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il Grillo canta

sempre al
tramonto
Beppe Grillo, Dario Fo,
Gianroberto Casaleggio

www.adagioebook.it
Proprietà letteraria riservata © 2013
Casaleggio Associati
Pubblicato per la prima volta in formato
cartaceo da Chiarelettere Srl., Milano
Copertina: Francesca Forte
Editor per l’ebook: Luigi Bruno per
guidaebook.com

I diritti d’autore di questo libro saranno


devoluti ad Afa Centro Reul di Genova
e all’Associazione genitori ragazzi non
vedenti e ipovedenti di Milano
Sommario

il Grillo canta sempre al tramonto

Prologo

Censure e pregiudizi. Dalla Grecia antica


alla rete
Oltre il limite del conosciuto
Da Leonardo e Galileo alla rete
Senza leader. Il blog di Grillo
Satira e politica
Per aggirare la censura
Spariremo come Sparta?
Una disorganizzazione organizzata
Un virus che si allarga

L’invenzione delle parlamentarie


Quante critiche!
Un voto rivoluzionario e trasparente
Grillo non è Gesù
La storia falsificata di Ipazia

I problemi sociali: carcere e


immigrazione
Svuotare le carceri
Troppa demagogia sull’immigrazione?
L’Europa se ne sbatte e a Lampedusa si
muore

E qui comincia la rivoluzione


Lavorare meno, vivere meglio
Risparmio e qualità
Dove sono gli economisti?
Un’intelligenza riformulata
Una conoscenza condivisa
Essere credibili sulla rete
La democrazia diretta
Cosa fare in parlamento contro la crisi?
Il rilancio delle piccole e medie imprese
Dopo le elezioni
Un’idea è buona o cattiva, non di destra o
di sinistra
La politica compromessa: il caso
clamoroso dell’Ilva

La cultura in piazza
L’arte al posto della mafia
A scuola ci si rompe i coglioni!
Contro il potere. Con il teatro si fa politica
(e si mangia pure)

Nella rete del MoVimento


Che fine fa il linguaggio?
Sesso a chilometro zero
Il rispetto della legge è un optional
Il virus del denaro e la febbre
dell’accumulo
La rete cambia il rapporto col denaro e il
mercato del lavoro
Un mondo senza intermediazione e
miliardi di idee e padroni
Le storie vere e false. Gli esempi di Fo
La credibilità della rete: anche la sanità
cambia

Cambio di prospettiva per fermare la


crisi
Lavoro quindi esisto
Caduta libera dell’Italia: perché?
L’anticapitalismo dell’estrema destra e
quello del MoVimento
Signoraggio bancario e referendum
sull’euro
Il punto di non ritorno
«Sì, ma il programma?»
Basta un’idea per rinnovarsi
Mettersi in gioco
La guerra in atto
L’inerzia del sistema

Tappa finale
L’odissea delle firme: una storia kafkiana
CasaPound
In galera!
La forza di Francesco
Qual è il sogno del MoVimento?
Le elezioni presidenziali
L’incontro con i movimenti

Qui ad Atene noi facciamo così


Autori

Beppe Grillo è comico, attore, attivista


politico e blogger. Il suo blog è il più noto tra
quelli in lingua italiana: è stato collocato al
settimo posto della classifica mondiale 2009
pubblicata da Forbes. Promotore di un forum di
discussione con migliaia di iscritti, ha ispirato
numerose liste civiche che portano il suo nome
e, nell’ottobre del 2009, ha promosso la
nascita di un vero e proprio movimento
politico nazionale, il MoVimento 5 Stelle. Per
Chiarelettere ha pubblicato con Gianroberto
Casaleggio Siamo in guerra (2011).
Dario Fo nasce il 24 marzo 1926 a San
Giano, provincia di Varese, dove suo padre era
capostazione. Diplomato all’Accademia di
Brera, frequenta il Politecnico, ma scopre in
fretta la vocazione per il teatro e la satira.
Comincia a scrivere testi per la radio, poi
debutta in scena con Franco Parenti e Giustino
Durano. È l’inizio di una fortunata e lunga
carriera che lo porterà, tra successi e censure,
a venire rappresentato in tutto il mondo, con
commedie politiche che attingono alla cultura
popolare e alla cronaca di tutti i giorni. Il suo
teatro ha segnato un’epoca e più generazioni.
Nel 1997 ha ricevuto il premio Nobel per la
Letteratura. Tutte le sue commedie, la maggior
parte scritte con Franca Rame, continuano a
essere rappresentate e sono state pubblicate da
Einaudi. Moltissimi i libri presenti nei
cataloghi dei più importanti editori mondiali.
Le sue opere più recenti: La Bibbia dei villani
(Guanda 2010), Arlecchino (dvd, Einaudi
2 0 11 ) , Il Boccaccio riveduto e scorretto
(Guanda 2011), Dario Fo e Franca Rame
ripropongono Ruzzante (dvd, Einaudi 2012),
La lezione. Storie del teatro in Italia (con
Giorgio Albertazzi, 4 dvd, Rizzoli-Bur e Rai-
Eri 2012), Il paese dei misteri buffi (con
Giuseppina Manin, Guanda 2012), Picasso
desnudo (Panini 2012).
Gianroberto Casaleggio è presidente e socio
fondatore di Casaleggio Associati, società di
consulenza di strategie di rete che cura il blog
www.beppegrillo.it. È cofondatore del
MoVimento 5 Stelle e ha organizzato i V-Day.
In precedenza ha ricoperto ruoli di
amministratore delegato, presidente e
consigliere delegato in società con forte
indirizzo tecnologico. È autore dei libri Il web
è morto, viva il web (Pro Sources 2011),
Movie Bullets (Il Sole 24ore 1998), WebDixit
(Il Sole 24ore 2003) e Web ergo sum
(Sperling & Kupfer 2004). Per Chiarelettere ha
pubblicato con Beppe Grillo Siamo in guerra
(2011).
Prologo

Spesso mi torna in mente un testo,


grottesco e tragico insieme, scritto da
Luciano di Samosata intorno al I secolo
d.C.
Il testo originale è in greco e ha per
titolo La nave ovvero I desideri. Si
tratta di un lungo percorso, una
camminata dal porto del Pireo ad Atene
durante la quale Luciano e un gruppo di
amici, tra cui i più loquaci sono
Samippo e Timolao, si raccontano l’un
l’altro i progetti più fantasiosi che hanno
in mente di realizzare. Luciano fa da
moderatore e incalza i compagni di
viaggio con domande puntuali e spesso
provocatorie.
I temi degli interventi passano dal
surreale al grottesco, senza tuttavia mai
perdere di vista la situazione tragica che
in quel tempo si viveva ad Atene e in
molte altre città della Grecia. I
protagonisti propongono soluzioni
spesso azzardate e impossibili per
sortire da quel bailamme disperato.
Qualche settimana fa ho avuto un
incontro con due amici straordinari,
Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio,
che mi hanno proposto di unirmi a un
viaggio lungo il folle percorso della
nostra condizione politica e
socioeconomica, di trattare cioè della
disperata crisi che stiamo vivendo.
Ho suggerito di prendere a pretesto
il viaggio di Luciano di Samosata, e così
è stato. Non ci resta che metterci in
cammino!
D.F.
Censure e pregiudizi.
Dalla Grecia antica
alla rete

Oltre il limite del


conosciuto

BG Credo sia importante iniziare


questo viaggio prendendolo alla larga,
per capire che cosa voglia dire ai giorni
nostri imparare, che cosa siano
l’ingegno e l’intuito e soprattutto come
sia possibile proiettare la mente fuori
dagli schemi accettati da tutti.
DF Allora mi permetterete di
presentarvi un grande ricercatore greco:
Eratostene, matematico, astronomo,
geografo e poeta di Cirene (nell’attuale
Libia), di razza scura, oggi diremmo
arabo, uno dei più importanti uomini di
pensiero e di intelletto della nostra
storia. A Siene (l’odierna Assuan), un
giorno del III secolo a.C., Eratostene
ebbe un’intuizione geniale: piantò un
paletto per terra nel momento in cui il
Sole era perfettamente allo zenit –
fenomeno che si ripete una sola volta
all’anno, durante il solstizio d’estate – e
notò che a causa di quella verticalità il
paletto non proiettava alcuna ombra. Il
Sole era proprio perpendicolare alla
Terra.
Giorni prima Eratostene aveva
inviato un amico a cavallo ad
Alessandria d’Egitto, a circa 850
chilometri di distanza, affidandogli il
compito di infilare, nello stesso giorno e
nello stesso momento, un altro paletto
uguale nel terreno. L’amico osservò che
il paletto proiettava un’ombra di due
spanne. Conoscendo l’altezza dei paletti
e la distanza fra le due città, Eratostene
calcolò l’angolo che i raggi solari
formavano con la verticale ad
Alessandria: un angolo di 7° 12’, che
equivale a un cinquantesimo di una
circonferenza completa. Allo studioso
bastò dunque moltiplicare per cinquanta
la distanza fra Siene e Alessandria per
ottenere la misura quasi perfetta della
circonferenza terrestre.
BG Lui, in quel momento, si rendeva
conto di realizzare quella scoperta?
DF Certo! Perché aveva la
coscienza dell’immagine. Aveva
proiettato un’immagine convenzionale in
una dimensione al di fuori dei limiti. Il
sapere è il mezzo che ti permette di
misurare le cose, i fatti, le situazioni, la
logica in una dimensione altra. È questa
l’intelligenza. Ma per nutrirla ci vuole
una scuola «ad arte», nel senso
rinascimentale del termine, in cui si
studino le teorie ma anche i metodi
applicativi per verificarle, sviluppando
così il sapere, la coscienza.
BG Io la scuola l’ho sempre vista
prima di tutto come uno spazio dove
studiare la biologia, la fisica, la
chimica, per capirne il funzionamento e
sperimentarlo. Applicare le scienze nel
luogo dove si vive sarebbe il modo
migliore per apprendere che il sapere è
concreto e incide sul nostro modo di
vivere.
DF Fatemi citare Leonardo. È
andato a scuola in una bottega di grandi
maestri a Firenze, ma ha appreso e
realizzato la sua conoscenza a Milano,
nel cantiere, negli edifici che metteva in
opera, nei ponti e nelle chiuse per il
controllo e la gestione delle acque.
Sappiamo che aveva rapporti con
esimi scienziati, medici, sapienti che
studiavano il Sole, la Terra e i suoi
movimenti. Pochi dei suoi
contemporanei parlavano della rotazione
della Terra e degli astri tutt’intorno.
Leonardo possedeva una coscienza
unica per quei tempi. Lo si intuisce dagli
spettacoli che allestiva per le feste di
corte: nello spazio scenico sistemava
delle grandi sfere che giravano intorno a
una gigantesca macchina centrale, e alle
sfere erano abbracciate, in sospensione,
delle donne nude che rappresentavano
l’allegoria del creato. Un modello legato
a uno spazio, dunque, ma anche al di
fuori dello spazio conosciuto.
Il modo di trasmettere il sapere può
assumere forme diverse a seconda del
tempo, ma è sempre stato condizionato
da censure e pregiudizi nei confronti
delle novità. Galileo Galilei, che
insegnava all’Università di Padova ma
era pisano, per comunicare con gli altri
studiosi scriveva le sue teorie in un
dialetto misconosciuto imitando i
dialoghi di Ruzzante. Così, per esempio,
attraverso il dialogo di un contadino con
un saccente illustrava nuove teorie
astronomiche inserendo nel discorso
forme di polenta e formaggio che,
ruotando nel cielo, alludevano ai
pianeti.
Paradossi che sembravano discorsi
assurdi, visioni di un pazzo; quelle
teorie erano invece determinate, solo
che erano truccate per nascondere alla
censura una verità proibita, proiettando
una dimensione dell’universo che è per
noi immensa e incomprensibile. Il senso
che noi abbiamo dell’infinito è un
giochetto rispetto a quello che,
attraverso i dialoghi, Galileo Galilei, in
veste di contadino, descriveva allo
scienziato tradizionale, allibito.

Da Leonardo e Galileo alla


rete

BG Questo stesso discorso possiamo


riprodurlo con la rete. Grazie a internet
abbiamo a disposizione una quantità
incommensurabile di idee e possiamo
far convergere migliaia di intelligenze
su un particolare concetto.
DF Non riesco a capire bene.
BG Siamo fuori dalla nostra
dimensione comune e in una
trasformazione generale che ci appare
incomprensibile perché ci viviamo
dentro.
GC Quello che dicevi prima
sull’impossibile che diventa possibile
mi ricorda una leggenda su Gengis Khan
e la sua infanzia piuttosto tribolata: suo
padre fu ucciso, lui dovette rifugiarsi
sulle montagne insieme alla madre e ai
fratelli. Una tribù nemica del padre lo
catturò con l’intenzione di ucciderlo, fu
costretto a vivere per molti anni in
povertà, cibandosi di quello che
trovava, avendo però sempre in mente il
suo obiettivo, quello di riconquistare il
ruolo di capotribù sottratto al padre. Un
giorno questo ragazzo, appena uscito
dall’infanzia, si trovò di fronte le mura
di Pechino, che non erano mai state
violate. La leggenda dice che egli, con il
suo cavallino mongolo, girò intorno a
quelle mura imprendibili e disse: «Io le
distruggerò». Però, in quel momento, era
soltanto un ragazzo su un cavallo...
BG Aveva dei problemi...
DF Abbiamo accennato a Leonardo,
a Galileo, e viene da chiedersi: ma da
dove nasce la genialità e cosa la
produce? Per esempio è strano che molti
grandi uomini della terra, grandi pittori,
grandi architetti, grandi scienziati,
fossero tutti figli di N.N.: lo erano
Leonardo e Ruzzante; i genitori di
Raffaello erano morti entrambi quando
lui era ancora un bambino; Leon Battista
Alberti aveva avuto per madre una
minorenne... Insomma, tutti, o quasi,
questi personaggi dotati di inarrivabile
intelligenza nascono da donne divenute
madri appena adolescenti e crescono in
situazioni di grandi difficoltà al di fuori
di una famiglia vera e propria. Qual è la
connessione? Sarà un caso o c’è una
concomitanza del tutto particolare?
BG Be’, il caso ha molta importanza.
Ci sono scienziati che giungono a grandi
risultati ma in alcuni casi non ne sono
pienamente consapevoli. Mi viene in
mente la storia di Otto Hahn, chimico
tedesco, premio Nobel nel 1944, che ha
scoperto la scissione dell’atomo grazie
alla collega e amica Lise Meitner, fisica
austriaca, che dagli Stati Uniti gli
scrive: «Otto, ho visto i tuoi scritti, hai
spaccato l’atomo in due senza
rendertene conto. Non te ne sei
accorto!». Lise capì l’importanza del
lavoro di Hahn più di lui e offrì la
spiegazione teorica della prima fissione
nucleare, riuscita a Otto. Lui prese il
Nobel, lei niente: ottenne solo molti
apprezzamenti e qualche premietto.
GC Fermi, qui c’è una decisione da
prendere. La strada si divide in due
direzioni. Andiamo a destra o a sinistra?
DF Cos’è, una scelta politica?
BG Non ce n’è bisogno. Guardate,
c’è un cartello abbattuto lì a destra.
Dobbiamo andare dritti, sopra e oltre, è
il nostro destino.
DF Di cosa stavamo parlando?
BG Della casualità degli eventi e
dell’individualità del pensiero.
GC Io credo che si tenda a dire, per
conformismo, per legittimarsi, ciò che
gli altri vogliono ascoltare. Io preferisco
dire sempre quello che penso; gli altri lo
possono condividere, se vogliono, o
confutarlo. È più sportivo così.
DF Esattamente il contrario di come
ragiona un normale politico... Basta dare
un’occhiata alla televisione in questi
giorni, dove appaiono personaggi come
il Bingo-Berlusca a raccontare le loro
frottole, a sparare le loro promesse
bugiarde («bisogna abbassare tutte le
tasse») e subito dopo eccolo lì, un altro
con la faccia pulita e umile che ti parla
di equità: «I ricchi pagheranno in
rapporto maggiore rispetto ai poveri»,
«togliamo l’Imu e ritassiamo con
sobrietà»...
GC Ed è per questo che secondo me
la possibilità di cambiamento sta nel
cercare un pensiero originale. Il
MoVimento 5 Stelle ha contro l’intero
Sistema, pochi sono dalla nostra parte.
Come diceva Flaiano, forse gli altri
arriveranno in seguito in soccorso dei
vincitori, se il M5S avrà successo. Uno
sport nazionale di antica data.

Senza leader. Il blog di


Grillo

GC Il cambiamento è anche nelle


parole, nella costruzione delle frasi,
nella sintassi. Tutto passa attraverso il
linguaggio: per esempio «leader» per il
M5S è una parola del passato, una
parola sporca, deviata; leader di che
cosa? Vuol dire che tu attribuisci ad altri
l’intelligenza e la capacità decisionale,
allora non sei neanche più uno schiavo,
sei un oggetto. Con le primarie è stato
definito il leader del centrosinistra, ma
cosa vuol dire?
Se facessimo un’analisi della parola
e del significato della parola...
DF È questo che bisogna fare...
GC Dietro la parola «leader» non
c’è nulla. Prendiamo Occupy Wall
Street: a New York si è svolta una
manifestazione spontanea contro gli
istituti di credito in cui i manifestanti si
sono autodefiniti «Occupy Wall Street»
e hanno invaso l’area delle banche e
della Borsa americane. Un fenomeno che
poi è dilagato: «Occupy Madrid»,
«Occupy Toronto»... Quell’espressione
è diventata uno slogan, ma nelle varie
manifestazioni non è mai emerso un
leader, l’importante era il movimento.
David Graeber, antropologo e attivista
anarchico, autore di Critica della
democrazia occidentale, tra gli
organizzatori del movimento, lo ha
definito leaderless, «senza leader», che
associa intelligenze senza riferirsi a un
capo supremo. Rientra nel concetto
stesso di comunità. Basti pensare alla
comunità degli Amish.
DF Ah, gli Amish! Che gente
straordinaria! Sono la comunità più
prolifica del mondo: ogni coppia deve
avere almeno otto figli, altrimenti il
matrimonio si scioglie. Aborrono tutte le
invenzioni della tecnologia moderna,
salvo le energie rinnovabili: il sole, il
vento e la forza delle cascate d’acqua.
Scusate, sono un po’ enciclopedico.
GC Figurati, lo sono un po’ anch’io.
Alla comunità degli Amish non si
associa alcun leader; se invece si pensa
agli Stati Uniti viene subito in mente
Obama. Sono due mondi completamente
diversi. Ecco, la rete consente la
creazione di comunità, fin dall’inizio, fin
da quando è nata. Possono essere
comunità di qualunque natura, anche
politiche, e oggi il M5S è una comunità
politica.
Uno dei nostri slogan è: «Nessuno
deve essere lasciato indietro», uno
slogan di comunità.
DF Bellissimo slogan! Uscire dal
luogo comune di una forma di pensiero
comporta davvero l’invenzione di un
linguaggio, il che provoca a sua volta
una rivoluzione. Ci sono linguaggi
costruiti apposta per selezionare ed
eliminare chi resta fuori dal gioco! Cosa
c’è di più grande di una rivoluzione? La
Rivoluzione francese ha distrutto
completamente l’antico lessico, quello
controllato dagli aristocratici con una
struttura lessicale piena di ovvietà e di
«birignao», cioè di suoni miagolanti e
inutili, e quel ribaltone è stato
determinante non soltanto per la nascita
del francese moderno ma per un nuovo
rinascimento di tutte le lingue europee.
GC Ha creato concetti. La parola
leaderless è una parola nuova, prima
non c’era. La rete favorisce questo
cambiamento lessicale. Beppe e io ci
esercitiamo ogni giorno sul blog,
scriviamo insieme i testi.
DF Molti sono curiosi di sapere
come fate...
BG Il post nasce ogni giorno dopo
cinque-sei telefonate in cui scegliamo
l’argomento. Gianroberto ha la sintesi,
io ho l’analisi. Io parlo, parlo, parlo...
Tutto nasce dal confronto e dalla
conversazione.
GC Ogni tanto parlo anch’io...
BG Ogni tanto lo lascio parlare.
GC Grazie...
DF Pensa come sei generoso.
BG Qualche tempo fa è stata fatta
un’analisi pseudoscientifica del
linguaggio del nostro blog ed è stato
scoperto che dentro ci sono cinque
personalità diverse... cinque autori ben
distinti!
GC E in Chi ha paura di Beppe
Grillo? [di Federica De Maria, Edoardo
Fleischner, Emilio Targia, Selene,
Milano 2008, ndr], uno dei primi libri
scritti su di noi, c’era un’analisi da cui
emergeva che gli autori erano almeno
cinque persone diverse. Alla base c’era
uno studio filologico del linguaggio. In
realtà siamo solo noi due a scrivere ma
nessuno riesce a capire chi è uno e chi è
l’altro. Ci hanno definito un autore con
sette teste diverse perché alcuni pezzi
sono di satira, altri di concetto, altri
ancora di politica e questioni sociali,
tutti scritti con stile diverso.
Satira e politica

GC Prima si parlava dell’uso delle


parole, di come i nuovi concetti passino
attraverso un linguaggio diverso. Noi
abbiamo cercato di ridefinire il
linguaggio politico. Ci hanno accusato di
aver utilizzato appellativi offensivi per
definire i nostri politici. Noi
applichiamo la corruzione sarcastica
delle parole alla politica incrociando
volutamente campi espressivi diversi. In
questo modo ci facciamo capire meglio,
i concetti arrivano più velocemente.
DF (indicando davanti a sé, al lato
di un grande bosco) Oddio, dove siamo
qua? D’accordo che sono tanti anni che
non vengo nel Peloponneso, ma
quell’enorme teatro non me lo
ricordavo.
GC Accidenti, è davvero grande,
con quella cascata di scalinate così
ripide: dev’essere Epidauro.
DF No, Epidauro è almeno a 100
chilometri da qui. Forse è Astanasos, un
teatro del IV secolo restaurato dai
Romani.
BG Ci stanno lavorando ancora,
guarda quei camion che entrano
nell’emiciclo.
DF Ma cosa trasportano?
BG Immondizia, rifiuti...
GC Eh già, stanno trasformando un
teatro in una discarica!
DF Ma è infame!
BG Questi sono sicuramente degli
abusivi, come succede da noi nel Sud, o
anche alla periferia di Roma.
DF Siamo veramente alla fine del
mondo: le gradinate di un teatro che
diventano deposito di monnezza.
GC Ma non c’è un servizio di
controllo, la polizia...?
DF Quando siamo partiti dal porto
del Pireo abbiamo visto un sacco di
polizia.
BG Già, per difendere l’arrivo dei
turisti sulle navi da crociera.
GC Ecco, si diceva che senza Monti
saremmo diventati come la Grecia: fame
e disordine. E qui c’è il nostro prossimo
traguardo, grazie anche a Monti.
DF Andiamo avanti, via di qua, mi
viene il mal di stomaco. Cosa stavamo
dicendo?

Per aggirare la censura

GC Si ragionava del linguaggio, su


come ci si sta liberando dall’ovvio e dai
luoghi comuni. A questo proposito un
giorno mi hanno invitato a un incontro
cui partecipava anche Romano Prodi.
Quando ci siamo visti lui ha tenuto a
dirmi che la comicità è comicità, e la
politica è politica. Uno deve decidere se
il linguaggio è quello del politico o
quello del comico. Due binari, nessuno
scambio. Ma la gente non ragiona così:
Veltroni adesso per il popolo della rete
è Topo Gigio, Napolitano è Morfeo. La
comunicazione è passata velocissima.
DF Ma loro non se ne accorgono.
Parafrasando Socrate, non sanno di non
sapere. La politica per loro non è mai
ironia, comicità, non si chiedono mai da
dove nascano la satira e il grottesco.
Non sanno che l’umorismo è la massima
espressione culturale di una società.
Se si analizzano le varie forme della
pittura, ci si accorge che parte dei
grandi maestri, a cominciare da
Leonardo, Michelangelo, Raffaello,
Bruegel e Giotto, esprime una
straordinaria dose di ironia, di
grottesco, di magia folle e via dicendo,
che però non è stata riconosciuta.
GC La riconosce solo chi studia nel
profondo un autore. Al contrario, il
normale critico non s’accorge che il
grande maestro, con quel dipinto, sta
raccontando una storia ironica,
grottesca, nella cui sequenza di segni e
figure c’è la rabbia verso una società,
una condizione, la schiavitù, verso tutto
ciò che è espressione del potere.
DF Proverò a citarvi un esempio
reale. Attraverso un disegno stupendo
Leonardo – ancora lui – fa un discorso
sull’Europa della sua epoca e un’analisi
grottesca del potere. Per fare ciò si
serve di personaggi satirici. Così
trasforma la Francia in un giovane di
rara bellezza; la Chiesa cattolica in una
ragazza stupenda dalle cui cosce sta
fuggendo un serpente (la bella figliola
esibisce due teste: una di vecchio
grintoso e una di fanciulla risplendente);
la Spagna e la Germania in due aquile
che scendono in picchiata per agguantare
una gallina sgozzata che sta fra le mani
della Santa romana chiesa. Proprio
come in uno spettacolo assurdo della
Commedia dell’arte, Leonardo mette uno
contro l’altro questi personaggi nelle
vesti di maschere che tendono a colpirsi
con ogni mezzo. Al centro del tavolo
appaiono dei cani scatenati che
rappresentano i prìncipi delle nostre
signorie. E per finire c’è un demonio,
che è il regista, l’allestitore di questa
parodia. Un’allegoria straordinaria,
comica, politica, grottesca. Cosa ne
direbbe il caro presidente Prodi?
BG Non disturbarlo per favore, è fra
quelli che non sanno di non sapere.
Tornando a noi, quindi in passato si
adoperava già l’allegoria per aggirare la
censura.
DF Certo. Quando si pensa a
Leonardo lo si immagina sempre come
un genio con la barba, incazzato, pieno
di indignazione, anche perché i suoi
progetti straordinari ogni volta venivano
bocciati per interessi di bottega.
Effettivamente, le sue intuizioni erano
molto avanti e in pochi le capivano, altri
si rifiutavano di capirle. Fra i tanti colpi
di genio, Leonardo ebbe quello di
deviare il Naviglio Martesana, che
transita presso Milano, e allacciarlo alla
cerchia interna dei Navigli facendogli
attraversare tutta la città. Questo per
evitare il prosciugamento estivo delle
acque e, nello stesso tempo, sviluppare
tutta l’urbe su due piani, sollevando gran
parte delle strade attraverso
camminamenti rialzati su ponti.
BG Ecco qui la nuova idea
visionaria dell’urbanistica!
DF Certo, perché questa
trasformazione avrebbe determinato una
scorrevolezza straordinaria del traffico
nella città.
GC Ma non gliel’hanno permesso...
DF Esatto, il duca di Milano
Ludovico il Moro esclamò: «È un’idea
straordinaria, sei proprio un genio, ma
io ho da organizzare una guerra e quei
quattrini mi servono per la vittoria».
Cioè pensava a distruggere anziché a
costruire. Pensava al potere, non
pensava che si potesse realizzarlo
edificando una città completamente
diversa, così da renderla la metropoli
più vivibile al mondo.
BG A proposito di politica,
raccontare un fatto di questo genere ai
giovani che non sanno niente della loro
storia sarebbe un segnale significativo e
la prova che è necessario pensare
sempre oltre. A furia di affossare e
deviare le idee nuove siamo andati
indietro come allocchiti. Oggi siamo a
un punto zero, abbiamo avuto una
recessione mentale senza accorgercene.

Spariremo come Sparta?

GC Pensiamo per esempio a Sparta.


Era la nemica storica di Atene e godeva
di un potere incredibile, poteva servirsi
dei più grandi guerrieri del mondo, però
aveva un grosso punto debole: quando
aveva bisogno di edificare una
costruzione possente chiamava i maestri
di Atene o di Corinto. Gli architetti, con
le loro maestranze, arrivavano,
fabbricavano il monumento e andavano
via. Gli Spartani non avevano
drammaturghi, non avevano scrittori, non
producevano scienziati... A un certo
punto, dopo molte vittorie, ecco che
anche Sparta viene sconfitta e, per di
più, da un esercito singolare: il
battaglione sacro della città di Tebe.
Questi guerrieri non combattevano con
armi pesanti come facevano gli Spartani
ma usavano corazze, scudi e lance di
canne. Il loro vantaggio stava proprio
nella leggerezza delle armi. Si
muovevano con un’agilità sorprendente
e nello scontro annientarono l’esercito
di Sparta, che era invece lento e pesante.
DF E guarda un po’, da quel
momento, inizia la decadenza di Sparta,
che scompare letteralmente. A distanza
di quattro secoli nessuno sapeva più
dove fosse situata la massima potenza
della Grecia. Ecco cosa determina la
mancanza di cultura. Non è vero che
sono le mura a proteggere la città. È il
pensiero, sono le idee che reggono le
mura.
(In quel momento il cielo ellenico è
solcato da un jet luminoso.)
BG Ah, ci mancava un caccia della
Nato! Le nostre splendide ali di
protezione.
DF Accidenti, sbaglio o sulla coda
c’è il nostro tricolore?
GC A meno che non sia quello
ungherese, i jet ungheresi volano molto!
DF No, no, è nostro. Ecco dove si
spendono i soldi che ci mancano. Sulla
nostra Costituzione è scritto che l’Italia
ripudia la guerra...
GC Ma queste sono armi di difesa,
come gli F-35, i nuovi
cacciabombardieri.
DF Molto, molto sensibili: basta che
un fulmine li sfiori e saltano per aria con
il pilota e i razzi che stanno dentro. Il
nostro Psiconano ne ha prenotati 130.
Ma il governo Monti ha ragionato con
logica civile e ne ha prenotati «solo»
una novantina, per una spesa totale fra i
13 e i 18 miliardi. Che signori siamo!
BG Ma da chi ci dobbiamo
difendere, chi ci vuole attaccare?
Adesso abbiamo acquistato anche i
sottomarini, bestie a propulsione
atomica.
DF Ma sì, che c’importa del crollo
economico. Hai fame? Guarda il mare e
scruta il sottomarino, ti sentirai subito
sazio!
(Altri jet sfrecciano in senso
opposto e più in basso un gruppo di
elicotteri si alza in volo.)
BG Oh, che bel traffico!
GC Beppe, questi ce l’hanno tutti
con te, ti hanno inquadrato coi radar.
BG (saltellando qua e là fra le
piante che delimitano la strada) Fate
come me. L’unico modo per uscire dal
loro controllo è portarsi sotto le piante.
Ecco, hai visto? Se ne vanno, ci hanno
persi di vista.
DF Ma a nostra volta abbiamo
perduto anche il filo del discorso. Di
che si parlava?
GC Dei Greci! Il loro esempio, da
Pericle in avanti, può essere letto con
riferimento alla rete. Tutti coloro che
parlano di democrazia diretta, e sono
tanti, usano spesso degli esempi storici,
uno dei modelli più citati è quello di
Pericle. Il Discorso agli Ateniesi
[riportato alla fine di questo libro, ndr],
che termina ogni frase con «Qui ad
Atene noi facciamo così», in rete è
dappertutto, lo trovi in migliaia e
migliaia di blog, è diventato uno slogan,
uno dei testi più presenti.
Un altro discorso che spopola in rete
è quello in cui Robert Kennedy afferma
che il Pil deve misurare la felicità delle
nazioni. Anche questo video è stato
sottotitolato e tradotto in tutte le lingue.
Ciò dimostra che il pensiero della
rete cerca dei riferimenti storici. È
strano, però, che alcuni di questi siano
molto vicini a noi e altri risalgano a
duemila anni fa. È come se ci fosse un
salto.
Perché Pericle è così citato? Perché
la democrazia di Atene si fondava
sull’idea di comunità, appunto, su
un’alleanza di pensiero e una
condivisione di valori. Quel linguaggio
e quei valori sono venuti meno nel corso
della storia. Questo nostro mondo si
dice «democratico» ma ne è rimasto
privo. Le parole sono rivelatrici.
Pensiamo per esempio alla parola
«zar»: non ha origine dal lessico russo
ma nasce dieci secoli prima, dai Latini.
Deriva da Caesar, segno che l’impianto
strutturale del potere rimane per secoli
nell’ambito di una struttura gerarchica
verticale, con dei leader, con delle
classi create appunto per mantenere in
piedi una struttura rigida ma spesso
anche molto debole. Siamo lontani dalla
democrazia ateniese, la storia ha preso
un’altra piega. Forse la rete può aiutare
a ritrovare quell’ispirazione che ci
rende uguali nell’essere intelligenti. E
per questo non c’è bisogno di un leader,
di un capo carismatico cui riferirsi.

Una disorganizzazione
organizzata

BG Per andare sul concreto, mi


viene in mente l’esempio del traffico
nelle grandi città, che può essere gestito
in modi differenti. Noi siamo abituati ai
vigili, ai semafori, mentre ci può essere
un altro modo di muoversi insieme: non
avere regole. Vale a dire che ogni
soggetto mobile si conquista lo spazio
senza nessuna regola che limiti il suo
spostamento. Si può e funziona.
Pensiamo a cosa succederebbe se un
gruppo di persone si riunisse intorno a
un tavolo in mezzo a una piazza. Se
arriva una macchina, questa rallenta
perché vede un ostacolo. Se
sopraggiunge una bicicletta o un camion,
anche questi si fermano. In altre parole,
ognuno si conquisterebbe il proprio
spazio nel massimo caos. A Nuova
Delhi funziona così, anche a Napoli per
molti aspetti. Sono le nuove non-regole
che stanno studiando in Olanda i grandi
urbanisti. La disorganizzazione diventa
organizzazione. C’è un salto logico,
concettuale, che ci obbliga a rifare i
conti con abitudini, scelte di vita,
relazioni.
DF Una disorganizzazione
organizzata.
GC In un vecchio articolo ho letto la
storia di un inglese che viveva come
corrispondente in India e spiegava il
traffico di Bombay. Era il traffico del
più forte: il risciò doveva lasciar
passare il motorino, il motorino doveva
dare la precedenza alla macchina, la
macchina al camion. Infine c’era
l’elefante, che era il più forte di tutti, e a
cui tutti dovevano lasciare libera la
strada.
DF E cosa accadeva?
GC Funzionava! Né meglio né
peggio, ma funzionava. Senza regole
vige comunque una regola, anche se è
diversa da quella che noi conosciamo.
DF È questione di produrre nella
comunità un’idea geometrica variabile e
libera. Con questo discorso sulle regole
opposte e non stabilite mi fate venire in
mente una vera e propria rivoluzione
nell’architettura del Medioevo.
L’invenzione del gotico ci aiuta a capire
l’assurdo costruttivo del disordine.
BG Non capisco, spiegati meglio
DF Il Duomo di Milano, se lo guardi
bene, ti accorgi che è fatto tutto di spinte
aeree, in un gioco di equilibri
apparentemente impossibili. Per fare
questo ci vuole davvero molta genialità.
BG E chi ha inventato questa realtà
degli equilibri opposti? I capomastri o
gli architetti matematici?
DF Senz’altro in testa ci furono i
geometri con i carpentieri, le maestranze
e gli architetti: una collettività di nuove
idee espresse da un insieme di cervelli.
Non per niente a Milano
l’organizzazione dei Maestri comacini fu
in tutto il Medioevo, fino al
Rinascimento, la più forte e creativa,
quella che determinava la struttura
portante della città, non soltanto per la
meccanica e l’organizzazione dei lavori,
ma anche per quanto riguarda
l’applicazione delle regole civili e delle
leggi.
BG Ed è perché non ha saputo
leggere questo particolare valore che la
Lega Nord, quando si rifà alla cultura
dei Comuni, si inventa delle falsità
ottocentesche palesi: riproponendo il
mito dei liberi Comuni non si è resa
conto che la forza di quell’associazione
di Comuni non era determinata da un
unico capo supremo ma da una
composizione di uomini liberi e
autonomi nel pensiero. Non c’era un
eroe unico, ma una società. La Lega
scimmiotta un mito senza decifrare i
valori che lo avevano creato.
GC All’estero la storia locale è
molto studiata e divulgata. Se vai in
qualsiasi biblioteca hai modo di
accedere alle principali informazioni
storiche che si riferiscono al luogo. Da
noi no, è più difficile. Dovremmo essere
orgogliosi e informati sullo scontro che
oppose i Comuni a Federico
Barbarossa. All’estero si trova molto
materiale su quel periodo: il Barbarossa
che distrugge e rade al suolo le città, e
gli abitanti che le rimettono in piedi con
caparbietà e lo sconfiggono. È uno dei
punti cardine della storia dell’umanità.
Invece torni in Italia e nessuno ne parla.
Perché un’epopea del genere è stata
cancellata dalla storia italiana?
DF Perché quella masnada di uomini
che si batterono galleggiando su due
fiumi non facevano parte di
un’organizzazione militare ufficiale,
cioè proveniente da una città come
Milano o Brescia, ma erano tutti
guerrieri fuori regola, indicati dai
tedeschi come briganti delle lande, delle
valli e delle paludi, e quindi indegni di
venir ricordati dalla storia. Soprattutto
in testa a quella gente non c’era nessun
comandante noto, nessun eroe degno di
essere cantato in un poema come fecero
con Alberto da Giussano, mai esistito e
notoriamente inventato da Giosuè
Carducci e altri romantici del tempo.
Favole di questo genere vanno
denunciate!
GC Anche noi cerchiamo di
denunciare le favole che ci raccontano.

Un virus che si allarga


DF Quando ho letto i vostri discorsi
e poi soprattutto ho parlato con molti
ragazzi del MoVimento, tanto in
Romagna quanto in Puglia e in
Lombardia – a parte che erano persone
sulla cui faccia si indovinava subito un
senso di onestà e trasparenza –, mi sono
reso subito conto che questi giovani
hanno innanzitutto una voglia incredibile
di conoscere la verità e battere
l’ipocrisia.
A Cesenatico, nel luglio 2012, ne ho
incontrati una cinquantina; tutti hanno
preso la parola e dibattevano. Io ho
raccontato com’era quella riviera
quando avevo cinque o sei anni, come
Leonardo e i suoi seguaci abbiano
progettato una serie di canali e un porto
che ha salvato quella vallata dall’essere
inghiottita dalla sabbia e dal mare. Man
mano che andavo avanti aumentavano gli
spettatori e, quando ho finito, i ragazzi
non volevano più lasciarmi andar via
facendomi un valanga di domande.
BG Sono occasioni che nascono in
modo spontaneo. È un virus che si
allarga e si diffonde sempre di più.
DF Voi avete avuto un’idea
straordinaria, un’invenzione fuori chiave
molto coraggiosa: quella di rompere con
le convenzioni, i luoghi comuni. Basta
pensare a come vi siete presentati in
Sicilia: Beppe che si prepara per mesi a
nuotare come un pazzo fra Scilla e
Cariddi... Anch’io sono un nuotatore, ho
fatto la traversata del Lago Maggiore a
nuoto, scortato da una barca, e dopo un
po’, per un maledetto crampo, per poco
annego. So cosa significa ripetere a
bracciate quell’esercizio per tre, quattro
mesi. Ma il gesto che hai fatto ha un
significato enorme. Solo chi ha provato
a cimentarsi nelle correnti e fra le onde
può capire la determinazione che
bisogna possedere per realizzare
un’impresa del genere. Non è un’azione
esclusivamente dimostrativa alla Mao
Tse-tung, quattro bracciate sostenuto dai
fedeli in un fiume. Anche se intorno
avevi delle barche, eri solo a far andare
le braccia e le gambe, e per una distanza
che sembra infinita.
GC Be’, il riferimento ironico a Mao
Tse-tung è evidente.
DF Però tu, Beppe, l’hai fatto
professionalmente, sei andato preparato,
tanto da prendere tutti in contropiede,
perché questi sbauscioni, questi parla-a-
vanvera che hanno cercato di sputtanarti,
all’idea di affrontare un cimento del
genere se la fanno addosso per dieci
giorni di seguito; quindi la tua non è
stata una braveria, ma un atto di
coraggio e di determinazione che ti sei
imposto con la coscienza di creare un
modo nuovo di presentarti alla gente.
«Ehi! Io sono questo e le cose pazze
riesco a farle sul serio!»
BG Certo che ero cosciente. Lì ci
sono due correnti fisse di sei nodi, una a
nord e una a sud, contemporaneamente, e
ci sono 500 metri in mezzo al canale in
cui la temperatura dell’acqua si abbassa
di 7-8 gradi.
GC Dario Fo prima parlava dei
ragazzi e della spinta al cambiamento.
Ci vogliono anche atti dimostrativi come
quello di Beppe, che richiedono però
un’organizzazione e una preparazione
molto attente. Prima si parlava del
disordine organizzato. Va puntualizzato
che l’organizzazione del disordine è
molto importante. La creatività
spontanea dei ragazzi, per esempio, va
combinata con un’organizzazione curata
nel dettaglio. Per il Woodstock 5 Stelle
di Cesena e i V-Day nulla è stato
lasciato al caso.
DF Ma si vedeva benissimo. Si
vedeva anche che Grillo si esercitava da
tempo. Lo vedevi nuotare e dicevi:
«Cazzo, ma questo qui da quanto tempo
è che lo fa?», perché uno che gira
tranquillo la ruota della spalla e dei
gomiti, con potenza e senza spostare
l’asse d’aggancio nell’acqua...
BG Sì, se hai nuotato, tu lo sai. Poi
io mi voltavo sempre da una parte
perché se mi giravo dall’altra c’era
Gianroberto sulla barca col
salvagentino, il cappellino... Finiva che
mi veniva da ridere e bevevo.
DF A ogni modo, andando al sodo,
avete messo in piedi un’azione a dir
poco sorprendente. E poi l’idea di
andare su fino all’Etna e arringare la
gente come se si fosse trattato di una
passeggiata fra amici, rischiando di
perdere la voce perché non calavi mai
di tono... Li hai rincoglioniti! A
rincoglionire un cinico come un
siciliano, che ha visto di tutto, ce ne
vuole! I siculi nella loro storia hanno
visto la mafia, ma prima hanno visto i
francesi che violavano le loro donne,
hanno visto gli inglesi che arrivavano
come pirati, hanno avuto gli spagnoli
che ogni tanto bruciavano qualcuno
vivo, hanno dovuto lottare come
disperati. Per commuovere e
meravigliare questa gente, che ne ha
viste di tutti i colori, ci vuole una bella
forza. Adesso cosa inventerete di
nuovo?
L’invenzione delle
parlamentarie

Quante critiche!

GC Il Pd ha fatto le primarie per


eleggere un presunto leader, dico
presunto perché in Italia non c’è il
premierato. Questa persona non ha tra
l’altro neppure la certezza di fare il
premier perché è il presidente della
Repubblica che designa il premier,
quindi è un premierato che non esiste.
Loro hanno usato un metodo, noi ne
usiamo un altro, completamente diverso.
Abbiamo operato una selezione di
candidati, le parlamentarie. Una
votazione solo online per 1400 cittadini
che si sono candidati nelle liste di tutte
le circoscrizioni italiane.
DF Molti hanno detto che il vostro
metodo non era abbastanza trasparente.
GC Balle, è vero il contrario. I
candidati erano persone nate sul
territorio, essendo votazioni
circoscrizionali: chi ha votato, grosso
modo, conosceva i candidati perché di
frequente erano persone vicine al
MoVimento, si erano incontrate... Quindi
le liste elettorali sono state realmente
votate dal basso. Gli altri partiti invece
nominano i candidati, come ha
dimostrato il Pd con le cosiddette
primarie, presentando ad esempio la
toscana Rosy Bindi nel collegio sicuro
della Calabria. Giochetti. Utilizzano il
termine democrazia per mistificarne il
concetto, nominano chi vogliono e
impongono attraverso il «listino» facce
già viste, persone che vogliono essere
confermate come se non fosse successo
nulla in questi anni, come se loro non
fossero responsabili.
DF Il vostro è il primo esperimento
al mondo di elezioni sul web.
GC Sì. Qualche settimana fa ho
incontrato a Milano Michael Slaby, il
responsabile della comunicazione di
Obama nelle ultime due elezioni
presidenziali americane. Un grande
esperto di internet. Ho scambiato con lui
una mezz’ora di opinioni e una di queste
era sulle nostre votazioni per le liste
delle elezioni politiche, le
parlamentarie, fatte solo online. Negli
Stati Uniti, mi ha detto, non ci sono mai
state. Per Slaby, la rete è uno dei luoghi
della comunicazione politica insieme ai
media tradizionali, e questo è vero nel
breve-medio termine, ma in futuro
internet assorbirà ogni modalità di
comunicazione e la plasmerà. Internet è
un supermedia. Le elezioni online
diventeranno la normalità.
DF Passiamo all’altra critica che vi
rivolgono: i votanti alle parlamentarie
sono stati troppo pochi rispetto ai
250.000 iscritti al MoVimento.
GC Sono stati pochi per una precisa
scelta politica, altrimenti bastava dire
che poteva votare chi inviava la sua
email e avremmo avuto subito 2 o 3
milioni di persone. Cosa ci voleva?
Siamo seri... Abbiamo fatto votare le
persone che al 30 settembre 2012
risultavano iscritte al MoVimento e che
hanno mandato i loro documenti
digitalizzati. Dovevamo avere la
certezza dell’identità del votante.
Potevano candidarsi solo coloro che si
erano presentati con il M5S a precedenti
elezioni comunali e regionali. C’è stata
probabilmente anche un po’ di pigrizia o
sottovalutazione da parte degli iscritti
perché solo 40.000 su 250.000 hanno
inviato i documenti digitalizzati.
Abbiamo creato una macchina molto
complessa, replicabile in futuro per le
elezioni regionali e per quelle comunali
delle città più importanti, solo con le
nostre forze, senza un euro da parte di
nessuno, con i media contro. La
prossima volta andrà meglio, il numero
dei votanti crescerà, supereremo
sicuramente i 100.000. Abbiamo già
fatto miracoli. La via è questa.
DF Bisogna che si abituino al
meccanismo, è la prima volta. Io stesso
avrei difficoltà.
BG Ma no, una volta entrato, la
procedura è molto semplice. È un
meccanismo immediato, che rivela
anche come tutto sia stato molto vero e
autentico. C’è da sorridere ogni tanto:
vedi quello che non ha mai usato la
videocamera che si fa il video e viene
come viene, ma va bene così. Perdi
mezz’ora per valutare i candidati, poi
scegli con un click.
Io trovo che questo modo di
rivolgersi agli elettori rappresenti un
vero cambiamento. E infatti sono
arrivate le televisioni internazionali a
intervistarci, la Bbc in testa, per
curiosità autentica. A chi fa domande
per capire viene voglia di rispondere,
ma non succede altrettanto con chi ha
solo voglia di denigrarti. Comunque,
questi meccanismi che consentono una
scelta diretta, altrove cominciano a
essere utilizzati su base locale per i
referendum.
DF Non c’è il pericolo che tutto sia
troppo «virtuale» e meccanico, freddo?
GC Al contrario. Ogni candidato
aveva un profilo su Facebook, su
Twitter, un filmato su YouTube con la
propria dichiarazione d’intenti e tutto
quello che gli poteva servire per farsi
conoscere. I candidati sono stati scelti
sulla base di una conoscenza spesso
diretta, ma soprattutto di una conoscenza
acquisita attraverso la rete, e chiunque
può contattarli con una email o sui loro
profili Facebook o attraverso Twitter.
DF Quanto è costato organizzare questa
macchina? GC Abbastanza, ma non
troppo. L’ho finanziata e sviluppata io
insieme ai miei collaboratori, per questo
sono riuscito a ridurre al massimo i
costi, altrimenti non mi sarebbe stato
possibile. Con queste parlamentarie
sono successe cose molto particolari e
che non erano prevedibili. Il voto è stato
libero, non c’è stato nessun
raccomandato, le persone che si sono
candidate erano cittadini normali, del
tutto sconosciuti, io e Grillo ne
conoscevamo cinque o sei su 1400,
quindi nessun tipo di aiuto mediatico,
nessun voto di scambio.

Un voto rivoluzionario e
trasparente

GC Questo voto ha rovesciato


completamente il trend storico italiano,
nel senso che sono state votate più
donne che uomini. Allora si può pensare
che se i partiti non fossero verticistici,
con i loro apparati, le loro strutture e le
scelte dei candidati fatte a tavolino,
probabilmente in parlamento ci sarebbe
il 60 per cento di donne. È il Sistema
che impedisce alle donne di entrare in
parlamento. Si è avuta la dimostrazione
che non è vero che le donne non sono
votate, è che non le candidano.
BG Nel MoVimento le donne sono in
minoranza ma le candidate sono state le
più votate.
DF Questo è un dato incredibile.
BG Abbiamo anche creato la mappa
dell’Italia con tutte le circoscrizioni: si
possono vedere gli eletti, ciascuno con
la foto, il curriculum, tutte le
informazioni personali e i social media.
DF Ecco tutto l’elenco sul web. Per
la circoscrizione America Latina è stato
eletto Francesco Tripodi, funzionario,
libero professionista.
BG Si può andare a vedere chi è.
DF Sposato, diploma di liceo
classico, laureato in Scienze politiche.
BG Non tutti i più scemi, eh?
DF Le donne sono tutte insegnanti,
imprenditrici, operaie...
BG Vai un po’ sull’Emilia.
GC Ma anche sul Piemonte.
DF Ecco l’Emilia. Dal disoccupato
all’operaio. Giulia Salti, studentessa...
Tutte ragazze di 25 o 26 anni, e poi
quelle con più di 40 anni per il Senato.
GC Pensiamo a cosa sarebbe l’Italia
con il doppio delle donne in parlamento.
Ci sarebbe davvero un cambio di passo
e di mentalità, una rivoluzione, una
maggiore attenzione ai problemi sociali.
DF Un altro aspetto emerso dalle
parlamentarie, e più in generale
dall’attività del M5S in questi anni, è
che la politica può essere fatta anche a
costi molto contenuti, su base
volontaristica, per puro spirito civile.
BG Io mi sono messo a casa col mio
pc, sono andato sulla Liguria, ho visto
chi erano i candidati nella mia regione.
Due li conoscevo, gli altri 22 no. Sono
andato a vedere il curriculum, il filmato
che hanno fatto e poi ho dato tre voti, tre
click, le mie preferenze: a un ragazzo
disoccupato, a una madre di famiglia
con tre figli che fa l’insegnante e a un
ingegnere.
GC Le votazioni erano semplici
perché la progettazione è stata opera di
specialisti di «usabilità». Usabilità è la
capacità di rendere intuitivo e
immediato un processo online,
semplificare un meccanismo complesso.
Se in rete un’applicazione non è usabile
è come se non funzionasse. Lo Stato
italiano, ad esempio, non è quasi mai
usabile. E quindi tu, online, non puoi
usare i ministeri, non puoi usare i
comuni, non puoi usare i servizi
pubblici. Non li usi perché non li
capisci e li consideri macchine
complesse. E ne stai lontano. Pensi pure
che la colpa sia tua! Non sei abbastanza
intelligente!
BG Io ho visto in un comune persone
anziane, coi biglietti, i foglietti, il
numero per fare la coda, che cercano un
ufficio, con lo sguardo smarrito. E poi
dicono che gli anziani hanno problemi
con il computer! Ma in confronto alla
confusione e alle difficoltà che si
incontrano in una struttura pubblica, il
pc è uno scherzo! Il computer lo può
usare chiunque. Clicchi, guardi, hai le
icone per orientarti... La tecnologia è
semplice o non è tecnologia.
DF In queste settimane sta
succedendo di tutto, sembra una grande
rincorsa agli ultimi posti disponibili,
uno spettacolo vergognoso, ognuno
rivendica un posto a seconda delle forze
che rappresenta. Con quale coraggio
invocano la trasparenza?
GC Sono d’accordo. C’è un altro
aspetto emerso dalle parlamentarie: oggi
i cittadini italiani, tutti i cittadini, hanno
potuto conoscere con tre mesi di
anticipo le persone che
rappresenteranno il MoVimento 5 Stelle
in parlamento, sanno che sono tutte
incensurate, possono andare sul loro
sito, sul loro blog, attraverso il portale
del MoVimento e quindi farsi in anticipo
un’idea di chi andranno a votare. A
proposito di quella trasparenza invocata
dai nostri avversari... Nel giorno della
consegna delle firme, domenica 20
gennaio, siamo stati fra i primi a
depositarle nei tribunali, mentre il
giorno dopo alcuni partiti stavano
ancora discutendo chi «nominare».
DF Se ho capito bene, quando
saranno eletti, ogni sei mesi ci sarà una
verifica dell’operato, giusto?
GC No, questo è stato attuato
qualche volta, ma non ha nessun senso,
perché chiunque può verificare
quotidianamente l’operato del portavoce
eletto. Già adesso i ragazzi eletti nei
comuni possono essere controllati sulla
rete ogni giorno dai loro elettori. E se
qualcosa non funziona perché va contro
le linee del MoVimento vengono messi
sotto osservazione e, nel caso, in croce.
DF Cosa vuol dire messi in croce?
GC Vuol dire che sulla rete arriva
immediatamente uno tsunami tale che
questa persona deve spiegare,
giustificare le sue azioni. In Lombardia
un candidato non aveva dichiarato di
appartenere alla massoneria: è stato
scoperto ed è stato escluso dalle
votazioni... Quindi la rete è già un
cervello che vede, capisce, comunica,
agisce...
DF ... fa un’analisi.
GC Prendiamo l’esempio di
Bologna, dove una persona aveva
omesso di aver svolto due mandati
prima di candidarsi con il M5S, mentre
la nostra regola prevede che si possa
candidare solo chi non abbia già
esercitato due mandati. La verità è
emersa da denunce fatte in rete e alla
persona è stato revocato il simbolo. Chi
dichiara il falso è oggetto dello sdegno
dei votanti. Questo è molto importante,
soprattutto a livello locale, perché la
comunità, in un certo senso, si
autoregola, crea degli anticorpi.
DF Quindi niente dimissioni?
GC No, le dimissioni non esistono,
perché in Italia non abbiamo il vincolo
di mandato. Il MoVimento, il partito,
non può far dimettere nessuno. Se vuoi ti
dimetti, se non vuoi non ti dimetti. Chi
vuole può continuare a fare il
consigliere regionale, il consigliere
comunale. L’unica cosa che ha fatto
Beppe è negare l’utilizzo del simbolo a
chi andava contro le regole, le poche
regole dello Statuto [chiamato Non
Statuto, ndr]. Beppe è stato dipinto
come un dittatore, ma il Pd ha espulso
decine di suoi rappresentanti nel più
assoluto silenzio dei media.

Grillo non è Gesù

BG Un altro motivo per cui ci


attaccano è la partecipazione dei nostri
rappresentanti in tv. Dicono che non
vogliamo che vadano in televisione. Non
è vero! Noi non vogliamo che
partecipino ai talk show. Sono due cose
diverse. Vogliamo l’abolizione dei talk
show... Da quando abbiamo lanciato
questa fatwa, molti cominciano a essere
d’accordo con noi. Il talk show è morto,
i critici televisivi lo massacrano, Gad
Lerner lo spostano a dopo mezzanotte...
GC Il talk show è una cosa,
l’informazione è un’altra. Se vengono a
intervistarti sulla tua attività di sindaco
a Parma è giusto che tu faccia
l’intervista. Anzi, è positivo. Diverso è
un talk show dove si discute del nulla, si
parla di temi astratti, di ideologie, si
aizza una lotta tra galli per il dio share.
DF In una grande confusione
generale... Tu, Gianroberto, sei stato più
volte invitato a rispondere a domande di
giornalisti ma ti sei sempre negato,
perché? Qual è il motivo? I talk show
non c’entrano.
GC Conosco abbastanza bene il
mondo dei giornali, dei giornalisti, e
quindi so come regolarmi. Qualche mese
fa ho scritto una lettera per il «Corriere
della Sera». Ho detto: «Ve la mando ma
soltanto se la tenete com’è». Loro
m’hanno assicurato che non avrebbero
cambiato una virgola. Perfetto. Così è
stato, però hanno fatto un titolo che non
c’entrava niente col mio testo. Li ho
chiamati e come risposta mi hanno detto
che il titolista aveva deciso così. Ma
che vuol dire? Come fai a fidarti? Ho
rilasciato un’unica intervista, al
«Guardian», un quotidiano inglese, e i
giornalisti italiani sono riusciti
nell’impresa di cambiarne il senso.
Nell’articolo citavo il messaggio
evangelico e la sua diffusione attraverso
gli apostoli, la sua viralità, simile a
quella possibile attraverso la rete. Nella
traduzione è stato riportato che per me
Grillo era come Gesù. Quando gliel’ho
raccontato, il giornalista inglese non ci
voleva credere, si è messo a ridere.
DF Scherzi che hanno fatto anche a
me, che fanno a tutti.
GC Loro sanno che chi sfoglia
distrattamente il giornale guarda il
titolo, poi se vuole e se ha tempo torna
sul testo. Quel giorno chi ha letto il
«Corriere della Sera» ha letto il titolo,
che non c’entrava con quanto ho scritto
io, e chi ha ascoltato i telegiornali mi ha
preso per Giovanni Battista redivivo, un
pazzo che anticipa una nuova religione.
DF Anche per la televisione è quindi
lo stesso...
GC Per la televisione è ancora
peggio. Tu parli ma se la telecamera si
sofferma sul naso che ti cola, quello che
dici nessuno lo ascolta più. Basta
un’inquadratura per renderti ridicolo ai
più. La tv non perdona chi punta sui
contenuti.
BG Una delle cose che molti non
percepiscono è che la televisione è
immagine. Puoi dire qualsiasi cosa, ma
se mentre stai parlando inquadrano
Gasparri è la fine, si impasta tutto.
GC Parliamo del caso di Bologna [il
ritiro dell’uso del simbolo alla
consigliera comunale Federica Salsi in
seguito alla sua partecipazione al
programma di Rai3 Ballarò e a sue
dichiarazioni successive, ndr], che per
giorni ha occupato le pagine dei
giornali. Qui va fatto un discorso sul
rispetto delle regole. In una comunità
non puoi andare contro le regole,
altrimenti non esiste la comunità. La
regola in questo caso è che i
rappresentanti del MoVimento sono
portavoce della comunità che li ha eletti
e possono parlare per ciò che la
comunità li ha incaricati. Non puoi
andare in televisione a parlare dell’Imu
a nome del MoVimento oppure dei
finanziamenti regionali senza l’assenso
della base.
BG Se sei eletto consigliere
comunale e vuoi parlare dei problemi di
Bologna in tv lo puoi fare, ma dal
momento in cui tu esprimi un parere di
politica nazionale e internazionale, non
lo puoi fare a nome del MoVimento.
Come consigliere tu non hai questa
facoltà.
GC Per continuare con le critiche, è
stato anche scritto che sul blog di Grillo
ci sono commenti antisemiti... Ma chi li
ha messi i commenti? Vorrei saperlo.
Magari li ha messi proprio chi ci
attacca. La rete è aperta a tutti, tutti
possono usare il blog per veicolare
messaggi estranei al nostro pensiero ed
esporci così agli attacchi.
BG È una vecchia tecnica.
GC Per l’ultimo scontro tra Israele e
la Palestina abbiamo invitato sul blog
Moni Ovadia, non Hamas. Che ascoltino
ciò che dice Ovadia. I giornali, quasi
tutti, dicono il contrario della verità e si
rivolgono a lettori che, non andando in
rete, non capiscono il meccanismo
messo in atto artatamente.
DF In effetti il 50 per cento degli
italiani non va sul web, giusto? Ma
allora come potete pensare che una
democrazia possa funzionare a partire
dalla rete? Tanta gente non padroneggia
bene questo mezzo, perciò lo vede con
sospetto. Voi riuscite a governare dei
mezzi di comunicazione che altri non
conoscono, e a liberare degli spazi che
erano occupati. Tutto ciò che non si
conosce diventa nemico.
GC Mi hanno fatto più volte questa
domanda, che si fonda su una
considerazione sbagliata della rete,
intesa come uno strumento di
broadcasting, un tipo di ascolto
solamente passivo: da uno a molti. In
realtà, quando si trasmette un messaggio
politico in rete, la ricezione non è
passiva. Chi ascolta il messaggio lo fa
di sua volontà. Se ritiene che il
messaggio sia positivo, lo riporta, ma
non solo attraverso Facebook, lo riporta
la sera in famiglia, ne parla con i
genitori, con i fratelli. La propagazione
virale nel mondo reale consente di
eliminare in gran parte l’handicap della
diffusione ancora limitata di internet.
Nonostante la Sicilia oggi sia una delle
regioni in Italia in cui la banda larga è
meno diffusa in assoluto – in particolare
fuori da Palermo e Catania – lì il M5S è
il primo gruppo politico: ciò significa
che la rete ha veicolato dei messaggi che
poi sono stati diffusi spontaneamente.
Questo fa paura ai nostri avversari
perché, se si vince in Sicilia, potremo
ottenere risultati ancora più lusinghieri
in Lombardia o in altre regioni dove la
rete è molto più diffusa.
DF In Sicilia è stato fondamentale il
fatto che Beppe abbia continuato a
incontrare la gente nelle strade e abbia
quindi costretto le televisioni a
rincorrerlo per riprendere le sue
esibizioni. In quei giorni era l’unica
notizia che risaltava sui media.
BG La tecnica della televisione però
è stata di riprendere un pezzo di quello
che dicevo in un passaggio tra un
argomento e l’altro, dove magari ero più
euforico, più aggressivo, anziché
sottolineare quello che stavo realmente
dicendo, il messaggio che volevo
comunicare, e senza far sentire quello
che altri del MoVimento dicevano.
Perché parlavano anche altri, non solo
io.
GC Per spiegare come opera
l’informazione faccio un esempio. Al
secondo V-Day abbiamo portato in
piazza a Torino una folla enorme.
C’erano persone che da piazza San
Carlo arrivavano fino alla stazione di
Porta Nuova.
BG 140.000 persone.
GC Ci sono le fotografie a
testimoniarlo. Eppure «La Stampa» di
Torino riuscì a mettere in prima pagina
Grillo che parlava al culo del cavallo di
Emanuele Filiberto, con una foto presa
dal basso in modo da non inquadrare la
massa della gente.
BG Già, una foto dal basso verso
l’alto, con in prospettiva me e il cavallo.
Siamo le uniche due figure nella distesa
di piazza San Carlo. È pazzesco! Questo
è l’uso che i giornali fanno
dell’immagine. O vengono prima,
quando la gente deve ancora arrivare, e
dicono: «Ecco, non c’è nessuno»,
oppure ti isolano dal contesto e
prendono pezzi che non c’entrano
anziché riprenderti mentre parli. Nei
nostri V-Day, nei nostri incontri, hanno
parlato economisti, premi Nobel – oltre
a te, Dario, Joseph Stiglitz e Muhammad
Yunus – ma nessuno li ha mai
menzionati! Nessuno ha dedicato
neanche due secondi alla figlia di Aldo
Moro, alla madre di Federico
Aldrovandi, il ragazzo bolognese ucciso
dalla polizia, al sindacalista,
all’operaio, allo statista, al
matematico... L’unico messaggio era che
io mandavo a fanculo tutti.
DF Finiamo il capitolo elezioni,
quelle già fatte; affronteremo dopo
quelle di quest’anno. In Sicilia come va?
Intanto ho visto che i vostri
rappresentanti, come promesso, stanno
restituendo alla Regione il 75 per cento
degli emolumenti. È un bel segnale.
GC In Sicilia abbiamo indetto una
consultazione tra gli attivisti. Hanno
definito il programma con il supporto di
una piattaforma informatica che si
chiama «Liquid feedback» grazie al
quale ogni punto è stato discusso e
votato. Le elezioni invece sono state
fatte su base diretta: le persone si
incontravano nei vari paesi,
discutevano, si confrontavano. Subito
dopo le elezioni, i candidati hanno
rinunciato ai rimborsi elettorali per
circa 900.000 euro; sono stati gli unici a
farlo. Adesso andiamo avanti seguendo
il programma che ci siamo dati.

La storia falsificata di
Ipazia

BG Scusate, ma lì c’è una fonte,


fatemi bere un attimo.
GC Questa è una buona idea, anch’io
ho bisogno di bere.
DF E io mi metto in coda.
(Davanti alla fonte un uomo sta
riempiendo una tanica d’acqua. Come
ci vede arrivare fa cenno di
accomodarci. Beppe ringrazia, «molto
gentile», e si curva sul getto d’acqua
per dissetarsi.)
GC (indicando la stele che
incornicia la fonte) Guardate un po’
qua, c’è una dedica sulla trabeazione.
Purtroppo è in greco.
DF Ma tu non lo conosci il greco,
così colto che sei?
GC Qualcosa, ma questo è greco
moderno, chi ne capisce...
(Si avvicina l’uomo della tanica
[UT].)
UT Io lo conosco il greco!
DF Oh, un italiano!
UT No, io sono greco, però ho
vissuto quindici anni in Italia. Ho
lavorato in un sacco di città del Veneto e
della Lombardia. Ecco, qui c’è scritto,
ve lo traduco direttamente in italiano:
«Ipazia, la tua vita è stata chiara e
onesta come quest’acqua. Fa’ che chi
viene a dissetarsi alla tua fonte impari
dal tuo sacrificio il significato di
libertà».
DF Bello! Ipazia? Vuoi vedere che
si riferisce alla famosa scienziata greca
di qualche secolo dopo Cristo?
UT Sì, è lei.
BG Venne massacrata da cristiani di
un movimento fanatico...
UT Ho visto uno spettacolo che
hanno messo in scena laggiù ad
Astanasos. L’attrice che interpretava la
martire era giovane e bellissima. Ipazia
era una maestra di non so cosa.
GC Sì, era una filosofa,
rappresentante del pensiero
neoplatonico pagano. In Italia ci hanno
fatto perfino un film ultimamente, brutto,
pieno di effetti melodrammatici. E hanno
pure falsificato la sua storia.
BG (rivolto all’amico greco) E,
scusi, chi ha dedicato questa scritta a
Ipazia, compresa la fonte?
UT Non so, non ho idea.
DF Mah, io penso qualche
movimento del libero pensiero oppure
degli anarchici, è la mia gente!
BG Eh sì, infatti qui c’è la data della
dedica. Non è una stele antica: 1830.
GC Sbaglio o è l’anno in cui la
Grecia si è liberata dal dominio dei
turchi?
UT Sì, bravo, proprio 1830. Ma sa
tutto, lei, pensa un po’, anche della
nostra liberazione!
BG Be’, sembra un uomo ma in
verità è un’enciclopedia, apposta lo
portiamo sempre in giro con noi: ogni
tanto lo sfogliamo e scopriamo le date e
i monumenti.
DF In verità sei tu, Beppe, che hai
scoperto quest’acqua. Per me tu lo
sapevi già, ci hai portato qui per
cogliere il pretesto di un’orazione epica.
Avanti, facci il discorso sulla libertà.
UT Scusate, purtroppo ho dei clienti
che aspettano l’acqua fresca.
BG Clienti?
UT Sì, gestisco un’osteria laggiù. Se
prima di proseguire nella vostra
passeggiata scendete a farmi visita per
me sarà un piacere.
BG, GC, DF (in coro) Senz’altro,
grazie.
BG Stavo pensando a un discorso
che si può adattare a questa stele. Ed è
proprio sulle commemorazioni. Noi, nei
nostri paesi e città troviamo un sacco di
monumenti dedicati alle vittime di
ingiustizie, violenze e massacri.
Naturalmente poche sono quelle erette
per ricordarci le infamie dell’antico e
più recente potere costituito. In questo
momento me ne sta venendo in mente una
sola, la statua dedicata a Giordano
Bruno e alla sua morte tra le fiamme di
un rogo a Roma, a Campo de’ Fiori. Ma
migliaia di altri sono finiti nelle mani
del tribunale dell’Inquisizione,
decapitati o morti nelle galere.
DF Io ricordo una stele a Milano.
Quand’ero ragazzino era in un quartiere
vicino a Porta Venezia, un rione
dedicato a un movimento di eretici.
Persone tranquille che intorno all’anno
Mille furono mandate a morte dal
vescovo di Milano.
GC Ah, ma tu stai parlando della
strage dei catari di Monforte d’Alba!
DF Sì, i monfortini, c’è chi dice che
fossero duecento ma la Treccani stima in
più di mille i bruciati vivi.
GC È vero. Be’, in questi casi si
cerca sempre di minimizzare. A ogni
modo hai ragione, fu veramente qualcosa
che sconvolse tutta la popolazione di
Milano. E bada che erano più di
centomila gli abitanti di quel tempo,
tanto che per secoli quella strage rimase
nella loro memoria. Infatti, è in seguito a
quel rogo d’innocenti, che rifiutavano
soltanto l’idea che a capo dei cristiani ci
fosse un papa...
BG Eh dici poco!
GC ... dicevo, è in seguito a
quell’ecatombe di innocenti ritenuti
eretici che alla zona che sorge intorno
alla basilica di San Babila hanno dato il
nome di Monforte. Portano questo nome
anche uno dei corsi principali in quella
zona, la farmacia e la questura.
Insomma, Milano non ha mai
dimenticato la strage ordinata dal
vescovo allo scopo di ribadire l’autorità
della sua chiesa riguardo alle scelte di
fede da seguire.
Adesso mi viene in mente che una
quindicina d’anni fa, quando il Comune
era gestito dalla Lega, il sindaco
Formentini aveva deciso di trasformare
il nome del rione, del corso, della
farmacia eccetera, da Monforte in «della
Padania». All’istante gli si riversò
addosso una valanga di lettere,
telegrammi, messaggi con insulti anche
pesanti. Ma lui, poverino, si guardò
intorno stupito: «Ma che ho fatto?
Dopotutto volevo solo togliere quel
nome che non significa niente per
metterne uno che ci ricordasse il Po e la
nostra terra!».
(Così discutendo i tre si
incamminano verso l’osteria. Entrano,
ordinano qualcosa da mangiare e
continuano nel loro dialogo.)
I problemi sociali:
carcere e
immigrazione

Svuotare le carceri

DF Vi dispiace cambiare
argomento?
BG e GC (in coro) Prego!
DF Di fronte a voi che vi presentate
per la prima volta alle elezioni
politiche, si apre uno scenario piuttosto
difficile, con molti problemi sociali da
risolvere. In questo contesto non
possiamo dimenticare la condanna che
l’Italia ha avuto dalla Corte europea per
la violazione dei diritti umani nelle
carceri, in particolare dopo la denuncia
di un gruppo di immigrati detenuti,
rinchiusi in celle senza servizi igienici,
prive di letti e riscaldamento. I
prigionieri hanno protestato contro quel
trattamento incivile e, per risposta, sono
stati picchiati a sangue dalle guardie
carcerarie e pure denunciati per
sommossa.
Qui va ricordata la battaglia di
Marco Pannella a favore dello
svuotamento delle carceri ridotte in
condizioni terribili a causa del
sovraffollamento disumano (140 detenuti
ogni 100 posti, un totale di 66.685
detenuti a fronte di una capienza
regolamentare di 46.795, secondo il
Nono rapporto nazionale sulle
condizioni di detenzione «Senza dignità»
stilato dall’Associazione Antigone nel
2012). Quello delle carceri è un tema
che sta molto a cuore a me e a Franca,
da sempre. Sono stato a San Vittore
qualche giorno fa. Perfino la direttrice
del carcere e le guardie si mostravano
indignate per le condizioni in cui
dovevano operare.
Ho visitato anche carceri all’estero,
in Svezia e Norvegia. Entrare in una
prigione di quei paesi è come entrare in
un altro mondo. Scopri che esiste
un’umanità anche nelle galere, se sei in
una nazione civile, naturalmente.
In Italia chi gestisce la tua
carcerazione pare goda della tua
sofferenza. E non è grave il fatto che tu
sia dentro quattro mura, che abbia poca
aria, che ti brucino le lettere e non te le
facciano avere, che ti impongano sempre
crudeltà inutili e via dicendo. Il
problema è che ti mortificano, ti
umiliano facendoti precipitare in uno
stato di assenza d’identità. Così non c’è
da meravigliarsi che i detenuti si
impicchino o si infilino in testa un
sacchetto di plastica per suicidarsi. Li
tengono in quattro dentro una stanza che
è per una persona singola, con il cesso lì
a tre passi, un buco nel pavimento.
Questa è la rieducazione del detenuto
all’italiana. Che civiltà è quella che non
rispetta la dignità di una persona? La
gente non sa di quest’inferno, non sa a
che punto si sia arrivati.
BG Non se ne occupa perché
nell’immaginario collettivo il
delinquente è un essere da eliminare.
GC Sul problema carceri abbiamo
fatto informazione in questi anni. La
nostra idea non è discutere di cosa
succede nelle carceri, ma diminuirle.
Questo è il nostro obiettivo.
DF Sì, ma prima di cercare di
abolirle devi arrivare a dire alla gente
cosa succede lì dentro. La gente non lo
sa.
GC Se tu togli dalle carceri tutti
coloro che hanno compiuto reati
amministrativi, tutti coloro che oggi
sono soggetti alla legge Fini-
Giovanardi, tutti coloro che non sono
pericolosi, quanti detenuti rimangono?
Se poi togli anche gli extracomunitari e
consenti loro di scontare la pena a casa,
vicino alla famiglia, agli amici, quanti
ne rimangono?
DF La soluzione del problema delle
carceri è certamente svuotarle ma,
insisto, bisogna cominciare a far sapere
che cosa succede oggi al loro interno.
GC Noi abbiamo pubblicato con
Rizzoli un libro sulle morti in carcere,
La pena di morte italiana. È un libro
terribile, difficile leggerlo fino in fondo.
L’hanno comprato molte persone in rete,
non è successo niente. Io penso che
l’italiano sia sostanzialmente
indifferente ai problemi delle carceri fin
quando non lo toccano direttamente. Se
elimini il carcere, non c’è più il
problema.
DF Come con gli ospedali
psichiatrici? È uguale?
GC Più o meno sì. Io lascerei
soltanto gli istituti di massima sicurezza
per coloro che sono pericolosi.
DF Casaleggio mi ha ricordato un
fatto. Io e Franca eravamo molto amici
di Franco Basaglia e di tutti i suoi
collaboratori che lavoravano nei
manicomi. Da anni si diceva che
bisognava chiudere quei luoghi. E
abbiamo fatto delle riunioni incredibili
con i malati del reparto psichiatrico,
delle feste in cui i matti erano presenti in
mezzo a noi. Parlavamo con la gente e la
gente non sapeva che chi ci stava vicino
e spesso rispondeva ai loro quesiti non
era un infermiere ma un ricoverato.
Avevamo organizzato quelle feste per
fare in modo che le persone si
rendessero conto del problema, ma ciò
che le coinvolgeva di più erano i
racconti che i ricoverati facevano della
loro condizione fra le mura del
manicomio.
Quando l’anno scorso mi è capitato
di visitare manicomi criminali come
quello di Aversa, in provincia di
Caserta, ho trovato i malati legati al
letto di detenzione come fossero sdraiati
su doppie croci, ed erano lasciati lì,
come quello morto qualche mese fa,
mani e braccia bloccate. Soltanto
quando, attraverso il teatro, abbiamo
proiettato la drammatizzazione di quella
vita, le persone hanno iniziato a capire e
ad andare in crisi. Solo allora hanno
accettato di firmare le petizioni e gli
appelli. Prima dicevano: «Sì sì, ci devo
pensare, io non firmo documenti». Erano
sempre restie, fin quando non le portavi
di fronte alla responsabilità civile,
umana, di dover cancellare quei luoghi
di tortura.
(Lasciata l’osteria, i tre si
rimettono in cammino.)

Troppa demagogia
sull’immigrazione?

GC Accidenti, guardate quel


paracarro. Dice che siamo a cinque
chilometri da Atene, siamo a metà
strada!
DF Se non vi dispiace, mi fermerei
un attimo a prendere un po’ di fiato...
GC Hai ragione: parlare e nello
stesso tempo camminare è piacevole ma
anche faticoso... Qui, poco più avanti, se
non ricordo male c’è una struttura
architettonica che è l’insieme di almeno
cinque stili diversi. Eccola lì, proprio
oltre quel fiumiciattolo...
BG Che cosa straordinaria! Sbaglio,
o quelle sono colonne doriche?
DF Sì, bravo, proprio così! Sono del
V secolo. Ma sorreggono delle
trabeazioni che sono di quattro o cinque
secoli dopo! E nell’interno, vedrete, le
colonne sono di stile romanico puro.
GC Ha tutta l’aria di essere la più
antica chiesa cristiana che abbia mai
visto!
DF Accidenti, sei proprio informato,
eh! Infatti è proprio così! Dicono che sia
stata consacrata nel II secolo d.C. E
sapete chi ha realizzato questo impianto
paradossale?
BG Be’, immagino i cristiani del
luogo!
DF No, è tutta opera di una comunità
di ebrei che si erano convertiti alla fede
cristiana ed erano fuggiti dalla Palestina
in seguito alla totale distruzione di
Gerusalemme da parte dei Romani... Ma
questa comunità di esuli ha
un’importanza storica incredibile, anche
perché fu la comunità che compose i
primi vangeli. E scrivendo in greco,
giacché dopo un secolo di vita in queste
terre avevano dimenticato quasi
completamente l’aramaico e appreso la
lingua ellenica, cioè il greco.
Poco fa accennavamo
all’immigrazione. Ebbene questa è la
dimostrazione che un fenomeno pensato
sempre come disperato e senza
prospettive – come essere costretti ad
abbandonare la propria terra e con
quella anche la propria cultura per
salvarsi la vita – determini la fine di una
civiltà, e invece questo è il caso in cui
la diaspora di disperati provoca l’inizio
di una cultura determinante
completamente nuova.
BG Sì, però devi ammettere che
questo è un caso eccezionale, che poco
ha a che vedere con la situazione attuale
degli immigrati, specie nel nostro paese.
Quella diaspora assomiglia sì come
situazione umana a quella di uomini e
donne disperati che oggi arrivano su
carrette del mare sgangherate rischiando
di finire ogni volta in fondo al
Mediterraneo. E soprattutto è la
dimensione gigantesca del fenomeno: in
pochi anni sono arrivati da noi milioni
di disperati.
Ed è qui il punto: l’attuale situazione
degli immigrati è molto più grave di
quanto si pensi. È un problema europeo,
non solo locale, o limitato al
Mediterraneo.
DF Certo, ma attento alle ondate di
xenofobia che fanno dire a certi politici
frasi così: «Molto spesso quando i
nostri pescherecci, disarmati, si
avvicinano alle coste della Tunisia
vengono mitragliati. Usiamo lo stesso
metodo» (Francesco Speroni, Lega
Nord, 2011). Non importa se dentro ci
sono in gran numero donne e bambini. E
questa è la conseguenza di una campagna
di stampo razzista di un paese che
ancora oggi mantiene la Bossi-Fini.
Se mi permettete, io contesto anche
questa idea leghista che l’immigrato,
specie se clandestino, sia assolutamente
artefice di criminalità e che il suo
ingresso abusivo crei anche danno
economico al nostro Stato. Tanto per
cominciare, è risaputo che il lavoro
degli immigrati crea ogni anno l’entrata
della bellezza di sei miliardi di euro di
tasse nelle casse dello Stato e che gli
stranieri, in rapporto, sono quelli che
evadono meno il fisco. Perché? Per la
semplice ragione che se vengono beccati
a non versare le tasse vengono sbattuti
fuori.
Ancora, voglio ricordare che la
percentuale di nuovi nati da coppie
straniere salva dal collasso la crescita
demografica nel nostro paese. La
criminalità degli immigrati è in gran
parte causata dall’emarginazione in cui
sono costretti a vivere e
dall’immigrazione clandestina. Se poi
veniamo al tasso di criminalità in Italia
ci accorgiamo che la percentuale di
detenuti stranieri è senz’altro sopra la
media di criminali italiani ma fra di loro
non vi sono condannati per reati di mafia
o truffe o furti legati alla Pubblica
Amministrazione. E chiudo ricordando
che la ragazze trasformate in prostitute
in maggioranza non vengono reclutate
qui da noi ma arrivano dall’estero con i
loro papponi che le scippano dei
documenti per tenerle in schiavitù.
D’altra parte, se avete notato,
proprio in questi giorni in cui si assiste
in ogni momento a comizi e dibattiti
politici nelle piazze e in televisione, i
partiti reazionari pseudofascisti e la
Lega Nord, che per anni si son serviti
del discorso sull’immigrazione per
indignare gli elettori e portarli all’odio
razziale, oggi hanno smesso all’istante
di cavalcare quell’argomento proprio
perché gli stessi elettori, di fronte a
comunità di stranieri che vivono e
lavorano nelle nostre città, hanno
imparato ad accettare la loro presenza e
a rendersi conto del vantaggio
economico che gli immigrati procurano
all’economia del nostro paese.
BG Però io vado oltre. Prendi il
Marocco: sono 33 milioni di persone e
mediamente non stanno male... Ora,
considerato che un terzo della loro
economia serve a pagare gas e petrolio
di importazione, un progetto per limitare
l’immigrazione potrebbe essere quello
di finanziare le rinnovabili in Marocco,
per creare posti di lavoro e togliere gli
investimenti sul petrolio e sul gas che
vanno a finire all’estero. Sono queste le
politiche che dobbiamo considerare,
Stato per Stato. Dobbiamo allargare il
nostro orizzonte.
Riguardo poi alle carceri, anch’io
sono stato in Finlandia, in Svezia: lì c’è
la lista d’attesa per entrare in carcere,
c’è un detenuto per cella. Si riuniscono
ogni anno secondini, direttori di carceri,
giuristi, giudici, e stabiliscono come
procedere avendo ben chiaro in mente
che gli istituti di reclusione servono per
riabilitare una persona, non per punirla,
annientarla e basta. Da noi c’è un
enorme dispiego di forze per trasferire
l’imputato in tribunale durante il
processo, perché spesso è già in
carcere, magari a centinaia di chilometri
di distanza. Invece in quei paesi è il
giudice che si trasferisce nel
penitenziario e lì fa il processo, con un
bel risparmio. Lì, è vero, è tutto più
umano. In Italia altro che umanità e
rieducazione: si pensa alle carceri
ancora una volta in termini di profitto, si
pensa di privatizzarle.
DF Guadagnare soldi su un
disgraziato...
BG Negli Stati Uniti i fondatori e
finanziatori della multinazionale del
pollo fritto, la Kentucky Fried Chicken,
hanno contribuito ad avviare la
Correction corporation of America, la
prima azienda di celle «chiavi in mano»
del mondo. Dalle gabbie per polli
(aveva già il know-how!) è passata a
fare celle per umani: celle da due, da
quattro e da sei. Dal pollo al carcerato.
Negli Stati Uniti sono centinaia le
prigioni private costruite negli ultimi
trent’anni. Stiamo andando verso il
sistema americano, che funziona con un
semplice software. Un sistema
disumano.
GC La popolazione carceraria degli
Stati Uniti è abnorme.
BG Sono quasi sette milioni tra
condannati agli arresti domiciliari, in
libertà condizionata e carcerati. Sette
milioni di persone su 315 milioni di
abitanti, circa il 2 per cento della
popolazione. Seppur numerosi, in Italia
ne abbiamo molti meno: circa 70.000 su
una popolazione di 60 milioni, poco più
dell’1 per mille.
GC Mesi fa sul «Financial Times»
ho letto una notizia riportata dal
corrispondente da Roma. Riguardava i
rifugiati politici che hanno chiesto asilo
nel nostro paese. Sono persone
provenienti dall’Iran, dall’Iraq, dal
Sudan, che sono fuggite dal loro paese
per non essere giustiziate. L’articolo
descriveva una situazione al limite della
sopravvivenza: 250 persone stipate
nell’ex sede della facoltà di Lettere di
Tor Vergata a Roma. Ho mandato due
miei collaboratori sul luogo: in quella
scuola abbandonata c’è un gabinetto
ogni 250 persone, i rifugiati dormono tra
i banchi e cercano di scappare
dall’Italia, ma in virtù del trattato di
Dublino del 2003 sono costretti a
rimanere in Italia, nel paese che per
primo li ha accolti. Abbiamo intervistato
uno di loro che era riuscito a scappare
in Svizzera, ma lì è stato arrestato
subito, tenuto in carcere tre mesi e poi
riaccompagnato alla frontiera, da dove è
stato riportato a Roma, in quell’inferno:
adesso non vede l’ora di fuggire per
tornare in Svizzera e in carcere, perché
lì le condizioni erano migliori.
DF È incredibile, sembra una storia
tratta da I viaggi di Gulliver!
BG Ma nessuno a Roma è al corrente
che ci siano persone che vivono in
queste condizioni. Se chiedi in giro non
lo sa nessuno.
DF A Milano sono andato in un
centro di identificazione ed espulsione.
Ho visto un’enorme gabbia e i rifugiati
appesi fra le sbarre come scimmie che
guardavano i passanti.
BG Questi centri sono tutti così!
DF Sono stato lì, ho parlato con
questa gente. Erano disperati perché si
sentivano come animali nello zoo.
BG Non sanno neanche perché sono
lì.
GC Molte ragazze vengono in Italia
per lavoro e finiscono a fare le
prostitute. Noi abbiamo fatto molti
filmati e scritto post sulle ragazze
straniere, anche minorenni. Sono delle
bambine.
DF Però le persone si indignano se
ne parli pubblicamente, se le coinvolgi.
Conosco direttamente dei casi disumani:
un ragazzo che è arrivato sulla costa,
l’hanno tenuto quindici giorni in un
centro, come un cane, costretto a fare i
propri bisogni in un angolo. Poi
finalmente l’hanno preso con altri,
l’hanno portato a Bari, dove ci sono
delle carceri, dei posti spaventosi. Poi,
non sapendo più dove sistemarli, li
hanno messi nelle condizioni di
scappare. Hanno capito che l’unica cosa
era lasciarli fuggire, che
s’arrangiassero!
L’Europa se ne sbatte e a
Lampedusa si muore

BG Il problema è immenso... ma non


bisogna trattarlo con l’atteggiamento
delle tifoserie. Si dovrebbe ragionare
così: noi abbiamo una densità tot,
abbiamo questi posti di lavoro, abbiamo
un’economia in crisi, abbiamo i soldi
per un certo numero di persone, queste
persone devono essere garantite nei
diritti fondamentali: salute, assistenza,
sicurezza, istruzione. L’Europa
dovrebbe partecipare a questo processo,
invece lo ignora! Il sindaco di
Lampedusa ci ha scritto una lettera che
fa piangere, tanto è sofferta e vera.
(Mostra un foglio) Dario, leggila un
po’!
DF «Sono il nuovo sindaco delle
isole di Lampedusa e di Linosa. Eletta a
maggio, al 3 di novembre mi sono stati
consegnati già 21 cadaveri di persone
annegate mentre tentavano di
raggiungere Lampedusa e questa per me
è una cosa insopportabile. Per
Lampedusa è un enorme fardello di
dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto
attraverso la Prefettura ai sindaci della
provincia per poter dare una dignitosa
sepoltura alle ultime 11 salme, perché il
Comune non aveva più loculi
disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo
a tutti una domanda: quanto deve essere
grande il cimitero della mia isola? Non
riesco a comprendere come una simile
tragedia possa essere considerata
normale, come si possa rimuovere dalla
vita quotidiana l’idea, per esempio, che
11 persone, tra cui 8 giovanissime donne
e 2 ragazzini di 11 e 13 anni, possano
morire tutti insieme, come sabato
scorso, durante un viaggio che avrebbe
dovuto essere per loro l’inizio di una
nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma
erano in 115, il numero dei morti è
sempre di gran lunga superiore al
numero dei corpi che il mare restituisce.
Sono indignata dall’assuefazione che
sembra avere contagiato tutti, sono
scandalizzata dal silenzio dell’Europa
che ha appena ricevuto il Nobel della
Pace...»
BG La pace di chi? Dei morti?
DF «... e che tace di fronte a una
strage che ha i numeri di una vera e
propria guerra. Sono sempre più
convinta che la politica europea
sull’immigrazione consideri questo
tributo di vite umane un modo per
calmierare i flussi, se non un deterrente.
Ma se per queste persone il viaggio sui
barconi è tuttora l’unica possibilità di
sperare, io credo che la loro morte in
mare debba essere per l’Europa motivo
di vergogna e disonore. In questa
tristissima pagina di storia che stiamo
tutti scrivendo, l’unico motivo di
orgoglio ce lo offrono quotidianamente
gli uomini dello Stato italiano che
salvano vite umane a 140 miglia da
Lampedusa, mentre chi era a sole 30
miglia dai naufraghi, come è successo
sabato scorso, e avrebbe dovuto
accorrere con le velocissime
motovedette che il nostro precedente
governo ha regalato a Gheddafi, ha
invece ignorato la loro richiesta di aiuto.
Quelle motovedette vengono però
efficacemente utilizzate per sequestrare i
nostri pescherecci, anche quando
pescano al di fuori delle acque
territoriali libiche. Tutti devono sapere
che è Lampedusa, con i suoi abitanti,
con le forze preposte al soccorso e
all’accoglienza, che dà dignità di esseri
umani a queste persone, che dà dignità al
nostro paese e all’Europa intera. Allora,
se questi morti sono soltanto nostri, io
voglio ricevere i telegrammi di
condoglianze dopo ogni annegato che mi
viene consegnato. Come se avesse la
pelle bianca, come se fosse un figlio
nostro annegato durante una vacanza.
Giusi Nicolini, Sindaco di Lampedusa,
16 novembre 2012»
GC Noi abbiamo pubblicato un
filmato di Emma Bonino, ai tempi in cui
era ministro delle Politiche europee,
dove alcuni giornalisti le chiedevano
quale fosse il numero di immigrati dalla
Romania. Lei risponde: «Più o meno
175.000». Poi arriva un signore con un
foglietto, glielo passa e lei si corregge:
«No, sono 287.000» (secondo l’Istat nel
2009 i romeni residenti in Italia erano
887.000 circa). È paradossale che non
avesse nessuna idea del numero reale,
siamo di fronte a una preparazione
dilettantistica.
E qui comincia la
rivoluzione

Lavorare meno, vivere


meglio

DF Ritorniamo in cammino alla


ricerca di un pensiero per una nuova
politica.
BG Il tema che ci resta da
considerare è quello della
disintegrazione del partito padronale.
D’altra parte è un fatto stabilito che il
sistema partito non sta più in piedi.
DF Siamo costretti, dato che c’è la
crisi, a immaginarci un pensiero nuovo,
sia di politica sia di economia. Un
pensiero!
BG Un pensiero proiettato nel futuro
ma di cose concrete, che ci stanno
intorno. Per esempio, fra vent’anni si
userà il cemento? No, si userà il legno, o
meglio il lamellare, ma solo materiali
rinnovabili e sostenibili (me lo dice
Renzo Piano). Il bambù dura mille anni,
il cemento cento, così si può mischiare
il bambù col cemento dimezzandone la
quantità, e diminuendo della metà le
emissioni di CO2. Bisogna coinvolgere
architetti, ingegneri, artigiani e
specialisti che hanno la voglia e la
libertà di cambiare il mondo in cui
viviamo. Bastano due righe: entro il
2050 tutta l’energia avrà queste
caratteristiche e si comincia a cambiare
adesso.
L’energia rispecchia un mutamento
di civiltà, non di politica. Non serve
soltanto produrre con energie
rinnovabili. Bisogna anche produrre di
meno. Meno materia, meno energia,
meno cose, come studiano all’Università
di Wuppertal o all’Università di Zurigo,
per arrivare in vent’anni a sostituire con
le rinnovabili tutta l’energia prodotta col
petrolio, quindi tassando i consumi, i
consumi di cazzate. Questa è gente che
progetta un frigorifero che resiste cento
anni, oggetti durevoli, riparabili e
riconvertibili. Spesso dietro all’idea di
riciclaggio c’è la convinzione che non si
possa riciclare qualsiasi cosa.
Sbagliato, si può, basta programmarlo.
GC L’altro giorno stavo guardando
il contachilometri della mia vecchia
Volvo, che per me è un po’ come se
fosse una persona, ogni anno penso di
cambiarla ma ci sono affezionato e me la
tengo. E siccome quando si guida ci si
annoia, ho cominciato a considerare a
quanti minuti corrispondono i 270.000
chilometri che ho percorso in tredici
anni, da quando ho la macchina. È
venuto fuori un numero spaventoso.
Allora il problema non è l’auto ibrida
che consuma meno, sono io che devo
consumare meno tempo, perché mi sto
consumando in macchina! E io in
macchina non ho nessuna voglia di
consumarmi. Io le macchine le voglio
abolire.
BG Certo, basti pensare a tutti gli
spostamenti obbligati che chi abita in
periferia fa ogni giorno per raggiungere
il posto di lavoro. Assurdo. Se si
sommano tutti i minuti sono anni di vita
che vanno via davanti a un volante.
GC Il telelavoro non è una chimera,
basterebbe cablare meglio i paesi e le
città evitando così che la gente si sposti.
Molti potrebbero stare di più in
famiglia, coi figli, giocare con loro.
Questa sarebbe la vera rivoluzione, non
star qui a guardare quanto risparmiare.
L’altro giorno è venuto nel nostro ufficio
Lester Brown, scrittore, ambientalista e
grande pensatore americano, il quale ci
ha detto che entro il 2020 o prendiamo
delle misure decisive o il pianeta è
spacciato. Non possiamo limitarci alla
lampada a led o alle domeniche
senz’auto. Fare meno non è sufficiente,
bisogna cambiare, nel senso che bisogna
trovare alternative a questo modello di
civiltà.
DF Questa però è una politica che
presuppone una pianificazione.
GC Certo, ma è fattibile, le persone
vorrebbero vedere attuata questa
politica. Chiediamo loro di scegliere:
preferite ritornare alle sei del
pomeriggio in famiglia, disporre di
tempo libero per divertirvi o fare altro
o, invece, tornare a casa alle otto di sera
dopo due ore di code in auto? Che cosa
pensate che vi diranno? Se tu applichi il
telelavoro, con agevolazioni fiscali per
le imprese o con leggi apposite,
riducendo in modo drammatico il
traffico, sicuramente metti in crisi le
fabbriche di automobili e danneggi le
società petrolifere, diminuendo il gettito
fiscale della benzina. E qui comincia la
rivoluzione. Allora non stiamo più
parlando di efficienza ma di qualità
della vita, di un altro modello possibile.

Risparmio e qualità

DF Scusate, ma intanto in Africa


stanno distruggendo foreste intere con il
liquame dello scarto del petrolio e non
c’è nessuno che controlli, non gliene
frega un cazzo a nessuno, e le
popolazioni hanno dovuto emigrare
dalle loro terre che solo dieci anni fa
erano coperte per migliaia di chilometri
da foreste e attraversate da fiumi
pullulanti di pesci, e ora è tutto
distrutto... Non è che qualche anno fa i
potenti della trivellazione non sapessero
che in Africa c’era il petrolio, ma
sapevano che quel petrolio era duro da
tirar fuori. Non soltanto: sporco e con
alti costi. Non mi sembra che, come
raccontano, il nostro sottosuolo sia
trivellabile all’infinito! Parlano di
settant’anni di riserva e che solo allora
ci sarà il blackout. Ma noi dobbiamo
muoverci come se il petrolio dovesse
finire domani e non aspettare che il
mercato ci dica a un certo punto: stop!
Non ne abbiamo più!
BG Il mercato racconta balle.
GC Sì, dovremmo anticipare. La
notizia di un forte scioglimento dei
ghiacci dell’Artide viene salutata come
una grandissima buona notizia...
DF Perché?
BG C’è una foto dall’alto con
centinaia di navi in attesa che si rompa
l’ultimo istmo, sono già lì, pronte ad
avviare nuove perforazioni.
GC La distruzione del pianeta è a
buon punto, le occasioni si moltiplicano,
non ci si ferma mai, anche la notizia
allarmante dello scioglimento dei
ghiacci eterni può diventare fonte di
guadagno e quindi viene guardata con
sollievo anziché con angoscia, come se i
dinosauri si rallegrassero alla vista del
meteorite che li distruggerà.
DF Cosa gliene frega che si stia
andando verso la fine? Quindi avanti
tutta, è l’utile che conta!
BG Appunto, e poi il problema è che
se finisce il petrolio fra settant’anni il
carbone può durarne più di cento.
Comunque il petroliere va dove fa più
«grano». Perché? Perché può godere di
fior di finanziamenti elargiti dai governi
per realizzare l’eolico, e lo fa. Quindi è
il Sistema che è sbagliato. Non è il tipo
di energia che determina il programma
ma il profitto che se ne ottiene. Il rischio
è che adesso ci riempiano di pale
eoliche.
Per tornare alla Germania: come si è
mossa quell’economia? Ha fatto un
piano, la banca di Stato tedesca lo ha
finanziato a interessi zero, prima rata
dopo tre anni.
DF Be’, anche noi qualcosa di serio
e positivo l’abbiamo fatto. Il problema è
che in Italia la mafia ha approfittato di
queste agevolazioni rubando miliardi,
non milioni, avviando società di comodo
e finte, solo per avere soldi.
BG Diciamo al mercato la verità.
Per i danni che fa il petrolio e con i
costi che sosteniamo, la benzina
dovrebbe costare 4 euro e un governo
dovrebbe agire di conseguenza. I
produttori di auto si dovrebbero
adeguare e attivare l’efficienza
energetica.
Se ho una macchina che consuma la
metà e la benzina costa il doppio, a me
non cambia nulla. La tassazione va
ripensata in funzione del risparmio
energetico, colpendo i prodotti che
rovinano la qualità della vita, a
cominciare dai derivati del petrolio, gli
imballaggi, tutto l’usa e getta. Il 90 per
cento del materiale che ci circonda entro
un mese va in discarica o si brucia. Vuol
dire che la nostra vita è progettata male,
se tu la butti via.
Gunter Pauli, l’iniziatore
dell’economia blu, imprenditore e
scrittore belga, racconta che in Cina un
manager ha messo a punto dei sistemi
straordinari grazie ai quali lo scarto di
un’azienda diventa la materia prima di
un’altra e lo scarto di quest’ultima la
materia prima di un’altra ancora. In
India ha consorziato quasi tutti i macelli,
così la carne di scarto prodotta va ad
altre aziende che ne fanno vermi per la
piscicoltura. E non è finita qui, perché
con il fondo delle vasche per la
piscicoltura un’azienda riesce a ottenere
il terriccio per coltivare i funghi. Non
rimane nulla da buttare, tutto è
recuperato e trasformato. Quando tre
miliardi di persone, tra cinesi e indiani,
vorranno avere il nostro stesso tenore di
vita, come faremo? Avremo un miliardo
e mezzo di macchine in giro? Non è
possibile.
DF Intanto la Germania, che prima
Grillo citava, si sta attrezzando e non
sente la crisi dell’auto...
BG Si parla sempre della Merkel e
poco della Germania, di come loro
intendano il lavoro e di quello che hanno
fatto negli ultimi anni. Intanto, a
proposito della Volkswagen, il
sindacato è nei consigli di
amministrazione e partecipa alle scelte
dell’azienda, cosa impensabile da noi, e
quando l’euro ha sostituito il marco tutti
insieme – imprenditori e sindacati –
hanno provato a impostare una politica
per gli anni a venire, ipotizzando come
si sarebbe evoluto il mercato. Da noi chi
cazzo ce l’ha una visione a cinquant’anni
di quello che succederà? Come si
sposterà mio figlio fra trent’anni? Che
tipo di energia userà? Come ci
muoveremo? Quante ore lavoreremo?
Questa è la politica, non c’è più, cazzo!
DF Il problema sarà lavorare meno
per consumare meno energia.
BG Il segno meno dovrebbe essere
messo davanti a ogni attività. Meno con
meno fa più, invece in Italia sembra che
siamo sempre ancorati a un segno più
che alla fine diventa un meno e basta. Se
riusciamo a consumare meno energia è
perché siamo riusciti a migliorare
l’efficienza di un motore investendo e
progettando meglio e avremo modo,
grazie a quel risparmio, di aumentare i
consumi con lo stesso costo. Più
efficienza uguale più consumi, quelli
puliti e non dannosi per l’ambiente e
l’uomo.
Dove sono gli economisti?

GC Questa situazione di cui parli


una ragione ce l’ha ed è riconducibile
alla necessità che il capitale sia sempre
remunerato. È la remunerazione
selvaggia del capitale che sta mandando
tutto a puttane, il supercapitalismo. Se
lavori otto ore, dodici ore, quattordici
ore tu devi comunque remunerare il
capitale. Marchionne va dove vuole per
remunerare il capitale. Il capitale,
ormai, vince sulla democrazia che
sembra essere solo un intralcio, una
perdita di tempo. Il capitale ha altri
tempi, più veloci, e non vuole regole,
mette i suoi rappresentanti nelle
istituzioni.
BG Sì, ma allora rileggiamo Marx.
Aveva già detto tutto Marx.
GC Le cose sono molto cambiate da
allora. Quello che sto dicendo è che
anche se tu disponessi di un’energia
infinita a disposizione a basso costo,
alla fine il capitale vorrebbe lo stesso
lucrare su quell’energia infinita e quindi
non cambierebbe niente. Devi cambiare
la struttura della società, non le
dinamiche dell’utilizzo dell’energia. Gli
economisti non sembrano capire, e
nemmeno i media. Quando dicono
«adesso parliamo di economia» e
parlano della Borsa, vuol dire che hanno
perso il senso delle parole, perché
l’economia non è parlare di soldi.
BG L’economia è parlare di cose
che si toccano, che si spostano, che si
producono, cose concrete, tonnellate di
merci messe in movimento grazie a
miliardi di tonnellate di petrolio, con
tutte le conseguenze nefaste per
l’ecosistema. Questa è l’economia!
Allora se vogliamo parlare di economia
parliamo dell’organizzazione dei
trasporti e confrontiamoci con questa
assurda schizofrenia. Qualche settimana
fa a Genova ho mangiato il pesto: il
basilico arrivava dal Vietnam e l’aglio
dalla Cina. Come fanno a costare meno?
Finché il prezzo del petrolio è tenuto
basso, conviene. Ma è schizofrenico!
Cominciamo quindi a ragionare sui
trasporti e sulle merci. Dobbiamo
evitare grandi opere inutili come la Tav
e ridisegnare la mappa dei nostri
trasporti in funzione di un risparmio
energetico e di un’economia locale non
basata sullo spreco.
Qui non stiamo parlando di sostituire
una classe politica con un’altra, qui
stiamo parlando di questioni generali, di
problemi mondiali, di come riprogettare
la vita, e per fare questo ci vuole un
pensiero. Non basta una politica.
DF Proviamo a fare un’altra
considerazione. Saprete senz’altro che
un miliardo di persone del pianeta non
ha mai avuto accesso all’energia, in
nessuna forma. Quindi è tagliata fuori da
qualsiasi modello di sviluppo come lo
intendiamo noi. È gente più infelice, più
disperata, più povera di noi? Ho visto
recentemente un documentario
sull’Amazzonia, la storia di un popolo
che dall’interno della foresta dove vive
da secoli esce all’estuario del grande
fiume e incontra gli uomini bianchi che
offrono loro lavoro nel settore della
deforestazione. Imparano perfino a
guidare e ad azionare i trattori e le
grosse motoseghe. A un certo punto
imparano a ubriacarsi e ad andare a
puttane. Poi all’improvviso spariscono
tutti.
Cos’è successo? Se ne sono tornati
nel profondo della loro foresta, dove
finalmente recuperano la loro
dimensione originaria. La cosa
incredibile è proprio questa. Noi
pensiamo che successo, fortuna e
abbondanza di cibo siano sufficienti a
creare felicità. Che il progresso ci renda
più soddisfatti. Siamo portati a crederlo,
ma forse dentro di noi sappiamo che non
è così, solo che non sappiamo come fare
a fermarci e ripartire.
Un’intelligenza riformulata

BG Ci vuole un’altra età del fuoco.


Diceva l’ex ministro del Petrolio
dell’Arabia Saudita, Zaki Yamani: «Non
bisogna aspettare che finisca il petrolio:
l’età della pietra non è finita perché
sono finite le pietre».
DF Una bella battuta.
BG Le centrali nucleari, come quelle
a carbone – che negli Stati Uniti sono
state messe fuori legge –, consumano
acqua. Il 40 per cento dell’acqua
potabile francese è consumata dai 58
reattori nucleari presenti nel paese. Noi
il nucleare lo paghiamo sulla bolletta
dell’acqua, ma la gente non lo sa.
Se diciamo che il petrolio finisce tra
vent’anni non importa a nessuno, perché
nessuno ha voglia di guardare più
avanti, oltre il confine. Per farlo è
necessario andare al di là del binomio
problema-soluzione che regola il nostro
atteggiamento. Anche questo libro, se
presentasse una serie di problemi e in
automatico le soluzioni, offrirebbe una
ricetta a tavolino, fintamente oggettiva.
Dobbiamo riuscire a guardare nel buio
della consapevolezza che solo
un’intelligenza riformulata può salvarci.
Un’intelligenza sulle cose, sul mondo e
su noi stessi.
Hai ragione. Nessuno qui vuole dare
soluzioni a problemi così complessi.
Siamo in un momento di grande
trasformazione del pensiero, della
politica, dell’economia. La rete sta
imponendo alla nostra intelligenza
un’accelerazione impensabile fino a
qualche anno fa. Il mondo ce l’abbiamo
in tasca, lo possiamo conoscere
cliccando sul nostro iPhone. Basti
pensare che già oggi più di metà dei
televisori negli Stati Uniti hanno il WiFi
incorporato: anche un pensionato dalla
sua poltrona può accedere a internet
senza difficoltà.
GC Quello che è avvenuto in Italia
per il cellulare con la sua diffusione
esplosiva negli anni Novanta sta
avvenendo ora per gli strumenti mobili –
iPad, tablet, iPhone – di accesso alla
rete e questo avrà un forte effetto sulla
politica italiana. Siamo all’interno di un
processo di grande cambiamento.
L’intelligenza sociale sarà modellata sui
nuovi strumenti a disposizione.
Tra qualche anno interagiremo con
tutti gli oggetti che ci sono in una stanza.
La tazzina dalla quale ho bevuto il caffè
mi dirà qual era il livello di zucchero
all’interno del caffè, qual era la marca
del caffè, dov’è stata costruita la tazzina.
Se ho già bevuto da quella tazzina, mi
riconoscerà e mi dirà: «Buongiorno
Roberto, hai già bevuto da questa tazzina
in questo luogo». Quella tazzina, poi,
sarà collegata alla rete, quindi tutti
potranno sapere che ho bevuto da quella
tazzina in un dato luogo, che il caffè era
di quel tipo, che ho messo un cucchiaino
di zucchero.
Lo stesso si potrà fare con un
cartello stradale: arriveremo in una
città, ci fermeremo davanti a un cartello
stradale e gli parleremo, gli chiederemo
delle informazioni e lui ci risponderà,
magari con la voce del sindaco.
Qualunque oggetto sarà collegato alla
rete e avrà un’intelligenza propria, che
potrà interagire con noi. E questa
intelligenza crescerà esponenzialmente
perché le informazioni che ogni oggetto
avrà gli deriveranno dalla somma di
tutte le informazioni presenti in rete.
BG Un mondo quasi fuori dalla
logica comune. Fantascienza.
GC Su Facebook tu crei una tua
identità. Quando una persona muore, se
non ha detto a qualcun altro di
cancellarla da Facebook nel suo lascito
testamentario...
DF ... continua a vivere.
GC Adesso cominciano a esserci i
testamenti digitali, con i quali si può
chiedere di essere cancellati da Twitter,
Facebook, YouTube al momento della
morte oppure lasciare in eredità un
account perché magari all’interno di un
canale YouTube ci sono video di valore
di cui tu sei proprietario. Oggi il
testamento digitale non è ancora diffuso,
ma presto sarà lo sarà. Al momento sono
morti milioni di americani che avevano
un account Facebook, così capita che tu
continui a parlare con loro ma loro non
rispondono.
BG «Che cazzo fai, perché non mi
rispondi? Non sei più mio amico? Ti ho
fatto qualcosa? Dimmi perché! È una
settimana che ti cerco, hai fatto un
viaggio?» Questo è morto e tu continui a
parlare con lui...
GC Ma il bello è che lui ha dato a te
la sua amicizia e te la lascia anche dopo
morto.
BG Quindi adesso ci sono le pompe
funebri digitali: tu paghi un servizio che
ti avvisa se qualcuno dei tuoi amici su
Facebook muore. Tu mandi le email, se
non risponde ne mandi un’altra, se non
risponde di nuovo sei avvisato in
automatico: «Non scrivere più a questo
che è morto!».
Pensa come si evolverà la vita, la
morte... Non muori più. Siamo in mezzo
a qualcosa di totalmente nuovo, di
incredibile. Casaleggio ormai ci è
abituato, lui vive in quel mondo lì,
infatti è leggermente più morto di me,
nel senso della vita reale.
GC Be’, bisogna intendersi su cos’è
la vita... Una volta ho incontrato un mio
amico architetto su Second Life, un
mondo digitale creato in rete. Gli avevo
commissionato un palazzo dell’antica
Grecia virtuale, definito nei più piccoli
particolari. Ci siamo dati appuntamento
sull’isola, era mattina e stava sorgendo
il sole. Ci siamo salutati attraverso le
nostre due identità digitali e abbiamo
ispezionato il palazzo trovando due
imperfezioni negli affreschi. Dopo un
po’ non ci accorgevamo più di essere in
un mondo immaginario.
Entriamo veramente nella
fantascienza. Prima parlavamo di
intelligenza collettiva. Quello che può
fare l’intelligenza collettiva è
straordinario! Se mettiamo a fattor
comune centinaia e migliaia di cervelli,
il risultato può essere eccezionale, ma
ora non lo sappiamo ancora. Non siamo
abituati: siamo soliti condividere le
informazioni con piccoli gruppi di
persone.
DF Capisco solo relativamente il
mondo che state proiettando. Diverso è
quando parliamo di questioni che posso
toccare con mano, di cui ho esperienza
diretta.
Torniamo coi piedi per terra. Per
esempio, il tema del risparmio
energetico affrontato prima: la
possibilità di costruire case con
materiali che garantiscono una tenuta del
calore all’interno e il blocco del gelo o,
al contrario, del solleone in estate. O
quella di costruire abitazioni in territori
dove avvengono ciclicamente terremoti.
In Umbria, dove abito, questi nuovi
metodi stanno cambiando le
consuetudini costruttive: i contadini, per
esempio, che da secoli costruiscono le
case in pietra o in mattoni, vengono a
contatto con questi sistemi
completamente nuovi e imparano a
servirsene risparmiando tempo e denaro.
Questo è un cambiamento grosso, che
vedi e che impatta sulla vita quotidiana
indipendentemente dalla rete.
BG La casa in cui abiti in Umbria è
quella che ha costruito tuo figlio
Jacopo?
DF Sì, quella di Jacopo: la vengono
a vedere e a studiare molti architetti e
ingegneri provenienti da vari paesi. È
stata realizzata da artigiani che hanno
sperimentato materiali e metodi nuovi
nel Trentino-Alto Adige acquisendo dai
montanari austriaci una straordinaria
sapienza nell’assemblaggio edile. Tutto
viene costruito a distanza, quindi portato
sul posto e assemblato in pochi giorni:
dal tetto alle pareti, ai servizi interni,
compresi i mobili. Sono tecniche ormai
diffuse.

Una conoscenza condivisa

GC Sì, in questo caso tu metti


l’intelligenza collettiva al servizio di un
problema, per esempio quello del
riscaldamento delle case, e lo risolvi. In
futuro il nostro cervello sarà planetario.
Se il problema è di tutti, viene risolto da
tutti coloro che hanno competenze su
quel problema, e in tempi molto più
brevi.
Anni fa in rete si è formata una
comunità di astronomi dilettanti che, pur
non disponendo della strumentazione
scientifica dei grandi osservatori, è
diventata importantissima ed è riuscita a
scoprire nuove galassie, supernove,
buchi neri attraverso la capacità di unire
intelligenze, dati, informazioni. Tre anni
fa ho partecipato a una conferenza a San
Francisco dove Al Gore parlava di
CO2, del riscaldamento della Terra,
della crisi alimentare e dell’enorme
potenzialità della rete nella risoluzione
dei problemi del mondo.
DF Sull’intelligenza collettiva mi
trovate completamente entusiasta.
Lasciatemi fare ancora un riferimento
storico. Non so se ricordate l’accenno
che ho fatto sui comacini, cioè i muratori
che agivano usando macchine o
«macchinamenti», come si diceva al
tempo. Ebbene, questi vivevano in
comunità con regole interamente
collettive dove anche le leggi e le
consuetudini esaltavano quella modalità
di vita. D’altra parte, Eratostene di
Cirene, che ho citato all’inizio, colui che
intuì la circonferenza della Terra e la
sua distanza dal Sole, non era
un’intelligenza singola, isolata, ma
viveva con altre centinaia di uomini e
anche qualche donna di sapienza e
conoscenza eccezionali. Infatti, dal V al
III sec. a.C., le scoperte più importanti
sui moti del creato e sull’assetto degli
astri furono realizzate da scienziati greci
e della Magna Grecia che agivano,
studiavano e producevano insieme.
Però, una cosa che vi prego di
prendere in considerazione, e che penso
sia molto importante, è il valore
dell’individuo. L’individuo cresce
anche grazie alla comunità, ma
all’origine ha una propria personale
dimensione di creatività che riceve
spinte e controspinte delle altre
personalità che gli vivono intorno; cioè
è un nucleo che, posto in circolo con
altri elementi simili ma non uguali,
produce atti di intelligenza superiore.
Una delle più grosse scoperte
recenti è che ognuno possiede un
cervello particolarmente strutturato
rispetto ad altri, nella forma e nelle
strutture interne. Io mi sono prestato a un
esperimento del tutto particolare:
l’Università di Pisa mi ha fotografato il
cervello per farne uno studio. Mi sono
detto: «Oddio, chissà cosa succede?
Speriamo che non scoprano il vuoto
assoluto!». A parte il lazzo, alla fine mi
hanno consegnato una grande foto del
mio cervello con tutti i particolari
sviluppati in ingrandimenti. Gli
scienziati che mi hanno esaminato,
nell’illustrarmi le foto, mi indicavano le
varianti particolarmente evidenti del
mio assetto celebrale e insistevano nello
spiegarmi l’enorme diversità che
caratterizza la personalità intellettiva,
fantastica, emozionale di ognuno in
conseguenza di quelle forme quasi
grafiche. Quindi non c’è una categoria di
cervelli che si ripeta, ma ogni cerebro
ha la sua particolare struttura, variante e
composizione. Questa unicità
straordinaria si allontana dall’altra
chiave che stavate enunciando, quella di
una serie di macchine pensanti che si
uniscono nel moto e arrivano,
ragionando insieme, a elaborare
collettivamente.
BG Ma l’individualità non
scompare, una cosa non esclude l’altra.
DF Voglio dire, meno male che c’è
anche quest’altro mondo legato
all’individualità che agisce e che
realizza pensieri, altrimenti non ci
sarebbe la musica, non ci sarebbe
l’invenzione della pittura, dell’arte e
neanche della matematica. Temo che un
giorno si possa pensare: «Tanto c’è lei,
la collettività delle intelligenze, farà
tutto lei».
GC Ma quell’intelligenza siamo tutti
noi. È la condivisione della conoscenza
che ci permette di andare oltre il
singolo. La conoscenza, messa a fattor
comune, porta a trovare una soluzione di
ordine superiore. Io sono sempre stato
convinto che cento persone ragionino
meglio di una sola.
DF Su questo sono pienamente
d’accordo...
BG Siamo già dentro una
trasformazione di linguaggio, di cultura,
di scambio, di pensiero e, volenti o
nolenti, andremo a essere qualche cosa
di diverso. Che sia meglio o peggio non
lo so, lo sapranno i nostri figli, i nostri
nipoti. Adesso noi non capiamo bene
che cosa sta succedendo, non capiamo
l’importanza di poter condividere il
sapere con migliaia di persone e che
cosa ciò può voler dire in termini
politici. Però è chiaro che la
trasformazione è epocale, come lo è
stata quella del libro, che ha cambiato il
modo di fruire la cultura e quindi ha
trasformato la società.
Anni fa non ci credevo, nei miei
spettacoli spaccavo i computer per
dimostrare che erano macchine inutili e
dannose, poi mi sono ricreduto, ho
capito che la rete aveva il potere di
cambiare la mia relazione con il mondo,
con il tempo, con lo spazio, con il mio
modo di informarmi e di sapere. Questa
possibilità il potere politico non l’ha
ancora bloccata perché non l’ha ancora
capita, la Chiesa neppure, mentre il
MoVimento 5 Stelle esiste grazie alla
rete.
DF Io adopero moltissimo internet
quando comincio a tratteggiare una
storia, un personaggio, poi però se non
avessi il confronto con altre fonti, con
altri mezzi, se non mi confrontassi nel
concreto con altre persone che amano la
ricerca, farei degli errori gravissimi
perché spesso, non sempre, ma spesso
quello che è immediato, che trovi subito
è grossolano, banale, superficiale.
GC Dipende da che confronto fai.
Prendiamo l’Enciclopedia Britannica.
Nel libro Wikinomics. La
collaborazione di massa che sta
cambiando il mondo (Etas 2007), gli
autori Don Tapscott e Anthony D.
Williams dimostrano come
l’Enciclopedia Britannica sia meno
attendibile di Wikipedia e perché anche
per questa grande opera il tempo è
definitivamente trascorso. Una facile
profezia. Due anni fa Jorge Cauz, il suo
presidente, ha annunciato che l’edizione
del 2010 sarebbe stata l’ultima a essere
pubblicata in forma cartacea. Il numero
di articoli di Wikipedia è di molto
superiore a quelli dell’Enciclopedia
Britannica, che in percentuale contiene
più errori. Alla creazione delle voci di
Wikipedia partecipano milioni di
persone in tempo reale mentre alla
creazione della Britannica forse qualche
migliaio, tutte altamente specializzate, è
vero, ma confrontarsi con un numero
sterminato di contributori e revisori
online è impossibile. La battaglia è
persa in partenza.
DF Perfetto, hai ragione. Però, a
proposito del terremoto dell’Aquila,
qualche mese fa sono andato su internet
e ho fatto una ricerca sulla storia della
città e dei terremoti che si sono, ahimè,
susseguiti nei vari secoli. E ho scoperto
un fatto straordinario: che la
popolazione a un certo punto si era così
ridotta ed era diventata talmente misera
che, per evitare che la città morisse del
tutto, un vescovo decise di lasciar liberi
preti e suore di sposarsi e avere figli. È
una storia bellissima: tutti questi preti e
sante donne che si riproducono per amor
di Dio e così salvano la città. La data a
cui l’episodio si riferiva era indicata
come il 1700, il che mi sembrava strano,
troppo vicino a noi. Infatti era uno
svarione.
Ho fatto una ricerca presso ciò che
si è salvato nelle biblioteche
dell’Aquila e ho scoperto che la data
esatta va spostata molto più indietro,
esattamente al XIV secolo, alla nascita
di questa città, e grazie all’«incontro»
con il cronista-giullare Buccio di
Ranallo ho scoperto che tutta quella
storia è molto più complessa. Ecco
come sono andati i fatti. Il podestà della
città in un primo tempo fece restaurare
le mura così da rinchiudere gli abitanti
sopravvissuti ma non ci riuscì e,
disperato per lo spopolamento
dell’Aquila, chiese aiuto al vescovo, il
quale s’era già reso conto che i
monasteri e i conventi – rimasti in piedi
perché costruiti come fortezze – erano
stati invasi da cittadini maschi e
femmine risparmiati dal cataclisma e
che ormai vivevano in una forma di
comunione totale, spirituale e fisica, con
i frati e le suore. Le comunità miste
creano sempre legami e storie d’amore.
I bimbi nati da questa convivenza erano
numerosi ed erano considerati da tutti
miracolose creature di Dio, salvezza
della città. Ecco allora che il vescovo,
convocati i gestori dei monasteri e i
novizi, concesse loro di trovare mogli o
mariti fra gli stessi religiosi o di
accoppiarsi con i sopravvissuti d’ambo
i sessi. Questo per dire che le notizie
sulla rete vanno sempre verificate e
approfondite, altrimenti si rischia di
prendere delle cantonate terribili.
GC Sì, non è che vai su internet e
trovi la verità. Su internet trovi una forte
approssimazione della verità.
Certamente, se cerchi un fatto molto
particolare come quello citato, che è
quindi controllato da poche persone, la
possibilità di errore è più alta.
DF Devo ammettere che prima di
scoprire i vantaggi che può dare internet,
io impiegavo un mese per acquisire una
notizia. Adesso in tre minuti ce l’ho, so
però che devo verificarla rivolgendomi
a una fonte o a un gruppo di persone che
quella notizia l’ha studiata e l’ha
liberata da tutte le varianti e, soprattutto,
dalle censure, non ultime quelle della
Chiesa.

Essere credibili sulla rete

GC Il problema è che stiamo


confrontando momenti diversi della
diffusione della conoscenza. Dario
pensa soprattutto ai libri, ai teatri, agli
incontri personali. La diffusione della
conoscenza di cui sto parlando io è
quella della rete.
DF Vorrei che voi non dimenticaste
che cos’è l’apporto della personalità e
dello studio. Beppe, per esempio, è un
caso unico, assoluto dentro tutto il teatro
italiano.
GC Quello che conta nella rete è la
credibilità che uno si costruisce. Se tu
sei credibile acquisisci in rete un valore
superiore.
DF Quando ascolto te, capisco che
nei tuoi discorsi c’è dentro una sorta di
metafisica della collettività degli
individui, del lavoro insieme. Ma la
credibilità la raggiungi anche nel
rapporto diretto con le persone, quando
le incontri e parli. È una conquista
faticosa, fatta di esercizio e
applicazione, come se dei fili magici
attraversassero improvvisamente corpo
e cervello. Beppe riesce a parlare a
mitraglia prendendo la gente per lo
stomaco, per il naso e per i coglioni! Ha
la dote straordinaria di entrare e uscire
dalle persone e ciò è determinato dalla
capacità di essere in tanti luoghi fisici
diversi e straordinari grazie allo scontro
continuo dei pensieri, delle idee, delle
notti sballate che uno ha fatto perché non
ha la soluzione e prova a cercarla e gli
sembra di non trovarla mai. Ma un modo
per arrivare alla gente c’è sempre.
Io salgo sul palcoscenico e Beppe fa
come me, è una dote che non so come
abbiamo acquisito e scambiato e
attraverso chi siamo arrivati ad avere.
Non lo so, non lo riuscirò mai a capire.
Io salgo sul palco, sento il pubblico
come un essere unico: c’è quello che è
pazzo, che parla in una maniera strana,
che urla, un altro che si siede e fa
rumore, quell’altro che ride sulla battuta
sbagliata... Piano piano devo uniformarli
tutti, devo cercare di prenderli e fare in
modo che respirino insieme e che,
addirittura, si accordino sul ritmo che io
gli do. Loro hanno una chiave, un
andamento, e io devo tirarli a me in
modo da farli respirare con me. E tu
credi che tutto questo si possa fare
attraverso la rete?
GC No, questa è un’altra cosa!
DF Il pubblico te lo può dare quel
valore di cui parli tu. Certe volte è un
parto stare davanti agli spettatori, si
soffre. Certe volte fai venti minuti
andando a vuoto, come perduto, perché
non riesci a intuire chi sono quelli che
hai davanti, che cosa capiscono, perché
perdono le battute, perché battute che
sono sacre, che hanno sempre
funzionato, di colpo non funzionano più.
Ma poi pian piano vai in questo buio e
riesci a trovare il nodo, la chiave, la
soluzione, e allora vai via come un
treno, prendi velocità e devi subito stare
attento. Impari con gli anni a non godere
troppo di questa vittoria, perché dopo un
po’ ripiombi nel buio verticale e, se non
stai attento, ti trovi a essere come il
burattinaio che sa muovere con
cinquanta dita le marionette senza che
però la gente capisca e partecipi.
Non per niente il teatro si chiama
«mistero», non è un caso. Mistero buffo
vuol dire rappresentazione buffa. Non
c’è niente di sacrale dentro, la
rappresentazione in sé è il mistero. La
formula di questa magia ancora oggi, a
86 anni, non la conosco. Tra pochi
giorni vado a recitare, posso morire
prima, risorgere, vado avanti, respiro,
mi viene una voce stupenda, vado sotto,
godo, rido e alla fine il pubblico
applaude – spesso entusiasta – e io è
come se non avessi fatto niente, non
sono neanche sudato. È proprio magia. E
questo anche nel pensiero, anche nelle
cose. Io vorrei riuscire ad avere la
chiarezza che hai tu, Gianroberto, nel
recepire e nel catalogare questo
fenomeno straordinario che è la rete e
che è questa magia, un’altra magia
incredibile, per me, incomprensibile
alla fine, che non riuscirò mai a capire
fino in fondo. Ma ti voglio dire: attento
all’altra faccia di tutto un mondo che
dura da sempre e che non si può
dimenticare, spegnere dall’oggi al
domani, se non vuoi rischiare di
spegnerti a tua volta.
GC Ma l’intelligenza collettiva non
va a scapito delle capacità individuali.
DF Ti dicevo: guarda che c’è
quell’altra intelligenza senza la quale tu
non saresti niente, perché tu hai questo
quid, così dicevano gli antichi, che è
importante. Se tu non avessi il quid, non
saresti quello che sei, come lui, come
me. Cioè l’imponderabile.
BG Ma tu, Dario, vedi la rete come
un momento di pianificazione, invece
non è così. Si fonda piuttosto sulla
condivisione. È un’opportunità per far
dialogare e mettere a frutto le grandi
intelligenze.
GC Il mondo è magia. Non si può
scoprire magia solo in alcuni. Tutto è
magia. Non sapendo nulla, tutto è
magico.
DF Sì, d’accordo, però ci sono dei
valori altissimi che sono illeggibili e
altri che sembrano più semplici:
sembrano, ma forse non lo sono.
BG Come te, Dario, anche io salgo
sul palco e faccio i miei spettacoli per
arricchire e cambiare il pensiero di tanta
gente. Contemporaneamente Casaleggio
fa lo stesso lavoro sulla rete. Sono due
piani diversi, ma il fine è unico. Io sono
sulla strada, lui è online, sono
dimensioni che si compenetrano. E
nessuno dei due si pone come leader.
La democrazia diretta

Cosa fare in parlamento


contro la crisi?

DF Questa intelligenza delle cose


diffusa e ramificata presuppone anche
una diversa struttura organizzativa, non
più verticale. Torniamo al tema
affrontato all’inizio, del movimento
senza un leader che comunica a tutti gli
altri la verità. Il cerchio si chiude.
BG Il MoVimento non deve avere un
leader che presuppone un’idea di potere
fine a se stesso, coriaceo, sempre uguale
e conservativo. Le idee del MoVimento
sono in costante evoluzione, noi siamo i
portavoce di un movimento che si sta
formando. Il leader ha a che fare con un
partito e noi vorremmo che i partiti
scomparissero radicalmente, che ci
fossero nuove regole di comunità, che
queste regole di comunità fossero
applicabili da tutti, e che alla fine di
questo processo il MoVimento non fosse
più necessario, perché ci sono i
cittadini, c’è una comunità.
Lo so, molti potrebbero domandare:
ma in parlamento se non ci sono i partiti
chi ci sarà? Come può esistere un
parlamento senza i partiti? Ci saranno i
movimenti, i comitati, tutti espressione
di esigenze che provengono dalla
società civile.
GC Noi abbiamo scritto delle regole
di comportamento molto semplici per i
parlamentari. Una di queste, la più
semplice, è che non dovranno più
chiamarsi o farsi chiamare «onorevoli»
ma «cittadini», un po’ come durante la
Rivoluzione francese, e non è un caso. E
tu, caro Beppe, farai la parte di
Robespierre...
DF A proposito di termini riferiti
alla militanza politica, una volta, nei
Comuni, si usava il termine «compare»,
era un termine perfetto che poi è stato
sostituito da «compagno».
BG Dario, la situazione è arrivata
ormai a un punto decisivo: o il sistema
della rappresentanza politica cambia
veramente oppure c’è il rischio di un
disordine sociale spaventoso, noi
rappresentiamo un cuscinetto contro i
nazisti, i movimenti estremisti, e
sicuramente contribuiamo a fare in modo
che non ci siano forti disordini sociali.
Questa è l’ultima spiaggia. In questa
ottica lo sforzo che stiamo compiendo è
ancora più importante e significativo per
il mantenimento di uno Stato
democratico.
DF Cosa farete in parlamento contro
la crisi?
BG Creeremo subito una rete di
emergenza con salari di cittadinanza e
microcredito alle piccole imprese. Ma è
tutto scritto nel nostro programma.
Bisogna crederci, le cose in Italia
possono cambiare.
Lo scorso dicembre si è verificato
un miracolo in Val d’Aosta. La Regione
voleva costruire un pirogassificatore da
70.000 tonnellate, allora è stato indetto
un referendum propositivo, possibile in
Val d’Aosta perché regione a statuto
speciale, con un quorum del 45 per
cento. Cosa è successo? Molti ragazzi si
sono impegnati sul territorio e hanno
fatto un’informazione capillare
spiegando ai 128.000 cittadini della
Valle cos’è un pirogassificatore. Sono
andato ad Aosta con il M5S, abbiamo
riempito piazza Chanoux e siamo stati
visti a casa da oltre 30.000 valdostani
grazie a una diretta streaming. Il giorno
dopo ha votato il 50 per cento dei
valdostani e il 94 per cento ha detto no
all’inceneritore. Fine, non si fa più.
La gente ha scelto in modo
consapevole e ha fermato un progetto
sbagliato. Ci è riuscita, schierandosi per
la raccolta differenziata porta a porta e
una concezione economica industriale
completamente diversa. I rifiuti infatti si
possono vendere e, se separati, possono
essere utilizzati da aziende per
lavorazioni diverse.
GC Sai quanto costava questo
pirogassificatore? Fra gestione e
sviluppo, circa 220 milioni di euro. La
Regione lo voleva nonostante il suo
ingente debito, record assoluto pro
capite in Italia. È stato il primo
referendum propositivo vinto in Italia
dal dopoguerra. Passato inosservato...
BG Questo episodio dimostra che se
i cittadini sono correttamente informati
reagiscono e assumono decisioni in
modo autonomo. Ecco l’importanza dei
referendum propositivi in una
democrazia.
GC Questa non è esattamente
l’intelligenza collettiva teorizzata da me
prima, ma i valdostani hanno condiviso
l’informazione e preso una decisione
positiva senza delegarla ai partiti, alla
Regione... l’hanno presa loro.

Il rilancio delle piccole e


medie imprese

DF È stato un fatto eccezionale. Ma


adesso, di fronte alla crisi economica,
che cosa proponete?
GC Nell’immediato quello che
vogliamo fare è dare la possibilità alle
piccole e medie imprese di svilupparsi,
diminuire l’inefficienza dello Stato,
ridurre gradualmente il peso fiscale
attraverso il taglio delle spese inutili per
le quali c’è solo l’imbarazzo della
scelta, dalle Province alle
superpensioni, ai contributi ai giornali,
ai rimborsi elettorali, al contenimento
delle spese per la Difesa, alle missioni
militari all’estero, alla Tav, al numero
dei parlamentari, alla legge
anticorruzione. Potrei continuare fino a
sera.
DF Questo è nel programma, ma
domani cosa andreste a dire alla
Merkel?
GC La Merkel risolve i suoi
problemi, noi dobbiamo risolvere i
nostri. Il governo dell’Italia deve
affrontare prima i problemi nazionali e
poi i rapporti internazionali, ma mai a
scapito dei suoi interessi.
DF Il problema del nostro rapporto
con l’Europa e la Germania in
particolare è sul tavolo da tempo, è
normale porre la questione anche al
MoVimento.
GC Monti o altri che verranno
dovrebbero rilanciare innanzitutto
l’economia. Noi riceviamo email da
tutt’Italia che denunciano una situazione
gravissima per le piccole e medie
imprese, che stanno morendo, stanno
scappando all’estero. Senza le piccole e
medie imprese l’Italia rischia di non
avere più garantita la governabilità
sociale. Finiamo direttamente nel
baratro. Non c’è più niente dopo. Le
pensioni e gli stipendi dei dipendenti
pubblici sarebbero a rischio.
DF Ma come si fa a tenere in piedi
le piccole e medie imprese?
GC Ci sono molti modi, uno è
detassare gli investimenti in
innovazione, un altro è alleggerire il
carico fiscale sulle imprese portandolo
alla media degli altri Stati della Ue, o
eliminare l’Irap, una tassa che si paga
anche se l’azienda è in perdita. Le nostre
aziende camminano con delle scarpe di
cemento anziché di gomma. Un’altra
cosa che certamente faremmo è garantire
che il made in Italy sia rilanciato, ma
associato solo a chi produce in Italia:
non puoi usare il made in Italy se
produci in Cina o in Romania.
BG Se si facesse una banca statale
subito, con a capo il presidente della
Repubblica, i soldi per le piccole
imprese si troverebbero subito a un
tasso di interesse molto basso. L’ha fatto
già la Francia. Accorpi i comuni sotto i
5000 abitanti, togli i doppi incarichi,
togli i vitalizi, diminuisci gli stipendi ai
politici, poni un tetto alle pensioni a
4000 euro.
L’Italia spende sei miliardi per le
superpensioni, quelle superiori ai
10.000 euro al mese, basterebbe una
circolare per recuperare sei miliardi
all’anno. Un’altra cosa da fare è
bloccare il debito. Se non congeli la
creazione di nuovo debito è finita.
GC Beppe si riferisce al debito che i
partiti stanno creando giorno dopo
giorno con opere inutili. Si può fare,
come hanno dimostrato i valdostani.
BG Sì, è stato annullato un debito
importante e con un decimo di quella
cifra si può fare la raccolta differenziata
e procedere con il trattamento a freddo.
Il risparmio è stato del 90 per cento, non
ci siamo indebitati del 90 per cento di
circa 220 milioni di euro.
GC Se si facesse così per tutte le
opere inutili che stanno progettando
potremmo risparmiare subito decine di
miliardi.
DF Con la Tav cosa si può fare?
GC La Tav in Val di Susa è un’opera
inutile anche secondo esperti del settore.
La Tav costa circa una ventina di
miliardi di euro. Bloccando la Tav non
aggiungi altri 20 miliardi (costo
dell’intero progetto) al debito pubblico
perché questa opera viene fatta con lo
strumento del project financing, una
modalità per cui se le aziende
partecipanti non raggiungono l’obiettivo
economico prefissato subentra lo Stato:
secondo alcune stime effettuate
l’obiettivo economico non sarà
raggiunto, quindi noi potremmo avere
miliardi di costi che si andranno a
sommare al debito pubblico.

Dopo le elezioni

DF Tutte cose da fare nel nuovo


parlamento. Apriamo un attimo una
parentesi sul nuovo governo. Cosa
pensate possa succedere dopo le
elezioni?
GC Il prossimo governo dovrebbe
essere un Monti bis, o comunque sarà
retto da una persona che continuerà la
sua politica recessiva, la sua «Agenda».
L’hanno già deciso a tavolino ed è
evidente dalla situazione che è stata
creata. Nel nuovo parlamento nessuno
avrà probabilmente una maggioranza
sufficiente per governare la crisi. Quindi
si creeranno alleanze bipartisan per il
bene del paese.
DF Cioè tutto come prima.
GC In più ci saranno Sinistra
Ecologia e Libertà (che non è ora in
parlamento, rientrerà e dovrebbe
appoggiare Monti o la sua politica, che è
poi lo stesso) e forse si aggiungerà la
vecchia Lista Arcobaleno insieme a
parte dell’Italia dei Valori, con la faccia
di Ingroia a garanzia dell’elettore.
DF E voi? Quale sarà il vostro peso
in parlamento?
GC Dipenderà molto dallo sviluppo
della situazione economica. Siamo in
una situazione in cui la crisi peggiora ma
nessuno lo dice e si cerca di equilibrare
fatti e numeri molto negativi con
valutazioni e proiezioni positive,
diciamo di alleggerimento.
BG Tutti i giornali hanno già
cominciato a scrivere che ci sarà una
ripresina a metà del 2013, che il periodo
buio è passato. Cominciano ad apparire
notizie confortanti mentre la campagna
denigratoria contro il MoVimento non
ammette interruzioni, non c’è più nessun
giornale che vi si sottragga. Il risultato è
che ci troviamo da soli contro tutti,
contro il sistema che difende questi
partiti, tutti d’accordo sulle questioni
fondamentali: grandi opere, giustizia,
privatizzazioni, liberalizzazioni, conflitti
d’interessi, tv... Noi invece vogliamo
l’acqua pubblica, la scuola pubblica, la
sanità pubblica, lo Stato che si riprenda
le concessioni, lo Stato che diventi Stato
finalmente democratico con un nuovo
sistema di regole dalla parte del
cittadino e non dei grandi gruppi
economici e delle banche.
DF Va bene, ma che possibilità
avete nel nuovo parlamento di
determinare un cambiamento così forte?
Attento che in queste votazioni si rischia
che succeda l’iradiddio! Tanto per
cominciare il numero degli eletti sarà
duramente decurtato, tant’è vero che i
disoccupati già girano come disperati di
qua e di là e formano una caterva di
piccoli partiti uno dietro l’altro.
A ogni modo tu dici che pur
riuscendo il Pd di Bersani a ottenere
quasi certamente la maggioranza con una
decina di punti di vantaggio, il
centrosinistra dovrà chiedere l’appoggio
del partito di Monti, il quale diventerà il
primo ministro del nuovo governo.
Naturalmente tutt’intorno a questa
situazione ci sarà il solito balletto delle
poltrone e degli inevitabili inciuci...
Cioè tutto come prima. Allora che
possibilità avete nel nuovo parlamento
di determinare un cambiamento così
forte?
BG Se non inventano qualche trucco
penso che otterremo un buon risultato e
quindi saremo ben presenti in
parlamento.
GC I cambiamenti portati dal M5S
saranno: la trasparenza, l’informazione,
il collegamento con i cittadini. Quanto
siamo riusciti a fare nei Comuni e nelle
Regioni lo dimostra. Tutte le delibere,
tutti gli atti approvati o in discussione
nei consigli comunali e regionali sono
stati valutati e messi a conoscenza dei
cittadini dai nostri portavoce e quindi i
cittadini sono potuti intervenire e
esprimere la loro opinione e il
MoVimento se ne è fatto portavoce. Lo
stesso accadrà in parlamento: tutti i
giorni, attraverso la rete, i cittadini
saranno informati passo passo su quello
di cui si sta discutendo: i nostri
rappresentanti saranno le sentinelle del
parlamento, il punto di riferimento
dell’opinione pubblica senza scendere a
compromessi. A Treviso abbiamo un
solo consigliere che ha fatto adottare
numerose delibere rimanendo in contatto
con i cittadini.
BG Un solo consigliere, 300 euro al
mese: è un informatico, un laureato, ha
fatto anche il pizzaiolo per mantenersi e
ha permesso di attuare una differenziata
a 90 scuole facendo risparmiare 40.000
euro al Comune, poi ha fatto collegare
tutti i sistemi informatici del Comune e
permesso ai cittadini di verificare lo
stato di una pratica. Ha avviato una linea
Skype che, senza spendere nulla,
consente di collegarsi con il personale
del Comune e avere le informazioni
necessarie. Ha fatto riattivare due
centrali idroelettriche con un
investimento che si ripaga in cinque anni
dopodiché il Comune avrà l’elettricità
gratuita.
DF Ma chi è? Superman?
GC No, Superman sono gli altri
aderenti al MoVimento. È ovvio che il
nostro consigliere non ha agito da solo.
Se ha ottenuto risultati così importanti è
grazie alla collaborazione con gli altri
aderenti al MoVimento. Lui dentro, ma
collegato con tutti gli attivisti.
BG Sì, perché quando un’idea
funziona tutti sono nella condizione di
appoggiarla, anche esponenti di altri
partiti. Alla fine migliora la politica.
Non è un caso se adesso metà di quelli
che si presentano in parlamento dicono
le stesse cose che noi sostenevamo anni
fa. Parlano di liste pulite, non vogliono
condannati nelle liste, sostengono
almeno a parole la legge anticorruzione,
l’elezione diretta del candidato, solo
due mandati, tutte proposte che quando
le esponevamo noi provocavano fastidio
o critiche durissime: ci accusavano di
antipolitica, demagogia e ora, non
sapendo cosa inventarsi, continuano a
dirci che non abbiamo un programma.
Ma prendono le nostre idee e grazie al
controllo dei media le presentano come
loro, anche se non le faranno mai.
GC Con le previsioni attuali il
MoVimento potrebbe aver diritto, dopo
le elezioni, a cento milioni di euro di
rimborso elettorale. Questi cento milioni
di euro non li ritireremo. E lo abbiamo
dichiarato pubblicamente, come è già
successo in Sicilia. Gli altri su questo
punto non possono competere. Hanno
sedi, dipendenti, collaboratori,
portaborse, strutture sul territorio ...
DF Questa è una bomba che
immettete nel sistema.
GC In questo senso ho detto in
passato che la rete è anticapitalista,
perché nella rete circolano e vincono le
idee, non i soldi.
DF Anche in parlamento però le
idee, soprattutto le proposte, possono
avere il potere di creare nuove alleanze
e rompere certi equilibri, specialmente
quando hanno un consenso popolare.
Come farebbe un Pd a non accoglierle?
Può accadere quindi che il centrosinistra
sia costretto a seguirvi e già questo
sarebbe un grande risultato.
BG Certo! Saranno gli altri a seguire
il nostro programma.
GC È già successo, se pensiamo per
esempio al referendum sull’acqua e alla
posizione ondivaga che ha avuto il Pd,
che solo a un certo punto ha capito di
dover venire sulle nostre posizioni e su
quelle di molti comitati che si erano
espressi per la difesa dell’acqua
pubblica. Da sempre abbiamo
appoggiato i movimenti: dal movimento
No Dal Molin, al No Tav, a quello per
l’acqua pubblica o contro l’energia
nucleare. Per noi non è importante
mettere il cappello su un movimento o
una proposta, importante è raggiungere
l’obiettivo, e che alla fine l’acqua
rimanga pubblica, rimanga ai cittadini e
che le centrali nucleari o la Tav non si
facciano.
DF I movimenti sono essenziali e se
le istanze sostenute dai movimenti
diventano patrimonio di molti cittadini,
per i partiti è difficile non tenerne conto,
rimanere indifferenti a una spinta
popolare, che viene dalla società. È
proprio questo che temono molti
politici: il fatto che diventiate più
popolari tra la gente e che loro siano
costretti a venirvi dietro.
GC In un certo senso è come se la
pubblica opinione entrasse in
parlamento.
DF E quindi saltano gli equilibri e il
coro pro Monti rischia di essere stonato
e meno credibile.

Un’idea è buona o cattiva,


non di destra o di sinistra

BG Se tu dai un voto al MoVimento,


ti rendi disponibile al MoVimento,
diventi tu il MoVimento, anche se ne sei
fuori. Prima ancora di entrare in
parlamento, diciamo: se ci votate faremo
questo e quest’altro, ma insieme a voi,
quindi dovrete impegnarvi con noi. Dare
un voto al MoVimento non è come darlo
a un partito, facendo il segno sulla
scheda e stop. Vuol dire anche rischiare,
fare delle scommesse, partecipare in
prima persona. Il mio lavoro era fare
spettacoli a pagamento, lo faccio ancora
ma solo in parte. Ora vado nelle piazze
gratuitamente e sponsorizzo i giovani. Se
ognuno di noi, dal commercialista
all’idraulico, al dentista, dedicasse una
parte del proprio lavoro anche agli altri,
il mondo lo potremmo cambiare
davvero.
Io le amicizie, quelle finte, le ho
perse tutte, mi sto facendo nuovi amici.
Non basta osservare quello che il
MoVimento fa o non fa. Se uno ci crede
deve diventare attivo, altrimenti
perderemo, altrimenti è inutile votarci.
In parlamento saremo magari cento, ma
saremo dieci milioni fuori. Se ci sarà
uno scambio continuo, attraverso la rete,
attraverso quello che riusciremo a fare
con i banchetti sulle strade per chi non
ha la rete, facendo arrivare le
informazioni a tutti, allora potremo dire
di avere comunque vinto.
DF È evidente che se ciò si verifica
salta in aria tutto il sistema. Da
democrazia rappresentativa lo Stato
italiano diventa una democrazia diretta –
o almeno ci si può avvicinare – grazie a
una partecipazione attiva della
cittadinanza. Quanto teorizzato e
discusso negli anni Settanta può essere
messo in pratica da voi che avete già un
vostro «pubblico», una popolazione
disposta ad attivarsi.
BG I quindici rappresentanti del
MoVimento che sono nella Regione
Sicilia sono andati a manifestare contro
la realizzazione del Muos, la stazione
satellitare della Marina americana a
Niscemi, insieme con i cittadini e con i
movimenti perché fanno parte di quel
mondo. Ecco la bellezza di questi
ragazzi: non stanno lì a rappresentare
qualcuno che li sta guardando, ma si
autorappresentano, sono con la gente sul
territorio e dopo aver manifestato e fatto
i banchetti tornano in parlamento. Non
c’è più chi sta fuori e chi sta dentro, è
come se fosse caduto un muro, il muro
che allontana la politica dai cittadini e
la fa sembrare una cosa sporca o inutile.
Io trovo tutto questo fantastico.
DF Sono stato recentemente a un
incontro, c’era gente del Pd e un gruppo
di vostri ragazzi. A un certo punto uno
del Pd ha posto una domanda: «Ma se
noi facciamo un discorso su cui voi del
MoVimento siete d’accordo, cosa
pensate di fare? Lo votate con noi?».
«Certo – hanno risposto i ragazzi del
MoVimento – se ci va bene non importa
la provenienza o il colore.» L’ho trovata
una bellissima risposta.
BG È vero, un’idea è buona o
cattiva, non è di destra o di sinistra.
DF Stiamo allungando il passo, mi
sembra. Buon segno, via via ci disfiamo
di vecchi pesi e cominciamo a essere
più leggeri. Se lo sarete anche in
parlamento, cioè se sarete liberi di agire
e di allearvi di volta in volta con chi
ritenete giusto, potrete ottenere dei
grandi risultati perché non farete solo
opposizione ma avrete modo di
determinare l’approvazione di una legge
che ritenete giusta, e conterete eccome!
Anche perché con i vostri deputati e
senatori avrete modo di porre le
condizioni perché quella legge possa
essere migliorata e nella discussione
potrete rivolgere domande e fare
richieste entrando dentro il meccanismo
dell’approvazione e inserendo nuovi
elementi di valutazione. Non è poco.
Così come è straordinario che tutto
ciò possa avvenire partendo da zero:
siete una forza completamente nuova,
che alla prima votazione, come avete già
accennato, se i sondaggi saranno
confermati dai risultati, potrà
raggiungere circa cento parlamentari.
Non si è mai verificato un fenomeno
simile nella storia politica italiana. Il
loro 35 o 40 per cento sarà poca cosa
rispetto a qualsiasi vostro risultato, visti
il seguito che potrete avere fuori delle
aule parlamentari e l’impegno e la
motivazione dei vostri rappresentanti.
BG Sicuramente i giochi di potere e
i compromessi su principi e idee non ci
vedranno coinvolti. Quando si propone
l’opzione zero cemento, che prevede il
cemento solo per la ricostruzione e la
riconversione del centro delle città
senza distruggere più terreni agricoli
con nuove costruzioni nelle periferie, si
cambia un’ottica economica e sociale.
Non si blocca un settore ma lo si
riconverte favorendo le imprese che
lavoreranno per il ripristino del
territorio. C’è un piano contro il
dissesto idro-geologico che giace da
anni e che aspetta di essere realizzato,
ma nessun governo si è mai impegnato in
questa direzione. Su questi problemi non
possiamo rinunciare alle nostre
posizioni, non ammettiamo accordi al
ribasso, per esempio sugli inceneritori e
la differenziata di cui abbiamo già
parlato. Se si vuole riciclare bisogna
produrre in un altro modo, e per farlo
bisogna tassare i consumi di prodotti che
impattano molto sull’ambiente. Vuoi una
bottiglia di plastica? La compri e costa
10 euro! E poi con i soldi ricavati si
finanzia l’acqua pubblica, il riuso, il
chilometro zero per la spesa.
Ci sono molte questioni che hanno
una ricaduta economica forte e vanno
affrontate senza pregiudizi. Io sono
andato a parlare con agricoltori e
pescatori, e mi sono reso conto che
l’Italia è penalizzata anche da un
insieme di leggi europee che non
tengono conto della nostra specificità.
Per esempio, il pescatore italiano è
costretto a pescare il gamberetto con la
stessa rete con cui i norvegesi o gli
svedesi pescano lo storione, che ha
delle maglie larghissime! Come si fa a
pescare così? Il tonno è proibito perché
in via d’estinzione, ma poi arrivano i
giapponesi con le portaerei e i rilevatori
e lo razziano a quantità industriali.
«O moriamo di fame o veniamo a
spararvi» dicono i nostri pescatori. Ne
ho conosciuto uno di Mazara del Vallo,
laureato alla Normale di Pisa, 35 anni,
due coglioni così, e gli ho detto: «Ma tu
devi andare in parlamento! Le persone
come te devono diventare politici, io
non posso fare il tuo interesse, sei tu il
movimento della pesca». Un ragazzo
fantastico. Per gli agricoltori è lo stesso:
li finanziano per far marcire l’uva, e
perché non la coltivino danno 1800 euro
a ettaro. In Sicilia non sono riuscito a
mangiare un’arancia siciliana, ma solo
arance di Tunisi che arrivano attraverso
la Spagna. Il mercato è questo.
GC Una cosa di cui discutiamo da
tempo sul blog è la sostenibilità
alimentare dell’Italia. Durante la
Seconda guerra mondiale i miei nonni
hanno lasciato Milano e sono andati dai
loro parenti in campagna perché lì
avevano da mangiare. Oggi questo
sarebbe impossibile. Negli anni scorsi
ci sono state un po’ in tutto il mondo le
cosiddette rivolte del grano, la Cina, che
da anni non è più autosufficiente,
compra immensi appezzamenti
coltivabili in Africa e in Sud America.
Se ci fosse una guerra o una diminuzione
mondiale delle risorse alimentari, come
allora, dove andremmo? Al
supermercato a comprare beni
importati? La terra in quanto tale non ha
più valore, lo ha solo se edificabile, e i
Comuni, per avere nuove entrate, sono
stati disposti ad accettare
un’edificazione selvaggia. È in arrivo
un’enorme bolla immobiliare, una
discesa dei prezzi che durerà almeno tre
anni. Milano ne è un esempio anche con
l’ultima operazione di City Life,
dell’Expo. Che senso ha? Lì potevano
essere fatti parchi, musei, spazi per i
cittadini.
BG A proposito degli agricoltori,
molti di questi erano soliti vendere la
loro merce ai mercati regionali e locali
ma adesso non possono più farlo per via
di alcune leggi europee e di trattati
firmati da qualche burocrate e
funzionario di banca per contrastare la
concorrenza sleale.
DF Le battaglie si possono vincere.
Una mia litografia, stampata e distribuita
in ventimila copie, è servita a pagare
tutte le spese per la lotta contro la
costruzione dei grattacieli a Lorenteggio,
rione di Milano. Abbiamo vinto! Le
battaglie che hanno avuto una spinta dal
basso e che hanno avuto successo si
conoscono poco. Anche la storia tende a
ignorarle.
Lasciatemi fare un salto indietro
parlando di una cosa che mi è successa
circa un mese fa, a uno spettacolo
all’Università di Parma. C’erano più di
mille persone, abbiamo dovuto
sistemare monitor e altoparlanti nelle
altre aule dell’ateneo perché gli
spettatori in sovrappiù potessero
partecipare allo spettacolo e sentire.
Tutti ad ascoltare la straordinaria
resistenza dei parmensi durante
l’aggressione di Federico II e della sua
armata. Strano che non se ne parli.
Strano che un episodio tanto glorioso sia
stato dimenticato. È successo nel 1245.
Devono essere orgogliosi, i parmensi,
per quello che hanno combinato i loro
avi: donne e bambini costretti alla fame
si son messi in lotta senza nessuna
paura, e rischiando la propria vita hanno
costretto in ginocchio l’imperatore. Un
atto davvero epico, un esempio di
coraggio collettivo straordinario, una
sfida imprevedibile che li ha condotti a
catturare i cavalli dell’imperatore, gli
asini, tutto l’allevamento che lui aveva,
il suo circo di cavalli e cammelli da
corsa. Non contenti, gli uomini hanno
fatto l’amore con le concubine
dell’imperatore... Eppure nessuno
sapeva di questi fatti così clamorosi e
unici. Mentre io raccontavo, gli
spettatori, fra i quali un gran numero di
studenti e professori, si guardavano l’un
l’altro stupiti: nessuno ne aveva mai
sentito parlare né aveva letto un testo
che ne facesse testimonianza.
BG Di questi episodi ce ne sono
molti nella storia, anche a Genova sono
poco ricordati e conosciuti. Si
preferisce ricordare la storia del potere
più che dei contropoteri. Soprattutto se
questi movimenti hanno avuto successo.
Mi fa piacere che Dario li ricordi
perché c’è una linea unica che unisce
quelle storia alle nostre. La forza dei
Comuni era quella di rimanere collegati,
di creare una rete contro il potere del
più forte. Allo stesso modo oggi la rete
del web garantisce l’unità di forze che
altrimenti andrebbero disperse.
DF Detto questo, la storia va avanti
non solo grazie a esempi di forza
collettiva ma anche grazie all’intervento
di personaggi di cui non faresti mai
conto. Storie che sembrano favole.
Ve ne racconto brevemente una. A
Roma, una donna sola e realmente cieca,
non per finta, subisce un’ingiustizia. Da
un giorno all’altro le viene tolto
l’assistente, con l’aiuto del quale poteva
uscire di casa: troppe tasse da pagare, i
soldi per il «suo ragazzo» che
l’accompagna, naturalmente un
immigrato, la signora non li ha più. E
allora cosa fa? Esce lo stesso. Esce e se
ne frega, e per un pelo non va sotto
l’autobus che si ferma proprio all’ultimo
momento. La conoscono tutti nel
quartiere, anche l’autista: «Ma cosa fai?
Dov’è il tuo assistente? Perché sei
uscita da sola?». «Non m’interessa più
niente, m’hanno tolto tutto, troppe tasse,
e sono senza denaro, ho chiesto un aiuto
ma mi hanno riso in faccia.» Tutto il
quartiere viene a conoscenza del fatto,
anche una banda di ladri di quartiere,
che si mette subito all’opera. Fanno
ingresso nell’Ufficio delle entrate,
quello che ha imposto alla donna
l’aumento delle tasse, e provano a
scassinare la cassaforte con dentro i
soldi, ma non ci riescono. E allora cosa
fanno? Incazzati neri, staccano la cassa
dal muro, la sollevano, la buttano giù
dalla finestra, le fanno fare un bel volo
di quattro-cinque piani, siamo di notte,
e, come per miracolo, la cassa si
spalanca. La storia vuole che i ladri
sottraggano il denaro e lo facciano avere
alla donna dentro a una busta con una
lettera che dice: «Gentile Signora, ci
scusiamo per l’errore, ecco a lei quanto
dovuto...», firmato «gli impiegati». E
così ogni mese. La signora ha potuto
usufruire di nuovo dell’aiuto del suo
assistente e uscire in pace. Una favola
vera. A volta succede.
BG Non ci resta che sperare nei
ladri, che commossi ci vengano in aiuto.

La politica compromessa: il
caso clamoroso dell’Ilva

DF Qui apriamo un nuovo capitolo,


quello degli scandali che la politica non
ha voluto vedere, un altro bel cammino
da fare e che chissà dove ci porterà.
Quello che è stato combinato è
veramente la carognata più rivoltante
che sia successa. Riva ha fatto un bel
business con l’Ilva. Nel 1995 l’ha
pagata 1460 miliardi di lire,
praticamente gli è stata regalata dallo
Stato, cioè dall’Iri, il cui presidente era
Romano Prodi, che aveva provveduto a
rimodernare gli impianti investendoci
moltissime risorse. E grazie alla
congiuntura favorevole, tra il 2005 e il
2008, è riuscito a mettere da parte 2500
milioni di euro di profitti al netto delle
tasse (nel 2011 l’utile è stato di 327
milioni). Quando nel 2007 si sono
presentati i russi offrendogli 9 miliardi
di euro per acquistarla, lui ha risposto
picche perché non voleva rinunciare a
un business che gli garantiva guadagni
enormi in Belgio, in Francia.
GC Molti però sapevano. Sul blog in
questi anni abbiamo raccolto parecchie
testimonianze sull’Ilva. Tant’è che
quando è scoppiato il caso del blocco
dell’acciaieria di Taranto – causa delle
morti degli operai e degli abitanti della
zona, perfino donne e bambini, e
dell’andata in malora di tutto il
patrimonio ittico del golfo, uno dei più
ricchi del Mediterraneo – non ci siamo
meravigliati. Era logico che a un certo
punto la situazione dovesse precipitare,
esplodere, era solo questione di tempo.
BG Poi succede che arrivano al
magistrato analisi mediche che
confermano una situazione allarmante.
Stranamente.
DF Perché stranamente?
BG Perché il problema era sotto gli
occhi di tutti, ma le analisi non
riuscivano a filtrare. La proprietà si
ostinava a dire che non c’era una diretta
correlazione tra quei dati allarmanti e
l’inquinamento prodotto dall’acciaieria.
Alla fine la magistratura, di fronte
all’ostinato rifiuto a collaborare dei
Riva, non poteva che chiudere gli
stabilimenti per salvaguardare la salute
pubblica.
DF E giù tutti contro la magistratura!
BG Il vecchio Riva, sempre scaltro,
ha buon gioco a dire: «Me l’hanno
chiusa, l’azienda!».
DF Certo!
BG Perché adesso ci vogliono 4
miliardi, non 2, per riflambare i forni e
farli ripartire in un momento tra l’altro
di crisi.
DF Riva dovrebbe tirare fuori questi
4 miliardi.
BG In un mercato che è in calo? Lui
si è tirato fuori dalla trattativa. E verrà
accusato per disastro ambientale.
Adesso è agli arresti domiciliari, c’è
un’indagine in corso.
DF Stanno facendo un’indagine
anche su Ferrante, il presidente della
società, già prefetto a Milano, mio
rivale alle primarie dell’Unione,
designato dall’onorevole Fassino, ora
sindaco di Torino, per la candidatura a
primo cittadino di Milano nel gennaio
2006.
BG Comunque mettere in galera
adesso un boss dell’acciaio come Riva
non risolve niente. Quello che serve è
fargli sputare tutti i soldi che ha
indegnamente guadagnato sulla pelle
della popolazione e degli operai.
Tenete conto che i forni chiusi non
possono più ripartire, vanno prima
bonificati. Così si può recuperare la
costa e puntare sul turismo: porticcioli,
bed and breakfast, spiagge...
DF Sì, ma dopo aver bonificato
l’intera costa ridotta a una cloaca con i
pesci che galleggiano morti a centinaia
di migliaia... Tutti i giornali, a parte «Il
Fatto», si sono schierati contro la
magistratura che blocca il lavoro. Se ne
fregano se la gente muore. Primo:
salvare la produzione e quindi anche
l’occupazione. Ma soprattutto l’utile,
con il pretesto di salvaguardare il diritto
al lavoro.
BG Pure la sinistra va dietro a
questo ragionamento: prima
l’occupazione e poi la salute. Sono
quarant’anni che viene nascosta
l’evidenza delle prove a proposito
dell’inquinamento ambientale, causa
diretta dei tumori, delle malattie
cardiovascolari e dei casi di morte
riscontrati. La prova scientifica è
difficile da ottenere anche perché gli
effetti si distribuiscono nel tempo. A
Casale Monferrato si muore ancora
adesso a causa dell’amianto prodotto
trent’anni fa e probabilmente il picco
maggiore di mortalità si avrà nel 2015.
Per anni i responsabili hanno potuto far
finta di niente. Ma la prova empirica a
Taranto c’è eccome. Più ti allontani, più
diminuiscono i casi.
DF A Taranto è successa una cosa
paradossale: hanno dovuto abbattere
migliaia di pecore che pascolavano a 20
chilometri di distanza dal centro
produttivo, tutte intossicate dagli
scarichi dell’acciaieria: in un’area
enorme l’erba era interamente
contaminata. Se sono morte delle pecore
pensa un po’ gli esseri umani che ci
vivono che razza di intossicazione
devono aver subito...
Però dobbiamo ammettere che
Emilio Riva ha dimostrato anche una
certa squisita sensibilità umana poiché,
davanti alla notevole quantità di decessi
di abitanti del golfo tarantino prodotti in
diciassette anni, lui si è preoccupato
dello stato in cui si trovava il cimitero
cittadino, a dir poco squallido: non
c’era manco una fontana!
Ebbene, quello che da molti è stato
considerato un uomo truce e privo di
umanità si è subito preoccupato di far
giungere acqua a volontà nel
camposanto, così da veder spuntare
fontane e zampilli, nonché alberi e
perfino qualche panchina di pietra per
permettere ai parenti dei defunti di
dialogare con i loro cari e offrir loro
fiori annaffiati.
La cultura in piazza

L’arte al posto della mafia

DF Fermiamoci. Ecco un bivio: la


strada però non è segnata, è tutto secco,
sembra bruciato, rischiamo di perderci,
ma è la strada giusta. Guardate, c’è un
segnale: ecco, per di qua si arriva a
Epidauro.
BG Ma ci sono cento chilometri!
DF Io ho recitato in quel teatro, sono
settemila posti e forse più. A poca
distanza c’erano altre cave dove nel IV
secolo a.C. si recitava. In quel tempo
tutta la popolazione frequentava i teatri.
Soltanto a Milano negli ultimi anni ne
sono stati chiusi nove, ai quali vanno
aggiunti quelli in restauro eterno. Sono
tutti teatri che superano i mille posti,
alcuni anche duemila, i più importanti di
Milano. Ultimo della serie è il teatro
Smeraldo, di 1981 posti: ne faranno un
supermercato in pieno centro.
BG A Genova il teatro Margherita ha
chiuso da anni, come molti altri teatri,
ed è stato trasformato in un
supermercato.
DF Ma la gente che si occupa di
teatro non è diminuita, non è diminuito
l’interesse per lo spettacolo...
Io vado ogni tanto a tenere lezioni
alla scuola «Paolo Grassi» di Milano,
dove tutti gli anni si svolgono esami di
ammissione per i giovani allievi, ma a
numero chiuso: con la selezione viene
ammesso soltanto il 40 per cento, il
resto dei candidati viene respinto non
perché manchi di doti o preparazione,
ma perché la scuola non ha spazio
sufficiente per accogliere quanti si
candidano ogni anno. Lo stesso discorso
vale per i ragazzi e le ragazze che si
presentano per imparare la regia e
l’allestimento scenico.
E lo stesso si dica per Brera,
l’accademia di pittura, scultura e
scenografia. Quando la frequentavo io,
cinquant’anni fa, nel palazzo oltre
all’accademia c’era anche il liceo
artistico. Ma siccome il numero delle
iscrizioni aumentava a dismisura,
spostarono il liceo armi e bagagli in
periferia. E adesso stanno spostando
anche le aule dell’accademia in altri
edifici adibiti fino a ieri a caserme
militari. Finora tutta l’operazione,
assurda e priva di logica, è solo sulla
carta. Ma l’insegnamento dentro
l’accademia è ormai inesistente e questo
smembramento naturalmente abbatte il
valore e la qualità di tutta la scuola
d’arte.
Ci sono un sacco di giovani
preparati, di grande talento, desiderosi
di essere assunti in Italia, ma gran parte
di loro sono costretti ad andarsene
all’estero, non solo in Europa ma anche
in America e in Australia. In quei
continenti trovano abbastanza facilmente
imprese disposte ad assumerli. In verità,
questa mancanza di offerta è determinata
anche dal fatto che gli imprenditori sono
rimasti fermi a mezzo secolo fa, non si
rinnovano.
BG Le possibilità di creare un
volano culturale possono essere molte.
Il caso di Favara, in provincia di
Agrigento, lo dimostra. Sono andato a
vedere la città, ad alto tasso di
criminalità giovanile, quindi molto
difficile, e ho toccato con mano quello
che anche una sola persona può fare.
Basta avere idee e volontà. Lì un notaio
del luogo ha comprato a sue spese il
centro della città che era fatiscente, l’ha
rimesso a nuovo, l’ha ristrutturato
completamente. Poi ha invitato studenti
di tutto il mondo a trascorrere le
vacanze a Favara richiedendo come
canone d’affitto non denaro ma quadri,
dipinti, statue, fotografie da lasciare in
eredità al paese. Così il centro di
Favara è stato tutto dipinto, illustrato,
decorato con opere d’arte, è rifiorito.
Ora là dove c’erano solo ruderi sono
sorti monumenti pittorici e plastici che
rinnovano la civiltà di quel paese. Non
solo un’attrazione turistica, ma
soprattutto culturale.
DF Sicuramente prima nessuno era a
conoscenza di questo posto.
BG Certo. Pensate che a Favara
avevano persino chiuso un asilo per
mafia. L’asilo! Ora ci vive un gran
numero di giovani provenienti da tutto il
mondo, parlano venti lingue, e questo
avviene in un centro sperduto, che era
baraccato, distrutto.
GC Da questi esempi emerge un
elemento trascurato, quello della
bellezza che abbiamo perso, e mi
riferisco al quotidiano, non solo alle
opere d’arte e al nostro patrimonio
culturale, anche alle vie, alle piazze
trasformate in parcheggi di lamiera.
Siamo ormai abituati a convivere con
luoghi in cui le case sono brutte, le
strade sono brutte, le facciate degli
edifici sono violentate da manifesti
pubblicitari, da graffiti, e annerite
dall’inquinamento dovuto alle auto.
Case bellissime, d’epoca, liberty, come
molte nel centro di Milano, hanno un
aspetto lugubre, cimiteriale, senza
colori. La bellezza che ci circondava è
sparita dalla nostra vista.
DF Dalle case ai musei. Ci si
lamenta del fatto che in certi periodi
siano poco frequentati, ma se le mostre
si pubblicizzano sempre allo stesso
modo è ovvio che la gente non le visita.
Cosa che non è successa, per esempio,
con la mostra dedicata a Gauguin e Van
Gogh a Genova. Normalmente gli
organizzatori avrebbero pubblicizzato
l’iniziativa alla solita maniera:
manifesti, qualche articolo sul giornale,
invece, prima di allestirla, hanno messo
in scena uno spettacolo nel quale gli
attori raccontavano la vita e le opere dei
due grandi artisti, i loro momenti di
crisi, le lotte per affermarsi, i drammi
personali e i loro amori. Grazie a questi
allestimenti teatrali il pubblico è venuto
a conoscenza di fatti e situazioni che lo
hanno coinvolto e interessato, avendo
così maggiore motivazione a visitare la
mostra. Questo spiega perché il numero
dei visitatori è triplicato rispetto alle
normali previsioni. A mia volta ho
imparato la lezione e ho fatto lo stesso
con la mostra dei miei quadri a Palazzo
Reale, a Milano, e in giro per l’Italia.
Bisogna reinventare il modo di
informare, cambiare i ritmi, i tempi, la
mentalità. Non basta prendere tre
guardiani e un paio di guide, aprire il
portone, e dire: «Prego,
accomodatevi!».

A scuola ci si rompe i
coglioni!

DF Poi c’è il problema dei ragazzi e


della scuola che spesso non dà loro gli
strumenti necessari per orientarsi e
capire. Io li vedo che vanno a passeggio
alle mostre, distratti. Non gliene frega
niente. Per forza: se tu non educhi una
persona al suono, al canto, alla pittura,
non puoi pretendere che sia interessata
all’arte. È una questione di sensibilità,
che la scuola dovrebbe insegnare.
BG A scuola i ragazzi si rompono i
coglioni!
GC La rete a questo proposito è
fondamentale. E la scuola dovrebbe
servirsene di più, invece di costringere i
ragazzi a fare gli sherpa con chili di
libri sulla schiena. Oggi chiunque è in
grado di fruire dell’arte, dei grandi
musei, delle mostre in modo diretto e
consapevole perché internet dà modo di
vivere l’arte virtualmente. Tu entri nel
Louvre online e hai modo di fare una
visita accompagnato da una guida che
può soddisfare tutte le curiosità relative
a un quadro, un pittore, un’epoca.
DF Però l’incontro diretto è
essenziale. Se un attore ti racconta come
sono nati i dipinti, le difficoltà
incontrate dall’artista, la sua vita, le sue
peripezie, la morte, è tutto diverso
rispetto a una guida che oggettivamente
ti squaderna una serie di informazioni.
GC Assolutamente. Però di Fo ce
n’è uno.
DF Non ti preoccupare, ho un
contratto con un’impresa di clonazione
istantanea, ho già ordinato un centinaio
di miei doppi, il contratto è già pronto,
entreranno in pista a giorni... al museo
delle cere!
BG Ma torniamo alla questione della
cultura e dell’insegnamento scolastico.
Circa trent’anni fa sono andato in un
liceo per incontrarmi con i ragazzi e ho
provato a raccontare a modo mio la
storia di personaggi famosi. Per esempio
parlavo di Beethoven, facevo sentire un
brano della sua musica, poi raccontavo
chi era, naturalmente col mio linguaggio
e la mia gestualità. Insistevo sugli
aspetti più strambi del personaggio,
dicevo che girava con un frac giallo, che
si buttava l’acqua fredda addosso in
casa allagando anche le abitazioni dei
vicini. Insomma io mi divertivo a
raccontare queste storie e loro mi
ascoltavano senza annoiarsi. In un
giorno ho fatto più di cento sketch in una
scuola. Era veramente divertente.
Quando raccontavo che Beethoven era
sordo, che fischiettava e che tutti gli
stavano dietro per copiargli i motivi
della sua musica, i ragazzi mi seguivano
con curiosità e volevano saperne di più.
E Benvenuto Cellini? Un
delinquente, uccise persone, fu
imprigionato, sparò un colpo di cannone
contro Carlo III di Borbone e lo
ammazzò proprio nell’istante in cui
stava attraversando il Tevere con la sua
carrozza. Tutti i grandi artisti hanno
avuto una vita quanto meno strana, da
raccontare. Perché ignorarla? Dalla vita
si passa alle opere, facendole vedere,
facendole sentire, allertando tutti i sensi
dei ragazzi.

Contro il potere. Con il


teatro si fa politica (e si
mangia pure)

DF Beppe viene da una lunga


esperienza di teatro in cui la politica coi
suoi rappresentanti viene messa in
ridicolo. È evidente che entrambi
crediamo nel teatro come forma
d’impegno innanzitutto civile. Forse è
utile ricordare questo aspetto per far
capire perché siamo qui a dialogare e
che tipo di impegno ci lega. Forse il
MoVimento 5 Stelle è figlio anche di
questo teatro e di queste nostre storie.
Che vengono da lontano. Fatemi fare un
salto di qualche secolo.
La Chiesa pensava di distruggere
completamente il teatro perché al clero
il teatro dava molto fastidio. C’è una
lettera incredibile di san Carlo
Borromeo, in cui il cardinale spiega che
la letteratura, i poeti e gli scrittori non
sono da temere. Lo sono invece gli
attori, perché questi hanno imparato a
parlare alla gente, a mettersi al loro
livello, tant’è vero che parlano
addirittura la loro lingua, i vari dialetti,
e soprattutto i loro spettacoli sono molto
divertenti, ma istigano a non rispettare
più chi insegna a distinguere il bene dal
male, a cominciare dai genitori. Le
compagnie vanno in giro, dalle
campagne alle città, fanno nascere
canzoni e danze, coinvolgono e liberano
i gesti di ragazze e ragazzi, mettono in
scena storie in cui le figlie scelgono il
vero amore andando contro la scelta
matrimoniale che i genitori hanno fatto
per loro. Inoltre, secondo il cardinale, le
compagnie teatrali mettono in
discussione il valore della Chiesa,
insegnano a disprezzare il clero. Se c’è
un personaggio negativo, nella
Commedia dell’arte, si tratta quasi
sempre di un prete o di un frate.
E allora ecco che Carlo Borromeo
ordina al suo clero di impedire ai
giovani, e alle fanciulle in particolare,
di assistere a questi spettacoli,
bandendoli come opere di corruzione e
peccato. Non solo, ma impone alle
compagnie di lasciare il campo e sparire
dalle nostre città. I teatranti, costretti a
una diaspora immediata, ottengono
all’estero un successo straordinario,
anche grazie al grande mestiere che
hanno acquisito per anni nei teatri
all’italiana. Si presentano in Francia,
Germania, Inghilterra mettendo in scena
un teatro del tutto nuovo, con macchine
sceniche straordinarie che permettono di
trasformare in un attimo l’interno di una
casa in un bosco e il bosco in una nave
che solca il mare in tempesta; il tutto
grazie agli argani con i tiri, che
sollevano fondali con paesaggi e vedute
di città.
La rivoluzione del teatro italiano è
data dalla realtà che invade la scena: i
rapporti tra i sessi sono espliciti e non
giocati esclusivamente sull’allusione.
Nel teatro del Medioevo i personaggi
femminili sono interpretati da uomini
travestiti, «femminielli» che imitano le
donne e trasformano ogni atto in finzione
scontata, con il rischio di indurre ogni
volta una risata che distrugge la realtà,
cosa che succedeva spesso nel teatro
tradizionale della Francia e
dell’Inghilterra. Ma con l’arrivo della
Commedia dell’arte italiana ecco che i
personaggi femminili sono interpretati
da donne autentiche. Questa è la grande
novità! Il loro corpo ha seni non posticci
e fianchi autentici. I nostri attori hanno
sconvolto il teatro europeo anche
perché, oltre a mettere in scena donne
autentiche, usavano le luci, i costumi,
cantavano, ballavano e facevano
acrobazie.
BG Un successo internazionale,
chissà con quali ripercussioni in Italia.
DF Sì, dalla fine del Quattrocento
fin verso il Settecento il teatro italiano
si è affermato ovunque. È diventato così
famoso che anche la Chiesa, a un certo
punto, ha dovuto fare i conti con questo
successo e ha dovuto accettare che,
dopo generazioni di attori costretti a
emigrare, i figli dei figli dei figli
tornassero e potessero circolare anche
in Italia, naturalmente a determinate
condizioni. Se non avessimo avuto la
fortuna di vedere i nostri teatranti
costretti a una vera e propria diaspora,
capace di rinverdire questa gloria
stupenda degli italiani, non avremmo
salvato il nostro teatro.
Anche oggi, come il clero allora, il
nostro potere impone di distruggere ogni
creatività sulla scena, di tagliar le
gambe a ogni innovazione negando alle
compagnie denaro e spazi. Allora
bisogna insegnare ai giovani a trovare
dei nuovi spazi, andando a esibirsi sulla
strada, come fanno in Francia, in
Germania, in America. Per cantare, per
fare teatro è necessario ritornare alle
origini, sui palcoscenici all’aperto.
Tant’è vero che i ragazzi che sono andati
quest’anno a recitare Mistero buffo in
Francia, sono scesi nelle strade, poi
hanno invitato la gente a entrare nel
teatro in cui recitavano e hanno
realizzato il più grande successo del
Festival di Avignone. Poi sono tornati in
Italia, a Roma, dove un folto gruppo di
attori ha occupato un teatro
abbandonato, il Valle, e ha coinvolto
anche lì il pubblico ottenendo un bel
successo.
BG Hai ragione a dire che tutto si
lega. La forza politica del teatro è
lampante e per questo oggi il teatro,
quello libero, è osteggiato dalla politica.
Qualsiasi luogo in cui si favorisca lo
scarto, il dissenso rispetto ai più, è visto
con sospetto e se si può lo si lascia
decadere.
DF E dire che un nostro esimio
ministro dell’Economia – Monti, no!
Tremonti... da noi i Monti si sprecano! –
aveva dichiarato: «Con la cultura non si
mangia». Eppure l’Italia per secoli ha
mangiato ed è cresciuta grazie alla
creatività e la fantasia dei suoi abitanti.
Ma, attenzione, la questione non è
tornare all’antico, bensì conoscere le
costanti della storia, poiché ogni volta
che si tenta di battersi contro tutto ciò
che impedisce di esprimerci in libertà,
le forze conservatrici, prima fra tutte la
Chiesa, attaccano chi alza la testa, chi va
per i fatti suoi, chi non ha paura, chi è
solo. Da sempre le novità sono guardate
con sospetto da chi è al potere.
GC Ecco perché il MoVimento fa
paura: perché è un forte agente di
cambiamento.
Nella rete del
MoVimento

Che fine fa il linguaggio?

GC Ritorno sul tema della rete. Il


sapere va condiviso e ciò si può fare
con i mezzi che abbiamo a disposizione,
per esempio con la diffusione nelle
scuole dei supporti mobili: iPad, tablet,
e-reader. In molti paesi (anche nella
Corea del Sud) i testi scolastici in forma
cartacea sono stati sostituiti dai tablet in
tutte le scuole, ogni classe ha un
collegamento Wi-Fi. Gli appunti di una
lezione possono essere messi in
condivisione e consultati online dagli
studenti. In questo modo si migliora la
comprensione e si condivide la
conoscenza.
BG Il risultato però è che i miei figli
hanno un elevato grado di
apprendimento culturale, ma non sanno
scrivere.
DF E quante parole hanno nella
testa? Perché è indubbio che il bagaglio
lessicale dei ragazzi si è impoverito, ed
è mutuato soprattutto dalla tv e dai nuovi
mezzi digitali.
BG Diciamo pure che non sanno più
scrivere, i ragazzi ormai usano il
linguaggio delle icone, scrivono per
immagini e risparmiano sulle parole, i
concetti sono espressi con una sintesi
estrema.
DF A questo proposito mi viene in
mente un’espressione di Gianni Rodari
che, riguardo all’impoverimento
lessicale, ricordava che una volta la
lingua si arricchiva di tutte le nuove
invenzioni lessicali, per non parlare di
quelle offerte dal dialetto. E aveva
ragione, oggi nessuno a Milano parla più
il milanese, a Torino nessuno parla il
torinese. In passato anche gli scrittori
usavano il dialetto nelle loro opere.
Carlo Emilio Gadda, Luigi Pirandello,
Leonardo Sciascia e più recentemente
Andrea Camilleri: tutti hanno
approfittato del proprio dialetto per
ricostruire forme nuove di linguaggio. Il
risultato è che oggi centinaia di parole in
uso ancora solo cinquant’anni fa non si
conoscono più! Sono totalmente
scomparse e siamo costretti a infilare al
loro posto termini inglesi, francesi,
perché quelli italiani li abbiamo
perduti...
GC Quando perdi le parole perdi
anche il concetto che c’è dietro. Però io
non credo che il linguaggio si stia
semplificando, il linguaggio sta invece
mutando. L’approccio al sapere segue
nuove strade, più estese, ramificate, non
può essere costretto dentro la gabbia di
un libro di testo da portare a un esame.
McLuhan disse che nel lungo termine
il contenuto di un media è meno
importante dell’influenza che il media ha
sul nostro modo di pensare e di agire. In
futuro il pensiero non sarà più lineare,
ma reticolare, associativo. Chi cerca
un’informazione su Google si ritrova ad
approfondire l’argomento su decine di
fonti contemporaneamente. E ancora,
riporta Nicholas Carr nel libro Internet
ci rende stupidi? Come la rete sta
cambiando il nostro cervello: «Non
riusciamo a riconoscere la superiorità
del processo di pensiero interconnesso
perché lo compariamo al nostro vecchio
modo di pensare lineare».
BG I miei figli accendono il
computer, seguono un telefilm alla
televisione e magari inviano un
messaggio sul cellulare alla loro
fidanzatina. Tutti i ragazzi fanno così.
Entro in camera loro e dico: «Che cazzo
fate?». Gli spengo il televisore...
S’incazzano come bestie anche se non lo
guardano. Per noi è incomprensibile
dividerci tra più funzioni e rimanere con
il cervello attaccato a più applicazioni
contemporaneamente. Pensate agli
insegnanti. Come fanno a stare dietro ai
loro studenti?
DF Sicuramente la ricchezza dei
mezzi a disposizione può aiutare molto
la diffusione culturale: ci sono i libri, ci
sono i video e via dicendo. Ci sono dei
ragazzini che vengono a vedermi perché
mi hanno seguito magari su un dvd o
sulla rete, ma non mi conoscono di
persona. Tramite questi mezzi i bambini
possono accedere direttamente alle fonti
del sapere e così tende ad annullarsi la
differenza che una volta era molto
marcata tra loro e il mondo dei grandi.
Sesso a chilometro zero

BG Sulla rete c’è di tutto. Forse


Dario non lo sa, ma tra i primi dieci siti
più visti nel mondo ce n’è uno che si
chiama YouPorn. Ecco come funziona.
Tu hai voglia di avere un rapporto con
una donna. Se prima andavi per le
strade, ti mettevi d’accordo con una
prostituta e la portavi in albergo, adesso
ti colleghi al sito YouPorn, vai a vederti
un filmetto porno che ti piace, due donne
insieme, in tre, con un cavallo, quello
che vuoi. Dopo che hai visto questo
filmato gratis, sul monitor appare
automaticamente il genere di donna che
hai visto. Abita vicino a te, nella tua
città e se vuoi si collega con te
immediatamente. Lei è in casa sua che ti
guarda con una webcam e tu guardi lei.
Se vuoi parlarle clicchi, fai conoscenza
e ti metti d’accordo per una prestazione.
In questo modo il rapporto è diretto, non
c’è più il magnaccia, lo sfruttatore, e
non vai più per strada. La rete toglie
tutte le intermediazioni, toglie anche le
donne o gli uomini dalla strada. Vuol
dire che tu fai pornografia in proprio, tu
direttamente, ti metti in rete e ti pagano.
Se non vuoi pagare la prestazione ti fai
filmare in una scena sessuale con un
quadratino nero sul volto così non ti si
riconosce. Ti filmano e mettono il
filmato sul sito, e tu non paghi niente, è
tutto gratis. Insomma sesso a chilometro
zero. Poi può capitare che chi ti contatta
è la tua collega che si è connessa online
dall’adiacente angolo del tuo ufficio... è
successo davvero.
DF Tutto diventa mercato però,
anche l’intimità è venduta e resa
pornografia. Quello che tu racconti non
rischia di essere un’ulteriore resa alle
leggi dello scambio a pagamento? Poi è
vero che ci sono storie che vanno al di
là di qualsiasi catalogazione e il sesso
diventa un mezzo per vivere.
Mi viene in mente un fatto avvenuto
ultimamente (e che ho tradotto in
commedia). La storia di quell’operaia
licenziata che a un certo punto non sa
come andare avanti e casualmente
incontra uno che la prende per una
prostituta e le offre di far l’amore con
lui. Lei accetta, vanno a sedersi al
giardino pubblico, si toccano un po’, si
eccitano, poi lui le dice: «Vieni a casa
mia». E lei ci va e fa quello che deve
fare, previo pagamento, una buona cifra.
Di qui lei si convince che potrebbe
ripetere l’esperienza e prova a mettersi
per la strada, in una zona dove ci sono
altre prostitute che naturalmente
protestano e la mandano via a suon di
botte, fin quando la donna trova un posto
neutro, sempre nel parco, e comincia a
battere e guadagna in un giorno quello
che prima guadagnava in un mese.
Rimane un problema: come dirlo al
marito? Anche lui è stato licenziato ed è
costretto a passar la giornata in un bar
davanti a una Coca-Cola. Si fa forza e
gli confida del suo nuovo lavoro. Lui va
su tutte le furie; lei, dopo la scenata, con
calma, gli espone la situazione: «Che
cosa hai mangiato ieri e l’altro ieri? T’è
piaciuta la cucina? E questa camicia che
indossi ti piace? E il cappotto nuovo? E
il gas? La luce? E le rate della
televisione chi le ha pagate? È tutto
frutto di questa scelta oscena, l’ho
realizzata facendo la puttana! Però
quando vado per strada nessuno si tira in
là: anzi, con la pelliccia finta che
indosso, i capelli leggiadri, mi salutano,
mi fanno complimenti, mi offrono il
caffè, mi rispettano! Straordinario!
Quando ero disoccupata mi trattavano
come un cane, oggi come una signora.
Farmi sbattere mi ha elevato di grado!
Ora decidi tu: ritorniamo entrambi due
morti di fame ma con una dignità e un
valore morale incommensurabili seppur
con le pezze al culo?!».
Il marito prende un gran respiro e
poi esclama: «Va bene, a ’sto punto a
mia volta ti devo svelare un segreto: ti
sarai accorta che certe volte, tornando a
casa, non mi ritrovi a letto?». «Certo che
mi sono accorta! Ma dove te ne vai?»
«A far cose indegne...» «Non mi dirai
che batti anche tu?» «No, io sono
rimasto a livelli alti, rubo! Assieme a
quattro operai licenziati abbiamo già
messo a segno tre colpi in banca. Il
quarto lo realizziamo proprio stanotte,
fammi gli auguri!»
Anche la pornografia cambia, le
soluzioni non mancano e la rete ne offre
di tutti i tipi. È interessante capire che
atteggiamento abbiamo nei confronti di
questi temi che sono spesso offerti
dall’informazione in forma distorta, e
rivelano luoghi comuni, pregiudizi,
demagogia... Come si pone il
MoVimento di fronte a questi problemi?
GC Spesso il mondo dello
sfruttamento soggiace a luoghi comuni
che riguardano il razzismo e i nostri
pregiudizi. Un esempio riportato dal
blog è il caso di quella ragazza bruciata
viva a Roma. Una storia terribile. I
giornali hanno scritto: «Prostituta
bruciata viva a Roma». In realtà era una
ragazza straniera di ventun anni, di nome
Mihaela, indotta alla prostituzione.
Attirata in Italia dalla Romania, messa
in mezzo a una strada e obbligata a
prostituirsi. Questa ragazza ha riportato
ustioni sull’80 per cento del corpo ed è
stata ricoverata in un ospedale di Roma.
Noi siamo andati a visitarla e a parlare
con il primario. Con lei non c’era
nessuno. Nelle fotografie era molto
bella. Dopo un mese, non riesce ancora
a sedersi sul letto. Ecco, di Mihaela non
si parla come di una donna, ma come di
una prostituta, così ci si lava la
coscienza. Ci siamo recati in ospedale
due volte, adesso andremo una terza, una
quarta, una quinta. Abbiamo messo la
sua fotografia sul blog, potrebbe essere
una studentessa della Statale di Milano.
DF Da mesi in Italia molte donne
sono oggetto di violenza. Una tragedia
immane. Franca ha sempre avuto
rapporti con gruppi che si occupano di
questo problema.
Il numero delle ragazze violentate è
incredibile, quello reale è molto più alto
di quello accertato perché poche
denunciano il loro aggressore per paura
di possibili ritorsioni. In un paese e
anche in un quartiere il rischio di essere
tagliati fuori dalla comunità è molto alto.
La paura di rimanere sole è più forte di
tutto.
Le storie sono molte, anche quelle
da raccontare. Noi ne abbiamo presa
una, quella di una ragazza aggredita da
più ragazzi e salvata soltanto da un
camion del Comune che passava di lì
spruzzando diserbante. Solo così gli
aggressori sono scappati. La ragazza a
quel punto ha pensato bene che l’unica
soluzione fosse imparare a difendersi da
sola da possibili nuove aggressioni; e
siccome una sua amica frequentava già
un corso di judo, decide di andarci
anche lei, si allena e si impegna al punto
che diventa una campionessa di arti
marziali.
Un giorno l’atleta scafata invita la
neofita ad andare ad allenarsi dal vivo,
in un parco, con aggressori autentici! La
neofita, per farsi coraggio, si fa tingere i
capelli di rosso acceso. Quindi si dice
pronta allo scontro. Di lì a poco arriva
un gruppo di ragazzotti che non ci
pensano due volte a buttarsi addosso
alle due ragazze. Avevano sbagliato
bersaglio. Le due karateka, come fossero
in palestra, sfoderano tutto il repertorio
che hanno a disposizione: pedate in
faccia, ginocchiate nel basso ventre,
sgambetti, cazzotti a raffica sul muso.
Due degli aggressori, dopo aver rotolato
come birilli per terra, se la danno a
gambe. Un altro, invece, il più concio,
non riesce a risollevarsi... le due
ragazze l’avevano massacrato! Alla fine
hanno dovuto portarlo in ospedale e una
delle due ragazze, la rossa, per evitare
di denunciare l’aggressione – anche
perché sarebbe stata difficile da
dimostrare –, davanti al medico e agli
infermieri racconta che quel povero
giovane è il suo fidanzato, che si è
immolato per salvarle da un sicuro
stupro di gruppo, e conclude: «E così
noi due siamo riuscite a scappare e lui
s’è fatto sbattere come uno zerbino». Il
medico che lo visita diagnostica una
forte contusione ai testicoli e
un’emorragia interna al pancreas. Lo
operano subito. Quando esce dalla sala
operatoria, il medico invita la ragazza a
occuparsi del ferito. «Dal momento che
questo è il tuo fidanzato, non avrai
problemi a vederlo nudo. Aiutami a
medicargli i testicoli.» E lei è obbligata
a farlo...
BG Mi piacerebbe vedere questa
storia raccontata da qualche giornale, di
certo la ridurrebbero a una riga, non di
più.
GC Tu, Dario, parlavi di linguaggio
che scompare. Ma c’è anche un
linguaggio che copre completamente i
concetti.

Il rispetto della legge è un


optional
DF Le parole sono rivelatrici. Ci
sono parole che avevano un significato e
pian piano ne hanno preso un altro
perché per ipocrisia era meglio
camuffarne il senso. Tutto si piega,
anche la legge, sempre interpretabile
come sappiamo bene in Italia, e sempre
più disattesa dopo vent’anni di
berlusconismo esasperato.
BG Basta pensare a parole come
«pubblico» e «privato». Quando senti
«pubblico» ti viene in mente qualcosa di
appartenente alla comunità, ma non è più
così. Quando parli di società pubblica
parli di una Spa quotata in Borsa, con
degli azionisti, magari di una holding.
Lo stesso Comune non evoca più una
comunità ma una società, con un
amministratore delegato...
DF Sì, è diventato un’impresa
finanziaria...
GC In Dei delitti e delle pene
Beccaria dichiara solennemente che
fondamentale nel giudizio è la certezza
della pena. Ebbene, noi oggi abbiamo la
certezza che non c’è nessuna pena. Vuoi
chiamare «pena» i domiciliari per uno
stupro? No, non è una pena, è una presa
per i fondelli!
DF Digressione storica. Il re
longobardo Rotari, autore delle leggi
che portano il suo nome, stese un trattato
giuridico in cui le condanne venivano
applicate non soltanto in conseguenza
del danno fisico procurato, ma anche in
base alla mortificazione, allo stato di
angoscia e ai problemi economici che
avevi causato con la tua violenza. Se tu
spezzavi una mano a un capo famiglia,
con bimbi a carico, e in conseguenza di
quella violenza gli impedivi di
continuare a procurare cibo e mezzi per
mantenere i famigliari, da quel momento
i suoi figli, la moglie e perfino il loro
cane diventavano a tuo carico e dovevi
mantenerli fino alla fine della tua vita.
Mi piacerebbe che l’editto di Rotari
fosse insegnato a scuola, non
dimentichiamo che è del VII secolo d.C.
BG È risaputo che la legge non è
uguale per tutti. Basta disporre di buoni
avvocati, molti soldi, e non fai un’ora di
galera. Berlusconi è un caso limite ma
illuminante. Noi abbiamo ripetuto più
volte che l’avvocato dovrebbe essere
solo d’ufficio, che va scelto d’ufficio
dal tribunale per chiunque. In questo
modo si equipara la difesa per ogni
imputato: povero, ricco...
In Italia si valuta anche il contesto in
cui avviene un delitto, non c’è solo la
legge. E questo è giusto. Se mio figlio dà
un pugno in faccia a suo fratello, oppure
ruba 10 euro a mia moglie, compie un
reato. Dal punto di vista della legge
ruba, ma non è considerato un ladro,
perché ha rubato una sola volta e quindi
la pena sarà commisurata alla sua
persona, a quello che è stato, pertanto
sarà ridotta rispetto a un altro che ruba
sistematicamente o si è macchiato di
altri delitti.
DF Scusate, un passo indietro. A
questo proposito, un episodio accaduto
ai tempi dei Longobardi mi ha
veramente stupito e può essere istruttivo.
Una donna serva, schiava addirittura,
viene colpita dal padrone perché,
essendo incinta all’ultimo mese di
gravidanza, si rifiuta di fare l’amore con
lui. Allora il padrone, molto arrabbiato,
le sferra un calcio terribile alla pancia
che le procura un parto anticipato. Il
bambino muore in seguito al trauma
subito. Il padrone viene messo sotto
accusa e per lui non c’è scampo:
condannato a morte. Ora io chiedo: in un
caso simile, cosa succederebbe da noi?
Quale condanna verrebbe inflitta oggi
all’assassino?
BG Oggi farebbero l’autopsia per
verificare se il bimbo è nato vivo o
morto e il medico legale si chiederebbe
come prima cosa se il bambino al
momento della nascita respirava oppure
no. Se è nato vivo e poi muore, allora è
un omicidio perché gli è stata causata la
morte da vivo.
DF Ma è un controsenso, è
un’assurdità criminale!
BG La legge è questa.
DF Be’, allora è figlia di una cultura
giuridica scellerata! Parlando di leggi e
diritto, non possiamo non ritornare a
parlare di Taranto e dell’Ilva, perché è
un esempio lampante e tragico di non
applicazione della legge. Riva,
l’imprenditore ossequiato dalla casta
degli imprenditori e riverito da quella
dei politici perché è riuscito a finanziare
destra e sinistra, ha sulle spalle
centinaia di morti, forse migliaia, ma
non è in galera, è agli arresti
domiciliari, inquisito per associazione a
delinquere, disastro ambientale e
concussione. E ai domiciliari c’è anche
suo figlio Nicola. L’altro figlio, Fabio, è
stato arrestato a Londra. Mi hanno anche
detto che un famoso club di uomini
d’affari ha assegnato all’ingegner Riva
(non so se lui o un suo famoso collega
della Lombardia) un premio piuttosto
ambito per le sue qualità di
imprenditore. Purtroppo, causa la
condanna, non poteva essere presente
alla cerimonia di premiazione. Hanno
chiesto a due dei figli, ma anche loro
erano bloccati da rispettive condanne,
allora hanno deciso di chiamare un
dirigente della fabbrica. Ma proprio
mentre l’incaricato stava partendo,
l’hanno arrestato e il suo cane è rimasto
lì, solo e piangente. Be’, hanno dato la
medaglia al cane!.. Non è incredibile?
L’impunità del potere è sempre
garantita, anzi premiata.
BG Renzo Piano mi diceva che in
Giappone i morti sul lavoro non sono
nemmeno contemplati. Eppure lui ha
fatto un’opera grandiosa e azzardata, ha
costruito un aeroporto su un’isola,
10.000 operai per dieci anni, e non è
morto nessuno. Come fanno? Investono
molti soldi nella sicurezza. Tu vai in un
cantiere giapponese, vedi sette, otto
persone che arrivano lì un’ora prima,
preparano tutto, sono addetti alla
sicurezza e vanno via due ore dopo la
fine dell’orario perché sistemano di
nuovo tutti gli attrezzi, le macchine, i
montacarichi... Qui invece, nel progetto
del ponte sullo Stretto, avevano già
inserito nel budget di spesa dell’opera
almeno sei, sette morti. Agli
imprenditori conviene preventivare il
costo di una morte di un operaio
piuttosto che investire sulla sicurezza,
sulla prevenzione. È l’ottica del nostro
capitalismo.
DF Questa devi ascoltarla perché è
incredibile! Sugli statuti dell’antico
Comune medievale, quando si costruiva
una cattedrale, un palazzo, un ponte,
qualsiasi opera, il responsabile della
sicurezza degli operai impiegati nel
cantiere non era ritenuto il capo cantiere
o l’imprenditore, ma il committente,
cioè colui che ordinava il lavoro.
Perché a ogni apertura di cantiere era
sempre il committente, non il costruttore,
ad avere la responsabilità di controllare
se tutti i macchinamenti erano a norma, e
così le scale, le impalcature e
soprattutto le gru e le carrucole, i
montacarichi eccetera... E in più doveva
verificare se il clima era adatto
all’operazione, cioè se c’era pericolo di
neve, gelate o di tempeste durante la
giornata. E in caso positivo, doveva
bloccare immediatamente i lavori.
Insomma tutta la responsabilità era sua.
Perché questo? Per evitare che, se il
responsabile fosse stato il costruttore,
questi potesse usare ricatti tipo: «Sei
caduto? Ti sei spaccato le gambe?
Ebbene, se non mi pianti grane, io per il
prossimo lavoro ti riprendo anche
zoppo, se no peggio per te, si va in
tribunale e tanto vinco io». E questo
succedeva nel Medioevo! Tempi bui, eh!
BG Oggi in Italia se succede
qualcosa non si capisce mai di chi è la
responsabilità, perché i lavori si danno
in subappalto e la regolarità è assicurata
dalle procedure. Basta che le procedure
siano stabilite, poi se succede qualcosa
il guaio è ricondotto al comportamento
dell’operaio che magari non ha stretto
bene un bullone o ha fatto male una
saldatura. La colpa è sempre sua. Non
ha seguito le procedure. A pagare sono
sempre i poveracci.
Vi ricordate la tragedia di
Viareggio? Succede che un treno che
passa da Viareggio in piena notte e che
trasporta materiale combustibile esplode
e causa la morte di trenta persone che
stavano dormendo tranquillamente nelle
loro case vicino alla stazione. A
distanza di quattro anni non sono state
accertate le responsabilità. Si sa solo
che i binari sono di una società, il
vagone di un’altra società, il carico di
un’altra società, il committente di
un’altra società, il destinatario di
un’altra società. Sei società separate.
Il vagone esplode perché un bullone
arrugginito aveva fatto attrito e quindi
provocato una scintilla. Un caso
evidente di cattiva manutenzione. Ma
non basta sapere questo. Ci potrebbero
essere delle concause ancora da
accertare. Poco dopo l’incidente è
passato un treno dello stesso tipo, con un
carico simile, diretto a Civitavecchia.
Anche questo s’è incendiato, ma l’hanno
individuato i pompieri, che sono
intervenuti in tempo. Non c’è
prevenzione. Lo stesso carico, lo stesso
treno, con gli stessi «attori» di prima.
Ma allora ci si domanda: è possibile che
la nostra sicurezza sia in mano a persone
così irresponsabili? Pensate alle centrali
nucleari che i nostri politici volevano a
ogni costo prima del referendum che le
ha bocciate: basta un errore e le
conseguenze possono essere gravissime.
In Finlandia, durante la costruzione
di una centrale nucleare di quarta
generazione, si sono accorti che i
tedeschi, appaltatori della Siemens,
avevano dato in subappalto le saldature
ai polacchi e ai romeni. Gli ingegneri
hanno scoperto che le saldature erano
state eseguite con una tecnica non sicura.
Quindi hanno bloccato i lavori e hanno
fatto rifare tutto.
DF Io ero là in quel periodo, stavo
allestendo un’opera lirica al teatro
nazionale di Helsinki e ho saputo in
diretta le cose: fu uno scandalo,
bloccarono tutti i lavori e li
commissionarono a un’altra impresa.

Il virus del denaro e la


febbre dell’accumulo

DF Negli ultimi anni, in Italia, si


registra un sempre minor rispetto per la
legge. Oltre a evocare il solito
Berlusconi, a che cosa si può attribuire
questo fenomeno? Che tipo di società e
di diritto ha in mente il MoVimento?
GC A me sembra che tutti i problemi
di cui stiamo parlando, cioè la legge che
non viene applicata, gli operai che
muoiono, il lavoro come ricatto, la
riduzione in schiavitù delle persone, alla
fine siano riconducibili tutti alla
questione del denaro che ha preso il
sopravvento su qualunque aspetto della
nostra vita. Al denaro andrebbe
attribuito un peso marginale nella
società perché in sostanza è una forma di
scambio di beni. Nessuno dovrebbe
possedere più di un certo livello di beni
materiali, un massimo di 3 o 4 milioni di
euro. Non è un discorso francescano ma
politico. L’accumulo di denaro non va
d’accordo con la democrazia. Chi
concentra molto denaro può influenzare
la società, piegare la politica e quindi la
gestione della cosa pubblica ai suoi
interessi.
Gli esempi li abbiamo davanti agli
occhi eppure fatichiamo a capire. Finché
il denaro rimarrà concentrato nelle mani
di poche persone e le banche
disporranno del potere attuale, la
democrazia rimarrà un puro esercizio
retorico, una caricatura di se stessa.
BG In Svizzera fanno così: se rubi ti
obbligano a fare un corso di
rieducazione che mira a far sì che tu non
ripeta il furto e percepisca la gravità del
tuo gesto. Se rubi sai che sei fuori dalla
società. L’atto illegale non è ammesso
per nessuna ragione. Per esempio, se in
macchina superi il limite di velocità, sei
sicuro che ti fermano e ti dicono:
«Guarda, vogliamo che tu segui un corso
dove ti spiegheremo e ti convinceremo
che andare piano è bellissimo». Lo
stesso avviene per i reati finanziari, che
sono perseguiti con severità. Quando
viene accertato il reato, chi lo ha
compiuto è obbligato a seguire un
percorso virtuoso, dimostrativo, che gli
fa capire come sia sbagliato procurarsi
il denaro in modo illegale. Non è
incredibile?
GC Disponiamo di un tempo limitato
per vivere, se lo dedichiamo
all’accumulo di denaro e barattiamo la
vita per delle ricchezze, siamo dei folli.
Il nostro tempo è l’unico valore.
BG C’è un libro, La grande
trasformazione di Karl Polanyi, che
spiega come il capitalismo nasca da un
equivoco fantastico. Malthus sosteneva
che il diritto non serve perché esiste una
legge naturale secondo la quale il più
forte vince sul più debole. Polanyi si
diverte a smontare questo assunto, alla
base dell’ideologia liberista,
raccontando un episodio molto
significativo. In un’isola dei Caraibi gli
inglesi avevano portato delle capre
come risorsa alimentare da utilizzare
durante le loro scorrerie. Gli spagnoli,
per metterlo in quel posto agli inglesi,
portarono sull’isola dei cani perché
sbranasse le capre togliendo così agli
inglesi la possibilità di alimentarsi.
Secondo Malthus, quando la
popolazione si espande, i deboli devono
scomparire per ragioni naturali. Da qui
la teoria della selezione naturale di
Darwin. Ma la storia delle capre citata
da Polanyi non confermerebbe questa
convinzione. Le capre non sono morte,
sono morti i cani! Perché le capre si
sono arrampicate fino in cima alla
montagna, dove i cani non potevano
raggiungerle, così i cani si sono sbranati
tra di loro e invece le capre sono
sopravvissute. Anche l’anarchico Pëtr
Kropotkin rivive la stessa esperienza di
Darwin, solo che lui va in Siberia,
mentre Darwin va nelle Galápagos.
Arriva a formulare una teoria
assolutamente contraria a quella di
Darwin: la teoria della solidarietà – le
piante che si aiutano tra loro – e il
concetto della biodinamica: piante che
lavorano insieme, animali che si aiutano
a vicenda, una specie che serve alla
conservazione di un’altra.
DF È quanto raccontava anche mio
nonno, contadino in Lomellina.
GC Non per contraddirvi, ma se gli
inglesi avessero messo al posto dei cani
delle aquile, avrebbero vinto loro ...

La rete cambia il rapporto


col denaro e il mercato del
lavoro

DF Qui c’è un altro bell’incrocio, se


cambiamo strada rispetto a quella
seguita da tutti rischiamo di perderci ma
vale la pena provare a vedere oltre per
accertare se può esistere un mondo
senza denaro. Ci vuole un salto mentale,
non costa nulla. Intuisco che la rete ci
può aiutare a fare questo salto. Ma
voglio capire i miei compagni cosa ne
pensano.
GC In rete le idee sono il vero
valore. L’intelligenza, la creatività, la
competenza possono fare
tranquillamente a meno del denaro. E
senza la necessità del denaro, ognuno
può far emergere la propria intelligenza
e cultura in modo diretto. E viene pagato
per questo. Per quello che sa fare, per
quello che è, senza intermediari o
finanziatori.
DF E l’editore che ci stampa questo
libro dove va a finire?
GC Be’, si mette a scrivere, diventa
uno scrittore e pubblica anche lui in
rete! Il problema è suo. Se tu non hai un
valore aggiunto in un processo, per la
rete non hai valore.
BG Osservate come si è trasformato
il potere in questi anni. Il capitalismo si
è sempre basato sulla triade petrolio,
automobili, banche. Le banche
finanziavano l’automobile e
l’automobile serviva a consumare
petrolio.
DF Il petrolio poi sovvenzionava
anche i costruttori di macchine.
GC Di recente vi è stato un ricambio
delle aziende storicamente più quotate in
Borsa. Questo cambiamento è avvenuto
in pochissimo tempo. Non era mai
successo prima. La Ford, la Chrysler, la
Shell e le grandi banche internazionali
sono sempre state ai primi posti nella
classifica delle società più quotate. Ora,
al vertice, vi sono quelle società
tecnologiche che hanno sviluppato il
loro business nella rete. Le società che
sono emerse, come Google, Twitter e
Facebook, sono planetarie, hanno per
cliente l’intero pianeta, hanno imposto
nuove regole per la ricerca, nuovi
linguaggi per la comunicazione.
Nella rete opera la «legge di
aggregazione preferenziale», per cui se
un nodo di internet crea un valore prima
degli altri, questo valore si propaga
come un virus e il nodo espande la sua
influenza, diventa più importante.
Avviene come per un pianeta che si
forma, che assume una certa massa
gravitazionale, attira meteoriti e comete
e si ingrandisce. Per cui chi sviluppa
un’idea, un modello di successo prima
degli altri, com’è avvenuto per Google
con i motori di ricerca, nel tempo
assumerà una posizione preminente e,
come un grande albero in una foresta,
crescendo, farà morire tutta la
vegetazione sottostante. In rete non
esiste il numero due. Esiste solo il
numero uno. Ed esiste se l’idea è
vincente. Il numero uno piglia tutto a
livello universale, si prende il mondo,
come hanno fatto in questi pochi anni le
aziende che hanno scalato le Borse
mondiali. E sono diventate più
importanti della Ford, della Shell, che
sono sul mercato da decine e decine di
anni.

Un mondo senza
intermediazione e miliardi
di idee e padroni

DF Siamo abituati a pensare che


tutto sia regolato da un processo, da una
mente, da un ordine. Facebook ha un
fondatore, è quotato in Borsa, da
qualche parte comunque c’è un padrone
che ha un suo guadagno.
GC Le società hanno un proprietario,
ma la rete non ha un padrone. Magari
domani potrebbe succedere. Internet non
ha un padrone perché è una somma di
punti, di individualità. Una somma di
nodi, ognuno dei quali è padrone di se
stesso. Miliardi di padroni. Chiunque di
noi oggi sta diventando un punto della
rete, un riferimento della conoscenza
collettiva.
Alcuni ritengono che il futuro della
rete possa oscillare tra una dittatura di
tipo orwelliano, in cui l’informazione
sarà totalmente controllata e ritenuta
inconsapevolmente l’unica verità, e la
democrazia diretta, con un’informazione
libera e la partecipazione diretta dei
cittadini in ogni aspetto della cosa
pubblica. Io penso che si manifesteranno
entrambe le ipotesi, ma la democrazia
diretta nel tempo prevarrà.
Riprendo un concetto già accennato:
come la rete elimini l’intermediazione.
Il rapporto diretto che si instaura tra
produttore e consumatore, tra le persone
in generale, sta cambiando i modelli di
business, l’economia, i comportamenti.
Prendiamo, ad esempio, le banche, che
sono essenzialmente degli intermediari
di denaro di terzi. La banca prende i tuoi
soldi e li presta o li investe. La rete ti
consente di eliminare molte attività
bancarie e di rivolgerti direttamente alla
comunità.
DF E come? Cosa intendi per
comunità?
GC La comunità è formata da
chiunque voglia richiedere o concedere
un prestito, come avviene su Zopa.com,
una società che permette prestiti tra
privati online. L’interesse lo decide chi
presta i soldi, e chi li richiede può
scegliere tra diverse offerte.
DF È qui che volevo arrivare. A un
certo punto entri anche tu dentro il gioco
del capitalismo totale.
GC No, questo è un esempio di
disintermediazione della banca che non
riguarda il capitalismo, quello è un altro
discorso.
BG Io ho 50.000 euro da prestare.
Tu hai bisogno di
50.000 euro per una piccola
impresa. Io voglio il 6 per cento di
interessi, tu invece sei disposto a
riconoscermi il 3 per cento. Il tasso è
messo all’asta. È lo stesso principio del
microcredito di Muhammad Yunus fatto
online. Ci sono centinaia di migliaia di
persone in Inghilterra che lo fanno e
funziona. Tutte le fasi intermedie tra me
e il servizio stanno sparendo. Allo
stesso modo spariranno il negozio, il
rappresentante, il concessionario.
DF E questo non crea dei vuoti di
occupazione?
BG Certo, ma crea anche nuove
opportunità di lavoro, ad esempio il
finanziamento di microimprese.
GC Qualunque intermediazione
cadrà, a meno che non abbia un valore
aggiunto. La libreria, per esempio, o
offrirà un servizio complementare
oppure chiuderà, perché già oggi posso
acquistare un libro senza recarmi in
libreria. Lo stesso per le università del
futuro: non dovrò andare
necessariamente in una università per
seguire i corsi, se posso farlo online.
DF Si perde però qualcosa. Sarà
un’idea sorpassata, ma io se ho bisogno
di fare una ricerca, il più delle volte
vado direttamente in una libreria fornita,
dove conosco il libraio specializzato su
quella particolare materia.
GC Dario, tra un po’ non ci saranno
più le librerie a cui sei abituato,
cambieranno e forse spariranno del tutto.
Un altro esempio riguarda le
biblioteche: è in corso da circa dieci
anni un progetto mondiale di
digitalizzazione dei loro contenuti in
tutto il mondo. Chiunque potrà accedere
ai libri di una biblioteca che magari si
trova in un altro continente. Sei a Roma
ma potrai consultare un testo antico a
Istanbul. Emergerà una nuova
concezione di biblioteca, un nuovo
modello detto «Library 2.0, o L2»
basato sull’interazione continua tra
lettori e biblioteche. Dal 2003 è stato
attivato il progetto Open WorldCat per
rendere disponibili i contenuti delle
biblioteche a motori di ricerca come
Google e Yahoo. Ci si potrà iscrivere in
futuro a tutte le biblioteche del mondo.
Gli studiosi e i semplici lettori
potranno inoltre aggiungere commenti ai
testi digitalizzati, inserire
approfondimenti che saranno disponibili
a tutti. L2 diventerà la nuova Biblioteca
di Alessandria, una biblioteca mondiale
che potrà contare sulla creazione
continua di conoscenza da parte dei suoi
utenti. Questo per dire che ancora una
volta la rete consente di rivolgersi
direttamente alla fonte ed evitare
intermediazioni.
DF Adesso però questo
arricchimento è garantito dalla
specializzazione delle persone, un
valore aggiunto riconosciuto ed
essenziale. Non è facile orientarsi in una
biblioteca o in una libreria. Ci sono
guide online ma non saranno mai
efficienti quanto una persona che ti porta
fisicamente là dove il libro è collocato.
GC La rete aumenta il livello di
relazione con le persone, non lo
diminuisce.
DF Sì, ma io intendo un’altra cosa.
Non si tratta solo di trovare il titolo
giusto. Prendiamo per esempio
Raffaello. Quando studiavo le sue opere
e la sua vita, mi sono imbattuto nei soliti
libri banali, convenzionali. Io cercavo
altre strade, quindi fonti diverse, non
accreditate. Avevo bisogno di fare
ricerche in più biblioteche. Così sono
andato alla Malatestiana di Cesena
dove, con l’appoggio di altre
biblioteche (ecco la comunità), ho
trovato dei testi straordinari. Mi sono
spinto fino a Urbino e finalmente ho
trovato delle storie che non immaginavo.
Per esempio ho scoperto le gabole che
ha dovuto fare Raffaello per riuscire ad
arrivare a Firenze ed essere introdotto in
quella città; dovette far innamorare di sé
una donna...
GC In un futuro non troppo lontano
ci sarà permesso di accedere ai libri più
rari dal salotto di casa, accompagnati da
un Cicerone virtuale per diversi livelli
di conoscenza.

Le storie vere e false. Gli


esempi di Fo

DF A questo proposito a me è
capitato di dover commissionare una
ricerca al mio traduttore tedesco per
scoprire qualcosa di più su un evento
storico molto importante a cui ho già
accennato, capitato in Italia nel 1250
circa, durante la campagna di Federico
II contro i Comuni. Si tratta dell’assedio
di Parma, in cui l’imperatore adottò un
sistema d’attacco veramente insolito,
facendo costruire tutt’intorno alle mura
della città assediata una nuova città, così
da strangolare letteralmente il Comune
che si era organizzato per resistere a
ogni costo. Il traduttore in questione è
anche un uomo di grande cultura e
versatilità. Ha chiesto ad amici e
docenti della sua stessa università di
condurre una ricerca, ha trovato alcuni
testi tedeschi che trattavano l’argomento
e me li ha tradotti. In Italia, per quanto
mi fossi dato da fare presso le
biblioteche, non riuscivo a trovare che
sporadiche notizie. Gli autori germanici
che trattavano la materia con dovizia di
particolari e scendevano in profondità
documentate erano invece numerosi e
concreti. Sarei ben felice di scoprire che
attraverso la rete sarei riuscito a
ottenere con gran velocità il medesimo
risultato.
BG La rete può soddisfare per
quanto riguarda i contenuti, ma il valore
delle persone che ti possono dare una
propria interpretazione è una cosa
totalmente diversa. Tu puoi fare la
ricerca, trovare il libro ed esaminarlo
da casa tua, o andare nella biblioteca
tedesca e leggerti il cartaceo. Ma quel
libro raccontato da uno studioso di
quella materia ha di certo un altro
sapore.
GC Certo, ma proprio grazie alla
rete tu puoi conoscere direttamente la
persona in grado di raccontartelo, in
streaming, con un video su YouTube,
seguendola sui social media... Una
persona con cui prima non saresti mai
potuto entrare in contatto. Al tempo
stesso, attraverso la rete, puoi accedere
a qualunque tipo di libro su Raffaello
esistente nelle biblioteche mondiali.
Non ti ho ancora convinto, vero?
DF A questo punto devo farvi un
esempio. Qualche giorno fa, con i miei
assistenti, sono andato su internet alla
ricerca di notizie particolari su Carlo
Magno e ho avuto una brutta sorpresa:
notizie completamente manipolate e altre
fortemente censurate. È risaputo che il
papa all’epoca era bloccato nel suo
piano di espansione dai Longobardi, che
governavano più di mezza Italia a
cominciare da quella che oggi si chiama
appunto Lombardia. Allora offrì a Carlo
Magno di scendere in Italia con il suo
esercito, sostituire il regno di Desiderio,
re longobardo, che oltretutto, per
questioni di buon vicinato, aveva dato la
propria figlia Desiderata in sposa al re
franco.
Su internet viene anche narrata la
carriera politica dell’imperatore che,
com’è noto, pur di salire al trono aveva
fatto scempio dei propri fratelli e di altri
parenti prossimi. Ma le notizie sono date
in modo incompleto. Del primo fratello
ammazzato si dice che «muore». Come?
Per malattia? Per una caduta da cavallo?
Per annegamento? Non si dice.
Per quanto riguarda poi la moglie,
internet mi dice che il monarca l’aveva
ripudiata in quanto sterile e non accenna
al particolare di aver già deciso e
pattuito con il papa l’invasione
dell’Italia con relativo massacro dei
Longobardi. Quindi, anche in internet,
non hai nessuna garanzia che la storia ti
venga proposta nei termini corretti.
BG Secondo me è da Nobel uno
così...
GC Pensa a raccontare questa storia
a scuola. L’interesse dei ragazzi
raddoppierebbe.
DF Eh, sì! infatti mi è capitato di
raccontare queste storie in alcune
scuole, dove il professore si è preso
tutta la responsabilità di quello che
avrei recitato... Ma se provo a proporre
in televisione, come ho fatto, un testo
come La Bibbia dei Villani, basta che
mi avvicini e mi sbattono la porta in
faccia! Eppure le notizie e le storie che
propongo sono autentiche e documentate.
GC Scusa, Dario, perché non
recitarle in rete? Lì non c’è nessuna
censura.
BG Guarda che tu adesso hai
YouTube. Un tuo pezzo è accessibile in
tutto il mondo, in tutte le lingue con i
sottotitoli. Ma dove la trovi una platea
così numerosa?!
DF Certo, ne sono sicuro.
BG Potresti arrivare alla scuola
direttamente con la rete. È
un’opportunità straordinaria. Fo in ogni
classe.
DF C’è una cosa che io vorrei
riuscire a dire, a raccontare veramente
alle scuole, e che stranamente è
scivolata via con il consenso di tutti. Un
fatto straordinario. Nel 1225, al
Concilio di Lione, papa Gregorio X
decise che l’inferno e il paradiso non
erano sufficienti e che bisognava creare
un altro sito di redenzione che ospitasse
le anime dei peccatori, in special modo i
banchieri condannati a scontare la loro
pena fra il fuoco e le torture
dell’inferno. In tal modo avrebbero
potuto purgarsi e poi salire in paradiso.
Lo storico Jacques Le Goff, che ha
dedicato al tema un famoso saggio dal
t i t o l o L’invenzione del purgatorio ,
scrive che «l’invenzione del purgatorio
è il capolavoro politico ed economico
di tutta la storia della Chiesa». Infatti,
grazie alle indulgenze concesse a
migliaia e migliaia di peccatori, la
Chiesa riuscì a pagare tutti i propri
debiti e divenne lo Stato più prosperoso
del mondo. Il traffico di anime dal
purgatorio al paradiso credo che abbia
ingorgato il cielo per secoli. Oltretutto
questa invenzione è un delitto
incredibile. Con questa variante hanno
buttato all’aria tutti i testi sacri della
cristianità. Perfino Dante è stato
costretto a inserire il purgatorio nella
s u a Divina Commedia. Lui che era
ferocemente contro la Chiesa e che per
questo era stato punito con l’esilio dalla
sua Firenze.
BG È bellissima questa storia,
Dario!
DF La cosa straordinaria è che
quanto tu chiedi anche a persone di
discreta cultura cosa ne sanno del
purgatorio, scopri che nessuno conosce
la storia di questo dogma. Una volta ho
chiesto addirittura a un prete se ne
sapeva qualcosa. Mi ha guardato
sbigottito e mi ha detto: «Ma sei sicuro
di quello che dici? Non è una tua
invenzione?».
«Padre, le mostro i testi che ne
danno notizia.» E lui: «Oh, è terribile!
Temo che questa notizia mi creerà un
grave turbamento di fede!».
Un’altra storia incredibile è quella
che ci raccontano da secoli su san
Francesco e che è completamente falsa.
GC Qual è la storia vera?
DF Quella di cui tratta una
ricercatrice straordinaria, Chiara
Frugoni. La stessa storia che poi io ho
ripreso e recitato per due anni di
seguito, Lu Santo Jullàre Françesco.
GC Infatti, non deve essere un caso
che non esista un papa che si sia fatto
chiamare Francesco. Noi abbiamo scelto
appositamente la data di San Francesco
per la creazione del MoVimento.
Politica senza soldi. Rispetto degli
animali e dell’ambiente. Siamo i pazzi
della democrazia, forse molti non ci
capiscono proprio per questo e
continuano a chiedersi chi c’è dietro.
DF Be’, questo vi fa onore. Ciò che
non si racconta è che Francesco non ha
mai voluto far parte integrante della
Chiesa, si è chiamato subito fuori,
dichiarandosi minore, l’ultimo della
società. Sul piano dell’economia, poi,
predicava e imponeva ai suoi fratelli di
non accettare mai l’elemosina donata dai
fedeli, ma di indicar loro i poveri
disperati che ne avevano veramente
bisogno. «Non a me – diceva – e a
nessuno di noi minori devi offrire cibo,
abiti o denaro, ma scegliti tu il povero a
cui offrire il tuo aiuto, non è difficile,
basta che giri intorno lo sguardo e ne
trovi a iosa.» A un certo punto chiamò
un suo frate e si fece frustare in piazza
durante il mercato, nudo, per essere
punito in conseguenza del furto di un
pollo che poi si era mangiato. È chiaro
che, con quel gesto, faceva spettacolo di
sé: Francesco era un giullare autentico.
GC Non per niente lo chiamavano il
«giullare di Dio».
DF Anche quando andò dal papa si
presentò da giullare e, nel richiedere il
permesso di fondare una comunità,
domandò al pontefice «la Regola»,
recitando e muovendosi col corpo tutto
in una strana danza, tanto che un
cronista, assistendo a quell’esibizione,
commentò: «De tutto suo cuorpo fasea
parola!». E non c’è bisogno di tradurlo.
Chi, se non un giullare, riusciva a
parlare con tutto il corpo! E allo stesso
papa che gli chiedeva come mai lui e i
suoi seguaci non accettassero di
raccogliere denaro per i poveri,
rispondeva: «Chi gestisce l’elemosina
per i poveri acquisisce il potere più
elevato che si possa immaginare».
Quindi, rispondeva provocatoriamente il
papa: «Tu pensi che noi del clero si sia
in grave peccato». E Francesco di
contro rispondeva: «Chi è la Chiesa?
Sono uomini di fede ma sempre uomini,
e quindi non sono le mura che prendono
il denaro, ma quegli uomini medesimi».
BG Aveva capito tutto.

La credibilità della rete:


anche la sanità cambia
GC Introduciamo un altro tema,
quello della credibilità, che in rete è
fondamentale. Si parla ormai in generale
di valore economico della credibilità;
significa che se uno è credibile, riesce
ad aggregare altre persone con quello
stesso interesse, crea una comunità e
genera un valore. Se uno è credibile,
quello che produce ha un valore
economico, perché le persone
cercheranno quell’informazione. E non
saranno due, tre o cinque persone, ma
milioni di individui a cercarti, come
avviene per molti blog americani, che
sono frequentatissimi perché gestiti da
persone competenti e credibili.
Uno di questi siti, Techcrunch, è
stato ideato da esperti che si
occupavano di tecnologia, il blog è stato
venduto ad Aol, il più grande internet
provider del mondo, per circa quaranta
milioni di dollari, con la garanzia che i
blogger continuassero a gestirlo. Questo
è un esempio dell’importanza della
credibilità. Se sei attendibile, e quindi
la tua informazione è credibile, le tue
opinioni sono rilevanti e in rete possono
avere un valore enorme.
BG Ci sono grandi aziende che si
consorziano creando siti dove mettono
in comune i problemi che le riguardano
e invitano gli esperti a risolverli,
promettendo naturalmente un premio per
chi ci riesce. È il cosiddetto
crowdsourcing. Anziché rivolgersi solo
ai propri ingegneri, si chiamano in causa
tutti gli ingegneri disponibili, i quali
possono partecipare con un’idea, un
miglioramento, a rendere più efficiente
quell’azienda. Si parla di aziende come
Boeing, DuPont e Procter & Gamble.
Questa tendenza si sta diffondendo e
porterà a una rivoluzione anche
nell’organizzazione del lavoro.
Un’azienda non avrà più un ufficio di
mille metri quadrati con centinaia di
impiegati in cubicoli a forma di scatola,
ma collaboratori sparsi nel mondo. In
campo medico sta accadendo qualcosa
di simile a livello personale: tu hai una
malattia, consulti diversi medici, non
trovi una terapia e allora provi a cercare
in rete tutti quelli che hanno la tua stessa
malattia, che ti dicono come si sono
comportati mettendo a tua disposizione
la loro esperienza. Lo scambio di
informazioni per la salute è
fondamentale. Ciò vale per i pazienti
come per i medici, che hanno sempre
più bisogno di confrontarsi. Meno
congressi e più confronti e scambi via
web significano più competenze in
comune e maggiore preparazione.
DF Come può cambiare la sanità in
tal senso?
BG La salute dipende dal grado di
informazione che hai e dal tuo stato
sociale. Lo stato sociale è inversamente
proporzionale alla salute: più abbassi il
welfare, più crei povertà, più spendi in
salute. Se tu accedi a un bagaglio
d’informazioni giuste, puoi fare
prevenzione da solo, per esempio puoi
cominciare a capire che devi cambiare
stile di vita. Lo puoi fare da solo. Puoi
imparare cosa non mangiare, il tipo di
dieta migliore, e questo grazie al
confronto con chi ha i tuoi stessi
disturbi, senza andare al pronto
soccorso o dal medico. Se ti fa male il
gomito o hai male a una gamba, la prima
cosa che fai è andare su internet e
verificare da cosa dipende il problema.
In pratica fai l’autodiagnosi.
Poi sulla rete scopri che altri hanno
lo stesso sintomo ed entri in un forum
specializzato cui partecipano esperti e
malati, e riesci ad avere in poco tempo
un quadro di quello che hai e delle
possibili soluzioni. Noi abbiamo
pubblicato sul blog una testimonianza di
Nicoletta Mantovani, la moglie di
Luciano Pavarotti, che è guarita dalla
sclerosi multipla grazie a una nuova
modalità di intervento, diversa dalla
terapia tradizionale. Tutti coloro che
hanno lo stesso problema oggi possono
provare questo nuovo intervento,
perlomeno verificare se è possibile.
Molti malati non erano a conoscenza di
questa tecnica, ora lo sanno e possono
rivolgersi all’équipe medica che l’ha
seguita con successo.
GC L’autodiagnosi l’ha fatta anche
Matteo Dall’Osso, un ragazzo
avvelenato dai metalli pesanti che si era
rivolto più volte ai medici senza
arrivare a nessun risultato. Disperato, ha
cercato in rete tutte le possibili
soluzioni. Alla fine ha trovato da solo la
cura ed è guarito. Viveva su una sedia a
rotelle e ora ha pubblicato in rete un
filmato che lo ritrae mentre si getta con
il paracadute da un aeroplano.
DF Spero che non si sia rotto subito
le due gambe appena guarite!
BG Il comico non cede mai
all’istinto di fare la battuta! Quindi, per
rispondere alla domanda di Dario su
come cambierà la sanità, si può
affermare che la rete è una grandissima
occasione di miglioramento in termini di
conoscenza e di risparmio perché, prima
di andare dal medico, le persone
possono informarsi e orientare già i
propri comportamenti per evitare
ricovero e interventi. Infatti, più
conoscenza si diffonde più è possibile
fare prevenzione a costo zero cambiando
abitudini di vita e capendo quali rischi
si possono correre. Solo in casi
inevitabili e gravi ci si rivolgerà al
medico e all’ospedale. Ora avviene il
contrario: molta gente va al pronto
soccorso per un’influenza, gli ospedali
scoppiano e la sanità va in fallimento.
La prevenzione che si fa in Italia è
inutilmente costosa. Su cento Tac
prescritte, cinquanta sono inutili; su
cento risonanze sessanta sono inutili; su
cento parti cesarei, sessanta potrebbero
essere parti naturali. Altro che tagli
orizzontali.
GC Le tecniche chirurgiche stanno
cambiando completamente. Con la rete
si può operare a distanza. Alcune nuove
sale operatorie in Lombardia sembrano
vuote, nel senso che c’è solo il paziente
disteso su un lettino circondato da robot,
non c’è nessuno dentro, i medici
operano a distanza, anche da un altro
continente, comandando i robot
dall’esterno con delle mani virtuali,
come è avvenuto con un chirurgo che ha
operato dagli Stati Uniti un paziente che
si trovava a Milano.
BG Un altro esempio: si può
adottare a distanza persino un alveare,
situando le arnie in luoghi adatti,
circondati da vegetazione e fiori
appropriati, e controllandolo attraverso
una webcam. Il miele che viene prodotto
da un alveare è sufficiente a una famiglia
nel corso di un anno. Adottando
l’alveare a distanza si ha modo di
consumare quel miele. Vedere ciò che si
mangia e comprare i prodotti
direttamente da chi li coltiva è un’altra
rivoluzione. Lo stesso sta avvenendo per
gli orti.
Cambio di prospettiva
per fermare la crisi

Lavoro quindi esisto

DF Tutto oggi sembra ruotare


intorno al lavoro e alla prestazione di sé
che uno riesce a offrire al mercato. È
necessaria una rivoluzione che entri nel
merito dell’idea di lavoro, di come
possiamo riorganizzare la nostra vita
non soltanto in funzione del mestiere che
facciamo e dove è necessario farlo.
GC Non credo che si debba vivere
per lavorare, io vedo il lavoro, se
coercitivo, non legato alle tue
aspirazioni, come una cosa negativa. La
vita non è lavorare 40 ore alla settimana
in un ufficio per 45 anni. È disumano.
Stavano meglio gli irochesi e i
boscimani che dovevano lavorare un’ora
al giorno per nutrirsi.
DF Certo che se uno riesce a trovare
un lavoro che lo coinvolge
provocandogli piacere e soprattutto non
si vede sfruttato e trasformato in un
robot, sono d’accordo che se ne può
anche fare a meno! La cosa peggiore è
agire, muoversi soltanto perché devi
sopravvivere...
BG È pazzesco. Il lavoro è diventato
una sorta di incubo, una maledizione,
tutti i nostri discorsi ruotano intorno a
questa parola. Prima di tutto si tratta di
capire cosa si vuole produrre. Se
produci metà materia con metà energia,
hai bisogno anche di metà lavoro.
Dobbiamo partire da qui per ripensare
un modello economico e quindi l’idea
stessa di lavoro.
GC Ci si è dimenticati che la vita
può essere piacere: il piacere di vivere.
Siamo ridotti alla sopravvivenza. La
gente si suicida perché è senza lavoro.
Un cambio di prospettiva è necessario.
Se uno è disoccupato, nella logica del
sistema la colpa è sua, il sistema oggi
tende a scaricare sulla persona
responsabilità che sono invece della
società, della collettività. E ci si ritrova
di fronte a problemi enormi che nessuno
da solo può risolvere. Se non lavori
vieni considerato un reietto, un fallito,
finisci alla mensa della Caritas e a
dormire su una panchina. Nessuno ti
protegge dal ritrovarti in mezzo a una
strada. Per questo abbiamo proposto il
reddito di cittadinanza già esistente in
Germania, Australia, Stati Uniti. Lo
Stato deve proteggere il cittadino,
altrimenti non è uno Stato.
BG Bisogna cassintegrare le
automobili, non le persone.
DF questo il cambio di prospettiva.
Un individuo che ha perso il lavoro si
ammazza perché si sente È inutile e
privo di dignità mentre in precedenza
era il capofamiglia, aveva un’autorità,
aveva un ruolo. Tolta questa identità, un
uomo è già morto ancora prima di
suicidarsi perché la società ha insegnato
che quello che conta è la relazione con
gli altri, quanto uno è importante per la
famiglia, sul lavoro, con gli amici. Se
viene a mancare questo aspetto
relazionale, uno non è più nessuno.
GC Se fai un discorso così a un
politico ti guarda e ti prende per pazzo
perché non è abituato a ragionare sul
lungo periodo e per concetti che
presuppongano una prospettiva non
radicata nell’oggi. Invece bisogna
cominciare a ragionare sul lungo
periodo.
BG Vale la pena tornare sul tema
dell’intermediazione. Prendiamo ancora
la sanità. Nella contea di Manchester, in
Inghilterra, hanno provato a verificare se
si può spendere meno dando
direttamente al malato (non grave) i
soldi necessari alla cura. Posto che una
persona ha bisogno di determinate
medicine e assistenza, i ricercatori
hanno valutato a quanto ammontasse la
spesa effettiva sostenuta dal servizio
sanitario in un anno. Appurato il costo,
hanno dato direttamente al malato i soldi
sufficienti per un anno di cure. Il
risultato è che il malato si è curato
meglio spendendo meno, ha fatto meno
analisi, in taluni casi ha preferito
cambiare stile di vita anziché ricorrere a
un farmaco. Alla fine dell’anno la spesa
sostenuta dal malato era inferiore del
15-20 per cento; l’anno successivo il
servizio passerà al malato un assegno
inferiore e il risparmio sarà certo. È
solo una prova, ma significativa.
DF Certo, è un’idea non so quanto
estendibile, ma rivelatrice di come
normalmente noi consideriamo i soldi
dello Stato come un capitale sul quale
non abbiamo nessun diritto. E invece
«denaro pubblico» significa denaro
della comunità, quindi anche nostro. È
come se venisse meno il principio della
responsabilità individuale. Nello stesso
tempo fa paura la tendenza ad avallare
risparmi sulla sanità pubblica, non
importa se a svantaggio dei cittadini e
dei malati.
BG Il 60 per cento degli italiani
paga due volte la prestazione sanitaria:
una volta con le tasse, una volta
privatamente. Per fare un esame anche
urgente capita di aspettare dei mesi.
Ovvio che uno, se è in grado di pagare,
si rivolge a una struttura privata. La
tendenza è questa: chi ha più soldi e più
conoscenze ha modo di farsi curare
meglio e prima, gli altri possono anche
aspettare e morire. Poi, come si diceva
prima, chiunque di noi deve avere la
responsabilità di gestirsi e cercare di
evitare le malattie: non posso fumare
come un turco, bere l’iradiddio, non fare
un passo e mangiare da schifo, ansimare
appena salgo un gradino e poi
pretendere che il medico mi salvi la
vita. Il medico non ha quella funzione e
quel potere, mentre sempre di più si
pretende da lui quello che dovremmo
pretendere da noi stessi. C’è chi è
pronto a denunciare un medico se non gli
prescrive un certo esame o se non riesce
a salvargli la vita. È grottesco: oggi un
avvocato ha difficoltà a farsi operare, i
medici hanno troppa paura che li
denunci per qualsiasi motivo. Non si sa
mai. Meglio evitare grane. Così sempre
di più la sanità diventa una questione di
classe. Chi è tutelato e chi no, chi ha i
soldi e chi no. Chi ha conoscenze e chi
si avventura negli ospedali rivolgendosi
al primo medico che incontra. I
trattamenti saranno diversi, i costi
anche.
Caduta libera dell’Italia:
perché?

GC È evidente che il processo di


modernizzazione del paese passerà
attraverso l’innovazione, lo sviluppo
delle tecnologie, la diffusione della rete:
quest’ultimo è un processo di cui non
riusciamo ancora a misurare gli effetti
sociali e politici. Però credo sia giusto
capire il motivo per cui siamo arretrati
tecnologicamente, con una burocrazia al
collasso e servizi fatiscenti, senza
industrie di livello mondiale. Dobbiamo
chiederci perché il paese è in caduta
libera da più di vent’anni, con le sue
aziende, la sua creatività, la sua capacità
di competere.
Quello che è successo da noi non si
è verificato in Germania, in Olanda, in
Belgio, tanto meno negli Stati Uniti o in
Australia. In nessun paese occidentale è
avvenuto un saccheggio delle risorse di
dimensioni così spaventose. Perché? Mi
riferisco soprattutto al patrimonio di
aziende che l’Italia aveva e che ha
perso. Gli esempi sono tantissimi. La
Olivetti aveva 70.000 dipendenti nel
mondo e adesso ne ha poche centinaia.
Invece di preservare questa azienda che
faceva concorrenza all’Ibm, alla Bull e
che poteva precedere la Microsoft,
l’abbiamo completamente demolita.
Telecom ha svenduto tutta l’informatica.
Quando Telecom fu venduta a debito da
D’Alema...
DF Dio non lo perdoni per le
imbecillità che ha fatto!
GC Telecom Italia nel 1999, con la
sua cessione a debito, si è fermata, ha
avuto un infarto dal quale non si è più
ripresa. Se vendi un’azienda e lo fai
indebitandola per circa 35 miliardi di
euro, l’azienda non potrà più fare
investimenti, ma dovrà solo pensare a
ripagare il debito, gli interessi sul
debito. Il valore azionario di Telecom
Italia nel 1999 era molto più alto della
spagnola Telefónica, l’avrebbe potuta
comprare. Oggi è vero l’opposto e
Telefónica è azionista di Telecom. La
cosa straordinaria è che nessuno sembra
essere responsabile di quanto accaduto,
di una distruzione di risorse da far
impallidire le leggende su Attila.
Se una ragazza ruba una maglietta
all’Oviesse finisce in carcere (è
successo), se viene viceversa distrutta
un’azienda con decine di migliaia di
dipendenti, informatici, ingegneri,
progettisti, non si rischia nulla. Anzi. Il
risultato è che tecnici, informatici e
ingegneri sono in mezzo a una strada o
sono emigrati. Negli ultimi trent’anni
abbiamo distrutto un patrimonio, una
ricchezza enorme che apparteneva al
paese, da Olivetti a Telettra,
dall’informatica alle telecomunicazioni,
senza che nessun politico abbia mosso
un dito.
DF Il problema è che non c’è una
programmazione, una politica industriale
nazionale, una visione che aiuti a capire
dove andare e perché, e che sia
finalizzata a valorizzare la ricchezza di
questo paese. A Milano, Torino, al Nord
soprattutto, appena finita la guerra
avevamo un’industria meccanica di
altissimo valore. Non c’era solo la Fiat,
avevamo fabbriche di navi, auto,
lavatrici, frigoriferi, mobili, ceramica,
prodotti il cui design era famoso in tutto
il mondo. Che fine ha fatto tutto questo?
Nel settore dell’auto la Fiat, grazie ai
suoi rapporti diretti con la politica, è
riuscita a fare terra bruciata ovunque.
Ricordate l’Autobianchi, la Lancia,
l’Alfa Romeo? Tutte sigle e risorse
industriali assorbite e annullate
dall’industria torinese. La Fiat aveva
addirittura ministri a libro paga,
giornalisti affittati a disposizione, lobby
potentissime in parlamento. Anche per
questo in Italia si è privilegiato per anni
il trasporto su gomma anziché su rotaia,
costruendo autostrade inutili o non
strettamente necessarie.
BG L’unica preoccupazione per tutti
è stata quella di cercare di produrre più
automobili possibile, intasare al
massimo città e paesi finché, complice
la crisi, il gioco è saltato e ora siamo
tornati ai livelli di produzione degli anni
Settanta.
GC La responsabilità è dei gruppi di
potere e delle oligarchie che hanno a
poco a poco svuotato lo Stato e la sua
ricchezza. La politica è stata la
protagonista assoluta in negativo di
questo processo. Inoltre c’è un aspetto
internazionale che tendiamo a non
considerare: Francia, Germania,
Inghilterra hanno tutto l’interesse a
tenerci in una posizione subordinata.
Un’Italia industrialmente forte e
autonoma non è mai stata gradita, per
loro rimaniamo sempre un concorrente,
nel migliore dei casi un ponte
indispensabile per controllare il
Mediterraneo, una «piattaforma
logistica» come disse Fassino. L’invito
rivolto all’Italia di «fare i compiti a
casa» non è casuale, nessuno avrebbe
usato un’espressione del genere per
l’Inghilterra o per la Germania. E non è
un caso che ci siano industrie
internazionali pronte a fare shopping in
Italia acquisendo i nostri marchi.
Siamo in svendita, pronti a disfarci
della nostra ricchezza residua. Noi
sappiamo perfettamente che se le
piccole e medie imprese non riusciranno
a ripartire questo paese è finito. Siamo
all’ultima spiaggia, non c’è più
l’informatica, non c’è più la chimica, tra
un po’ finirà anche l’editoria e perfino
le semplici transazioni in denaro per gli
acquisti stanno diventando straniere.
Quando compri un libro online paghi
Amazon, quando acquisti un prodotto
paghi eBay e per la pubblicità Google.
BG La nostra situazione è più grave
perché abbiamo i ladri. Se vai in Spagna
c’è la crisi, ma non mi risulta che il
governo Zapatero rubasse. Invece dalle
nostre casse hanno rubato
l’inimmaginabile.
DF Non possiamo ignorare da dove
veniamo, cioè da stagioni tragiche:
prima le stragi di Stato, poi il terrorismo
degli estremisti di sinistra, poi
Tangentopoli e la fine della Prima
repubblica, quindi gli anni del
berlusconismo sfrenato. Non possiamo
pensare che tutto questo non abbia
lasciato il segno. Mentre gli altri Stati
investivano nel futuro, noi eravamo
frenati dall’urgenza di salvare le
istituzioni e la democrazia. «Lasciamo
che la giustizia faccia il suo corso» era
lo slogan fisso del Pci. Così abbiamo
assistito al trasbordo di processi dal
loro luogo naturale al profondo Sud, fino
a Catanzaro. Si conoscevano per nome e
cognome i veri criminali delle stragi, ma
si è insistito per tre anni nel perseguitare
gli anarchici, mentre la polizia e parte
della magistratura deviavano ogni
inchiesta, con servizi segreti e generali
che brindavano ai crimini più inauditi da
loro programmati e andati a buon fine.
Non possiamo assolutamente
dimenticare questa nostra condizione,
cui spesso abbiamo assistito impotenti e
storditi.
L’anticapitalismo
dell’estrema destra e quello
del MoVimento

BG Ora una sintesi possibile della


nostra condizione è data dal totale
rovesciamento delle certezze che solo
qualche anno fa sembravano inossidabili
e sulle quali si sono esercitati per anni i
nostri «migliori» editorialisti: vittoria
del liberismo e della deregulation
finanziaria, definitivo tramonto del
comunismo. Invece è accaduto che il
sistema capitalista è imploso, ha vinto il
comunismo cinese, che è una sorta di
capitalismo rivisitato in chiave
centralista. È pazzesca questa cosa.
L’unico capitalismo che gode di buona
salute è quello dei cinesi. Pensate se
Mao fosse vivo e vedesse oggi com’è
diventata la sua Cina...
DF Ma Mao sapeva già che le cose
sarebbero andate così. Quando noi
andammo in Cina nel 1974 lui era
ancora vivo, e aveva dichiarato: fra
qualche anno io non ci sarò più, e fra
sette anni nascerà il capitalismo cinese.
Aveva già capito che i suoi successori
sarebbero andati da tutt’altra parte.
BG Con la crisi le ideologie sono
pronte per tornare. Anche il nazismo e il
fascismo non scompaiono mai. Io ne
sento l’odore da lontano e questo è il
momento del loro grande ritorno.
Quando ci sono pesanti crisi
economiche e politiche, la gente
rispolvera le parole d’ordine più facili e
comprensibili, è sempre stato così. Oggi
se uno dice «basta con gli immigrati» ha
un seguito immediato. In Francia c’è Le
Pen, la destra razzista avanza in
Finlandia, e non parliamo dell’Ungheria,
dove al governo c’è la destra
conservatrice e la destra estrema alle
ultime elezioni è diventata il terzo
partito proponendo leggi contro gli
ebrei. Stanno nascendo in Europa delle
destre violentissime che fanno leva sui
sentimenti e sui luoghi comuni più
irrazionali: l’immigrato che arriva e ti
ruba il posto di lavoro oppure «il pane è
nostro e ce lo dividiamo tra noi». La
gente esasperata pensa così.
GC In Grecia c’è Albadorata, che
opera con un doppio registro, uno è
quello aggressivo che si appoggia a una
retorica nazista e antiparlamentare,
l’altro invece è di tipo patriottico,
sociale, demagogico.
BG Sì, sono le solite leve. Questo è
un momento pericoloso, andiamo verso
il disordine sociale, non perché saremo
tutti più poveri o perché dovremo
diminuire i consumi e cambiare stile di
vita ma perché in questo cambiamento si
inseriranno forze antidemocratiche e
liberticide. Non bisogna lasciare
possibili spiragli a queste forze. Molti
nostri avversari non capiscono che il
MoVimento 5 Stelle è un argine
democratico contro questi gruppi, se non
ci fossimo noi avrebbero senz’altro più
spazio.
Riguardo all’euro e all’uso del
denaro fanno discorsi che possono
essere interessanti, ma diventano
pericolosi se utilizzati con eccessiva
superficialità. Loro dicono: la moneta è
nostra, la banca non può prestarci
qualcosa che è già nostro. Noi diamo
valore a un pezzo di carta che non ha un
valore intrinseco, sopra c’è scritto 100
solo per convenzione, la proprietà di
quella carta è nostra, se è così lo Stato
deve stampare una certa quantità di
denaro e darcela per vivere, è lo Stato
che deve gestirne la circolazione. Se ce
n’è troppa la toglie e la brucia, se ce n’è
poca la stampa e la mette in
circolazione. Sono discorsi per certi
aspetti visceralmente condivisibili.
DF Be’, questa è una vecchia pippa
della destra...
BG In effetti c’è un vuoto giuridico
sulla reale proprietà del denaro.
Stampato da privati, è dato a debito a te.
Gli estremisti di destra dicono: noi
vogliamo la parità aurea, cioè le banche
devono stampare moneta per quanto oro
hanno nelle casse, la nostra sovranità è
garantita da una moneta di Stato, dalla
Banca d’Italia. Anche le banche
musulmane hanno un sistema di questo
tipo e guarda caso non hanno subito la
crisi finanziaria che ha devastato le
economie occidentali. Esse non
applicano interessi, non comprano
derivati, non entrano nella finanza
speculativa. La Malesia ha una crescita
del 6-7 per cento all’anno perché non si
è mai indebitata col Fondo monetario e
col Wto, chi ha rifiutato i prestiti si è
salvato.

Signoraggio bancario e
referendum sull’euro

DF Ho il sospetto che la stiate


facendo troppo semplice.
BG Sì, è semplice, più semplice di
quanto si possa pensare. La banca
stampa dei pezzi di carta e ci scrive
sopra 100, ma in realtà il loro valore
intrinseco è inferiore, la differenza è ciò
che si chiama «aggio». Alla banca quel
pezzo di carta costa X, ma lo dà a te in
prestito per un valore superiore. Tu sei
costretto a indebitarti per averlo, ma
perché devi pagare un sovrapprezzo? Se
la moneta è mia, che sono un cittadino
italiano, non me la puoi prestare e farmi
indebitare, quello che posso fare è
pagare il vero valore di quella carta.
Quando si va in deflazione lo Stato
stampa moneta e la immette sul mercato,
quando prevale l’inflazione, invece, ne
diminuisce la produzione. Da ricordare
il caso dell’isola di Guernsey, nel
Canale della Manica, ora diventata un
paradiso fiscale: nell’Ottocento, a un
certo punto, ci fu la necessità di creare
un nuovo mercato, così lo Stato inglese
riceveva le sterline che aveva dato in
prestito le distruggeva, quindi non ha
immesso carta in più, ma ha avviato un
mercato in più, creando valore.
Questo bell’esempio fa capire che
potrebbe esserci un’alternativa al
sistema attuale, che invece diamo per
scontato, come se fosse l’unico
possibile. Ed è grave che a fare questi
discorsi siano quelli della destra
estrema. Perché lasciare a loro la critica
anticapitalista? Chi ha posizioni del
genere, come a suo tempo il professor
Giacinto Auriti dell’Università di
Teramo, gode di grande credito presso
la destra estrema. Nessuno, tanto meno a
sinistra, ragiona su questi temi.
GC Intanto va ricordata una
questione fondamentale che spiega in
parte il perché di questo sistema, cioè
che la Banca d’Italia è posseduta da
banche private.
BG Anche la banca centrale
americana, la Federal Reserve, è di
privati, lo è sempre stata, ma è diverso.
Una cosa è affidare la produzione di
denaro a privati, un’altra è se questi
privati possiedono la banca dello Stato,
come succede in Italia. La Banca d’Italia
è proprietà di Monte dei Paschi,
Unicredit, delle maggiori società
assicurative, dell’Inps che ne detiene il
5 per cento.
DF A proposito di Monte dei Paschi
di Siena, cosa mi dici del disastro in cui
si sono trovati coinvolti i partiti, dal Pd
di Bersani a Monti e il suo governo? I
dati sono impressionanti. Il valore dei
derivati che gli istituti bancari hanno in
pancia ha raggiunto la cifra monstre di
7560 miliardi di euro. Adesso sì che
siamo sul baratro. Ecco cosa succede a
quei partiti che esclamano: «Abbiamo
una banca!».
BG È tutto da ripensare, c’è un
intreccio di proprietà e di interessi
inestricabile. Noi vogliamo una banca di
Stato che consenta di non far fallire
l’impresa, che l’aiuti. Lo Stato deve
tornare a essere Stato.
DF Ma una volta le banche erano
per lo più nazionalizzate?
BG Qui stiamo parlando della Banca
d’Italia. La Banca di Svezia è di Stato,
non è di privati. Mentre in Italia lo sport
preferito delle banche è comprare i
nostri titoli pubblici e negare prestiti
alle imprese, affossando così ogni
speranza di sviluppo, in Francia si fa
esattamente il contrario. Il ministro delle
Finanze, Pierre Moscovici, ha
annunciato la creazione di una banca di
investimenti pubblici per finanziare le
piccole e medie imprese. François
Hollande, che in campagna elettorale
aveva affermato che il mondo della
finanza era il vero avversario da battere
e la finanza doveva essere messa al
servizio dell’economia reale, ne sarà
presidente non esecutivo. La nuova
banca potrà erogare 20 miliardi di euro
alle imprese con la possibilità di altri
12 miliardi di crediti garantiti e 10
miliardi per investimenti in equity.
DF Ma ha già fatto questa
operazione?
BG L’ha già fatta. Poi ha messo
un’imposta del 75 per cento per i redditi
superiori al milione di euro. Appena
l’ha comunicato, molti super ricchi
hanno portato i loro capitali all’estero,
l’attore Gérard Depardieu per esempio.
O si fa un regime fiscale europeo,
oppure ci sarà sempre modo, per chi
può, di scegliere il paese più
conveniente dove aprire un conto, in
Belgio, in Lussemburgo, dove l’imposta
è del 13 per cento, mentre altrove è del
48. Da soli non si fa nulla, è necessario
istituire un regime fiscale europeo, una
borsa europea, solo così si può arrivare
a una giustizia fiscale, quella giustizia
sempre invocata ma mai realizzata.
GC Ci dimentichiamo spesso che i
paesi aderenti all’Unione europea sono
27, ma solo 17 di questi hanno come
moneta l’euro. L’euro non è l’Unione
europea, ma si tende per convenienza a
sovrapporli per convincerci che la Ue e
l’euro sono la stessa cosa.
BG La Polonia non ha l’euro e non
rischia nessun default. La Grecia, la
Spagna, il Portogallo, l’Italia con l’euro
invece sì. Se l’anno scorso l’Italia di
Berlusconi fosse fallita, con un debito di
1900 miliardi, di cui metà circa (almeno
900 miliardi) in mani straniere, allora
Germania e Francia, le nostre maggiori
creditrici, sarebbero fallite insieme a
noi, portandosi dietro tutta l’Europa.
Così ecco arrivare Monti, praticamente
un curatore fallimentare, che ha il
compito di far recuperare a quelle
nazioni almeno una parte dei soldi
impegnati in Italia, con la garanzia di
costruire sette centrali nucleari,
privatizzare l’acqua, l’elettricità, i
rifiuti, di spossessarci della nostra
sovranità. Se io posseggo il tuo debito,
tu diventi mio schiavo, ti posso dettare
le mie condizioni.
Poi arriva Fukushima, il nucleare
non si fa più, il referendum sull’acqua
non permette l’avvio della
privatizzazione verso la multinazionale
francese Veolia, e così la Francia, con
un’esposizione di circa 400 miliardi di
Bot e Cct ormai deprezzati del 30-40
per cento, consente, d’accordo con la
Germania, che Mario Draghi eroghi
prestiti alle banche europee all’inizio
del 2012 per almeno 1000 miliardi,
finanziati ovviamente dai governi
europei.
Centinaia di miliardi arrivano così
dalla Bce alle nostre banche con un
interesse dell’uno per cento, le banche li
usano solo per comprare titoli di nuova
emissione e ricomprare i titoli dalle
banche tedesche e francesi in modo da
fermare o ridurre le speculazioni
sull’Italia. Non un euro viene più
prestato alle imprese che sono in
asfissia di liquidità. La sola cosa
importante per la Francia e la Germania
è non perdere quanto investito, gli
italiani in pratica si stanno dissanguando
per ricomprare il loro debito.
Quando Francia e Germania avranno
ripreso la maggior parte del credito
maturato (in poco più di un anno hanno
già recuperato il 35 per cento del
totale), si disinteresseranno di noi e non
ci sarà più la minaccia dello spread.
Intanto diventeremo sempre più poveri e
meno competitivi.
DF Questa è la ragione per cui
Monti è molto rispettato all’estero.
BG Certo, perché dà fiducia ai nostri
creditori. Quando si è insediato ha
affermato che il nostro problema è
l’enorme debito pubblico, con lui è
arrivato a 2000 miliardi, in un anno ha
accumulato altri 100 miliardi di debito
su cui pagheremo nuovi interessi, belin.
Possiamo fare tutte le manovre del
mondo, ma non abbiamo speranza se non
riduciamo il debito e congeliamo gli
interessi. Nel 2013 pagheremo circa 90
miliardi di interessi sul debito, le nostre
tasse vanno a finire nelle banche. E ogni
anno sarà peggio, è una spirale che non
si può arrestare con le logiche attuali di
aumento della fiscalità.
GC Questo è ciò che pensiamo, poi
ci sono alcuni economisti che prevedono
qualcos’altro e sostengono che diciamo
sciocchezze. Però tre anni fa scrivemmo
un post in cui anticipammo la crisi
economica con precisione, insieme alla
caduta di Berlusconi, persino il mese e
l’anno. L’unica cosa che non abbiamo
previsto esattamente era Monti, però era
uno dei nostri papabili, o Monti o
Draghi, poi Draghi è andato alla Bce.
BG Ora tutti insistono a dire che
voglio uscire dall’euro, che sono un
pazzo furioso, che metto a rischio la
tenuta del paese. Io ho solo detto:
vogliamo essere informati su un piano B
di uscita dall’euro, cosa succede se
rimaniamo o se usciamo?
L’informazione ci è dovuta, poi se
uscire o no dall’euro lo determinerà il
popolo italiano con un referendum, non
Grillo o un coglione che sta a Manhattan
a giocare con le triple A. Su questi
problemi così importanti si indice un
referendum e per farlo si garantisce
un’informazione adeguata e libera.
Vogliamo essere trattati come un popolo
adulto non come bambini cui si
nasconde la realtà. Altrimenti cos’è la
democrazia? Non possiamo far decidere
del nostro futuro a quattro funzionari che
stanno chiusi in una stanza e non si
confrontano con la realtà. Lo stesso
ingresso nell’euro doveva essere deciso
da un referendum, in fondo si trattava
della cessione della nostra sovranità
monetaria.

Il punto di non ritorno

DF Che cosa si può fare di fronte a


questa situazione? Quali strumenti
abbiamo per contrastare una deriva
così?
BG Il Belgio è stato senza governo
per due anni e nessuno se ne è accorto,
ha persino migliorato la sua economia.
Cosa pensate che succeda senza questa
kermesse di ipocriti leccaculo in
televisione, pensate che cambi
qualcosa? È successo di tutto e loro
continuano a essere invitati nei talk
show, è la tv dei loro impiegati che li
tiene in vita, ma sono morti viventi.
DF Hai appena letto Le anime morte
di Gogol’?
BG Non farmi confondere, quello è
un altro tema. Tornando a noi, anche le
ultime primarie, fatte in fretta e più per
motivi promozionali che per reale spinta
innovatrice, confermano quanto i vecchi
politici non vogliano lasciare le loro
poltrone. Per non parlare di Monti, di
cui abbiamo appena ricordato il motivo
dell’ascesa, e che è sostenuto dai soliti
poteri e dalla Chiesa. Un cambiamento
reale è quindi molto difficile.
In questo contesto il MoVimento 5
Stelle si conferma come l’unica uscita
possibile. Del resto cosa ci propongono
i partiti per dimostrare senso
democratico? I listini con dentro i nomi
degli intoccabili della nomenklatura
sembrano un’Arca di Noè per le razze
politiche in via d’estinzione. Il grido
degli organi demandati alla selezione
dei candidabili è: salviamo onorevoli
che stanno alla settima, ottava
legislatura e buttiamo a mare solo i
naufraghi di poco conto, ma per carità,
non scaricate i condannati definitivi o
sotto processo, specie se provenienti
dalla mafia, o gli amici degli amici di
quella santa organizzazione.
DF Ogni giorno si scoprono
ladrerie, truffe, dirigenti che si intascano
denaro a milioni. Ecco, sapete cosa vi
dico? Che a mio avviso non c’è neanche
da sbattersi tanto per contrastare questa
marea di puzzoni, basta star fermi e
notare quel che succede, e soprattutto
non reagire alle provocazioni e agli
insulti che continuano a spararvi fra le
gambe di continuo. Fate più paura in
silenzio che quando vi muovete
indignati. Una discesa in mezzo alla
gente ogni tanto e sono sicuro che potete
arrivare a una percentuale già molto
significativa, i sondaggi salgono e
scendono, siamo in transito nel caos...
BG Io credo che se il presidente del
Senato Schifani si è lasciato scappare
che bisogna fare una nuova legge
elettorale per bloccare il MoVimento 5
Stelle, altrimenti va all’80 per cento,
vuol dire che ci temono davvero e che
hanno stime diverse dalle nostre. Può
succedere di tutto, anche qualcosa di
veramente clamoroso con l’entrata in
parlamento di 80-100 nostri
rappresentanti.
DF Ma la sinistra non può mettersi
con la destra contro di voi, sarebbe
osceno.
GC Scusa, ma pensi che ci sia
qualche partito fra quelli tradizionali
che si faccia scrupolo a inventarsi
balletti con giravolte del genere? Vuoi
la mia previsione? Se il M5S avrà una
forte rappresentanza, Pd, Pdl, Sel, Udc,
forse Ingroia, daranno vita a un
governissimo, come è avvenuto per il
sostegno a Monti, non cambierà nulla.
DF Perché la sinistra deve fare il
governissimo?
GC Per il semplice motivo che non
avranno i numeri per governare da soli.
DF Ma gli basta anche il 35 per
cento...
GC Alla Camera... Ma bisogna
disporre della maggioranza in Senato
per governare, e in Senato la
maggioranza nella prossima legislatura
probabilmente non l’avrà nessuno.
DF Tutto è possibile, anche se i
partiti e i media sono contro di voi.
Troveranno il modo di usare sondaggi
con previsioni elastiche per cercare di
ridimensionare la vostra forza e il
vostro impatto. Comunque oggi, coi
tempi che corrono, sembra molto
difficile fare opposizione...
GC Chi ha fatto oggi opposizione al
governo Monti, fosse anche solo di
facciata, sono stati la Lega e l’Idv, e tutti
e due, guarda caso, sono stati eliminati
politicamente. I problemi emersi per la
Lega e per Di Pietro io credo che li
abbiano anche altri partiti, forse in
misura maggiore. Anche questo lo
avevamo previsto un anno fa. Avevamo
scritto: chi fa opposizione al governo
Monti sarà fatto fuori. Difatti, dal punto
di vista mediatico, sono stati bastonati
solo gli oppositori, chi non ci stava. È in
atto un nuovo trasformismo in cui i
partiti non vincono più, vince la
persona: Doria a Genova, Pisapia a
Milano, Orlando a Palermo, ma alla fine
vincono i partiti che li sostengono dietro
le quinte. È il trasformismo delle foglie
di fico... Dietro Ingroia ci sono i Verdi,
il Prc, l’Idv, la vecchia Sinistra
arcobaleno... Tutto cambia perché nulla
cambi.
BG I partiti sono fuori dalla Storia.
DF Certo, le loro strutture non hanno
più credibilità.
GC Purtroppo esiste ancora una forte
inerzia. Molte persone temono il
cambiamento. Se sei un pensionato o un
dipendente pubblico, speri che
comunque i partiti siano una garanzia, un
riferimento, che permettano continuità al
tuo tenore di vita. Se voti MoVimento 5
Stelle non sai come va a finire, hai paura
di perdere lo stipendio, parte della
pensione. Un salto nel buio. Mi riferisco
a un bacino molto ampio di elettori, i
pensionati sono circa 19 milioni e ci
sono più o meno 4 milioni tra dipendenti
pubblici e parapubblici a cui ogni mese
lo Stato deve corrispondere pensioni e
stipendi. Queste persone vedono ogni
cambiamento come un possibile
pericolo. Non si accorgono che così
facendo finiamo come l’Argentina, loro
per primi.
DF Le fabbriche che chiudono, la
disoccupazione che aumenta: non
pensate che questa situazione possa
determinare una scossa in tutta la
politica?
GC No, secondo me salterà per aria
il banco quando il governo non potrà più
permettersi di pagare questi 23 milioni
di persone.
BG A quel punto è troppo tardi...
GC Oggi il bilancio dello Stato si
regge in parte sul continuo aumento del
debito pubblico, su cui corrispondiamo
nuovi interessi ogni anno, e in parte su
una pressione fiscale disumana, la più
alta d’Europa: in entrambi i casi la
corda è destinata a spezzarsi.
DF È ancora possibile evitare
questo crac? Fermare questo circolo
vizioso? Negli anni scorsi avevamo
forse più risorse, un Pil che aumentava,
ora non ci sono più i soldi.
BG L’unica soluzione sembra essere
la svendita del patrimonio pubblico.
DF A chi? All’estero?
GC L’Italia ha una tra le più grandi
riserve d’oro del mondo.
BG Sì, sono 2500 tonnellate a 1600
euro all’oncia.
DF Siamo arrivati come alla fine
dell’Impero romano: allora, e con una
velocità incredibile, crollavano miti,
crollavano imperi, e ne subentrava un
altro per poi sfasciarsi inesorabilmente.
I barbari spuntavano dappertutto, dalle
Alpi e dal mare.
GC C’è una differenza, i barbari
oggi non sono alla frontiera, sono qua.
DF Ma i barbari a un certo punto
hanno salvato l’Impero romano. Grazie a
loro, l’Impero è durato ancora cinque
secoli.
GC Sì, in realtà l’Impero romano è
durato anche di più, fino al XV secolo,
quando sono caduti Costantinopoli
(1453) e l’Impero d’Oriente.
DF Tu dici che non ci sarà un moto,
cioè che non ci sarà un’esplosione?
GC Sì, ci sarà quando finiranno i
soldi per pagare chi dipende dallo Stato,
allora comincerà l’assalto ai forni.
Penso a disordini sociali e forse alla
stessa messa in discussione dell’Unità
d’Italia. Prima si cambierà il Sistema,
prima i responsabili si faranno da parte,
più possibilità ci saranno per contenere
lo sfascio e ripartire con un paese unito.
Comunque è possibile che ci aspetti un
tipping point, un punto di non ritorno
dagli esiti imprevedibili.

«Sì, ma il programma?»

DF Il problema è la progressione, la
combinazione degli eventi. Voi non
pensate che potremmo esserne tutti
coinvolti? E se sì, come si realizzerà?
BG Il processo è veloce, molto
veloce, dipende anche dal grado di
carica distruttiva adottata nei miei
confronti e nei confronti del MoVimento.
Sì, perché adesso siamo rimasti noi e
basta. Di Pietro non è più un problema,
la Lega non è più un problema, adesso
attaccano me, la mia famiglia, mia
moglie, i miei figli. Ma noi abbiamo la
rete, abbiamo il blog, ci difendiamo
bene. Vogliono dimostrare che io e
Casaleggio siamo pazzi o corrotti e che
invece il MoVimento è a posto. Quindi,
tolti dai coglioni noi due, il MoVimento
è salvo. Questa è la strategia.
DF Durante alcuni incontri pubblici
mi è capitato di parlare con molta gente
che, dopo il successo inaspettato delle
elezioni in Sicilia, mi chiedeva come
procederà il MoVimento e se i conflitti
interni che ogni tanto lo scuotono
saranno un danno per la sua crescita o
verranno col tempo assorbiti. Ho
risposto che i media, i partiti e
soprattutto la televisione hanno usato
quegli incidenti trasformandoli in un
tormentone e facendoli passare per una
specie di tsunami, che però si svuoterà
in un batter d’occhio: infatti la polemica
prenatalizia sui «dissidenti» sembra
essere di colpo svanita, ma –
aggiungevo – «vedrai che fra poco
troveranno modo di provocare altre
polemiche perché Grillo per questa
classe politica è diventato un tormento,
un’angoscia, un vero, vasto clima di
terrore». Spesso per attaccare Grillo
molti dicono che il MoVimento non ha
un programma, che è solo opposizione.
Hanno un bel coraggio, intanto il
programma c’è e basta andarlo a leggere
e poi voi avete visto un programma
scritto degli altri partiti?
GC Siamo l’Amanita phalloides dei
partiti.
DF Avete però acquisito una
credibilità nonostante le avversità e le
opposizioni. L’importante è che
continuiate a essere creativi: la fantasia,
che altri non hanno, è la vostra arma
migliore. Lo ha dimostrato Grillo con la
traversata a nuoto dello Stretto e con
altre iniziative sul territorio.
BG Sai che se spiego un punto del
programma del MoVimento succede
quasi sempre che l’interlocutore, un
giornalista televisivo o della carta
stampata, mi guardi un po’ e mi chieda
subito dopo: «Sì, ma il programma?».
Tu gli rispondi: «Be’, si tratta di dare
degli strumenti ai cittadini, inserire nella
Costituzione il referendum propositivo
senza quorum, l’obbligo del parlamento
di discutere le leggi popolari».
Risposta: «Ok, questo lo avete detto, ma
dimmi il programma». Allora io
continuo: «Bisognerebbe riformare la
Borsa, eliminare le cariche multiple,
smontare il meccanismo delle scatole
cinesi...». Sguardo fisso: «Sì, questo va
bene, ma il programma?». Allora gli
parlo della crisi finanziaria, del taglio
delle province, dei contributi elettorali,
dei finanziamenti ai giornali... Replica:
«Va bene, ma dimmi cosa fai per
rilanciare il lavoro». «Passare dal
petrolio alle rinnovabili per creare posti
anche nell’edilizia ora bloccata e nella
gestione del territorio che causa milioni
di danni ogni anno.
Contemporaneamente detassare gli
investimenti per le piccole e medie
imprese...». Niente da fare. Gli puoi
parlare ore ma il tormentone è sempre lo
stesso: «Non avete un programma,
volete solo distruggere». A cosa serve
parlare con certe teste autosvuotate?
GC Proteste e non proposte. È un
mantra che ci buttano addosso, proprio
loro che non hanno mai attuato un
programma, questo nel raro caso in cui
ne abbiano avuto davvero uno...
BG È incredibile. Tutti i miei
spettacoli erano un programma: come
fare un motore, come fare una casa,
come trasportare l’energia, come
riutilizzare i rifiuti. Io faccio politica da
vent’anni parlando di cose reali, di
economia, di lavoro e di innovazione.
DF Nei tuoi spettacoli tu davi alla
gente una speranza, non lirica ma reale,
anche se magari la insultavi, la spronavi,
la stuzzicavi. O cazzo, un po’ di
speranza!
BG Non possono venire da me a dire
che cercano il dialogo e che io non lo
voglio. Loro il dialogo non sanno
nemmeno cosa sia. Il dialogo
presuppone un rapporto alla pari, se no
che dialogo è?
DF Infatti lo chiameresti dialogo, tu,
l’incontro fra gli operai della Fiat di
Mirafiori e Melfi con Marchionne che
punta il bazooka sugli operai che
sventolano la lettera di licenziamento in
massa?
BG Quando abbiamo fatto il V-Day
nel 2007 le nostre proposte quali erano?
Fuori i condannati dal parlamento,
permanenza per solo due legislature e
introduzione del voto di preferenza... la
sinistra non poteva farle proprie? Mi
sembra sia di sinistra togliere i
condannati dal parlamento. L’acqua
pubblica non è di sinistra? Io mi sono
iscritto al Pd ad Arzachena perché
secondo lo Statuto se non si era iscritti
al partito non si poteva partecipare al
Congresso. Io invece volevo partecipare
per dire: «Guardate, noi abbiamo queste
idee, prendetevele voi, giovani del Pd».
Volevo andare lì, ma non me l’hanno
permesso. Dicevano che io
rappresentavo un movimento ostile al Pd
perché ero contro il nucleare, volevo
eliminare i parlamentari corrotti dal
parlamento: loro prima fingono di
toglierli e poi, oplà!, come un gioco di
prestigio, rieccoli di nuovo in lista!
Sono stati stupidi, come è stato
stupido Craxi quando ho fatto in tv una
battuta banalissima sui socialisti ladri e
lui si è incazzato attaccandomi in un tg
della sera: «Come si permette, questo
comico, di attaccare i socialisti?!», così
mi ha trasformato in un’icona della
Resistenza, se invece avesse detto
semplicemente che ero stato un po’
esagerato ma facevo comunque ridere,
mi avrebbe ammazzato, togliendo
qualsiasi interesse alla mia battuta. Io
sono stato mandato via dalla Rai per una
battuta che mai più avrei pensato
potesse suscitare tanto clamore...
In quei giorni c’era il primo
referendum contro il nucleare, allora io
parlai di Caorso, della centrale. Mi
avevano intimato di non farlo ma era più
forte di me. Così ricordai tutti gli
incidenti di Caorso, poi, mentre facevo
la battuta sui socialisti, vedo il direttore
di studio che prende la cuffia, la butta
per terra e se ne va, con la gente che
osservava; Pippo Baudo, anche lui, se
ne va, i tecnici se ne vanno, il pubblico
non ride perché capisce che è successo
qualcosa. Io non mi rendevo conto, ero
rimasto un po’ confuso, perché vedevo
la gente spaventata e molto imbarazzo
tutt’intorno. Ho pensato: «Cazzo, il
nucleare: è scoppiato un casino con il
nucleare». Ero convinto di aver
esagerato, condizionando l’esito del
referendum. Esco dallo studio, rimango
da solo, vado in albergo, entro e il
portiere mi abbraccia e mi dice:
«Finalmente glielo hai detto, bravo!».
«Ho detto cosa?» «Che i socialisti
rubano!»
Dopodiché, alle sette del mattino,
Marangoni, il mio impresario, mi
chiama e mi dice: «Questo è il numero
della casa di Craxi, chiamalo, chiamalo,
chiedi scusa». «Ma sei scemo? Chiedo
scusa per una battuta... ma mi rovino se
chiedo scusa. Ma andate a fare in culo
tutti» e sono partito con una tedesca per
Cervinia. Telefonate, giornalisti, casini,
la copertina de «l’Espresso», a
dimostrazione del fatto che tutto questo
casino non l’avevo provocato io, ma la
stupidità di Craxi, che in
quell’occasione non aveva capito nulla
di come funziona la comunicazione. È
stata più forte in lui l’esigenza di
confermarsi uomo di potere che voleva
schiacciare chi aveva osato attaccarlo
solo con le armi della satira. Questo è il
potere. Dopo qualche anno Craxi veniva
sommerso di monetine.
DF Poi non sei più andato in tv?
BG Da lì mi hanno chiuso un po’ le
porte, però poi sono rientrato con lo
spot per lo yogurt Yomo e
successivamente ho proposto all’allora
presidente della Rai, Letizia Moratti, un
mio spettacolo gratis.
DF Ah sì, e cosa è successo?
BG Niente da fare, la Moratti non mi
ha voluto. Poi arriva il presidente della
Bocconi a fare il presidente della Rai,
Claudio Dematté. Lui non sapeva nulla
di televisione, però era una persona
perbene. Mi dice: «Vorrei farle fare un
po’ di televisione». Mi dà due puntate in
diretta, due ore. Ci mettiamo d’accordo
con l’ufficio contratti e io chiarisco la
mia proposta: «Guardate, io non voglio
niente perché ho già fatto la tournée, ho
già guadagnato, questi sono soldi
pubblici, non li voglio. Mi date lo
spazio e non ho bisogno di scenografia,
mi bastano un tavolino, una sedia, e io
sono a posto». «Non si può»
rispondono. Mi chiama l’ufficio legale:
«Lei è pazzo perché deve prendere
almeno 250 milioni di lire a puntata. Di
meno non possiamo». «Perché?»
«Perché sennò ci sarebbe una tentata
evasione fiscale. Noi dobbiamo darle
250 milioni, la metta come vuole, noi
non possiamo spostarci da questa cifra.»
Un vero dramma dell’assurdo. Nella
trattativa tutto avveniva al contrario:
«Guardi, io posso arrivare a 5 milioni!».
«No, non ne parliamo nemmeno...
facciamo 245 ma di lì non ci
spostiamo.»
DF Ma cos’è? Una farsa del teatro
dell’assurdo?!
BG Be’, quasi! Alla fine, per non
prendere i soldi che cosa abbiamo
inventato? Il Delle Vittorie, il teatro
della Rai, l’ho affittato io privatamente,
ho fatto pagare alle persone un biglietto
d’ingresso, qualcosa come 50.000 lire,
per 200 posti, mi hanno pagato, ho fatto
due serate, ho realizzato 17 milioni di
ascolto, il tutto non gli è costato una lira,
e io ho preso i soldi dai biglietti delle
persone, che era un pubblico vero. La
trattativa al contrario è stata strepitosa...
Tutto questo per dire che già allora era
chiaro che la mia direzione era un’altra,
stavo andando verso il pubblico e la tv
non mi interessava più.
Basta un’idea per
rinnovarsi

DF Fondamentale è la capacità di
rinnovarsi, di cambiare, di provare a
immaginare un altro da sé. Questo in tutti
i campi, non solo nel nostro, ma anche in
quello industriale e, abbiamo visto, in
quello politico.
BG Per parlare dell’industria, un
caso clamoroso di mancato
rinnovamento è quello della Fiat, ne
abbiamo già accennato. Vi racconto un
episodio che forse può aiutare a capire.
Nel 2000 mi sono presentato a Torino
con due ingegneri tedeschi per far
vedere un modello innovativo di auto. Si
chiamava Smile, era un’elaborazione di
una Renault Twingo, con un motore di
80 chili, in alluminio, biturbo, con un Cx
modificato. Questi tre elementi
consentivano un risparmio notevole di
carburante perché l’auto riusciva a
percorrere 100 chilometri con un litro e
mezzo anziché cinque. Forte
dell’esperimento e con l’appoggio degli
ingegneri, sono andato dai sindacati per
spiegargli che l’innovazione avrebbe
potuto essere decisiva negli anni a
venire, considerato il costante aumento
del prezzo del petrolio.
La reazione è stata gelida, mi hanno
mandato via (c’è il filmato, andate a
vedere cosa dicono i sindacati). Ho
detto: «Se voi non fate una macchina
così, fra dieci anni chiudete». Hanno
chiuso, ma lo sapeva anche un bambino
che se non si investiva allora sull’auto
del futuro, il futuro se lo sarebbero
conquistato gli altri. A cominciare dai
giapponesi.
Eppure noi avevamo tecnici capaci,
che erano all’avanguardia nella ricerca
sui motori ad alto rendimento. La Fiat
avrebbe potuto fare auto a idrogeno e
bifuel già parecchi anni fa, invece ha
seguito l’unica strada del diesel perché
così voleva il mercato, le industrie
automobilistiche e i petrolieri. Al centro
di Orbassano gli ingegneri della Fiat
avevano inventato tutto, dal bifuel
all’ibrido, alla telecamera per la nebbia,
il famoso strumento che consente di
guidare in condizioni di visibilità
ritenute normalmente pericolose.
DF Ma anche tu cosa pretendi!? Il
salvavista per la foschia? Se vai con una
vettura in mezzo alla nebbia, che gusto
c’è se non rischi di andare fuori strada o
scontrarti con un tir?
BG E pensa che anche il sistema
stop and go con lo spegnimento
automatico del motore ogni volta che la
macchina si ferma è stato inventato a
Torino. Pensate che era stato montato
sull’Argenta, un’auto degli anni Ottanta.
Romiti, con straordinaria lungimiranza,
ha buttato tutto all’aria e ha preferito
investire nella finanza e diversificare. I
ricercatori sono stati buttati fuori e la
Fiat è quella che vedete adesso.
DF Per arrivare ai giorni nostri il
fatto che il Comune di Torino abbia
accettato il ricatto di Marchionne è
grave e si pone su questa lunga parabola
discendente e inarrestabile che ha
portato il centro nevralgico della più
importante industria automobilistica
italiana negli Stati Uniti. Con la
complicità del Pd e di gran parte dei
sindacati.
BG Certo, riconvertire un’industria
non è mica facile. Due casi come
esempio: Kodak e Fuji, multinazionali
della pellicola, le prime nel mondo, una
americana, la Kodak, e l’altra
giapponese. Arriva il digitale, la Kodak
non riesce a riconvertirsi, fallisce e
chiude, fine. La Fuji si riorganizza, non
licenzia nessuno e sfruttando il know
how sugli acidi per la lavorazione della
pellicola diventa la prima azienda al
mondo di cosmetici, cioè vende creme.
È bastata un’idea, ma di esempi ce ne
sono molti. Interface, la prima azienda
di moquette del mondo, è stata anch’essa
ripensata da un nuovo manager che ha
lanciato un tipo di moquette fatta non più
con derivati del petrolio ma con il mais,
e da vendere non più a metri quadrati,
ma a passi, perché negli uffici la
moquette viene consumata in modo
diverso a seconda degli ambienti. Inutile
cambiarla tutta, basta sostituire quella
dei corridoi, più calpestata.
Risultato: più dipendenti, più
guadagno, più risparmio nella
lavorazione e meno rifiuti. Lo stesso
discorso vale per il riscaldamento, una
volta le caldaie che non funzionavano
più si buttavano via, ora i pezzi si
riutilizzano e in discarica ci va solo un
terzo del totale. Il principio quindi non è
vendere una cosa, ma il servizio, la
funzione.
GC Il tema della riconversione oggi
è decisivo. Io ho fatto molti incontri con
i dirigenti nelle aziende che ho gestito
per spiegare i motivi per cui le aziende
sopravvivono. È interessante notare che
l’esistenza media di un’azienda nel
mondo è di 23 anni. Le aziende che
superano il secolo sono molto poche,
sono aziende mutanti, cambiano
caratteristiche per poter sopravvivere
quando cambia la società, le condizioni
esterne, il mercato. È inevitabile. In
Italia per le aziende sotto i tre anni la
mortalità è altissima. Il sistema le
uccide in culla. Lo Stato non fa nulla per
favorirle, quindi muoiono. È un
aziendicidio.

Mettersi in gioco

DF Tu, Casaleggio, dici che ci sono


delle industrie che resistono tanto tempo
e delle altre che durano pochi anni e
franano. In tutti i lavori è importante il
contributo all’innovazione che porti. Io e
Grillo facciamo, più o meno, lo stesso
mestiere, lui ha adoperato una tecnica di
presentazione all’inizio del suo lavoro,
poi ha cambiato il modo di arrivare al
pubblico, è andato via dalla televisione
dove lo avrebbero anche tenuto, non lo
hanno cacciato, gli hanno fatto qualche
casino, ma sarebbe potuto rientrare se
solo avesse voluto, perché le sue
caratteristiche sono uniche: è uno che ha
delle grosse chance. E invece che cosa
ha fatto? Ha cambiato sistema e si è
rivolto direttamente alla gente
incontrandola negli spazi pubblici dei
paesi e delle città e ottenendo un
successo incredibile. Ha occupato
hangar enormi per parlare di politica,
ridendo, scherzando, sfottendo gli
uomini di potere. Io posso dire di aver
fatto qualcosa di simile, cambiando il
modo di fare spettacolo, il luogo,
presentando uno spettacolo alternativo,
uscendo dalla televisione, rientrandovi.
Sono andato a fare gli spettacoli negli
hangar anch’io. Per questo continuiamo
a durare, ciascuno in forme diverse.
GC Siete due aziende di successo.
DF Noi dobbiamo pensare che la
gente ha bisogno di vedere realizzato
qualcosa. La cosa che umilia e mortifica
maggiormente la gente è accorgersi di
essere presa per il culo, come ha fatto
Berlusconi. Noi dobbiamo soprattutto
ascoltare con attenzione che cosa vuole
la gente. E Grillo fa bene ad andare in
giro per l’Italia a parlare e a
confrontarsi saltando le mediazioni dei
giornali e delle tv. Solo così ci si mette
in gioco veramente.
BG Mettersi in gioco e cambiare
vuol dire anticipare. Dobbiamo
anticipare quello che arriva, se non
anticipi più e sei cronaca è finito il
nostro lavoro.
DF Naturalmente quelli che stanno
sempre al tavolino col televisore, quelli
non se ne accorgono, ed è per questo che
con disperazione chiedono: «Che cosa
pensa di Grillo?». Hanno il tremore
nella voce.
BG La curiosità è la nostra molla, tu
sei curioso, ti piace andare a vedere se
c’è una persona strana anche io vado a
vederla, è la curiosità che mi ha spinto a
conoscere Casaleggio. Ho girato il
mondo per vedere come si progetta il
futuro.
DF Noi abbiamo sempre fatto altre
cose. Io a un certo punto ho ripreso a
fare il pittore e ho dipinto l’iradiddio
perché volevo uscire dalla routine. Tu lo
stesso, a un certo punto hai sentito il
bisogno di agire in spazi diversi. Ma
non è solo curiosità, è perché senti che
gli strumenti che stai usando stanno
invecchiando e devi rinnovarti, non puoi
ripeterti. La gente si stanca facilmente di
noi artisti, ha bisogno di cose che la
emozionino, perché quello che vede
intorno è triste, banale, manca di
effervescenza, di intelligenza. Forse
bisognerebbe immaginare il futuro e
nello stesso tempo stare nel presente,
essere reattivi, pronti.
Se guardiamo alla Rivoluzione
francese, ci accorgiamo che i tempi e gli
accadimenti di quel periodo non erano
stati previsti nel momento in cui era
scoppiata la rivolta. C’era un’idealità
proiettata nel futuro, poi è subentrato il
problema di chi dovesse gestire il
potere e come, di chi determinasse il
programma e la sua applicazione; e si è
cominciato a discutere e disputare con
una bella ghigliottina pronta sul tavolo...
È successo che la cronaca, in quel
presente, abbia vinto sul disegno futuro
e si è sfasciato tutto. Non bastava aver
fatto fuori il re...
BG Però una visione ce l’avevano:
Liberté, Égalité, Fraternité... tre concetti
sacrosanti, no?!
DF Ma dopo cinque anni di
rivoluzione ritorna di nuovo il re. Come
mai?
GC E Luigi XVI rispetto a
Napoleone era democratico...
BG Certo.
GC Napoleone si è proclamato
imperatore, ha fatto andare il papa a
benedirlo, più di così?! E si è
imparentato con l’imperatore d’Austria,
quindi è evidente che non c’era scampo
a quel processo di neutralizzazione della
Rivoluzione francese, da proletaria è
diventata imperialista.
BG I tre concetti fondamentali
ricordati prima sono però rimasti nel
tempo e sono a fondamento della civiltà
occidentale. Accanto a essi metterei
anche la sussidiarietà, e mi rifaccio al
nostro frate di prima. Non parlo di
Comunione e liberazione. La
sussidiarietà vuol dire che quando un
sistema «più basso» ha la possibilità di
svilupparsi e di migliorare, il sistema
che è «in alto» ha il dovere di aiutarlo.
Noi, come M5S, siamo in mezzo a due
sistemi: lo Stato fallito e i cittadini. Lo
Stato dovrebbe aiutare i movimenti che
sono in mezzo a crescere, a migliorare,
non dovrebbe emarginarli e averne
paura. Capite che cambio di prospettiva
sarebbe se il nostro Stato avesse questa
lungimiranza?

La guerra in atto

BG È un sistema da cambiare... nello


stesso modo in cui si dovrebbero
rinnovare le fonti di energia.
GC Per cambiare sistema bisogna
cambiare le persone.
BG E come cambi le persone in
tempo di pace? Ci vogliono le
rivoluzioni, si spera pacifiche.
DF Ma in verità ora c’è già una
guerra in atto.
BG E di questo la gente non si
accorge perché è nel mezzo del
cambiamento. Non se ne accorge! E non
può pretendere di avere la soluzione
pronta all’uso, ognuno deve trovarne
una, metterci del suo. Il programma del
MoVimento? Ve lo andate a cercare e
provate voi a fare una critica e delle
proposte migliorative. Io non ve lo
spiego più! Non è giusto limitarsi a
spiegare le cose,difficilmente si
convince. È meglio che chi ne ha voglia
si appropri da solo del sapere
necessario alla sua formazione e faccia
le sue scelte. Nessun programma
imposto ha mai condizionato il voto. Il
cambiamento dev’essere nella testa di
ciascuno.
GC Il cambiamento di sistema
condiziona il voto. Nel ’48 vinse la
Democrazia cristiana non per il
programma, ma perché votarla
significava scegliere un campo preciso.
BG Belin, ma allora c’era un paese
in macerie! Noi abbiamo macerie
ammassate in gran numero ma invisibili,
che sono ancora peggiori di quelle della
guerra.
DF Ma la gente vi vota perché ha
capito che voi costituite un luogo dove
si possono trovare informazioni
altrimenti negate. Voi informate su atti,
su fatti, su momenti, su verità
sconosciute o equivocate, ed è questa la
sorpresa. Voi producete contenuti, i
partiti no. Voi siete in grado di
dimostrare che si possono avere dei
dirigenti politici che guadagnano meno
della metà degli altri e che cambiare la
politica è possibile, e che la politica dei
privilegi, dei vitalizi, delle sovvenzioni
sotto banco si può cancellare, non è un
sogno.
BG Lo sapete che in Svizzera i sette
ministri al governo non hanno stipendio?
Si tengono il loro lavoro, fanno gli
ingegneri, gli avvocati, e intanto fanno i
ministri, a intervento gratuito. Ogni
anno, a turno, diventano presidenti della
Federazione.
GC A me non interessa
particolarmente quello che fanno in
Svizzera, in Germania, nel Paraguay.
Sono degli spunti, non la Bibbia. Non
m’interessa il paragone. Le
parlamentarie le abbiamo fatte qui e non
le ha fatte nessun altro nel mondo. Ogni
paese ha la sua specificità, il confronto
con gli altri è sempre un argomento
fragile. Quello che va detto agli italiani
è che riformare la politica si può fare,
anzi lo stiamo già facendo, anche a costo
zero, come dimostra il sindaco di
Parma, che è fuori da qualsiasi gioco
politico.

L’inerzia del sistema

BG Il cambiamento arriva sempre


quando c’è un trauma. Roosevelt ha
detto: «Signori, in ventiquattr’ore non
dovete più produrre automobili, stiamo
entrando in guerra: tu fai cingolati, tu fai
giubbotti antiproiettile, e tu fai navi,
chiudete le produzioni, non si possono
né vendere, né produrre, né
commerciare più automobili» e si
rivolgeva alla Ford, la più grande
azienda degli Stati Uniti. In
ventiquattr’ore ha cambiato un mondo,
ma c’era una guerra. Oggi come fai a
convincere la gente a cambiare così
radicalmente?
DF Scusa, ma dicevamo che la
vostra forza è l’informazione che
riuscite a far arrivare alla gente, non
dimenticate che avete una potenza di
fuoco enorme.
GC Sì, è così. Il MoVimento 5 Stelle
è nato attraverso l’informazione, con il
blog, un’informazione che i mainstream
media avevano oscurato, e che invece la
rete ha diffuso. Per stare sulla cronaca,
ci sono casi eclatanti come quello
dell’istituto di sordomuti di Provolo, a
Verona, dove i bambini, nel silenzio più
assoluto, sono stati oggetto di violenze
sessuali per anni da parte dei preti
responsabili. Abbiamo denunciato la
situazione dopo attente verifiche, la
notizia è stata riportata dal «New York
Times». Esiste un piccolo comitato
locale, formato in parte dagli ex abusati,
che segue questo dramma, lo stesso
comitato che ha scatenato lo scandalo
della pedofilia in Irlanda finito su tutti i
giornali: laggiù la Chiesa non è riuscita
a bloccare l’informazione, ma quello
che è successo a Verona è cento volte
più grave di quanto accaduto in Irlanda.
DF In Irlanda la gente sconvolta per
lo scandalo ha subito reagito in massa
con una partecipazione che ha stravolto
curie e vescovi, costretti ad ammettere
pubblicamente le violenze.
GC Però capisci come agiscono i
giornali? Prendiamo il caso Grillo. Di
lui si parla solo ricordando che è un
comico, meglio un ex comico, come se
solo chi è nato politico potesse fare
politica. Avesse fatto finora l’idraulico
direbbero che è un ex idraulico? Grillo
è un cittadino che vuole esercitare i suoi
diritti e mettere in pratica le prerogative
che la Costituzione prevede.
DF Basta vedere l’elenco che voi
avete pubblicato dei futuri candidati per
capire il gioco che la stampa fa nei
vostri confronti, cercando di screditarvi
in tutti i modi.
GC La maggior parte dei capolista
hanno una o due lauree.
DF Diranno che è il solito potere
della conoscenza che si accaparra tutti i
posti!
GC Poi magari sono disoccupati.
Tappa finale

L’odissea delle firme: una


storia kafkiana

DF Veniamo alle elezioni. Non è


stato facile raccogliere le firme
necessarie alla presentazione della lista.
Voi siete stati gli unici a dovervi
arrampicare sui vetri per farcela, e in
pochissimo tempo, anche questo è
strano, perché la data di febbraio è stata
decisa solo a dicembre.
GC Sì, con le dimissioni di Monti, a
dicembre, hanno accorciato molto, di
due mesi, il termine della consegna delle
firme. Abbiamo dovuto raccoglierle in
tutte le circoscrizioni elettorali presenti
sul territorio nazionale e nelle quattro
circoscrizioni estere. Siamo riusciti a
preparare i moduli con le liste elettorali
per Camera e Senato e a inviarli in tutta
fretta ai delegati del M5S in ogni parte
d’Italia alle quattro di notte di sabato 15
dicembre e a organizzare il cosiddetto
«Massacro Tour» con Beppe che ha
fatto venti comizi in due fine settimana
nelle regioni dove temevamo di non
raccogliere le firme sufficienti.
Va ricordato che siccome non erano
ancora state dimezzate le firme
necessarie, come è avvenuto solo dopo
Natale, il M5S ne ha raccolte circa
120.000 nei banchetti al freddo, spesso
sotto la neve. Lo scioglimento delle
Camere è stato improvviso, un fulmine a
ciel sereno. La sfiducia a Monti non è
mai stata votata dal parlamento. Si è
dimesso sulla base di una dichiarazione
di Alfano. Incredibile.
Il M5S ha organizzato tavoli di
raccolta in tutta Italia con pubblici
ufficiali, consiglieri, notai presenti per
validare le firme. È stato massacrante.
Se non ci fossimo preparati per tempo,
dal luglio 2012, non avremmo potuto
partecipare alle elezioni. Abbiamo
utilizzato due studi legali, uno in
particolare preparato in materia
elettorale, e due studi notarili che ci
hanno assistito giorno e notte, weekend
compresi, anche in seguito: sia al
deposito del simbolo elettorale al
Viminale sia al deposito delle firme
raccolte nei vari tribunali regionali.
Siamo stati sorpresi dalla velocità
della crisi, ma non eliminati, che è forse
quello che qualcuno sperava. Fino a
qualche giorno prima, il presidente della
Repubblica dichiarava che non si poteva
andare alle elezioni con il Porcellum, e
poi ha sciolto il parlamento mentre
Monti veniva osannato: tutti volevano la
sua mitica agenda o lo indicavano
premier nella loro coalizione.
Incomprensibile. Le elezioni si terranno
per la prima volta nella storia della
Repubblica a febbraio, in pieno inverno,
con il rischio che nevichi paralizzando il
paese. Ma non era fondamentale evitare
una crisi di governo perché lo spread
non aumentasse? Da quando Monti si è
dimesso lo spread è migliorato.
BG C’è una rabbia tra la gente, una
rabbia che io non ho mai visto, una
rabbia che se succede qualcosa può
diventare incontenibile. Oggi i poliziotti
sul treno mi dicevano che erano con me
e che dovevo fare qualcosa, me lo
dicono non solo loro, anche la Digos, i
carabinieri, è un segnale allarmante,
vuol dire che lo Stato non lo capiscono
più. Se si voltano dall’altra parte, per i
nostri politici è finita. I politici non si
rendono conto di cosa stanno rischiando.
GC Viviamo in un sistema
burocratico nel quale la burocrazia ha
preso il sopravvento sulla logica, sul
buon senso. La burocrazia giustifica se
stessa, si autolegittima. Il caso del
deposito del simbolo del M5S è
surreale. Neppure l’immaginazione di
Kafka lo avrebbe concepito. Per
depositare il simbolo elettorale e i
documenti correlati è necessario recarsi
al Viminale. Sono esentati i partiti già
presenti in parlamento, ma non chi ha
partecipato con il simbolo a ben cinque
elezioni regionali e qualche centinaio di
elezioni comunali, come il MoVimento 5
Stelle.
Dopo verifiche di legge,
consultazioni con studi legali, firme dai
notai, ordini, contrordini, gazzette
ufficiali, interpretazioni e
controinterpretazioni, giunge il giorno
fatidico del deposito. Il deposito è
aperto a tutti, anche a chi non ha raccolto
una sola firma. I moduli con le firme
vanno infatti depositati la settimana
successiva nei vari tribunali delle
circoscrizioni, quindi chiunque può
partecipare alla farsa. Il deposito arriva
quando arriva, a sua discrezione, è come
la sorpresa dell’uovo di Pasqua.
All’improvviso vengono poste le
transenne davanti al ministero
dell’Interno. Una volta lì, in piedi, come
uno stoccafisso, nessun pubblico
ufficiale ti lascia un riscontro della tua
posizione: devi difendere il posto come
in trincea.
La fila si è formata il pomeriggio di
lunedì 7 gennaio, ma gli uffici potevano
accettare il deposito solo dalle ore 8 di
venerdì 11. Novanta ore al freddo, di
giorno e di notte, con i turni e le tazze di
caffè caldo, con gli amici a darti il
cambio. Un mercato del pesce ha più
dignità. Un suk orientale è meglio
organizzato.
Venerdì 11 gennaio due nostri
avvocati e un tecnico di supporto del
M5S si sono presentati all’ufficio
elettorale. Salutati i funzionari, i nostri
vedono nel tabellone elettorale due
simboli quasi identici. Chi era in fila,
prima di noi, ha consegnato all’ufficio il
simbolo del M5S senza l’indirizzo del
sito. Un simbolo assolutamente
confondibile dall’elettore.
Abbiamo fatto ricorso e lo abbiamo
vinto, ma non era scontato. Nessun paese
civile accetterebbe un simile spettacolo,
con centinaia di questuanti di fronte al
ministero dell’Interno che si spintonano
tra loro, vocianti, qualcuno sotto una
tenda improvvisata. I giornali lo hanno
dipinto come uno spettacolo di folclore,
invece di chiederne le ragioni ai
responsabili. Già, ma chi è
responsabile?
BG Io intanto vado in giro col mio
camperino tra la gente, mi tocca farmi
tutta l’Italia con lo Tsunami tour per la
campagna elettorale, l’affetto della gente
è travolgente.
A Lecce a gennaio c’erano 10.000
persone. La foto dall’alto è
impressionante.
Sono seguito da Walter, che fa da
autista, Pietro, che gestisce i social
media in diretta, e da Salvatore, che
manda in onda in streaming i comizi e le
interviste. Negli uffici di Milano di
Casaleggio abbiamo fatto partire un web
channel che copre quattordici ore al
giorno con due conduttori, Matteo e
Flavio, e con Filippo,che svolge tutte le
funzioni tecniche. È un web channel
interattivo, integrato con i social media,
e chiunque può chiedere di partecipare
da casa, è sufficiente che disponga di
una webcam. Si basa su YouTube, il
primo web channel del suo genere in
Italia, e nei primi giorni di avvio è stato
il più visto al mondo. Casaleggio lo ha
battezzato «La cosa» ispirandosi al film
La cosa da un altro mondo di John
Carpenter. Non preoccupatevi, è nel suo
stile.
GC Vorrei aggiungere qualcosa sui
consolati all’estero. Anzi, vorrei che
siano i nostri stessi emigrati a
descrivere le peripezie che hanno
dovuto affrontare per raccogliere le
firme. Un calvario. La fotografia di un
paese che sembra ritornato ai secoli bui.
Abbiamo ricevuto decine e decine di
testimonianze. Ne riporto due. Sembra il
paese di Fantozzi.
Stamattina, vado al
viceconsolato di Arad: chiuso!
Chiamo il numero fisso, poi viene
trasferita la chiamata su un
cellulare! Mi risponde una signora
(sembrava si fosse appena
svegliata), le dico che vorrei
attivare il consolato per la
raccolta firme per i simpatizzanti
del MoVimento 5 Stelle. La
signora mi risponde che non è
possibile adesso perché è tutto
chiuso fino al 15 gennaio. «Ok,
grazie, buon anno!» ho risposto.
Vuol dire che i residenti di Arad
per firmare dovranno fare circa
130 chilometri andata e ritorno
fino a Timisoara, quando sarebbe
stato molto più semplice firmare
sotto casa! Mi chiedo, ma questi
viceconsolati a cosa servono,
visto che dobbiamo raggiungere
sempre i consolati più lontani?
Organizzerò una trasferta a
Timisoara per raccogliere alcuni
voti che possono essere
fondamentali!
Giuseppe Asselti
Il 13 dicembre mi sono recata
presso gli uffici del consolato a
Stoccarda per richiedere un
certificato di residenza all’estero
da allegare alla documentazione
relativa alla mia candidatura alle
politiche. Un impiegato mi
consiglia telefonicamente di
portare un non ben specificato
Aufenthaltserlaubnis-
Bestätigung-Bescheinigung e
così lo porto. Ma non basta.
Occorre anche un
Meldebestätigung. Faccio
presente all’impiegata di aver
percorso 100 chilometri e di aver
perso una giornata di lavoro, ma
non serve: devo tornare. Ma non
posso permettermi di perdere
un’altra giornata di lavoro.
L’impiegata avrebbe ottenuto
conferma della mia residenza
attuale, semplicemente
contattando telefonicamente il
Comune in cui sono registrata
(sono regolarmente iscritta
all’Aire). Purtroppo un’altra
collega le ha fatto presente di
«non essere al nostro...» [frase
non completata: «servizio»?
«comodo?», nda]. L’impiegata
preferisce così discutere mezz’ora
con il suo superiore e
naturalmente al suo ritorno la
risposta è no. Mi arrendo. Una
giornata di lavoro persa e 200
chilometri percorsi inutilmente.
Egregio signor console, insegno
lingua e cultura italiana da più di
vent’anni in diverse istituzioni
pubbliche e private tedesche, sono
socia della Società italo-tedesca
di Karlsruhe, ma non riesco
proprio a sentirmi rappresentata
dalla Sua istituzione, né come
cittadina italiana né come
cittadina europea. Vorrei
concludere questa mia inviando
anche un caldo abbraccio italiano
alla signora sulla sedia a rotelle
che quel giorno aspettava
impotente e umiliata in fondo alle
scale non essendo in grado di
raggiungere il piano superiore.
Loredana Quinterno
Non credo sia così complicato
prevedere una firma elettronica per i
nostri emigrati, o forse sì. Questo Stato
che straparla di digitale nei convegni va
sburocratizzato e modernizzato al più
presto.
DF La base è incazzata, ma i segnali
che arrivano dai politici sono sempre gli
stessi. Sperare che la politica si
autoriformi è illusorio, lo dimostra
anche l’incapacità o la non volontà di
cambiare la legge elettorale.
CasaPound

BG Io le battaglie le faccio, vado


avanti, ce la metto tutta, per questo non
accetto che si formino correnti dentro il
MoVimento. O dentro o fuori. Se
qualcuno pensa che io sia un disonesto,
che vada via, da sei anni siamo in
trincea per costruire un MoVimento
veramente autonomo, se qualcuno pensa
che le finalità siano altre si accomodi
pure. Le venti domande che mi hanno
fatto come provocazione e non per
informazione se le possono tenere. In un
momento così difficile, in cui tutti
mirano a dividerci, dobbiamo essere
uniti. Io non posso occuparmi di chi
insinua e mette veleno.
DF D’accordo, ma bisogna evitare
di cadere nelle trappole, come quella
tesa da un iscritto al movimento di
CasaPound, noto gruppo neonazista, che
è venuto a raccontarti dei loro
programmi – le lotte di quartiere,
l’occupazione di spazi abbandonati a
vantaggio dei senzatetto, la denuncia
delle banche che fanno solo gli interessi
del mondo dei grandi affari, come dire
«Noi siamo uguali a voi» – e poi ti ha
chiesto: «Gente che la pensa in questo
modo ha la possibilità di entrare nel
vostro movimento?». E tu gli hai
risposto testuale: «E perché no, noi
siamo un movimento ecumenico, cioè
universale. Se un ragazzo di CasaPound
volesse entrare nel M5S e avesse i
requisiti, ci entra, sempre che rispetti la
nostra linea e le nostre regole». E il
ragazzo: «Molti di noi non sono
incensurati, ma hanno denunce per
manifestazioni non autorizzate,
interruzione di servizio pubblico,
occupazione di un ufficio...». E tu: «Per
avere una carica politica uno deve
essere “puro” anche da queste cose.
Reati d’opinione non rientrano, di
patrimonio sì. Io ho 86 procedimenti,
nessuno in Italia vanta questo record».
Apriti cielo! Su tutti i telegiornali, i
siti internet, la stessa breve scena viene
riproposta mille volte con commenti
velenosi e sfottò come piovesse. Nota
bene: la registrazione originale durava
più di un quarto d’ora. Tu e i ragazzi
discutevate tranquillamente delle vostre
opinioni, della condizione politica
generale e loro, i gestori delle
televisioni, giornali, radio, hanno
tagliato e ritagliato come in un collage e
hanno riportato solo un minuto.
Ecco, io dico che accettare di
impostare dialoghi in questa forma, per
puro amore della dialettica, sia un grave
errore. Sulla fronte, quel ragazzo aveva
palesemente scritto «nazista», che
significa lager, migliaia di donne,
bambini, uomini bruciati dentro i forni, e
ti viene a presentare il suo movimento,
truccato da populista umanitario.
BG È vero, c’è chi ha detto che io ho
aperto a Casa-Pound. Chi lo ha scritto è
in totale malafede, un «leccaculo» del
sistema. Io non ho aperto a nessun
partito e non sono fascista né
simpatizzante del fascismo.

In galera!

DF Tu sei generoso, nella valanga di


persone che intorno ti pongono quesiti a
raffica, patapumfete, non ti tiri indietro,
tu accetti la conversazione. Ti è difficile
scansarla, sei un generoso catartico. Ma
così rischi che ti sbattano in croce con
chiodi su mani, piedi e in testa.
Speriamo che tu abbia anche il potere
della resurrezione! Io non dovrei venire
qui a farti le pulci perché anche a me è
successo. In seguito a un comportamento
da disarmato patibolista come il tuo,
sono finito dritto in galera.
BG Ecco, mi manca
quest’esperienza.
DF Eravamo in Sardegna, a Sassari,
nel 1973 con la compagnia e facevamo
un pezzo che aveva un successo
incredibile: fingevamo che in quel
momento anche in Italia si stesse
organizzando un colpo di Stato dopo la
Grecia, dove c’era il regime dei
colonnelli, e il Cile. In effetti allora in
Italia, nei primi anni Settanta, la voce di
un colpo di Stato c’era davvero, come è
poi venuto fuori. C’erano già i piani
preparati per catturare gli oppositori,
portarli in luoghi speciali, e uno di
questi era proprio la Sardegna.
Così noi cominciamo lo spettacolo e
a un certo punto arriva un corpo di
polizia con tanto di commissario che
vuole entrare. Io dico di no, e gli spiego
che dovrebbe iscriversi al nostro
circolo con tutti i suoi uomini. Ma dal
momento che la Costituzione impedisce
che forze dell’ordine si iscrivano a
organizzazioni culturali autonome, non
posso che oppormi. Al che ci spintonano
e poi m’arrestano, mi mettono le manette
e mi trascinano in galera. Ci hanno
denunciato per resistenza a pubblico
ufficiale. Violenza, capisci? Loro erano
in quaranta e noi in sei, scozzonati come
stracci! Intanto a teatro la gente ci
aspettava e quando ha saputo che ero in
galera è venuta a protestare davanti alle
carceri.
Alla fine, dopo una notte, mi hanno
liberato, mentre i poliziotti sono stati
condannati da un giudice come si deve,
coi coglioni. L’intento della
provocazione da parte dei poliziotti era
quello di farmi reagire, di portarmi
all’esasperazione in modo che li
insultassi così da avere un pretesto un
po’ meno assurdo... Ma avevo intuito la
loro tecnica e ho accettato di mettere da
parte l’orgoglio e trasformarmi in un
catorcio da sbattere in cella.

La forza di Francesco

BG Noi abbiamo l’arma della


comicità che è straordinaria, ma la
coesione deve essere per forza una
regola da rispettare.
Ritorno a san Francesco, è il nostro
riferimento. Tu hai fatto uno spettacolo
su di lui. Se san Francesco avesse avuto
all’interno del suo gruppo, che so, tre
prelati di Roma, come sarebbe andata?
Sarebbe finito il francescanesimo se lui
li avesse accettati?
DF No, non li ha accettati, ma li
aveva, e proprio dentro il suo
movimento. Quelli che l’hanno cacciato!
Lui con la neve è arrivato al suo
convento e dall’alto gli hanno gridato:
«Che cosa vieni a fare qua? Vattene! Vai
in giro a parlare di Cristo come se tu
l’avessi conosciuto. Non sei niente! Sei
un ignorante! Non conosci nemmeno il
latino! Fai credere ai poveri che sei un
santo! Sloggia, via di qui!». E lui ha
dovuto prendere e andarsene sulla
montagna in una catapecchia ed è
rimasto per un mese e mezzo fuori al
gelo, esiliato come un lebbroso.
Poi è tornato. Il papa costernato:
«Cazzo! Questo qui è più forte di noi.
Ha la gente dalla sua parte». C’è il
cardinale Colonna, famoso
rappresentante della nobiltà romana, che
adora Francesco perché è troppo
candido e sprovveduto, ed è lui che lo
presenta al papa. «Di che hai bisogno?»
chiede Innocenzo III. E Francesco:
«Vorrei avere il permesso di andare
intorno e raccontare il Vangelo parlando
la mia lingua, cioè il volgare». Una
pratica allora del tutto proibita. Bene,
dice il papa, allora mandiamolo a
predicare tra i porci e vediamo come
reagisce. «Lì fuori le mura c’è proprio
una porcilaia adatta, Francesco, vai a
parlare con loro, vai a convertirli!»
Quando Francesco torna, puzza di sterco
come un maiale e dice: «È stato
meraviglioso, li ho abbracciati e baciati
e loro hanno fatto altrettanto con me» e
abbraccia il papa, che schifato si ritrae:
«Cazzo, sei pieno di merda!». «Scusa,
scusa. Ho abbracciato dei maiali.» E
allora interviene Colonna e mette
sull’avviso il papa che voleva schiaffare
Francesco in galera: «Così tu pensi di
buttarlo in galera e farlo picchiare dai
tuoi sbirri, magari ammazzarlo? Attento
a te! Lui non è uno qualsiasi, lui è figlio
ed è anche padre di tutti quelli che
stanno qui fuori e lo aspettano. Guai se
togli solo un pelo a uno che ha una
famiglia così!». Davvero Francesco era
conosciuto in tutto il mondo cristiano di
allora.
BG Bellissima storia!
DF Te l’ho raccontata perché tu la
prendessi a esempio. Il non reagire li fa
impazzire, perché quello che vogliono è
che tu vada fuori di matto. Non cadere in
questa trappola. Sei troppo troppo più
forte. Gli altri non sanno cosa sia la
convinzione delle idee...
BG C’è da dire che noi abbiamo due
facce: una è costituita da
un’organizzazione manageriale, di
strategia e di comunicazione, l’altra è
quello che sono io, la strada, la piazza,
la gente.

Qual è il sogno del


MoVimento?
DF Credo che sia utile a questo
punto ricordare I viaggi di Gulliver, un
altro libro davvero prezioso. L’autore
sostiene che l’umanità non è pronta ad
accettare immagini che siano fuori dalla
portata di tutti, cioè l’umanità vuole la
banalità. L’ovvio, il risaputo.
Il libro racconta del ritorno in
Inghilterra di un naufrago che ha vissuto
in un mondo stupefacente. Il redivivo
dice di aver parlato con un cavallo, che
questo cavallo era straordinariamente
intelligente, che aveva capito l’inutilità
della violenza e del potere, l’inutilità di
mentire, delle leggi che opprimono e
condizionano ogni libertà. Ed ecco che
gli ascoltatori cominciano ad avere
paura, sono sconvolti, lo giudicano
pazzo. Gli uomini di legge e di religione
lo processano: «Questo demente –
dicono – è uno che si porta dentro un
veleno, che cerca di incantarci, di
toglierci la purezza che è in noi, la fede
nelle nostre leggi e nell’Altissimo», e di
fatto lo condannano a essere rinchiuso in
un sotterraneo senza finestre, e lo vanno
spingendo verso l’antro buio. Mentre lo
portano via, lui cosa fa? Per caso si
infila la mano in una tasca e ne estrae un
piccolo animale, è un cavallo di
dimensioni minime, che parla. Tutti
fuggono terrorizzati e lo lasciano libero.
Ecco, qual è il vostro sogno? Fateci
vedere il vostro cavallo e fatelo parlare.
GC Il sogno è che la democrazia
diretta si affermi e che il M5S, raggiunti
i suoi obiettivi, non abbia più ragione di
essere. Nel senso che noi vogliamo
cambiare il Sistema, non vogliamo fare
un nuovo partito. Se introduciamo la
democrazia diretta non abbiamo più
bisogno di partiti: su base egualitaria
decidi qualunque cosa, sia a livello
locale sia a livello nazionale. Questo
come tendenza.
DF Sapete che c’è un santo che
diceva proprio così: dal momento che
tutti diventeranno veramente cristiani e
seguiranno la parola di Cristo, non ci
sarà più bisogno della religione e
nemmeno del paradiso, saremo già nel
paradiso.
BG Renzi ha detto che se il Pd
avesse fatto tutto quello che ha detto
Grillo, Grillo non potrebbe esistere.
DF Be’, è spiritoso.
GC Comunque, questo è il nostro
obiettivo reale: introdurre strumenti di
democrazia diretta all’interno
dell’istituzione, il che vuol dire
introdurre referendum propositivi senza
il quorum, l’obbligatorietà della
discussione delle leggi di iniziativa
popolare depositate in parlamento: se
non vengono discusse, automaticamente
scatta il referendum e, contestualmente,
l’associazione tra elettori ed eletto, in
modo assolutamente trasparente e
continuo, attraverso la rete. L’attuale
struttura del parlamento è ovviamente in
antitesi alla democrazia diretta. La
democrazia diretta non ha bisogno di
delegati, mentre l’attuale organizzazione,
anche quella degli altri paesi, è una
struttura di delega piramidale.
BG L’introduzione del referendum
propositivo senza quorum va fatta
subito.
GC Noi non vogliamo sostituirci alle
decisioni dei cittadini. Vogliamo che i
cittadini decidano. Noi possiamo avere
le nostre idee sull’euro, però sarebbe
più corretto che gli italiani decidessero
cosa vogliono fare. A suo tempo lo
decisero due governi, quello di Prodi e
di Berlusconi, loro hanno deciso per gli
altri. Cioè hanno cambiato la moneta
senza chiedercelo e soprattutto senza
mettere il problema in discussione per
cercare di convincerci. Allora uno si
domanda: ma dove sta la democrazia? E
che cos’è la politica? Per i politici di
oggi è l’«esperienza» da vendere ai talk
show come un valore. La politica,
invece, esaurisce la sua spinta ideale in
un talk show dove il dibattito è finto e
impossibile.
DF A proposito di esperienza, molti
dicono che voi non ne avete e che per
questo non saprete come muovervi in
parlamento. Pensate alle commissioni, ai
regolamenti...
GC Ma se i meccanismi della
Camera, ammesso che ci voglia tanto a
capirli, sono così complicati, vuol dire
che bisogna cambiarli.
DF Certo, se vai a leggerti un
disegno di legge o un decreto t’accorgi
che sono centinaia le pagine con
discorsi incomprensibili, però
stranamente, a un certo punto, tra mille
parole c’è una proposta di cui, guarda
caso, nessuno ha parlato: mille case da
gioco da dislocare sul territorio
nazionale e nessuno se n’era accorto...
Una bisca di cui lo Stato è il
biscazziere. Ecco l’importanza di
vigilare e controllare, i trabocchetti
sono sempre possibili.
GC Io ho letto il testo dell’ultima
Finanziaria di Monti, la cosiddetta
Legge di stabilità. È un delirio sintattico,
incomprensibile. Un esempio tra i tanti,
l’inizio del comma 11 dell’articolo
«Finanziamento di esigenze
indifferibili» così spiega: «Al fine di
finanziare interventi di natura
assistenziale in favore delle categorie di
lavoratori di cui gli articoli 24, commi
14 e 15, del decreto legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214, 6. comma 2-ter, del
decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216,
convertito con modificazioni, dalla
legge 24 febbraio 2012, n. 14 e 22 del
decreto legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito con modificazioni, dalla
legge 7 agosto 2012, n. 135...».
I cittadini contribuenti – sono loro a
pagare la Finanziaria – hanno diritto a
un documento comprensibile, di non più
di dieci pagine.
BG A proposito di Finanziaria. Ci
sono dei dati, secondo me, molto
interessanti sul debito e anche un po’
sorprendenti. Non è vero che siamo così
spendaccioni: da vent’anni a questa
parte (tranne il 2009 e il 2010) le entrate
sono state sempre maggiori delle spese,
quindi ci siamo comportati in un modo
virtuoso, tanto è vero che nel 2011
abbiamo avuto un avanzo primario di 16
miliardi. Cioè abbiamo speso meno di
quello che abbiamo incassato, ma
abbiamo anche speso 75 miliardi di
interessi sul debito e siamo andati a
debito di 60.
Quindi non è vero che gli italiani
hanno vissuto al di sopra delle loro
possibilità, è il debito che si mangia
tutto. Dall’80 a oggi, abbiamo
risparmiato 480 miliardi di euro ma il
debito, cioè gli interessi sul debito, si
sono portati via 2350 miliardi! Allora
che spending review è?
Monti non è stato corretto a far
approvare all’ultimo un patto di stabilità
che condiziona i prossimi vent’anni.
Stabilendo che bisogna trovare 45
miliardi all’anno ha già deciso il
programma che il futuro governo dovrà
fare. Ma è pazzesco! Tu firmi e te ne
vai? Fanno tutti così, Prodi prima di
andare via ha fatto una leggina che
stabiliva che i rifiuti nucleari e l’energia
sono di interesse nazionale, quindi le
decisioni in materia del governo
scavalcano qualsiasi altra disposizione
regionale o comunale. E possono essere
imposte anche con l’uso dell’esercito.
Se tu dai fuoco a un cassonetto, mentre
fai una manifestazione contro un
inceneritore, rischi quattro anni di
galera. Questa gente è fuori!

Le elezioni presidenziali

DF Cosa farete quando ci saranno le


elezioni presidenziali?
GC Chiunque sia candidato alle
presidenziali sarà un presidente di
garanzia, quindi sarà ancora più di
garanzia della presidenza del Consiglio
e dovrà avere una legittimazione
internazionale, perché sappiamo – e ne
abbiamo già parlato – che i soldi del
nostro debito sono francesi e tedeschi,
per lo più. Il M5S deciderà sulla base
delle candidature e se potrà esprimere
un proprio candidato, certo non voterà
per un politico di professione o per
Monti.
Se il MoVimento 5 Stelle non
vincesse, ma fosse determinante per la
votazione al presidente della
Repubblica, per i politici sarebbe un bel
problema perché sanno che non
scendiamo a compromessi.
DF Sembra che i nostri presidenti
della Repubblica abbiano assunto
sempre più peso, soprattutto Napolitano,
con la scelta imposta di Monti, ha
impresso una svolta alla politica
italiana.
GC Qualche mese fa sono andato a
verificare quali sono i poteri del
presidente della Repubblica, mi hanno
ricordato quelli di un monarca. Sono in
parte regali e in parte indefiniti. Si
discute sempre durante le ricorrenti crisi
di governo se attribuire a questa figura
maggiori poteri, ma si ignora che gli
attuali sono già eccessivi. Napolitano ha
dichiarato guerra alla Libia, nostra
alleata, contravvenendo all’articolo 11
che recita: «L’Italia ripudia la guerra
come strumento di offesa alla libertà
degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie
internazionali...». Ha nominato
nottetempo un professore senatore a vita
e lo ha proposto come presidente del
Consiglio senza passare da libere
elezioni, ha influenzato la stesura delle
leggi dello Stato (prerogativa del
parlamento) durante il suo mandato, ha
firmato, senza rinviarle al parlamento,
leggi come il Lodo Alfano, chiaramente
incostituzionali, ha discriminato in
discorsi pubblici, senza mai nominarla,
una forza politica democratica: il
MoVimento 5 Stelle.
Gli attuali poteri della presidenza
della Repubblica vanno limitati. Un
esempio riguarda i senatori a vita. Il
presidente ne può eleggere cinque e,
considerata le differenza minima in
Senato tra maggioranza e opposizione,
può alterare la volontà elettorale. Il
presidente è eletto per sette anni, più di
qualsiasi altra carica istituzionale.
L’articolo 87 della Costituzione gli
attribuisce il comando delle Forze
armate, di presiedere il Consiglio
superiore della magistratura (anche da
articolo 104), di concedere grazia e
commutare le pene. L’articolo 88 gli
consente di sciogliere le Camere. Per
l’articolo 90, il presidente non è
responsabile degli atti compiuti
nell’esercizio delle sue funzioni, tranne
che per alto tradimento o per attentato
alla Costituzione (ma firmare una legge
incostituzionale è un attentato alla
Costituzione?). Per l’articolo 92, il
presidente nomina il presidente del
Consiglio dei ministri. Può sciogliere
(articolo 126) il Consiglio regionale e
rimuovere il presidente della giunta. Può
nominare un terzo della Corte
costituzionale (articolo 135). Inoltre si
può offendere Dio, ma non il presidente.
L’articolo 278 del Codice penale recita:
«Chiunque offenda l’onore o il prestigio
del presidente della Repubblica è punito
con la reclusione da uno a cinque anni».

L’incontro con i movimenti

DF Un’altra cosa che si dice del


MoVimento è che non si può andare in
parlamento e pensare di non allearsi con
nessuno. Non si può giocare da soli.
BG Noi non ci alleiamo coi partiti,
noi ci alleiamo con tutti i movimenti e
tutte le associazioni. Abbiamo sì alleati,
eccome se ne abbiamo!
DF Ma i politici disprezzano la
politica dal basso, le istanze che la
società civile promuove liberamente...
BG Ignorano tutti i movimenti, li
usano per fini elettorali per mascherarsi
dietro la società civile.
DF Io credo che per anni i politici
hanno pensato che la società civile fosse
una barzelletta, che fosse assolutamente
da sottovalutare. Voi siete riusciti a dare
un’espressione politica alla società
civile.
GC Nel libro Blessed Unrest (in
i t a l i a no Moltitudine inarrestabile),
Paul Hawken, ambientalista e scrittore,
ha descritto le associazioni e i
movimenti spontanei esistenti come il
più grande soggetto politico della storia
del mondo. È un universo
apparentemente invisibile che opera in
parallelo rispetto alla politica ufficiale,
è formato da decine di migliaia di
gruppi e comitati spesso collegati tra
loro in diversi Stati che hanno come
obiettivo il miglioramento della qualità
della vita, la pace, la salvaguardia
dell’ambiente, la protezione dei più
deboli e delle minoranze. Noi abbiamo
stabilito relazioni con decine di questi
movimenti. Ad esempio con Afa Centro
Reul, un importante centro di
riabilitazione di Genova, l’unico per
bambini e ragazzi sordi; con Ageranvi,
associazione milanese di genitori di
bambini ciechi e ipovedenti, che
organizza gite nel fine settimana in
mezzo alla natura per cercare di rendere
i bambini più indipendenti; con
Sightsavers Italia, che si occupa di
curare le malattie della vista nei paesi in
via di sviluppo; con i NoTav; con i No
Dal Molin; con Smile Train, per la cura
dei bambini affetti da labbro leporino,
con Greenpeace eccetera. Hanno di
solito bisogno di aiuto.
DF Ma come li aiutate?
GC Li aiutiamo con la raccolta di
fondi e con la visibilità... Fermi tutti!
Siamo arrivati alla fine del nostro
viaggio.
DF Già, ecco davanti a noi
l’Acropoli di Atene con i Propilei, come
dire i portali d’ingresso, c’è il
Partenone, il tempio di Atena e tutto il
museo... e appena sotto il teatro di
Dioniso. Qui c’è un bar all’aperto,
sediamoci un attimo e godiamoci la
scena. Intanto che ordiniamo tre birre
giganti vi propongo di ascoltare questo
discorso pronunciato da Pericle nel 461
a.C.
BG Ma lo conosciamo!
DF Sì, lo so che lo conoscete, ma
immagino solo a pezzi... io ve lo
propongo tutto intero, solo ascoltandolo
di seguito si riesce a capire che si tratta
del più grande fondamento politico e
civile dell’umanità. Fate attenzione, è
Pericle in persona che parla.
Qui ad Atene noi
facciamo così

Qui il nostro governo favorisce i


molti invece dei pochi: e per questo
viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia
eguale per tutti nelle loro dispute
private, ma noi non ignoriamo mai i
meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue,
allora esso sarà, a preferenza di altri,
chiamato a servire lo Stato, ma non
come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non
costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende
anche alla vita quotidiana; noi non siamo
sospettosi l’uno dell’altro e non
infastidiamo mai il nostro prossimo se al
nostro prossimo piace vivere a modo
suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere
proprio come ci piace e tuttavia siamo
sempre pronti a fronteggiare qualsiasi
pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i
pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto
non si occupa dei pubblici affari per
risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i
magistrati, e ci è stato insegnato anche di
rispettare le leggi e di non dimenticare
mai che dobbiamo proteggere coloro che
ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di
rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell’universale sentimento di
ciò che è giusto e di ciò che è buon
senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo
Stato noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benché in pochi siano in
grado di dare vita a una politica, be’
tutti qui ad Atene siamo in grado di
giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione
come un ostacolo sulla via della
democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il
frutto della libertà, ma la libertà sia solo
il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la
scuola dell’Ellade e che ogni ateniese
cresce sviluppando in sé una felice
versatilità, la fiducia in se stesso, la
prontezza a fronteggiare qualsiasi
situazione ed è per questo che la nostra
città è aperta al mondo e noi non
cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.
www.casaleggio.it

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