tale rapporto di gerarchia sussiste solo tra soltanto
(non rileva la gerarchia interna nell'ambito di un medeSimo ed lll-
solo tra organi (come tali, a rilevanza esterna) appartenenti allo stesso
di Amministrazione
Il rapporto di
gerarchia
La previsione
del ricorso
gerarchico in
unico grado
La facoltativit
del ricorso
gerarchico
Il carattere
eccezionale
del ricorso
gerarchico
improprio
444
Il ricorso gerarchico
Novit introdotta dal D.P.R. 1199/1971 che il ricorso gerarchico amme
l' '. sso
so. o.m grado (art. 1): m esito al ricorso si ha la definitivit dell'atto am_
mmlstratlvo, anche se il ricorso stato proposto ad autorit rispetto alla qu l
sussistono ulteriori organi sovraordinati. a e
Dopo la riforma del 1971, il ricorso gerarchico ha acquisito il crisma del!
pi a tappa necessaria per la proposizione
ncorso gmnsdlZlonale e nvelandosi sostanzialmente inevitabile solo ai fini del!
deduzione di vizi di merito. a
b) Il ricorso gerarchico improprio.
Il ricorso gerarchico si definisce invece improprio quando tra l'organo che ha
l' at:o quello a si ricorre manca un rapporto di gerarchia ed il potere
dI deCIdere Il ncorso denva da una espressa disposizione di leggel .
. ha, pertanto, carattere eccezionale, ammesso nei casi tassativi pre-
Vlstl dalla legge e la procedura varia di caso in caso; solo in mancanza di una
normativa specifica si applica, per analogia, la disciplina prevista dal D.P.R
1199/197F. .
I paragrafi che seguono saranno essenzialmente dedicati alla figura generale
d.el.ric?rso mentre saranno all'uopo evidenziate le parti che
SI nfenscono al ncorso Improprio.
2. Rapporto di gerarchia e privatizzazione del pubblico impiego
Con la privatizzazione del pubblico impiego, che ha comportato la sostanziale
del rapporto di lavoro pubblico a quello privato, si posta in di-
SCUSSIOne la stessa ammissibilit del ricorso gerarchico che, come visto, poggia
sull'assetto gerarchizzato dell' Amministrazione. '
1 V. T.A.R. Lombardia, Milano, 8 febbraio 2011, n. 384, in Foro amm. TAR 2011 2 357 che
con specifico riferimento al ricorso amministrativo di cui all'art. 37 del codice' s;rada'
ha .che "non costituisce un ricorso gerarchico vero e proprio, rivolto cio
torzta superiore a quella che ha emesso l'atto impugnato, bens un
c.d. improprio, quindi diretto ad un 'autorit non dotata di un potere di supremazia
di un generico potere di vigilanza. Di conseguenza, i provvedimenti
comunalz dI CUI al citato art. 37 sono espressione della potest amministrativa del Comune e la
previsione di un ricorso amministrativo al Ministero contro gli stessi non si giustifica con una
f!resunta quest 'ultimo r:za soltanto alla luce di un generale potere di vigilanza
In materza di circolaZIOne r!conosciuto all 'Amministrazione centrale dei Trasporti.
Ne consegue che, trattandosI di un rzcorso gerarchico improprio contro un atto del Comune,
ente autonomo di rilievo costituzionale (cfr. art. 114 della Costituzione), non pu escludersi in
capo a la legittimazione ad impugnare la decisione del Ministero, allo scopo di
consentire all Ente Locale la salvaguardia delle proprie prerogative ed attribuzioni anche di
rilievo costituzionale ". '
Nel se?so che il D.P.R. di generale applicazione per i ricorsi gerarchici propri ed
Impropn Cons. St., sez. V, deCISIOne 16 settembre 2003, n. 5234, in Cons. St., 2003, I, 1937.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2 445
, A sostegno della permanenza di tale rimedio giustiziale anche a della
, . tizzazione del pubblico impiego, il Consiglio di Stat0
3
ha puntualIzzato che
pn
va
. . . d Il l'fi .
la configurabilit del ncorso gerarchIco non dIpende tanto a a l IcazIO:e
ubblica o privata dell' atto quanto dall'organizzazione del dI.lav?ro c. e,
del pubblico impiego, anche a seguito del dI pnvatlzzazIO-
continua ad essere caratterizzata in maniera gerarchIca.
In ordine alla gerarchia, come visto necessaria ai fini proposizione del
. rso all'indirizzo dell'organo gerarchicamente sovraordmato, un problema
neo 'f . Il tt
delicato sorto all'indomani del D.Lgs. n a a .a
qualificazione del rapporto intercorrente tra MmIstn e dmgenti delle ammInI-
Il problema
della soprav-
vivenza del
ricorso gerar-
chico proprio al
Ministro
strazioni statali. .
i Come noto infatti il D Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, per tentare dI porre I rapporti.
, , . . . .. tra organz
'medio alla cattiva prova data dall'assetto della dmgenza pubblIca traccIato dal di indirizzo
PR 748/1972 in attuazione del principio di piena separazione tra politica ed
ha limitato a casi sostanzialmente residuali lo spettro dei po- del
t ri gestionali precedentemente riservati ai titolari dei dicasteri, sancendo, sulla rapporto di Pl.
e . .. . . h Il A .. t .. t t l' rta delineato dal
base di un pnncipIO estensIbIle anc e a e mminIS raZIOnI non s a ,a l, una s.o D.Lgs. 29/93
di monopolio operativo in favore dei dirigenti con la conseguente
in capo a questi della responsabilit in ordine al raggiungimento degli obiettivI
fissati in sede politica (v. parte II, cap. III, 6 ss.).
All'indomani del decreto n. 29 si quindi ritenuto che, nella relazione tra
Ministri (e, in generale, organi di indirizzo politico nelle Amministrazioni non
statali) e dirigenti pubblici, si sia passati da un rapporto di gerarchia ad uno di
tlirezione.
Nonostante la diversa opinione manifestata dalla dottrina per la quale il ne-
essario corollario di tale nuovo assetto organizzativo tra e.
pubblici avrebbe dovuto essere la perdita del potere ministeriale dI declSlone del
ricorsi gerarchici avverso gli atti dirigenziali, il Consiglio di Stato
4
ha ritenuto
,1:ultravigente ammissibilit del ricorso gerarchico al Ministro nei confronti degli
II:tti dirigenziali.
Secondo il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa, infatti, il D.P.R.
1199/1971 non fa riferimento al rapporto di gerarchia in senso stretto ma al pi
blando rapporto di "sovraordinazione", nel cui ambito pu senz'altro essere ri-
Ol;dotta la nuova figura organizzatori a di direzione che intercorreva tra Ministri
pubblici. .
,Il D.Lgs. 80 del 31 marzo 1998, nel riscrivere la disciplina relativa alla dI-
rgenza pubblica recepita dal D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (T.U. sul pubblico
:!Jlpiego), poi essere ulteriormente modificata con la L. 145/2002, ha, almeno
Commissione speciale 13 dicembre 1999, n. 362/97, 606/99, in Cons. St., 2003, I, 488.
4 Parere n. 502 del 15 dicembre 1993, conformi cfr Comm. Spec. P.I. 20 marzo 1995 n. 3489 e
Ad. gen. n. 86 del 4 luglio 1996.
La disciplina
delineata dal
D.Lgs. 80/98
Il potere del
Ministro di
annullare gli
atti dei dirigenti
per motivi di
legittimit
Argomenti a
sostegno della
permanenza del
potere
446
Il ricorso gerarchico
in parte, risolto i dubbi interpretativi in ordine all'incidenza del nuovo
organizzativo dei rapporti tra Ministro e dirigenti.
La nuova disciplina ha, infatti, sancito la definitiva scomparsa del poter
di decisione dei ricorsi gerarchici propri avverso gli atti
ZlalI ed Il contemporaneo trasferimento ai dirigenti preposti ad ufficio di
.del relativo potere nei confronti degli atti adottati dai dirigenti
dI lIvello mfenore (nuovo co. Ilett. i) dell'art. 16 D.Lgs. 29/1993, ora art. 1
D.Lgs. 165/2001).
. .La di il ricorso ministeriale e di sostituirlo, per
dmgentl non apIcalI e per glI attI non definitivi, con quello dirigenziale, appare
coerente con l'affermazione del principio di autonomia dei dirigenti e con il ve.
modello gerarchico di relazione tra ceto politico e ceto dirigente5.
SI considen che la decisione sul ricorso, proprio perch estesa anche al
dell'azione amministrativa, avrebbe finito per reintrodurre un intervento diretto
e particolarmente penetrante del Ministro, che il D.Lgs. 80/1998 aveva inteso
eliminare.
Qualche perplessit ha suscitato, invece, la previsione del potere ministeriale
di annullamento per motivi di legittimit lasciato fermo esplicitamente dal COi
3 art. 14 D.Lgs. 29/1993 (come modificato dal decreto 80 e poi confluito nell'art.
14 del D.Lgs. 165/2001).
Non potendosi trattare del potere di annullamento in sede gerarchica, alcuni hanno
ricondotto tale previsione al generale potere di auto annullamento, ritenendo che, con
tale inciso, il Legislatore avrebbe rimarcato la permanenza del potere ministeriale di
annullare i propri atti in sede di autotutela.
Di diverso avviso stata, invece, l'Adunanza Generale del Consiglio di Stat06, Per
la quale tale norma lascia residuare in capo al Ministro il potere di annullare, in sede di
eterotutela, gli atti dei dirigenti per motivi di legittimit. i
Il Supremo Consesso perviene a tale conclusione sottolineando l"
della tesi che ritiene tale disposizione riferita all'autoannullamento, nel
dell' articolo tutto volto a disciplinare i poteri del ministro al cospetto degli atti diri'
genziali.
5 Cons. St., sez. IV, 20 novembre 2008 n.5744: "La disposizione introdotta dall'art. 11, D.Lgi
31 marzo 1998 n. 80, nella parte in cui stabilisce che gli atti e i provvedimenti adottati dai
ti preposti al vertice dell'amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali non sono
suscettibili di ricorso gerarchico, espressiva da un lato di un criterio organizzativo e .
della pubblica amministrazione che, al.fine di snellire i procedimenti, semplificare i rapporti tra,
amministrazione e responsabilizzare gli organi operativi, innova rispetto;;l
sistema dlsclplznato dal d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748 e, dall'altro lato, approfondisce la linea
di demarcazione .fissata dal D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 tra la funzione di indirizzo politico-
amministrativo, riservata al Ministro, e l'attivit di gestione, la cui direzione attribuita in viti
de.finitiva ai dirigenti generali ". : .
6 Ad. gen. lO giugno 1999 n. 9.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2 447
A far propendere per questa soluzione vi la che. nella parte
Il
rma
tra i poteri sottratti al Ministro nel confrontI del dmgentI, non viene men-
de a no ,
. nato proprio quello di annullamento. . ..
ZIO Del resto l'annullamento dell'atto amministrativo senz'altro, .tra I m
, ti al Ministro, il meno pericoloso per l'autonomia dell'ambito gestIOnale propno
riserva . d Il d .. .
d
. d' igenti' a differenza della revoca, della nforma ed anche e a eClSlone su ncorso
el lr , d" . d'
: chico nel caso di annullamento infatti escluso il sindacato I mento e, qum l,
gerar, . .. Il'' ,
la possibilit di una valutaZIOne ex novo m ordme alla ed a
dell'atto adottato dal dirigente. Il potere di a dlleglt-
t
, 'ta' la cui ricorrenza o meno sindacabile in sede gmnsdlzIOnale m caso di Impugna-
Imi,
tiva dell'atto ministeriale.
'A canto al tema del venir meno del potere, da parte del Ministro, di decidere i
gerarchici propri, si posto l'ulteriore
potere ministeriale di decisione dei ricorsi gerarchICI Impropn preVIstI dalle dI-
verse discipline di settore. . . .
,l"Intervenendo su tale argomento, l'Adunanza Generale del ConSIglIo dI Stato
ha confermato la persistente esperibilit dei gravami giustiziali in argomento.
I
i'giudici di Palazzo Spada hanno escluso che i ricorsi gerarchici
7
impropri stati com-
pletamente travolti dalla disciplina generale prevista dal ,?Lgs. 80/1998, sottolmeando, da
un lato come il carattere di specialit delle nonne che h prevedono, non collegato ad un
rappodo di gerarchia in senso proprio, prevalga sulla riconosciuta degli .atti di-
rigenziali di carattere apicale e sia indifferente al venir meno della relaZIOne gerarchica che
in passato connotava i rapporti tra ceto politico ed apparato
l'eliminazione del vecchio ricorso improprio indubbiamente depotenzIerebbe gh strumentI
di tutela di cui il cittadino pu valersi, in materie per le quali di norma i profili di merito,
conoscibili in sede giurisdizionale, hanno grande peso.
'" . L'art. 14 del D.Lgs. 29/1993 (ora art. 14 del D.Lgs. 165/2001) lascia inalterata la
possibilit di annullamento straordinario, da parte del Governo, degli atti amministrativi
ingittimi dei dirigenti prevista dall'art. 2, co. 3, lettera p), della L. 23 agosto 1988, n:
400 e ribadita per gli enti locali dal D.Lgs. 267/2000; la scelta si spiega con il carattere di
rimedio estremo posto a presidio dell'ordinamento giuridico in caso d'illegittimit parti-
colannente gravi, senza che assuma rilievo la sussistenza di un rapporto gerarchico.
L'altro requisito necessario per esperire il ricorso gerarchico, oltre alla gerarchia
la non definitivit dell'atto impugnato.
7. Tali ricorsi, del resto, sono previsti dalla legge in casi eccezionali nei quali esiste un rap-
porto di gerarchia fra autorit emanante ed autorit decidente, ma solo un occaslOnale rappor:o
funzionale che si estrinseca nella potest di decisione del gravame quale riflesso di una pi ampia
posizione di supremazia o di controllo.
Il problema
della
sopravvivenza
del potere
ministeriale
di decisione
dei ricorsi
gerarchici
impropri
La permanen-
za dell'an-
nullamento
governativo
straordinario
448
Il ricorso gerarchico
Nei confronti di un atto definitivo non ipotizzabile un ricorso gerarchico'
il ricorso erroneamente esperito, in tal caso, ha il valore di un esposto per il c.d'
principio della conversione del ricorso in esposto. .
La definitivit di un atto, oltre che a seguito di reiezione del ricorso gerarchi_
co avverso lo stesso (ipotesi generale di acquisizione del crisma della
t), si pu avere per espressa previsione di legge (casi eccezionali di definitivita .
riferiti in astratto a determinate tipologie di atti), per natura od implicitamente
come frutto di una precisa scelta dell'ordinamento giuridico (v. anche cap. I,
4.1.). .
Non diventa invece definitivo, secondo un'opinione emersa in dottrina,
nei confronti del quale non stato esperito il ricorso gerarchico; in tale ipotesi
in cui manca l' ultima parola dell'Amministrazione in ordine alla questione
oggetto, si potr allora esperire solo il ricorso giurisdizionale ma non il
straordinario al Capo dello Stato, per cui continua ad essere necessaria la defini-
tivit del provvedimento al fine di evitare che il Consiglio di Stato sia chiamato
a pronunciarsi su atti che non costituiscono la parola finale dell'autorit all'uopo
deputata. .
.'
Un atto pu anche essere definitivo non perch appartenente in astratto ad
una categoria di atti definitivi ma perch, per le modalit concrete con cui stato
adottato o in relazione al procedimento seguito, deve escludersi l'ammissibilit
del ricorso all'organo gerarchicamente sovraordinato. In tal caso, la definitivit
si ricava non dall'analisi dell'atto come tipo astratto, ma dalla considerazione
dello stesso come frutto di una specifica procedura relativa al caso concreto.
I! problema si pone in caso di istruzioni, direttive ed ordini dell'organo supe':
riore nei confronti dell' organo inferiore. . .
In tal caso, il problema , in via generale, quello di stabilire se possa esser .
ue ricorso . ,
gerarchico proposto un ncorso gerarchico nei confronti di un organo che si in qualche
modo gi pronunciato in ordine all'atto che si trova poi a giudicare. .
IstruZIOni, I " d dI' d' . . d Il d . .
direttive ed n gmnspru enza, seguen o e m IcaZIOlll e a ottnna, SI ammette il
ordini so gerarchico tutte le volte in cui le direttive, gli ordini e tutte le altre
ni altrimenti denominate risultino essere poco dettagliate e non puntuali, tanto d!} .
far ritenere opportuno e non contraddittorio sul punto un nuovo pronunciamento
dell'autorit superiore; nell'ipotesi, invece, in cui tali indicazioni da parte dell'orga-
no sovraordinato risultino particolarmente precise o addirittura vincolanti, si
de la possibilit di esperire un ricorso gerarchico che si atteggerebbe come una sorta.
di bis in idem dell'autorit che ha gi espresso la sua opinione. .
E invece esclusa l'impugnabilit in via gerarchica degli atti sottoposti all'ap:
provazione dell'organo superiore, poich in tali casi l'autorit sovraordinata .
tenuta ad esprimersi compiutamente sulla questione in sede di controllo. '
Pi articolata invece la soluzione in caso di delega vera e propria8.
8 Il riferimento, in tal caso, alla delega vera e propria e non alla delega di firma. Mentre la de, .
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2 449
L
C
mmissione Speciale del Consiglio di Stato, a tal proposito, ha ritenuto L'esp'eribilit
a o .., . . .. . '9 del ricorso
'bI'le espenre Il ncorso gerarchICO per tre ordIlll dI ragIOlll . gerarchico
POS
SI
. f . d' d'
. O luogo nell'ipotesi in cui si tratti di delega nel con rontI l un organo in caso I
In pflm , '" delega: le
. chicamente sottoordinato, la delega determma una devolUZIOne oggettIva argomentazioni
gelar .. d l t .,
.. nea con tanto di imputazione dell' eserCIZIO e po ere per uno o pm della
tempora , d' h'l Commissione
., '. osto che l'atto sia adottato dal delegato e a esso Imputato, e c e segua l Speciale del
attI: p degli atti del delegato non vi ragione per sottrarre tale atto al controllo, Consiglio di
regIme '.. . '1
.'. d di ricorso dell'organo gerarchIco supenore, Il quale conserva l suo ge- Stato
fil se e, ...
rierale potere di sorveglianza e controllo sugh uffiCI . t
. 1 condo luogo si osserva che se la delega, come paCI Icamente ntenu o,
n se, . l' .
, to lie almeno di norma al delegante il potere di riesaminare dI UfiJCIO g l attI
non g . "1 d' . d bb
dal funzionario delegato, a l l nesame. o:re e
essere salvaguardato quando il suo eserCIZIO venga eCCItato da appOSIta Istanza
di parte. ... .
In ogni caso si sottolinea che la
t
bbe un'inammissibile compromISSIOne dell espenblhta del ncorso
ere .. . d l 'tt d
co che, quale rimedio posto in funzione delle e. Cl. a mo,
specie per vizi di merito altrimenti non non puo essere ehmmato se
non mediante esplicita previsione normatIva;
Rapporti tra il ricorso gerarchico e la tutela giurisdizionale amministra-
tiva
Il ricorso gerarchico avverso atti non definitivi costituisce solo
facoltativo ai fini dell'accesso alla tutela giurisdizionale innanZI al am-
ministrativo consentita ormai a prescindere dalla definitivit dell'atto. E stato
Cosi l'orientamento previgente che ammetteva la tutela
'solo per gli atti definitivi, principio reputato incompatibile con le coordmate
costituzionali in punto di diritto alla tutela giurisdizionale.. . ...
Assumono allora carattere eccezionale e recessivo le resIdue IpotesI dI ncor-
so amministrativo obbligatorio, come in tema di sanzioni militari (v., ad es., art.
J6dellaL.llluglio 1978,n. 382).
I
iega e propria (nella specie viene in rilievo quella ossia da un all'altr.o
nell'ambito del medesimo ente) lascia al delegante la tltolanta del potere e determma Il
al delegato solo del suo esercizio, nella delega di firma sia.la .che l'eserCIzIo
potere rimangono in capo al delegante, spettando al delegato solo II di. apporre -
mente la sottoscrizione. A fronte di tanto evidente che, nel caso di delega di non
per esperire il ricorso gerarchico al delegante: l'atto infatti formalmente
proprio all'autorit davanti a cui lo si dovrebbe impugnare. Si pu per converso proporre ncorso
gerarchico innanzi all'organo superiore rispetto a quello che ha adottato l'atto, delegando la firma
; Commissione speciale P.I. 13 dicembre 1999, n. 362/97 e 606/99, in Cons. St., 2003, I, 488.
9 Parere del 12 luglio 1999.
Facoltativit
del ricorso
gerarchico
Prevalenza
della tutela
giurisdizionale
450
Il ricorso gerarchico
Oltre alla facoltativit, l'altro principio generale che regola i rapporti tra tu-
tela giurisdizionale amministrativa e gerarchica quello della prevalenza della
tutela giurisdizionale rispetto a quella amministrativa.
In particolare:
a) Il ricorso giurisdizionale pu essere proposto anche in pendenza del ricorso gerarchi_
co e prima della sua definizione.
Si visto che il ricorso giurisdizionale non presuppone pi la proposizione e neanche
la definizione preventiva del ricorso gerarchico. Poich da escludere la
nea pendenza del procedimento per ricorso gerarchico e del giudizio davanti al giudice
amministrativo, la proposizione del ricorso giurisdizionale rende improcedibile il ricor-
so amministrativo previamente proposto; tale ultimo ricorso s'intende nella sostanza
rinunciato.
b) La successiva proposizione del ricorso gerarchico non comporta rinunzia al prece"
dente ricorso giurisdizionale.
Prevale il ricorso giurisdizionale anche se proposto prima di quello gerarchico.
La proposizione del ricorso amministrativo non , infatti, interpretabile alla stregua
di rinuncia al ricorso giurisdizionale dato che l'art. 46 del R.D. 17 agosto 1907 n. 642,
richiede che la rinuncia sia effettuata con atto formale da portare a conoscenza delle con-
troparti; di conseguenza, il ricorso gerarchico proposto dopo il ricorso giurisdizionale
ammissibile solo se preceduto dalla rinuncia al ricorso giurisdizionale.
c) Prevalenza del ricorso giurisdizionale proposto dal cointeressato; la disciplina detta-
ta dall'art. 20 della L. 1034/1971.
La prevalenza del ricorso giurisdizionale su quello amministrativo si verifica anche
nel caso in cui il ricorso al giudice amministrativo sia proposto da un soggetto diverso
rispetto a quello che ha presentato il ricorso gerarchico contro il medesimo atto. Tale
principio era espressamente consacrato dall'art. 20, co. 2, della L. 1034/1971, secon-
do cui la proposizione del ricorso giurisdizionale impediva la proposizione di ricorso
gerarchico avverso il medesimo atto da parte degli altri soggetti interessati. In tal caso
l'Amministrazione era tenuta ad informare i soggetti che avevano proposto il ricorso
gerarchico della proposizione del ricorso giurisdizionale; entro trenta giorni da tale
municazione chi aveva proposto tempestivamente il ricorso gerarchico poteva ricorrere
al giudice amministrativo.
Nonostante il dettato dell'art. 20 L. T.A.R. non sia stato espressamente trasfuso nelle
nuove disposizioni di cui al codice del processo amministrativo, si deve ritenere che
l'altemativit del ricorso giustiziale rispetto a quello giurisdizionale e la prevalenza di
quest'ultimo costituiscano principi cardine dell'istituto, la cui operativit non inficiata
dalla mancanza, de iure condito, di una previsione espressa.
La prevalenza del ricorso giurisdizionale, infatti, costituisce diretta gemmazione del-
le caratteristiche peculiari dell'istituto giustiziale, che, sebbene garantisca una tutela pi
snella, comunque priva delle garanzie tipiche degli istituti processuali. Ne consegue
che il ricorso gerarchico proposto dopo quello giurisdizionale del cointeressato deve
ritenersi inammissibile, mentre quello pendente diventa improcedibile.
Quanto alle modalit con cui chi ha proposto il ricorso gerarchico pu proporre il
ricorso giurisdizionale, la giurisprudenza applica in via analogica la disciplina prevista
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2 451
. li artt. lO D.P.R. 1199/1971 e 48 cod. prevede l'opposizi?ne dei
dag . t ressati nell'ipotesi di ricorso straordmano al PresIdente della Repubbhca).
....
Il roblema del ricorso gerarchico per VIZl dl mento. . .
d) {stato peraltro notato come tali principi di cui ai.puntl.a), b) e
d l
mezzo giurisdizionale, non siano da apphcare m modo ngldo, eSSI, mfattl,
valenza e . 'b'l' , d' tut l
. ottrarrebbero a chi ha proposto il ricorso gerarchICO la pOSSI l lta l una e a per
s .' d' merito Si ritiene pertanto che in tal caso possano essere contemporaneamente
motIvI l . . .. d" l
d tI
' un ricorso gerarchico per motivi di merito ed un ncorso gmns IZlOna e per mo-
Pen en . . . . . , l d
. . d' l l'ttl'mit anche se l'esito (di accoghmento) dI uno del due ncorSI puo prec u ere
UVI l eg ,
la pronuncia sull'altro ricorso.
Rapporti tra ricorso gerarchico e tutela avanti al
5. Il problema della giurisdizione alla prevIa propOSIZIone di
ricorsi amministrativi c.d. obblIgatorI
Anche nel caso in cui il ricorso gerarchico sia a di sog-
ettivi
iO
, la tutela giurisdizionale davanti al GiudIce ordlllano prevale nspetto a
La tutela per
motivi di merito
g .. .
quella esperita in sede ammlllistratlva. ., . . .. l' La giurisdizione
Si deve peraltro rammentare che in talune Ipoteslla.tute:a e e condizionata
subordinata alla previa proposizione del ricorso gerarchIco: e l IpoteSI della co-
siddetta giurisdizione condizionata. . . . ..
'. Normalmente in tali casi il ricorso gerarchico preVIsto a pena dl.lllammlssl-
bilit dell' azione (ci vale per i ricorsi in materia in ma:en.a
di professioni liberali, per l'iscrizione in taluni albi o regIstn e per 11 nsarClmento
dei danni cagionati dal servizio postale)... . ..
Di recente la Corte costituzionale, modificando 11 precedente ha
8onsiderato con sempre maggiore severit le che
l'ammissibilit della tutela giurisdizionale al prevlO espenmento dI un ncorso
amministrativo fino a ritenerla incompatibile con l'art. 24 della CostY, oppure
ROBERTO E TONINI, I ricorsi amministrativi, Milano, 78, ,a tal
Rroposito che l'utilizzazione del ricorso gerarchico a tutela del dmttl e
'stante il carattere impugnatorio del ricorso e la natura dei
I!Corte Cost 23 novembre 1993, n. 406. La Consulta ha precisato che: E
'iegiftimo p;r violazione dell'art. 24 cost., l'art. 33 u.C. d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642
aell'impo;ta di bollo), nella parte in cui non prevede, in di rimbors.i l
'Ut dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventIvo rlCOrSO arr:rr:lnlstratlvo. b 'r '
}13 cost, non impongono una correlazione assoluta tra il sorgere del e la
la quale pu essere dlijjfl"erita ad un momento successivo ove ricorrano eSIgenze dI l
'J' d' . t e Il Legls atore
e superiori finalit di giustizia. Tuttavia, anche nel concorso I queste clrcos anz , ., d' '0
.sempre tenuto ad osservare il limite imposto dali 'esigenza di non rendere tutela gmrlS IZI.-
naIe eccessivamente difficoltosa, in conformit al principio della piena attuazIOne
stabilita dalle suddette norme costituzionali (sent. n, 154 del 1992, 15 del 1991, 47 e " .
del 1989). La previsione in materia di rimborsi dell 'imposta di bollo, della da.ll
giudiziaria in conseguenza della mancata proposizione del ricorso amminIstrativo, SI p
452
II ricorso gerarchico
in astratto ammissibile solo quando risulti giustificata da superiori finalit di
giustizia o da esigenze di carattere generale12.
Non risultano a tutt'oggi ben chiare le implicazioni di fondo dell'orientamen_
to della Corte, anche se in linea generale pu ritenersi che essa abbia escluso
la legittimit del ricorso gerarchico come condizione di ammissibilit di quello
giurisdizionale, lasciando ferma la possibilit di configurare la tutela giustiziale
a guisa di mera condizione di procedibilit.
6. La decisione sul ricorso gerarchico
Il contenuto della decisione pu essere di rito o di merito (art. 5 del D.P.R.
1199/71).
Le decisioni di
rito
Le decisioni di rito sono quelle che dichiarano l'inammissibilit o l'improce-
dibilit del ricorso (questa ultima in caso di mancata regolarizzazione del ricorso
nel termine fissato dall'autorit amministrativa).
Le decisioni di
merito
Le decisioni di merito invece possono essere o di rigetto del ricorso o di
accoglimento; l'accoglimento pu comportare l'annullamento o la riforma del
provvedimento impugnato.
Secondo alcuni Autori le decisioni di riforma sarebbero ipotizzabili solo nel
caso di ricorsi gerarchici per motivi di merito.
In realt la legge non definisce i limiti del potere di riforma dell' atto nel caso
di ricorsi gerarchici.
L'art. 5 fissa un criterio solo nell'ipotesi di annullamento per vizio di incom-
petenza, stabilendo che in tal caso l'autorit che ha emesso la decisione di annul-
lamento tenuta a restituire gli atti all'autorit ritenuta competente.
Per ogni altro caso la norma si limita a prevedere che l'organo decidente
annulla o riforma l'atto, salvo il rinvio dell'affare all'organo che lo ha emanato
ove occorra.
In genere si ritiene che una decisione di riforma, espressione di un carattere
rinnovatorio del ricorso gerarchico assente in quello straordinario, sia ammessa
quando sussistano due condizioni: che ci sia una precisa richiesta da parte del
ricorrente (altrimenti l'autorit adita incorrerebbe nel vizio di ultradecisione ed
contrasto con l'art. 24 costo Inoltre, vertendosi in materia di rimborsi su accertamenti documen-
tali, una volta che questi siano stati compiuti con esito negativo, non si profilano esigenze che
possano giustificare il differimento dell' esperibilit dell 'azione giudiziaria".
12Cos Corte Cost., 22 aprile 1997, n. 113, secondo cui: "Il previo esperimento dei rimedi am-
ministrativi, con il conseguente differimento della proponibilit dell'azione a un certo termine
decorrente dalla data di presentazione del ricorso, legittimo se giustificato da esigenze di ordine
generale, nonch dalla preordinazione di tale limite al fine di evitare un uso in concreto eccessivo
del diritto alla tutela giurisdizionale, tanto pi ove l'adempimento dell'onere, lungi dal costituire
uno svantaggio per il titolare della pretesa, rappresenti il modo di soddisfazione della pretesa
sostanziale pi pronto e meno dispendioso". ,
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2
453
eserciterebbe impropriamente poteri di amministrazione attiva) e che l'autorit
adita abbia il potere di provvedere sulla pratica (questa condizione fisiologi-
ca nel ricorso gerarchico proprio, invece eccezionale nel ricorso gerarchico
. )13
impropno .
La decisione di accoglimento del ricorso amministrativo, al pari di quella L'efficaci.a, .
d l d
. d' .. delle deCISIOni
giurisdizionale, ha portata erga omnes ove pro uca a ca ucazlOne l attI lll- dei ricorsi
scindibili e, nel caso di annullamento con rinvio, presenta carattere preclusivo e gerarchici
conformativo; ci comporta che l'autorit di primo grado, nell'adottare il nuovo
provvedimento, non solo deve evitare di incorrere negli stessi vizi per cui l'atto
stato annullato ma deve anche attenersi alle indicazioni contenute nella decisio-
ne ed adottare statuizioni che abbiano, sul punto, carattere conseguente.
Analogamente, una volta adottata una decisione su ricorso gerarchico, la stes-
sa non pu essere rimessa in discussione dall'interessato attraverso la proposi-
zione di altro ricorso gerarchico alla medesima autorit
l4

Nonostante tale indiscusso carattere vincolante della decisione nei confronti
dell'Amministrazione di primo grado, il rimedio dell'ottemperanza comunque
precluso.
La decisione , infatti, pur sempre un atto amministrativo e non una pronun-
cia giurisdizionale, pertanto non suscettibile di passare di giudicato (presuppo-
sto necessario per l'ottemperanza); l'unico rimedio allora solo l'impugnazione
dell'atto irrispettoso della decisione (o il silenzio) davanti al Giudice Ammini-
strativo, in quanto atto ex se inficiato del vizio di eccesso di potere per violazione
di un provvedimento vincolante; solo dopo la sentenza di annullamento di detto
atto sar possibile ricorrere al rimedio dell' ottemperanza.
7. Impugnazione della decisione sul ricorso gerarchico
La decisione del ricorso gerarchico pu essere impugnata da parte del ricorrente
gerarchico o da parte di altri soggetti interessati'5 davanti al Giudice Ammini-
13La giurisprudenza esclude peraltro che detta rinnovazione possa avere luogo nel caso in cui
l'annullamento sia pronunciato per vizio di forma, ivi compreso il difetto di motivazione, ipotesi
pella quale non sarebbe consentito modificare l'atto carente in modo da eliminarne i vizi, im-
ponendosi il rinvio all'autorit emanante (Cons. St., sez. VI, n. 876/1986, in Cons. St., 1986, I,
1907). Contra V. per la recentissima decisione Cons. St., sez. III, 7 aprile 2009 n. 3316, in Foro
amm. CDS 2009,4, 1094 secondo cui "Nel caso di ricorso gerarchico, nei poteri dell'autorit
gerarchicamente sovraordinata procedere ad una parziale riforma del provvedimento impugnato,
correggendo quindi le parti ritenute non esattamente formulate, tanto pi quando le variazioni
rientrano tra le richieste del ricorrente; e ci si realizza legittimamente allorch le inesattezze
siano soltanto formali e non suscettibili di modificare in alcun modo la parte dispositiva del prov-
vedimento stesso".
!4.cons. St., sez. III, 26 novembre 2009, n. 1664, in Foro amm. CDS 2009, 11,2654.
IS Si esclude pacificamente la legittimazione ad impugnare la decisione di accoglimento del ri-
corso da parte dell'autorit che ha adottato il provvedimento base, e tanto in virt del carattere
Impossibilit
di utilizzare il
rimedio dell'ot-
temperanza
l, i
454
Il ricorso gerarchico
strativo O contestata avanti a quello Ordinario, a seconda della posizione sog
. d' " l . . get.
Il giudizio da-
vanti al go.
tIVa l lesIO.ne o di diritto soggettivo),
Nel gIUdIZIO al la declSlone del ricorso, costituente
un mero provvedImento ammlllistratlvo, pur se con funzione giustiziale s '
't l"d ,ara
a .so o mCI, ente.r tantum (ex artt: 4 e 5 L.A.C.) ai fini della eventuale
dIsapplIcaZIOne nell ambIto di un giudizio avente ad oggetto la pretesa sost
. l c: an
ZIa .latta dal privato: Va .ricordato che, per giurisprudenza costante, la
declSlone su ncorso gerarchIco, III quanto espressione di funzione giustiziaI .
non produce mai l'affievolimento del diritto soggettivo fatto valere con il rico e:
s,o; c.aso di ricorso gerarchico proposto a tutela di diritti soggettiv:,
l aZIOne gIUnsdIzIOnale conseguente va proposta davanti al giudice competent
Il giudizio
davanti al G.A.
alla cognizione di quel diritto. e
Per converso, in caso di giurisdizione del Giudice Amministrativo, il giudiz'
h
d
. lO
a carattere tra IZIOnalmente impugnatorio, a meno che non venga in rilievo l
giurisdizione esclusiva estesa ai diritti. a
Nel di del Giudice Amministrativo si discute per se, a
dI n?ett? .del ncorso gerarchico, il provvedimento da impugnare sia la .
declSlone gIUstIZIale sul ricorso amministrativo o il provvedimento dell'autorit'
di primo grado impugnato in sede gerarchica. Rilevanti sono le conseguenz:
dell' adesione all'una o all'altra tesi sul versante procedurale, soprattutto in ordi.
ne all'individuazione dell'Amministrazione a cui notificare il ricorso (v. anche
10 ss. sul punto).
Il problema invece non si pone nell'ipotesi di accoglimento del ricorso (l'at.
to impugnato in tal caso con chiarezza sostituito dalla decisione dell'autorit
adita); cos come nel caso di fonnazione del silenzio sul ricorso, con riferimento
a.l.quale, della Plenaria del 1989, pacifico che venga in
nlIevo un sIlenzIO nfiuto non significativo, per cui l'impugnazione non pu che
riguardare l'unico provvedimento esistente, quello c.d. di base.
Passiamo in rassegna le varie tesi.
La decisione a) Tesi del! 'assorbimento.
sul ricorso
gerarchico
assorbe il
provvedimento
c.d di base
In base a questa impostazione ermeneutica, la decisione definitiva sostituisce, assor-
bendolo, il prowedimento impugnato; ne deriva che il ricorso giurisdizionale pu essere
proposto solo nei confronti di questa decisione, conclusiva manifestazione della volont
amministrativa 1 6.
vincolante della decisione nei suoi confronti. Cos gi Cons. St., sez. II, parere 25 gennaio 1978,
n.349.
16 Tale tesi stata di recente condivisa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sen-
tenza n. 16039 del 7 luglio 2010, in Giust. civ. Mass. 2010, 7-8, 1019, secondo cui: "In base ai
principi generali in materia di ricorsi amministrativi dettati dal dP.R. n. 1199 del 1971 e dalla
legge n. 1034 del 1971, il ricorso giurisdizionale si propone contro l'atto di decisione del ricorso
e non contro il provvedimento con esso impugnato, assumendo la veste di parte
resIstente l organo che ha pronunciato la decisione sul ricorso, fermo restando che, in base alla
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2 455
Passivamente legittimato pertanto solo l'organo che ha emesso la decisione e non
quello che ha adottato il provvedimento impugnato, al pi legittimato ad intervenire ad
opponendum. . .. d' f: l .. , di' h""
. A seguito dell'avvento del pnncipIO l aco tat1Vlta e ncorso gerarc ICO, e ora pIU
difficile sostenere che, dopo la definizione del ricorso gerarchico, il provvedimento ori-
g
inariamente gravato (c.d. di base) sia tamquam non esset.
La decisione
b)
<r.esi del!' accessione. ., . . . .
1 t del ricorso
, stata cos elaborata la teSI dell acceSSIOne: III a questa, nel caso dI gerarchico
del ricorso, la decisione accede al provvedimento Impugnato rendendolo defi.ll1tIvo; accede:> al
la decisione in pratica non ha una capacit lesiva nuova rispetto al provvedImento
. d . l . d' . . t t' c d di base
sottostante, che rimane il vero oggetto del ncorso avantI a gIU Ice ammIll1S ra IVO. .. .
soprattutto diverso il concetto di atto definitivo: tale non la decisione sul ricorso,
ma il provvedimento di base a seguito della conferma data dalla reiezione del ricorso
gerarchico. . . ..
In tale prospettiva evidente che va evocato III gIUdIZIO solo (e comunque necessa-
riamente anche) l'organo che ha adottato il provvedimento base impugnato.
Diverso pertanto anche il modo di intendere la funzione dell'autorit decidente:
essa assume un ruolo pi simile all' autorit giurisdizionale, atteso che non si fa por-
tatrice dell'interesse particolare la cui gestione rimane di pertinenza dell'autorit che
emanato il provvedimento di base.
1
Gli
Tale soluzione, convincente sotto molteplici punti di vista, presenta nondimeno 'm-
inconvenienti
conveniente di rendere insindacabile (sia in sede giurisdizionale che di ricorso straordi- di tale opzione
nario) la decisione del ricorso gerarchico, con conseguenze rilevanti soprattutto nell' ipo- ermeneutica
tesi di vizi che attengono esclusivamente alla decisione, come nei casi di motivazione
carente o di violazione del principio del contraddittorio e, pi in generale, di regole
procedurali 17.
A fronte di queste considerazioni, la dottrina ritiene che al privato debba essere la- Libert di scelta
del privato
sciata salva la facolt di scegliere se impugnare la decisione o il prowedimento sotto-
stante, a seconda che l'interesse del privato sia quello di ottenere una nuova decisione
gerarchica in ordine al provvedimento sotto stante (per essere ad esempio quella prece-
dente inficiata da vizi di natura procedurale; ne deriva che sar possibile impugnarla per
ottenere eventualmente una nuova pronuncia sotto profili non ulteriormente deducibili
in sede giurisdizionale), o sia quello di impugnare il prowedimento di base. Ne deriva
regola dell 'assorbimento, la decisione di rigetto (anche non di merito) assume il valore di provve-
dimento implicito di contenuto uguale a quello impugnato con il ricorso gerarchico, salva solo la
diversa imputazione soggettiva, con la conseguenza che il sindacato in sede giurisdizionale pu
estendersi a tutti i motivi fatti valere con il ricorso gerarchico, in modo da consentire una pro-
nunzia risolutiva della controversia e non limitata alla correttezza del procedimento di decisione
del ricorso ".
'7Si veda sul punto T.A.R. Lazio, Latina, 2 febbraio 2001, n. 101, secondo cui la decisione sul
ricorso gerarchico si affianca, senza consumarlo, al provvedimento originario, rispetto al quale
si pone come atto meramente confermativo; ci tanto pi ove l'annullamento giurisdizionale del
provvedimento decisorio del ricorso gerarchico sia avvenuto per vizi di contenuto e non di forma
o di procedura, il che ha consentito al giudice amministrativo di estendere il proprio sindacato alla
fondatezza del ricorso amministrativo e, quindi, allo scrutinio di legittimit del provvedimento
impugnato in via amministrativa.
456
Il ricorso gerarchico
che sar da evocare in giudizio, a seconda dei casi, l'autorit che ema_
nato Il provvedimento o quella decidente
18
. .
c) Tesi dell 'autonomia.
La decisione
del ricorso
gerarchico ...
Altra teoria quella dell'autonomia che si distingue dalle precedenti in ragione
diverso modo di intendere il rapporto tra provvedimento base e decisione del ricorso. ,
La decisione non sostituisce, assorbendolo, il provvedimento base ma neanche '
cede a senza una specifica valenza lesiva ed una propria autonomia giuridica, 'Il
provvedImento base e la decisione del ricorso amministrativo sono due provvediment'i
distinti, esplicazione di poteri diversi: uno di amministrazione attiva e l'altro di
giustiziale; essi hanno pertanto dignit ed esistenza autonoma.
... come
prowedimento
distinto
rispetto al
prowedimento
c.d. di base
In sede giurisdizionale ( o straordinaria), pertanto, ci che bisogna impugnare la de-
cisione del ricorso gerarchico sia per profili formaI-procedurali sia per aspetti sostanziali
afferenti alla fondatezza del ricorso gerarchico. L'eventuale accoglimento del gravame
non travolge anche il provvedimento base; ne deriva che, in caso di accoglimento del
ricorso giurisdizionale, permane la necessit di una nuova pronuncia dell'autorit deci-
dente in ordine al ricorso gerarchico,
Oscillazioni
giurisprudenzia-
li tra le opposte
tesi
La giurispru-
denza favore-
vole alla tesi
dell 'accessione
Questa teoria, pertanto, si distingue da quella dell'assorbimento per la sopravvivenza
del provvedimento di base, mentre si differenzia dalla teoria dell'accessione per l'esclu-
sione della possibilit di un sindacato diretto da parte del giudice sul provvedimento di
base.
d) Tesi mista.
Parte della dottrina reputa, infine, che il ricorso giurisdizionale debba investire sia
la decisione che il provvedimento di primo grado, con la conseguenza che il ricorso do-
vrebbe essere notificato ad entrambe le autorit.
La giurisprudenza tradizionale propende per la tesi dell' assorbimento, per cui oggetto
dell'impugnazione in sede giurisdizionale la decisione del ricorso amministrativo19.
La teoria dell'accessione stata per sostenuta nel 1996 da una decisione della IV
sezione del Consiglio di Stat0
20
Il Supremo Organo della giustizia amministrativa ha,
infatti, ritenuto ammissibile, in presenza di una decisione gerarchica di rigetto, il ricorso
giurisdizionale nel quale l'interessato si limiti a dedurre solo la lesione subita per effetto
del provvedimento di base.
Nel decisum si osserva che la decisione gerarchica di rigetto risulta correlata al prov-
vedimento oggetto dello stesso ricorso gerarchico, talch, sul piano sostanziale, pu
essere qualificata non come conferma in senso proprio, bens quale atto ad effetto mera-
mente confermativ0
2I

18Alla teoria dell'accessione sembra aderire Cons, St., sez. VI, 16 settembre 2002, n. 4661, in
c.
0ns
. St., 20?2, I, 1904, secondo cui la competenza territoriale, in caso d'impugnazione giurisdi-
ZIOnale congmnta del provvedimento base dell'autorit periferica e della decisione dell'autorit
centrale sul ricorso gerarchico, va sempre definita in relazione al provvedimento base. V. poi
T.AR. Friuli 26 gennaio 2006, n. 47, in giurisd. amm., n. 1/2006,26, secondo cui nell'esercizio
del potere decisione su ricorso gerarchico l'autorit non pu integrare la motivazione del prov-
vedImento Impugnato dovendosi solo pronunciare sulle censure dedotte.
19 Cfr, ex plurimis, Cons. St., sez. V, 451/1978; Cons. St., sez. IV, 960/1984; T.AR. Calabria
882/1993.
2Cfr Cons. St., sez. IV, 12 marzo-4 settembre 1996 n. 1010.
21La differenza concettuale tra le due categorie di atti amministrativi risiede nel fatto
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2
457
rt
nto l'accertamento condotto in sede giurisdizionale risulta limitato alla sola
Sepe a . . . 'd'
'd't' del precedente provvedimento, avendo per oggetto la SituaZIOne gmn lca sog-
val! 1 a . .., h la
, dell'interessato cos come lesa dal provvedImento ongmano, ne consegue c e
gettl
va
. l . ., "d t e
. " gerarchica non pu ritenersi dotata dI autonoma eSlvlta ne 1 onea a mu ar
Ieclslone
del contendere. ..' .
; ... La giurisprudenza pi recente, tuttavia, sembra essere onentata m scnso contrano,
,i. 'lt' o 1'1 TA R Ueneto Venezia 13 dicembre 2010, n. 6470, ha affermato che
dau 1m, .. , v'" .' . .
''Nel caso in cui il provvedimento del superiore Il
m'ug
nato
in sede gerarchica, l'annullamento in sede del
del superiore gerarchico per vizi riferibili .al provvedImento m sede
: hl'ca e fiatti valere con il ricorso gerarchICO, comporta anche l annullamento
gerarc , . ., 1034
do l ravvedimento originario: tale principio espresso mfattl dall art. 20, l. n.
li:l 971 (nella fattispecie, vigente al momento della del ,:icorso / che
e
de espressamente che il ricorso al Tribunale ammInIstratIvo regIOnale e pro-
prev . l' , d'
'bile contro la decisione sul ricorso gerarchICO e dunque senza a necessIta I
pOnI . . 'l .
, 'Pugnare il provvedimento originario in via autonoma nel caso m CUI I superIOre
abbia confermato il provvedimento originario; tale soluzione del re-
;ta coerente con il principio di economia dei mezzi giuridici, che alla
dell'analogo principio codificato dall'art. 105 del codice del processo
cui di regola il Consiglio di Stato, nel giudizio d'appello:
stesso l'annullamento del provvedimento amministrativo impugnato m przmo .g:ado ..
Sembrerebbe, dunque, che il ricorso giurisdizionale debba investire sia la .declSlone
sede di ricorso gerarchico che il provvedimento-base, con una chiara adeSIOne alla teSI
mista, sino ad oggi solo dottrinaria
22

8. Motivi del ricorso giurisdizionale dopo la decisione gerarchica


In ordine ai motivi deducibili in sede di ricorso giurisdizionale proposto succes-
sivamente alla definizione del ricorso gerarchico si riscontrano sia in dottrina
che in giurisprudenza due diversi orientamenti. .
Una giurisprudenza molto ampia
23
sostiene l'inammissibilit d.ella
ih sede giurisdizionale di motivi diversi rispetto a quelli propostI con Il
amministrativo (c,d. motivi non dedotti ma deducibili); diversamente opmando
che la conferma caratterizzata, a differenza dell'atto meramente confermativo, da. una rin-
novata ed autonoma valutazione dei fatti, in una vera e propria rinnovazione sostanzIale
vicenda oggetto della precedente valutazione. Cfr T.A.R. Latina, 5 aprile 2004, n. 150, 111 I
T.A.R., 2004, I, 1846.
1
2
Si veda anche T.AR. Torino Piemonte sez. I, 5 giugno 2009, n. 1601.
23 Cfr, ex plurimis, Cons. St., VI, 5 2008, n. 4231 secondo cui: "Con ricorso
giurisdizionale volto all'impugnativa di una decisione gerarchica non possono dedurSI censure
diverse da quelle originariamente versate in sede contenziosa amministrativa". V. anche T.AR.
Cagliari - Sardegna, sez. I, lO aprile 2009, n. 472, in Foro amm. T.A.R. 4, ha
da ultimo ribadito come in sede di ricorso giurisdizionale avverso una deCISIOne dI ngetto dI un
ricorso amministrativo gerarchico deve rilevarsi l'inalmnissibilit delle censure non sollevate con
i motivi del ricorso proposto contro l'atto originario.
Inammissibilit
di motivi nuovi
rispetto a quelli
dedotti in sede
gerarchica
Tesi che ammet-
te nuovi motivi
Per la teoria
del! 'assorbi-
mento, dell'au-
tonomia e mista
458 Il ricorso gerarchico
si fornirebbe al privato un comodo espediente per eludere il termine di decaden_
za di sessanta giorni per impugnare il provvedimento base.
Dopo l'introduzione della facoltativit del ricorso amministrativo
sione di motivi nuovi permetterebbe, infatti, ricorrente che ha scelto di
prendere la strada del ricorso amministrativo di proporre in sede giurisdizionale
i
dopo anche diversi anni, motivi che avrebbe dovuto e potuto proporre entro gli
ordinari termini di decadenza
24
.
evidente peraltro che anche per tale tesi possibile proporre in sede giuri-
sdizionale motivi nuovi che attengano a profili propri della decisione ed
nei al provvedimento di base (come vizi procedurali o relativi alla motivazione'
alla forma ed alla competenza)25. '
La tesi contraria reputa possibile la deduzione, in sede giurisdizionale, di
motivi diversi da quelli proposti con il ricorso amministrativo. Si sottolinea a , .
sostegno dell'assunto, come proprio la reciproca autonomia dei due ricorsi - a
seguito dell'avvento del principio della facoltativit di quello amministrativo e
del venir meno della pregressa finalizzazione del ricorso amministrativo rispetto
allo sbocco giurisdizionale - debba necessariamente condurre a condividere la
possibilit di dedurre motivi nuovi in sede di ricorso giurisdizionale; e tanto
soprattutto se in sede di ricorso amministrativo si sono spiegati solo motivi di
merito non prospettabili di norma in sede giurisdizionale. .
9. Effetti della sentenza amministrativa di accoglimento
Si pu ora procedere all'esame degli effetti dell' accoglimento del ricorso
risdizionale proposto contro la decisione del ricorso gerarchico, secondo le tesi
dell'assorbimento, dell'autonomia o mista, nella misura in cui ammettono solo
od anche la proposizione di ricorso avverso il provvedimento giustiziale.
Secondo dette teorie, il Giudice Amministrativo deve annullare con rinvio all'autorit
che ha adottato la decisione nell'ipotesi di ritenuta fondatezza di vizi di natura esclu-
sivamente formale. In tal caso pertanto al giudice sarebbe precluso passare
dei successivi vizi sostanziali, e tanto sull'assunto che l'errore in cui incorsa
rit decidente abbia, in sostanza, precluso la possibilit di un sindacato completo sulla
24Sul punto v. T.A.R. Campania, Salerno, 14 febbraio 2008, n.197, secondo cui: "Alfne di garan-
tire il rispetto del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, in sede
di ricorso gerarchico devono essere dedotti tutti i motivi di doglianza contro il provvedimento
impugnato potendo poi, in sede di ricorso giurisdizionale contro la decisione di rigetto, esser
proposte nuove censure solo limitatamente ai vizi di detta decisione ".
25 In tal senso Cons. St., sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5205, secondo cui "Contro la decisione del
ricorso gerarchico possono farsi valere non solo le censure relative alle ulteriori
ni eventualmente svolte in sede gerarchica, ma anche quelle relative al cattivo esercizio della
funzione giustiziale, come ad esempio il difetto di motivazione, onde far emergere, per altra via,
l'illegittimit del provvedimento di base ".
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2
459
'tuaz
ione
sostanziale. Diversamente, in caso di accoglimento per motivi sostanziali,
SI . motivi del ricorso riguardano la legittimit del provvedimento base, il sindacato
se I . d dI' h' t
. risdizionale potrebbe estendersI alla fon atezza e ncorso gerarc ICO e compor are
f.lunnullamento del provvedimento impugnato in sede gerarchica; ne deriva che, in tale
:co
nda
ipotesi, gli ulteriori provvedimenti dell'autorit amministrativa
all'autorit che ha deciso il ricorso gerarchico ma a quella che ha adottato 11 prov-
vedimento di base.
In ossequio alla teoria dell'accessione, altra giurisprudenza reputa invece sempre
ossibile il sindacato diretto da parte del G.A. del provvedimento di base, a prescindere
tipo di vizio dedotto in ricorso. In tale ottica l'unica nicchia in cui viene salvaguar-
data la possibilit di una nuova decisione da parte dell'autorit che si occupata della
questione in sede che riguarda i.vizi di merito:
precludere la posslblllt.a dI nesame .del dal dI VIsta del
merito si risolverebbe m un maccettablle vulnus del dmtto ad un adeguata tutela gIUn-
E per la teoria
del! 'accessione
sdizionale.
10. Il silenzio sul ricorso amministrativo e la successiva tutela giurisdizio-
nale
Da ultimo, va trattato il problema delle conseguenze rivenienti, sotto il profi-
lo della tutela giurisdizionale, dall'infruttuoso decorso del termine di novanta
giorni entro il quale, a mente dell'art. 6 del D.P.R. 1199/1971, il ricorso gerar-
chico deve essere deciso. In particolare, si deve verificare quali siano gli effetti
dell'adozione della decisione in un torno di tempo successivo allo spirare di
detto termine (c.d. provvedimento sopravvenuto).
Prima dell'emanazione del D.P.R. 1199/1971 e della L. T.A.R., la giurispru-
denza riteneva che, nonostante la scadenza del termine previsto per la decisione,
la pendenza del ricorso giurisdizionale e il rigetto conseguentemente formatosi,
la P.A. potesse ugualmente decidere il ricorso. Il provvedimento esplicito di ac-
coglimento sopravvenuto comportava la cessazione della materia del contende-
re. Il provvedimento esplicito sopravvenuto di rigetto onerava il ricorrente alla
proposizione del ricorso giurisdizionale nei termini di legge
26
.
Dopo le innovazioni legislative del 1971, la giurisprudenza prevalente, for-
matasi a seguito di una decisione della Plenaria del 1978
27
, ha ritenuto che la
P.A., decorso il termine di novanta giorni (ex art. 6 D.P.R. 1199/1971) e matura-
ta, per conseguenza, una vera e propria decisione tacita di rigetto, non possa pi
qecidere il ricorso gerarchico, anche in mancanza di un ricorso giurisdizionale o
straordinario, esercitando un potere ormai consumat0
28

26Cons. St., Ad. plen., 3 maggio 1960, n. 8.


f7Cons. St., Ad. plen., 7 febbraio 1978, n. 4.
28TAR. Napoli-Campaniasez. III, 15 dicembre2009,n. 8768, inForoamm. TA.R. 2009, 12,3552;
in termini TAR. Perugia- Umbria sez. I, lO luglio 2009, n. 400.
Possibilit
di decidere il
ricorso dopo
la scadenza del
termine previsto

460
Il ricorso gerarchico
Impossibilit
di emettere il
provvedimento
decisorio dopo
la scadenza del
termine previsto
Sulla sorte del provvedimento decisorio del ricorso gerarchico '
dopo la giorni, la sentenza in esame ha affermato che
questo caso Il sIlenzIO eqUIvale formalmente a decisione di rigetto,
suddetto provvedimento invalido per violazione del principio del ne b' '
'--1 d' b' 18
1uem e Impugna Ile per tardivit, ma non ihesistente od inefficace,
Tale decisione ha poi distinto:
.za tardiva di rigetto deve considerarsi meramente confermativa di
Non impugnabile, ma possono proporsi
tlVI aggIUntl alI eventuale ncorso gIUnsdlZ10nale o straordinario'
la decisione tardiva di accoglimento comporta la revoca di 'quella tacita di
Pertanto, se non vi sono contro interessati, vi sar cessazione della materia del
re, Qualora ,vi questi potranno esperire, nell'ordinario tempo'd!'
decadenza, Il nmedIO gIUnsdizIOnale contro la nuova decisione viziata per tardiv'1' ,0
La S d d' , I a,
conservazione O un Iverso onentamento giurisprudenziale, culminato in due arresti
del potere di Plenana del 1989
29
, la P,A. conserva il potere di decidere il ricorso gerarchico nono sta t'
decidere da scadenza del tennine di novanta giorni e l'eventuale proposizione di ricorso giuri
parte della PA, ZIOn l t d' '30 D'., "l d S I
a e o s raor mano, llattI, I ecorso del tennine di legge non concreta alcun p
d' , , rov-
ve, ,taCIto m,a semplice presupposto processuale, che consente al
pnvato dI ncorrere m VIa gIUnsdizIOnale o straordinaria: questa conclusione avvalorata
t,enore 6 del D,P,R. 1199/1971, nella parte in cui prevede
blhta del ncorso gIUnsdizIOnale o straordinario non gi avverso il provvedimento t 't"
d" b' ' aCIo
I ngetto, ensi avverso Il provvedimento originario, gi impugnato in sede :
base)" Di stante la non fonnazione di alcun provve-
dIn:ento tac,Ito, dI Il provvedImento sopravvenuto da ritenersi perfettamente
vahdo e, non Impugnabile per violazione del ne bis in idem o per tardivit,
Alla base dI tale conclusione militano anche:
La tutela per ) l 't' d' 'l '
vizi di merito a ,a neceSSI a I a, una tutela nel merito, Difatti, se il ricorso
I termini di
decadenza per
l'impugnazione
del silenzio
rigetto
chlco fosse espento per VIZI dI mento, la qualificazione del silenzio dell'autorit adita
c,ome tacito di rigetto onererebbe il ricorrente ad esperire i rimedi del
ncorso o straordinario al d,P,R. nei termini di decadenza, privandolo
della tutela dI mento, contro, qualificazione del silenzio come mero presupposto
consente dI attendere, eventualmente attivando la procedura del '
la deCISIOne sul merito dell'autorit investita del ricorso gerarchic03I;
b) Il che, non essendo prevista l'assistenza difensiva obbligatoria in sede di ricor-
so la qualificazione del silenzio come silenzio-rigetto indurrebbe il ,
te ad mcappare nei suesposti tennini di decadenza, '
29Cons, St., Ad, plen" 24 novembre 1989, n. 16 e 4 dicembre 1989 n 17 Cv., da lt' TA R'
C . ,. 'cl' U Imo , , .
30 ampama sez. II,. 2 marzo 2006, n. 2546, in Giurisprudenza amministrativa, 3/2006, 471.
31 In senso vedi anche di Giustizia Amministrativa, Torino, 2000, 154.
T.A.R, Sardegna, CaglIan, 6 apnle 2010, n, 663, secondo cui: " La scadenza del termine
del :0 pre:isto dal! 6 deID.PR. n. 1199 del 24 novembre 1971 non estingue il potere
dell di deCidere Il ricorso amministrativo, avendo il soggetto interessato tuttavia
la !acolta di giurisdizionale avverso il silenzio-rigetto, ovvero di attendere, ai
finz della eventuale Impugnativa, la decisione tardiva del! 'amministrazione ".
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 2 461
Il ricorrente in sede gerarchica, una volta decorsi i novanta giorni, pu in definitiva
due strade,
La prima possibilit quella di esperire il ricorso giurisdizionale o straordinario av-
verso il provvedimento base, rispettivamente nei sessanta e nei centoventi giorui suc-

'La decisione esplicita di rigetto che intervenga in pendcnza di giudizio (o di ricorso a)
straordinario) (violativa del dovere dell' Amministrazione di dichiarare l' improcedibilit
del ricorso gerarchico in pendenza di ricorso giurisdizionale), poich costituisce atto ad provvedimento
effetto confermativo non gi della decisione tacita di rigetto bens del provvedimento base
non onera il ricorrente ad un' autonoma impugnativa, ma consente la propo-
di motivi aggiunti al ricorso giurisdizionale o straordinario. Il provvedimento
di accoglimento produce invece la cessazione della materia del contendere in
inancanza di controinteressati o legittima gli stessi alla proposizione del ricorso giuri-
sdizionale o straordinario nei termini di decadenza ordinari, con il quale potranno essere
tledotti vizi diversi da quello (inesistente) di tardivit,
i, Ove, addirittura, la decisione gerarchica intervenga dopo la formazione del giudicato
sul ricorso giurisdizionale, si applicher la regola generale della prevalenza del giudicato
sulla decisione amministrativa,
La seconda strada percorribile quella di attendere l'adozione del provvedimento
tardivo decisorio del ricorso gerarchico e, in caso di ulteriore inerzia da parte della P,A.,
attivare a tal fine la procedura del silenzio-rifiuto,
t' In base a detta impostazione, quindi, il privato, da un lato, non perde la possibilit
di proporre il ricorso giurisdizionale o straordinario avverso il provvedimento tardivo;
dall'altro, come detto, pu conseguire una tutela di merito, non ottenibile in sede giu-
risdizionale o straordinaria a causa della non deducibilit di motivi di merito in seno a
dette fonne di ricorso,
Quanto alla menzionata possibilit di incentivare la formazione del silenzio-rifiuto,
la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il procedimento amministrativo sca-
turente dalla proposizione del ricorso gerarchico, seppur di carattere giustiziale, non
pu sfuggire all'applicazione dell'obbligo, generalizzato dalla L. 241/90, di conclusione
del procedimento con un provvedimento espresso e motivato, e che pertanto sussiste
l'interesse del ricorrente, tutelabile anche in via cautelare, a che l'Amministrazione si
pronunci sul ricorso gerarchico in maniera esplicita e con adeguata motivazione, senza
che all'uopo il ricorrente sia costretto ad avviare con apposita diffida la procedura del
rifiuto.
La giurisprudenza amministrativa ha altres puntualizzato che ove, una volta decorsi
infruttuosamente i termini per la definizione del ricorso gerarchico (od in pendenza di
tali termini), l'Amministrazione adotti ulteriori provvedimenti in esecuzione o comun-
que conseguenti al provvedimento impugnato con ricorso gerarchico pendente, l'impu-
gnazione con ricorso giurisdizionale di tale ulteriore provvedimento comporta la traspo-
siiione in sede giurisdizionale dell 'intera vicenda, e quindi anche del provvedimento
impugnato con ricorso amministrativo non conclus0
32
, La tempestivit del ricorso deve
32Sull'istituto stato recentemente ribadito che "Non configurabile a carico dell' Amministra-
zione l'obbligo di pronunciarsi in modo espresso su un ricorso gerarchico su cui si gi formato
b) Attivazione
della procedura
del silenzio
rifiuto
Impugnazione
giurisdizionale
di provvedimen-
ti conseguenti al
provvedimento
impugnato con
ricorso gerar-
chico pendente
Inapplicabilit
del nuovo
rito al caso
d'impugnazione
del
provvedimento
base
Applicabilit al
caso d'interesse
del ricorrente
alla formazione
del silenzio-
rifiuto
462 Il ricorso gerarchico
essere, in tal caso, valutata solo con riguardo all'atto da ultimo adottato dall'Ammini_
strazione.
10.1. Gli effetti del nuovo rito del silenzJo scolpito dal!' art. 21-bis della L.
1034/1971 e recepito dagli artt. 31 e 117 del codice del processo ammini-
strativo
La Commissione Speciale del Consiglio di Stato, con parere 17 gennaio 2001
,
ha ribadito la validit dell'insegnamento sin qui esposto soggiungendo che il
nuovo rito del silenzio di cui all'art. 21 bis della L.1034/197l (introdotto dalla
L. 205/2000), poi confluito negli artt. 31 e 117 cod. proc. amm, non applicabile
nell'ipotesi in cui l'interessato, decorso infruttuosamente il termine di novanta
giorni, impugni direttamente il provvedimento base.
L'assunto perfettamente coerente con la considerazione che il nuovo rito
finalizzato ad una decisione che dichiari l'obbligo per la P.A. di adottare iI
provvedimento omesso e, quindi, inconciliabile con l'ipotesi in cui il giudizio
sia finalizzato, sulla base del presupposto processuale del silenzio rifiuto, alla
contestazione del provvedimento base.
Al contrario, il nuovo rito appare applicabile nel caso in cui, decorso il ricordato
termine, l'interessato attenda ulteriormente il pronunciamento decisorio della PA
sul ricorso gerarchico e lo incentivi facendo formare l'apposito silenzio-rifiuto. In
tal caso, all'evidenza, il giudizio assolve alla funzione, propria del rito di cui all'art.
2 della L. 205/2000, di accertare l'omissione della decisione e di costringere l'Am-
ministrazione ad adottarne una gerarchica, decisione che si visto essere infungibi-
le in sede giudiziaria ove il ricorso gerarchico verta su profili di merit0
33

Sul tema si rinvia alla sez. II, cap. II, ed alla parte III, cap. IV anche per l'esa-
me degli effetti della legge 80/2005, che ha trasformato il giudizio sul silenzio in
giudizio sulla fondatezza della pretesa sostanziale.
il silenzio-rigetto per decorrenza dei termini prescritti dal D.P.R. 1199 del 1971. Deve, infatti,
ritenersi che la mancata decisione del ricorso in questione consente all'interessato solamente di
impugnare in sede giurisdizionale o straordinaria il provvedimento entro 60 e 120 giorni dalla
formazione del C.d. silenzio-rigetto successivo al decorso di 90 giorni dalla presentazione del
ricorso gerarchico, come previsto dall'art. 6, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199; ma tale com-
portamento omissivo non costituisce, attesa la valenza provvedimentale (di atto di diniego) che il
Legislatore gli attribuisce, un fatto cui l'istante possa reagire in sede giurisdizionale proponendo
il ricorso di cui all'art. 2l-bis, L. 241 del 1990. Il rito speciale predetto stato, infatti, configurato
dal Legislatore come rimedio contro il "silenzio non qualificato" dell'annninistrazione, essendo il
meccanismo in questione naturalmente volto a contrastare l'inadempimento (mero) dell'obbligo
di provvedere incombente sulla P.A., sicch non in tale sede contestabile un comportamento
omissivo qualificato espressamente dalla legge come silenzio significativo (di diniego)" (T.A.R.
Campania, Napoli, sez. III, 18 giugno 2009, n. 3360). Nello stesso senso Cons. Stato, sez. III, 28
ottobre 2010, n. 3397, in Foro amm. CDS 2010, 10,2250.
33COS Cons. St., sez. I, 11 dicembre 2009, n. 2154, in Foro amm. CDS 2009, 12,2960. In termi-
ni, T.A.R. Parma - Emilia Romagna, 13 marzo 2010, n. 94 e T.A.R. Napoli - Campania, sez. III,
18 giugno 2009, n. 3360.
CAPITOLO 3
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
SOMMARIO: l. Brevi cenni storici. - 2. I caratteri generali del ricorso straordinario. - 2.1.
Il ricorso straordinario viene giurisdizionalizzato dall'art. 69 della legge 18 giugno 2009 n.
69. - 2.2. La giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario ne implica l'attrazione nel
sistema della giurisdizione amministrativa. Il ricorso straordinario quindi ammissibile solo
per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (art. 7, comma 8, del codice del
processo amministrativo). - 3. L'ambito di operativit del ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica. - 3.1. Problemi dal punto di vista soggettivo. - 3.2. Problemi dal punto
di vista oggettivo. - 3.3. sempre necessaria l'impugnazione di un atto oppure, in caso di
lesione di un diritto soggettivo, sono ammissibili azioni di accertamento? - 3.3.1. Ricorso
straordinario e risarcimento dell'interesse legittimo. - 3.4. Ricorso straordinario e giudici
speciali. - 3.5. Ricorso straordinario e riti speciali C.d. assoluti. - 4. L'alternativit del
ricorso straordinario. - 4.1. L'alternativit riguarda anche i diritti soggettivi affidati alla
giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo? - 4.2. Alternativit ed impugnazione
del medesimo atto da parte di uno o pi cointeressati. - 4.3. Alternativit ed impugnazione
di atti connessi. - 4.4. Alternativit e motivi di ricorso. - 4.5. Alternativit e giudizio di
ottemperanza. - 4.6. Aspetti procedurali. - 5. La trasposizione del ricorso straordinario in
sede giurisdizionale. - 6. Le garanzie procedurali nel ricorso straordinario. - 6.1. L'av-
vento della tutela cautelare (art. 3 della L. 205/2000). - 6.2. I rimedi in caso di ritardo nella
definizione del ricorso straordinario. - 7. l rimedi avverso la decisione del ricorso straordi-
nario. - 8. Avvicinamento del ricorso straordinario alla tutela giurisdizionale pura: il rinvio
pregiudizi aie alla Corte di Giustizia; la rimessione alla Corte costituzionale; l'esecuzione della
decisione con giudizio di ottemperanza. L'accelerazione impressa dall'art. 69 della L. 69/2009
e dall'art. 7 del D.Lgs. 104/2010. - 8.1. La Corte di Giustizia consente la proposizione di
questione pregiudiziale. - 8.2. Il Legislatore del 2009 ammette la possibilit di sollevare
incidentalmente questione di legittimit costituzionale. - 8.3. Il problema dell'ammissibilit
del giudizio di ottemperanza ai fini dell'esecuzione della decisione sul ricorso straordinario: si
. impone la risposta affermativa dopo la L. 6912009 ed il D.Lgs. 104/2010.
1. Brevi cenni storici
II ricorso straordinario un istituto di origine remota, riconducibile tradizional-
mente ai poteri originari del Sovrano nelle monarchie assolute.
Esso costituiva il rimedio estremo a cui l'interessato poteva ricorrere per ot-
L'origine
dell 'istituto
464
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
tenere giustizia, una riduzione della pena od una grazia in caso di condanna alI
. 1 a
pena capIta e.
I dubbi sulla
La legittimit di tale istituto stata per molti anni dibattuta: la mancata com_
legittimit
dell'istituto posizione delle diverse opinioni stata prima del D.P.R. 1199171 incentivata
dalle oscillazioni giurisprudenziali della stessa Corte costituzionale.
Il D.P.R. 1199171, dedicando ben 8 articoli (dall'8 al 15) al ricorso straor_
dinario, ha ribadito inequivocabilmente l'altemativit tra ricorso straordinario
al P.d.R. e ricorso giurisdizionale al T.A.R., senza per eliminare i dubbi sulla
compatibilit di tale istituto con l'assetto dettato dalla Costituzione.
Le ultime A seguito di tale decreto, tuttavia, la Corte costituzionale, ripetutamente chI'a-
pronunce della
Corte costituzio- mata a pronunciarsi su tale istituto, ha non solo confermato la legittimit costi-
naIe sul tuzionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma ha anche sottolineato
straordznarlo '1 " .
I suo carattere dz rzmedzo straordinario contro eventuali illegittimit di atti
amministrativi definitivi, che i singoli interessati possono evitare con modica
spesa, senza bisogno dell'assistenza tecnico-legale e con il beneficio di termini
di presentazione del ricorso particolarmente ampi!.
2. I caratteri generali del ricorso straordinario
Carattere l) In primo luogo il ricorso straordinario un rimedio amministrativo di ca-
generale
rattere generale (esso cio esperibile in tutti i casi in cui non sia escluso dalla
legge) che riguarda atti definitivi, sia dell'amministrazione statale che di altre
amministrazioni. A differenza del ricorso gerarchico, il ricorso straordinario
esperibile solo nei confronti di atti per cui l'amministrazione ha definitivamente
manifestato la sua volont.
Finalit 2) Trattasi di un rimedio eliminatorio originato dall'impugnazione di un atto
eliminatoria
amministrativo, che culmina nella caducazione dell' atto gravato mentre la rinno-
vazione dello stesso rimessa all'autorit che ha emanato l'atto impugnato (art.
14 D.P.R. 1199/1971).
Impugnatorio 3) Essendo un rimedio di tipo impugnatori o non erano, tradizionalmente, con-
siderate possibili azioni di mero accertamento dichiarative di diritti e pretese
patrimoniali; ovvero azioni di condanna al risarcimento del danno cagionato dal
comportamento illecito o dal provvedimento illegittimo; o, ancora, azioni di ese-
cuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.
Solo per vizi di 4) Con il ricorso straordinario dato sindacare esclusivamente vizi di legittimit e
legittimit
. . . non anche vizi di merito, invece deducibili in sede di ricorso gerarchico (v. cap. II).
Sia per znteressl 5) DI'versament d t d '1' l' d' ....
l 'tt' . h e a quan o acca e per I ncorso a gm Ice ammInIstratIvo dI
egl ImI c e per . . ,
diritti soggettivi norma espenbIle solo a tutela di interessi legittimi eccezion fatta per i casi di
giurisdizione esclusiva, il ricorso straordinario esperibile sia per la tutela di
interessi legittimi che di diritti soggettivi.
I V. Corte Cost., 31 dicembre 1986, n. 298.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 465
6) Il ricorso straordinario poi caratterizzato dall' alternativit rispetto al ricorso L'alternativit
1 Giudice Amministrativo: in virt di questo principio una volta intrapresa la
:trada del ricorso straordinario non pi possibile esperire il ricorso giurisdi-
ionale davanti al Giudice Amministrativo e viceversa (electa una via non datur
ad alteram); cos come non possibile, se non per vizi procedurali .e
fonnali, impugnare in sede giurisdizionale amministrativa il decreto che ha decI-
o il ricorso straordinario. Detto requisito non veniva in rilievo in caso di ricorso
:piccato per far valere diritti soggettivi affidati alla ordinaria. Si
reputava, che il ricorso. str.aordinario un concon:ente con la
tutela innanzI al g.O. e che, qumdI, a fronte dI una deCISIOne resa su ncorso stra-
ordinario l'interessato potesse agire innanzi al g.O., chiedendo la disapplicazione
della decisione amministrativa. . .
L'esperibilit a .di devolute g.?,.e
pi in generale a gIUdICI dIversI da quello ammmistratIvo, e stata tuttavIa ehmI- provvedimento
nata dall'art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo. amministrativo
7) Infine, almeno secondo l'impostazione tradizionale, il ricorso straordina-
rio un ricorso amministrativo ed il provvedimento che lo conclude pur
sempre un provvedimento amministrativo. Bisogna peraltro sottolineare che
l'intervento decisivo del Consiglio di Stato nel procedimento per la decisione
avvicina molto il ricorso straordinario al ricorso giurisdizionale e che tale
giurisdizionalizzazione stata consacrata dalle L. 69/2009 e dal decreto legi-
slativo n. 104/2010.
2.1. Il ricorso straordinario viene giurisdizionalizzato dall'art. 69 della legge
18 giugno 2009 n. 69
Il rimedio in esame ha conosciuto una mutazione genetica per effetto delle po-
che ma decisive modifiche apportate dall'art. 69 della legge 18 giugno 2009,
n.69.
Detta nonna, ha, in primo luogo, previsto (con la riscrittura dell' art. 13 del
D.P.R. 1199/1971) che il Consiglio di Stato, in sede di espressione del parere sul
ricorso, pu sollevare questione di legittimit costituzionale. Detta legittima-
zione sottintende la considerazione del Consiglio quale organo giurisdizionale,
tale legittimato alla sollevazione della questione incidentale di costituzio-
nalit in base alle norme costituzionali in materia.
In secondo luogo, la riforma del 2009, riscrivendo l'art. 14, commi 1 e
2 del D.P.R. 1199/1971, ha eliminato la possibilit dell'Amministrazione di
discostarsi dal parere del Consiglio di Stato sottoponendo la questione al Con-
siglio dei Ministri. Il parere del Consiglio di Stato acquisisce, quindi, natura
vincolante rispetto alla proposta del Ministro ed alla conseguente decisione
del Capo dello Stato. Detta modifica sposta sul Consiglio di Stato, organo
terzo e giurisdizionale, il peso esclusivo della decisione, cos considerando il
466 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
parere del Consiglio non pi atto amministrativo consultivo ma atto decisi orio
finale (pur se formalmente endoprocedimentale). Per converso, il decreto del
Presidente della Repubblica che definisce il ricorso degrada da provvedimento
amministrativo sostanzialmente decisorio ad atto di mera esternazione della
decisione giurisdizionale assunta dal Consiglio di Stato. Risulta cos, in modo
decisivo, suffragato il carattere paragiurisdizionale del rimedio. Si d, in de fii'
nitiva, la stura ad un ricorso giurisdizionale per saltum al Consiglio di Stato
con rinuncia al doppio grado che si fonda sull'accordo delle parti per
della mancata opposizione della P.A. e dei controinteressati all'iniziativa giu.,
stiziale del ricorrente.
Da tale giurisdizionalizzazione del rimedio si ricava
2
, come ulteriore coro!.;
lario, questa volta implicito, l'estensione del rimedio dell'ottemperanza in caso
di mancata esecuzione della decisione resa sul ricorso (v. 8.3.). Si generalizza.
,
cos, una soluzione abbozzata in materia di contratti pubblici dall'art. 245 del
D.Lgs. 163/2006 (v. parte III, cap. XI, 8 ss., anche per l'esame dell'orienta,
mento favorevole da ultimo assunto dalle sezioni Unite con la sentenza n.2065.
del 28 gennaio 2011?
2 Sul nuovo volto del ricorso straordinario v., incisivamente, F. FRENI, Il nuovo ricorso
nario al Presidente della Repubblica, Roma, 2010. .
] In senso contrario alla natura giurisdizionale del rimedio si espresso di recente T.A.R. Lazio,
sez. I, 16 marzo 2010, n. 4194: "Non sussiste, anche alla luce dell'intervento modificativo di cui
all'art. 69 della L. 69/09, che ha affermato che il Consiglio di Stato possa sollevare questioni
di costituzionalit, il carattere giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, in
quanto l'attribuzione di una portata interpretativa in tal senso di detta norma, si porrebbe in
contrasto, tanto con l'art. 125 della Costituzione, che afferma il principio del doppio grado di
giurisdizione (laddove il ricorso straordinario verrebbe, comunque, ad essere definito esclusiva-
mente a seguito dell'espressione del parere del Consiglio di Stato), quanto con l'art. 137 della
Costituzione (che demanda alla legge costituzionale l'individuazione delle condizioni, delle form
e dei termini di proponibilit dei giudizi di legittimit costituzionale) e d'altro canto,
illogica la persistenza, nella sua originaria configurazione, dell 'istituto della trasposizione di
all 'art. 10 del D.P.R. 1199/1971, che prevede, appunto, la facolt per i contro interessati, entra
il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, di richiedere che esso sia deciso in
sede giurisdizionale". Parte della dottrina (FRENI cit.) dubita poi della legittimit costituziona:
le di detta giurisdizionalizzazione, che pure sembra essere incentivata dal Legislatore ordinario.
Partendo, infatti, dall'indicazione offerta da Corte cost. 298/1986 che esclude la presenza di una
garanzia costituzionale a favore del rimedio in esame, occorre verificare se il mutamento di natura
giuridica dell'istituto lasci presagire prossimi interventi della Consulta per ricondurre il ricors6
straordinario in confOlmit con i precetti costituzionali. Un primo dubbio riguarda la
del rimedio con il dettato di cui all'art. 125 Cost. secondo il quale: "Nella Regione sono istituiti
organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della
Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione". evidente,
infatti, che affermare la piena natura giurisdizionale del ricorso straordinario equivale a prevedet
una competenza generale su tutti gli atti dell'amministrazione a favore del solo Consiglio di Sta"
to in spregio al principio sancito dalla Corte costituzionale, anche per i provvedimenti cautelari
(Corte cost. n. 8/1982), del doppio grado di giudizio. Questa prima obiezione tale da porre in
discussione l'esistenza stessa del rimedio, giacch ove si prevedesse l'obbligo del doppio grado
di giudizio l'utilit principale dell'istituto rappresentata dalla celerit della risposta fornita dal
PARTE 1- SEZIONE V - CAPITOLO 3 467
2.2. La giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario ne implica l'attra-
zione nel sistema della giurisdizione amministrativa. Il ricorso straordinario
quindi ammissibile solo per le controversie devolute alla giurisdizione am-
ministrativa (art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo)
Vart. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo, con disposizione dal-
la notevole portata innovativa, esclude la proponibilit del ricorso straordinario
iil materie non devolute al giudice amministrativo.
Il ricorso straordinario diventa, quindi, un rimedio giurisdizionale speciale all' in-
ternO del sistema della giurisdizione amministrativa. Trattasi, in definitiva, di un rito
speciale in unico frutto libera del .
L'opzione legIslatIva, come gIa annunciato, m Via mterpretatlva, dal preaVVI-
so di parere all'Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 25 aprile 2010, la
conseguenza indefettibile della ricordata giurisdizionalizzazione del rimedio da
ultimo ribadita dalla stessa Cassazione (sez. un. 28 febbraio 2011, n. 2065). Se
si parte, infatti, dall' assunto che si tratta di una procedura giurisdizionale e che
il parere del Consiglio di Stato una decisione giurisdizionale, evidente che
detta decisione esplicazione semplificata della giurisdizione amministrativa
e, quindi, che non ammissibile l'esorbitanza di detta giurisdizione rispetto ai
confini dell'art. 103 Cost., norma che devolve alla giurisdizione amministrativa
la cognizione, di norma, di soli interessi legittimi, e, solo in particolari materie,
di . diritti soggettivi.
Si deve aggiungere che, essendo tradizionalmente il ricorso straordinario un
timedio concorrente e non alternativo rispetto a quello giurisdizionale ordinario,
una diversa soluzione implicherebbe l'assoluta anomalia della sindacabilit, da
parte del giudice ordinario, della decisione giurisdizionale amministrativa resa
all'esito della procedura straordinaria.
Consiglio verrebbe a smarrirsi. Residuerebbero solo altri due vantaggi relativi alla gratuit del
ricorso, non essendo necessaria una difesa tecnica ed al termine doppio rispetto al ricorso al G.A.,
vantaggio che si perde qualora la posizione giuridica tutelata abbia natura di diritto soggettivo.
Ulteriore limite che in ottica giurisdizionale pare intollerabile quello inerente la disciplina istrut-
tria, rimessa interamente al Ministero, con palese lesione dei principi del giusto processo con-
sacrati dall'art. 111 Cost. in particolare per ci che attiene il principio di parit delle parti. Senza
dire, infine, dell'assenza del rimedio dell'ottemperanza, che pure potrebbe essere superato, per
, dirla con NIGRO, con un bruto atto di formazione giurisprudenziale grazie al placet delle S.U.
della Cassazione. In realt la ragione contraria all'accoglimento della giurisdizionalizzazione del
ricorso straordinario va individuata au found nello snaturamento che subirebbe il rimedio in que-
stione, trasformato di colpo da strumento alternativo di risoluzione delle controversie a surrogato
dotato di minori garanzie e mezzi per attuare la tutela giurisdizionale. Senza dire che il mutamento
dhlatura giuridica comporterebbe un sicuro dimagrimento delle controversie sottoponibili allo
'scrutinio del Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario, giacch dovrebbero essere escluse
tUtte quelle controversie nelle quali il ricorrente azioni un diritto soggettivo, poich la nostra Co-
stituzione, come ricordato dalle celebri Corte cost. n. 204/2004, 191/2006 e 140/2007, ha optato,
recependo le conclusioni raggiunte nel secolo scorso dal celebre concordato giurisprudenziale tra
Cassazione e Consiglio di Stato, per il criterio del petitum sostanziale.

468 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Infine, il principio della ragionevole durata del processo, ex art. 111 Cost
.\
impedisce di aderire ad una tesi che consenta di duplicare il processo, facend
seguire al ricorso straordinario, ormai costituente un rimedio giurisdizionale,
altro e successivo procedimento giurisdizionale innanzi al g.o.
In applicazione di dette coordinate ermeneutiche il preavviso di parere del 25
aprile 2010 per l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, ribaltando il prece:
,I
dente, consolidato, indirizzo interpretativo, aveva gi escluso la praticabilit de
rimedio in materia di pubblico impiego privatizzato (v. 3.2). '
L'esclusione ora positivizzata, con norma che concerne tutto il contenzio.
1
so attribuito a giudici diversi da quello amministrativo, dal ricordato comma 8
dell'art. 7 del codice del processo amministrativ0
4

3. L'ambito di operativit del ricorso straordinario al Presidente della Re ..
pubblica
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica , come detto nel
fo precedente, un ricorso impugnatorio, esperibile contro atti soggettivamente ed
oggettivamente amministrativi che abbiano il crisma della definitivit (ex
per natura dell' atto o perch emanato da un organo superiorem non recogno-
scens).
La nuova ed articolata realt amministrativa, determinando delicati problemi
in ordine al concetto di Amministrazione e di atto amministrativo, comporta la
necessit di esaminare puntualmente la possibilit di esperire tale rimedio in casi
dubbi sul versante soggettivo come sul piano oggettivo.
Una notevole limitazione dell'abito di operativit stata sancita dal disposto
del pi volte rammentato art. 7, comma 8, del codice del processo amministra-
tivo.
4 E' quindi esclusa la praticabilit del rimedio straordinario sia in caso di contenzioso devo'
luto al giudice ordinario, sia in caso di contenzioso devoluto ad altri giudici speciali, quale la .
Corte dei Conti (con riguardo a detta ultima fattispecie, si veda, anche con riferimento alla
disciplina pregressa, Cons. Stato, sez. I, 18 gennaio 2011, n. 4427/2010). Con il recentissimo
parere n. 808 del 22 febbraio 2011 l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato ha ritenuto
che l'art. 7, comma 8 del codice del processo amministrativo abbia carattere innovativo e no1
interpretativo e che non trova applicazione con riguardo ai ricorsi pendenti alla data della sua
entrata in vigore. Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sull' eccezione di sopravvenuta
inammissibilit del gravame straordinario ha infatti affermato come: "in base alle esigenze di
certezza dell 'ordinamento e dei rapporti giuridici e di tutela dell 'affidamento debba preferirsi
l'opinione che consenta di rendere comunque il parere in trattazione, cos come sui ricorsi
straordinari in materia di pubblico impiego privatizzato, notificati anteriormente alla data di
entrata in vigore del nuovo codice, in applicazione dei principi desumibili dall'art. 5 c.p. .,
mentre per quelli proposti successivamente a tale data si deve ritenere senz 'altro applicabile
il citato art. 7, comma 8 n. I
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 469
3.1. Problemi dal punto di vista soggettivo
Cominciamo con l'esaminare i problemi relativi all'ammissibilit del ricorso
traordinario avverso gli atti di taluni soggettj5.
s Sotto tale punto di vista un primo problema si pone con riferimento agli atti Le autorit
indipendenti
delle autorit indipendenti. Si rinvia al riguardo all'analisi svolta nella parte I,
, . . IV 6 ove si esaminata anche l'incidenza spiegata sul tema dalla novella
ap. , ,
di cui all'art. 69 della L. 69/2009. . . . . ..
. Altro problema dal punto di vista soggettivo quello relativo aglI attI deglI
. ..... di mtto
organismi di diritto pubblico e, pi in del pn:atI i .
I
la P.A. Il problema va risolto senz'altro m senso pOSItIVO con nguardo aI casI sogl!ettl
a .., . . Il bbl' h . . t eqUiparati
in cui tali soggettI SIano, m base alla legge, eqUIparatI a e pu IC e ammmlS ra-
z'j'oni, ai fini dell'adozione di veri e propri provvedimenti amministrativi (v. par-
te II, cap. II, sez. I, per la nozione ampia e mobile di pubblica amministrazione;
honch sez. II, 4 per l'esercizio privato di pubbliche funzioni).
3.2. Problemi dal punto di vista oggettivo
Veniamo ora alla disamina dei principali problemi concernenti la tipologia degli
atti impugnabili in sede di ricorso straordinario. . .. , .
. Il primo problema sotto questo profilo quello relativo all'impugnabilit con Imposslbllzta
. ... ..... . . Impugnare atti
il ricorso straordmano deglI attI dI dzrztto przvato delle P.A. dI normale pertmen- di diritto privato
za del g.O. con il ricorso
straordinario
La dottrina e la giurisprudenza prevalenti escludono l'ammissibilit del ricor-
so straordinario nei confronti degli atti di diritto privato della P.A. sull'assunto
che detti atti, non costituendo esercizio di una potest amministrativa, non pos-
sono essere considerati amministrativi ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 1199/1971.
: In giurisprudenza non mancano per pronunce di segno opposto, che, fer-
ma naturalmente la non impugnabilit di contratti, ossia di atti caratterizzati
dalla fusione della volont del soggetto pubblico e privato, hanno riconosciuto
l'esperibilit di tale rimedio nell'ipotesi di atti unilaterali di carattere privatistico
dell' Amministrazione, espressione di un diritto potestativo, ossia di un potere
Fattispecie
giurispruden-
ziali in cui
stata ammessa
l'impugnabilit
in sede straordi-
naria di atti di
privato pur sempre funzionale all'interesse pubblico come nel caso di impu- diritto privato
gnativa della disdetta di un contratto di locazione con un privato, o di un atto di
rescissione di un contratto di appalto per norma ritenuto esercizio di un diritto
potestativo di carattere privatistico; o atti di un ente pubblico economico di co-
stituzione, gestione e modifica di un rapporto di lavoro retto dal diritto privato;
nonch per gli atti negoziali di vendita per la cessione in propriet di immobili
agli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
5 Si rinvia al cap. I per il tema specifico dei rapporti tra rimedi giustiziali e competenze regionali,
anche alla luce delle innovazioni introdotte dalla legge costituzionale n. 3/2001, modificativa del
titolo V della parte II della Carta Fondamentale.
Gli atti di
gestione del
pubblico
impiego
privatizzato
Il ricorso
straordinario
avverso gli atti
di pubblico
impiego ante
riforma
La privatizza-
zione del P.I
470 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Alla base di una simile inversione di rotta di una parte significativa dell
giurisprudenza un verso, la consapevolezza della labilit sempre
accentuata della dIstmzIOne tra atto pubblico e privato; per altro decisivo profilo
la percezione, nitidamente avvertita dalla giurisprudenza, che anche gli atti di
diritto privato, al pari di quelli di diritto pubblico, sono funzionalizzati alla cura
concreta dell 'interesse pubblico e, pertanto, costituiscono atti amministrativi in
una dimensione nuova ed allargata che recide l'equazione secondo cui l'atto
amministrativo implica l'esercizio di un potere pubblicistico di spessore auto-
ritativo.
altres evidente che l'adesione alla tesi negativa circa l'esperibilit del
medio straordinario in relazione ad atti di diritto privato della P.A.
assai recessiva, per non dire quasi virtuale, l'ipotesi dell 'utilizzazione dello stru.
mento per la tutela di diritti soggettivi
6
. .
Una variante particolarmente significativa ed importante
con ricorso straordinario di atti di diritto privato della P.A. ha riguardato il ricor-
so avverso gli atti privatizzati di gestione del pubblico impiego, che, diversa-
mente dagli atti di organizzazione a monte dell'amministrazione, hanno ormai
veste di diritto privato ai sensi del D.Lgs. 29/1993 e, ora, del teso unico di cui al
D.Lgs. 165/2001.
Prima della privatizzazione del pubblico impiego era pacificamente ricono-
sciuta la possibilit di esperire, in alternativa al ricorso alla giurisdizione
siva del G.A., il ricorso straordinario anche nei confronti degli atti emanati dalle
Amministrazioni nel corso del rapporto di lavoro.
A seguito della privatizzazione (v. parte III, cap. III), l'equiparazione di tali
atti a quelli di un datore di lavoro privato, come questi espressione non pi di un
potere pubblicistico ma di un potere privato espressione di autonomia datoriale;
e la conseguente devoluzione del contenzioso in materia al g.O., in funzione di
giudice del lavoro, ha reso necessaria una rivisitazione dei presupposti su cui si
fondava l'assunto dell'ammissibilit del ricorso straordinari0
7
.'
In un primo momento l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, con parere n. 9/1999; .
poi ribadito dalle sezioni semplici
8
, ha ritenuto il ricorso straordinario ancora esperibile
nelle materie di pubblico impiego privatizzato anche avverso gli atti di gestione del rap:
6 Cons. St., sez. V, 5 febbraio 2007, n. 454. Nel senso dell'ammissibilit del ricorso straordinario "
per l'impugnazione di provvedimenti concernenti diritti come lo status di un cittadino. .
7 particolare si nega:a che gli atti di gestione dei rapporti di lavoro degli enti pubblici econo"
miCI - antecedente stanco della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico - potessero
essere oggetto del ricorso straordinario.
8 Cons. St., comm. spec., parere 7 luglio 2004, n. 2788/03, che tuttavia reputa inammissibile
il rimedio nel caso in cui sia stato emesso un lodo arbitrale previsto dalla contrattazione col-
lettiva, trattandosi di un atto emesso da un giudice speciale e non da un organo della P.A. da
ultimo sulla ammissibilit di esperire il ricorso straordinario in materia di rapporti di lavoro
con la P.A.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 471
porto, senza che vi osti il carattere oggettivamente privatistico degli atti di gestione del
rapporto di lavoro.
, A tal proposito il Consiglio di Stato ha fatto riferimento a tre significativi precedenti
giurisprudenziali.. . . . .
l' Ha ricordato la pronunCIa della Corte costItuZIOnale che ha nbadito la pennanenza
del controllo della Corte dei Conti sulle societ per azioni derivanti dalla privatizzazione
degli enti pubblici.
.' Ha citato la giurisprudenza amministrativa che ritiene ammissibile il diritto di ac-
'cesso disciplinato dall'art. 22 della L. 241/1990 anche nei confronti degli atti di diritto
f privato posti in essere da un soggetto pubblico quando, indipendentemente dal loro regi-
me giuridico fonnale, costituiscono nella loro essenza cura concreta degli interessi della
collettivit.
Ha richiamato, infine, l'orientamento giurisprudenziale della Cassazione che ha rico-
tlbsciuto il carattere amministrativo dell'attivit posta in essere dai privati concessionari
in quanto finalizzata ad assicurare la protezione dell'interesse pubblico, istituzionalmen-
te spettante al concedente e poi trasferita al concessionario, sulla scorta che la sola na-
tura amministrativa soggettiva non preclude l'accesso al sistema giustiziale del ricorso
straordinario, quale rimedio di carattere generale, esperibile in tutti i casi in cui non sia
escluso dalla legge ovvero ove esso sia incompatibile con il sistema.
, Sulla base di tali considerazioni, che confennano il decisivo superamento della tra-
'tlizionale dicotomia tra atto di diritto privato ed atto di diritto pubblico, il Supremo
organo di giustizia amministrativa ha dato una nuova definizione di atto amministrati-
vo, attribuendo a questo un carattere neutro che si presta a ricomprendere anche atti
soggettivamente provenienti dalla P.A. ma adottati in regime di diritto comune, purch
direttamente ed immediatamente finalizzato alla cura di un interesse pubblico specifico.
Tali sarebbero anche gli atti di gestione del rapporto di lavoro, posto che la privatiz-
zazione del rapporto non comporta per certo la privatizzazione del soggetto pubblico;
soggetto che, anche nella veste di datore, deve sempre funzionalizzare il proprio operato
agli obiettivi legati ai pubblici interessi ed ai parametri costituzionali di cui all'art. 97
(efficienza ed imparzialit).
.' Con il recentissimo parere del 25 aprile 2010 di rimessione all'Adunanza Generale,
il Consiglio di Stato, disattendendo completamente il proprio precedente orientamento,
ritornato sui suoi passi, rilevando che "un sistema incentrato, in materia di lavoro
ontrattualizzato con le P.A., sull'asimmetria tra la competenza decisoria del Presiden-
te della Repubblica in sede di riscorso straordinario e la giurisdizione amministrativa
,esclusiva si rivela incongruente".
L'Adunanza, infatti, rileva come, ai sensi dell'art. 63 T.U.P.I., la ripartizione tra la
giurisdizione amministrativa ed ordinaria non applicata anche al rapporto tra giurisdi-
zione del giudice ordinario e ricorso straordinario, con il conseguente rischio di sovrap-
posizione tra la giurisdizione del g.O. in materia di atti di gestione del singolo rapporto
di lavoro e la competenza in sede di ricorso straordinario a conoscere in sede giustiziale-
,amministrativa degli stessi atti di gestione. Tale contraddizione ancor pi evidente in
?aso di trasposizione del ricorso straordinario in sede giudiziaria innanzi al G.A. a mente
4ell'art. lO D.P.R. 1199/1971: la trasmigrazione della vicenda impugnatoria dell'atto di
gestione del rapporto di lavoro innanzi al G.A., infatti, non potrebbe che concludersi con
il diniego di giurisdizione del T.A.R. adito, ai sensi dell'art. 63 T.u.P.I., che, come detto,
Il carattere
neutro degli
atti emanati nel
regime di diritto
comune
472
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
devolve la relativa giurisdizione al g.o. evidente, a questo punto, come la concorrenz
tra i due sistemi contrasti palesemente con la tendenziale esclusivit del riparto di
sdizione e con i principi del giusto processo. l
Tali conclusioni, secondo il Consiglio di Stato, sono vieppi corroborate dalla re-
centissima modificazione normativa ex art. 69 L 69/09 (v. 2.1.): la possibilit per il
di Stato.di soll.evar.e questione di legittimit costituzionale c, ancor pi, la n&-
vIllcolante paren reSI dallo stesso in sede di ricorso straordinario, testimoniano
chIaramente la tendenza legislativa di riconoscere al ricorso al Presidente della Repub_
blica i caratteri di un vero e proprio rimedio giurisdizionale, o, quanto meno, di accen_
tuarne i caratteri in tale direzione. Tale trend rende ulteriormente manifesta la necessit
di rendere gli ambiti di competenza del ricorso straordinario e del ricorso giurisdizionale
amministrativo simmetrici, con la conseguente alternativit rispetto alla tutela giudiziale
apprestata dal giudice ordinario.
D'altro canto, tale soluzione appare l'unica atta ad evitare risultati altrimenti abnonni
e . paradossali: consentire l' esperibilit del ricorso straordinario in materia di impiego alle
dIpendenze della P.A., infatti, significherebbe esporre un atto decisorio del Presidente della
Repubblica all'eventualit della privazione di effetti da parte del giudice ordinario, in palese
spregio dei fondamentali principi costituzionali in materia di separazione dei poteri. '
Da ultimo, il Consiglio osserva come consentire l'azionabilit di posizioni relative al
rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. in sede di ricorso straordinario significherebbe
ammettere la possibilit che in tale sede trovino adeguati strumenti di tutela anche i diritti
soggettivi, in palese contraddizione con i nuovi connotati dell'istituto ad opera della L;
69/09 (v. successivo )9. '
L'ambito di applicazione oggettivo del rimedio stato da ultimo assottigliato
dall'art. 7, ultimo comma, del codice del processo, che ha escluso la praticabilit
del rimedio in campi non devoluti alla giurisdizione esclusiva del G.A. e ha,
quindi, notevolmente assottigliato il perimetro dei diritti soggettivi conoscibili
in sede di ricorso straordinario (v. 2.2.). '
3.3. sempre necessaria l'impugnazione di un atto oppure, in caso di lesione
di un diritto soggettivo, sono ammissibili azioni di accertamento?
In ordine all'ambito di applicazione del ricorso straordinario ci si chiede se a
,
fronte di una tutela che coinvolge posizioni non d'interesse legittimo ma di di-
9 In termini v. anche il recentissimo parere Cons. St., ad. gen., 22 febbraio 20 Il, n. 808, in www.lexitalia,
il. Si veda, inoltre, Cons. St., Sez. III, 14 settembre 2010, n. 1179 secondo cui: "Il ricorso straordinario
p'u essere proposto anche nelle materie che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ma ne
e preclusa la proponibilit ove il giudice ordinario sia titolare di una competenza funzionale e indero-
gabile, per la considerazione che la specialit del regime processuale voluto dalla legge con
ad alcune materie esprime la volont di assicurare la tutela giurisdizionale solo nella sede prevista
dalla normativa speciale, ed in coriformit delle regole processuali ivi stabilite, con la conseguenza che
l'impugnazione avente ad oggetto le decisioni dei Comitati regionali per i rapporti di lavoro (sui ricorsi
amministrativi avverso gli atti degli Ispettorati) non pu aver luogo innanzi agli organi di giustizia
amministrativa in quanto la materia in oggetto rientra tipicamente nella sfera dei diritti soggettivi ed
quindi demandata in termini giurisdizionali alla competenza del giudice del lavoro ".
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 473
.tt Soggettivo, sia sempre necessaria l'impugnazione di un atto (o del suo equi-
n o . f'C: . h' d
ollente dato dal silenzio-rifiuto) o se mvece possa essere su liCIente c le ere
f.accertamento del proprio diritto.
" Per la giurisprudenza tradizionale ed ancora prevalente
10
, confortata dal dato
letterale D.P.R. 1199/1971, atti am-
'nistrativi defimtIVI e non contempla l espenblhta dI aZlOm non Impugnato-
mI d d 1'1 . 'fi ),.
l'impugnazione di un atto (o del suo surrogato ato a SI enzlO-n mto e n-
ne, l Id' d' .. . l
tenuta necessaria, diversamente da quanto accade ?e.r a tute ei a
diudiceAmministrativo esclusivo (v. sez. III): COSI, m tema dI pubbhco ImpIego,
h'dipendente, per ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla :etribuzione,
L'orientamento
negativo della
giurisprudenza
tradizionale
'on pu direttamente proporre il ricorso straordinario, ma deve moltrare una
all'Amministrazione; solo a seguito dell' eventuale risposta ovvero del
gilenzio-rifiuto serbato dall' Amministrazione poi possibile ricorrere al rimedio
del ricorso straordinario.
'Alcune recenti pronunce, recuperando l'evoluzione in tema di giurisdizione
sc1usiva del Giudice Amministrativo, hanno invece affermato che, anche nel giurisprudenza
Caso di ricorso straordinario, qualora si controverta su diritti soggettivi, non pi recente
;necessario un provvedimento amministrativo od una sua fictio ma possibi-
: chiedere immediatamente l'accertamento del diritto e l'eventuale condanna
dell' Amministrazione
ll
. Logico corollario di tale impostazione il venir meno
'della necessit di rispettare il termine di decadenza, con la conseguente possi-
bilit di far valere il diritto nell' ordinario termine di prescrizione. La questione
veda da ultimo, Cons. St., sez. III, 15 ottobre 2010, n. 4609 secondo cui: "Con il ricorso stra-
rdinario al Capo dello Stato non possibile esercitare azioni diverse da quella di annullamento
ed) in particolare, azioni di adempimento nei confronti dell 'amministrazione o di condanna ad un
facere specifico, poich lo stesso un rimedio giustiziale di ordine generale alternativo all'ordi-
naria azione di annullamento davanti al giudice amministrativo e mira ad offrire una tutela che
si esplicita in una decisione costitutiva di annullamento, cio di rimozione, postuma e riparatoria
all'azione amministrativa di un provvedimento definitivo, espressione ultima, in linea
della volont della pubblica amministrazione, diverso sotto questo profilo dai gravami
in sede propriamente giurisdizionale". In termini anche Cons. St., sez. III, 26 marzo 2010, n.
2666 e Cons. St., sez. III, 30 settembre 2010, n. 663 secondo cui: "Il ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica un rimedio prettamente caducatorio, esperibile esclusivamente per
lIannullamento del provvedimento impugnato e non per l'intimazione di un ""facere" all 'Ammi-
nistrazione (trattandosi, nella specie, pi di un 'istanza e/o di un reclamo che di un provvedimento
di, impugnazione)".
!1Cons. St.,sez. II, 18 giugno 2003, n. 3217 secondo cui :"Il ricorso straordinario al Capo dello
non necessariamente un rimedio impugnatorio, e pu avere ad oggetto anche l'accerta-
mento della sussistenza in capo al ricorrente di un diritto soggettivo, oltre che l'annullamento
Un atto". Sul punto V. anche T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 13 ottobre 2007, n. 1646, secondo CUI:
,w ricorso straordinario non necessariamente un rimedio impugnatorio, e pu avere ad oggetto
anphe l'accertamento della sussistenza in capo al ricorrente di un diritto soggettivo, oltre che
['annullamento di un atto, ovvero pu vertere, oltre che sull'impugnazione di un provvedimento,
anche su un rapporto obbligatorio con una P.A" e in questi casi la sua presentazione non sia
soggetta al termine decadenziale ".
474
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
si pone naturalmente, alla luce del disposto dell'art. 7, comma 8, del codice del
processo per i soli diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione esclusiva del O.A,
(v. 2.2.).
3.3.1. Ricorso straordinario e risarcimento dell'interesse legittimo
Strettamente connesso il tema della proponibilit di una domanda di
mento del danno da lesione di interesse legittimo.
La struttura impugnatori a del rimedio giustiziale stata
te considerata un ostacolo alla possibilit che, in sede straordinaria, si spicchi
un'azione finalizzata al risarcimento anche di interessi legittimi ai sensi dell'art.
7 della L. 205/2000
12
Seguendo questa impostazione, si deve registrare una di-
versa dislocazione tra azione di annullamento (esperibile in sede straordinaria)
ed azione risarcitoria per il danno cagionato al medesimo provvedimento, espe-
ribile anche in un momento successivo avanti al G.A. In caso di adesione aU
tesi della pregiudizialit dell'annullamento rispetto al risarcimento, si dovr poi
opinare nel senso della sospensione del processo amministrativo nelle more del-
la definizione del rimedio giustiziale.
Contravvenendo a tale consolidato orientamento giurisprudenziale, di recen-
te, la seconda sezione del Consiglio di Stato ha invece riconosciuto la possibilit
di proporre domanda risarcitoria in sede di ricorso straordinario.
Il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa fonda le sue argomentazioni
sull'alternativit e fungibilit del ricorso straordinario rispetto al ricorso giurisdi-
zionale, sottolineando come, diversamente opinando, si re introdurrebbe, solo per
questo tipo di gravame, proprio quel criterio del c.d. doppio binario (prima l'an-
nullamento in sede straordinaria e poi il risarcimento in sede giurisdizionale) che il
Legislatore ha voluto espungere dal nostro ordinamento per finalit di economicit,
concentrazione, speditezza e non contraddittoriet di provvedimenti decisori13.
I riflessi della L. La tesi dell' ammissibilit della tutela risarcitoria in sede di ricorso straor-
69/2009 d' . . l Il d Il . . d" l' . dI' d' . d Il
mano nsu ta ava ata a a gIUns IZlOna IzzaZlOne e nme lO sancIta a a
L. 69/2009 ( 2.1.) e dalla sua inserzione nel sistema della giurisdizione
12Da ultimo si veda Cons. St., Sez. II, lO marzo 2010, n. 3255, secondo cui: "Il ricorso straordic
nario al Presidente della Repubblica costituisce un rimedio giustiziale di carattere essenzialmen-
te impugnatorio, volto ad accordare una tutela riparatoria contro atti amministrativi definitivi,
alternativo alla ordinaria azione davanti al giudice amministrativo ed offre una tutela che si
esplicita in una decisione costitutiva di annullamento del provvedimento di cui venga accertata la
contrariet al! 'ordine giuridico, con la conseguenza che il risarcimento degli eventuali danni ri-
mane estraneo all 'ambito di cognizione ammesso in sede di ricorso straordinario ai sensi dell 'arti
8, primo comma, del dP.R. 24 novembre 1971, n. 1199 ". Nello stesso senso Cons. St., sez. II, 16
novembre 2009, n. 1218. In senso critico in dottrina si veda POZZI, Ricorso straordinario al capo
dello Stato, in www.giustizia-amministrativa.it.
13Cons. St., sez. II, parere 30 aprile 2003, n. 1036/2002. Da ultimo in senso favorevole cfr Cons.
giust. sic., sezioni riunite, 19 febbraio 2008 n. 409/07.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 475
.. trativa cristallizzata dall'art. 7, coma 8, del codice del processo ammi-
rnlll
lS
istrativo. Il' . .
n t l mutazione morfologica, depone, senz'altro, nel senso
a deel rl'medio straordinario a quello giurisdizionale sul plano della
PIena , . 'bTt' h n
Il'' tensit della tutela, con particolare riguardo all ammissI Il a, anc e l
e giustiziale straordinario, di azioni di accertamento e condanna
se e n solo a verificare la legittimit dell'atto ma a valutare la fondatezza della
tse no
pretesa sostanziale.
;. 3 4 Ricorso straordinario e giudici speciali ... ,
.. .. d'" l per la ImpOSSIbIlita
La ossibilit di ricorrere al rimedIO del ncors? straor mano e. . di esperire
'. d za in tutti i casi in cui la controverSIa devoluta a gIUdICI dIverSI da il .
grurISpru en . dI) straordmarlO
'uello Amministrativo (art. 7, comma 8, del codIce e processo. nell'ipotesi di
q controversie
" 'ma dell'avvento del chiaro disposto dell'art. 7, comma 8, del codice del pro-
Ancor pn . .. . l' d' .
.. ' che esclude il rimedio in materie devolute al g.O., ed a gmdlci specla l .
amministrativo, la giurisprudenza reputava che y .con
q 'one di giudici speciali aveva voluto riservare a quesb la soluzlOne dI determmate
duazl , . d' . l' l ' '1 . orso stra
controversie, escludendo la possibilit di alternative stragm IZla l qua e l nc -
ordinario. . . . ti t' d' tt' n
stata cos negata l'ammissibilit del gravame nel l l a. l co -
nessi alla materia pensionistica di competenza del.la del Conb, .m
di diniego da parte di questa opposto alla dI d:creto
amente sono stati dichiarati inammissibili i concern.enb
=ttribuite alla competenza della Commissione quelle relatlve
negli ordini delle professioni sanitarie spettanti alla cogmzlOne della
trale per gli esercenti le professioni sanitarie; quelle devolute alla cogmzlOne del Tnbu-
naIe delle Acque Pubbliche. . .
Trova invece fondamento nell'efficacia preclusiva della clausola
l'inammissibilit del ricorso straordinario in caso di questioni devolute al ColleglO Ar-
bitrale. . . l' d' e la
Ancora la devoluzione funzionale di tali conflitti alla Corte ISC
devoluzione al rimedio in parola dell'impugnazione di atti per conflIttI dI attnbuzlOne.
3.5. Ricorso straordinario e riti speciali c.d. assoluti .
L'inammissibilit del ricorso straordinario stata .in quel
casi in cui il Giudice Amministrativo (od anche quello Ordman?! SIa
rio in certe materie di norme processuali speciali volte ad una pIU rapIda
del s da dare vita a competenze da taluni
ossia non suscettibili di alternative che ne frustrerebbero se SI
il pi lungo termine per la proposizione del ricorso dI ac-
. . I esti casi la gIUnsdlzlone del
celerazione e, comunque, dI concentrazIOne. n qu
devolute ai
giudici speciali
Competenze
speciali o
riservate
In particolare:
il procedimento
previsto in
tema di accesso
ai documenti
amministrativi
Il procedimento
accelerato
previsto nelle
materie indicate
nell 'abrogato
art. 23-bis della
legge TAR.
476 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
G.A. O del g.O. si reputa assoluta e, quindi, insofferente ad alternative. Si parl
anche di competenze speciali o riservate. . a
In base a tale principio il Consiglio di Stato ha escluso l'ammissibilit del ricorso
ordinario al Capo dello Stato in caso di atti in materia di operazioni elettorali; cos
per l'ingiunzione di pagamento emessa ai sensi dell'art. 2 del R.D. 14 aprile 191
639 e, ancora, per le sanzioni amministrative ex lege n. 689/1981 (ora di pertinenza'
giudice di pace) e per l'impugnazione di un provvedimento di cancellazione dall'
delle imprese artigiane.
Il ricorso a tale rimedio stato anche escluso per gli atti relativi al procedimento
l'accesso ai documenti amministrativi previsto dall'art. 25 della L. 241/1990,
perch la disciplina particolare prevista dalla legge caratterizzata da criteri di
e celerit che mal si conciliano con il lungo termine previsto per la proposizione
ricorso straordinario; oltretutto, il potere di ordinare all'Amministrazione un
consistente nell'esibizione degli atti, momento culminante del giudizio sull'accesso I
sensi dell' art. 25 della L. 241, non pu ritenersi ammesso in sede di ricorso
che consente solo l'eliminazione di atti non l'imposizione di comportamenti
nei confronti della P.A.14
A fronte di tale orientamento giurisprudenziale, dubbi significativi in ordine alla
sibilit di esperire il ricorso straordinario si sono profilati per la procedura di
accelerata delle controversie prevista dall'art. 119 cod. proc. amm. (gi art. 23-bis
L. 1034/1971) e, per le grandi opere, dall'art. 246 del codice dei contratti pubblici di .
al D.Lgs. 163/2006, nonch dall'art. 20 del decreto L. 185/2008, conv. dalla L.
La peculiarit della disciplina in esame, infatti, riproponeva senz'altro il pro
della compatibilit di tali procedure accelerate con il ricorso straordinario, ed in
analisi dello stesso ambito di operativit di tale istituto.
Va peraltro rimarcato che nella specie il giudizio amministrativo, pur se
culmina di norma in una pronuncia di annullamento e non ha lo sbocco
nell'ordine di unfacere come nel caso dell'accesso ai documenti amministrativi.
sembra, quindi, che vi siano ostacoli soverchi, in assenza di una volont legislativa
cita nel senso dell'esclusivit del rito abbreviato in parola, all'ammissibilit del
straordinario se finalizzato al solo annullamento dell'atto impugnato.
La possibilit di utilizzare il rimedio del ricorso straordinario nelle materie .
nell' art. 23-bis (oggi art. 119 del codice del processo amministrativo) stata cOlltelma
dalla giurisprudenza che si occupata della applicabilit ai tennini previsti per l
zione al ricorso straordinario e per la successiva costituzione di fronte al giudice
nistrativo della regola contenuta nel comma 2 del citato art. 23-bis in base al quale,
14Cos, da ultimo Cons. Stato, sez. II, lO luglio 2010, n. 4307 e Cons. St., sez. III, 26 ottobre
n. 1670, in Foro amm. CDS 2009, 10,2409. Tali pronunce si inseriscono nel filone .
ziale (inaugurato dall'Adunanza generale n. 159/94 del 2 giugno 1994) che ritiene ",vV.lJV"'W
il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica laddove sia previsto un rito
g.a. per l'impugnazione degli atti di un certo procedimento. In senso critico verso tale
denza, comunque recepita nell'art. 128 del codice del processo amministrativo di cui al d.
104/2010, si veda TARASCO, Alternativit tra ricorso straordinario e riti speciali.' un
restrittivo del Consiglio di Stato, in Foro amm. CDS 2009, 10,2411 e ss.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 477
iudiz
i
concernenti le materie ivi indicate "i termini processuali previsti sono ridotti alla
!et salvo quelli per la proposizione del ricorso" (v. infra).
, infatti, evidente che, occupandosi del problema relativo ai termini dell'opposi-
zione e della costituzione, tali pronunce abbiano implicitamente ritenuto ammissibile
del ricorso straordinario in tali materie anche se caratterizzate da una di-
sciplina peculiare
l5
.
l') Per completezza espositiva va osservato che gli artt. 120, comma 1, e art. 128 cod.
. roc. amm. hanno espressamente escluso l'applicabilit del rimedio in esame a tutte le
. hontroversie concernenti rispettivamente i procedimenti relativi ai contratti pubblici e le
8perazioni e1ettoralj16. . . . ..... .
, Non rientra nel campo dI dette IpotesI la gmflsdlZl0ne esclusIva del G.A., che dI per
Se evoca la concentrazione in capo ad un unico giudice di diritti ed interessi e non anche
una specialit procedurale che renda impossibile l'alternativa giustiziale straordinaria.
L'alternativit del ricorso straordinario
Per il ricorso straordinario vale la regola dell' alternativit (artt. 8 e lO del D .P.R.
r19911971 ).
'. Ci significa che il privato destinatario di un atto amministrativo definitivo
sceglie di esperire il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per-
de la possibilit di ricorrere al giudice amministrativo e viceversa, per cui electa
una via non datur recursus ad alteram
l7
onsequenzialmente la decisione sul ri-
straordinario non pu essere impugnata avanti al Giudice Amministrativo
plurimis Cons. St., Sez. V, 24 luglio 2007, n. 4136, secondo cui: "La disciplina dei termini
intr'odcltta dall'art. 23 bis, l. TA.R. riguarda solo i processi giurisdizionale in senso stretto e non
al procedimento introdotto con il ricorso straordinario al Capo dello Stato, salvo che
caso di trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, nel qual caso i termini dimezzati ex
23 bis cominciano ad applicarsi dal deposito dell'atto di costituzione presso la segreteria del
e non dalla precedente notifica, essendo questa riconducibile alla categoria dei termini per
DYU'DUI>'lZIIOne del ricorso ".
,prima della novella legislativa la giurisprudenza riteneva inarmnissibile il ricorso straordi-
proposto in materia elettorale: si veda sul punto Cons. St., Sez. I, parere 4 febbraio 2004, n.
principio si ricava dal combinato disposto dell'art. 8 co. 2 D.P.R. 1199/1971 per cui Quan-
sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non ammesso il ricorso straordinario da
dello stesso interessato e 20 della L. 1 034/1971 ult. co. per cui Quando sia stato promosso
al tribunale amministrativo regionale escluso il ricorso straordinario al Presidente della
" .......... ". __.. Con riferimento all'ipotesi contraria (e quindi la preclusione dell'esperibilit del
giurisdizionale, una volta presentato il ricorso straordinario), nonostante la mancanza di un
espresso, si reputa che valga il medesimo principio per identit di ratio. Alcuni ritengono
si possa fare ancora riferimento, in quanto non abrogato, all'art. 34 co. 2 T.u. 1054/1924 per
ricorso (giurisdizionale) non pi ammesso quando contro il provvedimento definitivo,
presentato ricorso al Re in sede amministrativa secondo la legge vigente. Sull'inapplica-
analogica del principio di alternativit, in quanto dettato da norma limitativa dell'esercizio
di azione, v. Cons. St., sez. V, lO maggio 2010, n. 2769, in Red. amm. CDS 2010, 05,
Cons. St., sez. IV, 9 marzo 2010, n. 1405, in Red. amm. CDS 2010, 03.
I limiti posti
al ricorso
straordinario
dagli artt. 120 e
128 del codice
del processo
amministrativo
La giurisdizione
esclusiva del
GA.
478
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
I presupposti
se non per vizi di forma o difetti di procedura (art. 10)18. Al ricorso gi
naIe principale equiparato, ai fini dell'altemativit, quello incidentale
l9

Presupposto per l'altemativit l'identit del soggetto ricorrente e dell'
impugnato (v. infra), mentre non ha rilievo l'eventuale diversit dei motivi;
come, alla luce del principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il
La ratio
irrilevante che in sede straordinaria siano state sollevate questioni non
di pronuncia giurisdizionale.
La ratio di tale principio ha la sua origine storica nell'impostazione
per la quale non si poteva ammettere che l'autorit giurisdizionale ammllasse
provvedimento regio (quale era la decisione su ricorso straordinario). Nell'
tuale ordinamento, invece, l'altemativit ha lo scopo di evitare, in ossequio
principio del ne bis in idem, che si abbiano due pronunce con funzione .
le difformi su di un unico atto (con il rischio di conflitti di decisioni) e che su
esso il Consiglio di Stato si pronunci due volte in vesti e con poteri diversi (
parere obbligatorio in sede di ricorso straordinario e come giudice di appello
sede giurisdizionale).
La gravit delle conseguenze derivanti dal principio dell'altemativit
de necessaria la puntualizzazione in ordine all'ambito applicativo di detto
cipio, segnatamente ponendo i riflettori sulle questioni affrontate dalla
produzione pretoria.
4.1. L 'alternativit riguarda anche i diritti soggettivi affidati alla ']7' 1 "''''/1171fl'
ne esclusiva del Giudice Amministrativo?
Un primo problema , allora, quello di stabilire se l'altemativit riguardi
sivamente gli interessi legittimi o debba estendersi anche ai diritti
conosciuti dal Giudice Amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.
18Nel senso che il principio di altemativit consente la sola proposizione, in sede d'Il'
giurisdizionale, della decisione su ricorso straordinario, di questioni relative a vizi pf()cedUl:ali,
Cons. St, Sez. VI, 27 agosto 2010, n. 5985, secondo cui: "La decisione del ricorso
al Capo dello Stato pu essere sottoposta a esame in sede giurisdizionale soltanto per vizi
ti alla forma e al procedimento intervenuti successivamente al parere del Consiglio di Stato,
per evitare che l'impugnazione in sede giurisdizionale porti a un riesame del giudizio
in sede consultiva, con la sovrapposizione della decisione giurisdizionale a quella del
straordinario, atteso il principio di alternativit fra ricorso straordinario e ricorso a;'J,,.;<,r/i7;,
naIe". Conf. T.AR, Friuli Venezia Giulia, Trieste, 17 maggio 2010, n. 313; T.AR, Lazio,
6 maggio 2010, n. 9930; TAR. Campobasso - Molise, lO febbraio 2010, n. 128, in Red
TAR. 2010,02.
19T.AR Catania- Sicilia, sez. I, 29 novembre 2005, n. 2215, in Foro amm. TAR. 2005, Il,
Ovviamente il divieto d'impugnazione della decisione e degli atti esecutivi non riguarda un
getto estraneo della procedura straordinaria, legittimato ad impugnare senza preclusioni il
dimento amministrativo di ottemperanza alla decisione straordinaria (Cons. St, sez, V, 22
2010, n. 1650, inRed amm. CDS 2010, 03),
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 479
. , luzioni prospettate sono a tal proposito due:
,te so i fa leva sulla ratia dell'alternativit, volta essenzialmente a precludere la possi-
se ;i una doppia pronuncia del Consiglio di Stato, allora l'alternativit deve intender-
anche ai diritti soggettivi devoluti alla conoscenza del Giudice Amministrati-
" invece si ritiene che l'alternativit sia legata alla posizione giuridica dell'interesse
, se si deve convenire che, nel caso in cui si verta di diritti soggettivi devoluti alla
ri1IfISUIZ,1\JH"
del Giudice Amministrativo, sia possibile proporre il ricorso al Giudice
vo anche dopo la decisione del ricorso straordinario, nell' ordinario termi-
di prescrizione del diritto. In tal caso, peraltro, il Giudice al pari
uello Ordinario, sar chiamato a decidere sul rapporto sostanziale, eventualmente
q la decisione del ricorso straordinari0
21

tesi dell'estensione dell'altemativit anche ai diritti soggettivi affidati alla


esclusiva, ormai decisivamente avvalorata dalla natura giurisdi-
del rimedio sancita dalla L. 69/2009 e dal D .Lgs. 104/2010 (cos anche il
di parere dell' Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 25 aprile
.10). V. 2.1. e 2.2.
'4.2. Alternativit ed impugnazione del medesimo atto da parte di uno o pi
cointeressati
profilo dell'alternativit tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario
all'ipotesi della diversit dei soggetti (cointeressati) proponenti i due gravami
un medesimo atto. In pratica si discute se, data l'identit dell'oggetto ma non
del soggetto ricorrente, tale principio operi ugualmente.
ilnvero, a differenza di quanto riconosciuto prima della riforma del 1971, nella vigen-
del ricorso straordinario e dei ricorsi giurisdizionali amministrativi non si
j"""'''''''''A disposizioni in base alle quali l'alternativit debba valere anche nelle ipotesi
"cui il medesimo atto sia impugnato nelle due sedi da due soggetti diversi cointeres-
Ci nonostante una parte della giurisprudenza amministrativa ritiene inammissibile
in sede straordinaria di un atto gi impugnato in sede giurisdizionale da
so{!ge:tto cointeressato e viceversa, per evitare quello che impropriamente viene
conflitto di giudicati.
tale giurisprudenza, peraltro, le conseguenze preclusive, date dall'applicazione
dell'alternativit, vanno mitigate, per il ricorrente in sede straordinaria che
in ignoranza del ricorso giurisdizionale altrui, dall'applicazione, in via analogica,
da ultimo, Cons. St, Commissione speciale, 20 maggio 2008, n. 3990/07, che mette l'ac-
sulla ricorrenza dell'alternativit anche in caso di cognizione sommaria sui diritti patrimo-
art. 8 L. 205/2000, e non solo quando vi sia identit formale degli atti impugnati, rilevando
F obiettiva identit di petitum e causa petendi. Di qui la ritenuta inammissibilit di un ri-
. straordinario spiccato dopo quello giurisdizionale avente per oggetto il pagamento di talune
in sede monitoria.
St., sez, V, 5 febbraio 2007, n, 454, in Foro amm. CDS 2007, 2, 511,
Le due diverse
opzioni
ermeneutiche
a) La tesi
del!' alternativi-
t: il conflitto
di giudicati
b) La tesi
prevalente in
favore della non
alternativit
Esclusione
del! 'alterna-
tivit
480 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
del principio di cui all'art. 20, co. 2, della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 (oggi art. 48, co,
1, cod. proc. amm.), con la conseguente conversione facoltativa del rimedio straordina_
rio in quello giurisdizionale. .
chiaro che, a tal fine, sar onere dell'opponente controinteressato informare il
corrente in sede straordinaria dell'avvenuta presentazione del ricorso al Tribunale
ministrativo Regionale, in modo che, entro sessanta giorni dal perfezionamento di tale
comunicazione, egli possa ricorrere al Giudice Amministrativo, ivi trasponendo a
di inammissibilit i motivi del suo ricorso (senza poterne aggiungere di nuovi, salvo
ovviamente che sia in termine anche per il rimedio prevalente)..'
Di diverso avviso invece la giurisprudenza prevalente, che esclude l'applicabilit
della norma in commento ed afferma che i ricorsi proposti dal ricorrente e dal cointe,
ressato in sedi diverse procederebbero autonomamente e sarebbero ugualmente ammis.,
sibili
22

Premesso che un' estensione dell' alternativit a fattispecie di controversie diverse


rispetto a quelle previste dalla norma (per diversit dei soggetti) non possibile
base positiva (la norma richiede l'identit del ricorrente ex art. 8 D.P.R. 1199/1971)
che proprio la diversit dei soggetti rende non configurabile un conflitto di decisioni
in senso tecnico (peraltro, come si vedr nel paragrafo finale, si tende ad escludere che
sulla decisione straordinaria si consolidi un vero giudicato), si osserva, a sostegno della
tesi della non alternativit, che l'eventualit di decisioni difformi nei confronti di un
medesimo atto impugnato da soggetti diversi si pu verificare anche davanti al Giudice
Amministrativo in caso di pendenza di due giudizi sullo stesso atto incardinati da ricor-
renti diversi: l'esistenza di una competenza territoriale derogabile (per cui, in mancanza
di una specifica eccezione della controparte, possibile che il ricorso si svolga presso un
T.A.R. diverso da quello competente) rende frequente l'ipotesi di pronunce difformi
riferimento al medesimo atto.
Pronunce difformi si possono verificare, del resto, anche davanti allo stesso giudice
che potrebbe decidere di non riunire dei ricorsi esperiti contro lo stesso atto perch, per
esempio, presentati in momenti diversi.
4.3. Alternativit ed impugnazione di atti connessi
Il principio dell'alternativit viene considerato dai pi inapplicabile in caso di
impugnativa diretta, nei confronti di atti diversi, bench connessi, per i quali
22Si veda sul punto T.AR. Molise, Campobasso, 8 aprile 2010, n. 177 secondo cui: "Il principio di .
alternativit del ricorso straordinario al capo dello Stato con il gravame giurisdizionale, per il suq :
carattere limitativo dell'esercizio del diritto di azione, non suscettibile di applicazione estensiva,
operando nei soli casi, espressamente previsti dalla normativa di cui agli artt. 8 comma secondo,
dP.R. 24 novembre 1971 n. 1099, 20 comma terzo, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 e 34 comma secon-
do, r.d 26 giugno 1924 n. 1054; pertanto, l'alternativit non opera quando due soggetti diversi
optano ciascuno per un rimedio diverso, proponendo separatamente e parallelamente entrambi i
ricorsi, quello amministrativo e quello giurisdizionale atteso che, se vero che sussiste l'esigenza
di evitare una discordanza di pronunciamenti sul medesimo atto impugnato con due rimedi diversi, "
altres vero che l'esercizio del diritto di azione di un soggetto non pu essere condizionato dalla
preventiva scelta di un altro interessato che opti per una via non giurisdizionale, senza che ne ab-
bia a patire il principio stesso della tutela giurisdizionale, di cui agli artt. 24 e 113 Cast. ".
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 481
. nca il ricordato presupposto dell'identit dell'att0
23
. Cos possibile im-
ma are davanti al Giudice Amministrativo l'adozione di un piano regolato-
e magari per gli stessi motivi, la relativa approvazione, in sede
straordinario; o, ancora, sono ammissibili l'impugnazione in sede
i.; r ordinaria della declaratoria di decadenza di una farmacia, e l'impugnazio-
. s sede giurisdizionale dell' autorizzazione farmaceutica successivamente
n '24
. filasciata a terzl . ..,. . ,
In dottrina peraltro prevalsa la teona per CUlla regola dell alternatlvlta deb-
ba applicarsi anche nell'ipotesi di atti strettamente tra loro in base ad
:una valutazione compiuta di volta in volta dallo stesso gmdlce.
. In base a tale impostazione l'alternativit dovrebbe valere quanto meno tutte
le volte in cui l'annullamento di un atto ha effetto caducante nei confronti di un
iitro e nel caso in cui un atto presupposto, gi impugnato in sede giurisdizio-
riale, venga censurato in via amministrativa al fine di dimostrare l'illegittimit
derivata dell'atto altrove direttamente impugnato, cos come quando, nonostante
la'diversit formale degli atti, le impugnative siano volte alla caducazione di un
unico att0
25

l3Cos Cons. St., Ad. Plen., n. 5/1989, in Cons. St., 1989, I, 225 e, pi di recente, T.AR. Liguria,
28 gennaio 2011, n. 169; Cons. St., sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6529; T.A.R. Toscana, sez. I, 17
aprile 2008, n. 1318. La apparente rigidit del principi.o cui l'iden-
tit dell' atto impugnato stata tuttavia attenuata con nfenmento a talune IpotesI (ben nassunte nel
della sez. III, 5 dicembre 2006, n. 430 e sez. II, 23 945 e dal
T,A.R. Lazio, sez. 1,4 febbraio 2009, n. 4462), qualI: 1) nel caso m CUI, dopo l ImpugnatIVa m sede
giurisdizionale dell'atto presupposto, venga impugnato in sede straordinaria l'atto conseguente,
al fine di dimostrarne l'illegittimit derivata dalla dedotta invalidit dell'atto presupposto (T.AR.
Catania - Sicilia, sez. II, 16 marzo 2010, n. 635; Cons. St., sez. III, 24 marzo 2009, n. 616); 2)
nella situazione inversa, quando cio l'atto presupposto stato precedentemente gi impugnato in
'sede straordinaria (T.A.R. Firenze - Toscana, sez. II, 23 febbraio 2006, n. 669); 3) ove le censure
rivolte avverso l'atto conseguente risultino tutte finalizzate a contestare, in concreto, la legittimit
presupposto (sez. IV, 21 aprile 2005, n. 1852); 4) nel caso in cui venga impugnato un
gi impugnato in altri VI, n. 5).
nel caso m CUI - tenuto conto che Il gIUdIcato copre Il dedotto ed Il dedUCIbIle - con Il nuovo ncor-
SO vengano sollevate questioni solo in parte coincidenti con quelle che ebbero a formare oggetto
dell'altro ricorso, in quanto non dedotte o non rilevate (sez. IV, 31 dicembre 2003, n. 9292).
%4Cons. St., sez. V, 5 febbraio 2007, n. 454.
tlln questo senso si veda da ultimo Cons. St., Sez. III, 15 novembre 2010, n. 1963, secondo cui:
principio di alternativit tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale opera non solo
. nei casi di impugnativa del medesimo atto, ma anche quando alla impugnativa in sede giuri-
sdizionale di un atto presupposto faccia seguito l'impugnativa con ricorso straordinario di atti
. . o viceversa; opera, inoltre, nel caso in cui tra ricorso giurisdizionale e ricorso
straordinario sussista una obiettiva identit di "petitum" e di "causa petendi ", essendo la ratio
del principio quella di evitare l'inutile proliferazione dei ricorsi ed il rischio di pronunce contra-
stanti". In termini, T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 09 febbraio 2011 n. 755, in Foro amm.
TAR 2011, 2, 563, nonch T.AR. Sicilia, Catania, sez. II, 7 aprile 2010 n. 1013, in il Corriere del
Merito, 11/2010, 1121.
Recenti
orientamenti di
segno contrario
482
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
4.4. Alternativit e motivi di ricorso
L'alternativit non richiede, invece, l'identit dei motivi.
Non possibile pertanto, dopo aver dedotto determinati motivi in sede di
giurisdizionale, esperire il ricorso straordinario per dedurne di diversi. ..
In tal guisa si preclude la possibilit di proporre motivi diversi in sede di ric
t d' . dI' orso.
s raor mano opo a scadenza del termme per il ricorso giurisdizionale, evitando di
centuare l'incongruenza gi insita nell'ingiustificata difformit tra i termini previsti'
'1 . " d" per
Incorso glUns IZlOnale e quello straordinario. i
4.5. Alternativit e giudizio di ottemperanza
Si posto anche il problema se l'alternativit venga in rilievo tra il ricorso straordina .
d
'l . d' . , no
e I glU IZIO per 1 ottemperanza; in pratica ci si chiede se sia possibile o meno esperire'
Diversa
efficacia dei due
rimedi
contemporaneamente contro un atto elusivo del giudicato il ricorso straordinario ed '1
rimedio dell' ottemperanza. I
La punto uniforme: partendo dal principio
l alternatIVlta SI fonda sul pnnclpIO del ne bis in idem - per il quale, avendo
Il due strumenti parimenti efficaci per ottenere tutela, deve sceglierne uno eq
adeguarSI alla scelta che ha fatto - si osserva come il ricorso straordinario non abbia
la del ricorso per l'ottemperanza; con l'ottemperanza, infatti, il giudice
non SI lImita a smdacare l'atto sul piano della legittimit, come accade nel ricorso stra-
ordinario, ma provvede a nominare un commissario ad acta o si sostituisce direttamente
per adottare l'atto conforme al giudicato attraverso un giudizio che
Gli effetti pre-
elusivi dell'al-
ternativit
puo ImplIcare anche scelte di merito.
Pertanto, in mancanza dei presupposti dell'alternativit, se contro un atto elusivo del
giudicato vengono esercitati contemporaneamente il ricorso straordinario e quello per
l'ottemperanza, i due rimedi, nei limiti in cui persiste l'interesse ai sensi dell'art. 100
c.p.c., possono procedere parallelamente26.
4.6. Aspetti procedurali
Dal punto di vista pi strettamente procedimentale si ritiene che l'effetto preclusivo
dell'alternativit, che si sostanzia nell'inammissibilit del ricorso posteriore si
.con il .del ricorso (deposito, a seconda dei casi, presso la seg:eteria del
?mdlce Ammllllstrativo e presso il Ministero competente), incombente che costituisce
Il rapporto processuale e determina la pendenza del giudizio27. .
Secondo la giurisprudenza prevalente l'effetto preclusivo si so stanzia nel caso in cui
si sia utilizzato per primo il rimedio del ricorso straordinario, in un vero: proprio difetto .
26Si veda Cons. St. sez. VI, 18 luglio 1994, n. 1226, con nota di TRAVI in Dir. proc. amm. 1996,
1, 123, "Il principio del!' alternativit non si estende anche ai rapporti fra ricorso
straordmarzo e rzcorso per ottemperanza al giudicato H.
.. St:, IV, 16. n:arzo.2007 n. 1276. Cfr Cons. St., sez. I, 21 novembre 2007, n. 3953/2007,
III GmnsdlzlOne ammlllistratlva, 2008, I, 74, secondo cui l'alternativit viene in rilievo con riguar-
?o del del ricorso giurisdizionale e prescindendo dall'esito della pronuncia, sia
III nto che III mento.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3
483
d' iurisdizione del Giudice Amministrativo, e ci in quanto, per il principio dell'alter-
I :vit, il ricorrente avrebbe perso il diritto all'azione giurisdizionale; altre pronunce
invece che tratti di a
cui non si tratta di una questIOne di gmnsdlzlOne ma di mammlsslbllIta del ncorso
p,er
senso .. '" . . .. . ., .
Nel caso di prevlO ncorso glUnsdlzIOnale, mvece, Il ncorso straordmano e conslde-
pacificamente inammissibile.
Tali questioni, secondo l'opinione largamente prevalente, sono rilevabili di ufficio,
e.quindi indipendentemente dall'eccezione .della tutte le in il
i iudice si avvede che sullo stesso provvedimento e stato prevlamente articolato 1 altro
deve allora dichiarare di ufficio la relativa inammissibilit o, a seconda dei casi,
Rilevabilit di
ufficio da parte
del giudice
Il' difetto di giurisdizione. . . . " ... .
' La decadenza ha effetto ape legis a segUIto della propOSIZIOne del pnmo ncorso. L. di
. . '" h h 1 l' . .. . . rmunczadel
La giurisprudenza maggIOntana ntIene anc e c e a prec USIOne m CUI SI mcorre m reventivo
ipotesi di contemporanea presentazione di ricorso straordinario e giurisdizionale non sia
rimediabile neanche attraverso rinuncia al preventivo rimedio utilizzato. utilizzato
, Se quindi il privato propone il ricorso giurisdizionale non pu successivamente ri-
nunciarvi per proporre il ricorso straordinario e viceversa
28
.
La rinuncia avr in questo caso la sola conseguenza di precludere qualsiasi rimedio
contro quel provvedimento.
. Il principio dell'alternativit ha resistito anche al vaglio della Corte costituziona-
le
29

La Corte delle leggi ha infatti salvato l'istituto del ricorso straordinario, negando che Il vagl.io.
.' .. d' 1 . . , "d Il . d Il tut 1 . . d" 1 ternatlvlta da
il .pnnclpIO I a ternatIvlta potesse mCI ere su a garanzia e a e a gmns IZIOna e parte della
prevista dagli artt. 24 e 113 della Cast., in quanto, cos come accade in caso di devoluzio- Corte costitu-
ne della controversia agli arbitri, la caratterizzazione alternativa del ricorso straordinario zionale
hn preclude la tutela giurisdizionale ma rimette al privato la possibilit di scegliere la
strada da intraprendere assolvendo alla funzione di coordinamento dei due rimedi.
5. La trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale
il sistema prec1usivo determinato dall'alternativit ammissibile in quanto frut-
to di una libera scelta del soggetto che decide di ricorrere ad un rimedio anzich
un altro.
In tale prospettiva un rilevante problema rappresentato dal controinteres- La trasposizione
a cura dei con-
sato che non pu subire la scelta compiuta da altri di utilizzare il ricorso stra- trointeressati: la
ordinario privo tradizionalmente di tutte le garanzie che offre invece il ricorso procedura
giurisdizionale
30

28A meno che la rinuncia al ricorso e la successiva declaratoria giurisdizionale non siano inter-
venute quando ancora pende il temine per il ricorso straordinario (Cons. St., sez. I, 21 dicembre
2005, n. 4989/2005).
;9Corte cast. sent. n. 1 del 1964 e n. 78 del 1966, in Giur. cast., 1966, I, 1013, n. Ferrari.
IOOriginariamente la posizione dei controinteressati risultava infatti deteriore. La giurisprudenza,
ritenendo che l'art. 34 del T.u. sul Consiglio di Stato con il termine di interessati si riferisse
484 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Si cos creato un meccanismo (art. lO D.P.R. 1199/1971; art. 48 cod. prOC\
amm.) che permette al contro interessato di trasporre la controversia in sede
risdizionale
31

In base all' art. 10 del D .P.R. 1199/1971, pertanto, i controinteressati .
entro sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono chiedere, con
notificato al ricorrente ed all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che
ricorso venga deciso in sede giurisdizionale
32
.
In tal caso il ricorrente che intenda insistere nel ricorso deve depositare nella
del Giudice Amministrativo competente, nel tennine di sessanta giorni dal
to dell' atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso
notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai controinteressatj33,
giudizio prosegue allora in sede giurisdizionale
34
. Ovviamente nell'atto di
non sono ammesse censure non proposte nel ricorso straordinario.
esclusivamente ai cointeressati, escludeva che essi potessero fare opposizione. Solo a
della sentenza della Corte costituzionale 1/1964 che dichiar illegittima questa nrc''''''o","
decisione dell'Ad. Gen. 11/1967 per la quale per interessati nell'art. 34 T.U. dovevano'
si anche i controinteressati, il potere di opposizione venne riconosciuto anche ai c011tn)nteDessati.
lasciando loro la facolt di scelta tra ricorso giurisdizionale e rimedio straordinario, ed
la soluzione che poi stata recepita nel D.P.R. 1199/1971.
31 Ai fini della trasposizione necessaria la notifica del ricorso straordinario al contro interessato'
la pretermissione dell'incombenza costituisce vizio procedurale deducibile in sede d'impugnazioi
ne giu:isdizionale della decisione su ricorso straordinario (T.AR. Campania, Napoli, sez. III,
gennaIO 2010, n. 202). ."
32Anche ai contro interessati non intimati che siano per intervenuti in giudizio deve riconoscersi
il potere di proporre opposizione. Per loro, nondimeno, il termine per fare opposizione
rebbe a decorrere dalla data dell'intervento: v. DE ROBERTO-TONINI, op. cit., 293.,1;;
33In caso di notifica a mezzo posta, a seguito della sentenza n. 477/2002 della COlte Costituzio-
nale essa deve intendersi legalmente perfezionata, per il solo notificante, al momento della
segna dell'atto all'ufficiale giudiziario (Cons. Stato, sez. V, parere 29 marzo 2011, n. 1926).
parere ha osservato che a tale termine, in quanto afferente al giudizio innanzi al g.a. (e quindi
avente natura processuale) si applica l'istituto della sospensione feriale e dei termini. .
34Tale meccanismo, creato per tutelare le garanzie di tutela del controinteressato, si propone '
lora come ottimo escamotage per chi, non avendo impugnato l'atto in sede giurisdizionale
ordinari termini di decadenza, intenda rimediare proponendo ricorso straordinario ed
poi di un controinteressato di comodo per trasporre la controversia in sede giurisdizionale;
ha determinato la necessit di controllare se chi propone la trasposizione sia effettivamente
posizione di contro interessato. Per prevenire simili ipotesi una giurisprudenza minoritaria ..
che la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Presidente della Repub
i
blica comporta che il ricorso debba necessariamente essere assoggettato alla disciplina sia pro:
cessuale che sostanziale prevista per il ricorso giurisdizionale ed in particolare che sia r;.<.npttnto
il termine d'impugnazione dei sessanta giorni prescritto per tutti i ricorsi giurisdizionali dall'art:
21 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, pertanto da ritenere irricevibile per tardivit il ricorso straor"
dinario allorch sia avvenuta la trasposizione in sede giurisdizionale, ove il ricorso straordinaria
stesso risulti essere stato presentato oltre il termine di cui al citato art. 21 L. 1034/71. Cons.
sez. V, 2 marzo 2009, n. 1194, evidenzia che la trasposizione non sana gli eventuali vizi originari
del ricorso straordinario. :;
.... ----------------------------------------------------------------------------..
PARTE r - SEZ10NE V - CAPITOLO 3 485
L'inosservanza del teffiline perentorio di sessanta giorni da parte del ricorrente non
lo fa venir meno la possibilit di ottenere una pronuncia da parte del Giudice Am-
,.soinistrativo, ma lascia fermo l'effetto di improcedibilit del ricorso straordinario gi
. con la stessa proposizione dell'opposizione.
Y Il mancato esercizio della facolt di scelta nei termini e con le modalit deteffilinate
dalla legge da parte del controinteressato al quale sia stato notificato il ricorso preclude a
costui, al pari di quanto accade per il ricorrente, la possibilit di impugnare la decisione
in sede giurisdizionale salvo che per profili di fOffila o di procedimento.
'Per converso, il procedimento giustiziale si l'i attiva ove il ricorso giurisdizionale risul-
ti inammissibile per l'irritualit dell'atto di opposizione (v. tardivit o difetto di elementi
\lssenziali o di notifica o di giurisdizione del Giudice Amministrativo), con esclusione
di:ogni altra causa, come quelle relative al ricorso straordinario od ai vizi dell'atto di
riassunzione35. L'art. IO, co. 2 D.P.R. 1199/71 prevede infatti che "Il collegio giudicante,
qualora riconosca che il ricorso inammissibile in sede giurisdizionale, ma pu essere
oeciso in sede straordinaria, dispone la rimessione degli atti al Ministro competente per
llistruzione dell'affare". L'art. 48, co. 3 cod. proc. amm. stabilisce, inoltre che "Qua-
lora l'opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la
restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria": le due
norme, sebbene non inconciliabili, riguardano due profili differenti, riferendosi la prima
all'inammissibilit ratione materiae del ricorso proposto al T.A.R., la seconda l'inam-
missibilit dell' atto di opposizione.
b . Per i controinteressati pretermessi, che avrebbero dovuto essere chiamati in causa ed
invece non lo sono stati, non esiste invece alcuna preclusione.
.'i, Costoro, se vengono a conoscenza dell'esistenza del ricorso straordinario quando
questo ancora in corso, possono costituirsi e fare opposizione nei sessanta giorni suc-
cessivi, cos come stabilito dall'art. lO del D.P.R. 1199/1971, ma possono anche impu-
gnare la decisione del ricorso straordinario al quale non hanno partecipato, deducendo
tutti i vizi e non solo quelli di forma o procedurali. Di recente, l'Adunanza Plenaria con
la decisione 27 giugno 2006 n. 9 ha confermato tale orientamento affermando che "La
. disciplina, dopo la sentenza n. 1 del 1964 della Corte costituzionale e la decisione n. 15
del 1966 dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio, ha trovato, infine sistemazione
nell'art. lO del D.Lgs. 1199 del 1971 che prevede l'assoggettamento alla regola dell'al-
ternativit in sede straordinaria dei contro interessati solo quando questi ultimi, in qualit
della notifica del ricorso straordinario, siano stati posti nella condizione,
don l'opposizione, di contrastare la loro evocazione in sede amministrativa invocando
l({Jutela della loro posizione di vantaggio in sede giurisdizionale. La regola dell'alter-
nativit - con preclusione dell'accesso alla tutela giurisdizionale- risulta operante nei
St.,sez. V, 29 marzo 2011, n.1926; sez. I, parere 28 marzo 2007, n. 1338/2006, in Giu-
risdizione amministrativa, 2008, 6; T.AR. Sicilia, Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, in base al
quale sussiste la possibilit di fare opposizione anche nel caso di difetto di giurisdizione del G.A
contrasposizione in S.g. e conseguente rimessione degli atti in sede straordinaria. Cons. Stato.,
sez. I, 4 dicembre 2010, n. 3560, ha rilevato che nel caso in cui la pronuncia del g.a. che dia atto
della rinuncia delle controparti al giudizio intervenga dopo la scadenza del termine perentorio
per l'opposizione al ricorso straordinario ai fini della sua trasposizione, tale ricorso va dichiarato
inammissibile.
1 controinteres-
sati pretermessi
Il meccanismo
esteso alle
pubbliche am-
ministrazioni
La possibilit
di presentare
opposizione
da parte delle
pubbliche am-
ministrazioni
non statali
Esclusione
dell'obbligo di
notifica
486 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
soli confronti dei contro interessati che abbiano ricevuto la notifica del gravame e null
abbiano ritenuto di opporre alla loro evocazione in sede straordinaria(rinunciando
a trasporre il ricorso in sede giurisdizionale)"36. l
Fino al 1982 a tutte le Pubbliche Amministrazioni era preclusa la possibilit di
opposizione: si riteneva infatti che queste, avendo parte attiva nella decisione del
siglio di (predisponendo ed accompagnandola con una proposta),
potessero 111 alcun modo dolers1 della scelta fatta dal ricorrente di esperire il
straordinario.
Ci nondimeno la Corte costituzionale, con sentenza n. 148/1982, ha dichiarato l
legittimit dell 'art. 10 del D.PR. 1199/1971 nella parte in cui, ai fini della facolt
scelta ivi prevista, non equipara ai contro interessati l'ente pubblico, diverso dallo
che ha emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario. Le amministrazioni
statali (comprensive delle autorit indipendentj37), infatti, al pari del privato
teressato, non hanno alcun ruolo nel procedimento che porta alla decisione del
straordinario, di talch deve pertanto essere salvaguardata anche per loro la facolt di
optare per la tutela giurisdizionale che offre maggiori garanzie rispetto a quella
nistrativa.
La riconosciuta possibilit di esercitare il diritto di opzione non implica tuttavia
che l'obbligo di notifica del ricorso agli enti in parola secondo quanto invece
samente previsto per i controinteressati dall'art. 9 del D.P.R. 1199/1971. L'Adunanza
Generale del Consiglio di Stato, infatti, con parere del 3 luglio 1997 n. 93, ha .
che detta notifica non indispensabile al fine di consentire l'esercizio dell'opzion:e
cui all' art. lO ci t.
I
Tale previsione non pregiudica neanche la certezza della data di decorrenza del ter-
mine decadenziale di sessanta giorni per l'esercizio dell'opzione; in tal caso, infatti,'
dies a qua per l'esercizio dell'opzione si identifica con quello del deposito, quando
ricorso depositato direttamente presso l'autorit emanante (mediante consegna
o spedizione per raccomandata); quando, invece, il Ministero istruttore e referente
comunicare il ricorso all'autorit emanante, il dies a qua sar quello di tale vUUH"'"va'
zione, la quale, intercorrendo tra due soggetti entrambi pubblici, sar certificabile
relativa facilit
38

stesso senso si veda anche T.A.R. Campania, Napoli, 9 gennaio 2010, n. 202 secondo,
:"E proponibile l'impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del decreto del Presidente "
Repubbliche che definisce il ricorso straordinario regolato dagli artt. 8 e ss., d.P.R. 24
1971 n. 1199, con deduzione di tutti gli errores in procedendo e in iudicando, da parte del
trointeressato che sia stato pretermesso nella sede giustiziale. Ci sulla considerazione che
lO, d.P.R. n. 1199 del 1971 prevede l'assoggettamento alla regola dell 'alternativit in sede
ordinaria dei contro interessati solo quando questi ultimi, in qualit di destinatari della
del ricorso straordinario, siano stati posti nella condizione, con l'opposizione, di contrastare
loro evocazione in sede amministrativa invocando la tutela della loro posizione di vantaggio in
sede giurisdizionale. La regola dell'alternativit - con preclusione dell'accesso alla tutela giu.
risdizionale - risulta dunque essere operante nei soli confronti dei contro interessati che abbiano
ricevuto la notifica del gravame e nulla abbiano ritenuto di opporre alla loro evocazione in
straordinaria (rinunciando cos a far trasporre il ricorso in sede giurisdizionale) ".
37In questo senso T.A.R. Milano, sez. III, lO aprile 2009, n. 3239.1
38Una qualche incertezza sulla data di decorrenza del termine per l'opzione potrebbe semmai veri;
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3
487
C
. . chiede poi se la trasposizione possa essere chiesta dal cointeressato.
ISI . h dft
La osizione prevalente a tal proposito di segno negat1vo, dal momento c e,. a 1 e-
, d
P
l contro interessato, il cointeressato non vincolato alla scelta fatta dal ncorren-
La trasposizione
su iniziativa del
cointeressato: la
tesi contraria
renza e . . l 'b'l' , d' c:
, t do optare per il rimedio giurisdizionale. Se gh S1 concedesse a pOSS1 1 Ita 1lare
te po en ., . bb l 'b'l't' d'
" , .' ne nei tennini previsti per il controinteressato gh S1 offnre e a pOSS1 1 I a I
OppOSIZlO .., . . 39
, ludere i tennI11l d 1mpugnazIOne . .. .., , ., .
In senso contrario opina una pos1Zl0ne m1l10ntana, che, sulla
ortata dell'art. 34 del T.u. 1054/1924 - nel quale eray:evista l.a per I
p t' di fare opposizione nei quindici giorni succeSSIVI dalla nceZIOne della comU11lca-
ressa I d' l c: 11'
'ione del ricorso al Presidente della Repubblica - ammette la pennanenza I ta e laco a
La tesi che la
ammette
z htro il pi limitato termine di quindici giorni. . , .
ii Secondo una tesi mediana, ai sensi 34 cit., dal
teress
ato
sarebbe ammissibile solo ove non S1ano decorSI I term1l11 per 11 ncorso gmn-
La tesi mediana
sdizionale. .' . . .
A seguito dell' opposizione l'autorit che deve deCIdere 111 sede d! .ncorso
fio deve solo prendere atto dell'avvenuta opposizione e dichiarare l Improced1blhta del
Conseguenze
dell'opposizione
,ricorso straordinario. , .., . , , . . , .
Sar il Giudice Amministrativo a valutare l ammlsslbIhta dell l
'b'l'ta' del ricorso straordinario e la validit ed ammissibilit dell'atto di costItUZIOne 111
SI 1 I l' .,
iudizio; solo a seguito di esito positivo di tali valutazioni passer a valutare ammlSS1-
g l . ., d" l 40
bilit e la fondatezza de ncorso gmns IZlOna e . .
La' restituzione degli atti al Ministero competente, per la proseCUZIOne del proce-
, dimento sul ricorso straordinario ai sensi del secondo comma dell'art. lO del D.P.R:
1199/1971, deve invece ritenersi ammessa solo per il caso di inammissibilit dI
,opposizione41 ed preclusa invece in caso di inammissibilit del ricorso straord1l1ano o
di inammissibilit dell'atto di costituzione.
));;'Si posto il problema dell'applicabilit, rispetto ai termini previsti
ilI rimedio straordinario e per la successiva costituzione di fronte al gmdlce ammI11l-
strativo, della regola contenuta nell'art. 23-bis, comma 2, della L. 6 dicembre .19?1 .n:
103 (introdotto dall'art. 4 della L. 21 luglio 2000 n. 205), in base al quale, per I gmd1Zl
concernenti le materia ivi elencate i termini processuali previsti sono ridotti alla met,
salvo quelli per la proposizione del ricorso. Sulla questione si registrano due indirizzi
, giurisprudenziali contrapposti.
Secondo un primo orientament0
42
il termine di deposito di cui all'art. lO
1199/1971 non risulterebbe dimezzato nell'ipotesi di controversie ricadenti nell'ambito
per il ricorrente, il quale ha, tuttavia, la possibilit di far eseguire la normale rituale notifica,
determinando cos in modo certo la decorrenza del termine, cos come possono fare per le stesse
r,agioni i controinteressati diversi dal primo destinatario della notifica.
Le valutazioni
del Giudice
Amministrativo
a seguito della
trasposizione
La trasposizione
e la dimidiazio-
ne dei termini
previsti dall'art.
23-bis
39Cos T.A.R. Napoli, sez. IV, lO marzo 2008, n. 1179. . .
. 40S
econ
do T.A.R. Genova, sez. I, 15 gennaio 2009, n. 66, l'atto di riassunzione, a pena dllmpro-
cedibilit, va notificato all' Amministrazione ed ai controinteressati. ,
41Ad es. per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (v. Cons. Stato, sez. VI, 23 dicem-
bre 2008, n. 6529).
42Cons. Stato, sez, VI, 17 febbraio 2009, n. 902; T.A.R. Veneto, sez. I, 2 febbraio 2009, n. 236;
Cons. St., sez. V, 23 giugno 2008, n. 3104, in Foro amm. CDS 2008, 6, 1760.
488
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
delle materie contemplate dall'art. 119 cod. proc. amm. (gi art. 23-bis L. 1034/197
per le seguenti ragioni.
Si osserva che se, in generale, la sequenza introduttiva del giudizio
tivo si articola in notifica del ricorso (da effettuarsi sempre nel termine U"'''mlCIIZ1.
di 60 giorni) e successivo deposito (da effettuare, in generale, entro 3 O giorni dalI'
tima notifica, che si riducono a 15 nelle controversie ex art. 119 cod. proc. '
nella fattispecie di cui all'art. lO del D.P.R. 1199/1971 la sequenza invertita
quanto la legge prevede che il ricorrente in sede straordinaria che voglia pro '
nel giudizio di fronte al giudice amministrativo a seguito dell'opposizione
dalle controparti, deve depositare l'atto di costituzione presso la segreteria del
entro 60 giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione dandone avviso ....
notifica all'Amministrazione resistente ed ai controinteressati. Pertanto, il primo
della sequenza il deposito dell' atto di costituzione, che, agli effetti dell' .
ne dell'art. 119 cod. proc. amm., deve essere equiparato alla notifica e quindi vale
esso il termine ordinario di 60 giorni.
Qualsiasi altra interpretazione, si argomenta, sarebbe da considerare in contrasto
il diritto di difesa (art. 24 Cost.), in quanto non esiste alcuna altra valida
penalizzare, sotto questo profilo, il ricorrente in sede straordinaria che si vede
l'atto di opposizione ex art. lO D.P.R. 1199/197l.
La tesi contrapposta, pur riconoscendo che l'istituto della dimidiazione dei
ni processuali non trova applicazione nell' ambito del procedimento giustiziale di ui
all'art. 8 ss. del D.P.R. 1199/1971, ritiene di dover acclarare il momento in cui il '
abbandona la sede straordinaria venendo assoggettato alla disciplina del processo anli
ministrativo, con la conseguente individuazione in tale contesto del primo termine, non
avente pi natura procedimentale ma processuale
43

Ebbene poich l'effetto del trasferimento dell'impugnativa dalla sede giustiziale alla
sede giurisdizionale si realizza con l'esercizio della facolt di scelta, il primo termine
processuale si identifica con il termine assegnato all' Amministrazione intimata e al com
trointeressato per proporre l'opposizione, posto che con l'espressione termine
suale si farebbe riferimento non solo al termine afferente ad un giudizio gi instauratdl
ma anche ai termini che, pur risultando soltanto prodromici al giudizio medesimo, infiu,
iscono comunque sul suo esito.
. Avendo certamente natura processuale il susseguente termine per il deposito d()1
ncorso all'organo giurisdizionale, non si comprende perch non dovrebbe essere
tratto dal generale istituto della dimidiazione dei termini processuali, alla medesima
guisa del termine di deposito del ricorso giurisdizionale contemplato dall'art. 45 cod.
proc. amm.
In tal senso non viene inoltre sottaciuto che la regola del dimezzamento dei termi.
ni assume una valenza generale, perch riferita sia a tutti i termini che a tutti i gradi di
giudizio, ad eccezione soltanto di quello per la proposizione del ricorso e potendo
esclusa soltanto dalla presenza, nella stessa disciplina, di una disposizione derogatoria
o che introduca, comunque, per determinati atti o adempimenti, un diverso specificq
43T.AR. Veneto, sez. I, 21 febbraio 2006 n. 401, in Il giornale di diritto amministrativo, 10/2006,
con nota di VIARO. ' ,
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 489
. per il relativo compimento44: presenza che per quanto attiene la disciplina ge-
, termme , .
., 1 contenuta nell'art. lO D.P.R. 1199/1971 non e dato nlevare.
: n,era
Q
e
ta tesi senz'altro preferibile, soprattutto in ragione del fatto che nell'ipotesi in
ues d' . h"l .
'. non vi alcuna necessit di garantire uno spatium deliberan /, pOlC e I ncorren-
che si sia visto notificare l'atto di opposizione tenuto.a un.
, ' formale, che non involge alcuna nuova valutazIOne m punto dI dmtto, atteso
la traslazione del gravame non consente di mutare n petitum, n n
altro elemento del ricorso, in quanto l'originario ricorso straordmano a essere
e non si ha novazione, ma solo trasposizione.
Le garanzie procedurali nel ricorso straordinario

'seguito dell'istruttoria curata dal Ministero competente e del parere Con-
di Stato il ricorso straordinario viene deciso con decreto del PreSIdente
Repubblica su proposta del Ministero competente. Non necessario il
reavviso di rigetto, stante l'inapplicabilit ai rimedi giustiziali dell'istituto
cui all'art. IO-bis della L. 241/1990, relativo ai procedimenti di ammini-
attiva ad istanza di parte (v., sul tema, anche parte III, cap. V, sez.
, : 45
gI, 8 ss.). . .. . . .
Nell'originaria impalcatura del D.P.R. 1199/1971,11 MInIstero, m caso dI dIS-
senso rispetto al parere del Consiglio di Stato (il parere era infatti solo parzial-
mente vincolante), investiva della questione il Consiglio dei Ministri, chiamato
con l'assunzione di una responsabilit di natura squisitamente politica
(art. 14 del D.P.R. 1199/1971). Si gi detto nel ?:1: ,che 69 L.
69/2009 ha inciso sulla disciplina eliminando la possIbIlIta del dIssenso nspetto
a questo punto vincolante,. del di Stato.
46
.
, In tema di garanzie proceduralI partIcolare Importanza nveste 11 recente
orientament0
47
che superando consolidati principi giurisprudenziali, ha ricono-
l'obbligo d;ll'Amministrazione di consentire agli interessati, a fronte di
Obbligo
della P.A. di
consentire agli
interessati
la visione
degli atti del
. . ., , procedimento
44In questi tennini Cons. St., Ad. Plen" 31 maggio 2002 n. 5. Da ultimo sulla dlmldlazlOne. del
mine per il deposito del ricorso straordinario presso la segreteria del T.A.R.,v. Puglta:
sez. I, 7 novembre 2006 n. 3910, in Giur. merito, 2007, 2, 525. Esclude che 1ll caso di trasposlzlOne
peri il dimezzamento dei termini processuali ex art. 23-bis della L. 1034/1971 T.AR. Veneto,
sez. I, 2 febbraio 2009, n. 236. Contra, in parte, Cons. St., Sez. V, 27 agosto 2009, n. 5086; Cons.
Stato, sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 902 e Cons. St., sez. V, 23 giugno 2008, n. 3104, che esclude
dal dimezzamento la notifica dell'atto di trasposizione (in quanto atto non processuale) mentre
sottopone alla falcidia il successivo deposito del!' atto. . .
St., Commissione speciale, 26 febbraio 2008 n. 2518/07; T.AR. Lombardia, Milano, 4
, giUgno 2010, n. 1746; T.A.R. Liguria, Genova, 24 aprile 2008, n. 766 .
j6,Secondo Cons. Stato, sez. II, parere 4 febbraio 2011, n. 2958, 1ll
quanto unica destinataria del parere del Consiglio di Stato, il solo soggetto abilItato a chiederne
ilriesame.
47CfrT.A.R. Lazio, Roma sez. II, 31 gennaio 2008, n. 861, in Foro amm. T.A.R. 2008, 1, 130. Con-
tra v. per T.AR. Campobasso, Molise, lO marzo 2010, n. 166, in Red. amm. T.A.R. 2010, 03.
490
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
una loro espressa richiesta, la visione di tutti gli' atti' d l d'
l l' e pro ce nnento
re trasmessa al Consiglio di Stato ed i suoi allegati nonch: l
ne, ed I documenti prodotti dalle parti ove non segreti e e e memo.
alI accesso. que non
A sostegno di :esi si infatti sottolineato che il progressivo . ,
porta:a. apphca.tIva principio del contraddittorio ai sensi dell'art
.ost. a tuttI I procedimentI amministrativi non poteva non coinvol .
rdlcorso che tende sempre pi ad assumere caratteri anche
a quellI gIUnsdlzIOnali. '
Conseguenze L' .
del mancato . obbli?o di comunicazione degli atti da parte dell'
esercizio a fronte. d. I una ntuale richiesta di accesso agli' atti' del '
del diritto to d t
di accesso e ' e enmna un VIZIO del procedimento denunciabile in sede giurisd' . '
partecipazione la richiesta di accesso non stata ancora soddisfatta
a causa della Il Consiglio di Stato deve sospendere ogni pronuncia in
P.A. attesa della pr?va relativa all'intervenuta comunicazione dei documenti ed
ecorso del per le eventuali controdeduzioni.
. A tal propOSitO la gIUrisprudenza ha anche precisato che l' om .
SIOne al Consiglio di Stato da parte dell' Ammini t . . . essa .trasmls_
'1 . d Il' s raZIOne mcancata di
I ncorso, e a memoria difensiva prodotta dal controinteressato vizia il
dal Consiglio Stato per errore di fatto, consistente nella
memona stessa, positivamente risultante dagli atti di
a e .err
d
di fatto consente la proposizione di un ricorso per revocazione
sensI e art 395 n 4 c p c . .
1199/1971
48
.' ' , espressamente nchlamato dall'art. 15 del D.P.R:
Analoghe di garanzia del contraddittorio e del giusto process ' I.
no portato a che ai fini della decisione non si pu tener conto di o , '.
da quelli dall' Amministrazione
. COSI come la sopravVivenza di elementi prima non conoscibili .
tIzza lmteressato a proporre aggiunti con l'obbligo della P.A. di
tare un nuovo parere del ConSiglIo di Stato.
48C S .
. ons. t., sez. IV, 6 maggIo 2002, n. 2428. Per Con S
In ogni caso precluso, da parte dell'Or ano C 1/' t.; sez. III, 20 marzo 2000, n. 1430,
zione ministeriale prodotte direttament: dII" t
nsu
IVO, I esame alla
comma, del R.D. 21 aprile 1942 n. 444, d: aI sensI deU:art. 49,
alcun documento non trasmesso dal H.' . t
P
ConSIglIo dI Stato non puo tenersi conto
49 lVlznlS ero. '
V. Cons. St., sez. III, 14 gennaio 2003 n 7/03 e Co S .'
in sede di ricorso straordinario il ' ,ns. t., 2003, I, 1061, ove si puntualizza che
dell'inammissibilit della prova testimonial
e
puo ;ssere ascoltato personalmente. Nel senso
id. 2003, I, 1503, ove si evidenzia che il t., I, parere l? marzo n. 782/03,.
veste di parte ma agisce come autorit che coo era cahe r.elazlOne sul ncorso non ha la
novembre 2003, n. 2764 in Cons. St., 2004 I 7i8 h fim dI CO?s. St.: sez. I, parere 19
dalla relazione da inviare al Consiglio d' peraltro chIanto II funZIOnario incaricato
pertanto suscettibile di ricusazione ex a
5
per I parere espleta funZIOni amministrative e non ,
. sS. c.p.c.
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 491
Il progressivo avvicinamento del ricorso straordinario al Capo dello Stato al
rimedio giurisdizionale sottolineato anche dalla previsione dell' art. 15 della L.
12'05/20
00
.
A differenza di quanto accadeva nel regime previgente, nel quale a richiesta
,tli qualsiasi cittadino copia del parere del Consiglio di Stato poteva essere rila-
isciata solo se il Ministro competente non avesse comunicato, entro novanta gior-
dal ricevimento del parere stesso, che esso dovesse rimanere riservato (art. 52
.21 aprile 1942, n. 444, modif. dall'art. l D.P.R. 23 giugno 1988, n. 250), la
205 ha infatti espressamente stabilito che l pareri del Consiglio di Stato sono
pubblici e recano l'indicazione del Presidente del collegio e dell'estensore.
6.1. L'avvento della tutela cautelare (art. 3 della L. 205/2000)
delle garanzie del ricorso straordinario, una particolare rilevanza riveste la
't\ltela cautelare.
Un importante contributo stato dato, anche a tal proposito, dalla L. 205/2000, che
La pubblicit
del parere del
Consiglio di
Stato dopo l'art.
15 L. 205/2000
'nell'ultimo comma dell'art. 3 (interamente dedicato al processo cautelare) fa espres-
" ' riferimento al ricorso straordinario stabilendo che <<pu essere concessa, a richiesta
", ricorrente, ove siano allegati danni gravi ed irreparabili derivanti dall'esecuzione
lell'atto, la sospensione dell'atto medesimo. La sospensione disposta con atto motiva-
it() del ministero competente ai sensi dell'art. 8 del Decreto del Presidente della Repub-
blica 24 novembre 1971, n. 1199, su conforme parere del Consiglio di Stato.
,.', Tale disposizione consacra un principio che si era gi affermato in giurisprudenza I precedenti giu-
in mancanza di una norma espressa che, come per il ricorso gerarchico (art. 3 del risprudenziali
D.P.R. 1199/1971), prevedesse espressamente la possibilit di una tutela cautelare.
L'alternativit del ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale, con la con-
'seguente impossibilit di poter ricorrere al Giudice Amministrativo dopo aver intrapreso
la strada del ricorso straordinario, infatti, portava a ritenere necessaria l'attribuzione, an-
che in tale sede, della possibilit di un arresto interdittale da parte dell'organo decidente
,che garantisse, come per il ricorso giurisdizionale, l'effettivit della tutela straordinaria;
:diversamente si sarebbe incorsi nella palese violazione dell'art. 113 della Costituzione.
Seguendo anche sotto tale profilo le indicazioni della giurisprudenza precedente,
d'art. 3 cito ha individuato, dal punto di vista procedimentale, nel Ministero competente
!),
sensi dell'art. 8 del D.P.R. 1199/1971 il soggetto che pu provvedere, una volta con-
statata in concreto l'esistenza del periculum in mora e delfumus boni iuris, la sospensio-
)'le del provvedimento impugnato.
., Nessuna ulteriore indicazione fornisce per il nuovo articolo in ordine al procedi-
,mento da seguire in sede cautelare.
A fronte dell'ambiguit del dato testuale, sul piano ermeneutico sono pertanto ipo-
tizzabili due soluzioni.
, L'una, che poi quella a suo tempo fatta propria dal precedente indirizzo giurispru- Il procedimento
den
. l 't' h'l d' l' d . d' d . l C . l' davanti al C dS
. zIa e, n lene c e l proce lmento caute are SI eve mcar mare avanti a onslg 10 d . . .
. con proce ura
con termmi e procedure analoghi a quelli previsti per la questione di merito. Di qui la prevista per il
conseguente impossibilit di decidere l'incidente prima della ricezione della relazione merito
istruttoria all' Amministrazione con i relativi allegati.
Il nuovo
orientamento
per la decisione
in sede
cautelare:
l'immediato
deposito del
gravame
ali 'ufficio
ricorsi del
Consiglio di
Stato
Contenuto della
misura
492 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
L'altra ipotesi interpretativa, prevalsa nella giurisprudenza successiva all'entrata'
vigore della L. 20512000, rilevando che il termine minimo di centottanta giorni per la
golare incardinazione del gravame presso il Consiglio in base alla scansione ..
dettata dal D .P.R. 1199 sia del tutto inidoneo a realizzare le finalit della tutela "<tUllClHlrA
ritiene invece di dovere privilegiare esigenze sostanziali di una tutela cautelare
che prescinde dai tempi indicati dal D.P.R. 1199.
Il Consiglio di Stato, in particolare, ha affermato che, in sede di ricorso
al Presidente della Repubblica, il Consiglio di Stato investito dei poteri cautelari
l'effetto del deposito all'ufficio ricorsi (da parte del ricorrente) di una copia del
con la prova della regolare presentazione dello stesso all'autorit in uno dei modi
sti dall'art. 9 del D.P.R. 1199/1971, nonch con la prova della previa notifica ad
uno dei contro interessati, se necessaria.
Venendo al contenuto della misura cautelare resta la sicurezza di una tutela "<tLue,,"ro
che il Legislatore modula sul paradigma della mera sospensione dell'atto impugnato
mentre si rende atipica la tutela cautelare conseguibile innanzi al G.A. per effetto
stesso art. 3 della L. 205. L'anomalia, solo in parte spiegabile con la natura'
Ruolo del toria della tutela straordinaria, impone l'adesione ad un concetto ampio di
Consiglio di. . . .
Stato esteso, In tema di interessi pretensIvI, a tecniche propulsive che Impongono alla P.A.
facere positivo specific0
50

L'art. 48 cod. Va inoltre segnalata la maggiore pregnanza, rispetto alla fase di merito, del ruolo caJl
proc. amm. telare del Consiglio, richiedendosi che la misura venga concessa su parere
del Consiglio senza possibilit di decisione difforme attraverso la sottoposizione delhi
questione al Consiglio dei Ministri.
La tutela in
caso di ritardo
nella definizione
del ricorso
La ritardata
trasmissione del
ricorso da parte
del Ministero
Ritardata
emanazione del
parere da parte
Da ultimo, deve evidenziarsi il disposto dell'art. 48 cod. proc. amm., il quale, ond
evitare la proposizione dilatoria di ricorsi straordinari al solo fine di ottenere la
sione cautelare del provvedimento impugnato, prevede che, in caso di trasposizione di.
ricorso innanzi al G.A., la misura cautelare perde efficacia alla scadenza del sessantesi-
mo giorno successivo alla data di deposito dell'atto di costituzione in giudizio.
6.2. I rimedi in caso di ritardo nella definizione del ricorso straordinario
Un ultimo problema, in tema di garanzie del ricorso straordinario, quello rela
1
tivo ai rimedi da adottare in caso di ritardo nell'emanazione della decisione. ,
Il D.P.R. 1199/1971, all'art. 11, secondo comma, si occupa a tal proposit9,
solo dell'ipotesi di ritardo di trasmissione della pratica da parte del Ministero al
Consiglio di Stato, stabilendo che allo scadere del termine previsto per
ria (centoventi giorni), il ricorrente possa chiedere al Ministero competente se ii
ricorso straordinario sia stato trasmesso al Consiglio di Stato. In caso di risposta
negativa o di mancata risposta entro trenta giorni, lo stesso ricorrente pu depo-
sitare direttamente copia del ricorso presso il Consiglio di Stato.
Nulla invece previsto in caso di ritardata emanazione del parere del Con-
siglio di Stato. In tali casi si ritiene possibile il meccanismo del silenzio rifiuto;
del Consiglio di ______ _
Stato
SOSul procedimento cautelare attivabile in sede straordinaria si veda il parere del Consiglio di
Stato, Adunanza della Commissione Speciale, 28 aprile 2009, n. 920.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3
493
. lto all'amministrazione anche quando il ritardo sia ad-
d e sempre essere nvo ' .' r
che ev al Consiglio di Stato; a sostegno dell' assunto si. osserva :1 lO
se in funzione consultiva, il suo carattere dI organo gmnsdlzlonale.
" . ertanto che il ritardo nella decisione determina il
" E eVI di e la possibilit di ricorrere al ?iudice CIO
- _ d l dere che anche a seguito del nuovo nto del sllenzlO OggI
a esc u , . '1 G' d' Anunmstra
'" rtt 31 e 117 del codice del processo amministratIvo, 1 lU . . -
decidere la controversia senza limitarsi ad annullare Il
, "p Id' . Il' autorit che deve decidere il ricorso straordlllano.
a eClSlOne a . . . .' Il problema
"'Quanto invece al diverso problema se il Conslgho dI Stato del riesame del
'l'.'' O se possa essere proposta revocazione avverso Il parere, SI e parere
rere reso ovver . h r tf
pa ris osta negativa sulla base dell'assunto, quanto al pnmo e g 1 a 1
000 P . non soggiacciono all'autotutela in quanto glI orgam che 11 emetton?
, ' la loro funzione con l' emissione
51
; quanto al punto, che Il
della revocazione possibile per l'atto finale del PresIdente Re-
"bblica che recepisce o no il parere, non certo per l'atto endoprocedlmentale,
pu . l . 52
'di autonoma efficaCIa eSlva .
" 'La tesi della irrevocabilit oggi irrobustita dall'avvento, ex. art .. 69.
, 39/2009, di una natura giurisdizionale del parere rende applIcabIle Il prlllcl-
pio della consumazione del potere decisono propno delle sentenze.
I rimedi avverso la decisione del ricorso straordinario
La decisione impugnabile con ricorso per revocazione nei casi di cui all'art.
$,:9
5
c.p.C. (art. 15 D.P.R. 1199/1971).53
io! b 2010 1179 secondo cui' "La richiesta di
:ISi vedadda[ ultimo ;ons .. considerato che
e parere eve, m m . ' . l' . t di ricorso straordinario,
singola fattispecie, che
e I potere consu IVO SI con, ., . . d li or ani di consulenza, anche
lfautotutela istituto proprio e in cui la richiesta di ri-
s 'in posizione di particolare terzleta, tuttaVlG eSllstono un l'rrl'mediabile contrasto con
, . . 'b'l come ne caso m CUI VI SlG
!3same puo essere ritenuta ammlSS,1 'd d obiettiva non conformit a legge,
giurisprudenziali ovve.ro una c:;;e
i
: cui l'interessato appare legittimato
sp'ecie in caso di ius supervemens, ovvero, lf1:fine, . d""
, d d t d . orio del ricorso straor. mari .
'a richiedere la revocazione del! emanan o ecre ?/2
e
O
c
O
ls
3 . G' . d'zl'one amministrativa 2008,
II 23 ennaio 2008 n 4142 bIS ,m lUriS l '
. il par!e del di Stato in sede di ricorso si
, 'per quel che concerne il concetto di giudicato, e ci impedIsce Il suo nesame m caso
sopravvenuta. , l ., . 'ci< ll'art
/l,Da ultimo Cons. St., Sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4305, secondo "L errore
395, n. 4, c.p.c., la proposizione del ricorso per revocazione ?rece en e sizione dell'esistenza o
diStato deve consistere nella falsa rappresentazione della realta, clOe nella suppo t' el
' , , .' t l sa o ammessa senza contes azIOne n
dell'inesistenza di unfiatto la cui verita e stata rlspettlvamen e esc u . . ,. o
\ I l d' . 'l CollegIO non rawlsava un Ip -
primo giudizio (ed poi risultata in concreto erronea; I ne caso I specie, I
'!'--"
494
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
L'avvenuta mutazione genetica del rimedio sancita dalla L. 69/2009 e dal
dice del processo amministrativo, con la trasformazione del parere del
tesi di errore di fatto legittimante l'accesso al rimedio straordinario della revocazione , con la
che dichiarava inammissibile il ricorso per revocazioneproposto)". Cons. St., Commissione speciale
luglio 2008 n. 3058/07, ha affrontato la questione se il ricorso straordinario in revocazione debba
le regole procedurali del ricorso straordinario, e debba dunque essere presentato aIl'Anl1llI111Sllraz:ione
notificato ad almeno un controinteressato, a pena di inammissibilit, ovvero se al ricorso straordinario
revocazione possano estendersi - sia pure con i necessari adattamenti - le regole elaborate dall'
Plenaria del Consiglio di Stato in ordine al contraddittorio in appello, regole che in sede .. .
gono estese anche agli altri mezzi d'impugnazione (revocazione, opposizione di terzo). La questione
risolta dalla Commissione speciale prendendo avvio dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato
tende ad estendere al massimo le garanzie offerte al ricorrente in via straordinaria, al fine di facilitare l'
so ad un mezzo di tutela rapido, infonnale e senza eccessivi oneri, e tenendo presente sia _ in generale _
progressiva giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario sia - in particolare - la circostanza che il
straordinario in revocazione si confignra, alla luce dell'art. 323 c.p.c., come un mezzo d'impugnazione
decisione e quindi diretto ad ottenere dall'autorit decidente una nuova e diversa considerazione
interessi originariamente prospettati in sede straordinaria. In altri tennini, la fase, che si apre con il .
in revocazione della precedente decisione, non costituisce che un episodio di quel complesso "processo"
"procedimento", che dir si voglia, nel quale si articola il ricorso straordinario al Capo dello Stato. In
tica, applicare al ricorso in revocazione le regole proprie dell'art. 9, D.Lgs. 1199/1971 sulla UVLlll"iiL:lU.ne
ai controinteressati introdwTebbe un onere aggiuntivo per il ricorrente che abbia gi provveduto alla rituale.
proposizione del ricorso straordinario conclusosi con la decisione impugnata per revocazione. La
sione speciale ha quindi ritenuto che l'ultimo comma dell'art. 15, D.Lgs. 1199/1971, che prevede ck
ricorso per revocazione siano applicabili le nonne del Capo III del predetto D.Lgs. 1199/1971, non stia
significare che, per effetto di tale rinvio, il ricorso per revocazione cambia natura, trasformandosi da
d'impugnazione in nuovo ed autonomo ricorso, che d vita ad lill autonomo procedimento, ma .
soltanto che le nonne del suddetto Capo III regolano il procedimento in quanto applicabili. In caso contrario
si dovrebbe ammettere anche la possibilit di applicare alla revocazione l'istituto della trasposizione in
giurisdizionale, trasfonnando, cos, inammissibilmente la revocazione in appello ad altro giudice (sia
per i soli motivi di cui all'art. 395 c.p.c.) e vanificando ad un tempo la regola dell'alternativit e quella
non impugnabilit del ricorso straordinario (con eccezione, ovviamente, della revocazione). N a
avviso pu indune, secondo la commissione speciale, l'unico precedente apparentemente contrario
St., sez. III, 2 novembre 1999 n. 1443). Se vero che in tale parere si afferma, in un generico obiter
che al ricorso per revocazione andrebbero applicati i princ"pi generali relativi alla notifica ai corltrontereSi
sati, anche vero che poi la sezione, pur in presenza della mancata notifica al controinteressato, non
il ricorso inammissibile ma esamina nel merito la sussistenza dei presupposti per la revocazione.
quindi, fare riferimento, con opportuni adattamenti suggeriti dal succitato art. 15, ult. co., D.Lgs. 1199/1971)
alle specifiche regole che disciplinano l'impugnazione delle decisioni della giustizia amministrativa ed in
particolare a quelle riguardanti l'appello delle sentenze dei Tribunali amministrativi regionali innanzi al
Consiglio di Stato, sulla base degli orientamenti gi espressi dalla Plenaria del Consiglio di Stato (Cons:
Ad. Plen. n. 7/2004). Fenno restando, perci, che il co. 2 dell'art. 15, D.Lgs. 1199/1971 richiede la propo'.
sizione del ricorso all'Amministrazione nel termine di 60 giorni, secondo le regole generali applicabili ai
ricorsi straordinari, deve ritenersi che il riconente per revocazione abbia soltanto l'onere dell'osservanza
del suddetto tennine perentorio, salva poi la facolt del Consiglio di Stato di ordinare, ove ne ravvisi la
necessit, l'integrazione del contraddittorio in conformit allo specifico sistema che regola il litisconsorzio
nelle fasi di gravame (artt. 331 e 332 c.p.c.). Sempre in tema di revocazione il CGA, con decisione 17 luglio
2009 n. 619, ha evidenziato che ai sensi dell' art. 15 del D .P.R. 1199 del 1971, i decreti del Presidente della
Repubblica che decidono i ricorsi straordinari possono essere impugnati per revocazione, ex art. 395 c.p.c:,.,
se sono l'effetto di un enore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; tale ricorso per revocaziri,
ne, tuttavia, va proposto davanti al Presidente della Repubblica (o della Regione Sicilia) e va deciso previo
parere del Consiglio di Stato (o del Consiglio di Giustizia amministrativa).
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 495
. . decisione giurisdizionale ammissibile solo nell'ambito della giuri-
di Stato 1ll . . . . , d Il d ..
. . ministrativa implica il corollano dell'Impugnablhta e a eClSIOne
diZIOne am '... . . . d'
s, d fi . ce il ricorso straordmano con ncorso per CassaZIOne per motlvi 1
. che e llliS . . ,
; risdizione al senSI dell art. 111 Cost. ... .
glu. dando i fili delle osservazioni prima svolte m tema dI trasposlZl0ne
fuMOO . .
:.;,. l tI'vit va inoltre rammentato che controinteressatI possono Impugnare
ed a tema .. . d' f d'
d gI'uri' sdizionale la decisione di accoghmento solo per VIZI 1 orma o 1
In se e .. l' .. l
d ra Per converso i contro interessatI possono Impugnare senza ImItI a
proce u .
decisione. . . d' . "1
Va infine rammentato che, in caso di con .la. gmns IZIOne CIVI
vi alcuna preclusione all'esperimento dell'aZIOne CIvIle a valle della deCI-
sione amministrativa.
8 Avvicinamento del ricorso straordinario alla tutela giurisdizionale pura:
'1 rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia; la rimessione alla Corte
l'esecuzione della decisione con giudizio di
L'accelerazione impressa dall'art. 69 della L. 69/2009 e dalI art. 7 del
D.Lgs.104/2010
d d t d 1 P sidente della La natura della
La decisione del ricorso straordinario a ottata con ecre o e decisione del
R' bblica' esso almeno dal punto di vista formale e soggettIvo, un vero e ricorso straordi-
epu , , fu' . t'. l nario
proprio provvedimento amministrativo che ass?lve ad u?a .e.
Nei confronti di detto provvedimento, se SI tratta dI matena dI
per preclusa, come. detto, in del pnnclpl.o
dell'altemativit, la possibilit d'impugnaZIOne davantI al G.A. se non per motI-
vi di forma o procedurali. .
. In definitiva si registra uno iato tra la natura formalmente
della decisione e l'acquisizione da parte di essa, ove venga in rilievo Il
di alternativit, di una stabilit, sub specie di non contestabilit se n.on .con Il n-
medio della revocazione, assimilabile, sul piano della sostanza, al gmdlcato che
cade su di una sentenza pronunciata dall'autorit giudiziaria. ..
. Prendendo le mosse dal carattere provvedimentale del decreto declsono, la
giurisprudenza consultiva del Consiglio di Stato ha per lunghi
dicotomia nel senso della non esportabilit alla procedura straordmana dI nmedi
ed incidenti che presuppongano la pendenza o la definizione di una procedura
giudiziaria nel senso stretto del termine. .. .
Si sta peraltro da qualche tempo assistendo ad un
del ricorso straordinario a quello giurisdizionale sotto Il profilo delle teclllche dI
tutela e degli incidenti esperibili. .
Detto processo stato completato dall'art. 69 della Legge del 1
2009, n. 69 e dall'art. 7 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dI CUI SI e
rispettivamente detto ai 2.1. e 2.2.
496
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
8.1. La Corte di Giustizia consente la proposizione di questione
Un primo importante passo in questo senso senz'altro rappresentato dalla
tenza della Corte Europea di Giustizia 16 ottobre 1997, pronunciata nei
dimenti riuniti da C-69/96 a C-79/96, con ui si riconosciuto che il
di Stato, quando emette un parere nell'ambito di un ricorso straordinario
giurisdizione ai sensi dell'art. 177 del Trattato istitutivo della
pea.
Superando la tentazione di un approccio formalistico, infatti, la Corte
procedimento pea (in conformit ad un precedente che aveva interessato il Consiglio di
di decisione del olandese - Raad van State) ha riconosciuto nel Consiglio di Stato italI'ano
ricorso straor-
dinario come sede consultiva nel corso del procedimento di decisione del ricorso '
giurisdizione rio, quelle caratteristiche necessarie perch ai fini comunitari venga in
ex art. 177 del " d" l" '.
Trattato UE una IZIOne eglttImata alla sollevazIOne di questioni pregiudizi ali
Corte costitu-
zionale 254/04
nega l'ammissi-
bilit dell'inci-
dente
pretatIve.
Si tratta infatti di:
a) organo previsto per legge in via pennanente;
b) deputato alla risoluzione di controversie in via imparziale ed indipendente
alle parti in gioco;
c) la cui detenninazione segue un procedimento contenzioso ed in contraddittorio.
La Corte ha inoltre messo l'accento sul principio dell'effetto utile del diritto
in al quale il Consiglio di Stato in tale sede l'unico organo tenuto .
applIcare Il dmtto comunitario e come tale competente ad adire la Corte di
(dato il principio dell'alternativit e l'impossibilit di censurare errores in iudicando
sede di impugnativa del decreto del Presidente della Repubblica che decide il
straordinario).
La soluzione stata a posteriori irrobustita dall'art. 69 della L. 69/2009 che
l'attribuire carattere vincolante al parere del Consiglio di Stato ha' ,
mente giurisdizionalizzato il rimedio straordinario. '
8.2. Il Legislatore del 2009 ammette la possibilit di sollevare
te questione di legittimit costituzionale (art. 69 della L. 6912009)
Tale. della Giustizia Europea ha avuto delle importanti .
nel .dIrItto lllterno con riferimento alla possibilit da parte
ConSIglIo dI Stato, III sede consultiva, di sollevare questioni di legittimit
tuzionale.
. del Consiglio di Stato ha infatti ritenuto di applicare
pnncIpl anche alI lllcIdente di costituzionalit.
L'indirizzo stato inizialmente sconfessato dalla Corte costituzionale
rinviando agli argomenti svolti nel 2001 dalle S.D. sul tema dell'
(v. infra), ha drasticamente concluso per la soluzione negativa con la sentenza
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 497
254/
2004
, mettendo l'accento sulla natura amministrativa del rimedio. L'orien-
t mento della Consulta stato, a sua volta, ribaltato dalla L. 69/2009, il cui
69 in sede di modifica dell'art. 13 del D.P.R. 1199/1971, ha previsto che Lalegge
!h.. , 69/2009 sposa
'1 Consiglio di Stato, in sede di espressione del parere, se ritiene che il ricorso la tesifavore-
hon possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione vale
. ai legittimit costituzionale non r.isulti
liespressione del parere: e, termllll.e I della
alla segreteria l'immediata trasmiSSIOne deglI atti alla Corte costItuzIOnale, aI
ensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 ss. della legge 11 marzo 1953, n. 87,
nf:>p.
ch
la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati.
rf . 8.3. Il problema dell 'ammissibilit del giudizio di ottemperanza ai fini
dell'esecuzione della decisione sul ricorso straordinario: si impone la rispo-
,.sta affermativa dopo la L. 6912009 ed il D.Lgs. 104/2010
La pi grave carenza del ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale
.stata tradizionalmente l'impossibilit di ottenere l'esecuzione della decisione
di accoglimento nei confronti dell'Amministrazione inottemperante, attraverso
H giudizio amministrativo di ottemperanza. Si visto pi volte, infatti, che, se-
&ondo l'impostazione classica, la decisione del ricorso straordinario non una
proiruncia giurisdizionale. .
ci'Nonostante la decisione su ricorso straordinario obblighi, similmente ad un tesl,contra-
l'Amministrazione sul piano dell'an e del quid alla piena esecuzione
della statuizione del Presidente della Repubblica, si , pertanto escluso, fino alla rimedio dell'o t-
.fcente riforma, che nei suoi confronti siano applicabile gli artt. 112 ss. cod.
Rrpc. amm. in tema di giudizio di ottemperanza per l'esecuzione del giudicato. ricorso straordi-
nario
questa impostazione, il mancato rispetto di tale decisione comporta allora solo
possibilit di impugnare il provvedimento violativo-elusivo in sede giurisdizionale
(ip.. quanto viziato da eccesso di potere) o di ricorrere al rimedio del silenzio-rifiuto
guando il decisum sia rimasto privo di qualsiasi riscontro; solo a seguito di tale ulterio-
. pronuncia del Giudice Amministrativo sarebbe allora possibile ricorrere al rimedio
qyU 'ottemperanza.
[t\lIn definitiva, secondo l'impostazione tradizionale, l'interessato non pu invocare
il ..rimedio dell'ottemperanza in via diretta ma dovr procurarsi, attraverso l'impugna-
giurisdizionale del silenzio-rifiuto o dell'atto amministrativo difforme, un titolo
. .I/01UUIL.HI.1J.U che attribuisca una seconda volta la stessa utilit, questa volta suscettibile
:ottemperanza. Non chi non veda come un meccanismo di tale natura appaia sin-
. defatigante, se si considera che il giudizio amministrativo intennedio sar
chiam.ato in chiave notarile a verificare la diffonnit della detenninazione amministra-
alla decisione straordinaria ma non potr, perch il principio di alternativit non lo
Otlselnte. ritornare in senso modificativo sul merito della decisione del Presidente della
Repubblica. In definitiva, si pu affennare che un simile giudizio costituisce un giudizio
solo formalmente di cognizione ma nella sostanza di esecuzione, in quanto chiamato alla
Il c.d.S. ammet-
te il giudizio di
ottemperanza
Le argomen-
tazioni del
Consiglio di
Stato: la natura
giurisdizionale
del ricorso
straordinario
Il progressivo
ampliamento
dell'ambito di
applicazione
del giudizio di
ottemperanza
La Corte di
Cassazione
ripropone la tesi
dell 'inammissi-
bilit dell'ot-
temperanza
498 Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
verifica diffo:mit della statuizione amministrativa al decreto decisorio, difformit
necessana e suffiCIente per configurare il vizio di eccesso di potere. ,
Il problema non si pone naturalmente in caso di giudizio non soggetto all'_ .. vuJ,OIl_
vit (ossia diritti soggettivi affidati al g.O. e, secondo tesi minoritaria, anche al
ipotesi nella quale la decisione su ricorso non acquisisce la stabilit del giudicato.
Ponendosi in contrasto con tale impostazione tradizionale, il Consiglio di Stato",
riconosciuto con alcune decisioni del 2000-2001
54
l'esperibilit del rimedio dell'
peranza anche nel caso di ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Tale indirizzo poggiava le proprie basi su un duplice percorso argomentativo.
lato esso mirava a dimostrare la sicura natura giurisdizionale del ricorso stra l
ordmano e della pronuncia che conclude il relativo procedimento, idonea ad '
la forza sostanziale e processuale del giudicato.
Con riferimento a tale profilo, il Consiglio di Stato richiamava in primo luogo
sentenza con cui la Corte di Giustizia dell'Unione Europea aveva stabilito che il parere
espresso dal Consiglio di Stato nell'ambito del ricorso straordinario costituiva un atto
giurisdizionale ai sensi dell'art. 177 del Trattato Istitutivo dell'Unione e la propria giuri-
sprudenza secondo cui, nel corso del procedimento di esame del ricorso straordinario eni
proponibile la questione di legittimit costituzionale; sottolineava poi l'effetto del priffi
cipio di alternativit tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario, con
te stabilit ed immutabilit della decisione del ricorso straordinario (fatti
salvi la revocazione ed il ricorso proposto dal contro interessato non evocato in giudizio)
e proseguiva con il riferimento all'art. 15 del D.P.R. 1199/1971 il quale,
do la possibilit di un conflitto di giudicati tra la decisione giurisdizionale e o!
del Capo dello Stato, conferiva implicitamente dignit di giudicato alla decisione
Capo dello Stato. Sottolineava inoltre come la sentenza del G.A., violativa del precetto
dell'alternativit ed in contrasto con la decisione straordinaria, detenninasse difetto di
giurisdizione. '
Dall'altro lato il Consiglio mctteva in evidenza il progressivo ampliamento dell'aro
l
bito di applicazione del giudizio di ottemperanza, quale rimedio di portata generale
ammesso anche per l'esecuzione del decreto ingiuntivo non opposto, dell'ordinanza
convalida di sfratto, nonch del lodo arbitrale dichiarato esecutivo.
Pi in generale si pu poi ricordare che il rimedio dell'ottemperanza ora sganciafo
dal giudicato, in quanto esteso alle ordinanze cautelari (art. 3 L. 205/2000) ed alle sen,;
tenze esecutive di primo grado non definitive (art. lO L. 205/2000).
Dal canto loro i giudici della Corte di Cassazione, adita in sede di regolamento di giuri"
sdizione
55
, nel dichiarare il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in tale sede,
escludevano (con motivazioni poi riprese dalla citata sentenza n. 254/2004 della Corte
stituzionale in tema di incidente di costituzionalit) che le caratteristiche indicate dal Consi"
glio di Stato potessero essere assunte quali indici rivelatori della natura giurisdizionale del
ricorso straordinario, cos annullando, per difetto assoluto di giurisdizione, la prima decisio
l
ne del Consiglio di Stato che aveva ammesso l'ottemperanza su ricorso straordinario.
54Cons. St., sez. IV, 19-20 dicembre 2000, n. 6843, Cons. St., sez. V, 22 novembre 2001, n. 5934.
55Cass., S.v., 18 dicembre 2001, n. 15978, in Guida al diritto, n. 10/2002,32, con nota di SANDUr)
LI, nonch su Foro il., 2002, I, 2448. In senso favorevole all'ammissibilit del rimedio v., peraltro,
CGA 23 settembre 2009, n. 880; 18 maggio 2009, n. 415. '
P ARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3
499
p rtendo dal presupposto che il ricorso straordinario non rientra (o forse, per meglio
i, a. ntrava) tra i procedimenti giurisdizionali previsti dall'art. 111 Cost., non svolgen-
dire, ne . .' . , . . t t'
. . danti ad un giudice terzo ed imparZIale ma dmanzi ad una autonta ammI111S ra lva
dOSI av . . . C d'
. colata in modo assoluto al parere del Conslgho dI Stato, la Suprema orte Isar-
pon VIU .' . .
o, l le argomentazioni adottate dal Conslgho di Stato nella sentenza citata.
tlCO ava .' .. d' l t' 't' 't
o L Corte escludeva in primo luogo la nlevanza del p1'1nclplO I a terna IVI a, n enen-
o: ha la portata di tale principio fosse notevolmente attenuata dalla preferenza espressa
do c e . . h' tr' t t'
l Legislatore per il rimedio giurisdizionale, con la ?reVISlOne e 1 con om
da far venir meno la procedibilit del ricorso notIficando al ncorrente la volonta di
possono . ..' . / 971)
, o' orre il ricorso m sede gmnsdlzlOnale (art. lO D.P.R. 1199 1 .
iudici di Palazzo di Giustizia ritenevano ancora meno significativo l'art .. 15.
D,P.: 1199/1971, che estende alla decisione giustizi.ale il. gmnsdl-
, l della revocazione sottolineando come tale nmedlO sta paCIficamente ammesso
zlOnae '. . .,.' . d bb' l
anche nell'ipotesi dei ricorsi gerarchICI che ClO abbl.a :n
al
10 a
l
tur
a amministrativa e precisando pOI che anche per I nmedl gerarchICI SI e tratto
. oro na .' d .
dalla loro caratterizzazione giustiziale il corollano. della consumaZIOne del pote;e
o ' quindi dell'inammissibilit di un succeSSIVO annullamento o revoca d ufficlO.
sono e, ' . .' , .
Q
nto
in particolare alla causa di revocaZlOne dI cm al n. 5 dell art. 395 c.p.c., n-
ua , ' . d'
dall'art. 15 del D.P.R. 1199/1971, ossia il con.pre.cedente gm lcato,
La prevalenza
del rimedio
giurisdizionale
Irrilevanza del
riferimento al
rimedio della
revocazione per
la decisione
del ricorso
straordinario
l'i otesi di contrasto tra giudicati deve essere necessanamente nfenta al contrasto con
precedente decisione su ricorso straordinario, dal momento che sentenza
, ' iudicato facendo stato tra le parti, non pu non prevalere sulla (dlffonne) deCISIOne
;traordinario mentre quest'ultima decisione, se ritenuta illegittima, pu esse-
re disapplicata dal Giudice ordinario. .
La Corte negava, infine, che nel caso di specie avrebbe potuto avere
Irrilevanza
della sentenza
della Corte di
sentenza della Corte di Giustizia che aveva affermato la Conslgho. dI
Stato di sollevare questione pregiudiziale, affennando che la nOZlOne dI organo gm- Giustizia
risdizionale, rilevante ai fini della individuazione delle autorit legittimate a
questioni pregiudiziali in ambito comunitario, va ricavata esclusivamente dall.e nor:n.
e

diritto comunitario mentre nel caso di specie essa deve essere desunta dalle diSpOSlZlO111
di diritto interno. Non vi era, allora, tra le due nozioni necessaria coincidenza come
confermato dai casi in cui esplicitamente la nozione comunitaria di giurisdizione stata
llPplicata ad organi ai quali detto carattere pacificamente non era riconosciuto dagli or-
dinamenti nazionali (quali collegi arbitrali, organi di collaudo).
d
. d' La L. 69/2009,
Prima della riforma del 2009, chi scrive aveva sottolineato, nelle prece entI e 1- il codice del
zioni di questo manuale come l'orientamento della Cassazione rappresentasse processo .
.'. d" h t d alimento amministratIVo
ima brusca battuta dI arresto dI quel processo c e, raen o . , e il revirement
dalla decisione della Corte di Giustizia della Comumt Europea, aveva gm per- della Corte di
corso importanti tappe verso il riconoscimento della natura giurisdizionale del cassazione
ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Si era, in particolare, rimarcato che l'impossibilit di utilizzare il
dell'ottemperanza per dare esecuzione alle decisioni dei ricorsi straordman, m
un sistema imperniato sul principio di alternativit, si ponesse in contrasto con
gli artt. 3, 24 e 100 della Costituzione: essa, infatti, frustrava, soprattutto nelle
500
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
materie devolute alla giurisdizione del G.A., il principio di effettivit della tutela
del cittadino, costretto ad intraprendere un nuovo e defatigante giudizio di primo
grado per potere conseguire una sentenza suscettibile di ottemperanza.
La tesi negativa si era gi incrinata con il disposto dell'art. 245, commi 1 e 2
del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 163/2006, che, in modo
to, ma sufficientementc chiaro, aveva esteso l'ottemperanza anche alle decisioni
straordinarie in materia di procedimenti di evidenza pubblica.
Le considerazioni gi svolte al 2.1. e 2.2., in ordine alla natura ormai so-
stanzialmente giurisdizionale del ricorso straordinario ed alla sua sussunzione
nell'ambito del sistema della giurisdizione amministrativa, rendono evidente un
netto mutamento di rotta dell'ordinamento nella direzione della piena
bilit del rimedio dell'ottemperanza in materia.
Tale soluzione stata, definitivamente confermata dalla dizione dell'art. 112
del codice del processo amministrativo, che ammette il giudizio di ottemperan-
za per tutti i provvedimenti equiparati alle sentenze passate in giudicato (v. lette
d del comma 1).
La Cassazio- Q t' " h '1
uan O SIn qUI nportato, a trovato un'utI e eco in una recentissima pronun-
ne (sez. unite
2065/2011) cia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione
56

L'occasione alla base del revirement arrivata in seguito ad una decisione del
l espenbllzta C . l' d' G' " A '" " . .
del ricorso per onslg lO 1 lUstlZIa mmlll1stratlva della regIOne Slciha
57
, che ha riconosciu-
ottemperanza to l'ammissibilit di un giudizio di ottemperanza nei confronti di un decreto dei
Presidente della Regione Siciliana, adottato a conclusione di un ricorso straordi-
nario promosso dinanzi al Presidente della Regione.
Chiamata a pronunciarsi sul difetto di giurisdizione del giudice dell'ottempe-
ranza in ragione della natura asseritamente amministrativa e non giurisdizionale
del ricorso straordinario, la Suprema Corte ha invece affermato, anche alla luce
dei nuovi artt. 112 e 113 cod. prue. amm., la piena ammissibilit del rimedio
dell'ottemperanza per violazione del decreto del Presidente della Regione.
Nella decisione in commento, gli Ermellini hanno in prima battuta ricono-
sciuto che sussiste un'analogia tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e il
ricorso straordinario al Presidente della Regione, i quali, avendo identica natura
e funzione, hanno da sempre condiviso le medesime incertezze e dubbi in ordine
alle loro ricadute nell'ambito della tutela giurisdizionale.
Le Sezioni Unite hanno quindi sottolineato come la decisione di estendere
il giudizio di ottemperanza anche a provvedimenti che non siano sentenze, o
comunque provvedimenti non formalmente giurisdizionali, deriva dai muta-
menti di natura legislativa che si sono registrati negli ultimi anni, ed in par-
ticolare: 1) dall'art. 69 della legge n. 69 del 18 giugno 2009 ; 2) dalla nuova
disciplina del giudizio di ottemperanza prevista dal codice del processo am-
56Cass. civ., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065, in Guida al diritto 2011, Il,68.
57 Decisione n. 63/2009, depositata il 02/03/2009.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 501
ministrativo d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104; 3) dall'art. 245 comma 2 del d.lgs.
16312006.
Sul punto i giudici evidenziano come "Nell'esaminare tali sopravvenute di-
sposizioni con riguardo agli effetti che possono conseguirne nella questione in
esame, queste Sezioni unite osservano che le modifiche apportate dall'art. 69
della legge n. 69 del 2009 sono tali da eliminare alcune determinanti differenze
del procedimento per il ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale,
quali erano state rimarcate nella richiamata sentenza n. 15978 del 2001, parti-
colarmente in ordine alla qualificazione e ai poteri dell 'organo decidente.
Mette conto osservare, infatti, che l'art. 23 della legge 87/1953 di disciplina
del giudizio incidentale di legittimit costituzionale richiede che la questione
di legittimit sia sollevata, a pena di inammissibilit, da un 'autorit giurisdi-
zionale nell'ambito di un giudizio, s che la nuova norma pare implicitamente
presupporre il riconoscimento di una condizione, comunque, sostanzialmente
equivalente alla "giurisdizionalit" (secondo l'accezione propria anche dell' or-
dinamento interno, e non solo ai fini della richiesta di interpretazione preven-
tiva della Corte di Giustizia); peraltro, la eliminazione del potere della P.A.
di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato conferma che il provvedimento
finale, che conclude il procedimento, meramente dichiarativo di un giudizio:
che questo sia vincolante, se non trasforma il decreto presidenziale in un atto
giurisdizionale (in ragione, essenzialmente, della natura dell'organo emittente e
dellaforma dell'atto), lo assimila a questo nei contenuti, e tale assimilazione si
riflette sull 'individuazione degli strumenti di tutela, sotto il profilo della effetti-
vit, che una tutela esecutiva, piena e diretta, non assicurata dal meccanismo,
altrimenti utilizzabile, del ricorso giurisdizionale avverso il silenzio-inadem-
pimento della P.A., ovvero avverso il comportamento violativo, o elusivo, del
dictum del decreto presidenziale, s che l'obbligatorio ricorso a tale comples-
so meccanismo si risolve in una disciplina che rende eccessivamente difficile
l'esercizio della tutela e finisce per non garantire un rimedio adeguato contro
l'inadempimento della P.A. Il significativo mutamento, nei termini cos precisa-
ti, trova conferma nella nuova disciplina del giudizio d'ottemperanza prevista
dal nuovo "codice del processo amministrativo", contenuto nell'allegato 1) del
d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 [. . .]
Nel sistema cos delineato la decisione su ricorso straordinario al Capo dello
Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, si
colloca nella ipotesi prevista alla lettera b) dell 'art. 112, comma 2, e il ricor-
so per l'ottemperanza si propone, ai sensi dell'art. 113, comma 1, dinanzi allo
stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica "il giudice che ha emesso il
provvedimento della cui ottemperanza si tratta" [. . .] Da ci discende l'appli-
cazione, nella controversia in esame, della regula juris secondo cui il giudizio
di ottemperanza ben ammissibile in relazione al decreto del Presidente della
Regione, che abbia accolto il ricorso straordinario. ".
La giurispru-
denza succes-
siva conferma
il dictat delle
Sezioni Unite
La conferma
normativa
all 'esperibilit
dell'ottempe-
ranza avverso
il ricorso straor-
dinario
502
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
In definitiva, quindi, le Sezioni Unite hanno operato una significativa'
sione di tendenza rispetto ai propri arresti precedenti, resa in qualche modo
vero sa dai connotati tutti nuovi che la L. 69/09 ed il codice del processo
strativo hanno attribuito al ricorso straordinario. La decisione della ......, ...,.,'''1/,"
infatti, travalica i confini della peculiare fattispecie di ricorso straordinario
nanzi al Presidente della Regione, portata al vaglio della Corte, per
consistenza di principio generale applicabile a tutte le ipotesi di ricorso
nario, in ragione della acquisita natura giurisdizionale del rimedio,
pertanto di diretta esecuzione mediante il giudizio di ottemperanza.
Deve soggiungersi che la decisione delle Sezioni Unite ha fatto da apripista alla
sprudenza successiva.
La posizione espressa dalla pronuncia sin qui esaminata, infatti, stata ribadita
dalle stesse Sezioni Unite in una serie di pronunce di poco successive
58
, sia da una
cisione del Consiglio di Stato
59
, che ha confermato come, alla luce dei nuovi
attribuiti dal codice del processo al rimedio del ricorso straordinario, non pi
bile in dubbio l'esperibilit del ricorso per ottemperanza per l'esecuzione coattiva
decreto presidenziale.
In particolare, osservano i giudici di Palazzo Spada, "Non dubitabile che il
proposto in sede di ricorso straordinario sia perfettamente equiparabile (e produca.
stesso effetto) ad una "domanda giudiziale". [ . .} Costituirebbe inammissibile
mia, ed aporia in grado di mettere in crisi il disegno legislativo duale ed nlt.O"",'nf;'.IA
sinora sommariamente descritto, un principio che negasse la possibilit di p.sr.IPrrp
rito dell 'ottemperanza per ottenere che l'amministrazione si conformi a detto
(cos sostanzialmente svalutando la portata del giudizio impugnatorio in sede di
straordinario qualificando lo "minus rispetto a quello esperibile innanzi agli
giurisdizionali della giustizia amministrativa).
Ci colliderebbe con le disposizioni di legge sinora elencate e peraltro,
il presupposto per la erosione e scomparsa dell 'istituto, contrariamente alla
permanente operativit del medesimo.
L'effettivit del parallelismo e dell'alternativit dei due rimedi impone che _
materie e limitatamente alle domande per cui proponibile ricorso straordinario-
rimedio appresti un grado di tutela non inferiore a quello conseguibile agendo
zialmente. Ed in tale affermazione compresa la possibilit di esperire il ricorso
l'ottemperanza alfine di ottenere l'esecuzione del decreto presidenziale."
L'ampio ed articolato dibattito sulla portata della sentenza delle Sezioni
e sul percorso motivazionale che ha condotto la Suprema Corte ad atlefIlnan
l'esperibilit del ricorso di ottemperanza per le decisioni del ricorso
rio ha ricevuto un'ulteriore, recentissima conferma del Legislatore.
58 Casso civ., sez. un., 7 febbraio 2011, nn. da 2818 a 2939; Casso civ., sez. un., 28 aprile 2011
9447. '
59 Cons. Stato, sez. VI, lO giugno 2011, n. 3513, in Diritto & Giustizia 2011, l3 luglio. Per
giurispmdenza amministrativa di primo grado V. c.G.A., 14 giugno 20 Il, n. 433, in Giorn. di
amm.,9/20ll.
PARTE I - SEZIONE V - CAPITOLO 3 503
Infatti, l'art. 37 della legge 15 luglio 2011, n. 111 la
. 'a per il 2012), nell'apportare modiche al Testo Umco delle dlsposlZlom m
zlafl '1 . d"
ateria di spese giustizia
60
, ha espressamente annoverato l ncorso straor ma:lO
m . rimedi del "sistema giudiziario", consacrandone in tal modo la natura glU-
tra l . d" 1 . d . .
" . dizionale. In virt di tale inquadramento il ncorso straor mano, a pan el n-
al T.A.R. ed al Consiglio di Stato, sottoposto alla disciplina del cont:ibuto
'ficato nel processo civile, amministrativo e tributario, quantificandolo m 600
al pari di quello dovuto per i ricorsi al T.A.R. ed al Consiglio di Stato, fatta
eu 'la disciplina derogatoria per alcune materie o riti speciali.
60 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

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