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Wa0012.
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Nella tormentata, entusiasmante, dinamica e ricca stagione postconciliare la vita religiosa si è trovata
pienamente coinvolta nel vortice del rinnovamento che ha investito l’intero popolo di Dio. Forse più
che non altre realtà della Chiesa i religiosi hanno sofferto il travaglio di un passaggio esigente che lo
Spirito a tutti ha chiesto. Dall’euforia al disorientamento, dalla contestazione all’adattamento, dal
rinnovamento strutturale alla conversione personale, le fasi del cambiamento sono state molteplici e
articolate in un susseguirsi incalzante di stimoli, appelli, nuove esperienze.
Veniva delineato anche l’orizzonte nel quale la vita consacrata si muoveva in quegli anni: la riscoperta
delle proprie radici evangeliche, un nuovo senso ecclesiale accompagnato da un maggiore
inserimento nella Chiesa locale, l’attenzione alla persona e ad un’autentica vita comunitaria, la
valorizzazione del carisma specifico, la sensibilità ai nuovi bisogni della società e in particolare dei
poveri, l’apertura missionaria.
Ritrovare la propria identità, riscoprirsi depositari di un carisma, sentirsi animati e guidati dallo
Spirito, è stato uno dei frutti più belli del Concilio.
Oggi come mai, in una Chiesa comunione, partecipazione e missione (è il tema del Sinodo) i religiosi
debbano scoprirsi sempre più come membra di un unico corpo e vivere di conseguenza. Non si può
vivere il proprio dono prescindendo da quello dell’altro. Da qui l’obiettivo di andare al di là del
cerchio delle persone consacrate, in vista di promuovere la più ampia comunione con tutte le altre
vocazioni nella Chiesa per porsi con tutti a concreto servizio del mondo intero.
È un obiettivo che tiene lontano il rischio del ripiegamento su se stessi, del narcisismo, che porta a
fermarsi a godere delle proprie conquiste spirituali, mette piuttosto in dinamismo la vita religiosa, la
porta ad essere se stessa: esigenza di santità, segno profetico delle realtà future, servizio alla Chiesa
e al mondo intero.
Una delle questioni più urgenti da affrontare nella vita consacrata è quella relativa al servizio di
leadership. In questo ambito, come seguaci di Cristo, abbiamo bisogno di scelte innovative. La
chiamata evangelizzante e missionaria di uscire insieme opportunamente preparati chiede un buon
servizio di animazione a tutti i livelli.
Il passaggio dall’autorità classica all’autorità come animazione presuppone un cambiamento nella
cornice teologica di sostegno, un modello trinitario di reciprocità nella comunione.
CAMBIAMENTO
OTTOBRE
Premessa
È mio intento condividere con voi alcune riflessioni. L’approccio non è sociologico, né antropologico,
né psicologico, né teologico. È un approccio artigianale pastorale che non manca di riferirsi alle
scienze gestionali e organizzative.
Affondo, pertanto, la mano nell’esperienza, nel vissuto, con quello spessore inedito che la vita
restituisce. È bello che ci ritroviamo assieme in questo momento formativo trasversale (presbiteri,
laici, consacrati/e, famiglie). È un’inedita via di formazione sulla quale avviare processi, perché se
invece si continua ad occupare solo spazi nostri di preti è un boomerang assicurato.
Questo vuol dire avere il coraggio di compiere un primo passo, di porre un primo esercizio in agenda:
vincere la paralisi. Occorre imparare a cambiare, servono esercizi e momenti di formazione comune
(scuole di discernimento?). Occorre imparare a fare di nuovo nostra l’attitudine cristiana della veglia:
la capacità di concentrare lo sguardo sul nuovo che avanza, sui tratti del Regno che questo “nuovo”
porta con sé, sulle opportunità che questo nuovo crea per la nostra ineliminabile missione di annuncio
della salvezza, di testimonianza e partecipazione al processo di santificazione e di trasfigurazione
della storia voluto da Dio in Gesù Cristo, reale e operante nel suo Spirito.
Occorre poi un secondo passo, per imparare a cambiare come Chiesa; mai da soli. Occorre richiamarci
continuamente la regola che dentro il cristianesimo non si è e non si agisce mai da soli. In questa
prospettiva occorrerà lottare per controbilanciare la tendenza inerziale di ogni struttura istituzionale,
a perpetuarsi per quello che è; dovremo operare per affermare il primato della missione sul semplice
mantenimento delle strutture.
Si inserisce dentro questo scenario la valorizzazione del discernimento inteso non semplicemente
come strumento giuridico-amministrativo quanto piuttosto come strumento teologico, come tratto
cristiano di vita in questi cambiamenti d’epoca. Non a caso papa Francesco associa al discernimento
un altro strumento, quello della sinodalità.
È questa sinodalità che deve nutrire e strutturare il discernimento inteso come stile che i cristiani
assumono in questo cambiamento d’epoca. Si tratta di una forma che il popolo di Dio è chiamato a
fare suo per tornare ad aggregarsi, contrastando le spinte dispersive e gli impeti di frammentazione
che la situazione descritta nel paragrafo precedente genera come tossina in ogni comunità cristiana.
Occorre operare perché si torni a essere un soggetto coeso, che tutto insieme vive quei processi di
ascolto, interpretazione, immaginazione, che soli possono reggere l’operazione di reincarnazione, di
riscrittura del cristianesimo dentro la storia.
La sinodalità e il discernimento così intesi non sono perciò dei semplici processi cognitivi e
decisionali, ma vere e proprie forme di Chiesa, ovvero luoghi in cui vivere quel radicamento nel reale
senza il quale il cambiamento in atto ci spinge verso l’isolamento e l’artificialità.
3. Vivere è cambiare
«Qui sulla terra vivere è cambiare, e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni». Viviamo in
un mondo che cambia velocemente: chi rimane indietro spesso è perduto. Il cambiamento non è
importante solo per stare al passo coi tempi che corrono, ma è anche fondamentale per la nostra vita.
Ogni cambiamento è accompagnato da segni di fronte ai quali siamo chiamati ad esercitare una
creativa capacità di interpretazione, senza ricorrere alle solite e collaudate soluzioni.
Il cambiamento d'epoca infatti richiede un cambiamento di mentalità ecclesiale: altrimenti rischiamo
di parlare ad un'epoca diversa dalla nostra e quindi a persone ormai morte non vive. (La Chiesa non
è un museo!). Il cambiamento infatti costituisce l’indole non solo delle persone, della storia, e delle
relazioni, ma anche il modo di recepire il Vangelo e di tradurlo in gesti e sentimenti.
La vita è piena di opportunità. È un'avventura emozionante ma è anche una lotta. La vita può essere
anche un'eterna primavera, se ci guardiamo intorno con nuovi occhi e nuove visioni. Nessuno trova
la vita degna di essere vissuta se non per qualcosa per cui vale la pena viverla. La vita dovrebbe avere
sogni e obiettivi.
Dobbiamo sognare e credere in noi stessi. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è di dedicare il nostro
tempo e la nostra energia per raggiungere il nostro sogno. Nessuno può seguire il nostro sogno. Molti
di noi non desiderano lavorare sui nostri sogni per paura di fallire. Dobbiamo invece investire la
nostra mente per realizzare il nostro sogno, il sogno di fare qualcosa di nuovo e creativo, ogni giorno,
per rendere la vita più interessante e significativa. Ogni giorno dobbiamo porci la domanda: Che cosa
dà senso alla mia vita? Nuova vita e nuova speranza? Se non l'abbiamo scoperto, allora non riusciamo
a vivere pienamente. Una ardente passione per il senso della nostra vita è il carburante più potente
per i nostri sogni.
Il cambiamento fa parte della vita della natura. Tutto sulla terra cambia in meglio o in peggio. Tutto
deve subire un cambiamento nella giusta direzione. Il cambiamento porta novità. Dobbiamo osare
cambiare, anche quando il cambiamento è difficile e rischioso. Dobbiamo cambiare il nostro modo
di lavorare.
È giunto il momento di pensare al cambiamento nel nostro campo di lavoro per evitare quelle routine
che si protraggono da secoli. Per avere successo in qualsiasi cosa la fiducia conta molto.
L'aggiornamento delle nostre conoscenze apre la possibilità di offrire tante nuove informazioni e
maggiori opportunità a nuovi modi di pensare. Per questo sono richiesti creatività, compassione e
competenza.
Per portare qualcosa di nuovo in qualsiasi campo dobbiamo costruire un nuovo team che crede nel
cambiamento, in un cambiamento rivolto a qualcosa di nuovo e in meglio. Quando abbiamo coltivato
un profondo senso di fiducia nelle nostre capacità, nulla può impedirci di andare avanti facendo
sempre qualcosa di nuovo.
Tutti possiamo essere persone entusiaste, energiche e coraggiose che osano fare passi coraggiosi per
fare la differenza nella nostra vita e nella vita delle persone con cui lavoriamo dando loro speranza.
Siamo chiamati ad essere audaci e ad avere una visione chiara.
Vorrei rilanciare la descrizione interessante che la Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie
in un mondo che cambia al n. 9 ha fatto della formazione. Il paragrafo porta come titolo: Per la
maturità della fede: la cura degli adulti e della famiglia. Nel tentativo di «rileggere con coraggio
l’intera azione pastorale» si auspica che essa «sia più attenta e aperta alla questione dell’adulto». Ed
ecco la descrizione della dinamica formativa: «L’adulto oggi si lascia coinvolgere in un processo di
formazione e in un cambiamento di vita soltanto dove si sente accolto e ascoltato negli interrogativi
che toccano le strutture portanti della sua esistenza: gli affetti, il lavoro, il riposo». Emerge una visione
dinamica della formazione: essa è un processo. Poi viene intesa come “cambiamento di vita”. Si fa
formazione perché la vita possa cambiare.
I cambiamenti pastorali richiedono il coraggio di “smontare” stili e abitudini che si sono consolidati
nel tempo. E nella Chiesa la resistenza alla novità è sempre stata molto alta. Di solito ciò è avvenuto
laddove uomini e donne sono stati “scossi dentro” dallo Spirito, in modo improvviso o graduale, e
sono stati spinti a modificare le categorie di fondo con cui sentivano e giudicavano la realtà e di
conseguenza anche il proprio agire.
Secondo papa Francesco, il rischio maggiore dei cristiani oggi è quello di guardare al passato. Perché,
per sfuggire al calar delle tenebre, le alternative sono due: o si guarda la notte così come si presenta,
o ci si chiude in fortini. La posizione del cristiano dovrebbe essere netta: «Niente è meno cristiano
che continuare a stringere tra le braccia il cadavere della vecchia cristianità: lasciamo che i morti
seppelliscano i loro morti, e guardiamo il mondo in faccia» (Adrien Candiard).
In sintesi
• Il cambiamento è «la nuova normalità» e tutti noi ne siamo coinvolti in prima persona. • La velocità
e la complessità di questo cambiamento, ci costringe spesso a convivere con una perenne sensazione
di inadeguatezza nell’identificare risposte di senso.
• In questa situazione di mutamento perenne è necessario sviluppare un nuovo «mindset» e soprattutto
nuove competenze.
• Dall’analisi di alcune ricerche qualitative emerge che il tema della creatività e dell’innovazione
ruota prevalentemente intorno ad alcune sfide precise: persone, processi, clima.