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INTRODUZIONE DA AGGIUSTARE

Già esposto e preso d’esame l’argomento dell’ambito relativo al genere dei così denominati intermezzi, i
quali videro il loro albore nel fluire dell’evo relativo agli albori settecenteschi, la loro collazione d’ambito
temporale e spaziale e ciò che concerne l’ambito stilistico.

GLI INTERMEZZI NAPOLETANI

Per ciò che concerne lo sviluppo d’essi in ambito territoriale napoletano, v’è da considerare il fatto che
riscossero, ricevettero dimora con dilazione temporale, ossia con ritardo, il quale si rivela riconducibile alla
condizione sociale relativa ai cantanti, in quanto nell’ambito delle opere napoletane, i solisti delle scene
buffe simultaneamente erano componente delle cappelle di corte, esplicabile per cui non potevano
intercalarsi in un tracciato esclusivo, altresì rimunerato minormente rispetto all’opera seria. Pertanto,
giunsero al loro sviluppo partenopeo nel fluire dell’evo storiografico – musicale relativo agli anni
susseguenti il 1715, bensì, finora non v’era l’autonomia del libretto, in quanto esso era edito, stampato
simultaneamente a quell’operistico, con cui v’era altresì legame. (Collegamento con la trama).

Fu nel periodo rifacente al 1724 che, si vide protagonista di una stesura uno scritto di intermezzi al fine di
un dramma, autonomo rispetto ad esso, cui merito al novizio Pietro Metastasio.

(parte scritta piccola da vedere)

Relativamente al citato rinvio che vi fu in principio, v’è da cogitare che, di fatto, la città napoletana
soppresse quest’ultimo, in quanto produsse i cardini intermezzi settecenteschi e su larga scala dei facente
parte della così denominata scuola napoletana di Scarlatti ed altri suoi colleghi contemporanei quali Leo,
Feo, ne musicarono. Tuttavia, maggiormente rinomati furono Pergolesi ed Hasse. Ricordiamo Larinda e
Vanesio, 1726; Carlotta e Pantaleone, La serva padrona e Livietta e Tracollo.

La terminologia cui intitola essi rimanda all’intreccio tematico relativo ai ruoli donna – uomo, capovoltati.
Una donna nel fiore dell’età, pungente, altresì astuta al fine dei propri obbiettivi ed un uomo maggiormente
anziano e grullo, ingenuo.

In seguito agli anni ’30 del Settecento, vi fu un’ascesa, un esito di trionfo nel consenso all’intermezzo, sino a
giungere all’esecuzione autonoma, scindendosi totalmente dal dramma serio cui era intercalato.

(parte scritta piccola da vedere)

LA COMMEDIA PER MUSICA NAPOLETANA

Parallelamente e già in evo leggermente antecedente, agli albori settecenteschi quali il 1709, esisteva uno
spettacolo autonomo, così denominato commedia per musica, la quale vide il suo principio per virtù della
nobiltà presso il Teatro dei Fiorentini e si pose finanche in concorrenza con l’opera seria ed i relativi
intermezzi. (Prima commedia per musica – Patrò Calienno de la Costa – Agasippo Mercatellis)

Essa, risultava comporsi in uno spettacolo comico, cui caratteristica cardine era d’ambito linguistico: l’uso
del dialetto napoletano. Negli anni ’20 circa, vi fu affiancata la lingua italiana e conseguenzialmente a
personaggi di ceto basso affiancarono personalità maggiormente elevate. V’e da distinguere ch’essi aveano
molteplici affinità con il dramma per musica, differentemente dagli intermezzi. La commedia si costituiva su
tre atti, conseguenzialmente occupando autonomamente una serata, presentava una struttura che
alternava arie, talvolta col da capo e recitativi, presentava personaggi seri e buffi i quali costituivano delle
coppie come nelle scene buffe settecentesche ed ospitava a sua volta intermezzi e talvolta balli. In
particolare, avea il fine morale del fuggire ai vizi esplicati nei ritratti di personalità plebee, anziché esaltare
la virtù aristocratica per tal fine.
Un’ascesa di una risonanza tale da giungere sino a Roma, Venezia ove venne in contatto con le tesi
ideologiche d’ambito musicale - comico, ossia delle molteplici tipologie di creazione d’uno spettacolo
comico in musica in quanto in egual periodo, come già sovracitato, v’è la presenza della commedia per
musica napoletana, gli intermezzi autonomi o innestati in opere serie, uno spettacolo cantato di tradizione
veneziana il quale satireggiava l’ambito operistico, le commedie di prosa e dell’arte. Da una tale colatoio di
influenze stilistiche si giungerà nel 1743 a ciò che di fatto ha rappresentato ed è celebre come tale
definizione della prima opera buffa: la contessina del celeberrimo carlo goldoni su revisione musicale di
Macarri. Tuttavia, punto di snodo fu la collaborazione che ne scaturì con Baldassarre Galuppi che rese
possibile la conquista dell’assoluto livello artistico al fine di cui divenne il maggior genere storiografico
musicale settecentesco.

Esempio una delle opere breve ascolto cita titolo

Riavvolgendo l’ambito discorsivo, ciò che non mutò di quanto citato nei generi antecedenti fu la tesi
ideologica del costituire uno spettacolo a sé stante in tre atti appartenente alla commedia per musica
napoletana, così denominato dramma giocoso, la divisione per ceti sociali delle personalità cardini della
rappresentazione e finanche l’utilizzo linguistico del dialetto, in maniera limitata. Per ciò che concerne il
genere degli intermezzi, invece, l’opera buffa ne assunse il rifiuto dell’aria col da capo in favore di brani
chiusi d’azione e l’idioma musicale comico; altresì assunse dalle satire veneziane la distanza critica posta nei
confronti dell’opera stessa, infine dalle commedie di prosa e d’arte l’ambito ritmico ed il linguaggio comico
quali caratteri in maschera.

IL FILONE SENTIMENTALE – LACRIMEVOLE

V’è da citare, inoltre, ciò che stimolò, destò lo stupore al punto da definire una fase ultima dell’opera buffa,
ossia nell’evo relativo al 1760, Cecchina, o sia La buona figliuola, da libretto di Goldoni e musicato da
Niccolò Piccinni nell’ambito teatrale delle dame a Roma. Il nunzio, la novità fu l’appartenenza al così
denominato filone “sentimentale – lacrimevole” relativamente alla trama, desuntasi dal romanzo Pamela di
Richardson.

(parte scritta piccola da vedere)

Il sovracitato nunzio è costatabile nel fatto che si è intercalati nel contesto relativo all’opera buffa per cui il
dramma s’esplica infine nella letizia anche se è contornato da un forte pathos, aspetti amplificati e resi in
maniera maggiore per merito della musica al fine emozionale, un connubio di elementi cui ne conseguirà la
tipologia operistica del semiserio. Citiamo fra le più celebri composizioni Nina, o sia La pazza per amore,
risaliente al 1789 di Giovanni Paisiello. Siamo dinanzi ad così denominabile dramma giocoso cui conseguirà
una forte influenza del magnificente Wolfgang Amadeus Mozart. V’è da citare in conclusione, che
emblematicamente si colloca il matrimonio segreto di Cimarosa come la composizione che
tradizionalmente conclude lo sviluppo settecentesco di tal genere musicale.

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