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LORIANO MACCHIAVELLI

LA BALLA DALLE SCARPE DI FERRO

Un capopopolo
Camillo Trenti uno che pu ancora parlare e farsi in tendere dal popolo se pure i giorni nei quali la gente ascoltava tutto e credeva a molto sono finiti. Ora nessuno pi disposto a lasciarsi convincere facilmente dalle chiacchiere: se ne sono intese troppe. E pochi i fatti. Allora, in quei giorni, Camillo, assieme ad altri, aveva in mano la citt e nessuno si sarebbe sognato di indicarlo alla questura come delinquente. Oggi il questore Pinna Felice lo vuole nel suo ufficio e Trenti Camillo sa che i tempi sono cambiati, che dietro non ha pi una plebe che lo sostenga e neppure lui ha le idee chiare come credeva di averle allora. Il papa? Via! Gli austriaci? Via! E dopo? Dopo non ci saranno problemi. E invece i problemi sono venuti e hanno complicato le cose in modo che Trenti ci ha perso il filo, la logica e il resto. Zuccadelli Cesare, ventisei anni, vice brigadiere di Sicurezza Pubblica ed ex guardiano delle carceri, lo aspetta sul portone di Palazzo e proprio lui, Zuccadelli, port, qualche giorno fa, l'invito a Trenti perch si recasse da Pinna. Ma Zuccadelli non sa, o non vuole sapere, di che si tratta. Dice soltanto: ''Il signor questore ti aspetta". Trenti annuisce: ha la testa piena di pensieri e non sa quale sia il pensiero giusto. Non la prima volta che parla con un questore: anche in passato, quando c'era il Buisson... Ma questo Pinna, maledetto sardo!, questo Pinna uno che non vuol sentire scuse, uno che sarebbe stato bene, al posto giusto, anche nella questura di Pio IX. ''E cos si dimostra che cambiano finimenti, ma la bestia sempre la stessa." ''Ti ha detto che vuole da me?'' Zuccadelli Cesare alza le spalle, precede Trenti sotto il porticato di Palazzo e borbotta qualcosa in dialetto, qualcosa senza significato, come si fa da queste parti quando non si ha da dire o non si vuole dire. ''Zuccadelli, da quanto tempo sei nella Sicurezza?" ''Sono entrato in Questura sotto il regno.'' ''E prima?" ''Prima ero guardiano alle carceri. Poi ho fatto domanda... Perch?" Trenti scuote il capo: ''Niente. Un pensiero mio". Che sarebbe poi: ''Sotto il papa, guardiano alle carceri; sotto il re, guardia di Sicurezza Pubblica. Abbiamo fatto dei progressi". Ma Zuccadelli Cesare ha capito e insiste: ''Anche tu sei cresciuto di grado: per quello che ricordo, eri a capo della plebaglia fino a un paio d'anni fa. Ho idea che sia proprio questo che interessa al signor questore". Pinna Felice avvocato e cavaliere. Quarantacinque anni nati e cresciuti al
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servizio di Sua Maest. E' questore a Bologna da pochi mesi ed gi riuscito a farsi odiare da tutti,compresi gli agenti al suo servizio. Ma quello che gli serve e quindi non ha rimpianti. Sul suo tavolo c' un grosso fascicolo tenuto chiuso da nastri grigi e messi nei due sensi. Il questore Pinna ha i gomiti appoggiati al tavolo e le mani, aperte sul viso, sostengono il capo un po' inclinato in avanti. Fra le dita, socchiuse sugli occhi, fissa il Trenti che gli sta davanti e in piedi. Il vicebrigadiere Zuccadelli Cesare non neppure entrato nell'ufficio: ha aperto la porta, ha fatto passare il Trenti, ha richiuso e non se ne sa pi, ma c' da giurare che sia rimasto di piantone fuori dall'ufficio del questore. C' odor di sigaro; un odore che Trenti Camillo non sopporta, ma che deve subire. Allo stesso modo che subisce lo sguardo del questore Pinna. Non ancora riuscito a vedere completamente la faccia del sardo, ma dovr pur decidersi a togliere le mani che gli nascondono il viso. Per un poco c' silenzio nell'ufficio e a Trenti passano in memoria, velocissimi, i tempi nei quali non c'era questura che lui temesse.

Primo episodio: QUANDO?


Usc di casa avvolto in una capparella di lana pesantissima, non perch la notte fosse fredda: a met giugno non pu essere un freddo da capparella di lana. Solo, doveva tenerci sotto una pistola e il pacco di manifesti freschi di stampa. Il mattino dopo non c'era colonna di portico, non angolo di strada che non portasse uno di quei manifesti. ''E dite alla questura che li ha affissi Trenti Camillo e da lui, da Trenti Camillo, vada chi ha intenzione di strapparli, foss'anche Pio IX in persona.'' Ci prov, non Pio IX che non aveva tempo per sciocchezze, ma un gruppo di guardie civiche. ''Chi vi ha detto di toglierli?" ''Abbiamo avuto ordini...'' ''Anche noi. Camillo Trenti ci ha detto di non permettere che alcuno ci provi.'' E i manifesti rimasero affissi per tutto il giorno. A sera ci prov un gruppo di ufficiali austriaci, ma dovette tagliare la corda alla svelta, pi in fretta di com'era venuto, e seguto dalla sassaiola della Balla di Trenti. Ci vollero pi pattuglie di imperiali, e con baionette in canna, e neppure fecero un gran bel lavoro ch molti manifesti rimasero per giorni e giorni a lasciarsi leggere e rileggere dai bolognesi.

Pinna e Trenti
''Signor questore, mi avete fatto chiamare?" Pinna gli risponde senza togliere le mani dal viso e continuando a guardarlo di fra le dita:''Sei Trenti Camillo: s, ti ho fatto chiamare". Alza, lentissimo,
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il capo e il viso scivola fuori dalle mani aperte e si scopre pian piano. ''Ti ho fatto chiamare.'' Ma neppure ora Trenti Camillo pu vederlo il maledetto sardo, ch si seduto in controluce e ha il viso al buio e non gli riesce di capire cosa passi per la testa del questore: un questore tutto nero: neri i capelli, i baffi, gli occhi infossati e senza un segno di debolezza. Le mani, ora chiuse a pugno, sostengono il mento. ''Gran bella citt questa Bologna. Sono contento di esser ci venuto. Che ne dici, Trenti?" ''Io ci sono nato, signor questore. A me piace cos com'." ''So che ti piace cos com', ho letto qui, so tutto. Ho fatto molti giri per la citt e a me pare quanto di peggio si possa immaginare." ''Pecoraio." ''Come dici?" ''Mi dispiace che Bologna non sia di vostro piacimento, signor questore." ''Bologna sarebbe senza dubbio una bella citt se non fosse ridotta a un mondezzaio. Ma non colpa dei cittadini. Qui non si spazza, non c' chi sorvegli la pulizia delle strade, non ci sono fognature e dalle finestre si getta ogni sorta di lerciume sulla testa dei passanti. Credo di aver capito la funzione dei vostri portici. C' molto da fare qui, a Bologna, per chi voglia ottenere un minimo di... pulizia.'' ''Il signor questore deve tener conto che siamo appena usciti dal potere del papa." ''Tengo conto, Trenti, tengo conto." ''Mi avete convocato per dirmi questo, signor questore?'' ''Anche. Ma soprattutto per ascoltarti. Che hai da dirmi?" ''Cosa desiderate sentire?" ''Leggo qui che, di tanto in tanto, l'ispettore di Sicurezza Pubblica Baccarini Luca aveva le tue confidenze. E lo stesso questore Buisson che, prima di me, sedeva in quest'ufficio, ha avuto l'onore di tue visite.'' ''Il signor questore Buisson mi aveva pregato di tenerlo informato sui movimenti del basso popolo." ''Lodevole iniziativa che io intendo continuare.'' ''I tempi sono cambiati, signor questore.'' ''Vuoi dire che non te la senti pi di collaborare con noi?'' ''Voglio dire che diventato difficile seguire i sentimenti del popolo, che sono rimasti in pochi a credere alle promesse del nuovo governo, che le illusioni sono in parte cadute...'' ''Colpa di quelli come te che non hanno saputo tenere in mano le redini. I capipopolo a questo servono: a tenere le redini della plebe. Tirare quando il momento, allentare quando il momento. Ma io non ho fretta. Aspetter che le cose cambino.'' ''Cambieranno in peggio, ho paura." ''Io non lo permetter. Questa citt gi un covo di ladri, di assassini. Tutto ci che di peggiore esce dalle galere si dato convegno a Bologna: oziosi,
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bari, mantenuti, assassini, cospiratori... Una polizia inetta, spesso in combutta con i ladri... So tutto, Trenti. So che, ad oggi, nessuno dei misfatti accaduti dall'avvento del re in poi, stato punito.'' ''Cosa volete da me, signor questore?" ''La collaborazione fra capipopolo e questura ha dato scarsi frutti. Questo ho da dirti: d'ora in poi le cose cambieranno e tu ci aiuterai.'' ''Non so in che modo. Ho gi spiegato che il popolo...'' ''Il modo lo trovi tu. Mi servono notizie sicure, dati di fatto e non chiacchiere sentite all'osteria. Per queste, per le chiacchiere, ci sono i miei agenti di Sicurezza Pubblica.'' ''Il signor questore Buisson aveva sufficiente fiducia...'' ''Ecco perch si arrivati perfino a esportare il crimine da Bologna. Genova, Ferrara, Modena, Parma... Ed ecco perch son qua io e non il buon questore Buisson.'' ''Se voi ritenete che io non possa essere di aiuto, in futuro mi asterr...'' ''No, Trenti. Non ti puoi astenere. Ho qui il tuo fascicolo personale: c' dentro da mandarti in galera per vent'anni.'' "Sono conosciuto per uomo onesto.'' ''Ti credo.'' Il questore Pinna toglie, per la prima volta dall'ingresso di Trenti nell'ufficio, le mani a puntello del capo e le porta, enormi e aperte, al fascicolo che sta sul tavolo; poi con movimenti troppo lenti per essere naturali, slaccia la cordella grigia incrociata a tenere i documenti. Non smette di guardare Trenti neppure durante l'operazione per la ricerca e l'accensione di un sigaro. Conosce a memoria la parte perch, pur senza guardare il primo foglio del fascicolo, legge: ''I lavoratori governativi della Badia uscirono nelle ore pomeridiane del sei giugno per dimostrare il loro attaccamento al governo del papa e perch si sapesse che nessuno dei cittadini bolognesi era favorevole alla repubblica". Smette di guardare il Trenti per continuare la lettura. "Intanto un folto gruppo di plebei, capitanati da alcuni capi Balla, approfitt dell'opportunit e and radunandosi davanti al caff del Commercio con l'evidente scopo di suscitare incidenti. Si frantumarono i vetri del caff a sassate e quando alcuni mansueti frequentatori del caff sortirono per far fronte ai dimostranti, uno dei capiplebe esplose contro di essi un colpo di fucile che per ventura non colp alcuno. Altri onesti cittadini posero mani alle armi, ma ne subirono il peggio tanto che uno di essi fu ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Fra i capi Badia fu notato, soprattutto, il giovane Trenti Camillo.'' Pinna sospende per un attimo la lettura, giusto il tempo per tirare un paio di boccate dal toscanino. ''Nei giorni dal quattordici al diciassette agosto, la plebaglia si organizz sotto i propri capi, gir armata di fuori e dentro le mura della citt, chiedendo denaro e gioielli ai benestanti in nome della patria. Non manc, a capo delle squadracce, il citato Trenti Camillo.'' Le mani enormi del questore Pinna sono immobili, posate sul tavolo a
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fianco del fascicolo e la destra, ogni tanto, si solleva a girare le pagine. ''Nell'invasione del 21 agosto a palazzo Malvezzi fu notato, fra i pi accalorati nel pretendere dal marchese quindicimila scudi per la patria, il detto Trenti Camillo, armato di pistola. Nel settembre si ebbero gravissimi disordini e delitti in tutta la citt e dicesi che non vi sia estraneo il Trenti Camillo il quale sicuramente prese parte al congresso dei capipopolo che si tenne nel pubblico palazzo, presente il Masina stesso che dei capipopolo considerato il capo. Nel settembre si scannarono vittime per la vendetta della plebe, sotto gli occhi stessi della guardia civica.'' Il questore smette la lettura e salta parecchie pagine del rapporto e commenta sottovoce: ''Veniamo a tempi pi vicini: il quarantotto era il quarantotto e si potevano tollerare cose che oggi non si possono tollerare pi. Ecco qua: Trenti Camillo fra i pi turbolenti nel sollevare la plebe, nell'affiggere manifesti antigovernativi e si ha l'impressione che le aggressioni alle persone dabbene che si verificano nelle notti, siano, in larga parte, ispirate dal Trenti stesso. Alla fine del dicembre si d per certa la connivenza con la questura da parte di numerosi capiplebe fra i quali il Trenti Camillo''. Il questore Pinna non vuole continuare: posa entrambe le mani sul fascicolo e conclude: ''Il seguito troppo recente perch tu lo abbia dimenticato.'' ''Signor questore, i reati che ho commesso sono di natura politica e riguardano il regime passato: non credo che l'attuale governo possa perseguirmi...'' ''Questo l'errore dei delinquenti politici come te, Trenti: credere che assieme ai regimi cadano anche i fascicoli personali. I regimi cambiano, i fascicoli restano e c' sempre modo di ripescarci dentro qualcosa di interessante. Trenti, Zucchi, Guermandi, Longhi, Rinaldi, Bettucchi... e gli altri del settembre quarantotto. I cos detti settembristi. Tutti segnati qui, nei fascicoli della questura.'' Riprende la posizione preferita: le mani sotto il mento e i gomiti appoggiati al tavolo. ''La connivenza fra questura e capipopolo pu continuare, ma come dico io e alle mie condizioni. Niente mance agli agenti di Sicurezza Pubblica per Natale e per Pasqua; niente grassazioni o ferimenti che non siano prima concordati; attenersi rigorosamente alle mie disposizioni e segnalare tutti quei malviventi che agiscono al di fuori della mia conoscenza; nessuna assistenza a coloro che tentano di sottrarsi alle norme. Voglio che questa citt diventi un modello per le altre citt del regno.'' ''Io credo che il signor questore abbia sbagliato di persona. Non a me che doveva rivolgersi: io sono un modesto impiegato addetto agli alloggiamenti militari.'' ''Un'altra cosa: io non sbaglio mai.'' ''Sono indignato per il tono e le minacce che voi, signor questore..." ''Lascia perdere. I tempi sono cambiati, i padroni sono cambiati ed giunto il momento di scegliere nuovi protettori. Ti avverto: all'interno delle varie Balle che agiscono in citt, ho gi assoldato o infiltrato chi in grado di riferirmi e tenermi costantemente al corrente di quanto voi direte. Non avrete fi6

nito di riunirvi e parlarvi che gi io ne sar informato. L'epoca del questore cavalier Buisson avvocato Paolo finita. D'ora in poi dovrete dubitare di tutti, anche degli amici che erano i pi fedeli.'' Trenti Camillo abbassa il capo; stanco, le gambe lo reggono appena e mai si sentito nello stato in cui si sente ora. Il maledetto sardo stato feroce e gli ha distrutto, in poche battute, il minimo di logica che gli avvenimenti del passato pi recente gli avevano ancora lasciato: l'illusione che quanto aveva fatto, o andava facendo, fosse nato, studiato e attuato per iniziativa sua e degli amici di Balla. Sono notti e notti che non chiude occhio e neppure a casino riesce a trovare la pace che in passato... Ma Trenti duro a morire e non lo far davanti al maledetto sardo arrivato a Bologna da pochi mesi e gi a farla da padrone; altri, da qualche parte della citt, la pensano come Trenti. ''Voi, signor questore, non sapete ci che vi dite e credo che vi abbiano male informato sul mio conto e sul conto della citt.'' ''Fa' come ti pare'' e gli porge un foglio. ''Riempilo rispondendo alle domande indicate e firmalo." Questionario 1. Ha l'interrogato appartenuto alla Societ Emancipatrice? 2. Appartiene, per contro, ad altre societ dello stesso tipo e con analoghe finalit? 3. In quali rapporti l'interrogato con la Societ Opera la? 4. Ha preso parte sotto il passato governo a dimostrazioni illegali? 5. Ha procurato, con la parola o con lo scritto, tali dimostrazioni illegali? 6. Conosce l'interrogato l'esistenza di Balle o bande di malviventi che agiscono contro il privato cittadino? 7. E' contro lo Stato? 8. Conosce il nome dei capi Balla o in grado di indicarne le persone? 9. E' pentito l'interrogato per l'attivit antigovernativa eventualmente espletata in passato, anche sotto altri governi ora decaduti? 10. Desidera l'interrogato collaborare a riportare la tranquillit nella citt? Trenti scorre le domande e alla numero 10 alza il viso, tende il foglio al questore Pinna che per non l'accetta. Allora Trenti posa il questionario sulla scrivania e dice: ''Se non avete altro da dirmi...''. ''Niente altro. V pure.'' Senza togliere di bocca il sigaro: ''Piantone!''. Zuccadelli Cesare entra nell'ufficio e prende gli ordini del questore. ''Accompagna Trenti Camillo e poi torna da me: ho da darti alcune disposizioni.''

Scheda di Trenti Camillo


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Quarant'anni, ammogliato, non ha figli, impiegato comunale per gli alloggi militari: un modo come un altro per tenerlo tranquillo, assicurargli uno stipendio e assicurarsi un collaboratore forse fedele. Pi giovane dei quarant'anni che ha, magro, sottile, non bello, ma ha un fare che non in dispone e, a volte, piace a chi lo ascolta. Ha capelli castani e pochi baffi biondi. Veste decente. Frequenta le adunanze della Societ Operaia dove ha incontrato il Paggi. Ceneri Pietro lo ha, invece, incontrato nella casa di tolleranza di Bernardi Maddalena, in via dell'Orso. A suo tempo fu caporale nel battaglione Mellara e ha sparato nel culo agli austriaci che scappavano da Bologna. Dopo l'avvento del governo reale, la reale questura ha cercato di tenerlo buono e di fargli tener tranquilla la bassa plebe. Andava d'accordo con l'ex questore Buisson. La sua fedina penale bianca anche se, sotto Pio IX, qualcuno aveva provveduto a riempirla per bene.

La Squadra Speciale
Il questore Pinna ha ripreso la posizione che gli congeniale: le mani sul volto, i gomiti sul tavolo e il capo appoggiato alle palme. Dalle dita, larghe sugli occhi, fissa un punto della stanza davanti a lui. Non si muove quando Zuccadelli, vice brigadiere di Sicurezza Pubblica, rientra nell'ufficio. ''Il Trenti Camillo, signor questore, andato.'' Pinna annuisce. ''Il signor questore comanda altro?" ''Hai inteso il colloquio?" ''Sissignore, non mi sfuggita una parola." ''Le stesse cose dette al Trenti valgono per te.'' ''Non capisco.'' ''Se ho letto bene nel tuo fascicolo personale, mi capisci. Sei un ragazzo sveglio e io ho bisogno di gente sveglia, che non sia troppo compromessa e soprattutto gente della quale io possa fidarmi. A te, come al Trenti, ripeto che i tempi sono cambiati e chi l'ha compreso, l'ha compreso, gli altri sono finiti. Cosa mi rispondi?" ''Che il signor questore pu contare su di me.'' ''Molto bene: ho intenzione di costituire una Squadra Speciale che mi permetta di ripulire questa citt dal malcostume che per anni ha imperato. A capo di questa squadra metter l'ispettore Baccarini Luca.'' Aspetta una reazione di Zuccadelli e continua a fissare il vuoto di fra le dita allargate. ''L'ispettore Baccarini, signor questore?'' Pinna annuisce. ''Posso suggerire... Posso permettermi di avvertirvi che l'ispettore Baccarini...'' ''So cosa intendi, ma proprio di Baccarini ho bisogno; di uno compromesso. L'importante esserne al corrente.'' ''Non volevo dire che l'ispettore Baccarini sia compromesso con i malviventi, ma che conosce ed in buoni rapporti con il Trenti, con i fratelli Ceneri... Il signor questore Buisson lo teneva per suo stretto collaboratore e se voi volete gente fidata..."
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''L'ispettore Baccarini Luca sar il capo della Squadra Speciale, ma tu sarai il mio occhio, il mio orecchio. In questo modo il Baccarini non potr nuocerci, anzi, ci sar di molto aiuto, visto che ha buona stima di te.'' Per un po' il questore Pinna segue i suoi pensieri e poi: ''Chi altri mi suggerisci, Zuccadelli?''. ''Voi sapete meglio di me...'' ''E' vero, ma voglio il tuo parere.'' ''Io penso che Borgognoni Francesco...'' Pinna lo interrompe e cita a memoria: '' 'Borgognoni Francesco, anni 45, vice brigadiere di Sicurezza Pubblica, nato e residente a Bologna, addetto alla polizia pontificia prima, poi sottocustode al forte Urbano e in seguito, con il presente governo, nelle guardie di Sicurezza Pubblica.' Mi sta bene. Ancora". ''Kislich Vittorio.'' '' 'Anni quarantaquattro, appuntato di Sicurezza Pubblica, nato in Svizzera, ma residente a Bologna da pi di vent'anni. Entrato nella polizia sotto il presente governo, si sempre distinto per l'attaccamento al dovere. Conosce molto bene la citt e gli abitanti.' Mi sta bene.'' ''Marchi Camillo.'' ''Conosco: 'Anni quarantasei, delegato di Pubblica Sicurezza con buone entrature nella malavita'. Mi sta bene. Voglio due giovani.'' ''Italiani Pietro di anni ventisei, appuntato di Sicurezza Pubblica. Ha partecipato a parecchie azioni e arresti e sempre si portato in modo esemplare.'' ''Mi sta bene.'' ''Bernardi Antonio, ventisei anni, guardia di Sicurezza Pubblica; fidato e specialista nei pedinamenti.'' ''Lo conosco e mi sta bene. Cominciamo subito: i nomi dei funzionari della Squadra Speciale devono rimanere segreti e segreta la stessa istituzione della Squadra. Vi ritengo tutti responsabili. Per quello che ti riguarda, devi continuare a comportarti come se niente fosse cambiato n in questura n fuori dalla questura. I tuoi rapporti con le Balle, come sono?'' ''Come quelli di tutte le guardie di Sicurezza.'' ''E cio?" ''Cerchiamo di essere duri con i piccoli, qualche arresto di tanto in tanto per tenere buona la citt e togliersi il cappello davanti ai fratelli Ceneri, a Trenti, a Zucchi, a Paggi... Insomma ai capi riconosciuti delle varie Balle.'' ''E prendere la mancia ogni tanto.'' ''Dovete sapere che questo costume delle mance in uso da parecchio tempo: fin dall'epoca dello stato pontificio e poi, in seguito, lo stesso questore Buisson lo toller. Tant' vero che i fratelli Ceneri..." ''Sento molto parlare dei fratelli Ceneri: dovr conoscerli personalmente. Bene, continua come se niente fosse cambiato. Il tuo primo lavoro sar quello di pedinare il Trenti.'' ''Ma mi conosce bene e sar difficile passare inosservato." ''Non devi passare inosservato. Trenti deve ingannarsi sul mio conto e soprattutto deve sentirsi pi sicuro di prima. Se lo facessi controllare da persone
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che non conosce, si terrebbe troppo in guardia. Rapporto tutte le sere personalmente a me.'' Zuccadelli Cesare sta per uscire; Pinna alza il viso e si distende sulla poltrona, respira profondamente una boccata di fumo da sigaro e dice, sottovoce: ''E attenzione ai passi falsi: il questore Pinna ha orecchie e occhi dappertutto. Ho mescolato certi miei delinquenti dove neppure te lo immagini, Zuccadelli Cesare''. ''Di me potete fidarvi, signor questore." ''Ne sono certo, altrimenti non ti avrei parlato.'' Zuccadelli Cesare, vice brigadiere di Sicurezza Pubblica, esce dall'ufficio del questore ed contento di quanto passato fra lui e Pinna. E' stato fortunato anche. Con tanti vice brigadieri che ci sono nella questura di Bologna, a lui toccata la fortuna... Lui ha avuto la fiducia del nuovo superiore. E potr contare sui ragazzi dei quali ha segnalato i nominativi al questore. Prima o poi impareranno che lui, Zuccadelli Cesare, ha riferito bene di loro e li ha voluti nella Squadra Speciale. Zuccadelli se n' appena andato che il questore Pinna Felice mormora: ''Ceneri Pietro e Ceneri Giacomo... Si sono fatti troppo furbi. Succede quando si lascia l'iniziativa. E hanno troppi protettori in tribunale e in questura. E' ora che imparino chi comanda il gioco".

Scheda dei fratelli Ceneri


Ceneri Pietro, anni ventisette, alto nella persona, snello e pieno di vigore, aspetto regolare, fisionomia intelligente, occhi piccoli grigi scuri, capelli castani corti e arricciati sulla fronte. Parla italiano corretto, non ha barba sui volto e il labbro superiore appena velato da una lanuggine poco apparente. Disinvolto senza essere provocante, piace molto sia alle donne del popolo che a quelle di pi alta condizione. Frequenta osterie e case di tolleranza, ha domicilio e camere in pi luoghi della citt. La sua fedina penale: inquisito per complicit in furto violento e rapina a mano armata, ma la procedura fu sospesa. In seguito indiziato per invasione a mano armata e furto di ingente somma di danaro e oggetti preziosi: la procedura venne sospesa per mancanza di indizi probanti. Ancora inquisito per complicit in grassazione con furto di danaro e il giudice istruttore dichiar non luogo a procedere; prese parte ai moti popolari di piazza, dovuti al rincaro dei prezzi degli alimentari, e per questo fu ricercato, ma present testimonianza che nel periodo interessato si trovava a Modena. Inquisito di complicit in due furti, di correit in grassazione a mano armata e furto di danaro e oggetti preziosi. La voce popolare io vuole come capo, assieme al fratello Giacomo, della Balla di Piazza o Balla dalle scarpe di ferro. Richiesto pi volte di collaborare con la questura per rendere pi tranquilla la citt e per tutelare la libert dei cittadini, non collabor fattivamente.
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Ceneri Giacomo, anni trenta, macellaio, celibe. Corporatura sottile, statura alta come il fratello. Volto regolare e pallido, fronte spaziosa sotto cui lampeggiano due occhi neri alquanto infossati. Lineamenti non molto gentili; pochissimi baffi che, congiungendosi al raro e corto pizzo, formano un cerchio alla bocca piccola e labbra sottilissime. E' snello d'aspetto. La snellezza gli viene accresciuta da abiti leggeri: una corta giubba nera, un giustacuore ben fatto ed una cravatta annodata con maestria su cui ripiegato un bianchissimo colletto. Ha contegno rispettoso e risponde con dignit. La sua fedina penale: imputato di ferita colposa; carcerato per furto violento a mano armata: la procedura fu sospesa e dimesso dai carcere. Inquisito quale complice in invasione armata con ruberia di denaro e preziosi, ma la procedura venne sospesa per mancanza di indizi. Arrestato per complicit in grassazione armata con furto di denaro e preziosi, il giudice istruttore dichiar non luogo a procedere. Inquisito per complicit in grassazione a mano armata e minacce, carcerato per complicit in sommossa popolare dovuta ai rincaro dei generi alimentari, ma il giudice istruttore dichiar non luogo a procedere e fu dimesso dai carcere. La polizia io indica a capo, con il fratello Pietro, della Balla di Piazza o Balla dalle scarpe di ferro.

Pinna e Baccarini
Il questore agita il campanello e, al piantone che entra, dice: ''Mandami l'ispettore Baccarini Luca'' e lo attende, allungato nella sedia, sempre tirando nel sigaro che ora troppo corto per le dita. L'ispettore Baccarini entra e Pinna lo tiene in piedi davanti alla scrivania. Gli chiede: ''Che potete dirmi di Trenti Camillo?". ''Dal momento che venni a Bologna, il Trenti Camillo mi fu indicato dai superiori come persona degna e che, esercitando molto ascendente sull'animo popolare, avrebbe potuto prestare servizi alla questura.'' ''Quali superiori ve lo indicarono?'' ''Il passato questore cavalier Paolo Buisson, per esempio. A dire la verit, io ho buona opinione del Trenti.'' Il questore Pinna guarda l'ispettore Baccarini direttamente in viso e si toglie il sigaro, ormai consumato, di bocca per dire: ''Trenti Camillo una canaglia e ho motivo di ritenerlo implicato in molte faccende sporche accadute in citt e fuori. Cosa mi dite di Paggi Giuseppe?". ''E' tenuto per uomo onesto. Buoni sentimenti di patria e di libert. Fa parte, a quanto mi dicono, della Societ Operaia.'' ''E' strano che le nostre informazioni non siano concordi." ''Me ne dispiace e cercher di ottenere altre notizie sui personaggi che possono interessarvi, signor questore.'' ''E farete bene, ispettore Baccarini." ''Il passato questore, cavalier Buisson, aveva buona stima di me.''
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''Che anch'io condivido. Tanto da nominarvi capo della Squadra Speciale che vado ad istituire per portare ordini nella citt. Ma questo non toglie che le mie informazioni sui delinquenti siano difformi dalle vostre e che delle mie mi fidi maggiormente. Alludo ai fratelli Ceneri, al Paggi, al Trenti del quale gi parlammo. Al Mariotti, al Bacchelli, al Busi e a tanti altri che avremo occasione di incontrare ancora.'' ''Il signor questore Buisson aveva questi signori per buoni informatori della questura e li trattava in maniera da non disgustarli.'' ''E sar mia cura continuare a trattarli cos fino a che non avr modo di arrestarli per associazione di malfattori, oltre che per specifiche accuse che vado formulando. Ma quanto a non disgustarli... Non sono Buisson e ho letto certi episodi e certi suoi comportamenti...'' ''Quali, per esempio, signor questore?''

Secondo episodio: PER ESEMPIO


Il primo giorno, il ventidue, non ci furono ostacoli perch non se l'aspettavano e il mercato di Piazza Maggiore fu messo a soqquadro e molti dei venditori finirono sotto il banchetto con qualche cosa di rotto, ma era chiaro che non si potevano lasciare gli avvenimenti al piacere della plebaglia pi rozza e che occorreva programmarli per ottenere il miglior effetto. Se ne discusse e si stabil un piano per il ventitr e per il ventiquattro. Se ne discusse tutta la notte e si divisero le zone e i gruppi. ''La questura non si aspetta il ripetersi degli incidenti. Lo so di preciso da informatori.'' ''Se pure se l'aspettasse, noi agiremo contemporaneamente e in pi punti della citt e sar difficile per i carabinieri intervenire." ''Quando arriveranno sul luogo dei disordini, questi saranno finiti e il pi sar fatto. Non troveranno su chi sfogarsi." Un gruppo invase di nuovo il mercato di Piazza Maggiore e un altro, con i pi esaltati, si occup dei pastai e dei fornai del Mercato di Mezzo dove, senza tante storie, i partecipanti si servirono a loro talento e pagarono ci che era giusto pagare. Ci fu anche, nella confusione, chi non pag. ''Fornai e pastai sono affamatori e speculatori. Non meritano neppure mezzo soldo." Un gruppo si dedic ai rivenditori di granaglie, portando cartelli con i prezzi gi indicati e li sostitu a quelli posti dai rivenditori. Tanto per il grano, tanto per la farina, tanto per l'orzo... Ad ogni cosa il giusto prezzo. ''Ripasseremo pi tardi e saranno guai grossi se non avrai venduto al nostro prezzo." Nessun rivenditore prov a sostituire i cartelli posti dai rivoltosi e chi, per paura, chiuse bottega, se la trov spalancata e le merci distribuite al popolo. La notizia di quanto stava accadendo per la citt si sparse e chi credeva tutto concluso con lo sfogo del giorno prima, si ritrov con la merda nei calzoni e la porta di casa sprangata.
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''Un giorno ogni tanto, si pu tollerare, ma ora esagerano!'' ''Padrone, son qui gi che picchiano all'uscio. Che facciamo?" ''Speriamo che la serratura tenga." ''Non tiene, non tiene! Usano dei palanchini! Che facciamo, padrone?" ''Che possiamo fare? Che fa l'Austria, dico io! Non si possono abbandonare gli onesti nelle mani della feccia.'' ''Arriva l'esercito! Arriva l'esercito!'' E arriv un picchetto di sette militari di linea, armati e pronti per ogni evenienza. Ma non per l'evenienza in corso, ch non fecero a tempo a mettere mano agli schioppi e si trovarono nudi in mezzo alle donne sgangherate dalle risa. ''Sparate col pistolino adesso, bei militari!'' ''Tornate in caserma a coprirvi il culo!'' ''Viva la linea!'' ''Viva la Societ Operaia!" ''E dite all'Oldofredi che con il suo proclama sulla libera concorrenza dei prezzi, ci si pulisca il culo!'' ''Prezzi popolari o esproprio!'' Alla questura, per tutta la mattinata, non si fece che prendere nota dei disordini che scoppiavano per la citt. Il pi incazzato di tutti era l'ispettore Grasselli: ''Che fa il questore? Perch non torna in citt? E' stato avvertito". ''Signor ispettore, un gruppo di donne sta assaltando una forneria presso gli Alemanni. Che si fa, ispettore?" ''Non lo so, non lo so! Proprio ieri Buisson doveva andarsene dalla citt? E lo sapeva! Era stato avvertito che sarebbero scoppiati tumulti. Sai cosa mi ha detto? 'Le solite esagerazioni dei nostri informatori. Quelli scambiano una riunione di amici per un complotto.' Le solite esagerazioni, vero?'' ''Hanno disarmato sette militari...'' ''Bene! Adesso hanno anche le armi. Chi ha dato ordine ai militari di intervenire? Chi stato il pazzo?'' Verso sera l'agente inviato al questore torn e rifer all'ispettore Grasselli quanto il cavalier Buisson mandava a dire. ''Problemi ben pi gravi lo tengono lontano e pertanto non gli possibile il rientro in citt. Il signor cavaliere Buisson manda a dire che l'ispettore Grasselli in grado di fare le veci di questore e deve quindi pensarci lui. D ordine che si riporti la calma in citt con ogni mezzo.'' L'ispettore Grasselli non aspettava altro. ''Cos manda a dire il signor questore? Bene: vedr il signor questore che sono in grado di tener testa alla plebaglia scatenata. Basta saperlo. Tutti gli ispettori e i graduati nel mio ufficio!'' La plebaglia ci aveva preso gusto e il ventiquattro la festa continu e molti cominciarono a credere che non fosse difficile come dicono fare una rivoluzione: si trattava di insistere e i ricchi borghesi e i ricchi possidenti avrebbero cominciato a rigare per il verso giusto. Gli illusi, ancora organizzati in gruppi minacciosi, continuarono ad aggi13

rarsi per Piazza Maggiore, buttando all'aria i residui banchetti di formaggio o verdura, sfasciando qua e l un po' di vetrine e soprattutto ingiuriando i bottegai. Ma l'ispettore Grasselli aveva potuto predisporre proprio un buon lavoro e a nessuno dei dimostranti pass per il capo di chiedersi come mai, quel giorno, c'erano tante facce nuove fra i dimostranti, gente che non s'era mai vista prima. Se avessero guardato meglio, almeno i capipopolo, si sarebbero accorti che i nuovi venuti avevano le mani lisce, tenevano il berretto troppo dritto sulla fronte e non si coprivano di stracci. E ogni tanto si allontanavano, sparivano dalla circolazione, e tornavano per urlare, con voci non abituate a comizi, frasi vecchie come il vecchio governo di Pio IX. L'ispettore Grasselli aveva fatto proprio un buon lavoro e nella mezzanotte fra il ventiquattro e il venticinque, cominciarono gli arresti. Molte spose si trovarono sole nel letto e con la porta di casa sfondata e con il figlio pi piccolo fra le braccia e in pianto. Agitatori, capipopolo, gente che non c'entrava e che, magari, durante la sommossa era andata a casino per farsi la scopata in pace, si trovarono chiusi nei cameroni della questura, prima e nelle galere del re, verso mattina, solo perch uno dei tanti agenti in borghese, mischiati alla bassa plebe in agitazione, credeva di averli veduti alzare i pugni minacciosi e gridare intemperanze all'indirizzo delle autorit costituite o dei bottegai ladri s, ma non pi del solito. Sarebbe bastato metterci un po' pi di testa. Ma quando mai,... E fu verso le dieci che Paggi Giuseppe, anni trentaquattro, ammogliato e membro della Societ Operaia, si present nell'ufficio dell'ispettore Grasselli per esternargli tutta l'indignazione della citt per gli indiscriminati arresti. ''E in special modo mi riferisco all'arresto di Marchi, Salimbeni e Ceneri Giacomo, pi innocenti degli altri. Questi signori, cittadini esemplari che sempre servirono la patria, devono essere immediatamente rimessi in libert.'' L'ispettore Grasselli continu a consultare le schede che i suoi agenti in borghese gli avevano messo sul tavolo e disse: ''Non vedo il vostro nome fra i fomentatori della sommossa, signor Paggi Giuseppe, e me ne dispiace. Io vi tengo per un cattivo soggetto e il solo fatto che veniate a perorare per Marchi, Salimbeni e Ceneri, me li fa apparire pi colpevoli''. ''Se le cose stanno in questi termini, desidero parlare con il signor questore cavalier Buisson.'' ''Il cavalier Buisson . in permesso e non torner prima del ventisette. Nel frattempo, forse, sar riuscito ad arrestare anche l'altro Ceneri, quel Pietro che, mi dicono, incitava a gran voce la plebe perch si demolissero i negozi e si assaltasse il palazzo del governo.'' ''Bugie, signor ispettore. La polizia sta commettendo grossi arbitri e approfitta dei moti di piazza per arrestare cittadini onesti ma scomodi.'' ''Convengo con voi che gli arrestati sono cittadini scomodi e proprio per questo non posso aderire alla vostra richiesta e rimetterli in libert.'' ''Vedremo cosa ne dir il signor questore. Mi rimetter al suo giudizio.''
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Il signor questore Buisson cavalier avvocato Paolo si limit a prendere nota del nome degli arrestati e a chiedere all'ispettore Grasselli: ''Era proprio necessario?". ''Era indispensabile, signor cavaliere: la situazione stava degenerando e non eravamo pi in grado di controllarla.'' ''E' certo che i fratelli Ceneri...'' ''I miei uomini, mescolati ai dimostranti, li hanno riconosciuti senza ombra di dubbio.'' ''Anche il Marchi, il Salimbeni?" Grasselli continu ad annuire a ogni nome e, alla fine, Buisson chiuse il fascicolo e mormor: ''Adesso mi metteranno in croce''. ''Signor cavaliere, noi viviamo in una citt piena di assassini e le nostre vite stesse sono in pericolo ad ogni momento, se non agiamo con determinazione...'' ''Voi conoscete la citt e certamente avete agito per il meglio.'' ''Vi raccomando, signor cavaliere, di usare prudenza; di stare in guardia. Anzi, scrivete a Torino e fateci trasferire perch qui non possiamo vivere a lungo. Con questi assassini, vedrete che ci succeder qualcosa. In citt vi grande rabbia per gli arresti e l'intera questura odiata a morte." Buisson si alz dalla scrivania e si avvicin alla finestra. Guard fuori e disse: ''E' una strana citt e voi siete strani uomini. Voi, signor ispettore, avete ordinato gli arresti e ora mi dite... ''Ho fatto quello che ritenevo il mio dovere." ''Non vi biasimo. Solo, avreste potuto agire con pi circospezione.'' ''Ci vorr costanza, signor cavaliere, e molto aiuto, ma sono certo che presto potremo liberare la citt da tutti i delinquenti. Ho scoperto certe trame e certi legami..." ''Vi prego di parlarmene.'' ''Preferisco di no. Mi mancano ancora pochi elementi, pochi nomi e poi Bologna sar pulita. Fidatevi di me, signor questore, ch al momento opportuno saprete ogni cosa." Entr un piantone per annunciare: ''Una donna desidera parlare con il signor questore". Era una donna sui trentacinque anni, vestita meglio di una popolana, ma non ricca, con un fazzoletto sul capo e uno scialle sulle spalle. Appena entrata, guard i due, Buisson e Grasselli, e disse decisa: ''Parler quando il signor questore sar solo. Non voglio che certa gente intenda ci che ho da dire". ''Chi siete e che volete?" Per lei rispose l'ispettore Grasselli: ''E' la cognata del Ceneri Giacomo, signor cavaliere, e sar certamente venuta per il medesimo scopo per il quale venne, alcuni giorni or sono, il Paggi Giuseppe". La donna continu a fissare senza indecisione, quasi a provocare, l'ispettore Grasselli. ''Quello che ho da dire non deve riguardarvi e riferir al signor questore.''
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''Fatemi il favore di aspettare qui fuori, ispettore Grasselli. Se avr bisogno vi chiamer.'' Rimasti soli, la donna si avvicin a Buisson e disse sottovoce e decisa: ''Mio cognato Giacomo vi manda a chiedere, per me, il motivo del suo arresto". "E' stato veduto in piazza, e da molti, durante la sommossa del ventidue e ventitr e le accuse sono gravi.'' ''Voi sapete che non vero. L'ispettore Grasselli, che ha certamente agito senza i vostri ordini, vuole far del male a onesti cittadini. Giacomo vi manda a dire di lasciarlo libero e che lui il pi bravo giovine di Bologna.'' Buisson si rimise al tavolo; non sapeva come tenersi davanti alla decisione della donna e cerc di prendere tempo: "Vedr cosa si pu fare". ''Non c' tempo da perdere: in carcere Giacomo sta morendo d'inedia, di fame e di sonno. E' tempo di finirla.'' Buisson picchi un pugno sul tavolo: ''Che volete dunque che io faccia? Quando sono tornato ho trovato la cosa gi compiuta. Ora vostro cognato Giacomo e altri sono nelle mani della legge''. ''Va bene: devono restarci ancora per poco. Questo manda a dire Ceneri Giacomo.'' E senza aggiungere altro, usc dall'ufficio del questore Buisson, pass davanti all'ispettore Grasselli senza neppure guardarlo e lasci il Palazzo della questura per unirsi alle donnette in giro per la spesa e mescolate a caso fra i banchi di verdura di Piazza Maggiore.

Perquisizione
Trenti abita, con la moglie, in una casa che come la maggioranza delle case di Bologna: una camera grande al primo piano, che guarda in un cortile interno umido e puzzolente; una cucina, altrettanto grande, che si affaccia su una stradina stretta e piena di immondizie che solo ogni tanto qualche birocciaio passa a caricare per fare concime nel letamaio dietro la stalla. L'androne buio di notte e in penombra di giorno e l'unica luce arriva da un cortile sul fondo, luce scarsa, ch in quel cortile non mai entrato un raggio di sole. Anche l'androne, come il resto della casa, puzzolente e l'unta umidit delle pareti sale su fino al tetto. La finestra della cucina non ha imposte e quella della camera oscurata da stracci appesi fuori dai vetri e tenuti assieme da cuciture di cotone grosso e colorato. La scala, ripida e stretta fra due muri sporchi da secoli, non ha corrimano e i gradini in mattoni sono sberciati e sconnessi. E il buon Trenti Camillo incaricato degli alloggi militari, ma c' poco da scegliere visto che quasi tutte le case di Bologna sono in queste condizioni se non in condizioni peggiori. E c' chi ha il coraggio di meravigliarsi se il colera di famiglia.
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Il cesso nelle scale, sul pianerottolo fra il primo e il secondo piano, e serve gli inquilini dell'intero fabbricato e la merda finisce in un camerone seminterrato che, ogni tanto, viene vuotato attraverso una porticina, alta sul pavimento interno, da un merdaiolo che fa il giro della strada con un cavallo bolso e un tino di quelli che si usano anche a portare il mosto nella stagione giusta. Non c' da stare allegri per gente che, al venti per cento, iscritta al municipio sotto la voce: sussidiati, mendicanti, incerti. Trenti Camillo dorme e dorme la sua donna accanto a lui: sono le due della notte. Ma gli agenti della nuova Squadra Speciale del questore Pinna non dormono e Borgognoni Francesco, vice brigadiere, picchia coi piedi alla porta di Trenti che non ha il tempo di infilare le mutande e corre alla porta, l'uccello che gli batte sulle cosce, e vorrebbe solo socchiudere per vedere chi , ma Borgognoni non fa complimenti, spalanca con una spallata ed entra urlando: ''Nessuno si muova! Fate luce qui dentro!''. Trenti finito contro il muro e la sua donna, saltata dal letto in camicia, ha le mani che tremano e non ce la fa ad accendere il lume. E' Borgognoni che d fuoco allo stoppino. Con il vice brigadiere sono entrati Kislich Vittorio, appuntato e Bernardi Antonio, guardia. Trenti si ripreso e accompagna la moglie in camera. "Resta di qua." Chiude la porta, ma Borgognoni non l'intende e indica a Kislich la camera: ''Vedi che quella donna tocchi niente!". ''Si pu sapere che volete? Chi vi ha ordinato...'' ''Lo sai bene, Trenti, che vogliamo.'' ''Se sapessi non chiederei." Bernardi Antonio ha cominciato la perquisizione e lo fa con metodo, come gli hanno insegnato in questura: prima vuota i cassetti del tavolo, poi quelli della credenza e dell'armadietto a muro di fianco al caminetto e tutto finisce sul pavimento. Kislich, in camera, fa altrettanto e continua con i lenzuoli, i materassi e i cuscini del letto. Alla fine urla perch lo sentano dall'altra, camera: ''Niente. Niente di niente''. La moglie di Trenti ha le mani sulla bocca per non piangere forte e segue, con gli occhi sbarrati, le mosse dell'appuntato. In cucina, Bernardi Antonio rivolta le sedie, il tavolo e porta la lumiera sotto la cappa del camino: ''E neppure qui". Borgognoni si avvia alla porta rimasta spalancata e dice: "Questa volta ti andata bene Trenti, ma stai attento: non ancora finita". Trenti, ridicolo come pu esserlo un uomo coperto solo da una maglietta a mezze maniche che arriva all'ombelico e appena uscito dal letto, lo segue e gli dice, sottovoce in modo che non intendano gli agenti: ''Avrei fatto bene a piantarti il coltello nella pancia, quella volta". ''Ma non lo hai fatto e adesso il mio turno. Andiamo ragazzi!'' ''Hai cambiato pelle, ma sei rimasto il questurino che eri sotto la polizia
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pontificia.'' ''Torna a dormire, Trenti e infilati almeno le mutande quando vai ad aprire.'' I tre se ne vanno; resta la casa sottosopra, Trenti appoggiato alla porta appena chiusa e la moglie inginocchiata sul pavimento a raccogliere i quattro cucchiai e le poche forchette. Lei, invece, coperta anche troppo, ch la camicia da notte le resta sotto i piedi e impedisce i movimenti. Piagnucola: ''Povra la mi roba! Povra la mi roba!''. Trenti le mette una mano sulle spalle: ''Sta m bona che adss a mitein a post en cossa. Sta m bona''. ''Me a l' l'ho seimper det: lassa perder, lassa perder la puletica!'' ''Sta m bona. L' bl e fin: i ein and vi.'' Ma non pu restare a raccogliere le cose dal pavimento, non ci riesce proprio. Va in camera, si butta sul letto e si passa le dita fra i capelli, con rabbia.''Al curtl in t'la panza ai aveva da piantar, Crest d'un dio.'' Rimpiange una storia vecchia di anni.

Terzo episodio: I MOTIVI DI UN RIMPIANTO


In giugno gli austriaci se ne andarono, le guardie pontificie si intanarono in casa e qualcuno doveva pur tenere l'ordine in citt. ''Trenti, prendi una pattuglia e occupati della zona di San Giovanni in Monte.'' ''Proprio dove sono le guardie pontificie.'' ''Qualcuno deve andare: meglio te che altri.'' E Trenti and con quattro della sua Balla, ma fu solo verso l'una di notte che intesero i passi di qualcuno che scendeva la massicciata di San Giovanni. Trenti fece un cenno ai compagni e due si misero dietro le colonne del portico, a destra, e gli altri due dietro quelle di sinistra. Il Trenti si infil nell'androne buio di una porta rimasta socchiusa. Gli pass davanti un tale e, alla luce che la luna faceva filtrare fra le arcate del portico, lo riconobbe; si fece sulla porta appena quello gli fu di spalle e grid: ''Borgognoni, fermati dove sei o ti scanno come si scannano i maiali!''. Borgognoni si ferm di colpo e non azzard neppure di girare il capo. Balbett: ''Chi sei? Cosa vuoi? Sono una guardia, sono una guardia pontificia...'' ''Ti conosco e per questo adesso ti ammazzer.'' Ma Borgognoni non aveva interesse a quella soluzione e cerc di tagliare l'angolo in fretta. Uno dei quattro della Balla di Trenti allung un piede fuori dalla colonna che lo nascondeva e Borgognoni fin lungo disteso sul pavimento del portico. Bestemmi come un facchino della Balla Grossa e se l'avesse inteso Pio IX, non lo avrebbe pi voluto fra le sue guardie. Trenti gli fu sopra con il coltello in mano, ma invece che piantarglielo nella pancia, lo us per nettarsi le unghie. Gli rise in faccia e i quattro pattuglianti usciti da dietro le colonne gli ballarono attorno ghignando: ''Lo sbirro
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del papa ha perduto le unghie''. Borgognoni cerc di alzarsi: ''Lasciatemi andare! Non ho fatto niente di male! Non potete...''. Trenti lo obblig sul pavimento e gli tenne un piede sul petto. ''Noi possiamo! Adesso siamo noi ad avere la citt in mano. Borgognoni, ricordi ieri? Soltanto ieri mi insultavi.'' ''Facevo il mio mestiere." ''Mestiere di merda, Borgognoni.'' Trenti sollev il piede e lasci libera la guardia. ''Via! e di corsa. Non farti incontrare! Il papa non c' pi! Il papa scappato e non metter il naso a Bologna! Il papa non c' pi.'' Si allontanarono, i cinque della pattuglia, urlando a squarciagola: ''Il papa non c' pi! Il papa non c' pi!''. Molti benpensanti, svegliati dalle grida, piansero per un futuro che immaginavano grigio; ma erano i meno politicizzati, quelli che vivevano alla giornata e non conoscevano le risorse di Pio IX. Infatti di l a qualche tempo, il Pio IX...

L'osteria della Palazzina


Appoggiato a una colonna del portico, proprio di fronte al portone di casa sua, Trenti vede il vice brigadiere di Sicurezza Pubblica Zuccadelli Cesare e gli si avvicina per dirgli il fatto suo. ''Bel lavoro! Ti ringrazio per avermi avvertito. E cos che il tuo questore Pinna intende la collaborazione? Borgognoni mi ha disfatto la casa." Zuccadelli risponde senza togliersi dalla colonna: ''Brutti tempi, amico Trenti. Sta' in orecchio: il questore mi ha dato ordine di tenerti dietro dappertutto. Sta' in orecchio perch, di solito, dopo cinque o sei giorni da queste disposizioni, arriva l'ordine di cattura". ''Il questore diventato matto. Io non ho da temere.'' ''Non credo: un sardo che sa il fatto suo. I tempi di Buisson sono finiti, ho l'impressione.'' Trenti Camillo si allontana borbottando: ''Maledetto pecoraio''. Zuccadelli Cesare lo segue a distanza. All'osteria della Palazzina, poco oltre la porta San Ma molo, la domenica c' un casino della madonna; si direbbe che a Bologna non ci siano altre osterie. Sar perch l'oste, Sabattini Giovanni, uno che ci sa fare e lascia in pace i clienti o sar perch la moglie, Corticelli Elena, si fa toccare il culo senza protestare o sar perch, al piano superiore, si pu giocare proibito e si pu, all'occorrenza, fare qualche scopatina con le spose dei dintorni o con le puttanelle venute dal centro a passare la festa. O sar, ancora, che l'aria fina e scende dai colli piena dei profumi della primavera. Il porticato, davanti all'osteria, ampio e tiene una decina di tavoli dove la gente gioca bottiglie di vino o fa lo spuntino del pomeriggio. C' anche qualche ragazza per bene che tiene gli occhi aperti. E quasi tutti urlano: quelli con la bocca piena per farsi intendere dall'amico seduto un paio di tavoli pi
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lontano, e quelli che picchiano il pugno sul tavolo, buttando una carta, per far capire al compagno che vogliono la pi alta, fosse pure il tre. Anche nelle molte sale a piano terreno c' fitto e Trenti deve passare fra le sedie mettendosi di coltello. Un cenno di saluto, col capo, a Sabattini Giovanni, quarantacinque anni, oste della Palazzina da sei, piccolo di statura e vestito di bianco, come bianco doveva essere, in origine, il lungo grembiule che gli pende davanti. E' incurvato nelle spalle, grosso quanto basta per farne un oste come si deve; per nulla espressivo, parla a bassa voce anche quando deve cacciare dall'osteria i pi resistenti, che sono poi i pi bevuti. L'oste risponde al cenno di Trenti Camillo con analogo cenno del capo. Corticelli Elena, l'ostessa, gira fra i tavoli a ritirare bicchieri e bottiglie vuote, ad asciugare i piani bagnati dal vino, a rispondere, ridendo a gola piena, ai clienti gi un po' in chiarina. E' pi giovane del Sabattini e ha tutte le caratteristiche della sposa proletaria: grassotta ma non troppo, un bel culo pieno e sodo, due tette che si fanno dare del lei e che nota anche chi non ci vuol far caso, e un bel paio di cosce. Porta abiti proletari, abbondanti e larghi nella parte inferiore, ma sempre tesi, fino a provocare le cuciture, sul seno. Da buona proletaria, le piacciono gli uccelli proletari. Quello di Trenti in particolare, ma oggi non proprio giornata e Trenti, a un'occhiata e a un sorriso di Elena, risponde scuotendo il capo leggermente. L'ostessa non convinta e prima che Trenti sparisca dalla porta delle scale, fa in modo di passargli vicino e di strofinargli le tette sul petto, lei e lui stretti fra sedie, tavoli e clienti. Nessuno ci fa caso perch c' una confusione del quarantotto e solo il Trenti capisce quello che Elena mormora continuando a spingere in fuori, pi del necessario, le sue tette da ostessa: ''Ti aspetto fra due minuti". Trenti non ha il tempo di rispondere di no, che non il caso, perch Corticelli Elena lontana a servire altri clienti. E cos, controvoglia, Trenti Camillo cambia direzione: attraversa le due sale al piano terreno ed esce nel cortile posteriore dell'osteria anzich andare al piano superiore dov'era diretto. Il cortile finisce in un prato, stretto fra due strade in salita e segnate da siepi di sempreverdi. Oltre le strade e le siepi, le canne e gli sterpi dei fossi, poi i campi. Elena grida all'oste: ''Giovanni, a vag a tor dal vein'' e, prima che il marito possa dire ''Ci vado io", gi fuori. Nel cortile, fra le mura umide di basse costruzioni cresciute a caso a seconda della condizione economica dei molti proprietari e dei vari momenti storici, c' uno sgabuzzino sistemato a latrina per gli avventori, dove, per, nessuno va per via dell'umidit che farebbe venire i reumatismi anche alle chiappe e per via del puzzo di urina ormai intasato nell'intonaco grosso e irregolare delle pareti e che non andr pi via nei secoli a venire. Gli avventori preferiscono pisciare dietro la siepe, in aperta campagna e fare il resto nel canneto, lungo l'argine del canale. Pi igienico e pi comodo. Ma Elena non ha certi problemi: raggiunge Trenti e lo trascina nella latrina
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e gli si incolla contro, gli si strofina come una gatta nel mese di febbraio. Il buon Trenti, per non cadere, deve appoggiarsi alla parete, umida e puzzolente, della latrina. ''Lascia stare, Elena, che oggi non il giorno adatto.'' Ma Elena gi gli sta frugando fra le gambe,fuori dai calzoni. ''Vdin se l' vira. Al mi bel uslein... Dov l' al mi bel uslein.'' Lo sente, sotto la stoffa, mogio e preoccupato, ma ancora non si d vinta e infila una mano nella cintura dei calzoni e scende in basso. Trenti cerca di prendere tempo: ''Aspetta un minuto: chiudo la porta". ''Non aver paura: non verr nessuno. Lascia perdere e slacciati i calzoni.'' Lo fa lei perch ha fretta e molta voglia. ''Pover al mi pasarot, com t'i ardot mal.'' Lo massaggia come ha imparato e, se pure non era giornata, i risultati si vedono. Elena solleva la sottana e spinge avanti il ventre: ''Metel dinter. Metel dinter sobit al mi bel uslaz, ch'hai n'ho voia. Hai n'ho una voia da murir". Trenti non pu tirarsi indietro: slaccia il blusotto di Elena e sbottano fuori le due tette proletarie, troppo costrette dalla stoffa. Senza interventi, i calzoni sono scesi alle caviglie a impicciare il Trenti che non riesce a muovere un passo e, per tenersi in equilibrio, si appoggia alla parete puzzolente della latrina. Elena ha fretta: si alza in punta di piedi e se lo sistema fra le cosce con le sue stesse mani: ''Di, di, premma che a mora!''. A questo punto, anche un santo... Trenti si attacca alle due chiappone sode di Elena, la solleva di una spanna da terra e se la inchioda all'uccello. L'ostessa, ora, a posto: ha ci che voleva. Attorciglia le gambe alle gambe di Trenti e gli mugola sul viso: ''Di, di... T'am fe murir!''. Ma non pare intenzionata a morire, come va proclamando. A Trenti gli si scorticano le chiappe nude, sbattute dalla foga di Elena, contro l'intonaco grezzo e umido della parete.

Una partita a carte interrotta a met


Il casino che fanno al piano di sotto, arriva fino al primo piano della Palazzina dove, invece, si gioca in silenzio. I due Ceneri, Pietro e Giacomo, non fanno mai coppia a carte: da una parte e dall'altra. Il Paggi Giuseppe molto bravo con le carte in mano. E anche senza carte, dice il questore Pinna. Con i tre c' Guermandi Fernando detto Fieschi, della Balla di Strada Stefano, e con Trenti, ultimo arrivato, fanno cinque. Ma Trenti non gioca, almeno per ora. Prende una sedia e va a mettersi fra Pietro e Giacomo e in silenzio segue il gioco. Gli piace vedere gli errori, le reazioni agli scarti, le contromisure... Gli piace avere un quadro completo come non possono averlo i giocatori. Pietro, il pi giovane dei Ceneri, parla senza togliere lo sguardo dalle carte che tiene in mano o da quelle sparse sul tavolo e gi giocate. ''Prendi un bicchiere.'' I bicchieri dei giocatori sono pieni a met. ''Che c' di nuovo?" ''C' di nuovo che le cose si mettono male."
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Anche Pietro continua a giocare e, fra uno scarto e l'altro e con molta calma, parla con Trenti perch l'argomento gli interessa. ''Si mettono male per chi?" ''Per tutti.'' ''Non ci credo.'' ''Zuccadelli Cesare mi ha seguito fin qui.'' ''Niente di male: sei venuto all'osteria. Non proibito." ''Pinna mi ha convocato in questura.'' ''Non la prima volta. E' normale." ''E questa notte mi hanno perquisito la casa.'' Non pi normale e Pietro alza gli occhi dalle carte e guarda, finalmente, Trenti Camillo. Anche Giacomo Ceneri sospende il gioco per chiedere, sottovoce: ''Che significa?". I quattro giocatori aspettano da Trenti il seguito, ma Trenti non ha da aggiungere a quanto gi detto. Guermandi Ferdinando detto Fieschi parla solo dialetto; nessuno, neppure il giudice istruttore, quando ha avuto occasione di interrogarlo, e di occasioni ne ha avute, riuscito a strappargli una parola di italiano. ''Piantagna l la partida per un sardagnol bastard? I penser quelcon far abbassar la crsta: la gran nova la spaza bin, ma l'as consoma sobit.'' Sul tavolo riprendono a volare, leggere, le carte e Ceneri Pietro chiede: ''Che voleva da te il Pinna?". ''Le solite cose: collaborazione, fiducia..." ''E tu dagliele.'' ''Non gli basta.'' Ceneri Pietro scuote il capo: ''E' troppo orgoglioso il sardo". Giacomo scarta e chiede:''Zuccadelli ti ha seguito?". Trenti annuisce. ''Di Zuccadelli ci si pu fidare.'' Parla con voce tranquilla. ''... e ci possiamo fidare anche di molti altri. Questo, il Pinna non lo sa." Ma Trenti non d'accordo: ''Pinna lo sa. Quel bastardo sa tutto! Ha infiltrato dei suoi nelle Balle e non possiamo fidarci di nessuno". ''Pu infiltrare chi vuole: noi conosciamo tutta la questura..." ''E lui ha assoldato dei delinquenti. D'ora in poi non potremo guardarci in faccia fra noi senza sospettarci.'' Finora Paggi Giuseppe ha ascoltato continuando a cambiare posto alle carte che tiene in mano, aperte. E' il suo turno di parlare: ''E' furbo quel sardo della madonna, ma noi dobbiamo esserlo pi di lui. Intanto accertarci che abbia comperato dei malfattori da mischiare alle Balle e poi conoscerne i nomi. Se non otteniamo queste informazioni, Pinna pu dire di aver raggiunto il suo primo scopo: farci dubitare perfino degli amici''. Trenti, che ha conosciuto di persona il Pinna e che gli hanno disfatto la casa durante la perquisizione, continua a essere il pi preoccupato: ''E come
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ci riusciamo?". ''Con lo stesso sistema usato da Pinna; lui assolda malviventi e noi assoldiamo questurini.'' Ceneri Pietro: ''E' da un pezzo che lo facciamo". Paggi Giuseppe: ''Andiamo oltre e pi in alto". Trenti Camillo: ''Quel bastardo non ci cascher. Noi non possiamo fidarci delle guardie: possono fare il gioco di Pinna. Ha ragione lui: i padroni sono cambiati''. Paggi Giuseppe scarta l'ultima, si rilassa sulla sedia, le gambe lunghe sotto il tavolo e vuota, lento, il bicchiere. ''I padroni non cambiano; al pi c' chi tenta di cambiare i finimenti. I grossi vanno sempre d'accordo e tocca a noi far credere che ci siano dei finimenti nuovi da sostituire ai vecchi. Dobbiamo essere svegli, amici miei. Ditemi: che ne sa il sardo di noi, della citt, del popolo? Di chi pu fidarsi con certezza? Noi abbiamo un vantaggio su di lui: approfittiamone.'' Guermandi Ferdinando detto Fieschi quello, dei quattro, che sta vincendo a carte e il fatto di interrompere la partita... ''Per me i ein ciavad: ai n'ho vest come al sardagnol e ai ho vest pi tranqul con la cura adata.'' Trenti continua a scuotere il capo, abbattuto: ''Questa volta ti sbagli: io, te, Zucchi, Longhi... Tutti i settembristi del quarantotto... Siamo segnati''. Paggi Giuseppe riprende il mazzo per rimescolare le carte e intanto dice: ''Ecco qua lo scopo: Trenti capopopolo, Zucchi capopopolo, Guermandi maresciallo di cavalleria nel battaglione di Masini... Il Pinna tira ai politici: eliminare i pi pericolosi". Distribuisce le carte. ''Adesso sappiamo dove vuole arrivare il sardo.'' Corticelli Elena, la moglie dell'oste, spalanca la porta e grida: ''Arrivano le guardie!'' Guermandi Ferdinando non sopporta i questurini, che gi gli hanno fatto alcuni sgarbi: si alza di scatto, butta le carte sul tavolo e prende la giacca dalla spalliera della sedia. ''Chi t'l'ha dett?" ''Un cinein... Un ragazzetto mandato di corsa da Piazza Maggiore. Dice che sono usciti tre plotoni che parlavano della Palazzina, dell'osteria delle Olle e del caff dei Viaggiatori. Ogni plotone ha preso una strada diversa.'' Guermandi Ferdinando detto Fieschi raccoglie i soldi che stanno davanti al suo posto di gioco e corre alla porta: ''Per la madona, inc l' un brot d!''. Entra un ragazzino, rosso in viso per la corsa, che grida: ''I ein que! I ein in fond a la str... Fieschi, non potendo pi prendere la porta, prende la finestra: salta sul tetto sconnesso della latrina, nel cortile, si arrampica sul coperto delle stalle, corre in bilico sulle tavole e salta nei campi dietro la Palazzina. Trenta secondi dopo gi fra le siepi e le canne dell'argine. Paggi Giuseppe raccoglie con calma le carte e le mette nella tasca del grembiule di Corticelli Elena e riempie i bicchieri proprio mentre Baccarini Luca, ispettore di Sicurezza Pubblica, entra assieme a Italiani Pietro e a Bernardi Antonio, tutti della nuova Squadra Speciale del questore Pinna.
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Baccarini si guarda attorno e chiede: ''Dov'?". Paggi Giuseppe rimasto con il bicchiere a mezz'aria. ''Chi cercate, signor ispettore?'' Ma Baccarini non lo ascolta: guarda Italiani Pietro, agente di Sicurezza Pubblica, e chiede ancora, e questa volta con rabbia: ''Allora, dov'?". Italiani Pietro balbetta: ''Sono... sono sicuro che entrato qui. L'ho visto salire al primo piano". Paggi Giuseppe: ''Possiamo offrire un bicchiere alle forze dell'ordine?". Baccarini Luca: ''Dov' Guermandi Ferdinando detto Fieschi?'' Ai suoi agenti: ''Date un'occhiata in giro". I due agenti escono. Esce anche l'ostessa tirandosi dietro il ragazzino ancora ansimante. L'ispettore Baccarini Luca chiude la porta a chiave e Pietro Ceneri lo guarda in viso e chiede, sottovoce: ''Che significa?''. ''Significa che il questore Pinna fa sul serio e d'ora in poi dovrete stare in orecchio e io non potr esservi di molto aiuto.'' Paggi Giuseppe riempie un bicchiere, pulito, per l'ispettore Baccarini: ''Bevete, signor ispettore, bevete alla salute del questore Pinna e non preoccupiamoci pi del necessario; pensiamoci su, che cinque teste valgono pi di una. Anche se quell'una di un sardo".

Scheda di Faggi Giuseppe


Trentaquattro anni, ammogliato con Serotti Sofia; ha figli ed negoziante. Statura piuttosto bassa, ma snello nella persona; capelli neri, barba intera, lunga e rada sulle guance e baffi neri. Carnagione olivastra, occhi piccoli e infossati, labbra sottili. Si esprime in buon italiano, circospetto e prolisso, ma caustico. Veste signorilmente e ha l'aria di un pacifico borghese. Sentimenti di patria e libert, membro e dirigente della Societ Operaia, indicato dalla voce pubblica come mente e ispiratore delle varie Balle e in particolare della Balla di Piazza o Balla dalle scarpe di ferro. Fedina penale: Arrestato per l'omicidio di Bertocchi Angelo e per questo delitto il tribunale lo condann a morte. In seguito, il tribunale d'appello di Bologna dichiar non sufficientemente dimostrata l'accusa per detto omicidio, revoc la sentenza e dimise il Paggi dalle carceri.

Scheda di Guermandi Ferdinando, detto Fieschi


Trentasei anni, ammogliato, figli, negoziante di cavalli, dai popolino indicato come il capitano della Balla di Strada Stefano e in intimit con i pi feroci malfattori. Alto di statura e snello, porta i capelli cortissimi, baffi folti e neri, la sua fisionomia esprime molto l'acutezza, occhi vivaci e neri. Parla solo in dialetto bolognese. Fu maresciallo di cavalleria sotto il Masini e contro gli austriaci e il papa24

to; fu anche con Garibaldi. Fedina penale: Arrestato per ingiurie e ferite alle forze dell'ordine, condannato a sei mesi per detenzione di armi; condannato per resistenza alla forza e disarmo di un soldato; la sentenza fu sospesa in seguito.

Il pedinamento e il ricatto
Che Kislich Vittorio, appuntato di Sicurezza Pubblica, sia sotto il portico di fronte al portone di casa, Ceneri Pietro lo sa e sa che, appena lui uscir, Kislich gli andr dietro, ma di Kislich non c' da preoccuparsi. Piuttosto: c' qualche altro agente che controlla a sua volta il Kislich? Pinna si fida dei suoi agenti? Ceneri Pietro continua a vestirsi e cerca di guardare, senza mostrarsi alla finestra, sotto il porticato e il pi lontano possibile dal punto dove il Kislich di fazione. La solita gente che si agita nelle botteghe, il suono del battirame sotto casa e i ragazzini, scalzi, che giocano, in mezzo alla strada, con le piastrelle. Niente altro. ''Pare solo.'' Ma Serotti Sofia, moglie di Paggi, non tranquilla. ''Non sono convinta. Il sardo non ti manda dietro uno che sa essere dalla parte delle Balle. Il Kislich non solo, ci scommetterei. Mio marito dice..." Pietro Ceneri le arriva dietro proprio mentre Sofia solleva la gamba destra per infilare la calza e le posa il palmo della mano sull'inguine ancora nudo. Serotti Sofia una bella donna, a mezza strada fra la popolana e la borghese: delle popolane ha gli slanci, ma quel tanto di borghese che c' in lei, la frena, la tiene controllata. Adesso che la mano calda di Pietro si posata sul suo ventre, il primo desiderio quello di lasciarsi andare sul letto, aprire le cosce... Ma Pietro Ceneri deve far forza perch si distenda e anche quando l'ha costretta sul letto, Sofia continua a tenere le gambe dentro il secchio. Per abbraccia Pietro, fa pressione sulle sue spalle e se lo trascina sopra. ''Non vai pi?" ''C' tempo. E chiss che Kislich non si stanchi di aspettare.'' ''Non ci contare. Allora.., allora toccami." E Ceneri Pietro la tocca perch sa che a Sofia piace la carezza della mano, le piace pi di tutto il resto, Ci vuole poco a farla godere cos: quasi troppo facile. Anche dopo, Pietro lascia la mano posata sul ventre di Sofia che si rilassa. ''L'hai fatto spesso da bambina, vero?" Sofia annuisce: ''Anche... anche...". ''Anche?'' ''Anche da grande. Dopo che Paggi si ammalato... ho dovuto arrangiarmi.'' ''Vuoi dire che...'' Ancora Sofia annuisce, a occhi chiusi, seminuda sul letto: ''Dopo che mio marito torn da Costantinopoli, non pi venuto a casa a dormire e io...''.
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Si alza e riprende a infilare le calze. ''Adesso devi proprio andare: tardi.'' Pietro riprende a vestirsi e torna alla finestra. Dice: ''Esci, fa' un giro attorno e ripassa qui sotto. Se non vedi altri agenti, tieni il fazzoletto sulle spalle, ma se invece pensi che ci siano altri questurini, ripassa col fazzoletto sul capo". Serotti Sofia passa sotto il porticato, a due metri da Kislich, e ha il fazzoletto sulle spalle e Ceneri Pietro decide di uscire: lo aspettano e non pu rimandare. N pu portarsi all'appuntamento Kislich Vittorio o qualche altro agente che Pinna gli pu aver messo dietro. Non proprio il caso. Kislich lo segue a pochi passi e neppure tenta di nascondersi e Ceneri sar costretto a perderlo per via, senza dare nell'occhio e in modo che lo stesso Kislich non sembri, a qualcuno che lo segua, consenziente. C' quello che serve: un fiacre coperto, proprio all'angolo della via e Pietro Ceneri vi salta sopra. Cos, nell'ufficio di Pinna, Kislich ha la coscienza tranquilla. ''E' montato su un fiacre coperto e io l'ho seguito su un altro. Probabilmente il Pietro Ceneri sceso senza che il fiacre si arrestasse e senza che io me ne rendessi conto.'' Pinna seduto sulla poltrona, dietro la scrivania e, al solito, si regge il capo con le due mani: non commenta. ''Ho fatto il possibile, signor questore, ma non potevo prevedere... Quel Pietro Ceneri molto furbo. E' rimasto in camera con la Serotti Sofia per un paio d'ore, poi uscita la Serotti, sola. Poco dopo uscito anche lui e...'' ''Serotti... Serotti Sofia... E' la moglie di Paggi Giuseppe." ''Sissignore, signor questore.'' ''Il Paggi al corrente della relazione?'' ''Sissignore, signor questore. Il Paggi non frequenta pi la sua casa e si dice che non abbia problemi con la moglie. L'ha lasciata libera appena tornato da Costantinopoli, ma si vedono di tanto in tanto. Sono rimasti amici.'' ''Cos te lo sei lasciato scappare.'' ''Ho fatto il possibile, signor questore.'' ''Non ne dubito, ma nella mia Squadra Speciale voglio che si faccia anche l'impossibile. Non voglio che si arrivi all'osteria della Palazzina quando il Fieschi gi scappato e neppure che Pietro Ceneri possa andarsene dove vuole dopo aver seminato per strada i miei agenti.'' ''Sissignore.'' ''E voglio sapere tutto quello che succede in citt. E devo conoscere tutto quello che gli agenti della mia Squadra Speciale conoscono.'' ''Sissignore.'' Il questore Pinna si passa le mani sul viso e ve le tiene con le dita allargate e sottovoce continua: ''Dunque, vediamo perch hai lasciato andare il Pietro Ceneri.'' ''Ve l'ho detto, signor questore.'' ''Non la verit, Kislich, non la verit. Un mio agente che ti seguiva ha visto benissimo quando Pietro Ceneri sceso dal fiacre dalla parte opposta a
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quella dov'era salito e se lo ha veduto lui..." Kislich rimasto senza fiato: Pinna lo manda a seguire il Ceneri e poi manda un altro agente a seguire lui. Questo maledetto sardo non se lo lascia mettere, non c' modo. ''Io giuro davanti a dio...'' ''Kislich, non sei sotto Pio IX; sei sotto Vittorio Emanuele Il." Gli lascia il tempo per riflettere e poi ricomincia: ''Io so per certo che tu e molti altri non fate il possibile per servire la regia questura e so anche cosa ve ne viene in cambio. Potrei far piazza pulita e sostituirvi con un esercito di piemontesi, ma non lo faccio; vi ho inserito nella mia Squadra Speciale e avrei dovuto mandarvi in fortezza. Vedete quindi che io non abbia a pentirmi''. Il sardo, figlio di puttana!, butta l le frasi come se niente fosse, poi lascia il tempo che entrino nella mente e comincino a lavorare, a tarlare, per cui Kislich, che non pu continuare a restare in piedi davanti a Pinna senza parlare, chiede: ''Posso andare, signor questore?". ''S, s, appena mi avrai detto quello che sai. E' l'ultima occasione che ti offro. Dopo saranno affari tuoi.'' E Kislich cala le braghe. ''Va bene signor questore. Quello che so. Questo: domani notte qualcuno dar l'assalto alla diligenza che arriva dalla Toscana.'' ''Chi?" Kislich scuote il capo: ''Non Io so, proprio non lo so. Lo giuro davanti a...''. Pinna si mette a ridere: ''Non giurare, ch ti credo. Chi ti ha passato l'informazione?". Ma non lo lascia rispondere.''Non dirmelo: ognuno di noi ha i propri informatori. La diligenza di Toscana? Un buon colpo: ci saranno sopra i soldi per l'ufficio pagatore della ferrovia in costruzione sull'Appennino. Proprio un buon colpo.'' Non sta parlando con Kislich, sta commentando a voce alta. ''Da chi lo hanno saputo? Non certo dalla questura, ch io solo ne ero al corrente. ''I gomiti appoggiati al tavolo, le palme delle mani davanti al viso e le parole che escono smorzate in un balbettio.''Sono in tanti da tenere d'occhio, proprio tanti. Ma ci riusciremo.'' Ha finito; si alza e dice a Kislich: ''Vero che ci riusciremo? Prepariamo una bella sorpresa ai nostri amici e agli amici dei nostri amici.''

Uno scherzo da sardo


Una notte migliore non poteva capitare per quello che devono fare i compari nascosti dietro le colonne di via Frassinago e dietro l'angolo di Ca' Selvatica. In giro non ci sono che loro, buio il giusto per vedere e non essere veduti e la diligenza la si sentir arrivare ancor prima che tocchi porta Saragozza. Altri individui, alla stazione ferroviaria, aspettano, svegli, la stessa diligenza; ma arriver tardi e arriver vuota, se l'informazione giusta. E deve
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essere giusta. Non c' motivo... In Frassinago nessuno parla: sotto le capparelle, pugnali, pistole e un tromboncino per ogni evenienza. Ma non c' mai stato bisogno di usarlo: la gente tiene pi alla pelle che ai soldi, soprattutto quando i soldi sono degli altri e a loro non ne toccano. Ognuno ha un compito preciso: chi ha organizzato, non lascia al caso e chi ha dato le informazioni e chi tira dall'alto i fili, non ammette errori. La diligenza di Toscana arriva a porta Saragozza e si sente il rumore delle ruote sui ciottoli irregolari della strada; lenta, ch il tiro a due stanco anche se il cambio avvenuto a Marzabotto qualche ora fa. Spunta in cima al Frassinago e appena sar pi vicina, all'altezza delle vecchie mura... Dai ruderi delle vecchie mura spuntano in due, senza capparella per non essere impacciati, e si buttano sui cavalli che, impauriti, si impennano; ma il morso doloroso e si fermano dopo pochi passi, giusto di fianco agli altri compari. Uno si mette in mezzo alla via e tiene il tromboncino be ne in vista. Un altro salta a cassetta e tiene il pugnale alla gola del conduttore. I due ultimi, uno a destra e uno a sinistra della diligenza, aprono le portiere e, prima di entrare loro, fanno entrare le pistole. I due soldati di scorta, assonnati, si trovano sulla strada prima di sapere chi e perch, mentre il conduttore neppure respira, ridotto com' con il pugnale che gli scalfisce la pelle della gola. Non c' bisogno di parlare ch ognuno, i primi attori e gli attori per forza, conoscono a memoria la parte. Ma la borsa con i soldi non c'; non dove avevano detto si sarebbe trovata. Uno dei due entrati nella diligenza guarda sotto i cuscini, dietro i sedili... Niente. Allora salta dalla carrozza, si fa sopra i due soldati, sdraiati sulla strada, e grida: ''Dov'? Dove l'avete messa? Non fate i furbi ch non abbiamo tempo per scherzare!''. I due soldati non sanno rispondere e guardano, con occhi sbarrati, la canna della pistola che va dal viso di uno al viso dell'altro. ''Non abbiamo tempo per scherzare!" Il conduttore riesce a mugolare qualcosa di insensato. ''Che dici tu?" Rimugola e nessuno capisce. Il compare gli toglie il pugnale dalla gola: ''Che dici? Parla chiaro e non urlare se non vuoi che lo pianti fino al manico". ''Dico che... che se cercate i soldi della ferrovia...'' ''Quelli vogliamo! Dove sono?'' ''I soldi della ferrovia non ci sono.'' ''Tu vuoi fare il furbo. Attento!'' ''Vi giuro per la madonna che non li hanno caricati. Dovevo portarli io, ma poi li hanno mandati con la diligenza prima della mia. Vi giuro per la madonna... Non fatemi del male ch non ne ho colpa!'' ''E quei soldati? Che ci fanno sulla tua diligenza? Che scortano? Te?''
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''Non lo so. Vi giuro per la madonna che arrivato ordine di far partire i soldi prima. Non fatemi del male ch ho moglie e due figli piccoli. Se ci fossero, ve li darei: non sono miei... Ve li darei...'' I compari si guardano in faccia: non era mai accaduto prima che ci si sbagliasse. Qualcosa non ha funzionato. ''Io ti conosco, so chi sei e dove trovarti: se mi hai fregato, vengo a casa tua e ti faccio una corona da morto con le tue budelle.'' ''Vi giuro per la madonna... ''Non fa a tempo a giurare altro: i compari sono spariti per Ca' Selvatica, per Frassinago e dietro le vecchie mura. Non era mai successo: qualcosa non ha funzionato. Bisogner chiarire. I due soldati si alzano da terra solo quando sono ben sicuri che in giro c' nessuno e allora il conducente riprova a parlare con voce normale, ma ci riesce solo alla stazione ferroviaria dove continua a ripetere a tutti: ''Vi giuro per la madonna... Vi giuro per la madonna...''. Ha un fazzoletto legato alla gola, ma non ferito: solo la paura e il questore Pinna lo sa e per ci lo maltratta. ''Chi erano? Tu li hai riconosciuti, ne sono certo. Voglio i nomi o ti metto in carcere per reticenza!'' ''Signor questore, ho moglie e figli, vi prego di credermi... Era molto buio e non c'era neppure la luna. Una notte infame.'' ''Vieni con me.'' Lo trascina sul piazzale della stazione e gli indica il cielo. ''La luna c'era come c' ora. Voglio i nomi!" ''Avvolti nelle capparelle non li ho riconosciuti. Neppure se fosse stato mio fratello lo avrei potuto riconoscere. Madonna mia, che brutto mestiere mi toccato!'' ''Hanno parlato: che voci erano?" ''Signor questore, solo uno ha parlato e ha detto che mi avrebbe ammazzato se...'' ''Ecco qua: hai paura. Questa la verit. Mettetelo dentro fino a che non gli sar tornata la memoria. Vedremo!'' Baccarini Luca si tenuto in disparte e non intervenuto, ma appena gli agenti di sicurezza trascinano via il conducente che urla: ''No, in galera no! Sono un galantuomo io... Ho moglie e figli! Madonna mia che vergogna!'', si avvicina al questore e gli dice: ''Nessun testimone ha mai parlato, signor questore: hanno paura e sanno che quelli non scherzano''. ''N scherzo io, ispettore Baccarini.'' ''Mi permetto di farvi presente che con la forza non otterrete la collaborazione dei bolognesi. Io li conosco, so come trattarli..." ''Ho veduto i vostri risultati. D'ora in poi si far a modo mio. Kislich!'' Kislich si tenuto fuori dai piedi e adesso deve rispondere: ''S, signor questore.'' ''Prima che sorga il sole voglio in carcere un paio di delinquenti da interrogare sull'assalto alla diligenza di Toscana.'' Kislich guarda l'ispettore Baccarini Luca e chiede, con gli occhi, un aiuto che Baccarini non pu dare. Allora balbetta: ''Signor questore... Signor questore... Io non so proprio... Ditemi voi dove cominciare...''.
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''Io devo dirlo? L'ispettore Baccarini capo della Squadra Speciale: prendi ordini da lui.'' E pianta tutti; se ne va e rimane il puzzo detestabile del 'romanino' che Pinna tiene sempre, acceso, fra i denti. I presenti guardano Pinna allontanarsi con andatura incerta, un po' ridicola, e solo quando sale su una carrozza, Baccarini riprende il discorso con i suoi: ''Tutti con me". Kislich chiede: ''Che si fa ora, signor ispettore?". ''Hai sentito? Vuole due arresti e dobbiamo darglieli.'' ''S, ma chi? Chi, signor ispettore? Quel sardo non ha idea di come stiano le cose qui da noi.'' ''Lo imparer presto, credo, e a sue spese. Secondo te, quale Balla ha organizzato l'assalto?'' Kislich impacciato, vorrebbe e non vorrebbe. Continua a borbottare: ''Non so... Ho sentito dire... La gente, in giro, parlava della Balla di Mirasole... Ma non sicuro: la gente ne dice tante...''. ''Bene: puntiamo sulla Balla di Mirasole e portiamo nell'ufficio del questore Bacchelli Pio.'' ''Bacchelli Pio? Troppo pericoloso. Viaggia sempre con tre guardie del corpo armate. Io non me la sento proprio e lo dir anche al signor questore.'' ''Allora suo fratello Raffaele: non un osso difficile. E poi un altro, il primo che ti viene in mente e che sia della Balla di Mirasole: uno qualunque che non ci dia guai.'' ''Nella Balla di Mirasole non ce ne sono che non diano guai.'' ''Non m'importa. Prendi quanti uomini vuoi.'' ''Signor ispettore, io sono appuntato e questo lavoro almeno da brigadiere...'' ''Se ti riesce questa operazione, proporr al questore un tuo avanzamento di grado. Adesso vai, prima che si sparga la voce e i merli volino dal nido. Sarai presto brigadiere: muoviti che il questore Pinna aspetta a Palazzo!'' Prima dell'alba Bacchelli Raffaele e un altro sfigato che ha la sfortuna di abitare alla porta accanto a quella di Bacchelli, si trovano a Palazzo, nell'ufficio di Pinna Felice, questore di Bologna, che li osserva di tra le dita aperte davanti agli occhi. Svegliati proprio quando pi bello dormire e ancora assonnati, avranno parecchie difficolt a rispondere alle domande del sardo che non scherza. E' venuto a Bologna per fare sul serio e lo capiranno tutti.

Attentato a Kislich Vittorio


Kislich deve incontrare Bacchelli Pio, deve spiegargli alcune cose prima che sia tardi e, verso sera, entra all'osteria Tagliavini, in Mirasole di Mezzo, dove si trovano, di solito, quelli della Balla di Mirasole. Ma Bacchelli Pio non c'. Avr sentito brutt'aria e non si far vedere per un po'. C' la solita animazione che di sera, in tutte le osterie... Un paio di puttanelle mezzo svestite, un ubriaco seduto sui gradini, il Tagliavini dietro il ban30

co a riempire dei mezzi litri e gli altri a giocarseli a carte, i mezzi litri. C' anche chi si gioca dei soldi e non si d briga di smettere all'ingresso dell'appuntato. Kislich va al banco, inzuppato di vino rosso che non ci si pu neppure appoggiare il gomito, e ordina un quarto bianco. ''C' Bacchelli Pio?" Tagliavini finge di cercarlo attorno, ma sa benissimo che Bacchelli Pio non c': ''Mi hanno detto che stato portato dentro, da un certo figlio di puttana, suo fratello Raffaele. E' vero?". "Voglio Pio." ''Per portare dentro anche lui?'' ''Ho da parlargli serio." L'oste guarda ancora in giro: ''Mi pare di non vedere Pio Bacchelli. Bevi, bevi fin che puoi''. Kislich all'ultima goccia del quartino bianco quando Bacchelli Pio gli tocca, leggero, la spalla: ''Ti offro un bicchiere, svizzero". Dietro Pio Bacchelli, i soliti tre che nessuno ha mai sentito parlare e che Pio si porta sempre a spasso in modo che, per arrestano, ci vogliono almeno dieci agenti di Sicurezza. Facce butterate dal vaiolo, clienti di tutti i casini e chiss che altro. Almeno nell'aspetto, che poi, magari, saranno le persone pi gentili e a modo di questo mondo. ''Ho appena bevuto. Devo parlarti a proposito...'' ''Non mi rifiuterai un bicchiere, per dio! Tagliavini, versa al mio amico svizzero.'' ''Va bene, ma un bicchiere solo. Devo parlarti, Pio.'' ''Per questo sono qui.'' Kislich guarda i tre alle spalle di Bacchelli e dice: "Voglio parlarti da solo". ''Quelli? Muti e sordi; parla tranquillo." ''Da solo." ''Hai ragione: qui c' troppa gente e poca luce. Adesso beviamo e poi facciamo due passi, io e te, soli, e andiamo a finire le chiacchiere al caff del Corso. C' gente simpatica e luce a volont.'' Kislich e Bacchelli bevono in silenzio, poi, al secondo bicchiere, Pio dice: ''S, sarebbe stato meglio non arrestare mio fratello". ''Di questo voglio parlarti: io non c'entro.'' ''Guarda com' la gente! Mi hanno riferito che proprio tu sei venuto ad arrestarlo. Guarda com' la gente!'' ''E' vero, ma sono stato costretto. Il questore...'' Bacchelli Pio posa il bicchiere sul tavolo ed esce. Kislich Vittorio lo segue, dopo un po', e si accerta che le tre guardie del corpo non lo seguano. E' gi buio e le colonne basse del portico di Mirasole fanno pi scure le strade e i portici stessi. Poca gente in giro: solo un paio di vecchi seduti sui gradini di casa a fumare la pipa e a buttare l qualche sciocchezza, tanto per31

ch venga l'ora di andare a dormire. L'unica luce quella che esce dalla porta spalancata dell'osteria, ma, qualche metro oltre, non la si vede pi. N si sentono le voci degli avventori. In angolo con Mirasole e Castellata, Bacchelli Pio aspetta Kislich e lo affianca. Borbotta fra s: ''Il sardo? Bisogner ammorbidirlo un poco. Uno di questi giorni andr a farci due chiacchiere". ''Il questore ha detto: o me o tuo fratello Raffaele. Che avresti fatto tu?'' Bacchelli Pio agita una mano davanti al viso: ''Eh... tante cose. Ma io non c'entro, non sono questurino. C' da dire che da un po' di tempo gli agenti sono diventati troppo zelanti nell'esercizio delle loro funzioni''. ''Ti prometto che tuo fratello uscir presto.'' ''Me lo auguro.'' ''So che lui non c'entra con l'affare della diligenza di Toscana.'' ''Fammi capire, svizzero: sai che mio fratello non c'entra e l'hai arrestato. Fammi capire.'' ''Se ti dico che uscir, uscir.'' ''Sei un ingenuo, svizzero, ma ti credo.'' ''Non devi avercela su con me: sono stato costretto, ma puoi ancora contare su di me e tenermi per tuo amico. Vivo ti sar ancora utile, morto non servir n a te n a tuo fratello.'' ''Ci ho pensato anch'io, ma la tua stata una brutta azione.'' ''Pio, i tempi sono duri e bisogna pensare a salvare la pelle e dobbiamo essere uniti a difenderci. Pinna un brutto uccello e fino a che rester a Bologna, ognuno di noi dovr pensare a se stesso.'' Bacchelli Pio si ferma, mette le due mani sulle spalle di Kislich e dice: ''Vedi che mio fratello esca di galera presto. Dopo riprenderemo il discorso. Non ho altro da dirti. Addio svizzero". Il buio del portico se lo porta via e Kislich, dopo un attimo, riprende la sua strada. E' convinto che Bacchelli Pio lo abbia capito e rimette la pistola nella cintura, dopo aver abbassato il cane. Via del Cestello ancor pi buia e i portici pi bassi. E' proprio qui che un tale, spuntato da dietro una colonna o da un atrio, salta sopra a Kislich che non fa a tempo a riprendere l'arma. Il pugnale si pianta pi volte nella schiena e sulle spalle dell'appuntato, sul petto e nelle braccia tese a difendersi. Kislich urla: ''Ah, Pio Bacchelli, non dovevi farmi questo! Mi hai tradito e te ne pentirai!''. Ma non riesce a vedere il viso dell'aggressore perch sviene e cade sul pavimento del portico perdendo abbondante il sangue.

Un'ipotesi che ne vale un'altra


Il corpo di Kislich Vittorio, appuntato di Sicurezza Pubblica, un massacro. Quindici colpi di pugnale, ma per fortuna nessuno mortale e Kislich riprende i sensi in un letto dell'Ospedale Maggiore e neppure sente il dolore. Solo, debole per il troppo sangue lasciato sul pavimento del portico di via del Cestello e gli sembra di non avere pi il corpo. Sopra di lui vede, an32

nebbiato, il viso dell'ispettore Baccarini serio e addolorato e, pi lontano, indistinta, la figura bianca di un medico o di un infermiere. Prova a dire qualcosa, ma non ci riesce e gli prende la paura. Baccarini capisce: ''Coraggio. I medici dicono che non grave. Coraggio. E' stato Bacchelli Pio? Ti abbiamo trovato vicino a Mirasole... Perch, perch sei andato solo? Sapevi che c'era pericolo. E' stato Bacchelli Pio?". Kislich riprova a parlare, ma ancora non riesce e annuisce. ''L'hai veduto in viso? L'hai riconosciuto?" Kislich sta per annuire di nuovo, ma gli passa davanti l'immagine del buio e della figura, nera e indistinta, che lo ha assalito in via del Cestello. Non pu, in coscienza, annuire e fa segno di no con il capo. ''Non l'hai riconosciuto. Questo un guaio, un vero guaio.'' Kislich chiude gli occhi e ripensa al fatto: le mani di Pio Bacchelli posate sulle sue spalle, le parole chiare e sincere... Poi il brivido della lama che gli entra nella carne. Scaccia il ricordo e adesso sicuro che non stato Bacchelli Pio, ma come dirlo all'ispettore? Baccarini, in un angolo della camera, parla sottovoce con il medico e questo esce lasciandolo solo con il ferito. ''Senti, Kislich: dobbiamo chiarire alcune cose io e te, prima che arrivi il questore. Te la senti? '' Kislich annuisce. "Allora ascolta: possono essere stati quelli della Balla di Mirasole e pu essere stato Bacchelli Pio. Ma pu essere stato qualcun altro. Vediamo. Perch quelli di Mirasole? Che motivo avevano? Allora Bacchelli Pio. E solo per l'arresto del fratello? Non credo perch anche lui sa che, colpendoti avrebbe ottenuto solo un mandato di cattura per tentato omicidio e non avrebbe giovato al fratello. Non tanto stupido. Allora chi resta?'' Baccarini Luca si china sul letto e continua a voce bassissima: ''Mi senti? Te lo dico io, Kislich: resta qualcuno che ha interesse a metterci paura e a farci credere che possiamo fidarci di nessuno. Qualcuno che vuole il terrore e perci stai molto attento a quello che dirai a Pinna. Siamo fra due fuochi, Kislich: da una parte le Balle e dall'altra... dall'altra la questura di Pinna". Il questore entra senza bussare e lo seguono alcuni medici. Si avvicina al letto e guarda l'appuntato e poi Baccarini. ''Come va? I medici mi dicono che se la caver.'' ''Non pu parlare, ma capisce, capisce quello che gli si chiede.'' Anche Pinna si china su Kislich e dice: ''Vedr di farti avere una promozione: te la meriti. Ma ora cerca di guarire. Mi fido dite, Kislich; adesso mi fido ciecamente". Quell'ometto buffo e piccolo che porta a spasso uno sproporzionato cappotto lungo fino a toccare terra e un sigaro puzzolente, si mosso per venire a trovare Kislich. O per controllare se era morto? Kislich non ha le idee ben chiare e gli va bene di non poter parlare: avr il tempo per riflettere. ''Hai veduto il delinquente? Lo hai veduto in viso?" ''Vuoi sapere per tua tranquillit, sardo? No, non l'ho veduto in viso. Sei pi tranquillo?"
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''Fa niente. Io non ho dubbi: stato certamente il Bacchelli Pio. Lo trover e te l'offrir come regalo per la tua guarigione.'' "Volevi una vittima per giustificare il terrore? Gli arresti? Non sar io, sardo. Io non morir." Pinna volta la schiena a Kislich e se ne va, tranquillo com'era venuto. Neppure nella camera dell'ospedale si tolto il 'romanino' di bocca. Kislich vorrebbe coprirsi il viso con le mani, ma non ha la forza; adesso comincia a sentire dolore per tutto il corpo e le idee si fanno confuse, sempre pi confuse. L'uomo che gli si butta sopra col pugnale in mano e gli alita sul viso, puzza come il sigaro di Pinna e poi come il vino bevuto assieme a Bacchelli Pio e poi sa della colonia dell'ispettore Baccarini e poi... ''Mio dio, mio dio.'' Ce l'ha fatta: riesce a parlare. E' rimasto solo e ha tante cose cui pensare, ma non la forza per farlo e sviene di nuovo.

Sotto sotto
Quando nel suo ufficio non c' gente, il questore Pinna Felice passeggia e ragiona sottovoce: ''Assalto alla banca di Padovani: sette uomini armati di stilo, pistola e tromboncino. Audacia nuova e tecnica perfetta, minacce ai testimoni; il popolo indica gli autori nella Balla Grossa o Balla di Piazza o Balla dalle scarpe di ferro. Il questore Buisson si arrischia ad arrestare qualche sospetto che subito rimesso in libert.'' ''Assalto a Marzabotto: una decina di uomini armati di pugnali, pistole e tromboncino; furto alla Zecca: un gruppo di sei malviventi penetra di notte nelle officine...'' ''Sempre la stessa tecnica. Devo trovare il modo di incastrarli. Sono furbi, pi furbi di quanto pensassi: si permesso che si specializzassero e ora non si sa come liberarsene. Di un questore ci si libera facilmente trasferendolo altrove, ma di una Balla di delinquenti? Niente da dire: hanno imparato bene il mestiere. Hanno in mano buone carte e sanno giocarle, ma c' qualcosa a mio favore: hanno fatto il loro tempo, sono sulla bocca di tutti e quindi troppo compromessi; finiranno per cadere nella rete e io far piazza pulita.'' ''Altri quadri, gente nuova, facce pulite, sistemi moderni e soprattutto una tecnica nuova, pi razionale e meno plateale: in silenzio, senza scalpore, ma con efficacia". Bussano alla porta e Pinna va a sistemarsi al tavolo, posa i gomiti sul piano e il mento sulle mani. Baccarini Luca lo trova cos. ''Signor questore, abbiamo rimesso in libert Bacchelli Raffaele per mancanza di indizi a suo carico e anche per l'altro arresto stiamo provvedendo...'' ''So, so. Come sta il Kislich?" ''E' stato dimesso dall'ospedale, ma non pu ancora riprendere il servizio.'' ''Andr a trovarlo. Risultati dalle perquisizioni ordinate?" ''Nessuno, signor questore: abbiamo trovato niente di compromettente.''
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''C'era da immaginarlo.'' ''Il fatto che noi arriviamo presso l'indiziato e pare che questi ci stia aspettando, pare che qualcuno avverta in anticipo...'' ''E ve ne stupite, signor ispettore Baccarini? Io sono a Bologna da pochi mesi e non me ne meraviglio. In questa citt sono pi numerosi i ladri dei galantuomini ed esiste un'altra questura pi efficiente della nostra. Lo sapete bene, ispettore Baccarini.'' ''Non capisco.'' ''Capite, capite. Siamo attorniati da donne, ragazzi, mendicanti, vagabondi che, sotto il pretesto di esercitare un qualunque commercio proprio qui, sotto il Palazzo della questura, sorvegliano chi entra e chi esce; gente che impara tutto e avverte chi deve avvertire e arriva sempre prima di noi. Quando si tratta di arrestare qualcuno, non lo si trova in casa; si sa, fuori di qui, che stato spiccato mandato di cattura e contro chi. Facciamo allontanare la teppaglia da Piazza Maggiore, arrestiamo i mendicanti che siedono fuori dal Palazzo...'' ''Si grider all'abuso di polizia.'' ''Si gridi, si gridi pure. D'ora in avanti si cambia metodo anche nelle perquisizioni e si trover sempre, dico sempre, qualcosa di compromettente nelle case dei pregiudicati.'' ''In che modo, signor questore?'' Pinna guarda in faccia Baccarini e senza togliere il mento dalle mani, mormora fra i denti e il 'romanino' acceso: ''Volete prendermi in giro, ispettore? Il sistema migliore per trovare sempre ci che si cerca, di portarglielo''. ''Questi sono metodi da polizia pontificia.'' ''Non esiste una polizia pontificia e una regia: esiste la polizia. E questi sono metodi infallibili che si usano in tutte le polizie del mondo e voi, ispettore, proprio voi, non fingete di scandalizzarvi.'' Una lunga pausa, un paio di boccate dal sigaro, e il fumo va a confondersi con quello gi nell'aria dell'ufficio, poi ancora: ''Faremo una bella piazza pulita". ''Si poteva cominciare con l'arrestare gli autori dell'assalto alla diligenza di Toscana. Visto che voi, signor questore, ne eravate al corrente, si poteva tendere loro un agguato e sorprenderli sul fatto.'' ''No, non si poteva proprio. Primo: perch il luogo non si prestava a un'azione del genere; secondo: perch non posso ancora fidarmi degli agenti di Sicurezza Pubblica che ho trovato a Bologna e che possono anche spararmi nella schiena; terzo: perch, cos facendo, non ho rischiato e ho fatto capire a chi di dovere che anch'io ho i miei informatori. C' altro, ispettore Baccarini?'' ''S: la questione di Trenti Camillo. E' sempre stato un ottimo collaboratore e trattarlo male significa perderlo. E' uomo molto suscettibile...'' ''Trenti Camillo un malvivente del genere che non mi serve. Troppo attaccato ai suoi princpi di falsa moralit. Trenti non mi serve.'' ''Io lo conosco da tempo e si sempre adoperato per tenere tranquilla la plebe, ancora ascoltato nelle osterie...''
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''Nelle osterie.'' Pinna, sotto le mani che gli coprono il viso, sorride, ma Baccarini non se ne accorge. Ripete: ''Nelle osterie". L'ispettore Baccarini non ha altro da aggiungere, anche se vorrebbe insistere con il problema Trenti Camillo. E' sulla soglia dell'ufficio quando il questore Pinna lo chiama: ''Ispettore, non sollevatemi pi la questione Trenti. Sono disposto a trasferire altrove chiunque venga meno ai miei ordini. L'Italia grande: c' posto per tutti, anche per un ispettore". Baccarini esce senza salutare e borbottando il proprio disappunto. Anche Pinna, uscito l'ispettore, borbotta fra i denti e il sigaro: ''Bestemmia, bestemmia. Le bestemmie non hanno mai fatto politica n mi hanno intimorito". Lascia la scrivania e riprende a passeggiare e a ragionare a mezza voce. ''Ci vorr tempo e pazienza: non so ancora di chi fidarmi e di chi no. Il questore Buisson mi ha lasciato un personale squalificato e incapace. Uno solo, un ispettore, a quanto ho saputo, era all'altezza della situazione: l'ispettore Grasselli, ma al mio arrivo non l'ho trovato pi. Avevano gi provveduto... Due ispettori come Grasselli, astuti e caparbi, silenziosi e ostinati e risolverei in poco tempo. Certo che quel Grasselli, disgraziato, non si doveva trovare bene nella situazione che gli avevano creato attorno.''

Quarto episodio: SITUAZIONE NELLA QUALE OPERAVA IL GRASSELLI


Un mercato tanto pieno di gente inutile, non si vedeva da mesi. Inutile perch non c'era, in giro per il mercato, nessuno disposto a comprare verdure e quando il questore Buisson usc da Palazzo assieme ai due agenti che sempre gli stavano dietro per protezione, si trov immerso nei profumi di frutta, nella calca urlante e nel puzzo di sudore e sporcizia. Nessuno urla come i bolognesi: ne bastano due per fare un mercato. Buisson si guard attorno per trovare la via che gli permettesse di uscire. Chiese agli agenti di scorta: ''Come mai tanto affollamento?''. ''Si era sparsa la voce che oggi la verdura sarebbe calata di prezzo.'' Buisson non gradiva la scorta che l'ispettore Grasselli gli aveva messo dietro, ma poteva solo protestare e accettare il fatto perch, se anche in passato aveva ordinato che non lo si seguisse, si era poi accorto che, di lontano, non lo si lasciava n giorno n notte. E Grasselli rispondeva alle rimostranze del questore: ''Signor cavaliere, una citt piena di assassini e la nostra vita si trova esposta in ogni momento e la vostra in particolare. Mi raccomando di usare prudenza e di stare in guardia poich ho sospetti che certi malviventi siano usi a seguirvi''. E col tempo Buisson ci aveva fatto l'abitudine, anche se gli era nato il sospetto che Grasselli lo facesse seguire non solo per difenderlo. Cerc di farsi largo fra il muro di gente che chiudeva l'ingresso di Palazzo, ma fu fatica inutile perch, superata una schiena, subito se ne presentava un'altra e poi ancora e ancora.
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I ragazzini passavano fra le gambe e gi Buisson stava decidendo di rientrare a Palazzo quando, a poca distanza, una donna cominci a urlare con grida che superavano quelle degli altri attorno. Urlava in dialetto e Buisson non riusc a comprendere. La calca si mosse in direzione della donna trascinandosi dietro il questore e la sua scorta. Alla prima donna se ne aggiunse un'altra e ancora un'altra, fino a diventare un inferno di urla. Gli agenti di Buisson erano vicini al centro della lite che era scoppiata e il pi alto dei due, sollevandosi in punta di piedi, vide due popolane menarsele del pi bello. ''Quelle si scannano, signor questore. Una di loro ha in mano un coltello e se non interveniamo, succeder un disastro.'' Buisson cerc di arrivare alle donne, ma il muro continu a vietargli il passo. Allora disse: ''Provvedete voi! Provvedete a separarle. Non possiamo permettere... Fate qualcosa". Gli agenti, pi esperti di Buisson nei moti di piazza, con un po' di spallate a destra e a sinistra, arrivarono alle donne agitate. La calca, spostata dal suo equilibrio, trascin il signor questore pi lontano dalla rissa, quasi a schiacciarlo contro il muro di Palazzo. ''Buongiorno, signor questore." Il tipo, avvolto nella capparella che gli nascondeva anche il viso, era a contatto di spalla con Buisson che, per precauzione o abitudine, mise la mano alla pistola che teneva sotto il mantello e cerc di allontanarsi per lo stretto corridoio che la folla aveva aperto lungo il muro di Palazzo. Ma il tipo si appoggi ai mattoni antichi e corrosi e non gli diede spazio; anzi, come gi aveva fatto Buisson, armeggi sotto la capparella facendo intendere il rumore di una pistola messa in pronto per lo sparo. ''Fermatevi un istante, signor questore, che ho bisogno di parlarvi.'' Buisson cerc, con lo sguardo, i due agenti, ma la folla lo aveva spinto lontano dalla rissa, fuori portata persino della voce. ''Chi siete voi?'' ''Son Pietro Ceneri e voi mi conoscete, signor questore.'' ''No, se tieni il viso coperto. E se, come dici, sei Pietro Ceneri, non hai bisogno di nascondere i tratti sotto il mantello.'' ''E' vero ''e mostr il viso pur continuando a tenere le mani sotto la capparella. ''Che vuoi e perch mi minacci?" ''Non vi minaccio, signor questore Buisson. Sono qui per chiedervi quando mio fratello Giacomo verr lasciato libero.'' ''Presto, molto presto. Gi parlai con il magistrato... Ma non questo il luogo dove incontrarci n il momento. Passa dalla questura e ti dar ogni notizia.'' ''Voi sapete che Giacomo innocente: perch stato arrestato?'' ''Lo dissi anche a tua cognata: stato l'ispettore Grasselli. Io ero fuori cit37

t, in permesso.'' ''Non si deve andare in permesso quando le occasioni non lo consentono.'' Lungo il corridoio creato fra la folla e il muro di Palazzo, in angolo con il tabaccaio, apparvero due ufficiali che, ignorando del tutto quanto stava accadendo fra il popolo, discorrevano tranquilli e seguitavano la passeggiata. Di loro si accorse Buisson che si strinse al muro cercando di nascondere il viso perch non lo si vedesse parlare con Pietro Ceneri. ''Vedi bene che pericoloso mostrarsi assieme qui e di giorno.'' ''Io non ho paura. E voi, signor questore?" Buisson non rispose perch i due ufficiali erano a portata di voce; sorpassarono Pietro Ceneri, urtandolo, e continuando a discorrere fra loro. Quando i due ufficiali furono sufficientemente lontani, Buisson cerc di seguirli, ma Pietro gli chiuse lo spazio. ''Mio fratello Giacomo deve essere liberato entro domani." ''Far ci che potr. L'ispettore Grasselli...'' ''L'ispettore Grasselli non questore.'' ''... l'ispettore Grasselli sa molte cose: me lo ha confermato lui stesso.''Bologna sar pulita''mi ha detto anche e ha parlato di una buona pista.'' ''E ne saremo lieti: non c' persona onesta che non si auguri una citt pulita, ma Giacomo non ha da spartire con i malviventi che riempiono le carceri di San Giovanni in Monte.'' Buisson cerc di tornare verso l'ingresso di Palazzo, ma Pietro lo ferm tenendolo per le spalle, con la mano sinistra. ''Non son uso a scherzare, signor questore.'' ''Non possiamo intrattenerci ancora qui: pericoloso. I miei due agenti...'' ''I vostri due agenti sono occupati, signor questore, e possiamo parlare con calma.'' Gli ufficiali di poco prima gi stavano tornando sui loro passi e Buisson si avvi verso di loro dicendo sottovoce: ''Far il possibile per tuo fratello Giacomo. Far il possibile, ma dovrete stare pi attenti... L'ispettore Grasselli non scherza''. Pietro Ceneri non pot altro perch i due agenti di scorta a Buisson gi stavano ritornando verso il questore. ''Signor questore! Signor questore!'' Buisson li attese.''Allora?" Il pi alto, lievemente piegato in avanti, si teneva le mani sul basso ventre: ''Niente da fare: quella vecchia megera mi ha colpito con un calcio proprio qui ed sparita fra la folla". Si lament sottovoce. ''Vuoi rientrare per curarti?'' ''Non c' niente da curare, signor questore. C' solo da aspettare: le botte nei coglioni sono cos. L'altra donna, la pi giovane, ha morso il mio collega.'' L'agente morso si succhiava la mano sinistra. Buisson, finalmente fuori dalla calca di Piazza Maggiore, si volse, ma Pietro Ceneri non era pi appoggiato al muro di Palazzo, dove lo aveva appena
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lasciato. ''Non corso sangue?'' ''No, signor questore: dopo che le due donne si sono sfogate su di noi, tutto tornato alla calma.'' Buisson riprese la strada di casa. ''Sono diventati troppo arditi e prepotenti: bisogner pensare a un rimedio.'' ''E' vero signor questore: il popolo non ha pi il dovuto rispetto per la polizia.'' Ma il questore Buisson non aveva in mente il popolo; neppure ci pensava lui al popolo. Quella stessa sera, mentre Buisson, Sborni e Baccarini accompagnavano Grasselli verso casa, com'erano soliti fare, venne fuori il discorso e fu proprio l'ispettore Grasselli che lo inizi. ''Ho l'impressione, signor questore, che l'incidente di questa mattina sia stato creato ad arte per allontanare da voi i due agenti di scorta.'' ''Cosa ve lo fa pensare, ispettore?" ''Il fatto che, subito dopo, l'incidente si sia risolto senza conseguenze per le popolane coinvolte. E anche il fatto che, a pochi passi, ci fosse ad attendervi il Pietro Ceneri.'' Buisson si ferm sotto il portico di Strada Maggiore, guard l'ispettore Grasselli e chiese: ''Come sapete che il Ceneri mi aspettava?". ''Lo so, lo so. Voi piuttosto, signor questore, perch non me ne avete parlato?'' ''Non volevo darvi altri pensieri: gi vi dimostrate troppo preoccupato per la mia salute... Se vi avessi detto di Pietro Ceneri, avreste ricominciato con le vostre lamentazioni.'' ''Signor questore, vi prego di non separarvi mai dagli agenti di scorta. Per nessun motivo.'' Buisson apr il mantello e mostr, infilato nella cintura, il calcio di una rivoltella. ''Come vedete, so badare a me stesso. Questa mattina mi sarei tolto d'impaccio se il caso lo avesse richiesto.'' Grasselli dondol il capo, desolato, come ogni volta che qualcosa non lo convinceva. ''Una rivoltella non serve quando pugnalano o sparano alla schiena, signor questore.'' ''Sono anzi a pregarvi di non farmi pi seguire dalla scorta. Gli agenti saranno meglio impiegati per azioni di polizia.'' e poich l'ispettore Grasselli era gi arrivato al portone di casa, gli altri due ispettori, Sborni e Baccarini, si fermarono com'erano soliti, per augurargli la buonanotte, ma non si ferm il questore Buisson che prosegu verso la propria abitazione. Grasselli finse di non accorgersi della scortesia e salut, con un cenno del capo, i due colleghi; un sorriso ed entr nell'androne buio del palazzo. Lasci che i tre si allontanassero e quindi usc di nuovo e torn a Palazzo. Aveva sempre il sorriso triste sulle labbra, ormai una piega del viso. Rimase a lungo chiuso in ufficio, sulle carte, e si alz quando il piantone venne a dire che il signor prefetto e il colonnello dei carabinieri aspettavano
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da basso. Li raggiunse e gi una pattuglia di agenti era pronta a scortarli. Verso le undici e mezza di notte, arrivarono alle carceri di San Lorenzo. I guardiani non si aspettavano la visita del signor prefetto, del colonnello dei carabinieri e dell'ispettore Grasselli e infatti se ne stavano a divertirsi a tavola con i detenuti. I pi erano ubriachi e ubriache erano le puttane seminude che, sotto le tavole o sulle panche del refettorio, si facevano fottere, senza un minimo di dignit per il mestiere pur dignitoso e antico, dai detenuti e dai guardiani senza distinzione. Che poi sarebbe stato un problema, per le donne, distinguere gli uni dagli altri, dal momento che erano tutti nudi. In un angolo del refettorio c'era un minimo d'ordine e, a un tavolo, in quattro giocavano a carte. Fra questi, Giacomo Ceneri che non alz gli occhi neppure quando l'ispettore Grasselli gli chiese: ''Signor Ceneri, chi paga questa festa?". ''Non ne ho idea, signor ispettore.'' Un detenuto gett le braccia al collo del signor prefetto e, baciandolo, lo chiam babbo. Ci vollero tutti gli agenti di scorta per staccarlo, in lacrime, dal signor prefetto. ''Signor Ceneri, voglio pregarla di sospendere le intimidazioni contro il signor questore Buisson: voi uscirete di qui quando lo vorr io.'' Giacomo Ceneri alz gli occhi dalle carte per guardare Grasselli. ''Voi, signor ispettore, mi parlate di cose che non conosco. Son chiuso ormai da mesi qui dentro e non so ancora per quale reato e mi accusate di intimidazioni. Ma non mi lamento: ho la coscienza tranquilla.'' ''Vedo. Non ve la passate male.'' ''E' vietato ai detenuti di giocare a carte fra loro? '' Torn al gioco. Fuori dalle carceri, l'ispettore Grasselli disse al signor prefetto e al colonnello dei carabinieri: ''Vedete bene in quali condizioni la questura costretta ad operare: il bottino delle grassazioni viene, in parte, speso per mantenere questa situazione nelle carceri. Si pagano i guardiani e si paga anche pi su. La polizia fa e arresta, ma c' chi disfa e chi previene e chi libera i delinquenti. Ma con costanza e con il vostro aiuto, signori, presto ci libereremo di questo stato di cose e faremo opera di buona pulizia. Delle Balle che infestano la citt, si dovr perdere fino il ricordo". Nel refettorio del carcere, Giacomo Ceneri aveva smesso di giocare, ma seguitava a fissare le carte che teneva, aperte a ventaglio nella mano sinistra. Un guardiano, pieno come una botte, vomit sul tavolo.

Le Balle
La 'Balla' sempre esistita e intende un gruppo di persone che si trovano sovente e, assieme, si danno a un qualunque impegno. In principio la parola 'Balla' era riferita a gruppi di facchini che, nei vari quartieri della citt, si davano all'opera dei facchinaggio. I facchini facevano un corpo solo: dividevano i guadagni della giornata, facevano pagare una multa a chi di loro manca40

va ai doveri, si organizzavano nel lavoro e cos via. Il basso popolo, in seguito, applic questa parola a ogni sorta di adunanza. ''E' uno della Balla.'' E la 'Balla' divent, per i componenti, un modo di vivere: la Balla ti difende quando entri in un altro quartiere, ti aiuta contro i soprusi della polizia austriaca o pontificia o reale; la Balla fa colletta quando devi seppellire la moglie o il figlio e non hai i soldi per il trasporto. Se sei nella Balla, sei con i tuoi, sei in casa tua. La Balla ti d sicurezza. Per questo le Balle non devono esistere, vanno smantellate. E dunque si pu tracciare una mappa delle Balle, o almeno delle pi note. La Balla di Saragozza ha il suo quartiere generale all'osteria della Capanna, in Frassinago. Frequenta anche la Tomba, nel Fossato e una certa osteria di Sant'Isaia, nell'angolo di via Nuova, che ha una grande corte o giardino dal quale facile sfuggire alle guardie. A capo c' Pini Paolo detto la Gaggia. La Balla di Mirasole ha il Falcone e una bettoluccia in Mirasole di Mezzo, quasi dirimpetto alla casa di Bertocchi Gaetano che ne ritenuto il capo assieme a Laghi Francesco detto il Mancino di Mirasole. La Balla di Strada Stefano si trova alla Fontana, nella Fondazza, o all'osteria del Piombo, pure nella Fondazza. Qualche volta si trova alle Streghe o ai Pellegrino, fuori di porta Santo Stefano e ha per capo Guermandi Ferdinando detto Fieschi. La Balla di Torleone ha la bettola in Torleone e a capo un Tubertini Ulisse di trentun anni e la Balla di San Donato si trova all'osteria del Mondo o a quella del Sole, fuori di porta San Donato. La Balla della Montagnola si trova alla Colonna, in piazza d'Armi e alla Portantina e ha per capo quel Giovanni Ghedini che di professione fa il contrabbandiere. La Balla delle Lamme all'osteria dell'Ancora. E poi ce ne sono altre, meno importanti. Per esempio la Balla della Fondazza con a capo un certo Oppi Innocenzo di trentasette anni, canapaio e contrabbandiere; quella di San Felice e altre, ma sopra tutte sta la Balla Grossa o Balla di Piazza o Balla dalle scarpe di ferro, ad indicare che la Balla pi forte, quella che tiene il piede sul collo di tutte le altre. La Balla Grossa si vede all'osteria della Palazzina, fuori di porta San Mamoio, tenuta da Sabattini Giovanni. Al mattino si vede nella bottega di un certo Giulio Panighetti, coramaio, e di notte nei casino di Teresina, in Paglietta. A capo della Balla Grossa o Balla dalle scarpe di ferro, stanno i due fratelli Ceneri, Giacomo e Pietro. Pi su, oltre il popolo, le Balie non si chiamano pi Balle; si chiamano associazioni, imprese, corporazioni, societ per azione... Si chiamano banche e sono previste e tutelate dalla legge.

Primi risultati della nuova gestione


Bertocchi Gaetano, trentun anni, canapaio, indicato come capo della Balla di Mirasole, la sera, prima di rientrare in casa, si ferma all'osteria di Raffaele
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Tagliavini, in Mirasole di Mezzo, a giocarsi un bicchiere. E anche due, se la giornata andata come dio comanda. Ci resta fino a tardi perch nessuno lo aspetta a casa e pu permettersi il lusso di perdere a briscola pi di una bottiglia e un paio di soldi alla matazza. Non un gran giocatore, ma non s'incazza quando perde e se vince, ride e rientra pi contento. Questa sera una sera schifa e Bertocchi Gaetano sta gi pensando di piantarla alla seconda bottiglia ch, di questo passo, domani mattina non avr spiccioli per il caff. L'oste, Raffaele Tagliavini, porta un'altra bottiglia di nero, pulisce il tavolo con uno straccio umido, sposta i bicchieri dei giocatori: ''Brtta sira, Bartocch". ''Brtta per me, Raflein, per chi du buson l, l' una bla sira.'' L'oste continua a pulire il tavolo anche se non ce n' bisogno e aggiunge: ''Brutta sera e brutte facce in giro. E' tutto il pomeriggio che passano e ripassano davanti all'osteria. Pare che aspettino qualcuno. A chi toccher questa notte?". Bertocchi Gaetano scarta un tre: strozza e spera che l'ultimo a giocare non abbia briscola. Dai suoi conti non dovrebbe averla. E invece ce l'ha e va a puttana anche questa partita. Guarda verso la porta d'ingresso, ma gi buio e non vede chi passa per Mirasole. L'oste sistema i bicchieri e la bottiglia di nero e dice: "Hanno smesso di passeggiare un'ora fa, appena sei entrato qui''. Bertocchi annuisce, rimescola le carte e dice: ''Facciamo l'ultima e poi vado a dormire. Devo alzarmi presto do mattina. Brutto mestiere quello del canapino: devi prendere il lavoro quando c' e alzarti alle quattro. Poi stai delle settimane che puoi dormire fino a mezzogiorno". Perde anche l'ultima e va a mettere lo stomaco contro il banco dell'oste. Paga e dice forte: ''Vado a pisciare". La latrina dell'osteria nel cortiletto interno e c' anche un ragazzetto scalzo che si diverte a lanciare un coltello contro la porta scassata della latrina, alla luce dello scarso riverbero che viene dall'osteria. Il giovanotto smette di lanciare il coltello quando Bertocchi gli si avvicina. Dice: ''Busi al manda a dir che i ein in quater e i aspeten Bartocch, mo che la str d' l'ort, la tein sgmbra Busi''. Bertocchi Gaetano si fa con calma i fatti suoi, sgocciola con cura, chiude bottega, riattraversa l'osteria, esce sotto il portico di Mirasole e si avvia verso casa. Fa finta di niente, ma tiene. gli occhi aperti anche quando entra nel corridoio buio e sale la prima rampa di scale. Al pianerottolo, salta sul davanzale della finestra e si lascia cadere nel cortile dietro casa. Sente i passi di qualcuno che gli si avvicina di corsa e intravede una sagoma scura. Ma questione di un attimo: un grido soffocato e niente pi passi, niente pi sagoma. Busi ha sgomberato la via dell'orto e Bertocchi Gaetano pu saltare la siepe e perdersi nelle stradine buie dietro Mirasole.
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Borgognoni Francesco, vice brigadiere di Sicurezza Pubblica, ormai sicuro di averlo preso; corre su per le scale, apre la porta e urla ai due agenti che l'accompagnano: ''Non fatelo scappare! Fate attenzione!'' Accende una lumiera che trova a tentoni sul tavolo e le due stanze sono vuote, proprio come le aveva lasciate lui un'ora avanti. ''Perdio, non possibile! L'ho visto entrare! Se scappato per il cortile, l'agente lo avr fermato." Trova l'agente seduto sulla terra battuta del cortile. L'uomo si massaggia la nuca e si lamenta. Borgognoni bestemmia: ''Perdio, come hai fatto? Come pu esserti scappato!'' ''Mi hanno colpito alla nuca proprio mentre stavo per prenderlo.'' Gli agenti mettono sottosopra le due stanze al primo piano, tanto per dire che hanno perquisito, mentre Borgognoni Francesco, a colpo sicuro, apre il forno della stufa economica e ne toglie un fagotto fasciato in tela grezza di canapa. Si guarda attorno: c' abbastanza casino. ''Andiamo, si torna in questura: se non altro, questa volta, la perquisizione non stata inutile.'' Il questore Pinna non aspettava grandi cose dall'azione di Borgognoni, ma il fatto di non avere, ora, davanti il Canapino... ''Questo tutto?''Agita a mezz'aria il fagotto di tela grezza.''E il Bertocchi Gaetano?" ''Signor questore, qualcuno lo ha avvertito. L'ho veduto con i miei occhi salire le scale e poi... In casa non c'era.'' ''Qualcuno lo ha certamente avvertito... Non sempre cos? C' da meravigliarsene? La Squadra Speciale ha molte cose ancora da imparare. Vice brigadiere, preparatemi il rapporto sul rinvenimento dei preziosi in casa del canapino Bertocchi Gaetano e mandatemi l'ispettore Baccarini con l'elenco dei preziosi rubati in casa della marchesa Pizzardi." Il questore Pinna apre sul tavolo il fagotto e mostra a Baccarini il contenuto: ''Voi sapete cosa sono?". ''S, signor questore: una parte dei preziosi, recuperati, della marchesa Pizzardi." ''E sapete dove sono stati recuperati?'' L'ispettore Baccarini apre la cartella che si portato dall'archivio e mostra al questore un foglio scritto con calligrafia infantile che Baccarini legge cercando di dare un senso.

''Al signor Questore di Polizia in Bologna. Eccellenza, ecco la roba del furto della marchesa Pizzardi. Noi sappiamo che la vecchia ha dinonciato per pi di mille scudi e invece tutta robba falsa. In tutta la somma di questo furto saranno per baiocchi dieci e finch i signori trateranno male i poveri vi sarano sempre dei disordini.''
''Questo materiale, assieme ad altro e alla lettera che vi ho letto, arriv per posta alcuni giorni dopo il furto alla casa Pizzardi.'' Pinna riavvolge i falsi, accende un sigaro e dice, fra i denti: ''Si sono sentiti fregati: se avessero potuto, avrebbero querelato la marchesa. Ora il vice brigadiere Borgognoni prepa43

ra un rapporto sul rinvenimento di questi preziosi nella casa de! canapino Bertocchi Gaetano. Chi a conoscenza del loro arrivo per posta?''. ''Il questore Buisson e il sottoscritto.'' ''Bene, le cose restino cos: questo materiale stato rinvenuto nella casa di Bertocchi Gaetano durante una perquisizione.'' L'ispettore Baccarini tace. ''Non siete d'accordo?" ''Il questore siete voi, signor Pinna." ''Giustissimo.'' ''Ma il Bertocchi negher." Il questore mostra alcune lettere che tiene su! Tavolo: "Ho fatto eseguire una perizia calligrafica sul foglietto che mi avete appena letto e su alcune lettere certamente scritte dal Bertocchi: i risultati dicono che, per molti versi, le grafie corrispondono. Non abbiate quindi dei rimorsi''. Rimette in ordine le sue carte e poi si rilassa sulla poltrona e si prende il viso fra le mani. L'ispettore Baccarini se ne va: il fumo del sigaro gli d la nausea e non pu restare oltre in quell'ufficio. E' ancora sulla soglia e il questore borbotta qualcosa che, fra le mani chiuse sul viso, non arriva all'ispettore. ''Come dite, signor questore?'' ''Dico che non importano i metodi: importano i risultati. E questi...'' Indica col capo il fagotto sul tavolo. ''... E questi sono risultati." ''Bene, signor questore." ''E fate sapere in giro di questo ritrovamento; che la citt ne sia informata. L'informazione un diritto dei cittadini." ''Lo far." ''Procurate anche di far arrestare il suddetto canapino Bertocchi Gaetano con l'imputazione di furto in casa Pizzardi. Avete una squadra di agenti in gamba, signor ispettore, complimenti." Baccarini annuisce, ma sa che Pinna lo sta prendendo per il fondo dei calzoni. Esce dall'ufficio del questore e va a rimettere in archivio il fascicolo Furto a danno della Marchesa Pizzardi Claudia. Nel suo ufficio, Pinna si alza e passeggia. Borbotta, senza togliere il sigaro di bocca: ''Prove si devono sempre trovare; magari si tengono di riserva nel caso che possano servire in seguito, ma si devono trovare. L'errore del passato stato proprio questo: permettere azioni troppo perfette, troppo pulite e senza indizi". L'ufficio pieno del fumo chiaro di toscano; un fumo che ristagna a mezz'aria e si muove, lento, allo spostarsi del questore.

Balla scaccia Balla


La notte sempre stata, da quando il mondo diviso in due, il momento adatto per gli incontri di malviventi, per gli omicidi, per i furti e per le grassazioni. Per questo il signor questore Pinna ha dato appuntamento a Busi Pietro per le due del pomeriggio, in pieno sole, in quel del Sostegnino: per correre
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meno rischi. Busi Pietro non uno che si lascia scherzare. L'appuntamento sul ponte del canale, proprio di fronte al fabbricato della chiusa costruito dal demanio pontificio per le acque. Un posto tranquillo dove raramente passa gente; il borgo piantato in una buca, poco lontano, nascosto sotto gli argini del canale che scorre pi alto delle case. Dal ponte, il borgo non si vede, ma basterebbe un urlo per far correre gente: avventori dell'osteria, lavandaie, tintori disoccupati e soprattutto birocciai, che questo borgo ne pieno, tanto che, attorno, l'odore del fieno e del piscio di cavallo si confondono con quello dell'acqua del canale. Sugli argini, poco oltre il ponte, comincia un fitto canneto che non si interrompe fino alla confluenza del canale con il fiume Reno, a qualche chilometro a valle. Il questore Pinna appoggiato al parapetto e guarda l'acqua a pochi metri sotto di lui, ma sta con le orecchie tese, ch non vuole finire nel canale. E' venuto solo, o almeno lo ha promesso a Busi Pietro, ma Busi Pietro detto Milord non deve fidarsi granch del sardo, se non si ancora presentato all'appuntamento. Star controllando gli androni del Sostegnino, trafficando dietro le siepi della strada, infilandosi fra le canne dell'argine alla ricerca di un agente di Sicurezza Pubblica e dio faccia che non lo trovi ch Pinna avrebbe i suoi guai. L'ora dell'appuntamento passata da mezz'ora e il questore accende un altro sigaro, getta il fiammifero ancora acceso nell'acqua del canale, si stringe addosso il cappotto, ne alza il bavero e prende la strada del borgo. Non va sempre tutto come si spera. E' appena fuori dal ponte che Busi Pietro, uscito da una scolina dell'argine, gli si mette alle spalle. ''Non dite niente, signor questore, e tenete le mani infilate nelle tasche del mantello.'' Pinna fa come gli stato ordinato e continua sulla strada alzaia verso il Sostegnino. "Adesso prendete il sentiero a destra, signor questore. Andiamo in un posto dove, ne sono sicuro, non troveremo guardie.'' ''Qui attorno non ci sono guardie. Sei Milord?'' Pinna vuole voltarsi a guardare in faccia il Busi Pietro. ''Non voltatevi, signor questore. Non ancora." ''Sei Milord o mi porti da lui?" ''Sono Milord e devo stare in orecchio perch non ho servi che mi aiutino o mi guardino le spalle. Faccio tutto da solo.'' ''E' un buon sistema se si vuole che le cose riescano. Vorrei togliermi il sigaro di bocca." ''Fatelo, ma tenete a mente che sono qui, a due spanne dalla vostra schiena." ''Mi piace la gente che non si fida; Gli uomini come te mi piacciono. Per questo ho chiesto di incontrarti.'' Il sentiero taglia in diagonale l'argine del canale e scende a fianco delle siepi che delimitano gli orti, li costeggia passando lontano dal borgo.
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Arrivato ai piedi dell'argine, Pinna si ferma, si volta e si trova di fronte Milord che lo passa, in altezza, di una buona testa. ''Possiamo fermarci qui?" Milord annuisce e indica, sempre col capo, una baracca di canne in mezzo a uno degli orti. Dentro ci sono attrezzi agricoli, sementi e chiss che altro. Pinna siede, in baracca, sulle stanghe di una carriola e continua a tirare nel puzzolente sigaro senza neppure toglierlo di bocca e senza smettere di guardare Milord. Il bavero del cappotto gli copre buona parte del viso e solo gli lascia scoperta la bocca e il naso per il sigaro e per il fumo. Milord, invece, tiene gli occhi bassi e fissi a terra. ''Sei uno dei pochi per i quali esco dal mio ufficio.'' ''Avete delle armi indosso?'' Prima che Milord possa impedirlo, Pinna estrae dalle tasche del cappotto due pistole pronte a sparare e le punta all'altezza del petto di Busi Pietro che, ora, non pu fare un gesto. ''Pensavi che io venissi disarmato?'' Pinna tiene, ancora per un po', le pistole puntate, poi, lento, le posa a terra, di fianco alla carriola sulla quale seduto. ''Non credo mi servano con te: vedo che sei un uomo di parola. E anch'io lo sono.'' Adesso Milord tiene gli occhi sulle armi e chiede: ''Perch avete voluto vedermi?''. ''Dite so tutto e ho deciso che potremo esserci utili a vicenda. So che non sei il tipo da stare sotto le scarpe degli altri. Voglio dire che non c' Balla che possa tenerti sotto, neppure quella di Piazza dei fratelli Ceneri e mi sono molto meravigliato quando ho saputo che non sei a capo di una.'' ''Non ho bisogno di essere a capo: sono riverito da tutte le Balle di citt.'' ''E sei temuto: so anche questo. E so che, in passato, hai tentato di costituire una tua Balla e che non sei riuscito. La polizia del questore Buisson non ti vedeva di buon occhio e ha rotto e disperso la tua Balla. Io non la penso come Buisson.'' Milord non segue il discorso di Pinna e infatti dice: ''Non mi piace parlare con chi non mostra la faccia". ''Per questa volta deve piacerti perch parlo con la bocca e non col viso.'' Il questore getta il mozzicone di sigaro, io schiaccia col piede e spiega:''C' pericolo d'incendio con queste canne secche''. Torna al discorso che pi gli interessa. ''Io non la penso come Buisson e a me andrebbe benissimo che tu avessi una tua Balla, pi moderna, meglio organizzata e meglio informata perfino di quella dalle scarpe di ferro. Cosa ne dici?'' ''Le cose mi stanno bene come sono.'' ''Ma non la pensavi cos qualche tempo fa, quando non volevi una parte secondaria.'' ''C' il caso che abbia cambiato idea." ''Tu non hai cambiato idea. O non ti fidi di me o hai paura dei Ceneri. Io ti dico che ci servono uomini come te." ''A chi servono?"
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''A me e a qualche altro; t'importa a chi?'' Milord nega col capo. ''Pensaci e fammi sapere le tue decisioni." ''Ci ho gi pensato: non voglio aver a che fare con un questore che fa accoltellare i suoi agenti di Sicurezza Pubblica solo per incolpare altri. Kislich stato accoltellato da voi, signor questore." ''Chi lo dice?" ''Lo dicono." ''E tu che ne pensi?" ''Io penso alla mia pelle che mi preme." ''Ti facevo pi furbo, Milord.'' Pinna si alza, accende il sigaro che aveva tenuto spento fra i denti, tira un paio di boccate e dice: ''Potrei farti arrestare domani mattina. Ti hanno veduto in casa del Tarozzi, durante una festa di malviventi, mentre, con il pugnale in mano e salito su un tavolo, eccitavi i convenuti a darsi al saccheggio e alla guerriglia. Per questo, solo, rischi dieci anni, Milord". ''A quella festa di malviventi, come dite voi, c'erano pi guardie di Sicurezza Pubblica che borghesi. Si rider al processo quando metter in piazza i nomi dei vostri agenti. E poi, per arrivare al processo, bisogner prima arrestarmi.'' Pinna esce dalla capanna di canne, si guarda attorno, respira a fondo l'aria fresca del pomeriggio e si incammina. Dice: ''Uno come te mi servirebbe proprio. Pensaci, Milord, e fammi sapere''. Busi Pietro detto Milord non esce: rimane a guardare le due pistole che Pinna ha lasciato in terra, a fianco della carriola, quasi se ne fosse dimenticato. Due pistole dal calcio decorato e lavorato con madreperla, due pistole da signore. Il maledetto sardo uno che conosce bene, molto, gli uomini coi quali deve trattare e Busi Pietro detto Milord si far vivo; il questore Pinna ne certo e lui ha bisogno di uomini come Milord; gente nuova che la citt non conosce ancora bene.

Scheda di Busi Pietro, detto Milord


Anni ventiquattro, figlio di Francesco, celibe e senza professione certa. Ha viso allungato e stretto; la parte superiore del capo larga, occhi neri e scintillanti fissi quasi sempre al suolo e pare che vogliano sfuggire quelli di coloro con cui parla. Alto di statura, snello, bruno, nero di capelli, parla poco forse perch la sua voce potrebbe dirsi la voce di una donna se chi ascolta non lo vedesse. Fedina penale. Carcerato per complicit in due furti semplici e per un furto qualificato. Dimesso come abbastanza punito con il carcere sofferto. Arrestato in seguito per pi delitti di grassazione e furti: inquisito di complicit in assassinio. Il giudice istruttore dichiara non essere luogo a procedere contro Busi Pietro che dimesso a questo titolo.
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Il vecchio e il nuovo
Il marchese Luigi Bevilacqua, uno del nuovo corso, ha sempre sostenuto che il re il re e il papa il papa e nessuno ha mai potuto dargli torto; invece il marchese Carlo Bevilacqua, padre di Luigi, uno del vecchio corso e ha occhi, orecchie, naso e gola solo per Pio IX: al vecchio marchese Carlo, come al figlio Luigi, non si pu dare torto. Dice: ''E' comodo stare con un piede in due scarpe". Una comodit dubbia, ma, a parte questo, Luigi Bevilacqua figlio sta in una scarpa e Carlo Bevilacqua padre sta in un'altra scarpa. Entrambe le scarpe ben imbottite e comode. Vuoi dire che, comunque vadano le cose, una scarpa utile, in famiglia, resta sempre. Il calzolaio di casa Bevilacqua si chiama Gamberini Gaetano, detto la Gugna e quando non ha da solare, fa il birocciaio. O il ruffiano, non importa, pur che si rimedi qualche scudo. Un paio di scudi li rimedia ogni volta che consegna un biglietto a Luigia Bertoncelli e un altro paio glieli d Isolani conte Francesco che il biglietto lo scrive e lo affida alla Gugna per il recapito. E quando la Gugna tende il biglietto a Luigia Bertoncelli, con la mano destra, porge la sinistra per ritirare il compenso dovuto al ruffiano. Forse un giro vizioso, ma non complicato come pare: Luigia Bertoncelli dicono sia la figlia del vecchio marchese Bevilacqua: ha diciott'anni e vive a palazzo trattata come una figlia, istruita come una figlia e vestita come una figlia. Le manca solo il cognome, ma il vecchio Bevilacqua proprio non ha potuto darle il suo per motivi contingenti. Isolani conte Francesco di anni venticinque, dottore in legge, con detta Luigia Bertoncelli ci fila e non per la dote, che i conti Isolani, del nuovo corso, non hanno bisogno dei soldi dei Bevilacqua. Lo fa perch Luigia una bella ragazza e a letto ci sa fare pi delle Bevilacqua di padre e madre. Questo il quadro e quando Gamberini Gaetano detto la Gugna consegna a Luigia il biglietto del conte Francesco, ne ricava il pi bello dei sorrisi e un paio di scudi per mancia. Ha fatto giornata. Luigia gli chiede: ''Dov'? L'hai veduto?". ''Soncame. E' gi in salone con gli altri conti, marchesi e nobili vari. Ne avranno fino a tardi, ma non preoccupatevi che un po' di tempo per la sua Luigia lo trover certamente.'' Il biglietto dice: Mia adorata, aspettami al solito posto. Non vedo l'ora di essere fra le tue braccia. Ti bacio. Ed costato tre scudi per il recapito: pi di una lira a parola. Un affare per il portalettere. In salone non ci sono solamente nobili, come dice la Gugna; c' anche il signor Pinna, questore di Bologna, qualche dottore in legge come Aria avvocato Alfonso, Minelli dottor Paolo, Landuzzi avvocato Federico... I maggiori, insomma, legati al carro del nuovo padrone che poi, per voto unanime del popolo di Bologna e per volere di Dio, Vittorio Emanuele II, re d'Italia.
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E si sono trovati per trafficare in nome della Patria finalmente unita. Il pi importante, il conte Giovanni Malvezzi de' Medici, anch'egli del nuovo corso e della prim'ora, non presente: i suoi impegni lo hanno tenuto a Torino pi del previsto, ma come se fosse qui in carne, ossa e titolo, perch non si pu ignorare uno dei primi aderenti alla Societ Nazionale Italiana la quale ha, come motto e programma: Unificazione d'Italia, Indipendenza e Casa Savoia. Tutto con le maiuscole. A Bologna il comitato composto da Camillo Casarini, Luigi Tanari e Pietro Inviti e vi aderiscono i pi insigni cittadini. Le direttive vengono diramate da Torino. Nel salone manca pure il marchese Gioachino Napoleone Pepoli, deputato al regno, regolarmente eletto; anch'egli a Torino, come ogni deputato che si rispetti e occorrer sentire il suo parere su qualsiasi decisione uscir dalla presente riunione. Anche perch stato proprio lui a sostenere, presso il re, che Pinna, a Bologna, la cura giusta per un male antico quanto la citt. Mancando i suddetti, il pi autorevole dei presenti il padrone di casa, Bevilacqua marchese Luigi, figlio, che ci d di tutti i tagli per far trionfare le proprie tesi. ''Gli sforzi del nostro buon questore Pinna non possono bastare a riportare la calma nella citt. Io dico che ognuno di noi dovrebbe darsi da fare acciocch...'' Aria avvocato Alfonso non condivide: ''Cosa vorrebbe il signor marchese? Che noi si istituisse una personale guardia di polizia? Ci che il signor questore va facendo, pi che sufficiente. Io ho piena fiducia. Sono dell'avviso che non ci voglia fretta. Si tratta di scardinare uno stato di fatto vecchio di anni, consolidato e accettato dalla popolazione. Ci vuole tempo e pazienza per curare mali antichi". Discutono e bevono di quello buono delle tenute in collina. Il solo che sta ai detti, il questore Pinna che tira nel toscano, seduto in poltrona, e ascolta. Alla fine, assicurati i presenti che terr in debito conto i loro pareri, se ne andr e far di testa sua, come tutti i sardi che si rispettino. Isolani conte Francesco neppure ascolta: guarda l'orologio ogni cinque minuti e Pinna se n' accorto e sorride fra il toscano acceso e le mani che gli sostengono il capo. Aria avvocato Alfonso viene al dunque: ''Vorrei conoscere il parere del marchese Carlo Bevilacqua, vostro signor padre, prima di dare il mio assenso al passaggio della Banca delle Quattro Legazioni al Regno d'Italia. Se non erro, fu proprio lui marchese Carlo nella sua veste di consulente del papa per le finanze, a volere la Banca delle Quattro Legazioni''. ''Esatto, ma allora non poteva prevedere che lo stato pontificio... Voglio dire che nessuno poteva supporre lo stato fallimentare nel quale venuta a trovarsi la Banca delle Quattro Legazioni. Date ascolto a me, avvocato Aria: prima ci liberiamo di quella banca, meglio sar per tutti.'' ''E' d'accordo il marchese Carlo Bevilacqua o non d'accordo?'' ''E' d'accordo, d'accordo, ma non pu dichiarano ai quattro venti. Si batte49

r, si fa per dire, perch il passaggio al regno non avvenga, ma d'accordo. Pienamente d'accordo. Avete la mia parola." ''E come potremo far apparire sana la situazione della banca all'inviato del re? Voi sapete che la Banca delle Quattro Legazioni sull'orlo del fallimento e solo un cieco...'' Luigi Bevilacqua alza il bicchiere: ''Dio vede e Dio provvede, amici miei. Per fortuna, in questo mondo, ci sono anche i ciechi. A noi, sono convinto, farebbe comodo una bella grassazione sul tipo di quella al Banco Padovani. Sistemerebbe le cifre in rosso e metterebbe in pareggio qualunque bilancio, amici miei. Chiss che qualche Balla di ladri, e a Bologna le Balle proliferano, non maturi la buona idea di un furto come si deve alla Banca delle Quattro Legazioni". Alza un'altra volta il bicchiere: ''Dio vede e Dio provvede. Prosit''. Bevono, ma l'avvocato Aria Alfonso continua a non essere d'accordo: ''Ci sono metodi pi legali e sono certo che sapremo trovarli''. ''Studieremo, avvocato, studieremo.'' ''Sono convinto che il gruppo ancora legato al papato e che ha lottato per ottenere a Bologna la Banca delle Quattro Legazioni, non si dar per vinto facilmente. Non vedr di buon occhio l'interessamento del re nei propri affari." ''Per questo abbiamo con noi il signor questore Pinna. Egli sapr bene operare. Bevo alla sua salute.'' E bevono. Pinna il solo ad accorgersi che Isolani conte Francesco se ne fotte dei problemi socioeconomici della citt ed esce in giardino; gli altri convenuti continuano a brindarsi addosso. La bella Luigia Bertoncelli aspetta, da un po' e nella serra, il suo giovane amico, come da istruzioni sul biglietto. Attorno c' il profumo di fiori appena sbocciati, l'umidit del terreno fertile e, in un angolo, un'alcova di cuscini di seta e velluto che aspetta i due innamorati. Luigia guarda, fra le foglie e i petali, il sentiero del parco che porta alla serra e vede arrivare il giovane. Abbandona il capo sui cuscini e si addormenta per la lunga attesa alla quale stata costretta. Francesco la guarda, accarezza il bel viso, bacia la fronte bianca, la guancia e poi le labbra rosse, ma Luigia non si muove. ''Mia adorata, dormi? Son qua io, il tuo Francesco che t'ama.'' Il respiro regolare della ragazza non si altera neppure quando la mano del giovane si insinua, leggera, fra la pelle e l'abito, sul petto. Solo quando il palmo si posa sul capezzolo destro, Luigia ha un sussulto. Ma continua a dormire. Francesco le accarezza morbidamente il bel seno e si distende accanto a lei. ''Mia adorata, mia adorata.'' Ne ha abbastanza del seno e solleva la stoffa leggera e preziosa, lavora attorno ai nastrini delle mutande e maledice il sarto, o la sarta, che complica le cose. Poi, finalmente, la pelle vellutata del ventre... Luigia solleva il culetto facendo forza sui talloni, in modo che Francesco
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possa meglio sfilare le mutande. E dorme ancora. O finge? Una lunga carezza sul pelo biondo e il respiro di Luigia si altera, i muscoli si tendono e fra i sospiri mormora: "Mio Francesco, son tua". Non deve ripeterlo: Francesco la prende in parola e le sopra: la gioca un attimo con le mani e quando tutto, attorno, caldo, umido e accogliente, scivola lentamente fino... ''Mio... mio Francesco!'' Gli circonda le chiappe con le gambe e se lo tiene stretto al ventre, che non dovesse sfuggirle. Attorno, gli umidi fiori di serra e il profumo di primavera appena iniziata e tutto il resto. Nel salone, poco distante, si discute ancora sui malviventi che infestano la citt e su quelli che la infesteranno; si progettano ferrovie per rendere i viaggi sempre pi comodi e veloci; si ipotizzano i nuovi senatori del regno e magari si far entrare nel giro anche qualche amico del vecchio senato pontificio, che pu far comodo, non si sa mai. Il questore Pinna tira nel toscano e cerca di arrivare, con gli occhi, fino alla serra, ma i vecchi, secolari alberi del parco, i cespugli di rose, le siepi di ligustro, non glielo consentono. Allora si rilassa sulla poltrona e chiude gli occhi: la bella Luigia Bertoncelli se la farebbe pure lui, da buon sardo. Chiss che un giorno, se le cose andranno come devono... Intanto il pomeriggio non stato inutile: ha capito certe cose che gli servivano, ha toccato informazioni che conosceva per sentito dire, ha aperto gli occhi su avvenimenti che solo sospettava. In ufficio si fa portare gli atti della grassazione Padovani. ''Son furbi gli amici, ma chiacchierano, chiacchierano... Dio santo, se chiacchierano.'' Sfoglia con cura e attenzione gli atti.

Quinto episodio: COME ANDO' LA GRASSAZIONE PADOVANI


Via Nosadella, stretta e buia anche a mezzogiorno, ha portici bassi sui due lati, in curva e non si vede oltre dieci metri. Da destra e da sinistra arrivano altre vie strette che si perdono verso Sant'Isaia, Pietralata, nella Grada e negli orti che con la Grada confinano. E poi sul canale e, di l, in aperta campagna, seguendo la via alzaia e i sentieri che delimitano gli orti. Un luogo adatto e i malviventi ne avevano studiato bene l'ubicazione e i dintorni e sapevano che quel giorno, nella cassa del Banco Padovani, di soldi ce n'erano a cappellate: il primo e il due di ogni mese si facevano gli incassi. Per colmo di fortuna, quel due di novembre la nebbia cominci a scendere, a infilarsi sotto i portici gi nel pomeriggio presto. Anche il padreterno si era messo dalla parte dei ladri. Fecero una cosa molto veloce: venti minuti in tutto. Entrarono in tre e uno di loro aveva un trombone spianato e pronto a far fuoco; gli altri due erano armati di pugnali. Solo quello dal trombone aveva il volto coperto da un fazzoletto azzurro e fu lui a parlare. Tutti gli altri, anche
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i quattro che entrarono per ultimi, avevano il viso scoperto e l'aria decisa. ''Fermi tutti!'' Fece un cenno ai soci e uno di questi fu subito sopra al Padovani e gli punt il pugnale alla gola. ''Faccia a terra! Faccia a terra!'' Degli ultimi quattro entrati, due salirono al piano superiore e gli altri due, con pistole e pugnali, tennero sotto controllo i clienti e gli impiegati. Le cose si misero male quando entr nel Banco il figlio di Padovani, Ernesto, sottotenente d'artiglieria, che subito mise mano alla spada. Non riusc neppure a sguainarla perch quello dal trombone gli and sotto e gli piant la canna nello stomaco: ''Provaci e sei finito!''. Uno dei soci sfil la spada dal fianco di Ernesto e lo costrinse con la testa al muro. Se pure conciato cos, Ernesto ebbe il coraggio di dire: ''State buoni, ragazzi, non fate sevizie. Se volete dei denari ve ne vado a prendere". Tanto che Padovani il vecchio gli url: ''Cosa vuoi ancora dare! Li hanno gi presi tutti''. Il socio che gli stava sopra, spinse il pugnale e gli scalf la pelle della gola: una cosa da ridere, ma sufficiente perch il Padovani vecchio si calmasse. ''Ancora non ti abbiamo preso tutto. Dammi l'orologio.'' Il vecchio Padovani si tolse, tremando, l'orologio dal taschino del gilet e il tipo dal fazzoletto sul viso gli strapp anche la catenella d'oro. ''E adesso questi. Son d'oro." Strapp ugualmente i bottoni del panciotto e il vecchio Padovani, per lo strattone, and a scalfirsi ancora sul pugnale che sempre gli tenevano puntato al collo. ''E questi.'' I gemelli della camicia. ''Adesso puoi dire che ti abbiamo tolto tutto, ma devi aver pazienza solo qualche giorno e la tua cassa sar di nuovo piena.'' Poi il tipo col trombone si rivolse ai colleghi.''Presto, presto e fuori due alla volta.'' Riempite le saccone, uscirono i primi due, ma rientrarono di corsa: ''Sulla porta c' un tale". ''Hai la pistola, usala se ti fa storie!" Sulla porta c'era un tale, Busi Gaetano, che fumava il sigaro e aspettava il ritorno dell'amico Ernesto Padovani, entrato da poco, col quale era arrivato. Non si occup di quelli che uscirono. Ultimo, all'interno del Banco Padovani, rimase il tipo dal fazzoletto sul viso e con il trombone pronto. ''Se vi preme la salute, aspettate ad uscire.'' Tenne il trombone puntato specialmente verso il giovane Ernesto. ''Parlo a tutti e in particolare a voi, signor Padovani: se avete riconosciuto alcuno, dimenticatevene! Chi ha famiglia, pensi alla famiglia perch se abbiamo avuto l'ardire di entrare qui a prendere la moneta, avremo anche quello di togliere la vita a chi vorr riconoscerci. Che ci vuole ancora meno. Tenetelo bene a mente." Usc dalla sala e prima di arrivare alla porta, nascose sotto il mantello il trombone.
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Quando Ernesto Padovani usc, fece a tempo a scorgere gli ultimi due delinquenti perdersi dietro la curva di Nosadella, su via Sant'Isaia e, spada alla mano, si mise a correre in quella direzione. ''Fermateli! Fermateli! Dlli al ladro! Ai grassatori!'' E il vecchio Padovani gli url dietro: ''Ernesto, Ernesto, torna qui. Pensa alla tua vita. Hai inteso le minacce? Torna indietro, non fare il matto". Poca gente per strada e quei pochi a correre con Ernesto dietro i ladri, ma a fermarsi subito per raccogliere gli spiccioli che i due, fuggendo, lasciarono cadere. ''Che fate? Correte, correte o ci scapperanno! Lasciate perdere i soldi!'' Nessuno gli diede ascolto e si trov solo a rincorrere i due che ebbero il tempo di arrivare agli orti della Grada dove nessuno avrebbe pi potuto trovarli, nel labirinto di sentieri nascosti da siepi e fra le canne di fiume. Quando al Banco Padovani arriv il questore Buisson in persona, i delinquenti erano gi chiusi in casa a contare i soldi, o nascosti chiss dove. Padovani il vecchio si teneva un fazzoletto sul graffio del collo: ''Mi volevano uccidere. Non solo i soldi, anche la vita volevano prendermi''. Buisson chiese: ''Avete riconosciuto alcuno?". Padovani neg col capo. ''E di quanto vi hanno derubato?'' ''Dodicimila scudi: una fortuna. Sono rovinato.'' ''Avete gi fatto di conto?'' ''So quanto c'era in cassa. Sono rimasti soltanto trecento scudi.'' ''Nessuno ha riconosciuto i delinquenti?'' Le parole del tipo col trombone erano state troppo decise e tutti, l dentro, avevano famiglia per cui il questore Buisson se ne torn al suo ufficio con un verbale che lasciava il tempo com'era e non indicava gran ch. Neppure il numero dei malviventi concordava. La somma rubata: dodicimila scudi, una fortuna. Ma neppure questo era certo. Per conferma sarebbe stato necessario chiedere ai ladri. L'ispettore Grasselli lesse pi volte il verbale e ne rimase poco convinto: avrebbe chiesto meglio in giro, sentito dai confidenti, parlato ancora con i testimoni oculari, controllato certe dicerie del popolo: ''I Ceneri hanno avuto del fegato". ''La Balla dalle scarpe di ferro ha lavorato alla grande, questa volta." Chiacchiere di bassa plebe? Il primo col quale Grasselli parl fu Bendini Luigi, un ragazzotto di undici anni. ''Io andavo a casa a magnr.'' ''Che ore erano?" ''Al trei e mez zirca.'' ''E tu vai a mangiare cos tardi? Alle tre e mezzo?" ''L' st un chs: al mi padron al dess d'avanzr in butiga fn che lo an foss turn. Al turn al trei e io andai a consegnare i padellini di ferro in Sant'Isaia.'' ''E chi hai veduto lungo la strada?" ''A vd di suld che correvano dietro a degli altri che scappavano. ''
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''Hai riconosciuto qualcuno?" ''Nossignore. Vidi anche un sacchetto di denari e lo raccolsi, ma poi venne un signore che me li tolse." ''E chi ti prese i soldi, lo conosci?" ''No, al scapp sbbit e me ai cur dri sinza arzonzier." ''Erano molti i soldi?" ''Il sacchetto pesava." Grasselli diede caramelle al ragazzino di undici anni che le prese con mani nere e rovinate da fattorino di fabbro ferraio. Padovani il vecchio aspettava l'ispettore Grasselli nel suo ufficio e non parve contento dell'incontro. ''Dissi ogni cosa al signor questore. Non vedo perch..." ''Abbiate pazienza, signor Padovani. Se i cittadini non collaborano con la questura, non si possono poi lamentare se la citt infestata da malviventi.'' ''Ho gi collaborato, ho detto quanto sapevo." L'ispettore Grasselli non smise il sorriso mite che ormai gli segnava il viso anche nelle occasioni meno liete; indic una poltrona in pelle davanti al tavolo del Padovani e chiese, con lo sguardo, il permesso di sedere. Padovani il vecchio annu e Grasselli si accomod e guard attorno. Alle spalle del banchiere, l'enorme cassaforte era chiusa. Grasselli la indic: ''Come mai l'altro giorno era aperta?". ''Avevo appena messo in cassa alcuni introiti.'' ''Son entrati direttamente qui?'' ''Due di loro sono entrati direttamente qui. Gli altri tenevano a bada gli impiegati.'' ''Conoscevano bene la strada.'' Grasselli aspett una parola dal Padovani che per non la disse. ''Possibile signor Angelo Padovani che voi non abbiate riconosciuto alcuno?" ''Non ne ho avuto il tempo." ''Capisco. Eppure sono rimasti dentro pi di venti minuti, hanno parlato, si sono dati da fare... Uno di loro, addirittura, vi ha strappato i bottoni d'oro del panciotto. Deve esservi venuto ben vicino." Il vecchio Padovani, anzich rispondere alla provocazione, tolse dal cassetto della scrivania, e consegn all'ispettore, un foglio di quaderno scritto da mano indecisa. Disse: "Anche voi, ispettore, avreste dimenticato i loro visi".

Noi posiamo a vertirvi se a Voi Preme la Vita e a tuti quelli del Vostro Banco, di non fare confidenze alla questura. Se loro ardirano a non fare come qui si indichiamo Lo pagate con la Vitta e se abiamo vutto il Coraggio di Prendere La moneta tanto pi la Vita che poco ci Volle.
L'ispettore Grasselli lesse un paio di volte il biglietto e chiese: ''Permettete che lo tenga io per qualche giorno? Piuttosto ignorante questo malvivente, non vero, signor Padovani? Dal verbale pareva che il ladro dal viso coperto con un fazzoletto azzurro parlasse con propriet di linguaggio".
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Lesse da un taccuino: ''Se abbiamo avuto l'ardire di entrare qui e prendere la moneta, avremo anche quello di togliere la vita a chi vorr riconoscerci... Una bella differenza fra questa dichiarazione e lo scritto''. Il signor Padovani riprese il foglio che Grasselli ancora teneva in mano e and a chiuderlo in cassaforte. ''Ho letto nel verbale che il signor Busi, amico di vostro figlio, ha corso un bel rischio. Pare che il vostro cassiere gli puntasse contro la pistola, dopo la fuga dei malviventi e, dietro vostro preciso ordine... Vediamo. Ecco qua: Dietro preciso ordine del signor Padovani Angelo che mi urlava sparagli, sparagli, uno dei delinquenti', puntai la pistola al petto del Busi e feci fuoco. Fortunatamente il colpo non esplose e si pot chiarire che il signor Busi se ne stava sulla porta del Banco per attendervi il ritorno del signor Ernesto Padovani ". Grasselli mise via gli appunti e chiese al signor Padovani: ''Come mai? Non avevate riconosciuto in Busi l'amico di vostro figlio?". ''Se lo avessi riconosciuto, non avrei ordinato al mio cassiere di sparargli.'' ''Eppure il signor Busi frequenta da anni la vostra casa, signor Padovani.'' ''Non so che dirvi, ispettore: in quel momento avevo scambiato il Busi per uno dei delinquenti.'' ''Ho capito. Sapete che in giro si dice che i fratelli Ceneri siano i capi...'' Il Padovani lo interruppe con violenza: ''Non ho da dire altro, signor ispettore Grasselli!''. Grasselli si alz. ''E' una poltrona proprio comoda. Ne ordiner una dello stesso tipo per il mio ufficio affinch chi mi venga a trovare si senta a proprio agio.'' e si avvi alla porta. Si ferm per dire: ''Nel caso che io arrestassi coloro che ritengo i responsabili della rapina, siete disposto a venire in questura per un confronto?". Il vecchio Padovani si alz dalla sua poltrona e rispose, deciso: ''Verr alla ricognizione dei malviventi appena la questura mi dar assicurazione che tutti loro sono stati arrestati e quando sar ben certo che il processo condanner i malviventi a una lunga condanna. Non prima, signor ispettore Grasselli. Non prima''. ''Vedr di accontentarvi signor Padovani.'' Grasselli usc dal Banco e si incammin lungo i bassi portici di via Nosadella: non era poi tanto sicuro che il signor Padovani tenesse all'arresto dei colpevoli. Come non era sicuro che il signor Busi Gaetano, amico di Ernesto Padovani, avesse detto la verit. Si guard attorno e poich non c'era alcuno in giro, pot riflettere ad alta voce: ''Com' possibile che i malviventi siano usciti dal Banco, siano passati davanti al Busi che aspettava, sulla porta stessa del Banco; il ritorno dell'amico Ernesto e non si sia accorto di quanto era appena avvenuto all'interno?". Torn indietro e ripass davanti al grande portone del Banco Padovani. Dai vetri appannati riusc a distinguere, all'interno, il cassiere chino sui registri, alcuni clienti, il signor Padovani Angelo che si muoveva sul fondo. Pass oltre.
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''Ha veduto uscire solo due persone: e gli altri cinque? Come pu essere che uscissero e il Busi non li vedesse?" Ancora cambi direzione e, ripassando davanti al Banco, salut, con un gesto della mano, il signor Padovani Angelo, all'interno. L'ispettore era ancora solo in via Nosadella e Continu a pensare ad alta voce: ''Troppa confusione per una grassazione da dodicimila scudi. Troppa! Finir con l'arrestare i fratelli Ceneri. Qualcosa ne sortir. Qualcuno verr allo scoperto e credo di sapere chi''. Il suo viso era sempre atteggiato a un sorriso triste che non lo faceva somigliare a un ispettore di questura.

Considerazioni sul caso Padovani


Non una novit che l'ufficio del questore Pinna Felice sia sempre annebbiato dal fumo di sigaro; il questore, in quel fumo, ci sta bene, tant' vero che non apre mai la finestra per cambiare aria. Del resto, fuori piove e fa freddo. Meglio il fumo che un raffreddore. Anche l'ispettore Baccarini, qualche volta, fuma, ma non accanito come Pinna e perci sopporta, se non pu farne a meno, la nebbia dell'ufficio del questore. ''Da quanto tempo, ispettore Baccarini, siete nella questura di Bologna?" ''Dall'inizio dell'attuale governo." ''Non avete fatto esperienza sotto il pontificato, allora. Avete seguito il caso Padovani?'' ''Per la verit fu l'ispettore Grasselli che si occup principalmente delle indagini. In allora, io era alla sezione di ponente.'' ''Ho letto che vi occupaste di alcuni arresti collegati con il furto Padovani." ''E' vero: all'occorrenza aiutavo i colleghi quando nella mia sezione vi era calma. Mi occupai di alcuni arresti." ''Chi?" ''I fratelli Ceneri, Pietro e Giacomo. Arrestai pure il Sabattini e il Catti.'' Il questore Pinna sfoglia velocemente le carte del caso Padovani, che tiene ancora sul tavolo, tira un paio di boccate e dice: ''Vedo qui che gli arrestati sono rimasti dentro per pochi giorni.'' ''I fratelli Ceneri furono scarcerati per insufficienza di indizi.'' ''Per essere pi precisi?'' L'ispettore Baccarini, per quanto ci abbia provato, non ancora riuscito a capire il sardo: ogni volta che ha un colloquio con lui, ha l'impressione di essere messo dalla parte degli accusati e di doversi difendere. Eppure il sardo lo ha fatto capo della Squadra Speciale. Non che, ad oggi, la Squadra Speciale abbia dato grandi risultati, ma su questo punto Baccarini vuole tornare e proprio con il questore. Adesso deve badare a rispondere. ''Pietro Ceneri port alcuni testimoni che all'ora della grassazione si trovava a pranzare presso l'osteria della Pace. Ceneri Giacomo dimostr di essere,
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in quel giorno, a Castelfranco, all'osteria della Corona.'' ''Cos non se ne fece niente. Ho l'impressione che si sarebbero potuti trovare testimoni pronti a giurare che i due erano in Bologna e sul luogo della grassazione." ''Signor questore, in quei tempi la citt era in mano ai malviventi e i cittadini avevano paura ad esporsi. Lo stesso signor Padovani Angelo non volle intervenire al riconoscimento degli arrestati per paura di rappresaglie. Eppure gli avevano rubato dodicimila scudi.'' ''Cos dichiar il Padovani: dodicimila scudi, una fortuna.'' Il questore Pinna ha finito con Baccarini, si prende il viso fra le mani e non aggiunge altro. ''Signor questore, vorrei chiarire alcuni punti circa la Squadra Speciale della quale mi avete fatto comandante.'' Aspetta un cenno, prima di proseguire, ma Pinna immobile. Dalle dita, chiuse sul viso, escono volute di fumo. Baccarini continua: ''Vi pregherei di provvedere alla mia sostituzione''. ''E perch?" ''Perch la Squadra Speciale alle vostre dirette dipendenze e io non sono al corrente di ci che incaricata di eseguire. Ritengo quindi superfluo il mio ufficio.'' Pinna scopre il viso, si distende sulla poltrona e dice, sottovoce: ''La Squadra Speciale non ha ancora cominciato a funzionare. Appena lo far, voi sarete il primo ad essere informato di ci che comando si faccia. Non c' altro da dire".

Per la patria, la libert e qualche altra cosa.


Molti, in citt, hanno avuto il sospetto che la Societ Operaia non sia stata fondata solamente dagli operai. Come pure la Banca Operaia. Banca Operaia! Quando mai gli operai hanno avuto bisogno di una banca? Per depositarvi che? La Societ Operaia stata fondata da due nobili che avevano a cuore l'istruzione, la moralit e il benessere delle classi povere (tanto per cambiare!), i quali, subito dopo, si ritirarono nell'ombra e consegnarono la Societ a chi l'avrebbe portata avanti, verso il raggiungimento degli scopi sociali previsti nell'atto costitutivo. Si tengono un paio di riunioni al mese per discutere problemi politici ed economici. E' per il problema della casa, soprattutto. La casa, che un bel dramma! Si discute inoltre sul terrorismo, sulla unificazione della Patria e sulla necessit di avere a disposizione pi soldi. Ma chi li d i soldi? Come in tutte le associazioni a statuto democratico, ci sono le votazioni per eleggere le cariche sociali e il Paggi Giuseppe manda in giro suoi fedeli a promettere mari e monti. E parla, parla fino a che trova chi lo ascolta e gli d il voto. ''Non son qui, amici miei, per ricordarvi il mio costante interessamento per
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i soci pi volte ingiustamente arrestati n per segnalare il mio antico odio al governo del papa. Del resto tutti sanno che il giorno del plebiscito io misi nell'urna due biglietti: con uno votai monarchia e negai il papa e nell'altro scrissi le parole 'aborro, esecro il laidissimo governo del papa e se questo si dovesse restaurare, io per primo mi oppongo anche con la forza '. E firmai 'Giuseppe Paggi '. Ci si pu ancor oggi verificare, ma non il passato che mi interessa. Io guardo al futuro e guardo al presente. Guardo con preoccupazione all'attuale stato di cose, alla miseria nella quale il popolo bolognese continua a vivere, alla carenza di abitazioni che costringe numerosissime famiglie a trovare rifugio sotto i portici delle vie perch scacciati dalle misere abitazioni. Si abbattono case per far spazio alle vie e non si d un'altra casa agli sfrattati, e nei moti di piazza si arresta perch cos l'autorit provvede all'ingiustizia. Mi preoccupo perch la citt in mano ai malviventi: non passa giorno senza che non si senta parlare di delinquenza e anche in questo l'autorit vede la mano del basso popolo e arresta, arresta senza distinguere. Si mormora, e io non so quanto a torto, che questo terrorismo sia ispirato dalla questura stessa che vuole creare un clima adatto ai propri disegni e che trae, dalla situazione, lo spunto per arrestare gli scomodi. Non a caso i pi colpiti sono coloro che, fra il popolo, sempre si distinsero per la difesa degli interessi della plebe. Secondo la questura, l'unico rimedio a tutti i mali della nostra citt, sono gli arresti. Voglia Iddio che non ci si debba pentire del voto dato alla monarchia.'' Guermandi Ferdinando detto Fieschi, della Balla di Strada Stefano non ha da farsi eleggere e per questo i suoi problemi sono pi terra terra. Parla in dialetto, che non pu fare altro, ma sarebbe troppo complicato riportarlo. Dice: ''Sapete che io sono domatore e negoziante di cavalli e altri generi e sapete che sono stato pi volte in carcere: pare che la legge esista solo per chi in gabbia; per chi se ne resta fuori, niente. Hanno perquisito la mia casa pi volte e ci hanno trovato solamente gli ordigni per domare i cavalli: fruste, morsi, nervi, eccetera. Se fossi malfattore mi avrebbero trovato altre cose. La mia famiglia ridotta a dormire come zingari: maschi e femmine confusi sopra la paglia. Mia moglie ha niente: estate e inverno gli stessi vestiti, la poveretta. Questi panni che porto per presentarmi qui oggi, sono di mio cognato, che i miei puzzano di cavallo. Dei miei mobili ho venduto tutto, mi sono salvato soltanto la frusta, la quale deve dare da mangiare ai miei figli. Adesso si dice che a Bologna il popolo tutto ladro malfattore. Ma se avessero fatto molto tempo prima i selciati di Bologna con guardie di Sicurezza, come s' fatto al d d'oggi, non sarebbero successi tanti inconvenienti. Dopo il cinquantanove sono venuti tutti questi emigrati che vogliono mangiare, vestire, andare ai casini con un franco al giorno! Chi mi dice che fra costoro non vi siano i colpevoli?". E' certamente un discorso poco politico, ma chiaro e, soprattutto, rende bene l'idea. Fieschi finisce il suo intervento alla seduta della Societ Operaia. ''Al tempo della rivolta, ero maresciallo di cavalleria sotto Masini e quando questi mor, io ero depositano della sua borsa contenente mille scudi. La con58

segnai al suo segretario. Pi tardi mi era venuta l'idea di andare con Garibaldi, ma pensai che i giorni che venivano dovevano essere diversi, ormai. Se avessi preveduto che i nuovi governanti erano assassini, sarei andato via senza esitazione." Un discorso che a Pinna, quando lo conoscer, non piacer gran ch e se il tempo passato stato per Fieschi un tempo di magra, quello a venire lo sar ancora di pi. La discussione va avanti fino a sera e poi fino a notte e c' da scommettere che, qualunque sar la soluzione, le cose non cambieranno di molto: altre famiglie verranno sfrattate per far pi larghe le strade (che ci dovr passare per 'ste strade, lo sa dio!), i generi alimentari continueranno ad aumentare di prezzo, le perquisizioni ordinate da Pinna ed eseguite dalla Squadra Speciale riprenderanno questa notte stessa e avanti cos con il resto. Trenti Camillo consiglia di votare Paggi Giuseppe e lo stesso fa Zucchi, l'uno e l'altro tribuni e capi popolo fin dal settembre del quarantotto. Finisce che Paggi Giuseppe viene eletto e rinnova il proprio impegno di solidariet nei confronti degli oppressi. ''Ma per fare ci necessario, amici miei, che la nostra Societ Operaia sia dotata di un minimo di disponibilit economica; disponibilit che non ci pu venire certo dai soci che dobbiamo tutelare e che solo in minima parte alcuni facoltosi amici ci forniscono e ci hanno fornito in passato. Dobbiamo anche tener presente che la Patria non ancora del tutto stabile. Noi la vogliamo unita, libera dal giogo del papa e pronta a difendere i propri figli; e noi, anche se ultimi in ordine di tempo, non siamo meno figli d'Italia degli altri n siamo ultimi nel suo amore. Per questo ci servono soldi: per non dover tornare indietro. Ci lasciamo, amici, con l'impegno che noi eletti faremo di tutto per trovare le forze economiche che ci consentano di andare avanti. Busseremo alle porte dei nobili fondatori e dei benefattori della Societ Operaia, chiederemo ai ricchi, spiegheremo i nostri scopi e sono certo che nessuno rimarr sordo al nostro appello.'' Dopodich Paggi Giuseppe, Trenti Camillo e Guermandi Ferdinando detto Fieschi, raggiungono i fratelli Ceneri all'osteria della Palazzina per una partita a carte. L'osteria ha chiuso, poich notte fonda, ma si pu entrare dal cortile posteriore e al primo piano i fratelli Ceneri aspettano gli amici per far venire mattina fra un bicchiere, una chiacchiera e una partita. E una scopata, che in cinque non si gioca a carte e Trenti Camillo non ci sa fare. Corticelli Elena, la moglie dell'oste, lo aspetta in cucina lavando piatti e bicchieri. Il marito, Giovanni, a letto da un paio d'ore e ha lasciato a lei l'incarico di occuparsi degli ultimi speciali clienti del piano di sopra. E se ne occupa. Pianta a met i bicchieri e si attacca al Trenti. ''T'i ariv tard.'' ''Ho avuto da fare." Elena prende Trenti per mano e lo porta nel magazzino, a fianco della cucina. Odore di salumi, di granaglie, di muffa e di formaggi a stagionare. Ele59

na si muove, al buio, con occhi di gatto: ''Atenti! Onna damigiana. Qu ai un sac. Vein dri a me". Trenti la segue incerto e con l'impressione, ad ogni passo, di inciampare in qualcosa. Il magazzino non ha finestre e se pure le avesse, non potrebbero servire visto che fuori buio pesto. In un angolo del magazzino, Elena si sdraia sui sacchi di farina. ''Vein.'' I sacchi sono giusto all'altezza dell'uccello di Trenti che Elena cerca, esperta, ed estrae dai calzoni. Sotto nuda e non fa che alzare la sottana e tirarsi sopra il Trenti. Senza preamboli, senza preparazione, Elena gi pronta per farsi sbattere e nel buio del magazzino, sdraiata sui duri sacchi di farina che ormai hanno preso la forma del suo corpo, si prende tutto quello che Trenti le pu dare. ''I ein tn d che at aspet. Vein dnca'' e comincia il mugolio che le consueto e Trenti, se pure ci abituato, se ne preoccupa. ''Fa' piano che Giovanni pu sentirci." ''Di, di... Giuvani an seint gnanch se ai ruban al lt da stta al cui. Di che ai n'ho voia. Di! Di! Di!'' E continua a sbuffare senza preoccuparsi del marito. E' il suo modo di scaricare le frustrazioni: Elena Corticelli nata per farsi sbattere e la vita le ha riservato un'osteria e un marito, Sabattini Giovanni, quarantacinque anni, piccolo di statura, incurvato nelle spalle, inespressivo e grasso.

Un'amicizia di lunga data


Il pomeriggio freddo e nebbioso di fine novembre e Maria Mazzoni aspetta, al Mercato di Mezzo, ormai da venti minuti. Stringersi addosso lo scialle di lana serve a poco, ch ci vorrebbe una stanza riscaldata da una stufa piena di legna accesa. Sono pochi i rimasti in giro e quei pochi sono avvolti in capparelle o mantelle, ma la nebbia entra lo stesso fin nelle ossa perch non c' niente che fermi la nebbia di fine novembre; meglio la neve. Maria Mazzoni tossisce e si protegge alla meglio dietro una colonna; aspetter ancora cinque minuti e quando l'orologio di Palazzo suoner le cinque, se ne andr, ch non pu restare per strada quando buio. A Pietro sar certamente accaduto qualcosa che gli ha impedito di arrivare perch non il tipo da dimenticare Maria Mazzoni; non l'ha dimenticata neppure quando si trovava fra i turchi di Costantinopoli. E infatti arriva, senza fretta, con un sorriso che toglie a Maria le male parole preparate in mente. Ma non pu fargliela passare liscia. ''La nbia l'era fessa dal tou part." ''Cosa vuoi dire?" Maria non gli risponde e si avvia sotto il portico senza curarsi se Pietro la segue. ''Cosa vuoi dire?''
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''A voi dir che t'an riussev a vedr l'arloi da tant che la nbia l'era fessa.'' Pietro Ceneri le posa le mani sulle spalle e la ferma. Attorno c' nessuno e la bacia sulla guancia, ma Maria si libera e continua la strada, rimettendosi sul capo lo scialle, scivolato sulle spalle. ''Sei proprio arrabbiata, vedo.'' ''Mezz'ora; mi hai fatto aspettare mezz'ora e ti meravigli se sono arrabbiata.'' ''Non mi meraviglio: mi piace. Dove andiamo?'' ''Me a turn a c. A sn instch dal fradd e am vr un d per armeterm.'' ''A casa da me ci metteresti due minuti. Ci penserei io a farti passare il freddo: la camera di Borgo Tovaglie calda da ieri sera." ''Vacci da solo e riscaldati i piedi.'' ''All'osteria della Pigna, poi, ho un letto tiepido...'' "Per forza: qulconna dall to vachtt i l'han apnna lass." ''... e da Alessio, la tavola pronta per due." ''Ho mangiato bile per mezz'ora e sono sazia." ''Me la vedo brutta." ''Te la vedi brutta e guardi me.'' ''Se fosse cos, dovrei dire: ti vedo splendida." ''Busader. La premma parola l' qulla ch'la cunta." ''Ma l'ultima che lascia il segno.'' Pietro Ceneri non ha pi voglia di scherzare: prende sottobraccio Maria Mazzoni e la costringe a seguirlo nell'atrio umido di un portone. La bacia sulla bocca. Una carrozza li porta fino al Borgo Tovaglie e la stanza di Pietro Ceneri davvero calda e accogliente, ma prima di fare l'amore Pietro Ceneri ha da dire quello che gli preme. ''Ti voglio bene.'' ''Non sforzarti troppo.'' Gli occhi di Maria Mazzoni sono sempre vivaci e in movimento; esprimono, gi prima della bocca, uno stato d'animo, anticipano le battute, sfottono e sorridono. Maria si toglie lo scialle dal capo e mostra capelli nerissimi, lisci sul capo e raccolti dietro la nuca. Una riga perfetta li divide sulla fronte e si perde nella nuca. ''Qui si sta bene." ''Te l'avevo detto." ''Per questo sono venuta." ''Non perch mi vuoi bene?" ''No, proprio no. Avevo freddo e voglia di riscaldarmi.'' Va alla stufa e controlla il fuoco; mette un pezzo di legna, si scalda le mani fino a farle rosse e se le porta, bollenti, sulle guance. Pietro Ceneri riempie due bicchieri e ne porge uno a Maria. Bevono in silenzio e in piedi, uno di fronte all'altra. Un bacio sulle labbra che sanno di vino nero. Una lumiera, dal tavolo, fa le ombre lunghe sulla parete e mette una luce pallida che tiepida come la stanza. Pietro prende il bicchiere, vuoto, di Ma61

ria e lo posa, assieme al suo, vicino alla bottiglia, poi dalla tasca del cappotto toglie un sacchetto di monete e lo porge alla sua donna. ''Coss' l qust?" ''Scudi.'' ''An t'ho dmand sold.'' ''Sono per Maddalena Bernardi.'' Maria Mazzoni prende il sacchetto che Pietro continua a porgere, lo apre e rovescia le monete sul tavolo. ''Quant bin de dio. Tot a Maddalena?'' Pietro annuisce: ''Questa volta deve fare le cose in grande". ''Ma qui... qui c'... ce n' per un mese. Con questi scudi si compera tutto il casino e si compera pure Bernardi Maddalena." ''Le cose in grande costano: non badiamo a spese. Pensaci tu.'' Maria Mazzoni rimette gli scudi nel sacchetto e il sacchetto sullo scialle, per non scordarlo quando se ne andr. Chiede: ''In quanti andranno?". ''In molti e ci saranno tutti gli agenti che conosciamo. Devono divertirsi, ubriacarsi e restare sbronzi per un pomeriggio e una notte.'' ''Ho capito. Per quando deve essere?" Pietro Ceneri fa segno con le dita della mano destra: per il giorno tre. Poi si avvicina alla lumiera, abbassa lo stoppino fino a fare penombra nella stanza, prende in braccio Maria e la porta sui letto. Ci restano pi del necessario, senza parlare, godendo del calore, del silenzio e delle loro presenze. E' notte fatta quando Maria Mazzoni si riveste: a casa non l'aspettano e pu fare con calma; Pietro Ceneri gira in mutande: cerca un sigaro e un po' di vino che offre anche a Maria. Finiscono di vuotare la bottiglia e, per l'ultimo sorso, si toccano i bicchieri. ''Alla pi amabile delle amiche.'' ''Vuoi dire alla Serotti Sofia.'' ''Voglio dire a Maria Mazzoni.'' La ragazza chiude gli occhi, alza la testa per vuotare il bicchiere e respira forte. Poi mette in seno il sacchetto degli scudi e in capo lo scialle di lana che fa girare anche attorno al collo. ''Sar molto freddo fuori di qui.'' ''Ti chiamo una carrozza.'' Fa per uscire. ''Esci in mutande? Stai comodo che la cercher io. Addio." Pietro Ceneri la bacia ancora sulla bocca e dice: ''Ti voglio bene". Maria Mazzoni sorride ed esce. ''Fa' le cose per bene, mi raccomando.'' Maria si ferma sul pianerottolo per guardare, ironica, Pietro Ceneri che sta sulla soglia con la lumiera in mano e in mutande, a illuminare la scala. ''Anche tu." ''Io sempre. Addio.'' Ombre lunghe che scivolano irregolari sui muri per i movimenti che Pietro fa a seguire, con la luce, Maria lungo le due rampe; poi, lentamente, il buio perch Pietro rientra in casa. Ha un brivido di freddo, si sdraia sul letto e ri62

prende il sigaro acceso.

Scheda di Maria Mazzoni


Anni ventinove, moglie di Filippo Giugni, veste alla maniera delle donne del popolo: ha un ampio scialle a colori che porta a volte sulle spalle, a volte sul capo. Non bellissima, ma ha fisionomia espressiva e simpatica. Parla spesso dialetto con fare impaziente e talvolta ironico. Giovanissima incontra Pietro Ceneri ed la sua ragazza per molti anni, fino a quando Pietro se ne parte per Costantinopoli ove resta troppo tempo. Allora Maria Mazzoni sposa Filippo Giugni e Pietro Ceneri cos la ritrova di ritorno a Bologna. E di nuovo sono assieme. Maria Mazzoni sufficientemente onesta per dire al marito le cose come stanno e il marito sufficientemente intelligente per capirle e non cercare di cambiarle. La vita fatta cos e chi se ne rende conto pu perfino riderci sopra.

Il casino di Maddalena
La casa di tolleranza di via dell'Orso, una casa n meglio n peggio di altre, la conduce, abbastanza bene, Bernardi Maddalena, ex prostituta di quarant'anni, da due soltanto titolare, che ci fa su i propri interessi e i clienti ci fanno i loro. Maddalena ha acquistato una certa pratica in vent'anni di onesto mestiere di puttana e adesso ne fa uso corretto nella conduzione della sua azienda. Ha viaggiato per lungo e per largo le Quattro Legazioni, e c' chi sicuro di averla incontrata fino a Milano e a Genova, ma non ha mai dimenticato la sua citt e ad ogni cliente che le entrava in letto, parlava della casa che, prima o poi, avrebbe messo su a Bologna. A trentotto anni entr da puttana in via dell'Orso e ne usc da tenutaria: un gioco che riesce a una su un milione. Adesso paga altre perch si prostituiscano e qualche volta ci riprova pure lei, ma solo con quelli del suo tempo, quasi a voler tornare indietro e a ricordare un passato. Poi soffre per una settimana di arrossamenti e di infiammazioni e deve darci dentro con gli impacchi. Nonostante i quaranta, che per una puttana sono tanti, c' chi la preferisce, per certe specialit regionali, alle ventenni insipide che vengono dalla Bassa Italia: sono, di solito, quelli che hanno imparato a conoscere le donne proprio con Maddalena Bernardi, perch le prime esperienze sono le migliori e il primo amore non si scorda mai e vanno nell'Orso con la speranza di trovare Maddalena seminuda fra le ragazze, come ai tempi della giovent e del primo bocchino. E Bernardi Maddalena disposta a tornare indietro, non perch ha buon cuore, ma perch le piacciono gli scudi, ne ha sempre desiderato e quando ce ne sono, meglio prenderli subito che il lasciato perduto. La casa di tolleranza ha un vestibolo e tre salette di attesa, una per ogni categoria di clienti. La saletta di velluto rosso riservata ai prelati e ai nobili, non pi di uno
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per volta e solo per appuntamento, ch sarebbe sconveniente far incontrare qui un monsignore con, mettiamo, il marchese Vincenzo Amorini. Non potrebbero parlare, certamente, n di politica n della situazione economica della citt. N sarebbe conveniente parlare di donne. La saletta rivestita in fustagno per la media borghesia in attesa di diventare alta, e quella rivestita in terracotta con stampe erotiche piuttosto brutte, a disposizione della piccola e piccolissima borghesia. Per il basso popolo, per la plebe, non c' sala d'attesa. Faccia come pu, o si faccia delle seghe che pi salutare, ma al casino di Bernardi Maddalena non entra. La sala per la piccola e piccolissima borghesia la pi grande e la pi frequentata e da questa Maddalena ricava il guadagno necessario per tirare avanti con dignit. Anche le donne della casa sono divise in gruppi che corrispondono alle salette d'aspetto, ma quando le cose vanno male, ma proprio male, e ogni tanto capita, si pu avere la fortuna di trovare nella saletta in terracotta qualche donnina da velluto, ma non si deve sapere in giro, ch le azioni della casa non cadano troppo in basso. Maria Mazzoni bussa alla porta di via dell'Orso che sono le undici del mattino, l'ora migliore per non trovare clienti e le ragazze a letto. Apre una vecchia ruffiana, vecchia quant' vecchio il casino, grassa e sformata dalla lunga professione, che sorride mostrando le gengive sdentate. ''Son contenta di vederti, Maria. Quando passi tu, segno di buoni affari per Maddalena e di buone mance per la vecchia ruffiana. Entra e siedi; avverto subito madama.'' Madama Maddalena, scarmigliata, seminuda e assonnata, seduta davanti a una tazza di caffelatte e si tiene la testa con la mano sinistra mentre con la destra mescola per zuccherare. Parla italiano, come si conviene al mestiere. ''Vieni, vieni, Maria. Vuoi bere qualcosa? Ho un mal di testa...' ''A son que per interss e ai ho frzza.'' ''Hai sempre fretta tu. Vieni, parli e scappi via. Mai che ti fermi a chiacchierare.'' ''An me pias l'ambient." ''Sei una bella e brava ragazza. Siedi e dimmi in cosa posso esserti utile.'' ''Nel solit mod. Al n' la premma volta." ''E spero non sar l'ultima." ''Voglio vedere le ragazze." ''Adesso? Sono mal messe, dormono ancora perch stata una notte piena." ''Fa gneint: ai ho l'oc." Maddalena beve un sorso di caffelatte e grida verso la porta che d nell'atrio: ''Fa' venir gi le ragazze. Tutte! Capito?'' Non arriva risposta, ma il ciabattare della vecchia ruffiana lungo le scale. Mentre aspettano, Maddalena chiede: ''Come stai?''. ''Cos.'' ''Ci ho piacere. E Pietro?"
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''Anche lui cos.'' ''Ci ho tanto piacere: gran bravo ragazzo il tuo Pietro. E' bello. Un ragazzo da portare a letto ogni sera. Ai miei tempi, ragazzi cos si contavano...'' Arriva il pigolare di un branco di puttanelle che scendono le scale. ''Son qui: vieni.'' ''Come stanno a salute?" ''Bene: una buona stagione e non c' davvero da lamentarsi.'' ''Non devi fregarmi, Maddalena, ch non ci sei solo tu in citt.'' ''Quando mai ti ho fregato? Se dico bene, bene. Quanti sono questa volta?" ''Molti, servono tutte le ragazze. Per il giorno tre dicembre devi chiudere bottega e tenerle per i miei clienti.'' Maddalena si alza a fatica e sbuffando. ''Dio, dio come sto male. Ti coster un occhio." Maria Mazzoni mette mano sul seno e dice: ''Non preoccuparti. Quanto?". Madama Maddalena le va vicino e anche lei tocca il seno di Maria: ''Quanto hai qui?". ''Abbastanza per pagarti. Quanto chiedi?'' Maddalena ci pensa su un attimo e poi apre e chiude le mani pi volte davanti agli occhi di Maria. ''Sta bene, se le ragazze sono come devono essere.'' ''Vai a vedere tu stessa.'' Le ragazze sono mal messe e stravaccate sulle poltroncine della sala d'aspetto grande: sbadigliano, si grattano, parlano fra loro, ma soprattutto hanno sonno. Maria Mazzoni le passa in rivista una per una e quelle neppure se ne accorgono. ''Vanno bene tutte meno quella biondina pallida l, l'altra mora, che deve avere la rogna, e quella piccola.'' Maddalena sorride: ''Hai buon occhio, Maria. Se avessi molti clienti come te, potrei chiudere il casino e ritirarmi a vita privata. Le altre bastano?''. Maria annuisce e fa per uscire dalla sala d'attesa; la biondina pallida, indicata da Maria, la raggiunge e la ferma. Dice: ''Perch non mi vuoi?''. ''Perch t'i amal e t'farev bin curart." La biondina scuote il capo: ''Non ti capisco: parla italiano". ''Sei malata. Lo faccio per te. Sar per un'altra volta. Adesso curati.'' ''Un'altra volta io non sar qui. Ho bisogno ora. Ti prego." Maria Mazzoni scuote il capo, si stringe lo scialle sulle spalle ed esce. La biondina le bestemmia dietro qualche sacramento nel suo dialetto e si lascia cadere su una poltrona a piangere. ''Sai che ha detto?" ''Me lo immagino.'' Dal sacchetto di Ceneri Pietro, Maria conta a Maddalena gli scudi richiesti e ne rimangono pi della met. Ne aggiunge ancora qualcuno e dice: ''Questi per mangiare e bere. Deve essere una festa da ricordare per un pezzo e fa
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come ti ho detto". Madama Maddalena rimasta con gli occhi spalancati sul sacchetto che, ora, Maria rimette in seno. Chiede: ''E quelli?". ''Son di Pietro.'' Maddalena le va pi vicina, tanto vicina che Maria pu sentire il puzzo di quel fiato stantio. ''Sta' a sentire: non fare la sciocca. Dammene ancora un po' e dir a Pietro che ho voluto di pi. Facciamo a met.'' ''Pietro non verr mai a chiederti la spesa e ti ho dato quanto mi hai chiesto.'' ''Ho cambiato idea.'' Maria raccoglie gli scudi che ha appena messo sul tavolo: ''Anch'io. Non sei la sola ad avere una casa di tolleranza". Maddalena si getta sugli scudi e li arraffa. ''Va bene, va bene: facevo per scherzo. Quando arriveranno?'' Maria nell'atrio e dice, prima di uscire: ''Il tre pomeriggio e fai le cose con cura: devono rimanere tutti soddisfatti". ''Usciranno soddisfatti '' e mette via i soldi prima che Maria cambi idea.

Uno sgarbo al vecchio marchese Guido Luigi Pepoli


Il tre sera, verso le sei, il cuoco di casa Pepoli esce, come fa ogni giorno, per la spesa e appena fuori dall'uscio, due individui lo fermano: uno gli cala il cappello sugli occhi, che se non ci fossero le orecchie a fermarlo, gli arriverebbe al collo; l'altro lo solleva di peso, lo riporta nell'atrio del palazzo e richiude la porta alle spalle. Nessuno ha veduto, nessuno si accorto. Il nuovo palazzo Pepoli un grande edificio costruito nel sedicesimo secolo e sta proprio di fronte all'antico palazzo dal quale, nel medioevo, i Pepoli dominavano Bologna. L'ingresso principale in via Castiglione; dietro ha la via de' Toschi e di fianco via delle Clavature. Lo chiamano anche Palazzo dalle catene per via di certe grosse catene di ferro che collegano i fittoni, proprio nello slargo di via Castiglione, davanti al palazzo. Il portone massiccio, enorme, intonato al palazzo e d su una delle vie pi frequentate, eppure i due riescono a sollevare di peso e a trascinare via il cuoco e a sparire all'interno senza dare nell'occhio. E' voce in citt che il vecchio marchese, settantasei anni, sia uso tenere presso di s, fidandosi poco delle banche, gli averi liquidi e prenderne una sporta pare, a molti, un gioco da ragazzi. Anche il cuoco non pi di primo pelo, cinquantotto anni, e non si sogna di opporre resistenza, soprattutto perch non riuscito a capire in quanti siano coloro che lo trascinano di peso verso le scale dalle quali appena sceso. Di sicuro c' la canna di una pistola piantata contro il suo stomaco. ''Chi c' in casa? Ci sono i servi?"
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Il vecchio cuoco scuote violentemente il capo e dice: ''No, non c' alcuno!''. ''Se hai detto favole, ti sparo in bocca. Portaci dal vecchio Pepoli." Il vecchio Pepoli, tranquillo perch solo in casa, salito nella stanza della governante, in mutande lunghe di lana e camicia che gli arriva fin sulle ginocchia e sta arrampicandosi sul letto a baldacchino dove la governante gi sistemata a gambe larghe: uno spettacolo da non perdere. All'ingresso degli estranei in camera, il signor marchese resta immobile, con una gamba gi parzialmente sul letto e un piede sul pavimento. La governante, anni portati bene, ha pi spirito del marchese: si copre con un panno e si lascia scivolare, cos coperta, dall'altra parte del letto. Urla: ''Mio Dio, degli assassini!''. E ci vuol poco a capirlo dal momento che i malviventi hanno il viso coperto da fazzoletti e pistole e pugnali in mano. Ma la vecchia non pu urlare altro che uno degli 'assassini' le sopra e le tappa la bocca con il palmo della mano. Una mano giovane, morbida e delicata che d un brivido lungo la vecchia spina dorsale della governante. ''Fatti coraggio, vecchia, e alzati. Non aver paura che nessuno ti far male. Non devi urlare.'' Anche la voce del giovane morbida. Un altro malvivente afferra per gli stracci il marchese e lo strappa dal letto. Gli dice sottovoce, ma deciso: ''Fuori i soldi, tutti quelli che hai in casa'' e lo strattona verso la porta. Il giovane che ha appena aiutato la governante ad alzarsi, interviene: ''Tratta meglio il marchese; un vecchio". ''Un vecchio porcone in mutande. Siamo qui per gli scudi.'' Prende il comando delle operazioni. ''Signor marchese, favorisca darci i soldi che tiene in casa.'' Il marchese Pepoli raccoglie i calzoni a piede del letto, li infila alla meglio e rischia di cadere a terra, ma il giovane dalle mani delicate e morbide lo sorregge. ''Non... non ho molto denaro in casa.'' La voce del marchese alta e grossa e, nonostante si sforzi per tenerla bassa, si sente fino alle scuderie. Il tipo rude che gli ha parlato per primo, dice: ''Abbassa la voce, parla piano e consegnaci il danaro se non vuoi...". ''Far come dite, ma dobbiamo andare nella mia camera. Sono disposto a darvi tutto... tutto ci che volete.'' Il cuoco, un po' in disparte e forse dimenticato, cerca ancora di togliersi il cappello dagli occhi e quasi ci riesce, ma, prima di uscire dalla stanza della governante, qualcuno, non sapr mai chi, glielo ricalca fino alle orecchie. Tutto da rifare. Il marchese prende dallo scrittoio della sua camera tutti i soldi che ci sono, ottanta scudi, e li consegna al giovane dalle mani morbide e delicate. A voler essere onesti, ottanta scudi non sono un gran bottino per un'azione rischiosa e studiata come questa e il pi incazzato della compagnia si incazza ancor di pi.
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''Non fare il furbo, vecchio! La cassaforte! Dov'?" Il marchese la indica e il malvivente vi si butta sopra, ma non riesce, naturalmente, ad aprirla. E' il giovane che interviene: ''Fate la cortesia, signor marchese, di aprirci la cassaforte. Io so che munita di segreti che voi solo conoscete". Una volta aperta, la cassaforte in un baleno vuotata e l'oro e l'argento finiscono in una foderetta di cuscino e in una camicia da notte stesa sul letto. Il marchese ha smesso di tremare e si limita ad osservare i suoi valori cambiare di proprietario. Anche un involto di soldi, parte in carta e parte in metallo, che stava sul comodino, finisce nella camicia da notte. ''Mi rapinate... mi rapinate anche quelli? Quelli non sono miei: sono un deposito che stavo restituendo. Vi prego di...'' Il giovane dalle belle maniere raccoglie l'involto di cui trattasi e lo passa al marchese. ''Tenetelo, tenetelo.'' ''E quelle carte di banco poi... Non ne trarrete utili.'' ''Tenete anche queste carte.'' Il malvivente maleducato ha finito di vuotare la cassaforte e si rivolge ai colleghi: ''Non c' altro. Possiamo andare". Ma c' dell'altro: un bussolotto di metallo pieno di spiccioli e posato sullo scrittoio. Lo vede e lo getta sulla camicia da notte, assieme all'oro e all'argento. Il marchese ci prova: ''Lasciatemi almeno le monete di quel bussolo di latta. Serviranno per i miei bisogni immediati". Il giovanotto veramente troppo gentile per essere un malvivente senza scrupoli. ''Tenetelo, tenetelo." Il che fa incazzare l'amico violento, pi di quanto gi non lo sia: ''Vuoi che rimettiamo tutto in cassaforte?". Ai compagni di ventura: ''Andiamocene prima che questo ci faccia lasciare i soldi nostri''. Si trascinano fino alla porta il marchese, la governante e il cuoco e prima di uscire in via Castiglione, il pi cattivo della combriccola dice: ''Leghiamoli che avremo pi tempo per scappare''. Il giovanotto di buon cuore dice: ''Non importa. Via uno alla volta. Fuori!''. Sparito l'ultimo delinquente dall'androne di palazzo Pepoli, il marchese resta a guardare la porta appena chiusa, il cuoco fa i miracoli per togliersi il cappello dagli occhi e la governante, prima di tutti e pi presente, si affaccia alla finestra inferriata e comincia a gridare: ''Ai ladri! Ai ladri! Correte, gente, che il marchese sta male! Ai ladri! Ai ladri!''. Il giovane di belle maniere e il ladro cattivo sono ancora per via Castiglione, poco lontano, e intendono le grida della governante. ''Visto? Maledetta la tua malinconia! Non potevamo legarli e imbavagliarli? Adesso avremo dietro la citt." E cos : molti, al sentire le grida, si mettono a rincorrere chiunque si affretti che, a sua volta, si mette a correre per non essere raggiunto da chi insegue: sono tempi grami e non si sa mai. C' anche un colpo di pistola, dietro
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palazzo Pepoli, verso via de' Toschi. ''Le cose si devono fare bene fino in fondo.'' E il cattivo prende un'altra strada per non essere trovato assieme al giovane per bene e per poter scappare di corsa, visto che il socio se la prende comoda. Un quarto d'ora dopo la rapina, il questore Pinna, nel suo ufficio annebbiato dal fumo, informato dall'ispettore Baccarini. Bestemmia, picchia un pugno sul tavolo e urla: ''Qui, nel mio ufficio, e prima di notte, tutti i testimoni! Tutti!''. E glieli portano.

Il questore e i testimoni
Il primo. ''Vidi uno che fuggiva e, intese le grida, mi diedi a inseguirlo fino alla contrada Alemagna." ''Come mai l'avete perduto?" ''Si volse e disse:''Oh boia!''e mi spar contro un colpo di rivoltella." ''Vi ha ferito?" ''Per fortuna no, ma sul momento ho temuto per la mia vita: lo stoppaccio dell'arma mi colp nel volto e sul momento dissi: ''Oh, son morto"." ''Ma non siete morto, vedo." ''Per fortuna no. Nel puntare l'arma, il delinquente per se la capparella che io raccolsi e diedi poi a un agente di Sicurezza Pubblica.'' ''Sapreste riconoscere colui che vi punt l'arma?" ''Se lo vedessi lo riconoscerei.'' Il secondo testimone una donnetta anziana. ''Mentre stavo al mio banco a vendere marroni arrosto, sentii poco lungi da me un rumore di oggetti caduti a terra. Pochi istanti dopo passarono accanto due sconosciuti, di corsa. Io presi un lume e andai a vedere e trovai una quantit di scudi sparsi qua e l. Li raccolsi e li portai alla questura.'' ''Tutti?'' ''Che vuol dire, signor questore?" ''Che qualche scudo pu esservi restato in tasca. Avete conosciuto gli individui che vi passavano accanto?'' ''Signor no, ma se li rivedessi...'' ''E gli individui non si accorsero di aver perduto gli scudi?'' ''Dal rumore che fecero cadendo, direi che se ne accorsero, ma avevano troppa fretta di andare per fermarsi.'' Il terzo. ''Io stavo proprio all'ingresso di palazzo Pepoli con un amico e intesi subito le grida 'ai ladri, ai ladri' e vidi un giovane piccolo e grosso, con baffi e pizzo biondi, che, appena udite le grida, si diede alla fuga. Se avessi avuto il mio cane, lo avrei certamente raggiunto. Il mio cane, signor questore...'' ''E poi?" ''Mi diedi a seguirlo fino a che il giovane spar verso di noi un colpo di revolver colpendo anche un tale. Nel far ci gli cadde il mantello. Assieme ad
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altri tornai verso palazzo Pepoli per sentire com'erano andate le cose e trovammo anche degli scudi lungo la via che restituimmo al marchese che, a tutta prima, non ci volle aprire e poi ci tratt come delinquenti." ''Riconoscereste il giovane?" ''Signors." ''Vi stata trovata addosso un'arma: un revolver a sei colpi. Avevate anche uno stocco. A che vi servivano codeste armi?" ''Sono della guardia, signor questore.'' ''E perch non avete usato il revolver?" ''Ho avuto paura di colpire i passanti." ''Devo mettervi in carcere per quelle armi che portate indosso.'' Il quarto testimone l'amico del precedente terzo testimone e racconta le stesse cose e finisce dentro anche lui, non sa perch. Pinna piuttosto incazzato. Anche il quinto finisce in carcere in premio alle sue premure e per aver inseguito un tale che scappava forse perch inseguito. Il sesto, Pinna non lo pu arrestare perch un agente di Sicurezza che passava dalle parti di palazzo Pepoli. ''Io e la guardia Protti, essendo in giro per la citt, passavamo nei pressi di palazzo Pepoli..." ''I fatti! Voglio solo i fatti!'' ''Sissignore: i fatti. Vedemmo un individuo imbacuccato in una capparella che camminava a passo frettoloso fregandosi le mani come se fosse felice e sembrava che facesse fatica o stentasse a tirare il fiato..." ''Come poteva sfregarsi le mani per la felicit e stentare a respirare?" ''Non lo so.'' ''Vai avanti.'' ''Sissignore: vado avanti. La guardia Protti mi disse: ''Costui mi pare un certo Oppi"." ''Com'era?'' ''Era grande e grosso di persona. Subito sentimmo grida re''al ladro''e corremmo verso il palazzo Pepoli dove, udita la descrizione dei grassatori, mi parve che quello da noi incontrato potesse essere uno di loro. Lo cercai..." ''... ma non lo trovasti." ''Sissignore: non lo trovai." ''Bravo." ''Grazie." ''Togliti di torno." ''Vado.'' Il settimo un ragazzo di quattordici anni. ''Dov'eri quando accaduto il fatto?'' ''Sulla porta di palazzo Pepoli.'' ''E che ci facevi?'' ''Ero andato a comperare la Gazzetta per il signor marchese e aspettavo
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qualcuno che la portasse al signor marchese." ''Perch non gliela portasti tu?'' ''Avevo paura." ''Di che?" ''Correva voce che, da qualche tempo, vi era della gente che si aggirava per il palazzo per commettere un'invasione. Io, per non incontrare quella gente, preferivo che altri portassero il giornale al signor marchese." ''Da chi avevi saputo la storia dell'invasione?" ''Si diceva in giro: non ricordo." ''E da quanto tempo si diceva in giro?" ''Da pi di un mese." Pinna picchia un pugno sul tavolo e guarda l'ispettore Baccarini ''Da pi di un mese la citt sa dell'invasione. E noi?'' Torna al giovane: ''Hai veduto qualcuno mentre eri davanti al palazzo?". ''Sissignore: ho veduto un giovane che mi chiese: 'dov' il caff del Corso?'. Io glielo indicai e quello mi disse: 'vienmi ad accompagnare che ti do mezzo paolo'. Io ci andai." ''Altra gente?'' ''Altri quattro, fermi davanti alla porta di palazzo. Poi due di loro entrarono e gli altri si misero dall'altra parte della strada. Uno dei due rimasti mi chiese del caff del Corso e mi diede mezzo paolo.'' ''L'hai gi detto. E poi?'' ''Andai al caff del Corso, mi pag il caff e nel ritornare verso palazzo Pepoli sentimmo gridare 'ai ladri' e il signore se la diede a gambe.'' ''Il signore! Quello era un malvivente! Com'era?'' ''Aveva una capparella color tabacco, alto di statura, ventotto o trent'anni.'' ''Se lo vedi, lo riconosci?" ''Direi di s. Lo riconoscerei certamente.'' Il questore Pinna va avanti a interrogare testimoni fino a mezzanotte, ma i discorsi sono sempre gli stessi e non si muove di un passo. Molti, fra i testimoni, finiscono in carcere senza che l'ispettore Baccarini ne capisca il motivo; forse la polizia del regno ha metodi che lui non conosce e che Pinna mette in pratica con molto scrupolo arrestando tutti quelli che potrebbero essere in grado di dare una mano nelle indagini o di riconoscere i delinquenti. E' vero che un po' di galera aiuter la memoria a ricordare con maggior chiarezza e forse Pinna ha anche ragione, ma quei disgraziati non resteranno in carcere tre o quattro giorni; ci resteranno per un anno e pi. L'ispettore Baccarini sa come vanno le cose e lo sa anche il questore Pinna, ma il maledetto sardo deve avere un suo piano preciso in mente.

Se tutti sapevano, come mai la questura...


Il questore Pinna e l'ispettore Baccarini entrano all'osteria San Marco, in via Foscherari, proprio dietro il Palazzo dalle catene del marchese Pepoli;
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Pinna ha deciso, una volta tanto, di muoversi dal suo ufficio perch le cose prendono una piega che non gli piace e vuole andare fino in fondo senza intermediari. La grassazione al marchese Guido Luigi Pepoli un affronto fatto a lui personalmente e se la gente, in giro, era al corrente da pi di un mese di certi tipi sospetti attorno alla casa del marchese, a maggior ragione lui, che il questore, avrebbe dovuto esserne informato. E' la prima volta che qualcosa passa per la citt e Pinna non ne a conoscenza, ma sar anche l'ultima: ci possono scommettere. L'osteria San Marco detta anche l'Offesa di Dio per via che, in passato, bervi un bicchiere era un'offesa a Nostro Signore, ma da quando Giovanni Battista Ferrari ne ha assunto la gerenza, le cose sono cambiate: viene da Savigno e si portato dietro un buon vino di quei colli e i clienti hanno ricominciato a frequentare l'osteria. Il soprannome, Offesa di Dio, rimasto, ma Giovanni, se gli si dice in faccia, si incazza e non porta la foglietta di vino richiesta. Pinna e Baccarini si accomodano nella seconda sala e al cameriere, che si presenta per l'ordinazione, Baccarini dice: ''Mandaci il padrone che abbiamo da discorrere con lui". Giovanni Battista Ferrari, cinquantasei anni, un bestione alto e grosso come un bue e non ha paura di nessuno. Si presenta fasciato da un grembiule grigio di sporco e con pochi complimenti ch non gradisce lo si tolga dal banco e per servire i clienti ci sono i camerieri. ''Mi avete chiesto? Che volete: non ho tempo e sto al banco.'' Baccarini allontana una sedia dal tavolo e la indica all'oste: ''Vi prego di sedere un attimo che il signor questore, qui, ha da domandarvi alcune informazioni". L'oste guarda Pinna, ma non gli riesce di vederne che gli occhi, il sigaro, che spunta di tra le dita aperte a coprire il volto, e il dorso delle mani. Siede lentamente, sempre tenendo lo sguardo sul signor questore, e aspetta. Pinna viene subito al fatto: ''Avete saputo della rapina del tre di questo mese?''. ''Ho saputo, ho saputo.'' ''Che potete dirmi?'' Giovanni Battista Ferrari scuote l'enorme testa, mette le mani sul tavolo e fa forza per alzarsi. Dice: ''Se per questo, perdete tempo. Non mi muovo dal banco n di giorno n di notte''. Pinna passa alle maniere violente che gli sono pi familiari. ''Sta' seduto e rispondimi se non vuoi chiudere bottega questa sera stessa." L'oste capisce che il sardo fa sul serio e resta seduto al suo posto ad aspettare il seguito. ''Hai veduto qualcuno in giro prima della rapina?" Giovanni Battista guarda per un attimo l'ispettore Baccarini, che conosce, e quando questi gli fa cenno di s col capo, comincia: ''Poco prima della rapi72

na viene in osteria un tale, un certo Masina Antonio, che dice a Peppina... Peppina mia moglie. Dice a Peppina: 'Ti avviso che sotto il voltone di via Toschi ci sono dei tipi che non mi piacciono; stai in gamba e avverti Giovanni'. Peppina mi avverte e io tengo gli occhi aperti e quando entrano quei tre, io li centro subito". ''Chi erano?" ''Ne conosco uno solo: Paolo Pini, un mio avventore che non fra i pi onesti, ma la mia osteria aperta a tutti e se dovessi servire solo i galantuomini, sarei ridotto sulla strada entro ieri l'altro.'' ''Vai avanti.'' L'oste annuisce e continua: ''I tre vengono a sedersi qui, proprio nella seconda sala, perch vogliono restare tranquilli. Io li tengo d'occhio e vedo che parlano sottovoce. Bevono una foglietta a testa, pagano e se ne vanno. Un quarto d'ora in tutto. Dopo mezz'ora vengo a sapere della rapina al marchese: i rondoni erano in giro e hanno messo poco tempo ad arrivare al nido". ''Vuoi dire che possono essere stati loro?'' ''Ho detto che Pini e due suoi amici si sono seduti qui e sono usciti dopo un quarto d'ora. Sarei un porco se dicessi che sono andati a casa del marchese e sarei un porco se dicessi che non sono entrati qui.'' Il questore Pinna, dopo un attimo di pensiero, senza togliersi le mani dal viso, dice: ''Ti sarei grato se mi facessi avvertire quando rivedrai Pini e i suoi amici: il mio ufficio a pochi passi e potrei esserti utile in futuro. Puoi andare". Giovanni Battista si alza, cerca ancora una volta, e non lo trova, il viso del questore e si allontana, ma prima che esca dalla sala, Pinna gli chiede, senza neppure voltarsi a guardarlo: ''Hai saputo se si vede brutta gente in giro, da un po' a questa parte?". ''Brutta gente in giro se ne vede da sempre: anche questa sera." E torna dietro il banco. Baccarini chiede: ''Volete bere qualcosa, signor questore?". Pinna nega col capo e borbotta fra i denti: ''Bere qui, c' da morire. Paolo Pini, Paolo Pini... Sono in troppi a parla re di lui in questa storia, O un gran coglione o pi furbo della questura''. ''L'ispettore Sborni mi ha segnalato di averlo incontrato di recente in certe riunioni di malviventi...'' ''L'ispettore Sborni non fa parte della Squadra Speciale." ''E' vero, ma un bravo ispettore e ho ritenuto proficuo utilizzarlo per certe missioni." ''Senza avvertirmi.'' ''Non lo reputavo necessario.'' Il questore Pinna si alza e conclude: ''E' necessario che io conosca tutto. Avete fatto bene a servirvi di questo Sborni; portatelo nel mio ufficio ch desidero sentirlo". Nel rientrare il questore Pinna borbotta sottovoce, ma non tanto che Baccarini non lo intenda: ''La gente sapeva che certi brutti tipi si muovevano per
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la citt: noi che abbiamo fatto?". ''Ho disposto che la Squadra Speciale vigilasse su quei luoghi ove si aveva maggior ragione di temere.'' ''Per esempio?'' ''Tre o quattro banche del centro e la fabbrica di panni Pasquini ove sapevo essere tenuti molti soldi, in questi giorni.'' ''Noi teniamo sotto controllo le banche e la fabbrica Pasquini e loro assaltano il palazzo Pepoli.'' ''Faccio presente al signor questore che ho pochi uomini disponibili per l'intera citt.'' Prima di entrare nel suo ufficio, Pinna si ferma e dice: ''E gli agenti che nel pomeriggio del tre e la notte fra il terzo e il quattro sono stati a far baldoria nel casino di Maddalena Bernardi? E' cos che pattugliavano la citt?''. L'ufficio di Pinna invaso dal fumo nonostante il questore manchi ormai da un paio d'ore. ''Si trattava di agenti fuori servizio: ho controllato." ''Ma la Squadra Speciale era altrove mentre avveniva la rapina." ''Avevo sottoposto alla vostra attenzione gli ordini di controllo per gli agenti e voi, signor questore, avete approvato." Il questore Pinna, senza motivo, cambia discorso e chiede: ''Come sta Kislich?''. ''A giorni, mi si dice, riprender il servizio." ''Ne ho piacere. Adesso mandatemi l'ispettore Sborni." Chiude la porta dell'ufficio prima ancora che l'ispettore Baccarini si sia allontanato.

Sborni e Pinna
E' un tipo in gamba, l'ideale per fare il questurino: ha appena trentadue anni, dottore in legge, sveglio e pieno di iniziativa; ha aiutato a lungo l'ispettore Grasselli nelle sue indagini sui malviventi che infestano Bologna, fino a quando, una bella notte, l'ispettore Grasselli... E Pinna lo ha tenuto fuori dalla Squadra Speciale. Ma Pinna sa quello che fa e adesso Sborni Federico, che da un pezzo aspettava l'incontro, entra, per la prima volta, nell'ufficio affumicato di Pinna. Prima ancora di cominciare il discorso, Pinna tende al giovane la scatola dei sigari; non lo ha mai fatto con altri. Sborni accetta e dice: ''Fumer pi tardi nel mio ufficio". Pinna accende il suo sigaro, guarda in silenzio per un po' il giovane e poi dice: ''Mi piacciono i giovani che conoscono il mestiere e voi lo conoscete''. ''Vi ringrazio, signor questore. In cosa desiderate che io vi sia utile?" ''Dove avete incontrato, di recente, Paolo Pini?" ''Ho avuto occasione di incontrarlo durante pedinamenti che eseguivo di persona: voi sapete che la forza pochissima e meno ancora sono gli uomini dei quali ci si possa fidare e la miglior sorveglianza quella che possiamo fare noi stessi. Il tre di novembre vidi il Pini entrare al Lino per una riunione con altri della sua Balla. Pini Paolo detto la Gaggia considerato il capo del74

la Balla di Saragozza.'' ''Il tre di novembre: un mese prima del furto Pepoli. A che ora?" ''Fu di mattina presto.'' ''Pu essere che in quella riunione si discutesse sui piani per il furto Pepoli?'' ''In coscienza non so dirvi, signor questore, perch non mi arrischiai di entrare, solo, alla locanda, ma ebbi ancora occasione di vedere il Pini alla riunione tenuta nella locanda d'Alessio, verso il quattordici di novembre e ancora alla fine del mese, lungo il Naviglio e sempre in compagnia di gente particolarmente malfamata.'' ''Per esempio?'' ''I fratelli Ceneri, Ferdinando Guermandi detto Fieschi, Pio Bacchelli della Balla di Mirasole e indicato come il feritore del nostro agente Kislich...'' ''E in quell'occasione non arrestaste il Bacchelli?'' ''Non avrei potuto: voi sapete che il Bacchelli Pio sempre seguito da guardie del corpo e non ho ritenuto di espormi inutilmente. N avevo agenti che potessero aiutarmi.'' ''Avete agito per il meglio. Cos voi pensate che, in tutte quelle riunioni, si stesse organizzando l'assalto al marchese Pepoli.'' ''Di poi, saputolo, ho pensato cos. Allora credevo si occupassero di colpi in altri luoghi: ai banchi o alla fabbrica Pasquini che sapevo ben fornita di danaro.'' ''Dunque, i fratelli Ceneri si riunivano di recente.'' ''Io saprei come tirarli allo scoperto.'' ''Ditemelo.'' ''Secondo me necessario utilizzare le amanti di Pietro Ceneri e in particolare Serotti Sofia, moglie del noto Paggi, e certa Maria Mazzoni, moglie di un altro appartenente alla Balla dei Ceneri, Filippo Giugni. A quanto ho potuto sapere da miei informatori, stata proprio la Maria Mazzoni, dietro incarico di Pietro Ceneri, ad organizzare la festa al casino di Maddalena Bernardi e, per una circostanza che almeno sospetta, a quella festa parteciparono, invitati, molti nostri agenti di Sicurezza Pubblica che non poterono perci essere di pattuglia nelle strade di Bologna mentre si provvedeva alla grassazione Pepoli.'' Il questore Pinna, comodamente rilassato nella sua poltrona, ascolta il giovane ispettore e tira nel toscano l'azzurro fumo profumato. Ha gli occhi socchiusi e un sorriso distensivo sulle labbra. ''E immagino possiate dirmi dove trovare la Maria Mazzoni." Sborni annuisce e Pinna seguita: ''Sono molto, molto contento di voi, dottor Sborni e credo vi siate meritato il privilegio di entrare a far parte della Squadra Speciale. Chiss che, in breve, non ne diveniate il capo. Amo i collaboratori giovani e svegli e sono convinto che a Bologna sia necessario svecchiare la questura". Sborni non tiene conto dell'ultima parte del discorso di Pinna e riprende da un po' indietro: ''So che Maria Mazzoni fa la cucitrice di fino presso la casa
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del marchese Bevilacqua, al servizio di una giovane, certa Luigia Bertoncelli che il popolo indica come figlia naturale del vecchio marchese Bevilacqua. Una giovane molto bella". E Sborni sorride al signor questore: deve saperne pi di quanto si pensi. ''Vi ringrazio ancora e andr di persona a parlare con questa Maria Mazzoni. Le vostre informazioni mi saranno utilissime, dottor Sborni, e vi prego di occuparvi di questo Paolo Pini che mi risulta essere uno degli indiziati certi della rapina Pepoli. E' stato veduto da pi testimoni nelle vicinanze e subito dopo il fatto.'' Sborni, nell'avviarsi per uscire, dice: ''Mi occuper di Paolo Pini personalmente, signor questore". Chiude la porta dell'ufficio di Pinna e si ferma nel corridoio per accendere il sigaro. Tira un paio di boccate soddisfatte e dice fra s: "Un buon sigaro. Mi occuper di Paolo Pini personalmente".

Se il sardo si muove dall'ufficio...


E Pinna si occupa di Serotti Sofia: la segue per un giorno intero senza che in questura si sappia da quale parte della citt il questore sia andato. Certe cose, le pi delicate, le fa in prima persona perch non ha ancora di chi fidarsi. Gran brutta citt, questa, per un sardo arrivato da poco! E gran brutta gente! L'ispettore Baccarini darebbe una settimana di stipendio per sapere dov', ora, il signor questore; e un'altra settimana la darebbe per conoscere cos'ha in mente il sardo che il re ha mandato a Bologna. Pinna avvolto in un mantello e tiene il cappello calato sugli occhi e nessuno ci fa caso per via del freddo che costringe a coprirsi di lana. Dal bavero sollevato, spuntano il sigaro e il suo fumo, a intervalli regolari. La Serotti Sofia se lo porta, ignara, in giro per l'intera citt e per tutta la giornata e quando rientra, a pomeriggio finito, non ha idea di essere stata seguita dal questore in persona. In casa, sola, accende il lume e si mette alle faccende da sbrigare. Dalla strada, il questore Pinna osserva l'ombra muoversi oltre i vetri appannati e quando certo che la donna non uscir pi, sale le scale e bussa alla porta. ''Chi ?" ''Sono un amico di Pietro.'' Sofia apre e si trova in casa un tale che non ha mai visto n conosciuto. ''Chi siete?" Pinna si toglie il mantello, lo posa su una sedia e va a scaldarsi le mani sul piano della stufa. ''Un freddo cane. Qui c' un bel caldino: si sta bene.'' ''Chi siete?" ''Ve l'ho detto: un amico di Pietro.'' ''Non vi ho mai veduto.'' ''Vuol dire che non conoscete tutti gli amici di Pietro.''
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Sofia Serotti torna alle faccende domestiche continuando a tenere d'occhio l'estraneo che, se ha bisogno, si decider. ''Si sta proprio bene in questa casa. E' qui che ricevete Pietro?'' Sofia Serotti non risponde. ''Ha scelto bene l'amico Pietro: voi siete una bella donna. Siete maritata, ho saputo. A Paggi Giuseppe. E' contento vostro marito della situazione?'' Serotti Sofia si ferma davanti all'intruso e lo guarda in viso: ''Son cose che non vi riguardano. Che volete, insomma?". Pinna continua il suo discorso senza curarsi della domanda: ''S, Pietro ha proprio del gusto. Anche l'altra... Come si chiama?... Maria Mazzoni, mi pare. Anche l'altra non male. Vi disturba se fumo?''. Sofia Serotti non gli risponde e Pinna tira nel toscano come se si trovasse nel proprio ufficio affumicato. La donna sospende il lavoro, appoggia le mani sul tavolo e dice: ''Siete un agente di questura. Che volete? Ditemi e andatevene ch ho da lavorare. Sono rimasta fuori casa e sono rientrata da poco; ho quindi da rimettere in ordine". Pinna lascia il caldo della stufa per sedere al tavolo, di fronte alla ragazza in piedi. ''Bene: che fate per vivere?" ''Lavoro.'' ''E dove?" ''Dove trovo. Faccio la cucitrice.'' ''Ha un debole per le sartine il buon Pietro. Anche Maria Mazzoni...'' ''Vi ho chiesto pi volte che volete.'' ''Con il vostro mestiere non si mantiene una casa come questa e poi io so che voi da due mesi non lavorate. Come fate a vivere?" ''Sapete bene che Pietro mi aiuta.'' ''Volete dire che vi mantiene. Come lo avete conosciuto?" ''E' importante?'' ''No. Da quanto tempo non vedete Pietro? Questo importante.'' ''L'ho veduto ieri pomeriggio, ma sarebbe meglio per voi e per me se vi decideste a dire le cose come stanno. Il giorno tre Pietro rimasto l'intero pomeriggio e tutta la notte nel mio letto.'' ''Un pomeriggio e una notte: bravo Pietro. Guarda, guarda: il giorno tre, proprio quello della rapina Pepoli. Siete disposta a giurano davanti alla giustizia?'' ''Non ho niente da nascondere: Pietro stato nel mio letto.'' ''E vostro marito, Paggi Giuseppe, che ne dir?'' Sofia Serotti non aggiunge, ma Pinna continua a chiedere: ''Che ne dite di Mazzoni Maria?''. ''So che stata la fidanzata di Pietro Ceneri prima che partisse per Costantinopoli.'' Pinna resta un attimo in silenzio e poi si alza e borbotta fra i denti e il sigaro: ''Se per questo, anche dopo, anche dopo, figlia mia'' e si avvia alla porta. ''Che ne sapete voi?'' ''Pi di quanto ne sappia tu e di quanto immagini lui e presto ve ne accor77

gerete entrambi.'' Se ne va: ha un'altra visita da fare e la deve fare oggi stesso, prima che i suoi agenti arrestino Pietro Ceneri. Sotto il portico, davanti alla casa di Sofia Serotti, incrocia Borgognoni Francesco, vice brigadiere della Squadra Speciale, uno dei pochi nei quali Pinna ha un minimo di fiducia. Forse perch faceva parte della polizia pontificia e con quella scuola si va tranquilli. Non si ferma: fa cenno a Borgognoni di seguirlo. Dietro le tendine della finestra, Serotti Sofia guarda il questore che si allontana. Appena fuori portata, Pinna chiede al vice brigadiere: ''Dov' l'ispettore Baccanini?". ''Nascosto dentro il portone, come avete disposto voi, signor questore.'' ''Molto bene. Ora la Serotti Sofia uscir per andare a fare una scenata al suo Pietro: seguitela e arrestate Pietro Ceneri prima che lei possa parlargli. Attenzione che non ammetto errori! Voglio Pietro Ceneri nel mio ufficio per questa notte. E ci voglio anche la donna.'' Le sette di sera non orario di visite, ma a palazzo Bevilacqua il questore Pinna di casa e il domestico sa che gli si deve aprire ad ogni momento del giorno o della notte. ''Avverto il signor marchese del vostro arrivo.'' ''Accompagnami dalla signorina Luigia.'' La signorina Luigia, anche se non fa Bevilacqua di cognome, si porta in viso la nobilt del padre, il vecchio marchese Bevilacqua, e nel sangue il carattere popolano della madre: un miscuglio che d un risultato interessante e che ha fatto nascere in Pinna certe idee che, prima o poi, vorrebbe veder realizzate. Meglio se prima. La trova seduta in un salotto a cucire certi straccetti Colorati. Anche Maria Mazzoni sta cucendo, ma un po' in disparte e non alza neppure il viso per vedere chi entra. I soliti convenevoli fra un uomo e una donna. Pi o meno. ''Perch mai avete chiesto di me, signor questore?" ''Mi par giusto chiedere di voi piuttosto che del signor marchese." ''Voi scherzate.'' Poi Pinna entra nel vivo: ''Avete inteso della grassazione al marchese Pepoli? Se capitasse a voi non potrei perdonarmelo. Si dice che vi sia implicato un certo Pietro Ceneri''. Maria Mazzoni non fa una piega e continua il cucire, a testa china. Luigia Bertoncelli la guarda in silenzio. ''E si dice pure che sia gi stato arrestato per quel misfatto. Se non trover un buon alibi, difficilmente potr cavarsela come ha fatto per il passato. Credo proprio che per lui sia finita.'' Aspetta che le parole acquistino la necessaria efficacia; guarda, e il silenzio imbarazzante, le due donne chine sul cucito. ''Ma vi lascio lavorare ch vi vedo occupate."
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''Vi prego di rimanere e di parlarmi ancora di Pietro Ceneri. Com' accaduto che stato arrestato?" ''Voi lo conoscete?'' ''Non personalmente, ma di lui si parla in citt." ''E' vero: un bel giovane e le donne ne sono innamorate. Ebbene, stata proprio una donna a tradirlo. Una certa Sofia... Sofia Serotti, mi pare. Una delle sue numerose amanti." Ancora Maria Mazzoni non interviene: ascolta e Pinna l'accontenta. ''E sentite ancora questa: pare che una delle sue donne abbia organizzato una certa festa in un certo luogo malfamato, e proprio il giorno della rapina, allo scopo di non consentire agli agenti il pattugliamento della citt com'era loro stato ordinato. Con gli agenti alla festa, la grassazione avvenuta in tutta tranquillit. La questura sta cercando di individuare la donna, ma sar difficile...'' Maria Mazzoni si alza, abbandona il cucito sulla sedia e si avvicina al questore: ''Sapete bene che state parlando di me". Luigia interviene: ''Maria non dire altro". ''Il signor questore non ha bisogno delle mie chiacchiere e sa bene chi sono: non sarebbe venuto qui altrimenti.'' ''E' vero? Per questo siete qui? Avete profittato della mia amicizia...'' Pinna, teatrale, stringe le mani di Luigia: ''Signorina Luigia, vi prego di credere che cado dalle nuvole. Se sono qui soltanto perch desideravo incontrarvi e poich voi non me lo avete mai negato...''. Maria Mazzoni ha del temperamento: ''Io ho pagato Maddalena, la tenutaria del casino, per la festa, ma Pietro mi ha dato i soldi per compensare i suoi debiti di riconoscenza nei confronti di amici. Con la rapina Pepoli non c'entra". Pinna lascia le mani di Luigia Bertoncelli e si dedica a Maria. ''Come mai ne siete tanto sicura? Volete forse dire che a quell'ora di quel giorno Pietro Ceneri era con voi e non poteva quindi essere a rapinare in palazzo Pepoli?'' ''Voglio dire che Pietro non c'entra con il furto. Ne sono certa!'' ''Peccato: se fosse stato con voi, per Pietro non ci sarebbero pi problemi e verrebbe senz'altro scarcerato entro domani. Peccato. Ma non voglio disturbarvi oltre: vedo che avete da lavorare. Vi prego, signorina Luigia, di accompagnarmi alla porta.'' Maria Mazzoni resta in piedi e segue i due con lo sguardo fino al fondo del corridoio e poi torna a sedere: ''Bastard! Bastard d'un sardagnol!''. Sulla porta e prima di andarsene, Pinna dice a Luigia: ''Voi dovete farmi il piacere di aiutare quella povera ragazza che ho veduto sconvolta''. ''In che modo?" ''Convincendola a sostenere che Pietro Ceneri era presso di lei quel tale pomeriggio nel quale si consumava il delitto Pepoli.'' ''Ma cos Pietro verrebbe liberato e se voi lo pensate responsabile...'' ''Voglio fare ci che vi piace e poich vedo che vi sta a cuore la vostra cu79

citrice... Se volete che Pietro Ceneri sia innocente, sar innocente.'' ''Continuo a non capire la ragione della vostra visita." ''Ve l'ho detto: siete molto bella e vorrei incontrarvi ancora." ''Quando vorrete: la casa Bevilacqua, mi risulta, sempre aperta al signor questore.'' ''Non voglio entrare in casa Bevilacqua, ma nella vostra casa. Magari nella serra.'' Pinna sorride, mette fra i denti un toscano che accender in strada. Luigia gli volta le spalle quando ancora Pinna sta dicendo: ''Porgete i miei saluti al conte Francesco Isolani se avrete occasione di incontrano. E ricordate: aspetto un vostro aiuto e un vostro segno di benvolere''. ''Bastardo!" Ma Pinna non la sente: in strada e si accende il sigaro ch da troppo tempo ha dovuto privarsene. ''Maria, il questore mi ha detto che desidera aiutarti." ''A n'i cred: l' un bastard e l' que per sfoter." ''Sono del tuo parere. E a ricattare. E' furbo: sa di me e di Francesco e sa che lo incontro nella serra. Dove vuoi arrivare?" ''Io io so: vuole Pietro in carcere." ''E vuole che io... Vuole venire a letto con me." Su questo non c' dubbio e Pinna sarebbe disposto a giocarsi un pezzo di carriera. ''Gran bella figliola. Un giorno o l'altro me la porter in serra. Con le buone o con le cattive.'' La Squadra Speciale ha fatto un bel lavoro: Pietro Ceneri nell'ufficio del questore tenuto a vista da Borgognoni Francesco e da Kislich Vittorio e in un'altra stanza di Palazzo c' Serotti Sofia. Il questore Pinna pi che soddisfatto e io dice ai suoi uomini: ''Cominciamo a girare come dico io. Bravi, molto bravi. Com' andata?''. ''Come prevedevate voi, signor questore; Sofia Serotti uscita e noi l'abbiamo seguita; entrata in una casa di Mirasole di Mezzo e qui abbiamo trovato il Pietro Ceneri. I due non hanno avuto il tempo di scambiarsi una sola parola." "Chi ha partecipato?'' ''L'ispettore Baccarini, io, l'appuntato Kislich Vittorio e il vice brigadiere Zuccadelli Cesare che si portato molto bene.'' ''Zuccadelli merita una ricompensa: un bravo ragazzo ed giovane. ''Pinna guarda Kislich e continua: ''Anche di voi sono soddisfatto e vi trovo rimesso molto bene''. Kislich parla sottovoce ''Vi ringrazio, signor questore''. Pinna va a sistemarsi sulla poltrona, dietro la scrivania, si rilassa, tira un paio di boccate e poi prende la posizione che gli consueta: gomiti sul tavolo e capo appoggiato alle palme delle mani aperte a coprirgli il viso. Nell'ufficio non c' molta luce e Pietro Ceneri, tenuto in un angolo, non ancora riuscito a vedere chiaro il viso del questore. ''Lasciatemi solo con lui.'' Borgognoni e Kislich escono. ''Vieni vicino al tavolo.'' Pietro Ceneri, con molta calma, si avvicina a Pin80

na che continua, dopo averlo guardato di fra le dita aperte davanti agli occhi:''Hanno ragione le tue amanti: sei un bel giovane". ''Perch mi avete fatto arrestare?'' ''Lo sai: per la rapina al marchese Pepoli. C' gente che giura di averti riconosciuto fra quelli che scappavano.'' ''E' gente di poca fede. All'ora della rapina io ero...'' ''So, so. Sofia Serotti stata molto precisa e mi ha parlato dite nel suo letto.'' Sospende il dialogo per il tempo di due boccate dal toscano, senza abbandonare Pietro Ceneri con lo sguardo. ''Puoi sedere: abbiamo da parlare a lungo e devi spiegare certe cose.'' ''Sono qui per spiegare ci che posso e per ricevere spiegazioni.'' ''Siamo d'accordo. Intanto dimmi come potevi essere, al momento della rapina, nel letto della Serotti Sofia e nel letto di Maria Mazzoni contemporaneamente. Senza contare coloro che t'hanno veduto dalle parti di palazzo Pepoli.'' ''Chi dice che ero da Maria Mazzoni? E chi a palazzo Pepoli?'' ''Che eri da Maria Mazzoni lo dice Maria Mazzoni.'' Pietro Ceneri, che ancora in piedi, cerca, con lo sguardo, una sedia e, trovatala, siede. Sorride al questore. ''Posso fumare, signor questore?'' Pinna annuisce e Pietro si accende un sigaro. Dice: ''Ci deve essere un errore poich non vedo Maria da molte settimane. Non pu aver detto questo''. ''Pu essere che lo abbia fatto per proteggerti, ma ti ha messo in un pasticcio. Due testimonianze sono troppe.'' Pietro Ceneri scuote il capo: ''Non mi fregate, signor questore''. ''Non sono io che voglio fregarti: sono le tue amanti che ti hanno messo nei guai per il troppo amore. O per gelosia, chiss?'' Pietro continua a sorridere e a scuotere il capo mentre Pinna parla: ''Bell'idea mandare le mie guardie a casino... Un'idea geniale: me ne servir un giorno''. ''Non l'ho fatto per quello che pensate voi; l'ho fatto perch alcune guardie mi avevano prestato certi favori ed era il solo modo per ricompensarle: non avrebbero accettato del denaro." ''E che genere di favori ti avevano prestato le mie guardie?" ''Chiudevano gli occhi per certe partite di carne da macello sulle quali dovevo pagare il dazio. Tutto qui. Potete applicarmi una multa per questo, ma niente altro. Non ero a palazzo Pepoli e voi lo sapete bene. Se far comodo che vi fossi, non dubito che troverete il modo di provarlo, ma anch'io non star con le mani in mano." ''So che alla Societ Operaia necessitano soldi: con la rapina che li ottengono?'' ''Non so di che parliate, signor questore. Io non ho familiarit con la Societ Operaia." ''Come vuoi tu: ho gi individuato i colleghi coi quali ti sei trovato negli ultimi tempi per concordare la grassazione Pepoli e non passer molto tempo che li avr in carcere. I miei agenti stanno facendo un buon lavoro.''
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''Quando non li fate pugnalare, com' stato per il povero Kislich, sono convinto che vi servono secondo i vostri desideri." Pinna non si arrabbia per l'accusa: conosce il suo mestiere e sa dove vuole arrivare. C' gente, da qualche parte in citt, che scommette su Pinna ed pronta a giocarsi la fortuna sul fatto che il sardo rimetter le cose al posto giusto. ''Chiacchiere di basso popolo: contano i fatti e tu sei un fatto che non si discute. E sei in carcere. Kislich stato pugnalato da Bacchelli Pio. Al momento opportuno si vedr anche questo.''

Luigia Bertoncelli ci sta


Il questore Pinna tira le somme, ha fretta di concludere e lo dice chiaramente all'ispettore Baccarini. ''Mi serve in carcere, e subito, Pio Bacchelli con l'accusa di tentato omicidio sulla persona dell'appuntato Kislich; Guermandi Ferdinando detto Fieschi per associazione di malfattori e come capo della Balla di Strada Stefano; Giacomo Ceneri per partecipazione alla grassazione al marchese Pepoli; Bertocchi Gaetano, capo della Balla di Mirasole, per il furto alla marchesa Pizzardi; Paggi Giuseppe con l'accusa di... Qualcosa trover anche a suo carico. Dopo questi arresti, saremo a buon punto.'' ''Se il signor questore mi consente, rimarrebbero in libert altri pericolosissimi capi di Balla come il Busi Pietro detto Milord. Costui un pericolosissimo delinquente gi condannato in passato...'' ''Non l'ho dimenticato: per il momento Milord mi serve fuori.'' ''E poi c' il Pini Paolo detto la Gaggia che stato riconosciuto da molti testimoni durante la rapina al marchese Pepoli e che si dice sia a capo della Balla di Saragozza." ''N mi sono dimenticato di lui. Se ne sta occupando l'ispettore Sborni personalmente. Un bravo giovane quello Sborni. Bisogner premiarlo prima o poi.'' ''Quando avremo arrestato costoro, si dir che la questura agisce per motivi politici e che costoro non hanno nulla a che vedere con i delinquenti comuni.'' ''Delinquenti comuni o delinquenti politici, non fa differenza: stanno bene in carcere gli uni come gli altri.'' ''Avremo contro l'opinione pubblica e i giornali scriveranno...'' ''... ci che vorremo noi. Non preoccupatevi, ispettore Baccarini; noi facciamo ci per cui siamo pagati. Dal canto mio, mi occuper di certe testimonianze che mi sono indispensabili.'' E se ne occupa subito: scrive un biglietto e lo sigilla in una busta. Poi chiama Zuccadelli Cesare, vice brigadiere di Sicurezza Pubblica. ''Questa busta alla signorina Luigia Bertoncelli. Devi attendere una risposta.'' Zuccadelli annuisce, ma Pinna non ha ancora finito. ''Nessuno sappia della lettera e nessuno sappia di ci che ti dir la signorina per me. Chiaro?"
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''Sissignore signor questore: fidatevi di me." ''Mi fido, mi fido. Quando rientrerai compilerai l'elenco degli agenti che hanno partecipato alla festa nel casino di Maddalena Bernardi." ''Io non c'ero, signor questore.'' ''So che non c'eri. Per questo ti chiedo l'elenco." ''I miei colleghi non gradiranno...'' ''Nessuno sapr e non prender provvedimenti a loro carico: una informazione che terr per me. Un'informazione che mi torner utile per certi miei scopi.'' Zuccadelli Cesare consegna la lettera a Luigia Bertoncelli che lo lascia nell'ingresso e si ritira a leggerla nella sua camera dove c' anche Maria Mazzoni che lavora d'ago attorno a biancheria fine. Legge, scuote il capo e mormora: ''E' matto. Il questore matto!''. Finisce la lettura e porge lo scritto a Maria. ''Leggi." ''Non so leggere.'' ''Sai che vuole? Vuole incontrarmi da sola e vuole la tua testimonianza su Pietro. E' matto.'' ''No, furbo.'' ''Cosa gli rispondo ora? Come togliermelo di torno?" ''Io vorrei vedere dove vuol arrivare.'' ''So gi: vuol arrivare alla serra.'' ''Meglio.'' ''Ma non capisci? Quello vuole... mi vuole...'' ''Niente per niente: potresti aiutare Pietro e me.'' ''Io voglio aiutarti, ma non a costo di andare a letto con quel sardo.'' ''I ein tant i mod... ''Lascia il discorso in sospeso e torna ai punti di cucito. Luigia rilegge la lettera, ci pensa sopra un attimo e torna da Zuccadelli Cesare, ancora nell'ingresso. ''Fate la cortesia di dire al signor questore Pinna che sar lieta di incontrarlo.'' Poi, in camera da Maria: ''Ti voglio molto bene e molto ne voglio a Pietro e agli altri amici: mia madre mi ha insegnato a non dimenticarvi. Spero mi starai vicina e mi consiglierai a modo". Maria Mazzoni alza gli occhi dal cucito, sorride e annuisce.''A t'ringrazi, surla; t'i bona".

Un altro fatto di sangue


Tutte le sere che Dio manda in terra, Pini Paolo detto la Gaggia esce di casa, va all'osteria della Corona, in San Felice, a bere un bicchiere e quando l'oste chiude bottega per evitare contravvenzioni e manda fuori gli avventori, Pini Paolo esce dall'osteria e fa quattro passi verso porta San Felice, prima di tornare a casa. Questa sera ripete il consueto; si stringe addosso la capparella e a pochi passi dal Quartiere della Guardia di Finanza, incrocia quattro individui intabarrati come lui per il freddo dell'inverno. E sar proprio per il freddo, o forse
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perch gi buio, ma in giro ci sono solamente loro. Nell'istante in cui gli individui passano accanto al Pini, subito il pi alto di quelli, veloce, lo afferra alle spalle e gli pianta il pugnale nella schiena. La ferita leggera e il Pini riesce a svincolarsi e a voltarsi per guardare in viso il delinquente che gli ha attentato alla vita e, cos facendo, il successivo colpo di pugnale gli taglia a met la guancia. Il bestione alto che l'ha colpito, tenta ancora, ma impedito nei movimenti dal tabarro e i suoi colpi scendono lenti e maldestri e il Pini ha la possibilit di allontanarsi di qualche passo e di mettersi a urlare. L'oste si fa sulla porta, ma buio per distinguere a cinquanta, sessanta passi: gli giungono le grida, i passi di gente che corre e il rumore di un colpo di pistola. Nel giro di pochissimi secondi. I quattro delinquenti hanno il tempo per sparire sotto i portici di San Felice, lasciandosi dietro il Pini Paolo coperto di sangue come un maiale appena macellato, ma vivo e in grado di arrivare al caff prima di cadere sul pavimento e finire dissanguato. L'ispettore Baccarini va a trovarlo all'ospedale appena i medici gli dicono che in grado di parlare, ma prima si ferma dal responsabile della corsia. ''Dodici pugnalate: nella schiena, nel viso, sulle spalle e nelle braccia... E' arrivato che sembrava un maiale scannato, ma per fortuna erano tutte ferite superficiali. Pi apparenza che guaio. Anzi, ho avuto l'impressione che il delinquente abbia evitato di proposito di colpire mortalmente. Se si vuole uccidere, molto facile; pi difficile non uccidere." ''Si parlato di un colpo o due di arma da fuoco. Che mi dite?" ''Non ne ho visto traccia sul corpo del ferito." Pini Paolo detto la Gaggia pallido per il sangue perduto, ma ha gli occhi mobili e vivissimi, pronta la parola e non intaccato lo spirito: Risponde alle domande senza neppure stare a pensarci su. ''Avete riconosciuto il feritore?" ''Assolutamente no. N ho riconosciuto gli altri che l'accompagnavano. Erano coperti da tabarri e capparelle.'' ''Hanno tentato di derubarvi?'' ''No, sebbene avessi una catena d'oro e altri oggetti di valore." ''Avete veduto chi ha esploso il colpo d'arma da fuoco?" ''Ho inteso il botto, ma stavo fuggendo e non saprei se a sparare sia stato lo stesso che mi colp o altri.'' ''Avete detto che erano tre o quattro: hanno partecipato tutti al ferimento?" ''Io sono stato colpito da uno solo di loro.'' ''Avete qualche sospetto?'' ''Non saprei immaginare chi. Non ho sospetti, non ho astio contro alcuno e non ho questionato mai, n offeso. Ho impressione che si tratti di un errore.'' La Gaggia parla con precisione, come se avesse preparato le risposte nei lunghi giorni di degenza e l'ispettore Baccarini se ne rende conto, ma pu farci niente. Prima d'oggi i medici non gli hanno permesso di parlare al Pini e questo il risultato.
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'Voi sapete bene che non vero, che non stato un errore." ''Perch dite questo, signor ispettore?'' ''So quello che mi dico: la gente parla, sente e riferisce." ''Se potr uscire di qui, procurer di imparare chi mi abbia ferito e perch.'' ''Allora vi dir che si mormora vi abbiano attentato perch avreste fatto la lanterna, come dicesi in gergo vostro, e cio avreste rubato ai ladri della grassazione Pepoli col non dividere giustamente il bottino.'' La Gaggia dice sottovoce: ''Per quanto ne so, potrebbe essere stata anche la questura a farmi l'attentato". L'ispettore Baccarini finge di non aver compreso e conclude: ''Non ho altro da chiedervi e vi far avere l'interrogatorio scritto acciocch lo firmiate". Pini mostra, con un gesto del capo, il braccio destro immobilizzato nelle fasciature. Pinna legge e rilegge la deposizione che l'ispettore Baccarini gli ha fatto avere sul tavolo e non per niente soddisfatto della piega che gli avvenimenti stanno prendendo. Alla fine della seconda lettura alza il capo e dice a Baccarini: ''Quando cominciano a scannarsi fra loro, vuol dire che siamo vicini al punto di cottura''. E anche Paolo Pini gi al punto di cottura: sono passate due ore da quando l'ispettore Baccarini se n' andato e appena dieci minuti da quando ha preso la medicina e adesso si rotola sul letto con dei dolori allo stomaco che gli mettono la bava alla bocca. Il dottore gli dice di smettere che tanto non ci crede e che la medicina non ha mai dato quei sintomi e che, al pi, potr essere il nervoso che ha inghiottito durante l'interrogatorio dell'ispettore Baccarini, ma Pini Paolo non si d per vinto e urla e si contorce e si preme lo stomaco con le mani. Il medico lascia Pini ai suoi isterismi; un infermiere posa sul comodino una lettera: ''L'hanno consegnata per voi''. Pini Paolo non ha nessuna voglia di mettersi a leggere ora: i dolori allo stomaco si sono fatti pi frequenti e se dovesse partorire, ci mancherebbe poco al figlio. Anche l'infermiere se ne va, ma prima di uscire dice: ''Al posto vostro, io leggerei la lettera anzich disperarmi per il male". Sul biglietto c' scritto: ''Caro amico, non bere quella medicina. E' avvelenata". La Gaggia bestemmia forte a tutti i santi, si mette un dito in gola e vomita sul pavimento.

Scheda di Pini Paolo, detto la Gaggia


Anni trentanove, indicato come uno dei capi della Balla di Saragozza, trafficante e ufficialmente calzolaio. A diciott'anni comincia ad avere noie con la legge, ma la legge del papa per cui necessario pensarci un attimo prima di dargli l'etichetta per i dodici processi subiti. Nel quarantatr addirittura mandato in Africa a scontare una pena per
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sommossa contro il governo e, ritenendosi innocente,fa di tutto per tornare a casa. Ci riesce. Nel quarantotto di. nuovo condannato per possesso di arma, ma nel settembre del quarantotto, chi non portava un arma? Prima per difendere la citt dal papa e dagli austriaci, poi, come sostiene Pinna, per rubare agli onesti e ai disarmati, approfittando della situazione. Stessa solfa nel quarantanove e nel cinquantotto e sempre contro il passato governo, quando gli impiegati di questura accusavano chiunque pur di salvare la sedia. Fedina penale: Carcerato per grassazione di denaro e dimesso in seguito; carcerato per ferita e dimesso; carcerato per spreto precetto e condannato a tre anni di opera pubblica; arrestato per detenzione di arma proibita e posto in libert provvisoria; carcerato ancora per correit in grassazione armata mano e per rapina a mano armata; dimesso; ancora in carcere per correit in grassazione e per rapina a mano armata. Ultima etichetta: Partecipazione alla grassazione in danno del marchese Pepoli e per questo il Pinna lo fa cercare dall'ispettore Sborni dottor Federico, dopo la fuga dall'ospedale, e non gli lascer pace fino a che non lo avr mandato dentro.

La Gaggia sotto controllo


L'ispettore Sborni si presenta a Pinna: ''Ho saputo dove si nasconde Pini Paolo detto la Gaggia dopo la sua fuga dall'ospedale ''Dottor Sborni, prendetevi un paio di agenti e arrestatelo.'' ''Mi serve un permesso speciale. Il Pini si trova a mezzo miglio da Ancona, in campagna, ricoverato da un contadino.'' ''Avrete il permesso e un foglio di presentazione per la questura di Ancona che vi dar l'assistenza necessaria.'' ''Desidero scegliere personalmente i due collaboratori.'' ''Chi volete?" ''Il vice brigadiere Borgognoni Francesco e Zuccadelli Cesare, anch'egli vice brigadiere.'' ''Avete scelto bene: Borgognoni una carogna che fa al caso vostro e Zuccadelli un giovane forte che non lascia la presa. Prendeteli e buona fortuna. Voglio che il Pini Paolo venga condotto a casa mia, non in questura. Ricordatelo.'' L'ispettore Sborni e i due collaboratori sono ad Ancona la sera stessa e la questura locale assicura il proprio appoggio, ma Sborni non ha bisogno di appoggio; gli serve che lo si lasci fare e non lo si intralci. Il giorno dopo, da Ancona, in venti minuti di carrozza, Sborni, Borgognoni e Zuccadelli arrivano a Monte Gardetto, si fermano a un centinaio di metri dalla casa del contadino e concordano il piano. Sul mezzogiorno Paolo Pini spunta dal fondo della strada che sale a mezza costa verso la casa colonica e Sborni, seduto sull'erba impolverata del fosso,
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assomiglia pi a un passante che si riposi un momento che a un ispettore di Sicurezza Pubblica a caccia dell'uomo. I due vice brigadieri sono nascosti oltre la siepe, in silenzio e pronti a non lasciarsi scappare la lepre. Quando la Gaggia a pochi passi, Sborni toglie il cappello e saluta. ''Buon giorno. Vogliate favorirmi un'indicazione.'' ''Se posso." ''Siete del luogo?'' ''Non proprio.'' ''Vi chiamate Pini Paolo?" La Gaggia capisce di essere fregato e salta a piedi pari la siepe di destra, verso i campi che scendono alla piana, ma finisce fra le braccia di Zuccadelli Cesare che non lo molla. A dargli una mano arriva anche Borgognoni Francesco che si era nascosto dietro la siepe a monte. Pini lo riconosce: chi non conosce Borgognoni? Ha fatto carriera alle spalle di mezza Bologna. Un'azione veloce e alla sera, tardi, Pini Paolo detto la Gaggia seduto nello studio di casa Pinna a chiedersi perch mai lo abbiano condotto l e non in questura, come sarebbe stato logico. Il questore lo lascia a cuocere nel dubbio fin verso mezzanotte, sotto il diretto controllo di Zuccadelli Cesare e di Borgognoni Francesco e quando decide di entrare nel suo studio, la Gaggia non ha pi alcuna voglia di protestare se pure era arrivato deciso a farlo e a dire chiaro il proprio parere. Un'unica lumiera lascia lo studio in penombra ed sistemata in modo che il questore Pinna ha il viso allo scuro mentre il poco di luce tutta su Pini Paolo il quale non vede che la brace di un sigaro acceso e tenuto fra i denti da un tipo che gli sta di fronte, seduto dietro una scrivania e che non dice parola e che non sa chi sia. ''Mi conosci?" ''Io non vi vedo bene, signore, ma direi che questa la prima volta che ci incontriamo." ''Sono il questore Pinna." ''Ci ho piacere: adesso mi farete la cortesia di dirmi perch mi trovo qui." ''E tu mi farai la cortesia di spiegarmi perch ti nascondevi in quel d'Ancona facendoti chiamare Luigi Ciacci da Macerata." Pini Paolo detto la Gaggia stanco e non ha voglia di parlare, eppure deve, in qualche modo, arrivare alla fine di questa storia. Fa fatica, ma risponde: ''Sapevo che la forza mi cercava e pi volte le guardie sono state a casa mia. Ora vorrei sapere il motivo". ''Non dirmi che non lo immagini. ''Pinna tira nel sigaro e poi ricomincia: ''Ho alcuni testimoni che hai partecipato alla grassazione Pepoli...''. ''E' falso: i testimoni si sono certamente sbagliati." ''... e so che ti hanno ferito proprio in causa di quella rapina. I fratelli Ceneri, gi in carcere, hanno confessato e hanno anche detto che durante la rapina ti sei messo in tasca pi del dovuto e che poi non hai inteso dividere con
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gli altri. Per questo sei stato punito con pugnalate e con il veleno in ospedale.'' ''Una bella costruzione, ma che non vera e voi lo sapete, signor questore.'' ''I tuoi precedenti penali mi danno ragione. Vuoi che Castighiamo chi ti ha ferito?" ''Mi fareste veramente un gran servizio, ma temo che siano stati proprio gli agenti di questura a darmi il benservito di dodici pugnalate e il successivo veleno in ospedale.'' ''Queste son cose che non stanno in piedi. Il punto un altro: se ti vuoi salvare, devi prestare dei servigi alla giustizia. Hai inteso del mancato assassinio nella persona di Kislich Vittorio?'' ''Tutta la citt lo ha inteso." ''E hai inteso pure del furto a danno della marchesa Pizzardi e della grassazione al banco Padovani e dell'assalto alla diligenza di Toscana e di tutti i misfatti che si compiono ogni giorno e ogni notte in questa citt.'' ''Ho inteso.'' ''Io so che tu sai chi ne sono gli autori.'' ''Non lo so.'' ''Fa niente: te lo dir io e tu mi aiuterai testimoniando davanti al giudice.'' Paolo Pini detto la Gaggia fissa in silenzio la punta accesa del sigaro che gli sta davanti, a pochi passi. Ha una gran voglia di saltare la scrivania, di stringere il collo di Pinna e di scappare fuori, da quella casa, ma dietro la porta c' il vice brigadiere Borgognoni, una carogna che sarebbe contento di piantargli una palla nella schiena se solo ne avesse l'occasione. E chiss che non sia stato proprio lui una sera in San Felice... ''Vedo che ci stai pensando e voglio aiutarti: l'oste dell'Offesa di Dio ti ha veduto, la sera della rapina Pepoli, discorrere con due brutti tipi e alcuni testimoni giurano di averti veduto fuggire subito dopo il fatto.'' Pini Paolo continua a tacere e cerca di non ascoltare le parole del questore: pensa alla sua bottega sotto il Pavaglione, si chiede che faranno le sue donne questa sera e se mai immaginano che lui sia di nuovo a Bologna; ma soprattutto stanco e vorrebbe dormire e Pinna non gli d tregua. ''Devi sapere che in giro ti hanno veduto entrare a casa mia questa notte e c' chi dice che sei venuto per confessare; saranno in molti ad aspettarti fuori e questa volta tireranno meglio e non te la caverai.'' ''Mi faccia la cortesia, signor questore, di lasciarmi andare a casa mia e vedr che a coloro che mi aspettano sapr pensarci io, se mai ci sar qualcuno ad aspettarmi fuori. Sono molto stanco e neppure riesco a pensare. Se ne potr parlare domani con comodo." Il questore scuote il campanello e non l'ha ancora posato sul tavolo che gi il vice brigadiere Borgognoni entrato nello studio. ''Accompagnalo in segreta e appena mi vorr parlare, sia condotto a casa mia.''
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Un vizio antico
Ogni questore che si rispetti ha il giornalista di fiducia e il giornale nel quale preferisce veder stampato il nome, ma i progetti di Pinna cavalier Felice vanno oltre un nome e una storia sul giornale. Per cos poco avrebbe potuto rimanere a Torino e il suo spazio su un foglio stampato qualsiasi lo avrebbe trovato. A Bologna, come nel resto del mondo, i giornali che contano sono nelle mani che contano e il questore ha dalla sua parecchia della gente che conta. Non ci vuole molto ad avere l'intera prima pagina per le notizie che a Pinna serve si sappiano in giro. Il giornalista siede a rispettosa distanza dalla scrivania, ha il cappello sulle ginocchia e fra le mani ha una matita e un quadernetto a righe per gli appunti. ''Dopo l'assassinio commesso nella persona dell'ispettore Antonio Grasselli, sono stato inviato a prendere in mano la situazione in questa citt e posso dire che in poco tempo la questura ha individuato, e in parte arrestato, i maggiori responsabili della malavita locale.'' ''La citt al corrente, signor questore, e gliene grata, ma cosa potete dire ai lettori circa il lavoro di indagini svolte in passato dall'ispettore Grasselli?'' ''Non sono io che debbo dire; sono i miei collaboratori, i documenti sequestrati, le perquisizioni eseguite... La questura, insomma. Il povero ispettore Grasselli stato ucciso proprio mentre stava per mettere le mani sul gruppo dirigente di una associazione di malfattori ed grazie al suo lavoro che noi, oggi, cogliamo dei frutti. A questo proposito vi sarei grato se voleste nominare nel vostro articolo il signor ispettore Baccarini Luca, l'ispettore Sborni e i collaboratori tutti della Squadra Speciale che si prodigano giorno e notte per il bene della citt. Essi hanno individuato i grassatori che presero parte alla rapina del banco Padovani; hanno dato un nome all'assassino che ha pugnalato il valoroso appuntato di Sicurezza Kislich Vittorio; essi hanno recuperato quasi tutta la refurtiva del furto alla marchesa Pizzardi e scoperti gli autori; i delinquenti che hanno assalito il marchese Pepoli hanno ora, per la questura, un nome; l'assalto alla diligenza di Toscana non pi un mistero. Molti dei delinquenti implicati sono gi in carcere; altri vi finiranno fra breve.'' ''I cittadini onesti si chiedono i nomi degli assassini del povero ispettore Grasselli.'' ''Conosciamo anche quelli, grazie ai documenti e alle indagini che il povero ispettore aveva iniziato. Ovviamente non possiamo, per ora, fornirli alla stampa.'' ''Cosa posso scrivere, signor questore, circa il ferimento del Pini Paolo? Il basso popolo mormora che la questura... Certe invidie... Come del resto per l'assassinio del povero Grasselli...'' ''Bugie fatte circolare ad arte dai malviventi per seminare lo scontento nel basso popolo credulone. La verit che Pini Paolo ha confessato, ha fatto i nomi pi importanti di certe Balle e lui stesso stato ferito per vendetta da
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coloro assieme ai quali aveva invaso palazzo Pepoli. Sappiamo di sicuro che il Pini Paolo detto la Gaggia, aveva estorto al marchese Pepoli pi di quanto i complici credessero e non ha voluto dividere con i soci il pi. Questa la verit.'' ''Lei pensa che avremo dunque un periodo di pace finalmente?" ''La questura certa che gli ammazzamenti, le ruberie, le vessazioni cesseranno entro breve tempo.'' Il giornalista prende nota delle ultime sacrosante parole di Pinna e si alza per salutare. ''Mi raccomando nessun accenno a Pinna, nessuna inutile descrizione della mia figura fisica, il merito ai miei collaboratori e via dicendo. Ci tengo molto e non tollero che si manchi alle mie disposizioni. Insistete sui nomi che la questura conosce: dobbiamo mettere paura nelle file dei delinquenti. Parlate di delazioni, di spiate, di tradimenti da parte di malviventi per salvare se stessi. Potete andare." Il piccolo giornalista fa un grande inchino al signor questore ed esce dall'ufficio; aspetta di arrivare in Piazza Maggiore prima di mettere il cappello in testa: questa deferenza! E' giorno di mercato e gli odori delle erbe riempiono l'aria come le voci delle donne, le grida dei venditori e gli incitamenti dei facchini che scaricano le merci: non vero che Bologna una citt di malviventi. Costoro si danno da fare, lavorano per guadagnarsi da vivere, operano per il benessere dei cittadini tutti, cos come fanno gli agenti della Squadra Speciale di Pinna. Il piccolo giornalista si guarda attorno, respira a pieni polmoni l'aria profumata di erbette, si riempie le orecchie dei rumori amici e sorride: dovr metterlo nell'articolo di prima pagina che la citt non marcia e che gli onesti possono guardare al passato con orgoglio, al presente con sicurezza e al futuro con speranza. I malviventi che fino a ieri hanno agito sotto il paterno e protettivo regime della corte romana e del papa, stanno per essere sconfitti. O lo sono gi. La vecchia nobilt clericale nulla pu ormai; vinta. Un nuovo corso agli eventi; una nuova classe dirigente guarda verso Torino con fiducia. Conte Giovanni Malvezzi, Minghetti Marco, marchese Gioachino Napoleone Pepoli, Aria avvocato Alfonso... Gente che ci sa fare, che ha idee chiare. Il popolo pu tranquillamente pensare al lavoro. Deve proprio scriverlo anche se, sotto sotto e indefinita, gli resta un po' di incredulit, un po' di scetticismo: gi l'ex questore Buisson cavalier avvocato Paolo aveva promesso mare e monti. Ma questo Pinna uno che sa il fatto suo, un duro e Buisson era del vecchio corso e piuttosto che arrestare, se ne andava in vacanza e lasciava la patata ad altri. Il giornalista deciso: far come ha detto Pinna e respinger indignato le ipotesi di un nuovo corso anche nella malavita. Sono chiacchiere del basso popolo ignorante, senza un minimo di fondamento. Come sono illazioni le teorie di un terrorismo instaurato dalla Squadra
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Speciale e voluto da Pinna in prima persona. Chi dice questo e lo sostiene, in malafede e non conosce Pinna, uomo che serve la legge e non che se ne serve. Sar anche un duro, ma a tempi duri, uomini duri. E' la dura, spietata legge del progresso. Anche questo scriver in prima pagina: la dura spietata legge del progresso. Il questore Pinna sar soddisfatto di lui e del giornale.

Tira pi un pelo di donna che due paia di buoi


Non esce volentieri dall'ufficio e quando lo fa non vuole rompiballe tra i piedi. Soprattutto se si tratta di andare a trovare Luigia Bertoncelli, anche se sa che non combiner. Ma Pinna ha pazienza, costanza e una gran voglia di farci l'amore con detta Luigia Bertoncelli. Non pu pretendere che al terzo incontro riservato, una ragazza per bene, di buona famiglia e istruita, alzi la gonna e si sdrai sul letto di rose per farsi fottere dal signor questore. Ma questa volta si sbaglia. Almeno in fatto di donne Pinna rimasto alla Sardegna e conosce meglio i delinquenti che le bolognesi di sangue. Viene ad aprire la servetta di Luigia: ''La signorina aspetta nel salotto; vogliate favorire di seguirmi''. Ma nel salotto Luigia non c' e nel tempo che Pinna si guarda attorno, la servetta si ritira e chiude la porta. Maria Mazzoni nel solito angolo a cucire i soliti abiti di Luigia e alza appena gli occhi su Pinna, continuando per il lavoro. Pinna la saluta con un cenno del capo e chiede: ''Ci hai pensato?''. Maria non risponde. ''Pietro Ceneri sta bene e ti manda i saluti. Gli stessi che manda a Sofia Serotti e alle altre. Fa dirti che spera molto in te.'' Per un po' Maria Mazzoni si comporta come se Pinna non fosse entrato, ma poi dice, senza alzare gli occhi dal cucito: ''La signorina non vi far attendere''. Ed cos: Luigia entra nel salotto, bella, giovane e fa sciata in un abito aderente che le modella il seno, i fianchi e il resto. I capelli divisi sulla fronte e raccolti dietro la nuca, sorridente e felice. Prende la mano di Pinna e con un grazioso movimento degli occhi e del capo fa intendere che Maria Mazzoni di troppo e che loro due se ne devono andare. Lo accompagna, sempre tenendolo per mano, fuori dal salotto, lungo i corridoi di palazzo Bevilacqua accertandosi, prima di imboccarli, che siano deserti. In silenzio arrivano alla porta che d sullo splendido giardino; nascosta da rosai e da siepi di ligustro, Luigia conduce il suo questore fino alla serra e, prima di entrarvi, si ferma per guardare, sorridente, Pinna. Tutto si svolge molto in fretta e Pinna non ha il tempo di pensare al seguito, ma, immobile davanti alla porta della serra, sa dove Luigia vuole arrivare e ha una stretta alla bocca dello stomaco: la prima sensazione violenta e l'unica situazione che lui non ha previsto dal giorno del suo arrivo a Bologna. Ha programmato un sacco di avvenimenti, predisposto una tela di ragno attorno
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a decine di uomini, messo con le spalle al muro tutta la questura e una ragazza di diciotto anni lo prende alla sprovvista, lo disarma e lo lascia incapace di iniziativa. Ma non ha bisogno di iniziativa, ch fa tutto Luigia: entra nella serra tiepida, vi trascina il questore, richiude la porta alle spalle e dice sottovoce: ''Qui staremo tranquilli: non mi fido di Maria'' e si lascia scivolare sul letto di cuscini e di tappeti che Pinna ha immaginato mille volte e mille volte desiderato di dividere con la ragazza. Adesso ha dei dubbi e non sa come uscirne. Si guarda attorno, disperato, prima di dire: ''Ecco.., io non sapevo... Non immaginavo.., per cui mi trovo... Come dire?". Anche la voce diversa dal solito e Pinna il primo a stupirsene. Luigia Bertoncelli, invece, ha previsto tutto: ''Non ti sei lavato. E' cos?". Pinna annuisce. ''Me lo immaginavo, ma non preoccuparti: l dietro c' una bacinella d'acqua. per me, dopo, ma puoi usarla tu. Io mi laver in camera.'' Pinna darebbe chiss cosa per essere nel suo ufficio, ma non pu proprio scappare davanti alla ragazza. Va all'angolo indicato, pi per guadagnare tempo che per lavarsi e intanto aspetta un'idea che gli permetta... Le uniche idee che gli vengono: approfittare, superare l'imbarazzo, pensare al momento presente e alle tette di Luigia. La situazione gli ha mosso i reni per cui, prima di lavarsi, deve pisciare e lo fa nella terra di un vaso dove alcuni crisantemi sono appena sbocciati. Poi si lava e l'acqua gelida gli d i brividi. Cerca di riscaldarsi asciugandosi con un fazzoletto e torna da Luigia. Non servono altre parole perch la ragazza pronta, ad occhi chiusi, per il seguito d'uso e aspetta, con le cosce leggermente divaricate, che Pinna decida. Al questore tremano le mani nello slacciare i calzoni e gli tremano ancor pi quando cerca il punto d'incontro. E' la ragazza che, senza imbarazzo, lo aiuta con le sue mani calde e delicate. L'agitarsi del bacino di Luigia e i suoi respiri irregolari sono fatali per la resistenza del questore che si trova dentro prima di esservi psicologicamente preparato: due movimenti, forse tre, del ventre di Luigia, un paio di mugolii a bocca chiusa e per Pinna la fine. Una figura di merda. ''Mi dispiace: non credevo.., non ero preparato...'' Luigia gli passa una mano fra i capelli. Delicata. ''Io s, io ero preparata e non mi dispiace.'' ''Ho sentito. Scusa se io... non...'' ''Niente. So come vanno le cose. Avremo tempo per rifarci." ''Vuoi... incontrarmi ancora?" Luigia sorride e annuisce col capo: ''Abbiamo appena cominciato, non ti pare?". ''E il tuo conte Francesco Isolani?" ''Ce n' anche per lui e non si accorger che sei passato tu: non resta il segno.'' Pinna la bacia sulla fronte e si lascia scivolare di fianco a lei, sui cuscini
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morbidi e sui tappeti. Spera che non voglia ricominciare troppo presto perch non ancora sicuro di aver superato la crisi e non se la sente di fare un'altra figura di merda. Si limita ad accarezzare il seno di Luigia, ma lei che gli prende la mano e se la porta in basso, fra le cosce, e Pinna rimedia come pu. Maria Mazzoni mette da parte il lavoro e chiede: ''Allora?". Luigia siede, respira forte e dice:''Allora ho l'impressione che Pinna, il cattivo, non sia poi cattivo come si dice. Se sapremo essere furbe, ne faremo un buon uso e il tuo Pietro potr stare tranquillo". ''Ai ho simper av fidozia in te, surla.'' ''Per prima cosa non dovrai assolutamente dire che Pietro era con te la sera del furto Pepoli. Lo ha gi fatto Sofia Serotti, non so se per salvarlo o se veramente...'' ''Non preoccuparti: Pietro ha molte donne, lo so, ma non m'importa." ''Allora va' da Sofia e parlatene. Cercate di non contraddirvi e state attente perch Sofia continuamente seguita da agenti di Sicurezza che Pinna le ha messo dietro. Credo che fra qualche giorno l'arresteranno di nuovo. Dovete agire in fretta." Maria Mazzoni si alza e va vicino a Luigia; la bacia sulla fronte e l'abbraccia:''A t' ringrazi. Cosa posso fare per te?". ''Non poi un grosso sacrificio il mio: trovarmi il Pinna fra le mani non mi dispiace pi di tanto, anche se... Ma adesso devi andare: non hai tempo da perdere."

Due donne intelligenti


Il rione dove Serotti Sofia abita un rione dei pi poveri, ma la sua casa riscaldata e ha tutto quello che serve. Anche se Paggi Giuseppe non dorme con lei da quando tornato da Costantinopoli, non le fa mancare il necessario. Quella di Sofia Serotti stata una vita da vedova bianca: il Paggi, gi prima del matrimonio, era dentro a ogni traffico che si sviluppasse in citt e nei dintorni e sempre contro i preti. Durante la guerra di Crimea se ne and e rest laggi chiss quanto tempo e Sofia a casa ad aspettarlo. Con Garibaldi, il Paggi divent prima tenente e poi capitano, rimase cinquantadue giorni prigioniero a Gaeta, fu in carcere tante volte che neppure Sofia ne tiene il conto, ma sempre mand a sufficienza perch la moglie potesse viverci. Una volta le mand soldi per mezzo di Pietro Ceneri che tornava a Bologna da Costantinopoli e Pietro Ceneri consegn i cinquecento napoleoni d'oro e si port a letto Sofia. Maria Mazzoni aspetta sotto il porticato basso che la Serotti rientri e nessuno bada a lei anche se rimane l quasi un'ora. C' troppa gente in giro, le botteghe sono frequentate e le massaie non badano alle massaie. Solo il battirame la tiene d'occhio e le sorride ogni volta che a Maria capita di guardare dalle sue parti.
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Poi Sofia rientra e Maria la raggiunge sulle scale. Le dice:''A son Maria Mazzoni, la dona d' Pietro". Sofia apre la porta e si mette da parte per far passare la ragazza.''Vo a s la muier d' Paggi Giuseppe?" Sofia chiude la porta. ''Mi chiamo Sofia Serotti. Cosa volete?" ''Sapere se Pietro era qui il giorno della ruberia Pepoli." La Serotti non risponde: sistema alcune sedie e poi guarda in viso Maria. ''Chi vi manda? Il questore Pinna?'' Maria Mazzoni si toglie lo scialle che tiene sul capo, mostra il viso alla luce che entra dalla finestra e dice: ''Guard bin se a par una speia''. ''Io non vi conosco.'' ''Ma Pietro vi avr pure parlato di me, di Maria.'' ''Pietro non ha tempo di parlare di donne quando nel mio letto.'' ''Era 1' in t'al voster lt o no?'' Sofia non d pi peso alla visita e si muove per casa alle faccende che la interessano. Maria Mazzoni le va vicino, la prende per le spalle e le dice, sul viso: ''Non voglio che Pietro resti in carcere e non lo vuoi tu. Zercan d'sser pi furb ed Pinna". Sofia Serotti guarda per un attimo Maria negli occhi poi allontana due sedie dal tavolo e ne indica una a Maria, siede e dice: ''Come faccio a sapere se sei Maria Mazzoni?". Pensa un attimo e riprende: ''Pietro ha una voglia di caff latte. Dove?". Maria non si ancora seduta; sorride e si tocca l'inguine: ''Que''. Anche Sofia sorride. ''Siedi e parliamo. Chi ti ha detto che Pietro stato qui?" ''L'ho saputo. Adesso Pinna vuole che io dica che Pietro era con me. Pietro an pseva sser qu e da me in t'al mede sum timp.'' Aspetta un attimo e conclude, sedendo: ''Da me quel giorno non c'era". ''Era qui." ''Va bene: qualunque cosa ti dicano, qualunque cosa ti facciano, continua a sostenere che Pietro era a letto con te.'' Sofia Serotti annuisce: ''Non una bugia: c'era sul serio. Mi dispiace.'' Maria Mazzoni non se la prende. ''Voglio che Pietro esca dal carcere perch innocente.'' Ha qualcos'altro da dire, ma non si decide. Sofia si alza e dice: ''Preparo da mangiare: resti con me?". Maria annuisce e Sofia va alla stufa. Poi mette una tovaglia, due piatti e una bottiglia di vino.''Non c' molto.'' ''Baster. Come hai conosciuto Pietro?'' Sofia finisce di apparecchiare e torna sul discorso solo quando stanno mangiando, sedute una di fronte all'altra. ''Mi port dei soldi da Costantinopoli per conto di mio marito. Ero sola da sei mesi e avevo molto bisogno di un uomo. Tu non puoi saperlo. Fra me e Pietro c' solo questo: un letto. Non so neppure se sono stata io a cedere a lui o lui a me.'' Maria non parla; ascolta e guarda Sofia senza rivalit. ''Dopo
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sempre stato lo stesso. In questo senso sono una donna molto fragile. Pietro non mi ha mai parlato di altre donne n io gli ho chiesto di essermi onesto.'' Ancora un attimo di silenzio e poi Sofia chiede: ''Vuoi mangiare ancora?". Maria nega col capo. ''Tu come lo hai conosciuto?" ''Ero una ragazzina e lui un giovanotto. Me a stava a du port da la so e lo l' sta al prem.'' ''Anche tu sei maritata.'' ''Mio marito sa di me e di Pietro. Adesso voglio aiutare Pietro: dentro per motivi politici e noi dobbiamo fare qualcosa.'' ''Che possiamo fare? E' accusato di essere un delinquente.'' ''E' una storia vecchia che Pinna fa stare in piedi per i suoi comodi. Anche Paggi finir dentro con un'accusa qualsiasi. E cos tutti quelli che si sono esposti di pi col passato governo e con questo.'' Sofia si alza e sparecchia e Maria continua: ''Fra qualche giorno ci sar una manifestazione di popolo a causa delle abitazioni, come stato in maggio, e io mi dar da fare". ''E io?" ''Tu puoi parlare con altri; fa' in modo che tutti quelli che non hanno una casa si trovino in Piazza delle Erbe.'' ''Servir a Pietro?'' ''Non lo so: proviamo. Se la gente si muove, fa casino anche quando i nostri sono dentro, il questore pu pensare che... Ma non sar cos. Pinna troppo furbo.'' Maria Mazzoni ripassa davanti al battirame che ancora a picchiar colpi su una calderina da sagomare. ''Bla spusa, ai ho qul da darv.'' Maria Mazzoni lo guarda storto e gli dice: ''Mitiv 1' in t'al voster cul: a sintir che gost". Il battirame ride forte, ma con poca soddisfazione e a colpi sulla calderina sfoga il malumore. Le donne non dovrebbero rispondere in quel modo! La storia delle abitazioni una vecchia storia che nessuno ha mai saputo risolvere: n il governo del papa ieri, n il governo del re oggi e neppure i governi che verranno domani. Saputo o voluto risolvere. Fatto sta che Bologna una citt a pezzi, con case a pezzi e strade a pezzi e dove la gente, quella che non conta, tenuta lontana dalla politica e non mai sicura di passare un inverno al coperto e col culo all'asciutto. Ultimamente sono arrivati i piemontesi, decisi a fare le cose sul serio, e hanno cominciato con il demolire le case pi vecchie per costruirne delle nuove nelle quali, coi tempi che corrono e con la rana che c' in giro, andranno ad abitare i bottegai, i piccoli borghesi e i borghesi meno piccoli. E gli abitanti delle logore abitazioni demolite, si possono sistemare sotto i portici! Non sono nati per questo i portici? Perch anche se piove il popolo non si bagni. E si parla di malviventi e di covi di delinquenza. E' il minimo che un capofamiglia possa fare per tirare su un figlio. Fra due giorni Piazza delle Erbe sar un casino e le baracche di frutta e
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verdura salteranno in aria, com' gi accaduto pi volte. Come la prender il sardo? Ma lui abituato a certe situazioni: viene da una buona scuola e non ha niente da imparare qui a Bologna. Maria Mazzoni ci porta pi gente che pu; ci porta anche la Gugna che incontra da Luigia Bertoncelli, a palazzo Bevilacqua. ''Vuoi guadagnare uno scudo?" ''Basta cos: per uno scudo imbroglierei mio padre. Che devo fare?"

Scheda di Gamberini Gaetano, detto la Gugna


Anni cinquanta, robusto e pieno di energia: basso di statura, tarchiato, un po' curvo nelle spalle. Ha barba rasa, baffi piccoli, faccia rotonda senza distinzione, occhi grigi e piccoli; parla in fretta ed difficile afferrare il senso delle sue focose dissertazioni. E' una valanga di parole, spesso sconnesse, che provocano il riso. Di mestieri ne fa tanti: il calzolaio, il carrettiere, il ruffiano. Come trafficante stato arrestato pi volte. Lui dice trenta e deve essere un minimo. Dice anche: ''Da giovane ho fatto il matto, mai il delinquente. Ho girato il mondo con i miei cavalli, li ho fatti correre e ho guadagnato molte bandiere: ho sempre avuto buoni cavalli io. Mai stato ozioso. Imbroglione s, ozioso mai. Sono il re degli imbroglioni: ho venduto cavalli Zoppi per dritti, bolsi per sani, conosco tutte le furberie, inganno quanti pi posso e meriterei di essere preso a pedate sul culo. Mai sono stato malfattore''. E se lo dice lui, ci si pu credere.

Anche la Gugna nei guai


Maria Mazzoni lo porta in piazza a mettere sottosopra i banchi delle verdure e a gridare: ''Vogliamo una casa!'' e dopo, un istante prima che la forza intervenga, gli d lo scudo promesso e la Gugna se ne va; per lui il discorso politico finito anche perch ha da portare un cavallo fuori porta Saragozza, a un tale che gliene ha chiesto. E' un cavallo vigoroso, la Gugna lo tiene bene in mano, ma corre sui ciottoli di Saragozza come un matto e il biroccino fa un casino del diavolo e la ragazzina avrebbe dovuto sentirlo arrivare quando ancora era in Nosadella. E invece no: la ragazzina esce di corsa dal portico e la Gugna non fa in tempo a tirare le briglie e l'incosciente va a sbattere contro la parte posteriore del biroccino e vola a terra come uno straccio. Alla Gugna vengono i sudori freddi. ''Par la madona! Ferma! Leee! A l'ho amaz, par la madona!" La gente corre dalla disgraziata e prima che la Gugna riesca a fermare il cavallo, comincia a gridare: ''L'ho visto: la Gugna! Dgli! Dgli! E la Gugna! Fermalo che ha ammazzato una bambina! Fermalo''. E qui la Gugna non ha pi cuore di tirare le briglie. Grida rivolto a chi gli corre dietro: ''T'' e d il gnocco col braccio destro teso e la mano sinistra battuta sulla giuntura del gomito. ''T.'' Frusta il cavallo e sparisce verso il Meloncello. Ma saranno guai e la Gugna lo sa. Tant' vero che la se rasi trova il padre
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della ragazzina in casa, in Borgo San Lorenzo. ''Se mia figlia muore, io torno qui e ti ammazzo." La Gugna non parla: porge la frusta al padre, slaccia i calzoni e se li cala fin sulle ginocchia, scopre il culo e dice: ''Picchia pi forte che puoi''. Il padre getta a terra la frusta: ''Non basta: prega dio che mia figlia si salvi'' e se ne va. La Gugna non ha mai avuto molta fiducia nelle preghiere e crede molto di pi ai soldi, per cui, senza neppure lavarsi la faccia e senza mangiare, va a palazzo Bevilacqua, da Luigia Bertoncelli e sforzandosi di parlare il suo miglior italiano, le racconta la storia. Finisce cos: ''Signorina mia, se qui non trovo i soldi per pagare almeno l'ospedale a quella disgraziata, io morir per il rimorso. Se mai qualche volta io le ho fatto delle cortesie, mi aiuti lei ch io non so dove sbattere la testa". ''Pregher il marchese Bevilacqua di aiutarti. Adesso va' a casa e pensa ai fatti tuoi.'' Maria Mazzoni interviene: ''Va' dal Paggi, quello della Societ Operaia, e vedrai che qualcosa ti rimedia". ''E dove lo trovo a quest'ora?" ''All'osteria della Palazzina. Chiedi a Sabattini Giovanni, l'oste, di Paggi Giuseppe e di' che ti mando io." Non c' molta gente alla Palazzina, ma c' sempre qualcuno che si gioca una bottiglia o quattro soldi. La Gugna non fa attenzione agli avventori e chiede a voce alta all'oste: ''Cerco il signor Paggi Giuseppe. Mi manda Maria Mazzoni''. Sabattini Giovanni guarda in giro se ci fosse la moglie a portata e chiama: ''Elena! Elena, vein que!''. Elena arriva muovendo esagerata il suo bel culotto di sposa proletaria, sbatte le tette sul banco e chiede: ''Cussa ruiat?''. ''Porta sto que da Paggi e speciat." Lungo la scala che porta al piano superiore, Elena davanti, Gamberini Gaetano, ad ogni gradino, ha la tentazione di posare le palme in quelle chiappe che gli si muovono davanti, proprio all'altezza giusta. I suoi problemi hanno il sopravvento ed Elena pu arrivare a bussare alla porta del primo piano. Le cose vanno abbastanza bene e quando la Gugna esce dalla Palazzina, ha in tasca i soldi per le prime cure: ha lasciato sul tavolo di Paggi l'assicurazione che, in caso di necessit, far il possibile per aiutare, in tutti i modi, gli amici in difficolt. Le chiacchiere e le promesse sono gratuite e la Gugna imbroglierebbe anche il padre. Son parole sue. Non fa cento metri fuori dalla Palazzina che Borgognoni, vice brigadiere della Squadra Speciale di Pinna, gli chiude il passo. E' buio e la Gugna non lo riconosce subito: pensa ai soldi che ha in saccoccia, si toglie dal collo la frusta e la fa schioccare in aria. ''Lassam passar.'' Borgognoni sa che con la Gugna non c' da scherzare: punta la rivoltella, ma sta a distanza.
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''Non fare il matto. Sono Borgognoni e ho una pistola in mano. Dietro dite c' un mio agente. Non fare il matto.'' ''Che modo di fermare al buio le persone per bene?'' ''Cosa sei andato a fare dal Paggi a quest'ora? Che ti ha mandato a dire Maria Mazzoni?'' La Gugna si mangerebbe la lingua per aver parlato forte all'osteria, ma tardi. ''Interessi miei.'' ''Dovrai renderne conto in questura." Gamberini Gaetano detto la Gugna non ha voglia di andare in questura. Per bene che le cose si mettano, dovr restarci almeno quindici giorni. Troppi! Conosce i campi attorno ad occhi chiusi e basterebbe saltare la siepe per non farsi raggiungere: buio pesto. Dietro di lui sente qualcuno muoversi: quel boia di Borgognoni non ha detto una Balla e se quello dietro armato, il rischio diventa grosso. E poi, a quale distanza quei maledetto che gli sta dietro? Il buio non pi giusto. Meglio quindici giorni dentro che una palla nella schiena. ''Va bene: andiamo in questura.'' L'ispettore Baccarini Luca, presente il vice brigadiere Borgognoni e l'appuntato Italiani Pietro, gli fa versare il contenuto delle tasche sui tavolo. Le monete si spargono qua e l. ''Di dove vengono?" ''Interessi miei: ho riscosso certi debiti.'' L'ispettore Baccarini conta le monete e dice: ''I tuoi debiti, mi sa, non sono di quelli che si riscuotono, ma si pagano. Di dove vengono queste monete?''. Gamberini Gaetano detto la Gugna non ha intenzione di rispondere, almeno per il momento e finisce ai Torrone in attesa del seguito. Borgognoni Francesco termina il rapporto sull'arresto, io consegna all'ispettore Baccarini e dice: ''Secondo me, questi soldi sono la parte che spettava alla Gugna per la grassazione a Marzabotto. In quell'occasione si usarono cavalli e biroccini che potrebbe aver fornito il Gamberini Gaetano". Baccarini annuisce e dice sottovoce: ''Pu essere, pu essere. Vedremo che ne pensa il signor questore Pinna". Borgognoni si alza dal tavolo: ''Devo riprendere il mio servizio e se continueremo di questo passo, non avremo pi spazio nelle galere. Il signor questore Pinna sar soddisfatto della Squadra Speciale". ''Gi, lo spero anch'io.'' ''Finalmente ci si muove, ci si d da fare... Dite al signor questore che stato un rischio grosso: eravamo solo in due e la Gugna non uomo facile. Ditelo al signor questore. Queste cose deve saperle.'' L'ispettore Baccarini sa che al questore Pinna non interessano le difficolt che gli uomini della Squadra Speciale incontrano durante le operazioni, ma ha invece idea che al superiore interessi la storia dei cavalli e della grassazione a Marzabotto. Bussa ed entra dal questore. ''Ho certi sospetti, signor questore, che mi fan98

no ritenere il Gamberini Gaetano detto la Gugna implicato nella grassazione di Marzabotto per l'esecuzione della quale i malviventi si servirono di numerosi cavalli e carrozze. Ora si d il caso che il Gamberini si occupi anche del commercio di cavalli...'' Pinna interrompe l'ispettore con un cenno della mano e dice: ''Ci ho pensato, ispettore. Ci ho pensato e per questo ho chiesto di arrestare il Gamberini''. Lascia a Baccarini il tempo di stupire, tira nel sigaro e continua: ''Poich a quel tempo io non ero ancora a Bologna, ho assunto informazioni su quel crimine".

Sesto episodio: CIO' CHE PINNA HA SAPUTO SULLA RAPINA A MARZABOTTO


Marzabotto, ventisei chilometri da Bologna, sulla strada che, fra Sasso e Vergato, mette in Toscana, oltre l'Appennino. Nel sessantuno c'era gi arrivata la costruzione della ferrovia che seguitava fino a Porretta e poi a Pistoia, ma i treni non erano ancora passati di l e in baracche, lungo la strada ferrata, dormivano gli operai addetti alla costruzione della massicciata. Il signor Diotallevi Raffaele, appaltatore di quel tronco di ferrovia, dormiva a Marzabotto, nel caff-locanda di Napoleone Innocenti e dormiva pure, nella medesima camera, Prospero Ottavi, ingegnere della ferrovia. Al fresco in estate e al caldo in inverno. Napoleone Innocenti, oltre al caff-locanda, gestiva anche la farmacia che serviva l'intera zona di montagna. Il dodici di luglio era una bella sera d'estate e dai boschi, sopra Marzabotto, scendeva un fresco profumato che dava sollievo alla giornata afosa. Gli operai sudavano e stentavano a prendere sonno nelle baracche divenute forni per il sole a picco e, lungo la massicciata ferroviaria, alcuni erano usciti a sdraiarsi sull'erba per cercare un attimo di respiro. Il farmacista Napoleone Innocenti e la sua gentile consorte, non sudavano, seduti nel salotto dell'avvocato Aria Alfonso, dove erano andati a bere rosolio. L'avvocato Aria aveva scelto una bella posizione per la sua villa: subito fuori dal paese, non pi di cinquecento metri, avrebbe dominato Marzabotto se non ci fossero stati molti ettari di parco naturale a nascondere la villa ai curiosi. Due statue, un guerriero e una dea, dall'alto di un enorme piedistallo in sasso, dominavano la strada per Porretta, le mani nelle mani. Lui con elmo in testa, lei coperta da un velo di marmo. Nel parco c'era un laghetto con i ponticelli, le passerelle, i fiori sulla sponda e le barchette. Ma l'avvocato Aria non teneva per s tutta l'acqua del laghetto: un poco ne dirottava a una fontanella posta sulla strada, per il comodo dell'assetato viaggiatore. Un enorme cancello in ferro battuto metteva a un vialone alberato, ma della villa, all'esterno, non si vedeva neppure il tetto, tant' vero che la gente non poteva far altro che immaginarla. ''Ha trecentosessantacinque finestre e su tutte batte il sole per l'anno inte99

ro.'' ''Nel parco vivono animali straordinari come camosci, cervi, tartarughe e porcospini.'' Dopo il rosolio, un po' troppo dolce, Napoleone Innocenti e signora, che si chiamava Gardini Eugenia e aveva quarant'anni, salutarono il signor avvocato e presero la via di casa, pian piano, al chiaro di luna. Passarono sotto le statue e Napoleone, quarantun anni, le guard un istante e disse, come faceva ogni volta che passava di l: ''Gran bel l'opera'' La signora Eugenia, pi romantica del marito, pass il braccio sotto quello di Napoleone e mormor: ''Hai veduto che luna questa sera, Napoleone?". ''Vedo, vedo: serata poco propizia per i ladri." I coniugi arrivarono al caff-locanda, salutarono con un cenno i due garzoni e salirono in camera per andare a dormire. Il farmacista caric gli Otto orologi sparsi per la casa, raggiunse la signora, gi in letto a sognare la luna e altro, ed era ancora in mutande quando intese il gran parlare che si faceva da basso. Rinfil i calzoni e usc sul corridoio, ma si trov in viso la canna di un tromboncino e sulle spalle le mani robuste di un malvivente con il viso coperto da un fazzoletto azzurro. ''Sta' buono se non vuoi che ti ammazzi'' e lo spinse in camera dove la signora farmacista grid: ''Aiuto mi violentano!'' e svenne. ''Dove sono i soldi?'' Napoleone non riusc a parlare, ch il fiato gli si ferm in gola senza sfiorare le corde vocali. ''Dico a te. Dove sono i soldi della ferrovia?'' Napoleone parl dapprima con voce stridula, da castrato, poi in continuo tono piangente e strozzato. ''Avete sbagliato di stanza... Io... io sono il farmacista. Il signor Diotallevi alloggia in un'altra stanza. Non fatemi... del male e non fatelo alla mia signora, vi prego. Vi dar...'' Non riusc a dir altro perch il malvivente gli schiacci il viso sul letto, costringendolo in ginocchio. ''Non urlare e accompagnami in camera di sto tizio." Lo tir su di peso e lo tenne sospeso a mezz'aria cosicch Napoleone pot vedere in viso i quattro che gli erano entrati in camera. Uno solo di loro aveva la faccia coperta dal fazzoletto azzurro; gli altri erano a volto scoperto, ma annerito con il carbone. Tutti erano armati. Dal basso intese il vociare di altri malviventi intenti alla gozzoviglia e cap che non aveva scampo. ''Devi star buono e non urlare che tanto nessuno pu aiutarti: le vie del paese sono occupate dai nostri compari." Il mascherato era alto e grosso e aveva le spalle ricurve, ma era possente come un toro e teneva Napoleone a mezz'aria come se si trattasse di un bambino. Dal cappello gli uscivano due ciocche di capelli grigi e nella memoria di Napoleone prese forma un nome, ma subito se ne pent, quasi il gigante malandrino avesse potuto leggergli il pensiero. Quando ritocc terra, accompagn i quattro nella stanza del Diotallevi e dell'ingegner Ottavi Prospero ripetendo a ogni passo: ''Per di qua, per di qua, per di qua...'' e continuando pure quando erano gi entrati dove i quattro vole100

vano arrivare. ''Fuori i soldi della ferrovia o ti scanno sul letto." Il Diotallevi si svegli, che gi stava dormendo, mentre l'ingegner Ottavi Prospero non si mosse dal letto dove stava leggendo al lume di una candela e proprio a lui il malvivente dal viso coperto punt il tromboncino. ''Io... io non li ho. Io sono.., sono l'ingegner Ottavi Prospero. I soldi li ha lui, l'appaltatore.'' In due sollevarono il Diotallevi dal letto e lo misero coi piedi nudi sul pavimento. ''Non li ho... Sono... sono nella camera del signor Napoleone...'' Il tipo grosso cominci a perdere la pazienza e a sventolare sotto il naso di tutti il tromboncino: ''Cos' sto scarica barile? Cos' sto gioco dell'oca? Chi mi prende per il culo? Non abbiamo tempo da perdere". Diotallevi implor: ''Signor Napoleone, la prego, consegni tutto il mio denaro a questi signori prima che ci ammazzino". E' commovente come tutti diventino 'signori' in certe occasioni. Ma Napoleone non si mosse, forse per paura. ''Hai sentito cos'ha detto? Dove sono i soldi?'' e il gigante malandrino gli diede una scrollatina. ''In camera mia, in un canterano.'' ''E sbrigati allora!'' Lo fece volare fuori dalla camera con un calcio nel culo. Alla custodia di Ottavi Prospero e del Diotallevi rimasero in due. Poco dopo erano tutti riuniti nella locanda, da basso, ma il bestione dalle spalle ricurve non era soddisfatto. Gett la borsa sul tavolo e disse a un tipo alto e giovane e distinto che era rimasto al piano terreno per la durata dell'operazione prelievo: ''Una miseria! Cinquecento scudi delle ferrovie e quattrocentottanta del farmacista. Una miseria!''. Il giovane alto e distinto guard un attimo il Diotallevi, appaltatore, e disse: ''Dove sono i quattromila scudi per le paghe degli operai?". ''Le paghe sono gi... gi state distribuite: questo tutto quello che m' restato." Il giovane vuot d'un fiato il bicchiere che teneva nella destra, si guard attorno e disse, alto e chiaro: "Farmi venire fin qui per una miseria! Mi sentiranno. Ho portato qui i miei uomini, ho conquistato il paese per novecento scudi. Mi sentiranno". Usc e fischi agli uomini sparsi attorno e s'ud, fuori, un gran correre di gente. ''Si torna a casa. In marcia.'' L'ultimo ad uscire dalla locanda fu il bestione grande e grosso che, prima di farlo, disse: ''Chi si muove avanti di una mezz'ora, un morto. State calmi se non volete che mettiamo a fuoco il paese. E dimenticate quelli che avete conosciuto: siamo in molti e qualcuno di noi pu tornare a regolare i conti con i chiacchieroni''. Si ficc fra i denti un pugnale, estrasse dalla cintola una pistola che tenne con la sinistra; nella destra aveva ancora il tromboncino. Rest un attimo sulla porta a guardare se i presenti avevano ben capito la predica e poi raggiunse
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di corsa i compagni. Nessuno si mosse per un bel po' di tempo. La prima a riaversi fu Eugenia, rimasta svenuta in camera, che scese da basso, in camicia da notte e scalza. Guard i convenuti, immobili e sbiancati, sparsi per la locanda e chiese con voce tremante: ''Che ti hanno fatto, Napoleone mio? Che ti hanno fatto?'' Nessuno le rispose ed Eugenia svenne di nuovo andando a cadere su una sedia che pareva preparata apposta per lei. Da fuori arrivavano ancora le grida dei malviventi che a tratti si avvicinavano e questo contribu a mantenere immobili il signor Diotallevi Raffaele, appaltatore, il signor Napoleone Innocenti, farmacista, l'ingegner Ottavi Prospero, i due garzoni della locanda e i tre avventori che ancora stavano con il viso schiacciato sul tavolo, proprio dove li avevano spinti i delinquenti al momento del loro ingresso. Dal piano del tavolo un po' di vino, uscito da un bicchiere rovesciato, gocciolava sui piedi di uno dei tre avventori. Il giorno dopo l'ispettore Grasselli fu fra i primi ad arrivare a Marzabotto e pot constatare che i malviventi avevano colpito con la solita audacia e perizia e senza lasciare traccia.
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Nessuno li aveva riconosciuti, nessuno sapeva indicarne i dati somatici, nessuno poteva dire di dove erano venuti n dove fossero poi spariti. La paura fa davvero dei miracoli e perfino il calmo e sorridente ispettore Grasselli rischi di incazzarsi. Ma non si arrese: aveva certe sue idee sul fatto appena accaduto e su quelli precedenti, che sarebbe riuscito a dimostrare e aveva impressione che questa fosse la volta e l'occasione giusta. Ripeteva fra s: ''Hanno voluto strafare, hanno voluto strafare e questa volta si sono fregati'' e sguinzagli in giro i suoi agenti e lui stesso non si diede un'ora di pace per l'intera settimana. Fece avanti e indietro, da Bologna a Marzabotto, una decina di volte e interrog tutti quelli che incontr lungo la strada, parl con gli operai della ferrovia e alla fine si port in citt il signor Napoleone per accompagnarlo in una certa macelleria di piazza. Gli disse: ''Adesso voi entrerete l dentro a comprare carne e guarderete bene in viso quel giovine che sta sulla destra del banco. Non abbiate paura che nessuno sapr mai di questo fatto". Napoleone entr, compr, guard e usc pallido come un malato. ''Allora?" Napoleone non rispose e continu per la sua strada fino a Piazza Maggiore dove, certo di essere lontano, ricominci a respirare. ''Allora?'' ''Non so, non so proprio signor ispettore'' ''Vedo dal vostro aspetto che lo avete riconosciuto. Ebbene ditemi: E' quello e vi prometto che nessuno vi far del male perch tutti i delinquenti finiranno in carcere.'' ''Tutti?" L'ispettore Grasselli lo rassicur mettendogli una mano sulle spalle. Gli
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sorrise anche e si fece pi piccolo per non intimorire Napoleone. ''Mi pare... mi pare il capo della masnada... Quello che disse: Farmi venire fin qui per pochi denari....'' L'ispettore Grasselli continu a tenere la mano sulla spalla di Napoleone e lo accompagn per un tratto di strada verso la questura. Parl sottovoce e sempre col sorriso sulle labbra: ''Ho capito. Quello che voi avete appena veduto Pietro Ceneri. State tranquillo. Tornate a casa e non fate parola di ci con alcuno. Fidatevi di me e non avrete a patire danni.'' All'ispettore Grasselli gli ci vollero ancora pochi giorni per arrivare alla conclusione e quando l'elenco dei malviventi fu completo, si present nell'ufficio del questore Buisson cavalier avvocato Paolo e glielo mise sul tavolo, sorridente, dicendo con voce quasi timida: ''Ci sono tutti. Dalle descrizioni e dagli indizi sono riuscito a completare l'elenco dei malviventi che hanno partecipato alla grassazione di Marzabotto. Vi prego, signor questore, di tenere per ancora segreti quei nomi.'' ''Per quale motivo?" ''Per il motivo che poi vi dir.'' Indic l'elenco invitando, con un gesto, il questore a scorrerlo. ''Ceneri Pietro, Ceneri Giacomo, Dondarini Fioravante, Mariotti Luigi, Rinaldi Luigi...'' Il questore and pian piano calando il tono di voce e fin col leggere solamente con gli occhi e quando ebbe terminato disse: ''Diciannove. Ci sono tutti?''. L'ispettore Grasselli neg con il capo. ''Chi manca?" L'ispettore Grasselli tolse un altro foglio dalla tasca, un foglio piegato in quattro che per non tese al questore. ''Mancano quelli segnati qui e sono i pi importanti, quelli che contano.'' Il questore Buisson fece per prendere l'altro biglietto, ma Grasselli lo rimise in tasca. ''Questi no. Non ancora il momento, signor questore.'' Indic l'elenco che Buisson teneva sul tavolo. ''Quelli sono coloro che si vorrebbe che noi arrestassimo, ma se lo facessimo, questi..." e tocc con la destra la tasca nella quale aveva appena messo l'elenco segreto ''... avrebbero partita vinta e noi avremmo fatto il loro buon gioco. Mi permette di sedere, signor questore?" Buisson gli indic una sedia. L'ispettore Grasselli si mise comodo. Prese dal tavolo del questore un sigaro, l'accese, tir un paio di boccate e disse: ''Per ora va bene, ma vedr, signor questore, cosa succeder''. ''Cosa avrebbe da succedere? E cosa sono questi discorsi e questi misteri, signor Grasselli?" ''Procurate, signor questore, di togliermi da Bologna: qui noi siamo carne da macello. Lavoriamo, lavoriamo e vedrete che compenso ne avremo. Basta! Chi di noi rester, lo conter." Il questore Buisson era a disagio e innervosito. Disse: ''Che significano codeste lamentele? Che senso hanno?''.
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Grasselli tir ancora nel sigaro perch stava spegnendosi. ''Niente. Perdonate lo sfogo. Ora vi dir alcune cose che mi hanno particolarmente colpito durante le indagini per la grassazione a Marzabotto. Il primo fatto strano che tutti i malviventi, tranne uno, hanno agito a viso scoperto, quasi a sfidare che li si riconoscesse. E pure quello col viso coperto era tanto individuabile per il suo corpo enorme, le spalle curve e i capelli grigi ostentatamente esposti, da rendere inutile il fazzoletto azzurro sul viso. Costui senza dubbio il Dondarini, come gi voi, signor questore, avrete capito. O si voluto far credere che fosse il Dondarini. Individuo noto in tutto il circondano che se alcuno lo avesse veduto di spalle e di lontano lo avrebbe indicato e avrebbe esclamato: E' Dondarini.'' Fece una pausa per alcune boccate e riprese: ''Che fanno i malviventi che si accingono a una mala azione? Fanno in modo che non li si noti n prima n dopo il fatto. Ebbene, questi hanno lasciato tracce tali, sia in andata che in ritorno, che perfino un cieco avrebbe potuto seguirli. Andarono con biroccini e con calessi, ma non a distanza l'uno dall'altro, bens tutti assieme, quasi si stessero recando a una scampagnata e in modo che furono notati da tutti per l'intero tragitto da Bologna a Marzabotto, in pieno meriggio. Non basta ch lungo la via e quando incontravano persone, ostentatamente assumevano un aspetto equivoco coprendosi il volto o cercando di nascondersi sul fondo dei carri. Ho molti testimoni che, incontratili, si sono detti: Ecco dei delinquenti che si recano a una mala azione. E' bene che gli onesti si chiudano in casa questa notte. Vi pare una cosa da delinquenti che si rispettino?". ''Volete dire che vi ha l'aria di una messa in scena?" ''Ascoltatemi ancora, vi prego, signor questore. Questi delinquenti, in andata e in poco pi di dieci miglia, si fermarono in molte osterie per bere: ho a testimoni gli osti della zona. E non solo bevevano, ma a San Biagio, dove giunsero alle quattro del pomeriggio, attaccarono lite con l'oste e lo minacciarono e fecero i prepotenti. Subito dopo la rapina non presero la via del ritorno dividendosi chi in una direzione e chi in altra, ma si fermarono in una locanda a pochi passi da quella appena predata, nello stesso paese, chiedendo da bere, facendo baccano, ordinando sigari e minacciando. Parlarono con gli avventori presenti e, fuori dalla locanda, si fermarono a discorrere con birocciai diretti a Bologna e a questi offrirono sigari e dissero apertamente di essere delinquenti e di aver appena predato le ferrovie." Grasselli spense il sigaro schiacciandolo nel portacenere sul tavolo del questore. ''Ora seguiamo il viaggio di ritorno dei malviventi: giunti a Sasso si fermano che mezzanotte e tre di loro entrano in un caff per bere; a mezzanotte e mezza si fermano ancora all'osteria della Fontana, a dieci miglia da Bologna, e chiedono da mangiare. Di nuovo si fermano a Paderno, presso il Casone dei Fornasari, da un contadino e qui chiedono acqua per loro e per i cavalli. Sono le sette del mattino e devo dire che hanno percorso poche miglia con grande comodo e tranquillit, tornando qualche volta sui loro passi. Ci sono testimoni di quanto vado esponendovi, signor questore. Si direbbe proprio che abbiano fatto di tutto per essere notati.''
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L'ispettore Grasselli forse aveva terminato e Buisson intervenne: ''Non riesco a seguire il vostro ragionamento fino in fondo: dove volete arrivare?". ''Sono gi arrivato, signor questore, io sono gi arrivato.'' ''Spiegatevi meglio." ''Ancora una cosa incredibile: i malviventi vanno il giorno dodici del mese per impadronirsi delle paghe che Diotallevi passa agli operai della ferrovia; ma tutti sanno che le paghe vengono date agli operai entro il giorno sei di ogni mese. Lo sanno tutti e i delinquenti non potevano ignorare che i quattromila scudi erano ormai finiti nelle tasche degli operai." L'ispettore Grasselli aveva proprio terminato la relazione e si alz per uscire. Mise la destra in tasca, quasi per accertarsi che il biglietto pi importante vi fosse ancora conservato e disse:''Ora vedete di comportarvi come meglio credete, signor questore, in riguardo ai diciannove malviventi che vi ho segnalato. Per quanto mi riguarda, completer, entro pochi giorni, certe mie indagini sulle quali vi riferir e che riguardano questi altri nominativi ben pi illustri e importanti di quelli che avete sui tavolo". Salut il questore con un cenno deferente del capo e si chiuse la porta alle spalle. Lungo il corridoio incontr l'ispettore Sborni Federico che gli chiese: ''Come vanno le indagini sulla rapina di Marzabotto? Grasselli scosse tristemente il capo: ''Non lo so: ho paura che finir male". Era teso, aveva paura, ma sorrideva come sempre. Pens di essersi spinto troppo: si augur di no e usc nei caldo afoso di Piazza Maggiore a respirare gli odori del mercato delle erbe.

Uno che ci sa fare


L'ispettore Sborni Federico non di quelli che fanno carriera seduti dietro la scrivania della questura e adesso che Pinna gli ha fatto nasare una promozione, non si tiene pi. C' dubbio che voglia fregare il posto all'ispettore Baccarini, e sarebbe un bel colpo per uno della sua et; ma Sborni si giustifica coi dire che il questurino si fa girando per le vie e che non si pu pretendere di avere i confidenti in ufficio, ma bisogna andarli a cercare e coltivarli. Sta il fatto che Sborni Federico ha trentadue anni e Baccarini Luca cinquantacinque e chi abbia pi fiato, neanche a chiederlo. In giro dicono che Sborni una gran carogna e che nasconde certe sue malefatte che neppure il padreterno conosce. Pi d'una volta si fatto il suo nome quando Grasselli, il povero ispettore Grasselli, fu ucciso in mezzo a una strada come un cane. Ma le chiacchiere del popolo non arrivano lontano e lasciano il tempo che trovano. All'osteria delle Olle, fuori porta Saragozza, non lo conoscono per quello che e neppure la moglie dell'oste sa come si chiami quel tipo stracciato che una volta o due al mese viene a trovarla e, in cambio di un paio di informazioni, le lascia un paio di scudi. Che sia della Sicurezza non c' dubbio, ma chi esattamente e come si chiami, non lo sa n le interessa: con i due scudi,
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netti dal marito, ci fa i comodi suoi e deve rendere conto a nessuno. Sborni Federico entra all'osteria delle Olle e potrebbe essere un vagabondo qualsiasi o un avventore con pochi soldi in tasca. Si incollato un paio di baffi ispidi e si coperto di stracci come un ozioso e appena l'ostessa lo vede, va a servirlo con una foglietta di Monte San Pietro bianco. ''Sei qui un'altra volta? Che vuoi adesso? Niente di nuovo ho da raccontarti. Bevi e va' via e torna fra una settimana." ''Ti aspetto fuori, dietro il letamaio''e si vuota in pace, proprio come uno che non ha da fare e si vuoi godere il vino, il bianco di Monte San Pietro. Poi, sempre con molta calma, esce dall'osteria e va a nascondersi dietro il letamaio, chinato come uno che sta a fare i suoi bisogni. Passano cinque minuti e l'ostessa lo raggiunge, gli si china a fianco e piscia con il rumore di un rubinetto scassato. ''Allora che vuoi? Mi fai correre rischi inutili: sei stato qui due giorni fa e ti ho detto quello che sapevo." ''Non fare la stupida." L'ostessa finisce i suoi comodi, rimette a posto i mutandoni senza alzarsi del tutto e continua a parlare: ''Non faccio la stupida. Sai cosa c' di nuovo? C' che qualcuno se n' accorto per via di notizie che sapevo solo io e gi in giro mi hanno detto che ci ho la stoppa nella pancia". ''Che vuoi dire?" ''Vuoi dire! Vuoi dire che ci ho la stoppa nella pancia, che faccio la spia. Per due scudi poi. Vai proprio il rischio!'' ''E per tre scudi?" ''Che vuoi sapere?" ''Tutto quello che hai sentito in giro." ''Si sente parlare di un assalto alla diligenza di Toscana.'' ''Quando e chi?" ''Non lo so.'' ''I tre scudi te li puoi solo sognare.'' L'ostessa scuote il capo: vorrebbe dire e non vorrebbe dire. Sborni deve metterle in mano due scudi. ''Avevi detto tre.'' Sborni le mostra il terzo: ''Dipende da cosa mi dirai'' ''I fratelli Ceneri.'' Sborni si alza e se ne va. ''Ma che fai? Non mi dai lo scudo? Non me lo dai?" ''Dovrei riprenderti i due che ti ho dato. Pietro Ceneri dentro e Giacomo lontano, fuori Bologna. Informati meglio e non vendermi ochette.'' Anche l'ostessa si alza e segue l'ispettore senza curarsi che la vedano. ''Va bene, va bene. Non so ancora chi, ma assalteranno la diligenza di Toscana. E' sicuro. Erano in quattro e mentre li servivo ho inteso che parlavano della diligenza di Toscana che parte alle sei del mattino. Erano quattro facce nuove.'' Tende la mano, ma Sborni l'ignora e continua per la sua strada. Quella gli trotta dietro ripetendo: ''Se ti dico che non li conosco; erano nuovi ti dico!''. Prima del piazzale davanti all'osteria, Sborni si ferma e dice: ''Non bello
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fregare la questura e non ti meriti neppure i due scudi: sono rubati. Ti dar l'altro se mi dici dove trovare Busi Pietro". ''Milord?'' ''Milord, s. Dov'?" ''Mi vuoi proprio morta. All'osteria del Chi, fuori porta San Felice, questa sera. ''Gli strappa di mano lo scudo che Sborni teneva in mostra fra l'indice e il pollice della destra e scappa verso il letamaio per rientrare in osteria da dietro. E' stata fuori pi del necessario per una pisciata e suo marito le urler un paio di bestemmie. Sborni spera di aver speso bene i tre scudi, ma ne certo solo verso le dieci di sera quando il freddo e l'umidit gli hanno indolenzito i muscoli; sta nascosto dietro gli sterpi del fosso, a pochi metri dall'ingresso dell'osteria del Chi. E' buio e ogni volta che si apre la porta dell'osteria, il pallido chiarore delle lumiere, all'interno, schiarisce per un istante il piazzale erboso. E Busi Pietro detto Milord arriva senza far rumore, quasi non calpestasse la ghiaia della strada. Sborni lo lascia passare, ma non gli permette di entrare: gli arriva, silenzioso, alla schiena e dice sottovoce: ''Non fa re un passo o ti sparo. Torna indietro e niente scherzi, Milord: sei in trappola.'' Milord esegue senza mostrare il minimo di sorpresa e solo dopo che si sono allontanati a sufficienza dall'osteria, chiede: ''Chi sei?". ''Uno che far carriera alle tue spalle. Pinna sar contento di vederti.'' ''Pinna non sa che farsene di me. Se avesse voluto arrestarmi, lo avrebbe fatto da un pezzo e personalmente: ho qui in tasca le sue pistole." ''Continua a marciare in silenzio. Ti dir io quando fermarti.'' Milord ubbidisce e dopo un altro po' di strada chiede: "Chi ti ha detto dove trovarmi?". ''Adesso puoi fermarti. Girati.'' Milord si ferma e si volta lentamente per guardare in faccia il questurino, ma, nel buio, non gli riesce di capirne i tratti essenziali. ''Vuoi dirmi chi sei?'' ''Non importa.'' ''Allora dimmi chi ti ha indicato l'osteria del Chi." ''Non mio costume rivelare i nomi degli informatori.'' ''Ci arriver da solo.'' ''Se ti lascer andare.'' ''Tu non mi vuoi dentro: saresti venuto con altri agenti. O hai del coraggio da vendere. A che ti servo, allora?'' ''Parlami di Pinna: perch hai le sue pistole?" ''Mi ha fatto una proposta.'' ''E tu che hai deciso?" ''Me lo deve venire a chiedere lui cos'ho deciso. Come ha fatto l'altra volta.''
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''Per Pinna una volta pi che sufficiente. Adesso vuol sapere che hai deciso.'' Milord non risponde. ''Lo sai, vero, che abbiamo spie pagate fin dentro le vostre Balle? I tuoi amici in carcere sono circondati da nostri informatori che ci dicono perfino quante volte vanno al cesso. Milord, tempo di decidere: o di qua o di l.'' ''Se sto di qua o sto di l, lo dir a Pinna quando sar il momento.'' ''Bene. Parliamo allora della rapina progettata alla diligenza di Toscana. Mi si dice che l'avresti organizzata tu.'' ''Anche di questo parler a Pinna. Non mi vanno i sottopancia.'' ''Io non sono un sottopancia. Sono l'ispettore...'' Non termina la frase ed meglio cos. Milord cerca, nel buio, il viso dell'ispettore che gli sta a tre passi. ''Sei l'ispettore...'' ''Non deve importarti." ''E infatti non m'importa. Adesso me ne vado. Non so chi sei e non voglio saperlo, ma la prossima volta stai attento alla tua vita'' e riprende la strada per l'osteria del Chi come se niente fosse accaduto. Sborni ci mette un secondo a sparire oltre la siepe per evitare conseguenze. Arriva al casino di Bernardi Maddalena, si copre il viso e bussa. Quando la ruffiana grassona gli apre, va direttamente a chiudersi nel salotto riservato, senza far parola. A Bernardi Maddalena che viene a vedere l'arrivo, chiede: ''C' Annunziata?". ''Sta lavorando.'' ''La voglio subito: falla smettere, lavala per bene e mandamela. Io non ho tempo da perdere e tu non vuoi chiudere il casino.'' Caselli Annunziata ha ventidue anni, la pi bella fra le prostitute di Maddalena Bernardi e Sborni Federico ci fa spesso su i suoi pensieri e il resto. Una scopata veloce, senza neppure il tempo per quattro sciocchezze. A casino si viene per questo: per fare i propri comodi e in fretta senza dover qualcosa a qualcuno. Si paga e si pari con tutti. ''Ho saputo di un colpo alla diligenza di Toscana. Che mi dici?" Annunziata finisce di lavarsi, a gambe larghe sul catino, si asciuga e torna sul letto. ''Resti ancora?" ''Voglio sapere della diligenza di Toscana!'' Annunziata ha un accento meridionale che piace ai frequentatori del casino di Bernardi Maddalena e ha un modo di fare che un po' ingenuo e un po' puttanesco. Prende fra l'indice e il pollice il coso di Sborni e cerca di farlo rimanere ritto, ma non ci riesce. ''Povero cosino, com' affaticato. Vuoi vedere che ora lo sveglio?'' Lo coccola nel palmo della destra come se si trattasse di un passerotto dal piumaggio matto, lo baciucchia qua e l e ne ricava un paio di fremiti. ''Visto che ancora vivo? Guarda, guarda, si muove." Sborni mette le due mani sulla nuca di Maddalena: ''Prendilo in bocca!''. Ci mette pi tempo di prima ad arrivare alla fine.
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Quando se ne va ha le informazioni che voleva e Pinna dovr dire grazie. Una giornata spesa bene. Ha saputo dei contatti di Pinna con Milord e gli potr essere utile in seguito; ha saputo che il sedici di gennaio, alle sei di mattina, fuori porta Santo Stefano, sulla via di Toscana, proprio sotto villa Hercolani, cinque malviventi assalteranno la diligenza e questo gli sar utile immediatamente. In pi, una scopata e un bocchino con la bella Annunziata e senza spendere un centesimo. Che poi la bella Annunziata Caselli, appena l'ispettore Sborni se n' uscito, abbia bestemmiato fra i denti: ''Maledetto schifoso. Carogna!'', non gli interessa. Lui non ha sentito. E' passata mezzanotte, ma il questore Pinna ancora nel suo ufficio pieno di fumo e Sborni va a riferire. Pinna lo ascolta e alla fine gli offre un sigaro: ''Sono sempre molto contento di voi, ispettore Sborni, e penso che avr bisogno di un capo per la mia Squadra Speciale, fra poco". Si alza dalla poltrona e accompagna alla porta l'ispettore. ''Andate a riposare ora; ne avete bisogno. Un buon lavoro.'' ''E per la diligenza di Toscana, che si ha da fare?" ''Ci penser io: sar sufficiente che non parta chi dovrebbe partire assieme a una certa cassa di documenti e altro. Non sprechiamo uomini per azioni di poco conto e di scarsi risultati. Quasi tutti i personaggi pi importanti sono gi dentro. Buona notte, ispettore.'' Sborni si ferma sulla soglia, guarda in viso il questore e dice: ''Busi Pietro detto Milord fa sapere che la risposta alla vostra proposta la dar solo a voi, signor questore. E vi aspetta presto, voi sapete dove". Pinna sorride e annuisce: ''Va bene: vedr il da fare; ma voi, ispettore Sborni, state attento a non andare oltre. Non mi piace che si esageri". ''Ne terr conto signor questore.''

Si fa a chi pi furbo
Mentre Luigia Bertoncelli parla, Maria Mazzoni ascolta continuando a passare punti nell'abito fine che tiene sulle ginocchia e ogni tanto scuote il capo poco convinta delle chiacchiere. ''Tu puoi pensarla come ti pare, ma in certe situazioni non credo proprio che l'uomo abbia voglia di fare il furbo. E poi si vede, si vede benissimo quando Pinna parla per convenienza e quando lo fa perch ha bisogno di parlare, di confidarsi con qualcuno. E io lo capisco, sai, il poveretto: arrivato a Bologna e non ha un amico, deve guardarsi da tutti e tutti cercano di fregarlo...'' ''E lo al voi fregar me e te.'' ''Non sono sciocca, Maria.'' ''Ti sento parlare solo di Pinna; in dov el fin Francesco?'' ''Ti pare che un tipo come Pinna... Francesco qui e qui. ''Si tocca prima il cuore e poi il ventre. ''Lo faccio perch mi premi tu, sorella, e mi preme Pietro. Se vorrai, ti racconter quello che ho saputo, ma se non lo vorrai, non far mai pi entrare Pinna nella serra.''
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''Va bene: ti ascolto in silenzio.'' Luigia si accomoda vicino a Maria: ''Intanto necessario far sapere a Pietro che deve stare in guardia, che parli con nessuno in carcere perch circondato da spie. E che si guardi anche dagli amici, perch ogni parola che dice viene riportata al questore Pinna e usata per fargli male". ''Te l'ha detto Pinna? Ti ha detto lui di parlare cos con me?'' ''No: mi racconta certe cose e io capisco, capisco dai di scorsi che dice il vero. Non dubitare che se solo immaginasse che te ne parlo, non lo farebbe mai pi.'' ''I t' sicura? Lo fa proprio perch tu me ne parli. Pinna l' un sardagnol pi furb d'un prit.'' ''E io sono pi furba di un sardo: fidati di me, sorella. Me lo coccolo in grembo, me lo accarezzo e lui parla, parla... Si sfoga. Dice che sono l'unica persona della quale si fida, a Bologna. Perch dovrebbe farmi capire certe cose che tornano utili a Pietro se non si fidasse? Dirmi che riuscito a infilare le sue spie in tutte le Balle, lo fa sentire pi importante; farmi capire, per mezze parole, che tiene in mano i pi potenti della citt, gli d l'impressione che io lo ammiri di pi. E io mi meraviglio, stupisco e gli dico 'sei grande!' e mi distendo sotto di lui e lui si sente forte anche se... anche se...'' Maria Mazzoni taglia con i denti il filo colorato, punta l'ago nel cestino e porge l'abito a Luigia: ''Provalo Ai ho fin. Alla festa sarai la regina". ''Lo sar." Luigia si alza e si spoglia e Maria l'aiuta a indossare l'abito, glielo sistema, lo distende con le mani, lo accarezza, si allontana per vedere l'effetto. ''At sta benone." Luigia si specchia e abbassa l'orlo dell'abito sul petto: "Qui devi tenerlo pi basso. Si deve vedere.., si deve vedere di pi...''. Maria annuisce e Luigia si spoglia dell'abito in prova. ''E' il momento che gli parli tu. Vuol sapere certe cose da me che io non conosco." ''E cio?" ''Gli ho detto di venire qui e che tu gli avresti parlato perch tu sai molte cose. Ha promesso che, se lo aiuterai, lui aiuter Pietro.'' Maria torna a sedere e si rimette alle modifiche dell'abito. Dice sottovoce: ''L' furb, l' furb al sardagnol". ''Verr oggi e tu gli parlerai.'' E' tanto sicura di aver convinto Maria che neppure aspetta conferma. Il questore entra e sorride alle due donne. Maria Mazzoni non alza il capo e continua il lavoro di cucito per la signorina Luigia Bertoncelli. Pinna e la giovane si parlano con il voi. Le solite convenienze a mezza voce, tanto per scaldare l'ambiente: ''Come sta il signor marchese vostro protettore. E come sta il vostro fidanzato signor conte Francesco". Risposte dette e non dette; occhiate quando si certi di non essere visti e una mano sfiorata nel prendere la tazzina del caff. Poi, improvvisamente, a Maria: ''Pietro ti manda i suoi saluti. Dice che sta bene e spera di uscire presto''.
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''D a Pietro che me al'aspet.'' ''Devi parlare italiano se vuoi che ti capisca.'' ''Non abbiamo molto da dire.'' ''Abbiamo molto: potremmo esserci utili a vicenda, se solo ci si capisse meglio." ''Meglio di cos?'' ''E potresti essere utile anche a Pietro Ceneri. Ti ho veduta durante la manifestazione in Piazza Maggiore...'' ''Vi siete certamente sbagliato signor questore, ch io non mi sono mossa di qui e la signorina Luigia pu testimoniarlo.'' ''Mi sar sbagliato, ma non mi sbaglio se dico che conosci la citt e i suoi abitanti meglio di me e proprio per questo Pietro Ceneri ha fiducia in te.'' Maria Mazzoni non ha niente da dire e Pinna continua: ''Mi saresti utile. Le tue informazioni, le tue idee... Conosci le Balle". ''Il signor questore mi sopravvaluta.'' Pinna scuote il capo: ''N io n Pietro. Sei una donna che sa il fatto suo. Pietro...". Maria Mazzoni si sforza di parlare italiano: ''Lasciamo stare Pietro. Adesso in carcere". ''Per poco, se tu mi aiuterai.'' E' arrivato il momento di stare molto attenta al sardo e Maria guarda Luigia, che non ancora entrata nel loro dialogo, accantona il cucito e si rivolge al questore: ''Per un po' voglio credervi, signor questore, per vedere dove volete arrivare". Pinna mette fra i denti un sigaro, ma non lo accende: si rilassa sulla poltrona, chiude gli occhi e si copre il viso con le mani, dita larghe davanti agli occhi. ''Cos va bene. Devi sapere che ho bisogno di gente fidata e qui, a Bologna, ne ho trovata poca. Sto costruendomi i collaboratori uno dopo l'altro. Il discorso breve: difficilissimo sorprendere i delinquenti perch conoscono sempre le nostre mosse e io sospetto che all'interno del Palazzo... In questo modo ci rimette chi, magari, innocente. E forse il caso del tuo Pietro. Cosa mi puoi dire sulle spie?'' ''Io non mi fiderei di un agente di Sicurezza Pubblica neppure se mi fosse fratello. Questo c' di vero dentro il Palazzo. E c' anche che a Bologna, da quando arrivato Pinna, non si ride pi. Capita che un giorno il vice brigadiere Borgognoni si toglie il cappello e il giorno dopo ti arresta, l'appuntato di sicurezza Kislich ti viene a dire: 'St in guardia' e il giorno dopo pugnalato sotto i portici. Non si sa pi cosa sia l'amicizia e non si pu pi guardare in faccia un compare senza pensarlo falso. Si pu vivere?" Maria Mazzoni ha fatto un grosso sforzo a concludere il discorso in buon italiano. Pinna, che l'ha ascoltata in silenzio, resta a pensare un attimo e poi dice: ''Non ci siamo capiti: sono a Bologna perch le cose tornino normali e i bolognesi riprendano a ridere''. ''Allora fate, signor questore, come faceva l'ispettore Grasselli: cercate il
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marcio al posto giusto e lasciate vivere la povera gente che gi soffre anche senza che vi ci mettiate voi. Sotto il papa le prigioni erano piene di povera gente, sotto il re le prigioni continuano a essere piene di povera gente. Che cos' cambiato?" ''Parlami dell'ispettore Grasselli.'' ''C' poco da dire: si era buttato nelle indagini e si diceva che fosse arrivato alla fine. Ma era la sua fine: lo hanno ammazzato." ''So com' andata. Pio Bacchelli..." ''Pio Bacchelli! Sempre Pio Bacchelli! Per Kislich, per Grasselli... Io vi parlo di marcio e voi, signor questore, fate le viste di non capire. Invidie fra ispettori di questura, interessi che l'ispettore Grasselli aveva scoperto, gente che non voleva venire alla luce... Ecco di cosa parlo io e voi non m'intendete. Come volete che vi creda quando parlate di aiutare Pietro?" ''Va bene: ti ascolto.'' ''Non ho da dire che questo: chiedete all'allora questore Buisson, chiedete all'ispettore Baccarini, all'ispettore Sborni di cosa aveva paura il povero Grasselli. E chiedete dov' finito l'elenco che il povero Grasselli aveva preparato per il giudice. Non un segreto che dalla questura sparissero le cose pi compromettenti. Ma, signor questore, non sar io a insegnarvi il mestiere.'' Maria si rivolge a Luigia: ''Provati l'abito che se non c' altro da fare io me ne vado a casa". Il questore Pinna si alza con una gran voglia di accendere il sigaro; si inchina alla signorina Luigia e si avvia alla porta. Prima di uscire dice a Maria: ''Mi sei stata di molto aiuto. Vedr cosa posso fare per Pietro". Pinna lontano quando Maria finisce la prova dell'abito di Luigia e mormora: ''Bisogna sser pi furb che lur; dimondi pi furb".

Settimo episodio: L'ISPETTORE GRASSELLI FU UCCISO COSI'


Alle dodici precise della notte fra il ventotto e il ventinove ottobre, uscirono dal Palazzo di questura il signor questore cavalier avvocato Buisson Paolo, l'ispettore Grasselli Antonio, l'ispettore Baccarini Luca, l'ispettore Fumagalli Giambattista, l'ispettore Sborni Federico. Avevano discusso nell'ufficio del questore sulla situazione dell'ordine pubblico in citt e Grasselli aveva ripetuto le sue litanie sui pericoli che correvano i pezzi pi grossi della polizia, ma era una canzone alla quale ormai nessuno prestava pi orecchio. Una notte da cani bastardi, fredda e piovosa come fosse gi inverno pieno. I signori della questura, subito fuori da Palazzo, si avviarono verso il Mercato di Mezzo per rifare, come le altre sere, il solito percorso: le due torri, Strada Maggiore fino a via Cantarana, dove avrebbero lasciato l'ispettore Grasselli davanti a casa sua. E poi ognuno per i fatti propri. Ma, arrivati al Mercato di Mezzo, l'ispettore Sborni si strinse sul le spalle il cappotto e si ferm. ''Non mi sento bene e questo freddo mi entra nelle ossa. Vorrei rientrare a
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casa e ve ne chiedo scusa.'' Il questore Buisson gli strinse la mano. ''Vi prego di andare: provvederemo io e Baccarini ad accompagnare l'ispettore Grasselli." L'ispettore Grasselli chin il capo a ringraziare della premura, sorrise ai colleghi e disse: ''Non importa. E' una notte infame. Io e Fumagalli ci faremo compagnia''. Salut con un gesto della mano e, preso sottobraccio l'ispettore Fumagalli, che abitava dalle sue stesse parti, si avvi. L'ispettore Baccarini e il questore Buisson li guardarono allontanarsi e poi fecero un tratto di strada con Sborni per ch tutti e tre andavano nella medesima direzione. I portici di Strada Maggiore, alti e maestosi, dai nobili fabbricati vicini alle due torri, scendevano fino alla chiesa dei Servi e gli scarsi lampioni a gas non illuminavano molto nella notte troppo buia. L'ispettore Grasselli teneva sottobraccio l'ispettore Fumagalli e nessuno dei due aveva voglia di discorrere poich si erano gi dette tante cose nell'ufficio del questore Buisson, pochi minuti prima, che si erano esauriti gli argomenti. Solo quando arrivarono al portico alto e di legno del Palazzo delle Frecce, Fumagalli chiese: ''Credete sul serio che ci siano pericoli per le nostre vite?". ''Ne sono certo, caro amico; noi siamo carne da macello e vedrete cosa ne sar di noi se non ci faremo trasferire altrove." ''E non c' modo di combattere questi assassini da strada?" Grasselli neg col capo e aggiunse: ''Non sono gli assassini da strada che mi fanno paura; sono quelli da salotto". In silenzio arrivarono al palazzo Stagni e non si accorsero dei due tipi, avvolti in capparelle e protetti dal buio, appoggiati alle colonne del portico di palazzo Fava. Il pi grasso dei due tocc col gomito l'amico e disse, sottovoce:''Sono in due. Che facciamo?". ''Meglio: ne ammazziamo due.'' Dalla capparella fece uscire lo schioppo e quando i due ispettori passarono nell'occhio del portico di fronte, lasci partire due colpi, uno dopo l'altro, e Grasselli, colpito in pieno, vol contro il muro opposto. Fumagalli cadde, invece, pesantemente sul pavimento. La strada era deserta e le grida di Grasselli si persero lungo le arcate vuote dei portici. ''Ci hanno assassinato!'' Fumagalli non aveva la forza di parlare e perdeva sangue da numerose ferite, ma riusc ugualmente a trascinarsi fin contro la colonna e vi si appoggi. Istupidito, tramortito, non riusciva a rendersi conto, non sentiva dolore e soltanto i lamenti di Grasselli, a qualche metro da lui e immobile sul pavimento del portico, gli lasciavano l'idea di essere ancora in vita. Un attimo e poi i passi veloci dei due attentatori che fuggivano e, attorno, nessun altro che portasse aiuto ai feriti. Pass un po' di tempo e Fumagalli riprese un minimo di conoscenza e, con la conoscenza, il dolore delle ferite. Cominci a lamentarsi e a chiedere aiuto
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col poco fiato che gli restava. Arriv qualcuno, figure confuse nel buio e nella memoria e, sempre pi confuse e deboli, le parole di Grasselli che ripeteva: ''Ci hanno ammazzato! Ci hanno ammazzato!''. Li caricarono con molta cura su una vettura, ma Fumagalli non arriv vivo all'ospedale. Per Grasselli i medici scuotevano il capo e lo rigiravano sul tavolo nel tentativo di tamponare le ultime gocce di sangue e quando nella sala entr il questore Buisson, uno dei medici alz le mani insanguinate e mormor disperato: ''Non c' speranza, non c' speranza''. Grasselli l'ud chiaro, ma continu a tenere gli occhi chiusi per non vedere gli ultimi avvenimenti della sua vita. ''Grasselli. Ispettore Grasselli." Apr gli occhi e trov il questore Buisson chino sul suo viso. A fatica sollev la destra e la pos dietro la nuca di Buisson, lo forz in basso, fino a toccare con la sua la guancia del questore e mormor: ''Ci hanno assassinato. State molto attento, signor questore". ''Avete visto i delinquenti?'' Grasselli neg col capo e aggiunse, con l'ultimo fiato: "Vi raccomando la mia famiglia". Entr un prete e Buisson usc. Nell'altra camera, Baccarini e Sborni attendevano notizie, ma nessuno parl per il tempo che il prete rimase dentro e solo quando questi usc, Sborni disse: ''Voglio vederlo vivo per l'ultima volta'' ed entr. Gli abiti, insanguinati, erano gettati, in disordine, in un angolo della stanza e l'ispettore Grasselli stava morendo. Un mese dopo, il trenta di novembre, Buisson se ne and da Bologna dove, come questore, non aveva avuto molta fortuna e si era trovato fra le mani solamente dei guai. Pinna arriv prima che Buisson se ne andasse, ma nessuno lo seppe, e pot darsi da fare sull'omicidio di Grasselli e Fumagalli ancor prima di assumere ufficialmente la carica di questore. Parl con molti e, fra gli altri, con un certo Franzoni Pietro, facchino, ventotto anni, dall'aspetto piuttosto stupido e che incontr all'osteria della Palazzina. ''Dove abiti?" ''In Borgo San Pietro." ''In casa di chi?" ''Non lo so. So che un dottore e abita in via Malcontenti. ''A chi paghi l'affitto?" ''A nessuno: sono entrato in maggio e non ho ancora pagato n ho intenzione di pagare. Non ho un paolo che sbatta nell'altro." ''A che numero abiti di Borgo San Pietro?" ''Non lo so: non ci ho mai fatto caso.' ''Sei stato arrestato qualche volta?" ''Per i moti di piazza del settembre e quei vacconi di questurini si sono tenuti i miei panni. Io dico che mi hanno messo dentro per via che sono stato
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con Garibaldi.'' ''Quando sei stato con Garibaldi?" ''Nel sessanta: ero nei cacciatori di Bologna. C'erano anche Trenti Camillo, Paggi Giuseppe...''. ''Dove lavori?" ''Nelle strade. Santo Stefano, San Vitale, San Donato... Tutti santi a Bologna." ''Hai mai lavorato in strada Maggiore dove hanno ucciso Grasselli e Fumagalli?" ''No. L c' la Balla Grossa dei facchini e guai a chi ci mette piede." ''Ti hanno veduto scappare, scalzo e in maniche di camicia, subito dopo l'uccisione dei due ispettori, per via dei Vitali, per strada Pelacani e per Borgo San Giacomo.'' ''Certo che ero scalzo e in camicia, quella notte, ma nel mio letto. Lo sanno tutti che sono stati quelli della polizia a sparare ai due ispettori, altro che storie!" ''E perch?" ''Bisognerebbe chiederlo a loro. Pu darsi per incolpare poi altri o per vendetta personale. Chiedetelo in questura, se vi capiter di andarci. L conoscono anche i nomi dei due ufficiali che hanno tirato a Grasselli e a Fumagalli."

Tutte le ipotesi sono buone


Il questore Pinna ha convocato nel suo ufficio l'ispettore Baccarini e l'ispettore Sborni proprio quando non se l'aspettavano e adesso li guarda, comodamente allungato sulla poltrona dietro la scrivania, fra il fumo azzurro del sigaro e li lascia, per un po', a chiedersi il motivo della riunione straordinaria. Entra pure il piantone con una bottiglia di vino e tre bicchieri che posa sul tavolo di Pinna e poi torna fuori a respirare. Pinna si alza, posa il sigaro sul portacenere, versa nei bicchieri, li indica ai due ispettori e solleva per s il bicchiere riempito a met. ''Beviamo alla questura di Bologna. Che la fortuna continui a sorriderci e che le carceri di Sua Maest, in futuro, siano sempre ben fornite di mascalzoni come lo sono ora.'' Gli ispettori Baccarini e Sborni bevono e Pinna riempie di nuovo i bicchieri prima di tornare a sedere dietro la scrivania. ''Questa notte, un anno fa, venivano assassinati gli ispettori Grasselli e Fumagalli e questa notte, dopo un anno esatto, io credo di sapere i nomi degli assassini e dei mandanti. E' una cosa che mi sempre stata a cuore fin dal giorno del mio arrivo a Bologna.'' Si interrompe per bere un sorso. ''Com' stato possibile uccidere due ispettori di Sicurezza Pubblica senza che alcuno, in questura, ne abbia avuto un qualche sentore in anticipo? Me lo sono chiesto pi volte: un'operazione tanto ardita presuppone una preparazione meticolosa, la partecipazione di molti e non pu sfuggire agli informatori o ai confidenti. 'Se risolvo il caso Grasselli e Fumagalli' mi dicevo 'sono a posto.' Ho
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indagato, interrogato, studiato i verbali della questura, ricostruito... E oggi posso dire di essere arrivato alla conclusione." Gli ispettori Baccarini e Sborni, per darsi un contegno, bevono e attendono il seguito. ''Perch Grasselli faceva seguire il questore Buisson?" ''Per proteggerlo.'' ''Pu essere, ma pu essere che volesse conoscerne i movimenti. E perch l'ispettore Baccarini e l'ispettore Sborni che, ogni sera assieme al questore Buisson, accompagnava no a casa l'ispettore Grasselli, quella sera lo lasciarono andare solo? Non ditelo: lo so. Era una notte fredda e stava per piovere. E poi con Grasselli, eventualmente per difenderlo, era rimasto l'ispettore Fumagalli. Fumagalli, poveretto, non c'entrava molto: stato sfortunato a capitare in questura proprio quella sera. E che ha voluto dire Grasselli, prima di morire, con la frase: 'State molto attento, signore questore' rivolta a Buisson?'' Il questore Pinna guarda i due ispettori seduti di fronte a lui e li rassicura: ''Non temete. Nessuno accusa, ci mancherebbe! Voglio dimostrare che con le ipotesi e gli elementi a disposizione si pu giocare come si vuole. Le indagini sono come la pelle del cazzo: la si pu tirare da ogni parte che quella, la pelle, cede. Un buon sigaro?'' Solo l'ispettore Sborni accetta; Baccarini fa segno di no con il capo. ''Paggi Giuseppe stato visto seguire l'ispettore Grasselli qualche giorno prima dell'assassinio. Poteva passare di l per caso, ma noi diciamo che pedinava Grasselli. Ceneri Pietro fu veduto al caff dei Servi proprio mentre il Grasselli rincasava due giorni prima di venire ucciso. Poteva essere con la fioraia per un appuntamento galante, ma noi sosteniamo che era l per spiare Grasselli e studiare il piano. Bacchelli Pio della Balla di Mirsole fu veduto aggirarsi per la citt con fare sospetto, nonostante fosse ricercato dalla questura e poich la sua figura e il suo modo di portare la capparella sono simili, secondo i testimoni, a quelli dell'uomo visto fuggire dopo aver sparato ai due ispettori, noi diciamo che Bacchelli Pio ha ucciso. Aggiungiamoci qualche altro malvivente e non saremo lontani dalla realt e, anche se lo fossimo, la citt non potr che avere un vantaggio dall'arresto di questi delinquenti. Adesso beviamo.'' Alza il bicchiere, ma questa volta non brinda. Anche i due ispettori bevono e con ci la bottiglia mostra il fondo. Pinna porge un fiammifero acceso per il sigaro dell'ispettore Sborni e, quando certo che abbia preso fuoco, accende il suo, con la stessa fiamma che quasi gli brucia le dita. ''Resta inspiegata la sparizione della stoppa per la carica dello schioppo e rinvenuta dagli agenti sul luogo dell'assassinio. Mi chiedo chi abbia potuto asportarla dall'archivio della questura, ma troveremo una spiegazione se il giudice istruttore ne chieder conto. Ancora un mistero la sparizione, dalla stanza dell'ospedale, degli abiti del povero ispettore Grasselli e del secondo biglietto che, probabilmente, stava in una tasca di quegli stessi abiti. Voi sapete che il biglietto conteneva i nomi di certi personaggi che, a detta del
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Grasselli, sarebbero stati implicati in certe sporche faccende. Se non sbaglio, il questore Buisson e voi, ispettore Sborni, siete stati gli ultimi a lasciare il povero Grasselli nella camera dell'ospedale. E gli abiti erano l, a portata di mano. Ma sono coincidenze che a nessuno verr in mente di citare, mi auguro.'' Sborni tira una boccata e per la prima volta da quando entrato nell'ufficio di Pinna, sorride e parla: ''Non esatto, signor questore, quello che avete appena detto. Dopo di me entr il prete per l'estrema unzione al povero Grasselli e rimase a lungo in quella stanza, solo, con il morente. E con i panni''. ''Ispettore Sborni, ho l'impressione che farete molta strada nella questura. E' vero: entrato, dopo di voi, il prete e i preti sono capaci di tutto.'' Pinna si alza e tende la mano agli ispettori: ''Signori, non c' altro. Andate a riposare e domani provvedete agli arresti''. E mentre i due lasciano l'ufficio, conclude: ''Ho ragione di supporre che nel biglietto del povero Grasselli ci fossero dei nomi insospettabili. Nomi come quello del marchese Gioachino Napoleone Pepoli deputato a Torino, del conte Giovanni Malvezzi, dell'avvocato Aria Alfonso... Ma il povero ispettore non era pi in s: la paura e il troppo lavoro lo avevano fatto sragionare e vedeva nemici laddove non ve n'era l'ombra. Forse stato meglio che del biglietto si siano perdute le tracce. Buona notte, signori, e buon lavoro per domani''. Pinna resta seduto al tavolo a finire il sigaro: il modo pi tranquillo per gustare il sapore del fumo e per rilassarsi dopo una giornata di lavoro.

Divergenze d'opinione al vertice


Il marchese Gioachino Napoleone Pepoli, deputato a Torino, arriva alla stazione stanco stracciato da dieci ore di viaggio e con la voglia di un buon bagno caldo e di un letto fresco per almeno dieci ore filate, ma trova l'ispettore Baccarini e non riesce a trattenere un sospiro di noia. ''Chi vi ha avvertito del mio arrivo?" ''Il signor marchese mi perdoni, ma pare che il nostro questore Pinna sia al corrente di quello che succede non solo a Bologna, ma in tutto il regno d'Italia." ''Quello. Che c'? Sono stanco e vorrei andare a pulirmi." ''Il signor questore fa chiedere quando potr incontrare il signor marchese. Sono accadute molte cose a Bologna delle quali vorrebbe informarvi per primo." ''So, so gi. Dite al questore che lo avvertir appena sar in condizioni di riceverlo, decentemente vestito e riposato." Il marchese Pepoli si avvia alla carrozza che lo aspetta, ma l'ispettore Baccarini lo segue e insiste: ''Vi chiedo scusa, ma il questore vorrebbe scambiare subito due parole con voi. E' cosa di estrema importanza". ''Caro ispettore, dite al signor questore che sono ubriaco di fatica e che non proprio il caso di insistere. Lo far avvertito, lo far avvertito.'' E sale sulla carrozza e il cocchiere ne chiude subito lo sportello e fa partire i cavalli
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verso porta Galliera lasciando l'ispettore Baccarini immobile sul piazzale della stazione. Piazzale per modo di dire: uno slargo fra tre capannoni perpendicolari alle rotaie e quattro paralleli, in terra battuta e in lieve salita fino alla strada che esce da porta Galliera. In cima alla salitella, una casetta a un piano chiude il piazzale e, dall'altra parte della strada, una casa pi grande ha il porticato e un'osteria-locanda per i viaggiatori in arrivo o in partenza. I fabbricati della stazione sono in una buca e questo permette alla linea ferroviaria di passare sotto il ponte di Galliera che a livello della porta, a un centinaio di metri verso il centro. Alla sinistra della porta, la Montagnola e il verde dei suoi alberi, dietro i quali spuntano, pi lontano, le sagome delle due torri. Ancora oltre, le colline di campi lavorati e tenuti come giardini, a differenza dei portici che sono tenuti come latrine pubbliche senza custode. Sulla strada il traffico intenso: carrozze, buoi con birocci, somari, carrette a mano spinte o tirate da uomini sudati come muli e, appoggiati al parapetto del ponte sulla linea ferroviaria, un gruppo di ragazzi aspetta il passaggio del treno per lanciare sulle carrozze scoperte manciate di sabbia e qualche sputo. Il fumo del vapore della locomotiva si mescola alla polvere sollevata dai carri e dai cavalli, ma nessuno ci fa pi caso. La Balla dei facchini riunita sotto il porticato di un vecchio fienile, ora adibito a magazzino dalle ferrovie; per loro non c' molto da fare, ch arrivano in pochi a Bologna di questi tempi e i pochi hanno loro servi a portare i bagagli e poi c' un sole a picco che fa passare, a chi l'avesse, ogni voglia di lavorare. L'ispettore Baccarini si toglie il cappello per asciugarne l'interno e per asciugarsi la fronte con un fazzoletto bianco che, dopo, bianco non pi: polvere di strada e fumo delle locomotrici sporcano l'aria, gli abiti, la pelle, i polmoni. ''Il signor marchese ha detto che mander lui a chiamare quando sar in comodo.'' Baccarini ci prova gusto, ma gliene resta poco perch Pinna sorride e scuote il capo. ''Sar in comodo molto presto, appena legger certe cose... '' e si chiude nel suo ufficio pieno di fumo anche se la finestra spalancata. Si accende un sigaro e si rilassa sulla poltrona, occhi chiusi, ad aspettare. Il signor marchese lo riceve nel salotto in penombra e abbastanza fresco perch d sul parco carico d'alberi d'alto fusto e perch le persiane sono accostate; sfoglia certe carte, seduto a una scrivania di noce intarsiato. Si tolto di dosso la polvere e il sudore del lungo viaggio; si tolto di dosso l'abito, ma comunque molto incazzato e un marchese incazzato non saluta neppure. Specie se anche deputato del regno. ''Cos' questa roba che mi avete fatto trovare? Cos' questa roba? Cos' questa roba?'' Tre volte e rimescola, sul tavolo, le carte. Il questore si avvicina.
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''Vediamo.'' Legge qua e l. ''Ah s. Il rapporto sulla situazione in citt.'' ''Questo l'ho capito. Ma che significa?" ''Significa che abbiamo arrestato coloro che riteniamo i maggiori responsabili della situazione criminale di Bologna, che contiamo di arrestare anche i personaggi minori e che entro breve tempo..." ''Un cazzo, avvocato Pinna! Un cazzo! Qui ci sono solo ipotesi e neppure una prova concreta." ''Le prove arriveranno.'' ''No! Prima le prove e poi le ipotesi e a Torino non si vogliono questi arresti... Manovali! Sono tutti manovali. Voi sapete bene chi sono i responsabili." ''Certo. E lo sanno anche a Torino. Devo arrestarli? Posso farlo, ma poi come la mettiamo con i rapporti Stato-Chiesa?" Il marchese non risponde; continua a mettere sottosopra i documenti che ha davanti, sul tavolo, e comincia a sudare come se neppure avesse fatto il bagno ristoratore. Va alla finestra e la spalanca. ''Questa mana di chiudere tutto: star al buio nella tomba. Voglio luce. Luce!'' Passeggia per lo studio e il questore Pinna lo segue con lo sguardo, aspettando ancora una risposta. Il marchese indica le carte: ''Quelli sono arresti politici. Lo capirebbe anche un idiota: gente implicata politicamente, gente che ha fatto scelte precise...''. ''Gente pericolosa." ''Lo so. Chi fa politica sempre pericoloso. Lo so, ma se vogliamo che la citt risponda alle nostre sollecitazioni, dobbiamo agire gradatamente. Si arresta un politico e poi un delinquente comune, un altro politico e un altro delinquente comune..." ''E cos ho fatto.'' Il marchese Gioachino Napoleone Pepoli picchia col palmo della destra sul tavolo, proprio dove un foglio nasconde una matita, e si fa male, ma non lo mostra.''No! Non avete fatto cos. A Torino..." ''Torino Torino. Qui siamo a Bologna.'' ''E siete voi che volete insegnarmi come trattare i bolognesi? Non voglio il terrorismo politico che si instaurato. La gente che ha dato qualcosa per l'unificazione del Regno, non deve sentirsi perseguitata o indicata a dito, non deve aver paura di essere arrestata per quello che ha fatto. Trenti Camillo, Paggi Giuseppe, Busi Pietro, Guermandi Ferdinando, Zucchi Giuseppe. Li conosco tutti: sono capipopolo, gente che ha combattuto con Garibaldi... Continuando cos, chiunque ha invocato l'avvento del re si pentir e si sentir tradito e ricercato. Calma, signor questore, calma, perdio!'' Pinna siede sulla poltrona davanti alla scrivania, si accende un sigaro e tira un paio di boccate e poi dice: ''Io sono calmo. Che devo fare? Che si ordina a Torino?". Il marchese Gioachino Napoleone Pepoli torna alla finestra e, sbuffando, la richiude: ''Fa un caldo schifoso: sono gi sudato di nuovo. Dovr rifare il bagno". Suona un campanello e al servo, subito arrivato, dice: ''Preparami un bagno caldo. Fra dieci minuti. Fra dieci minuti. Bisogna far credere che i de119

linquenti siano alle dipendenze del passato regime...''. Il servo prende per s anche le ultime parole e guarda con gli occhi sbarrati il signor marchese e aspetta il seguito. ''Non dico a te! Vai via! Vai via! Preparami il bagno, idiota!'' Il servo non aspetta il seguito. ''Bisogna far credere che il passato governo paghi i delinquenti per mantenere in citt un clima di terrore... Che poi la verit. Dobbiamo far sapere ai cittadini onesti, e cio alla maggioranza, che il re vigila e li difende dai criminali e non perseguita chi ha combattuto per la sua causa. Per la sua causa.'' ''Ma proprio questi sono i pi pericolosi.'' ''Dopo. Dopo, mio caro Pinna. Dopo verr la volta di costoro. Dopo, dopo.'' Il questore Pinna si alza per andarsene. ''Non sono d'accordo, ma ho capito e se Torino del parere che...'' ''E' del parere, del parere, del parere.'' ''In citt, da un po' di tempo in qua, c' sufficiente calma. Da quando si sono arrestati i pi... esposti.'' ''E' una calma apparente. Io conosco i bolognesi, se permettete, meglio di voi. Adesso ci vuole un bel gesto: la liberazione dei politici. Sapete, caro questore, che si dice in giro? Si dice che da quando arrivato il Pinna a Bologna, gli onesti sono diventati delinquenti e chi ha combattuto per il re diventato assassino. Si dice che si calpesta la legge e si fanno violenze, che si tradisce il re e lo statuto! E a Torino non si vuole, non si vuole, non si vuole.'' ''So cosa si dice in giro, ma Torino lontana." ''Ma io sono qui, a Bologna." ''Signor marchese, il bagno pronto." ''Fuori! Nessuno ti ha chiamato. E io so, conosco i miei concittadini. Adesso devo fare un bagno. Buona sera." Pinna se ne va, sorride come se l'incontro fosse stato un incontro felice e borbotta fra i denti e il sigaro: ''Poveri idioti! Poveri ciechi! Se ne accorgeranno: i politici sono facili da guidare come bambini che vogliono fare di testa loro e piangono, ma poi finiscono per fare quello che desiderano i grandi. Si deve solo non farli accorgere che li si guida". Si ferma a pisciare dietro il solito angolo, sputa il sigaro ancora acceso e lo schiaccia col piede. Anche il marchese Gioachino Napoleone Pepoli sicuro di aver ragione: mette il culo a bagno nella tinozza e si cuoce le chiappe. ''Firmino, dio ti maledica! Vuoi farmi lesso? Acqua fredda, acqua fredda, acqua fredda. Ecco, buona cos. Sai cosa ti dico? Che quelli si credono padreterni e se non ci fosse qualcuno a tenerli per mano, chiss dio dove andrebbero a parare. Vogliono fare il bello e il brutto tempo. Grattami la schiena... Pi gi. A destra. Alla mia destra, non alla tua. Ecco, s... No: lascia stare che mi complichi le cose.'' E finisce che si gratta contro lo schienale della tinozza. E' una questione di metodo. Il questore Pinna ha ragione, il marchese Gioachino Napoleone Pepoli ha ragione, Firmino ha ragione e si far una gran festa quando Pietro Ceneri uscir di galera.
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Fuori tutti o quasi tutti


Alla Palazzina c' festa grande e, per questa sera, l'osteria chiusa agli avventori normali, quelli di tutti i giorni. Ci sono Paggi Giuseppe e sua moglie, per modo di dire, Serotti Sofia; ci sono Trenti Camillo, Guermandi Ferdinando detto Fieschi, Bertocchi Gaetano della Balla di Mirasole e c' Gamberini Gaetano detto la Gugna che quando si tratta di mangiare non ce la fa proprio a stare lontano. Ci sono i fratelli Ceneri, Pietro e Giacomo, Maria Mazzoni e un po' di puttane della casa di Maddalena Bernardi, a disposizione di chi si sente triste e solo. Ognuno paga la sua quota e chi proprio non ce la fa, a credito: Sabattini Giovanni, l'oste, di manica larga e sa che, prima o poi, verranno in cassa anche le quote dei pellegrini. Fra i pellegrini, invitati da chiss chi, ci sono anche agenti della Squadra Speciale di Pinna: Zuccadelli Cesare, fra i pi infidi, scivoloso come un'anguilla; Kislich Vittorio che va ancora zoppo per via dell'attentato di Mirasole... Kislich non un cattivo soggetto e si ha l'impressione che siano gli avvenimenti a sopraffarlo. E' uno sfigato. C' anche Marchi Camillo, quarantasei anni, delegato di Sicurezza Pubblica con buone entrature nella malavita e che non ha mai molestato alcuno. Questi agenti, e altri, qualcuno li ha certamente invitati e qualcuno pagher per loro. Si Balla e si canta, si beve e si mangia. E si fa l'amore quando si riesce a trovare un angolo libero e appartato. Elena, la moglie dell'oste, un angolo per incontrare Trenti Camillo lo trova sempre e quando va male se lo trascina in cantina, si appoggia alle botti di vino e si fa sbattere: non le basta mai e Trenti ci d dentro e se la cava come pu. Bacchelli Pio fa una breve apparizione, preceduto dalle tre guardie del corpo, per un saluto a Kislich e per dirgli che lui non c'entra con le pugnalate di Mirasole, lo si deve sapere... ''... ch se fossi stato io, a quest'ora non saresti qui a bere. Ma non ci ho malanimo anche se tu non hai smentito il Pinna. Non ce l'ho perch so che sei un galantuomo e non potevi far altro.'' E se ne va. Si canta e si Balla, si beve e si mangia. E si fa l'amore. C' anche chi brinda alla faccia del questore Pinna ed convinto che la partita sia liquidata. Ma si sbaglia e se ne accorger presto.

Attentato al questore Pinna?


Il signor Antonio Chioccoli, addetto alle saline di Comacchio, due volte sfortunato: fermarsi a pisciare dietro il caff dei Grigioni, in vicolo Ghirlanda e assomigliare, nella statura e nel vestire, al questore Pinna Felice. Sfortuna anche passare da quelle parti nell'ora che vi passa, di solito, Pinna. E per queste coincidenze, si prende la coltellata nella schiena. In verit era
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gi un po' che gli premeva la necessit di spandere acqua e il Chioccoli non arriva pi a trattenerla per cui, giunto in vicolo Ghirlanda, si guarda attorno, non vede alcuno e poich nell'angolo buio della via, altri prima di lui avevano lasciato l'urina e trasformato il luogo in puzzolente pisciatoio pubblico, si slaccia i calzoni, allarga le gambe e lascia via libera. Non sono ancora due secondi che si libera del peso, quando si sente afferrare per il collo e colpire alla schiena. Si volta, bagnandosi le mani e i calzoni, e riesce a vedere un tale, avvolto in capparella scura, fuggire per via Ghirlanda. Il Chioccoli porta la destra sulla schiena, dove l'hanno colpito, e trova il manico di un pugnale. Nessun dolore. ''Fermatelo! Fermatelo!'' e si mette a correre verso porta Castello, dietro il tipo in capparella che ormai sparito. Nessuno, attorno, gli d una mano, neppure i due soldati che si trovano da quelle parti e che guardano il Chioccoli saltellare grottesco nella loro direzione. Nulla da fare: il pugnalatore proprio sparito e il Chioccoli comincia a sentire dolore alla schiena. In farmacia, il dottore gli controlla la ferita e gli dice: ''Non posso far niente, ma siete fortunato: la lama si fermata contro una costola". Davvero fortunato Antonio Chioccoli, addetto alle saline di Comacchio e venuto a Bologna solo per una scopatina a casino, ch dalle sue parti le puttane non arrivano ancora. C' un'altra festa, ma pi nobile Non solo all'osteria della Palazzina, ma anche a palazzo Bevilacqua si tengono feste e c' gente che si diverte. Naturalmente in maniera pi dignitosa e pi nobile, ma si diverte. Per esempio, nessuna delle signore presenti, e meno che mai la padrona di casa, si sognerebbe di portarsi un amante in cantina per farsi fottere, appoggiata alle botti di vino. N, fra gli intervenuti, c' chi sia disposto a cantare e, mentre l'orchestra manda le melodie pi note del momento, i notabili della citt si appartano con eleganza per ascoltare il resoconto del marchese Gioachino Napoleone Pepoli. Aggiorna sulla relazione da lui tenuta in quel di Torino circa la situazione finanziaria della Banca delle Quattro Legazioni e si dice convinto che la sua relazione sia stata accolta senza rimostranze. Nessuno, a Torino, ha sollevato obiezioni alla notizia che i fondi disponibili alla Banca delle Quattro Legazioni, hanno preso la via di Roma, al seguito del cessato governo papalino e prima ancora dell'avvento del nuovo governo e che quindi le casse sono vuote, pi che vuote. Colpa di nessuno! N, in quel di Torino, si trovato a ridire sull'opportunit di reperire fondi a Bologna aumentando e istituendo nuove tasse e ricorrendo al pubblico credito, a ricevere le sottoscrizioni del quale si potranno delegare banche private come il Banco Padovani, la Cassa di Risparmio e, ancora, la Banca delle Quattro Legazioni che cos potr riassestarsi e rinsanguare le casse rimaste vuote, pi che vuote. Il marchese Gioachino Napoleone Pepoli si dice certo che, nel giro di tre mesi, i buoni cittadini di Bologna sottoscriveranno per almeno un milione e
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seicentomila lire. "Non siete del mio stesso parere?" Son tutti dello stesso parere e per chiudere, il marchese Gioachino Napoleone Pepoli annuncia di essere stato nominato Gerente delle Finanze con l'incarico di stabilire l'ammontare del debito lasciato in citt dal passato governo del papa e di provvedere, in seguito, al pagamento, com' giusto che sia, ditali debiti prelevando le relative somme dalla sottoscrizione pubblica di cui sopra. Applausi dei presenti, felicitazioni e strette di mano. C' anche chi si abbraccia e si bacia, ma sulle gote. Nel salone delle feste di palazzo Bevilacqua si balla e si ascolta musica, si spilluzzica e si centellina di quello buono e si prepara il futuro. In mezzo alla bella festa, e senza farsi precedere dal servo di turno, arriva, e piuttosto incazzato, il questore Pinna Felice che spalanca la porta della saletta riservata di casa Bevilacqua e si pianta sulla soglia a gambe larghe e mani sui fianchi. Neppure si tolto di bocca il sigaro n di testa la bombetta e ai presenti, che lo guardano sbalorditi, dice sottovoce e deciso: ''C' qualcuno che ha sbagliato mossa! Il questore Pinna non n l'ex questore Buisson, che si poteva allontanare quando non serviva pi, n il povero ispettore Grasselli che si poteva far uccidere quando le cose si mettevano male. Per fare una qualsiasi di queste due cose, necessario il mio benestare. Lo si sappia bene!''. Il marchese Gioachino Napoleone Pepoli, nella sua qualit di pi alto in grado fra i presenti, il primo a riprendersi e a chiedere: ''Che cos' accaduto, dunque?". Il questore neppure presta attenzione alla domanda del marchese; si toglie dalla soglia e fa il giro dei convenuti per guardarli in faccia uno per uno. Ha sempre il sigaro fra i denti e la bombetta in testa. Marchese Bevilacqua Luigi, avvocato Aria Alfonso, conte Ranuzzi Giuseppe... Ci sono proprio tutti e c' anche il giovane conte Isolani Francesco. ''Come sta la dolce Luigia, signor conte?" Non ci si aspettava la domanda e il giovane conte meno degli altri. Sorride come uno stupido prima di rispondere a Pinna: ''Bene... Direi bene. L'ultima volta che ho avuto l'onore di...''. ''Ne sono contento. Salutatela da parte mia e porgetele i miei omaggi." Dopo averli guardati in viso, si rivolge al marchese Gioachino Napoleone Pepoli: ''Hanno commesso un errore di persona e questo mi fa piacere: mai mostrare troppo il proprio viso. In vicolo Ghirlanda, dietro il caff dei Grigioni, hanno pugnalato un poveraccio di Comacchio, scambiandolo per me. Chiunque sia stato, io lo prender e non ci prover pi. Sono venuto a Bologna per sistemare le cose, non per rimetterci la pelle, e me ne andr con le mie gambe e quando lo riterr opportuno. Chi vuol intendere, intenda". Il marchese Pepoli si agita: ''Non possibile, non possibile, non possibile. Sono sbalordito. Io... io credo che dovremo...''. ''Dico io che dovremo fare.'' ''Io credo che sia stata una vendetta contro quel poveraccio.''
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''No: quel poveraccio non conosce alcuno in citt.'' ''Avrebbero dunque tanta arroganza i delinquenti, da attentare allo stesso questore?'' ''Tutte le sere, prima di andare a cena, sono solito fermarmi a quell'angolo per spandere acqua e il delinquente ne era ben al corrente. Niente di male: un episodio da archiviare. Non sar per ci che le cose cambieranno.'' I presenti riprendono un po' di colore e si fanno attorno a Pinna e si congratulano per lo scampato pericolo e attestano la loro personale fiducia e quella dei familiari. Poi il marchese Pepoli: ''Voi, signor questore, vi siete fatti troppi nemici qui a Bologna". ''E' il mio mestiere, signor marchese, ma non sono i nemici che mi fanno paura. Di quelli so guardarmi, anche se c' chi li rimette in libert subito dopo che io li ho arrestati.'' Il marchese Bevilacqua: ''Gi, cos' questa storia dei delinquenti scarcerati in massa? Si cominciava gi a godere di una certa tranquillit e poi, improvvisamente, di nuovo tutti fuori''. Pinna: ''La giustizia molto strana, a volte". ''Tutti fuori e i risultati li vediamo: di nuovo ruberie, assassinii, ferimenti. Lo stesso signor questore n' vittima.'' Il questore ha detto chiaramente ci che gli premeva e saluta i presenti e toglie l'incomodo: ''Vado a ossequiare la signora marchesa. Con il vostro permesso, signori.'' Con o senza, va e spera di incontrare Luigia Bertoncelli per constatare come le stia l'abito che ha veduto cucire da Maria Mazzoni proprio per questa occasione. La vede, fra altre ragazze, constata e dice fra s: ''Le sta una meraviglia. Quella Mazzoni proprio brava". C' troppa gente in giro, curiosa e maldicente, per avvicinare la ragazza: ci sar altra occasione. Monsignor Golfieri, di lontano, fa cenni esagerati a Pinna perch lo raggiunga. Monsignor Golfieri un personaggio importante della Chiesa, ma da quando il potere del papa si allontanato dalla citt, nessuno riuscito a capire da che parte stia pendendo e sono successi alcuni fatti che hanno dato da pensare. Niente di particolarmente grave, niente di compromettente, chiaro; gli ecclesiastici non si sbilanciano. Aspettano di vedere come si mettono le cose prima di uscire allo scoperto e monsignor Golfieri una volpe ancora ben protetta nella tana. Nasa il vento, vede da che parte viene. Per ora. Il questore gli si avvicina e lo saluta con un inchino sufficientemente dignitoso per un questore e il prelato risponde con il pi bel sorriso del suo repertorio da seminario. Monsignore in abito da festa e il sottanone teso sul ventre prominente, fasciato anche da un bel nastro rosso cardinale. Il viso rotondo esprime cordialit, bonomia di buon padre, ma sullo zigomo sinistro porta ancora il livido... ''I miei ossequi monsignore.''
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''Le mie felicitazioni, signor questore, per lo scampato pericolo." Che monsignor Golfieri fosse gi al corrente della faccenda, Pinna non lo avrebbe immaginato, ma fa come se niente fosse e ringrazia: c' tempo per indagare. ''Le mie felicitazioni e l'augurio che il malvivente abbia a sopportare le pene del caso. Stiamo veramente vivendo tempi oscuri." ''So, monsignore, che a voi toccato di peggio.'' Pinna indica il livido sullo zigomo del prelato. ''Come sono andate le cose?'' ''Niente di grave: un parrocchiano che non pu sopportare i preti. Sono cose che capitano oggigiorno. E' la politica di certa gente che spinge gli sprovveduti a supporre che si possano finalmente picchiare i ministri di dio impunemente." Attorno c' troppo chiasso per uno come Pinna che ama il dialogo sommesso, riservato. Prende sottobraccio il monsignore e si avvia al parco. Il rumore della festa si diluisce fra gli alberi e i roseti. ''Non ho capito, monsignore, come mai non abbiate denunciato l'aggressione della quale siete stato vittima. Avrei ordinato io stesso l'inchiesta e acciuffare il responsabile, o i responsabili, sarebbe stato un piacere.'' ''Non un fatto importante: ben altri sono i crimini che soffre la citt." ''Prendere a pugni un monsignore non cosa di poco conto.'' ''Amico mio, noi ecclesiastici dobbiamo porgere, da cristiani, l'altra guancia.'' ''Non mi pare buona politica. E il motivo dell'aggressione?'' Lungo i viali del parco arriva, dal salone, il riverbero dell'illuminazione, ma, pi lontano, le sagome degli alberi si confondono nel buio della notte. A tracciare i percorsi importanti, un servo qua e uno l, impalati in angolo fra un viale e l'altro, tengono in mano una lanterna e indicano, con quel chiarore, la passeggiata che la casa consiglia a chi voglia prendere una boccata d'aria fresca. Monsignor Golfieri non risponde alla domanda di Pinna e cambia discorso. ''Mi auguro che i vostri uomini riescano ad arrestare il responsabile del fallito attentato alla vostra persona, signor questore.'' ''Saprei ben io dove trovano.'' ''Prego?'' ''Mi chiedevo, monsignore, come mai voi siete al corrente di una cosa accaduta poco fa. Ho appena portato io stesso la notizia e non vi ho veduto fra i miei ascoltatori.'' Monsignor Golfieri ride divertito. ''Figliolo, le vie del signore sono infinite e infinite sono le orecchie di una parrocchia. La gente, il basso popolo, parla, parla, parla e qualche parola arriva fino alla sacrestia. Ma l'importante che non vi sia accaduta una disgrazia.'' A pochi passi dalla serra seguono il vialetto inghiaiato che la costeggia e, dopo la curva, tornano verso la casa, uno a fianco dell'altro. C' silenzio: non un rumore dalla serra. Solo il loro calpestio sulla ghiaia: Luigia ancora nella sala e cos pure il conte Francesco.
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''Una bella festa, signor questore. E belle donne. Il marchese Bevilacqua un padrone di casa squisito. Come vanno le cose in questura?" ''Non male, monsignore, non male. Gli uomini della mia Squadra Speciale sanno il fatto loro e proprio oggi pomeriggio hanno rintracciato un delinquente che nascondeva in solaio un cappello da prete. O forse era un cappello da monsignore? Vorrei mostrarvelo perch io non distinguo le gerarchie della Chiesa. Chiss che non sia proprio quello che voi avete perduto durante l'aggressione.'' Monsignor Golfieri si ferma e guarda il questore. Il chiarore della sala arriva di nuovo fino a loro e illumina di rosa il bel viso grassottello e sorridente di monsignor Golfieri e quello spigoloso, brutto e inespressivo di Pinna. ''E bravo il nostro questore. Temevo di aver perduto per sempre il mio bel cappello, ma non c' che dire, dopo la partenza del cavalier Buisson, le cose sono cambiate in citt." ''Facciamo del nostro meglio." Riprendono la passeggiata, salgono i quattro gradini che portano al salone delle feste e si trovano fra gente allegra che ha lasciato i problemi altrove, O non ne ha mai avuti. ''Che vi dicevo, signor questore? Gran belle donne questa sera. Non possiamo trascurarle." ''Mi ha fatto piacere scambiare due parole con voi, monsignore." ''Verr a trovarvi domani pomeriggio per quel tal cappello da prete..." ''Mi far piacere mostrarvelo e, se vostro, restituirvelo." ''Vedo la signorina Luigia; penso che vorrete porgerle omaggi." Monsignor Golfieri se ne va e lascia Pinna sulla veranda; dopo pochi passi il prelato si volge e agita la destra in segno di scherzosa minaccia. Il questore gli sorride e mormora: ''Ne sa quasi quanto me quel prete. Quasi quanto me. Dovr tenerlo d'occhio". Luigia Bertoncelli risponde, gentile, ai troppi giovani che le stanno attorno; sorride a tutti: l'abito che Maria Mazzoni le ha confezionato, le sta molto bene e la scollatura... Il questore Pinna si china a baciarle la mano: ''Siete molto bella, signorina Luigia. Senza dubbio la pi bella della festa".

La nuova ondata
Il questore Pinna era certo che la situazione sarebbe peggiorata e che la liberazione dei detenuti avrebbe dato il via a una nuova crisi di criminalit. Ora gli avvenimenti gli danno ragione: non passa notte, non passa giorno senza che in questura venga segnalata una qualche delittuosa impresa. Pinna lascia ormai di rado l'ufficio e neppure esce per una boccata d'aria. E' diventato intrattabile e i collaboratori farebbero volentieri a meno di incontrano. Qualcosa, nei suoi piani, andata storta e se la prende con chi gli capita vicino, ma una novit sentirlo alzare la voce ad ogni intervento e per cose di poco conto. Si fa portare il mangiare in ufficio e si limita ad assag126

giare e poi rinuncia al pasto. Ha dato disposizioni che il barbiere lo venga a servire in ufficio e tutte le mattine, e il momento che passa seduto nella poltrona e con l'asciugamani al collo, il solo di tranquillit dell'intera giornata. Le notizie dei crimini, appena registra te, gli sono immediatamente riportate e, durante la relazione sull'impresa criminosa, prende appunti, qualche volta sorride amaro come per significare 'lo immaginavo', scuote il capo e, alla fine, bestemmia duro. Chiunque si presenti per conferire con lui, viene subito accompagnato, per ordine del questore stesso, nel suo ufficio e mai come in questi giorni si sono veduti i pi strani tipi frequentare Palazzo. Cosa si dica nell'ufficio del questo re, resta un mistero perch Pinna non vuole che altri assista ai colloqui con quelle che, ci si immagina, possono essere solamente le sue spie, infiltrate nei pi strani ambienti, i suoi confidenti, ma anche gente che si presenta a lui al solo scopo di vedersi cancellare, dietro pagamento di una buona informazione, un certo debito con la giustizia. Alle nove di sera, e dopo che due vagabondi sono appena stati accompagnati dal piantone fuori dal Palazzo, il questore Pinna manda a chiamare l'ispettore Baccarini Luca, capo della Squadra Speciale e l'ispettore Sborni Federico. Da giorni i due ispettori non incontravano il diretto superiore e non hanno idea di cosa si voglia, oggi, da loro. L'ufficio scarsamente illuminato da due lampade posa te alle due estremit del tavolo dietro il quale sta seduto Pinna; l'ispettore Baccanini Luca, che non fuma, si trova a disagio per il fumo azzurro e spesso come nebbia che ristagna a mezz'aria e confonde, con la penombra, i contorni delle cose. Il questore indica, senza parlare, due sedie lontane dal tavolo e distanti fra di loro. Ha l'aria affaticata, gli occhi arrossati, forse per il poco sonno o forse per il troppo fumo di toscani, e per la prima volta da quando giunto in citt, gli abiti non hanno l'aria pulita e fresca. Ma lo sguardo del questore , come sempre, violento e offensivo. Pinna raccoglie un foglio dal tavolo, lo tiene a mezz'aria e dice, e la sua voce roca come chi abbia troppo gridato: ''Furto alle officine della Zecca di Bologna e al pubblico erario: rubati ventiquattromila lire in tondini d'oro pronti per coniare marenghi, in tondini d'argento per farne medaglie, nonch in monete gi coniate e pronte per lo smercio. I ladri hanno lasciato solo il rame e i metalli pi vili. Gente dall'occhio esperto". Posa il foglio e ne raccoglie un altro che mostra: ''Grassazione alla stazione ferroviaria di Bologna: alle tre di notte, un gruppo di individui, vestiti con le divise dei regi carabinieri e tutti armati di fucili militari e baionette in canna, invade la stazione ferroviaria e quando se ne vanno, si portano dietro pi di novantunomila lire, la maggior parte di propriet del conte Torlonia, appena giunte in stazione e provenienti da una banca di Genova. Gente piuttosto informata e organizzata". I fogli passano rapidamente dalle mani del questore al tavolo e dal tavolo alle mani del questore. E sempre lo stesso tono sommesso e la voce roca:
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''Furto ai danni di Branzetti Angelo, orefice. Furto ai danni di Zanetti Eustachio, banchiere. Grassazione in danno di Boschi Raffaele e del dottor Gardini Angelo, in quel di Lovoleto, a pochi chilometri da Bologna. Invasione del paese di Lavino di Mezzo, furto ai danni di Ceredi Carlo, furto ai danni di Testoni Gaetano, assalto alla diligenza di Toscana...''. Getta l'ultimo foglio sul tavolo e dice ancora: ''Grassazioni, furti, omicidi. Per quanto ancora?". L'ispettore Baccarini, dei due convocati il pi alto in grado, si sente costretto ad intervenire. Allarga le braccia e cerca una giustificazione: ''Signor questore, siamo anche noi informati e vi assicuriamo che si sta facendo il possibile, ma da quando si sono voluti liberare i criminali che avevamo arrestato... Il nostro mestiere diviene ogni giorno pi difficile e pericoloso e se noi arrestiamo e altri provvedono a liberare, non sar sufficiente la questura dell'intero Regno a porre un freno". Il questore scuote il capo. ''No, ispettore Baccarini! Se voi foste informato, come dite, sugli avvenimenti della citt sapreste, come so io, che, una volta tanto, la maggior parte dei delinquenti rimessi in libert non ha a che vedere con questi crimini. Almeno i capi. So di preciso e da testimonianze sicure che i vari fratelli Ceneri, Marchi Camillo, Paggi Giuseppe, Guermandi Ferdinando, Bacchelli Pio e altri, sono estranei, lontani e ignari di quanto sta accadendo in citt. So di preciso e da testimonianze sicure che i nostri delinquenti sono preoccupati nel vedersi sfuggire di mano l'iniziativa criminosa, almeno quanto siamo preoccupati noi per il loro verificarsi.'' Anche nelle situazioni pi critiche, Pinna non rinuncia al suo ruolo di accusatore e l'ispettore Baccarini non ha altri argomenti da mettere in tavola a difesa dell'operato suo personale e della Squadra Speciale da lui diretta. C' quindi un certo tempo di imbarazzo e di silenzio e poi il questore Pinna si rivolge a Sborni, seduto all'altro lato della stanza: ''Non avete nulla da dire voi, ispettore Sborni?''. L'ispettore sorride e dice: ''Non faccio parte della Squadra Speciale comandata dall'ispettore Baccarini e solo di tanto in tanto voi, signor questore, avete avuto la bont di chiedere la mia collaborazione, ma, visto che mi avete convocato e me l'avete chiesta, desidererei esprimere la mia personale opinione.'' ''Che ho sempre tenuto in gran conto, ispettore Sborni, e vi prego di parlare con tutta tranquillit.'' ''Ho anch'io, come voi, certe notizie che mi fanno ritenere innocenti le Balle che, fino a qualche tempo fa, si erano divise il potere criminale in citt. Mi sono perci formato l'opinione che la improvvisa e imprevista liberazione dei delinquenti che la Squadra Speciale dell'ispettore Baccarini aveva tanto giustamente messo in carcere, faccia parte di un preciso piano tendente a dare una giustificazione alla nuova ondata di criminalit. Giustificazione sbagliata, come voi sapete e come so anch'io. Ma solo voi, signor questore, ed io ne siamo al corrente. La parte sana della citt, i benpensanti, possono
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continuare ad imputare ai fratelli Ceneri, a Paggi, a Bacchelli, i crimini che si susseguono, coprendo cos i veri responsabili e irridendo la questura che reputano incapace di porre un freno." Il questore Pinna annuisce: ''E' qui che io volevo arrivare". ''Allora, se come voi pensate e come io immagino, noi siamo completamente impotenti, signor questore, e non vedo Squadra Speciale che possa risolvere.'' ''Qui vi sbagliate. Dobbiamo ricominciare da capo. Il nostro mestiere fatto cos: ricominciare ogni giorno da capo. Un lavoro che non ha mai fine.'' Pinna si alza dalla poltrona, stancamente, si appoggia ai bordi del tavolo e dice: "Andate a riposare, signori. Riprenderemo il discorso domani e vedremo il da farsi''. I due ispettori, Baccarini e Sborni, si avviano alla porta e mentre il primo saluta con un cenno del capo e si allontana per il corridoio in penombra, Sborni si ferma e dice: ''Voi non andate a dormire, signor questore?". ''Vedr, vedr."

Uno del quarantotto


Guermandi Ferdinando detto Fieschi ha un passato di tutto rispetto: un settembrista, uno che ha fatto il quarantotto e nel quarantanove era gi maresciallo di cavalleria sotto il Masini, contro gli austriaci e contro il papa. Nel cinquantanove era stato con Garibaldi e ci sarebbe tornato pi tardi se non avesse avuto una famiglia da mantenere. Anche se il tribunale ha emesso un mandato di cattura contro di lui, l'ispettore Sborni riuscito a fissare un incontro all'osteria della Palazzina, davanti a una foglietta di vino nero; ma ha dovuto promettere di venire solo e di far nulla per arrestarlo. A queste condizioni ora i due siedono uno di fronte all'altro e Fieschi continua a guardarsi attorno con circospezione, come fa un gatto selvatico, orecchie basse e muso teso, che fiuta nemici attorno: non vuole farsi sorprendere come un pivello. Parla solamente dialetto e Sborni ne segue la cantilena, le inflessioni e i modi di dire. ''Stai qui, all'osteria, e non ti nascondi. Come mai? C' un mandato di cattura a tuo nome.'' ''Mandato o spedito, a me non m'impressiona. Ho niente da nascondere e perci non mi nascondo. Cosa volete da me, ispettore Sborni?'' ''Sapere se risponde a verit la notizia che tu sei a capo della Balla di Strada Stefano.'' ''La Balla: chiss cosa vi credete che sia la Balla! L'unica Balla che io conosco e che fa paura, quella che va raccontando in giro il questore Pinna. Quella una Balla! E poi, essere capo di una Balla non significa niente. C' un gruppo di amici che ti rispetta e che ascolta i tuoi consigli. Le Balle ci sono sempre state da quando mondo mondo e non sono illegali. Sono conosciuto per Bologna con soprannome di Fieschi, non come malfattore.''
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''Ho notizie certe che tu hai preso parte alla rapina della stazione ferroviaria.'' ''Alle due di notte io dormo e in stazione non sono andato neppure per prendere il treno.'' Fieschi fa un cenno ad Elena, che capisce il senso di ogni gesto dei clienti, e quella gli porta un'altra foglietta di nero. I due bevono in silenzio alcuni sorsi e Sborni aspetta che Fieschi riprenda a parlare con il suo dialetto vivace e con il suo modo deciso di affrontare gli argomenti. Si capisce che in grado di cavarsela in tutte le situazioni. ''Un delinquente io? Senti questa e poi dimmi chi sono i delinquenti. Senti questa: nei cinquantotto stavo portando della carne a una pollaiola quando mi incontrai per strada a un certo Armaroli che stava accompagnato con un altro grande e grosso come un armadio. Questi due mi vennero vicino e io gli chiesi cosa volessero e loro mi dissero: 'Vieni alla questura che hanno bisogno di parlarti per cinque minuti' e io non mi opposi e andai. Mi fecero una perquisizione, ma mi trovarono niente di niente. Dopo mi misero due manette arrugginite, sangue della miseria, e mi portarono al Torrone! Non avevo voglia di andarci perch non avevo fatto del male e non mi piacevano i complimenti che mi facevano e per soprappi i miei affari andavano per le scale di cantina. Entrammo a Palazzo e appena le guardie si scostarono di due spanne da me, me ne scappai fuori anche se avevo le manette ai polsi. 'Di, di!' urlavano le due guardie, ma quando due gambe corrono pi di altre due, stanno davanti. Ma non finita: nel cinquantanove vennero ad arrestarmi ancora e io misi le gambe in spalla e quelli mi tirarono una pistolettata. Una bella cosa se mi prendevano: ero innocente! Ma chi si preoccupa mai di Fieschi?" ''Il fatto di scappare non buon segno. Se uno innocente, non deve temere." ''Sar anche come voi dite, ma chi sta in questura non pu capire certe cose. E poi non mi mai piaciuto andare in prigione. Cristo mi ha dato la libert e gli uomini me la vogliono togliere? T!'' ''Se tu sei innocente, saprai certo chi mette in giro le chiacchiere che ti vogliono implicato nel furto della stazione ferroviaria." ''E proprio voi, ispettore Sborni, me lo venite a dire?" ''Che significa?" ''Significa che in questura certe cose si sanno e non c' bisogno che sia un Fieschi qualunque a raccontarle." ''Il questore Pinna dice che..." Fieschi interrompe con un gesto cattivo e che significa 'lasciamo stare il cane che dorme'. Poi dice: ''Pinna. Ce l'ha sempre avuta su con me perch non mai riuscito a mettermi le mani addosso. La sua Squadra Speciale poi... Il vice brigadiere Zuccadelli ha fatto carriera a forza di fare la spia, Borgognoni era gi carogna sotto il papa, l'ispettore Sborni... Lasciamo andare. Io sono conosciuto dalle colonne dei portici e dai cani come galantuomo e se mi parli di domare i cavalli, somari e donne;va bene e sto con te, ma di ruberie so niente di niente".
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''Vuoi dire che Pinna ha montato tutto?'' ''Voglio dire che sotto il questore Buisson queste porcherie non succedevano. Pare di essere tornati al tempo del papa. E dire, cristo d'un dio!, che ho tirato con il trombone perch i tempi cambiassero. Bel risultato: sono cambiati in peggio.'' ''Ti sbagli: le cose stanno mettendosi per il verso giusto. Almeno, noi facciamo di tutto...'' ''Non ci credo, non ci credo pi" ''Ti assicuro che Pinna si d da fare per rimettere le cose a posto.'' ''Non mi fregate! Il sardegnolo ha seminato bene e adesso non resta che raccogliere i frutti.'' Bevono in silenzio per un poco e intanto l'osteria si va popolando di avventori e ogni volta che la porta si apre, Fieschi, senza dare nell'occhio, ha gi stampato in testa il nuovo entrato e controllato l'uscita posteriore. Quando Fieschi riprende a parlare, lo fa sottovoce, quasi a se stesso. Approfitta e si sfoga, ma sa bene che non servir alla sua causa. ''Mi hanno fatto un bel gabanino largo, largo e finir nel gabbione delle bestie, prima o poi. Lo so bene. Dicono che ho troppi soldi, ma se mi gioco un paio di scudi, sono miei e sudati. Questo mi pare l'anno dei miracoli: un galantuomo entra in questura e quando esce, si impara che l dentro ha accusato gli amici dei peggiori delitti. Io non so molto di politica, ma ho capito che il questore Pinna ha portato il terrorismo e la maniera forte con il solo scopo di eliminare quelli che danno fastidio al governo. Che sono poi sempre gli stessi che davano fastidio al passato governo del papa. Ho giocato e sono andato a donne, questo vero, ma se tutti quelli che giocano e vanno a donne devono essere messi in gabbia, ce ne vuole una grande come i prati di Caprara. E dentro tutti, a cominciare dal questore Pinna, ch anche a lui piacciono le donne, e a finire con gli altri agenti di Sicurezza Pubblica. Ne conosco di quelli che vivono alle spalle degli osti che devono andare in saccoccia ogni volta che uno di loro entra all'osteria, se non vogliono...'' Si interrompe di colpo e si alza senza far rumore. Dice con rabbia: ''Questa non me la dovevi fare, Sborni infame!'' e prima che l'ispettore riesca a capire l'intenzione di Fieschi, quello gi fuori dalla Palazzina per l'uscita posteriore. Il vice brigadiere Zuccadelli, appena entrato, non si neppure accorto che Fieschi sedeva, fino a mezzo secondo fa, al tavolo dell'ispettore Sborni, ma neppure Sborni aveva notato l'ingresso di Zuccadelli all'osteria della Palazzina. Ora anche l'ispettore deve far in modo che il vice brigadiere non si accorga della sua presenza. Si alza adagio e senza far rumore con la sedia e si allontana verso l'uscita posteriore, la stessa che ha imboccato il Fieschi. E' probabile che un giorno o l'altro il questore Pinna, o un suo erede, riesca ad arrestare Guermandi Ferdinando detto Fieschi, ma ci riuscir solo per un caso o per un colpo di fortuna, perch Fieschi furbo come una volpe, svelto come un gatto e sempre all'erta come uno nato in Mirasole, vissuto nel Pratello e abituato a distinguere a colpo d'occhio un amico da un nemico.
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Un politico ogni tanto


Il vice brigadiere di Sicurezza Pubblica Borgognoni Francesco d ordine alle guardie di disporsi in modo che nessuno possa eventualmente fuggire e, assieme ai due collaboratori pi giovani, Galimberti Francesco e Zuccadelli Cesare, sfonda la porta ed entra in casa di Paggi senza tanti complimenti. ''Fermi tutti!'' L'unico presente, il Dall'Olio, un dipendente del Paggi, non si muove e aspetta il seguito. E' abituato a queste situazioni. ''Ho un ordine di perquisizione. Dov' Paggi Giuseppe?" ''Non lo so, ma perquisite, perquisite pure. Avete perquisito tante volte ormai che una pi, una meno.'' Il Dall'Olio non se la prende. ''Da dove volete cominciare questa volta?" ''Dalla cantina." ''Gurda te! Ecco le chiavi: io vi aspetto in cucina e fate con comodo, come se foste a casa vostra.'' Il Dall'Olio se ne va borbottando fra s: ''Questa volta cominciano dalla cantina, l'altra volta dalla stalla e la volta prima ancora hanno cominciato dalle stanze da letto. Fate un po' voi". Il vice brigadiere Borgognoni scende i gradini sconnessi e umidi, rischia di scivolare pi d'una volta, e si fa lume con una candela. Zuccadelli lo segue con un'altra candela. La cantina un unico stanzone che si sviluppa sotto l'intero fabbricato, non ha quindi divisioni interne, per cui si possono vedere, con un'occhiata e in bella fila, le botti, le damigiane, la legna da ardere e il resto. Dai muri scrostati filtra l'umidit di secoli e non il luogo ideale per tenervi legna da ardere. Dal soffitto pendono salami ammuffiti e un paio di prosciutti avvolti in carta grossa e gialla. Borgognoni fa luce con un altro paio di candele che dispone sulle botti e indica, a colpo sicuro, la catasta di legna. Dice: ''Spostatemi quella legna". E trova ci che cercava. Zuccadelli Cesare sale a prendere il Dall'Olio; lo afferra per la camicia e il Dall'Olio rovescia il bicchiere di vino che sta bevendo. Lo solleva dalla sedia e gli urla sul viso: ''Marcia gi, figlio di una troia! ''e lo trascina in cantina.

Verbale di perquisizione in casa Faggi Giuseppe


Il sottoscritto delegato di Sicurezza, assistito da agenti di Pubblica Sicurezza e in esaurimento agli ordini ricevuti dal signor questore Pinna avvocato Felice, avvalendosi altres del mandato di perquisizione rilasciato dall'Autorit competente, si recato in via Belfiore allo scopo di perquisire la casa e lo stallatico condotto da Paggi Giuseppe detto il Carbonaro e per esso da Dall'Olio Luigi suo ministro. Quivi giunto ed avuto il Dall'Olio, gli si ebbe a dichiarare l'ordine tenuto; questi impallid visibilmente e titubante chiese di poter prima parlare in separata sede con il sottoscritto al che gli si rispose di parlare davanti agli agenti e disse che nel giorno antecedente, essendosi recato nella cantina a prendere le132

gna, ebbero a cadere alcune pietre da un muro e apparve un vasto foro dentro al quale introdottosi ebbe a trovare alcune casse talch credette di aver trovato un tesoro. Una delle casse per riteneva contenesse munizioni e che voleva venire a denunziare la scoperta alla questura, ma non aveva avuto n il tempo n il comodo. Preso atto di tale dichiarazione, passavasi alla perquisizione delle cantine ed introdotti, apparve infatti un foro nel muro in taglio, all'altezza di due metri dal terreno. Atterrato il muro si rinvennero numero sedici casse contenenti cartucce militari. In un angolo della cantina si rinvenne una calderina di rame con entro della polvere sciolta. Passati poscia a perquisire la casa, si rinvennero palle da fucile sciolte, cartoni di polvere e, nascosta dietro il letto matrimoniale, una sporta ripiena di cartucce. Firmato: Galimberti, Borgognoni, Zuccadelli.

Un nuovo capo per la Squadra Speciale


Il questore Pinna, seduto sulla poltrona dell'ufficio, fuma il sigaro e guarda, con occhi socchiusi, le volute di fumo che si stemperano nell'aria; ogni tanto volge il capo all'ispettore Sborni che sta seduto a fianco della scrivania e ha appena terminato di leggere, sottovoce, il verbale di perquisizione che Pinna gli ha sottoposto. Sborni restituisce il verbale e ha l'aria poco soddisfatta. Dice: ''Se le cose stanno come pensate voi, inutile continuare per la vecchia strada, signor questore. Perderemo soltanto del tempo prezioso...''. ''Ventiseimila cartucce non sono tempo perduto. E poi c' chi ha detto: 'Un politico ogni tanto lo si pu arrestare'. Paggi certo un politico e per il momento lo terremo in carcere a causa delle armi trovate nella sua abitazione.'' ''E' molto strano: perch ritenete che il Paggi nascondesse presso di s cartucce buone solo per sparare a salve?" La domanda non chiara: Pinna guarda l'ispettore attraverso le dita allargate sugli occhi e non risponde. Sborni toglie di tasca un foglio, lo depone sulla scrivania del superiore, lo distende per bene e lo scorre con l'indice della destra: ''E' il verbale della Commissione d'artiglieria che ha esaminato le pallottole trovate nella casa del Paggi Giuseppe". Legge l'inizio a voce bassa e solamente per s; poi, arrivato al punto che gli interessa far sentire al questore, alza il tono: ''Trattandosi di munizioni non di modello e la cui polvere sarebbe buona solo per salve ed esercitazioni, la Commissione sarebbe del parere che dette cartucce dovessero disfarsi per utilizzare la polvere come salve ed esercitazioni e le pallottole come piombo in pallottole fuori servizio''. Pinna Felice annuisce e non commenta. Manda fuori un paio di boccate di fumo, alza la schiena dalla poltrona per arrivare a schiacciare il sigaro, ormai al limite, nel posacenere.
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Dice: ''Voi, ispettore Sborni, avete un grande spirito d'osservazione e d'iniziativa e confido che i giudici siano pi superficiali di voi. In ogni caso mi pare una questione che riguardi soprattutto il Paggi e a lui bisognerebbe chiedere perch tenesse presso di s, e nascoste in cantina, cartucce inservibili. Sapete che il Paggi chiamato il Carbonaro? Forse gioca ancora alla carboneria, anche se non sono pi i tempi.'' Sborni indica il verbale di perquisizione che ancora sulla scrivania del questore. ''A leggere il verbale parrebbe che la casa del Paggi, pi che una casa, fosse un arsenale: munizioni in cantina, sporte con pallottole dietro il letto matrimoniale, calderine di polvere ovunque... E pensare che alla sua abitazione si era soliti eseguire sopralluoghi.'' Il questore sorride. ''E' vero, ma Paggi Giuseppe, mi risulta, non mai stato molto previdente. Sono per convinto che se il verbale l'aveste preparato voi, ispettore Sborni, non sarebbe pieno di errori e ingenuit.'' ''Ma non avete ordinato a me la perquisizione. D'altronde io non faccio parte della Squadra Speciale. Almeno ufficialmente.'' ''Ho fatto male e ne terr conto in seguito.'' Sborni saluta il superiore e si avvia alla porta. Pinna lo ferma: ''Sentite". Aspetta che l'ispettore torni verso la scrivania e poi dice: ''Da questo momento siete il capo della Squadra Speciale, ispettore Sborni. Ho molto bisogno di voi''. L'ispettore Sborni non si attendeva la decisione. Non ora e non in questo modo, almeno. E' sorpreso; ma pure abituato a non indicare con il viso ci che pensa la mente. ''La cosa non piacer all'ispettore Baccarini. Vi ringrazio della fiducia, signor questore.'' ''Non preoccupatevi per Baccarini: sar io stesso ad informarlo e per lui trover un'altra sistemazione.''

E' questa l'altra sistemazione?


L'ispettore Baccarini Luca a casa sua, in letto. ferito a un piede, ma non grave. Anche la sua signora malata dal giorno dell'attentato ed a letto, in un'altra camera. Non pare che il suo stato migliori. Dei due, la pi grave proprio lei, la signora Baccarini. L'ispettore pallido, ha perduto molto sangue, e parla con voce bassa; costretto a lunghe pause per riprendere fiato e respira a fatica, con la bocca socchiusa. Nella camera di via Nosadella c' penombra e silenzio. Solo di tanto in tanto arriva, ovattato dalla distanza, il rumore di carrozze sul selciato della strada. L'ispettore Baccarini usa, nel colloquio con l'ispettore Sborni, il tono ufficiale dei rapporti di polizia, forse perch ritiene il colloquio stesso come un rapporto da trascrivere poi agli atti. Nelle sue parole non
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c' malanimo verso chi gli subentrato a capo della Squadra Speciale. D'altra parte lui, ora, non sarebbe in grado di comandare neppure la serva di casa. ''Il ventitr del mese di marzo, alle ore cinque del pomeriggio, io mi stava attendendo, davanti al caff della Posta, il mio applicato Campioni per andare assieme fuori di porta San Felice, quando vidi venire a quella volta il signor questore Pinna accompagnato dall'ispettore capo Cossa e dal delegato Casati. Ne stupii perch era la prima volta che vedeva il questore a passeggio per la citt.'' Riprende fiato e ne approfitta l'ispettore Sborni per dire: ''E' vero, il questore non ama andare per la citt in compagnia e che quando esce, nessuno ne informato". L'ispettore Baccarini annuisce e tace ancora per un poco. Poi, riposato, riprende: ''Il signor questore mi invit ad unirmi a loro per fare un giro nella sezione di ponente. Prendemmo difatti via Nosadella, passando a Saragozza, a San Paolo, a San Mamolo e finalmente, attraversando la piazza Nettuno, ci recammo presso il Canton dei Fiori. Qui ci lasci l'ispettore capo Cossa e noi altri tre seguitammo a passeggiare verso San Pietro. Io domandai al questore perch non prendeva il portico della Gabella Vecchia per andare a pranzo, come soleva, all'albergo d'Italia ed egli mi rispose che ci andava per il vicolo Pietrafitta. Imboccammo quel vicolo ed il questore, che era fra me e Casati, mi gir dietro le spalle spingendomi al posto di mezzo che, fino ad allora, aveva occupato lui, perch disse convenirsi alla mia anzianit''. Fa ancora una pausa, prende un bicchiere dal comodino, beve un sorso e si rilassa sui due cuscini, chiudendo gli occhi. Sborni parla sottovoce per non turbare la calma della stanza e i suoi interventi sono provocatori: ''Cos se, anzich voi, al centro ci fosse stato il signor questore, oggi il ferito sarebbe lui, O anche il morto, chiss". Ma l'ispettore Baccarini non accetta. Per paura o per convinzione. Si limita a non afferrare il senso che sta dietro le frasi di Sborni. ''La fatalit? Il destino? O che altro?" Pu anche essere che, pi semplicemente, non si fidi del giovane collega. Riposa a occhi chiusi e poi riprende il racconto: ''Passato appena il vicolo Ghirlanda, s'ud dietro di noi un forte scoppio d'arma da fuoco per cui io esclamai: 'Per Iddio! Ci hanno tirato una trombonata. Avvi nessuno di noi ferito?'. In cos dire sentii mancarmi la gamba destra, gettai l'occhio a terra e vedendo di perdere sangue, ripresi: 'Sono ferito io'. Chiamai aiuto, ma non v'era persona e cos mi ridussi a stento sui primi gradini di palazzo Rubbiani, posto di fronte al vicolo Ghirlanda, e mi sentii mancare per la molta perdita di sangue.'' Sul viso gli appare una smorfia, pi per il ricordo di quel momento che per dolore vero e presente. ''Volete che sospendiamo, signor ispettore?'' Baccarini nega con un gesto del capo e dice: ''Dovete solamente permettermi di interrompere di tanto in tanto per riprendere fiato. Sono ancora molto debole.''
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''Fate pure come pi vi aggrada. Voi dite che non v'era persona attorno. E il signor questore? E il delegato Casati?'' ''Subito dopo lo scoppio non li vidi pi. Seppi poi che il questore dottor Pinna era entrato nel palazzo Rubbiani alla ricerca dell'attentatore, ma io ho l'impressione che la bomba partisse dal vicolo Ghirlanda e infatti il questore non trov alcuno all'interno di palazzo Rubbiani. Ah, ispettore Sborni, se fosse subito corso nel vicolo Ghirlanda! Sono certo che l'attentatore si era tenuto nascosto in quel vicolo dove eravi un argine di terra scavata per lavoro a una fognatura. Mi si dice che alcune impronte si sono poi rinvenute sulla terra smossa...'' ''E come mai il questore Pinna, notoriamente buon osservatore, ritenne che il colpo partisse invece da palazzo Rubbiani?" L'ispettore Baccarini si stringe nelle spalle e riprende fiato. ''Poco dopo venne a soccorrermi per primo un tale Lorenzo Piani di Faenza, maestro di scherma nella nostra citt, cui tennero dietro due ufficiali medici i quali mi denudarono la gamba dallo stivale e dalla calzetta e fasciatala strettamente con due fazzoletti che io avevo in tasca, per impedire l'emorragia, mi accompagnarono in carrozza alla mia abitazione dove stavano ad attendermi il mio applicato Campioni coll'appuntato Formica i quali mi presero a sedere sulle loro braccia congiunte trasportandomi in casa. Mi venne incontro mia moglie e, dietro di lei, le nostre figlie. A tal vista mandarono tutte un disperato grido e io mi studiai di rassicurarle, che avevo inciampato in uno sterpo in campagna ed avevo riportato una lieve ferita. Stavano sospese per crederlo quando mia moglie vide il fiaccherista che teneva in mano lo stivale lacerato e la calzetta intrisa di sangue. A tale spettacolo, quasi intendesse la mia vera disgrazia, esclam: 'Ahi!, me l'hanno assassinato!' e cadde svenuta. Che terribile momento. Quella povera donna rimasta pi malconcia di me. Dopo pochi minuti venne la notizia dalla questura che la mia ferita era stata cagionata da un pezzo di bomba alla Orsini che una vigliacca e scellerata mano aveva lanciato dietro di noi, dal vicolo Ghirlanda, proprio da dietro l'argine di terra, come io avevo sospettato fin dal primo istante.'' Ha parlato a lungo, pi di quanto glielo consenta la debolezza; ora costretto a restare sdraiato, stanco, e a respirare con le labbra socchiuse. L'ispettore Sborni ha altre cose da chiedere: chiarimenti che gli paiono indispensabili, ma aspetta che il respiro del ferito torni regolare. ''Dovete perdonare le mie domande, ispettore Baccarini, ma io non ho familiarit con le abitudini del questore Pinna. Solamente di tanto in tanto, come sapete, ero chiamato, prima del vostro incidente, a collaborare con lui. Ditemi, accompagnavate spesso il signor questore?'' ''No, quella fu la sola volta. La prima e l'ultima." ''E il questore era solito andare all'albergo d'Italia per quella strada?" ''No. Io sono certo che vi andasse anzi per il portico della Gabella Vecchia e non per la strada che facemmo quel ventitr di marzo sciagurato." Ora viene la domanda pi delicata e Sborni non sa come l'ispettore Baccarini reagir.
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''Pensate che il signor questore sospettasse qualcosa dal momento che vi mise nel mezzo, al posto che a lui competeva per superiorit di grado?" L'ispettore Baccarini riapre gli occhi e si guarda attorno per un attimo. Non risponde. Poi decide e pi diplomatico, nella risposta, non potrebbe essere: ''Una bomba non rispetta il grado, mio giovane collega. Di fianco, in mezzo... Che differenza fa?''. ''Vi dir, ispettore, che non certo che si sia trattato di una bomba. Se si fosse invece trattato di una trombonata? Lo sparatore avrebbe potuto scegliere il bersaglio.'' L'ispettore Baccarini evita di rispondere. Sborni gli chiede ancora: ''E' mai venuto a trovarvi il questore Pinna, dopo l'attentato?". ''Venne per tre giorni consecutivi, poi io gli chiesi di non passare pi.'' ''Perch?'' L'ispettore Baccarini ha inteso benissimo la domanda, ma la ignora. Sborni non insiste e passa oltre: ''Voi sapete che il questore Pinna ha appena ricevuto l'ordine di lasciare la citt e di trasferirsi a Napoli?". Il ferito nega con un gesto lento del capo. ''Credete di conoscere il motivo ditale trasferimento?" Altra negazione silenziosa e poi: ''Immagino, per evitargli ancora incidenti. Infatti erano appena due mesi che stava a Bologna, quando mi fu confidato che i malfattori attentavano alla sua vita. Io, per non disturbano, avvisai il comandante delle guardie perch lo facesse proteggere. Voi sarete di certo al corrente che pochi giorni prima dell'ultimo attentato, un tale di nome Chioccoli, impiegato nelle saline di Comacchio, fu ferito con pugnale alla schiena e mi si dice che costui assomigli moltissimo al questore''. Sborni lascia la casa di Baccarini: le risposte non lo han no convinto. N lo ha convinto la giustificazione che Baccarini gli ha dato per il trasferimento di Pinna a Napoli, per ch il questore non tipo da aver paura n da scappare da vanti a chiunque. Ma non ha insistito perch avrebbe allora dovuto chiedere che fine avessero fatto le guardie che avevano l'incarico di proteggere il questore e dove si trovassero al momento che qualcuno tir una bomba alla Orsini, o una trombonata, alle spalle di Pinna, di Baccarini e del delegato Casati. Di certo un fatto: Baccarini non andava molto d'accordo con il questore Pinna e non ne ha mai fatto mistero e pi volte ha dovuto ingoiare.

Scheda dell'ispettore Baccarini Luca


Anni cinquantacinque, nato a Russi di Ravenna e domiciliato a Bologna in via Nosadella, proprio sopra al banco Padovani. Sposato, tre figlie, Ispettore di Sicurezza Pubblica e capo della Squadra Speciale istituita dal questore Pinna Felice. Responsabile della Sezione di Ponente fin dall'inizio dell'attuale regio governo. Alle dipendenze, prima, del questore Buisson cavalier avvocato Paolo,
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con il quale andava perfettamente d'accordo, e poi, come detto, del questore Pinna Felice. Conosce bene gli ambienti malfamati della citt, la marmaglia, e pi volte ha avuto a che fare direttamente con i delinquenti dai quali riceveva anche confidenze e informazioni riservate. Si giovato spesso di capipopolo quali Trenti, Zucchi, Rinaldi e altri, per tenere buona la bassa plebe, ma dall'avvento di Pinna...

Scheda di Bertocchi Gaetano


Anni trentuno, celibe, canapaio. Sa scrivere. considerato il capo della Balla di Mirasole. Di statura comune, piuttosto esile: ha capelli neri e corti, la fronte stretta, il naso schiacciato alla radice e largo alle nari, gli occhi piccoli e infossati, folti baffi neri, mento raso e alquanto prominente. Veste abiti chiari e tiene un contegno rispettoso. Fedina penale: Arrestato per complicit in furto di gioie, ma la procedura fu sospesa e dimesso dal carcere. In seguito fu accusato di complicit in grassazione a mano armata e di complicit in due furti qualificati. E' ritenuto colui che ha lanciato la bomba contro il questore di Bologna, Felice Pinna. Bomba che fer l'ispettore Baccarini Luca. E' in carcere per questa accusa.

Domande e risposte
''Perch sei dentro?" ''Se non lo sapete voi, ispettore Sborni.'' ''I'vla tu lo sai?" ''No, fino a ieri. Me l'hanno appena detto.'' ''E cosa ne pensi dell'accusa che ti mossa?" ''Che siete matti: non avrei mai avuto il coraggio di lanciare una bomba. E poi il questore Pinna non mi aveva fatto del male. Perch avrei dovuto tentare di ammazzarlo? Siete matti.'' ''Sai scrivere?'' ''So scrivere.'' ''Sul luogo dell'attentato si rinvenuto un cartello che riportava:''Infame questore, ringrazia il cielo che hai avuto la fortuna, ma non ancora finita, ce ne sar ancora per Magenta e per il procuratore del re. E' ora di finirla di calpestare la popolazione"." ''Sono d'accordo: ora di finirla di calpestare la popolazione. Io sono in carcere, eppure sono innocente.'' ''Si dice che tu abbia scritto quel cartello; si dice che la grafia sia la tua.'' ''Non sar il solo a saper scrivere in citt, mi auguro.'' ''C' la relazione di perizia e si trovata molta rassomiglianza fra la tua calligrafia e quella del biglietto affisso sui muri." ''Possono dire ci che vogliono: io ho scritto niente.''
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''Che ne sai, allora, di un altro cartello trovato dopo l'assassinio dell'ispettore Grasselli e dell'ispettore Fumagalli? Anche allora, come per Pinna, si trov uno scritto sul luogo dell'attentato.'' ''Dico che al momento dell'attentato al povero Grasselli e al povero Fumagalli, io ero dentro, in galera, e non posso averlo scritto io il cartello.'' ''Ma quel cartello fu affisso la mattina stessa in cui sei uscito dal carcere." ''Dovrei essere proprio stupido per fare una cosa simile il giorno che mi fanno uscire dalla galera. Dico soltanto che una disgrazia per me aver imparato a scrivere. Oppure c' qualcuno che manovra bene le situazioni." ''Sei accusato anche del furto a danno della marchesa Pizzardi." ''Se vedo anche questa, dico che siamo alla fine del mondo!" ''In casa tua hanno trovato dei gioielli della marchesa." ''Non glieli ho portati io, ma quel maiale di Borgognoni che ha imparato a fare il questurino sotto il papa. Volete sapere dove stavo quando hanno tirato la bomba al questore? Stavo a fare l'amore con la Cesarina. Perch non andate a chiederglielo?"

Un'altra verit
La notizia giunta improvvisa e quando si saputo che il questore Pinna Felice era destinato a Napoli, c' stato chi ha sorriso e ha fatto festa grande: una festa che durata, alla Palazzina, un giorno e una notte. ma c' stato anche chi ha pianto: i benpensanti, quelli ch'erano ormai certi che un tipo duro come Pinna, a Bologna; non avrebbe fatto che del bene e i primi risultati gi si erano veduti con l'arresto di certi delinquenti abituali. Molti non hanno capito la mossa perch la politica non prevedibile; ma tutti, chi ha fatto festa e chi ha pianto, chi crede di aver capito e chi non ha capito, sono convinti che sotto c' un disegno ben chiaro e se il questore Pinna Felice se n' andato a Napoli senza aprire bocca, un motivo ci deve pur essere. Pinna non tipo da farsi fottere cos, alla luce del sole. Ha gi mandato il bagaglio alla stazione ferroviaria e ora raccoglie gli ultimi appunti lasciati sulla scrivania dell'ufficio di questore. L'ispettore Sborni lo osserva e lo attende, seduto in poltrona, perch desidera accompagnarlo a prendere il treno e vuol essere l'ultimo a parlare con Pinna prima che lasci la citt. ''Io me ne sto andando e l'ispettore Baccarini in un letto, ferito: una buona occasione per voi, ispettore Sborni, per dimostrare ci che valete.'' ''Presto arriver un nuovo questore." ''Ci vorr tempo e voi avrete la possibilit di mettervi in mostra: ho idea che abbiate buone carte, se non avete barato. Giocatele, ma fate attenzione.'' Si guarda attorno: ''Direi che possiamo andare". Vanno verso la stazione ferroviaria, in silenzio, e Pinna osserva i portici, le stradine laterali, i vecchi fabbricati nobiliari della via di Galliera, quasi a volersi fissare in mente i particolari delle inferriate in ferro battuto o dei pesanti portoni in legno scolpito o delle arenarie che decorano le facciate.
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''Una bella citt e io non mi ci trovavo male. Un poco mi dispiace lasciarla tanto presto e senza aver concluso il piano che avevo in mente.'' ''Perch, allora, il trasferimento?'' Il questore si ferma per accendere un sigaro e quando riprende il cammino, dice: ''Penso che qualcuno, cos facendo, abbia voluto tutelare la mia vita: l'attentato commesso contro di me e nel quale rimase poi ferito l'ispettore Baccarini, deve aver convinto qualcuno, a Torino.., o a Bologna... del pericolo che correvo restando ancora". ''Io so che voi mentite.'' Pinna allarga le braccia e incassa la testa fra le spalle. Non ha da aggiungere. O non vuole. E' Sborni che continua: ''Signor questore, voi ve ne andate, ma io devo restare. Ho necessit di conoscere come stanno esattamente le cose per tutelare la mia vita e la legge". Pinna mette una mano sulla spalla di Sborni e dice: "Non mi ero sbagliato: siete in gamba e ambizioso quanto basta. Che volete sapere?''. ''Per esempio dell'attentato. Si dice che voi non uscivate mai a passeggiare.'' ''Si sono dette troppe cose sul mio conto e, il pi delle volte, bugie. Dunque, posso dirvi che quel giorno, verso le cinque del pomeriggio, uscii dall'ufficio di questura accompagnato dall'ispettore capo Cossa e dal delegato Casati. Passeggiammo un poco e nella selciata di San Francesco trovammo il signor ispettore Baccarini in compagnia del quale passammo per via Nosadella e giungemmo sulla piazza di San Petronio e quando fummo nella via Canton dei Fiori, Cossa si separ da noi e noi continuammo la strada verso San Pietro e volgemmo nella via Pietrafitta per portarci all'albergo d'Italia dove ero solito pranzare. Appena passata la porta di casa Rubbiani, udimmo uno scoppio che io supposi una trombonata diretta a me, ma poi mi accorsi che era stata una bomba alla Orsini. Questa bomba poteva essere stata lanciata da qualche finestra o, come credetti sull'istante, dall'entrata di casa Rubbiani. Mi voltai per vedere se ne lanciavano un'altra, ma non vidi alcuno ed entrai nella casa Rubbiani con la speranza di trovare l'attentatore.'' ''Si parla di un mucchio di terra scavata..." ''So, so, ma non sono d'accordo. Da quel punto l'attentatore non avrebbe potuto fuggire, mentre da palazzo Rubbiani, dove esistono molte uscite che mettono in tanti cortili d'altri palazzi, la fuga era possibile. Per ci son certo che la bomba fu lanciata da quella parte." ''Per essere un sardo, conoscete abbastanza bene i segreti dei vecchi palazzi bolognesi." ''E' il mio mestiere.'' ''Andavate spesso a cena all'albergo d'Italia?" ''Sempre, lo sapete." ''Alle cinque del pomeriggio?'' ''Sapete anche questo." ''Come mai quella sera erano gi le sei e ancora eravate in strada?"
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''Secondo voi, cosa dovrei rispondere, ispettore Sborni? Sono chiacchiere. Come quelle che parlano della strada che io di solito facevo per andare a cena e che quella sera, pare, modificai. Io so e ho in mano i fatti e i fatti sono questi: le Balle di Bologna sono covi di delinquenti e posso dimostrano come e quando voglio." ''Allora perch il trasferimento a Napoli?'' Ancora una volta Pinna non risponde alla domanda pi importante. Aspira una boccata e mette fuori il fumo lentamente. Il suo viso stanco e per atteggiato a un sorriso di soddisfazione. Sborni insiste perch l'accondiscendenza e l'espressione di Pinna significano che ora gli permesso. ''Come mai l'ispettore Baccarini vi chiese di non tornare pi a trovarlo mentre era in letto ferito?" ''Chiedetelo a lui. Andai tre volte e l'ultima mi disse: 'Non voglio pi che veniate a trovarmi'. L'ho accontentato.'' Pinna si guarda ancora attorno. Davanti ha il cassero delle mura vecchie, sulla destra la collina verde della Montagnola. Indica e dice: ''Credo che torner a Bologna: una bella citt dove ho lasciato ricordi deliziosi. Credo che torner''. Non ha pi intenzione di parlare e ormai sono arrivati alla stazione ferroviaria. C' poca gente: i soliti facchini, qualche ragazzo venuto a veder partire il vapore, viaggiatori che rincorrono il bagaglio... Prima di salire sul predellino, Pinna dice: ''Ispettore, siete stato un ottimo collaboratore e vi avrei chiesto di seguirmi a Napoli se non sapessi che qui, a Bologna, le cose per voi si metteranno per il meglio". ''Signor questore, so per certo che alcuni autorevoli cittadini stanno raccogliendo firme per attestarvi la gratitudine della parte sana della citt e per spingere le autorit a farvi ritornare.'' ''Ne sono lieto, ma sarebbe meglio per voi, ispettore Sborni, e per certe altre persone, che io non tornassi a Bologna.'' Stringe la mano all'ispettore. ''In ogni modo, vedremo. Vedremo.'' Sale sul treno che, poco dopo, si muove, lento e sbuffante, per il Sud. Sul ponte di Galliera alcuni ragazzi aspettano, appoggiati al parapetto, per lanciare sulle carrozze scoperte manciate di polvere e sputi. Sborni torna, lentamente, quasi passeggiando, verso Palazzo ed pensieroso. Non ha capito ancora la mentalit del sardo che se n' appena andato da Bologna.

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FINE

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