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Uno dei dettagli più problematici nella progettazione e nella esecuzione dell’isolamento con
cappotto termico riguarda la coibentazione dei balconi e degli sporti.
PREMESSA
Nel Consiglio Non Richiesto n. 4 abbiamo esaminato il nodo tecnico-progettuale legato alla
coibentazione delle spallette delle finestre. Un altro nodo problematico riguarda la
coibentazione dei balconi e degli sporti. E’ meglio farla o la possiamo evitare? E’ sufficiente
farla in modo parziale o è necessario realizzarla in forma completa? Le domande sono tante
perché questo dettaglio si presenta problematico sotto svariati punti di vista: in termini
progettuali, perché richiede verifiche approfondite e una scelta consapevole; in termini
realizzativi, perché non è facile intervenire sui balconi esistenti; in ottica di cantiere, perché
richiede spesso l’uso di impalcature e, infine, in termini economici, perché un intervento ben
fatto… costa.
UN PERCORSO PROGETTUALE
Per cercare di rispondere in maniera corretta ed esaustiva alla domanda che ci siamo posti
“come e perché coibentare i balconi” vi propongo di compiere con me un percorso a tappe, per
giungere ad una comprensione tecnica e critica del nodo da risolvere, una comprensione che
ci possa poi essere di aiuto nel momento delle scelte progettuali e tecniche che dovremo,
giocoforza, prendere.
Personalmente ritengo che il rischio della formazione della muffa e della condensa sia il
problema da affrontare e da risolvere per primo sia perché è il più pericoloso in termini di
salubrità degli abitanti oltre che di sicurezza statica, sia perché se fatto correttamente può
risolvere anche il problema della diminuzione del comfort abitativo.
E’ solo il caso di ricordare che il DM 25/06/2015 richiede l’assenza del rischio di formazione
di muffa!
Questi due problemi si risolvono verificando che il ponte termico non determini temperature
superficiali interne inferiori ai 16.7-17°C, in specie negli spigoli interni del nodo. Pertanto sarà
nostra cura indagare che questa eventualità sia scongiurata da una corretta scelta progettuale.
Non ho sicuramente intenzione di trascurare il tema dello spreco energetico, anche perché in
questo periodo stiamo toccando con mano quanto sia pesante il costo dell’energia sia in
termini ambientali oltre che sociali e, purtroppo, ora anche politici.
Il tema dell’energia viene infatti affrontato fin dalla prima fase operativa progettuale perché,
come sappiamo bene, i nostri clienti pretendono che il costo dell’intervento di formazione del
cappotto termico sia detraibile secondo quanto previsto dal DL 34/2020 il Decreto Rilancio
detto comunemente SuperEcobonus 110%, e sappiamo che per farlo dobbiamo assecondare
valori di trasmittanza limite.
E ALLORA SI PARTE
Il nostro viaggio comincia appunto con il cliente che ci chiede un intervento di riqualificazione
energetica sul suo edificio e di accedere alle detrazioni previste dal superbonus 110%, per cui
una volta optato per il cappotto termico quale intervento trainante, progettiamo il tipo di
materiale e il suo spessore in modo da ottenere la trasmittanza conforme al DM Requisiti
Ecobonus oltre che al DM Requisiti Minimi del 25/06/2015.
Poniamo che l’edificio sia posto a Bologna (zona termica E) dove la temperatura media del
mese più freddo sia pari a 1.3 °C come indicato dalla normativa.
Supponiamo anche che le pareti sono state realizzate con la classica muratura a cassetta anni
‘80 che consiste in: intonaco cementizio esterno, blocchetto in laterizio cm 13, isolante in fibra
di vetro da 6 cm, laterizio forato da 8 cm con intonaco interno. Il solaio interno è tipicamente
in latero-cemento da 20+4 cm intonacato che porta un sottofondo alleggerito di 10 cm, una
caldana armata di 4 cm e infine un pavimento in gres. Il balcone ha la stessa composizione del
solaio ma con lo strato alleggerito di soli 5 cm per la formazione del gradino. In
corrispondenza del nodo parete-solaio-balcone, ci troviamo come nello schema 1_sdf cioè lo
stato di fatto, che quindi rappresenta il nostro punto di partenza per la progettazione.
La trasmittanza della parete è pari a 0.463 W/m2K e dall’esame del nodo agli elementi finiti
notiamo subito che lo spigolo interno superiore è sottoposto, mediamente e nel mese più
freddo, ad una temperatura superficiale di 16.1°C mentre quello inferiore, quello più
problematico, è addirittura a 13.0°C. Pertanto questo nodo è a rischio muffa e condensa oltre
che causa di discomfort abitativo perché entrambe le temperature superficiali sono inferiori a
17°C. Dalla scheda 1_ possiamo notare che il ponte termico determina una notevole
perturbazione nell’andamento delle isoterme (causato dalla perturbazione del flusso termico)
che modifica sostanzialmente il valore della trasmittanza media stazionaria che le pareti
hanno lontano dal nodo, e determina un valore medio della trasmittanza (detto Ufactor) pari a
0.6789 W/m2K, cioè notevolmente superiore. Il nodo, nelle condizioni di termiche di progetto
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e nello sviluppo geometrico indicato in figura, viene così attraversato da un flusso termico
pari a 30.34 W.
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LA SECONDA TAPPA: PROVIAMO UN CAPPOTTO PIU’ PERFORMANTE
Il primo dubbio da chiarire è: se invece di un cappotto con spessore “il minimo
indispensabile” installiamo un cappotto più performante (cioè avente uno spessore maggiore)
possiamo correggere il problema del ponte termico nel nodo?
Proviamo allora ad aumentare lo spessore del cappotto portandolo a 10 cm, cosa che
determina una U=0.196 W/m2K.
Osservando i risultati della verifica EF notiamo subito che abbiamo ulteriormente migliorato
(come ovvio) la trasmittanza media Ufactor ora scesa a 0.4051 W/m2K e quindi diminuito la
perdita energetica (il flusso uscente è ora di 18.10 W) ma non abbiamo risolto il nodo in
quanto la temperatura superficiale dello spigolo è ancora molto bassa (e pari a 15°C). E’
evidente che non è questa la strada (né in termini tecnici né economici) per risolvere il ponte
termico del nodo.
Nota: è interessante notare come il valore della trasmittanza lineare ψ non sia
sostanzialmente cambiato nei tre casi appena esaminati nonostante un marcato
miglioramento termico del nodo. Ciò serve a comprendere che tale valore non è da prendersi
in termini assoluti ma relativamente al valore della trasmittanza della parete Up.
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LA TERZA TAPPA: COMINICIAMO AL ISOLARE IL BALCONE
Torniamo pertanto al nostro cappotto con 8 cm di spessore e proviamo a risolvere il nodo
isolando il balcone. Dato che il problema lo abbiamo rilevato nello spigolo inferiore proviamo
a isolare il plafone del balcone. E questo ci è anche molto utile in termini operativi: in cantiere
non è poi così difficile isolare il plafone di un balcone…
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LA QUARTA TAPPA: AUMENTO SPESSORE DEL CAPPOTTO E ISOLAMENTO DEL PLAFONE
La soluzione prospettata prevede di aumentare nuovamente lo spessore del cappotto fino a
10 cm oltre che isolare il plafone col pannello di 5 cm. E’ una soluzione abbastanza semplice
da adottare in cantiere soprattutto perché non richiede demolizioni.
Ma dalla verifica EF notiamo subito che il miglioramento della temperatura superficiale dello
spigolo critico non è aumentata in maniera tale da ritenere risolto il ponte termico. La
temperatura è ancora ferma a 15.6°C, manca ancora un grado alla soluzione.
Il nostro viaggio ora si interrompe. E’ necessario fermarsi a pensare come risolvere il nodo.
Arrivederci nella seconda parte.