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Daniele Comboni,
il vescovo africano
MARCIANUM PRESS
© 2009, Marcianum Press s.r.L, Venezia.
ISBN 978-88-89736-61-6
Capitolo Primo
Teseul
2 Analfabeti.
5 Brindisi.
Capitolo Primo. Teseul
7 Sacri, sacerdotali.
Capitolo Primo. Teseul
11
Capitolo Secondo
L’incontro con don Nicola
4 Membri della Comunità religiosa regolare delle Scuole Pie, fondata da San
Giuseppe Calasam:io.
5 Membri della Congregazione di chierici regolan costituita da San Girolamo
9 Cam, figlio di Noè che, scoperto il padre nudo perché ubriaco, non esita a
disonorarlo a differenza dei fratelli Sem e Jafet, che lo ricoprono con rispetto
so affetto.
Daniele Comboni, il vescovo africano
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10Vincenzo Gioberti, sacerdote nato a Torino nel 1801 e morto a Parigi nel
1852, autore del saggio II primato civile e morale degli Italiani.
Capitolo Secondo. L’incontro con don Nicola
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11II Cardinale Mastai ferretti, più noto come Papa Pio IX.
12 Assetto dell’Europa sancito dal Congresso di Vienna nel 1815 che riporta
va gli Stati al periodo antecedente a Napoleone Bonaparte.
Daniele Comboni, il vescovo africano
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Capitolo Terzo
La vocazione
9 Di preparazione.
Daniele Comboni, il vescovo africano
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1 Mediatore di nozze.
Daniele. Comboni, il vescovo africano
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te; «In questi due notti ebbi modo d’effondere preghiere inde
gne, ma assai ferventi per la mia missione».
Il 14 ottobre 1857 la comitiva, a bordo della nave Marsey,
raggiunse di nuovo Alessandria d’Egitto. Qui prese il treno a
vapore ed al Cairo avvenne il ricongiungimento con don Bei-
trame e don Oliboni. Comprendendone appieno la sofferenze,
del resto fortemente condivise, il nostro scriveva spesso ai ge
nitori: «Io sono martire per amore delle anime più abbando
nate e voi divenite martiri per l’amore di Dio, sacrificando al
bene delle anime un unico figlio». Ravvisava insomma nel
loro dolore, umanamente insanabile, il marchio del doppio
martirio.
Ma ritorniamo all’avventura del viaggio. Il 22 ottobre, con
una barca a vela, i missionari presero la direzione del Sud. Se
non insorgevano intoppi, il tragitto sul fiume Nilo non avrebbe
oltrepassato la durata d’un mese, occorrevano due settimane per
attraversare il deserto della Nubia e poi una marcia di tredici
giorni con meta finale Khartum. Il calcolo teneva conto essen
zialmente di alcune carte approntate dagli esploratori, il che
non garantiva alle medesime il sostegno dell’esattezza. Nella ca
pitale del Sudan, a quanto è dato sapere, la missione potè inse
diarsi soltanto Tetto gennaio 1858, trascorsi due mesi e mezzo
dalla partenza.
Ma compiamo un passo a ritroso. Il 30 ottobre la comitiva
era pervenuta ad Asyut e il 15 del mese successivo ci fu l’in
contro con il provicario ad Assuan. Monsignor Knoblecher
accolse i religiosi con molta cordialità, comunicando che la
stazione di Santa Croce sarebbe stata a loro disposizione. Al
momento di congedarsi, però, Comboni ebbe l’intuizione che
un ulteriore e più proficuo abboccamento con lui avrebbe ri
solto più d’un’emergenza. Tutto del resto, in quei luoghi, fatta
eccezione per la robustezza della fede, pronta a cimentarsi con
le prove più dolorose, si risolveva nel clima dell’incertezza.
Basta: i nostri, ad Assuan, privilegiarono per breve tempo, la
via più sicura del deserto; quindi, avuta cura di evitare la furia
delle cateratte ed i rischi ad essa connessa, tornarono a navi
Daniele Combonì, il vescovo africano
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8 Nella terminologia comune a tutte le religioni su tratta d’un rito a mezzo del
quale si allontanano demoni o spiriti maligni da luoghi o da persone. Nel rito
cattolico l’esorcismo è una pratica volta ad espellere il demonio dal corpo dei
battezzati.
9 Sacrificio propiziatorio durante il quale uno o più animali (di norma pecore
o buoi) venivano arsi totalmente in onore del Dio. Pratica in uso anche pres
so gli antichi ebrei.
10 Convertiti di recente.
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Capitolo Quinto
Un piano per il riscatto
della Nigrizia
5 Ciascuno degli organuli più o meno allungati presenti nei nuclei delle cellu
le in cui hanno sede i geni portatori dei caratteri ereditari.
Capitolo Quinto. Un piano per il riscatto della Nigrizia
87 h
9L’inizio.
10Politica che intende assicurare Colonie, perlopiù localizzate nel “terzo
mondo” a determinate nazioni sopraffattrici.
Capitolo Quinto. Un piano per il riscatto della Nigrizia
91 h
tori più martoriati dell’Africa. Sarà Pio IX, però, nel fatidico
1848, a dare un impulso speciale alle Missioni. Il nostro, a tale
riguardo, elogiava, senza riserve monsignor Mitterrutzner, attivo
nell’Associazione Marien Verein e nel reclutamento di sacerdoti
della Germania austriaca e bavarese, veri precursori d’un mini
stero esemplare, accompagnato da infiniti disagi.
Una menzione speciale andava ai francescani, senza dimen
ticare, per il suo zelo esemplare, don Nicola Mazza. Per farla
breve solo quattro stazioni erano state fondate nella zona infida
attraversata dal Nilo. Sì, in quelle “sventurate contrade”, come
le definiva il sacerdote, il clima risultava micidiale agli europei
la cui esistenza veniva generalmente stroncata in tempi brevi.
Comboni aveva esplorato e studiato a fondo il territorio, va
gliati la natura, i costumi e le condizioni sociali delle varie etnie
e, insieme alla tragedia dei pionieri, chiamati “atleti di Cristo”,
considerava un fattore di rilevanza notevole la mancanza di un
centro vitale che funzionasse da fulcro al perpetuarsi dell’opera
di propaganda. E affermava testualmente: «Una missione qua
lunque perché le si possa garantire lo spirito di vitalità che si
diffonde vigoroso per la sua superficie a conservare i preziosi
germogli, l’esistenza, il ministero, un centro vitale che le som
ministri e le mantenga possibile la recluta annuale onde si rifor
niscono le file dei Missionari continuamente...».
Ebbene, tale realtà progettuale trovava uno scoglio insupera
bile negli impedimenti climatici e nel proliferare delle malattie
incurabili.
Comboni era dunque convinto che, diversamente da quanto
avveniva in America, in Asia ed in Oceania, accomunate al
l’Europa da «qualche omogeneità d’indole e d’abitudine al
clima, l’Africa costituisse un problema a sé».
E qui è il caso di osservare che egli o non conosceva esatta
mente la situazione esistente in India e nell’America meridio
nale (tanto per citare due esempi) o, preso dal fervore della pe
rorazione, tendeva a calcare la mano solo sulle questioni scot
tanti proposte all’attenzione del cardinale prefetto. L’analisi
della materia risultava in effetti drammatica ed il crescendo
Daniele Comboni, il vescovo africano
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11Carattere di alcune religioni primitive nelle quali prevale il culto degli og
getti, dotati di poteri magici.
Capitolo Quinto. Un piano per il riscatto della Nigrizia
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Capitolo Sesto
Un viaggio interminabile
anche il testo del piano e nell’ottobre del ’65 gli aveva manife-
stato, con una lettera, il proprio assenso. Il 2 gennaio il gruppo
approdò a Esnah e, abbandonata l’imbarcazione, si presentò al
pascià per consegnargli una credenziale2 ricevuta dal consolato
austriaco che operava in Egitto. Dal pascià Daniele Comboni
ottenne un biglietto gratuito per sé, padre Lodovico ed il nipo
te don Palmentieri, su di una nave diretta ad Assuan e l’arrivo
ebbe luogo il 5 dello stesso mese.
Recatosi infine a Scellal, Daniele Comboni inviò al canoni
co Ortalda un’esortazione a sostenere il suo piano, mediante
un’ampia pubblicità: «Vorrei avere a disposizione cento lingue e
cento cuori per raccomandare la povera Africa che è la parte del
mondo meno nota e più abbandonata. Ma i S.S. Cuori di Gesù
e di Maria bastano per tutti ed io aspetto miracoli per la loro
mediazione». Mentre Casoria s’insediava nella missione a lui as
segnata, Comboni, accompagnato dal francescano padre Sa
muele, stava cercando nell’Alto Egitto, la zona più idonea ove
fondare il collegio. Due giorni dopo la festa dell’epifania giunse
a Scellal il principe Hohenzollern e, Casoria, appreso dal nobi
luomo che a Napoli stava infuriando un’epidemia di colera, vol
le a tutti i costi tornare in patria. Poco dopo anche Comboni
era di nuovo in partenza.
Arrivato al Cairo lasciò a padre Venanzio una lettera con la
quale raccomandava d’aprire i collegi maschili e femminili del
l’Istituto mazziano. E, per sollecitare l’intervento, inviò un mes
saggio analogo al cardinale Bamabò, al canonico Mitterrutzner
e al superiore don Tomba. Né dimenticò l’amico di sempre: il
benefattore Guido Carpegna.
Il varo dei nuovi collegi costituiva il primo passo per l’attua
zione del piano e tutti i missionari della zona accolsero l’inizia
tiva, con molto favore. Sennonché padre Venanzio, conscio di
quanto rischioso fosse il mondo in cui operava per il continuo
dell’Egitto e dell’Eritrea.
Capitolo Settimo. Verso la fondazione
125 r
Capitolo Ottavo
Un mondo di persecuzioni
di comando.
Daniele Comboni, il vescovo africano
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4 Fenomeni che si presentano non soggetti alle normali leggi fisiche e psichi'
che. Tipici del medianismo e della telepatia.
5 Ecclesiastici regolari appartenenti alla Congregazione del Redentore, fonda
ILAccuse, denuncie.
12 Religiosa dell’Ordine della Visitazione, Congregazione femminile istituita
in Francia da S. Francesco di Sales e da Jeanne Fran^oise Frémont de Chantal
nel XVII secolo.
Daniele Comboni, il vescovo africano
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14 Vescovato.
15 Decisioni dell’autorità ecclesiastica su questioni teologiche o disciplinari.
Daniele C amboni, il vescovo africano
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17 Qui ed ora.
Capitolo Ottavo. Un mondo di persecuzioni
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Capitolo Nono
La regola
Capitolo Decimo
Visto da vicino
5 Torre annessa alla moschea dalla quale il muezzin chiama con canti rituali i
fedeli per invitarli alla preghiera.
6 Appartenenti alla Chiesa Cristiana monofisita sorta in Armenia, staccatasi
ogni parte del mondo, un detto che sembrava inventato per su
scitare sconforto: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.
Ed in effetti, nell’Ottocento, bastava percorrere pochi chilo
metri per destare in chi rimaneva a casa la sensazione dell’ab
bandono. Specie se il distacco si protraeva per una durata con
siderevole. Comboni ne comprendeva il significato pur nella
convinzione che ai cristiano restassero altri valori a cui aggrap
parsi. E se la lontananza, priva del supporto della fede, poteva
produrre ferite irrimediabili, nei veri credenti finiva per cemen
tare gli affetti.
Le avversità, sempre in agguato, contrassegnarono queirin
terminabile tragitto, simile in tutto e per tutto ad una penosa
odissea. Ed eccone un breve saggio.
«Quanto alla nostra salute io non so come sia; fin dai giorno
della nostra partenza dal Cairo noi dormiamo o sopra un pezzo
di asse in barca o sotto una piccola tenda su di una fragile stuo
ia, sempre esposti al ludibrio dei venti, della polvere, delle mo
sche che sono innumerabìli e seccanti sì che paiono pronipoti
di quelli che ai tempi di Faraone costituivano una piaga
d’Egitto; mangiamo sempre pane fresco comprato al Cairo il
quale ci durerà ancor per mesi e sosteniamo non pochi altri di
sagi propri dei lunghi e difficili viaggi; eppure dobbiamo confes
sare per grazia di Dio che ci troviamo tutti in miglior stato di sa
lute di quella che fummo in Europa».
Per rendere più viva l’attenzione di quella ch’era la pena
d’una complessa missione (una pena, però, accettata serena
mente) il nostro forniva ragguagli anche di tipo climatico e se
sotto la tenda il termometro segnava tranquillamente i 32 gradi,
lungo il deserto poteva toccare anche i 43. Per arrivare a
Khartum bisognava formare una carovana di ben sessanta cam
melli, guidata da personale addestrato.
Mentre la comitiva attendeva il momento della partenza per
la tappa più impegnativa di tutta la spedizione, il capo della mi
lizia egiziana venne a interpellare Comboni per un inconve
niente che gli era occorso. Soffriva per gli esiti d’una malattia
venerea e il missionario comprese che si trattava della sifilide.
Capitolo Decimo, Visto da vicino
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castone di patir qualcosa per amor suo. Sì, padre mio carissimo,
ella ha finito di piangere su questa terra; ed ora si trova al pos
sesso della gloria del cielo a dividere coi suoi cari figli la gioia
del Paradiso che mai finirà aspettando noi, vinta la lotta di que
sto temporale pellegrinaggio, andiamo a congiungersi con essi.
10 esulto di gioia perché ora ella m’è più vicina e voi pure ralle
gratevi che il Signore volle esaudire i fervidi voti dei nostri cari
che ora pregano per noi e per la nostra salvezza al trono di Dio.
Esultiamo ambedue e dirvi quasi gloriamoci a vicenda perché
Iddio, per sua infinita misericordia, pare si degni di farci sentire
e mostrarci i contrassegni infallibili quai suoi teneri figli ci ama
e ci ha predestinati alla gloria. Noi siamo sommamente avven
turati perché Dio ci largisce e benignamente ci porge mezzi ed
occasioni di patire per amor suo».
Dalla storia personale egli passava alla storia dell’umanità re
denta da Cristo e da questa alle vicissitudini sempre ammanta
te di sofferenza delle missioni a favore dei miserabili, degli ulti
mi, degli emarginati. Ed ecco il suo commento su tale “esaltan
te realtà”: «Non si legge di verun santo che non abbia menato
una vita tra le spine, i travagli e le avversità: delle stesse anime
giuste che noi pur conosciamo una non v’ha che non sia tribo
lata, afflitta e disprezzata. Oh la palma del cielo non si può ac
quistare senza pene, afflizioni e sacrifici e quelli che si trovano
visitati con questa sorta di favori celesti, possono a buon diritto
chiamarsi beati su questa terra mentre godono della beatitudine
dei santi pei quali fu somma delizia il patire gran cose per la glo
ria di Cristo».
Daniele Comboni non limitava Fattività epistolare alle rela
zioni famigliari, ma teneva i contatti con il mondo dei benefat
tori e costantemente con la Santa Sede. In una lettera inviata
11 12 marzo dal Cairo al cardinale Barnabò, accendeva un flash
sul ministero esercitato con tanta passione dai confratelli e su
quello femminile in special modo. E sottolineava, con pragma
tismo venato da un’infinita tristezza: «Frattanto io sono d’avvi
so che non ci riuscirà gran fatto difficile guadagnare a Gesù
Cristo molti di quei negri che in qualità di schiavi o di servi di
Daniele Comboni, il vescovo africano
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morano nelle case dei buoni cattolici ove è naturale che una
volta convertiti sia più facile perseverare nella fede. Nel metter
mano a questa operazione importantissima, ho rilevato con
piena certezza essere quivi ancora costume che la servitù nelle
famiglie cristianissime è per poco abbandonata a se stessa: Viri'
teressarsi a lei è stimata cosa umiliante e ad eccezione di qual
che famiglia singolare tra le poche, vige tuttavia il lacrimevole
abuso di trascurare l’istruzione religiosa dei neri che appunto
perché non hanno che un abbozzo miserabile di religione sareb
bero i più atti a ricevere la Fede. Avviene invece sovente che
essi abbiano la sventura di capitare sotto il dispotismo di qual
che vecchia servente fanatica mussulmana la quale facilmente
impone le proprie superstizioni senza che i padroni se ne diano
gran pensiero. Noi conosciamo alcuni di questi schiavi divenu
ti pel tal guisa maomettani nella casa stessa dei loro eminente
mente d’altronde cattolici padroni».
In altre parole il divario tra padrone e servi non si colmava
neppure alla luce d’una “solida” fede cristiana incapace di dissi
pare le ombre del colonialismo. I padroni andavano in chiesa
regolarmente per obbedire al precetto domenicale, ma l’aposto
lato per loro restava lettera morta.
1 primi (umanamente parlando) continuavano ad essere i
primi, senza alcuna attenzione per gli “ultimi” ed il ricco
Epulone non divideva le briciole della sua mensa con la servitù.
In una lettera del 29 aprile 1873 diretta al prefetto di Propa
ganda Fide, Daniele Comboni stigmatizzava una piaga apparen
temente inspiegabile: la schiavitù. Un colloquio con sir Baste
Frère, ambasciatore di S.M. Britannica, era servito a puntualiz
zare quell’oneroso problema e ad individuarne la soluzione. L’il
lustre interlocutore di fede anglicana8 aveva manifestata la fer
ma intenzione di stringere accordi con vari sultani allo scopo di
debellare, una volta per tutte, la tratta dei negri. Il suo campo
8 Della Chiesa nazionale d’Inghilterra, con liturgia simile alla cattolica ma con
a capo il monarca britannico.
Capitolo Decimo. Visto da vicino
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10Chi sta ricevendo l’istruzione nella dottrina cristiana fondamentale per es
sere ammesso al battesimo.
Capitolo Decimo. Visto da vicino
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Capitolo Undicesimo
Il vescovo santo
che sieno più presto che sia possibile compilate le Regole tanto
deiristituto maschile quanto del femminile (è desiderio presun-
to di Roma). Dunque coraggio e all'opera».
La raccomandazione del vicario al religioso, propenso a coin
volgere il superiore, in modo più ampio e incisivo, era di lavo
rare col massimo impegno.
«Io prego la sua bontà a stendere le regole di ambedue gli
Istituti Africani di Verona, a poco a poco, sottomettendole poi
al giudizio del padre Vignola e poi me le mandi. Io penserò a
farle esaminare dai gesuiti e consultar Roma. Dopo penserò io
fare il resto, ma se aspetta le modificazioni dalLAfrica, verrà il
dì del giudizio perché io non ho tempo a crear Regole mentre
invece, contemplate quelle di Verona, a colpo d’occhio, veggo
le modificazioni da farsi, “attenta esperientia Africana».
Per quanto concerneva le “Costituzioni femminili”, sentite
le dirette interessate, il missionario precisava: «Nelle regole
femminili, poi, cambio affatto l’organizzazione (a Verona per av
viar l’opera si son fatte regole per una casa) e stabilisca la Ge
nerale con due Assistenti Provinciali e Superiore delle diverse
Case d’Europa, d’Africa, d’Asia, Superiore ed Economa genera
le della Casa Madre».
Il commento finale trovava il suo corollario attraverso que
ste parole: «Fatto il sostanziale e sottomessolo al giudizio altissi
mo etc ed anche dei missionari, spero che uscirà una vera opera
di Dio».
Egli forse pretendeva dai confratelli, incapaci di assecondar
lo nel suo attivismo frenetico, più di quanto fossero in grado di
accordargli; rivelava, in ogni caso, qualche carenza negli inter
venti a tavolino. Interventi per i quali occorreva una mentalità
burocratica ancorché indispensabile, il cui fine era compendia
to in un concetto assolutamente cristallino «un servizio mirato
ed efficiente».
Nel giugno del 1881 quando la vita gli riservava solo uno
scampolo di tempo da dedicare all’adorata Nigrìzia, scriveva al
cardinale prefetto di Propaganda Fide: «Se in Verona dal 1867
in cui cominciai l’opera fino ad oggi vi fosse stato un vescovo
Daniele Comboni, il vescovo africano
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1 Abbandono di un’organizzazione.
Daniele Comboni, il vescovo africano
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^ Che appartengono alla vita laica pur affiancando una congregazione religios
4 Santificazione.
5 Nel diritto canonico, il sacerdote che tratta presso la Congregazione per le
11 Le deduzioni.
12 Le risposte.
13 Pratica archiviata.
14 Nella regola di alcuni ordini religiosi, chi chiede d’essere ammesso come no
do il motivo per cui nel ’53 era stato emesso il decreto. Il postu-
latore rispose alla nota ufficiale allegando tre studi miranti a
puntualizzare delle novità sostanziali e in particolare le distor
sioni interpretative sull’operato del “Servo di Dio”.
Il 26 febbraio 1982 la Congregazione per le Cause dei Santi»
con voto unanime cancellava ogni impedimento nato da dubbi
rimasti per anni insoluti, consentendo la riapertura del proces
so, La norma introdotta dal Papa permise il passaggio diretto
nella stesura della Positio super virtutibus, La Causa iniziò il suo
iter nel 1984 grazie soprattutto agli esperti dello Studium combo-
nianum e ben 215 archivi e numerose biblioteche offrirono pre
ziosi contributi su fatti mai indagati con la dovuta solerzia. La
Positio fu sottoscritta dal Relatore il 21 luglio 1988 e si compo
neva di un ponderoso dossier.
Nel 1989 i consultori storici risposero singolarmente a varie
domande poste sulLargomento e il 12 ottobre 1993 i consultori
teologici espressero il loro assenso su quanto esaminato.
Un analogo prezioso risultato emerse dai confronti di vesco
vi e cardinali membri della Congregazione per le Cause dei
Santi. Era il 15 dicembre 1993. Toccava adesso al pontefice
emettere il decreto che sancisse l’eroicità delle virtù di Com-
bom, chiamato in gergo canonico “Servo di Dio”. E ciò accad
de dopo un lasso di tempo ragionevolmente contenuto, il 26
marzo 1994, In quell’occasione papa Wojtyla aveva confidato a
padre Venanzio Malese d’attendere un segno dall’Alto. Un
segno che desse il via alla procedura della beatificazione. E un
segno, in realtà, s’era già riscontrato, ma più di vent’anni prima
quando la Causa sembrava avviata ad uno sterile epilogo.
Ed ecco gli antefatti. Nel 1970, nella cittadina brasiliana di
Sao Mateus, un uomo privo d’una gamba e padre di 5 rampolli
che a stento riusciva a mantenere, lasciò in ospedale la figlia
Maria Josè. L’uomo si chiamava Josè e la bambina undicenne,
alta appena un metro e soprattutto malnutrita, accusava una
febbre intensa e forti dolori addominali. Il medico diagnosticò
la perforazione degli intestini con peritonite all’ultimo stadio.
Vista comunque l’insistenza del genitore e la sua fiducia nella
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Gli scritti
A p. Giuseppe Sembianti
El'Obeid, 16 luglio 1881
[...] Perdoni, mio caro Padre, se io, che in fatto di tutte que
ste virtù, sono molto al di sotto di lei, senza calcolare tutta quel
la caterva di difetti e infermità che ho, mentre la sua vita è da
angelo, vengo a farle da maestro di spirito.
Ma sono Capo e Fondatore dell’Opera più difficile di aposto
lato, che deve formare dei santi e delle sante per convertir
PAfrica; e lo strumento primo per formare questi Dio ha voluto
che fosse Lei, e che deve a poco a poco apprendere ciò che ci
vuole, e conoscere a fondo l’anatomia dello spirito umano, per
Gli scritti
— 225-
poter formare dei santi apostoli, etc. etc.; quindi le parlo schiet-
to e le faccio da maestro, certo che ella farà lo stesso anche per
me, e tutto ciò a gloria di Dio, a confusione ed emendazione no
stra, (perché la perfezione è un alto monte, e noi non siamo che
a’ piedi), e per la salvezza dei poveri negri, che sono le anime
più abbandonate del mondo.
Ma ella dirà «Se sono così bambino e povero di virtù, e se
sono così inetto per conseguenza a fare il mio dovere col forma
re dei santi, è meglio che scappi, e che vada nel mio Convento,
e che Dio mandi qui un altro più capace di me e più virtuoso di
me: io dispero di riuscirvi». E qui dove io voleva il mio
Sembianti (perché ho intenzione di batterlo; ora ho appena co
minciato, e ciò per salvare la Nigrizia, e per farsi santo se stesso).
Ah piano, mio caro. E vero che ella è bambino in virtù. Ma
si ricordi di una massima inculcatami dal P. Marani, che era più
ruvido di lei, di sgraziate maniere, e talvolta mostrava di avere
molto poca carità (ed in ciò non lo imiti per nulla). Io trattai
da Chierico il P. Marani, feci la confessione generale da lui, e
diede il consiglio definitivo della mia Vocazione (quella matti
na il P. Benciolini stava fuori, che aspettava di sapere da me la
risoluzione del P, Marani, 9 agosto 1857) dicendomi: «Mi lo co
nosso da cerico, mi Pò consiglia da cièrico e da prete in tutte le
sò cose (cose sue): mi gò in mente come in uno specie tutta la
so vita, le so cose, el so difetto capitàl, quel che Pha fatto per
batterlo, etc. etc. Mi Pè dal 1820 che ho comincia a esaminar le
vocazioni, e per tanti anni ho fatto questo, e gavea per maestro
gnente manco che D. Gasparo. E ben el se consola, e noi gab
bia paura (tremava come una foglia perché avea timore che mi
dicesse che per l’Africa non avea nessuna vocazione, timore che
alla mattina del 9 avea esternato al R Benciolini, che mi rispon
deva: “lu el farà quel che el Signor vorrà, el vaga dentro da D.
Marani, e el farà quel che’l che dirà”): Pè tanti ani che esamino
vocazioni e de Missionari e de preti e de frati etc.; la so voca-
zion alla missione e all’Africa Pè dele più ciare che abbia visto:
ghe sta qua e D. Vinco, e Zara Gesuita, e D. Ambrosi, e cento
altri; la so vocasion me par delle più ciare e sicure che mi abbi
Daniele Combom, il vescovo africano
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e comodità. Nei tre mesi e più di viaggio che noi abbiamo fatto
fin qui dal Cairo, incontrammo più di 40 barche di schiavi e
schiave affatto nudi ch'erano stipate come le sardine; e nel deser
to incontrammo più di 20 carovane di negre affatto ignude che
marciavano a piedi, cacciate talvolta a colpi di staffile.
Tutte queste venivano condotte a pien meriggio sotto gli
occhi del Governo locale, che n'è il primo fautore e promotore,
ed erano dirette pel Cairo ed Alessandria. Taccio dell’immenso
numero di schiavi che viene ogni anno estratto dal nostro
Vicariato, e che va a sboccare nei porti di Tripoli e Tunisi. Non
potei quindi astenermi dal crollare il capo quando lessi a Berber
sul Times il seguente brano del discorso della Corona pronun
ziato ai 6 del p.p. febbraio dalla Regina d’Inghilterra nel
Parlamento di Londra: «Il mio ultimo discorso, milords e signo
ri, s'informò dei provvedimenti adottati per finirla efficacemen
te colla tratta dei negri sulle coste orientali dell’Africa. Ho spe
dito un Ambasciatore per Zanzibar (Sir Barde Frère); egli porta
istruzioni, che mi paiono le meglio atte a conseguire lo scopo
propostomi. Egli è recentemente arrivato al suo destino, e si è
messo in comunicazione col Sultano».
L’unico mezzo per abolire o scemare la tratta dei negri è di
favorire ed aiutare efficacemente l'apostolato cattolico di quel
le infelici contrade, donde si strappano violentemente a miglia
ia e migliaia i poveri negri commettendo i più orribili eccessi,
ed ove si esercita l’infame traffico. Fra tutti i paesi del mondo è
l’Africa Centrale, ove si fa il più fiero scempio di queste infeli
ci creature. E siccome questa orribile piaga dell’umanità interes
sa altamente il mio Vicariato, io avrò molto da fare ad agire e
carteggiare sovra tale argomento. Io avrei in mano le fila per
trattare colle più alte sfere dei governi delle grandi potenze
d'Europa su tale affare, ma oggi dominano unicamente governi
atei e rivoluzionari: quindi non farò un passo, senza prima tutto
sottomettere al sapiente giudizio della S. C., sulle cui istruzioni
unicamente agirò in proposito.
Le bacio la Sacra Porpora e mi dichiaro di Vostra Eminenza
U.mo e d.mo figlio, Daniele Comboni Pro-Vicario Apost.
Gli scritti
233
E.mo Principe,
bine sono istruite dalle Suore e in poco tempo faremo molti ma
trimoni.
Sr. Giuseppina è un’apostola e un predicatore matricolato; si
è già introdotta in molte famiglie, parla ai manti, alle donne,
alle concubine, a tutti; insinua la morale e la religione cattolica
e il nostro confessionale lavora. In una parola, abbiamo una
grande missione da compiere a Khartum: le Suore faranno dei
miracoli, ma mi occorrono delle Suore. Lei leggerà negli Annali
molte cose che non ho il tempo di dire qui, perché entro due
giorni io parto per il Cordofan. Sono venuto a Khartum con un
firmano del sultano di Costantinopoli che l’Imperatore
d’Austria mi ha ottenuto. Il grande Pascià del Sudan è divenu
to mio amico e protettore: egli mi ha regalato il suo piroscafo a
vapore per andare sul Fiume Bianco alla minor distanza dal
Cordofan; con il vapore fino a Abu-Gherab impiegherò sola
mente cinque giorni. Sono in una felice situazione qui in
Sudan. In nessuna parte del mondo il prete e le Suore sono così
rispettate come nell’Africa Centrale.
Ho scelto il P. Stanislao Carcereri per mio grande Vicaro:
egli ha fatto molto nell’Africa Centrale. Ho dato alle Suore per
confessore il canonico Pasquale Fiore, un santo uomo che diri
gerà le Suore nella via della perfezione. Sr. Maddalena e la
buona Domitilla sono state le sole che nel terribile viaggio del
deserto e nel viaggio di 99 giorni dal Cairo a Khartum, non
hanno mai avuto il minimo male, il minimo dolor di testa; ma
le dirò ciò che tutti dicono: “Il dito di Dio è qui”. Io ne sono
confuso e vedo che Dio si serve sempre dei deboli per le impre
se più difficili. La Canossa ha fatto un grande miracolo.
Abbiamo camminato sempre 18 ore al giorno sui cammelli nel
deserto, sotto 50 gradi di calore, nella stagione più temibile. Sr.
Giuseppina e le nostre Suore (io avevo nella tasca l'Olio Santo,
sempre, per l’Estrema Unzione) hanno attraversato il deserto
meglio di me e dei Missionari. Infine, dopo 13 giorni, siamo
scesi a Berber sulla fine del deserto all’epoca più critica.
Adempiremo i nostri obblighi alla Canossa. Ella ci ha condotto
a Khartum in perfetta salute, per miracolo.
Gli scritti
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Glossario
Gogna: collare di ferro che sì stringeva attorno al collo dei condannati alla
berlina. Esposizione al pubblico ludibrio.
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