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L'ASIA CENTRALE*
La parte centrale del continente asiatico, cioè le terre emerse comprese tra 55° e 115° E e tra 25° e 50° N, comprende
due aree geograficamente distinte.
La parte occidentale include le pianure transcaspiche e i bassopiani che si estendono tra il lago d'Aral e la catena dei
Tien Shan (lett. “Monti Celesti”); questa parte coincide con il territorio del Turkistan Occidentale (comprendente le
repubbliche di Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan e le parti meridionali e occidentali del Kazakhstan).
La parte orientale comprende l'altopiano del bacino del Tarim e le catene montuose che lo circondano,
approssimativamente corrispondente al Turkistan Orientale (ora Xin-jiang, cioè la provincia uighura della Repubblica
Cinese) e al Tibet, all'area settentrionale della catena dei Tien Shan fino alle piane meridionali della Siberia e ai monti
Altai (cioè le porzioni settentrinale e orientale del Kazakhstan), e al deserto del Gobi (comprendente parti della
repubbica cinese della Mongolia Interna), incluse le alte catene montuose che entrano in direzione E e S in Cina e
nell'Asia sudorientale.
Sebbene in modo impreciso il nome Asia Centrale sia stato usato per definire varie regioni comprese entro questa
vastissima area, la maggior parte degli studiosi occidentali chiamano così il Turkistan, cioè l'area compresa tra 70° e
100° E e 25° e 45° N, o Asia Interna (Haute Asie, Inner Asien, Tsentral’naya Aziya).

Aspetto del suolo


La placca continentale eurasiatica è posta a settentrione del subcontinente indiano e così l'Asia Centrale fa parte di
un'area sismica che si estende attraverso il Caucaso e l'Anatolia e, attraversando il Mediterraneo e l'Atlantico, raggiunge
le isole dei Caraibi. Fenomeni tellurici, benchè non accompagnati da attività vulcanica, sono particolarmente frequenti
lungo le catene degli Alai, dello Hindu Kush e dei monti che circondano l'Iran. L'aspetto del Turkistan Occidentale è
caratterizzato da catene montuose separate tra loro da ampie pianure, un clima continentale estremo, forte aridità e
conseguente scarsità di vita vegetale e animale.
I crinali dei grandi sistemi montuasi dell'Asia Centrale generalmente seguono l'asse EO, che sembra irradiarsi dal Pamir.
Un insieme di catene montuose parallele che curvano verso SO e poi verso O sono generalmente note come Hindu
Kush, il Paropamisos degli antichi geografi greci. La parte meridionale di tali catene montuose termina bruscamente a O
e proseguono quindi verso S, dando vita ai monti Sulayman che separano l'altopiano iranico dai bassopiani dell'Indo (il
Sindh), anche se questi ultimi non costituiscono una grande barriera geografica visto che contano poche vette che
superano i 2000 m. La catena si estende in varie catene in direzione S e O attraverso il Baluchistan, costituendo così una
linea ininterrotta di montagne che collega il Pamir con il sistema dei monti Zagros ai margini meridionali e
sudoccidentali dell'altopiano iranico. Le principali catene montuose dello Hindu Kush, comunque, si estendo
direttamente a SO, declinando gradualmente in altitudine con un'altezza media sui 4000 m.; esse sono collegate con
l'altipiano vulcanico trancaucasico per mezzo delle catene montuose del Bīnālūd, dell'Alborz e del Qarā Dāgh, che
costituiscono il confine settentrionale dell'altipiano iranico, che misura un'altitudine media di circa 1000 inferiore a
quella degli Zagros. La più alta vetta dello Hindu Kush è il Tirich Mir di 7750 m in Pakistan, nei pressi del confine con
l'Afghanistan, e conta numerose altre vette superiori ai 6000 m che si trovano nell'area nordorientale dell'Afghanistan;
nella sezione occidentale della catena montuosa e nella catena del Bīnālūd sono scarse le vette che superano i 3000 m.
In Tajikistan, la catena degli Alai si estende in direzione O a partire dal Pamir, con un crinale piuttosto regolare; è
seguita in parallelo a S dalla catena dei Trans-Alai e ancora più a S da quella del Darvaz (Qarā Tegīn), che, comunque,
traccia un arco simile a quello dello Hindu Kush, suddividendosi verso SO in una serie di catene montuose minori. Le
vette più elevate in questa regione sono il Pik Kommunizma (il Picco del Communismo, un tempo Garmo, di 7495 m)
nella catena del Darvaz e il Pik Lenina (il Picco di Lenin, di 7127 m) nella catena dei Trans-Alai. Negli Alai occidentali,
a 110 km a SE di Samarcanda, il Pik Chimtarga raggiunge i 5490 m, a O del quale la catena si suddivide in un ramo
sudoccidentale e uno occidentale più breve.
Le steppe che segnano i fianchi settentrionali e occidentali delle grandi catene montuose, che si estendendono verso
oriente a partire dal Mar Caspio (cioè rispettivamente i monti Kopet-Dag/Bīnālūd, gli Alai, lo Hindu Kush e i Tien
Shan) hanno un'altitudine che va dai 100 ai 500 m. A meridione di queste catene montuose, l'altopiano iranico, che si
estende fino in Afghanistan, ha un'altitudine tra i 1000 e 1500 m. Gli altipiani del Pamirs si trovano tra i 3000 e i 4500
m. di altitudine. In queste tre zone, il terreno generalmente pende da S verso N. La forma del suolo dalla Cina centro-
settentrionale all'Oceano Atlantico, anche al di sotto della sabbia dei deserti, è perlopiù composta da argilla gialla molto

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Nel presente sunto la trascrizione dei termini geografici non è stata uniformata, per cui si potrannono trovare toponimi trascritti in modo
leggeremnte diverso.
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fertile dove ci sia acqua a sufficienza.

Le acque
A causa delle consistenti precipitazioni di alta quota, che possono raggiunger un massimo di 1000 mm annui, la coltre di
neve e in particolare i ghiacciai montani sono le principali fonti di acqua in Asia Centrale. Nel Pamir l'altitudine in cui
le precipitazioni sono nevose è sui 5500 m. Nelle catene montuose latitudinali (estendentesi cioè in direzione E-O) essa
è solitamente di 500-700 m inferiore sui versanti settentrionali rispetto a quelli meridionali più soleggiati. I ghiacciai
(perlopiù valli glaciali) sono associati alle vette più elevate. Solo nell'Asia Centrale ex-sovietica i 1700 ghiacciai
presenti coprono un totale di 11000 km2, cinque volte la superficie dei ghiacciai caucasici; tuttavia essi sis stanno
sciogliendo a una velcità maggiore di quella dei ghiacciai del Caucaso o delle Alpi. Il ghiacciaio maggiore e il
Fedchenko, scoperto all'inizio degli anni Venti del XX secolo vicino al Picco del Comunismo a nord del passo di
Yazgulem; è lungo 77 km, largo dai 2 ai 5 km e spesso 550 m, con un volume complessivo che supera i 200 km3. Da
un'altitudine di 5330 m scende fino a 2,904 m ed è alimentato da 37 ghiacciai tributari, alcuni dei quali misurano più di
10 km di lunghezza. Il ghiacciaio Fedchenko si scioglie a una velocità media di 27 cm giornalieri, cioè 100 m all'anno;
negli anni 1924-1935 ha perso un totale di 282 m. Sempre nel Pamir nordoccidentale si trovano il ghiacciaio Garmo (29
km long), il Fortambek (25 km) e il Finsterwalder (16 km). Nella catena degli Alai, il ghiacciaio Zeravshan, di 25 km di
lunghezza e spesso 200 m, è situato nella valle posta tra le catene del Turkistan e dello Zeravshan. Questo si scioglie a
una velocità media di 27 cm giornalieri ed è la principale fonte di alimentazione del fiume Zeravshan. Il discioglimento
dei ghiacci ad alta quota è la causa delle piene dei fiumi dell'Asia Centrale. La piena primaverile si ha quando i fiumi
sono alimentati dallo scioglimento delle nevi sui versanti ad altitudine inferiore dei rilievi montuosi che delimitano le
fertili aree argillose pianeggianti pedemontane, in cui si concentra il grosso dell'attività agricola centrasiatica.
I fiumi più grandi della parte occidentale dell'Asia Centrale sono il Syr Darya (Jaxartes) e l'Amu Darya (Oxus). Il Syr
Darya è lungo circa 1400 km e principia come un piccolo corso d'acqua nelle montagne del Farghāna mountains. È
alimentato dal fiume Naryn, il quale scaturisce molto più a est dai versanti meridionali del Terskey Ala Tau, a S del
lago Issyk Kul, e scorre verso O attraverso la valle del Farghāna. A Khujand, città che costituisce la porta occidentale
della valle del Farghāna, il grande fiume vira bruscamente verso N, supera l'oasi di Tashkent e scorre poi verso NO,
alimentando la parte settentrionale del fu lago Aral. Importanti città del bacino del Syr Darya sono Chimkent e
Turkistan nel Kazakhstan meridionale and Kazalinsk nel delta. Più a meridione il molto più lungo Amu Darya (ca. 2500
km) drena le acque del Pamir del versante setterntrionale dello Hindu Kush. L'alto corso di questo fiume, che segna il la
linea di frontiera tra Afghanistan e Tajikistan, è chjiamato Pyandzh fino alla confluenza del Vakhsh a ovest di
Kirovabad; il fiume Vakhsh scaturisce negli Altai con il nome di Kyzyl Su (Pers. Sorkhāb, lett. “acqua/fiume rossa/o”) e
segue a meridione la catena montuosa follows del Darvaz. Dushanbe, la capitale del Tajikistan è situata 1220 m sul
livello del mare lungo il fiume Kafirnigan, che si unisce all'Amu Darya più a occidente della confluenza con il Vakhsh.
Da questo punto l'Amu Darya scorre gneralmente verso NO e alimenta la parte meridionale del lago Aral. Lungo il suo
basso corso, nell'antica Chorasmia, si trovano le importanti città di Khiva (Khīva) e Urgench (Ūrganj). Fin dall'antichità
sia il Syr Darya sia l'Amu Darya hanno alimentato i sistemi irrigui delle fertili pianure centrasiatiche; inoltre, poichè
essi scorrono attraverso queste grandiose pianure prive di vegetazione, essi perdono una considerevole quantità di acqua
per evaporazione. Questa perdita naturale, comunque, è assai modesta in confronto alla quantità d'acqua che viene
prelevata da questi fiumi a scopo irriguo. Il risultato è che ormai ben poca è l'acqua dei due fiumi che raggiunge il sito
del lago Aral che sta scomparendo. Dal 1960 al 1987 il lago Aral ha perso due quinti della sua superficie e due terzi del
suo intero volume idrico.
Tra i due grandi fiumi si trova il fiume Zeravshan (Zarafshān), che sorge nella parte terminale occidentale della catena
degli Alai e scorre verso O, alimentando l'intera regione agricola che si trova tra Samarkanda e Bukhara prima di
insabbiarsi nella steppa desertica. Il grosso della popolazione dell'Uzbekistan, fatta eccezione per l'area della capitale
Tashkent, è concentrata lungo il corso di questo fiume, segnato dalle città di Ziyauddin (Żiyāʾ-al-Dīn), Meymana,
Karmina e Bukhara. A meridione dell'Amu Darya due suoi antichi affluenti, il fiume Morghāb e lo Harīrūd (Tedzhen),
drenano lo Hindu Kush occidentale ma finiscono ora con l'insabbiarsi nella regione desertica del Kara Kum (“nere
sabbie”) nel Turkistan. Le impressionanti rovine dell'antica Marv sitrovano non lontano da dove il Morghāb ora si
insabbia. Ancora più a meridione il fiume Atrak scaturisce tra due catene dei monti Bīnālūd a NO della città di Qūchān
e scorre verso O attraverso le steppe desertiche a oriente del Mar Caspio, segnando parte della linea di frontiera tra Iran
Turkmenistan, e sfocia nel Caspio nella baia di Gasan-Kuli vicino a Chikishlyar. Il lago Karakul (altitudine 3780 m) nel
Pamir nordorientale, a SE del Picco di Lenin, è la fonte da cui scaturiscono i corsi d'acqua che irrigano l'altopiano in
quella regione.

Il clima
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Un clima continentale estremo, con estati calde, inverni rigidi e forti sbalzi di temperatura tra giorno e notte, caratterizza
l'intera Asia Centrale. A Kazalinsk vicino alla foce del Syr Darya le temperature medie in luglio e in gennaio sono
rispettivamente 26° C e -11.8° C (un po' più elevate dei - 15.1° C di Arkhangelsk, che si trova a 64.5° N); pressoche
direttamente a S, a Turtkul sul basso corso dell'Amu Darya abbiamo 28° C e -5.1° C, e a Termez sulla frontiera confine
uzbeco-afghano 31.5° C e 1.7° C. Il gelo invernale preclude la crescita alla vegetazione tipica delle zone temperate. Le
temperature inoltre crescono e calno con estrema rapidità.
A causa della distanza dagli oceani, le nubi sono rarefatte e ci sono poca umidità e scarse pioggie, mentre l'irradiazione
solare è forte. Per questo la gran parte della superficie del suolo è arida; i bassopiani sono prevalentemente stepposi,
inframmezzati da aree caratterizzate dalla presenza di sabbia desertica, come in particolare il Kara Kum nelle piane
transcaspiche (in Turkmenistan) e il Kızıl Kum a E dell'Amu Darya. Ognidove l'apporto idrico e le precipitazioni siano
sufficienti, le steppe e i fertili altopiani delle aree meno elevate sono ricoperti di manto erboso. A meridione dei 45° N,
le steppe cominciano a inaridire all'inizio di luglio e rimangono aride normalmente fino al tardo ottobre o a novembre,
quando le formazioni nuvolose atlantiche iniziano ad arrivare sin qui da SO. Negli ultimi cinquant'anni, comunque, si
sono verificati alcuni cambiamenti climatici e ora non è infrequente che formazioni nuvolose compatte si presentino ne
bel mezzo dell'estate in alcune aree del Turkestan occidentale piuttosto a meridione del corso centrale del Syr Darya e
dell'oasi di Tashkent. Questi mutamenti sono l'estensione dell'influsso del clima matittimo nordoccidentale che un
tempo non si spingeva mai in estate oltre Mosca e la Russia centrale. Solo raramente formazioni monsoniche si
staccavano dalla consueta rotta da SO verso NE delle perturbazioni monsoniche sudasiatiche raggiungendo l'Asia
Centrale. In Turkmenistan e nell'Uzbekistan occidentale la forte aridità del clima centrasiatico è stata in certa misura
mitigata dall'irrigazione su vasta scala e dalla costruzione di grandi opere idrauliche (come per es. il canale Kara Kum).
L'evaporazione idrica conseguente a questi grandi proggetti irrigui contribuisce in una certa misura all'aumento
dell'umidità dell'aria consentendo così il formarsi di un clima leggermente più umido nelle regioni più occidentali
dell'Asia Centrale. La climatologia storica mostra come le attuali condizioni di aridità del suolo siano il risultato di un
recente periodo di essicazione che copre gli ultimi 1500-2000 anni e che ha interessato in particolare il Nordafrica e
l'Arabia, ma anche, in misura minore, il continente asiatico.

IL FIUME ĀMŪ DARYĀ


Gr. Oxos, Lat. Oxus, Medio Pers. Sasanide Wehrōd, Ar. Jayḥūn (fino al XIII sec. EV), Cin. Kui-shui, Wu-hu, o ancora
Po-tsu.
È un fiume lungo circa 2500 km, considerato nei tempi antichi come il confine tra Iran e Tūrān. Il nome attuale pare
derivare da Āmol, la città in cui nell'antichità la pista che dal Khorāsān conduceva in Transoxiana (ar. Mā Warāʾ al-
Nahr) attraversava il fiume. L' Amu Darya ha origine da un certo numero di fiumi a carattere torrentizio; il fiume Panǰ,
tra i cui affluenti si contano il Vakhshāb, il Pāmīr Daryā, l'alto Morghāb (Bārtang; Tur. Aq Su) e il Kūlāb Daryā, è
considerato dalle popolazioni locali come la sorgente del fiume. Nel XV secolo si pensava che l'alto corso del fiume
fosse il Vakhshāb, mentre oggi esso è individuato nel Morghāb. Le sorgenti dell' Amu Darya sono state esplorate solo a
partire dal XIX secolo e le notizie di dettaglio che al riguardo riportano i geografi arabi del X secolo non corrispondono
a quanto oggi noto. Iṣṭakhrī elenca sei rami di cui solo il Vakhshāb è chiaramente identificabile; altri considerano il
“fiume di Kondoz” (Dergam, Aq Saray) una tra le sue sorgenti. L'ultimo ramo a raggiungere il fiume (da destra) a 1175
km dal suo delta è il Sorkhān (Daryā); alcuni altri fiumi finiscono nel deserto prima di raggiungere l'Amu Darya. Alcuni
geografi medievali davano al fiume questo nome solo a partire dalla confluenza in esso dello Kāfernehān (o “fiume di
Qobādīyān”) vicino a Awḏaǰ/Ūḏaǰ (modern Ayvaǰ). Le fonti storiche menzionano i nomi medievali dei distretti che si
trovavano nelle valli dell'alto Amu Darya e delle sue sorgenti: Shoghnān, Khottal(ān), Vāshǰerd, Qobādīyān,
Chaghānīyān, Ṭokharestān (sulla riva sinistra, vicino a Balkh) e Badakhshān. A nord di Balkh il fiume entra nel deserto
e vi scorre senza affluenti, perdendo molta acqua per evaporazione: le sabbie del Qara Qum si stendono lungo la riva
sinistra in direzione SO e quelle del Qızıl Qum si spandono verso NE lungo la riva destra. L'Amu Darya scorre verso
NO fino a raggiungere il lago Aral e il delta del fiume si allarga nell'area della moderna città di Nukus. I khanati di
Khiva e di Bukhara si trovavano lungo il corso mediano del fiume fino al XIX secolo e all'inizio del XX. A meridione,
l'Amu Darya segnò per 1100 km la linea di frontiera russo-afghana a partire dai trattati del 1886-1893, da Basaga a O
fino a Qalʿa-ye Panǰ a E, ora segna il confine tra Afghanistan e Uzbekistan (a O) e Tajikistan (a E). Il medio corso del
fiume costituisce la linea di frontiera tra il Turkmenistan e l'Uzbekistan.
Le misure medie dell'Amu Darya sono 3570-5700 m in larghezza e 1.5-8 m in profondità, e sono spesso ben più ampie
da aprile/maggio a luglio. Le terre lungo le rive, in particolare quella sinistra, erano periodicamente coltivate in età
medievale. I vari rami dell'alto corso del fiume che scorrono nelle aree montagnose talvolta gelano durante l'inverno,
così come il delta e il basso corso a partire dalla metà di dicembre fino alla fine di marzo con uno spessore medio del
ghiaccio di 30 cm.
Oltre la città di Kālef, l'Amu Darya ha mutato il proprio corso nei secoli. Secondo Tolemeo (II sec. d.C.) e Bīrūnī (X-XI
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sec.), il fiume scorreva verso O a partire dalla moderna città di Karkh/Kerki e non verso NO come fa oggi, e finiva per
insabbiarsi nel deserto del Qara Qum. Un antico alveo del fiume può essere effettivamente ancor oggi riconosciuto, e
talvolta ancora adesso l'Amu Darya occasionalmente mostra la tendenza a rompere gli argini in quest'area per scorrere
verso sinistra. Richerce geologiche hanno in ogni caso dimostrato che i 350 m delle gole nei dintorni della moderna
Pitnyak sono così antichi che il fiume non può aver mutato il suo corso qui almeno a partire dall'epoca storica. Canali di
irrigazione, che iniziavano proprio poco oltre le gole, furono costruiti nella regone della Chorasmia in età medievale; i
canali ancor oggi si dipartono in varie direzioni, raggiungendo il monte Soltan Uiz (Oways) Dag, e la florida agricoltura
della regione dipende da essi. Qui, inoltre, si trovano Jānbas Qaḷʿa, Ṭoprak Qaḷʿa e l'altra fortezza preislamica che fu
scavata da S. P. Tolstov a partire dal 1936.
Nel XIX secolo si pensava che l'Amu Darya, passando per l'Özboy, confluisse nel Mar Caspio al tempo della conquista
mongola di Gorgānǰ (in seguito Orgeṇch) del 618 E./1221, e che avesse ripreso a scorrere verso il lago Aral solo a
partire dal 1575. W. Barthold tentò di provare questa tesi sulla base della documentazione storica, ma è stato sconfessato
dai moderni geologi sovietici, i quali hanno dimostrato che l'Özboy non può aver costuituito in nessun caso il basso
corso dell'Amu Darya, se non altro per una questione di altimetria. In ogni caso, ancora oggi l'Amu Darya,
particularmente quando in piena, talvolta spinge un proprio canale laterale (daryalıq) fino alla depressione del Sarı
Qamısh. Le prove storiche addotte, di per se stesse oggetto di varie interpretazioni, non sono sufficienti per sconfessare
l'evidenza geologica, anche se alcuni paralleli da un punto di vista zoologico tra Amu Darya e Özboy indicano una
connessione tra i due sistemi fluviali, lasciando aperto la "questione dell'Özboy". I geografi arabi ci parlano di
cambiamenti del corso inferiore del fiume nei pressi del lago Aral; a causa dell'innalzamento del letto fluviale la capitale
medievale della Chorasmia, Kāth, venne abbandonata e la città di Gorgānǰ fu anch'essa abbandonata più volte. Questi
cambiamenti spiegano l'ascesa di Khiva come capitale regionale e la variazione delle dimensioni dell'area del delta
(chiamato l' "isola" in turco, cioè Aral, che dà il nome al lago).
Nel XVIII secolo, nel 1873 e alla metà del XX secolo i russi hanno pianificato di usare l'acqua dell'Amu Darya per
irrigare regioni molto distanti, ma non se ne è fatto nulla. In ogni caso, già l'uso che delle sue acque si è fatto a scopo
agricolo ha comportato un sensibile abbassamento del livello del lago Aral.

LE ANTICHE REGIONI STORICHE

BATTRIANA (BALKH)
La città di Bactra, in seguito Balkh, dovette la sua importanza alla sua posizione all'incrocio tra due grandi vie di
comunicazione: la via O-E che attraversando le colline del Khorāsān e i monti dello Hindu Kush portava dall' Iran
all'Asia Centrale e alla Cina, e la via che attraversava l'area segnata dagli affluenti di sinistra dell'Oxus e conduceva
attraversando i massicci centrali dell'Afghanistan verso l'India nordoccidentale. Il fiume di Balkh (il Balkhāb),
attraverso la valle di un suo affluente, Dara-ye Ṣūf e il passo Qarā Kotal, fornisce un facile accesso al bacino del
Bāmiyān e di lì a Kabul. Questa via aveva il vantaggio di essere la più occidentale delle vie che attraversavano lo Hindu
Kush e quindi la più breve per i viaggiatori che goiungevano da O, oltre ad essere una delle più facilmente percorribili.
La sua esistenza deve aver costituito il principale motivo della crescita di una grande città nell'area in cui il Balkhāb
inizia a scorrere in pianura.
In ques'area, che è una piana alluvionale irrigata, a circa 12 km dalle montagne, la city fu costruita sul sito (la Bālā
Ḥeṣār di oggi) che probabilmente era congiunto a un rialzamento del suolo e forse nei pressi di un antico ramo del
fiume. È questa solo un'ipotesi, perchè adeguati saggi archeologici non sono ancora stati condotti. In ogni caso, il sito
crebbe notevolmente in seguito a causa dell'accumularsi graduale di detriti di generazione in generazione.

SOGDIANA (AL-ṢOGHD)
La Sogdiana, regione di lingua iranica in Asia Centrale, è compresa tra i fiumi Amu Darya a meridione e il Syr Daryā a
settentrione, con il proprio centro vitale nelle vallate dei fiumi Zarafshān e Kashka Daryā. Una simile descrizione,
tuttavia, se appropriata per il periodo antico, corrisponde solo in parte alla fisionomia che la regione assunse in seguito.
La Sogdiana cedette alla Battriana la riva destra del corso superiore dell'Amu Darya fino a Termez, mentre l'espansione
coloniale sogdiana verso N durante l'alto Medioevo indusse un pellegrino cinese della metà del VII secolo a definire
Sogdiana l'intera regione che a partire dal lago Issyk Kul nell'odierno Kirgizistan orientale si stende fino all'Amu Darya.
Dopo il IX secolo, il nome Soghd/al-Ṣoghd fu usato in senso ristretto per indicare l'area agricola compresa tra
Samarkanda e Bukhara.
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CHORASMIA (KHWĀRAZM)
Gr. Chorasmiē < antico-pers. (H)uwārazmish, avestico Xᵛāirizəm, in seguito Khwārazm (ar. Khuwārazm). Il nome di
questa regione si vuole derivato di *hwāra-zam/zmī-, che varrebbe sia “terra che nutre” sia “terra bassa”, e identifica
l'area coltivabile del delta dell'Oxus (Amu Darya) nell'Asia Centrale occidentale.

ARACHOSIA (AL-RUKHKHĀJ)
Provincia (satrapia) della parte orientale dell'impero achemenide nei dintorni dell'odierna Qandahār nell'Afghanistan
meridionale, whche era abitata dalla popolazione iranica degli arachosiani o arachoti. La forma antico-persiana del
nome è Harauvatish (h-r-u-v-t-i-). Questa forma è l'equivalente etimologico del vedico Sárasvatī- (fem., nome di un
fiume, propriamente "ricco in acque/laghi" ed è un derivato di sáras- “lago”. La provincia prende dunque il nome dal
suo fiume principale, il moderno Arghandāb (in greco Arachōtós), un affluente del Helmand. Questa regione appare nel
Vidēvdāt avestico (1.12) sotto la forma dialettale indigena Haraxᵛaitī- (di cui -axᵛa- è tipicamente non-avestico). Di
queste due forme, l'antico-persiano Harauvatish (nom. rimodellato -ish) è reso dall'elamita Ha(r)-ra-u-ma-ti-ish, Ha(r)-
ru-ma-ti-ish, ecc., e attraverso lo "arachotico" (e medo) *Haraxvatī- dall'aramaico hrḥwty.

DRANGIANA (SIJISTĀN / SĪSTĀN)


È il territorio circostante il lago Hāmūn e il fiume Helmand nel moderno Sīstān. Il nome originario della regione e dei
suoi abitanti è attestato per la prima volta nella forma antico-persiana z-r-k (cioè Zranka) nella grande iscrizione di
Dario I a Bīsutūn. Questa forma si ritrova nelle versioni elamita (Sir-ra-an-qa e varianti), babilonese (Za-ra-an-ga) ed
egizio (srng o srnḳ) dell'iscrizione reale achemenide, così come nelle forme greche Zarángai, Zarangaîoi, Zarangianḗ (in
Arriano e in Isidoro di Charax) e Sarángai (Erodoto), e nel latino Zarangae (Plinio). Oltre a questa forma originaria,
caratterizzata dalla z non-persiana (forse dalla palatale proto-IndoEuropea. *γ o *γh), in alcune fonti greche (soprattutto
quelle dipendenti dagli storiografi di Alessandro il Grande) essa compare nella variante forse ipercorrettiva
persianizzata con iniziale d-, *Dranka (o magari *Dranga?), riflessa nel greco Drángai, Drangḗ, Drangēnḗ, Drangi(a)nḗ
(in Ctesia, Polibio, Strabone, Diodoro, Tolemeo, Arriano e Stefano Bizantino) nel latino Drangae, Drangiana, Drangiani
(Curzio Rufo, Plinio, Ammiano Marcellino, Giustino) o Drancaeus (Valerio Flacco).
La prima apparizione delle truppe arabe in Sīstān avvenne durante il governatorato in Khorāsān di ʿAbdallāh b. ʿĀmir
per conto del califfo ʿUthmān, allorchè nel 652 Zarang si arrese pacificamente, mentre Bost oppose una strenua
resistenza. Dalla base di Zarang, furono condotte spedizioni in Arachosia/al-Rukhkhaj e nel Zamindāvar contro i regoli
locali, i cosiddetti zunbil, e persino nel Kabul contro i kābulšāh. Iniziò allora un graduale processo di islamizzazione del
Sīstān, anche se lo zoroastrismo (il tempio del fuoco a Karkuya a N di Zarang fu a lungo attivo) e il cristianesimo vi
persistettero sicuramente fino all'XI secolo. Durante il periodo omayyade e il primo periodo abbaside, i governatori
arabi continuarono a essere inviati nel Sīstān e, dalla loro successiva base di Bost, questi, che erano dei comandanti
militari, furono frequentemente coinvolti in spedizioni sempre più a oriente, traendone bottini di guerra composti
essenzialmente di schiavi. In ogni caso, regoli indigeni di questi territori, che si trovano in quel che oggi chiamiamo
Afghanistan orientale, si dimostrarono tenaci avversari. Gli arabi tentatono a più riprese di raccogliere il tributo in
quelle regioni, ma vi riuscirono solo sporadicamente. Una spedizione punitiva lanciata nel 698 contro lo Zunbil portò il
mawlā ʿUbaydallāh b. Abī Bakra, il rappresentante in Sīstān del governatore dell'Oriente Ḥajjāj b. Yusūf, a penetrare fin
nel Zābolistān, ma venne decisamente respinta dalla fiera resistenza dello Zunbil e dalla mancanza di rifornimenti e di
vesti adeguate al clima rigido. Furono le privazioni sofferte dalle truppe arabe su queste remote frontiere che la causa
della ribellione di Ibn al-Ashʿath che, negli anni 699-702, per poco non distrusse il califfato omayyade. L'islam non si
affermò in queste regioni fino al tempo dei saffaridi. Gli arabi importarono nel Sīstān le lotte tribali che cartterizzavano
le loro communità stanziatesi nel Khorāsān e si verificarono tensioni anche tra questi nuovi coloni e la popolazione
iranica indigena. Questi fattori favorirono l'ascesa in Sīstān di movimenti di opposizione al governo centrale di
Damasco e poi di Baghdad e ai governatori inviati dai califfi e successivamente dai governatori tahiridi del Khorāsān,
ben rappresentata nel forte settarismo kharijita sistanico (dapprima quello degli Azāriqa e poi all'inizio del IX secolo
quello degli Ḥamziyya, i partigiani del leader sistanico Ḥamza b. Ādharak).
I tahiridi furono incapaci di riprendere il controllo del Sīstān a partire dalla metà del IX secolo, con l'ascesa dei fratelli
saffaridi Yaʿqūb e ʿAmr b. al-Layth, inizialmente, pare, come reazione di elementi sunniti nella città di Zarang
esasperati dal fallimento dei tahiridi nell'opera di contenimento dei kharijiti e per mettere fine alle loro razzie in
territorio sistanico. Sotto la guida di capi locali, questi gruppi sunniti formarono bande di vigilanti (ʿayyār o
motaṭawwiʿa). Capo di una di queste, la figura di Yaʿqūb emerse nell'861, prendendo il controllo dell'intera provincia.
Nei quarant'anni che seguirono, lui e suo fratello costruirono un vasto impero militare con base nel Sīstān ma esteso
fino al Khuzestan e alla frontiera irachena a occidente, mentre a orienta arrivava a lambire la regione di Kabul. I
samanidi posero fine alle ambizioni dei saffaridi quando Ismāʿil b. Aḥmad sconfisse ʿAmr nel 900. Durante il secolo
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che seguì i saffaridi sopravvissero come una potenza locale nel solo Sīstān, anche se il loro ultimo emiro, Khalaf b.
Aḥmad, raggiunse grande fama nel campo della cultura islamica come dotto e grande mecenate.
I geografi arabi e persiani di questo periodo ci hanno lasciato molte informazioni sulla topografia, l'economia e la
demografia del Sīstān dle tempo, collocandolo nella categoria climatica del garmsir “terre calde” e sottolineando
l'enorme importanza del ruolo del fiume Helmand, del lago Zereh (allora ben più vasto che non oggi) e della rete di
canali di irrigazione del Sīstān, muniti di mulini idraulici e dighe. Questo apporto idrico si rinnovava ogni anno con lo
sciogliersi delle nevi sulle montagne dell'Afghanistan centrale e sosteneva l'agricoltura della provincia. Il suolo
alluvionale della area attraversata dalle acque dello Helmand consentiva la coltivazione di cereali e legumi, in aggiunta
al ricco raccolto dei celebri datteri sistanici. Da una parte, i forti venti che spazzano il Sīstān, in particolare il "vento dei
centoventi giorni" (bād-i ṣad u bīst rūz) che segna la tarda primavera e l'estate, alimenta i mulini idrici a vento, ma ha
anche effetti negativi innalzando tempeste di sabbia che possono rovinare le terre coltivate. Nel 1003 il Sīstān fu invaso
da Maḥmud di Ghazna, il quale incorporò la regione nel proprio impero, prima che i selgiuchidi vi giungessero ,
conquistandola alla metà del secolo XI. In seguito dall'ambiente dei notabili locali sorsero due linee dinastiche i cui
esponenti erano noti come "re (malik) del Nīmrūz" (la prima di queste fu la linea naṣride, 1030-1225). Nīmrūz
("mezzogiorno") è un altro nome usato per indicare l'area sudorientale dell'Iran e del Pakistan sudoccidentale. In varie
occasioni, questi re fornirono truppe ai sultani detti Grandi Selgiuchidi, incluso Sanjar nel corso della sua spedizione del
1116-17 contro Ghazna. I malik divennero presto tributari dei khwārazmshāh, ma al loro potere fu posto fine
dall'invasione mongola del Sīstān. Dopo la cacciata dei mongoli sosrse la seconda linea dinastica dei malik del Nīmrūz,
i mihrabānidi (dal 1236 alla metà del XVI secolo). La loro autorità entro il Sīstān fu frequentemente scossa da potenze
più forti come i kartidi di Herat, i timuridi e gli shaybanidi, ma sopravvisse fino al periodo safavide, dopodichè la
provincia entrò sotto il controllo di wakīl (plenipotenziari) degli shah safavidi, segnando la fine di un governo
indipendente nel Sīstān da parte di una famiglia locale. I tre secoli che seguirono sono particolarmente oscuri per quel
che riguarda la storia del Sīstān. Alla metà del XIX secolo ebbero luogo dispute tra i sovrani della dinastia durrānī
dell'Afghanistan e i qājār di Persia per il controllo della regione, con un invasione persiana nel 1865 e l'instaurarsi di un
governatorato persiano (il governatore era chiamato Hešmat-al-Molk). Le dispute confinarie - alimentate dagli interessi
inglesi nell'area - continuarono e, nel 1872, fu organizzata una Commissione per la frontiera del una Sīstān, che assegnò
gran parte del Sīstān ai persiani. La frontiera non fu tuttavia stabilita in via definitiva fino ai lavori della Commissione
per la Frontiera del 1903-05. Ora, il Sīstān persiano fa parte dell'ostān del Sīstān e Baluchistān, mentre il Sīstān afghano
forma la welāyat del Nīmrūz, con una ripresa locale di un nome in uso in epoca medievale.

KHOTTAL (KHOTTALĀN)
Una provincia che in età medievale si estendeva sulla riva destra dell'alto corso dell' Oxus nel moderno Tajikistan. La
provincia si stendeva tra i fiumi Vakhshāb e Jaryāb, affluenti dell'Oxus, e il corso superiore dell'Oxus, ora noto con il
nome di Panj. A occidente di essa si trovavano le province di Vakhsh, Qobāḏiyān and Chahghāniyān, e a oriente la parte
superiore dell'alto corso dell'Oxus che scorre in direzione NE con i distretti di Darwāz e Rāgh oltre la vallata fluviale.
Nella poesia araba e persiana si trovano anche le forme Khotlān, Khatlān oltre a Khottal e Khottalan, e nelle fonti cinesi
il nome è Kuʿ-tut-lo. È stata ipotizzata una relazione etimologica di Khottal con Hayṭal, cioè con il nome degli heftaliti
nelle fonti del primo periodo islamico.
Il Khottal era una regione di ricchi pascoli, celebre per l'allevamento dei cavalli. Gli abitanti erano rinomati per la loro
abilità gli abili maniscalchi e ferratori, per le conoscenze veterinarie e per la produzione di finimenti, selle ed
equipaggiamento per cavalli. In epoca mongola e timuride, i cavalli del Khottal erano esportati fino in Cina. Le vallate
del Khottal salgono fino ai monti Bottamān, dove c'erano miniere d'oro e d'argento, le cui vette costituiscono lo
spartiacque tra il bacino dell'alto Oxus e quello dello Zarafshān. Questa regione era abitata dalle fiere popolazioni di
predoni dei kumiji e dei kanjina, entrambe probabilmente discendenti dai turchi eftaliti dell'età preislamica, come
sostiene espressamente Khwārazmi (seconda metà del X secolo) per quanto riguarda i kanjina. La principale città della
regione, residenza del loro capo, era Holbok, vicino alle moderne Kulob. Monk, Halāvand e Nuchāra o Andichārāgh
erano altri centri urbani significativi.
Fino alle invasioni mongole il Khottal sembra abbia avuto, anche se in modo intermittente, proprie linee dinastiche
autoctone. I principi preislamici portavano il titolo di khottalān-shāh o khottalān-khodāh, e di shīr-e khottalān. Gli
arabi non riuscirono ad avere il controllo completo del Khottal almeno fino alla fine del periodo omayyade. Ḥārith b.
Surayj al-Tamīmī (m. 746), il quale si ribellò contro il governatore del Khorāsān Asad b. ʿAbdallāh al-Qasrī (m. 738),
ebbe il supporto del sovrano del Khottal. Nel 737, Asad inviò una spedizione nel Khottal e sconfisse le forze dei turchi
occidentali sotto il comando di Sü-Lü (r. 717), il khāqān dei Türgesh. Ma solo tra il 750 e il 751 gli arabi riuscirono a
prendere il controllo effettivo della provincia, quando Abū Muslim Khurāsānī (m. 755) inviò Abū Dāwud Khālid b.
Ibrāhīm al-Bakrī, governatore di Balkh, nel Khottal. Il principe locale si rifugiò presso i turchi e in seguito presso
l'imperatore Tang, la cui dinastia (618-907) detenne una debole sovranità sull'Asia Centrale.
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CHAGHĀNIYĀN
Medio pers. Chagīnīgān, resa araba Ṣaghāniyān, con la resa comune della č iranica come ṣ; attestato negli scritti
sogdiani nella forma cγʾny.
È un distretto della Transoxiana medievale islamica sosstanzialmente comprendente il bacino dell'affluente della riva
destra dell'Oxus, il Chaghānrūd, i moderni fiumi Qaratagh e Sorkhān Daryā, ora compresi perlopiù entro i confini
dell'Uzbekistan. Si estende a N del punto di guado/attraversamento dell'Oxus costituito dalla città di Termeḏ, benchè
quest'ultima fosse usulamente amministrata separatamente dal Chaghāniyān. A E, nella successiva valle fluviale del
Qobāḏiyān, affluente dell'Oxus, il moderno Kāfernehān, si stende la piccola provincia del Qobāḏiyān, o Qovāḏiyān, che
talvolta dipendeva amministrativamente dal Chaghāniyān. A N invece, dove nascono questi fiumi, si trova la catena
montuosa del Bottam o Bottamān, che separa l'alta valle dell'Oxus e quelle dei suoi affluenti di destra dall'alta valle del
fiume Zarafshān, o Nahr Ṣughd.

DARWĀZ
Fino al momento della sua suddivisione tra l'impero russo zarista e il regno afghano avvenuta nell'ultimo quarto del XIX
secolo, fu un'ampio principato autonomo con territori su entrambe le rive dell'alto corso dell'Amu Darya, noto come
Panj. Ora la porzione dell'antico territorio del Darwāz che si stende a N del fiume è stata incorporata nel Tajikistan,
mentre la sua antica porzione meridionale forma un distretto dell'attuale provincia afghana afghana del Badakhshān.
Prima della sua suddivisione, il Darwāz era limitato a meridione dal Badakhshān, a oriente dagli stati semiautonomi di
Shoghnān e Rōshān, normalmente tributari del Badakhshān; a settentirone e a occidente dalla pressochè invalicabile
catena del Darwāz, una estensione verso occidente del Pamir, che separava la regione dal khanato di Bukhara.
Quest'area è caratterizzata da balze, strette gole e piccoli zone pianeggianti riparate dove sono coltivati alberi da frutta.
Le vallate più ampie sono comunque piuttosto strette, con ripidi fianchi a balze. La quantità di terra coltivabile è
inadeguata e i contadini dovevano lottare per la sopravvivenza. La popolazione consiste perlopiù di tagichi, i quali
aderiscono al sunnismo, anche se in alcune aree (come la valle del Wanj) gli abitanti sono sciiti ismailiti. La lingua
parlata è il neopersiano.
La storia della regione è stata determinata dalla sua posizione geograficamente centrale, ma politicamente periferica: da
una parte, il Darwāz è stato fatto oggetto di reiterate incursioni da parte di fondatori di imperi di origine straniera, ma,
dall'altra, il suo relativo isolamento, la mancanza di risorse minerariwe e la scarsa produttività agricola hanno
contribuito a mantenerlo in una posizione di importanza marginale. La combinazione di tali fattori ha assicurato che nel
corso della storia i conquistatori stranieri fossero in grado di controllare la regione solo per brevi periodi e che il potere
tornasse inevitabilmente nelle mani delle dinastie autoctone. Questa pressochè ininterrotta autonomia si manifestò
anche nel rifiutò dei capi locali di riconoscere Alessandro il Grande come loro signore. All'inizio del XVI secolo, il
Darwāz fu coinvolto nella terribile lotta tra gli uzbeki e i timuridi per il controllo dell'Asia Centrale. La sovranità sulla
regione, cosìcome sulla regione confinante del Badakhshān, passò di mano molte volte prima della decisiva vittoria
finale degli uzbeki nel 913 E./1507. Tuttavia, sembra che tale controllo esterno fosse solo nominale e che la parte
settentrionale del Darwāz sia rimasta completamente indipendente.

MĀ WARĀʾ AL-NAHR (TRANSOXIANA)


Il nome arabo significa letteralmente “ciò che sta al di là del fiume” ed è la denominazione classica per la Transoxania o
Transoxiana. Descritta di più antichi storici e geografi arabi come la regione sotto il controllo musulmano che si estende
a N del medio e alto corso dell'Oxus o Amu Darya, in contraposizione all'Iran vero e proprio e alla sua grande provincia
orientale, il Khorāsān, chiamato talvolta Mā dūn al-nahr (lett. “ciò che sta al di qua del fiume”), anche se dalla
prospettiva degli storici arabi che scrivevano nel distante Iraq il termine “Khorāsān” poteva estendersi a tutte le terre al
di là dell'Oxus, includendo il Khwārazm (Chorasmia) e la Transoxiana.
Le frontiere settentrionali della Transoxiana erano poco definite e tendevano a corrispondere ai limiti dell'espansione
militare araba, ma a partire dalla prima età abbaside (VIII-IX sec. d.C.) la si iniziò a considerare come il territorio
includente le regioni comprese tra l'Oxus e lo Jaxartes o Syr Darya, vale a dire la Sogdiana, le province dell'alto corso
dell'Oxus (Chaghāniyān, Khottal e Wakhān), l'Oshrusana a sud del medio corso del Syr Darya, Chāch/Shāsh oltre il
medio corso del Syr Darya, il Farghāna e la vallata dell'alto corso del Syr Darya.

FARGHĀNA
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È la vallata del fiume Syr Darya (Jaxartes) che si estende per circa 300 km tra le montagne del Farghāna a oriente e la
prima grande virata del corso del fiume verso settentrione. È ampia approssimativamente 70 km ed è fiancheggiata a N
dalla catena del Chatkal e a S dalla catena dei monti Alai.

CHĀCH
In arabo Shāsh; è il nome di un distretto e della sua maggiore città della Transoxiana d'età medievale. Il nome della città
fu gradualmente soppiantato dal nome moderno Tashkent a partire dal tardo periodo selgiuchide e dall'età mongola.

GĪLĀN
Il Gīlān include la parte terminale nordoccidentale della catena dell'Alborz e la parte occidentale dei bassopiani caspici
dell'Iran. La cintura montana è tagliata dalla profonda valle trasversale del Safīdrūd tra Manjīl e Emāmzāda Hāshem,
vicino a Rasht. A NO, gli altopiani del Ṭālesh formano uno spartiacque senza slouzione di continuità, separando il Gīlān
dall'Azerbaijan. Eccetto che nella loro parte terminale a settentrione, dove il passo di Ḥayrān al termine della valle
dell'Āstārāchāy non supera i 1600 m d'altitudine, le vette del Gīlān superano i 2000 m, con tre cime oltre i 3000 m (il
Bāqrow Dāgh di 3197 m, lo ʿAjam Dāgh di 3009 m e lo Shāh Moʿallam o Māsūla Dāgh di 3050 m). Nella parte
orientale e nordorientale i versanti dei monti sono profondamente scavati da torrenti paralleli che scorrono verso il
Caspio. Lo stesso Alborz occidentale, a E della valle del Safīdrūd, è più aperto e meno intricato, con tre catene
montuose parallele in direzione ONO-ESE. In Gīlān la più meridionale e meno elevata delle tre è rappresentata dal
Āsmān-sarā Kūh (2375 m) nel distretto di ʿAmmārlū; la mediana è la più regolare quanto a continuità e va dal Kūh-e
Dalfak (2711 m) al Keram Kūh (3389 m), mentre la vallata trasversale del Polrūd divide nettamente la catena
settentrionale tra il Kūh-e Nātesh (2387 m) e il Kūh-e Somām o Somāmūs, la vetta più alta del Gīlān (3689 m). Tutti
questi sistemi montuosi presentano una struttura molto complessa sotto il profilo geologico e per la loro storia tettonica
che li cononnettono al complesso strutturale dell'Iran centrale. L'area è caratterizzata da un'attività orogenetica continua
ben attestata dalla sua alta sismicità relativa. Il terremoto del 20 giungo 1990 distrusse le due città di Manjīl e Rūdbār,
uccidendo circa quarantamila persone e danneggiando varie centinaia di borghi minori.
Poichè l'area montuosa è di gran lunga maggiore di quella pianeggiante, è questa la caratteristica specifica del Gīlān.
Nonostante ciò con il termine Gīlān si fa perlopiù riferimento alle aree pianeggianti o, più in particolare, alla pianura
centrale della regione. Questo parallelogramma allargato di bassopiani (35 km di ampiezza per 90 km di lunghezza) è
composito e si può dividere in due aree principali: il deta del Safīdrūd a oriente e la piana di Fūmanāt a occidente. La
prima è stata interamente formata dal Safīdrūd, un fiume di grande portata idrica (450 milioni di m3 in media) e con un
alto apporto alluvionale. La parte più elevata di quest'area è costituita di strati di antico materiale alluvionale, mentre
nella parte più bassa composta di materiale sabbioso e argilloso, a N di Āstāna, il fiume cambia spesso il proprio corso:
esso ha abbandonato il suo più antico corso in direzione NO, che lo portava a sfociare nel mare nella piana vicino a
Dastak, e ora scorre in direzione N, formando un piccolo delta in costituzione, sfociando nel Caspio tra Zībā Kenār e
Bandar Kiyā Shahr (che si chiamavano Ḥasan Kiyāda e Bandar Faraḥnāz durante gli anni Settanta del secolo scorso).
La piana di Fūmanāt verso O è costituita da un misto di depositi marini alluvionali e più antichi banchi sabbiosi con
consistenti apporti alluvionali più recenti dovuti ai numerosi torrenti che drenano tla parte meridionale degli alopiani del
Ṭālesh. Questi non raggiungono direttamente il mare, ma convergono nella laguna (mordāb) di Anzalī, la quale ha un
unico sbocco nel Caspian attraverso la linea di costa disseminata di dune sabbiose. La lagona si va costantemente
restringendo per l'effetto dell'insabbiamento. Al contratio, i torrenti del Ṭālesh settentrionale e del Gīlān orientale,
ancorchè più abbondanti del Polrūd, non riescono a portare materiale alluvionale sufficiente a controbilanciare l'azione
della correnta marina costiera che muove in direzione E, e così non riescono a costituire più di uno stretto nastro di
bassopiano che misura solo qualche chilometro atr Āstārā e il Safīdrūd e a oriente di Qāsemābād e che arriva a 10
chilometri di ampiezza alla foce del Polrūd vicino a Kalāchāy.

JEBĀL
Plurale del termine arabo jabal “montagna”, Jebāl è il termine geografico che veniva usato nella prima età islamica per
indicare la parte occidentale dell'Iran, corrispondente all'ingrosso all'antica Media (ar. māh). Il nome deriva dalla
topografia della regione caratterizzata da rilievi montuosi e da altopiani. Essa infatti comprende in sè la parte centrale
della catena montuosa degli Zāgros, includendo le regioni del Kurdistān e del Luristān, tra il fiume Safīdrūd e la catena
dell'Alborz a settentrione e la depresisone del Khuzistān a meridione; i suoi limiti occidentali erano i versanti degli
Zāgros che scendono nella piana mesopotamica, mentre quelli orientali erano i limti occidentali del grande deserto
centrale (Dasht-e Kavir). Nella geografia amministrativa della prima età islamica, i suoi confini erano poco definiti e
fluttuanti, ma era perlopiù collegata con la città di Rayy nella sua extremità nordorientale, che segnava una stazione
posizionata pressochè a metà della grande via di comunicazione tra l'Iraq e il Khorāsān che entrava nel Jebāl a Ḥolvān
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posta sui suoi confini occidentali. Allora il Jebāl comprendeva sei importanti centri urbani: Dinavar, Qarmisin,
Qarmāsin (oggi Kermānshāh), Hamadān, Qazvin, Isfahan e Rayy (a sud di Tehran).
Gli arabi penetrarono nel Jebāl poco dopo aver occupato l'Iraq, e la conquista di questa regione risale sostanzialmente
all'ultima parte del secondo califfato islamico, sotto ʿUmar b. al-Khaṭṭāb, e ai primi anni del successivo, sotto ʿUṯmān:
Dinavar fu conquistata nel 642, Qarmisin poco dopo la conquista di Ḥolvān nel 640; Hamadān nel 639 o nel 641, quindi
definitivamente nel 644-45, Isfahan nel 642 o 644, Qazvin nel 644-45 e Rayy in una data imprecisata tra il 639 e il 645.
Le città di Dīnawar e Nihāwand, occupate dagli arabi poco dopo la loro vittoria a Nihāwand nel 642, ebbero particolare
importanza nel periodo della conquista delle aree occidentali dell'Iran. Esse furono conosciute anche con i nomi di Māh
al-Kūfa e Māh al-Baṣra rispettivamente, e il loro gettito fiscale era assegnato ai combatternti arabi per condurre
campagne di conquista in direzione NO verso il Caucaso e attraverso l'altopiano iranico verso il Khorāsān. Le città
conquistate furono dotate di guarnigioni arabe, e in questo modo gli arabi entrarono permanentemente a far parte della
popolazione locale e i capi arabi acquisirono latifondi agricoli. Così avvenne per esempio alla famiglia del poeta e
paladino Abū Dulaf Qāsim b. ʿIsā al-ʿĪjlī (m. tra l'840 e l'843) che possedeva ampie terre in quel di Karaj a oriente di
Nihāwand, tanto che la zona divenne nota in seguito come Karaj Abī Dulaf.

ʿERĀQ-EʿAJAM(Ī)
“L'Iraq persiano” era il nome che in età medievale veniva dato alla parte occidentale, perlopiù montagnosa, dell'Iran
moderno. I geografi arabi lo descrivono come regione conchiusa dal Fārs e dal Khūzestān a meridione, dalla
Mesopotamia (cioè l'Iraq vero e proprio) a occidente, l'Azerbaijan, il Deylam e il Qūmes a settentrione e il Kūh-e
Kargas e il grande deserto verso oriente. Corrispondente all'antica Media (ar. Māḏa), al momento dell'espansione
islamica comprendeva gli accampamenti militari arabi di Māh al-Kūfa nei pressi di Dīnawar e di Māh al-Baṣra nei
pressi di Nehāvand.
Per via della conformazione montagnosa della provincia (che includeva gran parte dei moderni Kordestan e Lorestān),
gli antichi geografi arabi chiamarono la regione Jebāl, cioè “le montagne”. Questo nome tuttavia cadde in disuso
durante l'età selgiuchide (secoli XI-XII), quando gli venne attribuito il nome di ʿErāq seguito dall'aggettivo ʿAjam(ī),
cioè “Persiano”. Yāqūt ci spiega come avvenne un tale processo: i sultani selgiuchidi presero il potere sull'Iraq vero e
proprio e sulla regione del Jebāl, per cui presero il titolo di solṭān al-ʿErāq, ma poichè la loro capitale era di solito
Hamadān nel Jebāl, anche quest'ultima provincia divenne nota come ʿErāq, e si iniziarono a distinguere le due regioni
come ʿErāq-e ʿArab e ʿErāq-e ʿAjam. È certo che il nome Jebāl divenne obsoleto dopo le invasioni mongole del XIII
secolo. Nel secolo successivo, Mostawfī conosceva questa regione con il solo nome di ʿErāq-e ʿAjamī e ne considerava
la parte prevalente come sardsīr, zona cioè caratterizzata da inverni freddi e nevosi. Il nome ʿErāq rimase in uso per
secoli e in tempi recenti è stato applicato alla regione che si trova a SO di Tehran, la cui principale città è Arāk.
La provincia rimase sotto il diretto controllo califfale fino all'inzio del X secolo, pur presentando la tendenza allo
stabilirsi di dinastie locali di governatori, come fu il caso dei dulafidi of Karaj che si affermarono nel IX secolo, un
processo incoraggiato della turbolenze che caratterizzavano la regione del Jebāl a quell'epoca, scossa dalle rivolte dei
khurramdīnān o khurramīya. A quel tempo le grandi città del Jebāl erano Qermīsīn (ora Kermānshāh), Hamadān, Qom,
Isfahan e Ray, con Rayy che normarlmente svolgeva la funzione di capoluogo amministrativo per via della sua
posizione di grande importanza strategica per il controllo della grande via di comunicazione Baghdād-Khorāsān. Le
fonti storiche e geografiche trattano perlopiù separatamente dei proventi fiscali della regione, secondo i quattro distretti
("quarti") in cui era suddivisa: Rayy, Hamadān, Isfahan e i due māh di Kūfa e Baṣra (cioè Dīnawar e Nehāvand). Così,
secondo la lista delle entrate erariali annuali del tempo di Hārūn al-Rashīd (786-809) conservataci da Jahshiyārī, Rayy
rendeva 12 milioni di dirham, Isfahan 11 milioni, Hamadān 11.800.000 e i due māh di Kūfa e Baṣra 20.700.000, più un
certo ammontare di beni in natura.
Nel tardo X secolo e agli inizi dell'XI, Rayy era la fiorente capitale di un emirato dei buyidi, mentre Hamadān a quel
tempo era la sede di un casato subordinato, e in seguito la parte più meridionale della regione finì sotto il controllo dei
deylamiti kakuyidi. Il primo dei sovrani selgiuchidi, Ṭoghrïl Beg, fece per breve tempo di Isfahan la propria capitale nel
1050. Isfahan rimase la capitale dei Grandi Selgiuchidi finchè non fu soppiantata da Hamadān, in particolare nei periodi
estivi. Nel 1335 sotto l'ultimo sovrano ilkhanide, l'Iraq Persiano comprendeva nove tūmān, cioè nove che avrebbero
dovuto fornire 10.000 uomini ciascuno per l'esercito mongolo, comprendenti quaranta città che rendevano all'erario
350.000 dīnār annuali: un calo notevole rispetto ai proventi fiscali dell'età abbaside, esplicabile con le devastazioni e il
declino economico che caratterizzarono il periodo mongolo.

FĀRS
Il nome Fārs è indubbiamente attestato nelle fonti assire fin dal III millennio a.C. nella forma Parahshe.
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Originariamente, la regione era chiamata dai sumeri “terra dei cavalli”. Il nome fu adottato dalle tribù iraniche che vi si
stabilirono intorno al IX secolo a.C. così come avvenne a occidente e a sudoccidente del lago di Urmia. La presenza dei
Parsua (Pārsa) vi è menzionata per la prima volta nel 843 a.C., durante il regno di Salmanassar III, e poi, dopo la loro
migrazione verso SE, il nome fu trasferito, tra il 690 e il 640 a.C., a una regione un tempo chiamata Anshan nelle fonti
elamite. Da quell'epoca in poi il nome acquisì la connotazione di una regione a carattere etnico, cioè la terra dei
persiani, e i persiani di lì a poco fondarono il vasto impero achemenide. Si dà così una inevitabile continua confusione
tra uno stretto uso del termine, limitato all'aspetto geografico (Persianel senso di terra in cui tali tribù persiane hanno
costruito il centro del loro potere) e un uso più ampio, generale, per designare l'area molto più ampia sottoposta
all'influsso politico e culturale degli achemenidi. La confusione tra i due significati del termine fu continua, alimentata
dai greci che usarono il nome Persai per designare l'intero impire. Il nome, perdurato nei secoli della dominazione arbo-
islamica come Fārs, è la forma arabizzata del nome originario.
L'uso del termine in senso ampio coincise con l'ascesa dell'impero achemenide. Prima di Darius I, la satrapia di Persia
(antico-pers. Pārsa) comprendeva l'intera area dell'Iran sudoriental e, in particolare, l'attuale Kermān. La testimonianza
di Erodoto, che include i Germanioi tra le sei tribù della Persia, costituisce una reminiscenza di questa situazione, che
terminò dopo la riorganizzazione delle satrapie seguita alle rivolte del 521, quando alcune regioni orientali abitate da
popolazioni non iraniche come gli Outioi (Yautiyā), i Mukoi (Makā) e le genti delle isole del Golfo Persico furono
escluse dalla satrapia di Persia. Da quell'epoca in poi la satrapia di Parsā, esentata dalla tassazione e quindi non inclusa
nella lista delle venti satrapie fornitaci da Ecataeo, acquisì il significato ristretto che, attraverso le suddivisioni
amministrative dell'età sasanide prima e dell'età califfale poi, ancora oggi indica la regione (ostān) iraniana del Fārs. Il
significato più esteso del termine comunque non fu del tutto dimenticato. I geografi arabi includevano talvolta nel Fārs
distretti come quello di Marv, mentre Ibn Khurdāḏbih parla di “confine tra Fārs e Sind”. Anche Yazd fu inclusa nel Fārs
sotto il califfato, prima di essere separata amministrativamente da esso nel periodo mongolo. Il significato ristretto del
termine fini gradualmente per prevalere, con l'esclusione della regione costiera orientale del Golfo Persico. Durante l'età
califfale, il Fārs si estendeva da Mahrūbān sul Golfo Persico a O fino a Ḥiṣn Ibn ʿUmāra o Sūrū sullo stretto di Hormuz
a E, o addirittura da Qomesha (oggi Shahreżā) a S di Isfahan fino all'isola di Qays (oggi Kīsh).
Il successo del significato ristretto del termine risiede probabilmente nel progressivo raggruppamento di regioni
caratterizzaqte da zone climatiche complementari, favorevole allo sviluppo di un concetto geografico ben individuato. I
geografi arabi e Mustawfī ci parlano della suddivisione interna del Fārs in due aree climatiche: zone calde (jorūm,
garmsīr) e zone fredde (sarūd, sardsīr). Questa suddivisione naturale si esprimeva anche nei diversi nomi applicati alle
terre e alle divisioni amministrative. Cosìnel XIX secolo il Fārs aveva un'amministrazione delle “terre dei porti”
(bandarāt), la cui giurisdizione si estendeva dall'inizio del Golfo Persico fino al Baluchistan britannico. Il piano di
riorganizzazione amministrativa intrapreso da Demorgny (1913) proponeva un governatorato (welāya) per il Dashtī e il
Dashtestān (la regione delle pianure) che avrebbe dovuto occupare i bassopiani. Ne risultò l'odierna configurazione che,
con le province (ostān) di Bushehr e Hormozgān, riflette lo sviluppo graduale in età contemporanea dei porti di Bushehr
e Bandar ʿAbbās, e taglia fuori il Fārs da una gran parte della sua fascia costiera. In seguito furono fatti tentativi di
ricostituire un'ampia entità amministrativa unitaria (per esempio, con la riforma del 1938 il Fārs, come settimo ostān,
includeva il Lārestān, Bushehr e anche una striscia orientale del Khūzestān). Il concetto geografico di Fārs ora include
la maggior parte degli altopiani freddi, anche se l'ostān del Fārs comprende ancora ampie zone di bassopiani. Questa
evoluzione rivela un dato geografico inconfutabile che si fonda su basi fisiche. Il cuore del Fārs è costituito da bacini ad
alta quota. A E del meridiano di Bushehr e Isfahan, le catene montuose Zagros, che diminuiscono gradualmente di quota
verso SE, ma rimangono ancora in gran parte sopra i 2000 e, talvolta, 3000 m, si innalzano a distanza maggiore le une
dalle altre, mentre le valli laterali, allineate rigorosamente NO a SE fino a che, allineandosi di nuovo a poco a poco in
direzione O-NO / E-SE, muovono in direzione O/E nel Lārestān e nella regione di Bandar ʿAbbās. Tra queste si trovano
alti bacini idrici, situati tra i 1000 e i 1800 m: la piana di Marvdasht, Neyrīz, Lār, Jahrom, Eṣṭahbānāt, Kavār, Fīrūzābād,
ecc., che sono stati il sito storico di insediamento dei Persiani e donano al Fārs la sua originalità geografica rispetto agli
Zagros occidentali (le terre del Bakhtiyārī), dove le catene montuose, molto più vicini l'uno all'altro, sono separate
soltanto da strette valli longitudinali. Due dei bacini non hanno drenaggio e laghi di alto contenuto salino si trovano nel
loro parte più bassa: il Daryācha-ye Mahārlū, a SE di Shiraz, e la piana di Neyrīz, dove si trovano diversi laghi, separati
durante i periodi di siccità (laghi di Neyrīz, Tashk e Bakhtagān), ma fusi tra loro quando il livello dell'acqua sale. Il
livello dei laghi varia a seconda della stagione e il sale che si ricava da essi viene sfruttato commercialmente. Il
Daryācha-ye Mahārlū (la cui massima estensione oggi raggiunge i 220 km2) era ancora collegato al Golfo Persico fino
al Pleistocene, prima di venire separato dal mare aperta da una duna di ghiaia depositatasi durante le alluvioni. Questi
alti bacini, già relativamente asciutti nel NO (piovosità media 348 mm all'anno in Marvdasht; 340 mm di Shiraz),
diventano abbastanza aridi nel SE, fino al punto che l'agricoltura basata solamente sulle precipitazioni naturali non è più
possibile.
Verso sud, le catene delgli Zagros regrediscono, così come il livello dei bacini, e il deflusso di drenaggio diventa la
norma. Le precipitazioni diminuiscono con l'altitudine, scendendo al di sotto dei 200 mm annui nella regione di SE,
dove il suolo diventa via via sempre più desolato. Questa zona è conosciuta come Tangestān (terra delle gole) e cede il
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passo lungo il litorale del Golfo Persico a pianure costiere (il Dashtestān) molto irregolari (arrivano a raggiungere i 50
km di larghezza), come a N di Bushehr, che diventano via via più strette e più frammentate verso oriente.
Immediatamente a sud est di Bushehr, sulla costa del Tangestān, diminuiscono di solo due o tre chilometri in larghezza,
ampliandosi solo alle foci dei piccoli fiumi costieri.
La diversificazione delle varie zone geografiche che compongono il Fārs è accentuata da forti contrasti di temperatura e
da vari paesaggi vegetali, cose che sono alla base delle differenze regionali ben note al sapere popolare. Gli alti bacini
sono collettivamente chiamati le "terre fredde" (sardsīr) e sono le zone di stazionamento estivo dei nomadi, nonché aree
dove l'agricoltura dipende dalle precipitazioni. Tuttavia, le pianure d'alta quota che caratterizzano il settore più interno
erano chiamati sarḥadd (altopiani più elevati), dove la coltivazione risulta più facile. Il Tangestān ed il Dashtestān
rientrano perlopiù nella categoria delle "terre calde" (garmsīr), che sono le zone di svernamento dei nomadi e il dominio
esclusivo dell'agricoltura irrigua. Tra le terre fredde e le terre calde, tuttavia, vi è una area intermedia, definita moʿtadel
(regione temerata) dai Qashqāʾī e nota anche agli antichi geografi arabi. Una linea di demarcazione interessante tra
queste due aree è quello della linea di coltura della palma, che si trova, in base alla posizione, nelle zone tra i 1200 e
1500 m sul livello del mare e progressivamente più in alto verso oriente (1200 m a Khafr, 100 km a SE di Shiraz; 1380
m a Fasā). Il melograno, che cresce ad altitudini superiori ai 1600 m, è abbastanza caratteristico della zona temperata,
mentre la vite, grazie a metodi raffinati, cresce nelle terre fredde oltre i 2200 m. La vegetazione naturale composta di
boschi di querce (al giorno d'oggi molto scarsa) che si trovano sui rilievi montuosi più elevati e di macchia a prevalenza
di albero di pistacchio e mandorlo nelle conche d'alta quota, si trasforma in un sottobosco di alberi di giuggiole
(Zizyphus sp.), ai livelli più elevati del garmsīr, per trasformarsi in una savana di acacie sotto i 1000 m di altitudine.

MEDIA
Dal nome di un'antica popolazione (i medi), è il nome di un'antica regione e di un regno nell'Iran nordoccidentale. Il
nome è attestato in greco Mēdía, antico-persiano Māda, assiro e babilonese Mādāya.
Alla fine del II millennio a.C., le tribù mede cominciarono a stabilirsi nel territorio della futura Media nell'Iran
occidentale, dove, a quell'epoca, sono attestati numerosi piccoli principati e gruppi etnico-linguistici diversi: guti,
lulubiti, cassiti, hurriti. Più tardi, nel IX-VIII secolo a.C., il ruolo dei Medi era notevolmente aumentato, e, infine, nel
VII secolo l'intero Iran occidentale e alcuni territori limitrofi erano considerati Media. Così, i confini della Media sono
cambiati gradualmente nel corso di varie centinaia d'anni, ma la sua esatta estensione geografica rimane ancor oggi
sconosciuta.
Nel periodo più antico, le frontiere occidentali dei principati medi, che erano indipendenti l'uno dall'altro, non andavano
oltre il limite occidentale della pianura Hamadān. Le nostre informazioni sulle frontiere settentrionali e orientali della
Media, tuttavia, sono molto limitate. Il territorio originario della Media, così come noto agli assiri nel periodo compreso
tra l'ultimo terzo del IX sec. fino all'inizio del VII sec. a.C., era delimitato a N da Gizilbunda, che si trovava tra monti
(Qāflānkūh) a N della piana di Hamadān; a O e NO non si estendeva oltre laa piana di Hamadān ed era delimitata dai
monti Zagros, eccetto che nella parte di SO. I medi occuparono la valle dello Zagros, e i confini del regno raggiunsero
la catena montuosa dei Garin, che separava la Media da Ellipi, un regno situato nella zona di Pīsh-e Kūh a S di
Kermānshāh. A sud era delimitata dalla regione elamite di Simashki, vale a dire, l'attuale vallata di Khorramābād.
Verso E e SE, il territorio della Media sembra fosse delimitato dal deserto del Dasht-e Kawīr e dal regno Patusharra,
descritto dagli assiri come situato lungo i confini del deserto di sale (probabilmente il Dasht-e Kawīr). La catena
montuosa vicino Patusharra era nota agli assiri come Bikni ed era chiamata "monte del lapislazzuli". Perlopiù gli
studiosi lo identificano con il Monte Damāwand situato a NE di Teheran. Patusharra, a quanto pare, è la regione
chiamata in medio-persiano Padishxwār (in prossimità di Damavand), dove l'estrazione del lapislazzuli è attestata per la
prima epoca medievale. Patusharra e Monti Bikni erano probabilmente i territori più lontani in cui gli assiri penetrarono
durante la loro massima espansione della seconda metà del VIII sec. e dei primi decenni del VII sec. a.C. Louis D.
Levine, tuttavia, sostiene che il Monte Bikni dovrebbe invece essere identificato con la catena dell'Alwand, che si trova
immediatamente ad O di Hamadān (tale identificazione è stata accettata da S. C. Brown e da vari altri studiosi).
Identificare il Bikni con la catena dell'Alwand, se corretto, significa che gli assiri non attraversarono mai questi monti e
che il territorio della Media che conquistarono o che era loro noto si limitava alle regioni a O di Hamadān.
Il nome della capitale della Media appare in un'iscrizione (DB 2.76, 77-78) del VI sec. a.C. del sovrano achemenide
Dario I a Bīsutūn come antico-persiano Hamgmatāna-, elamita Agmadana-, babilonese Agamtanu- ecc. (neo-persiano
Hamadān), ed è riportato da Erodoto e altri autori classici come Ecbatana. Anche se posta sulla grande via di
comunicazione verso il Khorāsān, le fonti assire non menzionano questa città. Vi sono, tuttavia, motivi per ritenere che
la città Sagbat / Sagbita, ripetutamente citata nei testi assiri, fosse una forma antica del nome Hamgmatāna attestato in
antico-persiano. Così, la localizzazione di Sagbat nella parte occidentale della pianura Hamadān e l'identificazione del
Monte Bikni con il Monte Damāwand a E ci permette di definire approssimativamente i confini originari della Media
fino al momento della sua espansione nel VII secolo a.C.

BADAKHSHĀN
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Il cuore del Badakhshān è l'alta vallata dell'Amu Darya (Oxus), ivi noto come Panj e nel suo ramo più elevato in
territorio afgano come Wākhān. Nella delimitazione frontaliera della fine del XIX secolo, un lungo corridoio adiacente
il fiume Wākhān che si estende fino alla frontiera cinese è stato lasciato all'Afghanistan, in modo da evitare il contatto
diretto tra l'impero indiano britannico e i possedimenti russi dell'Asia Centrale. Le profonde valli dell'Oxus e dei suoi
affluenti, sulla riva sinistra (il Kokcha) e sulla sponda destra (il fiume Pamir, che costituisce la frontiera sovietico-
afghana nella parte orientale del corridoio del Wākhān, il Gunt [Ghund], che prende il nome di ʿAlīshūr nel suo corso
superiore, e il Bārtang, che porta il nome di Morghāb più a monte e di Oksu nel suo tratto di massima ampiezza), si
trovano incastonati tra i contrafforti del Pamir, il grande nodo orografico dove convergono lo Hindu Kush, il Karakoram
e il Kunlun Shan. Strutturalmente l'acrocoro del Pamir presenta un'orogenesi molto complessa. L'intera superficie si è
sollevata ad altitudini in media tra il 3000 e 4000 m, sopra il quale torreggiano alti blocchi coperti di ghiacci a una
media tra i 5000 e i 6000 m. Alcune vette nell'area settentrionale superano i 7000 m (il Picco del Comunismo 7495 m,
nella catena dell'Accademia delle Scienze; il Picco di Lenin 7134 m, nella catena dei Trans-Alai). Lo Hindu Kush
supera i 7000 m sulla frontiera afgano-pakistana (Kūh-e Nawshākh 7485 m). Dal bacino del Kokcha è possibile
accedere al Nūrestān e alla valle del Panjshīr unicamente valicando passi ad altissima quota (il passo Anjoman per il
Panjshīr è a 4400 m; vari passi per il Nūrestān sono mediamente sui 4500 m).
L'altopiano del Badakhshān ha un clima estremamente rigido. Sugli altopiani del Pamir le temperature medie sono
stimate tra i -20 ° C in gennaio e i 10 ° a 12 ° C nel mese di luglio, mentre i minimi invernali possono scendere fino a
circa -50 ° C. Le precipitazioni annuali, che vanno dagli 800 ai 1500 mm sui versanti O e NO dei massicci, scendono al
di sotto di 200 mm sugli altipiani riparati del Pamir e a meno di 100 mm nel bacino dell'Oksu, con il risultato che queste
zone sono in pratica dei deserti di montagna. In fondo alla valle dell'Oxus ad altitudini tra i 300 e i 400 m, e così nelle
valli laterali, prevalgono condizioni di steppa arida o semi-desertica. Temperature moderate combinate con
precipitazioni relativamente abbondanti caratterizzano i tratti centrali delle vallate; a Feyzabad, capoluogo del
Badakhshān afghano, le temperature medie sono di 0,1 ° in gennaio e 26,4 ° a luglio, con una piovosità annuale di 521
mm. Tra la steppa arida e calda dei fondovalle e il deserto freddo delle alture, vi è una cintura di foresta naturale, che
consiste principalmente di ginepri; la sua ampiezza a O è di circa 1000 m, e il suo punto più basso è a 1500 m nella
valle del Kokcha e si va progressivamente alzando a E; nell'alta valle Wākhān e nel Pamir si estingue a causa della
siccità. La foresta primitiva, tuttavia, è stata abbattuta un po' ovunque. In tale contesto, l'attività agricola è concentrata
nelle vallate, dove i torrenti alimentati dai ghiacciai forniscono l'acqua per l'irrigazione, mentre l'attività pastorale può
essere condotta nel Pamir fino ad altitudini comprese tra i 3000 e i 3500 m.

KERMĀN
La provincia del Kermān è situata nell'Iran sudorientale, a SO del deserto del Kawīr-e Lūt. È suddivisa in due
macrosettori climatici, sardsīr (terre fredde) nell'altopiano settentrionale e il garmsīr (terre calde) nel bassopiano
meridionale, per esprimersi in termini generali. Con una superficie di 182.000 km², il Kermān è la più grande provincia
dell'Iran, costituendo l'11 % dell'intero territorio. La provincia si trova a lat. 26° 29' e 31° 58' N e long. 54° 20' e 59° 34'
E. Forma grosso modo un triangolo rettangolo rovesciato verso O, con la base E-O di 470 km posta a settentrione e
l'altezza di 630 km. La provincia è delimitata a SO dalle province del Hormozgān e del Fārs, a NO e N confina con la
provincia di Yazd, a NE con la provincia del Khorāsān e a E dalla provincia del Sīstān e Baluchistān. Le caratteristiche
fisiche della provincia sono desertiche in primo luogo. Il deserto del Kawīr-e Lūt separa il Kermān dalla regione storica
del Quhistān (ora Khorāsān meridionale) e dal Sīstān, mentre l'estensione meridionale del Kawīr che circonda la palude
episodica (hāmūn) di Jāz Mūryān è una barriera naturale che separa il Kermān e la regione storica del Makrān (oggi
Baluchistān iraniano). Nella parte occidentale della provincia ci sono zone di deserto (in particolare il Kawīr-e Namak-e
Sīrjān conosciuto localmente come Kafa-ye Qaṭru) che formano un confine naturale tra le due province del Kermān e
del Fārs. Tuttavia, nella parte meridionale, gli ultimi contrafforti della catena montuosa degli Zagros forniscono una
certa continuità naturale tra il meridione del Kermān e il distretto del Lārestān nel Fārs.
Confinando con il deserto che si stende nei bassopiani, le parti settentrionale e centrale della provincia formano un
altopiano intorno ai 2000-2500 m di altitudine, caratterizzato da montagne che offrono riparo agli insediamenti umani.
L'altopiano include una successione di catene montuose con un andamento generale da NO verso SE. La catena
settentrionale ha le cime Khwāja (2175 m), Chehel Dokhtar (3084 m), Lakar (2965 m), Bāghbālā (3711 m) e Palwār
(4233 m). A S corre una cresta parallela, ma molto più stretto, intersecata da creste angolari, con la sua massima vetta
nel Jupār (4.089 m) che domina la città di Kerman. Più a sud, il massiccio al centro della provincia è punteggiato dalle
cime del Chehel Tan (3765 m), del Lālazār (4234 m), dello Hazār (4465 m) e del Bahr Āsemān (3046 m). È ai piedi di
queste catene montuose che si trovano le oasi di montagna della provincia.
La provincia rientra nelle zone aride e semi-aride e come gran parte dell'altopiano iraniano soffre di scarsità di acqua,
una condizione che si fa disastrosa con l'aumento della popolazione. Èsegnata da vari torrenti di montagna a carattere
stagionale. L'unico fiume significativo del Kermān è lo Halīlrūd, lungo circa 400 km, che è affiancato da un suo
affluente, il fiume Ābshūr, nei pressi di Jīroft. Il fiume Halīl Rūd irriga la vasta pianura fertile di Jīroft e scompare più a
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sud, nelle paludi episodiche del Jāz Mūryān. Queste ultime, che in origine erano un bacino lacustre, sono ora
sostanzialmente paludi inaridite, in quanto l'acqua dello Halīlrūd viene regolata dopo la costruzione della diga Jīroft. La
piovosità media annua è bassa e diminuisce verso SE, anche se la topografia dà origine a molte varianti locali. La punta
massima delle precipitazioni si verifica in inverno. La piovosità media annua è di 80 mm e di 142 mm nelle città di Bam
e Kermān rispettivamente. Ma le precipitazioni più abbondante si hanno alle altitudini più elevate e la neve che cade in
montagna riempie le falde acquifere dalle quali canali sotterranei artificiali (qanāt, kārīz) attingono l'acqua per
l'irrigazione, nonostante in molti luoghi la salinità delle acque di deflusso dei qanāt sia piùttosto elevata. La maggior
parte dei maggiori corsi d'acqua sotterranei si sono prosciugati, sia perché il flusso nelle falde acquifere viene
consumato per intero sia perchè l'acqua sotterranea viene ora aspirata da pompe elettriche; sin dal 1940, l'uso di pozzi
ad alta profondità è diventato prevalente per la creazione di isole agricole a coltivazione intensiva.
La divisione climatica binaria dell'altopiano iranico in zone fredde e zone calde (sardsīr e garmsīr) è tipica del Kermān.
La provincia in generale è divisa in due distinti macroclimi, sardsīr nelle montagne a N e garmsīr nelle piane
meridionali. L'altopiano di Sīrjān ha un clima temperato, mentre Kermān, Rafsanjān, Zarand e Rāwar (Rābor) hanno
estati calde e inverni miti. I quartieri meridionali di Bam, Jīroft, Kahnuj e Manūjān sono caratterizzati dalla presenza di
clima caldo con umidità crescente verso il Mar di Oman e l'Oceano Indiano. Nella città di Kermān, con un'altitudine di
1762 m, in gennaio la temperatura massima media è 11.8° C, e la minima media è di -4.0° C; nel mese di luglio le
medie massime e minime sono 35.5° C e 17° C, rispettivamente. In una prospettiva nazionale, combinando le
temperature e le precipitazioni, il distretto di Kermān si trova in un clima steppico, se confrontato con le condizioni
desertiche di Yazd e di Zāhedān e le condizioni umide di Bandar ʿAbbās.
La flora della provincia riflette la sua dicotomia climatica. Gli altopiani contengono tracce di una foresta secca di
arbusti e alberi, come il pistacchio e mandorla; le pianure e le zone accessibili delle colline sono state disboscate e la
vegetazione naturale è andata perduta per la produzione di carbone e per il pascolo delle capra e delle pecore. Tuttavia,
sopravvivono ancora diverse specie vegetali selvatiche, che vengono utilizzate come coloranti nell'industria tessitura dei
tappeti di Kermān. Le pianure sono coperte da un sottile strato di flora steppica, con alcune specie di loto (konār),
mirto, oleandro, tamerici e acacia. Una linea netta di demarcazione tra le due zone climatiche si palesa in agricoltura:
mentre nei distretti montani l'orticoltura temperata è la norma, l'agricoltura degli agrumi e della palma da dattero
prevale nelle zone calde.
Nonostante le condizioni favorevoli che le montagne offrono per l'insediamento umano, vi sono tuttavia terremoti
distruttivi. La documentazione moderna rivela un periodo medio per il ritorno di fenomeni sismici significativi che va
dai cinque ai dieci anni. La più alta attività sismica appartiene al sistema di faglie denominato Gowk lungo il bordo
longitudinale che separa l'altopiano del Kermān dal deserto del Dasht-e Lūt. Questo sistema si estende a circa 100 km
circa da Shahdād fino a Golbāf, attraversando Chahār Farsakh, Sīrch, Āb Garm, Jowshān, Fandoqā, Zamānābād per
giungere appunto a Golbāf. Una faglia più breve nel meridione, anch'essa posta in senso longitudinale, è stata la
responsabile del devastante terremoto di Bam nel dicembre 2003; la sua distruttività non fu tanto dovuta alla magnitudo
del terremoto (moderata), ma piuttosto alla scarsa qualità delle infrastrutture. Con il mattone crudo come materiale di
costruzione principale, la magnifica cittadella di Bam (Arg-e Bam) poteva essere danneggiata persino da terremoti
moderati e, pertanto, non poteva essere una costruzione molto antica, visto il breve periodo di ritorno di eventi sismici
nella regione.
Anche se da un punto di vista strettamente geografico il termine Kermān indica principalmente gli altopiani freddi o
l'altopiano settentrionale che copre la provincia, in senso più ampio, almeno nella storia moderna, il Kermān è stato uno
dei quattro eyālat o super-province (insieme con l'Āzerbāyjān, Khorāsān e Fārs) formate dalla suddivisione in quattro
quadranti della mappa dell'Iran secondo la legge sulle suddivisioni territoriali del 1907. In questa impostazione, la
provincia di Kermān, nota anche come "Kermān e Makrān" o "Kermān e Balūchistān", si estendeva verso oriente fino al
confine indo-persiano e verso meridione fino al Mar di Oman. Le successive riforme amministrative del 1934-1938, che
suddivisero l'Iran in dieci province, apportarono pochi cambiamenti nei confini della ex-provincia di Kermān, che
venne chiamato la Provincia Ottava (composta dei distretti di Kermān, Bam, Bandar ʿAbbās, Khāsh e Zābol). Il
territorio della Provincia Ottava, nel corso dei decenni successivi, è stato ridotto a quella che viene ora chiamata
provincia di Kermān, a causa di due importanti secessioni. La metà orientale della provincia storica è stata incorporata
nella nuova provincia del Sīstān e Balūchistān, e la costa meridionale è andata a formare quella che è conosciuta oggi
come la provincia di Hormozgān.
Il mosaico amministrativo della provincia si è parcellizzato nel corso dei decenni. La provincia del Kermān, all'interno
dei suoi confini attuali, era costituita da cinque sub-province (Kermān, Bam, Jīroft, Sīrjān e Rafsanjān), che sono
arrivate a dodici nel 2000. Il numero dei distretti all'interno di ogni sub-provincia è cresciuto in modo proporzionale. A
dispetto di tutte queste variazioni, la città di Kermān (1038 km di distanza a Tehrān) rimane il più importante capoluogo
di provincia nell'area sudorientale dell'Iran.
Dopo essere stata economicamente classificata come "depressa" tra le province e le città iraniane per la maggior parte
del XX secolo, Kermān è ora legata all'economia nazionale per lo sfruttamento delle sue ricche miniere, l'espansione
delle infrastrutture di trasporto e la creazione di servizi educativi e turistici. La città di Kermān, anche se gode ancora la
posizione di principale centro commerciale della provincia, non monopolizza più lo sviluppo urbano: Rafsanjān, grazie
a favoritismi politici verso il clan Rafsanjānī ben radicato nella città, ha conosciuto una grande espansione.
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L'agricoltura svolge ancora un ruolo importante nell'economia della regione. Le regioni montane conoscono
un'agricoltura di sussistenza diversificata (cereali, patate, cotone, barbabietola da zucchero, semi oleosi, verdure, varietà
di frutta, tra cui pesche, ciliegie, mele, pere, cachi, datteri). Il cumino del Kermān, per lo più coltivato in Bāft, gode di
grande reputazione a livello nazionale. Il pistacchio è un altro famoso prodotto della provincia, che viene coltivato nella
zona di Rafsanjān, dove negli ultimi decenni è diventato l'oggetto di un'agricoltura semi-meccanizzata e viene prodotto
in quantità tale da essere esportato all'estero dopo la saturazione dei mercati nazionali. La produzione della canna da
zucchero è in rapida espansione, soprattutto intorno a Bardsīr. La coltivazione del papavero da oppio è stata
un'importante fonte di reddito per gli agricoltori locali, ma, in seguito al divieto imposto verso la metà del XX secolo,
l'elevata quantità di oppio che viene ancor oggi consumata nella provincia viene contrabbandata dall'Afghanistan. Nelle
pianure calde della provincia crescono riso, cereali, frutta e henné. A Bam è celebre la coltivazione delle palme da
dattero e degli agrumi, commercializzati in tutto l'Iran. La coltivazione di banane è stata introdotta nelle regioni garmsīr
a partire dalla fine del secolo scorso.
La zootecnia ha perso terreno nella provincia. Questa tende ad essere condotta attraverso l'allevamento di grandi greggi
di pecore e capre e costituisce l'occupazione di diversi gruppi nomadi in tutta la provincia, compresi gli afshār che
svernano nell'area di Jīroft ed estivano a Bāft, o i solaymānī che svernano nella piana di Kahnūj ed estivano sulle
pendici del Lālazār. Il prodotto principale è la lana, tra cui la lana dell parte inferiore dell'animale (kork), utilizzata per
tessere i famosi scialli di Kermān. L'erosione delle basi tradizionali della vita nomade e rurale e la distruzione delle
praterie attraverso il pascolo intensivo hanno portato ad un forte calo della pastorizia, mentre l'allevamento del bestiame
sta guadagnando terreno. Kermān ha a lungo primeggiato nella produzione dei tappeti e di manufatti tessili. Il tappeto
tipo "Kermān" è famosissimo. La produzione di tappeti rimane una delle principali attività industriali della città di
Kermān e delle zone limitrofe, anche se il mercato internazionale sia meno promettente di un tempo. I tappeti tessuti a
mano hanno lasciato il posto ai molto più economici tappeti fatti a macchina, che vengono prodotti in grandi fabbriche.
Le celebri fabbriche tessili di un tempo, che producevano i famosi scialli di Kermān e il broccato (terma), non sono più
fiorenti, mentre il pata-dūzī, una locale arte del ricamo, sopravvive ancora come lavoro a domicilio.
Dal momento che Kermān è rimasta una città di secondo grado per la maggior parte del XX secolo, gli altri settori
produttivi non si sono sviluppati granchè. Industrie moderne di una certa rilevanza si trovano nel settore delle
costruzioni, della produzione di cemento e mattoni, della raffinazione dello zucchero e dell'industria
alimentare/conserviera. L'industria pesante è scarsamente presente nella provincia. Nel 1960, nell'ambito di un progetto
di sviluppo di un'industria nazionale dell'acciaio, la provincia di Kermān fu considerata un possibile sito di sviluppo per
le sue miniere di ferro e carbone, ma la locale scarsità di fonti d'acqua, comportò la scelta di Isfahan come sito adatto,
dove ora il carbone e il minerale di ferro di Kermān vengono spediti. La maggiore produzione del Kermān rivolta al
mercato nazionale e internazionale è quella mineraria. Un'ampia estrazione di carbone, minerale di ferro e rame è
condotta in varie parti della provincia. Depositi di carbone si estendono tra le montagne da Zarand a Rāvar, che
alimentano la maggior parte dei consumi nazionali di carbone in Iran. Le miniere sono gestite principalmente dalla
Corporazione Nazionale dell'Acciaio. I depositi di minerale di ferro di Gol Gowhar nella sub-provincia di Sīrjān sono
tra i più grandi a livello mondiale e rendono fino a cinque milioni di tonnellate di minerale di ferro all'anno. I depositi
di rame della provincia si estendono lungo una linea che va da Sahr-e Bābak verso SE. La miniera di rame più ricca, una
delle più grandi del mondo, è a Sarchashma, situata a 50 km a sud della città di Rafsanjān. Scavi minerari sistematici
sono stati avviati nel 1972 dalla Compagnia del Rame di Sarchashma, che dal 1976 opera sotto gli auspici della
Industria Nazionale del Rame. La prosperità della società locale è resa evidente dalla presenza di una locale squadra di
calcio, il Ṣanʿat-e Mes-e Kermān, e dalla costruzione di uno stadio con una capacità di 35000 persone. Queste grandi
operazioni minerarie sono supportate da un gasdotto proveniente da Bandar ʿAbbās e da una rete di linee elettriche. Il
settore dei servizi è cresciuto rapidamente in provincia, in particolare nel settore delle infrastrutture dell'istruzione
superiore, che ha visto una crescita enorme a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Il riemergere del Kermān sul
palcoscenico nazionale è stata attuato attraverso la fondazione di una università nel 1970. Allo stato attuale, l'Università
di Kermān e l'Università di Medicina della città di Kermān si collocano tra le università di alto livello nazionale.
Rafsanjān, inoltre ha proprie università stabilitesi durante l'amministrazione di ʿAlī-Akbar Hāšemī Rafsanjānī
(presidente dell'Iran, 1989-1997). Inoltre, la Libera Università Islamica (Azād) ha varie sedi che operano nei capoluoghi
sub-provinciali di Kermān, Bāft, Zarand, Jīroft, Bam, Bardsīr e Kahnūj. Queste istituzioni attraggono un gran numero di
studenti provenienti da tutto il paese. Inoltre, il turismo è in un forte aumento grazie alla promozione delle attrazioni
architettoniche della provincia, tra cui vanno ricordati il complesso di età safavide costruito da Ganj-ʿAlī Khān e da
Wakīl, e i templi del fuoco zoroastriani nella città di Kermān; il mausoleo di Shāh Ne'matollāh e il Bāgh-e Shāhzāda a
Māhān; la famosa fortezza di Bam e gli scavi preistorici di Jīroft.

ĀDHARBĀYJĀN
Regione storica dell'Iran nordoccidentale, a E del lago di Urmia, fin dall'età achemenide. Il nome Azerbaijan è stato
adottato anche per l'Arrān, storicamente una regione iraniana, da parte delle forze separatiste anti-russe della zona,
quando, il 26 maggio 1918, fu dichiarata l'indipendenza e fu fondata la Repubblica Democratica dell'Azerbaijan. Per
dissipare le preoccupazioni iraniane, il governo dell'Azerbaijan ha usato il termine "Azerbaijan Caucasico" nei
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documenti internazionali. Questa nuova entità costituita dagli ex-khanati iraniani dell'Arrān, tra cui Karabagh, Bākū,
Shīrwān, Ganja, Talysh (Ṭāleš), Derbent (Darband), Qūbā, e Nakhichevan (Nakhjawān), che erano stati annessi alla
Russia con i trattati di Golestan (1813) e Torkamānchāy (1828) sotto il nome di Transcaucasia Orientale. Dopo che i
bolscevichi russi conquistarono nuovamente la regione nel 1920-1921, gli Stati caucasici di nuova formazione
(Armenia, Azerbaijan e Georgia) furono annessi all'Unione Sovietica e, l'Azebaijan fu rinominati il 12 marzo 1922
Repubblica Socialista Transcaucasica. Poi, per ordine di Stalin, il nome ufficiale della lingua dell'Azerbaijan fu
cambiato da "turco" a "azero". Sia l'adozione del nome Azerbaijan per la regione e di azero per la lingua della nuova
entità politico-territoriale sono storicamente e linguisticamente discutibili.
Il nome del paese deriva da quello di un satrapo dell'ultima età achemenide, Atropates (Strabone 11,523), il quale fu
mantenuto da Alessandro il Grande al governo della Media occidentale e fu conservato sotto i suoi successori, fondando
così un principato che si mantenne in uno stato di indipendenza o, perlomeno, di semi-indipendenza fino al II sec. d.C. e
fu definitivamente riunito all'impero persiano solo sotto il Re dei re sasanide Shāpūr I insieme con l'Armenia. Dal nome
di questo personaggio derivano le varie forme greche (Atropatene, Artropatias Media, Tropatene), la forma armena
Terpatahkan, la forma medio-persiana Ādurbādagān, le forme neo-persiane Ādharbāyjān e Ādharbāygān. I geografi
arabi medievali davano a questa parola significati diversi, facendola derivare dal nome di persona Ādharbādhur per
forgiarne etimologie popolari che rimandavano a significati del tipo "tempio del fuoco" o "custode del fuoco".
Dall'antichità fino al momento della conquista araba il nome di questo paese - un principato indipendente, o provincia,
prima sotto i sasanidi e poi sotto i califfi - è quello di una circoscrizione le cui frontiere si sono continuamente
modificate a seguito di eventi politici. Tuttavia, il cuore della regione è sempre stato il paese di montagna ad est del lago
di Urmia (Reżāʾīya). L'antica capitale estiva si trovava lì a Ganzaca (Ganzak), l'attuale Takht-e Solaymān. Al tempo
della conquista araba, la capitale (estiva) era situata al Ardabīl. Nel III sec. a.C., l'Atropatene probabilmente si estendeva
verso settentrione fino alle regioni del Ponto di Phasia and Colchide, ma normalmente i suoi confini si limitavano al
bacino dell'Araxes (Arasse). Nel medioevo, Mas'udi indica che l'Azerbaijan si estendeva a N di quel fiume. A NE, la
piana di Moghān (a sud dell'Arasse) era inclusa entro l'Adharbayjan da Mas'ūdī e da Ibn Khurdādhbih, ma era esclusa
da altri geografi. Varthān sull'Arasse è stata la località più lontana annessa al Azerbaijan a NE, secondo Ibn al-Faqih.
Nel III sec. d.C., la frontiera occidentale al confine con l'Armenia fu spostata a causa dell'annessione dell'"Armenia
persiana" all'Azerbaijan a O del lago di Urmia, finendo con l'essere successivamente collocata nelle aree montuose che
si trovano tra il lago di Urmia e quello di Van. A meridione si estese per un certo periodo fino a Sīsar, oggi Sanandaj.
Successivamente, il principale confine orientale della Media fu situato lungo il corso del Safīd-Rūd, che la separava
dalla provincia del Jebāl e quindi dalla catena dell'Alborz occidentale, che costiuiva una barriera naturale con le aree
umide e boscose delle montagne del Gīlān. Così, all'epoca dei primi geografi arabi, l'Azerbaijan era costituito
essenzialmente dalla porzione nordoccidentale dell'altopiano iranico interno, entro limiti che non si discostano molto
dalle frontiere dell'Iran attuale e che, in ogni caso, non superava le pianure della Transcaucasia, appena oltre il corso
dell'Arasse. Secondo le informazioni imprecise e talvolta contraddittorie forniteci da Yāqūt all'inizio del XIII sec.,
l'Azerbaijan si estese talvolta aoccidente addirittura fino a Erzincan (Arzanjān). In certi passaggi, il geografo vi annette,
oltre alla piana steppica di Moghān, tutta la regione di Arrān, portando la frontiera del paese fino a Kor, fatto che indica
che a partire da quest'epoca l'Azerbaijan tende a venire esteso verso N, con successive rapide trasformazioni del
concetto geografico.
Questa regione del mondo iranico abitata da popolazioni di montagna, in seguito alle invasioni delle popolazioni
turcomanne, subì un profondo cambiamento sotto il profilo etno-linguistico, che comportò una progressiva
turchizzazione dell'Azerbaijan. La causa essenziale di ciò va ricercata nella conformazione geografica dell'Azerbaijan,
dove le tribù turcomanne, nella seconda metà dell'XI secolo giunte di fresco dall'Asia Centrale, si concentrarono, dando
vita a un'ondata espansionistica diretta soprattutto verso occidente e le terre dell'impero bizantino. Avevano percorso la
via delle steppe, contrastate da altre popolazioni nomadi e si erano trovate a combattere i principati cristiani delle
regioni umide e boscose della Georgia, nella Transcaucasia occidentale, e dell'impero di Trebisonda nella zona ricca di
foreste del Ponto (la costa del Mar Nero). L'Azerbaijan, terra particolarmente adatta al pascolo, si trovava alla fine della
principale direttiva della migrazione dei nomadi turcomanni - che si verificò lungo la via che corre parallelamente agli
aridi versanti meridionali della catena dell'Alborz a S del Caspio - ed era un area in cui i nuovi arrivati ebbero modo di
riunirsi e di divenire dominanti. Il processo tuttavia fu lungo e complesso. Sebbene gruppi islati di popolazioni nomadi
turciche siano giunti in Transcaucasia ripetutamente a partire almeno dal VII sec. d.C., fu solamente nel corso dell'XI e
del XII secolo che avvenne il primo massiccio insediamento di pololazioni turciche in quest'area. La cosa ebbe luogo in
particolare nelle pianure steppiche della Transcaucasia orientale, a N dell'attuale Azerbayjan, nelle province di Arrān e
di Moghān, ma al di fuori dell'area controllata dal principato kesranide di Shirwān, che rimase relativamente non
interessato dal fenomeno. La turchizzazione di queste aree settentrionali fu rapida. Già prima delle invasioni mongole, i
turcomanni erano numerosi nell'Arrān e nella piana di Moghān. Moghān (Mūqān), ancora nota comeil nome di una città
ai primi geografi arabi, all'inizio del XIII sec. era, secondo Yāqūt, una regione dove ai villaggi si alternavano le zone di
pascolo ed era popolata esclusivamente da turcomanni. Nella seconda metà del XIII sec., secondo Qazwīnī, la regione
costituiva nient'altro che una zona di svernamento per i nomadi turcomanni. In questo periodi i turcomanni si trovavano
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anche a occidente del lago di Urmia e alcuni gruppi si erano spostati nell'area del Kurdistan nella regione di Shahrazūr,
ma, in generale, erano ancora piuttosto esigui nell'Azerbaijan meridionale, dove il concentramento delle popolazioni
nomadi che stava verificandosi lungo la linea di frontiera con i regni cristiani non aveva ancora avuto conseguenze.
All'epoca delle invasioni mongole, gran parte dei nuovi arrivati passaro direttamente in Anatolia, ma nuovi gruppi di
popolazioni turciche od i mongoli turchizzatisi iniziano ad insediarsi nelle zone meridionali dell'Azerbaijan, nelle zone
di Marāgha e di Khoy, vicino al lago di Urmia, così come nel Jebāl nelle zone di Qazwīn e di Zanjān. Inoltre, dopo la
morte dell'ultimo sovrano mongolo dell'Iran, l'ilkhanide Abū Saʿīd, i turcomanni che si erano spostati in Anatolia, come
i jalāyerī e i chūpānlū, cominciarono un movimento di ritorno in direzione dell'Iran. Il movimento continò sotto i
sovrani Qara Qoyunlū e Āq Qoyunlū, e da quell'epoca in poi la turchizzazione linguistica iniziò a farsi sentire e a
progredire rapidamente. Tuttavia, il periodo decisivo in questo senso fu senza dubbio l'età safavide, in cui lo sciismo
divenne la confessione di stato in Iran, mentre l'impero ottomano remaineva saldamente sunnita. La propaganda sciita
condotta presso le popolazioni nomadi dell'Anatolia, che si vivevano al di fuori dei centri urbani caratterizzati da un
sunnismo radicato, e le persecuzioni condotte contro gli sciiti dagli ottomani indussero molte tribù nomadi q riturnare in
Iran. Questa migrazione inizioò intorno al 1500, quando Shah Esmāʿīl unificò le tribù Qezelbāš nella regione di
Erzincan. Il feniomeno si fece sentire fin nella regione di Antalya, sulle coste mediterranee dell'odienra Turchia, da dove
i Tekelū, tribù che avrà un importante ruolo in Iran, si mosserò in massa muovendosi con 15000 cammelli. I nomadi
indubbiamente constituivano il grosso di questo spostamento di popolazioni, anche se coinvolse in misura minore
popolazioni semi-nomadi e contadini stanziali. Alla fine del XVI sec., Shāh ʿAbbās I organizzò la grande
confederazione degli Shāhseven, causando una penetrazione massiccia di popolazioni turche in Azerbaijan, area che si
turchizzò definitivamente in questo periodo con l'eccezione di alcune comunità parlanti tati. Dall'epoca di Shāh ʿAbbās
a quella di Nāder Shāh, molti azeri furono dislocati a oriente, nel Khorāsān, allo scopo di fornire forze per il controllo
della frontiera nordorientale contro l'espansionismo degli uzbechi. Ciò non modificò comunque in modo significativo lo
stanziamento ormai definitivo dei nomadi turcomanni in Azerbaijan. In quest'epoca la lingua azeri iniziò ad essere
parlata a E fino ad Abhar, vicino a Qazwīn. All'epoca di Evliyā Celebī, che viaggiò in Azerbaijan nel 1645, il turco,
predominante a Tabrīz tra la popolazione comune, era parlato a Qazwīn accanto al persiano. Nell'insieme, da
quell'epoca la mappa linguistica dell'altopiano iranico è rimasta pressochè la medesima, anche se l'azeri si è andato
affermando sempre più nell'area occidentale. Nel corso delle ultime due generazioni l'intera parte meridionale del
Ṭālesh iraniano, la striscia costiera caspica, ha adottato il turco come lingua dello scambio commerciale e in alcune
località è divenuto la lingua madre della maggioranza della popolazione. L'area in cui si parla azeri in Iran, anche
tralasciando le consistenti minoranze azeri sparse in varie province (specialmente nel Khorāsān) e altre minoranze di
parlanti turco (Turkmen, Khalach, Qashqāʾī), va ben oltre i confini politici delle province dell'Azerbaijan Occidentale,
con centro a Urmia (Reżāʾīya), e dell'Azerbaijan Orientale, con centro a Tabrīz (rispettivamente la popolazione, secondo
il censimento del 1976, contava 1.408.875 e 3.194.543 abitanti). L'area linguistica - che comprende, insieme a gran
parte della provincia di Zanjān (579.000), porzioni considerevoli della provincia centrale (a O e intorno a Qazwīn) e
anche della provincia del even Gīlān - conta una popolazione di parlanti azeri probabilmente superiore ai 6 milioni di
persone. Nella regione dell'Azerbaijan ex-sovietico (86.600 km2) ha avuto luogo un processo analogo di assimilazione
linguistica e culturale.
L'Azerbaijan, situato al limite tra la zona subtropicale e la zona temperata, presenta una certa varietà di situazioni
climatiche. La caratteristica rimane comunque l'aridità. Le precipitazioni dipendono soprattutto dai rilievi montuosi e
dall'altitudine. L'elevata catena del Caucaso orientale arriva a ricevere fino a un metro di precipitazioni annue e il
Caucaso inferiore, le catene sulla frontiera turco-iraniana a occidente del lago di Urmia e le vette del Qarāja-dāgh, del
Sabalān e del Sahand, più di 600 mm. Ma i bassopiani del Kura dell'Arasse ricevono solamente intorno ai 2-300 mm
annui e il livello si abbassa sotto i 200 mm lungo le rive del Caspio a meridone della penisola di Apsheron come anche
nel cuore delle steppe iraniane della piana di Moghān. I periodi di pioggia hanno generalmente due picchi: uno in
primavera (in maggio o, meno di frequente, in aprile), l'altro in autunno o all'inizio dell'inverno (perlopiù in ottobre).
I due grandi fiumi dell'Azerbaijan sono il Kura, che scorre lungo l'asse della piana transcaucasica (1515 km), e il suo
affluente di destra, l'Arasse (1072 km), il cui lungo corso segna prima la frontiera turco turco-armena e poi quell
airaniano-azerbaijana. Entrambi hanno origine negli altopiani dell'Anatolia orientale e sono parzialmente alimentati
dagli affluenti provenienti dal Caucaso. I corsi d'acqua dell'Azerbaijan iraniano sono molto più modesti. Il Safīd-rūd
(Qezel Üzen) è il principale corso d'acqua della regione nordoccidentale dell'Iran. Questa regione fa perlopiù parte del
bacino del lago di Urmia (51.000 km2, profondo 16 m al massimo, generalmente tra i 6 e gli 8 m, di elevata salinità). I
principali corsi d'acqua che sfociano nel lago sono lo Zarrīna-rūd a S e l'Ājī-chāy (Talkha-rūd) a E.
La consistente deforestazione delle montagne iraniane raopresenta il risultato di una milleanria attività agricola nelle
valli montane della regione poste al di sopra delle inospitali zone più basse. Come le steppe semidesertiche del bacino
del Kura e dell' Arasse, l'alto bacino semiarido dell'Azerbaijan iraniano non è infatti adatto alla coltivazione dei cereali,
che dipende dalle piogge. L'Azerbaijan combina zone pianeggianti adatte per lunga parte dell'inverno allo svernamento
delle tribù nomadi, mentre le montagne sono adatte agli insediamenti agricoli e offrono ottimi pascoli estivi posti sopra
la linea delle foreste. Per i nomadi di tradizione turco-mongola era l'ideale e l'Azerbaijan iraniano è ancor oggi un'area
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con presenza nomadica consistente.


La confederazione tribale degli Shāhsevan è il principale gruppo etnico dell'Azerbaijan orientale. Dal 1886 quando il
governo russo chiuse le proprie frontiere, impedendo le migrazioni stagionali e privando la confederazione dei 3/5 delle
loro zone di svernamento nei bassopiani dell'Arasse, la sedentarizzazione di questi nomadi, già peraltro iniziata
spontaneamente nel XIX secolo, si intensificò. In quel periodo i percorsi delle migrazioni stagionali furono
definitivamente fissati lungo un asse N-S tra la parte iraniana delle steppe di Moghān (zone di svernamento) e le
principali zone di pascolo estivo intorno ai monti Sabalān e Kūh-e Bozqūš e altre minori sul Bāghrow-dāgh a SE di
Ardabīl. Una seconda fase di sedentarizzazione forzata si ebbe sotto il regime di Reżā Shah nel corso degli anni Trenta
del Novecento, che comportò la fondazione di numerosi borghi, soprattutto nelle zone di svernamento, ma anche lungoi
percorsi migratori. Comunque, un gruppo consistente di Shāhsevan riprese le proprie migrazioni stagionali alla fine del
regno di Reżā Shah. Nel 1965, c'erano ancora circa centomila nomadi puri che vivevano nelle tende di feltro a
semicupola (alāchūq), in gruppi (oba) che andavano da due a dodici tende sia nei pascoli estivi (yeylāq) sia nelle zone
di svernamento (qeshlāq). I dati raccolti in aree ora convertite all'agricoltura irrigua suggeriscono che circa 800.000
pecore e capre passavano l'inverno nei 4.000 km2 delle steppe delle zone di svernamento di Moghān. A queste cifre
vanno aggiunti gli animali da trasporto (cammelli e cavalli). Attualmente, gli Shāhsevan sono formati da una
mescolanza difficile a districarsi di nomadi puri, che vivono tutto l'anno in tende, di semi-nomadi che abitano in dimore
di villaggio, che solamente durante l'estate si spostano nelle tende sulle montagne, e di genti sedentarie che affidano i
propri animali a un piccolo numero di pastori che fanno la transumanza. La lunghezza dle periodo trascorso negli
yeylāq montani è inversamente proporzionale all'importanza delle coltivazioni nelle zone di svernamento e all'esistenza
di borghi permanenti. Per i nomadi puri, questo periodo va tra i cinque e i sette mesi (incluso il tempo della
transumanza, che conta da tre a quattro settimane nelle due direzioni) di solito tra maggio e ottobre; esso può
abbreviarsi di molto per i pastori professionisti e per i semi-nomadi. Tuttavia l'unità culturale ed economica della
confederazione è piuttosto chiara: è segnata dall'adozione di un calendario agricolo-pastorale che ha come punti nodali
l'accoppiamento e il parto delle pecore e che inizia con il rientro agli ovili verso la fine dell'autunno. Questo sistema è
l'opposto di quello pratticato pressochè universalmente in Medio Oriente, e fa sì che l'allattamento dei nuovi nati
avvenga in inverno quando gli Shāhsevan si trovano nelle pianure. Ciò permette loro di commercializzare grandi
quantità di latticini (in particolare il formaggio bianco) in direzione di Tabrīz e Tehrān. I problemi della raccolta e del
trasporto sui monti rende impossibile un simile commercio durante l'estate. Questo dimostra come gli Shāhsevan siano
una tipologia di nomadi strettamente integrati nell'economia delle popolazioni sedentarie. Un'ultima rcente fase di
sedentarizzazione è cominciata dal 1951 in connessione con lo sviluppo delle aree irrigate per mezzo delle dighe
sull'Arasse. Nel 1968, 1.452 famiglie, sia di tradizione nomade pura sia semi-nomadi parzialmente sedentarizzati,
furono istallati su 11.787 ettari in 15 nuovi borghi, con l'assegnazione a ciascuna di terreni coltivabili in una misura che
va dai 3 ai 12 ettari. Questa tendenza è proseguita con la construzione della grande diga di Aṣlāndūz. Da allora la
sedentarizzazione sembra irreversibile e la proporzione di sedentari che preferisce affidare il proprio bestiame a pastori
professionisti aumenta costantemente. Esistono ancora oggi altri importanti gruppi nomadici nell'Azerbaijan iraniano,
specialmente intorno al Qarāja-dāgh e sugli altipiani del Sahand, dove i loro pascoli estivi si mescolano a quelli dei
sedentari e dei semi-nomadi che sono molto più numerosi.
L'agricoltura nei bacini d'alta quota così come nelle pianure del Kura e dell'Arasse tradizionalmente era assai inferiore a
quella praticata nella vallate montane e si limitava a zone circoscritte, cioè alle oasi pedemontane alimentate da corsi
d'acqua o raramente dai qanāt. Nel 1951 furono scavati due canali minori sull'Arasse che hanno reso possibile
l'irrigazione rispettivamente di 4.000 e di 18.000 ettari delle steppe di Moghān e l'insediamento degli Shāhsevan. Nel
1963, la conclusione di un accordo iraniano-sovietico sull'uso integrato delle acque dell'Arasse aprì nuove più ampie
prospettive. Una diga con funzioni di deposito idrico fu completata nel 1971 vicino alla città iraniana di Qezel Qeshlāq,
non lontano dalla città di Nakhjavān. La diga di Aṣlāndūz fu completata nel 1972 alla confluenza del Qara-sū poco dopo
il punto in cui l'Arasse entra nelle piane di Moghān. Da questo lago artificiale si dipartono due canali di uguale portata
in direzione dei due paesei confinanti. L'area irrigata dalla parte iraniana e di circa 56.000 ettari. Qui ci sono anche le
più importanti istallazioni idroelettrice dell'Iran nordoccidentale. Altri progetti sono in corso intorno al lago di Urmia
allo scopo di assicurare una regolazione integrale delle acque dell'intero bacino. Esiste un lago artificiale di 0.6 km3 sul
fiume Zarrīna-rūd, con due canali che servono all'irrigazione della pianura di Miyāndoāb a SE del lago di Uramia; c'è
un lago artificiale sul fiume Mahābād (Mahābād-chāy) per l'irrigazione di 21.000 ettari nella pianura di Mahābād a S
del lago; c'è un lago artificiale sul fiume Zolā (Zolā-chāy) per l'irrigazione (32.000 ettari) della pianura di Shāhpūr a NO
del lago; inoltre una serie di tre laghi artificiali provvede all'irrigazione di 80.000 ettari nella piana di Urmia a O del
lago.
Sugli altopiani dell'Azerbaijan iraniano si sono sviluppate numerose città. Ogni bacino idrico è caratterizzato da almeno
una città importante (intorno al lago di Urmia queste sono più numerose). La maggior parte delle città, nonostante il
loro glorioso passato, sono ora centri rurali con funzioni essenzialmente regionali. Ardabīl (147.000 abitanti nel 1976) è
situata nella sua oasi caratterizzata dalla coltivazione di frutta tipiche del clima temperato freddo che vi predomina (pere
e mele). Quartier generale dei primi safavidi, la città era allora un importante tappa carovaniera tra la Transcaucasia
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orientale e centrale e Tehran e Isfahan. La chiusura delle frontiere russe, in seguito all'annessione della Transcaucasia
nel periodo zarista, relegò la città a un ruolo puramente locale. Urmia, oggi è ben più importante da un punto di vista
demografico (163.000). Khoy (70.000), a N del lago, rimane al di fuori dell'importante via commerciale internazionale
che conduce dalla Turchia all'Iran. Tabrīz si sviluppò nel lungo corridoio costituito dal corso del Ājī-chāy, tra i monti
Sahand a S e il Qarāja-dāgh a N, non lontano dall'area settentrionale del lago di Urmia dove la via principale in
direzione SE-NO interseca la via N-S, parallela alle sponde orientali del lago, che porta alla valle dell'Arasse e alla
Transcaucasia. Tabrīz fu la capitale dell'Iran nel periodo mongolo, e di nuovo all'inizio del periodo safavide, prima che
le guerre con gli ottomani li costringessero a spostare la capitale più a oriente. Era ancora molto prospera nel XVII
secolo quando contava circa 150.000. La città ne contava solamente 15.000 all'inizio del XIX secolo. A quest'epoca, con
l'apertura progressiva dell'Iran all'Occiente, tornò ad essere una città molto importante. Era la porta del paese e un
importante centro di stazionamento per i convogli diretti a Trebisonda e verso il Mar Nero, dove c'erano gli scali
marittimi per l'Europa. La ferrovia la mise in connessione con il mercato russo di Jolfā e di Tiflis (Tbilisi), ma poi la
rivoluzione russa interruppe le comunicazioni verso Occidente attraverso i territori sovietici, causando una grave crisi
della città, che con la costruzione della ferrovia trans-iraniana negli anni Trenta fu collegata con le linee commerciali
che gravitavano sul Golfo Persico. Nel 1970 fu collegata al sistema ferroviario turco, ma con comunicazioni lente e
poco convenienti. Nel 1976, Tabrīz contava 598.000 abitanti, e oggi è la quarta più ampia città dell'Iran anche se è stata
la seconda fino a qualche anno fa.

KHORĀSĀN
Khorāsān (trascritto anche Khurāsān), è un'importante regione storica del mondo iranico orientale che comprende un
vasto territorio ora diviso tra Iran nordorientale, Turkmenistan meridionale e Afghanistan nordoccidentale. La regione
storica si estendeva, nella sua parte settentrionale, dal fiume Oxus verso O fino al Mar Caspio e, nella sua parte
meridionale, dai margini dei deserti iraniani centrali verso E fino alle montagne dell'Afghanistan centrale. I geografi
arabi lo estendevano talvolta fino ai confini dell'India.
Dal punto di vista geofisico, la parte settentrionale del Khorāsān iraniano contiene due catene montuose parallele: un
prolungamento orientale della catena dell'Elburz e la catena montuosa indipendente del Kopet-Dagh. Calcari e rocce
vulcaniche e metamorfiche prevalgono. Le cime più elevate sono il Kūh-e Hazār Masjed (3.146 m) e il Kūh-e Bīnālūd
(3.211 m). Un grande deserto di sale, il Dasht-e Kavīr, lambisce il Khorāsān da occidente. Le dune di sabbia vi sono
molto diffuse. Nella parte settentrionale della regione ci sono molte oasi, grandi e popolose, che divengono piccole ed
esigue a meridione. Gli altopiani del Khorāsān meridionale, storicamente noto con il nome di Qohestān, contano vette
che raggiungono i 2.100-2.700 m.
Il clima è fresco in estate e freddo in inverno. Nelle aree settentrionali e nordoccidentali della regione le precipitazioni
sono sufficienti a garantire l'esistenza di praterie e di foreste a macchia di ontano, quercia, ginepro e carpine; nelle aree
meridionali la vegetazione è scarsa. I soli fiumi permanenti del Khorāsān sono l'Atrak, il Kal-e Mūre, il Rūd-e Shūr e il
Kashaf Rūd, tutti più o meno di elevato tenore salino nel loro corso inferiore. Il moderno Khorāsān iraniano è in gran
parte agricolo, con produzione di frutta, cereali, cotone, tabacco, piante da olio, zafferano e seta. L'allevamento del
bestiame è abbondante: la lana, le pelli di agnello e la lana di capra vengono esportati. I prodotti minerari comprendono
turchese, sale, ferro, rame, piombo, zinco, cromo, magnesite e carbone. Il cemento, i prodotti dell'industria alimentare, il
cotone, lo zucchero, i prodotti farmaceutici, i mangimi per animali e i tessuti sono tipici prodotti della regione. Il
capoluogo dell'attuale Khorāsān iraniano, Mashhad, è collegato con la capitale dell'Iran, Tehrān, anche tramite ferrovia.
Le frontiere odierne del Khorāsān iraniano sono il risultato della definizione dei confini in seguito a vari trattati: il
trattato di Parigi (4 marzo 1857), in cui l'Iran cedette le regioni di Herāt, Qandahār e Kābul al regno afgano, il trattato
russo-iraniano di Akhāl del 13 settembre 1881 e la successiva convenzione dell'8 luglio 1893, in cui l'Iran rinunciava a
qualsiasi pretesa sulle regioni a nord dell'odierno confine a favore dell'impero russo. Nel 2004 la moderna provincia
iraniana è stata divisa in tre province minori (il Khorāsān-e jonūbī, cioè "meridionale", coincidente in modo
approssimativo con la regione storica del Qohestān, il Khorāsān-e shomālī, cioè "settentrionale", e il Khorāsān-e rezavī,
che è la parte centrale della regione dove si trova il capoluogo Mashhad) .
Il Khorāsān, a causa della sua storia travagliata, è popolato da una grande varietà di gruppi etnici: turkmeni a NO, curdi
intorno a Bojnūrd e a Qūchān, tīmūrī e jamshīdī (i cosidetti Chahār Aymaq) a E (alcuni dei quali sono ancora nomadi), a
SO ci sono gli heydarī e a SE i balochi. Gli altopiani meridionali ospitano una popolazione sedentaria. Qua e là si
trovano grupi nomadi di origine mongola, arabi e alcune comunità ebraiche nelle città. La parte più estensivamente
abitata e coltivata della regione è quella che si estende intorno alla città di Mashhad in direzione NO, dove si trovano le
importanti città di Qūchān, Shirvān e Bojnūrd.
La storia della zona risale a tempi molto antichi. Fece parte dell'impero achemenide tra il VI e il IV secolo a.C. e
dell'impero dei Parti, tra il III secolo a.C. e il III secolo d.C. (il Khorāsān, talvolta, viene vagamente considerato come
sinonimo di Partia). Il nome Khorāsān lo dobbiamo però alla dinastia sassanide (a partire dal III secolo d.C.), che
organizzò amministativamente il proprio impero in quattro quadranti, o quarti, che prendevano il nome dai punti
cardinali. Così, Khorāsān (dal medio-persiano khwar-āsān, lett. "[Terra del] Sol Levante], cioè Oriente) divenne il nome
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della regione. Dopo la conquista araba del 651-652 d.C., il nome si è conservato sia come nome di una provincia ben
definita sia in termini più genericie ampi. In un primo momento gli arabi governarono l'area come una marca di
frontiera, installandovi guarnigioni militari per il controllo delle principali città, ma ben presto, in età omayyade, vi si
istallarono consistenti colonie di arabi, soprattutto intorno alla città di Merv, ed ebbe luogo la fusione tra culture che
diede vita alla cultura iranica islamizzata. In seguito, il Khorāsān riacquisì un certo grado di indipendenza politica dal
califfato abbaside sotto le dinastie dei tahiridi, dei saffaridi e dei samanidi (821-999).
L’emergere dell’importanza di questa regione storica del mondo iranico nello scacchiere politico del califfato
musulmano risale alla prima età abbaside. Nel sec. VIII, infatti, il controllo del Khorāsān e della Transoxiana giocò un
ruolo determinante nelle vicende che comportarono lo spostamento dell’asse politico-militare del mondo musulmano
dalle coste mediterranee verso la regione irachena1. Crocevia delle principali direttrici di scambio che connettevano
l’area centrasiatica, attraverso l’altopiano iranico, alle regioni mediterranee e ai terminali marittimi delle rotte
commerciali dell’Oceano Indiano situati sulle coste del Golfo Persico, la regione irachena, per molti secoli, aveva
costituito al tempo stesso sia il confine occidentale sia il centro politico-amministrativo dell’impero persiano retto dalla
dinastia dei sasanidi, alle cui glorie mise fine e le cui glorie continuò l’espansione arabo-islamica del secolo VII. Circa
cent’anni dopo, alla metà del secolo VIII, l’ultimo califfo della dinastia degli omayyadi fu sconfitto dalla coalizione
guidata dagli esponenti del casato abbaside, i quali, nel dar vita a una nuova dinastia califfale, seppero sfruttare al
meglio l’appoggio — rivelatosi decisivo in sede di confronto militare — da parte dei circoli iranici di recente
islamizzazione delle regioni più orientali del califfato e in particolare dell’area khorasanico-centrasiatica2. Effetto
macroscopico del riassestamento generale degli equilibri di potere nel mondo musulmano di allora fu l’abbandono da
parte della nuova élite abbaside dell’antica capitale califfale di Damasco, in Siria, in favore della nuova sede irachena di
Baghdād, fondata per volere del califfo al-Manṣūr (r. 754-775) nel 762, lungo il corso del Tigri, una trentina di
chilometri a settentrione del sito dell’antica capitale sasanide Ctesifonte. Nella sfera politico-amministrativa il regime
abbaside fu particolarmente aperto al contributo gestionale offerto da individui provenienti da ambienti non arabi, e in
particolare dal mondo iranico, ma non solo. Fu questo uno dei fattori più importanti nel processo di osmosi culturale che
in età abbaside diede vita a un fenomeno di cosmopolitismo vero e proprio in chiave iranica, tanto che alcuni studiosi
hanno parlato di “iranizzazione del califfato” per un’epoca in cui altri preferiscono invece vedere (ma in fondo non si
tratta di una contraddizione) l’età classica del mondo musulmano. Esemplificativo di un atteggiamento che supera
dall’interno l’impasse generata da una troppo radicale contrapposizione tra arabo e non-arabo è un passo della risāla
neopersiana intitolata Nawrūznāma (databile tra la fine sec. XI e l’inizio del XII), in cui l’autore annovera i califfi arabi
della stirpe di ʿAbbās tra i re di Persia e lo fa, significativamente, senza alcun imbarazzo, rivelandoci quali siano stati
gli esiti sul lungo periodo del processo di osmosi culturale di cui si diceva sopra. Il ruolo di primo piano giocato dal
Khorāsān e dalla limitrofa Transoxiana durante la prima età abbaside nelle vicende politico-militari per il controllo del
califfato comportò un deciso rafforzamento delle élites iraniche locali. Nel corso dei secoli IX-X, con l’affievolirsi delle
capacità di controllo diretto da parte dei dinasti abbasidi, in quelle regioni orientali del mondo musulmano si formarono
emirati, che, se pur ancora legati al riconoscimento formale del califfo di Baghdad quale autorità massima, erano
sostanzialmente indipendenti, come quello samanide, con capitale Bukhārā (nell'Uzbekistan attuale). A quel tempo,
nelle fiorenti città di questa vasta area geografica compresa tra l’altopiano iranico, le steppe centrasiatiche e le catene
montuose dello Hindukush, si venne affermando come lingua letteraria il neopersiano (fārsī), o darī, che andava ad
affiancarsi come lingua di corte alla già ben consolidata tradizione letteraria araba. Ferdowsī, autore del celebre poema
epico che raccoglie la storia tradizionale dell'Iran, lo Shāh-nāme ("Libro dei Re"), era originario di questa regione.
La tipica suddivisione amministrativa dell'età sasanide, caratterizzata da una suddivisione in quattro settori anche
della regione stessa, si mantenne a lungo e così, anche durante l'età islamica, le città che costituivano i centri dei quattro
distretti in cui era suddiviso il Khorāsān erano (distretto settentrionale) Marv, che nella prima epoca islamica svolse il
ruolo di capitale regionale, (distretto orientale) Balkh, l'antica Bactra, (distretto meridionale) Harāt, la moderna Herat
ora in Afghanistan, (distretto occidentale) Nīshābūr, ora in Iran, che divenne la capitale dell’emirato samanide nel IX
secolo. Verso la fine del sec. X, il Khorāsān entrò nell’orbita della potenza ghaznavide guidata dal sultano Maḥmūd (r.
998 -1030), il quale aveva eletto propria capitale Ghazna (l’attuale Ghazni in Afghanistan), la città eponima della
dinastia. Tuttavia, già nel 1040, gli eserciti ghaznavidi del successore di Maḥmūd, Masʿūd (r. 1030-1040), furono

1
Quest’estesa area geografica ad alta vocazione agricola, che si stende a oriente oltre l’Eufrate ed è bagnata da un
altro imponente corso d’acqua, il Tigri, è delimitata a est dalle catene montuose che formano le propaggini
occidentali dell’altopiano iranico, a sud dalla confluenza dei due grandi fiumi nella zona costiera del Golfo Persico
e a nord dall’altopiano anatolico. Regione che può benissimo essere chiamata Babilonide come fece al-Kisrawī nel
passaggio succitato, dove è rilevante l’identificazione che l’autore ne fa con l’Īrāshahr, o Paese degli Arii,
evidentemente collocato molto più a oriente. Del resto, in quella Babilonide/Īrāshahr la capitale dei califfi abbasidi,
Baghdad, è sorta a pochi chilometri dall’antica capitale sasanide.
2
Per ragguagli sulle principali vicende storiche del mondo musulmano dei primi cinque secoli dell’islām, v. in
italiano I. M. LAPIDUS, Storia delle società islamiche. I. Le origini dell’Islam, Milano (Einaudi), 2000 [tit. or. A
History of Islamic societies, Cambridge (University Press), 1988].
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duramente sconfitti a Dandanqān dalle compagini guidate dai generali del casato selgiuchide, che controllava la
confederazione nomadica turco-oghuza penetrata già da qualche anno nel Khorāsān dalla vicina Transoxiana. Il
pricipale esponente selgiuchide, Ṭoghril Beg (r. 1037-1063), dopo aver conquistato il regno del Khwārezm, la grande
oasi del delta dell’Amu Darya sulle rive meridionali del lago d’Aral, assunse a Nīshābūr il titolo di al-sulṭān al-
muʿaẓẓam, “il sultano sommo”, e intraprese le grandi operazioni militari che, nell’arco di un decennio, gli valsero la
conquista dell’intero altopiano iranico e della stessa capitale califfale. In fatti nel 1055 capitolò Baghdad, dove Ṭoghril
Beg, con il titolo onorifico di Rukn al-Dīn Abū Ṭālib, assunse il controllo effettivo del califfato, concedendo al califfo
abbaside prerogative limitate, di ordine puramente formale, e il controllo sulle rendite di alcune aree del distretto
baghdadino. Il sultanato selgiuchide raggiunse l’apogeo durante il regno del nipote del fondatore, ʿAḍud al-Dīn Abū
Shujāʿ Alp Arslān (r. 1063-1072), e del figlio di quest’ultimo Jalāl al-Dīn Abū ʾl-Fatḥ Malikhshāh (r. 1072-1092), il
quale controllava un impero che si estendeva dai confini cinesi alle rive del Mediterraneo, dal Caucaso fino allo Yemen.
In quest’epoca visse e operò ʿUmar ibn Ibrāhīm al-Khayyām, il celebre matematico e poeta originario del Khorāsān, la
cui fama di grande astronomo e matematico lo condusse a frequentare i circoli intellettuali della corte selgiuchide di
Malikhshāh allora insediata nella nuova capitale del regno, Iṣfahān. Infatti, se Alp Arslān aveva retto l’impero da Marw,
il centro più importante dell’area khorasanica, il nuovo sultano preferì ad essa la più occidentale Iṣfahān.

Con Sanjar, l’ultimo dei cosiddetti Grandi Selgiuchidi, la capitale del sultanato tornò ad essere Marv, e dopo di lui il
21

sultanato selgiuchide unitario giunse a fine.L’ambiente di corte era dominato dalla figura di spicco di Abū ʿAlī al-Ḥasan
ibn ʿAlī, meglio noto con il titolo di Niẓām al-Mulk (1017-1092), già ministro del defunto sovrano e precettore dello
stesso Malikshāh. Grande stratega, politico consumato e splendido mecenate, egli brillò anche per doti letterarie — è
sua una celebre opera dal titolo Vite dei re (Siyar al-mulūk) — e fu il capostipite di un vero e proprio casato di illustri
ministri. Infatti, sebbene il breve regno del nuovo sultano Maḥmūd (r. 1092-1094) — uno dei quattro figli di Malikshāh
che si avvicendarono al trono del sultanato — abbia segnato una fase persecutoria nei confronti della cerchia famigliare
e clientelare del celeberrimo ministro deceduto lo stesso anno di Malikshāh, già con il regno di Barkiyāruq (r. 1094-
1104) due suoi figli divennero i ministri del nuovo sultano: dapprima ʿIzz al-Mulk e, a partire dal 1095, Muʾayyid al-
Mulk. Alla morte di Berkiyāruq nel 1104, seguì il brevissimo regno del figlio di questi, salito al trono all’età di soli
quattro anni e destituito di lì a poco da un terzo figlio di Malikshāh, Muḥammad (r. 1105-1118), il quale si avvalse della
collaborazione del già nominato Muʾayyid al-Mulk. Al breve regno di Muḥammad seguì quello di un quarto figlio di
Malikshāh, Sanjar, il quale regnò fino al 1157. Anche nel suo caso, gli furono ministri un altro figlio di Niẓām al-Mulk,
Fakhr al-Mulk, e i figli di quest’ultimo, Ṣadr al-Dīn e Nāṣir al-Dīn. Al novero del folto gruppo di discendenti del grande
ministro persiano che ebbero un ruolo di primo piano nel sultanato selgiuchide è da aggiungersi anche quello di un altro
suo nipote, figlio del fratello ʿAbdallāh, che servì come ministro di Sanjar con il titolo di Shihāb al-Islām.
In seguito il Khorāsān entrò a far parte dell'impero dei khwārezm-shāh, per essere invaso da Chigīz (Gengis) Khān nel
1220 e di nuovo da Tīmūr (Tamerlano) intorno al 1383. I sovrani persiani safavidi (1502-1736) in quell'area
combatterono contro l'espansionismo degli uzbeki. Il Khorāsān fu occupato dagli afgani dal 1722 al 1730. Nāder Shāh,
originario del Khorāsān, mise in rotta gli afgani e rese Mashhad la capitale del suo impero. Il suo regno ebbe fine nel
1747, dopodichè il ruolo di regione dominante dell'Iran fu preso per un breve periodo dal Fārs e per poi passare
definitivamente alla regione di Tehrān, poco a N dell'antica Rayy, uno degli importanti centri distrettuali della regione
storica del Jibāl.

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