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tranquillamente oltre i sessant’anni, e non si può che constatare l’efficienza del fisico impegnato in
competizioni a volte estremamente esigenti. L’età anagrafica risulta spesso distante da quella
biologica, e non è raro che nelle prime schermate degli ordini di arrivo si posizionino granfondisti
di età superiore ai 40 anni, dotati di capacità prestative sicuramente non comuni e grande tenacia,
pari almeno a quella dei più giovani.
Ci sono molte ragioni per continuare ad allenarsi e competere dopo i 40 anni, non solo l’esigenza
(che dovrebbe però essere comune ad ogni persona) di mantenere un livello di fitness ed efficienza
che ponga riparo al deterioramento fisico e alle malattie metaboliche. Dal nostro punto di vista,
essere competitivi significherà prestare ancor più attenzione alla preparazione fisica, ottimizzare la
qualità del training; in ogni caso, la scienza e la pratica sono pronti a dimostrare come il potenziale
incremento in alcuni settori della prestazione, in un atleta master, sia più ampio di quanto si possa
pensare.
E’ risaputo che le prestazioni di picco nello sport di endurance sia da ricercare nella fascia di età
tra i 25 e i 35 anni, i risultati da qualsiasi evento agonistico possono confermarlo de facto.
dell’invecchiamento).
Sul fabbisogno proteico per atleti di endurance, non si dimostrano particolari esigenze su individui
non sedentari, mentre il vero cambiamento si ha nei tempi di recupero. L’invecchiamento pone
l’esigenza di recupero frequente ed esteso al termine di stress importanti, semplicemente in quantità
maggiore rispetto ai colleghi più giovani. Maggiore sarà il carico di lavoro, più giorni consecutivi di
scarico dovranno essere programmati per compensare e raggiungere lo step successivo nel livello di
forma. Se negli atleti elite-under23 e amatori under30 possono intercorrere da tre a cinque settimane
prima di interrompere il macrociclo di carico e concedersi il meritato riposo (ove avvengono i veri
miglioramenti!), per gli over50 raramente si eccedono le due settimane prima di stoppare la crescita
del Ctl (ed evitare un eccessivo affaticamento acuto). Prolungare i blocchi di carico o peggio saltare
i periodi di riposo (come spesso accade in chi pensa di sapersi gestire alla perfezione) provoca
stanchezza e inesorabile declino delle prestazioni.
Uno studio australiano ha preso due gruppi di atleti e fatto svolgere una cronometro di 30′ per tre
giorni consecutivi; non vi era alcuna differenza nel rendimento del gruppo di giovani rispetto agli
over 45, entrambi hanno subito decrementi costanti nei tre giorni. Gli atleti più anziani hanno però
segnalato livelli percepiti di fatica più elevati, e più bassi indici di recupero dello sforzo rispetto ai
giovani (misurati con vari marker bio-fisici).
In conclusione, il calo in termini di prestazioni e capacità di recupero è inevitabile e fa parte del
nostro patrimonio genetico, ma il tasso di declino della performance (comunque secondaria rispetto
al benessere e alla salute del nostro corpo!) può essere di molto attenuato. La crescente mole di
studi al riguardo, unita ai risultati degli amatori che ho seguito in questi anni, mi fa pensare che
ognuno di noi possa trarre concreti benefici e soddisfazioni nel pedalare a qualsiasi età, anche
quando si decide di mettersi in gioco oltre i 40 anni. Non bisogna porsi dei limiti e lavorare
duramente, sostenuti dalla propria passione, i risultati arriveranno di certo.