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UNIVERSITA’ IUAV DI VENEZIA

DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA COSTRUZIONE CONSERVAZIONE


a.a. 2017/2018
Corso di Laurea magistrale
in Architettura per il Nuovo e l’Antico

PREFABRICATION,
ARCHITECTURE OLDEST NEW IDEA

RELATORE:
Dario Trabucco

CORRELATRICE:
Martina Belmonte

LAUREANDO:
Matteo Volpe
282722
INDICE:

ABSTRACT 7

COSA S’INTENDE PER ‘PREFABBRICAZIONE’? 10

CAPITOLO 1: CENNI SULLA STORIA DELLA PREFABBRICAZIONE 16

1.1 I primordi della prefabbricazione


1.2 Le esposizioni universali e l’avvento delle macchine
1.3 Sulla scia del coordinamento modulare
1.4 La prefabbricazione all’età delle Grandi Guerre
1.5 L’alba dell’edilizia modulare
1.6 Il cambio di scala progettistico: la prefabbricazione moderna

CAPITOLO 2: QUESTIONI SUI LIMITI DELLA PREFABBRICAZIONE 62

2.1 E’ economicamente conveniente prefabbricare al giorno d’oggi?


2.1.1 La dinamica economica della prefabbricazione
2.1.2 Prefabbricazione come metodologia versatile: dalla posizione alla superfetazione
2.1.3 Dalla pianificazione al subappaltamento

2.2 Quali sono le vulnerabilità economiche per la prefabbricazione?


2.2.1 Le possibilità minime della prefabbricazione
2.2.2 La digitalizzazione dell’architettura, l’avvento del BIM
2.2.3 Integrazione di sistemi RFID per la salvaguardia nel tempo

2.3 Quali sono i limiti meccanici degli edifici prefabbricati?


2.3.1 Considerazioni meccaniche riguardo un edificio prefabbricato
2.3.2 Gestione e comportamento sismico di una costruzione prefabbricata
2.3.3 I componenti prefabbricati, tra performance meccanica ed applicazione

CAPITOLO 3: LA PREFABBRICAZIONE NELL’USO MODERNO 128

3.1 L’approccio open-source


3.2 La costruzione per una ‘verde economia circolare’
3.3 L’alba dell’architettura digitale (e robotica)
3.4 I sistemi della prefabbricazione
CAPITOLO 4: L’ITER DELLA PREFABBRICAZIONE 178

4.1 Il terreno
4.2 La scelta e la chiusura del contratto
4.3 La burocrazia
4.4 Le aziende e la preparazione al cantiere
4.5 La preparazione in officina ed il tragitto in cantiere
4.6 L’arrivo in cantiere ed il montaggio
4.7 Finitura e chiusura del cantiere

CAPITOLO 5: LE DIMENSIONI DELLA PREFABBRICAZIONE. ANALISI DI CASI STUDIO. 194

5.1 La prefabbricazione comune


5.1.1 Il progetto ecoMOD
5.1.2 La prefabbricazione modulare Sesuiki
5.1.3 Il sistema NLT
5.2 La prefabbricazione elitaria
5.2.1 Il progetto dell’housing per studenti a Manresa
5.2.2 Il progetto ‘The Modules’ a Philadelphia
5.2.3 L’edificio ‘The Stack’

IL PUNTO DELLO STATO DELL’ARTE 224

BIBLIOGRAFIA 232
6
‘PREFABRICATION HAS OFTEN BEEN SEEN AS BEING ‘THE OLDEST NEW IDEA’ IN
ARCHITECTURE; IT HAS HAD A LONG HISTORY YET THE IDEA HAS NEVER REALLY
MOVED PAST THE INITIAL STAGES OF DEVELOPMENT.’

La definizione data nella metà del 1900 da Theo Von Doesburg mette in luce
chiaramente la condizione della prefabbricazione: la ‘più vecchia nuova idea
nellarchitettura’, portatrice d’innovazione ma che, però, non ha mai rispetta-
to le enormi aspettative.
Che cosa s’intende per prefabbricazione? Nella storia dell’architettura si
sono visti innumerevoli esempi di architetture che hanno segnato l’emblema
di determinate fasi della prefabbricazione stessa. Tuttavia, ciò che risulta
interessante, è come questa metodologia, nonostante le sue enormi poten-
zialità, non sia stata mai considerata come un sistema costruttivo che possa
essere considerato come una valida applicazione nelle casistiche comuni.
Inoltre, come la ricerca storica ha individuato, la prefabbricazione è spesso
associata ad eventi catalizzatori identificabili come ‘nuove scoperte’ e/o ‘pe-
riodi di forte crisi’. Odiernamente, tornati in una situazione di profonda crisi,
l’architettura stessa ha necessitato di un nuovo pensiero progettuale e di un
nuovo stimolo, anche sotto l’aspetto della prefabbricazione, ricevendo quindi
un nuovo impulso. La ricerca dunque si è basata sull’analisi di casi studio
degli ultimi anni, dimostrando come l’utilizzo della prefabbricazione sia
stata ‘una soluzione’ a determinate problematiche che affliggono l’innovazio-
ne dell’architettura attuale. Analizzando inoltre gli orizzonti e le potenzialità
odierne della prefabbricazione dal punto di vista economico, meccanico e
tecnologico, è stato possibile capire in che modo questa metodologia possa
in realtà costituire una soluzione concreta.
La tesi in questione dunque non solo si domanda se la prefabbricazione sia
riuscita finalmente ad arrivare ad un risultato concreto, ma, si domanda an-
che se la prefabbricazione faccia già parte della tradizione stessa.

7
8
COSA S’INTENDE PER PREFABBRICAZIONE?

9
10
‘PREFABBRICARE’.
QUESTA PAROLA PUO’ ASSUMERE MOLTI SIGNIFICATI IN QUANTO COMPRENDE UN AMPIA
GAMMA DI REALTÀ IN CUI VIENE APPLICATO UN DETERMINATO ASSIOMA.

prefabbricare v. tr. [comp. di pre- e fabbricare] (io prefàbbrico, tu prefàbbrichi,


ecc.). – 1. Procedere alla costruzione di una struttura (o di parte di essa) in luo- Da ‘Treccani’
definizione di ‘Prefabbricazione
go diverso da quello dove la struttura stessa troverà sistemazione definitiva: p.
case, scuole, ospedali; p. pannelli, rivestimenti, solai. [1]

prefabbricato agg. e s. m. [part. pass. di prefabbricare]. – 1. agg. Di struttura


fabbricata in un tempo precedente e in un luogo diverso rispetto al tempo e al
luogo della sua messa in opera (v. prefabbricazione): solaio a travetti p.; ele-
menti p. di cemento armato; anche con riferimento a strutture montate nella
sede definitiva, che risultino dall’insieme di più elementi preparati precedente-
Da ‘Il nuovissimo manuale
mente ed eventualmente completati in sede di montaggio: case, scuole, imbar- dell’architetto’
definizione di ‘Prefabbricazione
cazioni prefabbricate.
2. s. m. Costruzione, edificio composto di elementi fabbricati in precedenza e in
altro luogo: un p. a due piani; si dice in particolare di unità abitative di emer-
genza disposte per accogliere comunità colpite da eventi rovinosi: nella zona
terremotata sono stati sistemati numerosi prefabbricati per ospitare le fami-
glie rimaste senza tetto. [2]

prefabbricazione: ‘Procedimento consistente nella preparazione fuori opera


(cioè in luogo diverso dalla sede definitiva) degli elementi costitutivi di una
struttura, nel loro trasporto a piè d’opera e nel loro successivo montaggio in
opera. Si tratta di una tecnologia che opera la scomposizione dell’edificio nelle
sue parti componenti, realizza queste separatamente nelle sedi più idonee e
trasforma il cantiere in un’officina di montaggio. L’obiettivo della p. è lo stesso
di quello dell’industrializzazione edilizia e cioè l’aumento della produttività

11
del settore edile, tradizionalmente condotto in forme artigianali. I vantaggi
conseguibili possono sintetizzarsi in: maggiore rapidità di esecuzione della
costruzione; minore spreco di materiali; riduzione nell’impiego di mano d’o-
Da ‘Neufert’
definizione di ‘Prefabbricazione
pera; miglioramento delle qualità dell’edificio. Indispensabile all’affermarsi di
un’edilizia prefabbricata è la presenza di una scala di intervento che giustifichi
un procedimento di tipo industriale e di una programmazione nel tempo degli
interventi per assicurare continuità alla produzione.’ [3]

Generalmente, da come si è potuto evincere da queste diverse diciture, per


‘prefabbricazione s’intende una manufatto architettonico assemblato in
cantiere dopo essere stato previamente precostruito in un luogo diverso (e
spesso lontano) dal sito di costruzione come quello di un’officina ad ambien-
te altamente controllato, comportando quindi eventuali vantaggi/svantaggi.
Al giorno d’oggi la prefabbricazione non ha un ruolo ben definito nella
metodologia del ‘fare architettura’. Molto spesso per ‘prefabbricazione’ si
va ad intendere un determinato campo d’applicazione di costruzioni e mes-
se in opera dovute per lo più dovuti a casi di emergenza o alla necessità di
costruzioni economiche ad alta efficienza con però scarso appeal qualitati-
vo; la ‘prefabbricazione’ è dunque legata spesso e volentieri a determinate
casistiche che però comprendono in minima parte la sua reale applicazione.
L’alone di insolutezza di questa metodologia costruttiva sembra non porre
una reale e conclusiva determinazione a differenza, invece, di altre modalità
costruttive che, col passare del tempo, si sono instaurate come ‘tradizionali’.
Per quale motivo il costruire ‘prefabbricato’ non è mai riuscito a guadagnare
tale appellativo?
Spesso, la prefabbricazione è stata definita come una sorta di chimera
dell’architettura in quanto, proprio questa tipologia di costruire così dipen-
dente dal processo industriale (che a sua volta riesce a rinnovarsi così velo-
cemente), non è mai riuscita ad avere una sua definitiva concretezza in modo
da essere spesso vista come ‘strumento potenziale’ e mai, per l’appunto,
come applicazione rivoluzionaria della costruzione.
Il proposito di questa dissertazione non è solo quello di fornire un ampio
panorama riguardo la prefabbricazione come metodologia costruttiva, ma
cerca anche di approfondire e di rispondere alla naturale domanda che sorge
parlando di questo argomento.

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CHE COS’E’ LA PREFABBRICAZIONE?

‘PREFABRICATION HAS OFTEN BEEN SEEN AS BEING ‘THE OLDEST NEW IDEA’ IN
ARCHITECTURE; IT HAS HAD A LONG HISTORY YET THE IDEA HAS NEVER REALLY
MOVED PAST THE INITIAL STAGES OF DEVELOPMENT. IT WAS SEEN AS A SOLUTION
TO CRISIS CONDITIONS RATHER THAN AS A PART OF DEVELOPMENT OF THE CON-
STRUCTION INDUSTRY. JUST LIKE OUR CARS, OUR DWELLINGS WILL BE FACTORY-PRO-
DUCED WITHIN THE FORESEEABLE FUTURE’

L’ESPRESSIONE DI PREFABBRICAZIONE COME LA PIÙ ‘VECCHIA NUOVA IDEA DELL’AR-


CHITETTURA’ DI THEO VON DOESBURG COGLIE ESATTAMENTE NEL PUNTO IL PRIN-
CIPALE DOGMA DI QUESTA METODOLOGIA: DIFATTI, NONOSTANTE LA CONVENIENZA
E L’EFFICIENZA DI QUESTA PRATICA IN ARCHITETTURA E L’IMMENSA POTENZIALITÀ
DOVUTA AI MEZZI DI CUI QUEST’ARTE SI DOTA, GRAN PARTE DI QUESTO ‘HYPE’ VA
COSTANTEMENTE A PERDERSI, A DISSOLVERSI.
CICLICAMENTE LA PREFABBRICAZIONE NEL CORSO DELLA STORIA SI E’ RIPRESENTATA
NEL PANORAMA ARCHITETTONICO A DISTANZA DI ANNI CON LA STESSA POTENZIALITÀ,
IN GRADO DI SOVVERTIRE I CANONI CLASSICI DELLA COSTRUZIONE ED ARRIVARE AD
ORIZZONTI MAI VISTI PRIMA, SENZA PERO’ MAI REALMENTE ATTUARE QUESTO CAMBIO
EPOCALE.

PUO’ LA PREFABBRICAZIONE ESSERE SOLUZIONE?

13
14
CENNI SULLA STORIA DELLA PREFABBRICAZIONE

15
16
L’INDIVIDUAZIONE INIZIALE DELLE TEMATICHE INERENTI AL CONCETTO DI PREFAB-
BRICAZIONE NELL’ATTIVITÀ PROGETTUALE HA COINVOLTO NECESSARIAMENTE UNA
COMPLETA INTERRELAZIONE DI FATTORI CULTURALI E SCIENTIFICI.

Il nodo problematico iniziale scaturisce dal fatto che la definizione stessa del
campo di analisi, reso complesso dalla sovrapposizione continua di saperi
contigui, anche se proprio in terreni di interferenza tra l’ambito scientifico e
quello architettonico, e’ possibile delineare una storia parallela dei significati
assunti dalla prefabbricazione nella ricerca progettuale.
Difatti, se da un lato vi è una definita ricostruzione storico-critica del ruolo
assunto dalla prefabbricazione nell’evoluzione tecnologica delle procedure
costruttive, dall’altro poco si è indagato sul suo carattere di ‘figura fonda-
mentale’ del pensiero costruttivo ed architettonico.
Prefabbricazione molto spesso è significata ‘prefigurazione’ per l’attività
Da ‘La Prefigurazione Archi-
progettuale; individua una particolare area del progetto architettonico, con- tettonica Nella Dialettica Tra
Perfezione E Temporalita’’ di
cettualmente ed operativamente molto più ampia rispetto al ruolo assegnato S. Ferrini
dalla ricerca tecnologica. [4]
La successione e l’ordinamento nel corso degli eventi dei fatti interessanti
questa rapida evoluzione presentano tuttavia la difficoltà di poterli associare
in modo contemporaneo, sia con le tecniche e le tecnologie proprie dei diver- Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E. Frateili
si materiali costruttivi connessi a sistemi e procedimenti, sia con le condizio-
ni produttive socio-economiche ed anche politiche dei diversi paesi che ne
sono teatro [5]. E’ innegabile difatti che la curva di progressione della pre-
fabbricazione non sia subordinata ad eventi specifici di carattere economico
in quanto le stesse grandi depressioni possono aver interpretato un ruolo
d’arresto o di catalizzatore per quest’ultima. Allo stesso modo i complessi
scenari socio-politici hanno segnato indelebilmente programmi e piani di co-
struzioni industriale ed edilizia ed hanno rappresentato contesti nella quale
la prefabbricazione è stata adottata come soluzione a specifici problemi.

17
1.1 I primordi della prefabbricazione

Una complessità, che tuttavia è necessaria semplificare, è seguire gli sviluppi


di questi fattori socio-politici separatamente per i due grandi continenti (che
hanno scritto la storia), ossia l’America (Nord in particolare modo) e per le
regioni europee industrialmente evolute. Difatti, lo sviluppo nella quale si è
incorso è differente per le due aree geografiche, proprio per le motivazioni
socio-economo-politiche prima citate. Occorre dunque tener conto di questa
ripartizione geografica e ripartire secondo l’impiego del materiale usato. In
particolare modo noteremo come i materiali della costruzioni siano per lo
più i seguenti: il legno, il ferro ed il cemento armato.
Infine, per poter valutare la progressiva evoluzione della prefabbricazione è
stato necessario non solo analizzare il manufatto prefigurato e precostruito,
ma si sono dovute considerare le diverse implicazioni evolutive dal punto
di vista tecnologico ed industriale. Così facendo è stato possibile tracciare
realmente un percorso che dimostri l’avanzamento dalle prime originali
considerazioni sulle costruzioni ex machina ed i relativi gradi di complessità
raggiunta.
Alle origini della costruzione prefabbricata fu evidente la necessità di porta-
re degli elementi pronti (con cui costruire delle strutture prefigurate con la
progettazione) in un sito completamente disattrezzato, privo di una qualsi-
asi predisposizione ad essi. Questa particolare esigenza è spesso connessa
Da ‘Architettura della seconda
con eventi di emergenza in genere o colonizzazioni o insediamento di nuovi
eta’ della macchina’ di R. territori. E’ probabilmente a questa particolare tipologia di concomitanze
Banham
alla quale si deve l’erroneo senso di ‘precarietà’ spesso legato al campo della
costruzione prefabbricata a tema residenziale [6].
Il primo episodio di cui sia la conoscenza è una casa in legno di costruzione
inglese per Cap Anna. Tale matrice diede luogo alla formazione di molte-
plici casi simili che vennero denominate semplicemente ‘Wood Houses’. Il
fenomeno prese piede in vasta parte rurale dell’Inghilterra, anche se questa
metodologia tuttavia non costituisce una prova concreta di industrializzazio-
ne. Difatti solo agli inizi dell’800 troviamo negli alloggi militari dell’esercito
Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E. Frateili americano una ‘compiuta testimonianza di prefabbricazione artigianale
preindustriale’ [7].
Uno di questi primi episodi, che viene considerato un punto di partenza
nell’applicazione dei principi industrializzati, è la struttura in legno deno-
minata ‘Light Balloon Frame’ ideata da G.W. Snow (e che in egual modo si
riflesse anche in Inghilterra sottoforma del modello tipologico del Manning
Cottage). Questo fu reso possibile dall’impiego di due produzioni tramite
macchinari combinate con un ingegnoso sistema strutturale:
-il legname leggero di segheria per componenti standardizzati
-i chiodi tranciati dalla filiera e stampati meccanicamente come nuovo ele-
mento di connessione.

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Queste prime configurazioni rappresentano il grado più elementare delle
Da ‘Architettura della se-
costruzioni prefabbricate, ma sono assolutamente fondamentali per le espe- conda eta’ della macchina’ di
R.Banham
rienze industriali delle grandi esposizioni universali [8]. E’ evidentemente
l’associarsi a questi tentativi sporadici che portò al primordio un fattore
propulsivo determinante che determinò il sopravvento della macchina ed
i successivi sforzi che col tempo acquisteranno sempre più una validità sul
piano pratico.
Il materiale che fu determinante per l’establishment della ‘prefabbricazione’
è l’affermato metallo, il cui apporto alle premesse per una industrializzazio-
ne della costruzione fu essenziale.
Queste prime configurazioni rappresentano il grado più elementare del-
le costruzioni prefabbricate, ma sono assolutamente fondamentali per le
esperienze industriali delle grandi esposizioni universali. E’ evidentemente
all’associarsi a questi tentativi sporadici il primordio di un fattore propulsivo
determinante che determinò il sopravvento della macchina ed i successivi
sforzi che col tempo acquisteranno sempre più una validità sul piano pratico.
Il materiale che fu determinante per l’establishment della ‘prefabbricazione’
è l’affermato metallo, il cui apporto alle premesse per una industrializzazio-
ne della costruzione fu essenziale.
Questo contributo, in particolare modo del ferro, giunse attraverso l’inge-
gneria metallica dell’800, la quale, a sua volta, fu promossa dal concorrere di
fattori diversi fattori quali:
-approfondimento e conoscenza fisico-chimica dei materiali
-sviluppo degli strumenti di calcolo e l’insorgere delle prime industrie mec-
caniche

E’ necessario ricordare che proprio in questo periodo prende atto una fon-
damentale rivoluzione delle tecniche, che gli storici denomineranno come
‘Rivoluzione Industriale’. Le cause di questo fenomeno d’industrializzazione
non sono interamente definite, poiché proprio più elementi convergenti e
reciprocamente trainanti l’hanno determinato. La macchina a vapore, con
la quale spesso si identifica la rivoluzione industriale, è solo uno fra i tanti
fattori dell’industrializzazione e solo una fra le innumerevoli innovazioni tec-
niche dell’epoca. La prima rivoluzione industriale inglese riguarda il settore
tessile e metallurgico ed è preceduta dalla rivoluzione agricola. La seconda
rivoluzione industriale inglese avrà luogo attorno al 1850. Molto brevemen-
te, l’aumento della produttività nell’agricoltura e l’incremento del reddito
agricolo hanno creato sbocchi al mercato interno per i prodotti industriali;
il miglioramento e la diffusione di utensili agricoli ha sostenuto la domanda
di ferro incentivando la produzione e l’innovazione nell’attività metallurgica.
Sarà dunque questa ‘parabola del ferro e delle sue macchine’ [9] ad essere Da ‘Architettura della seconda
eta’ della macchina’ di R.
necessaria alla costruzione dei primi edifici industriali tra le quali le prime Banham

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fabbriche tessili inglesi per poi arrivare infine all’audace esperimento delle
prime grandi coperture di edifici realizzate a Parigi. Tra gli esempi più famo-
si troviamo la realizzazione degli interni di fabbriche come quella di Temple
Works a Yorkshire nel 1840 e le vere e proprie città nate sotto l’impronta
industriale come Birmingham e Manchester.
Inoltre, inizia a prendere piede l’applicazione della carpenteria metallica
anche dal punto di vista viabilistico in quanto sono proprio in questi anni
che sorgono i primi ponti in ferro come l’ Iron Bridge in Shropshire. Questo
ponte è costituito da cinque nervature parallele ad arco di cerchio realizza-
te assemblando in opera componenti in ghisa di notevoli dimensioni alcuni
dei quali raggiungono le 5 tonnellate di peso ma la cosa che si deve mettere
in evidenza è il fatto che la struttura è costituita da semiarchi preparati in
officina e collegati, in cantiere, nel punto di chiave per ottenere l’arco a tutto
sesto. I componenti furono ottenuti con procedimenti di fusione in stampi di
legno o di terra per quelli più grandi.

1.2 Le esposizioni universali e l’avvento delle macchine

L’esempio più fulgido ed emblematico dell’avanzata della prefabbricazione


e dell’industrializzazione delle tecniche lo si ha con l’avvento della prima
Esposizione Universale del 1851. Questa data vede difatti un ulteriore pro-
gresso della prefabbricazione e costituisce il secondo degli episodi in pre-
cedenza accennati, come pionieri della industrializzazione dell’edilizia: il
Crystal Palace di Paxton.
Questo esempio coostituisce la prima isolata applicazione di sistemi della
‘mass production’ (standardizzazione degli elementi, progettazione delle
macchine per fabbricarli, meccanizzazione del cantiere). Il Crystal Palace
fu non solo un perfetto esempio di correlazione modulare fra lastre e vetro,
tubi e tiranti in ghisa con carpenteria di legno, ma fu anche un perfetto ma-
Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E. Frateili nifesto per l’applicazione dei principi di organizzazione scientifica del lavoro
promulgati da Friedrich Tylor, il quale propugnava i primi livelli di organiz-
zazione ottimo tramite la cooperazione tra sistemi economici e manodopera
operaia [10].
Il ferro inoltre fu impiegato massivamente per la costruzione degli alloggi
prefabbricati nel periodo del boom della febbre dell’oro intorno alla metà
dell’800. Il fenomeno prese piede ovviamente in America ed in modo a dir
poco ‘virale’, tanto che vennero spedite perfino dall’Europa o da altre basi
alla California parti prefabbricate di baracche, composte da pannelli inner-
vati con già applicata la carta da parati. Queste prime semplici applicazioni,
come questo sistema di prefabbricazione, vede un esempio di costruzione
a pannelli (chiamato anche sistema con ‘pannellizzazione’) anche con ma-
teriali misti, il tutto connesso tramite l’utilizzo di designati giunti metallici.
Fondamentali in questo periodo saranno anche le ricerche di Graham Bell

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(inventore del telefono), che, con strutture spaziali basate su tetraedri di
standard, furono destinate a diventare una sorta di torri-osservatorio per la
sperimentazione di palloni atmosferici.
Come già anticipato, le varie Esposizioni Universali porteranno con il loro av-
vento non solo il progresso della tecnica ma anche la costruzione di strutture
autonome autoportanti basate sull’integrazione fra semplicità dei compo-
nenti e complessità dell’assemblaggio: tutto ciò ha rappresentato un vero e
proprio archetipo che ha influenzato sia il concetto di impiego di elementi
standard strutturali che le ricerche successive sulla struttura tridimensiona-
le.
Come successe per il caso inglese del Crystal Palace, anche a Parigi nel 1889
vi fu un altro fondamentale episodio, ossia quello proposto da Gustave Eiffel
con il simbolo della Tour Eiffel. Anche se in scala maggiore, la torre prefab-
bricata in ghisa e ferro riprese, come nel caso del Crystal Palace, l’applica-
zione di un sistema costruttivo massificato e standardizzato. L’intera costru-
zione, dapprima prefigurata come un vero e proprio modello, fu studiata
modularmente e replicata sistematicamente, in modo da poter essere mon-
tata e smontata nel minor tempo possibile. Furono creati stampi appositi e
create giunture ad hoc: la Tour Eiffel fu, come il Crystal Palace, un primum,
nella storia delle costruzioni e dell’architettura, in grado di poter essere non
solo distrutto e ricostruito, ma anche copiato identicamente. Si può quindi
Da ‘Storia breve della prefab-
azzardare che questi due notevoli casi non siano altro che i primi esempi di bricazione’ di E. Frateili
‘macromoduli’ di prefabbricazione [11].
Ovviamente tutto questo fu possibile in gran parte grazie agli sforzi ed agli
sviluppi della carpenteria metallica, che da li a breve tempo attuò delle ope-
razioni fondamentali:
-le esperienze su cavi tesi di grande sezioni
-la struttura del telaio della bicicletta e la struttura raggi delle ruote
-gli scheletri liberi delle costruzioni in acciaio (scuola di Chicago)

Difatti da li in avanti, a partire dal 1890, vi fu il primo esempio americano di


casa prefabbricata in acciaio ossia la cosiddetta Nils Paulson House a Bro-
oklyn, costituita da una struttura modulare metallica con tamponamenti a
mattoni.
Contemporaneamente a questi tentativi, si sviluppa in Francia, a partire
dal 1849 da parte di Joseph Monier, la tecnica del cemento armato. Questa
invenzione cambierà radicalmente lo scenario mondiale per quanto riguarda
la costruzione e l’architettura. Inoltre, nonostante l’invenzione sia di relativa
breve esistenza, i suoi primi usi prefabbricati costituiscono risultati originali
ed incredibilmente efficaci. America ed Europa vantano difatti esempi che
ancora al giorno d’oggi vengono considerati come ‘di riferimento’:
-l’utopistico esperimento di Edison (che consisteva nel realizzare una casa
con la singola gettata di calcestruzzo)

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-la costruzione del Casinò di Biarritz di Coignet
-il sorprendente sistema di John Conzelmann, che studiò un sistema dotato
di un ‘frame’ di stampi per cemento armato con murature, solai e pavimenta-
zioni

In sostanza, questo periodo di rinnovamento segnò una vera svolta: il legno,


che fu il primo materiale usato in America dai frame della colonizzazione alla
prima venuta delle tecnologie industrializzate, venne a farsi meno in favore
dell’applicazione di materiali ‘di nuova generazione’ come il calcestruzzo ar-
mato ed il ferro. Difatti, nonostante l’uso, la conoscenza e la sperimentazione
stessa del legno fosse stata fino ad allora massiccia, il livello raggiunto dalla
qualità dei risultati fu totalmente eclissato dei livelli di prefabbricazione
raggiunti dai materiali del calcestruzzo e del ferro.
In sostanza queste esperienze costituiscono sommariamente le circostanze
essenziali che hanno segnato il nascere della industrializzazione dell’edilizia
ed i primordi della prefabbricazione nelle sue tappe più significativi. Inoltre,
ciò che emerge dalla considerazione complessiva di questo periodo di fervo-
re industriale, sono i fattori che, anche in futuro, contribuiranno sempre più
alla diffusione del fenomeno:
-l’obiettivo economico di abbassare i costi della costruzione
-l’interesse crescente dell’industria ad investire nel processo edilizio

1.3 Sulla scia del coordinamento modulare

In questa fase dell’evoluzione della prefabbricazione, dopo le premesse


storiche menzionate precedentemente, vi è un graduale, ma sempre più
intensificato, avvicinarsi dell’industria al processo edilizio secondo modalità
e condizioni abbastanza diversificate tra i due continenti. Difatti, se l’America
annoverava grandi episodi sperimentali della fase pionieristica, l’Europa in-
Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E. Frateili vece vede come uniche testimonianze rilevanti (almeno in questo tempo) dei
tentativi limitati, in sostanza, ad invenzioni di carattere tecnico senza alcun
seguito dal punto di vista con interventi di poco rilievo [12].
In particolar modo, gli sviluppi che investirono l’America dal 1900 a 1920
sono molteplici. Difatti, a partire dall’inizio del 900, negli Stati Uniti, le cosid-
dette case ‘pre-cut’ e ‘mail-ordered’ rappresentano una chiave di volta per
la storia della prefabbricazione. Difatti, il concetto di ‘prefigurazione e co-
struzione’ costituisce un nuovo modo di concepire la costruzione: il fatto di
poter avere una grande produzione industriale di elementi prefabbricati che
potevano facilmente essere montati in sito rappresenta la prima vera for-
ma di ‘mass production’ (che invece fino ad allora era appartenuta ai nobili
esempi delle esposizioni universali). Ovviamente tale metodologia, spacciata
allora come ready-made, imponeva necessariamente il fatto di dover avere
delle maestranze artigiane locali e di essere ad ogni modo subordinati alla

22
rigidezza di modelli preimpostati. Tuttavia in questa fase del primo dopo-
guerra (precisamente nella terza decade del 900), corrisponde ad una fase
di sperimentazione con sviluppo in piccola scala che porteranno in futuro ad
una miglior flessibilità.
Di fondamentale importanza è anche l’episodio a cavallo tra questo periodo
e il successivo rappresentato dalle ricerche di Alexander Farwell Bemis, un Da ‘Storia breve della prefab-
industriale di Boston fabbricante di sacchi che viene considerato il fondatore bricazione’ di E. Frateili

della teoria del coordinamento modulare in edilizia [13]. Egli difatti svilup-
pò il concetto di modularità e di ‘housing’ nel campo della prefabbricazione
utilizzando la sperimentazione per la creazione dei propri laboratori. Dopo
la crisi del ‘29 costruì delle sedi di ricerca con nuovi materiali che vantavano
attenzione ai prerequisiti ottemperanti la resistenza dell’isolamento e l’atti-
tudine alla rottura. La sua opera fondamentale resta il trattato ‘The evolving
house’ dove egli studiò questo nuovo metodo di progettazione, ossia quello
su base modulare. Il modulo, costituisce, su esempio di nobili ed antichi
esempi, l’ordine di grandezza dello spessore adottato. Inoltre, per le pareti
ed i pannelli, è stato studiato un migliore e più flessibile coordinamento dei
componenti strutturali considerando anche le implicazioni dei materiali da
costruzione con gli apparecchi installati: sarà proprio questa ‘scoperta’, o per
meglio dire, questo ‘rinnovamento del modulo’, a costituire un nuovo livello
di complessità per la costruzione prefabbricata. La modularità, il concet-
to stesso di prefigurazione e la possibilità di impiego di tali ricerche nella
dimensione costruttiva ed architettonica, non provocano di per sé un totale
e profondo cambiamento delle metodologie progettuali; tuttavia, rispetto a
tali considerazioni, vediamo un rinnovamento della tensione a rapportare
il ‘modus operandi’ del ‘fare architettura’ e di comprendere come un nuovo
sistema tecnico possa porre fondamentali attenzioni verso elementi che fino
ad allora erano sempre stati considerati come ‘subordinati’. In sostanza, l’in-
tercambiabilità delle tecniche e la flessibilità che ne derivano, pongono una
nuova luce per quelli che sono gli elementi di chiusura verticale/orizzontale
e le finiture esterne: dipartirà proprio da queste considerazioni quindi il
concetto di ‘pelle’ della struttura (e la fondamentale quaestio della ‘capanna
caraibica’ e la questione degli stili di Laugier e Semper) ed un nuovo e rinno-
vato utilizzo dei materiali da costruzione.
Questa sorta di ‘realtà prefigurata’ avrà una sua univoca immagine nella
Maison Domino di Le Corbusier: la cellula edilizia, iperfunzionale, ripetibile
serialmente nella sua totalità e con schemi progettuali multipli rappresenta Da ‘La Prefabbricazione nell’e-
dilizia industrializzata’
il punto massimo della ricerca che in quegli anni si concentra sull’impiego di Robert von Halasz

del calcestruzzo per la realizzazione di piccole case in prevalenza di elemen-


ti prefabbricati [14]. Eseguiti con calcestruzzo in opera dentro casseforme
standard, sarà proprio Le Corbusier a porre nel panorama mondiale questa
fulgida scoperta dal potenziale illimitato. A titolo esemplificativo vanno cita-
te anche:

23
-il Textile Block, progettata da F.L.Wright nella Millard Madison House in
California, consistente in pareti portanti doppie formate da tabelle standard
in calcestruzzo colato in stampi speciali a motivi decorati e montati su una
armatura reticolare di ferro tondino grazie ad appositi incavi.
-il sistema T-Stone, basato su unità prefabbricate selezionate a T per pannelli
con nervatura di rinforzo ed un collegamento mediante le quali, per accosta-
mento parallelo, venivano costruiti solai e pareti con finatura rispettivamen-
te di plafonatura e tamponatura interna tramite ulteriori pannelli in gesso.
-il sistema ‘Econcrete’ progetto da George Hayes
-il sistema ‘Try-Ply’, un sistema basato sul getto a piè d’opera degli elementi e
sulla loro elevazione e messa a dimora mediante semplice rotazione di 90°
-Il sistema di case sperimentali e seriali da parte di Francis Hennebique che
prenderà piede in gran parte della Francia.

Nel caso della costruzione in legno invece i risultati ottenuti non si distac-
cano molto dalle conclusioni originali del secolo precedente. Tuttavia, l’in-
Da ‘Storia breve della prefab- novazione di queste, grazie fondamentalmente all’incessante progresso
bricazione’ di E. Frateili
industriale, ha portato alla luce risultati che saranno complementari a nuovi
elementi[15]:
-nelle costruzioni costituite di elementi pronti da assemblare, si utilizza
come ‘prassi’ il sistema Davison
-le case di pannelli e zattere in compensato sono costruite tramite la tecni-
ca della ‘stressed skin’. Il compensato costituente le due facce dell’elemento,
disposto in parallelo con altri elementi finiti, subisce un ritiro dopo l’incol-
laggio. Inoltre questo stesso elemento è sottoposto a lavorazione in officina
prima di essere disposto all’assemblaggio.
-le case cosiddette ‘sectional’, ideate e costruite in occasione dell’episodio
della grande opera di bonifica della valle del Tennessee, rappresentano una
naturale evoluzione di precedenti alloggi costituiti per il nomadismo dell’o-
ro. Mediante il montaggio di grandi elementi tridimensionali (che venivano
anche autorimorchiati) nuovi villaggi prendevano luce tramite l’aggregazio-
ne di questi sistemi.

Infine, passando all’impiego della carpenteria metallica, e particolarmente


all’importante uso dell’acciaio nella costruzione della prefabbricazione, si
hanno, come nel caso del legno, usi piuttosto marginali, senza alcun nuovo
‘standard’ come invece era accaduto nelle epoche precedenti. Il calcestruz-
zo ed il suo smodato utilizzo aveva allontanato l’interesse delle industrie
dall’investimento di nuove tecnologie concernenti il materiale metallurgico.
Tuttavia, nonostante questo fatto, è giusto citare[16]:
Da ‘Storia breve della prefab- -il sistema della casa prefabbricata denominato ‘Stran Steel’, ossia una casa
bricazione’ di E. Frateili
in lamiera pressata a guisa di profilato con una foratura continua per la sede
spostabile dei bulloni chiodi ribattuti per la messa insieme degli elementi

24
strutturali.
-altresì importante l’esempio di Richard neutra ossia la ‘Lovell House’ I cui
interessi erano distanziati secondo modulo mentre lo scheletro interamente
preparato in officina venne poi montato con bullonatura saldatura.

1.4 La prefabbricazione all’età delle Grandi Guerre

E’ negli anni immediatamente successivi al 1930 che la ‘prefabbricazione’


negli Stati Uniti raggiunge la somiglianza di un vero e proprio movimento,
in quanto l’interesse verso di esso si estende dal manipolo delle sperimen-
tazioni o delle industrie direttamente coinvolte ad una sfera più ampia di
partecipazione. La diffusione di questo nuovo indirizzo nell’edilizia, previa
acquisizione dei neo principi connessi alla riscoperta della modularità, va
attribuita ad un complesso di nuovi fattori, che vanno da quelli economici a
quelli sociali, ossia rispettivamente:
-l’impiego di processi industriali sulla base di una razionalizzazione della
‘prassi’ costruttiva
-la consapevolezza del beneficio che derivava ad ogni casta sociale della
popolazione
-l’appeal dato dalla rappresentazione conseguente dei prodotti prefabbricati
e dalla consapevolezza data in seguito al fruitore
-la massificazione della quantità di questi progetti dato il vantaggio e l’acces-
sibilità a più strati sociali
I progressi tecnici e tecnologici compiuti in questo periodo presentano inol-
tre alcune specifiche innovazioni verso i materiali di costruzione:
-nel caso del cemento (e materiali similari), esse consistono nelle tecniche
della vibrazione in vista di un migliore collegamento di oggetti
-nel caso del legno, la prefabbricazione del compensato e le tecniche dell’in-
collaggio
-nel caso dell’acciaio, esse concernono le tecniche della laminazione conti-
nua e della profilatura del nostro metallico

Infine, a questi concorsi favorevoli, vanno aggiunti altri fattori concomitanti


quali:
-Intervento governativo a favore sia della standardizzazione e delle tecniche
ricercate sia della costruzione di case prefabbricate
-lo sviluppo di importanti imprese privati quale la General Housing ed altre.

Tuttavia, attorno al 1935 negli Stati Uniti viene introdotto un nuovo princi-
pio costruttivo che utilizzava diversi materiali metallici invece del vastamen-
te popolare calcestruzzo.
Soppiantando difatti lo ‘Steel Frame’, il sistema ‘Frameless’, costituirà un
nuovo standard: la lamiera utilizzata acquista nuove ed importanti caratte-

25
Da ‘Storia breve della prefab-
ristiche grazie alla piegatura in diverse fogge dove il suo impiego si esplica
bricazione’ di Ezio Frateili tramite l’utilizzo di pannelli di tipo scatolare[17]. Questo nuovo principio,
applicatosi con una serie di sistemi di nervature, ebbe varie casistiche e de-
clinazioni, tra le quali, le più importanti furono:
-il sistema a lastre
-il sistema di pannelli ad L
-il sistema ‘insulated steel construction’.

Fu proprio in questi anni, stimolato da queste conseguenze scoperte nei


campi dei vari materiali, che fu concepita da Richard Buckminster Fuller, una
nuova sintesi per il campo della prefabbricazione: la ‘Dymaxion House’. Que-
sta rappresenta un approccio di tipo radicale ai processi di prefigurazione ed
assemblaggio, ed introduce inoltre un concetto innovatore in questo campo:
il livello di complessità di costruzione e preparazione ovviamente rappre-
senta un passo in avanti rispetto alle soluzioni di inizio 900, non solo per il
principio assemblativo, ma anche per il livello di prefabbricazione raggiunta.
L’idea strutturale è infatti rivoluzionaria in quanto la casa è concepita come
aggrappata ed ancorata ad un’unico grande pilone centrale. Inoltre, ridimen-
sionando il concetto di ‘costruzione’ ed espandendo quello di ‘preparazione’,
in termini di prefabbricazione viene a rinnovarsi totalmente lo schema com-
positivo: la struttura dell’abitazione deve difatti tenere conto non solo della
combinazione di ricerca del massimo dell’efficienza portante nei materiali,
ma anche del raggiungimento del minimo di peso, in modo da non sollecitare
eccessivamente il pilone centrale. Tuttavia il maggior ‘quid’ di cui il progetto
è dotato è la progettazione totale dell’unità bagno: quest’ultima è difatti un
vero e proprio blocco unico, non modificabile e non scomponibile. Il bagno,
alla stregua dell’imitazione della miglior industria fordista dell’epoca, si
configura come un prodotto fatto e finito, una vera e propria appendice della
Dymaxion House. Realizzato con uno stampo in acciaio, l’idea dal blocco
tecnologico in fabbrica contiene tutti gli apparecchi del bagno e costituisce
l’antesignana degli odierni prefabbricati sanitari. Ciò che rende quindi la
creazione di Fuller così profetica agli occhi dell’epoca è la considerazione di
un nuovo assioma, il principio di un nucleo meccanico riproducibile secondo
una catena di montaggio.
Ovviamente tale scoperta (nonchè la produzione tecnologica-scientifica di
Buckminster Fuller) accentuò nei prefabbricati la consapevolezza di una
vera e propria scorciatoia verso un nuovo orizzonte di ‘costruzione rapida
Da ‘Exploring Prefabrication’ by standardizzata’ e la quindi, conseguentemente con la presente, la speranza
J. Gardiner
illusoria che all’industria delle case prefabbricate potessero arridere gli stes-
si successi che hanno accompagnato nel suo prodigioso sviluppo industriale
automobilistica, che ovviamente presentava in modo ancor più evidente i
risultati di questa parabola ascendente[18]. Tuttavia, le sostanziali differen-
ze che intercorrono fra i due prodotti non diede lo stesso salto di qualità e

26
la stessa popolarità, che, anzi, vide diverse sperimentazioni ma non un reale
emblema popolare. Un esempio molto simile alla casa di Richard Buckmin-
ster Fuller è quella del bauhausiano Paul Nelson, ossia la ‘Suspended House’,
costruzione basata su elementi unitari prefabbricati uniti tramite un eso-
scheletro in metallo e bullonature/saldature comprendente l’intera casa.
La costruzione sperimentale di strutture interamente prefabbricate vide
proprio in questo periodo, sulla scia del contributo apportato alle scoperte
dei nuovi materiali, altri importanti esempi, tutti imperniati specialmente at-
torno il tema dell’abitazione unifamiliare. Tra queste ritroviamo, oltre ovvia-
mente al caso della Dymaxion, altri importanti risultati di Fuller tra i quali:
-la casa cilindrica ‘Dymaxion 2’ in lamiera ondulata
-la casa trasportabile ‘Wichita’ in lamiera di acciaio, interamente prodotta in
officina, con struttura sospesa ad albero centrale

Come inoltre è stato prima anticipato, è proprio in questo periodo che assi-
stiamo ad una innovazione dei sistemi a pannellatura: tra questi risultati si
ottennero anche il sistema a pannelli portanti per pareti esterne per tramez-
zi solaio di un giunto universale studiato da Konrad Wachsmann e Walter
Gropius per la General Panels Corporation nel 1941.
In questo stesso periodo si ha anche l’importante scoperta degli igloo in
acciaio di Martin Wagner.
In sostanza, una nuova ondata di innovazione dei carattere tecnici dell’ar-
chitettura iniziò a prendere piede. Ma come furono possibili le ideazione di
tali concetti? Da quali necessità è giunto il bisogno di una nuova concezione?
L’indagine verso gli stimoli che permisero l’ideazione e la concretizzazione
dell’estremizzazione della modularità e del minor assemblaggio possibi-
le si spinge proprio nel periodo di crisi portato dalla grande guerra, ossia
le parentesi che vanno rispettivamente dal ‘14 al ‘18 e dal ‘40 al ‘45, in cui
gli Stati concentrarono il proprio profilo industriale per la creazione e del
supporto bellico. Questa fase costituì un momento di grande riflessione e di
applicazione dei concetti appresi durante il periodo precedente. Come detto
all’inizio di questa digressione storiografica, la prefabbricazione trova im-
mediata applicazione in situazioni di emergenza e/o prima necessità: una
congiuntura senz’altro favorevole quindi si apriva in particolar modo per i
vantaggi della spostabilità che presentava nel settore delle costruzioni, senza
contare conseguentemente la velocità di montaggio, la riduzione del lavoro
in sito e la totale efficienza. Saranno proprio questi i motivi che spingeranno
l’esercito stesso ad utilizzare la metodologia prefabbricativa ed adottarla
come metodologia ‘standard’ per la creazione (in Germania soprattutto) del
cosiddetto ‘Nissen Hut’. Questa rappresentava una costruzione modulare
ripetibile e facilmente costruibile. Di uso necessario se non fondamenta-
le per il riparo di milizie e strumentazioni belliche, la prefabbricazione di
campate e di profilati metallici garantiva inoltre un facile e veloce montaggio.

27
Quest’ultimo inoltre poteva variare modularmente in base per l’appunto a
campate e copertura volute. In sostanza, il caso del ‘Nissen Hut’ costituisce la
sperimentazione primordiale per quelli che saranno poi le sperimentazioni
di Fuller e le adozioni in grande scala delle grandi industrie. Durante e nel
dopoguerra difatti fu il fondamentale passo che poi, proprio nello specifico,
lo stesso Fuller andò a riprendere, ossia l’impiego dell’unità bagno. Inoltre,
un’altra particolarità di questa tipica costruzione ideata in clima di guerra
sono i cosiddetti ‘partition closet’, che anticipano il principio del ‘storage
wall’, che per l’appunto si sviluppò molto nei tempi successivi.
Fu proprio grazie a queste tipologie costruttive e sull’applicazione dell’as-
semblaggio dei vari componenti prefabbricati (come tamponamenti e giunti)
che in futuro Fuller giunse alla sua personale sintesi costruttiva.
La prefabbricazione, durante la guerra come appurato, fece un passo in avan-
ti. Ma per quale motivo? Questo lo si ritrova nel principio bellico e nell’ef-
ficienza industriale: lo sviluppo della tecnologia grazie alla guerra permise
un’importante introduzione in questo campo, ossia la nuova ideazione e
costruzione di apparecchi mobili di guerra, tra i quali aeroplani e grandi
mezzi di trasporto armati. Derivato dalla costruzione di queste ‘creature’,
l’applicazione nel dopoguerra dei loro principi è poi pervenuta verso un
perfezionamento tecnologico strutturale che ha permesso la costruzione di
una nuova generazione di prefabbricati. Parallelamente, in questo periodo,
sempre negli Stati Uniti, si svilupparono dei prototipi di materiali in coo-
perazioni tra loro: sottoforma di lastra a base di legno o anche di gesso, ha
promosso il principio della costruzione in pannelli di grande formato, anche
con la possibilità di raggiungere la dimensione dell’intera parete della stan-
za. Inoltre, sviluppando ulteriormente il principio del pannello a ‘pelle tesa’,
si riuscirono ad ottenere delle pannellature a parete o solaio precompressi,
con spessori notevolmente a vantaggio di una maggiore leggerezza. L’effetto
Da ‘Storia breve della prefab- scatenante di questo sviluppo è stata la riduzione dei giunti intermedi delle
bricazione’ di E.Frateili
pareti con gli inconvenienti che andavano ad incorrere, quali ponti termici,
possibilità di infiltrazioni etc[19].
L’Europa, nei successivi trent’anni dopo la prima grande guerra (ossia dal
1920 al 1950) dopo un primo periodo di relativa stagnazione, registrò altresì
nuovi importanti scoperte nel campo della prefabbricazione. Diversamen-
te da quanto avvenne parallelamente negli Stati Uniti, nei principali paesi
europei gli episodi in cui l’attuale prefabbricazione abbia una prevalenza
caratteristica nelle dirette realizzazioni edilizie superano di gran lunga le
singole (anche se molteplici) esecuzioni di tipo sperimentale. In essi, l’incen-
tivazione sui nuovi sistemi costruttivi si esplica non di rado attraverso una
partecipazione di enti pubblici oppure attraverso ricerche e sviluppi spesso
appoggiati e finanziati da governi e/o movimenti politici. Lo studio delle
Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E. Frateili diverse attività e studi sui prefabbricati compiuti in questo periodo dimostra
inoltre come questa metodologia assuma caratteri diversi secondo le princi-

28
pali realtà in cui si andata a sviluppare[20].
In Inghilterra la prefabbricazione venne considerata niente più che un
mezzo di fortuna per risolvere alcune tipologie di problemi. Ampiamente
usati furono i due sistemi costruttivi della ‘Dorlonco House’ e ‘ Weir House’. Il
primo consiste in uno scheletro di acciaio laminato che si combina con lastre
e murature esistenti di conglomerato e reti di lamiere espanse spruzzate di
calcestruzzo. Il secondo sistema costruttivo invece consiste in uno scheletro
in legno combinato con lamiera acciaio e materiali di tamponamento resi-
stenti al fuoco.
In Germania la fabbricazione di nuovi sistemi iniziò tardiva per le condizioni
create dalla sconfitta della guerra. La ripresa dell’economia dello Stato ed
il nuovo investimento dei programmi politici nella ricostruzione tuttavia
permisero di applicare ciò che era stato appreso dal punto di vista prefab-
bricati durante la seconda Guerra Mondiale. Un piano sperimentale di no-
tevole portata che fu organizzato sotto la direzione della ‘Reichsforschung
Gesellschaft’ (Società per le ricerche di Stato) le dette il primo impulso e
parallelamente, allo stesso modo, un notevole contributo arrivò dall’indu-
stria dell’acciaio tramite la ricerca di nuovi sbocchi all’applicazione delle
nuove metodologie, introducendo diversi sistemi prefabbricati utilizzando
l’acciaio per la realizzazione di costruzioni a due piani. Per quanto riguarda
il campo della sperimentazione inizia a crescere vero e proprio trend verso
una struttura metallica a guscio ideato da Konrad Finder nel 1928. Questa
inizialmente presentava due versioni, ossia una in spicchi d’acciaio ed una
in cemento armato: in futuro questa sperimentazione, anche se puro ‘trend’,
costituisce l’origine di molteplici casi tra cui spiccano quelli di Suronen e
Maneval. L’impulso ideologico dato dagli investimenti dei programmi politici
attraverso soprattutto la ricerca di realizzazioni utopiche e sperimentali die-
de la base di una vera e propria piattaforma teorica che mai come in questi
anni fu particolarmente proficua per gli sviluppi successivi di questa attività
in Germania.
Difatti, di notevole interesse per il concetto innovatore studio compiuto
dallo stesso Gropius, tramite il lavoro perseguito nel Bauhaus, per la ‘casa
incrementabile’, allo scopo di adattarsi alla variazione nel tempo dei nuclei
familiari; variabilità ottenuta dalla stessa tipologia fondamentale di ‘uni-
tà tipo’ costituite da cellule ambiente che potevano aggiungersi o togliersi
indifferentemente. Da qui l’intera produzione della ‘Weissenhof Seidlung’,
ossia il montaggio della casa sperimentale: tra gli esponenti maggiori è lecito
menzionare Karl Koch, allievo del Bauhaus, che realizzò un sistema di mon- Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E.Frateili
taggio eseguito a secco, dal semplice ed intuitivo nome ‘Prefab House’, con
una struttura che vantava di vari montanti metallici a Z e putrelle in profilati
studiati per poter sostenere il solaio[21].
Anche in Francia, similarmente alla Germania, il fenomeno della prefabbrica-
zione tardò a prendere concretamente piede. Uno tra i primi impulsi fu dato

29
dall’avvento dell’edilizia industrializzata grazie ad un programma politico
svolto dal ministro del Commercio del 1929 per la standardizzazione ed il
coordinamento dimensionale degli elementi edilizi.
In seguito, il periodo degli anni ’30 e degli anni ’40 diede luce a numerose
tappe dell’evoluzione prefigurativa destinate ad incrementare lo studio dei
sistemi prefabbricati. Un interessante tappa fu la progettazione, in vista della
ricostruzione delle cittadine olandesi distrutte dalla Grande Guerra: questo
piano d’azione, che solo nel ’29 poteva essere sperimentato grazie alla pro-
posta avanzata del ministro Loncheur, consisteva in una semplice struttura
costituita da pilastri collegati direttamente ai vari solai. Il tutto era costituito
da calcestruzzo armato con misure standard: una vera e propria struttura,
che richiama la forma di una gabbia, che consente il massimo grado di fles-
sibilità e tutte le possibili soluzioni per tramezzature e chiusura esterna.
Inoltre, un altro esempio studiato, oltre a quello del 1925 appena descritto, è
quello che verrà definito come sistema ‘Minimal’: sarà proprio quest’ultimo
ad introdurre i primi elementi prefabbricati in laterizio per i solai.
Inoltre, sono proprio in questi anni che nel panorama dell’architettura va ad
instaurarsi una figura che verrà in futuro definita come ‘metonimica’ per la
prefabbricazione: Jean Prouvè. La sua opera, che si sviluppa tra gli anni ‘30
e ‘70, in sintonia con la ricerca del nuovo propria del Moderno, arriva alla
sintesi di una prefabbricazione leggera concepita sulla distinzione tettonica
(fino alla scissione) tra struttura e tamponamento, impiegando i materia-
li metallici (la lamiera d’acciaio e d’alluminio). Prouvé sviluppa una serie
incredibile di studi di dettaglio sui sistemi leggeri di facciata, costantemente
evoluti e superati, spesso registrati come brevetti, vera genealogia del suo
pensiero industriale talmente rilevante da coincidere storicamente con l’ap-
porto fondamentale da egli fornito al settore della prefabbricazione.
Il responsabile di tale attribuzione è Frank Lloyd Wright che marchia Jean
Prouvé come l’inventore del ‘curtain wall’:

‘i sostegni, i pannelli dell’involucro, la copertura, tutte le membrature si pla-


Da ‘Industrializzazione dell’edi-
lizia’ di Achille Petrignani
smano partecipando all’equilibrio dell’insieme, costruendo un organismo coeso
in cui la tensione delle parti in equilibrio è meccanismo esibito’. [22]

L’edificio concepito da Prouvè è come un padiglione smontabile in conti-


nua evoluzione, è un prototipo oggetto di costante miglioramento della sua
dotazione tecnologica e dei dispositivi spaziali e funzionali. Prouvé coniuga
i principi della prefabbricazione con lo studio di tipi costruttivi semplici,
caratterizzati da una specifica soluzione morfologico-strutturale, elaboran-
do un ‘alfabeto delle strutture’ che accomuna tipologie edilizie differenti,
filo rosso che unisce mobili-case-grattacieli. Il tipo a portico assiale, il tipo a
stampella, il tipo a guscio, il tipo a volta, il tipo a nocciolo centrale, si decli-
nano in studi, prototipi e realizzazioni: idea costruttiva esito delle riflessioni

30
sul sistema statico-costruttivo, sul layout funzionale, invenzione spaziale e
Da ‘Storia breve della prefab-
figurativa indagata a partire dalle condizioni necessarie alla sua fabbricazio- bricazione’ di E. Frateili

ne, sotto l’egida della ‘necessità’, della ‘economicità’ e della ‘leggerezza’ [23].
Tra le sue molteplici creazioni, è tuttavia la Maison du Peuple (1936-38) a
concretizzare al meglio questa sua dialettica costruttiva: un vero e proprio
meccano tecnologico ad assetto variabile (interamente realizzato in officina
in lamiera d’acciaio pressopiegata e montato a secco in cantiere) che risolve
il complesso layout funzionale.
In Svezia invece abbiamo il massimo esempio di come l’intervento dell’auto-
rità di governo e politiche abbiano collaborato nell’assistenza totale verso un
programma dell’edilizia prefabbricata. Difatti governo municipale di Stoc-
colma incoraggiò, attraverso un piano di riqualifica delle campagne ed una
massificazione dei collegamenti di polo in polo, l’utilizzo di elementi pre-
fabbricati per la rapidità, l’efficienza e l’economia. La pianificazione rurale
difatti vide la prefabbricazione in legno come protagonista dell’intervento
per fronteggiare la scarsezza di alloggi. L’attuazione del piano cosiddetto
‘self-help’ per la costruzione di case le cui pareti erano costituite da pannelli
portanti intelaiati in legno alternati con pannelli infissi per l’intera altezza
del piano. La peculiarità dell’intervento consisteva proprio nell’esecuzione
dei lavori affidati alla stessa famiglia degli inquilini, ovviamente assistita da
un gruppo di artigiani specializzati. In sostanza in Svezia si attua una sorta di
‘dejavu’ con reminiscenza della colonizzazione delle campagne del Tennes-
see: dai vari frame in legno, alle case ‘mail-order’, il governo utilizzò questa
brillante strategia per risollevare e dare nuova vita a terre sostanzialmente
agricole.
Parallelamente a questi svariati eventi europei, in Italia, il governo, preso a
piene risorse verso un processo di ricostituzione e ripresa postbellica, pro-
pone l’idea di promuovere un quartiere della Triennale, dove l’architettura e
l’urbanistica moderna potessero trovare una sede appropriata di sperimen-
tazione. E fu così, che alla chiusura della V edizione del 1933 della Triennale
di Milano, che si propose il piano per il quartiere QT8. Per divenire realtà si
deve aspettare il 1945, quando, Piero Bottoni viene nominato Commissario
straordinario dell’Ente Autonomo Triennale dal Comitato di Liberazione
Nazionale Alta Italia e concepisce il progetto come un vero laboratorio in
cui sottoporre a verifica del pubblico le certezze e le aspirazioni dell’archi-
tettura e dell’urbanistica moderna. Così facendo, tale proposta non diventa
solo un esempio sperimentale di una nuova spazialità urbana, ma è un’oc-
casione per essere esposizione permanente di nuovi tipologie edilizie e di
sistemi costruttivi. La realizzazione del quartiere richiese diversi anni. Tra il
1946 e il 1947 si realizzarono le prime case, per ospitare molti fra gli sfollati,
seguendo undici modelli diversi, progettati da architetti che avevano vinto
un concorso nazionale. Nel 1948 si realizzarono per la prima volta in Italia
case prefabbricate a quattro piani ciascuna mediante l’utilizzo delle tecniche

31
consolidate in Europa.
Il dibattito ovviamente non mancò: la critica era divisa tra l’appoggio di que-
Da ‘Industrializzazione dell’edi- sto sogno utopico considerato come un ‘toccasana immediato per ogni male’
lizia’ di Achille Petrignani
e un’offesa ai valori tradizionali [24]. Tuttavia fu proprio lo stesso contesto
nella quale l’Italia si trovava che permise l’adozione di questi sistemi costrut-
tivi. Per il progetto QT8 furono utilizzate con particolare interesse sistemi a
scheletro metallico: tale soluzione sembrava l’unica a consentire la completa
prefabbricazione in elementi normalizzati di recupero in caso di demolizio-
ne. Nel valutare il rapporto peso-ingombro, le caratteristiche di resistenza
ai costi di produzione e la messa in opera, il ferro apparve vincente rispetto
ai sistemi che impiegavano il cemento per i quali vennero invece sviluppate
delle soluzioni di costruzione di opere di normalizzazione delle casseforme
di più modulari combinabili e reimpiegabili. Fu proprio in questo periodo
che fu messo a punto da parte dell’architetto Gentili il sistema CGT, basato su
una struttura portante di elementi verticali e orizzontali in lamiera di ferro
opportunamente sagomata. Tale sistema consentiva il minor impiego di ma-
teriale la massima resistenza alle sollecitazioni rapidità sinistra di lavorazio-
ne economia del trasporto nella movimentazione data l’estrema leggerezza
del materiale. I pannelli esterni ed interni in materiale isolante applicati alla
struttura metallica costituivano le chiusure principali alle tramezze interne.
Un unico blocco interamente predisposto per impianti accoglieva il bagno e
la cucina. Per quanto riguarda invece la soluzione che adottava il sistema del
calcestruzzo, anche detto ‘sistema Gaburri’, costituiva un tipo di soluzione
mista in cui travi e pilastri in cemento armato prefabbricati venivano col-
legati mediante un getto integrativo di calcestruzzo, tenuta poi ovviamente
un’intelaiatura rigida continua attraverso l’arganello che poi permetteva il
montaggio di elementi prefabbricati di parete, solaio e scala.
Gli stessi sistemi, che da li in avanti rappresentarono uno standard per la
prefabbricazione italiana, furono adottati anche per i conseguenti program-
mi politici come il piano ‘Ina Casa’. A sessant’anni di distanza, il progetto QT8
Da ‘Industrializzazione dell’edi-
lizia’ di Achille Petrignani risulta ampiamente inconcluso, tuttavia le motivazioni si devono ricercare su
inefficienza progettuale e non costruttiva [25].
Nonostante il periodo bellico abbia portata mondiale, si nota come vi sia, in
ogni caso, un diverso carattere della prefabbricazione fra i due contenenti
fino a questo dopoguerra. Sommariamente si può definire che in America
la prefabbricazione sia stata un fatto essenzialmente di ‘promozione indu-
striale’ in specifici settori dapprima sviluppandosi nell’ambito dell’industria
privata e più tardi con la partecipazione di privati tramite proprie risorse
ed aziende governative realizzatrici di grandi programmi ispirati a criteri di
produttività ed orientata verso prospettive di mercato e soprattutto incen-
trata verso il tema della casa unifamiliare prodotta su sistemi a ‘scatola chiu-
sa’. In Europa invece, nel suo periodo bellico e postbellico, c’è stato soprat-
tutto una ricerca perseguita secondo un metodo ed una sperimentazione di

32
principi teorici indirizzati verso una concretezza e con finalità di grandi fini
sociali come il tema della ‘abitazione residenziale’.
La guerra in sostanza, nonostante sia un evento assolutamente deprecabile,
ha costituito un’occasione eccezionale per il progresso della prefabbricazio-
ne dove successivamente nel dopoguerra, vi furono ancor più ricchi sviluppi
in quanto le ormai mobilitate industrie belliche furono usate dal paese per
affrontare il problema della ricostruzione edilizia. La soluzione a questi
specifici problemi è dunque affidata, non tanto alle fabbricazioni in sé, ma
allo studio delle singole componenti e dell’assemblaggio. E’ difatti dalla fine
del ‘700 che la concezione della costruzione come sistema basata sull’arti-
colazione dei singoli componenti costruttivi, si sostituisce alla idea di una
struttura come unico intesa come totalità espressiva. Più che mai in questo
periodo, la definizione dell’edificio a partire dall’individuazione dei suoi
componenti elementali procede secondo una progressiva specializzazione
tecnica strutturale dei singoli sistemi impiegati nell’opera. Ne consegue che
in una visione sempre più segmentata dell’organismo architettonico, la com-
prensione del ‘tutto’ avviene attraverso la definizione esatta razionale degli
elementi componenti, le unità minime del sistema che diventano garanti
del suo funzionamento nel tempo e di cui è importante indagare le funzioni
semantiche le regole che presiedono all’articolazione delle strutture. Questa
concezione proprio la descrizione delle modalità di costruzione dell’artico-
lazione strutturale tende a coincidere con la significazione dell’insieme la
definizione tecnica degli elementi impiegati: il livello della complessità rap-
presenta in un certo modo il modulo sulla quale si basa poi l’assemblaggio
ed il risultato finale della struttura stessa.

1.5 L’alba dell’edilizia modulare

Dopo quindi un avvio incerto e contraddittorio, nel quale le imprese di co-


struzione, spesso legate al precedente legame politico bellico, convivevano
col permanere di disposizioni di emergenza, l’America e l’Europa entrano in
un periodo di disincentivazione in cui ogni intervento dei proprietari degli
immobili nei confronti dell’adeguamento degli edifici e della dotazione di
servizi moderni era scoraggiata. Tuttavia, grazie all’avviamento dei prece-
denti programmi politici sopra descritti, si entra in una conseguente fase di
ricostruzione. In particolar modo, nel 1954 in America, vi fu una incredibile
sperimentazione che finì col concretizzarsi e diventare uno dei più inte-
ressanti casi studio della ricostruzione: il caso dell’Hilton Palace del Rio in
Texas.
L’hotel Hilton Palacio del Rio Hotel rappresenta una pietra miliare della
prefabbricazione in America: la costruzione modulare con questo progetto
raggiunge vette mai viste prima e pone le fondamenta per altri importanti
casi di questa nuova fase. Costruito da H.B. Zachry Company (oggi Zachry

33
Construction Corporation) per l’esposizione mondiale delle costruzioni
Da ‘Storia breve della prefab- del 1968, l’hotel superlusso da 500 stanze è stato disegnato, completato ed
bricazione’ di E.Frateili
occupato in un lasso di tempo mai visto prima, ossia 202 giorni lavorativi
[26]. La metodologia costruttiva utilizzata per costruire l’hotel si esplica nel
seguente modo: dei 21 piani di cui è dotato l’hotel, i primi quattro furono
costruiti in modo convenzionale con cemento rinforzato in modo da po-
ter ospitare molto più facilmente tutte le varie strumentazioni e dotazioni
logistiche necessarie al funzionamento stesso dell’edificio. Allo stesso tem-
po, ascensori e quadri funzionali, anch’essi costruiti tramite l’utilizzo del
cemento armato, costituirono il necessario ‘core’ che serviva all’edificio per
poter ospitare poi il resto dei piani prefabbricati. Così facendo, dal quinto
all’ultimo piano, i moduli furono costruiti totalmente in diverse officine e poi
connessi tramite l’utilizzo di cavi travi e saldature in metallo. Le 496 stanze
furono posizionate tramite gru in soli 46 giorni. Il 21º piano, un’area che
contiene una grande hall pubblica, è stato costruito con l’utilizzo di allumi-
nio ed ampie finestrature, il che dimostra un grande studio dei materiali
finalizzati ad avere nuove possibilità costruttive. Inoltre, i moduli dell’hotel
erano costituiti da una struttura molto leggera, prefabbricata in officina
tramite sempre l’utilizzo di blocchi in calcestruzzo: prima di arrivare sul sito
di costruzioni stanza era totalmente decorata ed arredata. Ogni modulo era
comprendente di bagno, cucina e zona living, tutti uniti in un solo blocco
unico. Il processo di formazione del cemento fu ideato con la formazione
dello strato superficiale tramite cassaforme in ferro, e poi, tramite il rilascio
di un agente alcalino ed il rinforzo tramite fibre di alluminio, si ultimava
la procedura con l’inserimento di tubature e filamenti elettrici necessau.
Da ‘Storia breve della prefab- L’industria Zachry mise in piedi una produzione di due file distinte di otto
bricazione’ di Ezio Frateili
stanze al giorno, il che, industrialmente parlando, rappresenta una velocità
mai vista prima [27].
Ogni modulo costruito inoltre aveva un determinato codice che lo faceva
appartenere ad un rigido e preciso ordine per il sistema di montaggio, neces-
sario in quanto il grado di complessità risulta (anche al giorno d’oggi) eleva-
to. Con questa costruzione vi fu infine una novità finale, ossia la costruzione
della gru sulla sommità del ‘core’ in cemento armato. Questa scelta fu dettata
dalla necessità per l’appunto di dover sollevare da terra i moduli precostru-
iti e porli successivamente nella loro allocazione e poi essere smantellata.
Inoltre, nel caso di successive riparazioni la gru sarebbe stata ripristinata ed
avrebbe dunque costituito un comodo ed efficiente mezzo di tutela dell’edifi-
cato stesso. Questa tecnica non solo segnò un ‘must’ per la successiva costru-
zione di edifici alti, ma definì anche un carattere tipologico della definizione
del ‘core’ da lì in avanti.
L’hotel Hilton Palacio del Rio fu quindi un ‘primum’ nel suo genere e l’as-
Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E.Frateili semblaggio dell’edificio tramite l’accostamento di moduli prefabbricati in
officina apri nuovi spunti per quella che la sempre più avvenente dimensio-

34
ne della macchina andava a porre [28]. Difatti il fatto che un intero modulo
abitativo potesse nascere in un contesto che poteva essere a diversi chilome-
tri di distanza e che quindi poteva essere trasportato nel luogo dove il frui-
tore intendeva abitare, apriva l’uomo e la sua dimensione personale (casa)
verso la possibilità di un’architettura nomade, trasportabile e dinamica. Fu
proprio difatti in questo stesso periodo che iniziarono prendere piede una
forma molto originale della creazione prefabbricata: nel 1960 nacquero i
primi HUD o ‘Mobile Homes’. Lo scopo originale di questa forma di abitazione
era l’abilità di trasferirsi e ricollocare la propria posizione in modo molto
semplice. Le unità erano inizialmente vendute primariamente a quelle per-
sone che per il loro stile di vita richiedevano un continuo spostarsi. Ad ogni
modo le case, che da sempre erano vendute in una propria location per un
certo periodo di tempo per poi essere spostate (alcune invece erano installa-
te permanentemente), nel 1960 iniziarono ad acquisire dimensioni sempre
più idonee all’abitare. Questo aiutò a solidificare la linea di confine tra ‘casa
mobile’ ed i cosiddetti ‘travel trailers’ dal momento che le unità più piccole
potevano essere spostate semplicemente con l’ausilio di un’automobile ed
invece le unità più grandi richiedevano l’aiuto di una compagnia di trasporto
(trucks o simili). Con il passare il tempo queste divennero pure ancora più
larghe ancora più lunghe, il che rese tuttavia la mobilità più difficile. Il livello
di prefabbricazione di queste unità, nonostante il costo esiguo,era incredi-
bilmente alto che presentava una concretizzazione rispetto a quello che per
l’appunto era diventato un nuovo stimolo dell’architettura: la mobilità.
Al giorno d’oggi questa tipologia di abitazione prefabbricata ancora piut-
tosto diffusa, anche se tuttavia quel tempo andato a crearsi uno stereotipo
negativo a causa della loro ‘cheapness’ e quindi del loro conseguente rapido
deprezzamento in confronto alle case costruite in situ: sarà tuttavia questa
caratteristica a giocare un ruolo fondamentale nell’evoluzione della storia
della prefabbricazione.
E’ chiaro quindi come l’intero panorama architettonico avesse i suoi fari
puntati su quelle che erano le nuove questioni dell’housing sostenibile e del-
la ricerca della dialettica del modulo verso la composizione dell’aggregato.
Fu così che all’esposizione Mondiale del 1967, nel padiglione del Canada, si
trovò un incredibile progetto che integra al massimo queste nuove temati-
che: realizzato dall’architetto Moshe Safdie, la ‘nuvola’ residenziale chiamata
‘Habitat 67’costituì una soluzione sperimentale per l’housing di alta qualità Da ‘Storia breve della prefab-
bricazione’ di E.Frateili
nella ormai irreversibile densità urbana [29]. Safdie esplorò le possibilità
offerte dai moduli prefabbricati per ridurre il costo complessivo dell’opera.
Inoltre, deciso a sfruttare appieno le potenzialità date dalla prefabbrica-
zione, integrò all’interno di ogni abitazione modulare blocchi tecnologici
standard ad alto tasso tecnologico, per poter rendere così ogni modulo
indipedente. Il progetto contiene in sé la combinazione di due tematiche fon-
damentali: la prima è il ripensamento di ogni canone estetico e funzionale

35
riguardante l’abitazione; la seconda è invece il ripensamento di ogni canone
tradizionale per la costruzione. Il progetto vantava di ben 354 moduli identi-
ci e prefabbricati (assemblati come scatole), posizionati e connessi in diversi
modi. Il giunto di collegamento principale tra questi erano cavi in acciaio: gli
appartamenti erano spesso connessi in gruppi da quattro, con una rampa o
una strada alla quale si collegavano. Inoltre, per i gruppi ai piani superiori
vi erano dei mini ‘core’ in cemento armato, forniti di ascensori ed impianti,
alla quale si aggrappavano. Il processo di prefabbricazione di questi moduli
tuttavia prese atto proprio nel sito di costruzione, contrariamente al know-
how dell’epoca. Il modulo base era costituito da una gabbia di metallo con
misura di 11 x 6 metri; inoltre, la pannellizzazione in calcestruzzo avveniva
in situ con l’inserimento di cavi elettrici e tubazioni per impianti. Allo stesso
modo, in base all’orientamento della suddetta ‘scatola’ erano inseriti i bloc-
chi della cucina e del bagno ed infine gli strati necessari all’isolamento. Molto
probabilmente è stata la complessa composizione del progetto a rendere
necessaria l’operazione di assemblaggio in situ: per rendere possibile l’as-
semblaggio, tra l’altro, data anche la conformazione generale del progetto, fu
resa possibile tramite l’utilizzo di una gru mobile (andando anche in questo
caso contro i nuovi principi di predisposizione di una gru sulla sommità del
‘core’ in cemento). Così facendo, Safdie, utilizzando il metodo della prefab-
bricazione, ha reso possibile ed accessibile un’operazione architettonica
molto complessa altrimenti difficilmente realizzabile. Sfortunatamente, a
causa del ridimensionamento del progetto originario, i costi furono più alti
del previsto, rendendo quindi Habitat 67 un progetto da un certo punto di
vista ‘fallimentare’ in quanto la scelta costruttiva era giustificata non solo
dalle possibilità tecnologiche utilizzate, ma anche dalla visione di base in cui
il nuovo housing doveva basarsi su costi economici esigui per poter essere
accessibile anche ad ogni classe sociale.
Parallelamente a questi grandi episodi, sono da citare altresì i tre casi diret-
tamente derivanti dalla tecnologia di Konrad Finder e del ‘guscio metallico
modulare’ con gli interventi di Matti Suronen e Jean-Benjamin Maneval.
Questi, riprendendo l’onda per così dire avveniristica del mito della ‘navicel-
la trasportabile’ e facendola coniugare con la nuova dialettica dell’automo-
bile, sperimentarono una forma di prefabbricazione che, seppur per breve
tempo, ebbe un degno riscontro. Rispettivamente con i casi di ‘Futuro’ e ‘La
Maison Bolle-Six Coques’, la prefabbricazione sperimentò un caso di cellula
autosufficiente, in cui il fruitore poteva diventare come un ‘essere totalmente
indipendente’.
Un altro caso che, nonostante l’intelligente utilizzo della prefabbricazio-
Da ‘Ronan Point Apartment
Tower Collapse and its Effects ne, rappresentò purtroppo una sorta di ‘fallimento’ progettuale è quello di
on Building Codes’ di C.
Pearson Ronan Point a Newham [30]. E’ difatti sempre agli inizi degli anni ’60 che,
anche in Inghilterra, questa nuova ondata della prefabbricazione, causa-
ta dall’ingente bisogno di abitazioni in un periodo di ripresa economica

36
post-bellica, ha significato nuovi casi studio e nuove applicazioni nelle te-
matiche residenziali. Nelle decadi che seguirono dopo la seconda Grande
Guerra, vi fu un sostanziale cambio di leggi che permisero la costruzione
di edifici ad alta densità anche in pieno centro città, motivo per il quale
la prefabbricazione divenne lo strumento migliore per poter attuare una
politica di ‘ricostruzione’. Ronan Point rappresenta uno degli svariati casi di
edificio-torre costruite tramite l’utilizzo di blocchi modulari; tuttavia, questo
caso rappresenta anche quello che all’epoca era considerato uno dei sistemi
più efficienti per la costruzione prefabbricata. Il sistema utilizzato difatti fu
quello del cosiddetto ‘Larsen-Neilsen’, ossia una combinazione di componen-
ti metallici costruiti in fabbrica e blocchi di cemento armato, uniti tramite
l’utilizzo di giunti e saldature specifiche, in modo da poter poi minimizzare
il lavoro d’assemblaggio in situ. Inoltre le stesse scale, solai e tramezzature
erano completamente prefabbricate tramite panicature standard che poi, in
base alla composizione progettuale, venivano modulati. Infine l’assemblag-
gio avveniva in modo parziale poiché, in fabbrica vi era il montaggio di quel-
lo che sarebbe stato l’intero piano con l’utilizzo di ‘spesse travi portanti’, ed
in situ invece vi sarebbe stato il posizionamento e l’aggancio finale tra questi
macro-moduli. In questo tipo di schema strutturale, ogni piano era sostenuto
da grandi travi portanti, le quali, a loro volta, erano collegate a muri portanti.
Il sistemo trave-muro portante-solaio riceveva così il peso totale del ‘macro-
modulo’ ed il tutto era poi ‘incastrato’ tramite forature apposite. Così facen-
do, una volta saldato e montato questo complesso organismo prefabbricato,
ogni piano scaricava direttamente il proprio peso su quello precedente.
Questo avanzato sistema, che tuttavia fu sempre ammodernato col passare
degli anni, fu ideato in Danimarca agli inizi degli anni ’50 e rappresentò per
molte decadi lo standard per questa tipologia di costruzioni. Il caso di Ro-
nan Point è stato tuttavia considerato come ‘caso fallimentare’ in quanto, a
causa di un malfunzionamento delle tubazioni del gas, vi fu un’esplosione
che comportò il crollo di una porzione di edificio. L’indagine che fu compiuta
riguardo il crollo dimostrò come l’accaduto dipendesse non solo da un mon-
taggio approssimativo degli impianti, ma mise in evidenza come l’unione
dei sistemi prefabbricati, sollecitati in modo continuo e repentino da forze
esterne, come vento ed agenti atmosferici, avessero comportato un lento ma
inevitabile disfacimento del collegamento tra le varie porzioni di edificio. Ro-
nan Point, nonostante sia un episodio buio della costruzione prefabbricata,
rappresentò quindi uno step fondamentale in quanto comportò un’immedia-
ta rivalutazione dei metodi di costruzione con l’ideazione di quelli che sono
oggi i cosiddetti ‘Building Codes’.
Negli stessi anni la prefabbricazione, anche se per fattori diversi, iniziò a
prendere ‘uso’ anche negli stati orientali e nel grande continente asiatico.
Definiti al tempo come ‘developing countries’, quest’ultimi iniziarono una
massiccia addensificazione vero quelli che erano i propri centri storici.

37
Questa sorta di cataclismica presa verso la costruzione è definita da diversi
fattori, ma ciò che più fa pensare è il fatto che la prefabbricazione sia stata la
tecnica costruttiva che caratterizzerà in modo indelebile questi nuovi aggre-
gati urbani. Come per l’appunto abbiamo detto, i fattori sono molteplici e
differenti dovuti a diversi background culturali; tuttavia il minimo comune
denominatore di questi diversi stati è rappresentato dal binomio industria-
lizzazione estera-edifici di prima necessità. Difatti, nonostante l’Oriente
avesse diverse realtà politico-sociali, si presentava in ogni caso sommaria-
mente una situazione di profonda crisi economica ad eccetto delle super
potenze di Cina e Giappone. Inoltre, un profondo legame alla tradizione
architettonica e costruttiva, che fino ad allora non aveva mai permesso un
ammodernamento sostanziale, andava a venir meno a causa dei danni inflitti
dalla seconda Guerra Mondiale. Inoltre, proprio in questi anni, la ricostruzio-
ne in Europa ed America era in pieno atto e con questa le varie esposizioni
Mondiali dimostrano le grandi possibilità della prefabbricazione. Saranno
queste quindi le premesse che permetteranno l’introduzione di questo
nuovo carattere costruttivo in questi territori. E’ interessante analizzare ora
come la prefabbricazione abbia colpito le due grandi realtà d’Oriente, ossia
India e le potenze di Cina e Giappone.
In India, la prefabbricazione prese piede grazie allo stato di emergenza
decretato dal governo. Difatti, l’influsso di rifugiati derivanti dall’ovest del
Pakistan nelle prime decadi del 900 aveva portato un massiccio sovrapopo-
lamento delle città, portando non solo degrado, ma anche, di conseguenza,
una impellente necessità di abitazioni a basso costo. Fu così che fu fondata
la Hindustan Housing Factory, una compagnia fondata dallo stesso primo
ministro, Pandit Jawaharlal Nehru, per poter sopperire a questa necessità.
L’Hindustan Housing Factory importò dall’Europa la produzione di calce-
struzzo armato precompresso, che permise la costruzione di sistemi viari di
fondamentale importanza come ferrovie e strade.
Quando l’HHF iniziò a produrre case a basso costo prefabbricate, la costru-
zione era prodotta da pannelli murari in calcestruzzo armato e ‘frame me-
tallici’ composti da travi e barre in modo da poter poi assemblare tutto il più
velocemente possibile. Ancora una volta la prefabbricazione, in condizioni
di emergenza, permise una soluzione ottimale e riuscì a sopperire alla crisi.
Ovviamente la difficoltà più grande in questo caso fu non solo il costo dei
macchinari e dell’ammodernamento generale delle (poche) industrie pre-
senti, ma anche dello stesso trasporto delle componenti prefabbricate in situ
a causa delle precarie condizioni viabilistiche.
In Cina e Giappone invece, la prefabbricazione divenne sinonimo di necessità
a partire dai primi anni ’60 del ‘900 in quanto, come prima accennato, erano
presenti ingenti danni bellici. Dal punto di vista abitativo, diversamente dal
caso indiano, l’industria residenziale presentava realtà ben consolidate ed al
passo col progresso tecnologico europeo ed americano. Tuttavia il profondo

38
legame con la tradizione architettonica non aveva mai permesso un vero
salto di qualità costruttiva e, quindi, un ammodernamento. Fu così che, con
la necessità di abitazioni dovute alla Grande Guerra, vi fu la prima occasio-
ne per potersi staccare dai canoni tradizionali e poter sperimentare nuove
strutture e, in particolare modo, nuove dialettiche.
Le maggiori industrie dell’epoca erano le seguenti: Taisei Corporation,
Sekisui House, Daiwa House e Misawa House. Queste, tramite una collabora-
zione gestita dai governi stessi, riuscirono a risolvere questa profonda crisi
dell’edilizia: tramite la costruzione di case modulari vi fu un rinnovamento
di quello che era il panorama architettonico asiatico. In particolar modo,
il Giappone, che utilizzò enormemente le tecniche della prefabbricazione
europea adottate in quegli anni, vide in un solo anno la comparsa di oltre
1.400.000 nuove abitazioni. Fu proprio in questo clima di cambiamento che
si poterono avere nuove sperimentazioni e nuove riflessioni su quelle che
erano le problematiche e gli stimoli di questi territori. Uno dei più fulgidi
risultati della, per così dire, ‘nuova prefabbricazione’ asiatica fu la ‘Naka-
gin Capsule Tower’. Il caso della ‘Nakagin Capsule Tower’, ad opera di Kisho
Kurokawa, è stato non solo uno dei più fantasiosi casi della prefabbricazio-
ne, ma bensì anche il primo ad aver sfruttato a pieno le potenzialità delle
connessioni di diversi e vai moduli prefabbricati. Il modulo base che andava
a costituire la singola abitazione era stato creato come un pezzo unico in
officina ed era stato ideato per poter essere spostato anche per lunghi viaggi.
La ‘Nakagin Tower’ costituisce un vero e proprio prototipo dell’architettura
sostenibile in quanto ogni capsula, quando considerata obsoleta nel corso
Da ‘L’avanguardia dimenticata’,
del tempo, può essere modificato o addirittura sostituito nel tempo tramite in Internazionale
il suo attacco al core di calcestruzzo che costituisce il vero e proprio pilone
basamentale sul quale l’intero edificio poggia [31]. Costruita in Ginza, un
quartiere periferico di Tokyo, la torre vanta un totale di 14 piani con ben 140
capsule attaccate e ruotate tramite varie angolature in modo che ogni mo-
dulo non crei problemi all’altro. La tecnologia usata nella torre è stata prefi-
gurata e studiata dallo stesso Kurokawa: il cosiddetto ‘dock’, che permetteva
il collegamento del singolo modulo con il fulcro in calcestruzzo, prevedeva
l’aggancio di soli quattro cavi ad alta tensione. Così facendo non solo le unità
potevano essere smontate e rimpiazzate, ma garantivano l’energia a quegli
stessi impianti incorporati in officina. Ogni capsula misura 4 x 2.5 metri, per-
mettendo così abbastanza spazio per poter avere delle stanze confortevoli
per 1 o 2 persone; inoltre lo spazio interno di ogni modulo può essere mani-
polato connettendo le capsule ad altre capsule, ottenendo così nuove confor-
mazioni e nuove tipologie residenziali. Tutte le componenti ed i vari moduli
sono state create in una fabbrica situata nella prefettura di Shiga e furono
trasportati in cantiere tramite l’utilizzo di camion. I singoli moduli preassem-
blati vantavano di finestre circolari ed unità bagno e letto dotate di impianti
di climatizzazione. Inoltre la stessa zona living era dotata di cucina presenta-

39
ta con radio, tv e sveglia. Tramite l’utilizzo poi di una gru, le capsule venivano
inserite e posizionate nella loro disposizione predefinita da progetto. Questa
torre ad alta efficienza è un esemplare unico nel suo genere ed esplica al
meglio il concetto di preservazione e sostenibilità: Kurokawa, tramite il sa-
piente e ragionato processo di prefigurazione della componentistica prefab-
bricativa, seppe porre anche un nuovo standard per le costruzioni modulari
da questo periodo in avanti. Queste idee che comparirono per la prima volta
in assoluto a partire dal 1960 alla conferenza del ‘World Design Conference’,
aprirono nuove ed interessanti applicazioni della prefabbricazione riguardo
questi temi. Hidaka, esponente del movimento del ‘metabolismo architetto-
nico’, espresse al meglio le idee che Kurokawa teneva come principi cardini
del progetto, idee che erano considerate come:

‘estremamente moderne… necessità che dovevano diventare ed essere conside-


Da ‘L’avanguardia dimenticata’,
in Internazionale rate come attuali. I moduli di Kurokawa rappresentano la dinamica realtà in
cui oggi tutti noi viviamo’. [32]

Il gruppo di Hidaka e Kurokawa collaborava con architetti ed ingegneri, in


modo da trovare la perfetta sintesi tra quello che è il massimo della proget-
tazione compositiva e tecnologica. Inoltre, la torre di Kurokawa introduce un
nuovo tema che sarà fondamentale per la questione della prefabbricazione,
ossia la tematica del tempo e della consapevolezza che ogni edificio ha un
suo inizio ed una su fine, in particolar modo quelli concepiti tramite la co-
struzione prefigurativa. Questa consapevolezza di una inevitabile data di sca-
denza non era data tanto da un principio di logorio dei materiali da costru-
zione, ma quanto più da un principio di obsolescenza dei principi costruttivi:
questa consapevolezza porta l’architettura a nuovi quesiti e nuovi spunti per
la costruzione, portando la prefabbricazione proprio al centro della questio-
ne in quanto con il caso della ‘Nakagin Tower’ si dimostra che vi sono nuove
ed efficienti vantaggi per rinnovare e/o demolire edifici. Ovviamente la stes-
sa torre di Kurosawa presenta al giorno d’oggi evidenti ed inevitabili segni
del tempo, che rendono la cosiddetta ‘torre senza tempo’ obsoleta; tuttavia
i principi del rinnovamento allungarono la vita dello stesso edificio in modo
considerevole.
In sostanza le ‘developing countries’, realizzarono proprio in questi anni la
potenzialità da dalla prefabbricazione e portarono un profondo segno non
solo nel panorama architettonico del territorio, ma anche nel modo di co-
struire stesso. Si era capito come la produzione industriale migliorasse le
condizioni di lavoro ma anche come si potessero ottenere risultati concreti
in tempi brevi, relazionando quindi realtà ‘obsolete’ con avanzate dimensioni
europee ed americane.
Come si è dimostrato nei casi precedenti, le esposizioni Mondiali furono di
fondamentale importanza per la diffusione di nuovi stimoli e nuove metodo-

40
logie costruttive. Sulla scia di queste, iniziano a comparire i primi concorsi di
idee per i rinnovati principi del nuovo ‘housing’, basati sulla ‘cheapness’ e sul-
la facilità di costruzione. Ed è proprio in tale contesto, per la precisione nel
concorso di Londra del ‘House of Today’ del 1969, che un giovane Richard
Rogers propose un progetto che rappresentò la perfetta sintesi degli sforzi
attuati dalla prefabbricazione fino ad allora. Con il nome di ‘Zip-up House’, il
progetto seppe rappresentare al meglio la linea della cosiddetta abitazione
‘factory-built’. Utilizzando la tecnica della pannellizzazione, con partizioni
interne ed esterne composte da insolante, rivestimento e tubazioni (dove
richiesto). Inoltre, lo studio competitivo dello spazio fu talmente efficiente
e controllato da porter garantire il massimo della flessibilità in quanto le
stesse tramezzature interne, tramite un apposito sistema di forature e guide,
potevano essere spostate. Lo stesso vale per i blocchi bagno e cucina: stu-
diati come degli autentici moduli, questi potevano essere spostati in poco
tempo grazie all’efficiente scheletro della struttura. Il tutto ovviamente seguì
appieno l’ottica del low-cost: gli stessi pannelli isolanti erano in neoprene e
costarono un settimo di quelli usati solitamente nell’edilizia. Inoltre, col lo
studio del sistema strutturale, il montaggio era ridotto ai minimi storici in
quanto infissi e muri portanti erano stati prefabbricati in una unica porzione
di edificio. Ciò che sorprende è l’atteggiamento per così dire ‘fordista’ del
progetto, studiato come se l’intera struttura ed ogni suo componente fosse
stata ideata per un veicolo più che per un’abitazione. Infine, la ‘Zip-up House’
era stata concepita con l’idea non solo di poter essere trasportabile, e quindi
perfettamente adattabile ad ogni contesto (anche se in questo lato si parla
già più con cezione utopica), ma di poter essere pure espandibile: la struttu-
Da ‘RICHARD ROGERS +
ra difatti, per com’era studiata, poteva essere collegata ad altri extra moduli, ARCHITECTS
From the House to the City’
rendendo quindi il progetto ‘potenzialmente’ un’unità allargabile infinite di R.Rogers Foundation
volte’. [33]
La ‘Zip-Up House’ tuttavia non venne mai realizzata (anche se un tentativo
venne fatta dai parenti stessi di Rogers con la Zip-up 2), ma costituì la vera
sintesi dei vari stimoli che fino ad allora erano scaturiti dalle diverse realtà
mondiali.
Tra gli altri risultati, che sempre nei primi anni 60’ del 900 furono introdotti
come novità, vi fu un interessante riuso delle tecnologie prefabbricate con-
seguite durante il periodo bellico: difatti, come spiegato prima, la tecnologia
del ‘Nissen Hut’, fu ripresa ed ammodernata con l’originale risultato di avere,
soprattutto negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, le cosiddette ‘prefab clas-
srooms’, ossia la costruzione di moduli sostanzialmente vuoti che potessero
ospitare classi di studenti in scuole che, per motivi di emergenza, erano
costrette a ricevere più studenti di quelli che la struttura scolastica potesse
realmente. Ricavate dalla pannellizzazione con un’intelaiatura in metallo,
ospitavano all’interno della muratura la predisposizione per tubazioni, im-
pianti ed isolante.

41
Come si nota, oramai nella pratica della costruzione si era arrivati ad un pun-
to in cui si erano fissati degli standard e dei determinati modus operandi;
nella querelle architettonica, in costante movimento, gli assi si erano spostati
verso un ‘new housing’, basato sulla ‘cheapness’, sulla rapidità ed efficienza e
sulla strutturazione di un progetto tramite un modulo.

1.6 Il cambio di scala progettistico: la prefabbricazione moderna

La prefabbricazione vedrà, prima di due grandi interpreti come Foster e Ro-


gers, un’ultima ‘nuova’ figura che, per così dire, chiude con interessanti spe-
rimentazioni il fervente periodo degli anni ’60. Fritz Haller, architetto svizze-
ro, rappresenta al meglio la figura della prefabbricazione industriale: difatti
Da ‘RETHINK the modular’ di egli con le sue sperimentazione provò in modo definitivo di come questa
Domus
tipologia costruttiva potesse rappresentare la soluzione ai vari problemi che
l’architettura proprio in quegli stessi anni di ricostruzione poteva avere [34].
Ciò che meglio definì lo svizzero fu il suo studio e la conseguente applicazio-
ne dei principi di un modulo ‘quadratico’ espandibile. Questa sorta di blocco
costruttivo costituito da un ‘frame metallico’, vedeva la sua più grande inno-
vazione nel sistema della giunzione, che difatti potevano permettere l’unione
con altri moduli, potendo espandere quindi la struttura all’infinito. Haller
definì i suoi studi su tre tipologie di scala: il sistema ‘mini’ per abitazioni ed
uffici, ‘midi’ per edifici più alti e ‘maxi’ per complessi a carattere industriale.
Tutti i sistemi sono basati sull’utilizzo modulare di questa particolare tecnica
costruttiva concernente il frame metallico; ciò che variava era, ovviamente,
la scala utilizzata. Tuttavia con questo sistema era possibile l’implementa-
zione a qualsiasi tipologia di tecnologica e di materica utilizzata. Per quanto
banale possa sembrare questa tecnologia, l’attributo di Haller diede quella
necessaria dimensione che alla prefabbricazione stessa era tanto necessaria:
il fatto di poter, anche se con scale ben definite, poter creare sostanzialmente
qualsiasi tipologia di edificio, servì per costituire quella irrinunciabile pre-
messa per quella che sarà la nuova era della costruzione.
Le decadi successive a questo periodo di grande fervore, anche se videro
saltuari picchi (e l’establishment delle figure di Rogers e Foster), non re-
gistrarono per un grande lasso di tempo, esempi di tecnologia applicata
all’architettura, anche se, proprio in quegli anni, la stessa industria faceva
sostanziali passi in avanti e si dirigeva verso quello che di fatto, ha aperto l’e-
poca della modernità: l’avvento del computer e della digitalizzazione. Difatti,
nel 1970 furono ideati e studiati vari metodi per poter disegnare e studiare
digitalmente il design non solo di edifici alti, ma pure di componentistiche
necessarie al funzionamento di tutto quello che compone l’organismo della
grande macchina architettonica. Inoltre il governo, dopo le varie esperienze
di prefabbricazione avute negli anni ’50 e ’60, fece in modo di sviluppare
tutto quello che era il settore dell’edilizia a basso costo, integrandola in piani

42
di riqualificazione di zone degradate o di emergenze abitative. Oltre a questo
stipulò con i fabbricatori di questa tipologia di edilizia dei sistemi di valuta-
zione che garantissero la qualità del prodotto e la vivibilità conseguente per
i fruitori. Infine, dal 1980 in avanti invece, dopo che il computer si trasformò
nell’odierno ‘personal computer’ e quindi divenne non solo accessibile a più
realtà ma anche molto più semplificato, in quanto si iniziò ad avere una certi-
ficazione della validità strutturale degli edifici proprio per via digitale. La JPA
(Japan Prefab Construction Suppliers & Manufacturers Association) difatti, Da ‘The Millennium Dome
Project’
fu una delle prime aziende a condurre questa tipologia di lavori in tutto il di R. Rogers Foundation
mondo [35].
Ciò che risulta curioso è come tuttavia, nel traslato architettonico non si ab-
biano avuti grandi sperimentazioni e come gli stessi avanzamenti nel campo
industriale non si siano registrati anche nel campo della costruzione. Si ebbe,
quindi, una sorta di stagnazione, che ovviamente s’intende non tanto come
uno stop della produzione prefabbricati, ma bensì come un periodo privo di
scoperte e fantasiose applicazioni. La parentesi che va dagli anni ’70 alla fine
dei ’90 presenta una conferma e, molto probabilmente, una inconsapevole
introduzione di alcune procedure ed elementi della prefabbricazione nel
dèsuet costruttivo. Il processo che possiamo definire come ‘inglobamento
del sapere prefabbricato’ da parte della tradizione è un meccanismo che è
entrato a far parte del panorama architttonico sin dal lontano ‘Light Ballo-
on Frame’ settecentesco: molte delle stesse strutture, costruzioni e finiture,
dopo l’avvento della prefabbricazione entrarono, anche se inconsapevolmen-
te, a far parte della ‘tradizione’.
Tuttavia è a partire della fine degli anni ’90 che il panorama mondiale inizia
ad avere la piena consapevolezza dell’assurgere di due grandi figure verso
quella che è la nuova alba della prefabbricazione. Come già prima accennato,
Richard Rogers e Norman Foster, rappresenteranno per ‘l’architettura indu-
striale’ due figure di totale riferimento verso il nuovo stilema della moder-
nità: la ricerca di un modulo finalizzato non più alla creazione di un edificio,
ma di un vero e proprio habitat dove potersi rifugiare; un nuovo mondo
regolato e modificabile dall’uomo stesso. Difatti, se il 900 è stato un secolo
di grande applicazione dei principi del Movimento Moderno, con le grandi
esperienze di Le Corbusier, Mies Van der Rohe e la scuola di Chicago, allora
il nuovo millennio vedeva una presa di posizione verso il fervente periodo
degli anni ’60 in cui la prefabbricazione aveva preso grande forza. Norman
Foster trovò una propria direzione verso il concepimento di approcci sempre
più industrializzati, perseguendo il massimo del risultato col minimo costo.
Egli stesso, invece di seguire i comuni e diffusi ideali classicisti verso le strut-
ture in metallo di Mies Van der Rohe, preferì seguire il percorso della prefab-
bricazione, in cui la ‘mixitè industrielle’ gli permettevano diverse possibilità
e percorsi non ancora vissuti. Lo stesso fece Richard Rogers, che già negli
anni ’60 iniziò la sua giovane carriera con il precitato progetto della Zip-up

43
House, un esempio di fulgida prefabbricazione.
In particolar modo, nel 1977, Richard Rogers, assieme all’intervento di Ren-
zo Piano e Gianfranco Franchini, progettò il famosissimo intervento a Parigi
per la costruzione del ‘Centre George Pompidou’. All’epoca poco conosciuti, i
tre architetti collaborarono per la realizzazione di questo innovativo e ‘au-
dace’ centro culturale in pieno centro storico a Parigi. Il concetto principale
dell’edificio, dichiaratamente provocatorio, fu quello del voler mostrare l’os-
satura della struttura stessa dell’edificio, mettendo in luce così i vari impian-
ti e le varie tramezzature necessarie al suo sostentamento. Come già prima
avevamo accenato, in questo senso si è dimostrata particolarmente conge-
niale la tecnica della modalità di Haller, implicita nelle costruzioni metalli-
che: questa consentì la realizzazione di organismi unici attraverso la creazio-
ne di una virtuale ‘scatola di montaggio’ contenente pezzi costruttivamente
e formalmente sofisticati. Inoltre, la strutturazione prefabbricata ed il mon-
taggio così definito permise la massimizzazione dello spazio interno, che è
tutt’ora continuo e senza alcuna interruzione. I diversi sistemi sulle facciate,
sono inoltre di colore diverso per poter distinguere il proprio ruolo costrutti-
vo: le struttura portante e gli infissi per la ventilazione sono di colore bianco,
mentre le scale ed il sistema logistico sono di grigio; inoltre le varie tubazio-
ni per gli impianti sono di colore verde, ed i vari sistemi elettronici di colore
arancio. Disegnato da Shigeru Ban e Jean de Gastines, l’edificio incorpora
una carpenteria studiata ad hoc ed estremamente efficiente. Il tutto, prefab-
bricato e strutturato con grande perizia, risultò come l’assemblaggio di una
costruzione di 50 x 170 metri. Composto per la gran parte quindi di elementi
industrializzati, i lunghi solai ininterrotti da colonne strutturali o servizi,
possono essere adattati per grandi soluzioni compositive. L’involucro ester-
no dell’edificio presenta quindi un ‘curtain wall’ in metallo e vetro, sostenuto
dalla presenza (volutamente estetica ed esagerata) di tubazioni in ferro che,
in determinate zone della facciata, affissano schermi e display pubblicitari.
L’intervento del Pompidou segnò una grande pagina della storia dell’archi-
tettura ed inoltre fu la prima di molte sperimentazioni nel percorso della
prefabbricazione.
La produzione architettonica di Rogers fu, specialmente in quegli anni, molto
florida e ben accolta: vanno citati indubbiamente i progetti del Lloyd’s di
Londra e la VR Techno Plaza di Gifu (Giappone). Tuttavia, uno dei più grandi
progetti che l’architetto riuscì a concepire fu il caso del ‘Millennium Dome’
nella penisola di Greenwich, Inghilterra.
Il progetto del Millennium Dome verrà definito come una vera e propria ico-
na della prefabbricazione a carattere industriale. Difatti diranno:

‘The fact that it is a beautifully expressive and inspiring structure, rather than
Da ‘Industrializzazione dell’edi-
lizia’ di Achille Petrignani a lowest-common-denominator shed, is witness to the imaginative and visio-
nary powers of its designers’. [36]

44
Commissionato all’inizio del ventunesimo secolo, il Millennium Dome
rappresentò un’immagine emblematica di una struttura celebratoria, non
gerarchica, che potè offrire una enorme quantità di spazio flessibile (oltre
100,000 metri quadrati). Spazio adattabile ad usi per esibizioni e performan-
ce di eventi, la costruzione si propone come un altissimo modello di prefab-
bricazione: il masterplan studiato da Rogers difatti prende in considerazione
l’intera penisola di Greenwich (lingua di terra nella quale è situato). Il ‘Dome’
fu una vera e propria attrazione nei confronti del panorama architettonico
mondiale: il progetto, nonostante le enormi dimensioni, ebbe una tempistica
di cantiere di non oltre 15 mesi, un lasso di tempo incredibilmente breve.
La strutturazione interna dell’edificio fu la seguente: disegnato Buro Hap-
pold, la struttura si risolse in modo elegante, tenendo in luce quella che era
la problematica di come il grande spazio potesse risultare essere uno svan-
taggio per l’edificio a causa del clima inglese. La struttura ha un diametro di
365 metri ed ha una massima altezza di 50 metri. La copertura, concepita
come una gigantesca tensostruttura, è sospesa tramite l’utilizzo di una serie
di 12 piloni metallici da 100 metri ciascuno ed una filatura ad alta resistenza
metallica con una lunghezza complessiva di più di 70 km. La tensostruttura,
fatta di teflon in fibra di vetro, come le componenti metalliche sono state ov-
viamente concepite in fabbrica e poi trasportate in situ. Gli stessi settori in-
terni sono il mero assemblaggio in situ di blocchi prefabbricati, come anche
il complesso sistema di tramezzatura interna che è supportato da pannelli
spostabili e rimovibili.
E’ molto curioso il fatto che la costruzione della struttura o edificio che sia,
all’epoca della modernità, tenda a far ritornare la fase di assemblaggio totale
dalla fabbrica al sito. Un commento va dunque fatta verso quello che è lo
stesso sito di costruzione, che proprio in questo periodo viene considerato
come parte integrante della progettazione. La grande scala dei progetti che
in questo periodo vengono a disporsi
A differenza invece delle tematiche quindi prima espresse da Richard Ro-
gers, Norman Foster offrì altresì interessanti conclusioni ed applicazioni
della tecnica prefabbricativa. Difatti, dopo la prima citata collaborazione del
‘Team 4’, i due si separarono ed intrapresero una propria ricerca personale
del nuovo ‘modo di fare architettura’ per poter quindi arrivare ad originali ri-
sulti. I due operarono delle scelte tuttavia quasi opposte: se Rogers decise di
esplorare il potenziale estetico di strutture portanti esibite all’esterno dell’e-
dificio, Foster operò per costruzioni meno esasperatamente tecnologiche, co-
perte spesso da un raffinato ‘curtain wall’ di lamiera e vetro. Nel grattacielo
qui concepito, Foster, contro ogni sua abitudine, riporta la struttura dell’edi-
ficio al di fuori dell’intelaiatura di facciata. Le conseguenze di tale operazio-
ne renderanno questo edificio come una vera e propria icona del suo tempo
per il settore dell’ingegneria, anche se, così facendo, l’acciaio delle maestose

45
travi a vista viene sottoposto a corrosione, proprio a causa della complicata e
greve ‘imbottitura’(anche se lo stesso Foster, conscio del problema, decise di
Da ‘The Millennium Dome
rivestire tali travi con una membrana antiossidante). Tuttavia, il compromes-
Project’ so accettato porterà l’edificio ad essere un vero e proprio ‘primum’ del suo
di R. Rogers Foundation
genere [37]. I pioneristici grattacieli della scuola di Chicago School, che rap-
presentano i tradizionali caratteri tipologici quali il costante ‘core’ attorno al
quale si sviluppano un nucleo interno di servizi, sono molto distanti dall’ope-
razione che attua l’architetto. In questo caso Foster rompe questa tradizione
e costruisce per la sua torre quattro enormi piloni interconnessi che per-
mettono di lasciare libero il cuore del grattacielo. Ad intervalli diversi pone
cinque gigantesche travi reticolari che strutturano verticalmente l’interno e
l’esterno. Infine vi appende i 47 piani, distribuiti per gruppi, mediante cavi
d’acciaio. Il risultato è rivoluzionario: il grande atrio centrale alto dieci piani
e la configurazione interna dei piani che guardano all’esterno e sul vuoto,
creano un limpido e forte concetto di trasparenza interna all’edificio.
Il progetto degli ‘Hongkong and Shanghai Bank Headquarters’ di Norman
Foster fu concepito difatti con l’intento di creare uno degli edifici più impres-
sionanti di quegli anni. Nel fare questo, la proposta progettuale non si regolò
ovviamente solo nelle varie considerazioni riguardo i complessi piani urba-
nistici di Hong Kong, ma prese in considerazione anche un esiguo cronopro-
gramma che si pose come obiettivo di costruire l’edificio nel minor tempo
possibile: questo comportò un altissimo livello di prefabbricazione, che
comprese la costruzione di diversi moduli costruiti in fabbrica, l’adozione di
uno scheletro strutturale dalle grandi dimensioni e di veri e propri ‘alberi’ in
acciaio disposti ogni quattro campate.
Come risultato si ebbe un edificio articolato in tre torri individuali, alte
rispettivamente 29, 36 e 44 piani con altezze diverse e profili altrettanto
vari, permettendo così la possibilità di avere presenza di terrazze interne ed
esterne. Avere una struttura ad ‘alberi metallici’, permise a Foster di avere
i cosiddetti ‘service core’ lungo il perimetro dell’edificio e creare dunque
composizioni spaziali dalle grandi possibilità. Inoltre, servito da ascensori ad
alta velocità e ‘ponti’ tra le varie campate della struttura, si ottengono effetti
spaziali interni di grande effetto. Ogni piano è basato sulla piena flessibilità
e vi è la possibilità di cambiare le disposizioni delle tramezzature interne,
permettendo addirittura la riconfigurazione di più spazi in un unico spazio
vuoto. Nell’ambito di questo salto tipologico, la tecnologia utilizza non svolge
un ruolo univoco: se difatti da un lato ne rappresenta la premessa necessaria
Da ‘The Millennium Dome
Project’ per la realizzazione, dall’altro minaccia di soverchiarlo a causa di un eccessi-
di R. Rogers Foundation
vo ‘esibizionismo’ [38].
L’architettura della prefabbricazione in questi anni sembra voler lasciare
nuove importanti impronte verso una frontiera verso la quale non ci si era
mai spinti prima: riuscire ad avere una dimensione architettonica in grado
di contenere non solo l’abitazione, ma l’intero habitat stesso dell’uomo. Il

46
progetto della ‘Millennium Tower’ è probabilmente il progetto piovere verso
questa nuova concezione. Situato in una metropoli, questo cerca di porre un
nuovo standard per li intenti costruttivi del nuovo millennio. Tokyo è difatti
tra le città che hanno da sempre, e verso la fine del millennio in particular
modo, sofferto di un problema di sovrapopolamento. Il progetto della ‘Mil-
Da ‘The Millennium Tower
lennium Tower’ rappresenta una utopica soluzione a quello che in futuro Project’
di N.Foster
potrebbe diventare una vera e propria emergenza [39]. Dotato di milioni di
metri quadri stanziati per un profilo commerciale, ed alto ben 170 piani, la
torre di Norman Foster si presenta come la torre più alta ai progettata (poco
più di 800 metri). Il progetto fu frutto della cooperazione tra la Ohbayashi
Corporation di Tokyo ed il team Foster. L’edificio a forma conica fu studiato
in ogni suo profilare poter ridurre al minimo le turbolenze e le oscillazioni
create dalla forza degli agenti atmosferici quali vento ed intemperie. Un vero
e proprio ‘quartiere verticale’ e capace di contenere oltre 60,000 persone,
l’edificio ha sviluppato un meccanismo inn grado di generare energia pro-
pria e smaltire i propri rifiuti, diventando così il primo edificio nella storia a
poter essere considerato come ‘autosufficiente’. Lo scheletro prefabbricato,
interamente in acciaio, è formato da un nucleo centrale e da una maglia peri-
metrale formata da dodici nervature elicoidali che si rincorrono visivamente
sulla facciata, aiutate, fino a tre quarti dello sviluppo, da altre dodici verticali.
La base ha un diametro di ben 130 metri e le fondazioni sono costituite da
un anello di cemento armato che affonda per 50 metri (oltre i 20 del fondo
marino). Contengono parcheggi e gli impianti tecnologici (dissalatori, depu-
ratori, generatori, etc.). Questa sorta di atollo artificiale è circondato da una
‘marina’ di 400 metri di diametro, definita a sua volta da una diga capace di
resistere alle forze dei tifoni. Un ponte lungo due chilometri mette in comu-
nicazione l’insediamento con la terraferma e permette ai potenziali 60,000
abitanti di raggiungerlo in treno o in automobile. Nei livelli più bassi vi è la
presenza di uffici e negozi; nel livello intermedio invece vi sono gli apparta-
menti, serviti di ogni impianti per un’alta qualità di vita. Al di sopra di questi
vi sono le apparecchiature destinate alla comunicazione ed agli impianti di
riscaldamento e raffreddamento. Ciò che sbalordisce oltre a queste imple-
mentazioni con ordini numerici mai visti prima nella storia della costruzio-
ne, è il sistema viario interno alla torre, costituito da veri e propri ‘bus’ di
navigazione con capacità di 160 persone ciascuno e che si possono muovere
non solo orizzontalmente ma anche verticalmente. Tra un blocco di settore
ed un altro vi sono i cosiddetti ‘skycentre’, concepiti come zone pubbliche
multifunzionali su tre piani e come zone di rifugio in caso d’incendio. Ovvia-
mente il progetto non è realizzabile in quanto il costo dell’opera è, come i
numeri del grattacielo stesso, sopra ogni fra mai vista nella storia, ma co-
stituisce un importante passo dell’architettura della prefabbricazione per
il futuro: pone una riflessione che in futuro, probabilmente, sarà centro dei
nuove meccanismi sull’architettura, ossia la possibilità/necessità di avere

47
una nuova dimensione del costruito e dell’artificiale; una nuova natura crea-
ta dall’uomo in cui esso è destinato a vivere.
Altro tentativo, simile a quello della ‘Millennium Tower’, fu quello del ‘Gerling
Ring’ in Germania. Il progetto, sempre di Foster, combina assieme i concetti
di sostenibilità ed ‘apporto alla città’. Difatti la struttura non solo contiene
appartamenti, uffici, ristoranti e negozi, ma è dotata anche di una struttura
che permette alle unità individuali di essere facilmente adattate da uffici ad
appartamenti. Il tema della flessibilità e, quindi, riconvertibilità, rappresenta
una questione fondamentale per il progetto e la sua applicazione rende pro-
prio quest’ultimo un nuovo standard. Inoltre, le stesse unità prefabbricate
Da ‘Gerling Ring’
di N.Foster riconvertibili possono essere espulse e demolite per poterne quindi ospitare
delle altre ‘nuove’ [40].
Come la stessa configurazione base dell’edificio, anche tutti i blocchi tecnolo-
gici sono facilmente adattabili ed efficienti. ad esempio, gli stessi elementi di
calcestruzzo armato prefabbricato che vanno a creare la copertura dell’edi-
ficio, hanno diversi ruoli: il loro profilo a volta va a creare un profondo vuoto
al centro della pianta, così da poterci allocare i blocchi del bagno e della
cucina e poter avere uno spazio per il riscaldamento e l’allocazione degli im-
pianti stessi lungo la facciata. Allo stesso tempo il soffitto permette il riflesso
della luce naturale verso l’interno e combina l’areazione naturale per poter
mantenere un riciclo d’aria continuo. Dotato infine di una doppia facciata,
con all’interno delle lamelle regolabili, il ‘Gerling Ring’ ha un pieno controllo
dell’irraggiamento solare passivo ed attivo.

48
49
Light Balloon Frame in
Inghilterra, 1790

Manning Cottage in USA,


1820

Iron Bridge in Inghilterra,


1781

50
The Crystal Palace, Inghilterra,
1851

Tour Eiffel in Francia,


1889

51
Ready Made Houses in USA,
1869

Maison Domino in Inghilterra,


1914

52
Nissen Hut in Germania,
1916

Ennis House in USA,


1923

Dymaxion House in USA,


1933

53
Prefab Houses in Germania,
1926

Quartere Siedlungen in
Germania,
1927

Quartiere QT8 in Italia,


1948

54
Maison a Portique in Francia,
1954

Abitazioni Popolari in Russia,


1956

55
Hilton Palace del Rio in USA,
1954

Costruzione dell’Hilton Palace


del Rio in USA

Habitat 67 in USA,
1968

56
Zip Up House in Inghilterra,
1967

Nakagin Capsule Tower in


Giappone,
1972

57
Centre G. Pompidou in Francia,
1977

Hong Kong and Shangai Bank


Headquarters in Cina,
1985

Millennium Dome, Inghilterra,


1999

58
Gerling Ring in Germania,
2001

Millennium Tower in Inghilterra,


in costruzione

59
60
QUESTIONI SULLA PREFABBRICAZIONE

61
62
SIN DALL’INIZIO DELLA PREFABBRICAZIONE, CICLI DI PRODUZIONE E SVILUPPO TECNO-
LOGICO SONO STATI INNEGABILMENTE LEGATI ALLA ‘CONDICIO’ SOCIALE, ECONOMICA E
POLITICA DEL CONTESTO IN CUI QUEST’ULTIMI PRENDEVANO PIEDE.

Parte della sinossi della tesi proposta prende in considerazione i cicli che
hanno investito il contesto mondiale a partire dalla fine del ‘700, in cui per
l’appunto sono sorti i primi ‘germi’ della prefabbricazione, per poi sfociare
nella ‘quaestio’ della ‘capanna caraibica’ semperiana, e finire nell’attualità.
Tale considerazione ci permette quindi di porci porre il ‘quid’ di come la me-
todologia costruttiva e compositiva della prefabbricazione, lungo quest’arco
di tempo, non si sia imposta come carattere ‘dominante’ dell’architettura.
Per classificare inoltre il progresso tecnologico e del modus operandi del-
la prefabbricazione, è stato stilato un ‘range’ di complessità tra i vari casi
studio presi in considerazione, definito proprio per il livello industriale e di
automazione raggiunto. Possiamo difatti definire una categorizzazione degli
elementi prefabbricati in base al loro livello: così facendo si può iniziare a
guardare agli edifici del passato ed attuali in termini di layers, di livelli di
prefabbricazione:
-La prima categoria è rappresentata dagli elementi prefabbricati al ‘rustico’,
cioè il pezzo è prodotto al grezzo provvedendo in opera alle finiture (per
esempio un pannello-solaio o di facciata da intonacare in opera, una trave
d'acciaio reticolare senza trattamento anticorrosione, un serramento da
verniciare in opera).
-La seconda categoria è quella degli elementi prefabbricati ‘semifiniti', cioè
comprensivi di alcune finiture (ad esempio un pannello-solaio o di facciata
preintonacato da completare in opera con la tinteggiatura, una trave d'ac-
ciaio reticolare con trattamento di zincatura ma da verniciare in opera, un
serramento preverniciato); in questa categoria rientrano gli elementi par-
zialmente prefabbricati (ad esempio il primo esempio è del 1902, quando

63
l'inglese Leslie Ransome brevettò un sistema per solai comprendente una
Da ‘Treccani’, definizione di
trave prefabbricata con armatura sporgente, per consentire il collegamento
‘prefabbricazione’ con la soletta gettata in opera; sistemi simili, come quello ‘a predalles’, oggi
sono di uso corrente [41]).
-La terza categoria è quella degli elementi prefabbricati al ‘finito’, cioè com-
pletamente rifiniti e soggetti in opera al semplice montaggio (ad esempio
un pannello-facciata completo di rivestimento esterno e di strato di finitura
all'interno, una trave reticolare in acciaio preverniciata, un serramento pre-
verniciato completo di vetri e di soglia).
-La quarta categoria è costituita dagli elementi prefabbricati attrezzati o
attrezzabili, cioè da componenti in grado di comprendere canalizzazioni e
punti di utilizzazione di uno o più impianti, che possono essere incorporati
nella fase di prefabbricazione (con 'componente attrezzato' si va a definire
una trancia di soletta comprensiva di serpentine per il riscaldamento) oppu-
re inseribili in opera entro apposite sedi ispezionabili ('componente attrez-
zabile’ invece può essere un pannello con cavità verticale, dotata di sportelli,
per consentire la posa e la sostituzione di tubature).
-La quinta categoria invece risponde alla totalità di un modulo concepito ed
assemblato in fabbrica. Completato nelle sue finiture, il modulo attrezzato
ma può essere altresì attrezzabile. Inoltre oltre ad essere la concretizzazione
della flessibilità, può, talvolta avere la predisposizione all’espansibilità. Il
modulo in sostanza rappresenta idealmente i vari ‘trailers’ che si diffusero
ad ampia scala con l’avvento dell’automobile. Attualmente tali moduli inoltre
possono costituire grandi porzioni di edifici: il modulo diventa parte della
struttura della costruzione stessa.

‘The building industry today is highly industrialized. Architects and builders


pick and assemble continuously produced components (doors, windows, beams,
finishes, etc.), repeating a highly inefficient design and construction process for
each building. This high level of custom building implies waste at almost every
level of a building’s production but affirms a perceived uniqueness. Our exami-
Da ‘Managing Complexity,
Proceedings of the 8th World nation of the industry intended to elucidate connections and potentials betwe-
Coonference’ di J.Bellamore
en mass customization and industrialized building systems with the intention
of elevating architecture in terms of efficiency, quality and personalization.
The desire for an industrialized building process that optimizes construction
efficiency, costs and mass production has spanned eras, customization and
even public policies.’ [42]

In realtà si può arrivare ad una definizione più precisa: analizzando quindi


i casi di prefabbricazione più recenti e più significativi, è stato necessario
espandere il range di complessità per il livello raggiunto dai casi conside-
rati. Difatti la ricerca svolta secondo i criteri in principio utilizzati dimostra
che in questi anni di stagnazione, è molto probabile che si stia assistendo ad

64
una nuova fase per la prefabbricazione. Il livello tecnologico nel campo della
ricerca dei materiali e dell’industria ha permesso un salto di qualità e quindi
un nuovo stimolo. Tratto dal ciclo di conferenze di ‘Managing Complexity:
Proceedings of the 8th World Conference on Mass Customization’, viene
dimostrato come la necessità di possedere oggi le capacità e le potenzialità
offerte dalla prefabbricazione sono presenti ed attuali più che mai:

‘Modular building, industrialized building systems, manufactured housing,


prefabricated architecture, and the mobile home all share the genetics of early
twentieth-century Fordism as applied to building construction. The advan-
tages of a climate-controlled environment, standardization, waste reduction,
Da ‘Managing Complexity,
labor efficiency, and bulk material procurement all contributed to the develop- Proceedings of the 8th World
Coonference’ di J.Bellamore
ment of the desire for a factory-produced architecture. Advocated as necessary
change in housing production to serve the rapid urbanization that accompa-
nied industrialization, the mass production of architecture in a factory echoed
the mass production of other commodities.’ [43]

La domanda che tuttavia continua a permeare e che è parte fondante della


ipotesi presa in considerazione è rintracciabile nel seguente scritto, tratto
dall’articolo ‘A Prefabricated building revolution?’:

‘A lot has been made about the possibilities that modular construction and
prefabrication can provide for the building industry. Its supporters claim it can
Da ‘A prefabricated Building
revolutionise the construction industry, limiting costs, reducing build times and Revolution’ di James Middleton
creating more efficient processes and methods, but if all this is true then why
aren’t we seeing more of it, or is it just a matter of time?’ [44]

Perché, in sostanza, la prefabbricazione non soppianta la tradizione?


Da cosa deriva l’accettazione e la fiducia in un sistema costruttivo tanto da
poter essere definibile come tradizionale? Come può un sistema prendere
piede a larga scala?

Lo stesso Karl Koch ipotizzò:

‘It is quite likely that prefabrication will arrive, on a large scale, before we are
practically and aesthetically ‘ready’, that prefabricated houses will be designed, Da ‘Architettura della seconda
eta’ della macchina’ di R.
huckstered, and sold, not for the advantage they can offer, but on the basis of Banham
what people are used to, prejudiced in favour of, or, can be titillated by…’ [45]

Con la digressione compiuta dal punto di vista storico è stato possibile


evidenziare, passo passo, i vari step che hanno condotto la prefabbricazione
verso quella che è la costruzione moderna. Tuttavia, come prima accennato,
sembra che la prefabbricazione stessa non sia mai riuscita realmente a com-

65
piere quel salto di qualità che la rendesse l’unico modo di costruzione per
l’architettura. La chimera della prefabbricazione sembra da sempre l’idea
più nuova nel campo della progettazione. Ma è realmente così? L’industria è
imprescindibilmente legata alla questione prefabbricativa, tuttavia sembra la
sua stessa condanna in quanto l’applicazione di essa ad un caso non pura-
mente tecnologico non riscuote lo stesso ‘successo’, per così dire.
Ogni scoperta industriale ha segnato inevitabilmente il percorso verso lo
step successivo: è un normale processo evolutivo, e conseguenza di esso
è che il progresso è costituito in modo indissoluto dai passati interventi e
dalle passate scoperte. Ogni passo in avanti non è altro che la somma di tutti
quelle innovazioni che hanno reso l’industria quello che è. Allo stesso tempo
quindi, anche le svariate scoperte del campo prefabbricato non sono altro
che il risultato di ricerche e stimoli basati su passate scoperte e riflessioni.
La digressione storiografica ci ha permesso di vedere come ogni fase storica
sia inevitabilmente legata a quella passata, e così facendo. Ogni progetto è
collegato a ragionamenti su altri progetti. Ogni sintesi è la sintesi dell’inter-
pretazione dei passati risultati. Nonostante le fasi interessate siano multiple,
possiamo notare come, in realtà, l’utilizzo e la dipendenza delle macchine si
discosti in tre fasi diverse. Riepilogando:
-la prima fase presenta una totale assenza di meccanizzazione. Attrezzi e
macchine azionati a mano senza autonomia rispetto all’operatore.
-con la prima rivoluzione industriale vi è l’introduzione della macchina a
vapore che poteva essere polivalente. Inoltre, con la specializzazione delle
industrie nei processi di lavorazione, ci fu la comparsa delle macchine semi
automatiche, ossia i grado di compiere un ciclo, che permisero la creazione
di quella che fu definita come ‘mass production’
-con la seconda rivoluzione industriale invece (attorno al 1950 con la mec-
Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’ canizzazione dell’informazione) vi furono diversi ordini di macchine come le
di L. Caneparo
macchine automatiche ed a programma prefissato [46]

Introdurre dei concetti riguardo le macchine è opportuno in quanto sono


proprio queste a rappresentare il metro degli sviluppi conseguenti alle mec-
canizzazione dei processi industriali. Fra le varie definizioni dato al processo
industriale, quella più giusta in questo caso è la seguente ‘è un modo produt-
tivo fondato essenzialmente su processi organizzativi di natura ripetitiva’.
sono essenziali nella definizione adottata la nozione di ripetizione e quella di
organizzazione. questa è una naturale conseguenza in quanto, mentre nella
produzione artigianale il pensiero si basava sull’immediatezza dell’atto che
poteva essere ripetitivo, nella produzione industriale la ripetizione è basata
su modello e postula che sia svolta un’attività preparatoria di carattere orga-
nizzativo.
Il livello di automazione della macchina può definire il livello stesso di pro-
duzione finale del prodotto. Ad esempio, nella stessa edilizia la fabbricazione

66
degli infissi per finestre in profilato di lamiera lavorata vi è una lavorazione
tramite macchina automatica, a flusso continuo, per l’intero ciclo di lamina-
zione e piegatura. Studiando l’unione dei profilati in modo da poter avere
un insieme di operazione codificate, si ottiene così uno ‘standard’ operativo
invariate per una qualsiasi parte dell’infisso: ogni volontà ripetitiva sta alla
base di ogni processo industriale. Inoltre, sistemi come quello appena de-
scritto, costituiranno uno ‘standard’ che col passare del tempo diverrà un
processo affermato ed il modo più conosciuto per la costruzione della sud-
detta struttura.
Per quanto attiene alla nozione di organizzazione questa è, come preceden-
temente affermato, conseguente al carattere ripetitivo della stessa, carattere
che s’è visto precisamente strumentalizzarsi nella evoluzione della mecca-
nizzazione. Esiste quindi un legame diretto nei rapporti evolutivi del fatto
organizzativo e di quello meccanicistico. E questo intimo rapporto perdura
da sempre. Difatti, sempre riprendendo le importanti considerazioni tratte
da ‘Managing Complexity: Proceedings of the 8th World Conference on Mass
Customization’:

‘Industrialized building systems, prefabrication of architecture or off-site fabri-


cation of sub-assemblies, are not new strategies. Some have described prefa-
brication as the ‘oldest new idea in architecture. This prefabrication model in
architecture is based on the experiments of many generations of builders. From
Roman military engineers to medieval master guilds and to Great Britain’s
Da ‘Managing Complexity,
early industrialists, all prepared components off-site (pre-cut stones, pre-cut Proceedings of the 8th World
Coonference’ di J.Bellamore
or notched wooden beams, iron beams) to facilitate on-site construction…The
history of architecture and prefabricated construction recounts this someti-
mes confluent but often divergent tale. The early twentieth-century economic
crises, social turmoil and industrial development shaped icons of prefabricated
architecture.’ [47]

La vera forza della prefabbricazione non consiste nell’apparente boom che


ogni scoperta a carattere industriale ha prodotto nel tempo, ma bensì nel-
lo sostituirsi, anche se incosapevolmente, ad obsoleti modi di costruire.
Il chimerico asintoto verso l’alba di un ‘nuovo mondo’ nasconde invece la
sedimentazione dei saperi e l’inevitabile utilizzo come metodo di costru-
zione. In un mondo sempre più dominato dal carattere tecnologico, la pre-
fabbricazione costituisce sì (paradossalmente) la più vecchia nuova idea
dell’architettura, ma rappresenta allo stesso tempo, da sempre, lo strumento
per risolvere in modo efficiente e rapido determinate problematiche. Molto
probabilmente, causa di questa condizione, è l’estremizzazione tecnologica
verso la quale i più grandi casi studio tendono. Bisogna difatti notare come
in realtà i casi studio presi in esame non corrispondono alla comune produ-
zione architettonica residenziale, ma bensì ad avanguardistiche riflessioni e

67
sperimentazioni: è proprio nella produzione ‘assodata’ che il vero apporto
della prefabbricazione va cercato. E’ nei prodotti della cosiddetta ‘mixitè’,
ossia nelle comuni strutturazioni non interamente prefabbricate, che il con-
solidamento di alcuni tratti distintivi della prefabbricazione si ritrovano. Le
nuove esperienze e sperimentazioni saranno eventi che saltuariamente, con
frequenza imprevedibile, faranno parte del corso della storia (e del futuro)
architettonico e saranno proprio queste ad essere considerate. Tuttavia ci si
dimentica spesso di quelle passate tecniche che, tramite la loro introduzione
nello scenario della ‘mixitè’, hanno soppiantato parte del modo di costruire.
In una realtà così dinamica è indiscutibilmente vero che i saperi tendono a
prendere la stessa velocità del tempo, ma è vero anche che una volta assor-
bite rappresentano l’unico modo ed il metodo più sicuro per arrivare ad un
determinato risultato: il fatto che la prefabbricazione sia entrata a far parte
della tradizione dell’uomo significa una progressiva (ed inevitabile) subordi-
nazione verso l’industria. L’interessante affermazione di ‘Social Change. New
York’ di LaPiere esprime un particolare stato d’essere:

‘Men may not, so this view goes, live by bread alone; but without bread there
Da ‘Social Change. New York’
can be no life; and since it is the technology of a people that provides their
di James LaPiere bread, their means of sustenance, great or small, the nature of the technology
of people is the key to an understanding of their entire society’ [48]

Riconsiderando quindi in overall la serie di avvenimenti storici accaduti,


nonostante le varie fasi di ripresa/arresto, si è comunque registrato, anche
se spesso non in linea con il livello tecnologico raggiunto in altri campi scien-
tifici, un costante progresso dal punto di vista costruttivo/avanguardistico.
Grandi scoperte scientifiche, in primis la rivoluzione industriale ed il sistema
a catena di montaggio, hanno segnato molto spesso l’uscita da un periodo di
stagnazione o la ripresa della prefabbricazione grazie ad un plus acquisito.
E’ possibile, tuttavia, affermare che in tempi recenti e/o attuali si possa avere
un’ulteriore crescita dal punto di vista degli edifici prefabbricati, e di conse-
guenza quindi, una nuova fase?
La questione, come dimostra la storia, non dipende soltanto da un fattore
di tipo soggettivo, ma bensì prende in considerazione anche catalizzatori
fondamentali alla riuscita della costruzione di un edificio, che, soprattutto al
giorno d’oggi, sono considerevolmente rilevanti.
Per poter rispondere alla domanda posta in precedenza si è dovuto quindi
ipotizzare e scegliere in modo oggettivo dei parametri e dei fattori che pos-
sano rendere la prefabbricazione ‘più conveniente’ rispetto ai metodi di co-
struzione tradizionali. Considerando l’asetticità richiesta dalla questione, si
è dovuto ricorrere alla scelta di parametri temporali e che quindi si possano
rivelare come costanti in quest’arco temporale, ossia: estimativo, tecnologico
e meccanico. Questi parametri inoltre sono stati analizzati nel pieno delle

68
loro capacità, prendendo in considerazione quindi tutti i risultati massimi
raggiunti, dimostrando quindi al massimo le potenzialità che al giorno d’oggi
la prefabbricazione può raggiungere.
Considerando questi tre differenti catalizzatori, correlati con il vasto campo
della prefabbricazione, sorgono alla luce delle fondamentali e differenti que-
stioni. Rispondere e ragionare attorno queste osservazioni può essere utile
alla comprensione della domanda prima posta e può rendere più chiara la
strada verso il consolidamento della prefabbricazione come carattere domi-
nante dell’architettura dei posteri.

2.1 E’ economicamente conveniente prefabbricare al giorno d’oggi?

Tutte le imprese, come tutti i metodi di costruzioni convenzionali, sono sen-


sibili alla variazioni di cicli economici. Il processo di selezione del mercato
è influenzato anche dai fattori, senza dubbio derivante da variazioni econo-
miche nel tempo, che mostrano la maturità del mercato di un determinato
paese. Così facendo anche la prefabbricazione, in quanto, dipendendo in toto
da più produttori ed industrie, lo è ancora di più.

‘Economy is always a must consideration for the building process. Economic Da ‘The Great Recession
Booms or Great economic fell, like the Great Recession of 2008, can hurt or heal 2008-2013 Econimcs Cycles’
di Tejvan Pettinger
this process.’ [49]

Questa indagine tratta di come non solo gli stati economici di un determi-
nato stato vadano ad influenzare pesantemente sulla produzione edilizia,
ma dimostra anche come la prefabbricazione sia soggetta a non indifferenti
fragilità dal punto di vista della pianificazione. In sintesi questo paragrafo
tratta dell’indagine riguardo il lato economico della prefabbricazione, con i
suoi pro e contro. Gli studi condotti a riguardo vanno a riprendere alcuni dei
lati fondamentali per l’edilizia odierna, come indice dei prezzi per il consu-
matore, i cambi d’interesse ed i dati dell’inflazione: questi dati sono indici
necessari per poter comprendere la domanda per una necessità da parte
dei fruitori. Inoltre, sono da considerare le politiche governative di ogni
stato considerato e la disponibilità di lavoratori competenti e di materiali da
costruzione: questi fattori infatti costituiscono importantissimi fattori nel
settore della costruzione residenziale in generale.

2.1.1 La dinamica economica della prefabbricazione

Il sistema di prefabbricazione a costruzione modulare (chiamato anche


comunemente ‘PMC’) rappresenta il modo più semplice ed immediato per
acquisire (tramite l’utilizzo della prefabbricazione) un nuovo edificio in un
momento economico di crisi. Questa tecnica di costruzione alternativa pro-

69
duce una maggiore e più alta velocità di completamento, una maggiore effi-
cienza, dei materiali più ecosostenibili ed un migliore controllo della qualità.
Rispetto a come la ‘facile e veloce’ costruzione per prefabbricazione colpisce
l’economia nel settore delle costruzioni, vi sono due punti di disaccoppia-
mento per gestire il cantiere e la sua relativa manodopera ‘fuori situ’ o OFM
(Off-Site Manufacturing) e la relativa catena di montaggio (fuori e dentro
il sito) per poter soddisfare quella che è l’esigenza abitativa (caso comune
soprattutto per tutti quei paesi in via di sviluppo o in crisi) attraverso oppor-
tune strategie come ad esempio ’la costruzione in massa’ e ‘la strategia del
self-made-building’. Questo paragrafo analizza i benefici e le avvisaglie dal
punto di vista economico riguardo i prefabbricati ed il loro appeal sul mer-
cato immobiliare, tentando di rispondere a domande riguardanti il futuro
prossimo della prefabbricazione; tuttavia, mentre attualmente in molti paesi
la costruzione di case prefabbricate è uno standard, in altri è un’innovazione
solo recentemente implementata nel mercato tecnologico, rendendo quindi i
sistemi modulari ‘PMC’ una realtà diversamente appetibile rispetto ai siste-
mi di costruzione convenzionali. Può essere appetibile per il mercato edilizio
una scelta costruttiva del genere?
Come prima cosa occorre capire in che direzione il mercato delle costruzioni
si sta spostando, e se, quindi, la prefabbricazione è una strada che può essere
presa in toto o se in parte. Le direzioni in cui il mercato delle costruzioni
si sta sviluppando sono legate difatti non solo alla necessità di possedere
una ‘propria casa’, ma anche alle crescenti esigenze di natura funzionale ed
economica. Nel quadro dello sviluppo internazionale, le migliori soluzioni
tecnologiche che vanno ad accelerare il processo di costruzione e che sono
favorevoli sia in termini economici ed ecologici vengono perseguite e ricer-
cate. Nella storia, il nuovo approccio della gestione in edilizia è stata spesso
nella storia motivo di ricerca (come visto nel capitolo precedente). Le varie
questioni riguardo la costruzione hanno reso la prefabbricazione una delle
vie più innovative e convenienti per la fabbricazione. I vantaggi, in sostanza,
che stanno alla base della tecnica vanno dalla precisione di fabbrica all’in-
stallazione più veloce. La costruzione prefabbricativa modulare offre una
gamma di vantaggi:
-pianificazione: uno dei maggiori vantaggi è la possibilità di ridurre dra-
sticamente il tempo necessario per la costruzione. L’efficienza di fabbrica
permette delle componenti di costruzione da completare in modo rapido
e senza ritardi dovuti agli agenti atmosferici: questo evita parzialmente la
contrattazione con più squadre in quanto il lavoro di fabbrica stessa è dotata
di tutti gli attori chiave ‘in loco’ per gestire molteplici esigenze di costruzio-
ne. Questo rende la costruzione modulare adatta per chiunque abbia bisogno
di edifici ad alta velocità di composizione, di oggetti con date durature per
l’occupazione e le zone in cui le condizioni climatiche stagionali limita o ad-
dirittura ferma la costruzione.

70
-miglioramento del cantiere: i moduli quasi completati alleviano la necessità
di avere attrezzature ingombranti di cantiere ed aree di sosta, che li ren-
de ideali per ‘siti complessi’ come lotti situati in posizione remote e/o con
difficoltà di accessibilità. La costruzione prefabbricativa costituisce anche
una grande alternativa per delle zone dove è difficile trovare una forza lavoro
con esperienza o economico. Le costruzioni per ‘PMC’ offrono dunque po-
sti di lavoro più puliti con il minor numero di interruzioni. Con la maggior
parte dei lavori eseguiti fuori sede, temi come il rumore, polvere, detriti, e le
complicazioni climatiche sono notevolmente ridotte, nonché dunque il costo
complessivo dell’opera.
-controllo di qualità: proprio come una catena di montaggio auto, un modu-
lo prefabbricato è dotato di controlli di qualità. Le fabbriche di costruzione
modulari sono dedicate alla lavorazione edifici altamente efficaci e perfor-
manti con ispezioni in ogni stazione di lavorazione, eliminando le decisioni
al volo ed improvvisate che spesso la costruzione convenzionale comporta
con le varie complicazioni impreviste che possono verificarsi nel campo. Il
processo di costruzione è accuratamente progettato per creare una sequen-
za di passi che si ripete con precisione su ogni modulo: questo diminuisce la
variabilità che si può verificare in un progetto di assemblaggio ‘in situ’.

Tutti questi fattori rappresentano e costituiscono nella moderna pianifica-


zione cantieristica (che va a prescindere dalla metodologia costruttiva) un
grande plus. Il potenziale e l’opportunità per il raggiungimento di tali risul-
tati è percepito in particolare modo nella prefabbricazione moderna diversa-
mente da tutti gli altri rimanenti metodi.
La tradizione ha di per sé svariati difetti e quindi il metodo costruttivo
prefabbricativo determina un grande vantaggio, economicamente parlando,
ossia principalmente quello della pianificazione. L’interesse per la tecnologia
della prefabbricazione, che costituisce un livello molto elevato di efficienza,
competitività e flessibilità nei sistemi di produzione, costituisce le corrette
premesse per essere il carattere tipologico preminente. Svariate problemati-
che, come ad esempio l’enorme quantità di rifiuti di costruzione, con la pre-
fabbricazione vengono a farsi meno, ed la soluzione al tutto viene ricercata
nell’ambito dei moderni programmi di costruzione, che riguardano soprat-
tutto la produzione di strutture in fabbrica, la minimizzazione dei difetti nel
montaggio, e la riduzione conseguente di energia e rifiuti.
Fino ad oggi, le costruzioni di tipo ‘convenzionale’ hanno goduto della massi-
ma popolarità sul mercato della costruzione di abitazioni, anche se la pre-
fabbricazione nella storia ha anche goduto dei suoi momenti di trionfo. Per
molti anni, è stata mantenuta la convinzione che l’unica ‘casa’ costruita in
modo ottimo sia quella costruita convenzionalmente, ossia (per la stragran-
de maggioranza dei casi) tramite l’utilizzo di mattoni. Quando si tratta della
nuova corrente metodologica della prefabbricazione per erigere edifici resi-

71
denziali, la varietà di scelte viene costantemente ampliata con nuove solu-
zioni costruttive: questo può essere motivo per credere che si sta lentamente
iniziando ad apprezzare i vantaggi della costruzione prefabbricata.
In particolare modo il breve tempo necessario per il completamento degli
investimenti relativi a questo metodo sta rendendo sempre più la scelta della
prefabbricazione come una delle più convenienti strade per la realizzazione
di un determinato edificio. Ovviamente non serve ricordare come il fattore
tempo costituisca una parte essenziale del progettazione e della sostenibili-
tà del progetto stesso: la pressione del tempo, che costituisce naturalmente
uno dei punti principali che incidono determinati processi decisionali, ha
un’influenza negativa sulla qualità degli edifici costruiti e crea rischi (gene-
ralmente) derivanti dalla necessità di accelerare il processo di costruzione.
Riprendendo difatti gli studi e l’analisi condotti nell’articolo ‘Organization,
Technology and Management in Construction : An International Journal’ da
parte di Kozlòvska e Strukòva, si capisce un dato interessante.
Questa ricerca svolta su 55 edifici confermano la rilevanza di questo proble-
ma. Questa ricerca è un tentativo di rispondere alla domanda riguardante la
rinascita e la direzione di sviluppo della tecnologia della prefabbricazione
nel mercato della costruzione di abitazioni. La dipendenza tra la qualità della
vita dei consumatori ed il cambiamento di esigenze degli utenti nel processo
di acquisto di immobili è valida ed è osservabile nel settore delle costruzioni,
come è stato dimostrato nel corso degli anni. Si dirà che:

‘un numero crescente di aziende specializzate nella costruzione di edifici re-


sidenziali stanno iniziando a vedere il loro futuro ad offrire la costruzione di
case utilizzando cemento prefabbricato, legno, o la tecnologia derivata legno.
Da ‘Organization, Techno-
logy and Management in L’apertura di paesi in via di sviluppo al mercato estero nonché le esigenze di
Construction : An Internatio-
nal Journal’ di Kozlòvska e
uno sviluppo sostenibile, hanno avuto un’influenza determinante sullo sviluppo
Strukòva
di abitazioni prefabbricate. Anche se la prefabbricazione viene attualmente
applicata (e apprezzata) da ingegneri che costruiscono strutture di comples-
sa ingegneria civile, non ha ancora ottenuto il riconoscimento tra i clienti nel
mercato delle costruzioni.’ [50]

Inoltre, riprendendo gli stessi metodi di ricerca che sono stati utilizzati
nell’analisi di M.R. Gabor in ‘Endowment with Durable Goods as Welfare
Indicator’ nel mercato della costruzione di abitazioni si evince come studi di
dati statistici (o per meglio dire il metodo SSQS) vadano a creare una valida
opzione laddove gli indicatori chiave come posizione ed ‘appeal’ dell’area di
costruzione non siano così favorevoli. Gli studi di indagine condotti in que-
sta ricerca tramite delle analisi SWOT sono stati affinati per poter studiare
la posizione della prefabbricazione sul mercato costruzione di abitazioni. Il
concetto di ‘sviluppo sostenibile’, è l’occasione per diffondere prefabbricazio-
ne nella costruzione di abitazioni.

72
Esso è strettamente correlato alla valutazione del ciclo di pericolosità della Da ‘Endowment with Durable
Goods as Welfare Indicator’ di
vita dei prodotti da costruzione e del loro impatto sull’ambiente [51]. M.R. Gabor
Infine il cosiddetto ‘LCA’ dei prodotti da costruzione applicati in un edificio
incoraggia uno ‘sviluppo sostenibile’. Numerosi ricercatori stanno perse-
guendo internazionalmente una grande serie di ricerche e sperimentazioni
al fine di valutare il ciclo di vita degli edifici residenziali unifamiliari o loro
parti elementari per poter arrivare ad una soluzione di eventuale rinnova-
mento o, in caso contrario, di demolizione, per poter arrivare ad una soluzio-
ne edilizia molto più sostenibile non solo dal punto di vista ambientale ma
anche economico. Questo concetto,così facendo, va a considerare fortemente
la prefabbricazione a causa del suo potenziale, percepito nel contesto, per
l’appunto, dello ‘sviluppo sostenibile’ nel settore delle costruzioni. Per que-
sto motivo, le case modulari vanno a suscitare interesse; la tecnologia e le
possibilità offerte dal mondo della prefabbricazione sta diventando oramai
evidente e sta riacquistando la sua popolarità sul mercato della costruzione
di abitazioni.

2.1.2 Prefabbricazione come metodologia versatile: dalla posizione alla super-


fetazione

Svariate ricerche vanno ad indicare come la prefigurazione non sia solo


conveniente economicamente dal punto di vista della tempistica, ma anche
dal punto di vista della versatilità, o per meglio dire, della multidimensiona-
lità tematica del concetto di ‘sviluppo sostenibile’, che facilita senza ombra di
dubbio lo sviluppo tecnologico della prefabbricazione in molte aree del set-
tore delle costruzioni. Il servizio di più mercati è un’altra, difatti, delle quali-
tà economicamente fruibili: questa tecnica può produrre un singolo edificio,
un’aggiunta o un ‘open space’ di qualsiasi dimensione modulare (parlando di
prefabbricazione ibrida o modulare ‘PMC’ che sia), ma, tuttavia, è più vantag-
gioso per dei progetti con spazi altamente ripetitivi. La costruzione modula-
re è stata utilizzata (storicamente) anche edifici indipendenti, quali banche,
catene di ristoranti, uffici satellite e di vendita al dettaglio: ogni edificio
senza schemi irregolari o grandi distese ha sempre beneficiato di questa tec-
nologia. Le uniche limitazioni alle dimensioni sono quelle dettate dall’uso dei
materiali e dal codice (building codes). Gli edifici possono occupare qualsiasi
metratura specificato e sono facilmente ampliabili. La costruzione modulare
è anche un ottimo modo per quanto riguarda la superfetazione (o comu-
nemente denominata addizione’) su un edificio tradizionale. Inoltre, dopo
il montaggio, può migliorare quello che può essere definito come ‘capitale
dell’edificio’ (o valore totale della costruzione), estendendo la vita stessa del
palazzo, installando ad esempio HVAC o sostituendo parti dell’edificio.
La grande versatilità per differenti mercati rende la tecnica della prefabbri-
cazione possibile anche, come accennato prima, in particolari zone e/o lotti

73
in cui prima non era possibile attuare alcun tipo d’operazione: così facendo
quelle stesse zone destinate alla ‘non costruzione’ riescono ad avere una
nuova appetibilità dal punto di vista del mercato immobiliare. L’indagine
dal nome ‘Evaluating the sustainability of Vilnius city residential areas’, svol-
ta da parte dei ricercatori Viteikiene e Zavadskas, spiega, sulla base di un
algoritmo matematico sviluppato per studiare appositamente il mercato
della costruzione di abitazioni, come si possa essere in grado di realizzare e
comprendere una metodologia valida per poter valutare l’importanza delle
applicazioni della prefabbricazione in diversi contesti. Applicata ad un metro
di valutazione delle aree residenziali, il contesto nella quale avviene la co-
struzione di una ‘casa prefabbricata’ è molto significativo:

‘Sustainable development is one of the major problems all over the world.
Probably the utmost problem of sustainability is alterations of social needs.
People, business, society and authority can act together in seeking for develop-
ment of economy, environmental and social welfare. According to the classical
conception, sustainable development consists of social, economical and envi-
ronmental components. Evaluation of a sustainable city residential area in
these aspects shows which residential area is desirable for residents. Acceptan-
ce of new and innovative ideas in the process of city planning is a new challen-
ge for development of sustainable landscape. Planning of sustainable districts
Da ‘Evaluating the sustainabi-
lity of Vilnius city residen- embraces not only new concepts and ideas, but also new ways of land develop-
tial areas’, di Viteikiene e
Zavadskas ment. Communities of sustainable districts should be guided by the following
principles/goals:
- to maintain and restore natural processes and functions of the environment;
- to minimize the effect of residential areas on ecosystems;
- to save natural resources for the future generations;
- to reduce waste production by the residential areas;
- to increase the community involvement in developing a
sustainable residential areas;
-to support a healthy social environment.’ [52]

Secondo gli studi condotti, ci si accorge che le qualità degli edifici prefabbri-
cati rispecchiano in larga parte questa serie di principi guida. Ovviamente
non esistono generalmente degli indici oggettivi accettati per poter misurare
e confrontare la qualità della vita in diverse zone geografiche ed ambientali,
ma una casa per così dire ‘ready-made’, come prodotto, dovrebbe avere una
conoscenza appropriata ed esplicita nella mente dei potenziali acquirenti al
fine di mantenere, non solo, una presenza sul mercato costruzione di abi-
tazioni, ma anche una vera competitività. L’alta qualità della lavorazione ed
una buona compagnia industriale (che spesso è sinonimo di garanzia) non
sono più difatti sufficienti: la tecnologia convenzionale ampiamente svilup-
pata ha una posizione ben definita sul mercato costruzione di alloggi, che

74
rende decisamente più difficile per la prefabbricazione l’assunzione di una
posizione competitiva.
Un altro fattore che può costituire per la prefabbricazione uno step supe-
riore rispetto ai metodi di costruzione convenzionali è proprio quello del
fattore della posizione: difatti non solo la facilità di montaggio è un plus, ma
permette anche il riuso (e quindi la conseguente rivendita) di determinati
lotti che senza la tecnologia e la possibilità offerta dalla prefabbricazione
sarebbe improponibile. Ostasevičiūtė e Šliburytė presentano nel lavoro
‘Theoretical aspects of product positioning in the market’ svariati modelli di
valutazione in base al posizionamento del prodotto; tra questi il modello STP
(Segmentation-Targeting-Positioning), le cui qualità possono essere applica-
te praticamente in qualsiasi campo, costituisce i seguenti step:

‘The foundation of positioning theory is made of one of the most important


postulates of the science of marketing. Extremely diverse and that a the postu-
late it is simple to define the essence of the STP model: to present the product
to those consumers, who want it and are able to acquire it. The first two steps
of the STP model serve to find and define the desired consumer, and positioning
serves for placing the product in the desirable position in the minds of target
consumers.

Segmentation
Choose variables for segmenting market
Build a profile of the segments (sub-segments)
Validate emerging segments
Da ‘Theoretical aspects of pro-
duct positioning in the market’
di Ostasevičiūt e Šliburyt
Targeting
Decide on targeting strategy
Identify which and how many segments should be targeted

Positioning
Understand consumer perceptions
Position products in the mind of the consumer

Drawing positioning frames for a product, category membership should be


determined first, as other products that compete in the same market and can
serve as substitutes. The best considered means for determination is the consu-
mer’s survey.’ [53]

Per le aziende trattanti la prefabbricazione nel settore dell’edilizia abitati-


va, la conoscenza con i diversi approcci e le nozioni di potenziali investitori
costituisce una base per l’assunzione del strategia di interventi del caso. La
validità del senso e della portata degli studi assunte riguardanti le esigenze

75
e le preferenze dei clienti è stata confermata anche da altri studi presentati
(ad esempio da Egemen e Mahamed in ‘Different approaches of clients and
consultants to contractors’ qualification and selection’): l’analisi dei risultati
ha mostrato una divergenza di punti di vista e delle aspettative previste da
entrambe le parti del processo di costruzione: questo può essere un ele-
mento che ostacola lo sviluppo dinamico della prefabbricazione sul mercato
della costruzione di abitazioni ed edifici. La gestione della conoscenza sta
assumendo maggiore importanza e le aziende che utilizzano pienamente il
potenziale della loro intera organizzazione nel contesto economico in rapida
evoluzione sarà motivo di successo in futuro (da Egemen e Mahamed). Un
sondaggio condotto per quanto riguarda i criteri di selezione per il mercato
degli investimenti immobiliari internazionali considera che i risultati ot-
tenuti come interessanti: si indica difatti che i fattori più importanti per la
selezione del mercato da parte degli investitori comprendono non solo la
sicurezza dei diritti di proprietà e titolo dell’immobile, ma anche il rendi-
mento atteso dall’investimento immobiliare. Anche se lo studio ha identifi-
cato la posizione degli investitori, che non ha affrontato le preferenze degli
acquirenti (che ovviamente presentano caratteristiche in modo diverso in
ogni paese), che influenzano in modo significativo il successo o il fallimento
di un investimento. La strategia basata su un’analisi multi-tematica dei dati
Da ‘Different approaches permette di valutare la prognosi e la creazione di condizioni favorevoli per
of clients and consultants
to contractors’ qualification gli investimenti e per lo sviluppo di una strategia di sviluppo economico e
and selection’ di Egemen e
Mahamed sociale. Il valore economico degli appartamenti è stato determinato da fatto-
ri come spazio di vita, i trasporti, l’età e tipo di edificio [54].
Nel caso della prefabbricazione, lo sviluppo storico della tecnologia prefab-
bricazione nella costruzione di abitazioni dovrebbe essere rappresentata. I
rapporti tra la storia di costruzione e le sue tendenze attuali sono stati per-
cepiti nella ricerca svolta da Zavadskas: è stata diretta particolare attenzio-
ne alla continuità del pensiero creativo di architetti ed ingegneri del secolo
scorso, le cui idee e le realizzazioni vengono ora utilizzati per sviluppare la
tecnologia di costruzione. La vita prevista di condomini prefabbricati è gene-
ralmente di 100 anni; tuttavia, un’accurata stima dei limiti di usura tecnica di
costruzione e/o dei suoi elementi risulta un compito altrettanto semplice da
valutare: difatti, se una procedura di calcolo non corretta viene utilizzata per
definire la vita dell’edificio/elemento, possono essere fatti gravi errori, indu-
cendo quindi ad una rivalutazione di tali parametri. Inoltre, vi è il problema
del rendimento energetico di ‘complessi residenziali’ che non si adattano
alle nuove esigenze europee o ai criteri di sviluppo promulgate. Nello studio
dei rapporti tra l’intensità di consumo di energia di Zavadskas, l’efficienza
economica ed i motori principali dello sviluppo economico hanno dimostra-
to che una decisa intensività dello sviluppo tecnologico di prodotti (e delle
esportazioni) può ridurre la spesa energetica di un intero paese.
In questo caso, l’applicazione della tecnologia della prefabbricazione ha la

76
sua ragion d’essere ed i suoi vantaggi tecnologici dovrebbero essere rico- Da ‘Robustness of MUL-
TIMOORA: A Method for
nosciuti sempre di più nel corso del tempo [55]. Con le nuove tecniche e Multi Objective Optimization’ di
Zavadskas e W.K. Brauers
metodologie i ponti termici sono oramai sopperiti tramite l’utilizzo di nuove
tecniche, rendendo la costruzione tramite prefabbricazione decisamente
vantaggiosa e, contrariamente alle tecniche convenzionali, sempre più vicina
alla dinamica industriale (con i relativi vantaggi dal punto di vista dello svi-
luppo). Il beneficio della prefabbricazione dove si trae dunque?

‘However, if the equipment is to be used by the subcontractor , the overall


benefits must be fully determined by the subcontractor, whereas the owner, i.e.,
the general contractor, can only have partial knowledge of it. The entry cost is
Da ‘Robustness of MUL-
included as a threshold for subcontractors who are interested in contract the TIMOORA: A Method for
Multi Objective Optimization’ di
work. The contract price refers to the costs of equipment operation and the Zavadskas e W.K. Brauers

associated material and labor, and p.x indicates the fee to execute the contrac-
tor, including overhead, tax, insurance, etc. It should be noted that the quality
of work is influenced by the amount of the subcontractor.’ [56]

In sostanza ciò che si vuole mettere in luce con l’algoritmo matematico di Za-
vdaskas è che, dal momento che il ‘contraente’ può avere solo una conoscen-
za parziale dell’azione che il subappaltatore attua per il completamento del
lavoro, i benefici possono essere generati non solo dalle apparecchiature au-
tomatizzate che si vanno ad utilizzare, ma anche, parzialmente, dalla qualità
del lavoro: il trattamento delle apparecchiature dopo il completamento di un
lavoro influenzerà l’atteggiamento del sub-contraente verso un accordo sui
prezzi ritenuti ‘ragionevoli’ per il subappalto in questione.

2.1.3 Dalla pianificazione al subappaltamento

La ri-divisione del lavoro nella prefabbricazione costituisce uno step succes-


sivo a questa delicata fase: quando si sceglie la tecnologia relativa ad una au-
tomatizzazione come per l’appunto la prefabbricazione, il ri-assegnamento
di costruzione degli elementi di lavoro è inevitabile. Generalmente, la parte
prefabbricativa consiste di diverse tipologie di lavorazione:
-prefabbricazione di componentistica in acciaio
-trasporto di componenti prefabbricati
-costruzione ed assemblaggio di componenti prefabbricati
-rifinitura di collegamento dei componenti

In base a questa divisione del lavoro, la dipendenza del ‘contraente’ verso


i subappaltatori è chiaramente ridotta. La nuova divisione del lavoro, che è
testimone dunque della definizione di una nuova gerarchia degli elementi
primari di subappalto, si stacca dalla metodologia tradizionale: il corrispet-
tivo per il subappaltamento è in gran parte vincolato quindi dalla tecnologia

77
a disposizione e dalla garanzia di un lavoro di qualità piuttosto che dalla
facilità di controllo dei costi e dalla condivisione dei rischi.
Altra interessante tematica che conseguentemente si pone a questa disserta-
zione è la produzione stessa delle componenti prefabbricate. Queste general-
mente si dividono in otto categorie tipologiche [57]:
-Solaio
-Trave
Da ‘Treccani’ definizione di
‘Prefabbricato’ -Colonna
-Partizioni interne
-Partizioni esterne
-Balconate
-Scale

Ogni categoria qui elencata può essere progettata in diverse dimensioni e


forme per soddisfare le varie esigenze nei processi successivi (e se ne trat-
terà meglio nel paragrafo successivo). Prendendo in considerazione il lavoro
svolto da Ting-Ya Hsieh in ‘The Impact of Subcontracting Practice on Building
Construction Automation: A Case Study on Building Prefabrication’, diverse
nozioni possono essere qui enfatizzate, in modo da trarne conclusioni posi-
tive e negative. In primo luogo, non sempre la maggior parte degli elementi
strutturali devono essere prodotti in un ambiente di montaggio (e quindi di-
rettamente in cantiere) piuttosto che ‘off-site’ in quanto così facendo si può
garantire un’eccellente condizione di maturazione (e quindi una migliore
precisione). In secondo luogo, tutti gli elementi prefabbricati possono essere
Da ‘The Impact of Subcon-
tracting Practice on Building prodotti solo in ‘piccoli lotti’ a causa del fatto che questi potrebbero dover
Construction Automation: A
Case Study on Building Prefa- essere fabbricati con diverse impostazioni (non standard dunque) per poter
brication’ di Ting-Ya Hsieh
essere funzionali al trasporto, all’estetica o ad altre considerazioni concer-
nenti le varie implicazioni di progetto [58].
Un’altra questione principale nel subappalto è inevitabilmente il trasporto
delle varie componenti, che è solitamente responsabilità del subappaltato-
re interessato ad una determinata parte prefabbricata: tuttavia, può anche
capitare che lo stesso trasporto in cantiere venga subappaltato. Se il subap-
paltatore trasporterà i componenti, o con una propria squadra o con un’altra
azienda subappaltante, si dichiara ovviamente che i rischi del trasporto sono
trasferiti direttamente al subappaltatore. Così facendo il trasporto della com-
ponentistica prefabbricata rende di conseguenza il subappaltatore diretto
responsabile.
Ovviamente la parte più delicata e fondamentale del processo prefabbrica-
tivo è costituita dall’assemblaggio dei vari componenti prefabbricati: questi
sono spesso eseguite da un subappaltatore diverso da quello responsabile
della prefabbricazione in quanto vanta competenze differenti dal persona-
le ‘fuori situ’. Il coordinamento tra il ‘contraente’ ed il team di montaggio è
massima: il contenuto del lavoro del subappaltatore, adibito al montaggio

78
ed alla messa in opera delle varie componenti, prevede la fornitura di mano
d’opera e di team esperti, supporti cantieristici temporanei, posizionamento
di incastri e vincoli meccanici sui terreni e vari tipologie d’apparecchiature
per il sollevamento e lo spostamento. Alle volte, nonostante la chiara pianifi-
cazione delle fasi costruttive, possono esservi delle variazioni sulla sequenza
di montaggio e rilavorazioni. Pertanto il subappaltatore, che va a montare le
diverse parti dell’edificio, dovrà basarsi totalmente alle istruzioni del contra-
ente per poter procedere ad ogni passaggio. Come risultato è chiaro che vi è
la necessità, durante la fase di montaggio di pagare il subappaltatore (con un
tasso di premio ogni qualvolta la propria ‘forza lavoro’ è in loco). Per i rischi
contrattuali, il contraente sarà portato alla maggior parte di questi, mentre il
subappaltatore è sollevato da ogni tipologia di rischio. Per quanto riguarda Da ‘The Impact of Subcon-
l’assicurazione rispetto alla qualità delle componenti di prefabbricazione, tracting Practice on Building
Construction Automation: A
generalmente, il subappaltatore è per legge tenuto ad inviare campioni scelti Case Study on Building Prefa-
brication’ di Ting-Ya Hsieh
‘a caso’ per test per assicurarne le prestazioni dichiarate [59].
Tuttavia, nonostante i vari vantaggi di natura economica che si sono appe-
na descritti, vengono presentati anche dei limiti e delle complicazioni per
questa configurazione: la costruzione modulare non è ovviamente priva di
inconvenienti. Difatti, proprio come la scelta di un edificio sostenibile, la
decisione di utilizzare costruzione modulare deve essere decisa fin dall’i-
nizio della progettazione. L’uso della tecnica prefabbricativa e/o modulare
Da ‘The Impact of Subcon-
cambia totalmente il percorso critico per la costruzione e, se non program- tracting Practice on Building
Construction Automation: A
mata correttamente, può facilmente comportare una massiccia perdita dei Case Study on Building Prefa-
brication’ di Ting-Ya Hsieh
benefici che derivano da questa determinata scelta costruttiva [60]. Occorre
prestare attenzione alle difficoltà legate alla progettazione ed all’esecuzio-
ne che si presentano durante i processi di costruzione e per il loro impatto
negativo sull’efficienza dei sistemi di garanzia della qualità nella costruzione,
e quindi sul costo complessivo delle opere. Secondo la ricerca di Karlowski e
Paslawski dal nome ‘Monitoring of construction processes in the variable envi-
ronment’, un metodo efficace per ridurre le interruzioni tra le fasi pianificate
da progetto è quello di applicare un sistema per il monitoraggio dell’ambien-
te di cantiere che genera per l’appunto tali interruzioni. Difatti:

‘Interference problems of construction processes are especially disturbing due


to their big scope of variability, uncertainty and complexity what significantly
hinders planning and accomplish- ing the production processes on the building
Da ‘Monitoring of construction
site. Monitoring of environment (which generates interference) and processes processes in the variable
environment’ di Karlowski e
in progress enable to undertake activities aiming at introducing flexibility in Paslawski

managing of processes which may significantly increase the efficiency of sy-


stems ensuring quality (and so the economics) in building.’ [61]

Un’altra interessante questione riguarda il prodotto finale dalla prefabbrica-


zione, che è utile al fine di avere un design unico, o per meglio dire ‘ad hoc’.

79
Ciò implica che il contraente è inevitabilmente legato ad uno o più subappal-
tatori una volta iniziato il processo di fabbricazione. Difatti, la sostituzione di
un nuovo subappaltatore, per qualsiasi motivo si possa avere, si tradurrà in
termini cronoprogrammatici in enormi ritardi ed in termini economici con
un superamento dei costi. Da aggiungere a quest osservazione c’è anche il
fatto che un subappaltatore richieda di norma un pagamento anticipato ed
una preventivazione dei prezzi predeterminati rispetto alle differenti lavora-
zioni prima che il processo di produzione abbia inizio.
Inoltre, se il cantiere si trova in uno stato con carenza di manodopera, in
particolare la mancanza di lavoratori qualificati, si ha un problema di tipo
qualitativo: ovviamente l’adozione di tecnologie di automazione offre grande
opportunità per un costruttore per rimanere competitivo e redditizio, ma a
Da ‘Monitoring of construction
processes in the variable
sua volta, la spinta verso l’automazione impatta la pratica di subappalto in
environment’ di Karlowski e vari aspetti. In entrambi i casi, è stato dimostrato come la complessità del
Paslawski
subappalto aumenti esponenzialmente e proporzionalmente in base ai gradi
di subordinazione [62].
Ancora in modo più importante, è difficile per un ‘contraente’, per poter
massimizzare il suo vantaggio, utilizzare dei metodi di costruzione auto-
matizzati, in quanto egli non controlla il ‘know-how’ per poter utilizzare
quest’ultime e, quindi, non possiede la relativa capacità di produrre ‘previ-
sioni realistiche’. Questo è del tutto in contrasto con i metodi di costruzione
tradizionali, in cui il ‘contraente’ comunque può facilmente ottenere delle
informazioni tecniche e prezzi di numerosi subappaltatori. Questa nuova
Da ‘The Impact of Subcon-
tracting Practice on Building
situazione ha due implicazioni per il ‘contraente’: in primis si dovrà assume-
Construction Automation: A re la maggior parte dei rischi di costruzione; in secundis una scelta di prez-
Case Study on Building Prefa-
brication’ di Ting-Ya Hsieh zo ‘ragionevole’ per il subappalto è determinata in gran parte dal mercato
piuttosto che dal solo edificio [63]. Da studi di vari casi della prefabbricazio-
ne (attuati sempre dalla ricerca di Teng-ya Hsieh), si è anche notato che un
subappalto che comprenda la tecnica della prefabbricazione ricordi le carat-
teristiche di un ‘appalto unico’, reso complesso da una ragnatela di relazioni
a causa del subappaltamento. Questo ovviamente porta a una maggiore
attenzione sui vari appalti e sulla gestione dei materiali. Per la maggior parte
delle imprese di costruzioni convenzionali, questo avrà una grande influenza
sulla loro organizzazione interna.
Bisogna anche considerare, come atto conclusivo del progetto, la rifinitura
delle componenti di connessione tra le varie parti: questa porzione del mon-
taggio, purtroppo, produce le maggiori discrepanze. Difatti, dal momento che
i compiti di rifinitura sono applicabili solamente a tutti i collegamenti delle
componenti e ad i vari trattamenti superficiali di impermeabilizzazione, il
volume di lavoro di ogni lavorazione è notevolmente inferiore a quello che di
solito si verifica nelle metodologie tradizionali. In questo particolare caso, il
subappaltamento e gli elementi contrattuali restano invariati comparativa-
mente ai vari subappalti di costruzione tradizionali, ad eccetto che il prezzo

80
unitario di ogni lavorazione generalmente aumenta a causa della riduzione
drammatica della quantità di elementi da produrre. (vanificandone quindi la
serialità).
Continuando su questa linea, i vantaggi delle costruzioni in ‘PMC’ possono
altresì diminuire notevolmente se l’edificio destinato non ha spazi di ri-
petizione. La prefabbricazione di intere stanze rappresenta il cuore della
costruzione modulare, rendendo così facendo un edificio con spazi aperti e
diversificati una configurazione non ottimale per questa scelta costruttiva:
ad esempio, un edificio per uffici progettato con interni non finiti e destinati
a più inquilini, esaurendo dunque il proprio proprio spazio individuale, non
sarebbe una buona opzione per la tecnica della prefabbricazione.
Ovviamente, come ogni costruzione, è necessario e fondamentale avere un
maturo ed esperto programma con la costruzione modulare: cercare un con-
traente che abbia esperienza con il metodo prefabbricativo, in grado di offri-
re assistenza alla progettazione adeguata, è necessario per poter pianificare
un progetto di costruzione, aggiustando di conseguenza le varie avvisaglie di
tipo compositivo.
E‘ importante ed indicato inoltre utilizzare una consolidata rete di produtto-
ri: questo assicura una vasta gamma di sistemi e prodotti disponibili in modo
che il progetto possa fornire i migliori risultati possibili sempre alla ricerca
di segni di innovazione.
La prefabbricazione, tranne come prima anticipato per alcuni paesi in via di
sviluppo, è una tipologia costruttiva, al giorno d’oggi, comune ed economica-
mente molto conveniente. Ma, può essere considerata come ‘modus operandi
principale’? Riprendendo una citazione tratta da ‘The social acceptability of
prefabrication and standardization in relation to new housing’ si pone una
interessante riflessione:

‘Consider: Prefabricated trusses, metal buildings, precast concrete structures,


HUD Code (mobile) housing, prefabricated classrooms, panelized wall systems, Da ‘The social acceptability of
prefabrication and standardiza-
and more. Cutting and bending concrete reinforcing used to be done on site; tion in relation to new housing’
di TU Ganiron Jr
now its prefabricated. Can it be accepted?’ [64]

2.2 La prefabbricazione costituisce la miglior scelta costruttiva al giorno d’og-


gi?

La prefabbricazione, come si è potuto notare dai principi già accennati in


precedenza, costituisce, al giorno d’oggi, il ‘modus operandi’ più flessibile
di sempre. La costruzione per ‘PMC’ rappresenta una direzione edificativa
‘differente’: quest’ultimo, si badi, è un metodo di costruzione, non un tipo di
edificio. Si differenzia notevolmente dai fabbricati di tipologia temporanea,
come roulotte di costruzione o case mobili. L’utilizzo della prefabbricazio-
ne non cambia il disegno del progetto o il sistema strutturale disponibile

81
al proprietario e/o all’ architetto: l’unica differenza sta proprio nel metodo
di costruzione. Ovviamente la direzione intrapresa comporta determinati
vincoli non solo nel modo di pensare compositivo, ma anche nel punto di
vista della pianificazione (come d’altronde ogni specifica metodologia co-
struttiva convenzionale). La flessibilità e le possibilità della prefabbricazione
non solo quindi costituiscono un primum storico, ma, spesso, comportano
essere soluzione a problemi altrimenti non affrontabili tramite la costruzio-
ne convenzionale. Bisogna specificare che la prefabbricazione, ovviamente,
non costituisce sempre un’alternativa alla realizzazione in opera di una
costruzione (come precedentemente citato per l’appunto determinate strade
compositive comportino la scelta della costruzione automatizzata come non
ottimale), ma può risultare l’unica possibilità (e quindi soluzione) per due
distinti motivi:
-l’elemento non è realizzabile in nessun altro modo per le caratteristiche dei
materiali che s’intendono o si possono impiegare. Si ottiene così una prefab-
bricazione intrinseca al pezzo (ad esempio una colonna in ghisa, modellabile
soltanto a caldo, non può che essere prefabbricata, come pure un ritto rica-
vato da un tronco d’albero).
-l’opera da costruire comporta obbligatoriamente il ricorso alla prefabbrica-
zione per ragioni d’impiego e/o di destinazione d’uso e si ha così una prefi-
gurazione intrinseca all’intera opera.
In entrambi i casi s’individua un chiaro procedimento basato su operazioni
di montaggio della componentistica, con singoli pezzi tra loro integrabili,
limitata in tipologia e quantità; perciò, così facendo, si tende, da un lato,
all’unificazione, e dall’altro, al sovradimensionamento dei pezzi (compatibil-
mente con tecnologie di produzione, trasportabilità e maneggevolezza). In
sostanza, riprendendo un pezzo tratto dal paper di ricerca ‘Design issues of
using prefabrication in Hong Kong building construction’:

‘While fabrication automation continues to improve, no prefabricated who-


Da ‘Design issues of using
prefabrication in Hong Kong le-building system can provide as much design flexibility as a project assem-
building construction’ di L.
Jaillon
bled from open sourced components. Designers and developers like flexibility.
They also require it to deal with unique site conditions.’ [65]

Qualunque sia il motivo del ricorso alla prefabbricazione, il pezzo prefab-


bricato dev’essere dell’opera da costruire, parte sostanziale e compiuta, con
specifiche caratteristiche morfologiche e con precise correlazioni con altre
parti prefabbricate o da realizzare in opera. In sostanza il pezzo prefabbrica-
to è un componente formalmente e costruttivamente strutturato in funzione
di un’opera specifica, organismo edilizio o opera infrastrutturale che sia; in
ciò si distingue dai pezzi ‘preformati’ o ‘preassemblati’, i quali, come elemen-
ti costruttivi, hanno rispetto ad esso delle valenze elementari, non costituen-
do parte strutturata e completa dell’opera, nonché ruolo subalterno quando

82
concorrono a conformarlo. Definite le caratteristiche generali del componen-
te prefabbricato occorre considerare che nella pratica costruttiva la prefab-
bricazione può essere d’impiego totale o parziale.
La prefabbricazione si definisce come ‘totale’ quando l’opera è interamente
formata da pezzi prefabbricati. Come è già stato accennato si possono avere
due modalità operative:
-montare in opera i componenti (in questo caso permane la ‘fabbrica’ come
momento realizzativo)
-montare in stabilimento i componenti (in questo caso scompare la ‘fabbrica’
tradizionalmente intesa, dando così luogo a un’unica elementare operazione
di collocazione in sito dell’opera prodotta e trasportata sul posto completa)

In entrambe le modalità, la prefabbricazione va a coinvolgere in modo


complessivo l’opera sotto il profilo sia progettuale che esecutivo. Questa si
trasforma in matrice di un sistema progettuale in cui l’oggetto è considera-
to preventivamente disaggregato in parti, ma suscettibile ad una possibile
riaggregazione. In quest’ottica, la progettazione deve essere basata su pre-
cisi criteri di coordinamento integrale in modo da assicurare ai componenti
prefabbricati la combinabilità a livello dimensionale, l’effettiva accoppiabili-
tà per intrinseci attributi morfologici e ben definite capacità prestazionali a
livello d’insieme per quanto riguarda gli aspetti formali, statici e di comfort.
La prefabbricazione invece va ad essere definita come ‘parziale’ quando l’o-
pera è soltanto in parte formata da elementi prefabbricati. Anche in questo
caso vi è una sottile differenziazione:
-quelli che vengono considerati pezzi ‘isolati’ incorporati nell’ambito delle
prevalenti parti realizzate in opera (ad esempio elementi che possono esse-
re considerati come tali possono essere architravi e colonne in costruzioni
murarie; porte e finestre inserite in muri costruiti in opera)
-quelli che vengono sintetizzati come ‘insiemi coordinati’, al limite un intero
elemento di fabbrica (ad esempio chiusure verticali di tamponamento pre-
fabbricate del tipo a pannelli in calcestruzzo o del tipo curtain-wall applica-
te in costruzioni a scheletro portante realizzato in opera; pezzi di solaio in
costruzioni murarie tradizionali; edifici con scheletro portante in elementi
prefabbricati e le altre parti realizzate in opera)

A livello cantieristico si ha spesso a che fare con il cosiddetto ‘sistema misto


o ibrido’ (compresenza di prefabbricazione e di lavorazioni in opera) che
richiede, specie sul piano tecnico-economico, un coordinamento progettuale
ed esecutivo abbastanza complesso per contemperare le esigenze delle due
modalità operative. Ponendo dunque in relazione il prefabbricare le prece-
denti configurazioni si è ottenuto, con il passare del tempo, tre principali Da ‘Treccani’ definizione di
modelli di produzione che sono stati ormai codificati e cementati nel tempo ‘Prefabbricazione’

[66]:

83
-prefabbricazione artigianale
-prefabbricazione ‘artigianale’ industrializzata
-prefabbricazione industriale

La scelta di una prefabbricazione totale o parziale, nelle varie modalità


sopra enunciate, è in diretto rapporto con il contesto economico-produttivo
in cui ci si trova ad operare e con le caratteristiche intrinseche del progetto
da realizzare. Vi sono un certo numero di motivi per il successo della pre-
fabbricazione nei paesi in via di sviluppo, primo dei quali la richiesta di una
abitazione (come già discusso in precedenza). Altri fattori sono, ovviamente,
i vantaggi che derivano dalla produzione di fabbrica come l’efficienza ener-
getica, la velocità di montaggio ed il basso costo.

2.2.1 Le possibilità minime della prefabbricazione

Riprendendo il caso studio presentato in ‘Performance of Modular Prefabri-


cated Architecture: Case Study-Based Review and Future Pathways’ di Jin-Hee
Kim e Jun-Tae Kim, è interessante studiare quelle che sono oramai le pre-
messe minime per un sistema prefabbricato ‘low-cost’ rispetto a quelle che
sono le nuove normative di edificazione. Andando difatti ad analizzare in
modo più dettagliato un sistema generico prefabbricato ci si accorgerà di
come problematiche di comfort (come il vapore e problemi termici che sono
da sempre i grandi limiti della prefabbricazione) siano ormai state superate
in modo più che efficiente senza utilizzare tipiche metodologie ‘per strati’.
Tuttavia, andando più nello specifico, si va inizialmente a notare come il
Da ‘Performance of Modular
carattere versatile della prefabbricazione si esplichi nella concretezza [67]:
Prefabricated Architecture: il sistema preso in considerazione si ottiene mediante l’utilizzo di pannelli
Case Study-Based Review and
Future Pathways’ di Jin-Hee modulari costruiti a basso costo in fabbrica ed utilizzati come isolante per
Kim e Jun-Tae Kim
le varie partizioni; inoltre elementi come porte e finestre possono essere
montati direttamente nei pannelli di tamponamento. Questi componenti mo-
dulari sono intercambiabili, consentendo dunque una manutenzione a basso
costo (e di conseguenza facile). I pannelli che vanno a comporre le pareti
esterne derivano dal concetto del SIP (ossia ‘Structural Insulated Panels’)
che tramite la loro bidimensionalità vanno poi a comporre lo schema strut-
turale dell’edificio. Tuttavia occorre qui spiegare quelle che sono le prin-
cipali differenze tra i cosiddetti SIP ed i pannelli standard. Tutti i SIP sono
dimensionati in modo da ridurre al minimo il lavoro nel processo di prefab-
bricazione (in quanto materiali utilizzati nelle pannellature standard come
il compensato ed il polistirolo sono distribuiti in un formato inizialmente
diverso da quello utilizzabile nell’edilizia). Tutti i pannelli cosiddetti ‘off-size’
sono semplicemente tagliati in fabbrica e fanno parte di una serie limitata
di dimensioni. Così facendo, preferendo una tecnologia SIP a quella tradizio-
nale evita il taglio ‘in situ’ e, così facendo, i rifiuti che ne deriverebbero. I SIP

84
sono realizzati in pannelli di polistirolo e tipici pannelli in cartongesso che
possono ospitare il montaggio di porte e di finestre. Le semplici pannellatu-
re standard invece sono in possesso di un isolamento ed hanno esposta una
intercapedine ventilata che consente l’evaporazione del vapore acqueo che
porterebbe altrimenti a formare nel muro dell’acqua condensata.
La struttura del sistema è derivante in sostanza da una semplificazione di
sistemi convenzionali: le travi sono stati sostituite con capriate e le muratu-
re sono state sostituite con i pannelli SIP. La differenza più grande è che la
struttura è prevalentemente separata dalla ‘parete di contenimento’ e pos-
siede una sua intercapedine ventilata: ciò non fa altro che aumentare l’inte-
grità della struttura, proteggendola da problematiche di muffa e marciume.
La copertura, da sempre associata a condizioni di lavoro scomode ed a ral-
lentamenti ed interruzioni per condizioni meteo in quanto si è direttamente
esposti alla pioggia e al vento, in questo caso è conclusa completamente in
fabbrica, con tanto di dettagli montati. Convenzionalmente, questa fase è
solitamente soggetta a rallentamenti dei tempo di produzione e richiedono
strutture di sicurezza temporanee servizi che devono essere rimosse una
volta che il lavoro è finito, sprecando così grandi risorse.
Analogamente, i costi degli impianti generalmente ammontano a circa il
20% della produzione totale costo in caso di abitazioni, il che naturalmente
fa pensare che una riduzione in questo campo produrrà inevitabilmente un
grande impatto sul costo totale dell’edificio. Le installazioni, nel caso della
prefabbricazione, sono già comprese all’interno dei cosiddetti SIP, con tutte
le tubazioni per l’acqua e le fognature, canalizzazioni per la ventilazione e
il cablaggio elettrico. Così facendo vengono abbattuti parte dei costi per la
predisposizione, cosa parzialmente possibile invece nella metodologia con-
venzionale. Gli impianti tuttavia sono spesso affidati a diversi subappaltatori,
che comportano una complicazione in termini pianificativi. I prezzi offerti
dai subappaltatori sono difficili da valutare e comprendono sia materiale
che il costo della manodopera: gli accordi reciproci vanno ovviamente ad
influenzare il prezzo. Tuttavia deve anche essere ricordato che il costo orario
dei lavoratori di installazione ‘in loco’ è superiore a quello degli assembla-
tori in una fabbrica: le parti d’integrazione degli impianti nelle componenti
prefabbricate non solo impiegano minor tempo, ma sta anche a significare
che il lavoro ha un costo inferiore. Lo scopo in sostanza che sta alla base
di questo sistema è quello di ridurre le ore di lavoro necessarie al cantiere
producendo elementi prefabbricati con un alto grado di prefabbricazione:
gli elementi esterni sono pertanto forniti con superfici esterne finite. Infine,
anche il lavoro necessario per la finitura della facciata esterna quando l’edi-
ficio è montato richiede, convenzionalmente, tempo e coinvolge attrezzature
speciali e costruzioni temporanee. La riduzione di questo tipo di lavoro sarà
quindi portare ad un risparmio maggiore rispetto al reale orario di lavoro
ridotto. Anche i giunti sono quindi progettati come elementi prefabbricati

85
da montare sul posto. Le tubazioni per il sistema di drenaggio dell’acqua è
integrato negli elementi comuni che si traduce in pluviali nascosti, ottenendo
così una facciata ‘indisturbata’. Si aprirà la possibilità di acquistare i mate-
riali direttamente dal fornitore (e di beneficiare di sconti). Allo stesso modo,
la protezione antincendio dell’edificio è divisa in due parti, ossia l’antincen-
dio delle costruzioni primarie e la protezione antincendio delle costruzioni
secondarie. La costruzione principale comprende dunque un telaio in acciaio
con elementi in calcestruzzo alveolato: è importante proteggere queste com-
ponenti dal pericolo del fuoco durante un periodo più lungo per evitare che
l’edificio sia soggetto a sgretolamento. Ora, con la prefabbricazione e l’av-
vento di nuove tipologie di materiali, i solai in calcestruzzo e le pareti secon-
darie hanno una protezione incendio naturale a causa del materiale. Il telaio
in acciaio e le articolazioni metalliche devono essere protette. Questo è fatto
principalmente incorporando il telaio in acciaio nel resto della costruzione,
ma ha per le restanti parti che devono essere soddisfatte mediante vernice
resistente al fuoco ed telo protettivo. Il telaio, in acciaio, è verniciato prima
della consegna e, così facendo, non ha bisogno di essere trattato in cantiere.
Le costruzioni secondarie ovviamente non richiedono la stessa rigorosa pro-
tezione dal fuoco in quanto non sono portanti.
Il sistema preso in considerazione è oramai solitamente sviluppato con
l’inclusione di un catalogo di parti intercambiabili che possono essere as-
semblate dal fruitore nel manufatto stesso. Queste sono ovviamente scelte
progettuali rese possibili dal sistema costruttivo che per l’appunto permette
una gamma infinita di diversi allestimenti entro determinati parametri defi-
niti dagli stessi elementi strutturali di base. Il sistema strutturale, costituito
da un esoscheletro generalmente, è autoportante dal punto di vista mecca-
nico, senza quindi l’annessione di particolari strumenti. Inoltre, la maggior
parte dei componenti e dei materiali presenti nella catalogazione di progetto
sono intercambiabili con parti totalmente personalizzabili. Il sistema, così
facendo, può essere usato difatti per la creazione di un proprio edificio o di
aggiunte che possono interfacciarsi con altre forme di costruzione.
Da ‘Performance of Modular
Nonostante quindi l’essere ‘low cost’, è evidente come questa tipologia di
Prefabricated Architecture:
Case Study-Based Review and
struttura, che rappresenta il ‘minimo sforzo’ della prefabbricazione, vada a
Future Pathways’ di Jin-Hee presentare innumerevoli vantaggi dal punto di vista non solo tecnologico, ma
Kim e Jun-Tae Kim
anche qualitativo [68].

2.2.2 La digitalizzazione dell’architettura, l’avvento del BIM

A tutto ciò è da considerare quella che è la visione d’insieme che ne deriva:


il tutto, che totalmente catalogato e numerato, è facilmente rintracciabile.
Il sistema ha portato ad una vera e propria ‘digitalizzazione’ della prefab-
bricazione. Il settore delle costruzioni è da sempre riconosciuto come un
‘bailamme’ di caratteristiche eterogenee uniche legate non solo alla natura

86
del carattere distintivo del progetto, ma anche alla comprensione delle idee
di progettazione, costruzione del sito e produzione: la necessità di gestione
ed organizzazione del processo di costruzione è diventata sempre più fonda-
mentale con la complessità delle tecniche. L’avanzamento nella costruzione
di edifici ha fatto molta strada nel corso della storia ed il settore continua
da sempre a ricercare strumenti che vadano a migliorare la progettazione
prima dell’inizio della costruzione. Quindi, particolarmente significativo
in questa ricerca è l’evoluzione della redazione digitale bidimensionale in
Building Information Model (BIM). L’avvento del sistema BIM costituisce oggi
per la costruzione un metodo ed un modello di riferimento senza il quale
non sarebbe possibile gran parte del ‘plus pianificatore’ di cui la prefabbri-
cazione è dotata. Il concetto di modello architettonico (che è una tecnologia
object-oriented) sta rivoluzionando il modo in cui i progetti sono pensati e
Da ‘BIM History’ di Graphisoft
realizzati: questo perché il progetto può essere gradualmente assemblato in
digitale e visualizzato in tre dimensioni [69]. Questo ha ovviamente un im-
patto significativo sulla costruzione di fuori del sito perché aumenta la resa
per la prefabbricazione, nonché la qualità, tempi di costruzione e la sicurez-
za dell’ambiente di lavoro.
Tuttavia prima di analizzarne gli effetti, è necessaria una breve digressio-
ne di carattere storico: da un punto di vista puramente tecnologico, il BIM
può considerarsi come parte di un percorso che prende le mosse dai pri-
mi formati grafici elettronici, sviluppati in USA in ambiti universitari, già
nella seconda metà degli anni 50. Nel 1962 viene presentato il software
‘Sketchpad’, sviluppato dal MIT di Boston da Ivan E. Sutherland, ossia un
primo strumento che permetteva di tracciare primitive geometriche su uno
schermo, utilizzando una sorta di ‘mouse ottico’. Tra la fine del 1970 e l’i-
nizio del 1980, i sistemi CAD aumentarono le loro potenzialità di sviluppo
tanto che le industrie aerospaziali e manifatturiere decisero di implemen-
tare questo sistema. Questi software, progettati per l’industria aerospaziale
e manifatturiera furono adottati nell’ambito delle costruzioni edilizie per il
disegno architettonico. Da quel momento apparvero sul mercato di software
di disegno 2D e di modellazione 3D per l’edilizia. Come si è sperimentato,
i software 2D consentono solo rappresentazioni bidimensionali degli ele-
menti progettati, senza quindi seguire l’intero processo edilizio: fu questa
necessità a contribuire alla nascita del BIM. Nel 1986 Graphisoft introdusse
il primo ‘Virtual Building Solution’ conosciuto come ArchiCAD. Questo nuovo
e rivoluzionario software consentì ai progettisti, di creare, in alternativa al Da ‘The History of Bulding
Information Modelling (BIM) ‘
tradizionale disegno bidimensionale realizzato in AutoCAD o a mano libera, di APROPLAN

una rappresentazione virtuale tridimensionale del proprio progetto [70].


Era consentito un approccio parametrico che permetteva non solo di im-
magazzinare nel progetto una serie di informazioni che andavano oltre alla
geometria ed ai dati spaziali dell’edificio (caratteristiche di elementi quali
solai, pareti, coperture), ma di potersi correggere automaticamente in base

87
a cambiamenti di singole parti del modello. Comprendere il significato di
‘oggetto parametrico’ aiuta difatti a capire meglio il concetto di BIM e come
questo differisce dal tradizionale disegno 2D e 3D: un ‘elemento parete’ in
un software parametrico proiettato verso il BIM, è un oggetto parametrico
consistente in una serie di definizioni geometriche alle quali sono associati
dati e regole (ad esempio da quanti strati è composta la parete e relativa
composizione dei strati). Dal 1986 sono stati fatti incalcolabili progressi e
dal 2003 l’espressione BIM è divenuta molto popolare soprattutto in seguito
al dibattito organizzato da Jerry Laiserin (primo promulgatore del termine
BIM) negli Stati Uniti tra le due società software più diffuse in quel tempo nel
settore dell’edilizia, ossia Autodesk e Bentley. Conseguenza di questo dibatti-
to fu proprio la convinzione di procedere verso una progettazione efficace e
Da ‘BIM History’ di Graphisoft
collaborativa anche tra diversi software per garantire vantaggi smisurati agli
operatori al settore delle costruzioni [71].
Cosa s’intende quindi per BIM? Il BIM è sia la struttura dati intelligente basa-
ta sul modello 3D che il processo che coinvolge la generazione e la gestione
di rappresentazioni digitali delle caratteristiche fisiche e funzionali delle
costruzioni e dei loro siti. Per i professionisti coinvolti nel processo, il BIM
consente l’uso di un modello virtuale di informazioni gestito e manipolato
dal team di progettazione composto da architetti, paesaggisti, geometri, pe-
riti, ingegneri civili, ingegneri strutturisti, ingegneri degli impianti, appalta-
tore principale, subappaltatori ed ovviamente dall’investitore immobiliare o
committente. Ogni professionista aggiunge dati specifici della propria disci-
plina al modello unico condiviso. Così si riducono le perdite di informazioni
che in genere si verificano quando una nuova squadra interagisce e modifica
i dati del progetto, fornendo quindi informazioni più ampie agli altri soggetti
coinvolti nella gestione di strutture complesse.
Analizzando più accuratamente, il BIM presenta diverse fasi d’elaborazio-
ne e, per come il sistema si presenta, è possibile affermare che con questo
metodo si sia veramente digitalizzato il processo di pianificazione edilizia.
Quindi, partendo dall’identificazione dello strumento si vanno ad elencare
le varie possibilità in termini di lavoro e qualità: il BIM Standard, o anche
NBIMS (National BIM Standard), è la piattaforma di disegno 3D principale
(e generale) nella quale il progetto viene pensato e creato. Il successo finale
del BIM nella costruzione prefabbricata in parte dipenderà dalla capacità di
catturare tutti i dati rilevanti nel modello BIM e di scambiare con successo i
dati tra i vari partecipanti al progetto. Uno dei mezzi per fare questo scambio
di informazioni è attraverso un formato di scambio dei dati che abbiano un
valore per così dire ‘standard’. Per raggiungere questi obiettivi e migliorare
la costruzione produttività degli negli Stati Uniti ed aumentare la competi-
tività del settore delle costruzioni degli Stati Uniti a livello internazionale, il
BIM standard è istituito per fornire uno schema digitale ed i requisiti ne-
cessari per l’applicazione efficiente nei campi dell’Architettura, Ingegneria e

88
della costruzione del settore (AEC). La visione per il NBIMS è:

‘an improved planning, design, construction, operation, and maintenance pro-


cess using a standardized machine-readable information model for each facili- Da ‘The History of Bulding
Information Modelling (BIM) ‘
ty, new or old, that contains all appropriate information, created or gathered, di APROPLAN
about that facility in a format usable throughout its life cycle’ [72]

L’obiettivo di questo standard è quello non solo di migliorare la produttività


ma di creare una base per l’integrazione architettonica, strutturale e per la
creazione di un nuovo glossario di segni, codici e strumenti per l’analisi della
costruzione. In termini di prefabbricazione, vi è una forte correlazione tra la
capacità computazionale del BIM e la tendenza ad avere un’indicizzazione
organizzativa delle componenti: l’uso corretto di queste tecnologie rende
possibile che tutte le singoli componenti (che vanno a costituire gli elementi
costruttivi standardizzati o modulari) siano disponibili in formato digitale
sotto forma di modelli BIM dotati di massima precisione possibile (dal punto
di vista geometrico) nonché di una descrizione del proprio comportamento
e proprietà. Gli ‘spool’ (ossia ‘simultaneous peripheral operations on-line’)
che potrebbero essere sviluppati, possono montare queste componenti per
creare una grande varietà di composizioni, sia in forma digitale (per la fase
di progettazione) sia fisicamente poi durante la costruzione. Questa sorta di
‘quadri specializzati’ per la prefabbricazione possono essere personalizzati
per i diversi materiali, diversi tipi di edifici e diversi metodi di costruzione
soddisfando le esigenze specifiche del sito e della progettazione. Essi inclu-
dono tutte le informazioni associate che sono necessarie alle analisi dei costi,
alla struttura, al rendimento energetico ed all’assemblaggio. La ricerca svolta
da Nawari O. Nawari in ‘BIM Standard in Off-Site Construction’ affronta le sfi-
de e le opportunità per l’avanzamento ed il miglioramento della tecnica del
cosiddetto FMM (Facility Maintenance Management).
Proseguendo con il discernimento delle parti principali, si hanno come com-
ponenti principali del NBIMS:
-un database principale (BIM Exchange)
-l’IDM (Information Delivery Manual)
-il MVD (Model View Definition)
-certificazione finale

Questi sono strumenti ‘web-based’ che forniscono ricerca, la scoperta e


Da ‘Lifecycle Management of
scambi di informazioni durante tutto il processo di progettazione e fabbrica- Facilities Component Using RFI
and BIM’ di A. Motamedi
zione [73]. Il database permette di ottenere informazioni e modelli BIM. Per
raggiungere questi obiettivi e migliorare la produttività della costruzione, il
BIM è tenuto a fornire lo schema digitale e le disposizioni per ottenere un’ef-
ficace applicazione. Molto brevemente, la produzione del file si concentra
sullo sviluppo dell’IDM e man mano che progredisce e ha bisogno di una spe-

89
cificità sempre maggiore. Gli obiettivi principali della IDM sono i seguenti:
-definire i processi all’interno di un ciclo di vita di un progetto edilizio per il
quale le diverse competenze richiedono uno scambio di informazioni.
-descrizione dei risultati di esecuzione di determinati processi che possono
essere utilizzati in processi successivi.
-identificare gli attori all’interno di ogni singolo processo.
-assicurarsi che le definizioni, le specifiche e le descrizioni siano forniti in
una forma facilmente comprensibile.

Lo sviluppo dell’IDM per la costruzione ‘fuori situ’ inizia quindi con la de-
finizione dei requisiti funzionali per lo scambio di dati e la determinazione
per quanto grossolana) degli scenari di flusso di lavoro, stabilendo le prime
relazioni tra architetti, ingegneri, produttori, montatori e ‘contraente’. Le de-
finizioni dei flussi di lavoro e l’IDM sono legati in un processo globale (come
un tipico programma illustrativo e quindi non come un processo prefigura-
tivo): la strutturazione è attuata al fine di affrontare diverse casistiche che
al momento di una maggiore definizione del progetto possono presentarsi.
L’IDM proposto prevede la descrizione concreta di ogni singolo processo di
costruzione. Questi devono essere forniti per l’esigenza d’informazione da
parte di tutte le parti partecipanti, in modo di consentire la verifica dei pro-
cessi eseguiti con successo, i risultati attesi. Questa fase di scambio prende il
nome di ER (Exchange Requirements). Viene quindi stilata così una ‘mappa
dei processi’, che è stata creata usando la notazione Business Process Mo-
dbus Eling (BPMN): in sostanza le principali fasi di attività della costruzione
sono identificati con un eventuale loro rapporto con altri sottoprocessi.
La fase successiva, quella del MVD, si apre in base ai requisiti di scambio ER
specificati nel modello IDM. Il cosiddetto ‘modello di definizione’ è concet-
tualmente il processo che integra gli scambi ER provenienti dai vari processi
per la creazione dell’IDM; mettendo a paragone quindi la visione simultanea
del modello con le disposizioni date dalle parti attive , si arriveranno a logi-
che conclusioni che andranno a definire ancora meglio le varie parti del pro-
getto. L’attuazione di queste ulteriori definizioni delle componenti andranno
a creare delle versioni specifiche (ed uniche) di determinate componenti
industrialmente standardizzate: la creazione di queste unicità prenderanno
il nome di IFC (Industry Foundation Classes). La capacità del modello BIM di
essere efficace durante la fabbricazione delle IFC si basa sulla sua capacità
di organizzazione e di commistione delle informazioni fornite dal cliente, dal
team di progettazione, dal team di produzione e dai vari appaltatori secondo
l’IDM e le MVDs. Queste relazioni presentano un alto grado di dettaglio (ad
Da ‘BIM Standard in Off-Site
Construction’ di Nawari O.
esempio, un’unità di prefabbricazione potrà presentare anche il dettaglio di
Nawari un collegamento dado-bullone), sempre però mantenendo le relazioni che
possano comunque fornire un’ampia visione d’insieme [74].
A questo punto, l’ultimo passo è l’implementazione dei vari test delle specifi-

90
che in modo da poter ottenere la certificazione finale. L’esecuzione di queste
operazioni si tradurranno nel modello IFC che è più attendibile e realistico
rispetto alle esigenze di progetto.
In sostanza, l’FMM descrive gli scambi ed il ciclo completo della progetta-
zione tramite la condivisione delle informazioni tra tutte le parti coinvolte e
delinea molte direzioni in cui è richiesto un ulteriore sviluppo.
Questa tipologia di ‘management’ può essere un concetto potente, in gra-
do di catalizzare un cambiamento sostanziale nel settore delle costruzioni.
Riprendendo la ricerca di Yu-Cheng Lin e Yu-Chih Su dal nome ‘Developing
Mobile- and BIM-Based Integrated Visual Facility Maintenance Management
System’, viene dimostrato in un caso concreto come il sistema FMM sia diven-
tato al giorno d’oggi un argomento molto importante per la ricerca riguardo
la fase operativa del ciclo di vita delle costruzioni. La gestione del FMM è
effettivamente molto complessa a causa di vari fattori e condizioni lavorative
e, come è stato messo in luce, una delle difficoltà primarie è la performance
di grafica 2D, al momento di raffigurare il servizio di manutenzione. Il BIM
utilizza una precisa geometria e dati rilevanti per supportare il servizio di
impianti raffigurati in 3D orientato verso gli oggetti CAD soggetti a manuten-
zione. Utilizzando la tecnologia BIM, la prefabbricazione ha compiuto ulte-
Da ‘Developing Mobile- and
riori passi avanti grazie all’implementazione del sistema del Facility Mainte- BIM-Based Integrated Visual
Facility Maintenance Manage-
nance Management (BIMFMM) per un personale servizio di controllo nella ment System’ di Yu-Cheng Lin
e Yu-Chih Su
fase di funzionamento e manutenzione degli elementi [75].
Riprendendo il lavoro svolto da Yu-Cheng Lin e Yu-Chih Su, il sistema
BIMFMM è stato poi applicato in un caso studio selezionato (un progetto di
un edificio commerciale a Taiwan) per verificare la metodologia proposta e
dimostrare la sua efficacia nella pratica. Utilizzando il sistema BIMFMM, lo
staff per la manutenzione rivedere i modelli 3D in base BIM per l’aggiorna-
mento delle informazioni riguardo le azioni compiute legate in un formato
digitale. I risultati combinati dimostrano che un sistema BIMFMM simile può
essere un efficace strumento visivo per il FMM.
La creazione di progetti funzionalmente migliori è solo una parte della
promessa della tecnologia BIM. Molte aziende, di piccole e medie dimensio-
ni, utilizzano la progettazione 3D per poter collaborare con imprese gene-
rali e direttori dei lavori per automatizzare la produzione dei loro disegni
e prefabbricare componenti, come le attrezzature meccaniche e sistemi di
facciata. Mentre i progetti di qualsiasi dimensione possono ad ogni modo
beneficiare della prefabbricazione, con il BIMFMM si ha forse l’impatto più
importante proprio nei progetti più complessi di grandi dimensioni. Questa
tipologia di progetti difatti sono spesso gestiti da una figura più grande, ossia
il direttore dei lavori o per meglio dire il ‘contraente’, che gestirà la questione
prefabbricativa, le varie attrezzature meccaniche, elettriche e gli l’impianti
idraulici, che possono essere consegnati al cantiere ed installati dai subap-
paltatori minori esattamente quando pianificato. Quindi perché usare il

91
BIM?:

‘Why use BIM? Are you automating a 2D wasteful process? How does BIM give
you a better design? Can we eliminate model duplication? If we can identify
and remove waste—essentially not produce what people don’t want—we need
to do that. The Toyota Production Principles state that we respect people, the
Da ‘Using BIM Technology’ di O. customer defines value, and we identify and remove waste… People say ‘modu-
Metthius, Autodesk
lar and prefabrication means it has to constrain the design. The message we’re
trying to say here is really ‘BIM allows prefabrication to be flexible’ because
no matter how unique and one-off the design is, as long as we know it is con-
structible in the model, we can prefabricate it and install it’ [76]

Riprendendo il caso presentato nella ricerca a cura della stessa compagnia


CAD-CAM Autodesk, l’LCI, fondata nel 1997, è una organizzazione no-profit
che opera come un catalizzatore per trasformare le industrie AEC, attraverso
la consegna di progetti snelli tramite l’utilizzo di un sistema operativo incen-
trato su un linguaggio comune, con principi fondamentali e pratiche di base.
Gli obiettivi prefissati includono lo sviluppo di ampi canali di collaborazione
e di distribuzione per procedure ‘snelle’: la mission principale è quella di la-
vorare in un ambiente snello per la preparazione di un edificio prefabbricato
utilizzando un metodo di progettazione che veda una stretta collaborazione
con architetti, ingegneri, professionisti dell’edilizia e subappaltatori non
solo in fase di prefigurazione concettuale ma durante l’intero processo di
costruzione. Sia nelle situazioni d’azione in team sia in nelle fasi di contratta-
zione per una determinata fornitura integrata, i processi di lavoro dovranno
essere strettamente collaborativi rispetto al tradizionale processo che vede
la consegna di determinati documenti contrattuali in punti specifici della
progettazione, lasciando poi il resto al team: la costruzione effettiva richiede
infatti anche ai membri del team di progettazione di considerare questioni
che vanno al di là delle loro specialità individuali (come questioni di tipo
impiantistico e/o meccanico). Nel 2009, la DPR Construction, una delle prin-
cipali aziende di costruzioni sanitarie in California, ha iniziato a sperimenta-
re l’idea di utilizzare il BIM per eseguire la progettazione di una complessa
costruzione prefabbricata ibrida in SIP (ed altri parti invece in muratura): la
squadra di progettazione ha preso decisioni riguardo il modo migliore per il
montaggio sul campo ed ha rappresentato direttamente su un foglio di ‘spo-
ol’ il modello di costruzione, basato sia sulla competenza specifica dei pro-
gettisti stessi sia sul processo decisionale dei vari attori che sono stati coin-
volti nella creazione del modello: in questo modo il tutto è stato trasmesso
ad altri dispositivi tramite ‘buffer’ in modo da essere elaborato ulteriormen-
te. Questa coordinazione tra vari team hanno permesso una rapida costru-
zione del progetto ‘Sutter Castro Valley Medical Center’. Grazie alla rigorosa
precisione della modellazione 3D utilizzata da DPR Construction e dai suoi

92
subappaltatori commerciali in fase di progettazione (1/8 inches, che equi-
valgono a 3 millimetri), si ottengono disegni esatti e sezioni completamente
dettagliate (con informazioni comprendenti di lavorazioni effettive e mate-
riali) tramite l’utilizzo di ‘spool coordinati’ ottenuti direttamente dal modello
tridimensionale realizzato. Con questi ‘fogli BIM’ altamente coordinati, la
squadra di progettazione è stata in grado di installare tutte le tubazioni ed i
pannelli prima che le pareti fossero spedite ‘in situ’ per la costruzione dell’o-
spedale: questo ha significato implementare allo stesso modo le varie appa-
recchiature meccaniche, elettriche e l’impianto idraulico prima della fase di
montaggio, il che evita di conseguenza di dover far districare queste varie
componenti attraverso un labirinto di muri, eliminando dunque le inevitabili
rilavorazioni nel caso in cui qualcosa non fosse predisposto all’integrazione.
Quando è arrivato il momento di realizzare le centinaia di pannelli di car-
tongesso in acciaio e muratura, la DPR Construction aveva i telai di pannelli
leggeri calibro costruiti in una fabbrica vicina, piuttosto che in un ambiente
caotico di cantiere. Le pareti, una volta finite, sono state spedite al cantiere,
in modo che i vari materiali extra non ingombrassero il sito dell’ospedale
prima di essere installati. La DPR Construction e le imprese commerciali
satelliti all’impresa, realizzato il processo costruttivo prefabbricativo del
‘Sutter Castro Valley Medical Center’ risparmiarono rispetto ad un sistema Da ‘Using BIM Technology’ di O.
Metthius, Autodesk
costruttivo convenzionale rispettivamente il 18.75% riguardo il budget dei
sistemi meccanici utilizzati ed il 50% del finanziamento per la fabbricazione
e l’installazione dei pannelli murari in SIP [77].
Nello scenario americano (viene citato il caso americano in quanto maggior
fautore per l’ottica prefabbricativa), altri casi studio simili sono generalmen-
te ritracciabili nelle esperienze dell’American Institute of Architects (AIAs)
tramite l’utilizzo di quello che è definibile come ‘Integrated Project Delivery’
(IPD). La definizione di ‘IPD’ è un trend che al giorno d’oggi sta prendendo
sempre più piede nell’ottica di un progetto organizzato attorno ad un model-
lo BIM (non sempre tuttavia prefabbricato) e sta nell’indicare un approccio
di realizzazione del progetto che integra professionisti, sistemi, strutture Da ‘IPD. An Example of Rela-
aziendali, e le mette in relazione tramite un processo che sfrutta in modo tional Contracting’ di AIA

collaborativo i talenti e le intuizioni di tutti i partecipanti al fine di ridurre gli


sprechi ed ottimizzare l’efficienza in tutte le fasi di progettazione, fabbrica-
zione e, laddove previsto, montaggio [78]. L’uso del BIM svolge chiaramente
un ruolo chiave nell’adozione pratiche IPD. Il BIM offre, in sostanza, una
ricchezza di informazioni che viene generata automaticamente alla creazio-
ne del modello: a sua volta, questa informazione può essere utilizzata per la
stima dei costi, progettazione e controllo, ed eventualmente per la gestione
del funzionamento e manutenzione dell’edificio. Tuttavia, perché questo
processo si verifichi, è necessario attuare una nuova forma di contrattazione,
quella in cui le tutte le parti coinvolte siano disposte a collaborare assieme
sin dalle prime fasi per poter costruire un ‘modello combinato’ che colga le

93
esigenze di tutte le varie parti.
Ciò che tuttavia risulta, per così dire, ‘curioso’, è il fatto che un certo numero
di autori vadano a sostenere la teoria che il settore edile ha ‘omesso’ l’ado-
zione delle tecniche che hanno migliorato le prestazioni in altri settori, come
la produzione ‘just-in-time’ (Low e Mok 1999), la gestione totale della qua-
lità (Shammas-Thoma 1998 ), la partnership con i fornitori (Cox, 1996) e la
razionalizzazione della catena di montaggio con l’‘industrializzazione’ della
produzione di processi (Gann 1996). La prefabbricazione e l’industria delle
costruzioni ‘off-site’ sarà in grado di ottenere risultati positivi simili a quelli
già acquisita dai industrie automobilistiche e altri di produzione, se il siste-
ma BIM viene utilizzato a piena potenza.

2.2.3 Integrazione di sistemi RFID per la salvaguardia nel tempo

Un’altra interessante applicazione tecnologica alla metodologia costruttiva


della prefabbricazione è il sistema RFID (Radio Frequency Identification),
integrato al sistema BIM, per il monitoraggio del LCA dell’edificio assem-
blato. Riprendendo la ricerca svolta da Min-Yuan Cheng and Nai-Wen Chang
riguardo tale argomento in ‘Radio Frequency Identification integrated with
BIM for open-building life cycle information management’, si è recentemente
scoperto come le varie parti modulari del costruito, tra cui i sistemi di sup-
porto strutturali ed i sistemi di tamponamento (come pareti divisorie, pareti
strutturali che permettono il montaggio e lo smontaggio ripetitivo), se abbi-
nate ad una tecnologia RFID, possano garantire il recupero di informazioni
critiche necessarie per la gestione in varie fasi del progetto (previa model-
lazione in BIM). Si è sviluppata quindi un’identificazione a radio frequenza
con la costruzione di modello di informazione integrata (RFID-BIM) per la
gestione del LCA dell’edificio. Come verrà riportato, i risultati ottenuti sono
sostanzialmente i seguenti:

‘RFID technology can facilitate the effective storage and retrieval of critical in-
formation needed by management at different project phases. BIM frames the
construction components and materials database and allows visual simulation
Da ‘Radio Frequency Identi- of the building model. This study generated several significant results, these
fication integrated with BIM
for open-building life cycle included:
information management’ di
Min-Yuan Cheng and Nai-Wen
1) Development of a 3D time factor- integrated figure able to generate a 4D
Chang virtual reality model for construction progress simulation in the planning and
design phase;
2) Using the developed model, it can be successful checking of construction
interfaces and conflicts during the detailed design phase;
3) Control and real-time monitoring of construction installation work during
the construction phase.’ [79]

94
In sostanza, l’implemento nella prefabbricazione di un segnale radio iden-
tificato permette il monitoraggio (e quindi la eventuale preparazione) delle
componenti soggette a manutenzione, e, soprattutto se in presenza di casi
simili precedenti, un’ottima previsione dell’intera dinamica dell’edificio pre-
fabbricato nel corso del tempo. Ovviamente il sistema BIM è fondamentale
in quanto presenta una indicizzazione completa di tutti gli elementi creati in
fabbrica previamente e lega questi al sistema RFID.
Tuttavia, prima di procedere nella dissertazione di tale tecnologia, è neces-
sario compiere una chiarificazione riguardo tale sistema. Il termine RFID
rappresenta un termine generico per tutte quelle tecnologie che utilizzano
le onde radio per identificare automaticamente persone o cose. Le etichette
RFID o ‘tag’ sono collegate ad obiettivi e lette da uno scanner lettore. I diret-
tori dei lavori utilizzano spesso tale sistema per tracciare le posizioni delle Da ‘Radio Frequency Identi-
fication integrated with BIM
componenti, ottenere dati su di esse e migliorare la gestione di progetti di for open-building life cycle
information management’ di
costruzione. Di conseguenza, il metodo RFID e la sua capacità di acquisizio- Min-Yuan Cheng and Nai-Wen
Chang
ne dati possono rappresentare una tecnologia di applicazione corretta per
gestire i dati delle componenti attraverso il ciclo di vita dell’edificio. Difatti,
tradizionalmente, il ciclo di vita dell’edificio è suddiviso, generalmente, in
cinque grandi fasi ossia [80]:
-pianificazione e progettazione: durante la fase di progettazione delle com-
ponenti strutturali per la prefabbricazione, vengono analizzati e divisi dopo
il completamento di layout dettagliati ed analisi strutturali. Secondo i prin-
cipi del sistema dell’elemento ‘codifica prefabbricato’, ad ogni unità prefab-
bricata viene assegnato un codice unico memorizzato su un tag RFID. I dati
delle componenti prefabbricate vengono memorizzate anche nel modello
3D per la trasmissione delle fasi successive. Questo codice, che identifica
l’elemento, è universalmente utilizzato nelle fasi di produzione, trasporto,
stoccaggio, costruzione e installazione e riciclaggio. Il tag assegnato per ogni
elemento in fase di progettazione viene utilizzato per creare disegni esecuti-
vi, piani di produzione e controlli di magazzino per i prodotti finiti nel cortile
di stoccaggio.
-fabbricazione: la costruzione ed installazione della simulazione del pro-
cesso, controllo orario e controllo dei lavori basati sulla piattaforma BIM. I
concetti, che stanno alla base di questa fase, sono le applicazioni che sono
integrate nel modello 4D e le risorse (ad esempio, materiali e macchine) per
finalità di gestione del progetto. Prima di iniziare la costruzione, i manager
devono preparare il programma di installazione in base al piano di costru-
zione e di sviluppare un database programma di riconoscimento. Le infor-
mazioni rilevanti sulle quali è codificato sulle unità prefabbricate.
-costruzione: il modello di riferimento per il monitoraggio programma di
costruzione e installazione rispecchia le esigenze di gestione del processo
di installazione. I segnali RFID permettono un monitoraggio dei processi in
tempo reale: la tecnologia 4D per la costruzione di progetti di costruzione

95
fornisce una metodologia basata sulla pianificazione della costruzione che
integra la funzionalità della modellazione 3D con il tempo. Quando viene
utilizzata la gestione del programma di costruzione integrata, il modello 3D
si riferisce al modello architettonico o strutturale, e la dimensione temporale
si riferisce ai programmi previsti ed effettivi: l’associazione di modello 3D al
tempo è quindi la base della simulazione 4D per il processo di costruzione.
-manutenzione: la fase di manutenzione rappresenta il periodo più ampio in
un ciclo di vita dell’edificio. La tecnologia RFID per collegare le informazioni
delle componenti alla storia dell’edificio con il database della piattaforma
RFID-BIM è essenziale: questa supporta gli utenti riguardo le condizioni
dell’edificio e permette un’efficace attuazione delle attività di manutenzione.
Ogni componente è classificato come in una delle tre condizioni fisiche, cioè
completi, usurate o danneggiate. Questa funzione fornisce anche informazio-
ni di produttore di contatto per i controlli specialistici. Nel corso della sua
vita utile, un edificio può richiedere necessariamente diverse esigenze che
richiedono integrazioni architettoniche, lavori di ricostruzione, decorazione
di interni o di trasferimento di utenti. Gli utenti possono utilizzare il lettore
RFID per accedere alle informazioni essenziali sulla condizione attuale dei
componenti.
-demolizione: gli utenti possono utilizzare il modello di simulazione 4D per
ottimizzare lo sforzo costruzione di smontaggio. Le operazioni di smon-
taggio possono essere dedotti dalle informazioni memorizzate sui ‘tag’ ed
integrati nella piattaforma. Le componenti possono successivamente essere
controllate per determinare le idoneità all’uso.

Molti documenti e disegni tecnici sono associati, naturalmente, alle varie fasi
del ciclo di vita dell’edificio. Per poter avere dunque un metodo integrato
per gestire le varie informazioni a partire dal comportamento dei segnali è
necessario per l’appunto avere una piattaforma BIM (per i motivi elencati
precedentemente). E’ stata sviluppata dunque una piattaforma RFID-BIM
per fornire dati grafici e non grafici tra cui disegni esecutivi, specifiche, pro-
grammi, osservazioni, ordini di modifica e così via. L’utilizzo di questa mito-
logia si esplica sostanzialmente nelle seguenti macroparti:
-layout e codifica della componentistica: per comunicare i dati delle compo-
nenti per le varie fasi dell’LCA dell’edificio e per facilitare la gestione della
costruzione in modo automatico, si è proposto un metodo di codificazione
del quadro di costruzione per ciascuna delle componenti alle quali possono
essere assegnate un codice unico con la tecnologia RFID. In base alla do-
manda degli utenti ed al metodo di codificazione, i principali fattori, adottati
per questa metodologia di codifica, riflettono i fattori come: ID di progetto,
numero di piani, tipologia di componente e numero d’ordine.
-sistema di trasmissione RFID: il sistema RFID di trasmissione utilizza una
tecnologia wireless che combina il sistema di identificazione informazioni

96
con radiofrequenza (RF): il processo di trasmissione dei dati tra il lettore
RFID ed il ‘tag’ vede un raccoglimento ed una trasmissione al centro di con-
trollo dei dati delle componenti dell’edificio. Nei cantieri viene a farsi avanti
il vantaggio fornito da questo tipo di tecnologia: difatti, all’arrivo delle com-
ponenti nel sito di montaggio vengono trasferiti dei dati che possono dimo-
strare come determinate informazioni riguardo i pezzi prefabbricati possano
cambiare in caso di problemi e/o imprevisti. I cantieri edili sono in genere
degli ambienti ‘importanti’ che sono in genere fornito con una grande quan-
tità di materiali e componenti: il sistema RFID può dinamicamente trasmet-
tere e ricevere informazioni per aiutare ad identificare determinati oggetti
anche in assenza di ‘linee guida’.
-informazioni racchiuse nel tag: queste possono essere modificate. Ci sono
due fasi per l’utilizzo della tecnologia RFID per poter raccogliere i dati
pre-inseriti nei ‘tag’: la prima, la gestione del controllo all’ingresso in can-
tiere; la seconda, lo stoccaggio. Un sensore all’ingresso del sito di montaggio
legge i ‘tag’ delle singole unità prefabbricate quando queste sono trasporta-
te ‘in situ’. I dati vengono poi trasmessi via segnale wireless RFID al centro
di controllo e vengono salvati nel database al cui si è associati. Prima della
rimozione dal sito di stoccaggio per l’uso, le informazioni delle unità vengo-
no nuovamente registrate e queste vengono trasmesse al centro di controllo
per controllare le informazioni di installazione rilevate come ad esempio,
la posizione, la sequenza, i dati dei componenti e la gestione dello storage
materiale.

Ora, è ampiamente riconosciuto che la modellazione del prodotto sia l’unica


soluzione per la gestione efficiente informazioni costruzione: uno dei prin-
cipali vantaggi del BIM è infatti la sua rappresentazione geometrica accurata
durante le tre fasi di costruzione in un ambiente di dati integrato. I concetti e
le tecnologie che hanno stabilito un modello di simulazione, comprendono:
-l’integrazione di un modello 3D con un edificio composto da oggetti mante-
nuti in un database: il BIM è un framework digitale contenente tutti i compo-
nenti di costruzione. Questo studio ha applicato la tecnologia BIM per poter
creare un modello 3D in grado di simulare un vero e proprio edificio sin
dalle prime fasi di progettazione al fine di ispezionare le varie interfacce di
costruzione e ridurre i conflitti durante il lavoro. Tutti i dati dei componenti
ed i materiali, sono stati poi catturati nel modello 3D. Il BIM è stato impie-
gato per memorizzare i documenti di costruzione comprese le specifiche, i
disegni, e le richieste di informazioni.
-l’integrazione della tecnologia 4D in un modello per la simulazione di un
edificio: il progetto di modello di simulazione 4D permette agli utenti di
rivedere lo status previsto di un progetto nel contesto di un modello 3D per
qualsiasi tempo desiderato. Questo consente ai responsabili di progetto di
verificare l’integrità di qualsiasi piano desiderato, così come mette in eviden-

97
za i potenziali conflitti di interfaccia e problemi logistici durante la fase di
costruzione. Inoltre si supporta la comunicazione di conoscenza del prodot-
to e di processo e permette un efficiente monitoraggio dell’avanzamento dei
lavori. Applicare il modello 4D facilita la replicazione e la riprogettazione di
un progetto ‘open-building’ in un futuro prossimo.
-la stima delle componenti: usando le tecnologie grafiche e digitali appena
descritte, il ‘contraente’ sarà in grado di stimare un piano di lavoro rispetto
ai termini relativi alle componenti ed al controllo della gestione del materia-
le (in ingresso, trasporto e produzione). Le informazioni ottenute sono utili
anche alla fabbrica per facilitare la stesura e la correzione del programma di
prefabbricazione, riducendo le perdite ed i ritardi in modo significativo.

In sostanza, si è sviluppata una piattaforma automatizzata per la gestione


delle informazioni in modo da aiutare i vari manager a gestire le componenti
di costruzione in tutto il ciclo di vita dell’edificio . Il concetto è applicabile
anche alla rigenerazione efficiente di edifici esistenti. Utilizzando il sistema
RFID e la tecnologia BIM nel settore delle costruzioni è possibile a semplifi-
care lo scambio di informazioni e competenze tra le varie parti, sia durante
il processo decisionale e le fasi costruttive dell’FMM. Le risorse così facendo,
Da ‘Radio Frequency Identi- possono essere calcolate automaticamente in qualsiasi punto temporale o
fication integrated with BIM
for open-building life cycle periodo, rappresentando così un’opportunità per architetti, ingegneri e pro-
information management’ di
Min-Yuan Cheng and Nai-Wen
prietari di implementare una maggiore automazione e comunicazione per
Chang migliorare l’efficacia del lavoro nelle attività del progetto [81].

2.3 Quali sono i limiti meccanici applicabili agli edifici prefabbricati?

Una delle caratteristiche più utili della prefabbricazione è anche uno dei
motivi di studio più interessanti per la costruzione moderna: l’essere scom-
ponibile e riportabile ad un singolo elemento porta la performance della
componentistica a nuovi livelli. La scomponibilità della prefabbricazione
infatti permette uno studio dettagliato non solo di ogni singolo componente,
ma anche del sistema complessivo con incredibile rapidità e semplicità. Ri-
prendendo un passaggio tratto da ‘Innovation and Improvements of Mechani-
cal, Electrical, and Plumbing Systems for Modular Construction Using Building
Information Modeling’:

Da ‘Innovation and Improve- ‘Today’s construction systems can be studied really as a prototype, an ‘unicum’.
ments of Mechanical, Electri-
cal, and Plumbing Systems Creativity and necessity with today’s acknowledgments can solve complex
for Modular Construction
Using Building Information mechanical problems with different prototypes, in order to create something
Modeling’ di T. M. Korman
really original.’ [82]

La dimensione sperimentale del prototipo permette una definizione esatta


dell’architettura e delle regole di articolazione che sembra venire di vol-

98
ta in volta secondo un atto essenzialmente fondante. La prefabbricazione
diventa descrizione delle parti componenti come se si concepissero per la
prima volta dal momento che intuizione permette di individuare gli elementi
componenti delle regole di articolazioni che definiscono un sistema di forme
in attesa di cui permane la sola indeterminazione dimensionale. Così la di-
mensione del prototipo costruttivo oltre ad assolvere alla funzione di prefi-
gurare e coordinare le operazioni del successo produttivo dal punto di vista
progettuale, costituisce il luogo in cui sperimentare le possibili alternative
tipologiche dimensionali che si è in grado di contenere in relazione alle con-
figurazioni di particolari progetti. Il prototipo risulta dunque caratterizzato
dalle tecniche di assemblaggio che sottendono la disponibilità combinatoria
di svariati elementi architettonici. Allo stesso modo, la sperimentazione sui
Da ‘Eurocodice 8’
prototipi appare come la metafora di un processo oggettivo di riorganiz-
zazione della realtà che avviene secondo la ricerca di parametri certi per il
progetto, in grado di controllare la molteplicità evoluzione delle forme della
realtà costruita [83].
Data la simile configurazione, si potrebbe pensare che la prefabbricazio-
ne e l’industrializzazione dell’edilizia non possano creare nuovi problemi
di statica nelle costruzioni in quanto è ovvio che le strutture di un edificio
sono sollecitate sempre alla stessa maniera, sia se costituite sul posto sia se
fabbricate altrove e poi montate in opera. Tale opinione tuttavia costituisce
una chimera in quanto, dalla ricerca svolta da Michele Salvati in ‘La statica
delle strutture prefabbricate’, viene messo in luce come il discorso statico si
complichi proporzionalmente al grado di lavorazione delle componenti: lo
studio delle strutture prefabbricate dà luogo a particolari problematiche.
Difatti, partendo dall’osservazione che la costruzione degli elementi prefab-
bricati avviene in un ambiente ben diverso da quello del cantiere in cui se ne
effettuerà poi il montaggio, ne deriva che si sfrutti al massimo la resistenza
dei materiali dì cui sono costituite i vari elementi delle strutture (essendo
questi costituiti presso industrie specializzate dove per l’appunto l’impiego
di procedimenti tecnici consente di produrre strutture meglio proporzionate
in modo da sfruttare). Questi sistemi consentono di sfruttare al massimo gli
studi che si effettuano per la progettazione dei prototipi, in quanto, le spese
per essi occorrenti vengono a gravare in quantità minima sulle singole unità
dei prodotti messi in commercio: così facendo è possibile ricorrere all’im- Da ‘L’Evoluzione nella Sismica
della Prefabbricazione’ di L.
piego di quei metodi di proporzionamento basati sulle teorie matematiche Casarin
più rigorose, che generalmente (nella stragrande maggioranza dei casi della
costruzione convenzionale) non vengono applicate, perché richiedono l’ap-
plicazione di calcoli complessi [84]. L’altra caratteristica importante degli
elementi prefabbricati è costituita dalla possibilità di effettuare, nei labora-
tori sperimentali, prove di resistenza sulle stesse strutture che vengono poi
montate in opera, le quali quindi possono essere sottoposte a controlli più
specifici sollecitandole con carichi di ogni tipo (sia statici che dinamici). Ciò

99
permette di determinare con tutta precisione le caratteristiche di resistenza
delle varie strutture, il che consente di fissarne in piena sicurezza i carichi
di lavoro a cui devono essere sottoposte in opera. Si tenga anche presen-
te che la sperimentazione effettuata sui prototipi, prima di poter arrivare
alla costruzione in catena di montaggio ed alla produzione in serie, offre
l’opportunità ai fabbricanti di poterne perfezionarne il proporzionamento
permettendo alleggerimento delle parti che risultano essere in esubero di
peso oppure di rinforzare adeguatamente le componenti che manifestano
resistenza insufficiente. Tuttavia le problematiche più complesse nascono in
concomitanza dello studio della resistenza delle costruzioni ottenute tramite
il montaggio definito degli elementi prefabbricati in opera: infatti un edifi-
cio risulta costituito dalle strutture portanti verticali, da chiusure verticali
secondarie (non portanti quindi), da solai dei vari piani e dalla copertura.
Con i calcoli statici di verifica si deve quindi controllare la resistenza dell’in-
tero complesso considerando tutti i carichi che lo sollecitano e, soprattutto, il
modo di realizzazione dei collegamenti tra le varie parti di cui è costituito.

2.3.1 Considerazioni meccaniche riguardo un edificio prefabbricato

Come accennato in precedenza, il calcestruzzo è un naturale elemento per la


prefabbricazione (nonchè il materiale più usato per tale metodologia) pro-
prio per la sua elevata resistenza. Come è noto non basta utilizzare un legan-
te di ottima qualità per poter confezionare un conglomerato di resistenza
meccanica sufficientemente elevata, ma occorrono altre caratteristiche [85]:
Da ‘Normativa Strutturale’, -inerti costituiti da elementi di adeguata resistenza con una composizione
Art. 9 Legge n. 1086
del 5 Novembre 1971 granulometrica adatta ed assolutamente priva di impurità
-un dosaggio preciso dell’acqua di impasto (fissato) nella misura strettamen-
te necessaria per assicurare le caratteristiche di lavorabilità richieste
-assestamento dei getti ottenuti con l’aiuto dei mezzi meccanici idonei

Per ogni officina generalmente i valori minimi a 28 giorni sono di 300 kg/m3
per calcestruzzo normale e di 400 kg/m3 per il calcestruzzo precompresso.
Da qui diparte per l’appunto il problema fondamentale statico riguardante la
resistenza di un intero edificio ottenuto col montaggio in cantiere delle varie
componenti: come bisogna meccanicamente considerare l’edificio?
Quest’ultimo, secondo vari studi ed esperienze, è da considerarsi, in sostan-
za, come una struttura ‘monolitica’ salvo il fatto che, per ragioni particolari,
non si siano inserite in esso delle apposite discontinuità (quali giunti dilata-
Da ‘L’Evoluzione nella Sismica
della Prefabbricazione’ di zione e cerniere) mentre l’edificio prefabbricato è costituito da vari elementi
L. Casarin
opportunamente collegati. Pertanto, è principalmente dalla tipologia e dalla
natura delle giunzioni effettuate in cantiere che dipenderà il comportamento
statico della costruzione [86]. Ad esempio, nel caso di un’ossatura metallica,
con unioni effettuate mediante saldatura, si ottiene, pur con la prefabbrica-

100
zione, una costruzione monolitica.
Nel caso invece di costruzioni in conglomerato cementizio armato, il pro-
cedimento di calcolo statico va studiato tenendo conto delle modalità di
comportamento delle giunzioni sotto l’azione dei carichi che vanno a solleci-
tare l’edificio. Si nota che nelle strutture precompresse le unioni sono atte a
resistere anche ai momenti flettenti, per cui sono in grado di rendere solidali
fra loro le varie porzioni del complesso. Lo stesso discorso si ha anche negli
edifici di calcestruzzo armato normale, in quanto si possono ottenere delle
unioni effettuate con saldature dei ferri delle armature metalliche e con la
successiva sigillatura del conglomerato cementizio. Inoltre, se tali unioni
vengono eseguite accuratamente è assicurata la piena solidità fra le varie
parti dell’intera struttura. Tuttavia, alcuni esperimenti eseguiti con i colle-
gamenti effettuati in base ad alcuni brevetti, hanno dimostrato che si può
facilmente ottenere una parziale solidarietà nell’unione, quando questa è
sufficiente a soddisfare le esigenze della tipologia di costruzione [87]: ciò Da ‘La Prefigurazione Archi-
tettonica nella Dialettica tra
comporta un notevole vantaggio statico poiché le strutture subiscono all’atto Perfezione e Temporalita’’ di
S. Ferrini
della messa in opera una prima inflessione dovuta al peso proprio e, succes-
sivamente, quando l’unione dei vari elementi è realizzata, agiscono i sovrac-
carichi. Pertanto, i vari elementi si comportano come appoggiati per quanto
riguarda il peso proprio e semi incastrati per quanto riguarda il sovracca-
rico con una conseguente migliore distribuzione delle tensioni. Particolare
cautela è tuttavia necessario usare quando si studiano gli effetti della ‘defor-
mazione lenta’ e dei ritiri, in quanto alterano il diagramma dei momenti (in
particolar modo gli estremi delle campate), aumentandone notevolmente il
valore: in questo caso occorre effettuare dei calcoli statici lasciando un con-
siderevole margine di sicurezza per evitare che i momenti raggiungano valo-
ri capaci di vincere la resistenza delle unioni. I vari sistemi di collegamento,
che devono essere eseguiti in modo tale che il montaggio possa effettuarsi in
breve tempo e senza impiego di casseri, si basano sugli accoppiamenti che
possono essere classificati (tenendo conto ovviamente degli elementi che Da ‘La Statica delle Strutture
Prefabbricate’ di M. Salvati
maggiormente influenzano la esecuzione costruttiva) [88]:
-sistema portante scelto (capriate, piedritti, telai) da accoppiare
-gli organi di collegamento
-l’azione statica attribuita all’accoppiamento

A seconda degli elementi da collegare, le costruzioni si distinguono in tipolo-


gia munite di ‘ossatura portante’ e in quelle tipologia a ‘parete piena’ [89]:
collegamenti tra la fondazione ed il pilastro Da ‘La Statica delle Strutture
-raccordi ad angolo tra pilastro e le travi Prefabbricate’ di M. Salvati

-collegamenti delle travi sia nelle campate che sugli appoggi


-collegamenti tra i telai a sheds e le capriate

I collegamenti vengono successivamente distinti in [90]:

101
-collegamenti con sigillatura in calcestruzzo, che vengono realizzati con l’u-
nione delle armature
-collegamenti a bulloni o a saldatura, realizzati a secco e che si ottengono
Da ‘La Statica delle Strutture con l’imbullonatura e/o saldatura delle parti metalliche incorporate nei cal-
Prefabbricate’ di M. Salvati
cestruzzo
-accoppiamenti con la precompressione, con i quali i prefabbricati vengono
messi insieme con la tesatura

La funzione statica che viene affidata ai collegamenti conduce a distinguere i


vari collegamenti in base alla tipologia di trasmissione dei momenti ed altre
forze (normali e di taglio). La giunzione tra plinto prefabbricato e pilastro si
realizza in modo da assicurare una perfetta solidarietà, se si adottano plinti
con cilindri metallici in cui viene introdotto il pilastro e il cilindro successi-
vamente riempito in calcestruzzo. La sequenza generalmente è la seguen-
te[91]:
-il pilastro ha sezione uguale su tutta fa la lunghezza dell’incastro. Per il cen-
tramento una piastra o un cilindro d’acciaio viene introdotto in uno strato di
Da ‘Componenti Innovativi malta dello spessore di 5-10 cm
per l’Edilizia, Caratteristiche
Costruttive e Riflessioni sul -il collegamento del plinto viene eseguito in due fasi: si collegano, in un
Processo Industriale’ di ITACA
primo momento, le due mensole laterali di cui è munita la base del pilastro
in corrispondenza della sommità del plinto. Non appena il pilastro è esatta-
mente centrato si getta il calcestruzzo nel cilindro d’acciaio per poter sigilla-
re definitivamente l’unione.

Per i momenti flettenti notevoli ed i pilastri di altezza considerevole, poiché


l’incastro dei plinto di fondazione esigerebbe una lunghezza di incastro ec-
cessivo, si può effettuare il collegamento mediante saldatura delle armature
sporgenti dal pilastro e dal plinto, con sigillatura successiva in calcestruzzo.
Il pilastro viene mantenuto sospeso dalla gru nella posizione adatta e resta
appoggiato con una linguetta sulla fondazione, affinché si effettuino le sal-
dature tra i ferri delle armature sporgenti dalla base del pilastro a quelli dei
plinto. Effettuate le saldature, la gru può lasciare libero il pilastro. Il collega-
mento può essere anche effettuato con bulloni che si infilano in uno zoccolo
disposto al piede dei pilastro. Appositi dispositivi sono stati studiati per
realizzare la cerniera all’unione tra il plinto ed il pilastro.
Una tipologia, frequentemente adottata, consente di realizzare l’accoppia-
mento senza calcestruzzo gettato in sito: le piastre in acciaio saldate all’ar-
matura del pilastro e della fondazione si appoggiano l’una contro l’altra, o,
addirittura, direttamente. Bisogna tenere presente che la fondazione a plinto
prefabbricato deve assicurare un incastro, il cui momento deve poter essere
assorbito con un grado di sicurezza adeguato. La coppia resistente viene a
formarsi con le risultanti delle tensioni di compressione sulla parete della
fondazione e dalla forza d’attrito sul fondo del cilindro in acciaio incorpo-

102
rato nel plinto. La fondazione viene considerata, per queste tensioni, come
un telaio chiuso nella direzione orizzontale e come un piedritto sollecitato
da forze di taglio, nella direzione verticale. Nei collegamenti effettuati con
il calcestruzzo gettato ‘in situ’, bisogna tener conto degli effetti del ritiro e
delle ‘deformazioni lente’ che assumono una importanza assai maggiore nel
calcestruzzo gettato in opera rispetto a quello delle strutture prefabbricate
che hanno subito una notevole stagionatura al momento del montaggio. Per
effetto di questi fenomeni, avviene un’alterazione degli sforzi interni con
aumento della sollecitazione nei calcestruzzi prefabbricati. Inoltre, l’assor-
bimento degli sforzi tra calcestruzzo ed acciaio subisce una notevole varia-
Da ‘Componenti Innovativi
zione, che è tanto maggiore, quanto più elevato è il rapporto tra la sezione per l’Edilizia, Caratteristiche
Costruttive e Riflessioni sul
trasversale del calcestruzzo gettato ‘in situ’ e la sezione del calcestruzzo Processo Industriale’ di ITACA

prefabbricato. Occorre tener presente che questa riduzione delle tensioni


assorbite dai calcestruzzo gettato in opera, rispetto a quello precompresso
per effetto del ritiro e le deformazioni lente, è tanto maggiore quanto più
grande diventa la differenza di stagionatura tra calcestruzzo prefabbricato
e quello gettato in sito. Le strutture reticolari in calcestruzzo armato sono
state introdotte da molto tempo, ma la loro diffusione ha potuto realizzarsi
solo con la prefabbricazione, che evita la costosa carpenteria ed il difficile
betonaggio. Inoltre, con la costruzione in serie, viene ridotto notevolmen-
te il costo [92]. Sempre sulla stessa linea, la riduzione considerevole delle
dimensioni delle aste richiede un proporzionamento accurato che non può
trascurare il calcolo degli sforzi secondari, pertanto la progettazione deve
essere obbligatoriamente effettuata per fasi: è di fondamentale importan-
za adottare in architettura la stessa impostazione concettuale prefissata in
ogni scienza sottendendo un sistema di reticoli tassi tale da determinare una
nuova euristica del progetto in quanto prefigurazione di possibili rapporti ed
articolazione tra gli elementi componenti.

2.3.2 Gestione e comportamento sismico di una costruzione prefabbricata

Una delle chiavi di volta della prefabbricazione dal punto di vista meccanico
costituisce una tematica alla quale in questi ultimi anni più che mai, si pone
grande enfasi. Difatti, come i sismi avvenuti in Italia tra il 2009 ed il 2012
(in particolare quello dell’Aquila e dell’Emilia) hanno dimostrato, il crollo di
numerosi edificati ha portato l’attenzione sulla questione della sicurezza si-
smica delle strutture costituite con elementi prefabbricati in c.a. e c.a.p.. Tra i
motivi di questi collassi possono essere individuate in particolare delle cause
ricorrenti [93]: Da ‘Componenti Innovativi
per l’Edilizia, Caratteristiche
-la mancanza di collegamenti tra elementi strutturali (come ad esempio travi Costruttive e Riflessioni sul
Processo Industriale’ di ITACA
e pilastri)
-la carenza strutturale dei pilastri, in termini di resistenza e di duttilità
-la presenza di elementi di tamponatura prefabbricati non adeguatamente

103
vincolati alla struttura

Le costruzioni generalmente devono essere in grado di soddisfare tre requi-


siti fondamentali, ossia la salvaguardia della vita umana; il contenimento dei
danni alle strutture; il mantenimento della funzionalità delle strutture stra-
tegiche (ossia quelle opere necessarie all’immediato intervento sul territorio
in caso di terremoto). Per raggiungere tali obiettivi si possono utilizzare
sostanzialmente due metodologie, caratterizzate da due approcci completa-
mente opposti [94]:
Da ‘L’Evoluzione nella Sismica
della Prefabbricazione’ di L.
-il primo metodo consiste nel raggiungere la difesa sismica del fabbricato
Casarin
attraverso la duttilità della struttura, in modo tale che in caso di sisma possa
entrare in campo plastico, usufruendo delle riserve di resistenza
-il secondo metodo prevede di diminuire le azioni telluriche in modo che la
struttura possa rimanere nel campo elastico

Lo schema statico è una caratteristica fondamentale delle strutture, che ne


determina il comportamento sotto l’azione dei carichi statici e, molto più
importante, il comportamento sotto l’azione delle forze dinamiche, come le
forze inerziali orizzontali in caso di evento sismico. Per quanto riguarda le
strutture prefabbricate si possono sostanzialmente individuare due schemi
statici ricorrenti [95]:
-sistemi a telaio: in questo caso deve essere fatta particolare attenzione alla
realizzazione delle connessioni, che devono essere eseguite in modo tale da
garantire caratteristiche di rigidezza, duttilità e resistenza, per dare continu-
ità alla struttura, portando ad avere un comportamento tipico delle strutture
in c.a. Il raggiungimento di queste caratteristiche può avvenire con giunti ad
Da ‘L’Evoluzione nella Sismica emulazione del comportamento monolitico o con soluzioni progettuali in-
della Prefabbricazione’ di L.
Casarin novative compatibili (definite dal bollettino FIB n. 27 del 2003 come ‘Jointed
System’)
-schema a pilastri isostatici, questo sistema riguarda solitamente le costru-
zioni per uso industriale, in cui le colonne risultano essere incastrate alla
base e le strutture orizzontali, quali travi, traversi e copertura, risultano
semplicemente appoggiati. Si ha quindi uno schema pendolare. Questo sche-
ma prevede quindi una discontinuità flessionale a livello dei giunti ma risulta
essere estremamente sensibile alle forze orizzontali, che causano eccessivi
spostamenti laterali.

Bisogna ricordare che una struttura prefabbricata è definibile come una


struttura costruita attraverso l’associazione e/o realizzazione ‘in situ’ di di-
versi elementi costruiti in una fabbrica o assemblati direttamente in cantie-
re. Allo stesso modo difatti la nuova normativa sismica italiana definisce una
struttura prefabbricata come:

104
‘una struttura realizzata mediante l’associazione, e/o completamento in ope-
ra, di più elementi costruiti in stabilimento o a piè d’opera. I manufatti prodot-
ti si dividono in due categorie:
-in serie dichiarata: manufatti prodotti in serie in stabilimento per i quali è
stata depositata la documentazione progettuale esecutiva nonché la Relazione
Da ‘Normativa Strutturale’,
di Calcolo presso il servizio Tecnico Centrale del Ministero dei Lavori Pubblici Art. 9 Legge n. 1086
del 5 Novembre 1971
(art. 9 Legge n. 1086 del 5 novembre 1971) e per i quali, per l’impiego in zona
sismica, il Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici d’idoneità all’impiego in
zona sismica (art. 7 Legge n. 64 del 2 febbraio 1974).
-in serie controllata: i manufatti dichiarati sottoposti anche a verifica speri-
mentale da Laboratori Ufficiali o Autorizzati.’ [96]

Le parti che compongono un edificio prefabbricato possono essere divise


(come appena accenato) dal punto di vista meccanico nel modo seguente:
-i principali elementi strutturali che devono resistere alle sollecitazioni
derivanti dal proprio peso, da carichi portano e stress trasmessi da elementi
ad essi collegati. Devono rendere la struttura solida come un unico grande
componente, formando dei piani rigidi;
-gli elementi strutturali secondari, con funzioni portanti, non essenziali per
la stabilizzazione generale del palazzo, ma che dovrebbero essere in grado di
resistere azioni con sufficiente margine di sicurezza (peso proprio e carichi
che portano).

La maggioranza delle strutture prefabbricate realizzate in passato, hanno


spesso utilizzato lo schema statico pendolare isostatico. Gli eccessivi sposta-
Da ‘L’Evoluzione nella Sismica
menti laterali, già citati in precedenza, costituiscono una grossa limitazione della Prefabbricazione’ di L.
Casarin
per quanto riguarda le verifiche allo stato limite di danno ed allo stato limite
ultimo, portando a effetti del secondo ordine spesso non trascurabili [97].
Introducendo nei nodi tra gli elementi ed i dispositivi o delle soluzione co-
struttive in grado di riprodurre la continuità strutturale, si passa allo schema
a telaio. Tale schema ha il vantaggio, grazie alla sua iperstaticità, di permet-
tere un ridistribuzione delle forze interne, con una diminuzione dei valori
massimi delle sollecitazioni, consentendo pertanto di utilizzare pilastri e
travi con sezioni resistenti minori. Associato a tale vantaggio, si ottengono
anche la riduzione degli spostamenti orizzontali e, rilevante in condizioni
sismiche, l’incremento del numero di nodi in grado di dissipare energia. Ad
una prima analisi quindi lo schema a telaio appare più vantaggioso. Biso-
gna però osservare che, per tale tipologia costruttiva, il progetto strutturale
risulta più complesso in quanto deve essere definito con un elevato grado di
dettaglio, soprattutto con riferimento alle connessioni tra i diversi elementi
costituenti la struttura. Esse infatti devono essere in grado di trasmettere gli
sforzi flessionali, rispecchiando così nella situazione reale quanto definito
in fase di progettazione. Inoltre, tale funzionamento è difficile da realizza-

105
re in entrambe le direzioni principali dell’edificio. Risulta evidente come
la scelta dello schema statico influenzi le caratteristiche dei componenti
portanti della struttura; e come la definizione di tale schema sia collegata
direttamente alle tipologie di connessione che intercorrono tra gli elementi.
Nelle strutture prefabbricate, tanto più se soggetti a rischio sismico, l’atten-
zione dovrebbe essere concentrata nelle parti dove vi sono più collegamenti
Da ‘L’Evoluzione nella Sismi- ed articolazioni: difatti, i collegamenti devono essere realizzati in modo da
ca della Prefabbricazione’ di
L. Casarin garantire la trasmissione delle forze previste ed i giunti di dilatazione sono
necessari per poter garantire spostamenti reciproci senza trasmettere azioni
[98]. I materiali utilizzati con funzioni strutturali nelle connessioni devono
avere una durabilità sufficiente con una grande resistenza al fuoco e con
una protezione pari almeno a quella degli elementi ai quali si connettono.
Quando queste condizioni sono soddisfatte, i limiti dell’intera struttura sono
definiti dall’elemento più debole. La tipologia, il lay-out e la frequenza delle
articolazioni sono determinate sulla base degli spostamenti attesi, a causa
degli insediamenti, di variazioni termiche e di stato di stress alla quale la
struttura viene sottoposta (compresi gli effetti sedimentari e l’attività sismi-
ca). Il montaggio delle componenti strutturali e non strutturali in cantiere
dovrebbe essere svolto con estrema attenzione in quanto, per poter confe-
rire il livello di resistenza, rigidità e duttilità della struttura come ‘unica’ i
collegamenti devono essere montati alla perfezione. Il crollo di un elemento
strutturale va a compromettere ovviamente la stabilità dell’intero edificio e
tutto ciò che è contenuto in esso (persone e oggetti) è in grande pericolo. I
vari test strutturali che vengono svolti sulle varie componenti della struttura
hanno al fine di garantire che l’edificio sia in grado di resistere alle azioni
che possono essere oggetto di un’adeguata sicurezza rispetto alle condizioni
necessarie per le sue operazioni e garantire che si sia conservato nel tempo.
I test che vengono applicati alla struttura, considerata nel suo insieme e per
ciascuna dei suoi elementi di costruzione, dovrebbero essere soddisfacenti
durante la costruzione, nelle sue varie fasi di produzione, stoccaggio, tra-
sporto e montaggio. L’analisi strutturale di elementi prefabbricati dovrebbe
tener conto delle prestazioni strutturali nelle loro varie fasi, la efficacia dello
stato delle connessioni e delle articolazioni ed incertezze derivanti da errori
Da ‘Normativa Strutturale’, nella geometria stessa di progetto e la posa dei vari elementi.
Art. 9 Legge n. 1086
del 5 Novembre 1971 Inoltre, un altro motivo su cui porre grande attenzione è riguardo la posi-
zione di alcune reazioni di ritenuta, la deformazione a causa di variazioni
termiche, crollo e la deformazione differenziale fra i vari calcestruzzi. La
normativa sismica italiana prende in considerazione [99]:
-la connessione tra strutture dotate di più piani, definita quando tutti gli ele-
menti strutturali sono connessi l’un l’altro per poter avere continuità
-strutture a singoli piani con elementi di copertura retti da pilastri statici.

Per questi due tipologie di edifici la legge quindi fornisce due diversi valori

106
ai fattori strutturali. Considerando quindi l’importanza delle connessioni tra
gli elementi prefabbricati che sostanzialmente influenzano il comportamen-
to statico del corpo strutturale e la sua risposta durante l’attività sismica, la
legge determina tre situazioni a cui corrispondono dei dimensionamenti che
vanno a prendere degli orientamenti diversi [100]:
-connessioni che ricadono nella zona anaelastica, in modo da non modificare
Da ‘Normativa Strutturale’,
la capacità di dissipazione della struttura rispetto al complesso Art. 9 Legge n. 1086
del 5 Novembre 1971
-connessioni situate al di fuori delle aree critiche alle estremità delle travi e
pilastri, ma di grandi dimensioni al fine di spostare l’azione plastica all’inter-
no degli elementi di collegamento
-collegamenti situati all’interno di aree critiche all’estremità delle travi e
pilastri con caratteristiche necessarie in termini di duttilità ed energia dissi-
pativa.

A questo punto è necessario fare una piccola digressione a carattere infor-


mativo riguardo quelle che sono le strutture di costruzione intese come
convenzionali ed il loro rapporto con il dimensionamento delle connessioni.
Per le strutture con un telaio, il dimensionamento delle connessioni richie-
de che la connessione debba possedere una resistenza pari a quella che la
sezione della trave o colonna deve possedere per un edificio ‘unico’. Le parti
degli elementi adiacenti per i collegamenti devono essere dimensionati con
le stesse procedure per le strutture ‘uniche’, in base alla classe di duttilità
usata.
Per le strutture che invece sono dotate di pilastri statici, la legge italiana
richiede una tipologia di connessione pilastro-solaio (rigido o elastico) o un
Da ‘Dimensioning of con-
elemento scorrevole. Le travi portanti prefabbricate devono essere struttu- nections with main elements
with mechanical braces’ di
ralmente collegate a pilastri o pareti (per il supporto). I collegamenti dovreb- FISCHER

bero garantire la trasmissione delle forze orizzontali durante un terremoto


senza fare affidamento sulle forze suscitate dall’attrito [101].

Per quanto riguarda le strutture intese semplicemente come ‘prefabbricate’,


l’Eurocodice 8 prende in considerazione i tipi di struttura seguenti [102]:
-sistemi intelaiati Da ‘Eurocodice 8’

-impianti a pannelli
-sistemi duali, con telai prefabbricati misti e pareti prefabbricate o ‘monoliti’
strutture cellulari.

Il codice europeo riconosce diverse funzioni di elementi strutturali e le sud-


divide in [103]:
-elementi resistenti alle sole azioni verticali
Da ‘Eurocodice 8’
-elementi resistenti sia alle azioni verticali e azioni orizzontali
-elementi in grado di fornire una connessione adeguata tra i vari elementi
strutturali.

107
Tra gli elementi non strutturali, l’Eurocodice 8 distingue quelli completa-
mente disconnessi dalla struttura e quelli parzialmente resistente alle forze
di deformazione. Si distinguono le connessioni in base alla loro capacità di
dissipare energia e sul fatto che si trovano all’interno o all’esterno di zone
critiche (laddove c’è la più grave combinazione azione-effetto). Negli ele-
menti prefabbricati, le connessioni devono essere prese in considerazione a
causa deformazioni cicliche oltre il limite elastico (risposta alla degradazio-
ne): a differenza delle strutture monolitiche, il valore della resistenza delle
connessioni soggette a carichi crescenti non può essere assunto come valore
della resistenza in caso di sollecitazioni sismiche. Nelle strutture prefabbri-
cate, la dissipazione di energia può avvenire anche attraverso degli sposta-
Da ‘An exploration of design
systems for mass customi- menti oltre il limite elastico per effetto del modulo di taglio, purché [104]:
zation of factory built tiber
homes’ -la loro capacità di risposta non degradi ‘eccessivamente’ per tutta la durata
di C.Adair e A.Schuler
dell’azione
-sia impedita ogni tipo d’instabilità.

Le discontinuità, in qualsiasi tipologia di elemento verticale, non sono ovvia-


mente ammissibili. I test hanno dimostrato l’importanza dei singoli partico-
lari costruttivi rispetto le prestazioni dell’antisismica locale e globale dell’e-
dificio. Lievi danni locali riguardo gli elementi strutturali non sono spesso
causati dalla struttura nel suo complesso, ma piuttosto dalla progettazione
ed esecuzione dei dettagli stessi: nelle strutture prefabbricate i collegamenti
devono essere dimensionati perfettamente per poter garantire il passaggio
delle forze, oltre alle connessioni tra i diversi elementi a pavimento. Queste
travi giocano un ruolo fondamentale nel garantire il comportamento del dia-
framma di elementi orizzontali e, quindi, una buona risposta di tutta la strut-
tura sottoposta ad uno stress da un terremoto. In sostanza, i collegamenti ed
i particolari costruttivi hanno il compito di garantire la possibilità di ‘percor-
si di carico’ alternativi se un elemento strutturale collassa, in modo da non
compromettere la stabilità complessiva della struttura. Per salvaguardare i
pilastri nelle strutture prefabbricate da una rottura per taglio o per instabili-
tà dei rinforzi verticali nelle zone di dissipazione, gli esperimenti hanno chia-
ramente dimostrato che la spaziatura dei sostegni dev’essere ridotta di una
certa lunghezza secondo altezza e lato maggiore. Le leggi sismiche italiane
prescrivono parentesi d’installazione alle due estremità dei pilastri: un caso
tipico è il telaio costruito ‘in situ’ (trascurando il fatto che in una colonna
statica prefabbricata la zona superiore non ha capacità di dissipazione).
La grande differenza tra le strutture costruite ‘in cantiere’ e le strutture pre-
fabbricate si gioca in gran parte nelle connessioni pilastro-trave e trave-so-
Da ‘Racking and bending tests
for prefabricated wall panels’ di laio, in quanto ‘in situ’ c’è la presenza di un nodo di carattere ‘monolitico’,
W. M. Toro
mentre, nella struttura prefabbricata, vi sono punti di discontinuità causati
dalla presenza di semplici elementi portanti [105]. La discontinuità dei pun-

108
ti di contatto tra i vari elementi è una delle caratteristiche vincenti di prefab-
bricati in quanto riduce il tempo di costruzione e la manodopera, permette
l’assemblaggio semplice di carichi strutturali e non richiede nessun tipo di
ponteggio di sicurezza. In questi punti di discontinuità c’è meno capacità di
ridistribuzione delle azioni interne.

2.3.3 Le componenti prefabbricati, tra performance meccanica ed applicazione

Come già prima descritto, uno dei caratteri fondamentali della prefabbri-
cazione è quello della versatilità non solo per il montaggio, ma anche per la
‘superfetazione’ e la capacità di essere un innesto (o una ‘rimarginazione’)
ad edifici i tutt’altra metodologia costruttiva. La capacità quindi di poter
fare un’architettura di ‘transizione’, mette in luce nuove riflessioni dal ca-
rattere compositivo, tecnologico ed anche meccanico: difatti, i problemi di
applicazione dei caratteri prefabbricativi a quelli tradizionali dimostrano
come anche meccanicamente le due metodologie lavorino in modo diver-
so. Una delle problematiche principali di questo confronto metodologico è
il collegamento con gli elementi saldati. Molto spesso vari elementi di co-
Da ‘Racking and bending tests
pertura per le strutture prefabbricate sono collegati da gettate di cemento for prefabricated wall panels’ di
W. M. Toro
con angolature di acciaio, che sono saldate con una barra di metallo (o in
acciaio) con un diametro di 20-24 mm generalmente [106]. Questo tipo di
collegamento spesso non è adatto, perché risulta essere troppo rigido, tanto
da non consentire la deformazione termica per gli elementi connessi come
ad esempio gli elementi di copertura che sono soggetti a notevoli variazioni
termiche giornaliere e stagionali (e quindi possono generare una variazione
di posizionamenti di circa un millimetro). Quindi, a causa dell’alta rigidità
dell’elemento, è probabile che la saldatura venga danneggiata (rendendo di
conseguenza la connessione inesistente e così facendo inefficiente in contra-
sto forze orizzontali generate in un caso estremo da un terremoto).
Un altro caso interessante lo si nota anche nella casistica delle applicazio-
ni prefabbricate nel caso del comportamento meccanico della ‘frizione’. In
generale, gli elementi orizzontali a riposo (come travi o elementi di copertu-
ra) su di elementi verticali (come i pilastri) hanno un rapporto di semplice
contatto: se tra questi viene posto un elemento in neoprene, evitando in
questo modo il contatto degli elementi si ottiene un grande vantaggio dal
punto di vista del gestione della trasmissione dei momenti e delle forze. Più
specificatamente, l’estremità degli edificati prefabbricati hanno elementi
portanti che, con bullonatura ed elementi di ancoraggio alla trave principale
di copertura (anch’essa con bullonatura e rondella), si collegano ad una pia-
stra metallica ed a un foglio di neoprene: in questo modo le forze orizzontali
sono controbilanciate soltanto dall’attrito generato dove queste riposano. Il
foglio di neoprene tra i due elementi in calcestruzzo ha il compito di evitare
il contatto diretto tra le strutture in cemento armato, che potrebbe generare

109
momenti di flessione negative per i quali le travi non sono dimensionate ed
è quindi necessario per poter assorbire le rotazioni tra la trave ed il pilastro
indotto dal movimento sismico.
Un’interessante applicazione di questi concetti riguardo la sismicità in una
Da ‘Dimensioning of con-
nections with main elements costruzione prefabbricata, la si nota nel progetto di ricerca condotto dal
with mechanical braces’ di
FISCHER Politecnico di Milano, finanziato dalla Unione Europea, coordinato dal Prof.
Toniolo [107]: è stato costruito un prototipo di una struttura prefabbricata
ad un piano, composto da sei pilastri con uno zoccolo da presa, disposti in
una rete con due moduli quadrati da 8m ciascuno e con tre travi principali
e sei pannelli di copertura. Lo scopo di questo esperimento è stato quello di
valutare il comportamento sismico di elementi prefabbricati in calcestruzzo
che compongono l’edificio e progettato secondo l’Eurocodice 8. Gli elementi
per il fissaggio erano dei pannelli di copertura che sono stati rinforzati con
angolature in acciaio. Poiché il supporto in calcestruzzo consente tale pos-
sibilità (in termini di spessore, luci tra sostegni e punti di fissaggio) è stato
possibile utilizzare un ancoraggio meccanico. Le forze generate dalla mas-
sima accelerazione di un terremoto sono approssimabili, dal punto di vista
meccanico, a ‘carichi statici equivalenti’. Questa approssimazione è, in ogni
caso, conservatrice, in quanto non prevede un’omissione di alcun tipo di
forza applicata nella realtà. I collegamenti qui utilizzati si sono basati su una
bullonatura coniugata con staffe metalliche. Per gli elementi non strutturali,
non è possibile avere la forza d’attrito come l’unico mezzo per contrastare
le forze orizzontali generate da un terremoto. Per questo tipo di elemento è
Da ‘Dimensioning of con-
nections with main elements necessario creare una connessione in grado di resistere alle forze sismiche
with mechanical braces’ di
FISCHER orizzontali, ma che allo stesso tempo dovrebbe consentire la deformazione
termica [108]. Le forze dipendono ovviamente dal peso proprio e diventano
importanti in strutture prefabbricate particolarmente pesanti. Per ottenere
una connessione che sia in grado di contrastare le forze sismiche elevate ma
che permetta anche la deformazione termica, sono stati condotti degli espe-
rimenti su collegamenti tra elementi non strutturali costituiti da due strati
di resina epossidica tra cui si stabilisce un legame di tipo plasto-elastico.
L’obiettivo è quello di collegare la rigidità della resina epossidica alla defor-
mabilità dell’elemento elastico-plastico. Da questa indagine ne è scaturita
la progettazione della connessione migliore con la resina e l’elemento pla-
sto-elastico per un migliore comportamento all’evenienza sismica. Quindi,
da come si è visto, nella meccanica prefabbricativa hanno importanza fonda-
mentale i collegamenti ed i giunti tra le varie componenti: raccomandare un
miglioramento dei collegamenti da parete a parete per pannelli prefabbricati
(strutturali o non) è una necessità per la qualità dell’edificio. La performance
Da ‘Eurocodice 8’ di queste componenti rappresentano la grande forza di questa metodologia
costruttiva [109].
Ovviamente, nonostante le argomentazioni appena proposte, è interessante
anche vedere come comunque vi sia uno stacco netto dal punto di vista per-

110
formante tra i singoli elementi costruttivi che vanno a comporre la struttura
nella gestione delle sollecitazioni. E’ utile, anche dal punto di vista mecca-
nico, vedere le differenze tra varie impostazioni prefabbricative. Esistono
diverse tipologie di costruzione prefabbricata e queste si dividono principal-
mente (e generalmente) in:
-sistema a pannelli
-sistemi a telai

L’abitazione pannellizzata in tecnologia prefabbricata SIP è un sistema


costruttivo che è cresciuto molto negli ultimi anni ed una crescita costante
è prevista per almeno i prossimi venti anni (come riportato dalla ricerca
di Schuler e Adair). I cosiddetti SIP sono un sistema di costruzione ad alta
prestazione in cui la parte strutturale è assemblata all’interno della pare-
te, con uno strato di OSB (ossia ‘Oriented Strand Board’) all’esterno ed una
cavità interna dalla profondità variabile riempita di polistirolo. Nonostante
questo paragrafo stia trattando i metodi costruttivi prefabbricati in termini
meccanici, è necessario in questo particolar caso porre attenzione anche alla
performance termica dell’elemento. L’entrata di aria dall’esterno o, semplice-
mente, le infiltrazioni d’aria, sono responsabili di addirittura il 40% del calo-
re o della perdita di raffreddamento mediamente in casa, il che risulta essere
un’enorme considerazione in termini delle prestazioni termiche finali: in un
test comparativo condotto dal laboratorio di Oak Ridge (un centro di ricer-
ca scientifico e tecnologico gestito dal Dipartimento dell’energia degli Stati
Uniti), alcuni ricercatori hanno costruito due abitazioni identiche di circa
2600 m2 ciascuna (con però una in tecnologia SIP ed un’altra con una con-
venzionale costruzione in legno ed isolamento in fibra di vetro). La ricerca Da ‘An exploration of design
ha provato che l’abitazione in SIP era addirittura cinque volte più ermetica systems for mass customi-
zation of factory built tiber
rispetto all’abitazione in legno, rendendo quindi questa tecnologia assolu- homes’
di C.Adair e A.Schuler
tamente conveniente rispetto ai metodi convenzionali di costruzione [110].
Come per qualsiasi altra tipologia di costruzione, ci si aspettano delle presta-
zioni adeguate da questo sistema in quanto, quando si è sottoposti a cari-
chi ambientali estremi, come forte vento o terremoti, la struttura deve nel
miglior modo possibile gestire queste sollecitazioni. Come parte del sistema
di carico laterale resistente, i pannelli di taglio trasferiscono i carichi esterni
dei diaframmi (sistemi per tetti o piani superiori) alla fondazione. Le presta-
zioni della parete in termini di taglio sotto sollecitazione sono intimamente
legate alla diversità dei parametri quali le configurazioni delle connessioni,
tipologie e spessori del rivestimento, tipologia di ancoraggio parete-fonda-
zione, proporzioni e numero di aperture tra pannello e pannello.
Le prestazioni delle pareti con tassellature, che rappresentano tipiche co-
struzioni nel campo costruttivo, sono state studiate in modo estensivo,
mentre le prestazioni per i sistemi parietali non ancorati, che rappresentano
le pratiche del non-costruito, non sono ancora ben studiati e documentati.

111
Tuttavia, sulla base del lavoro redatto nel paper ‘Racking and bending tests
for prefabricated wall panels’ di Williams Munoz Toro, si è constatato tramite
l’osservazione svolta dall’autore (durante delle visite industriali ai cinque
Da ‘Racking and bending tests
for prefabricated wall panels’ di produttori di componenti della parete prefabbricati della Provincia del
W. M. Toro
Québec) come queste tecnologie si comportino in base allo stress ricevuto
[111]. Inizialmente, si è notato come un SIP possa essere dotato di diverse
tipologie di configurazioni per la connessione; ovviamente ogni pannello
deve rispondere ad una certa esigenza di progetto, e quindi dev’essere stu-
diato per una sua precisa allocazione: questo significa che il numero di perni
e di dispositivi di fissaggio alla zona di giunzione tra diversi pannelli cambia
in base alla tipologia di pannello interessato. Il lavoro svolto nella tesi qui
citata prende in esame i risultati di ‘racking tests’ (o test da sforzo) e prove
di flessione sull’intera dimensione del pannello. I campioni erano compo-
sti da unità dalle dimensioni generalmente intese come ‘standard’ (1,22 x
2,44 metri); inoltre questa tipologia di test statici è stata eseguita secondo
le norme ASTM (ossia ‘American Society for Testing and Materials Internatio-
nal’). Le prove di flessione a parete sono state effettuate secondo un progetto
di protocollo basato sul calcolo della pressione del vento, mentre quelle da
sforzo secondo il metodo standard. Entrambe le prove sono state eseguite
su varie pareti unite tra loro con due tipologie di connessione tra le varie
unità di parete, ossia ancoraggio ed inchiodaggio, e fissate a terra con perni
di fissaggio alla fondazione. I pannelli a parete sono collegati in modo lineare
o formando un angolo: inoltre, per una veridicità effettiva, questi possono
essere forniti con isolamento e rifiniti con un rivestimento esterno e inter-
no. Ciò che si evince dai risultati dei rispettivi test dimostra possibilità non
indifferenti [112]. Difatti:
-i risultati delle prove da sforzo indicano che la tipologia di collegamento
Da ‘Racking and bending tests tra le unità delle pareti non hanno una grande influenza sulla gestione delle
for prefabricated wall panels’ di
W. M. Toro forze (nel caso delle pareti ancorate) mentre invece, nel caso delle pareti
inchiodate tra loro è stata notata una sottoutilizzazione della piena capacità.
-Per le prove a flessione, le unità delle pareti collegate oppongono un’alta
pressione indipendentemente dal collegamento utilizzato.

L’analisi dei rapporti carico-deflessione ed il confronto delle degradi delle


pareti fornisce una migliore comprensione della performance ed ha sugge-
rito i seguenti risultati esplorativi. Difatti, per la distribuzione dei carichi,
il tipo di connessione centrale tra i settori di parete non ha avuto una certa
Da ‘Racking and bending tests
for prefabricated wall panels’
influenza sulla forza [113]:
di W. M. Toro -per tutti i tipi di connessioni tra settori esaminati, le pareti con tassellature
d’ancoraggio sono state quasi tre volte più forti di quelle inchiodate. Hanno
mostrato l’80% in più di rigidità e dissipato da cinque a sette volte in più
l’energia prima della rottura.
-per i carichi cosiddetti ‘out-of-plane’, le pareti assemblate hanno resistito

112
ad una vento-pressione al di sopra di una sollecitazione pari a 4,3 kPa. Si è
notato che la resistenza dell’agglomerato in SIP era controllato dalla forza
dei perni di fondazione piuttosto che dal tipo di connessioni utilizzate.

Così facendo, ancora una volta è stato dimostrato come il carattere perfor-
Da ‘Dimensioning of con-
mance della tecnologia prefabbricativa non si riduca solamente alla dimen- nections with main elements
with mechanical braces’ di
sione del materiale d’uso, ma anche ai dettagli che vanno a comporre poi la FISCHER
struttura finale [114].
Ovviamente, come ogni tecnologia applicata al campo della prefabbricazio-
ne, uno dei fattori che rende immediata (e conveniente) l’applicazione dei
SIP stessi risiede nei subordinati minori, come fornitori e montatori. Dal
momento che i SIP sono precostruiti in fabbrica, si può tranquillamente che
ciò che veramente aiuta questo processo lungo è la qualità d’insieme dei vari
disegni esecutivi, che permette una approfondita conoscenza dei dettagli
costruttivi ed un massimo sfruttamento delle possibilità offerte.
Per quanto riguarda invece il sistema costruttivo del telaio, questo tipo di
struttura è costituita da un’orditura di travi e pilastri che vanno a formare un
insieme di telai ripetuti sia sul piano orizzontale che verticale. Normativa-
mente parlando, per telaio s’intende:

‘si definisce telaio l’elemento strutturale realizzato con due ritti verticali di Da ‘Performance of Modular
Prefabricated Architecture’
sostegno–pilastri ed un traverso-trave rigidamente connessi fra loro’ [115] di F. E. Boafo

Questo sistema fornisce una continuità sotto il profilo statico consentendo


l’utilizzazione dello spazio limitando gli ingombri planimetrici. I pilastri, che
costituiscono gli elementi verticali di interpiano, possono essere allineati
lungo un asse formando una pilastrata o possono essere posti ad una distan-
za gli uni dagli altri in funzione della luce ottimale per i solai, secondo una
maglia regolare che può essere quadrata, rettangolare o triangolare. Le travi,
elementi orizzontali di piano, sono disposte in successione e costituiscono
la travatura delle strutture a telaio. Le strutture a telaio lavorano prevalen-
temente in regime di flessione e taglio, compressione e pressoflessione. I
sistemi a telai generalmente possono essere in legno, acciaio o calcestruzzo;
ovviamente ad ogni materiale è corrisposta la rispettiva performance mecca-
nica, motivo per il quale, in genere, si preferisce per la costruzione prefabbri-
cata un materiale come quello ferroso (anche se storicamente non mancano
esempi nobili per legno e calcestruzzo). Difatti gli edifici in acciaio modu-
Da ‘Performance of Modular
lari sono sempre più utilizzati per costruzioni con un altezza pari dai 2 a 6 Prefabricated Architecture’
piani, o, anche altezze maggiori dal momento che tale tecnologia è altamente di F. E. Boafo

integrabile (e quindi rafforzabile) con materiali performanti [116]. Ciò che


è importante mettere in luce in questo caso è la resistenza laterale di questo
tipologia di edificio, che risulta essere unico nel suo genere: come anticipato,
dei migliori risultati vengono raggiunti con l’aggiunta di rinforzi diagonali.

113
Il pilastro in acciaio può essere formato da profili chiusi circolari, quadrati
o rettangolari o da profilati tipo HE, che presentano minore sensibilità a
fenomeni di instabilità per snellezza. Può essere anche realizzato attraverso
l’unione di semilavorati che, tramite connessioni (un tempo chiodatura, oggi
bullonatura o saldatura), formano elementi composti. Il sistema di connes-
sione utilizzato tra gli elementi composti influisce sul comportamento della
struttura: la chiodatura e la bullonatura prevedono l’utilizzo di elementi
mobili che fanno da connettori e che necessitano di forature preventive degli
elementi da unire; la saldatura, invece, attraverso la fusione metallica, per-
mette di evitare forature ed ottenere elementi monolitici. La capacità por-
tante del pilastro metallico è condizionata dalla snellezza che influisce nella
scelta della sezione trasversale. I profili tubolari tondi hanno la massima
inerzia all’inflessione laterale (carico di punta) rispetto all’asse in qualsiasi
direzione; le sezioni tubolari quadrate hanno un buon comportamento al
carico di punta. Questi profili vengono utilizzati solo di rado a causa degli
assemblaggi con gli altri elementi della struttura che risultano difficili e co-
stosi. I profili a sezione aperta sono soggetti a flessione per carico di punta e,
per carichi critici, anche a torsione. Le sezioni maggiormente impiegate sono
le tipo IPE e HE.
Negli ‘Metal Structural Building’ o ‘MSB’ (o ancora ‘Metal PMC’), le unità mo-
dulari ad alta resistenza e sezioni d’acciaio durevoli sono costruite e rifinite
in un ambiente di produzione controllato come quello dell’officina (o fab-
brica che sia) e connessi orizzontalmente e verticalmente. Il carico laterale
su ogni piano viene trasferito attraverso i collegamenti orizzontali al telaio
modulare controventato e, di conseguenza, attraverso le connessioni vertica-
li, alla fondazione. Le seguenti caratteristiche, specificamente, distinguono il
telaio MSB rinforzato da una qualsiasi tipologia di telaio in acciaio-rinforzato
standard [117]:
-l’esistenza di travi e traverse a soffitto nel sistema a telaio MSB
-le travi del pavimento possono essere impostate direttamente sopra le travi
del soffitto senza vari collegamenti meccanici
-gli elementi di irrigidimento in una struttura tipica di acciaio modulare non
Da ‘Performance of Modular
Prefabricated Architecture’ s’intersecano in un unico punto, evitando così di portare elevate accortezze
di F. E. Boafo
di tipo sismico sul collegamento verticale tra le diverse unità/moduli
-i collegamenti orizzontali di moduli separatamente finiti vengono aggiunti
da campi di bullonatura con ‘clip’ (che sono saldate in officina) alle traverse
del pavimento
-il collegamento verticale tra varie unità modulari in genere comporta la
saldatura parziale di pilastri inferiori e moduli superiori, il che può portare a
rotazioni superiori ed inferiori allo stesso giunto

Un test sperimentale, condotto dall’esperienza di Edmond Boafo (per quanto


riguarda la performance di un edificio in telaio prefabbricato in acciaio) per

114
l’apporto di carichi ciclici ripetuti in un telaio MSB con pannelli rinforzati
in una tipica struttura di quattro piani con costruzione modulare, ha dimo-
strato come per l’appunto la struttura dimostri un comportamento duttile
stabile anche fino a livelli molto elevati di stress.
Il test ha dimostrato come, nonostante le sollecitazioni, non vi fosse alcu-
na significativa degradazione alla resistenza e rigidità della struttura con il Da ‘Performance of Modular
Prefabricated Architecture’
carico e scarico ciclico; inoltre era stata dimostrata come la dissipazione di di F. E. Boafo

energia per ciclo fosse superiore in ciascuna delle fasi di carico [118].

115
E’ economicamente conve-

I paesi in cui la prefabbricazione


può essere elevata a sistema, diven-
tando ‘tradizione’

Il più gran mercato attuale della


prefabbricazione.

116
Gli attori principali della prefabbri-
cazione al giorno d’oggi.

Previsioni e dati statistici della


prefabbricazione applicata al campo
delle costruzioni.

117
MULTIMOORA, il sistema di
gestione ottimizzato per poter sem-
pliicare la gestione di un cantiere
prefabbricato.

La possibilità della prefabbricazio-


ne, occupare terreni diicilmente
occupabili.

118
I beneit della prefabbricazione: la
pratica del ‘subappaltamento’

119
BIM: lo strumento di gestione e di
simulazione virtuale del cantiere.
Fattori e potenzialità.

120
Schema esempliicativo della
gestione BIM di un cantiere.

121
Rappresentazione di un modello
BIM.

Esempio di interfaccia graica per


un sotware BIM.

122
Applicazione di sistemi RFID al
sistema BIM.

Confronto tra sistemi di produ-


zione convenzionali e sistemi di
costruzione prefabbrcati.

123
Esempliicazione graica delle fasi
di prodzione e trasporto utilizzan-
do un sistema RFID-BIM.

124
125
126
LA PREFABBRICAZIONE NELL’USO MODERNO

127
128
LA PRODUZIONE DI COMPONENTI COORDINATI, COME GIÀ EVINTO DURANTE QUESTA
DISSERTAZIONE, STA A SIGNIFICARE IMMETTERE SUL MERCATO INSIEMI DI ELEMENTI
PREFABBRICATI FINALIZZATI ALLA REALIZZAZIONE.

Con operazioni di semplice montaggio, di una parte o di un intero elemento


di fabbrica (che può variare dall’essere scheletro portante, chiusura vertica-
le, chiusura orizzontale e così via) la prefabbricazione prende atto.
Con questa tipologia di produzione il settore della prefabbricazione indu-
striale si è dovuto porre costantemente come obiettivo principale l’inseri-
mento di una determinante nel cantiere edile con la promozione di sistemi
costruttivi definiti come ‘misti’, cioè basati parzialmente sulla prefabbri-
cazione dell'organismo edilizio. Difatti, contrariamente a ciò che potrebbe
sembrare, la metodologia costruttiva della prefabbricazione non presuppone
una sua completa e totale assoluzione: andando in paragone con gli esempi
cosiddetti ‘nobili’, gran parte dell’edilizia ‘comune’ ha spesso utilizzato il
carattere della prefabbricazione in modo spurio, parziale e spesso, curiosa-
mente, inconsapevole. In questo caso viene utilizzato volutamente il termine
‘incosapevole’ in quanto, come il titolo di questa tesi accenna in modo pro-
vocatorio, ci si appella spesso (come è stato fatto anche in passato) verso la
prefabbricazione come, potenzialmente, la nuova chiave di volta pronta a
rovesciare tutti i canoni tradizionali dell’architettura che, però, per motivi
sconosciuti, non è mai riuscita ad adempiere al cosiddetto ‘hype’.
Riprendendo brevemente i punti di forza (già citati), grandi vantaggi che il
giorno d'oggi sono innegabilmente considerati come fondamentali riguarda-
no le condizioni di costruzione e di cantiere: gli edifici realizzati in fabbrica
possono essere costruiti indipendentemente dalle condizioni atmosferiche
e dalle condizioni climatiche. Inoltre lavorando nelle condizioni di asetticità
della fabbrica, gli stessi materiali non vengono così esposti alle intemperie
e certe lavorazioni, che possono risultare difficili dalla manodopera anche

129
specializzata, si possono fare molto più facilmente. Migliorare la qualità del
prodotto significa garantire ottime prestazioni dell’edificio, soprattutto le
prestazioni energetiche perché in fabbrica sia più sicuri che dettagli vengono
eseguiti a regola d’arte.
La realtà è, come già accennato, che la prefabbricazione, dopo ogni ondata di
‘novità’, ha visto col tempo un processo di consolidamento progressivo ed un
lento inserimento di alcune sue caratteristiche all’interno dell’edilizia comu-
ne, motivo per cui la prefabbricazione è spesso definita come un processo
costruttivo ‘misto’, proprio perché, non avendo mai raggiunto quella capacità
in grado di poter soppiantare completamente l’architettura della tradizione,
si è dovuta necessariamente sostituire ad alcune parti di essa.
Tuttavia, una grande difficoltà nella quale la ricerca ha dovuto scontrarsi, è
stata quella rappresentata dall’impossibilità di capire nel corso del tempo,
come e (soprattutto) quando determinate parti della tecnologia prefabbrica-
tiva sono andate ad instaurarsi come ‘sostitutivo’ di alcuni sistemi della tra-
dizione. Ovviamente, determinare storicamente queste fasi resta un enigma
irrisolvibile in quanto, dovendo considerare l’edilizia di tipo ‘comune’, non
è possibile identificare con certezza l’hic ed il nunc di questi meccanicismi,
in quanto lo studio e la memoria bibliografica appartengono ad architetture
di ben più alto ‘status’. Quindi, ciò che è stato possibile cogliere può essere
sintetizzabile in ‘cosa realmente appartiene all’edilizia comune odierna della
prefabbricazione’. Lo studio incrociato ed il paragone tra esempi ‘nobili’
dell’architettura contemporanea della prefabbricazione e casi dell’architet-
tura comune ha permesso di dimostrare a che livello di consolidamento si è
giunti.
In quest’ultimo periodo (indicativamente una quindicina d’anni) c’è sta-
to presumibilmente un’ennesima ondata verso questo ‘trend’ costruttivo.
Sono state organizzate mostre importanti come ‘Home Delivery: Fabrica-
ting the Modern Dwelling’ al MOMA di New York e ‘Casa per tutti. Abitare
la città globale’ alla Triennale di Milano. Ci sono eventi annuali come ‘Dwell
on Design’ a Los Angeles in California e sono stati pubblicati svariati libri e
siti on-line nella rete. Una grande occasione per poter determinare questa
tipologia di meccanismi è stata quella della celeberrima fiera internazionale
dell’architettura e delle costruzioni conosciuta acronicamente come ‘MADE’,
considerata da sempre un punto di riferimento per costruttori ed architet-
ti. Il ‘MADE’ (Milano Architettura Design Edilizia) si è presentato non solo
come appuntamento di business fra professionisti e aziende, ma anche come
‘luogo di conoscenza’ diretta perché capace di scoprire e conoscere tutte le
novità della produzione fra ricerca, innovazione, tecnologia per costruire, re-
cuperare e ristrutturare in modo sostenibile, efficiente e sicuro. La fabbrica-
zione ha ovviamente trovato in queste tipologia di manifestazioni ed eventi il
suo odierno e consolidato aspetto in quella che è l’edilizia ‘comune’ d’oggi.
Come si può spiegare questo fenomeno di sinterizzazione dei saperi indu-

130
striali e prefabbricativi verso una pratica anche per l’edilizia comune?
Fermo restando che le ragioni economiche e di velocità realizzativa, il rinno-
vato interesse verso la prefabbricazione dipendano da spinte ecologiche e
da ragioni di efficienza produttiva intrecciate alla disponibilità di strumenti
digitali e nuovi approcci industriali alla produzione edilizia, mutuati per
trasferimento tecnologico da altri comparti produttivi, questo fenomeno è
inarrestabile. Come lo stesso Jeff Gerardi afferma, proprietario e CEO della
ProEst Estimating Softwares, l’utilizzo della prefabbricazione è inevitabile.
Difatti:

‘We are currently living in the age of mass-manufactured buildings, where


prefabrication is becoming the norm. Speed and efficiency are elements that
building owners require of construction companies in order to cut costs and
get jobs done quickly. Prefabrication in itself has changed over the years. In the
past, it was just walls and surfaces that were pre-made. Now, however, you can
order an entire room that is prefabricated, and all you need to do is drop it into
your construction project. Prefabrication has jumped in popularity in recent
years due to a couple of key reasons:
1)The Great Recession hit the construction industry hard, leading to mass
lay-offs, a shift of skilled workers to other, more financially-rewarding indu-
stries, company closures, and plummeting revenues in construction. Prefab has
led construction firms to open up shop anew, giving rise to more job opportuni- Da ‘The Rise of Prefabrication
in Construction’ di J. Gerardi
ties and the renewal of the construction industry as a whole.
Technological development has generated processes that make construction
much easier. Robotics, 3D printing, laser scanning, and other construction-re-
lated technologies have changed the way we build.
2)Don’t be deceived by the misconception that prefabricated construction pro-
duces generic or cookie-cutter designs. It practically follows the same principle
as traditional construction in the sense that architectural blueprints and de-
signs are still the basis of construction. The only difference is that the building
elements are created off-site and assembled in place like puzzle pieces. Other
technologies will eventually surpass prefabrication in the future, but in the me-
antime, prefabrication is set to become the standard practice in construction.’
[119]

Le varie manifestazioni ed eventi prima citati non solo sono evidenti ragioni
d’essere della prefabbricazione, ma determinano anche nuovi e consolidati
caratteri d’essa, caratteri che i seguenti paragrafi tenteranno di discernere in
modo sistematico.

3.1 L’approccio open-source

Una delle primissime considerazioni rispetto la prefabbricazione attuale è

131
quella del nuovo approccio che la dimensione digitale ha apportato ai pro-
fessionisti del campo edilizio: l’edificio oramai viene pensato e realizzato in
sezioni, macrostrutture, componenti. Attualmente, perché si tende ad avere
una suddivisione sempre più marcata di quelle che sono le ‘parti’ dell’edifi-
cio? Per quale motivo si è arrivati ad avere una divisione per ‘layers’ ed una
specializzazione evidentemente enfatizzata per ogni dettaglio? La risposta
dev’essere ricercata non solo dalla virtualizzazione degli elementi progetta-
ti, ma anche nelle nuove possibilità (che tendono sempre di più a diventare
necessità) costruttive delle tecniche edilizie e di una progettazione che tiene
sempre più conto del fattore economico. La divisione dell’edificio in layers
permette una visione ‘onniscente’ dell’edificio e così facendo una valutazio-
ne ed uno studio componentistico incredibilmente preciso. Riprendendo lo
scritto ‘How buildings learn: What Happens After They’re Built’ di Stewart
Brand, è curioso come la filologia di questo testo sia incredibilmente esplica-
tiva per quella che è la tendenza costruttiva d’oggi giorno. Difatti:

‘Our basic argument is that there isn’t such a thing as a building. A building
properly conceived is several layers of longevity of built components. There
are a distinction of four main layers, which are Shell, Services, Scenery and Set.
Shell is the structure, which lasts the lifetime of the building. Services are the
cabling, plumbing, air conditioning and elevators, which have to be replaced
every fifteen years or so. Scenery is the layout of partitions, dropped ceilings,
Da ‘How buildings learn: What
etc., which changes every five to seven years. Set is the shifting of furniture by
Happens After They’re Built’ di the occupants, often a matter of months or weeks…The unit of analysis for us
S. Brand
isn’t the building, it’s the use of the building through time. Time is the essence
of the real design problem. Over fifty years, the changes within a building cost
three times more than the original building: add what happens when capital
is invested over a fifty-year period. the Structure expenditure is overwhelmed
by the cumulative financial consequences of three generations of Services and
ten generation of Space plan changes. That’s the map of money in the life of a
building.’ [120]

Come descritto da Stewart Brand, la specializzazione non solo delle tecniche,


ma anche dei materiali e delle necessità dell’architettura, ha implicato, alla
base del ciclo produttivo dell’edificio e delle sue componenti, la definizio-
ne necessaria di criteri, di layers, di nuove ideologie per poter imporre due
differenti questioni: da un lato, l’integrazione tra le varie componenti dell’in-
sieme progettato; dall’altro, attribuire a quest’ultimo una flessibilità tale da
poter soddisfare le diverse situazioni di costruzione che possono variare da
punto di vista dimensionale, morfologico, funzionale e costruttivo, che può
presentare l’ipotetico organismo edilizio in cui ne viene previsto l’impiego
Questo risultato risulta essere tanto più efficiente quanto più ampia è la
gamma tipologica di edifici in cui può avvenire codesto inserimento. Con

132
l’osservazione e lo studio delle differenti tecnologie costruttive al MADE è
stato possibile notare in modo tangibile questi fatti, attribuibili quindi da un
sostanziale avanzamento della prefabbricazione.
Uno dei maggiori principi discriminatori per la realizzazione di una costru-
zione al giorno d’oggi nella pratica comune e non dell’architettura è la diffe-
renza che s’instaura nell’adozione di un processo prefabbricativo definibile a
‘ciclo aperto’ o ‘ciclo chiuso’. Queste due differenti tipologie di trend si diffe-
renziano, anche storicamente oramai, in quanto le conseguenze della pratica Da ‘MADE 2017, Conferenza
SMART’
di esse incide in modo fondamentale dal punto di vista dei costi e dell’espan-
dibilità del costruito stesso [121].
La prefabbricazione che viene definita come ‘a ciclo chiuso’ rappresenta da
sempre l’obiettivo della prefabbricazione di avere grandi ‘complessi costrut- Da ‘Treccani’ definizione di
‘Produzione a ciclo chiuso’
tivi’ assemblabili [122]. La produzione di questi insiemi ha inciso fortemen-
te sullo sviluppo e sull’innovazione nell’ambito dell’edilizia industrializzata
sia a livello di ricerca e sperimentazione sia a livello realizzativo e normativo.
Il concetto dell’avere una componentistica che possa interagire solo con
prodotti della stessa ‘casa madre’ è di matrice e derivazione industriale ed
automobilistica. La Luxottica o la FIAT ad esempio, non producono tutte le
componenti necessarie per fare un occhiale o una macchina: esse vengono Da ‘MADE 2017, Conferenza
SMART’
realizzate da una serie di sub-fornitori coordinati legati alla ‘casa madre’ da
una partnership ben chiara [123]. I sistemi chiusi propongono abitazioni
standard acquistabili a catalogo, di solito organizzate per tipologie che com-
prendono diversi modelli; all’interno di ogni linea gli acquirenti scelgono fra
i modelli proposti tra cui, in certi casi, possono personalizzare i colori ed i
materiali di finitura ed introdurre variazioni planimetriche minime. Il caso
che risulta essere il più calzante ed il più evidente in questa casistica è l’am- Da ‘MADE 2017, Conferenza
SMART’
pia gamma di case prefabbricate sviluppato da IKEA in collaborazione con
l’impresa di costruzioni Skanska Bostader [124]. Aprendo una piccola pa-
rentesi a carattere storicistico, l’idea è nata nel 1996 quando la costruzione
di appartamenti in Svezia si era fermata (nonostante la richiesta fosse alta) e
non c’era nessuno che costruisse abitazioni a prezzi ragionevoli. Così Ingvar
Kamprad, fondatore di IKEA, e Melker Schorling, presidente di Skanska, si
sono uniti per occupare una grossa fetta di mercato immobiliare lasciata
scoperta. Le case costruite denominate ‘BoKlok’ sono state create grazie ad
una fruttuosa collaborazione fra abili architetti e disegnatori d’interni tar-
gati IKEA, che concepirono un sistema per poter creare un binomio qualità
architettonica/alto comfort nel living fino ad allora mai visto prima. ‘BoKlok’
propone due tipologie di scelte principali rigorosamente in legno (in quanto
materiale rinnovabile e rispettoso dell’ambiente) ossia il caso del ‘BoKlok
Apartment Building’ è un complesso residenziale a ‘L’ su due piani con sei
appartamenti ed il complesso delle ‘BoKlok Terraced Houses’ che sono
delle case a schiera a due piani con al piano terra la zona giorno ed al primo
piano tre camere da letto, un bagno ed un ripostiglio. Analogamente anche

133
la stessa casa automobilistica Toyota ha convertito alcuni dei propri stabili-
menti per poter produrre delle abitazioni a basso costo (vendute in questo
Da ‘MADE 2017, Conferenza momento solo in Giappone) secondo una concezione della casa realmente
SMART’
intesa come ‘macchina per l’abitare’, visto che per l’appunto vengono rea-
lizzate in catene di montaggio in sequenza dove si costruivano le macchine
[125]. La tecnologia costruttiva si basa su moduli d’acciaio rifiniti per l’85%
che arrivano in cantiere dove vengono assemblati come se fossero una sorta
di pezzi di LEGO nel giro di un tempo estremamente ridotto (generalmente 6
ore o poco più).
Il grosso problema tuttavia di IKEA e Toyota va a ricondursi purtroppo verso
quello che risulta essere anche il loro punto di forza ossia il fatto di produrre
case di dubbio ‘appeal’ architettonico in tempi limitatissimi, lasciando pre-
sagire (anche se immotivatamente) un senso di pressappochismo e scarsa
qualità: in esse manca il salto dell’innovazione verso l’idea di un abitare
veramente moderno perché la tendenza del mercato in generale e della pre-
fabbricazione in particolare è quello di assecondare il gusto comune. Infatti,
sfogliando i cataloghi dei principali prefabbricati, ci si accorge che le aziende
di tutto il mondo propongono delle linee che risultano essere abbastanza co-
muni e che quindi vanno a sfatare, anche probabilmente a causa della seriali-
tà del manufatto, il mito dell’’unicum’ in cui poter vivere.
Accanto alle multinazionali della prefabbricazione, nel mercato dei sistemi
chiusi emergono altre due proposte che tuttavia si staccano notevolmente da
Da ‘MADE 2017, Conferenza
SMART’ quella che è l’edilizia ‘comune’: le case griffate ed i prototipi da industrializ-
zare [126]. Le case griffate sono richieste ad architetti famosi -talvolta pure
alle archistar- dalle aziende per dare lustro alla propria ‘linea moderna’ e,
soprattutto, per attirare l’attenzione mediatica. Per citare brevemente alcuni
degli esempi più riusciti, nel 2000 l’impresa di costruzioni Kannustalo Ldt. si
è fatta progettare da Heikkinen Komonen ‘Touch’, un prototipo di residenza
unifamiliare realizzato in occasione della Tumula Housing Fair; Matteo Thun
ha progettato per la Griffner House la casa ‘O sole mio’; l’azienda americana
Modern Modular ha creato un sodalizio con alcuni architetti -Cartwright Pi-
card Architects, Collins+Turner Architects, Jones Partners, Adam Kalkin, Li-
nesync Architecture, Nottoscale- per realizzare delle case prefabbricate con
lo scopo dichiarato di portare l’architettura moderna e contemporanea ad un
pubblico più vasto, rendendo i progetti semplici e soprattutto economici. L’e-
sempio più eclatante lo si ha avuto con la The Libeskind Villa, progettata da
Daniel Libeskind su commissione della società Proportion GmbH di Berlino.
Come, in generale, lascia intuire il nome della linea ‘Signature Series’, l’idea
è di far marchiare ad architetti famosi il progetto della propria casa per poi
poterle vendere in esclusiva ed in serie limitata. Tutta questa intera tipologia
di case sono state industrializzate e nel processo di industrializzazione sono
state introdotte delle varianti dimensionali e planimetriche per cercare di
venire incontro ad esigenze diverse. Questa metodologia rappresenta il livel-

134
lo di prefabbricazione più consolidato.
Specularmente, la prefabbricazione ‘a ciclo aperto’ pone come criterio ‘uto-
pico’ base quello di ampliare al massimo le capacità d’integrazione ‘open
source’ a livello dimensionale della componentistica e dell’insieme da esso
formato. I sistemi aperti sono quelli che sostanza prevedono la possibilità di
prendere componenti edilizi da diversi produttori combinare assieme per Da ‘Treccani’ definizione di
‘Produzione a ciclo aperto’
realizzare un edificio cercando di trovare gli elementi con un buon grado di
compatibilità in prima istanza dimensionale [127]. Citando alcuni casi più
noti (e di conseguenza che tendono a staccarsi dall’edilizia ‘comune’) che
contestualmente servono a far capire l’idea del ‘ciclo aperto’, tutte le varie
IT House di Linda Taalman ed Alan Koch (Off-Grid itHouse, itHouse Cabin,
Clearlake itHouse, Nitze House, Three Rivers House) vengono realizzate con
materiali e componenti prodotti industrialmente e scelti a catalogo. Le com-
ponenti comprendono elementi strutturali di alluminio della Boch, pareti
vetrocamera doppio, pannelli prefabbricati di copertura, arredi ed infissi. La
‘Salt Point House’ ed il progetto di concorso ‘Sagaponac House’ di Thomas
Phifer & Partners usano componenti prese a catalogo. Anche nel caso di
Mark Anderson & Peter Anderson è stato adottato un’approccio simile nella
Cantilever House, prototipo di una serie di case prefabbricate. I progetti della
‘Cantilever Series’ esplorano la combinazione di tecniche di prefabbricazione
multiple per costruire edifici a basso costo, di alta qualità, adattabili al sito di
progetto ed al programma funzionale, per avvantaggiarsi delle migliori qua-
lità di ogni sistema e superando le limitazioni imputabili all’uso di un solo ed
unico sistema. Combinando in modo creativo un numero ristretto di sistemi
di produzione in un approccio che possa definirsi ‘omnicomprensivo’, viene
limitata la necessità di intraprendere una progettazione costosa per un siste-
ma interamente nuovo e vi è l’accresciuta certezza di un’applicabilità a lungo
termine e di un supporto diffuso dell’industria. Giacché le componenti adat-
tate del sistema sono prodotti già disponibili e derivati da fornitori diversi,
gli edifici possono inserirsi nelle economie di larga scala che risultano dalla
ricerca e dalle capacità di produzione di grandi produttori. Il reale vantaggio
dell’avere un gran numero di componenti edilizie prefabbricate, approvvi-
gionabili da fornitori diversi, che permettono varietà di soluzioni formali
e di dettaglio. Oggigiorno, come per l’appunto gli appena citati casi d’elite,
grandissime parti di chiusure verticali, partizioni interne ed esterne, blocchi
per sanitari e similari, posseggono la tecnologia costruttiva che risulta non
solo essere di pratica vastamente comune, ma anche ‘open-source’. Il limite
più grande tuttavia risiede ancora nella stessa compatibilità, visto che non
Da ‘MADE 2017, Conferenza
esistono componenti edilizie che possano essere definite come ‘universali’ SMART’
[128]. E’ quindi necessario, in fase di progettazione, selezionare i diversi ele-
menti edilizi dal punto di vista dimensionale; bisogna prevedere del lavoro
supplementare, molto delicato, finalizzato a definire le modalità di giunzione
di tutti i pezzi. Si ha un orientamento verso quella che è la produzione indu-

135
striale che propugna l’adozione di un coordinamento, che non può che esse-
re su ‘moduli’. Tuttavia il desiderio di creare questa sorta di ‘passepartout’
rende questo carattere prefabbricativo ancora non chiaramente definito.
Ciò che in sostanza accomuna i due metodi è il fatto di propugnare oramai
uno studio per blocchi, unità, moduli: la progettazione raggiunge scale mini-
me per poi costituire nel complesso un insieme di elementi accomunabili per
funzioni, morfologia e significato. Aprendo una piccola parentesi a carattere
storico, si è pervenuti concretamente per la prima volta ad un necessario
coordinamento dimensionale modulare su base internazionale nel 1956
dall’Agenzia Europea per la Produttività (organo dell’OECE), basato sugli
sviluppi dell’esperienza di Alexander Farwell Bemis. A questo proposito, P. N.
Maggi, noto teorico dell’edilizia industrializzata, definì nel suo scritto ‘Ciclo
di conferenze sui problemi dell’industrializzazione edilizia’ del 1967, il coordi-
namento dimensionale modulare come:

‘metodo per il dimensionamento degli elementi che, tramite un sistema


articolato di misure, basato su un’unità universale, il modulo, permette una
Da ‘Ciclo di conferenze sui
problemi dell’industrializzazione correlazione programmata tra gli elementi stessi e di questi con l’intero
edilizia’ di P. N. Maggi
organismo edilizio e consente l’attuarsi dell’interscambio dei componenti
l’opera edilizia.’ [129]

Il dibattito culturale che scaturì fu intenso e soprattutto di carattere inter-


nazionale; furono numerosi gli studi teorici e applicati, molteplici le ricerche
progettuali a carattere sperimentale e le iniziative per avviare produzioni
di componenti specifici, frequenti le attività promozionali di enti pubblici e
privati. La prefabbricazione di ‘componenti coordinati’, sviluppatasi a partire
dagli anni ‘60, ha investito dapprima i vari elementi di fabbrica indipenden-
temente l’uno dall’altro e poi, a seguito di un’operazione di coordinamento
generale, più elementi di fabbrica tra loro integrati attraverso una produzio-
ne di un’unica ditta o di più ditte tra loro correlate. Questa configurazione ha
portato così facendo alla creazione di un sistema modulare ‘a ciclo chiuso’.
Attualmente, il coordinamento modulare, come è già stato visto storicamen-
te, investe necessariamente tre fondamentali momenti dell’opera edilizia
industrializzata, a prescindere dalla sua compatibilità ‘bradizzata’ o ‘open’:
la progettazione, la produzione e il montaggio. Scegliendo un modulo base
si va a conciliare la scelta tra la funzione proporzionatrice che deve svolgere
(legata a considerazioni di carattere progettuale) e la funzione dimensiona-
trice per la produzione industriale di componenti (legata a considerazioni
complesse di carattere tecnico e tecnologico).
Il ‘ciclo chiuso’ quindi, e tutte le varie considerazioni riguardo l’integrazione
e l’adozione di modelli predeterminati, ha portato a pensare che, con un co-
ordinamento dimensionale modulare, diffuso e praticato in modo sistemati-
co, possa raggiungere la condizione di avere una ‘prefabbricazione aperta’ in

136
senso globale, tale da consentire la massima libertà produttiva e progettuale.
E’ proprio per questo motivo che considerato l’attributo iterativo che pos-
seggono implicitamente gli elementi prefabbricati, l’esigenza è spesso soddi-
sfatta con criteri di modulazione ‘interni’, adottati dalle varie ditte produttri-
ci, rendendo quindi ogni prodotto di un determinato brand compatibile con
ogni componente ‘brandizzato’.
La sempre più incombente necessità di avere una compatibilità maggiore
tra componenti, ha spinto lo studio della prefabbricazione verso quella che
Da ‘MADE 2017, Conferenza
è una nuova ed innovatrice tecnologia ‘open source’: è indispensabile per SMART’
poter addurre verso i nuovi criteri comuni, ‘esterni’, per una vera e reale
apertura del mercato [130].
Ovviamente la capacità dell’integrazione con l’organismo edilizio da parte
dell’insieme di componenti coordinati, deve sapersi coniugare al meglio con
le odierne richieste prestazionali in modo da poter rispondere al ruolo e alla
collocazione nell’ambito dell’apparecchiatura costruttiva, alle differenti esi-
genze abitative a seconda della categoria edilizia in cui dev’essere applicato
(residenziale, scolastica, sanitaria, etc.), al comportamento nell’uso in base
alle esigenze dello spazio che concorre a costruire. La questione in tal caso si
fa ancora più interessante in quanto il mercato stesso dell’architettura (e non
solo) mette il singolo componente in una condizione nella quale debba poter
essere ‘idealmente’ non solo compatibile con altri sistemi, ma deve anche,
nel caso più generale, possedere la capacità di prestazione riferite a diversi
campi come la sicurezza statica, l’isolamento termico e acustico, l’imperme-
abilità, il comportamento sotto l’azione dei fluidi e della luce, la durata, il
comportamento al fuoco, l’integrabilità con gli impianti, alla sicurezza sul la-
voro e moltissimi altri aspetti. Così facendo non solo l’elasticità richiesta dai
moduli è spinta al massimo, ma anche la ‘generalizzazione’ come la stessa
‘standardizzazione’ di questi elementi viene portata a massimi storici. Inse-
guendo lo stesso filo logico professato profeticamente dagli scritti di Semper
e Loos, la prefabbricazione è portata da queste necessità ad estremizzare il
concetto di ‘perdita stilistica’ e definire, quindi, un’unica grande categoriz-
zazione degli elementi costruttivi che possano risultare come sempre come
‘soluzione’: l’insieme coordinato di ‘componenti modulari’ viene definito
attraverso un approccio ‘metaprogettuale’ che ne considera le potenzialità di
collocazione in più tipologie edilizie di una stessa categoria (come le parti-
zioni interne spostabili per uffici) o in più categorie di edifici (ad esempio
solai a trance utilizzabili nelle tipologie residenziali, scolastiche e sanitarie).
Al conseguimento di tali potenzialità dovrebbe corrispondere la possibilità
da parte del progettista (dello specifico organismo edilizio), di scegliere tra
gli insiemi di componenti coordinati disponibili sul mercato quelli più conge-
niali alle proprie finalità, ovviamente impostando la progettazione secondo il
coordinamento dimensionale modulare per la collocazione delle componenti
necessarie.

137
Da ‘MADE 2017, Conferenza
Tutto ciò sta ad indicare evidentemente che la tendenza di questa modalità
SMART’ produttiva si stia sempre più verso il ‘ciclo aperto’ in senso assoluto [130].
Anche se quest’ultima affermazione può risultare in un certo senso ‘utopi-
stica’, ogni insieme coordinato dovrebbe comunque risultare (per assurdo)
applicabile in tutte le tipologie edilizie e quindi, con le possibilità oggigiorno
offerte dal livello tecnologico, inseguire comunque asintoticamente l’ideali-
stica identità di ‘componentistica passepartout’.
Allo stesso tempo è altrettanto evidente come quest’obiettivo sia (per ora)
irraggiungibile. Trascurando la condizione di ‘mercato perfetto’ entro la qua-
le tutti i produttori e fornitori studino un sistema che possa risultare com-
patibile ed integrabile in ogni caso e situazione, è impossibile considerare
che il singolo componente, per quanto ‘neutro’ possa risultare, presuppone
inevitabilmente un legame con una configurazione, con un procedimento
costruttivo, con una funzione specifica.
In sostanza, la risposta, almeno per ora, si trova nel mezzo: la prefabbricazio-
ne tende ad assurgere come tecnica edilizia ‘open-source’, ma, a parte alcuni
determinati casi, non riesce ancora a smaltire quello che è il più limitato
‘ciclo chiuso’.
Attualmente la produzione per componenti coordinati è profondamente
inserita nel processo edilizio e costituisce l’elemento fondamentale per i
sistemi costruttivi considerati come ‘misti’. La prefabbricazione può inserirsi
in differenti misure, che vanno dalla produzione ‘artigianale’ industrializ-
zata alla produzione in scala ridotta che può avvenire in serie analogica, su
commessa per quanto riguarda limitatamente la creazione seriale di singoli
componenti isolati. La tendenza attuale generalmente tende a dividersi: da
una parte vi è la volontà di creare filiera fra produttori diversi di elementi
prefabbricati perché ognuno di essi li declini reciprocamente come ‘compati-
bili’; dall’altra vi è la prefabbricazione ‘aperta all’adduzione di diversi sistemi
costruttivi’.
Si nota tuttavia anche la presenza di una convergenza verso le due correnti
di pensiero, un sistema costruttivo che sta nel mezzo dei sistemi aperti e dei
sistemi chiusi. Difatti tra queste tipologie esiste il mercato delle proposte
ibride che cerca di raggiungere la versatilità del ‘sistema aperto’ a partire da
un insieme di componenti date come tipico del ‘sistema chiuso’. Si potrebbe
parlare in termini metaforici di approcci di tipo LEGO o Meccano. Di questa
tipologia difatti è opportuno riferirsi del caso elitario ‘FlatPak’, dell’architetto
americano Charlie Lazor: questo sistema si basa su una serie di componenti
prefabbricate per abitazioni dove gli elementi principali standard ed in-
tercambiabili sono dei ‘pannelli a parete’ larghi 1,44 metri ed alti un piano
(pannelli di cemento di fibrocemento o rivestiti di pietra pannelli di vetro
con struttura portante di acciaio pannelli di legno) e dei ‘pannelli di coper-
tura’ che permettono di costruire la struttura portante e l’involucro dell’abi-
tazione. Insieme a queste componenti, ‘FlaTPak’ propone intere stanze già

138
pronte e dotate di ogni servizio necessario (cucine bagni) comprendenti di
arredo coordinato, il tutto con proporzionato con le dimensioni degli ele-
menti strutturali primari. Si tratta di una modalità di progettazione a pan-
nelli strutturali che vengono accostati sovrapposti riuniti ed uniti grazie ad
un sistema di giunti ad hoc che consente buoni livelli di personalizzazione in
termini planimetrici, di numeri di piani (il sistema consente di arrivare fino
a quattro pianificazione caso di pendenza può essere sostenuta da pilastri)
e nella scelta dei materiali di rivestimento. Un altro esempio di riferimento
in questo campo è il sistema ‘Modern Modular’ degli architetti newyorkesi
Resolution 4 Architecture, che propone ai potenziali clienti diverse linee
Da ‘MADE 2017’ Indagine
di abitazioni -Single Bar, L Series, Double Wide, Courtyard, T Series, Triple Worldwatch Institute
Wide, Z Series- ognuna delle quali si articola in diverse declinazioni che
consentono di arrivare fino ad una ventina di proposte planimetriche e
volumetriche [131].
Un approccio simile a quello appena descritto risulta essere fortemente
presente nelle realtà di cantiere e di costruzione: il fatto di usare il sistema
modulare consente una grande quantità di soluzioni che è compatibile con
la stragrande maggioranza dei casi ‘aperti’ o ‘chiusi’. Inoltre, il fatto di poter
ovviare a determinati problematiche di giunzione con sistemi fedeli alla ‘tra-
dizione’ porta anche una buona possibilità di personalizzazione da parte dei
committenti che quindi si ‘slega’ dal ‘brand’ o ovvia in modo grossolano gli
incastri dei sistemi ‘open source’. All’interno dei sistemi ibridi ci sono ormai
aziende che prendono i progetti fatti degli studi di progettazione e li inge-
gnerizzano, ottimizzandoli rispetto alle loro tecnologie ed al loro catalogo
di elementi prefabbricati per poi realizzarli nei propri impianti industriali.
Questo approccio ha quindi il vantaggio di consentire ai clienti di ottenere
dopo le adeguate limature, gli aggiustamenti necessari per ottenere la solu-
zione voluta; il limite dal punto di vista del progettista è che spesso il proget-
to viene modificato e non sempre si arriva ad un compromesso accettabile,
considerando che molto spesso ciò che ne viene inficiato è proprio la cura
del dettaglio.

3.2 La costruzione per una ‘verde economia circolare’

Le ragioni della ricerca architettonica e quelle della produzione industriale,


per quanto collaborino, non sempre risultano essere coincidenti. Questa
‘non coincidenza’ crea una particolare tensione in quanto la ricerca architet-
tonica mira all’innovazione architettonica, mentre la produzione industriale
all’innovazione di processo. Oggi la prefabbricazione è sbilanciata sull’in-
novazione dei processi più che sull’innovazione stessa del prodotto, perché,
per poter funzionare, questa deve lavorare sui grandi numeri che solo una
produzione in sequenza in una fabbrica perfettamente coordinata e razio-
nalizzata può garantire. Nelle nazioni postindustriali il settore dell’industria

139
delle costruzioni risulta essere un grande consumatore di risorse globali.
Questo difatti va di impiegare il 30-40% delle risorse naturali e dell’energia.
Globalmente secondo quanto riportato dal Worldwatch Institute, l’attività di
costruzione risulta essere responsabile del consumo del [132]:

Da ‘Green Architecture’ di J. -16-17% del consumo di acqua potabile


Wines
-20% del consumo di legname vergine
-30% del consumo di materie prime
-40% delle emissioni globali di anidride carbonica
-50% dei materiali tratti dalla crosta terrestre
-20% di rifiuti solidi municipali destinate alle discariche

E’ evidente come l’utilizzo di risorse sia fondamentale quanto massivo per


l’umanità. Tuttavia urge avere oggigiorno una nuovo sguardo verso il futuro
della costruzione in quanto, con le nuove tematiche di tutela del Pianeta, è
necessario avere un’ottica più ‘green’. Nello scritto ‘Green Architecture’, James
Wines ha definito una lista di azioni da intraprendere per abbracciare un
approccio ecologico ossia:
-usare materiali rinnovabili e riciclabili
-usare materiali con una bassa percentuale di energia incorporata (o meglio
‘low embodied energy’) quindi facendo attenzione all’intera biografia del
prodotto
-usare legname da foreste controllate evitando quello importato
-usare sistemi per l’uso appropriato della per la sua captazione depurazione
e conservazione
-costruire edifici a basso costo di mantenimento
-costruire edifici interamente o con parti riciclabili
-ridurre le componenti chimiche che consumano lo strato di ozono
-preservare l’ambiente naturale
-usare il miglior modo possibile le risorse energetiche naturali derivate dal
sole, dal vento e dell’acqua
-ridurre la dipendenza da carburanti fossili costruire architetture in risposta
alle influenze contestuali
-orientare gli edifici secondo l’asse elio termico
-pubblicare gli edifici in prossimità di mezzi di trasporto pubblico per evita-
re un ridurre l’uso dei mezzi privati

La checklist redatta da Wines nel 2000 sembra valida ancora oggi [133].
Da ‘MADE 2017, Conferenza Un primo fondamentale passo per ottemperarla è rendere l’industria del-
BU!LD’
le costruzioni ed i suoi processi produttivi più efficienti trasformandoli in
processi produttivi industriali. In un settore come l’edilizia dove non vi è la
totale capacità di prevedere i costi in modo preciso e, soprattutto, con delle
lavorazioni che proprio in questo ultimo periodo non avendo un’impennata,

140
la prefabbricazione offre un modo unico per confrontarci con delle difficoltà
di prevedere con accuratezza un giusto costo di capitolato e quindi di conse-
guenza una reale sostenibilità. Inoltre, secondo le ultime indagini tra MADE
ed eventi affini, le abitazioni in generale va a consumare una parte conside- Da ‘BRE | ITACA | LEED’
di ATHENA
revole dell’energia interna di una qualsivoglia nazione: in media il processo
di costruzione di una casa crea 3,6 quintali di rifiuti [134]. Quindi, come già
in precedenza accennato, spostando la produzione nell’ambiente controllato
di una fabbrica è possibile ridurre i rifiuti prodotti per ultimare uno costru-
zione con una precisa pianificazione con l’abilità di riusare il riciclare l’ecces-
so di materiali. Mentre l’eccesso di materiali viene comunemente gettato in
discarica, nella fabbriche a catena di montaggio, i materiali vengono inven-
tariati per essere utilizzati nella prossima casa. Centralizzare le attività sotto
uno stesso tetto significa inoltre ridurre le emissioni dei veicoli che viaggia-
no verso il cantiere.
La produzione in fabbrica riduce gli sprechi di materie prime perché è
possibile programmare con precisione quanto materiale serve per poter
ottimizzare la produzione in modo che gli scarti possono essere utilizzati in
altre costruzioni. La raccolta differenziata in fabbrica è molto più efficiente
rispetto che in cantiere e, difatti, secondo quanto viene riportato negli ultimi Da ‘MADE 2017, Conferenza
BU!LD’
studi, le quantità di scarto derivate da un edificio costruito in fabbrica sono
inferiori al 50-70% rispetto ad un edificio costruito in cantiere [135].
Occorre, in sostanza andare a perseguire quella che è l’utopia (o per così
dire) dei cosiddetti ‘Green Buildings’. Per ‘Green Building’ si va ad intendere
una precisa fascia di costruzioni edificate che abbia una certificazione am-
bientale su determinati prodotti, processi di produzione e/o prestazione. De-
cine sono gli enti di certificatori presenti nel mondo, all’interno di un pano-
rama legislativo ancora non unificato. Riprendendo la definizione espressa
dagli EPA (Ente per la Protezione Ambientale) americani ed europei , possia-
mo affermare che:

‘Green building is the practice of creating structures and using processes that
are environmentally responsible and resource-efficient throughout a building’s
life-cycle from siting to design, construction, operation, maintenance, renova-
Da ‘EPA’ definizione di
tion and deconstruction. This practice expands and complements the classical ‘Green Buildings’

building design concerns of economy, utility, durability, and comfort. Green


building is also known as a sustainable or high performance building’ [136]

Quattrocento miliardi di dollari è la quota di mercato prevista per il 2015


per il settore dei ‘Green Buildings’ all’interno del mercato globale delle co-
struzioni secondo il ‘Report on Green Building Materials market’ a cura
di Global Industry Analysts. Considerando difatti una crescita annua di oltre
Da ‘Report on Green Building
il 5%, si può ragionevolmente dire che tale mercato incominci ad essere non Materials Market’ di G.I.A.
solo ‘appetibile’ per una larga schiera di operatori mondiali, ma anche

141
‘sicuro’ per i singoli privati che possono dotarsi di questa tipologia di costru-
zione [137].
Aprendo una piccola parentesi di tipo storico, la nascita dei ‘Green Buildings’
va indubbiamente collegata alla nuova sensibilità, che negli ultimi 30 anni
Da ‘EPA’ definizione di dopo la prima crisi petrolifera degli anni Settanta si è acutizzata attorno a
‘Green Buildings’
quello che era il nuovo modello di costruzione e composizione architettonica
[138]: le tematiche dell’energia con il risparmio delle risorse e dell’utilizzo
di quelle rinnovabili (sole, vento, acqua e così via); dell’ecologia sviluppatasi
attorno ai temi dell’inquinamento ambientale, che interessa l’intero pianeta,
con le sue conseguenze, cambiamenti climatici, gas serra o GHG (Greenhouse
Gas) e così via. Da questi presupposti di partenza i ‘Green Buildings’ sono
divenuti così un ‘trend’ in crescita nei settori edilizi residenziali e non resi-
denziali, sia nell’America settentrionale che in Europa. Questo ovviamente ha
avuto particolari impatti sul mercato con sviluppo di specifiche tecnologie:
per citare uno dei casi più eclatanti, nelle zone in cui vi è la necessità di avere
costruzioni in legno, si ha avuta una grande influenza in generale per tutta
la filiera forestale. Lo scopo di un ‘Green Building’ è quello di non danneg-
giare l’ambiente, riducendo in maniera significativa, o eliminando, l’impatto
negativo degli edifici sull’ambiente (e sugli occupanti) la costruzione, armo-
nizzandosi con il contesto con la quale ci si va inevitabilmente a confrontare.
Questo avviene utilizzando strategie di sfruttamento energetico passivo
come l’utilizzo dell’energia solare, dell’acqua rigenerata, dei materiali da
costruzione ‘in loco’ naturali e le fonti rinnovabili di energia. Migliorare la
qualità ambientale degli edifici, ridurre drasticamente l’impatto sull’ecosi-
stema e contribuire reciprocamente all’implementazione di protocolli di va-
lutazione energetico ambientale non sono altro che delle ‘condicio sine qua
non’ inevitabili per la strutturazione di un ‘Green Building’ e, fatto ancora più
interessante, sono entrati a far parte (anche se parzialmente) della struttura-
zione di edifici ‘comuni’ e ‘norme per la costruzione’. Così facendo, dovendo
avere una conferma burocratica che possa dare ai singoli tecnici un effettivo
‘feedback’ (anche e soprattutto dal punto di vista lavorativo), queste ideolo-
gie sulla rinnovata costruzione hanno portato alla creazione di protocolli di
progettazione e certificazione degli edifici di nuova generazione.
Le certificazioni variano da stato a stato, ma generalmente si definiscono in:
-il modello britannico BREEAM (BRE Environmental Assessment Method)
-lo statunitense LEED
-il Protocollo ITACA (a cui seguono vari metodi di lavoro iiSBE Italia)
-SB Method
Questi vanno a certificare secondo il ‘Green Building Challenge’, tale attività
costruttiva, specificando una corretta gestione edilizia che segua metodolo-
gie e requisiti (in continuo aggiornamento), che si riferiscono generalmente
ai seguenti concetti [139]:
-sito: salvaguardia e sviluppo ambientale e storico del contesto

142
-energia: razionalizzazione del consumo e produzione delle fonti energetiche
-acqua: tutela e riutilizzo della risorsa acquifera
ecocompatibilità: utilizzo preferenziale di materiali e pratiche ecosostenibili,
riciclabili e locali Da ‘Living Building Challenge’
di Internation Living Future
-qualità ambientale: ottimizzazione del benessere fisico e psicologico inter- Institute

no delle strutture
-project management: razionalizzazione e innovazione delle attività di pro-
gettazione, costruzione, gestione e manutenzione

Una valutazione del ciclo di vita (comunemente definito come ‘LCA’) può
aiutare ad evitare una limitata prospettiva riguardo le preoccupazioni am-
bientali, sociali ed economiche, valutando di conseguenza una vasta gamma
di impatti associati a tutte le fasi di costruzione. Difatti, dall’estrazione delle
materie prime alla trasformazione di quest’ultime in sistemi costruttivi, un
‘Green Building’ deve avere un preciso piano per distribuzione ed uso del
manufatto, che vada dunque a considerare anche la riparazione e manuten-
zione. Gli impatti considerati includono (tra gli altri) anche l’energia imma-
gazzinata dall’edificio, il potenziale fattore di riscaldamento globale, l’uso
delle risorse, l’inquinamento atmosferico e l’inquinamento idrico.
Tuttavia, tra e voci più significative, quelle che sono più altisonanti e che
restano un punto incredibilmente difficile da risolvere per la costruzione
della tradizione è proprio quello degli sprechi/rifiuti generati dal cantiere
e l’inevitabile futura demolizione/smaltimento del manufatto stesso. Un
‘Green Building’, per poter essere definito come tale, deve avere un processo Da ‘MADE 2017, Conferenza
BU!LD’
d’insediamento costruttivo altamente poco impattante nell’ambiente [140].
Così facendo, il cantiere risulterà essere estremamente difficile da gestire e,
presumibilmente, dovendo fare molta più attenzione all’uso e consumo dei
materiali da costruzione, anche più lento. Inoltre, ad eccezione di strutture
in legno, la metodologia di costruzione tradizionale non può gestire la de-
molizione di un edificio senza avere un impatto verso l’ambiente. E’ proprio
in questa condizione che la prefabbricazione risulta essere la metodologia
costruttiva più idonea a rispettare questi nuovi principi ‘eco’.
In termini di ‘edilizia verde’, negli ultimi anni si è visto quindi un passaggio
che passa da un approccio per così dire ‘prescrittivo’, che presuppone il fatto
che alcune pratiche prescritte siano migliori per l’ambiente, ad una valuta-
zione di tipo scientifico delle prestazioni effettive attraverso la ‘LCA’. Anche
se in sostanza la ‘LCA’ è ampiamente riconosciuta come il modo migliore
per valutare gli impatti ambientali degli edifici (la legge ISO 14040 fornisce Da ‘MADE 2017, Conferenza
una metodologia LCA riconosciuta in modo oggettivo), non è ancora però BU!LD’

considerato ‘in toto’ come un requisito costante per i sistemi ed i codici di


valutazione dell’edilizia verde [141]. Nonostante il fatto che l’energia imma-
gazzinata sia superiore alla norma, gli impatti registrati dal ciclo di vita di un
edificio sono fondamentali per una progettazione rispettosa dell’ambiente.

143
Ad esempio, citando casi che si ritrovano in realtà edilizie dotate di avanzati
sistemi ed ottiche, nell’America del Nord, per incentivare il rispetto di queste
norme, la ‘LCA’ di ogni edificio viene premiata se rientra nella misura ‘di im-
patto minimo’ nel rispetto dei parametri del sistema di valutazione di ‘Green
Globe’ (ente per la certificazione globale per la sostenibilità) ed entra a far
parte del nuovo ‘National Standard’ (basato difatti sul Green Globe secondo
la legge ANSI / GBI 01-2010). La ‘LCA’ è anche inclusa come requisito base
nel sistema di certificazione LEED, assicurando quest’ultimo come ‘misura
necessaria’ nella progettazione di ‘Green Buildings’ per manufatti di nuovo
costruzione a partire dal 2010.
Anche se la ‘LCA’ è spesso percepita come eccessivamente complessa e
richiede del tempo ulteriore per la progettazione e l’adattamento alle nuove
Da ‘Horizon 2020’ costruzioni da parte dei professionisti, le organizzazioni di ricerca di rife-
di Commissione Europea
rimento nel campo, come il ‘BRE’ nel Regno Unito e l’ATHENA Sustainable
Materials Institute in Nord America, stanno lavorando per rendere questo
concetto più accessibile ed applicabile [142]. Per l’appunto nel Regno Unito,
il ‘BRE Green Guide to Specifications’ offre sistemi di valutazione per oltre
ben 1.500 materiali da costruzione basati sul concetto dell’LCA. Nell’America
del Nord allo stesso modo, è offerto il ‘ATHENA EcoCalculator for Assemblies’
che fornisce risultati e previsioni utili per centinaia di edifici cdi tipologia
comune. In particolar modo gli strumenti software offerti da ATHENA sono
particolarmente utili all’inizio del processo di progettazione, quando le scel-
te dei materiali hanno implicazioni di vasta portata per l’impatto ambientale
complessivo. Questi permettono ai progettisti di sperimentare miscele di
materiali differenti per ottenere la combinazione più efficace. E’ stata creata
inoltre, tramite le varie esperienze di case prefabbricate, una palette stan-
dard di materiali sostenibili, che comprendono pannelli strutturali isolati
(SIP), pittura a basso contenuto di composti organici volatili, legno certifica-
to, strutture di acciaio riciclato e materiali di isolamento ricavati da tessuti
riciclati.
L’Unione Europea stessa punta in modo molto deciso verso l’obiettivo di po-
ter creare una vera transizione verso quella che è definita ‘l’economia circo-
Da ‘Horizon 2020’
di Commissione Europea
lare’ e lo ha fatto adottando un pacchetto di misure riguardanti l’intero ciclo
di vita delle materie prime stesse: dalla produzione e il consumo fino alla
gestione dei rifiuti e al mercato per le materie prime secondarie [143]. La
proposta risulta essere ovviamente un piano imponente, a partire dalla cifre
che vengono considerate ossia uno stanziamento da circa 650 milioni di euro
(somma utilizzata per finanziare la transizione provenienti da Horizon 2020,
Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione) a cui si aggiun-
gono 5,5 miliardi di euro provenienti dai fondi strutturali per la gestione dei
rifiuti, riducendo sensibilmente il loro quantitativo, puntando al riciclaggio e
ad investimenti nell’economia circolare a livello nazionale.
L’edilizia è da sempre uno dei settori che sempre più sono tenuti ad opera-

144
re dei cambiamenti e delle innovazioni, partendo dal fatto che il maggior
contributo alla produzione annua di rifiuti speciali a livello europeo è dato
Da ‘MADE 2017,
proprio dalle attività di costruzione e demolizione: da qui ogni anno si pro- Conferenza BU!LD’

ducono 500 milioni di tonnellate in tutta l’Unione Europea [144]. L’ANCE


(Associazione Costruttori Edili) al MADE ha sottolineato chiaramente, con
più conferenze, gli ambiti nei quali le imprese costruttrici possono contri-
buire all’economia circolare, ed inoltre, in un’audizione informale presso la
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame
delle proposte UE in materia di rifiuti, dove si è ricordato come oggigiorno
sia stato adottato un pacchetto di misure che comprende un piano di azione
globale e comunicazioni contenenti proposte di modifica di alcune direttive,
compresa la Direttiva quadro sui rifiuti. Innanzitutto, nelle nuove costruzio-
ni, sia edifici che infrastrutture, risulta al giorno d’oggi opportuno puntare Da ‘MADE 2017,
Conferenza LEED Italia’
in direzione dei cosiddetti ‘edifici a energia quasi zero’, anche sostituendo il
patrimonio edilizio ormai vetusto [145]. Inoltre viene considerato necessa-
rio favorire l’utilizzo di materiali costruttivi il cui impatto sull’ambiente sia
sempre più ridotto. Occorre intervenire in modo altrettanto importante sul
patrimonio edilizio esistente, a cui sono imputabili, per ragioni di vetustà
ed obsolescenza, la gran parte dei consumi di energia, nonché l’utilizzo di
materiali non ecocompatibili. Per questo occorre puntare sempre più ad un
impiego crescente dei materiali derivanti da processi di recupero, primi fra
tutti quelli derivanti dai materiali da costruzione e demolizione, che danno
origine agli aggregati riciclati, equivalenti, almeno per determinati utilizzi,
ai materiali da origine estrattiva. L’ANCE per questo proposito ha ricordato
come la stessa Commissione Europea per il 2020 abbia fissato l’obiettivo di
recuperare il 70% in peso dei rifiuti da costruzione e demolizione:

‘obiettivo virtuoso ma che appare ancora difficilmente conseguibile a causa di Da ‘MADE 2017,
Conferenza BU!LD’
ostacoli/impedimenti’. [146]

La grande sfida su scala europea, ma essenzialmente globale, è quindi quella


di trovare al più presto un modo per poter produrre ad un prezzo ragionevo-
le dei ‘Green Buildings’ che possano essere competitivi con i prezzi medi di
mercato. La prefabbricazione così facendo si pone come candidata principale
per poter realizzare questo proponimento.
Uno dei casi più interessanti che qui in Italia si ha l’occasione di osservare, è
l’esempio del nuovo polo tecnologico ‘Manifattura Domani di Rovereto’ che
si sta lanciando proprio in questa direzione. La provincia di Trento saputo
favorire lo sviluppo di un’economia industriale locale dedicata proprio ai
cosiddetti ‘Green Buildings’, affiancando agli imprenditori privati strutture Da ‘MADE 2017,
Conferenza Industria 4.0’
come consorzi distrettuali come Habitec, istituti di ricerca come il CNR, enti
certificatori come LEED Italia, tutti uniti nello sforzo comune di innovare la
filiera della produzione [147]. È opportuno in questa dissertazione prendere

145
un caso come questo proprio perché elementi chiave del nuovo modello di
produzione in grado di ottenere edifici delle alte prestazioni a costi contenu-
ti sono I tre elementi principali della svolta della nuova ondata prefabbrica-
tiva, ossia ingegnerizzazione digitale, prefabbricazione industriale e scambio
in tempo reale di informazioni. Come prima citato di fatti, per ingegneriz-
zazione digitale si va ad indicare la possibilità di poter simulare su modelli
tridimensionali virtuali il comportamento dell’edificio ancor prima di realiz-
zarlo tramite l’utilizzazione della neofamiglia di software CAD col nome di
BIM. Tuttavia la progettazione e la realizzazione di questo progetto hanno
permesso di mettere in luce alcune delle criticità nell’interoperabilità dei
dati, area nella quale stanno infatti emergendo alleanze di grandezza inter-
nazionale per la definizione di standard di interscambio dati, e, nella neces-
sità di usare strumenti di calcolo sempre più potenti, strumenti che possano
usufruire del cosiddetto ‘cloud computing’ per l’industria delle costruzioni.
Nonostante quest’ultima possibilità risultino abbastanza di fuori di quella
che è considerata l’edilizia comune, l’esperienza del ‘Green Prefab’ a Rovere-
to costituisce la rappresentazione ideale per quella che oggigiorno, e sempre
più in futuro, sarà l’insieme degli standard di una progettazione sempre più
‘eco’, e, a maggior ragione, tutto ciò quello che riguarderà la tematica della
demolizione e smaltimento dell’edificio. Per diminuire i costi di costruzione
di gestione degli edifici ed aumentare contemporaneamente le prestazioni,
oggi è necessario importare materiali e processi tecnologici derivanti da
complessi industriali come quella spaziale, automobilistico e dell’industriale
design. Come già evinto quindi, l’ottica del ‘green’ e dell’’LCA’ sono entrati,
anche se parzialmente, non solo nella mentalità del costruttore ‘comune’, ma
sono diventati istituzioni burocratiche alle quali è necessario conformare gli
atti progettuali e costruttivi.

3.3 L’alba dell’architettura digitale (e robotica)

Il tema della prefabbricazione è legato principalmente all’innovazione dei


processi progettistici e grafici perché l’obiettivo di quest’ultima è quello di
ottimizzare quella che è la produzione industriale di quegli stessi processi
che esistono da almeno un secolo, ma che solo con l’avvento della rivoluzio-
ne informatica hanno subito un’accelerazione verso l’industrializzazione. I
processi di produzione industriale integrano tecnologie tradizionali e tec-
nologie digitali ed è qui che la ricerca sta lavorando, ossia nell’aggiornare
la tradizione costruttiva rispetto alle nuove strumentazioni informatiche.
Ricordando la ‘condicio’ iniziale, s’intende per ‘prefabbricazione’ quando
intere parti di un edificio vengono prodotte in fabbrica in impianti specia-
lizzati diversi dal luogo in cui esso sorgerà. All’interno di questa definizione
è tuttavia possibile distinguere fra quella che s’intende prefabbricazione
‘ideale’ e quella maggiormente praticata. La prefabbricazione ideale, integra-

146
le, prevede la realizzazione dell’intero edificio in fabbrica, mentre quella oggi
praticata comunemente è ‘ibrida’, perché le componenti prodotte in fabbrica
(off-site) vengono combinate con parti di edificio realizzate tradizionalmen-
te in cantiere (on-site).
I nuovi strumenti digitali possono rendere l’industria delle costruzioni più
efficiente e spingere verso i nuovi processi produttivi di tipo industriale. I
software PLM o CIM (‘Product Life Managment’ o ‘Computer Integrated Ma-
nufacturing’) sono una suite di software integrati che consente di controllare
un processo progettuale e realizzativo dove vengono prodotti i file di diverso
formato maneggiati da tecnici con competenze differenti atti a dare l’idea più
completa possibile della costruzione, in modo da rendere ancora più facile il
passaggio di digestione tra macchinari, burocrazie ‘eco’ e montaggio finale.
Questi software consentono di condividere archiviare ed integrare l’intero
flusso dei file in modo collaborativo ed inter-operabile evitando la perdita
di informazioni e dati e superando le ormai ben note difficoltà di controllo.
I software PLM in particolare provvedono ad un ambiente collaborativo nel
quale diversi team interdisciplinari (quelli dell’analisi strutturale, impian-
tistica, elettrica, etc.) possono condurre a valutare proprie simulazioni a
supporto dello sviluppo del processo prima di iniziare la costruzione.
Storicamente, le prime aziende ad usare questa tipologia di software, sono
state quelle del comparto dell’industria spaziale, automobilistica e navale.
Ciò che sta facendo l’industria delle costruzioni più avanzata, altro non è che
un ‘trasferimento tecnologico’, ossia la declinazione dei modi di processi di
produzione da comparti industriali all’effettiva realizzazione.
E’ tramite i macchinari difatti che viene prodotto il tutto assemblando una
serie di componenti prefabbricati: tuttavia inviati i dettagli e gli ordini di
produzione ai fornitori specializzati, perché non è possibile fare altrettan-
to anche il mondo delle costruzioni e quindi passare da un approccio alla
costruzione alle volte ancora artigianale ad un industriale prefabbricato?
La prefabbricazione sta perseguendo questo ‘trasferimento tecnologico’
favorito dalla rivoluzione digitale e, così facendo, viene incontro ad alcune
esigenze ecologiche citate in precedenza. I prefabbricatori sono in grado
di produrre in maniera sempre più automatizzata grazie a quella che viene
chiamata oggi ‘digital production’. Le componenti prefabbricate possono
essere realizzate secondo gli ordini provenienti dai disegni digitali con una
produzione seriale in grado di controllare parametri città di forma anche
molto complesse; si parla realmente di pezzi unici prodotti in serie. Inoltre,
il modello di produzione che utilizza strumenti di ingegnerizzazione digitale
applicati sistemi tecnologici prefabbricati deve aggregare di fatto una serie
eterogenea di attori, committenti, prefabbricatori, architetti, ingegneri, im-
prese di costruzioni, istituzioni pubbliche e certificatori che abbiano la possi-
bilità di interagire in tempo reale in tutte le fasi del ciclo di vita dell’edificio,
dalla concezione all’ingegnerizzazione, dalla produzione all’uso, fino al suo

147
smantellamento. A questo obiettivo intervengono quindi degli strumenti in
una piattaforma digitale on-line che prendono aiutano a far prendere forma
attorno a quello che è il modello digitale dell’edificio che si arricchisce via
via di dettagli ed informazioni, dominando la produzione delle sue parti e
gestendo la costruzione dell’edificio stesso.
L’utilizzo dei softwares per la modellazione 3D, anche nel panorama della
costruzione comune, è oramai vastamente considerato come indispensabile
e fondamentale per determinati processi di calcolo estimativo e per la de-
terminazione esatta di capitolati d’appalto: difatti tramite l’accurata model-
lazione digitale dell’edificio in questione con l’applicazione di determinate
famiglie di pacchetti murari, sistemi prefabbricati costruttivi da assemblare
e particolari giunture e/o pezzi unici, dopo aver applicato ad essi un mate-
riale costitutivo, è possibile calcolare con grande precisione e con estrema
velocità tutto ciò che dal punto di vista economico e materico è necessario
sapere.
La convergenza digitale tra processi di progettazione e di produzione offre
un’importante occasione per una profonda trasformazione della professione
e, per estensione, di tutto il settore edile. Uno dei punti di maggiore interes-
se verso il sorgere dell’architettura digitale, ed argomento di discussione
trattato da eventi come per l’appunto il già citato MADE ed il famoso BU!LD
SMART, oggigiorno è quello dell’‘Industria 4.0’. I concetti e le tematiche
relative all’’Industria 4.0’ non rivoluzionano soltanto il modo di produrre
e gestire le fabbriche, ma possono avere un forte impatto anche sul modo
di progettare i prodotti e i servizi. All’interno della quarta rivoluzione in-
Da ‘MADE 2017, dustriale si può anche parlare di ‘quarta rivoluzione progettuale’, visto che
Conferenza Industria 4.0’
alcuni elementi peculiari dell’’Industria 4.0’ possono guidare verso un nuovo
modo di impostare e sviluppare la progettazione [148]. L’integrazione della
tecnologia IoT nei prodotti intelligenti e connessi, permette di avere acces-
so a dati e informazioni che prima risultavano difficilmente reperibili (ad
esempio, per recuperare i dati e le informazioni desiderate era necessario
andare in loco, dove si trovava il prodotto). Ora, con la giusta infrastruttura,
costituita dalla parte tecnologica e dalla parte software, è possibile accede-
re a dati ed informazioni in qualunque momento e da qualunque luogo. La
domanda a questo punto sorge spontanea: si hanno nuovi prodotti in grado
di comunicare dati e informazioni, ma a cosa possono servire questi dati
e queste informazioni, in un’ottica di miglioramento della progettazione?
L’accesso a dati reali, ottenuti nella fase di utilizzo del prodotto, permette ai
progettisti di monitorare e quindi di conoscere i prodotti durante la fase in
cui essi vengono utilizzati, favorendo così una migliore comprensione dei bi-
sogni dei consumatori e di come si possa migliorare il soddisfacimento delle
loro necessità. I dati possono essere utilizzati per le future progettazioni, in
modo da migliorare i futuri prodotti, non solo tramite la conoscenza svilup-
pata in fase di progettazione, ma anche grazie alla conoscenza generata dai

148
dati provenienti dall’utilizzo del prodotto. Questi dati permettono anche un
intervento più efficace ed efficiente nel caso in cui, dall’uso dei prodotti, ven-
gano notati errori nella progettazione, che saranno facilmente individuabili
e risolvibili. All’interno di questa panoramica, che risulta essere ancora non
consolidata pienamente nell’edilizia ‘comune’, è comunque chiaro come le in-
formazioni ed i dati diventino via via sempre più importanti per una migliore
(in termini di efficienza ed efficacia) progettazione. Fondamentale diventa la
loro gestione, affinché essi siano resi disponibili, cioè leggibili nel modo più
semplice e veloce possibile dai progettisti. Le aziende devono quindi investi-
re in sistemi che permettano l’immagazzinamento e il trattamento dei dati
e delle informazioni in un unico sistema. In quest’ottica, i già citati sistemi
Product Life Management (PLM) sono lo strumento più idoneo per affronta-
re questa sfida. Infatti, fino ad ora, i sistemi PLM sono stati poco utilizzati, al Da ‘MADE 2017,
Conferenza Industria 4.0’
netto delle loro potenzialità [149]. Nella logica, e anche nel nome, i sistemi
PLM dovrebbero essere sistemi di gestione delle informazioni a supporto
dell’intero ciclo di vita di un prodotto. Ad oggi, i sistemi PLM sono in grado
di gestire le informazioni riguardanti la progettazione, l’ingegnerizzazione e
la produzione di un prodotto, mentre non sono ancora pienamente utilizzati
per la gestione delle fasi di vita successive del prodotto. Questo ovviamente
dipende dal fatto che, fino all’avvento dell’’Industria 4.0’ e delle tecnologie
IoT, era difficile raccogliere dati e informazioni dal campo, e immagazzinar-
le in un database di tipo PLM. Grazie all’applicazione della connettività e
dell’’Industria 4.0’, i sistemi PLM potranno finalmente gestire le informazioni
relative a tutto il ciclo di vita di un prodotto, includendo anche le informazio-
ni provenienti dalle fasi di utilizzo e di fine vita. L’’Industria 4.0’ può abilitare
la progettazione e l’ingegnerizzazione di servizi basati sui dati e sulle infor-
mazioni raccolte dal campo, grazie alle tecnologie IoT integrate nei prodotti
connessi.
Secondo le recenti esperienze prima citate, i progressi delle convenzioni rag-
giunte fino a oggi sono quindi in gran parte riconducibili a tutti quei processi Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’
di trasformazione chi sono incentrati sulla produzione del prodotto e quindi di L. Caneparo

su quella che è la ‘produzione su modello digitale’ [150]. Esistono diverse


tipologie di produzione ed oramai branche di macchinari robotica testati e
consolidati nella comune produzione edilizia moderna. Il modello 3D dell’e-
dificio, sorto dall’incrocio tecnico tra pianta , prospetti e sezioni curate da
tecnici e professionisti, è al giorno d’oggi l’espressione digitale della forma
edilizia, è oramai la chiave di lettura, il passaggio tra l’’architettura virtuale’ e Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’
la sua trasposizione reale. I macchinari robotici sviluppati diventano dei veri di L. Caneparo
e propri interpreti delle informazioni racchiuse nel modello che sposano l’ar-
chitettura con le più moderne tecniche di profilatura e produzione di sistemi
e componenti [151].
Vi sono diverse tipologie di trasformazioni messe in atto, prima tra tutte
quelle basate sulla rimozione di materiale da un blocco per prefabbricare il

149
pezzo progettato. Svariati processi di prefabbricazione appartengono que-
sta categoria ad esempio l’alesaggio, la bruciatura, l’erosione, la fresatura, la
rettifica, il taglio e la tornitura. Il processo di base consiste nel rimuovere da
un blocco tutto il materiale superfluo finché non rimane il pezzo che risulta
essere conforme alla geometria secondo il progetto. Secondo il procedimen-
to applicato la rimozione processi possono essere classificati secondo aspor-
tazione del truciolo compensi in movimento relativo rispetto al pezzo da
lavorare oppure secondo processi sottrattivi basati su tecnologie laser fasci
di elettroni erosione chimica elettrochimica elettrica e termica. In sintesi pa-
rametri che determinano efficienza e questi delle trasformazioni discendono
dalle caratteristiche del materiale da lavorare dalle tolleranze da ottenere
dalla finitura superficiale del pezzo. Ulteriori funzioni che influenzano la sti-
ma sono i tempi di settaggio e di lavorazione, gli investimenti nella macchina
e costi di funzionamento su cui incidono gli utensili ed il consumo energeti-
co. Gli sviluppi recenti delle macchine sono verso maggiori tassi di esporta-
zione materiale senza perdita di qualità di precisione. I processi di prefabbri-
cazione di riferimento per le trasformazioni di massa sono i seguenti [152]:
-foratura: un utensile realizzabile con diverse profondità e geometria di
blocco
-fresatura: una fresa, un utensile con un lato piano per Italia può avere bordi
taglienti
Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’
-tornitura: è realizzata al tornio con un blocco sferico in blocchi di rotazione
di L. Caneparo attorno al proprio asse e rimuovendo perpendicolarmente strati successivi
di materiale.
-rettifica: sono utilizzati degli abrasivi per rimuovere sottili strati di materia-
le per migliorare la finitura o precisione del pezzo realizzato tramite prece-
dentemente di processo
-erosione: il materiale sottratta al blocco tramite processi basati su laser
facili elettroni chimici (ECM), elettrici (EDM), elettrochimici e termici.

Bisogna inoltre considerare tutti quei processi che vengono elencate sotto il
nome di ‘trasformazioni di stato’: questi processi utilizzano le trasformazioni
che diversi materiali subiscono con la temperatura o con la pressione. Alcune
di queste tecnologie hanno origini antiche, artigianali, anche se concettual-
mente procedimento rimane analogo: lo sviluppo di nuovi materiali come il
cemento armato, materie plastiche acriliche e resine, materiali di ingegneriz-
zazione e compositi, compensati in plastica e rinforzati con fibre richiedono
processi di fabbricazione specifici per la realizzazione degli stampi e per la
formatura. Nella fusione la materia prima riscaldata fino a raggiungere lo
stato liquido o semifluido. Molti materiali possono essere lavorati in questo
modo come metalli vetro, ceramica, polimeri artificiali che possono essere ri-
scaldati fino alla fase fluida semifluida per poter essere colati o iniettati sotto
pressione nelle cavità delle forme. Questi sono poi lasciati a consolidare fino

150
a raggiungere lo stato solido quando sono stati pezzi. Le trasformazioni di
riferimento in questo caso sono principalmente due [153]:
-fusione: se il processo è applicato alla fabbricazione di metalli usualmente è
definito come fusione. A seconda del grado di finitura del pezzo si distingue
tra colate, scottatura realizzata verticalmente in forme singole per la fab-
bricazione seriale di pezzi o colata continua tramite laminazione a caldo tre Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’
rulli per la produzione di tubi, barre e profilati. I pezzi realizzati per la colata di L. Caneparo

sono sovente oggetto di ulteriori processi di lavorazione fusione permanente


in stampi che riproducono il modello del pezzo.
-stampaggio: se invece si tratta di polimeri si parla di stampaggio. In questo
caso la parte si consolida per compressione termo-formatura o reazione con
agenti indurenti.

Questi processi possono essere realizzati nelle fasi iniziali del processo
produttivo per fabbricare parti grezze o semilavorate. La formazione della
microstruttura del pezzo determinano l’efficienza e di costi delle trasforma-
zioni.
L’altra tipologia di trasformazioni che va ad interessare quelle che nella pre-
fabbricazione odierna è la più considerata, è la cosiddetta ‘trasformazione
strutturale’, ossia la branca dei vari processi di fabbricazione che possono
indurre modifiche nella struttura di numerosi materiali. I trattamenti qui
elencati possono essere spesso interessati principalmente alla sola super-
ficie del pezzo. Dalla forma alle proprietà chimiche del substrato, la finitura
del pezzo determina l’efficienza ed i costi delle trasformazioni. I processi più
diffusi sono basati su svariate metodologie. Le più consolidate e praticate
fino ad ora sono [154]:
-trattamenti termici: tramite riscaldamento raffreddamento in condizioni
-controllate per lo specifico materiale ad esempio indurimento, ricottura e
Da ‘Fabbricazione Digitale
tempra. dell’Architettura’
di L. Caneparo
-trattamenti meccanici: per produrre deformazioni plastiche e forgiatura.
-trattamenti termo-meccanici: per indurre le trasformazioni che non sareb-
bero realizzabili altrimenti.
-trattamenti superficiali: utilizzano processi termici, filmatura e ricottura
meccaniche quali sabbiature, elettrochimici e galvanici.

Specularmente esistono anche i processi di trasformazione che danno nuove


forme ai materiali. Di solito le materie prime, nella forma di semilavorato,
sono deformate plasticamente da utensili che applicano delle forze rispet-
tivamente di compressione, laminazione a freddo, stampaggio, estrusione,
flessione, piegatura, rullatura, presso-trazione, imbutitura e trafilatura. Il
processo si effettua su materiali ad elevata deformabilità riscaldando il ma-
teriale, oppure a freddo che, sebbene richieda forze prelevate, produce una
componentistica che presenta una migliore finitura superficiale e precisione

151
dimensionale. I pezzi ottenuti per la deformazione generalmente nel vantag-
gio di risparmiare materiale per l’elaborazione rispetto alle trasformazioni
di massa in quanto possiedono delle migliori caratteristiche meccaniche in
quanto le fibre del materiale sono deformate e non interrotte. Combinazioni
Da ‘MADE 2017 Conferenza successive di questa unità di processo permettono di fabbricare parti com-
Industria 4.0’
plesse a partire da semilavorati semplici con elevata produttività [155].
I ‘processi di unione’ consistono invece nell’assemblare diverse parti pre-
lavorate in un unico pezzo al fine di ottenere la geometria, la struttura e le
proprietà progettate. Questi processi hanno lo scopo di unire in modo per-
manente o reversibile due o più parti creando un legame basato sui seguenti
procedimenti: meccanico, chimico e termico.
L’interazione tra il materiale e l’energia che realizza il legame è un elemento
chiave del procedimento. In alcuni procedimenti l’energia di consolidamento
migliora la struttura o le proprietà dei materiali e risulta essere parte inte-
grante del processo definitivo. Ad esempio nella sinterizzazione, l’energia
meccanica va a consolidare le polveri conferendo la geometria al pezzo ed, al
tempo stesso, migliora la microstruttura del materiale ottenendo prestazioni
meccaniche superiori rispetto quelle del materiale impiegato. In altri casi l’e-
nergia utilizzata per l’unione risulta dannosa per la struttura e le proprietà
del prodotto.
Nella saldatura per fusione calore tra il legame tra gli oggetti ma può anche
alterare l’area del giunto inducendo quindi a dannose distorsioni e tensioni
residue. La saldatura è un processo di unione permanente che può essere
realizzata con diversi procedimenti da valutare secondo le caratteristiche del
materiale o dei materiali lo spessore delle aree su cui si realizzano i giunti i
requisiti meccanici.
Uno dei processi verso la quale si sta investendo oggigiorno è la cosiddetta
‘sinterizzazione’ ossia un processo di consolidamento di polveri tramite pro-
Da ‘Fabbricazione Digitale cedimenti termici o meccano-termici. Il procedimento consiste nella compat-
dell’Architettura’
di L. Caneparo tazione e nella sinterizzazione delle particelle in uno stampo creando così
robusti legami [156]. Tra questi sono utilizzati polveri di metalli, ceramiche
composite o loro miscele. I vantaggi principali sono l’elevato grado di preci-
sione dei particolari e delle finiture, anche in forme complesse, tramite un
preciso controllo delle caratteristiche meccano-strutturali; inoltre si hanno
dunque ottime prestazioni meccaniche ed un’elevata velocità di produzio-
ne. Per contro tuttavia richiede una progettazione di tipo scientifico e vi è
l’impossibilità di fabbricare pezzi di grande dimensione e una produzione in
grande serie. Questi processi quindi si allontanano dal panorama dell’edilizia
‘comune’.
I ‘processi di unione’ hanno ad ogni modo lo scopo di assemblare diverse
parti in un pezzo unico tramite per l’appunto legami risolvibili anche con
chiodi, perni, rivetti e viti. Questa tipologia di trasformazioni, anche nello
scenario ‘comune’, utilizzano un controllo numerico dei processi. Quest’ul-

152
timi sono realizzati soprattutto tramite robot industriali perché la tecnica
di saldatura richiede il controllo del movimento per raggiungere i vari punti
dove realizzare giunte coordinamento con la sorgente di energia utilizzata.
I robot industriali sono macchine di grande flessibilità per la possibilità del
programma del movimento del braccio meccanico o manipolatore che spes-
so ha alcune caratteristiche antropomorfe. I sistemi robotici sono corrente-
mente utilizzati per l’alimentazione in processi di ‘trasformazione di stato’,
‘di massa’ e ‘di deformazione’ anche se processi sono peculiari le funzioni
svolte dei robot sono paragonabili. Le prestazioni di saldatura robotizzate
impiegano principalmente tecniche di saldatura diverse: principalmente si
individuano due caratteri ossia ‘ad arco’ e ‘a laser’.
La prima consiste nel programmare il robot in modo da movimentare e
posizionare la ‘torcia’ in corrispondenza delle aree da saldare ed integrare
efficacemente al generatore di saldatura con lo scopo di ottimizzare il funzio-
namento della gestione del processo a seconda dell’accensione e dello spe-
gnimento dell’eventuale ripresa della saldatura in funzione della realizzazio-
ne del miglior giunto. Il laser invece, oltre ad assicurare un elevato grado di
controllo, alta precisione del processo di saldatura, permette anche di ope-
rare senza contatto (operazione definita come saldatura laser remota) anche Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’
alla distanza compresa tra i 50-100 cm, potendo raggiungere quindi punti di di L. Caneparo
difficile accesso, eliminando molti movimenti del braccio con i corrisponden-
ti tempi passivi [157].
La programmazione di robot per tutte le tipologie di processi che oggigiorno
vengono sfruttate è affrontata per apprendimento o per rigenerazioni auto-
matiche che partono inevitabilmente da modelli CAD. E’ proprio il termine
‘inevitabile’ che fa percepire quanto siano fondamentali al giorno d’oggi
l’utilizzo di queste tecnologie e di queste architetture digitali. I vari sistemi
di disegno e modellazione digitale CAD rappresentano la moderna carta
di riferimento per i tecnici ed i vari professionisti tanto questa sistematica
operatività si è addentrata nel processo decisionale, gestionale e progettuale
delle varie realtà costruttive. L’integrazione dei processi CAD-CAM assicura
un maggior grado di flessibilità nella progettazione e gestione del processo
di simulazione e permette di risolvere una pianificazione di complessa ge-
stione attraverso il canto di lavoro finalizzata a porre nella posizione ottima-
le utensile per la saldatura con il minor numero di spostamenti uno spazio
di lavoro ingombro di ostacoli inoltre la simulazione richiesta di quantificare
esattamente rapida accelerazione ed arresti calcolabili verso del manipolato-
re e degli utensili montati. I processi di lavorazione della carpenteria metal-
lica, che correntemente impiegano diverse mansioni specifiche e differente
macchine con relativi utensili, possono essere automatizzati anche per pic-
cole serie tramite l’integrazione tra CAD-CAM e prestazioni robotizzate. Un
singolo robot può montare utensili diversi rispettivamente per realizzare di-
verse tipologie di lavorazione, ma è il software di progettazione simulazione

153
integrato a gestire e programmare delle soluzioni di continuità permettendo
di ottimizzare i tempi di lavorazione di raggiungere gli stati ottimali.
Il principio della ‘convergenza tecnologica’ è particolarmente indicato per
i robot industriali creati da un vasto numero di processi di fabbricazione
tramite un novero di funzioni e di operazioni relativamente ristrette ed omo-
genee. I robot industriali sono generalmente costituiti da un manipolatore
meccanico e da un’unità di controllo numerico. Il manipolatore meccanico
consiste in una serie di segmenti rigidi connessi tra loro per mezzo di artico-
lazioni che hanno lo scopo di posizionare ed orientali manipolatori rispetto
alla sua base. Le articolazioni possono essere di tipo prismatico (o telescopi-
co) in quanto consente movimento lineare tra due segmenti senza che questi
ruotino uno rispetto all’altro; di rivoluzione (o a cerniera) che consentono
in movimento rotatorio in un un piano di un segmento rispetto all’altro. Vi
sono inoltre cosidetti ‘robot cartesiani’ che possono attuare movimenti in
tre piani realizzati mediante delle articolazioni prismatiche e comunemente
sono realizzati con una struttura fissa a portale, da cui la definizione di robot
a portale o con struttura montante, nella quale vi è un montante verticale
ed uno orizzontale. In ragione della presenza di elementi fissi, usualmente,
la struttura risulta indeformabile, assicurando ridotta inerzia buon compor-
tamento dinamico, elevata precisione, ripetibilità e rappresentano l’ideale
meccanizzazione dei grandi processi in sequenza. Vi sono poi ‘robot cilindri-
ci’ che possono attuare movimenti in due piani differenti e la rotazione attor-
no ad un asse usualmente verticale. Vi sono infine i cosiddetti ‘robot antro-
pomorfi’ i cui movimenti sono analoghi a quelli di un braccio umano, da cui
per l’appunto l’aggettivo ‘antropomorfo’. La nomenclatura delle sue diverse
parti fanno capire come queste gli forniscono diversi gradi di libertà e che
può montare più utensili (anche intercambiabili). I ‘robot antropomorfi’ più
diffusi sono quelli che hanno sei gradi di libertà in questo modo assicurano il
massimo della versatilità permettendo di raggiungere ogni punto dell’area di
lavoro da qualsiasi direzione con qualsiasi orientamento del polso. L’elevata
versatilità dei ‘robot antropomorfi’ li rende particolarmente adatta a sostitu-
ire gli addetti mansione di precisione ripetitive o pericolose.
La digitalizzazione della comunicazione e quindi la sua conseguente robo-
tizzazione può influenzare e cambiare radicalmente il modo di progettare
in quanto, per sfruttare a pieno le tecnologie offerte da questo nuovo para-
Da ‘Fabbricazione Digitale digma occorre concentrarsi non solo sulla progettazione del prodotto (la
dell’Architettura’
di L. Caneparo cosiddetta parte ‘hardware’), ma anche sulla progettazione della tecnologica
da integrare nel prodotto, che abilita la collezione e la raccolta di dati dal
campo [158]. Nella progettazione tecnologica è anche rilevante scegliere lo
strumento di comunicazione fra i diversi componenti e prodotti. Una parte
fondamentale è la scelta del software corretto da utilizzare per la gestione
dei dati e delle informazioni raccolte, in modo da garantire che esse siano
utilizzabili in modo efficace ed efficiente, sia da parte dei progettisti, sia da

154
parte dei consumatori.
Un’altra delle grandi frontiere verso la quale gran parte dell’industria, edi-
lizia e non, sta investendo è la cosiddetta ‘prototipazione rapida’ (anche
chiamata con l’acronimo di PR) che consente di realizzare nell’arco di poche
ore oggetti di geometria comunque complessa, a partire da un modello CAD
tridimensionale.

Le applicazioni principali della prototipazione rapida sono nella creazione di


[159]:
-modelli concettuali di un pezzo progettato al fine di valutare l’aspetto le
caratteristiche dimensionali del progetto
-prototipi per validazione
-prototipi tecnici Da ‘La prefabbricaione nell’e-
dilizia abitativa’ di Industria
-prototipi in cera o fotopolimeri o materiali compositi per stampi che costi- delle Costruzioni

tuiscono la parte sacrificale all’interno di stampi in gesso sabbia argilla.


master da utilizzare nello stampaggio con materie plastiche
-realizzazione di un prototipo funzionale utile alla verifica delle proprietà del
pezzo meccanica strutturale, per verifica degli accoppiamenti
-parti finali di pezzi unici o in piccolissima serie

Nonostante le difficoltà sistemi usare usare processi in veloce evoluzione, i


processi di prototipazione rapida di riferimento tuttora sono [160]:
-per consolidamento: fascio laser o UV solidifica in superficie e localmente in
sottile strato di fluido strati successivi sono deposti uno sull’altro, ogni volta
spostando il supporto che sostiene l’altezza della sequenza della sezione. Da ‘La prefabbricaione nell’edi-
lizia abitativa’
-per sovrapposizione: sono tagliata al laser sezioni successive in materiale di Industria delle Costruzioni

cartaceo incollate tra loro sono depositati materiali termoplastici ABS elasto-
meri e policarbonato costituire la sezione
-per sinterizzazione: un fascio laser sinterizzato in particelle metalliche ter-
mo plastica o sabbia fino a formare la parte desiderata.

Dopo questa tipologia di trasformazioni, che risultano necessarie per il


completamento della produzione di suddetti pezzi, intervengono quelli che
vengono chiamati ‘processi integrati’, ossia la logica conseguenza per ultima-
re il suddetto pezzo. La fabbricazione di un pezzo o di un componente neces-
sita infatti frequentemente di una sequenza di lavorazioni atte a costituire
il processo corretto. Nella produzione corretta si realizza una fabbricazione
unitaria sul pezzo in una sequenza secondo cui pezzo in ingresso a unità di
processo palestra di processo precedente il pezzo finito al resto di questa se-
quenza concretizza in se la storia delle singole unità di prefabbricazione. La
qualità di proprietà del pezzo sono quantificabili come somma e sottrazio-
ne dei contributi di ciascun eremita di processo. Per poter trarre completo
beneficio delle potenzialità di una sequenza produttiva è necessario che sia

155
accuratamente progettate pianificate processo complessivo integrazione tra
tutte le singole unità di processo. La progettazione integrata della produzio-
ne viene definita con l’acronimo visto precedentemente di ‘CIM’ ed organiz-
za, gestisce e completa la sequenza produttiva attraverso il funzionamento
del sistema in tutte le sue fasi.
Il modello 3D rappresenta inevitabilmente una nuova chiave di lettura per
l’architettura del futuro in quanto completa e versatile rappresentativa dei
mezzi del suo tempo. Il sistema di modellazione digitale è una grande po-
tenzialità per quella che è l’architettura odierna in quanto con i vari sistemi
‘BIM’, ‘PLM’ e l’appena citato ‘CIM’ possono declinare ulteriormente e spin-
gere quello che è il settore dell’edilizia ancora più a fondo, simulando esatta-
mente la costruzione di una costruzione, la sua vita ed il suo relativo funzio-
namento. L’utilizzo di questi progetti integrati porta l’architettura verso la
soglia dell’era digitale e verso un suo consequenziale massivo uso anche in
quella che si può tranquillamente definire come ‘architettura comune’. È pos-
sibile istituire una relazione tra potenziale innovativo di componenti sistemi
e capacità di introdurre gestire processi integrati nelle specificità del settore
edile. L’automazione industriale stessa ha permesso di realizzare impianti
altamente integrati sulla scorta delle sperimentazioni e ricerche pionieristi-
che della produzione ed automazione. Tuttavia la realizzazione di processi
integrati in opera è ancora limitata da alcuni progetti pilota. La prefabbrica-
zione ‘comune’ utilizza quindi la potenzialità della modellazione 3D come
‘magna charta’ universale per la comprensione del progetto architettonico,
per la produzione e l’iterazione con la manodopera robotizzata sempre più
utilizzata ed alle volte produzione ‘ad hoc’ di pezzi specifici.

3.4 I sistemi della prefabbricazione

Sta emergendo sempre di più una sorta di grammatica dell’architettura pre-


fabbricata che coinvolge l’organizzazione planimetrica e volumetrica e che
si riferisce principalmente alla tipologia di case uni o bifamiliari. Per quanto
riguarda l’organizzazione volumetrica sembra di essere tornati a Le Corbu-
sier quando esso professava delle volumetrie nette e distinte.

‘l’architettura il gioco sapiente rigoroso magnifico di volumi assemblati


nella luce nostri occhi sono fatti per vedere le forme della luce; le ombre,
Da ‘Verso un’Architettura’ di L.
le luci rilevano le forme di cubi, di coni; le sfere di cilindri o le piramidi
J. Le Corbusier
sono le grandi forme primarie che la luce esalta: l’immagine risulterà
apparentemente intangibile, senza ambiguità; è per questo che sono belle
forme le più ‘belle forme’ [161]

Come il sempre utile Jeanneret definisce, anche i tipici prefabbricati sem-


brano essere impostati su volumi tendenzialmente primari -principalmente

156
parallelepipedo rettangolare, lungo e stretto, e il cubo- combinati per la
sovrapposizione ed accostamento. Le sovrapposizioni sono giocate sulla giu-
stapposizione di volumi con giacitura ed orientamenti diversi da quelli dei
volumi immediatamente sottostanti (di solito si formano delle configurazio-
ni a croce, dove il volume del secondo livello è ruotato di 90° rispetto quello
del piano del terreno; difficilmente si riscontrano gradi diversi di orienta-
mento), a creare degli sbalzi di varia gittata che possono segnalare l’accesso
principale dell’edificio o a formare degli spazi per gradi scoperti o estensioni
all’aperto degli spazi della residenza protetti dal sole dalla pioggia. Ad enfa-
tizzare la giustapposizione è necessaria una scelta dei materiali e dei colori
oculata (di solito almeno due tipologie). Vi sono infatti case che hanno la
parte basamentale trasparente del volume sovrapposto cieco pesante, tut-
to concepito per creare una straniante inversione di pesi ed un’apparente
contraddizione strutturale (almeno dal punto di vista percettivo); negli altri
edifici si usa invece la semplice contrapposizione materica e cromatica. Nella
tipologia di case che si basa sulla contrapposizione volumetrica, difficilmen-
te si riscontra la monocromia tipica invece dell’edificio di piani impostati su
un unico volume.
Prendendo la questione dal punto di vista planimetrico, sinora come vi sia
un dominio per la progettazione ad angoli retti, nonostante le possibilità di
creare forme mistilinee con l’applicazione dei già citati procedimenti CAD-
Da ‘MADE 2017 Conferenza
CAM e le macchine a controllo numerico per il taglio, la saldatura o la fre- Industria 4.0’
satura dei pezzi. Le disposizioni planimetriche sono impostate su impianti
prevalentemente ad ‘I’ (prevalenti negli edifici residenziali plurifamiliari a
più di un piano), ad ‘H’, a ‘L’, a ‘C’ ed a ’T’ [162].
Ovviamente nell’ampia casistica dell’elitarietà e dei progetti di riferimento
vi sono progetti che esaltano la potenzialità manifatturiera d’oggi, ma, con-
trariamente a questo ‘trend’, l’edilizia ‘comune’ preferisce un panorama di
parallelepipedi e cubi. Come si spiega questa morfologia del costruito basata
su forme e linee essenziali e semplici? La predilezione per impianti planime-
trici e volumetrici basati su questa tipologia d’assetto, ha diverse spiegazioni
logiche, anche se la principale è imputabile a ragioni produttive, perché è
più facile ed economico realizzare elementi costruttivi ad angolo retto e di
forma rettangolare piuttosto che curvi. Inoltre, se si hanno elementi rettili-
nei, risulta più facile combinarli a 90° piuttosto che con inclinazioni diverse,
anche se le macchine a controllo numerico permettono di tagliare i pezzi
secondo gli angoli più vari. Per quanto i sistemi di produzione CAD-CAM
consentono di realizzare pezzi non standard, la produzione è più costosa e
gli scarti di lavorazione nella maggior parte dei casi non sono riutilizzabili e,
normalmente, a meno che non siano totalmente riciclabili o recuperabili per
un nuovo uso (se programmato ovviamente), vanno a finire in discarica. C’è
poi il problema tutt’altro che banale dei giunti, visto che da essi dipendono
la durata dell’edificio elle sue prestazioni devono essere poi testate, e que-

157
sti non sono altro che costi aggiuntivi. Produrre elementi non rettangolari
può aver senso quando le vendite giustificano la produzione in serie di uno
stesso tipo di edificio o di edifici basati sulla combinazione di una serie di
elementi mistilinei o sulle spezzate con angoli diversi da quello oramai ‘ca-
nonizzato’. Un’altra facilità conferita dall’angolo retto è quella che si riscontra
nell’imballaggio e nello stoccaggio tramite i mezzi di trasporto. C’è dunque
Da ‘MADE 2017 Conferenza una maggiore efficienza nell’occupazione dello spazio e come conseguenza
Industria 4.0’
una riduzione dei costi di trasporto [163]. Infine, queste forme consentono
un facile montaggio, il che riduce la durata dei tempi del cantiere, consenten-
do così facendo un contenimento dei costi. Nella prefabbricazione oggigior-
no, nella pratica dell’edilizia ‘comune’, vengono usati tre tipologie di sistemi
costruttivi principali che vanno inevitabilmente ad influenzare l’aspetto del
Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’ prodotto architettonico, ossia [164]:
di L. Caneparo
-Lineari
-A parete
-Spaziali

Questi sistemi costruttivi a loro volta va a definire tre tipologie strutturali


differenti [165]:
Da ‘Fabbricazione Digitale
dell’Architettura’ -A scheletro
di L. Caneparo
-A pannelli portanti
-A sistemi a moduli

La flessibilità di sistemi costruttivi decresce passando dei sistemi a scheletro


a quelle moduli; ad ogni modo di solito i tre sistemi costruttivi si trovano
combinati. I materiali comunemente usati sono legno, acciaio, alluminio
e cemento armato. Il materiale più diffuso nella prefabbricazione durante
Da ‘MADE 2017 Conferenza
l’ultimo decennio è il legno perché risulta essere il materiale che sempre
Industria 4.0’ più rispetta le qualità che normativamente parlando risultano essere le più
vincolanti: difatti rinnovabile, riciclabile e biodegradabile [166]. Inoltre ha
una elevata resistenza e un peso contenuto, dura molto se opportunamente
trattate mantenuto, risulta essere un buon isolante termico ed acustico ed
inoltre costa meno degli altri materiali. Tuttavia la qualità che risulta essere
più importante riguarda l’energia primaria necessaria alla sua lavorazione
ed a tutte le sue finiture, assumendo come unità di misura le MJ/ton, risulta
4 volte inferiore a quella necessaria per produrre elementi di calcestruzzo,
6 volte inferiore per prodotti di laterizio, 60 volte inferiore per prodotti in
acciaio, 250 inferiori prodotti in alluminio ed infine 800 volte inferiore per
prodotti di titanio.
La tendenza che sta sempre più imponendo nell’edilizia residenziale è quella
di usare il legno anche su molti edifici che comunque sono costruiti con ma-
teriali metallici: ad esempio o acciaio o alluminio oppure il cemento armato
sono tra le scelte più utilizzate perché da un punto di vista dell’accettazione

158
e della percezione sociale una costruzione di acciaio o di cemento armato
viene sentita come più resistente duratura rispetto quella di una in legno. In
particolare questi due materiali vengono utilizzati nel caso di grandi costru-
zioni come fabbriche, magazzini, scuole, edifici plurifamiliari, hotel, palestre
ed uffici. Andando nello specifico, le strutture prefabbricate, previa proget-
tazione, basano gran parte della loro composizione proprio sulla tipologia
costruttiva adottata.
Il sistema scheletro risulta essere il ‘trend’ che col tempo si è più consolidato
in quanto, anche storicamente, dimostra avere più ‘esperienze’ e casi di stu-
dio positivi. Le strutture a scheletro sono strutture formate da pilastri e travi
combinati con elementi di controventamento la cui funzione è quella di irri-
gidire la struttura contribuendo ad assorbire carichi orizzontali e verticali.
La struttura, ovviamente calcolata e predisposta per accogliere gli elementi
di tamponamento e le tramezze interne, può essere posizionata all’interno o
all’esterno di muri di tamponamento anche se è punto di vista dell’isolamen-
to termico è meglio la prima soluzione citata in quanto la pelle esterna può
essere realizzata senza ponti termici. Secondo quanto riportato all’esperien-
za del MADE, nel caso dei progetti residenziali uni o bifamiliari o con pochi
appartamenti, la scelta preventiva del sistema scheletro di legno o di acciaio
è irrilevante poiché i profilati di acciaio di dimensioni e spessore contenuti
si combinano a formare moduli strutturali simili a quelli in legno. Tanto sono
alternativi due materiali che spesso nelle gare d’appalto vengono richieste Da ‘MADE 2017 Conferenza
Industria 4.0’
delle offerte sia per la struttura di legno che per la struttura di acciaio prima
di decidere quale materiale adottare [167]. I progetti con la struttura schele-
tro prevedono una maglia strutturale di travi e pilastri tagliati e forati in fab-
brica; lo scheletro può arrivare in cantiere già assemblato ancora da montare
in funzione delle sue dimensioni. Una volta che la struttura è pronta, su di
essa vengono agganciati pannelli prefabbricati con diversi gradi di finitura:
con porta e finestre installate, con la pelle di rivestimento esterna già pre-
disposta ed in alcuni casi con impianti che aspettano solo di essere cablati
allacciati. Un progetto di riferimento alla quale l’edilizia ‘comune’ guarda con
attenzione e che rispetta e rappresenta ‘in toto’ questo sistema costruttivo
è la ‘Loblolly House’ di Stephen Kieran e James Timberlake, due architetti
americani, autori dell’illuminante ‘Refabricating Architecture’, libro teorico
dedicato alla costruzione prefabbricata all’insegna di un modello di processi
di produzione per l’edilizia industriale praticabile, che prende spunto dall’in-
dustria automobilistica, navale ed aerospaziale. Come difatti viene espresso
degli architetti:

‘Most houses are built from thousands of parts, which are transported separa-
tely to the construction site and pieced together by hand—a process of extra-
ordinary duration, cost, and environmental impact. With Loblolly House, by
contrast, we wanted to use integrated assemblies of those parts, fabricated off

159
site, to build a house in an entirely different way. Specification was no longer
structured around the 50 divisions of the Construction Specifications Institute
Da ‘Lollobloy House’ di K.
traditionally used to organize the multitude of parts. Instead, the conception
Timberlake Studio
and detailing were formed about four new elements of architecture: scaffold,
cartridge, block, and equipment. The connections between elements were desi-
gned to be made using only simple hand tools.’ [168]

Quel modello di processo presuppone il fatto che le case, anche quelle pic-
cole, sono formate da migliaia di elementi, che arrivano in cantiere separa-
tamente per essere montati a mano, elemento per elemento, a partire dalle
fondazioni per poi arrivare il tetto. La strategia degli architetti che hanno
adottato per questo caso è stata quella di scomporre la casa in quattro macro
elementi da realizzare in fabbrica ossia struttura, cartucce, blocchi e pelle
esterna. Ancora prima di essere costruiti questi elementi sono stati ripro-
dotti virtualmente a computer dove sono stati verificati per evitare errori
ed incongruenze prima di avviare le macchine per la loro realizzazione in
fabbrica. La struttura portante è formata da montanti traversi di alluminio
anodizzato, tagliati forati fabbrica e predisposti con i sistemi di aggancio per
collegare le cartucce e di blocchi con il solo aiuto di una chiave inglese. Le
cartucce, chiamate anche ‘smart cartridges’, sono dei pannelli prefabbrica-
ti di legno che assolvono la funzione di pavimento o copertura. All’interno
dello spessore di 30 cm dei pannelli per il pavimento sono alloggiati l’im-
pianto di riscaldamento, i microcondotti per il condizionamento estivo ed
i cavi per la corrente elettrica. Ogni cartuccia è larga 120 cm e la lunghezza
varia in base alla posizione. I blocchi, ossia il terzo elemento, rappresentano
le unità più complesse: il box cucina che ha tutti i complementi di arredo e
gli impianti; il bagno-ripostiglio che è un modulo pronto per essere sollevato
e sistemato nella sua posizione con tutte le finiture, gli arredi, il sistema di
drenaggio e gli impianti. Il quarto elemento, l’involucro, si compone di due
elementi: le pareti vere e proprie, ossia quelle delle cartucce intelligenti (già
isolate, predisposte con porte e finestre e con le pareti interne rifinite) che
formano l’involucro della casa, il secondo elemento è una pelle di legno di
cedro che avvolge le pareti esterne e protegge l’edificio dalle intemperie.
Questa metodologia ha permesso loro di confrontarsi non solo con il proble-
ma dell’assemblaggio totale della casa, ma anche con quello del suo disas-
semblaggio. Infatti, come le componenti possono essere smontate e rimon-
tate in un altro luogo ma, soprattutto nel caso in cui la casa debba essere
demolita, è possibile recuperare degli elementi senza lasciare nel sito un
cumulo di macerie di materiali non smaltibili ed inutilizzabili.
Per quanto riguarda invece il sistema a pannelli invece, si combinano i pan-
nelli muro ed i pannelli solaio per formare la cosiddetta ‘scatola’ edilizia ed i
diversi piani di cui si compone l’edificio. I pannelli possono essere di piccole
dimensioni: i moduli sono larghi fra i 60 ed i 120 cm ed alti un piano e ven-

160
gono solitamente usati per edifici piuttosto bassi (uno o due piani).
Il vantaggio di questa tecnologia costruttiva è che i progettisti godono di una
certa libertà compositiva; lo svantaggio è che il numero di giunti può essere
ragguardevole ed è quindi necessario disporre di una tecnologia di giunzio-
ne ben sperimentata perché un giunto non riuscito può costituire un ponte
termico, andando quindi a indebolire l’intera struttura portante e l’involucro
termico. Un altro vantaggio dei pannelli di piccole dimensioni è che si pos-
sono trasportare manovrare agevolmente perché sono leggeri, anche se allo
stesso tempo lo svantaggio conseguente è che ci si impiega molto più tempo
ad assemblarli. Ovviamente vengono realizzati pannelli di dimensioni più
ampie (in genere la loro dimensione viene calibrata rispetto mezzi di tra-
sporto visto i prezzi in fabbrica devono essere portati in cantiere) solo che,
così facendo, risultano essere più difficili da trasportare e poco manovrabili
perché pesanti, lasciando libertà compositiva progettista. Presentano tutta-
via il vantaggio di essere assimilabili più rapidamente e di avere pochi ponti
termici con effetti positivi dal punto di vista energetico.
Vi sono innumerevoli esempi di case costruite con questi sistemi, e, sempre
secondo le indagini coinvolte nei recenti eventi internazionali d’architettura,
questa tendenza risulta essere sempre più utilizzata: in grado di consolida-
mento nella cultura edilizia ‘comune’ sono difatti i cosiddetti SIP, pannelli
con dimensioni standard e molto economici. I pannelli portanti formano
il muro esterno della copertura, mentre per quanto riguarda tutte le varie
aperture, viene applicato un sistema di rinforzi in acciaio per non compro-
mettere la stabilità del pannello. Tuttavia, nel mercato la soluzione che viene
ancora più praticata nella prefabbricazione alla soluzione del sistema mo-
duli: si tratta di costruire in fabbrica dei moduli, che possono essere costi-
tuiti da legno metallo o cemento armato, o altrimenti di usare ‘container già
pronti’ che altro non sono che unità da combinare assieme per formare un
edificio. Se i moduli non sono portanti vengono inseriti in opportune maglie
strutturali come se fossero dei ‘cassetti’. Le dimensioni dei moduli dipendo-
no dalle dimensioni massime consentite dei mezzi di trasporto per cui nel
caso di unità abitative ampie si devono studiare dei moduli che combinati
assieme possono formare l’unità abitativa delle dimensioni previste, quin-
di l’edificio deve essere attentamente scomposto in blocchi in fase di pro-
gettazione. I moduli possono arrivare in cantiere completi o parzialmente
completi; normalmente tra i vari prefabbricatori, si ritiene di massimizzare
la quantità di lavorazioni di finiture realizzati in fabbrica anche se c’è chi si
spinge a completare moduli fino al 90% percento perché in questo modo si
può curare meglio la qualità e perché l’assemblaggio cantiere risulterà molto
più rapido. È questa la ragione principale per cui i prefabbricatori tendono a
preferire il sistema di prefabbricazione moduli rispetto agli altri prima citati.
Di fatto, alla costruzione moduli che che vanno a costituire una grande por-
zione dell’edificio si associa anche l’idea del manufatto che esce praticamen-

161
te finito dalla fabbrica come se fosse una macchina o un oggetto di design.
Le ragioni della diffusione di sistemi moduli sono spiegati dallo studio degli
ultimi sistemi in uso. Anche se relativamente recenti, i primi esemplari inse-
riti nella cosiddetta ‘pratica comune’ dell’architettura vedono luce nei pro-
getti firmati dallo studio statunitense Marmol-Radziner: difatti, nonostante
questi moduli siano in acciaio, viene dimostrato come usare una struttura di
questo tipo rappresenti il miglior modo per massimizzare l’efficienza della
produzione in fabbrica e per creare un’estetica moderna ed aperta. Difatti
come viene affermato dalla coppia Leo Marmol e Ron Radziner:

‘We understand from our first-hand experience as builders such as inefficien-


cies in the site: they include bad weather, unreacted subcontractors, over-con-
trolled costs, and excessive waste of material. We knew that if we had prefabri-
cated basically we would have to make everything possible in the factory with
Da ‘Desert House’
prefabrication systems through the kit of panels where wall section or pre-cut
di L. Marmol e R. Radziner pieces and arrive at the site to be assembled never meet this need because
they still require work significant. It seemed to us that only modular structu-
res where full and complete house volumes could be shipped to the site would
allow us to install potentially everything from windows to floors, to plumbing
and to household appliances.’ [169]

Il perfetto esempio di quest’idea viene rappresentato dalla ‘Desert House’


nei pressi di Palm Springs in California, È stata costruita a partire da 10 mo-
duli completamente realizzati in fabbrica (le finiture degli interni gli arredi
fissi hanno già stati installati prima che modo gli arrivasse in cantiere), alti
3,5 m, lunghi fino a 18 m e larghi dai 2,5 ai 3,5 m. Queste dimensioni stan-
dard hanno semplificato di gran lunga il trasporto perché corrispondono agli
ingombri massimi consentiti dal Dipartimento dei Trasporti negli USA. Una
volta portati in cantiere con dei camion, i moduli sono stati spostati con delle
gru e posate su delle fondazioni già predisposte. La casa è stata montata in
un giorno. Essendo stato il loro primo prototipo desiderando lanciare l’im-
presa, lo studio Marmol-Radziner aprì la casa pubblico con risultati sorpren-
denti e con un notevole seguito a carattere editoriale. Da questo esempio
‘celebre’ e di riferimento, negli anni successivi si registrarono sempre più
esempi che al giorno d’oggi, soprattutto in America, ma anche in Europa,
risultano oramai essere pratica ‘comune’ dell’architettura e dell’edilizia. La
modalità con cui questo avviene risulta essere un concetto non solo fonda-
mentale dal punto di vista architettonico-compositivo, ma anche dal punto di
vista costruttivo e prefabbricativo in senso lato, in quanto quest’ultimo pre-
suppone come conseguenza naturale il concetto di serialità che, a sua volta,
risulta essere un paradigma ‘conveniente’ a quelle che sono le finestre aperte
alle figure di ‘budget’ e ‘tempistiche’.
Tuttavia, nonostante la tendenza a questo ‘trend’, non mancano proposte di

162
architetture prefabbricate nel mercato che presentano complessità compo-
sitive come pareti inclinate ed angoli acuti: questa casistica appartiene però
a quella nicchia di ‘architetture e realtà elitarie’ prima descritte. Come il caso
già affrontato delle cosiddette ‘ville griffate’ prefabbricate, il concetto che si
va ad applicare a questi esempi è il seguente: dopo un’accurata modellazione
in 3D, tutti i vari pezzi disegnati digitalmente tramite l’utilizzo di program-
mi (Form Z, Rhinoceros, Archicad e Revit in primis) vengono controllati ed
assemblati virtualmente, così da poter definire l’effettiva realizzazione di
quest’ultimi. I pezzi, tagliati generalmente con l’utilizzo di laser ad alta preci-
sione, si possono poi impacchettare e spedire al cantiere, dove poi verranno
realmente assemblati.
E’ innegabile che, attraverso la prefabbricazione industriale, si costruisca
meglio di quanto si faccia tradizionalmente e, in vista del fatto che le case
siano solide e destinate a durare nel tempo, per lo più relazionandosi all’am-
biente in modo responsabile, meno invasivo. Inoltre, un altro fatto che va
a sfatare un falso mito riguardo la prefabbricazione è quello dell’aspetto
‘seriale’ delle costruzioni che non risultano più essere tali: la possibilità di
poter personalizzare la propria struttura e la stessa complessità raggiungibi-
le attualmente dai modelli prefigurati va contro quello che risulta essere un
luogo comune di questa tecnica.
L’obiettivo di chi prefabbrica è quello di arrivare ad ottimizzare il processo
di produzione industriale fino a creare delle vere e proprie catene di mon-
taggio simili a quelle che permettono di costruire navi, aerei, macchine, moto
ed oggetti di design, perché chi prefabbrica va a considerare gli edifici alla
stregua di qualsiasi altro prodotto industriale. Ovviamente l’idea principale
è quella che il concetto di ‘casa’ come prodotto industriale debba far breccia
nella mentalità di chi le case le dovrà comprare per poterci abitare, e questa
mentalità è un ostacolo sul quale i prefabbricatori devono lavorare, perché
se i prodotti industriali sono percepiti dalla gente comune per rientrare nella
fascia dei cosiddetti ‘beni voluttuari’ e non duraturi, la casa, invece, soprat-
tutto in Italia (visto che in altri stati, in particolare quelli del Nord Europa
e degli Stati Uniti risulta essere un sistema costruttivo più affermato ed in
alcuni casi prevalente), è considerata come un rifugio in senso metafisico,
perché è il luogo dove ci si sente protetti e si mettono radici.

163
L’attuale considerazione per la
progettazione: l’edificio un
insieme di layers diversi.

Esemplificazione dei layers


principali per un edificio
attuale.

164
La prefabbricazione aperta: i
sistemi open-source.

Esemplificazione di costruzione
di un’abitazione temporanea
open-source.

165
La prefabbricazione chiusa: i
sistemi di produzione ‘bran-
dizzati’

Rappresentazione della costru-


zione di un sistema chiuso.

166
La prefabbricazione ibrida: le
Flat Pack Houses

Rappresentazione della costru-


zione di un sistema ibrido.

167
LEED: sistema di certificazione
energetico e di sostenibilita’.

Green Building: fattori principali


per la sua costruzione

168
I risultati ottenuti in Canada
con l’applicazione dei principi
LEED.

PLM: campi d’applicazione del


software

169
I sistemi di produzione: siste-
ma con taglio laser.

Rappresentazione di un taglio
laser

I sistemi di produzione:
sistema con taglio laser. Campi
d’applicazione.

170
I sistemi di produzione: siste-
ma di sinterizzazione.

Rappresentazione di una
sinterizzazione.

I sistemi di produzione: sistema


di sinterizzazione. Campi
d’applicazione.

171
Sistemi di costruzioni prefab-
bricati: i sistemi a telaio.

172
Sistemi di costruzioni prefab-
bricati: i sistemi modulari.

173
‘Loblolly House’ di Kieran
Timberlake. Pianta e viste.

174
‘Desert House’ di Leo Marmol e
Ron Radizner. Pianta e viste.

175
176
L’ITER DELLA PREFABBRICAZIONE

177
178
LE CASE PREFABBRICATE RAPPRESENTANO L’ULTIMA FRONTIERA PER L’EDILIZIA E IL
MERCATO IMMOBILIARE. ESSE NON SONO PIÙ SINONIMO DI INSTABILITÀ E PRECARIETÀ,
ANZI. QUELLE DI NUOVA GENERAZIONE ASSICURANO ALTE PRESTAZIONI.

Ovviamente, analogamente, come in tutte le cose, il fattore economico de-


termina un margine di successo e fallimento, un gap tra l’indifferenza e
la richiesta che, anche in questo caso, vanno a determinare il mercato di
quest’ultime e la rispettiva qualità. Quest’ultimo fattore ovviamente ha un
costo maggiore e le case prefabbricate possono tranquillamente raggiunge-
re alti livelli di qualità, contrariamente a quanto il luogo comune possa far
pensare. Inoltre, come già espresso prima, la durata delle case prefabbricate
è normalmente equiparabile a quella delle convenzionali. Inoltre, si assicura
di solito una durata minima di 80 anni, anche se comunque tutto dipende da
come chi ci abita è in grado di mantenere la struttura.
In sostanza, la dissertazione in questione ha messo in luce come le residenze
prefabbricate non siano da considerare come delle costruzioni speciali, ma
bensì dei normali edifici che, utilizzando metodi altamente innovativi, impie-
gano una quantità minore di risorse, di costi e di tempo. La tecnologia pre-
fabbricata, al pari di quella tradizionale, ha nel tempo consolidato una me-
todologia applicativa instaurata nei processi di produzione e proprio nella
stessa catena di montaggio che viene utilizzata. Tuttavia, nonostante quello
che possiamo chiamare ‘iter’ della casa prefabbricata, è opportuna fare un
distinguo tra quelle che sono le due declinazioni della prefabbricazioni, ossia
la costruzione modulare e prefabbricazione ibrida.
Difatti, nonostante vi siano molte procedure analoghe, si riscontrano alcune
differenze sostanziali che vanno ad influenzare non solo il procedimento
progettuale ma vanno anche a registrare un cambiamento nei costi. In que-
sto caso, in modo da poter capire effettivamente quale sia l’iter corretto e
confrontare le potenziali differenze tra i due sistemi presentati, sono stati

179
considerati dei casi studio che vadano a rappresentare nella propria comple-
tezza le declinazioni prefabbricative considerate.
Per quanto riguarda la declinazione della costruzione prefabbricata modula-
re si è deciso di scegliere il caso americano delle Excel Homes, ditta america-
na che da più di 20 anni tratta case prefabbricate modulari in legno.
Mentre, per quanto concernente la tipologia di prefabbricazione ibrida si
è pensato di selezionare l’esperienza italiana del gruppo GHM con Green
Home 4.0. Come già anticipato, seguiranno alcuni aspetti e passaggi che
risulteranno analoghi, mentre, per altri versi, ci saranno aspetti significativa-
mente differenti.

4.1 Il terreno

Come spesso capita per molti altri falsi miti sugli edifici prefabbricati, c'è la
sbagliata convinzione che una casa prefabbricata sia un edificio da montare
e smontare qualsivoglia, una sorta di roulotte che permetterebbe di offrire
semplicemente un alloggio senza dover sottostare necessariamente a parti-
colari vincoli legislativi previsti per le case soggette alla costruzione tradizio-
nale. Ovviamente un simile (ed errato) luogo comune nasce dall’altrettanto
erronea convinzione che le case della tradizione (costruzioni in muratura,
costruzioni in legno e così via) siano ‘le vere case’, mentre quelle prefabbri-
cate siano edifici al pari di un accampamento per il campeggio, o come rifugi
in campagna o montagna. Essendo i prefabbricati in genere delle case a tutti
gli effetti, anch’esse (come tutte le case) necessitano di un terreno edificabile
dove poterle costruire, dimostrando quindi come anch’esse siano soggette
a normali vincoli burocratici. Non è legislativamente possibile, ed è altresì
eticamente biasimabile, costruire su terreni non edificabili (ad esempio
su terreni agricoli) in deroga alla normativa vigente. La costruzione di una
casa prefabbricata non è un semplice escamotage per aggirare la normati-
va edilizia. Pertanto, se si dispone di un terreno edificabile, si può passare
direttamente alla fase successiva, ossia quella della progettazione. In caso
contrario, bisognerà provvedere all'acquisto del terreno. Come avviene per
la costruzione di qualsiasi altro edificio, nella stragrande maggioranza dei
casi, la vendita dei terreni edificabili è affidata alle agenzie immobiliari che si
occupano anche della commercializzazione di lotti edificabili e generalmente
sanno valutare qual è la capacità edificatoria del lotto in base alla normativa
ed ai vincoli paesaggistici e non del posto.
I terreni edificabili che risultano essere liberi e disponibili non sono molti e,
in genere, sono molto costosi, ma questo è un dato di fatto che vale per qual-
siasi tipo di casa si voglia costruire. Esiste anche la possibilità di acquistare
un terreno nel quale vi è già la presenza di un edificio da ristrutturare. In
questi casi, quando l’edificio pre esistenti risulta essere troppo obsolescen-
te ed una ristrutturazione potrebbe essere sconveniente, allora si attua la

180
demolizione dell’edificio (o di parti di esso) e/o la sua ricostruzione in altri
materiali, con il mantenimento della forma originaria, piuttosto che provve-
dere alla ristrutturazione in opera.
Nel caso dove per l’appunto si decida di demolire un ipotetico vecchio edifi-
cio, sostituendolo con un prefabbricato che va a mantenere la sagoma origi-
naria, si attua quella che viene definita una ‘sostituzione edilizia’.
Inoltre, in ogni caso, sia che si voglia acquistare un terreno libero, sia che
si decida di andare a sostituire un edificio pre esistente, è necessario che il
terreno sia sottoposto ad opportune verifiche geologiche e, ovviamente, sarà
necessario valutare quale possa essere la capacità edificatoria del lotto, in
quanto proprio da questa si potrà avere una chiara idea riguardo le dimen-
sioni e la sagoma stessa assumibile dalla casa prefabbricata.
Definite le premesse generali per poter affrontare l’edificazione prefabbrica-
ta di entrambe le declinazioni, è da notare come questi passaggi di carattere
burocratico siano totalmente analoghe a quelle che si affronterebbero con la
costruzione tradizionale, sfatando quindi il falso mito della prefabbricazione
come ‘costruzione nomade’.

4.2 La scelta e la chiusura del contratto

Una volta che si è ottenuto il terreno che possa ospitare una costruzione, si
può passare alla scelta della costruzione in questione. In questo particolare
punto si iniziano ad intravedere le prime differenze tra le due declinazioni
prefabbricative. Difatti, data la natura stessa dei due sistemi laddove nella
prefabbricazione modulare ci sia la scelta del modello in base alle esigenze
della committenza, nella prefabbricazione ibrida occorre sviluppare una
forma di progettazione preventiva, affidandosi a professionisti per la scelta
generale della metratura della costruzione e di una sua grossolana divisione
interna, andando quindi a definire un primo preventivo per costi e tempi di
costruzione. Così facendo è possibile verificare la fattibilità del progetto stes-
so andando ad affrontare quelli che possono essere le prime problematiche
progettuali che si va a creare tra lo scontro tra le richieste della committenza
ed il sistema costruttivo utilizzato. Dopo un primo incontro ed un breve bre-
ef nel quale vengono definite le linee guida del progetto, i professionisti in
questione vanno a creare una linea di soluzioni che serviranno poi a creare
un primo costo e tempo di costruzione. Bisogna fare attenzione ovviamente
che le scelte della committenza non sono solamente legate al committente,
ma anche ai limiti stessi dettati dal terreno edificabile ed alla cubatura mas-
sima permessa. Il progettista avrà il compito di stilare il progetto dell'abita-
zione tenendo conto sia delle esigenze del cliente in modo da poter perso-
nalizzare in pieno l’edificio in questione, sia dal punto di vista delle esigenze
del luogo in cui questo verrà realizzato (vincoli paesaggistici, morfologici e
urbanistici, ad esempio).

181
Questa questione porta il sistema di prefabbricazione ibrida a sfruttare al
massimo questo limite, a differenza invece della prefabbricazione modulare
che non ha margine di personalizzazione (almeno per ciò che concerne la
sagomatura da accatastare). Ovviamente, in questo caso, come avviene per le
case in muratura, è necessario che il progetto venga realizzato da un profes-
sionista inteso come progettista qualificato e iscritto all'albo. Può trattarsi di
un ingegnere, un architetto o un geometra, il quale si occuperà della stesura
del progetto e della sua presentazione presso gli uffici comunali competenti.
Nel caso della prefabbricazione modulare invece il cliente solitamente, nono-
stante si tratti pur sempre di una scelta di un modello, tende ad affiancarsi
ad un professionista in progettazione o viene affidato ad un professionista
dell’azienda stessa in modo da poter scegliere il giusto modello di progetta-
zione per la casa in questione. Difatti, se non si dispone di un tecnico proget-
tista di fiducia, è possibile rivolgersi alla ditta che adempierà concretamente
alla realizzazione del prefabbricato. Spesso, specie se si tratta di grandi
aziende, quest’ultime garantiscono anche un servizio di progettazione, il più
delle volte appoggiandosi ai servizi offerti dagli studi di progettazione ester-
ni con i quali hanno stretto col tempo una solida partnership e, in particolar
modo, un modo di procedere e lavorare ben definito.
Non è l'unica soluzione costruttiva, ovviamente: difatti se la committenza
stessa si dispone di alcune aziende di fiducia, ad esempio per la realizzazio-
ne del tetto, è possibile scegliere la modalità ‘casa al grezzo’. In questo caso
bisognerà analizzare ottimamente e pezzo per pezzo, fin dall'inizio in fase
di preventivo, poiché i servizi compresi nella formula ‘al grezzo’ possono
variare da azienda ad azienda. Variando i servizi, muterà anche il costo finale
dell'abitazione. Quindi già in fase di preventivo è opportuno accertare di
quale tipologia di servizi verranno inclusi nel prezzo del grezzo e quali servi-
zi, invece, si dovrà far carico il cliente.
Con il ‘chiavi in mano’ ciò non accade, poiché tutto viene stabilito fin dall'i-
nizio, ma nulla vieta di potersi affidare a ditte esterne (magari di fiducia,
oppure che offrono prezzi particolarmente convenienti, o servizi speciali)
per la realizzazione delle finiture.
Dopo questa fase di scelta si arriva inevitabilmente a quella della chiusura
del contratto, dove la committenza incaricherà i professionisti dell’incarico
della costruzione, stipulando incarichi e responsabilità tra i vari professioni-
sti incaricati. Dopo quindi l’avvenuto accordo della questione finanziaria si
procede alla compilazione dei permessi necessari per l’avvio delle costruzio-
ni, pratiche che tuttavia riguarderanno principalmente la fase successiva.
Dopo che la fase di ‘scelta’ dell’edificio e di chiusura del contratto sono state
ultimate è necessario evidenziare che in fase di preparazione e di montag-
gio è lo stesso progettista che si occuperà, una volta iniziati effettivamente i
lavori, di seguire la direzione del tutto e la sicurezza sul cantiere stesso.
In particolar modo, nel caso della prefabbricazione ibrida della Green Home

182
4.0, che rappresenta uno dei sistemi costruttivi più all’avanguardia per la
prefabbricazione sostenibile, una delle grandi qualità che può essere sfrut-
tata in questa situazione è quella della ‘scalabilità’, ossia dell’adattare senza
troppe difficoltà il sistema costruttivo utilizzato a quelle che sono le esigenze
del committente, a differenza invece dei moduli prefabbricati che non pre-
sentano particolari personalizzazioni dal punto di vista geometrico/formale.
Il sistema di costruzione utilizzato si rivelerà molto efficace in fase di mon-
taggio in quanto, sfruttando un frame in acciaio studiato ad hoc per il cliente
e le travi a C che vanno poi a costituire le partizioni e le chiusure dell’edificio,
permetteranno di erigere la costruzione in tempi molto ridotti. Tuttavia,
proprio per la sua intrinseca natura di sistema costruttivo in acciaio da cui
deriva la grande difficoltà di cambiamenti in corso d’opera, la fase della scel-
ta e la personalizzazione della committenza risulta essere fondamentale per
la riuscita del progetto.
Nelle esperienze delle Excel Homes, e quindi in una realtà di tipo modulare,
non è possibile invece avere lo stesso grado di personalizzazione dato l’in-
gombro massimo da rispettare rispetto le vertenze di carattere burocratico
(per il trasporto ammissibile) e di tipo tecnologico stesso (un sistema mo-
dulare deve per l’appunto rispettare un modulo predeterminato), e dunque,
la scelta della committenza dovrà ricadere tra una delle opzioni disponibili
offerte. Ovviamente la personalizzazione sarà possibile all’interno del mo-
dulo e nella progettazione interna stessa, tuttavia, se le necessità dovessero
ricadere in dimensioni e metrature ben più ampie del modulo l’intera pro-
gettazione risentirà dell’elevamento di complessità di un certo spessore in
quanto si dovrà passare ad un progetto composto da più moduli collegati
tra loro, ampliando quindi tutte le problematiche dovute alle divisioni dei
moduli stessi, come dunque giunzioni meccaniche, ponti termici e gestione
cantieristica stessa.

4.3 La burocrazia

Completato e deciso il progetto, il tecnico progettista incaricato provvederà


alla presentazione di quest’ultimo agli uffici comunali competenti, con la
presenza di eventuali elaborati grafici, relazioni tecniche e le varie docu-
mentazioni tecniche concernenti l’edificio in questione. Inoltre, si dovrà far
richiesta della richiesta di inizio dei lavori ed i vari permessi che risulteran-
no essere essenziali all’inizio del cantiere ossia:
-permesso di erogazione di energia elettrica
-permesso per l’allacciamento alla rete idrica
-permesso di allocazione stradale e comunale
-permesso all’utilizzo di macchinari speciali
In questa fase, per la prefabbricazione modulare bisognerà inoltre richiede-
re il permesso per l’utilizzo di camion speciali che consentano il trasporto

183
eccezionale e di presentare un piano di tragitto del modulo da officina al sito
cantieristico di allocazione. La prefabbricazione ibrida generalmente non
necessita di un trasporto eccezionale in quanto le varie componenti che si
andranno ad unire tramite montaggio in cantiere rientrano nelle dimensioni
e nei pesi dei carichi massimi ammissibili dai trasporti (a meno di casi ecce-
zionali).
Dopo la presentazione del progetto e dei seguenti permessi, spetterà all'uffi-
cio comunale l'eventuale approvazione e la concessione delle autorizzazioni
necessarie per l'inizio dei lavori. Le modalità di autorizzazione e, in modo
particolare, i tempi necessari affinché tutta la trafila burocratica sia conclu-
sa, variano da comune a comune. Non è possibile stabilire con certezza in
anticipo quanto tempo ci vorrà affinché si riceva l'autorizzazione, specie se
il luogo in cui l'abitazione dovrà sorgere è sottoposto a particolari vincoli
paesaggistici o a particolari condizioni geologiche.
L'autorizzazione può avvenire generalmente in due modalità:
-o viene concessa, sotto forma di silenzio-assenso, dallo stesso ufficio tecnico
comunale, (mediante la cosiddetta D.I.A. in caso italiano)
-oppure il comune affiderà le pratiche ad una Commissione Edilizia, che si ri-
unirà, esaminerà il progetto stesso e, infine, se non sono stati riscontrati par-
ticolari problemi tecnici, verrà concessa l'autorizzazione per poter costruire.

Una volta ricevuto l’assenso alla costruzione ed i vari permessi si iniziano


i primi lavori per la predisposizione di elettricità, gas ed allacciamento alla
rete idrica che saranno necessari all’avviamento stesso del cantiere.
In entrambe le esperienze di Excel Homes e di Green Home 4.0 l’iter bu-
rocratico risulterà quindi più o meno simile, con complicanze eterogenee
dovute non tanto al sistema costruttivo ma quanto più all’hic in cui le due
realtà si trovano (rispettivamente americana ed italiana).

4.4 Le aziende e la preparazione al cantiere

Dopo l'approvazione del progetto e la fine della predisposizione ai servizi


minimi fondamentali, è necessario rivolgersi (generalmente, ma non sem-
pre) ad una azienda di supporto a quella che si occupa della prefabbricazio-
ne, affinché possano iniziare i lavori di costruzione delle fondazioni. Difatti,
trattandosi di una casa a tutti gli effetti, come detto più volte, anche un
prefabbricato è sottoposto agli stessi vincoli edilizi di una casa tradizionale
in muratura. Per cui, anche i prefabbricati vanno ancorati alle fondamenta
in cemento armato che dovrà ospitare anche lo spazio per l’allacciamento ai
relativi servizi minimi ed una preparazione logistica stradale per il trasporto
dei prodotti.
La realizzazione materiale delle fondazioni, degli scavi e delle tracce viene
svolta da un'azienda tradizionale che spesso lavora in parallelo con l’azienda

184
prefabbricatrice. Nei casi di aziende più grandi non vi è bisogno di questo
servizio in quanto sarà la stessa azienda prefabbricatrice a creare la platea
di fondazione. Tuttavia invece, il più delle volte, l'azienda che si occupa della
prefabbricazione non svolge i lavori relativi alle fondazioni, consigliando
piuttosto una che offra anche questo tipo di servizio. In questo caso, general-
mente, si tratta di ditte esterne all'azienda con le quali queste hanno rappor-
ti di collaborazione più o meno stabili.
Questa fase, che risulta comune ad entrambe le tipologie di prefabbricazione
e, dunque, ad entrambe le esperienze, risulterà molto importante in quanto
i lavori di fondazione e l’azienda prefabbricatrice scelta (se non è la stessa
ad offrire il servizio) dovrà lavorare in modo congiunto e coordinarsi affin-
ché tutto sia deciso e progettato fin dall'inizio, in modo che il prodotto finale
offra le migliori prestazioni, specie in materia di risparmio energetico. Il
coordinamento tra le due aziende è fondamentale per i prefabbricati poi-
ché, a differenza di un edificio tradizionale costruito in opera, per il quale gli
eventuali errori o le pendenze del piano di appoggio possono essere corrette
in opera attraverso l'aumento o la diminuzione delle malte, per un prefabbri-
cato ciò non è possibile, e tutto va deciso e calcolato fin dall'inizio.
Una volta che la platea in cemento armato è stata realizzata, l'azienda co-
struttrice provvederà ad eseguire tutti i rilievi necessari prima di cominciare
la produzione degli elementi, in modo da calcolare esattamente gli eventuali
errori e coordinarsi in modo appropriato.
Infine vengono accolte in cantiere tutti quelli che saranno i macchinari che
saranno necessari al montaggio ed allo spostamento di tutti i prodotti che
usciranno dall’officina una volta ultimati. Così facendo il cantiere viene pre-
parato ed organizzato ed è pronto per l’inizio del montaggio e delle lavora-
zioni in opera.

4.5 La preparazione in officina ed il tragitto in cantiere

Una volta che la platea di fondazione è stata realizzata in modo efficace, si


può procedere alla costruzione ed al montaggio dell'edificio. Per i prefabbri-
cati, com'è noto, la gran parte del lavoro si svolge in azienda e/o in officina:
spesso, non appena si ha la conferma comunale dell’inizio dei lavori, si inizia
non solo la creazione dei relativi componenti, ma l’imballaggio e la prepara-
zione di alcuni già prodotti all’interno di container che verranno poi traspor-
tati nel sito di costruzioni. E’ proprio in questa fase che la convenienza della
prefabbricazione viene a farsi nota in quanto non solo si annullano i tempi di
coordinamento dei vari fornitori e le eventuali trattative sul prezzo di ogni
singolo materiale, ma si riducono notevolmente tutti i tempi di trasporto di
ogni singolo materiale sul luogo. Inoltre, il grado d’incertezza del trasporto
e del montaggio (e del conseguente spreco di materiale nella costruzione)
diventa uguale a zero: l’immediatezza con la quale le componenti si monta-

185
no in officina è il vero punto di forza ed il momento in cui il tutto si accorcia.
Questa fase ovviamente avrà tempistiche diverse in base alle declinazioni
prefabbricative scelte in quanto la costruzione e preparazione di un modulo
potrà risultare immediata diversamente al comunque brevissimo tempo di
costruzione di componenti della prefabbricazione ibrida (e del successivo
montaggio).
Ovviamente in questa fase, oltre alla produzione delle componenti neces-
sarie alla riuscita del progetto, vi è anche la fase che, tenendo conto sia del
progetto iniziale che degli eventuali rilievi fatti in seguito alla costruzione
della platea, può sussistere a modifiche. Infatti i diversi elementi possono
venire potenzialmente adattati ad eventuali problematiche del sito. Ad ogni
modo si procede alla costruzione delle pareti, le quali arriveranno in cantiere
complete in ogni loro parte (compresi gli isolanti e le aperture per finestre e
serramenti).
A parte il materiale con il quale sono realizzate, è questa la differenza so-
stanziale con le case tradizionali: per queste ultime la gran parte del lavoro
si svolge in cantiere, in opera. Per le case prefabbricate il lavoro in cantiere si
limita a montaggio, alla costruzione del tetto e alla realizzazione delle finitu-
re e degli accessori (pavimenti, piastrelle, sanitari, allacci alla rete).
Molte aziende di prefabbricati modulari, come per l’appunto il caso delle
Excel Homes, offrono i servizi ‘chiavi in mano’, che comprendono anche la
realizzazione del tetto e delle finiture. In sostanza, consegnano la casa pronta
per essere abitata.
Una volta che il modulo prefabbricato o le componenti necessarie alla realiz-
zazione dell’edificio sono ultimate e completate si passa alla fase di carico ed
imballaggio all’interno di container. Questa fase risulta essere fondamentale
e molto delicata in quanto ci si deve assicurare della sicurezza e dell’integrità
dei materiali prodotti e montati: inoltre questa fase risulta essere necessaria
in quanto permette una verifica completa di tutto ciò che è necessario per
poter partire con lavori di montaggio in situ. L’imballaggio risulterà essere
anch’esso parte della grande catena di montaggio che ha contribuito a re-
alizzare le varie parti prefabbricate e risulterà essere l’ultima operazione
svolta in officina prima del tragitto verso il cantiere. Spesso, nelle ditte più
specializzate e grandi, utilizzando il sistema BIM ci si prepara ad un settag-
gio necessario per i vari coordinamenti con i modelli virtuali che riguardano
l’edificio in questione, in modo da informare i vari professionisti dell’anda-
mento del cantiere.
Il tragitto verso il cantiere non presenta anomalie per quanto riguarda la
prefabbricazione ibrida i quanto, come già accennato, rispetta nel trasporto
delle componenti i limiti massimi ammissibili. Per quanto riguarda invece
la prefabbricazione modulare, dopo che sono state accettate dal comune le
modalità di trasporto eccezionale dei moduli, si segue un tragitto pianificato
e coordinato con agenzie di trasporto e sicurezza dell’ordine stradale.

186
Nel caso della Green Home 4.0, come accennato in precedenza, la prepara-
zione in officina risulterà fondamentale. L’allestimento e la preparazione
dell’intera componentistica si svolge nell’ambiente controllato dell’officina
che va quindi a produrre non solo la parte strutturale dell’edificio, ma va a
predisporre anche tutte le varie soluzioni termo isolanti e le eventuali fi-
niture da applicare al momento del montaggio. Così facendo l’integrità e la
qualità delle varie componenti dell’edificio sono certificate tramite severi
controlli. Inoltre già in officina avviene la fase di inserimento di tubazioni e
cablature elettriche all’interno dei vari setti dell’abitazione, predisponendo
ed anticipano quindi la fase di montaggio impiantistica.

4.6 L’ arrivo in cantiere ed il montaggio

L’arrivo in cantiere non presenta particolari differenze tra le due declinazioni


costruttive, se non una maggiore attenzione nel caso della prefabbricazione
modulare (in quanto la grandezza e la pericolosità del manufatto è alta), e
una maggiore organizzazione degli spazi per quanto riguarda quella ibrida
(in quanto le componenti saranno molteplici ed il cantiere dovrà risultare or-
dinato per un facile montaggio). In questa fase si è arrivati al 70% dell’intera
opera in quanto il restante 30% si dividerà tra montaggio (principalmente)
e finiture (da escludersi se viene utilizzata la formula del grezzo ‘chiavi in
mano’). Una volta arrivati in cantiere viene disimballato il tutto e viene con-
dotta un’ulteriore verifica della presenza di eventuali dimenticanze da parte
dell’azienda costruttrice, aggiornando pure la presenza dei pezzi prefabbri-
cati nell’eventuale modello BIM.
A questo punto le gru ed i vari macchinari che verranno utilizzati per lo spo-
stamento ed il montaggio e che sono state poste alla fine della preparazione
della platea di fondazione, vengono attivate ed iniziano la delicata fase di
spostamento e disimballaggio dei prodotti dell’officina.
Ovviamente in questa fase, data la diversa natura delle due declinazioni
costruttive, è normale aspettare delle sostanziali differenze: difatti, secon-
do la guida rilasciata dalla ditta di prefabbricazione modulare Excel Home,
laddove il modulo presenta una delicata fase di spostamento, s’incontrano
anche delle brevi fasi di preparazione allo spostamento come la preparazio-
ne a punti di ancoraggio, la stesura di cavi elettrici e tubazioni idrauliche per
poter avere successivamente una migliore condizione di collegamento alla
struttura modulare. Questi brevi fasi, anche se molteplici, sono essenziali
alla riuscita del montaggio ed alla qualità del prodotto finale. Inoltre, una
volta ultimate anche quest’ultime, si arriva alla fase di ‘locazione’ del modu-
lo: dopo aver stabilito i punti di ancoraggio ed aver studiato i movimenti e la
traiettoria della gru, un team di professionisti aiuterà lo spostamento andan-
do a posizionare il modulo esattamente dove sono stati posizionati a terra
i cosiddetti ‘markers’ che, oltre a rispettare la sagomatura dell’accatasta-

187
mento, rispettano le varie predisposizioni della platea (motivo per il quale
è necessario un perfetto coordinamento tra azienda costruttrice e l’azienda
addetta alla creazione della platea).
Per quanto riguarda invece la prefabbricazione ibrida, come per l’appunto il
caso Green Home 4.0, la fase di posizionamento del materiale e di montaggio
risulterà essere più lunga e complessa in quanto, a differenza del modulo
prefabbricato, gran parte del montaggio viene compiuto nel sito di costruzio-
ne. Il montaggio complessivo, in base alla metodologia costruttiva usata, può
essere a secco o umido, ed è proprio per questo motivo che tale declinazione
viene definita come ‘ibrida’: la prefabbricazione modulare viene general-
mente definita anche come prefabbricazione totale in quanto il montaggio in
cantiere è ridotto ai minimi termini, lasciando quindi l’intera parte di lavora-
zione all’officina ed alla catena di montaggio. Nello specifico, una volta pre-
parata l’intera componentistica necessaria al montaggio dell’edificio, secon-
do le indicazioni delle decisioni sulla gestione del sito di costruzioni, il tutto
viene portato in cantiere. Una volta superata la fase di trasporto si passa al
montaggio delle varie componenti: inizialmente viene realizzato lo scheletro
in acciaio che viene montato tramite l’utilizzo di travi con profilo a C e rivetti
metallici. La struttura è composta da un telaio in acciaio a freddo formato
leggero, trattato con zinco e magnesio. Il telaio è altamente personalizzabile
e presenta la massima flessibilità in termini di layout e dimensioni. Il sistema
costruttivo è stato studiato per garantire in ogni situazione la massima quali-
tà, la rapida edificazione, la robustezza, la durata e la sostenibilità.
Una volta eretto lo scheletro metallico vi è l’inserimento di isolanti acusti-
ci a pannelli sandwich in polistirolo con altissime prestazioni termiche e,
soprattutto, totalmente sostenibili dal punto di vista ambientale in quanto
totalmente riciclabili. Il montaggio di quest’ultimi, come ugualmente lo sche-
letro metallico, è realizzato totalmente a secco, senza dover quindi avere un
tempo d’attesa per il consolidamento dei tipici montaggio in umido. Una vol-
ta completata anche questa fase, prima della finitura finale, si passa alla fase
del montaggio del ‘green core’, una particolarità di questa struttura che va a
completare il ciclo di montaggio dell’intera struttura: la tecnologia utilizzata
della Green Home 4.0 è geo-efficiente al 100%. L’ingegneria dell’innovazio-
ne sfrutta le metodologie ‘greentech’ di nuova concezione, che consente di
raggiungere i migliori standard di efficienza energetica (a prescindere dalla
posizione in cui essa viene costruita), raggiungendo la condizione di costru-
zione di energia quasi nulla. Infine, per un monitorare e controllare l’energia
immagazzinata vengono utilizzate delle tecnologie ‘Iot’, necessari per una
gestione utile dell’energia: questo sistema è sviluppato attraverso la piatta-
forma ‘mætrics®’ e va a costituire una sorta di ‘consapevolezza energetica’
con un controllo attivo dei dispositivi, permettendo ad ogni utente di super-
visionare e gestire la produzione di calore/freddo ed il consumo di energia.
Ad ogni modo, la prefabbricazione ibrida rispetta rigidamente tempi e fasi

188
di montaggio, non lasciando spazio a errori, incertezze e tempi morti (mo-
tivi per la quale la costruzione tradizionali soccombe al paragone diretto);
inoltre le componenti da montare presentano spesso la predisposizione
all’incastro e ad un montaggio facile tramite l’utilizzo di macchinari non
eccezionali (traducendo quindi un risparmio dal punto di vista dei costi dei
macchinari). Il montaggio non è uguale per ogni forma di prefabbricato ed
ovviamente quest’ultimo è fortemente condizionato dalla geometria e dal
design dell’edificio stesso. Ovviamente, il montaggio della prefabbricazione
ibrida non lascia spazio a nessun tipo di spreco e/o rifiuto. Dal momento che
costruire va a creare un significativo impatto ambientale, nello stesso ciclo di
vita dell’abitazione bisogna considerare non solo quindi la demolizione ma
anche gli stessi materiali utilizzati: l’acciaio delle strutture portanti è total-
mente recuperabile, come gli stessi pannelli di isolante, che sono totalmente
riciclabili. Inoltre, avendo un sistema fotovoltaico sovradimensionato, la
stessa committenza erogando energia diventa un vero e proprio ‘contributo-
re’ per l’ambiente e per la società. Sono tutte questi aggiustamenti e tecniche
costruttive a rendere la Green Home 4.0 un’abitazione non solo di nuova
generazione, ma dimostra anche di essere totalmente sostenibile dal punto
di vista ambientale, differentemente invece rispetto alle abitazioni classiche,
realizzate con malta, mattoni e poliuretani isolanti, difficilmente smaltibili e
riciclabili.

4.7 Finitura e chiusura del cantiere

Una volta che la costruzione è montata perfettamente viene svolto un terzo


controllo di qualità, che non solo controlla la presenza di ogni componente,
ma va anche a definire la solidità e l’accertamento dell’integrità del modulo
e/o delle varie componenti. Ovviamente, sia nel caso modulare, sia nel caso
della prefabbricazione ibrida, gli impianti sono compresi nelle varie parti
dell’edificio; la fase di allacciamento, di controllo e di idoneità viene svolta
proprio in questa situazione. Un team esperto di professionisti garantisce i
servizi primari di cui l’abitazione necessita. Una volta che viene ultimato l’al-
lacciamento, se l’accordo della committenza prevedeva la formula del ‘chiavi
in mano’, l’edifico è da considerarsi concluso e si possono iniziare le ultime
fasi atte alla conclusione ed alla chiusura del cantiere.
Successivamente a questa fase di allacciamento, si passa alla cura dei dettagli
e delle finiture interne ed esterne stesse. Difatti, a seconda del modello co-
struttivo utilizzato, le finiture possono addirittura essere comprese o meno
nella componentistica montata. Oggigiorno capita spesso che porte, infissi
e parte dell’arredo (se progettati come parte integrante e non modificabile
del progetto, vedi cabine armadio, armadi a muro, blocchi cucina, etc) ridu-
cendo cosi ulteriormente la fase di finitura finale. Ad ogni modo, general-
mente, è proprio in questa fase che, una volta sistemati gli impianti e tutti gli

189
allacciamenti necessari alla vivibilità dell’edificio, vengono pure installati gli
ulteriori servizi per il comfort come i sistemi HVAC, i pannelli solari ed appa-
recchiature per la domotica (laddove prevista). Ovviamente, essendo queste
apparecchiature progettate nella fase di progetto, la fase di montaggio di
quest’ultime risulterà estremamente semplice e non prevederà tutte le ipote-
tiche fasi di lavorazione per l’adattamento ed il funzionamento di quest’ul-
timi: difatti nel pacchetto murario, nel punto d’installazione, ci saranno già i
cavi e gli eventuali spazi per tubazioni per poter installare l’apparecchiatura
prevista.
Ovviamente, nelle declinazioni di prefabbricazione considerate, nonostante
la macrofase in analisi risulta essere comune ad entrambe, si riscontrano
anche in quest’ultimo punto delle differenze. Difatti nel caso della prefabbri-
cazione modulare è più facile riscontrarsi in una fase di finitura che vada a
considerare un dettagliato controllo della predisposizione di cavi e tubazioni
per il montaggio di apparecchiature HVAC. Solitamente sanitari, blocchi cuci-
na, docce sono già presenti all’interno del modulo. Una volta portato in can-
tiere ed agganciato alla platea in cemento armato la fase di finitura consiste
nel montaggio di impianti per il condizionamento e domotica aggiuntiva se
prevista. Inoltre, una volta montato il tutto si passa alla fase finale di intona-
co interno ed esterno, in modo da preparare l’abitazione all’ammobiliamento
una volta pulito il tutto.
Nella prefabbricazione ibrida invece, generalmente, questa fase tende ad
essere leggermente più lunga dal punto di vista tempistica rispetto a quella
modulare appena descritta. Nel caso della Green Home 4.0 tutti i vari blocchi
dell’abitazione come cucina e bagno, non sono presenti, ma vengono montati
con estrema facilità durante la fase di montaggio, per semplificare e velo-
cizzare ulteriormente il tutto. Infine, dopo questa fase di montaggio delle
apparecchiature finale, si passa anche in questo caso alla cura delle finitura
come l’intonaco all’interno ed all’esterno dell’edificio.
Una volta passata anche questa fase vi è l’ultimo controllo da parte dell’a-
zienda costruttrice ed una serie di test per la valutazione dell’idoneità del
prodotto finale. Infine, dopo che i vari macchinari hanno permanentemente
lasciato il sito di costruzione, si passa alla cura delle sistemazioni esterne
(se è presente un giardino principalmente) ed alla pulizia generale intera ed
esterna al costruito.
Passata quindi anche quest’ultima fase, tramite un’ampia documentazione
fotografica e la compilazione delle carte che dichiarano la fine delle lavora-
zioni all’interno del cantiere, si può finalmente dichiarare la chiusura del
sito di costruzione e la committenza può finalmente usufruire del prodotto
finale.

190
191
192
LE DIMENSIONI DELLA PREFABBRICAZIONE.
ANALISI DI CASI STUDIO.

193
194
FINANZIARIAMENTE PARLANDO, L’HOUSING MODULARE HA GRANDI VANTAGGI RISPET-
TO LE ALTRE TIPOLOGIE DI COSTRUZIONI. UN ASPETTO CHE VIENE SPESSO PRESO IN
CONSIDERAZIONE E’ QUELLO DI AVERE UNA COSTRUZIONE PIÙ RAPIDA.

Vi è una riduzione quindi di tutte quelle voci che in un comune cronopro-


gramma verranno definite come ‘costi di manodopera’ e ‘noleggio di macchi-
nari’. Inoltre, il materiale e la manodopera stessa vengono a costare general-
mente meno, grazie all’efficacia del sistema costruttivo utilizzato da molti
costruttori di costruzioni modulari .
Quando si va a paragonare una tipologia di costruzione simile con le altre è
inevitabile che i costi finali possano variare dal 10 al 25% addirittura dimez-
zarsi. Questa tipologia di risparmio risulta essere fondamentale per progetti
di housing sostenibile ed a prezzi accessibili, in quanto spesso si lavora con
un budget ed un programma di lavoro definito da finanziamenti definiti da
progetto, il che quindi rende impossibile una dilatazione dei costi (come
invece contrariamente succede).
La produzione di componenti prefabbricati al fine di produrre un fabbricato
di tipologia comune, generalmente ha un orizzonte tecnologico e metodolo-
gico ristretto rispetto a quelle che possono essere le soluzioni dell’elitarietà,
anche per ovvi motivi. Tuttavia, ciò che nei seguenti casi studio si riscontra
è la comunanza del fatto che inevitabilmente ci si deve scontrare un co-wor-
king tra diverse aziende ed attori, specialmente tra quello che è il parto
informatico e di digitalizzazione con l’officina di produzione. Il ragionamen-
to svolto da Ryan E. Smith e Talbot Rice in ‘Permanent Modular Construction’
risulta in questo caso molto interessante in quanto, tramite il metodo com-
parativo di diverse soluzioni costruttive prefabbricate ed un caso standard Da ‘Permanent Modular Con-
struction’ da Ryan E. Smith e
della tradizione che però sono utilizzate per edificare un tema progettuale Talbot Rice

molto simile, è possibile ottenere un sistema di paragone affidabile e quanto


meno fondato su solide supposizioni (170). In questo modo è possibile non

195
solo verificare nel concreto come la prefabbricazione in concreto vada a rap-
portarsi con la costruzione della tradizione, ma paragonare diversi aspetti
della prefabbricazione (la cui componente costruttiva può tradursi in varia-
zioni dal punto di vista temporale e/o economico).

5.1 La prefabbricazione comune

La prefabbricazione, ai suoi stadi principali, ossia quelli dell’impiego comu-


ne, viene largamente usata per la costruzione di edifici a carattere residen-
ziale, a basso costo. Per la riuscita di questa analisi comparativa, in questa
particolare serie di casi studio prefabbricativi è stata scelta come paragone
della tradizione una costruzione abbastanza comune, ossia un’abitazione
residenziale. L’uso del cemento e del laterizio per costruire edifici è il più
diffuso in Italia ed ha una lunga tradizione: il mattone è entrato nell’imma-
ginario collettivo come simbolo di investimento sicuro, perciò lo stereotipo
dell’italiano medio delinea qualcuno impegnato nell’affannoso acquisto della
casa di proprietà.
In breve, l’edilizia tradizionale, quindi, fa uso di mattoni e cemento per
edificare gli edifici. Questo metodo di costruzione si svolge totalmente in
cantiere, in quanto sono pochi gli elementi già precostituiti. Tra questi figu-
rano porte, finestre, tubature e altri componenti non strutturali. Avendo la
possibilità, anche i progetti delle case in muratura sono personalizzabili dal
cliente, ma per lo più i clienti optano per l’acquisto di abitazioni già compiu-
te e rifinite.
Generalmente quindi, per una villetta di 100 m2 che presenti una tecnologia
costruttiva in laterizio e cemento comprensiva di impianti e servizi funzio-
nanti, escludendo il costo delle terreno, il costo oscilla tra i 180-220 mila
euro. Inoltre, per ottenere una costruzione del genere si impiega dai 16 ai 18
mesi di lavoro netti, che si possono allegare drasticamente in base alla zona
climatica e geografica in cui si trova il sito di costruzione.

5.1.1 Il progetto ecoMOD

BACKGROUND:
Il caso qui presentato concerne un progetto di abitazioni modulari ad alta
efficienza a basso costo. Il cosiddetto ‘ecoMOD project’ è una ricerca ed un’i-
niziativa a carattere edilizio/costruttivo concentrata su quella che oggigior-
no può definirsi come ‘high performance’ delle abitazioni modulari di nuova
generazione. Il progetto è stato vagliato inizialmente nel 2004 nell’Università
della Virginia per poi essere concretamente realizzato nell’Università del
Nuovo Messico nel 2014. Il progetto rappresenta uno dei più recenti casi di
edilizia prefabbricata sostenibile, rispettosa delle varie normative e certifi-
cazioni di sicurezza e di tutela per l’ambiente, con un suo LCA ben definito.

196
L’iniziativa inoltre, essendo partita proprio da un background accademico,
è stata definita da un lungo rapporto tra studenti delle diverse facoltà coin-
volte e coordinatori delle aziende coinvolte. Tutte le fasi del progetto sono
inserite all’interno di un ‘curriculum’ ben definito ed è strutturato al fine di
massimizzare quelle che sono le opportunità educazionali per gli studenti
stessi. Oltre 470 studenti difatti furono coinvolti nell’occasione ed hanno
contribuito in modo sostanziale alla creazione di una buona parte delle
abitazioni, andando a mettere così facendo quelli che sono gli scopi del team
di ecoMOD, ossia educare e mettere in luce le potenzialità della prefabbri-
cazione. ecoMOD ha lavorato direttamente con organizzazioni di housing
sostenibile, assicurando quindi un’eccellente qualità di progetto senza che
i costi dilatino; inoltre il progetto stesso affronta due lati della progettazio-
ne/costruzione edilizia che sempre più stanno diventando dei ‘must’ da cui
prendere contromisure ossia l’impatto dell’edificio nell’ambiente in cui si va
ad instaurare e i crescenti aspetti economici che si dividono in alto reddito
e basso reddito. La stessa fasi di valutazione è strutturata in modo da poter
monitorare ed analizzare al meglio le intere unità abitative. Tutto ciò risulta
essere essenziale nei progetti in quanto rappresenta concretamente quello
che può essere considerato come ‘unità di misura’ del progetto stesso. Ad
oggi le Università della Virginia e del Nuovo Messico hanno brevettato il de-
sign ed il progetto delle unità stesse.

FASE DI PROGETTAZIONE E MONTAGGIO:


La prima importante decisione presa dal team ecoMOD è stata quella di
determinare come le abitazioni potessero ottemperare ai nuovi principi di
‘high performance’. Tre precedenti casi di abitazioni ecoMOD hanno ottenuto
una certificazione di tipo ‘Platinum’ nel nuovo sistema di Leadership Ener-
gy in Energy and Environmental Design (LEED) del Green Building Council.
ecoMOD ha basato questo intervento su una di quelle precedenti costruzioni,
ossia la ‘ecoMOD4’. Ciò che lo studio ha ricercato non solo è l’ottemperanza
dei nuovi standard che affrontano rigorosamente l'efficienza energetica, ma
anche garantire che il progetto stesso riduca in modo significativo i costi dei
possibili acquirenti.
Una scelta particolare in questo caso è l’esclusione di tutte quelle tecnologie
appartenenti all’energia rinnovabile, preferendo quindi affrontare la sfida
del risparmio tramite l’utilizzo di un design che ha portato questa serie di
costruzioni agli standard della ‘casa passiva’. Il modulo primario di studio fu
chiamato ‘PH’, e ne furono creati più di uno, in modo da sperimentare diver-
se soluzioni che prevedessero un diverso design, un diverso montaggio ed
una complessa eterogeneità di materiali, in modo da poter quindi inoltre
verificare quale soluzione risultasse essere la più ottimale. Inoltre, per poter
avere una casistica ancor più completa, ecoMOD decise di porre le diverse
soluzioni anche in paesaggi con climi differenti, in modo da capire se potes-

197
sero sussistere delle soluzioni ‘ad hoc’ in base al fattore ambientale. Infine,
utilizzando un modulo di riferimento per la sperimentazione, l’isolamento,
le specifiche per i serramenti, la barriera al vapore ed i sistemi meccanici
di quest’ultima sono stati disegnati e progettati per non andare oltre quelli
che sono i requisiti base dell’edificio. Dopo un periodo di sperimentazione
e monitoraggio delle varie unità nei vari siti scelti, i dati raccolti sono stati
analizzati ed i costi di costruzione sono stati aggiornati con quelli di eventua-
le manutenzione.
La fase di progettazione e design prese un tempo considerabilmente più
lungo rispetto a quello aspettato. Con un design schematico dall’originale
ecoMOD4, il team è riuscita ad aggiungere ad ampliare il progetto, proprio
favore della conferma dei dati raccolti (che andarono a rispettare quelli di
‘casa passiva’). Nella simulazione difatti, per poter raggiungere il livello base
di standard, è stato deciso di aumentare la dimensione della casa in modo da
migliorare il rapporto tra quella che è superficie esterna e volume interno,
che ha aumentato l'efficienza energetica complessiva. Inoltre, oltre al proces-
so di simulazione, il team ha ricercato i materiali da costruzione, ripensando
quelli utilizzati nell'originale ed ha trascorso parallelamente alla simulazione
un lungo periodo per la ricerca di dettagli di costruzione, strategie di proget-
tazione concernenti lo stesso paesaggio, modellazione 3D e la creazione di
simulazioni nell'utilizzo di energia, flusso d'aria, guadagno di calore, apporto
di luce solare ed influenza di eventuali ponti termici.
Tuttavia, una delle sfide più difficili (se non la più difficile), è stata la neces-
sità di adattare il design dell’abitazione per poter ottemperare alle nuove
norme di certificazione LEED. Questo richiese una stretta collaborazione con
‘Cardinal Homes’, in modo da poter comprendere il loro processo di costru-
zione tipico, in modo che possano essere apportate delle modifiche sostan-
ziali. Tutti i partner coinvolti nel progetto concordarono gli obiettivi al fine di
ottenere un alloggio ad alte prestazioni con l’utilizzo di un budget limitato. Il
team ecoMOD, ha ricercato un'ampia varietà di idee di isolamento e di tenuta
in aria, specifiche alla vetratura ed al tipo d’infissi scelti e progettati. Un altro
tipo di difficoltà è stata riscontrata proprio nella simulazione del modulo
base ‘PH’ in quanto, molto spesso, un piccolo cambiamento a livello di detta-
glio, si è tradotto nel fallire il raggiungimento dei valori base richiesti.
La fase di progettazione e quella di verifica e previsione dei costi fu ovvia-
mente un’importantissima occasione per poter imparare cosa significa real-
mente costruire tramite processi prefabbricativi. Il team di ecoMOD studiò
interamente da cima a fondo il design , la progettazione, l’ingegnerizzazione
e la costruzione delle ‘Cardinal Homes’, anche con l’interazione e l’utilizzo di
nuovi materiali. Uno degli aspetti più difficili risultò essere il ‘processo deci-
sionale’, in quanto andò ad evidenziare quelle che dovevano essere le prio-
rità per la costruzione dei moduli e come il modulo di sperimentazione ‘PH’
potesse/dovesse cambiare in modo da poter ottemperare alle norme. Questo

198
argomento fu fin dal 2004 spinoso e di difficile gestione. Il primo team di
ecoMOD ebbe difficoltà a prendere delle decisioni e sviluppò un processo di
‘decision-making’ che portò alla luce un database di ricerca e l’utilizzo di dia-
grammi ‘a ragno’ per decisione di priorità concernenti determinati problemi
costruttivi. Questi diagrammi presero il nome di ‘Decision Webs’ e divennero
una strategia di base fondamentale non solo per la risoluzione dei problemi,
ma anche per la comunicazione e l’aggiornamento delle varie fasi cantieri-
stiche e di progettazione off-site. I punti della rete principale furono divisi
rispettivamente in ‘Energy, Environmental, Social, Financial, Aesthetics’.
Dato che questo sistema non è altro che una soluzione grafica a quelli che
erano realmente i problemi, i ‘Decision Webs’ potevano avere il il consenso di
tutti i componenti dei vari gruppi in una sola volta, dettando quindi soluzioni
finali, pareri parziali e valutazioni delle tempistiche, permettendo a chiun-
que fosse introdotto all’interno del sistema una totale visione del progetto.
Uno degli aspetti sorprendenti ed assolutamente non considerati all espe-
rienza del progetto fu proprio la scoperta di questo sistema decisionale (poi
brevettato e riusato in esperienze molto più ampie e complesse): questo
strumento, conosciuto come Decision Analysis Tool, e soprannominato DAT,
è dunque un sistema grafico che rappresenta il progetto dal punto di vista
informativo.
Dopo mesi di ricerca, progettazione e team-working, ecoMOD iniziò il ciclo
di produzione nel tardo Dicembre del 2012. L'ovvio vantaggio della prefab-
bricazione è che i moduli erano già in costruzione nella sede di produzione
principale mentre gli esigui lavori di sistemazione dei siti erano iniziati.
Difatti, mentre le fondamenta ed il lavoro di adeguamento e preparazione in
situ erano in corso, parallelamente si procedeva anche al montaggio parziale
di alcune componenti minori. Tuttavia, nonostante i vari mesi preparazione,
sono sorti dei piccoli problemi minori, perlopiù legati ad alcuni materiali da
costruzione sostituiti erroneamente.
Inoltre, con la comunicazione delle scelte desiderate e con il costante aggior-
namento tramite ‘Decision Webs’, si è potuto sistemare subito con il rimedio
più appropriato, grazie anche alla flessibilità del design utilizzato da parte
del team di ecoMOD che ha permesso di non influenzare le prestazioni o
l’estetica del progetto complessivo.
Durante la fase di costruzione e montaggio invece ci sono stati due problemi
di rilevante entità.
Il primo era legato alla consegna dei SIP, difatti, uno dei partner del pro-
duttori addetti alla consegna di quest’ultimi non solo ritardò il programma
generale con le date precedentemente stipulate, ma anche consegnò del ma-
teriale che era al di sotto delle aspettative minime decise da progetto. Così
facendo il team di ecoMOD, per evitare il dilatamento dei tempi di realizza-
zione (e quindi dei costi), provvedete alla sostituzione del fornitore con un
altro produttore di SIP, rispettando così le date stipulate da cronoprogram-

199
ma e chiudendo le abitazioni modulari nel Marzo del 2013.
Il secondo grande problema andò ad interessare invece la direzione dei
lavori ‘in situ’ in quanto il capo cantiere designato non aveva una sufficiente
conoscenza del montaggio di strutture prefabbricate ed una minima cono-
scenza dell’efficienza energetica relazionata alle modalità di montaggio della
componentistica ‘off site’. L’errore commesso fu proprio quello di non rispet-
tare in fase di montaggio il disegno tecnico fornito dallo specialista, andando
quindi a creare una costruzione diversa da quella studiata nei vari test di
simulazione. Questo inconveniente fu risolto con istruzione del capo cantiere
designato e con l’affiancamento di un progettista. Con un piccolo ‘overlap’
delle tempistiche, le costruzioni furono portate a termine senza altri even-
tuali problematiche.

STIME:
Il primo tentativo di stimare il costo del singolo progetto fu molto importan-
te, se non fondamentale. Il team scoprì che il budget iniziale deciso non era
sufficiente. Inizialmente si era pensato di costruire quattro abitazioni, di cui
due unite come un ‘duplex’. Il budget stipulato mesi prima non teneva ov-
viamente conto di tutte le varie sperimentazioni fatte e di quello a cui ovvia-
mente avevano portato. Così facendosi scoprì che il prezzo iniziale non era
basato sul design raggiunto dalla ‘PH’ e risultava così il 30% inferiore rispet-
to alle richieste base: così facendo, per non sforare con i costi e rispettando
quindi le promesse iniziale si decise di eliminare una delle quatto costruzio-
ni.
Un’altra questione che si tradusse in un cambiamento significativo di proget-
to è quella che ha contribuito ad affrontare la differenza tra due metodologie
costruttive che, nonostante fossero diverse, presentavano risultati molto si-
mili dal punto di vista economico e performante: la scelta era ricaduta sull’e-
dificare tramite l’utilizzo di pannelli isolanti strutturali (SIP) o con l’unione
di muri a doppia parete in legno ed isolante. Ovviamente la discriminante
ricadde sul fattore climatico che risultava ovviamente eterogeneo tra i diver-
si siti di costruzione, portando quindi alla costruzione di soluzioni ‘ad hoc’
per i diversi paesaggi. Una singola casa prefabbricata utilizzando il sistema
proposto da ecoMOD ha un costo ed un tempo di realizzazione estremamen-
te ridotto rispetto alla tradizionale costruzione in laterizio.
Le case prefabbricate utilizzando questi sistemi non offrono una grandissima
varietà di offerte ma forniscono di certo discrete possibilità di personaliz-
zazione e scalabilità interne al modulo di progettazione base: considerando
il modello base, ossia l’ecoMOD4, da 96m2, in base alla finitura scelta, il
prezzo si aggira attorno ai 130-150.000 euro, registrando quindi un costo
totale inferiore del 20-25% rispetto alle costruzioni della tradizione, e con
tempistiche di realizzazione incredibilmente rapidi (e sicuramente molto più
convenienti rispetto alle limitate possibilità della tradizione).

200
5.1.2 La prefabbricazione modulare Sesuiki

BACKGROUND:
Il Giappone ha avuto nella sua storia gravi cataclismi, che hanno comporta-
to la morte di migliaia di persone. Sin dal 1981, gli standard di costruzione
degli edifici sono stati ripensati in base alla sicurezza ed al pericolo di agenti
atmosferici e naturali. Questa nuova consapevolezza attraverso l’innovazione
delle normative ha espresso un grado di pericolosità nei confronti dei vecchi
edifici. Inoltre, negli ultimi periodi, il miglioramento degli standard di vita
e le innovazioni tecniche hanno portato alla demolizione delle case antiche
di scarso o senza alcun valore ed hanno propugnato una spinta di rinnova-
mento costruttivo del nuovo. Inoltre è stato introdotto con ferrea valenza il
principio dell’LCA, in cui gli edifici si ora si misurano sulle misure di decadi.
Solo il 13,5% delle abitazioni vendute in Giappone nel 2008 sono costituite
da case prefabbricate. Le case prefabbricate giapponesi tendono ad essere
robuste ed anche ‘sovracostruite’; i frames in metallo sono usati nell’80%
delle case prefabbricate ed il cemento è è anch’esso largamente usato. In
luce dell’aumento del costo del ferro, le aziende oggigiorno ora un servizio
di demolizione controllata per il riciclo dei loro prodotti. Le facciate esterne
dell’edificio sono frequentemente dotate di cemento e ceramiche con alta
resistenza al fuoco. La luce solare e la ventilazione naturale, elementi giu-
stificati per ragioni di salute, sono stati fortemente prese in considerazione
e fortemente studiati. Scambiatori di calore e ventilazione naturale sono
oramai integrati nella finitura degli esterni con attenzione alle correnti d’aria
e la temperatura di rugiada degli ambienti esterni.
Alcuni piccoli produttori, a causa di questo trend economico e di mercato,
fanno fatica ad avere prezzi competitivi e raramente hanno una scala di pro-
duzione tale da potersi permettere anche la stessa qualità di questi edifici
prefabbricati. Una delle aziende più imponenti del Giappone, la Sekisui Hou-
se, possiede oggi una grande fetta del mercato immobiliare: ben il 7% delle
intere costruzioni in Giappone appartengono ad essa, e sono tutte prefabbri-
cate. Durante il periodo post bellico, i prodotti con più margine di profitto
erano quelli industriali come i televisori, le auto ed i frigoriferi; oggi, le case
prefabbricate, almeno in Giappone, sono vendute con accessori e potenzia-
lità ben più ampie. I prefabbricatori fanno leva non solo sui prezzi ridotti,
ma anche sulle dinamiche di demolizione e sui programmi di manutenzione
straordinaria che seguiranno il prodotto passo dopo passo (come per l’ap-
punto se fosse un auto).
La compagnia Sesuiki in questo caso fornisce una visita di ogni 3 mesi du-
rante il primo anno di agibilità ed una garanzia di oltre 20 anni, cifre che
risultano essere straordinarie per un prodotto uscito da una fabbrica. La
Sesuiki, come ben altre aziende di prefabbricazione, forniscono garanzie ed

201
assistenze che non sono in alcun modo paragonabili con quelle offerte dalla
costruzione della tradizione.

FASE DI PROGETTAZIONE E MONTAGGIO:


Da vero leader industriale, le flotte di professionisti della Sekisui pubblica-
no materiali e norme in modo da rispondere alla consapevolezza collettiva
riguardo i propri prodotti con vere e proprie pubblicità (cosa mai successa
prima per il prodotto dell'edilizi). Già dal 1980, la Sekisui ha commissiona-
to una serie di case da parte di Toyo Ito ed altri architetti, i quali andarono
a costruire prodotti più originali possibili, usando il sistema strutturale
della compagnia, ossia il sistema ‘IS’, forme di cemento prefabbricato. Oltre
a sviluppare questa consapevolezza di sviluppo, la Sekisui andò a creare
una tipologia di mercato tramite per l'appunto la differenziazione di questi
prodotti prefabbricati. Ogni modello prefabbricato va a mettere in luce quelli
che sono i suoi punti di forza, come ad esempio nel caso della Panama House,
la grande resistenza al fuoco e la sicurezza strutturale sono i punti messi in
luce. Inoltre, assieme alla casa prefabbricata, vengono venduti differenti pac-
chetti di finitura ed arredamenti che vanno quindi potenzialmente a variare
non solo le differenze casistiche della clientela ma vanno anche a mostrare
il grande carattere di elasticità e versatilità di questi prodotti prefabbricati.
Anche punto di vista dei materiali è possibile avere una grandissima perso-
nalizzazione in quanto, come la finitura, anche le facciate esterne possono
essere dotato di una tipologia di pannelli superficiali diversi. La Sesuiki offre
per ogni unità ben otto tipologie di grandezza che lavorano tra due larghez-
za definite (1,2 e 2,4 metri) e lunghezze comprese tra 2,3 e 5,4 m. Inoltre,
secondo un recente studio, si è calcolato che ogni abitazione è composta da
circa 30.000 parti con un catalogo di oltre 300.000. Ovviamente la scelta del
materiale e dei suoi relativi packages influenzano il suo percorso verso la
produzione e la consegna. Ad ogni modo la scelta e la produzione di questi
differenti kit portano alla prefabbricazione totale dell'abitazione e alla sua
chiusura.
Il Giappone, essendo un territorio fortemente incline ad eventi che posso-
no mettere a dura prova le abitazioni le costruzioni in genere, nella fase di
progettazione è deciso in che modo questo modello di case possa propu-
gnare una totale resilienza ai disastri naturali ed una totale autonomia per
quanto riguarda l'efficienza e la produzione energetica ed una grandissima
efficienza dal punto di vista dell'energia e della sua conservazione. Seguen-
do queste nuove ottiche e questi nuovi ideali, la Sesuiki Homes è riuscita a
creare una nuova tipologia di mercato diventando un punto di riferimento a
livello internazionale per quanto riguarda gli standard concernenti le casa
prefabbricate. Così facendo, il nuovo mercato di queste case rinnovate non
solo ha espanso gli orizzonti della prefabbricazione, ma ha anche creato una
più grande confidenza riguardo il valore stesso delle nuove case.

202
Un fatto curioso inoltre riguarda il fatto che le case prefabbricate presenti-
no dell'isolamento anche all'interno delle partizioni tra le varie stanze, in
quanto uso comune andare a riscaldare alle volte solo una stanza nell'intera
abitazione. Questa fase di montaggio va a creare una sorta di vantaggio in
quanto gli stessi giunti che verranno usati per fissare le pareti esterne si
trovano anche all'interno della casa rendendo quindi il tutto subordinato
a poche tipologie di incastri e rendendo la stessa costruzione più solida e
meno delicata in questa fase. Con quest'esempio, e come prima accennato,
questa tipologia di abitazione è stata studiata per avere il minor numero
di componenti ed incastri diversi, così facendo la fase di montaggio anche
si dovesse subire errori in quanto determinati componenti posso venire a
mancare, con questo sistema il processo non si interromperebbe in quanto le
micro e le macro parti sono convertibili ed usabili inoltre determinate parti
del montaggio della casa, dando tempo quindi alla fabbrica di poter rimedia-
re all’errore.

STIME
La scelta produttiva porta a varie efficienze che non riguardano solamente
l'aspetto architettonico edilizio. Infatti con la forte consistente domanda di
nuove case industria giapponese andare a competere finanziariamente no-
nostante il periodo di recessione. Una casa prefabbricata fornisce dei tre ai
quattro dipendenti ogni anno con margini di 135 case al giorno; nel 2009 la
Sekisui venduto oltre 52.231 residenze come totale di 16.215 impiegati. Que-
sto forte trend ha permesso l'arrivo di investitori esteri europei ed americani
riquadri industriali giapponese creando inevitabilmente un forte benefit in
quanto gli orizzonti E l'esportazione di questi prodotti così facendo ci sono
inevitabilmente allargati. Proprietari lavorarono con gli architetti al fine di
abbellire I prototipi cosa all'italiana una maggiore spesa rispetta quella che
inizialmente si era pensata. Tuttavia il problema si risolse presentando una
linea in serie limitata di costruzioni più dotate ed uno più standard. Inoltre
molto interessante la questione riguardo le normative climatiche: il Giappo-
ne da molti considerato uno dei leader per quanto riguarda il rispetto delle
norme ‘Eco’, nella produzione di case prefabbricate È curioso notare come
addirittura un terzo del costo totale del suddetto fabbricato sia destinato
nella pratica della conservazione del calore E nella pratica di riscaldamento
il raffreddamento. Ovviamente questo dovuto all'innalzamento dal crollo del
corso dell’elettricità e dei pannelli solari tecnologia fortemente usate nell'u-
so della prefabbricazione industriale giapponese. A causa del recente terre-
moto tsunami caro colpito fortemente questi territori curioso vedere come
le case prefabbricate se non state fortemente considerato dal governo stesso
in quanto piccole centrali quella produzione di riferimento per la produzione
di energia ed elettricità per riassestare ed aiutare il lavoro di risistemazione
e riparazione che disagio dovuto questi cataclismi naturali. Questa iniziativa

203
è stata addirittura incentivato al governo stesso andando a creare norme e
compendi per tutti coloro che donarono parte della loro energia alla pro-
pria prefettura. Ad ogni modo, le case prefabbricate di Sekisui offrono una
grandissima varietà di offerte con dimensioni diverse ed altissime possibi-
lità di personalizzazione: i prezzi per alcuni modelli offerti superano anche
i 500.000 dollari e presentano un design di altissima qualità ed interni e
finiture di ultima generazione. Tuttavia, dovendo considerare una casistica
‘comune’, le offerte standard per una villetta che si aggira attorno ai 100m2
sono di circa 150-160.000 euro, registrando quindi un costo totale che è
inferiore del 10-15% rispetto alle costruzioni della tradizione, e con tempi-
stiche di realizzazione dimezzate (circa 50-65% in meno).

5.1.3 Il sistema NLT come tecnologia nell’housing

BACKGROUND. Nel corso di 250 anni di fatti nonostante l’esigua superficie,


l’Inghilterra ha visto una grande produzione di macchinari domestici ed un
grande sviluppo nel campo dell’automazione con la produzione di compo-
nenti acciaio. Il caso studio qui presentato è una ricerca da parte dell’Univer-
sità di Edimburgo ed alcuni partners associati: il caso ‘Future Affordable’ è
stato un progetto di collaborazione del settore residenziale. Questa ha por-
tato alla costruzione di 3 case terrazzate al ‘Housing Innovation Showcase in
Fife’ nel 2012. Le case impiegarono due sistemi altamente innovativi ossia il
pre assemblato servizio pod col nome di e.CORE progettato da David Blaike
Architects ed un nuovo sistema di pannellatura dal nome K2, disegnati da
Kraft Architecture. L’e.CORE modulo ruota attorno lo sviluppo di una tecnica
di legno ad alta resistenza, legno inchiodato e laminato che va ad incontrare
gli standard del mercato dell’housing inglese, in modo da creare una gran ca-
tena di montaggio di questa regione. Il legno solido è generalmente ottenuto
da tavole di legno leggero che può essere collegato da chiodi, collanti o tas-
selli. Il legno chiodato e laminato chiamato anche NLT consiste nell’assem-
blaggio di pali di legno segati fianco a fianco ed inchiodati l’uno con l’altro
per poter creare elementi strutturali solidi (larghi anche 600mm). Con que-
sta tecnica versatile di laminazione, i sistemi pannellizzati, possono andare a
creare diverse configurazioni come per muri, tetti, pavimenti e pianerottoli.
Anche lo stesso ferro e/o alluminio possono essere usati per poter collegare
queste parti differenti: ovviamente, a secondo del materiale di giuntura scel-
to, il processo manifatturiero prende vie diverse, con rispettive tempistiche
diverse. Il sistema NLT sta diventando sempre di più molto popolare ma non
è completamente accettato come un nuovo sistema.

FASE DI PROGETTAZIONE E MONTAGGIO:


Un altro importante elemento è costituito dal suo design decisa dal ‘Kingdom
Housing Association’. La casa terrazza a due piani è dotata di una cucina e di

204
una living room al piano terra e due stanze da letto molto spaziose al primo
piano. C’è un bagno ad ogni piano che è fabbricata con l’utilizzo di pannelli
in legno laminato ed inchiodato. Questo servizio di preassemblaggio pod è
l’evoluzione di un modulo di bagno disegnato e costruito in un precedente
progetto dello studio di ‘Lios Gorm House’ presentato allo ‘Scotland’s Hou-
sing Expo’ del 2010. In queste abitazioni un pod di servizio prefabbricato è
stato installato nel sito di costruzione. L’edificio è stato prodotto utilizzando
queste tecniche che sono normalmente prodotte su legno non trattato. Que-
ste possono essere con una larga varietà di specifiche le quali prendono cri-
teri di bellezza personale, strutturale, economico e considerazioni acustiche.
L’unità del piano terra dell’e.CORE ha un bagno con sanitari accessibili ed un
piccolo compartimento di servizio per il controllo dei vari servizi elettrici,
pannelli di controllo per il condizionamento e refrigeramento, l’intera venti-
lazione meccanica della casa con recupero di calore e micro-devices rinnova-
bili. Invece, l’unità del primo piano dell’e.CORE ha dei bagni più grandi, ma
smetto uguale.
L’alternativa invece era quella dei pannelli K2, pannelli murari rigidi disegna-
ti da Kraft Architecture di Glasgow con cooperatori in COCIS. Il sistema pro-
pugnato in alternativa si presenta come una serie di pannelli predisposti per
essere assemblati in un frame chiuso che minimizza così facendo i poti ter-
mici attraverso le varie giunzioni, le quali sono da sempre i punti deboli delle
varie strutture che utilizzano questa metodologia costruttiva. Inoltre, dato il
materiale in legno, si ha dal punto di vista dell’isolamento, una trasmittanza
più alto. Tuttavia, mentre solitamente strutture di questo genere presentano
una sezione che è piena di legno, qui invece troviamo degli elementi esterni
in legno di facciata, ed internamente dei differenti elementi con proprietà
altamente isolanti, che vanno a creare un forte benefit dal punto di vista
termico. Un pannello di K2, almeno per com’erano stati progettati, sono
prefabbricati con l’utilizzo di legno autoctono. Con questa scelta viene richie-
sto di portare un programma strutturale con test annessi per dimostrare la
loro effettiva fattibilità. L’intero programma di lavoro era stato sottoposto
all’attenzione del ‘Wood Project Innovation Gateway’, un’iniziativa supportata
dai fondi europei per lo sviluppo regionale. Il suo scopo era quello di provare
la fattibilità di una casa K2 interamente costruita tramite simulazioni e test
di laboratorio e sperimentazione di diversi design di case. In particolare gli
esperimenti focalizzati sulla performance meccanica delle murature, ossia
la risposta di qeust’ultime a sollecitazioni orizzontali, permisero di avere e
determinare l’eventuale presenza di elementi come finestre, porte,, aperture
in genere e l’inserimento puntuale di diversi elementi. I pannelli usati per il
test furono prodotti con una dimensione di 45 x 95 mm di perni esterni e 45
x 45 mm interni. La performance meccanica dei pannelli di K2 furono valuta-
te come in accorfdo con il codice di valutazione Inglese ed Europeo , in modo
da avere un prodotto non solo conforme alle norme propugnate internazio-

205
nalmente ma anche un valido prodotto di qualità.
Ogni fase del progetto è stata condotta a scale diverse: dalla valutazione dei
singoli componenti dell’isolamento alla valutazione della loro performance
all’interno dell’intero edificio al fine di valutare l’efficienza finale e la com-
patibilità di quest’ultimo. Questo approccio multifasico e sistematico per
la creazione e la validazione delle soluzioni innovative per l’edificio è stato
fondamentale per garantire la robustezza per la ricerca degli output gene-
rati. Questo caso studio esemplifica tutta quella branca di case e sistemi
prefabbricati generati in Inghilterra il quale successo rimane sulla creazione
della sinergia tra vari attori all’interno della società e dell’industria costrutti-
va, includendo business e pratiche architettoniche di piccola scala, provando
comunque che lavorando individualmente non è possibile ottenere risultati
soddisfacenti. Gli scopi propugnati dal progetto erano i seguenti:
-l’uso di materiali locali ed economici
-l’uso di materiali riciclati
-un design altamente performante che permetta all’involucro di smaltire il
-calore in eccesso e non permetta di perdere energia
-acquistare una sostenibilità di tipo economico sociale
-l’acquisizione di tecniche innovative

All’interno del progetto ‘Future Affordable’, COCIS contribuì alla realizzazione


del progetto in molti livelli facilitando l’introduzione di catene di montaggio,
test strutturali e laboratori di progettazione e simulazione. E’ stato deciso
inoltre di usare il legno per la dtruutra del pod di servizio così da semplifica-
re enormemente l’integrazione del resto dell’edificio. Inoltre, il più l’opzojne
di fare un pod di servizio con struttura in ferro fu evitata. E’ stato deciso
di utilizzare legno massiccio come opposizione al frame in legno in quanto
così facendo era possibile ridurre lo spessore dei pannelli. All’interno della
categoria dei pannelli massicci, ci furono 3 possibilità ch erano considerate,
ossia: la laminazione incrociata, la laminazione chiodata, e la laminazione
tassellata. CLT fu esclusa in quanto richiedeva alti costi d’investimento per la
necessaria equipaggiamento tecnico La laminazione per tasselli era un’op-
zione intrigante ma in comparazione con NLT richiedeva operazioni con
capacità più alte (per il fissaggio dei tasselli) ed un macchinario e processo
manifatturiero più lungo. Per queste ragioni il team decise di utilizzare NLT
he permetteva in oltre di utilizzare delle procedure con materiali economici
e strutture meccaniche con più grandi valori. Infine, prima della costruzio-
ne dell’e.CORE e dei suoi moduli, l’università di Edimburgo, fece una serie
di test strutturali su pannelli di NLT con le stesse specifiche per poterne
discernere le varie prestazioni e proprietà come la resistenza a trazione o
piegatura. questi esperimenti permisero di capire larisposta dal punto di
vista statico dei pannelli in base al loro utilizzo (se come muratura o come
solaio). Dopo i tests il comportamento meccanico dellNLT era paragonabile a

206
quello dei pannelli in legno normale, con una rigidezza molto simile laddove
la forza invece era più forte per NLT. Il comportamento a piegatura invece
dimostrò come NLT poteva sopportare anche count minor spessore uguali o
maggiori forze di sollecitazione.
Per semplificare la catena di montaggio, le dimensioni standard delle tavole
di legno furono utilizzate. Il materiale fu quello della Sita scozzese, un ma-
teriale relativamente con basso grado strutturale. Dal momento che i chiodi
in ferro furono usati e che le tavole dovevano essere tagliati lunghezza per
l’apertura prima che loro fossero inchiodate assieme. La laminazione fu
usata per entrambe per entrambi i pavimenti e per i pannelli murari. Dopo la
prefabbricazione di questi, furono assemblati in 3 unità superiori ed inferio-
ri dimensionalmente diverse, trasportate nel sito di costruzione e messi in
posizione tramite gru. Tutte le operazioni off-site furono condotte facilmente
da operatori con scarsa esperienza e la società ‘Living Solutions’. L’eCORE
pod aggiunge la stabilità dell’intero edificio agendo da semi rigido core fino
alla muratura esterna rendendo quindi possibile avere murature ampie sul
fronte e murature posteriori nelle case terrazzate. Inoltre, usando pannelli di
legno massiccio, si potevano aggiungere una grande quantità di chiodature
in modo da poter connettere il tutto. Proprio per queste ragioni l’utilizzo di
questo legno duro la struttura portante è stata utilizzata in paragone con un
sistema più tradizionale.

STIME:
Dal punto di vista economico, il progetto mostra anche come lo sviluppo
dell’industria delle costruzioni off-site possa essere al giorni d’oggi altamen-
te sostenibile e conveniente. ‘Future Affordable’ illustra anche l’approccio
dell’innovazione, in termini di prodotti e processi, che superano facilmente
molte delle problematiche legate agli edifici odierni come la riduzione della
perdita d’energia attraverso la sua costruzione, utilizzazione di risorse locali
e lo sfruttamento ed il riciclo di materiali economici.
Le case prefabbricate utilizzando questi sistemi offrono una grandissima
varietà di offerte e con ampie possibilità di personalizzazione e scalabilità:
considerando una casistica ‘comune’, le offerte standard per una costruzio-
ne di eguali dimensioni all’esempio della tradizione proposto sono di circa
140-160.000 euro, registrando quindi un costo totale inferiore del 10-15%
rispetto alle costruzioni della tradizione, e con tempistiche di realizzazione
altamente efficienti e convenienti, circa 40% del tempo in meno.

5.2 La prefabbricazione elitaria

La produzione di componenti prefabbricati al fine di produrre un fabbricato


di tipologia comune, generalmente ha un orizzonte tecnologico e metodolo-
gico ristretto rispetto a quelle che possono essere le soluzioni dell’elitarietà,

207
anche per ovvi motivi. Tuttavia, ciò che nei seguenti casi studio si riscontra
è la comunanza del fatto che inevitabilmente ci si deve scontrare un co-wor-
king tra diverse aziende ed attori, specialmente tra quello che è il parto in-
formatico e di digitalizzazione con l’officina di produzione. Nella produzione
elitaria, o per meglio dire, di più larghe vedute, il cantiere e la progettazione
stessa di questi edifici risultano essere spesso complicate e di difficile gestio-
ne (non diversamente da ciò che accade nell’architettura della tradizione).
Il progetto con la quale i seguenti casi della prefabbricazione dovranno con-
frontarsi dovrà tuttavia misurarsi non tanto nell’ambizione del progetto ma
bensì nella sua dimensione. In questo caso è stato considerato un ipotetico
edificio in legno a 4 piani, di circa 5110 m2 con un costo di cantiere totale di
circa 11.7 milioni di dollari e quindi un costo totale al m2 di circa.

5.2.1 Il progetto dell’housing per studenti a Manresa

BACKGROUND:
Nel settembre 2008, a Girona, Sant Cugat e Manresa, sono stati costruiti tre
edifici per studenti universitari, costruiti con il sistema prefabbricativo ‘eMii’
sviluppato con tecnologia brevettata dallo studio di progettazione Compact
Habit. Compact Habit è un'azienda che produce moduli industrializzati,
spesso concentrati nel settore di alloggi, strutture sanitarie e centri turistici
(spesso situati in Catalogna).
Il progetto risponde alla necessità dell’avere abitazioni e dormitori per stu-
denti a basso costo: un edificio simile, con ciò che quindi comporta diventa
anche un nuovo polo ed un catalizzatore per la società e l’urbanizzazione
presente, in quanto rappresenta una comoda posizione per gli studenti che
sono pendolari, ed il loro afflusso non può che portare beneficio alle varie
attività trasversali che guadagnerebbero dalla presenza di questi ultimi.

FASE DI PROGETTAZIONE E MONTAGGIO:


L'edificio è organizzato come un unico blocco lineare con diversi moduli
collegati tra loro secondo un preciso schema organizzativo: inoltre, lungo il
grande blocco lineare si trovano la presenza di macroaree in cui vi sono par-
ticolari organizzazioni di altri corpi modulari prefabbricati. La macro area
più piccola è costituita da 5 moduli con aree comuni (giochi, studio e living)
nonché l'ingresso principale dell'edificio. L'altro corpo è invece formato da
70 moduli prefabbricati, di cui 67 sono stati utilizzati per l'alloggiamento.
Il progetto, in generale, lascia da parte tutti gli aspetti superficiali (come
finitura ed arredi di alto design) e si concentra prevalentemente su ciò che
viene considerato per la prefabbricazione principalmente, come la sosteni-
bilità, l'industrializzazione, la costruzione leggera, la funzionalità ed il tempo
di riduzione della costruzione. Subito dopo essere stati montati, i tre edifici
hanno iniziato a svolgere la loro funzione di edifici per la residenza di stu-

208
denti universitari.
Il residence dispone di 67 appartamenti che possono essere singoli o doppie.
Ogni appartamento ha una superficie di 40 mq con un proprio bagno e cuci-
na. La cucina è dotata di armadi a muro, piano cottura a due elementi, estrat-
tore, frigorifero e forno a microonde. I bagni sono dotati di doccia e vari
accessori (specchio, portabottiglie e asciugamani). L'appartamento è arre-
dato con un grande tavolo, quattro sedie, ripiani, due armadi e due letti. Nel
caso in cui l'uso sia individuale, gli stessi mobili rimangono o possono essere
rimossi su richiesta del residente. Vi è inoltre la presenza di aree che non
sono una semplice residenza come delle sale studio, dotate di tavoli, sedie e
scomparti. Vi sono inoltre delle sale di lavoro di gruppo che sono attrezzate
con sedie e tavole rotonde. Vi sono infine delle sale giochi con tavoli, sedie,
divani, distributori automatici, TV a grande formato.
Tutte le stanze sono posizionate considerando la riduzione del consumo di
energia e facilitano la ventilazione trasversale. Il risparmio dell’acqua stes-
sa è stata considerata molto seriamente nella fase di costruzione e nell'uso
dell’edificio: l'edificio dispone di serbatoi per la conservazione dell'acqua
piovana che viene riutilizzata per l'acqua aree verdi; ha anche rubinetti con
meccanismi di risparmio idrico. Infine, l’intero sistema di isolamento dei
moduli offre dei spettacolari risparmi energetici, che studi esterni allo studio
(per una questione di conflitto d’interessi) ha determinato addirittura al
33%. I criteri ambientali, com’è quindi noto, sono stati una parte molto im-
portante dell’intero processo di costruzione e di progettazione dell'edificio,
dalla fase iniziale all'ultimo giorno del ciclo di vita, compresa la decostruzio-
ne e l'eventuale ricollocamento della struttura in una posizione diversa.

STIME:
Il sistema costruttivo è stato scelto dall’investitore stesso per soddisfare un
brevissimo cronoprogramma che non subisse troppe dilatazioni dovute ad
incidenti e/o imprevisti del cantiere. In questo caso particolare l'edificio è
stato ampiamente un successo in quanto la fondamentale collaborazione tra
i vari partner non ha creato problemi, ma anzi, ha agevolato le diverse fasi di
cantierizzazione dell'intero progetto. Questo progetto rappresenta in pieno
come la metodologia e la rigida divisione per fasi del montaggio in cantiere
possa determinare la riuscita o il fallimento di un progetto. Inoltre, utilizzan-
do il sistema tecnologico dello studio, si è inizialmente stimato un periodo
di costruzione ridotto fino al 75% in relazione ad un sistema tradizionale di
costruzione.
Con questo sistema di costruzione brevettato denominato ‘eMii’, lo studio
ha ricevuto un'ampia diffusione perché consente di costruire un edificio in
pochi giorni utilizzando dei moduli industrializzati e prefabbricati in officina
senza andare al di sotto di livelli standard richiesti per un'adeguata effi-
cienza economica ed ambientale: difatti questi tre edifici sono stati costruiti

209
utilizzando importanti valori di sostenibilità ambientale con una riduzione
totale del 33% delle emissioni di CO2. Questi valori permettono quindi non
solo un grande rispetto per le nuove politiche ambientali, ma i livelli rag-
giunti sono tali da poter rispettare lo standard ‘Minergie', una certificazione
energetica svizzera che premia la sostenibilità e la riduzione dell'impatto
ambientale. La struttura inoltre integra un sistema di micro-cogenerazione
che consente di controllare sempre il consumo di energia in ciascuna delle
sue abitazioni. Il progetto è stato completato nel 2008 e con la bellezza di
ben 75 moduli in cemento armato che vanno a creare un edificio di ben 5
piani, presenta una superficie di oltre 4000 metri quadrati. Il costo di co-
struzione si divide in costo di progettazione, costo ottenuto dal capitolato
d’appalto ed il costo di costruzione modulare. Rispettivamente i costi sono,
231.500 euro, 3,64 milioni di euro e 2,34 milioni di euro. Il cronoprogram-
ma nello specifico è stato in totale di 10 mesi con un totale di 3 mesi per la
progettazione dell’intero complesso e dei dettagli di giunzione modulare, 3
mesi in officina per la preparazione ed il pre assemblaggio delle componenti
prefabbricate, 7 mesi per poter concludere la costruzione e la finitura dei
moduli ed infine 10 giorni per erigere l’intera struttura. Con un totale di 204
dollari per piede quadrato si nota come l’intervento e l’utilizzo della prefab-
bricazione abbia registrato dati impressionanti rispetto la tradizione: con un
costo simile si è registrato non solo un 4% del risparmio dovuto all’efficacia
della costruzione, ma anche un incredibile 56% di costruzione più veloce.

5.2.2 Il progetto ‘The Modules’ a Philadelphia

BACKGROUND:
Negli ultimi anni, il mercato degli alloggi per studenti è diventato sempre più
competitivo, con esperti studi nel design e sensibili all'ambiente scelgono tra
una varietà di opzioni di vita su e fuori da campus. Il progetto di ‘The Modu-
les’ costituisce un edificio di 80.000 metri quadrati comprendente 160 posti
letto, posizionato vicino alla Temple University di Philadelphia.
Il progetto risponde ad un nuovo mercato immobiliare studentesco attorno
al percorso del campus universitario, in quanto rappresenta una comoda
posizione per i fruitori che non risiedono vicino all’istituzione e che do-
vrebbero altrimenti fare i pendolari. Il progetto dunque si avvicina a questo
mercato con un edificio progettato sfruttando la stessa natura dei moduli
prefabbricati ed offrendo allo stesso tempo servizi all’avanguardia.

FASE DI PROGETTAZIONE E MONTAGGIO:


Il sistema modulare di costruzione dell'edificio contribuisce a ridurre i costi
senza compromettere la qualità del design. Le caratteristiche principali sono
gli spazi comuni pieni di luce, le finestre operabili generosamente, le finiture
ecologiche, il parcheggio esterno per auto e biciclette e una terrazza sul tetto

210
verde con una vista incredibile dello skyline di Philadelphia.
Il progetto di ‘the Modules’ è un grande esempio di come dei moduli prefab-
bricati permanenti possano essere utilizzati per mitigare i costi delle lavora-
zioni e delle maestranze stesse. La progettazione ed il montaggio di quest’ul-
timo si è rivelato complesso e senza un team valido di costruttori sarebbe
stato impossibile realizzarlo. I vari moduli vanno a creare delle zone eteroge-
nee dell’edificio che si dividono tra camere da letto, cucine, lavanderie, zone
comuni di studio e zone per il divertimento.

STIME:
Questo edificio è stato progettato e costruito durante la recessione del 2010.
A parte un minor problema riguardante i permessi e le difficoltà per la
manodopera, il progetto è stato un grande successo in quanto il suo tempo
di ostruzione totale lo si registra in soli 6 mesi. Il sistema prefabbricativo
utilizzato è servito in questo edificio in modo fondamentale in quanto ha
costituito un grande fattore nel successo di questo progetto. Alcune cose
potevano addirittura essere costruite velocemente senza incorrere in leggeri
contrattempi. Prima di tutto, una migliore collaborazione tra il contraente,
l’architetto e la manodopera della prefabbricazione modulare potevano far
evitare alcuni dei problemi in cantiere, come tra tutti l’installazione della
barriera al vapore.
Un’organizzazione di prim’ordine avrebbe reso consapevole l’intera equipe
di professionisti delle eventuali problematiche che potevano sorgere con la
costruzione dei moduli. Inoltre, per evitare problemi di permessi, è necessa-
rio essere consapevoli della scelta dei sistema del PMC in nuce al progetto;
così facendo è naturale risparmiar sulle tempistiche in quanto ci si può por-
tare avanti con la compilazione dei documenti necessari a questa tipologia di
costruzione ben prima della fase di progettazione stessa. Infine, è necessario
che il team di progettazione lavori in stretto contatto con il team di costru-
zione, dialogando tramite codici di design e tramite l’aggiornamento di un
modello tridimensionale BIM. Inoltre, i miglioramenti che devono essere fat-
ti in modo da assicurarsi che le operazioni in officina e nel sito cantieristico,
devo essere chiaramente coordinate e la consapevolezza dev’essere comuni-
cata tra gli stakeholders.
Il progetto completato nel 2010 presenta quindi un totale di 89 moduli in
legno ed un totale di oltre 7400 metri quadri. L’edificio possiede inoltre 5
piani. Il costo totale della costruzione, che si aggira attorno ai 12,7 milioni
di euro, presenta 300.000 euro come costo di progettazione, 3,6 milioni di
euro come costo di montaggio e costruzione modulare e 12,7 milioni di euro
come capitolato d’appalto. Il cronoprogramma durò solo 14 mesi dall’inizio
alla fine, nonostante la complessità e la grandezza del progetto stesso. Dopo
9 mesi iniziali di progettazione e 2 mesi di preparazione in officina, ci vollero
solo 6 mesi per ultimare tutti i moduli e prepararli per il trasporto nel sito

211
cantieristico posto a ben oltre 200 km dall’industria di costruzione ed infine
solo 12 giorni per erigere l’edificio in tutte le sue componenti. Con quindi
un totale di 158,23 dollari per piede quadro il progetto di ‘The Modules’ ha
comportato rispetto ad una costruzione di tipo tradizionale un risparmio di
ben oltre il 25,8% ed una velocità di costruzione maggiore del 63% rispetto
quella tradizionale.

5.2.3 L’edificio ‘The Stack’ a New York

BACKGROUND. Il progetto risiede all’interno di un altamente denso pezzo


urbano di città come New York. Il sistema modulare PMC è la chiave i costru-
ire il più in fretta possibile, così gli impatti negativi che si riscontrano nella
società e nella sua normale viabilità sono minimi. L’edificio con moduli è
risultato dunque necessario per un edificio come quello del ‘The Stack’.
La difficoltà nel costruire un edificio con un così accelerato cronoprogram-
ma, è la collaborazione tra permessi e ‘deadlines’. Nel caso di questo edificio,
una semplice colpa di ritardo è stato a causa dell’assicurazione dell’edificio.
Nel futuro ci sarà una maggior coinvolgimento nella processi di designa-
zione, fabbricazione e nel montaggio. Inoltre, ignorando piccoli dettagli che
possono ritardare il programma in modo grande. Infine c’è il bisogno di
una migliore comunicazione tra le informazioni che gli stakeholders hanno
rispetto le lavorazioni in officina e, conseguentemente, in cantiere.
La Stack ha subito un breve ritardo durante la sua costruzione, ma questo
progetto in particolar modo rappresenta il primo edificio modulare di New
York. Come lo stesso sviluppatore del progetto Jeffrey M. Brown dice:

‘È così nuovo, niente di simile è stato fatto prima a Manhattan…I vicini stava-
no guardando dal marciapiede, i bambini guardavano dalla scuola dall'altra
parte della strada, e la gente stava guardando dalle auto. Nei primi 10 giorni
abbiamo messo insieme cinque su sette piani, tutti eretti da un equipaggio di
otto uomini e da una sola gru’Questo progetto esemplifica l'opportunità di
creare un design emozionante per vivere godendo i vantaggi e le efficienze del-
la fabbricazione controllata e off-site. Come costruttori e sviluppatori, siamo
intrigati con questa metodologia e la sua applicazione su una moltitudine di
nuovi progetti. Il progetto in fin dei conti non è altro che è un edificio estetica-
mente gradevole che migliora sia il percorso che l'esperienza pedonale.’

Gli abitanti possono entrare nel moderno edificio prefabbricato, le cui unità
vantano soffitti alti, elettrodomestici in acciaio inox e cucine personalizzate.
Un valore aggiunto all’edificio è lo stesso processo di installazione e di mon-
taggio dei vari moduli: ogni giorno sono stati installati quattro nuovi moduli
e l'edificio ha preso forma in pochissimo tempo.
Jeffrey M. Brown, CEO di Brown Hill Development, e Kim Frank, co-sviluppa-

212
tore e proprietario della società di finanze immobiliare MCA, con più di 50
anni di esperienza nel settore, hanno collaborato a vari progetti di sviluppo
dotati di una forte presenza della tecnologia prefabbricata.

FASE DI PROGETTAZIONE E MONTAGGIO:


L’edificio è situato alla 4857 Broadway di New York City, e rappresenta una
unità modulare multifamiliare a sette piani prodotta dall’azienda Deluxe
Building Systems, Inc. di Berwick, Pennsylvania, e progettata dallo studio di
architettura ‘Gluck+’ di New York. Si tratta di uno dei primi edifici modulari
ad essere completati a Manhattan e potrebbe essere la risposta a quella che è
la richiesta di un alloggio molto economico in una città simile. La tecnologia
modulare prefabbricativa è stata scelta per questo progetto perché è l’unica
a poter offrire il binomio di alta qualità rispettando una timeline di costru-
zione dalle ardue pretese. L'edificio residenziale e commerciale di 38.000
metri quadrati di calcestruzzo e acciaio è il primo del suo genere ad essere
costruito a New York City ed è stato costruito interamente fuori dal sito di
costruzione di De Luxe Building Systems a Berwick, Penn. E 'stato spedito
come un carico di diversi cargo di 56 moduli totali separati, che ora com-
prendono il complesso a sette piani di 28 appartamenti singoli, con 4.000
metri quadrati di spazio al dettaglio e commerciale al primo piano.
La fabbricazione dei 56 moduli è iniziata presso l’officina del Deluxe Building
Systems in Pennsylvania, mentre, allo stesso tempo, un team di costruzione
esperto ha iniziato a preparare la fondazione, il seminterrato e l’intero primo
piano nel sito di costruzione a Manhattan.
La sua rapida costruzione ed il risparmio dei costi rappresenta una vera
e propria soluzione potenziale per il crescente problema delle residenze
a NYC: difatti ’The Stack’ è tuttora commercializzata come abitazione per
famiglie di reddito ‘moderato’. Inoltre, alcuni degli appartamenti sono stati
specificatamente prenotati come alloggi con prezzi altamente accessibili per
famiglie che soddisfano determinati requisiti di reddito minimo (e dimen-
sione della famiglia stessa). Da molti architetti, il ‘The Stack’ è un progetto
pilota per sviluppare una soluzione abitativa di qualità e economicamente
valida per ricostruire strategicamente e riempire le lacune nell'infrastruttura
residenziale newyorkese. Inoltre è un progetto di riferimento per tutte quel-
le progettazioni di complessi metropolitani in cui vengono richiesti questi
determinati standard. I progetti futuri che vanno comunque a rispettare
queste tipologie costruttive possono avere anche una linea temporale più
breve in quanto questi processi diventano più convenzionali e semplificati
con l’esemplificazione e l’esperienza di questo settore tecnologico.
Utilizzare un metodo di costruzione ‘off-site’ ed una strategia innovativa di
progettazione, significa semplificare l'intero processo di sviluppo e creare un
prodotto di alta qualità: utilizzare il sistema prefabbricativo modulare con
l’utilizzo di una parte di componentistica in carbonio, con uso pionieristico

213
del futuro della costruzione a New York City.
I singoli moduli sono stati costruiti e completati in una configurazione a
parallelepipedo in officina, mentre l’intero sito di costruzione viene prepara-
to contemporaneamente in modo da essere preparati per il loro arrivo. Con
le varie lavorazioni delle materie prime ed il loro assemblaggio rispetto ai
metodi di costruzione tradizionali, i moduli sono interamente fabbricati in
un ambiente altamente controllato, permettendo dunque la più totale ga-
ranzia della qualità ed una precisa ingegnerizzazione. Una volta trasportati
in loco, i moduli sono letteralmente impilati ed integrati inizialmente senza
una particolare soluzione di continuità per ogni singola struttura. E’ proprio
dal metodo di costruzione che prende l’ispirazione dietro il nome dell’edi-
ficio, ossia ‘The Stack’ che letteralmente significa ‘impilare’. Nella fase finale
di montaggio, una volta che tutti i moduli sono stati impilati l’uno sull’altro,
l’intera facciata (prefabbricata anch’essa) è fissata alla struttura modulare,
visivamente d’impatto e che nasconde apparentemente la natura modulare
dell’edificio stesso.
Il metodo di costruzione modulare ovviamente accelera rapidamente il
programma di produzione ed esecuzione, completando gli edifici di que-
sta ‘categoria’ in quasi la metà della tempistica del tradizionale processo di
lavorazione e costruzione aprendo dunque un nuovo spazio di opportunità
per lo sviluppo urbano. All’interno invece l’edificio presenta un design di alto
livello: difatti viene offerta una serie di servizi ed una finitura d’interni molto
contemporanea. La progettazione d’interni offre spazi molto ampi e confor-
tevoli con delle grandi finestre che filtrano la luce naturale del sole. Inoltre,
in ogni suo spazio, è possibile reinventare il tutto, con molte residenze in
cui vengono offerte delle terrazze private con spazi all'aperto. Gli elettro-
domestici sono targati ‘Energy Star’ e sono di altissima qualità: in acciaio
inossidabile questi offrono tutte le comodità di vita moderna, includendo
lavatrici e asciugatrici in unità selezionate. Inoltre ‘The Stack’ è dotato di un
sistema domotizzato che regola temperatura interna ed include un portiere
virtuale con un sistema video di sicurezza: questo stesso sistema di sicurez-
za permette inoltre l’accesso a depositi disponibili privati ed un deposito di
biciclette. Vi è infine un magnifico cortile paesaggistico con molteplici zone
salotto per il relax quotidiano dei residenti.

STIME:
La produzione e le lavorazioni ‘off-site’ di ‘The Stack’ hanno consentito un
processo di costruzione semplificato per quello che sarebbe in realtà un
progetto molto complesso rispettando tempi e costi incredibili: per la metà
e tagliato il budget dell'edificio di quasi il 20%. Il montaggio ha riguardato le
macroparti dei moduli, che sono arrivati in loco con elementi come barre, ar-
madietti e controsoffitti già installati. Inoltre, qualsiasi componente meccani-
ca, elettrica e idraulica era già in funzione, con i soli collegamenti tra i moduli

214
lasciati per essere completati. Lo sviluppatore dell’edificio stima che, con
l’utilizzo della meccanizzazione della prefabbricazione, si arrivi ad un rispar-
mio di circa da 6 a 8 mesi di tempo di costruzione ed addirittura un 15-20%
dei costi di costruzione di circa 7 milioni di dollari. Il ‘The Stack’ è un proget-
to dalla posizione ambiziosa ed inevitabilmente entra a far parte di quello
che è il complessivo skyline di New York. Il cantiere, completato nel 2013 e
con un’altezza complessiva di 8 piani ed una superficie di 3500 metri quadri,
ha un costo totale di soli 7,3 milioni di euro, che, rispetto alle costruzioni tra-
dizionali ha permesso un risparmio del 10%. La progettazione ed il cantiere
hanno permesso un cronoprogramma di soli 20 mesi, con 4 mesi di intensa
progettazione, 4 mesi preparazione in fabbrica, 12 mesi per la costruzione
dell’edificio in officina e solo 20 giorni per erigerlo, arrivando quindi ad una
velocità di costruzione prefabbricativa del 25% maggiore rispetto a quella
tradizionale, il tutto utilizzando una manodopera di un equipaggio di sole
otto persone ed una singola gru.
Con 191,84 dollari per piede quadro, il ‘The Stack’ rappresenta uno degli
esempi più fulgidi dell’architettura prefabbricativa in uno scenario di spes-
sore come quello di New York.

215
Eco Project. Pianta, vista e
modalita’ costruttiva.

216
Sekisui House. Pianta, vista e
modalita’ costruttiva.

217
NLT House. Viste e modalita’
costruttiva.

218
Manresa Student Housing.
Pianta, vista e modalita’
costruttiva.

219
The Modules. Pianta, vista e
modalita’ costruttiva.

220
The Stack. Pianta, vista e
modalita’ costruttiva.

221
222
IL PUNTO DELLO STATO DELL’ARTE

223
224
‘PREFABBRICARE’.
INIZIALMENTE, PER CAPIRE COSA S’INTENDESSE PER ‘PREFABBRICAZIONE’ SI ERANO
RICERCATI I SIGNIFICATI CHE DESCRIVESSERO QUEST’ATTO COSTRUTTIVO.

prefabbricare v. tr. [comp. di pre- e fabbricare] (io prefàbbrico, tu prefàbbrichi,


ecc.). – 1. Procedere alla costruzione di una struttura (o di parte di essa) in luo- Da ‘Treccani’
go diverso da quello dove la struttura stessa troverà sistemazione definitiva: p. definizione di ‘Prefabbricazione

case, scuole, ospedali; p. pannelli, rivestimenti, solai. [171]

Ma cosa significa realmente prefabbricare?

‘Prefabbricazione’ non può significare solo un singolo concetto come quello


appena citato; prefabbricazione significa molto di più. ‘Prefabbricare’, in una
realtà di progetto (che mai come oggi risulta essere così complessa), signi-
fica avere non solo modalità diverse da quelle della tradizione ma iniziare
a pensare progettare e costruire in un modo totalmente innovativo. Come
abbiamo visto la scelta costruttiva di una determinata costruzione prefab-
bricativa, ibrido o modulare che sia, determina totalmente il modo in cui
quest’ultima impatti non solo nell'ambiente, ma anche ovviamente nell’a-
spetto della committenza stessa. Il metodo prefabbricativo risulta essere una
delle molteplici estremità che l’industria al giorno d’oggi ha imposto nei vari
settori: in una realtà così dinamica dove le tempistiche sono molto strette e
le stesse realtà d’applicazione molteplici, la prefabbricazione non è altro che
la naturale conseguenza dell'uomo nella sua piena evoluzione. Come accen-
nato in precedenza nel corso dei secoli l'umanità ha visto nel suo costante
progresso un graduale, ma sempre più inevitabile, attaccamento alle sue
stesse scoperte, come se quest’ultima fosse una forma di sostentamento: allo
stesso modo, la prefabbricazione è dunque lo stesso assioma che non fa altro
che ripetersi.

225
È stato detto in passato tuttavia che la prefabbricazione non è altro che la
‘nuova scoperta più vecchia dell'architettura’, quando, invece, similmente, nel
campo industriale analoghi processi di produzione e di creazione non vengo-
no etichettati con lo stesso epiteto. Riprendendo la stessa citazione di Theo
von Doesburg, la prefabbricazione è stata definita come:

‘Prefabrication has often been seen as being ‘the oldest new idea’ in architectu-
re; it has had a long history yet the idea has never really moved past the initial
stages of development. It was seen as a solution to crisis conditions rather than
as a part of development of the construction industry. Just like our cars, our
dwellings will be factory-produced within the foreseeable future’

La prefabbricazione in sostanza è stata spesso etichettata come un metodo


costruttivo tanto efficace quanto poco appetibile risulta poi essere prodotto
Da ‘La Prefigurazione Archi-
tettonica Nella Dialettica Tra
finale; ogni volta sembra essere la nuova chiave per un nuovo orizzonte ar-
Perfezione E Temporalita’’ di chitetturale e poi invece non si arriva mai da nessuna parte, rendendo quindi
S. Ferrini
la sua stessa pratica una sorta di spreco in quanto costituisce in fin dei conti
un vicolo cieco [172].
Tuttavia, nonostante si sia affermato questo stereotipo nel tempo, è sta-
to appurato che, allo stesso modo anche se ciclicamente, nuove ondate di
prefabbricazione si sono registrate in diversi periodi. Ciò che viene natura-
le pensare è chiedersi quale possa essere il motivo di questi innumerevoli
tentativi (alcuni dei quali vogliamo ricordare disastrosi). Dare una risposta
a questa domanda risulta impossibile, tuttavia, ciò che risulta veramente
curioso da questi innumerevoli tentativi e in seguito dalla stessa pratica di
costruzione dell'architettura tradizionale stessa, è il fatto che, nonostante la
prefabbricazione abbia spesso costituito materia di discussione, quest'ulti-
ma si è lentamente inserita nello stesso contesto di architettura tradizionale
con piccoli accorgimenti. In sostanza, laddove ogni volta una nuova scoperta
della prefabbricazione veniva messa in luce e presentata come il metodo più
innovativo in assoluto nel campo della costruzione, puntualmente quest'ulti-
ma si perdeva con innumerevoli tentativi pratici senza quindi rispettare quel
senso di cambiamento epocale che si percepiva. Infine, a distanza di molti
anni, parte di quella stessa ormai ‘vecchia e passata’ idea innovativa andava a
traslarsi nella pratica dell'architettura tradizionale andandosi a sostituire ad
alcune delle parti della architettura tradizionale stessa.
Questo processo di consolidamento dell'architettura prefabbricata risulta
essere affascinante in quanto, a differenza dei prodotti industriali principi
(quali l’automobile, l’aeroplano, etc.) che risultano essere dunque artificiali
con una procedura di lavorazione fortemente industriale ed hanno un gra-
do di accettazione pressoché immediato, l’architettura invece è stata invece
sempre per qualche motivo rigettata respinta. Questo fatto risulta essere
molto curioso in quanto entrambi i prodotti risultano essere dei risultati

226
dell’avvento industriale e del suo massiccio uso da parte dell’uomo.
Ciò che fa pensare probabilmente è dovuto all’esemplarità’ del prodotto, in
quanto, determinati grandi prodotti dell’industria sono stati accettati im-
mediatamente poichè gli elementi che potevano risultare paragonabili ad
essi risultavano comunque essere talmente lontani da non venire nemmeno
considerati realmente in termini di comparazione. Diversamente, la prefab-
bricazione intesa come ‘prefabbricazione di edifici’, produce un’immediata
repulsione in quanto i prodotti architettonici derivati da questa tipologia
costruttiva non appartengono a quella branca tradizionale costruttiva che da
secoli oramai è stata accettata. La repulsione o un non totale utilizzo a que-
sta unica metodologia, seppur dagli indubbi vantaggi, dimostra come l’ar-
chitettura i composta di un’ampia componente umanistica, basata su criteri
fortemente emozionali. Questo aspetto risulta essere molto interessante in
quanto è proprio in questo ‘rigetto’ ed in questa primaria opposizione che
viene messa in luce ciò che è il concetto di architettura stessa, un binomio di
artificialità e scienza unito a pure sensazioni e sentimenti umanistici: pro-
prio per questo motivo la prefabbricazione dev’essere prima ‘metabolizzata
e consolidata' per poter essere poi utilizzata nelle dinamiche comuni.
Questo, come si è potuto constatare, non risulta essere un processo imme-
diato: è proprio da questa considerazione che deriva l’aspetto dualistico
dell’architettura. Questo ‘iter’ lo si è visto per ogni forma e tipologia di
prefabbricazione edilizia: tecnologie e scoperte di stampo prefabbricativo
dell’800 sono state utilizzate nel secolo successivo sotto forma di componen-
ti tradizionali.
Il fatto che l’architettura andrà sempre più ad utilizzare una metodologia di
carattere industriale è tuttavia un assioma imprenscindibile: l’umanità, nel
corso della sua storia, ha dimostrato una costante, ossia il fatto di aggrappar-
si disperatamente all’intelletto ed alle sue concrete estensioni. L’architettura,
allo stesso modo, anche se con un processo più lungo e tortuoso, dopo una
prima repulsione di questi nuovi concetti e dopo il loro successivo (anche se
il più delle volte inconsapevole) sdoganamento, seguirà ciò che risulterà dal
connubio delle sue naturali estensioni dell’intelletto con ciò che verrà ritenu-
to umanisticamente corretto conservare.
Come si è potuto vincere da questa dissertazione la costruzione prefabbrica-
ta ha spesso promosso loro processi tramite l'ottica di sostenibilità e conve-
nienza: confrontando i metodi di prefabbricazione con quello della costru-
zione tradizionale si è potuto vedere come le tecnologie vadano ad aiutare il
processo costruttivo dell’edificio. Inoltre è stata introdotta una nuova conce-
zione dovuta proprio al concetto di sostenibilità e di consapevolezza riguar-
do l’impatto ambientale, ossia il concetto di ‘durata di un edificio’: contraria-
mente alla classica concezione di edificazione perenne, viene dimostrato in
quest’ottica il nuovo paradigma di selezione e conservazione dell'architettu-
ra obbligando gli odierni costruttori a dover attuare una decisione e, molto

227
più importante, obbligano quest'ultimi a prendere un impegno di rispetto
dell'ambiente stesso, andando a progettare un edificio con la consapevolezza
che avrà un intervallo di vita ben preciso. Questi principi di nuova conce-
zione rappresentano le condizioni della ‘nuova era dell'architettura’ in cui
principi di sostenibilità risultano essere dei fattori fondamentali. In un'epoca
dove il riuso ed il riutilizzo conciliano ricerca e riscoperta per un’innovazio-
ne di un'architettura responsabile.
Al giorno d'oggi la cultura contemporanea per quanto riguarda la costruzio-
ne ha visto una significante crescita dal punto di vista della prefabbricazione
con un occhio di riguardo verso gli edifici modulari, ossia la forma di prefab-
bricazione che consiste nella composizione di unità edilizie in fabbrica che
vengono poi trasportate nel sito di costruzione ed infine assemblate. I mo-
duli rappresentano un edificio completo circa all'80-90% e si ritengono sono
‘finiti’ quando quest'ultimi vengono collegati tra di loro o ancorati alla platea
di fondazione. Come alternativa alla prefabbricazione per pannelli o per
componenti, queste sono, com’è stato descritto precedentemente, le princi-
pali declinazioni della prefabbricazione.
Tuttavia, ciò che rimane ancora lo status maggiormente utilizzato è la cosid-
detta ‘prefabbricazione ibrida’ in cui vengono sperimentati diversi connubi
tra la prefabbricazione e la costruzione tradizionale, portando a risultati
totalmente originali. Con la prefabbricazione vengono sperimentate anche
nuove metodologie di lavoro, motivo per la quale oramai sono totalmente
implementate nel ciclo di lavoro tecnologie virtuali come i già citati sistemi
BIM, la digitalizzazione del cantiere, la sua simulazione e l’ampliamento del
team-working in un contesto molto più a stretto contatto con i vari profes-
sionisti. Si può ipotizzare che l’era digitale ed i suoi strumenti per la costru-
zione abbia portato la dinamica del cantiere già nella fase di progettazione
stessa, portando alla luce tutte le eventuali problematiche che sorgerebbero
dall’unione delle competenze dei professionisti. Inoltre, dal punto di vista
delle tempistiche, l'utilizzo delle applicazioni prefabbricative riduce notevol-
mente i tempi di costruzione portando quindi ad un grande vantaggio di tipo
economico ed una ridottissima attesa da parte della committenza.
Ad ogni modo i risultati della ricerca dimostrano come l'utilizzo di questo si-
stema costruttivo sia conveniente dal punto di vista di controllo della qualità
dell'edificio stesso e della sostenibilità ambientale stessa.
La realtà prefabbricativa dimostra diverse eterogenee realtà nel panorama
internazionale, dimostrando proprio il suo carattere di ‘realtà in divenire’:
dall’America ai paesi orientali, si notano differenti costruzioni e metodologie
prefabbricative applicate.
La prefabbricazione dunque risulta essere, come storicamente è stato prova-
to, un qualcosa che sta tra la modernità ed il consolidamento di elementi del
passato.
Tornando quindi alla domanda iniziale del significato di ‘prefabbricare’, si

228
può addurre che non si limiti puramente a ‘procedere alla costruzione di
una struttura (o di parte di essa) in luogo diverso da quello dove la struttura
stessa troverà sistemazione definitiva’, ma molto di più: con l’utilizzo della
prefabbricazione è possibile pensare al rinnovamento del tessuto edilizio in
un modo non distruttivo e non dissipatorio. Se, concettualmente, le sue me-
todologie evidenziano una sospensione della continuità storica nella misura
in cui la definizione dei sistemi costruttivi di volta in volta implica la rifonda-
zione degli elementi costitutivi della costruzione e delle regole di articolazio-
ne, allo stesso tempo, si evidenzia una diversa e particolare intimità tra-
sversale nella ricerca tecnica che matura, rinnovando molti dei temi comuni
presenti come un puro riferimento alle diverse fasi storiche. Così facendo,
in questa concezione della realtà, il tutto si configura come un ‘cantiere non
finito’, quindi non storicizzabile; diventa una sorta di un laboratorio aperto
in cui anche questo totale rinnovamento non appare distruttivo ma implicito.
La prefabbricazione apre nella ‘querelle’ architettonica un grande quesito,
che molto probabilmente sta alla base della sua ipotetica accettazione, ossia
il grande dilemma riguardo il carattere di transitorietà e di trasformazione
che non solo deve diventare caratteristico di grande aree urbane, ma anche
degli stessi edifici. Il principio che un edificio debba essere rivalutato secon-
do un intervallo di tempo ben preciso comporta una forte riconsiderazione
di quelli che sono i principi costituitivi di un progetto ed il suo compimento.
Occorre ripartire dalle basi, dalla ricerca di nuovi livelli di oggettività nel-
le metodologie progettuali, considerando anche tipologie preliminari che
presentino un margine di sperimentazione nei confronti dell'intervento sul
territorio e sulle aree urbane: è di fondamentale importanza che il carattere
descrittivo dei processi progettuali costruttivi torni ad essere importante.
Ciò che deve essere alla base di questa ‘nuova architettura’ è la definizione
della durata e la considerazione di una sua scomposizione non distruttiva.
Questa serie di considerazioni non presentano una risposta al ‘quid’ pre-
fabbricativo (vista l'ampiezza delle tematiche); queste non sono altro che
frutto di una ricerca sul ‘senso’ dei processi di ‘prefigurazione progettuale’:
queste tuttavia costituiscono la necessità di comprendere le diverse ragioni
del prefabbricare e fanno intendere in modo più chiaro il processo tecnico
nell'azione costruttiva dell’uomo ai giorni d’oggi e nel corso della storia in
modo da poter riflettere sullo ‘status’ del ‘fare architettura’ (non nel senso
della prefabbricazione ma in generale).
Inoltre, queste considerazioni portano a riflettere sull'ipotesi posta a fon-
damento del prefabbricare: la prefabbricazione è così conveniente e precisa
perché costituisce la previsione esatta di un ordine, di un’articolazione di
materiali architettonici che hanno un significato ben preciso. L’abbraccia-
re un modus simile permette al manufatto di prendere forma e di divenire
espressione del suo processo costruttivo. L’aspetto prefabbricativo di una
costruzione può apparire, nel più comune e banale dei casi, antitetico al

229
genio architettonico in quanto deriva da una semplice razionalizzazione di
un’empiria costruttiva, che porta ad un comportamento di omologazione e
passività nei confronti dell'aspetto produttivo industriale per la ripetizione
di modelli progettuali privi di ‘tensione innovativa’.
Tuttavia, spesso, nel corso della storia, il linguaggio tecnologico stesso della
costruzione tradizionale (inteso nel suo senso strumentale) ha indotto ad
elaborare dei linguaggi facilmente standardizzabili ed universali e la sua
comune pratica ha portato agli stessi nobili esempi dell’architettura dell’an-
tichità. Una tale considerazione va di conseguenza ad investire il carattere
e la qualità dell'oggetto architettonico, che risiede tra l'innovazione degli
elementi e tra la loro articolazione rispetto della conformità edilizia tradizio-
nale. Il trend odierno ha dimostrato un movimento favorevole verso la pre-
fabbricazione. Ciò che risulta evidente è che l’architettura, con i mezzi con
cui opera tradizionalmente, non ha i tempi di reazione e le capacità neces-
sarie per fronteggiare questi problemi, portandosi quindi in una situazione
di paralisi. Per riuscire dunque a discostarsi da questa fase, occorre trovare
un’innovazione ed una rifondazione dei principali caratteri dell’architettura
in base a quelle che sono le necessità d’oggi e porsi le giuste domande per
riuscire a trovare quelle che sono le giuste risposte. Come si è potuto con-
statare, la prefabbricazione, in questi differenti casi, ha saputo creare un
varco verso una soluzione sostenibile al problema. Non bisogna ovviamente
pensare alla prefabbricazione come l’unica via possibile per la risoluzione
della crisi in cui ci troviamo. La realtà in cui oggi ci troviamo non è riducibi-
le ad una dimensione univoca, e, di conseguenza, non è possibile ridurre le
varie problematiche ad un’unica risposta; ma i casi e le dinamiche presentate
convalidano la tesi della prefabbricazione come fautrice di soluzioni a deter-
minati problemi a grande scala, con costi minimi e tempi incredibili. La crisi
in cui ci troviamo oggi, che va a tradursi in un’incapacità di re-innovazione
dell’architettura stessa, non deve ritrovarsi nella mancanza di stimoli, ma
è da ricercare nell’adozione di metodologie probabilmente ancora troppo
ancorate a soluzioni che fanno riferimento a necessità ormai superate.

230
CHE COS’E’ LA PREFABBRICAZIONE?

LA PREFABBRICAZIONE NON E’ NULLA DI NUOVO, COME LA STESSA ESPRESSIONE DI


‘PIU’ VECCHIA NUOVA IDEA DELL’ARCHITETTURA’ VA AD ESPRIMERE CHIARAMENTE:
PER QUANTO LE TECNOLOGIE APPLICATE A QUESTO ‘MODUS OPERANDI’ POSSANO
CAMBIARE (IN BASE AL GRADO DI AVANZAMENTO DELLA TECNOLOGIA E DEI SAPERI
RAGGIUNTI), CONCETTUALMENTE PREFABBRICARE NON E’ ALTRO CHE UNA METODO-
LOGIA COSTRUTTIVA CHE NEL TEMPO NON HA MAI CAMBIATO IL PROPRIO ASSIOMA.

PUO’ LA PREFABBRICAZIONE ESSERE SOLUZIONE?

LA PREFABBRICAZIONE PUO’ ED E’ SOLUZIONE. CIO’ CHE DEVE TUTTAVIA CAMBIARE E’


LA CONSAPEVOLEZZA CHE L’UMANITÀ DEVE AVERE NEI CONFRONTI DI QUESTA METO-
DOLOGIA, ABBANDONANDO TABÙ PROFETIZZATI IN UN INIZIO ‘900 DI LOOSIANA MEMO-
RIA. L’INNOVAZIONE CHE L’UMANITÀ STESSA (E L’ARCHITETTURA) DEVE RICERCARE
STA NELLA PREFABBRICAZIONE STESSA, ALL’ORIGINE DEGLI ELEMENTI ARCHITETTO-
NICI E DELLE TECNOLOGIE ODIERNE, FONDANDO COSI’ NUOVE REGOLE E NUOVI PRIN-
CIPI DI ORGANIZZAZIONE, ACQUISENDO, DUNQUE, UNA RINNOVATA CONSAPEVOLEZZA DI
‘FARE ARCHITETTURA’, PIÙ COERENTE CON UNA REALTÀ DINAMICA E PIÙ IN ADERENZA
CON I PRODOTTI DELL’INTELLETTO UMANO.

231
BIBLIOGRAFIA:
COSA S’INTENDE PER PREFABBRICAZIONE?

Da Il nuovissimo manuale dell’architetto’ definizione di ‘Prefabbricazione’


Da Treccani, definizione di ‘Prefabbricazione’
Da Neufert, definizione di ‘Prefabbricazione’

CAPITOLO 1: CENNI SULLA STORIA DELLA PREFABBRICAZIONE

Da ‘La Prefigurazione Architettonica Nella Dialettica Tra Perfezione E Temporalita’’ di Su-


sanna Ferrini
Da ‘Storia breve della prefabbricazione’ di Ezio Frateili
Da ‘Architettura della seconda età della macchina’ di Reyer Banham
Da ‘La Prefabbricazione nell’edilizia industrializzata’ di Robert von Halasz
Da ‘Exploring Prefabrication’ by James Gardiner
Da ‘Industrializzazione dell’edilizia’ di Achille Petrignani
Da ‘Ronan Point Apartment Tower Collapse and its Effect on Building Codes’ di Cynthia
Pearson, Norbert Delatte
Da ‘L’avanguardia dimenticata’, in Internazionale
Da ‘RICHARD ROGERS + ARCHITECTS From the House to the City’ di R.Rogers Foundation
Da ‘RETHINK the modular’ di Domus
Da ‘The Millennium Dome Project’ di R. Rogers Foundation
Da ‘The Millennium Tower Project’ di R.Rogers Foundation

CAPITOLO 2: QUESTIONI SUI LIMITI DELLA PREFABBRICAZIONE


Da ‘Treccani’, definizione di ‘Prefabbricazione’
Da ‘Managing complexity, proceedings of the 8th world conference’ di Jocelyn Bellamore,
Kjeld Nielsen and Serge Carrier
Da ‘Architettura della seconda età della macchina’ di Reyer Banham
Da ‘Fabbricazione Digitale dell’Architettura’ di L. Caneparo
Da ‘Social Change. New York’ di James LaPiere
Da ‘The Great Recession 2008-2013 Econimcs Cycles’ di Tejvan Pettinger
Da ‘Organization, Technology and Management in Construction : An International Journal’ di
Kozlòvska e Strukòva
Da ‘Endowment with Durable Goods as Welfare Indicator’ di M.R. Gabor
Da ‘Evaluating the sustainability of Vilnius city residential areas’, di Viteikiene e Zavadskas
Da ‘Theoretical aspects of product positioning in the market’ di Ostasevičiūtė e Šliburytė
Da ‘Different approaches of clients and consultants to contractors’ qualification and se-

232
lection’ di Egemen e Mahamed
Da ‘Robustness of MULTIMOORA: A Method for Multi Objective Optimization’ di Zavadskas e
W.K. Brauers
Da ‘Treccani’ definizione di ‘Prefabbricato’
Da ‘The Impact of Subcontracting Practice on Building Construction Automation: A Case
Study on Building Prefabrication’ di Ting-Ya Hsieh
Da ‘Monitoring of construction processes in the variable environment’ di Andrzej Karlowski
& Jerzy Paslawski
Da ‘The social acceptability of prefabrication and standardization in relation to new hou-
sing’ di TU Ganiron Jr
Da ‘Design issues of using prefabrication in Hong Kong building construction’ di L. Jaillon
Da ‘Performance of Modular Prefabricated Architecture: Case Study-Based Review and Futu-
re Pathways’ di Jin-Hee Kim e Jun-Tae Kim
Da ‘The History of Bulding Information Modelling (BIM)‘ di APROPLAN
Da ‘BIM History’ di Graphisoft
Da ‘Lifecycle Management of Facilities Component Using RFI and BIM’ di A. Motamedi
Da Nawari O. Nawari in ‘BIM Standard in Off-Site Construction’
Da ‘Developing Mobile- and BIM-Based Integrated Visual Facility Maintenance Management
System’ di Yu-Cheng Lin e Yu-Chih Su
Da ‘Using BIM Technology’ di O. Metthius, Autodesk
Da ‘IPD. An Example of Relational Contracting’ di AIA
Da ‘Radio Frequency Identification integrated with BIM for open-building life cycle informa-
tion management’ di Min-Yuan Cheng and Nai-Wen Chang
Da ‘Innovation and Improvements of Mechanical, Electrical, and Plumbing Systems for Mo-
dular Construction Using Building Information Modeling’ di T. M. Korman
Da ‘La Prefigurazione Architettonica Nella Dialettica Tra Perfezione E Temporalita’’ di Su-
sanna Ferrini
Da ‘La Statica delle Strutture Prefabbricate’ di M. Salvati
Da ‘Componenti innovativi per l’edilizia, caratteristiche costruttive e riflessivi sul processo
industriale’ di ITACA
Da ‘L’Evoluzione nella Sismica della Prefabbricazione’ di L. Casarin
Da ‘Normativa Strutturale’, Art. 9 Legge n. 1086 del 5 Novembre 1971
Da Eurocodice 8
Da ‘Dimensioning of connections with main elements with mechanical braces’ di FISCHER
Da ‘Racking and bending tests for prefabricated wall panels’ di W. M. Toro
Da ‘Performance of Modular Prefabricated Architecture’ di F. E. Boafo

CAPITOLO 3: LA PREFABBRICAZIONE NELL’USO MODERNO

Da ‘The Rise of Prefabrication in Construction’ di J. Gerardi


Da ‘How buildings learn: What Happens After They’re Built’ di S. Brand
Da ‘MADE 2017, Conferenza SMART’

233
Da ‘Treccani’ definizione di ‘Produzione a ciclo chiuso’
Da ‘Treccani’ definizione di ‘Produzione a ciclo aperto’
Da ‘Ciclo di conferenze sui problemi dell’industrializzazione edilizia’ di P. N. Maggi
Da ‘MADE 2017’ Indagine Worldwatch Institute
Da ‘Green Architecture’ di J. Wines
Da ‘MADE 2017, Conferenza BU!LD’
Da ‘EPA’ definizione di ‘Green Buildings’
Da ‘Report on Green Building Materials Market’ di G.I.A.
Da ‘Living Building Challenge’ di Internation Living Future Institute
Da ‘Horizon 2020’ di Commissione Europea
Da ‘MADE 2017, Conferenza LEED Italia’
Da ‘MADE 2017, Conferenza Industria 4.0’
Da ‘Fabbricazione Digitale dell’Architettura’ di L. Caneparo
Da ‘Verso un’Architettura’ di L. J. Le Corbusier
Da ‘La prefabbricaione nell’edilizia abitativa’ di Industria delle Costruzioni
Da ‘Lollobloy House’ di K. Timberlake Studio
Da ‘Desert House’ di L. Marmol e R. Radzines

CAPITOLO 4: L’ITER DELLA PREFABBRICAZIONE

Da intervista a Gianluca Salamanno, Officinae Verdi


Da ‘Excel Homes Guide to Prefabrication’ di Excel Homes

CAPITOLO 5: LE DIMENSIONI DELLA PREFABBRICAZIONE. ANALISI DI CASI STUDIO.

Da ‘Permanent Modular Construction’ da Ryan E. Smith e Talbot Rice

IL PUNTO DELLO STATO DELL’ARTE

Da Treccani, definizione di ‘Prefabbricazione’


Da ‘La Prefigurazione Architettonica Nella Dialettica Tra Perfezione E Temporalita’’ di Su-
sanna Ferrini

234
235
UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA

DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELLA TESI

(da inserire come ultima pagina della tesi/elaborato finale)

Matteo Volpe 282722


Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...…………….

Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...…………….

Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...…………….

C73
laureando/a/i - diplomando/a/i in ………………………………………………...
prima 2016/17
sessione ………………………… dell’a.a.2017/18
…………….………….

DICHIARA/DICHIARANO

che la sua/loro tesi dal titolo:


Prefabrication: architecture oldest new idea
………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………….

฀ è consultabile da subito
฀x potrà essere consultata a partire dal giorno …………………..
29/09/2017

฀ non è consultabile
(barrare la casella della opzione prescelta)

27/07/2017
data ………………….. firma ………………………

firma ………………………

firma ………………………

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