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• Attività di accoglienza e analisi della domanda degli utenti e dei loro familiari

• Presa in carico dei pazienti


• Definizione dei programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi, in integrazione
operativa tra le diverse professionalità nelle diverse situazioni, tramite interventi
ambulatoriali e domiciliari
• Collegamento con i medici di base, con i reparti ospedalieri e con gli altri servizi territoriali;
• Azioni di filtro sui ricoveri al fine di limitarli ai casi di comprovata necessità
• Informazione e di assistenza per gli utenti e le loro famiglie

Eziopatogenesi dei disturbi mentali (1)

Fattori biologici Fattori psicologici

Fattori sociali
Eziopatogenesi dei disturbi mentali (2)

Alteraz. funzionali SNC


Anomalie dei neurotrasmettitori

Fattori biologici Fattori genetici


Invecchiamento
Genere
Alteraz. strutturali SNC Noxae infettive (precoci)
Macroscopiche Fattori perinatali
Microscopiche Endocrinopatie
Periodo post partum
Abuso di sostanze
Eziopatogenesi dei disturbi mentali (3)

Relazione madre-neonato problematica


Ambiente familiare disturbato
Fattori psicologici
Esperienze precoci di perdita o di
separazione dalle figure genitoriali
Abuso fisico/sessuale
Eventi di vita
Lutto
Rottura relazione significativa
Pensionamento
Malattia, disabilità
Eziopatogenesi dei disturbi mentali (4)

Classe socio-economica
Urbanizzazione
Supporto sociale
Emigrazione
Convinzioni sulla malattia
mentale
Fattori sociali
Esame di realtà (insight)

•… ho spesso momenti di ansia … mi hanno detto che potrebbero


essere attacchi di panico …

•… sono la rovina della mia famiglia … a volte ne sono sicuro, a


volte no … guadagno troppo poco e mi sento un marito ed un
padre fallito … però non è sempre così …

•… sono costantemente seguito da poliziotti in borghese … sono


fuori di casa, per strada, al supermercato … tento di sfuggirli, ma
me li ritrovo sempre alle calcagna …mi tengono d’occhio
ventiquattro ore su ventiquattro … non ce la faccio più …
• Valutazione psichiatrica
– Evitare di farsi condizionare dalla prima impressione
– Valutare i rischi immediati
– Acquisire notizie su circostanze personali e familiari che
potrebbero aver
ØModificato i sintomi
ØInfluire sulla terapia e la prognosi

– Fondamentale la tecnica del colloquio!


ØDomande aperte
ØDomande chiuse

Tratto da: Teifion Davies, ABC of


mental health: Mental health
assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
Esempi di domande

Domande aperte
• Quali sono i problemi che l’hanno fatto venire in ospedale?
• Potrebbe dirmi qualcosa di più a riguardo?
• E...?
• C’è qualcos’altro di cui avrebbe piacere di parlarne (qualcosa
che la preoccupa)?
• Mi parli della sua routine quotidiana (della sua famiglia, della
sua storia personale e del contesto familiare nel quale è
cresciuto)
• Ci sono delle domande che vorrebbe pormi?

Tratto da: Teifion Davies, ABC


of mental health: Mental
health assessment, BMJ, May
1997; 314: 1536
Domande aperte

• Vantaggi:
– dà al pz la possibilità di scegliere gli argomenti e di
esprimersi secondo il proprio punto di vista
– risposte spontanee, più emotive

• Svantaggi:
– risposte lunghe, vaghe, inattendibili, incomplete
– argomenti selezionati dal pz
Esempio di un colloquio a domande aperte
• " che cosa l'ha condotta qui, signora? "
• " mi sento sempre stanca."
• " stanca?"
• " perché non riesco dormire bene."
• " che cosa c'è che non va nel suo sonno? "
• " E’ sempre è leggero, agitato e non riposante.”
• “Bene, in che senso sonno non riposante? "
• " io credo... non so...
• " intende che si rigira nel letto? "
• " no, non mi sembra... “
• " perché non mi descrive il suo sonno, a partire dal momento in
cui è andata letto? "
• " sono andata a letto alle 22.30, poi mi sono alzata poco dopo la
mezzanotte "
Domande chiuse

• Quando sono cominciati questi problemi (pensieri, sentimenti)?

• Che effetto hanno su di lei (la sua vita, la sua famiglia, il suo
lavoro)?

• Ha mai avuto esperienze simili nel passato?

• Quando dice di sentirsi depresso, che cosa intende esattamente?

• In momenti come questi ha mai pensato di suicidarsi?

• Le capita di sentire delle voci (o vedere delle immagini) quando


sembra che non ci sia nessuno?
Domande chiuse

• Vantaggi:
– focus ristretto, scelto dal medico, precisione
– risposte veloci, chiare

• Svantaggi:
– Guidano il pz (risposte vero-falso), meno autentiche
– il pz può non riferire cose perché non gli vengono chieste
Esempio di un colloquio “troppo” chiuso

•T: “Sono il dr X. Lei ha acconsentito a


fare questo colloquio, è esatto? •P: “Si.”
•T: “Bene. Quanti anni ha?” •P: “47”
•T: “Ha dei parenti?” •P: “Che cosa intende?”
•T: “Fratelli e sorelle “ •P:“Si “
•T: “Quanti?” •P:“Tre “
•T: “Lei è il più giovane?” •P:“No.”
•T: “Qualcuno di loro si è ammalato di
disturbi psichiatrici?” •P:“No”
•T: “I suoi genitori sono viventi?” •P: “No, mia madre è morta un
me..”
•T: “Qualcuno di loro soffriva di malattie
psichiatriche? •P: “Non mi pa…”
Esempio di un colloquio a domande chiuse

•T: “Oh, mi sembra impossibile, la maggior


•P: “No”
parte delle malattie psichiatriche sono
ereditarie.”
•T: “Passiamo ai sintomi. Ha mai sofferto •P: “No”
di allucinazioni?” •P: “No”
•T: “Ha mai delirato?”
•T: “Ha mai immaginato che i suoi vicini ce •P: “No”
l’avessero con lei?” •P: “Complu…No”
• T: “Ha mai avuto delle compulsioni?”
• T: “Ha mai avuto malattie immaginarie? •P: “No”
Disturbi somatoformi?” P: ”Non mi ricordo…”
• T: “Ha avuto delle amnesie?”
COSA FARE

– Permettere al paziente di narrare la propria


storia
– Prendere il paziente “sul serio”
– Lasciare tempo alle emozioni del paziente
– Indagare i pensieri su suicidio, violenza
– Dare rassicurazione laddove possibile
– Iniziare una relazione costruttiva e “vera”
– Ricordare che “ascoltare” è “fare”!
Tratto da: Teifion Davies, ABC of
mental health: Mental health
assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
COSA NON FARE

• Non utilizzare domande chiuse troppo presto


• Non porre più attenzione al “caso” che al paziente
• Non essere troppo rigidi o disorganizzati:
esercitare un controllo flessibile
• Non evitare argomenti “delicati” o imbarazzanti
• Non prendere come “tecnici” i termini
medici/psichiatrici che il paziente usa (es.
depressione)
Tratto da: Teifion Davies, ABC of
mental health: Mental health
assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
RICORDARSI DI:

– Mettere il paziente a proprio agio, è un colloquio, non


un interrogatorio!
– Essere neutrali! Evitare giudizi, pregiudizi, prendere le
parti per o contro il paziente

Tratto da: Teifion Davies, ABC


of mental health: Mental
health assessment, BMJ, May
1997; 314: 1536
ALTRE TECNICHE UTILI

CHIARIFICAZIONE:
– SPECIFICARE (“in che senso non riposante?”)

– VERIFICARE I SINTOMI (“cosa intende per…?”)

– DOMANDE GUIDA (“un bel gin tonic in discoteca,


due-tre anche più drink per l’aperitivo?)

– SONDARE: molti pz assegnano un significato


particolare alle proprie esperienze; il fine è quello di
identificare la logica del pz
• Perché pensa che l’abbiano portata qui?
• Perché pensa che accadano queste cose?
• E’ possibile che le cose vadano diversamente?
ALTRE TECNICHE UTILI

CONDUZIONE

– CONTINUARE (“mi dica di più”)


– ENFATIZZARE (“Lei mi ha detto di sentirsi spesso
nervosa…)
– VERIFICARE I SINTOMI (“cosa intende per…?”)
– RIDIREZIONARE: riportare il pz con delicatezza ad un
altro argomento
– TRANSIZIONE: portare gradualmente il pz su
argomenti diversi creando connessioni causa-effetto,
temporali o sottolineando il cambiamento (“adesso
parliamo di…”)
Classificazione dei disturbi mentali

• Classificazione categoriale
– Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorder (APA)
– International Classification of Disease (OMS)

• Aspetti di base

• Utilità e limitazioni
DSM V

• Con il DSM V si è superata la precedente suddivisione in


“Assi” delle diagnosi psichiatriche.

• I Clinici debbono continuare a segnalare nella diagnosi


fattori psicosociali e contestuali ritenuti rilevanti nel
determinare lo stato funzionale del soggetto.

• La valutazione del funzionamento globale del soggetto è


stata eliminata in quanto riconosciuta non chiara e non
affidabile. E’ stata proposta l’introduzione della scala
sviluppata dall’OMS per la misura globale della disabilità
(WHODAS)

Il DSM è una classificazione categoriale che suddivide i disturbi mentali sulla base di una serie di
criteri comprendenti specifiche caratteristiche cliniche.
Il DSM presenta un approccio descrittivo: vengono descritte cioè le manifestazioni dei disturbi
mentali ma non vengono fornite né le teorie eziopatogenetiche né i principi di trattamento. Le
definizioni dei disturbi corrispondono alla descrizione delle loro caratteristiche cliniche.
Per ciascun disturbo vengono forniti specifici criteri diagnostici, costituiti da un elenco di
caratteristiche cliniche che devono essere presenti per poter porre una determinata diagnosi.
Un approccio categorico alla classificazione dà buoni risultati quando tutti i disturbi appartenenti a
una classe diagnostica sono omogenei, quando i confini tra le classi sono chiari e quando le diverse
classi si escludono a vicenda. Occorre riconoscere i limiti di tale approccio. Innanzitutto nel DSM
non si presuppone che ciascuna categoria di disturbi mentali sia un’entità del tutto distinta dagli
altri disturbi e non si presuppone che tutti i soggetti che hanno lo stesso disturbo mentale siano
simili per tutti gli aspetti importanti. Due soggetti potranno infatti presentare caratteristiche
cliniche molto differenti pur soddisfacendo i criteri diagnostici utili per una stessa determinata
diagnosi. Pertanto è fondamentale raccogliere anche altre informazioni cliniche che non si limitino
ai meri criteri diagnostici, così da conferire flessibilità allo strumento DSM.
La comorbilità tra disturbi psichiatrici e disturbi da uso di sostanze viene comunemente indicata
come Doppia Diagnosi (1992, First e Gladis) : – Pazienti con disturbo psichiatrico primario ed
abuso/dipendenza secondari; – Pazienti con disturbo da abuso/dipendenza primario e disturbi
psichiatrici secondari; – Pazienti con disturbi psichiatrici e disturbi da abuso/dipendenza entrambi
primari.

Colloquio con il pz Psichiatrico

Ciò determina la necessità da parte dell’interlocutore di porre in atto


modalità relazionali e comunicative tali da tentare di stabilire una
sintonia in entrambe le aree.

Aspetti relazionali: si basano sulle capacità di empatia degli interlocutori


Aspetti di contenuto: si basano sull’esame di realtà.

• Empatia: capacità di comprensione del mondo psichico altrui


attraverso una parziale identificazione

• Esame di realtà: adesione ad una concezione condivisibile di essa


Ψ generale Oggetto di studio: funzioni mentali non patologiche comuni agli esseri umani (ma
anche studio su animali) Per es. percezione, memoria, attenzione, emozione, pensiero, linguaggio,
motivazione, apprendimento… Metodo: sperimentale, quasi-sperimentale, fenomenologico,
osservativo, neurofisiologico Finalità: descrittiva e predittiva del normale funzionamento di stati
mentali e comportamenti

Giunti Testing è il sistema online per la somministrazione a distanza e in presenza di test di


valutazione psicologica, l’analisi psicometrica dei dati e la generazione di report individuali e
immediatamente utilizzabili. Con un catalogo unico in Italia, Giunti Testing permette di gestire un
assessment da qualunque luogo e in qualunque momento.
Accanto ai tradizionali benefici in termini di velocità e correttezza delle procedure, disponibilità di
profili grafici e rapporti narrativi con lay-out editoriale, comodità e razionalità nell’archiviazione dei
dati, si aggiungono:
• l’opportunità di gestire somministrazioni a distanza;
• lo svincolo da supporti offline;
• la possibilità di lavorare da qualsiasi pc, senza obbligo di licenze multiple;
• l’eliminazione di qualsiasi procedura d'installazione e la non occupazione della memoria
fissa del proprio pc.

I test vengono validati da un punto di vista psicometrico e standardizzati sulla popolazione di


riferimento per i propri fini (selezione, valutazione, …). I test vengono messi a punto attraverso
l’applicazione di procedure a forte valenza scientifica in grado di fornire i requisiti tecnici necessari
a garantirne le proprietà metodologiche in termini di attendibilità e validità.

Personalità “Insieme relativamente stabile delle caratteristiche psicologiche di una persona, ossia
un modello duraturo di caratteristiche che definiscono l’unicità di una persona e che influenzano il
modo con cui essa interagisce con gli altri e con l’ambiente” . È un sistema organizzato dinamico e
complesso che dà coerenza e continuità nel tempo alla persona

Tratto di personalità
Particolare tendenza individuale, relativamente stabile e duratura, a
reagire a livello comportamentale in un determinato modo.

Rappresentano gli aspetti meno modificabili

dell’individuo.

La personalità è la determinante più stabile e predittiva del


comportamento.
Il modello dei Big Five
Si propone come tentativo di mediazione e unificazione tra le due teorie.

L’esame degli aggettivi/descrittori della personalità identificati


dalla teoria lessicografica ha evidenziato l’emergenza di 5 Grandi
fattori indipendentemente dal contesto culturale ed organizzativo
di riferimento, dal genere, dal ruolo ricoperto, ecc.

Gli studi condotti tramite analisi fattoriale hanno evidenziato la


riconducibilità alle 5 Grandi Dimensioni dei principali questionari
prodotti per descrivere la personalità (ad esempio 16PF di Cattel).
Un modello per la descrizione
della personalità: il Big Five
Su questo modello (McCrae e Costa), riconosciuto a livello
internazionale, convergono le 2 principali e differenti
tradizioni di ricerca

Teoria fattorialista Teoria lessicografica


proposto da Hans Eysenck, che La teoria della sedimentazione linguistica
identifica le dimensioni elaborata da Cattell: questi studi hanno
caratterizzanti le differenze considerato il vocabolario della lingua
individuali attraverso analisi quotidiana come un serbatoio di descrittori
statistiche di tipo fattoriale. delle differenze individuali
Teorie esplicite della Teorie implicite della
personalità basate sulle personalità basate sulle
conoscenze accumulate in credenze della gente
fase di ricerca scientifica. comune.
Il BFQ-2
Il BFQ-2 (Gian Vittorio Caprara, Claudio Barbaranelli, Laura Borgogni, Michele
Vecchione) fornisce una valutazione della personalità articolata in cinque
dimensioni (i Big Five), in accordo con una tassonomia della personalità
ampiamente condivisa nella comunità scientifica.

ENERGIA

APERTURA AMICALITÀ
MENTALE

COSCIENZIOSITÀ’
STABILITÀ
EMOTIVA
Il BFQ-2: dimensioni e sottodimensioni

ENERGIA AMICALITA’
Dinamismo Cordialità
Dominanza
Cooperatività

COSCIENZIOSITA’
Scrupolosità
Perseveranza

STABILITA’ APERTURA
EMOTIVA MENTALE

Controllo Apertura
Controllo impulsi cultura Apertura
emozioni
all’esperienza
Dai tratti alle competenze: La BFCmap
Big Five Macroaree

* il fattore ENERGIA è Proattività


suddiviso in due
macroaree: Energia*
PROATTIVITÀ E
LEADERSHIP Leadership

Amicalità Socialità

Coscienziosità Qualità Lavoro

Stabilità Emotiva Gestione Emozioni

Apertura Mentale Change Management

Utilizzare i test come strumenti diagnostici rappresenta una buona prassi per lo psicologo
professionista. Quando ho pensato al titolo di questa relazione ho ritenuto che in realtà valutare le
competenze genitoriali equivalesse a fare una diagnosi del comportamento e pertanto l’uso dei
test in questo senso fosse fondamentale come in tutti i processi di diagnosi psicologica L’utilizzo di
test psicologici come strumenti conoscitivi standardizzati atti all’individuazione delle diagnosi è
ormai largamente diffuso, a dire il vero, in diverse professionalità che seppure lavorano nell’ambito
“dell’umano” non hanno una formazione particolarmente adatta per utilizzare gli strumenti
psicometrici. I test attualmente sono piuttosto affidabili poiché la metodologia utilizzata per la loro
standardizzazione è diventata specialistica, cioè capace di misurare le risposte dei soggetti che,
messe a confronto con parametri di riferimento, possono valutare se le risposte siano
statisticamente normali, cioè tipiche della popolazione generale, oppure no, cioè presentino delle
caratteristiche che vanno al di fuori della norma statistica ed ipoteticamente appartenenti ad una
popolazione clinica. Mentre usualmente si tende sempre più ad utilizzare test per dare significato e
prevedere i comportamenti anche nella vita comune, talvolta fino a farne un abuso, gli psicologi al
contrario sembrano aver sviluppato una certa resistenza al loro uso. Il metodo psicometrico viene
ritenuto a volte superficiale e noioso per svolgere la professione e utile solo per inserire gli
individui entro categorie rigide, come ad esempio quelle dicotomiche della normalità e anormalità,
salute e malattia mentre la vita psichica del soggetto è talmente ricca e variegata per cui tramite i
test si darebbe una visione approssimativa e forse falsa della persona indagata. Non si può negare
tuttavia che il suddetto punto di vista da parte dei colleghi psicologi sia molto realistico e centri un
problema importante: l’uso improprio del testing psicologico e conseguentemente l’abuso. Ritengo
per questo che bisognerebbe riportare la discussione nei contesti scientifici appropriati (CNOP e
Ordini Regionali) su un piano concettuale, teorico e metodologico affinchè si ridia al metodo
testistico la sua naturale collocazione, che è appunto quella psicologica e caratteristica esclusiva
oltre che tipica del lavoro dello psicologo.

Il test psicologico non può essere considerato, di per sé, uno strumento capace di fare diagnosi Ad
esempio i test di auto descrizione, i così detti self- report, appartengono alla categoria dei test di
performance che si utilizzano per descriversi soggettivamente. L’esito del test quindi non sarà la
definizione del soggetto dal punto di vista psicologico, ma solo la descrizione di come il soggetto
riferisce di essere, per cui un punteggio fuori norma ad una scala dell’ansia o della depressione non
dirà che il soggetto in questione è ansioso o depresso, ma solo che ha affermato di provare più
ansia o sentimenti depressivi rispetto a quanto affermano i suoi simili. Lo psicologo per la
formazione tipica e caratteristica che ha, che è quella degli studi universitari in psicologia, con tutto
ciò che ne consegue burocraticamente, può verificare clinicamente l’informazione e affermare se il
soggetto effettivamente soddisfa i criteri per quel problema utilizzando nei tempi e nei modi dovuti
altri strumenti tipici ed esclusivi della sua professione come il colloquio psicologico e l’osservazione
clinica. Si può affermare allora che proprio l’uso che si fa del test nella pratica psicologica clinica
può renderlo appropriato oppure no e, soprattutto, valido ad uno scopo diagnostico e valutativo.
La figura professionale dello psicologo, come recita l’articolo 5 del Codice Deontologico degli
Psicologi Italiani, “è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento
professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di
formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto
stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa,
pertanto solo strumenti teorico-pratici per i quali si è acquisito adeguata competenza e, ove
necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di
indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente,
aspettative infondate.” Una definizione, possiamo dire generale, di test psicologico potrebbe
essere la seguente: un test è una situazione standardizzata in cui il comportamento di una
persona viene campionato, osservato e descritto, producendo una misura oggettiva e
standardizzata di un campione di comportamento.
La conoscenza non è fine a se stessa ma ha anche un valore emotivo, poichè ciò che
non conosciamo ci procura ansia, la conoscenza stessa offre una strategia efficacia per la
soluzione di un determinato problema.
I test psicologici sono un tipo di strumento creato per facilitare la conoscenza di se
stessi, la conoscenza interpersonale, evidenziare un determinato problema che può
essere individuale o può presentarsi nelle relazioni con altri esseri umani.
La diagnosi in psicologia attraverso l’utilizzo dei test permette di avere dati oggettivi sulle
caratteristiche della persona, escludendo quella componente soggettiva che è presente in
ogni relazione interpersonale come può essere un colloquio clinico.
L’uso dei test psicologici comporta il riferimento a teorie, l’utilizzo di tecniche sofisticate, il
rispetto delle regole di somministrazione, la siglatura delle risposte fornite dal soggetto
esaminato, l’analisi dei risultati e infine la stesura della relazione.

Diagnosi o assessment
L’utilizzo di questo termine al posto di “diagnosi” è giustificato dalla valenza medica di quest’ultimo
In ambito psicoterapeutico quando parliamo di assessment intendiamo una operazione di
valutazione con finalità esplicative che inizia al momento del primo incontro e prosegue per tutto il
corso della terapia producendo ipotesi sempre più precise e dettagliate

E’ consigliato l’utilizzo di un test clinico generale di personalità (per es. MMPI-1/2, CBA, ecc.
Accanto al test principale si possono somministrare strumenti specifici mirati all’approfondimento
della problematica portata in terapia (per es., STAI-X1, EDI2, ecc.) e strumenti di valutazione
cognitiva (QMI,IDQ,ecc.) A volte possono essere necessarie altre indagini con altri test (per es.
Millon, SCID, ecc.) E’ fondamentale condurre l’indagine che porterà alla diagnosi funzionale
(concettualizzazione) utilizzando lo strumento dell’analisi funzionale (scheda A-B-C) E’ consigliabile
iniziare con l’ultimo episodio problematico fino a risalire, se possibile al/ai primo/i episodio/i in cui
si è manifestato il problema/disturbo In questa fase di valutazione basta sottoporre ad analisi
funzionale 3-4 situazioni iniziando dalla più recente

Sanavio, Cornoldi, Psicologia clinica, Il Mulino, 2017


Capitolo II. L’esame psicodiagnostico

Esame psicodiagnostico:
complesso processo di raccolta, analisi ed elaborazione delle
informazioni volto a rispondere a uno dei tanti quesiti di
pertinenza della psicologia clinica; successione sistematica e
intelligentemente organizzata di approfondimenti successivi.

N.B. non si tratta di una passiva raccolta di informazioni.


È un processo di problem-solving, decision- making.

ATTENZIONE: l'esame psicodiagnostico non opera nell'ottica


della classificazione nosografica (categorizzazione del soggetto
in una malattia).

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Sanavio, Cornoldi, Psicologia clinica, Il Mulino, 2017
Capitolo II. L’esame psicodiagnostico

Colloquio clinico: processo di ricerca attiva


La finalità del colloquio è l'esame del problema del paziente.
Non è una procedura passiva di ascolto bensì un processo di
indagine attivo.

Il colloquio clinico utilizza materiale cognitivo-verbale:


- ciò che il paziente pensa e ciò che il paziente dice di sé;
1. setting di osservazione specifico e strutturato
(osservazione del comportamento del paziente);
2. interazione tra paziente e psicologo.

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Sanavio, Cornoldi, Psicologia clinica, Il Mulino, 2017
Capitolo II. L’esame psicodiagnostico

Fasi tipiche del colloquio iniziale

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