sempre al
tramonto
Beppe Grillo, Dario Fo,
Gianroberto Casaleggio
www.adagioebook.it
Proprietà letteraria riservata © 2013
Casaleggio Associati
Pubblicato per la prima volta in formato
cartaceo da Chiarelettere Srl., Milano
Copertina: Francesca Forte
Editor per l’ebook: Luigi Bruno per
guidaebook.com
Prologo
La cultura in piazza
L’arte al posto della mafia
A scuola ci si rompe i coglioni!
Contro il potere. Con il teatro si fa politica
(e si mangia pure)
Tappa finale
L’odissea delle firme: una storia kafkiana
CasaPound
In galera!
La forza di Francesco
Qual è il sogno del MoVimento?
Le elezioni presidenziali
L’incontro con i movimenti
Una disorganizzazione
organizzata
Quante critiche!
Un voto rivoluzionario e
trasparente
La storia falsificata di
Ipazia
Svuotare le carceri
DF Vi dispiace cambiare
argomento?
BG e GC (in coro) Prego!
DF Di fronte a voi che vi presentate
per la prima volta alle elezioni
politiche, si apre uno scenario piuttosto
difficile, con molti problemi sociali da
risolvere. In questo contesto non
possiamo dimenticare la condanna che
l’Italia ha avuto dalla Corte europea per
la violazione dei diritti umani nelle
carceri, in particolare dopo la denuncia
di un gruppo di immigrati detenuti,
rinchiusi in celle senza servizi igienici,
prive di letti e riscaldamento. I
prigionieri hanno protestato contro quel
trattamento incivile e, per risposta, sono
stati picchiati a sangue dalle guardie
carcerarie e pure denunciati per
sommossa.
Qui va ricordata la battaglia di
Marco Pannella a favore dello
svuotamento delle carceri ridotte in
condizioni terribili a causa del
sovraffollamento disumano (140 detenuti
ogni 100 posti, un totale di 66.685
detenuti a fronte di una capienza
regolamentare di 46.795, secondo il
Nono rapporto nazionale sulle
condizioni di detenzione «Senza dignità»
stilato dall’Associazione Antigone nel
2012). Quello delle carceri è un tema
che sta molto a cuore a me e a Franca,
da sempre. Sono stato a San Vittore
qualche giorno fa. Perfino la direttrice
del carcere e le guardie si mostravano
indignate per le condizioni in cui
dovevano operare.
Ho visitato anche carceri all’estero,
in Svezia e Norvegia. Entrare in una
prigione di quei paesi è come entrare in
un altro mondo. Scopri che esiste
un’umanità anche nelle galere, se sei in
una nazione civile, naturalmente.
In Italia chi gestisce la tua
carcerazione pare goda della tua
sofferenza. E non è grave il fatto che tu
sia dentro quattro mura, che abbia poca
aria, che ti brucino le lettere e non te le
facciano avere, che ti impongano sempre
crudeltà inutili e via dicendo. Il
problema è che ti mortificano, ti
umiliano facendoti precipitare in uno
stato di assenza d’identità. Così non c’è
da meravigliarsi che i detenuti si
impicchino o si infilino in testa un
sacchetto di plastica per suicidarsi. Li
tengono in quattro dentro una stanza che
è per una persona singola, con il cesso lì
a tre passi, un buco nel pavimento.
Questa è la rieducazione del detenuto
all’italiana. Che civiltà è quella che non
rispetta la dignità di una persona? La
gente non sa di quest’inferno, non sa a
che punto si sia arrivati.
BG Non se ne occupa perché
nell’immaginario collettivo il
delinquente è un essere da eliminare.
GC Sul problema carceri abbiamo
fatto informazione in questi anni. La
nostra idea non è discutere di cosa
succede nelle carceri, ma diminuirle.
Questo è il nostro obiettivo.
DF Sì, ma prima di cercare di
abolirle devi arrivare a dire alla gente
cosa succede lì dentro. La gente non lo
sa.
GC Se tu togli dalle carceri tutti
coloro che hanno compiuto reati
amministrativi, tutti coloro che oggi
sono soggetti alla legge Fini-
Giovanardi, tutti coloro che non sono
pericolosi, quanti detenuti rimangono?
Se poi togli anche gli extracomunitari e
consenti loro di scontare la pena a casa,
vicino alla famiglia, agli amici, quanti
ne rimangono?
DF La soluzione del problema delle
carceri è certamente svuotarle ma,
insisto, bisogna cominciare a far sapere
che cosa succede oggi al loro interno.
GC Noi abbiamo pubblicato con
Rizzoli un libro sulle morti in carcere,
La pena di morte italiana. È un libro
terribile, difficile leggerlo fino in fondo.
L’hanno comprato molte persone in rete,
non è successo niente. Io penso che
l’italiano sia sostanzialmente
indifferente ai problemi delle carceri fin
quando non lo toccano direttamente. Se
elimini il carcere, non c’è più il
problema.
DF Come con gli ospedali
psichiatrici? È uguale?
GC Più o meno sì. Io lascerei
soltanto gli istituti di massima sicurezza
per coloro che sono pericolosi.
DF Casaleggio mi ha ricordato un
fatto. Io e Franca eravamo molto amici
di Franco Basaglia e di tutti i suoi
collaboratori che lavoravano nei
manicomi. Da anni si diceva che
bisognava chiudere quei luoghi. E
abbiamo fatto delle riunioni incredibili
con i malati del reparto psichiatrico,
delle feste in cui i matti erano presenti in
mezzo a noi. Parlavamo con la gente e la
gente non sapeva che chi ci stava vicino
e spesso rispondeva ai loro quesiti non
era un infermiere ma un ricoverato.
Avevamo organizzato quelle feste per
fare in modo che le persone si
rendessero conto del problema, ma ciò
che le coinvolgeva di più erano i
racconti che i ricoverati facevano della
loro condizione fra le mura del
manicomio.
Quando l’anno scorso mi è capitato
di visitare manicomi criminali come
quello di Aversa, in provincia di
Caserta, ho trovato i malati legati al
letto di detenzione come fossero sdraiati
su doppie croci, ed erano lasciati lì,
come quello morto qualche mese fa,
mani e braccia bloccate. Soltanto
quando, attraverso il teatro, abbiamo
proiettato la drammatizzazione di quella
vita, le persone hanno iniziato a capire e
ad andare in crisi. Solo allora hanno
accettato di firmare le petizioni e gli
appelli. Prima dicevano: «Sì sì, ci devo
pensare, io non firmo documenti». Erano
sempre restie, fin quando non le portavi
di fronte alla responsabilità civile,
umana, di dover cancellare quei luoghi
di tortura.
(Lasciata l’osteria, i tre si
rimettono in cammino.)
Troppa demagogia
sull’immigrazione?
Risparmio e qualità
Dopo le elezioni
La politica compromessa: il
caso clamoroso dell’Ilva
A scuola ci si rompe i
coglioni!
Un mondo senza
intermediazione e miliardi
di idee e padroni
DF A questo proposito a me è
capitato di dover commissionare una
ricerca al mio traduttore tedesco per
scoprire qualcosa di più su un evento
storico molto importante a cui ho già
accennato, capitato in Italia nel 1250
circa, durante la campagna di Federico
II contro i Comuni. Si tratta dell’assedio
di Parma, in cui l’imperatore adottò un
sistema d’attacco veramente insolito,
facendo costruire tutt’intorno alle mura
della città assediata una nuova città, così
da strangolare letteralmente il Comune
che si era organizzato per resistere a
ogni costo. Il traduttore in questione è
anche un uomo di grande cultura e
versatilità. Ha chiesto ad amici e
docenti della sua stessa università di
condurre una ricerca, ha trovato alcuni
testi tedeschi che trattavano l’argomento
e me li ha tradotti. In Italia, per quanto
mi fossi dato da fare presso le
biblioteche, non riuscivo a trovare che
sporadiche notizie. Gli autori germanici
che trattavano la materia con dovizia di
particolari e scendevano in profondità
documentate erano invece numerosi e
concreti. Sarei ben felice di scoprire che
attraverso la rete sarei riuscito a
ottenere con gran velocità il medesimo
risultato.
BG La rete può soddisfare per
quanto riguarda i contenuti, ma il valore
delle persone che ti possono dare una
propria interpretazione è una cosa
totalmente diversa. Tu puoi fare la
ricerca, trovare il libro ed esaminarlo
da casa tua, o andare nella biblioteca
tedesca e leggerti il cartaceo. Ma quel
libro raccontato da uno studioso di
quella materia ha di certo un altro
sapore.
GC Certo, ma proprio grazie alla
rete tu puoi conoscere direttamente la
persona in grado di raccontartelo, in
streaming, con un video su YouTube,
seguendola sui social media... Una
persona con cui prima non saresti mai
potuto entrare in contatto. Al tempo
stesso, attraverso la rete, puoi accedere
a qualunque tipo di libro su Raffaello
esistente nelle biblioteche mondiali.
Non ti ho ancora convinto, vero?
DF A questo punto devo farvi un
esempio. Qualche giorno fa, con i miei
assistenti, sono andato su internet alla
ricerca di notizie particolari su Carlo
Magno e ho avuto una brutta sorpresa:
notizie completamente manipolate e altre
fortemente censurate. È risaputo che il
papa all’epoca era bloccato nel suo
piano di espansione dai Longobardi, che
governavano più di mezza Italia a
cominciare da quella che oggi si chiama
appunto Lombardia. Allora offrì a Carlo
Magno di scendere in Italia con il suo
esercito, sostituire il regno di Desiderio,
re longobardo, che oltretutto, per
questioni di buon vicinato, aveva dato la
propria figlia Desiderata in sposa al re
franco.
Su internet viene anche narrata la
carriera politica dell’imperatore che,
com’è noto, pur di salire al trono aveva
fatto scempio dei propri fratelli e di altri
parenti prossimi. Ma le notizie sono date
in modo incompleto. Del primo fratello
ammazzato si dice che «muore». Come?
Per malattia? Per una caduta da cavallo?
Per annegamento? Non si dice.
Per quanto riguarda poi la moglie,
internet mi dice che il monarca l’aveva
ripudiata in quanto sterile e non accenna
al particolare di aver già deciso e
pattuito con il papa l’invasione
dell’Italia con relativo massacro dei
Longobardi. Quindi, anche in internet,
non hai nessuna garanzia che la storia ti
venga proposta nei termini corretti.
BG Secondo me è da Nobel uno
così...
GC Pensa a raccontare questa storia
a scuola. L’interesse dei ragazzi
raddoppierebbe.
DF Eh, sì! infatti mi è capitato di
raccontare queste storie in alcune
scuole, dove il professore si è preso
tutta la responsabilità di quello che
avrei recitato... Ma se provo a proporre
in televisione, come ho fatto, un testo
come La Bibbia dei Villani, basta che
mi avvicini e mi sbattono la porta in
faccia! Eppure le notizie e le storie che
propongo sono autentiche e documentate.
GC Scusa, Dario, perché non
recitarle in rete? Lì non c’è nessuna
censura.
BG Guarda che tu adesso hai
YouTube. Un tuo pezzo è accessibile in
tutto il mondo, in tutte le lingue con i
sottotitoli. Ma dove la trovi una platea
così numerosa?!
DF Certo, ne sono sicuro.
BG Potresti arrivare alla scuola
direttamente con la rete. È
un’opportunità straordinaria. Fo in ogni
classe.
DF C’è una cosa che io vorrei
riuscire a dire, a raccontare veramente
alle scuole, e che stranamente è
scivolata via con il consenso di tutti. Un
fatto straordinario. Nel 1225, al
Concilio di Lione, papa Gregorio X
decise che l’inferno e il paradiso non
erano sufficienti e che bisognava creare
un altro sito di redenzione che ospitasse
le anime dei peccatori, in special modo i
banchieri condannati a scontare la loro
pena fra il fuoco e le torture
dell’inferno. In tal modo avrebbero
potuto purgarsi e poi salire in paradiso.
Lo storico Jacques Le Goff, che ha
dedicato al tema un famoso saggio dal
t i t o l o L’invenzione del purgatorio ,
scrive che «l’invenzione del purgatorio
è il capolavoro politico ed economico
di tutta la storia della Chiesa». Infatti,
grazie alle indulgenze concesse a
migliaia e migliaia di peccatori, la
Chiesa riuscì a pagare tutti i propri
debiti e divenne lo Stato più prosperoso
del mondo. Il traffico di anime dal
purgatorio al paradiso credo che abbia
ingorgato il cielo per secoli. Oltretutto
questa invenzione è un delitto
incredibile. Con questa variante hanno
buttato all’aria tutti i testi sacri della
cristianità. Perfino Dante è stato
costretto a inserire il purgatorio nella
s u a Divina Commedia. Lui che era
ferocemente contro la Chiesa e che per
questo era stato punito con l’esilio dalla
sua Firenze.
BG È bellissima questa storia,
Dario!
DF La cosa straordinaria è che
quanto tu chiedi anche a persone di
discreta cultura cosa ne sanno del
purgatorio, scopri che nessuno conosce
la storia di questo dogma. Una volta ho
chiesto addirittura a un prete se ne
sapeva qualcosa. Mi ha guardato
sbigottito e mi ha detto: «Ma sei sicuro
di quello che dici? Non è una tua
invenzione?».
«Padre, le mostro i testi che ne
danno notizia.» E lui: «Oh, è terribile!
Temo che questa notizia mi creerà un
grave turbamento di fede!».
Un’altra storia incredibile è quella
che ci raccontano da secoli su san
Francesco e che è completamente falsa.
GC Qual è la storia vera?
DF Quella di cui tratta una
ricercatrice straordinaria, Chiara
Frugoni. La stessa storia che poi io ho
ripreso e recitato per due anni di
seguito, Lu Santo Jullàre Françesco.
GC Infatti, non deve essere un caso
che non esista un papa che si sia fatto
chiamare Francesco. Noi abbiamo scelto
appositamente la data di San Francesco
per la creazione del MoVimento.
Politica senza soldi. Rispetto degli
animali e dell’ambiente. Siamo i pazzi
della democrazia, forse molti non ci
capiscono proprio per questo e
continuano a chiedersi chi c’è dietro.
DF Be’, questo vi fa onore. Ciò che
non si racconta è che Francesco non ha
mai voluto far parte integrante della
Chiesa, si è chiamato subito fuori,
dichiarandosi minore, l’ultimo della
società. Sul piano dell’economia, poi,
predicava e imponeva ai suoi fratelli di
non accettare mai l’elemosina donata dai
fedeli, ma di indicar loro i poveri
disperati che ne avevano veramente
bisogno. «Non a me – diceva – e a
nessuno di noi minori devi offrire cibo,
abiti o denaro, ma scegliti tu il povero a
cui offrire il tuo aiuto, non è difficile,
basta che giri intorno lo sguardo e ne
trovi a iosa.» A un certo punto chiamò
un suo frate e si fece frustare in piazza
durante il mercato, nudo, per essere
punito in conseguenza del furto di un
pollo che poi si era mangiato. È chiaro
che, con quel gesto, faceva spettacolo di
sé: Francesco era un giullare autentico.
GC Non per niente lo chiamavano il
«giullare di Dio».
DF Anche quando andò dal papa si
presentò da giullare e, nel richiedere il
permesso di fondare una comunità,
domandò al pontefice «la Regola»,
recitando e muovendosi col corpo tutto
in una strana danza, tanto che un
cronista, assistendo a quell’esibizione,
commentò: «De tutto suo cuorpo fasea
parola!». E non c’è bisogno di tradurlo.
Chi, se non un giullare, riusciva a
parlare con tutto il corpo! E allo stesso
papa che gli chiedeva come mai lui e i
suoi seguaci non accettassero di
raccogliere denaro per i poveri,
rispondeva: «Chi gestisce l’elemosina
per i poveri acquisisce il potere più
elevato che si possa immaginare».
Quindi, rispondeva provocatoriamente il
papa: «Tu pensi che noi del clero si sia
in grave peccato». E Francesco di
contro rispondeva: «Chi è la Chiesa?
Sono uomini di fede ma sempre uomini,
e quindi non sono le mura che prendono
il denaro, ma quegli uomini medesimi».
BG Aveva capito tutto.
Signoraggio bancario e
referendum sull’euro
«Sì, ma il programma?»
DF Il problema è la progressione, la
combinazione degli eventi. Voi non
pensate che potremmo esserne tutti
coinvolti? E se sì, come si realizzerà?
BG Il processo è veloce, molto
veloce, dipende anche dal grado di
carica distruttiva adottata nei miei
confronti e nei confronti del MoVimento.
Sì, perché adesso siamo rimasti noi e
basta. Di Pietro non è più un problema,
la Lega non è più un problema, adesso
attaccano me, la mia famiglia, mia
moglie, i miei figli. Ma noi abbiamo la
rete, abbiamo il blog, ci difendiamo
bene. Vogliono dimostrare che io e
Casaleggio siamo pazzi o corrotti e che
invece il MoVimento è a posto. Quindi,
tolti dai coglioni noi due, il MoVimento
è salvo. Questa è la strategia.
DF Durante alcuni incontri pubblici
mi è capitato di parlare con molta gente
che, dopo il successo inaspettato delle
elezioni in Sicilia, mi chiedeva come
procederà il MoVimento e se i conflitti
interni che ogni tanto lo scuotono
saranno un danno per la sua crescita o
verranno col tempo assorbiti. Ho
risposto che i media, i partiti e
soprattutto la televisione hanno usato
quegli incidenti trasformandoli in un
tormentone e facendoli passare per una
specie di tsunami, che però si svuoterà
in un batter d’occhio: infatti la polemica
prenatalizia sui «dissidenti» sembra
essere di colpo svanita, ma –
aggiungevo – «vedrai che fra poco
troveranno modo di provocare altre
polemiche perché Grillo per questa
classe politica è diventato un tormento,
un’angoscia, un vero, vasto clima di
terrore». Spesso per attaccare Grillo
molti dicono che il MoVimento non ha
un programma, che è solo opposizione.
Hanno un bel coraggio, intanto il
programma c’è e basta andarlo a leggere
e poi voi avete visto un programma
scritto degli altri partiti?
GC Siamo l’Amanita phalloides dei
partiti.
DF Avete però acquisito una
credibilità nonostante le avversità e le
opposizioni. L’importante è che
continuiate a essere creativi: la fantasia,
che altri non hanno, è la vostra arma
migliore. Lo ha dimostrato Grillo con la
traversata a nuoto dello Stretto e con
altre iniziative sul territorio.
BG Sai che se spiego un punto del
programma del MoVimento succede
quasi sempre che l’interlocutore, un
giornalista televisivo o della carta
stampata, mi guardi un po’ e mi chieda
subito dopo: «Sì, ma il programma?».
Tu gli rispondi: «Be’, si tratta di dare
degli strumenti ai cittadini, inserire nella
Costituzione il referendum propositivo
senza quorum, l’obbligo del parlamento
di discutere le leggi popolari».
Risposta: «Ok, questo lo avete detto, ma
dimmi il programma». Allora io
continuo: «Bisognerebbe riformare la
Borsa, eliminare le cariche multiple,
smontare il meccanismo delle scatole
cinesi...». Sguardo fisso: «Sì, questo va
bene, ma il programma?». Allora gli
parlo della crisi finanziaria, del taglio
delle province, dei contributi elettorali,
dei finanziamenti ai giornali... Replica:
«Va bene, ma dimmi cosa fai per
rilanciare il lavoro». «Passare dal
petrolio alle rinnovabili per creare posti
anche nell’edilizia ora bloccata e nella
gestione del territorio che causa milioni
di danni ogni anno.
Contemporaneamente detassare gli
investimenti per le piccole e medie
imprese...». Niente da fare. Gli puoi
parlare ore ma il tormentone è sempre lo
stesso: «Non avete un programma,
volete solo distruggere». A cosa serve
parlare con certe teste autosvuotate?
GC Proteste e non proposte. È un
mantra che ci buttano addosso, proprio
loro che non hanno mai attuato un
programma, questo nel raro caso in cui
ne abbiano avuto davvero uno...
BG È incredibile. Tutti i miei
spettacoli erano un programma: come
fare un motore, come fare una casa,
come trasportare l’energia, come
riutilizzare i rifiuti. Io faccio politica da
vent’anni parlando di cose reali, di
economia, di lavoro e di innovazione.
DF Nei tuoi spettacoli tu davi alla
gente una speranza, non lirica ma reale,
anche se magari la insultavi, la spronavi,
la stuzzicavi. O cazzo, un po’ di
speranza!
BG Non possono venire da me a dire
che cercano il dialogo e che io non lo
voglio. Loro il dialogo non sanno
nemmeno cosa sia. Il dialogo
presuppone un rapporto alla pari, se no
che dialogo è?
DF Infatti lo chiameresti dialogo, tu,
l’incontro fra gli operai della Fiat di
Mirafiori e Melfi con Marchionne che
punta il bazooka sugli operai che
sventolano la lettera di licenziamento in
massa?
BG Quando abbiamo fatto il V-Day
nel 2007 le nostre proposte quali erano?
Fuori i condannati dal parlamento,
permanenza per solo due legislature e
introduzione del voto di preferenza... la
sinistra non poteva farle proprie? Mi
sembra sia di sinistra togliere i
condannati dal parlamento. L’acqua
pubblica non è di sinistra? Io mi sono
iscritto al Pd ad Arzachena perché
secondo lo Statuto se non si era iscritti
al partito non si poteva partecipare al
Congresso. Io invece volevo partecipare
per dire: «Guardate, noi abbiamo queste
idee, prendetevele voi, giovani del Pd».
Volevo andare lì, ma non me l’hanno
permesso. Dicevano che io
rappresentavo un movimento ostile al Pd
perché ero contro il nucleare, volevo
eliminare i parlamentari corrotti dal
parlamento: loro prima fingono di
toglierli e poi, oplà!, come un gioco di
prestigio, rieccoli di nuovo in lista!
Sono stati stupidi, come è stato
stupido Craxi quando ho fatto in tv una
battuta banalissima sui socialisti ladri e
lui si è incazzato attaccandomi in un tg
della sera: «Come si permette, questo
comico, di attaccare i socialisti?!», così
mi ha trasformato in un’icona della
Resistenza, se invece avesse detto
semplicemente che ero stato un po’
esagerato ma facevo comunque ridere,
mi avrebbe ammazzato, togliendo
qualsiasi interesse alla mia battuta. Io
sono stato mandato via dalla Rai per una
battuta che mai più avrei pensato
potesse suscitare tanto clamore...
In quei giorni c’era il primo
referendum contro il nucleare, allora io
parlai di Caorso, della centrale. Mi
avevano intimato di non farlo ma era più
forte di me. Così ricordai tutti gli
incidenti di Caorso, poi, mentre facevo
la battuta sui socialisti, vedo il direttore
di studio che prende la cuffia, la butta
per terra e se ne va, con la gente che
osservava; Pippo Baudo, anche lui, se
ne va, i tecnici se ne vanno, il pubblico
non ride perché capisce che è successo
qualcosa. Io non mi rendevo conto, ero
rimasto un po’ confuso, perché vedevo
la gente spaventata e molto imbarazzo
tutt’intorno. Ho pensato: «Cazzo, il
nucleare: è scoppiato un casino con il
nucleare». Ero convinto di aver
esagerato, condizionando l’esito del
referendum. Esco dallo studio, rimango
da solo, vado in albergo, entro e il
portiere mi abbraccia e mi dice:
«Finalmente glielo hai detto, bravo!».
«Ho detto cosa?» «Che i socialisti
rubano!»
Dopodiché, alle sette del mattino,
Marangoni, il mio impresario, mi
chiama e mi dice: «Questo è il numero
della casa di Craxi, chiamalo, chiamalo,
chiedi scusa». «Ma sei scemo? Chiedo
scusa per una battuta... ma mi rovino se
chiedo scusa. Ma andate a fare in culo
tutti» e sono partito con una tedesca per
Cervinia. Telefonate, giornalisti, casini,
la copertina de «l’Espresso», a
dimostrazione del fatto che tutto questo
casino non l’avevo provocato io, ma la
stupidità di Craxi, che in
quell’occasione non aveva capito nulla
di come funziona la comunicazione. È
stata più forte in lui l’esigenza di
confermarsi uomo di potere che voleva
schiacciare chi aveva osato attaccarlo
solo con le armi della satira. Questo è il
potere. Dopo qualche anno Craxi veniva
sommerso di monetine.
DF Poi non sei più andato in tv?
BG Da lì mi hanno chiuso un po’ le
porte, però poi sono rientrato con lo
spot per lo yogurt Yomo e
successivamente ho proposto all’allora
presidente della Rai, Letizia Moratti, un
mio spettacolo gratis.
DF Ah sì, e cosa è successo?
BG Niente da fare, la Moratti non mi
ha voluto. Poi arriva il presidente della
Bocconi a fare il presidente della Rai,
Claudio Dematté. Lui non sapeva nulla
di televisione, però era una persona
perbene. Mi dice: «Vorrei farle fare un
po’ di televisione». Mi dà due puntate in
diretta, due ore. Ci mettiamo d’accordo
con l’ufficio contratti e io chiarisco la
mia proposta: «Guardate, io non voglio
niente perché ho già fatto la tournée, ho
già guadagnato, questi sono soldi
pubblici, non li voglio. Mi date lo
spazio e non ho bisogno di scenografia,
mi bastano un tavolino, una sedia, e io
sono a posto». «Non si può»
rispondono. Mi chiama l’ufficio legale:
«Lei è pazzo perché deve prendere
almeno 250 milioni di lire a puntata. Di
meno non possiamo». «Perché?»
«Perché sennò ci sarebbe una tentata
evasione fiscale. Noi dobbiamo darle
250 milioni, la metta come vuole, noi
non possiamo spostarci da questa cifra.»
Un vero dramma dell’assurdo. Nella
trattativa tutto avveniva al contrario:
«Guardi, io posso arrivare a 5 milioni!».
«No, non ne parliamo nemmeno...
facciamo 245 ma di lì non ci
spostiamo.»
DF Ma cos’è? Una farsa del teatro
dell’assurdo?!
BG Be’, quasi! Alla fine, per non
prendere i soldi che cosa abbiamo
inventato? Il Delle Vittorie, il teatro
della Rai, l’ho affittato io privatamente,
ho fatto pagare alle persone un biglietto
d’ingresso, qualcosa come 50.000 lire,
per 200 posti, mi hanno pagato, ho fatto
due serate, ho realizzato 17 milioni di
ascolto, il tutto non gli è costato una lira,
e io ho preso i soldi dai biglietti delle
persone, che era un pubblico vero. La
trattativa al contrario è stata strepitosa...
Tutto questo per dire che già allora era
chiaro che la mia direzione era un’altra,
stavo andando verso il pubblico e la tv
non mi interessava più.
Basta un’idea per
rinnovarsi
DF Fondamentale è la capacità di
rinnovarsi, di cambiare, di provare a
immaginare un altro da sé. Questo in tutti
i campi, non solo nel nostro, ma anche in
quello industriale e, abbiamo visto, in
quello politico.
BG Per parlare dell’industria, un
caso clamoroso di mancato
rinnovamento è quello della Fiat, ne
abbiamo già accennato. Vi racconto un
episodio che forse può aiutare a capire.
Nel 2000 mi sono presentato a Torino
con due ingegneri tedeschi per far
vedere un modello innovativo di auto. Si
chiamava Smile, era un’elaborazione di
una Renault Twingo, con un motore di
80 chili, in alluminio, biturbo, con un Cx
modificato. Questi tre elementi
consentivano un risparmio notevole di
carburante perché l’auto riusciva a
percorrere 100 chilometri con un litro e
mezzo anziché cinque. Forte
dell’esperimento e con l’appoggio degli
ingegneri, sono andato dai sindacati per
spiegargli che l’innovazione avrebbe
potuto essere decisiva negli anni a
venire, considerato il costante aumento
del prezzo del petrolio.
La reazione è stata gelida, mi hanno
mandato via (c’è il filmato, andate a
vedere cosa dicono i sindacati). Ho
detto: «Se voi non fate una macchina
così, fra dieci anni chiudete». Hanno
chiuso, ma lo sapeva anche un bambino
che se non si investiva allora sull’auto
del futuro, il futuro se lo sarebbero
conquistato gli altri. A cominciare dai
giapponesi.
Eppure noi avevamo tecnici capaci,
che erano all’avanguardia nella ricerca
sui motori ad alto rendimento. La Fiat
avrebbe potuto fare auto a idrogeno e
bifuel già parecchi anni fa, invece ha
seguito l’unica strada del diesel perché
così voleva il mercato, le industrie
automobilistiche e i petrolieri. Al centro
di Orbassano gli ingegneri della Fiat
avevano inventato tutto, dal bifuel
all’ibrido, alla telecamera per la nebbia,
il famoso strumento che consente di
guidare in condizioni di visibilità
ritenute normalmente pericolose.
DF Ma anche tu cosa pretendi!? Il
salvavista per la foschia? Se vai con una
vettura in mezzo alla nebbia, che gusto
c’è se non rischi di andare fuori strada o
scontrarti con un tir?
BG E pensa che anche il sistema
stop and go con lo spegnimento
automatico del motore ogni volta che la
macchina si ferma è stato inventato a
Torino. Pensate che era stato montato
sull’Argenta, un’auto degli anni Ottanta.
Romiti, con straordinaria lungimiranza,
ha buttato tutto all’aria e ha preferito
investire nella finanza e diversificare. I
ricercatori sono stati buttati fuori e la
Fiat è quella che vedete adesso.
DF Per arrivare ai giorni nostri il
fatto che il Comune di Torino abbia
accettato il ricatto di Marchionne è
grave e si pone su questa lunga parabola
discendente e inarrestabile che ha
portato il centro nevralgico della più
importante industria automobilistica
italiana negli Stati Uniti. Con la
complicità del Pd e di gran parte dei
sindacati.
BG Certo, riconvertire un’industria
non è mica facile. Due casi come
esempio: Kodak e Fuji, multinazionali
della pellicola, le prime nel mondo, una
americana, la Kodak, e l’altra
giapponese. Arriva il digitale, la Kodak
non riesce a riconvertirsi, fallisce e
chiude, fine. La Fuji si riorganizza, non
licenzia nessuno e sfruttando il know
how sugli acidi per la lavorazione della
pellicola diventa la prima azienda al
mondo di cosmetici, cioè vende creme.
È bastata un’idea, ma di esempi ce ne
sono molti. Interface, la prima azienda
di moquette del mondo, è stata anch’essa
ripensata da un nuovo manager che ha
lanciato un tipo di moquette fatta non più
con derivati del petrolio ma con il mais,
e da vendere non più a metri quadrati,
ma a passi, perché negli uffici la
moquette viene consumata in modo
diverso a seconda degli ambienti. Inutile
cambiarla tutta, basta sostituire quella
dei corridoi, più calpestata.
Risultato: più dipendenti, più
guadagno, più risparmio nella
lavorazione e meno rifiuti. Lo stesso
discorso vale per il riscaldamento, una
volta le caldaie che non funzionavano
più si buttavano via, ora i pezzi si
riutilizzano e in discarica ci va solo un
terzo del totale. Il principio quindi non è
vendere una cosa, ma il servizio, la
funzione.
GC Il tema della riconversione oggi
è decisivo. Io ho fatto molti incontri con
i dirigenti nelle aziende che ho gestito
per spiegare i motivi per cui le aziende
sopravvivono. È interessante notare che
l’esistenza media di un’azienda nel
mondo è di 23 anni. Le aziende che
superano il secolo sono molto poche,
sono aziende mutanti, cambiano
caratteristiche per poter sopravvivere
quando cambia la società, le condizioni
esterne, il mercato. È inevitabile. In
Italia per le aziende sotto i tre anni la
mortalità è altissima. Il sistema le
uccide in culla. Lo Stato non fa nulla per
favorirle, quindi muoiono. È un
aziendicidio.
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