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HATE

SPEECH

Con l’espressione “hate speech”(discorso di incitamento all’odio) si fa riferimento


ad un genere di parole e discorsi il cui unico scopo è quello di esprimere odio e
intolleranza verso una persona o un gruppo:espressione di odio rivolta, in presenza o
tramite mezzi di comunicazione, contro individui o intere fasce di popolazione
(stranieri e immigrati, donne, persone di colore, omosessuali, credenti di altre
religioni, disabili, ecc.).

L’espressione “hate speech” si è affermata negli anni Novanta e per molti decenni
l’attenzione si è concentrata soprattutto sull’odio su base razziale, sull’antisemitismo
e sul negazionismo. All’alba del nuovo millennio la sensibilità sul tema è cresciuta
fino a comprendere le minoranze religiose (anzitutto musulmane, sempre più oggetto
di minacce e discriminazioni), mentre altre categorie come le donne, le persone
LGBT, i disabili e gli anziani sono considerate potenziali bersagli dei discorsi d’odio
relativamente da poco tempo.
Quello dell'hate speech è diventato un fenomeno poco governabile ,anzi
peggio,un'abitudine che ha a che fare non solo con il mondo dei ragazzi, vedi i casi di
cyberbullismo, ma anche con quello degli adulti.
Secondo uno studio fatto da Vox insieme all'Università La Sapienza di Roma negli
ultimi decenni,il principale bersaglio dell'odio via web sono le donne, vittime del
63% dei tweet negativi analizzati, seguite dagli omosessuali, 10,8%, dai migranti,
10%, e poi da diversamente abili (6,4%) ed ebrei (2,2%).
Nove giovani su dieci ritengono che i discorsi d’odio (hate speech) siano un fatto
molto o abbastanza grave, ma uno su dieci (il valore sale nei giovani con bassa
scolarità) lo ritiene normale. Il 73,2 per cento degli intervistati dichiara di non aver
mai postato contenuti che potrebbero essere ritenuti hate speech, il resto lo ha fatto
almeno una volta. Le vittime principali, secondo gli intervistati, sono immigrati,
singole persone pubbliche, omosessuali, musulmani, donne.
Dall’ottobre 2016 un consorzio europeo che raggruppa associazioni della società
civile, dei media e ONG è impegnato nel progetto Media Against Hate[10].
L’obiettivo è rendere la società consapevole della giusta relazione tra libertà
d'espressione, da una parte, e rispetto del principio di non discriminazione e di
uguaglianza, dall'altra.
In Italia è con la delibera n. 157/19/CONS che la lotta all’hate speech ha ricevuto
grande impulso; infatti, dall’Autorità Garante è stato approvato il“Regolamento
recante disposizioni in materia di rispetto della dignità umana e del principio di non
discriminazione e di contrasto all’hate speech”. Quest’ultimo punta a disciplinare il
profilo dell’equilibrio tra la libertà di parola e il rispetto del valore della persona.
C’è un libro che chiunque abbia a cuore il dibattito su hate speech, bullismo e gli altri
problemi nella vita dei giovani relativi al digitale deve assolutamente leggere. L’ha
scritto una ricercatrice dell’Università di Harvard che per raccogliere il materiale su
cui basare le sue conclusioni ha girato gli Stati Uniti dal 2005 al 2012, attraversando
18 Stati e intervistando 166 ragazzi – oltre ad osservarne le dinamiche online sui loro
blog e social network.

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