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Maternità surrogata tra discorso cattolico e

pensiero femminista

Nel seguente lavoro prenderemo in analisi il fenomeno della maternità surrogata (GPA)
e tutte le implicazioni a livello culturale e morale che esso porta con sé.

Lo faremo in particolare articolando la nostra riflessione lungo due punti prospettici


fondamentali, ovverosia quello relativo alla posizione assunta dal cattolicesimo riguardo
al tema in questione e quello assunto dal pensiero femminista (con i dovuti distinguo e
le notevoli differenze teoriche presenti all’interno di questa corrente culturale).

Suddivideremo il seguente elaborato in tre capitoli:

• Il primo di questi tratterà degli eventi storici più rilevanti che hanno portato
all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno della maternità surrogata e che
ne hanno scandito la trasformazione e modificato lo statuto sia a livello giuridico
che a livello di percezione collettiva.
• Nel secondo capitolo tenteremo di tracciare un confronto tra la posizione assunta
dal cattolicesimo riguardo a questa tematica così delicata e spinosa (soprattutto
per la centralità assegnata al “valore della vita” da parte della morale cattolica per
tutto il corso del suo sviluppo dottrinale) e quella sostenuta all’interno
dell’universo formato dalle teorie femministe.
• Infine nel terzo e ultimo capitolo analizzeremo più nello specifico alcune posizioni
relativa alla prospettiva femminista e mostreremo come esse possano essere di
fondamentale importanza per affrontare dei fenomeni etici così delicati e
controversi che probabilmente avranno una diffusione sempre più ampia nei
prossimi anni.
Prima però di passare all’analisi dell’oggetto specifico in questione ci sembra opportuno
riflettere su un concetto morale essenziale che ricorre molto spesso in questo tipo di
scontri argomentativi a livello etico e bioetico e che il più delle volte rappresenta quasi
una sorta di presupposto strategico utilizzato per giustificare le proprie prospettive su un
tema specifico.

Stiamo parlando dell’idea di natura che ha attraversato i dibattiti sui temi etici per tutto
il corso della tradizione letteraria e filosofica occidentale e che viene tutt’oggi usato
come strumento per legittimare pratiche e comportamenti anche molto contrastanti tra
loro (si pensi ad esempio all’uso che viene fatto del concetto di “famiglia naturale” da
parte delle correnti più conservatrici presenti nel dibattito pubblico e lo stesso,
legittimo, uso che viene fatto da esponenti appratenti al movimento LGBT per
rivendicare la naturalità delle proprie condotte sessuali).

A questo proposito ci sembra opportuno riportare qui di seguito una citazione dal
volume La morale della natura (Bari, Editori Laterza, 2008, pag. 4) di Simone Pollo che
all’inizio del suo volume esemplifica perfettamente la problematicità che può derivare
da un concetto così poco limitabile come quello di natura, riferendosi tra l’altro
esattamente al tema della gestazione che è ciò di cui ci andremo ad occuparci nel
seguente contributo: “Tutti noi probabilmente abbiamo almeno una volta giudicato un
comportamento o una pratica richiamandoci alla natura. Spesso questo ricorso non è del
tutto esplicito, ma si manifesta come una sorta di istintiva ripugnanza per qualcosa che
ci appare nuovo e diverso. Pensiamo, ad esempio, alla reazione che molti possono
provare dinanzi alla prospettiva che un giorno un essere umano nasca dopo una
gestazione in un utero artificiale (una cosiddetta gravidanza ectopica). Prima ancora di
pensare agli eventuali rischi per chi nascerà o ai possibili benefici per le donne e gli
uomini che non potrebbero procreare in modo diverso (e per gli stessi bambini che
altrimenti non potrebbero nascere), molti probabilmente esprimono perplessità (se non
vero e proprio disgusto) dinanzi a un evento che appare così “innaturale”. Da tale
perplessità molti avranno derivato un dubbio circa l’opportunità di far nascere in questo
modo un essere umano, se non una vera e propria condanna morale. Il senso di
ripugnanza che in alcune persone può generare la possibilità di una gravidanza in
condizioni così diverse da quelle che siamo abituati a pensare come naturali è un
esempio di come il senso comune incorpori l’idea di natura e di come essa si traduca in
giudizi di approvazione o disapprovazione morale.”

Come possiamo vedere nel seguente passaggio l’autore vuole mostrarci come l’idea di
un ordine naturale stabile, universale e oggettivo sia spesso usata dal senso comune per
condannare pratiche e comportamenti che semplicemente vengono percepiti
inizialmente come qualcosa di inconsueto o non immediatamente riconducibile ad uno
schema di interpretazione consolidato.

La maternità surrogata chiama sicuramente in causa una serie di considerazioni inerenti


alla mercificazione del corpo femminile e la strumentalizzazione economica da parte di
coppie appartenenti a paesi più ricchi nei confronti di donne che vivono in zone del
pianeta che presentano condizioni di vita più sfavorevoli, così come possibili ricadute
eugenetiche.

Tuttavia, come mostreremo più avanti, la tematica della maternità surrogata può anche
rientrare a pieno all’interno di questo insieme di esperienze che scardinato la nostra
concezione comune.

Nello specifico quella relativa al ruolo della donna all’interno del processo procreativo
così come ai rapporti di forza presenti tra le figure genitoriali o ancora alla differenza
rintracciabile tra maternità biologica e maternità sociale.

In questo contesto comincia a sgretolarsi ovviamente anche un certo tipo di concezione


classica o tradizionale di famiglia intesa come un processo che può essere suggellato
esclusivamente dal concepimento della prole da parte della moglie che viene così
relegata esclusivamente a questo suo compito procreativo.
Pertanto diviene chiaro come un’attenta analisi di questo fenomeno può condurci a una
più generale riorganizzazione delle nostre mappe etiche e concettuali con le quali
tentiamo di muoverci nel mondo.
CAPITOLO 1.
Eventi rilevanti all’interno del fenomeno della maternità
surrogata

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