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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANISTICHE

CORSO DI LAUREA IN LINGUE PER LA COMUNICAZIONE


INTERNAZIONALE
_______________________________________________

DEBORAH GARRO

REALTÀ E IMMAGINE:
SERIALITÀ TELEVISIVA E FANTASY

PROVA FINALE

RELATORE
Chiar.mo Prof. Massimo Vittorio

ANNO ACCADEMICO 2014- 2015


INDICE

Abstract (in italiano) 4


Abstract (in inglese) 5
Abstract (in spagnolo) 6
Introduzione 7

CAPITOLO PRIMO
Le origini della televisione 9
1.1. Un fenomeno crescente 11
1.2. Cambiamenti nello stile di vita 16
1.3. La “morte” della cultura in senso classico 21
1.4. Il potere del piccolo schermo 27

CAPITOLO SECONDO
Serialità televisiva e introduzione del “super gene-
re”: il fantasy 31
2.1. Uno sguardo ai giorni nostri 33
2.2. Telefilm 37
2.3. Le fiction seriali come specchio della realtà: identifica-
zione e proiezione 42
2.4. Il fantasy, perché è così accattivante? 47

CAPITOLO TERZO
Studio di una serie tv: Buffy The Vampire Slayer 54
3.1. Costruzione di un immaginario 55
3.2. Buffy The Vampire Slayer 57
3.3. Tematiche affrontate in Buffy 63

Bibliografia 74
Sitografia 78
Abstract

Il presente lavoro nasce dal desiderio di studiare uno dei pri-


mi e più diffusi mezzi di comunicazione: la televisione.

La trattazione del presente studio parte dalle origini del


mezzo televisivo e giunge ai giorni nostri, rappresentando tut-
ti i cambiamenti che col tempo ha attraversato, per poi evol-
versi in senso sociologico, con riferimento all’influenza che ha
esercitato ed esercita sul suo pubblico anche attraverso tecni-
che specifiche come “The Bullet Theory”.

Il secondo capitolo è caratterizzato da un’analisi più det-


tagliata della composizione interna della televisione, con rife-
rimento alle diverse tipologie di telefilm e nello specifico foca-
lizzando l’attenzione sul genere fantasy che tra tutti quelli ap-
partenenti alla fiction sta attraversando un periodo partico-
larmente fiorente.

Infine l’ultimo capitolo tratterà come caso di studio tra


quelli appartenenti al genere fantasy, la serie tv cult Buffy,
The Vampire Slayer, di grande successo negli USA di fine an-
ni ’90.
Abstract

This study deals with one of the first and most widespread
communications media: the television.

The study starts from the origins of the television medi-


um and arrives at our times, representing all its changes,
evolving in a sociological way, with reference to the influence
that it exercised and still exercises today over its public, even
through specific techniques such as “The Bullet Theory”.

The second chapter is characterized by a more detailed


analysis of the television’s internal structure, with reference
to the different types of TV series. More specifically, this
chapter focuses the attention on the fantasy genre, which is
passing through a particularly flourishing period.

Finally, as a case study of the fantasy genre, the last


chapter concerns the cult TV series Buffy, The Vampire Slay-
er, which was very successful in the USA at the end of the
1990s
Resumen

Esta tesis nace de un deseo de estudiar uno de los primeros y


más difundidos medios de comunicación: la televisión.

La exposición de este estudio empieza con el origen del


medio televisivo y acaba hablando de este medio en nuestros
días, representando todos los cambios que a través del tiempo
ha pasado.

El discurso después desarrolla un aspecto sociológico,


con referencia a la influencia que la televisión ha ejercido y
ejerce todavía sobre su público, también a través de
específicas técnicas como “The Bullet Theory”.

El segundo capítulo está caracterizado por un análisis


más detallado de la composición interior de la televisión, con
referencia a las distintas tipologías de telefilmes y en
particular enfocando la atención sobre el género fantástico
que, entre los de la ficción, está pasando un período
particularmente próspero.

El último capítulo tratará como caso de estudio, entre los


del género fantástico, la célebre serie de tv Buffy, The
Vampire Slayer, de mucho éxito en los Estado Unidos al final
de los años ‘90.
Introduzione

Lo scopo di questa tesi è di fornire un’analisi del mezzo di


comunicazione rappresentato dalla televisione.
Lo studio della storia della televisione è importante per
capire le tappe che essa ha attraversato nel corso degli anni e
le sue evoluzioni che l’hanno portata ad essere il mezzo di
comunicazione di cui oggi quotidianamente usufruiamo.
Questa tesi si occupa in primo luogo di mostrare sia gli
aspetti positivi che le prime critiche mosse nei confronti del
mezzo.
Il primo capitolo verte su una descrizione storica e gene-
rale della televisione degli esordi e dei cambiamenti che ha
apportato nei ritmi e negli stili di vita della gente.
Il discorso parte dalla radio, come precorritrice della tv,
proseguendo con la nascita dei primi programmi.
Attraverso le ricerche di alcuni studiosi vengono poi trat-
tati alcuni dei primordiali meccanismi che sono stati indivi-
duati alla base del processo comunicativo della tv, ed infine
vengono presentate le principali critiche mosse alla televisio-
ne nel corso degli anni.
Il secondo capitolo indaga la televisione come specchio
del reale e mostra come all’interno di un particolare prodotto
come la fiction seriale possa essere racchiuso un intero mon-
do, verosimile alla realtà ma mai uguale.
L’elemento focale di questo capitolo è costituito dallo
studio delle differenze di genere e sotto genere di cui sono e-

~7~
spressione le serie televisive ed in particolar modo lo studio di
quello fantasy come portatore di elementi veicolanti e deter-
minati un particolare immaginario.
L’ultimo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di
una serie tv, Buffy, The Vampire Slayer, ideata da Joss Whe-
don. Essa rappresenta un pilastro dell’ibridazione di generi,
tecnica sempre più in espansione ai giorni nostri. Questa serie
è stata utilizzata come spunto per spiegare il tipo di immagi-
nario di cui può essere portatrice una serie e ricondurlo al fe-
nomeno più ampio dell’immaginario televisivo.
Infine è presente un brevissimo accenno alla tv on de-
mand, e la nuova, almeno in Italia, Netflix, piattaforma digi-
tale di videoteca in streaming, utile per una scelta mirata di
fruizione, ma allo stesso tempo pericolosa in quando poten-
ziale minaccia per un individuo che ne faccia un uso incauto.

~8~
Capitolo Primo
Le origini della televisione

Premessa

Nel mondo più di un miliardo e cento milioni di famiglie


vede la televisione a casa; (21 milioni in Italia). Contare i tele-
visori nei paesi occidentali ormai sarebbe impossibile, ogni
famiglia ne possiede più di uno e sopra le nostre teste più di
400 satelliti diffondono programmi televisivi. Si contano al-
meno 19.000 emittenti e stazioni tv per un fatturato di 368
miliardi di euro all’anno1. Queste sono statistiche chiaramen-
te approssimate e in continuo cambiamento che però danno
un’idea delle enormi dimensioni del fenomeno televisivo che
si colloca nella seconda metà del XX secolo.
Prima di poter parlare della televisione è doveroso sof-
fermarsi per qualche riga su quel dispositivo designato come
il precursore della tv: la radio.
La radio si diffonde negli anni ’20 e rappresenta una
grande novità per quel periodo. La sua fruizione riguarda la
sfera privata, si trova nelle stanze più interne della casa. È la
prima forma conosciuta di broadcasting. Una volta acquista-
to l’apparecchio radiofonico esso riceve continuamente un
flusso di contenuti parlati e sonori, dei quali i membri del nu-

1 E. Menduni, Televisioni, Il mulino, Bologna, 2009, p. 7.

~9~
cleo familiare possono usufruire senza pagare alcun biglietto
e senza doversi vestire e uscire di casa interrompendo i ritmi
della vita familiare quotidiana, come invece era necessario fa-
re per intrattenersi a cinema o a teatro.
La radio fu la prima ad annullare le distanze portando
per la prima volta la contemporaneità nella riproduzione dei
suoni. L’utente della radio, in qualunque posto si trovasse,
città o campagna, centro o periferia, adesso poteva partecipa-
re alla vita pubblica, le trasmissioni più varie, dalla benedi-
zione papale ai discorse dei governanti fino alle performance
dei cantanti più famosi, adesso entravano in casa sua. Tutto
ciò che era esclusivo, raro, pregiato ed eccezionale adesso era
accessibile, gratuito e quotidiano.
Ma la supremazia della radio non è mai stata totale ne-
anche nei paesi in cui essa ha conosciuto il suo massimo svi-
luppo, perche ha sempre dovuto fare i conti con il cinema. Il
principale limite della radio era chiaramente l’assenza di im-
magini in movimento. La radio e il cinema si spartivano ide-
almente il tempo libero dei cittadini: la radio si ascoltava in
casa e i film si vedevano nello spazio pubblico, soprattutto il
sabato e la domenica, fu un accordo facile quello tra radio e
cinema in quanto alla radio mancavano le immagini e il ci-
nema era muto2.

2 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 26.

~ 10 ~
1.1 Un fenomeno crescente

La televisione apparve come un’evoluzione necessaria della


radio. Essa non dovette cercare un uso sociale che le
permettesse di crescere, in quanto nata sulla scia della radio.

L'inizio della storia della televisione risale al 25 marzo


1925. L'ingegnere scozzese John Logie Baird propose il primo
modello meccanico di televisione la risoluzione dell’immagine
era di 30 linee con frequenza di 5 immagini al secondo3.
Nel 1927 Baird riuscì ad effettuare una trasmissione da
Londra a Glasgow grazie alla rete telefonica. La televisione di
Baird fu definita elettromeccanica, perché si basava su un
disco elettromeccanico inventato nel 1883 da Paul Gottlieb
Nipkow. Questo modello fu ben presto sostituito da uno
elettronico, nettamente superiore, in grado di fornire una de-
finizione molto più alta (più di 400 linee, invece delle 240
precedenti).

3 P. Quaranta, Prima dimostrazione di televisione: 90 anni fa in un cen-


tro commerciale in «La Repubblica.it». Accesso da
www.repubblica.it/tecnologia/2015/03/25/news/prima_dimostrazione
_di_televisione-110394126.

~ 11 ~
Il modello elettronico
fu realizzato il 7 settembre
1927 dall'inventore ameri-
cano Philo Farnsworth nel
proprio laboratorio di San
Francisco4.
Nella telecamera elettronica
di ripresa l’immagine capta- F IGURA 1. F ASCIO DI ELETTRONI
CHE ILLUMINA IL RETRO UNO
ta dall’obiettivo, colpiva una SCHERMO DI VETRO
tavoletta ricoperta di mate-
riale sensibile alla luce; la scansione veniva compiuta da un
fascio di elettroni che registravano le differenze di luminosità
punto per punto e le tra-
sformavano in impulsi elet-
trici da trasmettere. Il pezzo
più importante
dell’apparecchio ricevitore
era il tubo catodico, uno
strumento elettronico in cui
un altro fascio di elettroni il-
F IGURA 2. M ECCANISMO INTERNO
luminava dal retro uno DI UNA TELECAMERA
schermo di vetro ricoperto ELETTRONICA

di una sostanza fosforescen-


te.

4M. D’Amore, Democratizzazione mediale. La Comunicazione è uguale


per tutti?, Youcanprint, Lecce, 2014, p. 23.

~ 12 ~
Il tubo catodico è rimasto per molto tempo lo stesso: pe-
sante fragile e di notevole profondità5 dando ai televisori la
classica forma a cono nel retro.
Nella seconda metà degli anni ’30 in vari paesi come la
Germania (1936) e gli Stati Uniti (1939) si era pronti per la te-
levisione, si effettuarono esperimenti che portarono all’inizio
delle trasmissioni televisive pubbliche con una sempre più
vasta produzione di apparecchi televisivi. Questa macchina
appena nata e messa in funzione, subì però un arresto con
l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, pertanto la televisio-
ne, così come la conosciamo oggi, è figlia del dopoguerra.
Alla fine degli anni ’40 la tv esisteva solo nei paesi vinci-
tori della Seconda Guerra Mondiale, (Stati Uniti, Gran Breta-
gna, Francia e Unione sovietica), dunque la tv nasce nelle
grandi città delle nazioni più ricche. Successivamente si e-
stende alle altre nazioni, si propaga nei centri minori e infine
nelle campagne per raggiungere gli strati meno abbienti della
società, il tutto in un tempo abbastanza breve, meno di
vent’anni.
Tra il 1954 e il 1956 ben 19 paesi europei introducono la
televisione. In Italia le trasmissioni ufficiali della rai comin-
ciano il 3 Gennaio 1954, ma è già da due anni che a Torino ed
a Milano si trasmettono programmi sperimentali, sceneggiati,

5 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 28.

~ 13 ~
giornali e i primi spettacoli di intrattenimento6. Nel 1957 oltre
il 90% degli italiani è in grado di ricevere il segnale televisivo
e dal ’61 si è in grado di ricevere anche un secondo canale te-
levisivo. In definitiva, prima del 1960 la tv era già arrivata in
56 paesi nel mondo.
Negli anni ’60, l’epoca della “corsa allo spazio”, la televi-
sione esce dai confini nazionali grazie all’uso dei satelliti arti-
ficiali che permettono di portare il segnale a grandi distanze.
Il primo fu un satellite americano il Telstar del 1962.
L’oggetto aveva delle funzioni prevalentemente telefoniche
ma poteva trasmettere anche segnali televisivi, l’unico incon-
veniente era la durata di trasmissione che ammontava a una
mezz’ora al giorno in quanto viaggiando su un’orbita con tra-
iettoria ellittica poteva essere visibile contemporaneamente
da Stati Uniti ed Europa per poco tempo. Per ovviare a questo
limite dal ’64 i satelliti diventarono geostazionari, posizionati
ad una tale distanza dalla Terra in modo che girassero alla sua
stessa velocità e quindi apparissero fermi nel cielo e sempre
operativi. Ben presto furono mandati in orbita tre satelliti per
coprire contemporaneamente tutta la superficie terrestre7.
Negli anni ’70 la percentuale di paesi dotati di tv era rad-
doppiata e nei paesi sviluppati si diffondeva quella a colori8,

6M. Gamba, Il tempo e la storia: La nascita della Televisione in «Rai


Storia». Accesso da: www.raistoria.rai.it/articoli/la-nascita-della-
televisione/23820/default.aspx.
7 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 70.
8 Ivi, pp. 8-9.

~ 14 ~
in particolare in Italia nel 1977 e nel decennio successivo ven-
ne completata la copertura del paese.
Negli anni ’80 compare nelle case il videoregistratore,
per registrare programmi, guardare film in cassetta, acquista-
ti o noleggiati, e rendere accessibile ad ogni famiglia la possi-
bilità di vedere e rivedere più volte anche a rallentatore, i pas-
saggi del proprio film preferito. Il videoregistratore aumenta
l’indipendenza dello spettatore e permette di bypassare i rigi-
di orari della programmazione tv.
Dal 1997 comincia l’era dei televisori piatti. In sostituzio-
ne delle vecchie tv a tubo catodico arrivano il Plasma e l’LCD,
nasce il Dvd mandando in pensione il videoregistratore e la tv
si evolve fino a diventare quella che conosciamo oggi, fruibile
solo attraverso un digitale terrestre di ultima generazione.
La televisione offre un flusso continuo di programmi che
viaggia su una rete piramidale e unidirezionale, in inglese
broadcasting. I telespettatori possono solo ricevere, non co-
municare con l’emittente né tra loro. Inizialmente la trasmis-
sione avveniva “via etere” attraverso le onde hertz, ogni im-
magine veniva scomposta in linee che venivano lette come
una successione di punti da trasformare in impulsi elettrici,
l’apparecchio ricevente ricostruiva ciascuna immagine punto
per punto, una riga per volta. Più elevato è il numero delle li-
nee di scansione, migliore sarà la qualità dell’immagine; suc-
cessivamente il segnale è stato propagato anche via cavo, poi
si è aggiunto il satellite e infine il cavo a banda larga.

~ 15 ~
1.2 Cambiamenti nello stile di vita

La televisione è entrata nelle nostre vite cambiandole, ha ri-


voluzionato i gusti e le abitudini quotidiane in un modo che
non ha precedenti, ha catapultato l’Italia intera nella moder-
nità, mostrandone i pregi e i difetti. Nata 60 anni fa la televi-
sione è diventata subito il simbolo di un paese in trasforma-
zione.

La televisione degli esordi era una finestra sul mondo


con cose mai viste né immaginate fino ad allora. È con la tele-
visione che persone tanto distanti, dislocate in varie parti
d’Italia, possono guardare insieme i primi programmi, sentir-
si meno distanti e parlare la stessa lingua.

F IGURA 1. F AMIGLIA AMERICANA RIUNITA DAVANTI ALLA


TELEVISIONE FINE SECONDA GUERRA MONDIALE

~ 16 ~
Con l’arrivo del benessere le vendite dei televisori hanno
un’impennata, la platea si allarga a milioni di persone e
l’opera di unificazione nazionale compiuta dalla tv diventa un
fenomeno di portata storica.
La televisione entra nelle case degli italiani e provoca un
terremoto nella vita e nelle abitudini e incide sul vecchio stile
di vita9, questo perché ciò che è trasmesso alla televisione, ri-
ceve una certificazione sociale della propria importanza, una
visibilità amplissima.
La gente comune non guarda questa o quella trasmissio-
ne, ma un flusso complessivo in cui riconosce un modo per
apprendere il senso della vita, che non era più ricavabile in
modo tradizionale, tramandato di padre in figlio, vista la di-
stanza generazionale dovuta ai rilevanti cambiamenti di stile
di vita. Il successo popolare della tv è legato alla sua capacità
di rispondere alle varie esigenze della massa dei cittadini. Le
persone più colte la sfruttano principalmente come mezzo di
informazione; la gente comune invece non esercita alcuna
funzione selettiva sul materiale televisivo e la sfrutta princi-
palmente per l’intrattenimento tornando a casa, dopo una du-
ra giornata di lavoro.

Differentemente dalla macchina da presa cinematografi-


ca, quella televisiva simula lo sguardo dello spettatore, eccetto

9 M. Gamba, Il tempo e la storia: La nascita della Televisione in «Rai


Storia». Accesso da: www.raistoria.rai.it/articoli/la-nascita-della-
televisione/23820/default.aspx.

~ 17 ~
nei programmi di finzione, i protagonisti guardano in mac-
china e si rivolgono allo spettatore a casa come ad un amico
di famiglia. La televisione è considerata agli esordi come una
finestra sul mondo, adesso non è più portatrice di realtà, ma
la costruisce, creando un secondo mondo luccicante e palpi-
tante da guardare attraverso una scatola.
Essa è considerata anche come un “nuovo focolare dome-
stico” giacché nella famiglia patriarcale quasi non esisteva il
dialogo, la sera il marito andava all’osteria, i figli a letto e la
moglie si intratteneva per qualche tempo lavorando ai farri
per poi andare a letto anche lei.
La tv degli esordi svolgeva un ruolo pedagogico per il pe-
se, proponeva uno spazio pubblico di condivisione, in un pe-
riodo in cui l’Italia poteva essere considerata come un arcipe-
lago frammentato di piccole comunità autosufficienti, che per
le difficoltà di comunicazione del tempo, probabilmente non
sarebbero mai entrate in contatto con la cultura. La tv supe-
rava le differenze dei dialetti e delle classi sociali, attraendo
davanti allo schermo una porzione varia di persone.
La televisione è stata protagonista e testimone della mo-
dernizzazione italiana, incide sulla frugalità del vecchio stile
di vita, sulla socialità e soprattutto sull’istruzione. È con la
creazione di programmi come Telescuola che l’istruzione
post-elementare arriva anche in luoghi dove le persone non
avevano la possibilità di completare gli studi.
La tv è anche adattamento dei grandi romanzi, riduzione
dei classici della letteratura, con essa la cultura alta entra nel-

~ 18 ~
le case degli italiani. Lo sceneggiato te-
levisivo è uno strumento straordinario
di crescita culturale, molti italiani per
la prima volta imparano a conoscere i
capolavori della letteratura straniera e
i grandi classici, la narrativa o scene di
teatro e ripercorsi capitoli della storia
nazionale. Oltre a Telescuola del 1958
F IGURA 2. L ASCIA O
cominciarono a presentarsi al pubblico R ADDOPPIA ? CON
i primi programmi come “Non è mai M IKE B ONGIORNO ,
SECONDA METÀ DEGLI
troppo tardi” del 1960 e inchieste co- ANNI '50
me “Viaggio nel Sud”, 1958, ed altri
con un ruolo di intrattenimento che sono entrati nella nostra
memoria culturale come “Il Festival di Sanremo”, “Lascia o
Raddoppia?” (1955), “Carosello” (1957), “Canzonissima”
(1958)10.
La televisione aveva la possibilità di mostrare diretta-
mente nelle case delle persone i vantaggi veri o presunti della
nuova situazione politica, ed esibire il benessere prima ancora
che fosse materialmente arrivato nelle famiglie, soprattutto
attraverso la presentazione di storie prese dalla realtà ameri-
cana o ciò che avveniva nelle parti più avanzate di ciascun pa-
ese11.

10 AA.VV.,Giornali, radio, tv, in «150 Storia d’Italia negli Archivi Alina-


ri». Accesso da www.150storiaditalia.it/it/approfondimento/mass-
media-in-vita-quotidiana.
11 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 41.

~ 19 ~
La televisione alla fine degli anni ’50 arrivò in quasi tutti
i paesi d’Europa e in Italia costituì un elemento di democra-
tizzazione controllata e di modernizzazione, diventando il
concreto surrogato di una carente scolarità e alfabetizzazione.
La tv ovunque è vista come un “servizio culturale” che lo Stato
eroga a tutti i cittadini.
Inizialmente il televisore era acquistato da una fascia di
consumatori agiata, estendendosi ben presto per imitazione
anche ai ceti mano abbienti. Nel decennio successivo la televi-
sione si impone come modello dominante di comunicazione e
di intrattenimento domestico, e il cinema e il teatro diventano
consumi di nicchia.
Il rapporto della tv con in mercato all’inizio è molto de-
bole, la pubblicità è marginale o non ammessa e per gli inve-
stitori è arduo trovare uno spazio pubblicitario televisivo.
Ciononostante nella fase di sviluppo della tv questo non rap-
presenta un problema, grazie all’abbondanza di denaro deri-
vata dai proventi della radio. La nascita della televisione e il
suo carattere pubblico turbano gli equilibri consolidati in pre-
cedenza dalla radio e questo richiede compromessi.
Un primo compromesso è necessario con le opposizioni
politiche, la prima regola che sorge è: l’informazione sarà
tendenzialmente favorevole al governo in vigore ma contenu-
ta. I giornali temevano che la pubblicità televisiva erodesse la
loro primaria fonte di guadagno, il cinema temeva di perdere
i suoi spettatori, quindi il compromesso consistette nel tra-
smettere solo vecchi film e in giorni che non danneggiassero il

~ 20 ~
cinema ed infine la scuola temeva la concorrenza a causa del
carattere accattivante della televisione che attirava bambini e
ragazzi a sé con modi di apprendimento più facili, pertanto si
voleva una programmazione educativa solo complementare
alla scuola.

1.3 La “morte” della cultura in senso classico

La televisione europea amava le trasmissioni da studio con


una scenografia semplice e scene prive di imprevisti. Con le
trasmissioni crescevano anche gli addetti al settore, tecnici e
professionisti, costumisti, fonici, il cameraman, l’assistente di
studio e soprattutto il regista televisivo che dirigeva in tempo
reale i movimenti delle telecamere e sceglieva le inquadrature
migliori.

Le trasmissioni a cadenza periodica si chiamavano “ru-


briche” ed erano indirizzate ciascuna ad una categoria sociale.
Vi erano trasmissioni per le casalinghe, spettacoli di varietà
con balletti, canzoni e scenette comiche, trasmissioni educati-
ve per i bambini nel pomeriggio e i giochi televisivi dal format
americano. Dalla fiction allo sceneggiato la televisione si rive-
lava sempre più “avida consumatrice di programmi”12.

12 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 56.

~ 21 ~
Fin dagli anni ’50 la televisione era considerata come di-
spensatrice di socializzazione e in quegli anni favoriva la mo-
bilità sociale verso l’alto proponendo a tutti lo stesso patri-
monio di informazione, conoscenza, intrattenimento e parte-
cipazione politica. Marshall McLuhan nel 1964, chiamò il no-
stro mondo “villaggio globale13”, perché grazie ai media
l’uomo disponeva di una nuova e potente “sensorialità”, i me-
dia costituivano un prolungamento dei nostri sensi14. Secondo
altri invece la televisione serviva a modernizzare il dominio,
la manipolazione e il controllo del consenso. Livellava verso il
basso e volgarizzava la vita culturale. Era uno strumento per
accrescere il dominio di una classe sull’altra e formare attorno
ad esso il consenso.
Un esempio tipico del controllo dello schermo televisivo
sulla popolazione ci è fornito dal romanzo 1984 di George
Orwell15. L’enorme schermo o “Occhio del Grande Fratello” è

13 Il "villaggio globale" è un ossimoro inventato da Marshall McLuhan


per descrivere la situazione contraddittoria in cui vive l’uomo modero. I
due termini dell'enunciato si contraddicono a vicenda, il "villaggio" e-
sprime qualcosa di piccolo, mentre "globale" sta a significare qualcosa
che coinvolge l'intero pianeta. Esso mostra come, con l'evoluzione dei
mezzi di comunicazione, tramite l'avvento del satellite che ha permesso
comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato
“piccolo” e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un
villaggio. Le distanze che in passato separavano le varie parti del mondo
si sono ridotte e il mondo stesso ha smarrito il suo carattere di infinita
grandezza per assumere quello di un villaggio. Cfr. M. McLuhan, B. R.
Powers, Il villaggio globale. XXI secolo: trasformazioni nella vita e nei
media, Sugarco Edizioni, Milano, 1989.
14 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 57.
15 Il romanzo di George Orwell 1984 è ambientato in un cupo futuro to-

talitario, ogni casa è provvista di uno schermo da cui il dittatore si rivol-

~ 22 ~
l’immagine oppressiva di una televisione onnipresente, con-
cetto fatto proprio dall’intellettualità di sinistra del mondo
occidentale. Fu proprio la scuola di Francoforte e i suoi filoso-
fi a sperimentare sulla propria pelle l’uso propagandistico che
il nazismo fece degli apparati di comunicazione. Furono co-
stretti a fuggire dalla Germania e poi dall’Europa invasa ripa-
rando negli Stati Uniti. Ciononostante, loro malgrado, scopri-
rono che anche là i media erano utilizzati per il condiziona-
mento delle masse, di qui il nucleo di una teoria che vedeva
nella diffusione di massa di prodotti culturali uno strumento
efficace con cui la classe dominante esercitava il proprio do-
minio attraverso il consenso. Fu proprio da questa teoria che
nacque il concetto di “industria culturale”16.
Qualcuno ha visto nella televisione un’espressione di
“volgarità”, un genere basso, contrastante la cultura consoli-
data ed in particolare la scrittura, perché com’è noto, la visio-
ne della tv non richiede la conoscenza dell’alfabeto, non ri-
chiede il saper leggere e scrivere, né di un mediatore autoriz-
zato, come per esempio un insegnante, che educhi lo spettato-
re nella fruizione della televisione. Con il passare del tempo si
nota sempre di più nella televisione un antagonismo verso
tutte le espressioni culturali in cui prevale la parola scritta
sull’immagine, un antagonismo verso la fatica di leggere e di

ge ai cittadini e allo stesso tempo può spiarli in ogni istante della loro vi-
ta.
16 M. D’amore, Democratizzazione mediale, La Comunicazione è uguale

per tutti?, cit., p. 18.

~ 23 ~
capire. Si evince che la televisione stava abbandonando la sua
primitiva funzione di educatrice e riproduttrice di eventi e
spettacoli, per assumere una forma culturale propria.
Addirittura Guy Debord fa, della questione culturale,
l’elemento costitutivo della Società dello spettacolo, infatti e-
gli dice:

«Là dove nessuna regola di condotta può più mantenersi,


ogni risultato della cultura è un passo avanti verso la sua dis-
soluzione»17.

L’uomo è sempre stato un animale simbolico, perché circon-


dato da elementi non solo fisici ma anche simbolici. La televi-
sione è espressione del vedere che prevale sul parlato. Il tele-
spettatore è più un animale vedente che simbolico, per lui le
realtà rappresentate attraverso le immagini valgono più di
quelle espresse a parole e questa peculiarità fornitagli dalla
televisione lo avvicina alle sue capacità ancestrali. La televi-
sione sta attraversando una fase di cambiamento, non è più
soltanto strumento di comunicazione ma genera un nuovo ti-
po di essere umano.
Il bambino sottoposto fin dall’infanzia ad un’esposizione
continua alla tv, prima ancora di imparare a leggere e scrive-
re, lì riceverà il suo imprinting, crescendo si ritroverà ad es-

17Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai edito-


re, Trebaseleghe (PD), 2008, p. 162.

~ 24 ~
sere un adulto impoverito e segnato a vita da un’atrofia cultu-
rale.
Il costo di una cultura di tutti, come quella divulgata dal-
la televisione, è il suo declassamento ad una sotto cultura. È
anche vero però che la televisione aiuta e danneggia, innalza
ed abbassa culturalmente, essa non può essere né condannata
né esaltata, tutto dipende dal tipo di uso che ne fa il fruitore e
dai programmi che, derivanti dalla sua concezione di realtà,
sceglie di seguire. La dicotomia bene/male di cui è portatrice
la televisione è articolata tutta nella capacità dell’uomo di a-
strazione dei contenuti che capta da essa18.
La televisione produce immagini e cancella i concetti,
non produce idee ma si inserisce in idee e opinioni preesi-
stenti, quindi il linguaggio concettuale (quello caratterizzante
la capacità di proiezione) viene sostituito da quello percettivo
(legato alle immagini) decisamente più povero del primo dal
punto di vista del significato, è questo il motivo per cui quan-
do vediamo la riproduzione filmica di un romanzo preceden-
temente letto lo consideriamo deludente, esso è decisamente
più povero dell’immagine mentale che abbiamo costruito del-
la storia.
La tv si è evoluta tanto dalla sua creazione ai giorni nostri
e Sartori non sbaglia affatto affermando che «il vedere sta a-
trofizzando il capire».

18G. Sartori, Homo videns. Televisione e post-pensiero, Laterza, Bari,


2002.

~ 25 ~
Il video-dipendente ha meno senso critico di chi è ancora un
animale simbolico addestrato nell’impiego di simboli astratti.
perdendo la capacità di astrazione perdiamo anche la capaci-
tà di distinguere tra vero e falso19.

La televisione è considerata da molti come non libera, perche


commercializzata (quindi asservita al potere economico) e po-
liticizzata (asservita al potere politico). Di qui l’accusa genera-
lizzata verso la televisione di essere un elemento di condizio-
namento e di dominio da parte del potere politico, o uno
strumento per indurre gli spettatori attraverso la pubblicità
ad acquistare e consumare anche generi ritenuti superflui,
con forme di persuasione occulta.
Lo strumento in sé, del televisore, per la sua struttura u-
nidirezionale non consente uno scambio paritario con lo spet-
tatore, bensì unidirezionale e verticale, come se imponesse
dall’alto le informazioni che diffonde.
Tra le critiche mosse nei confronti della televisione si annove-
rano diversi filoni, Jean Baudrillard chiude totalmente la por-
ta ad un contributo positivo della televisione, soprattutto ver-
so l’infanzia. Un altro filone ha preso in esame lo sviluppo
dell’informazione televisiva, rispetto a quella fornita dai gior-
nali, criticando la capacità che essa ha di “creare la realtà”,
fornire rappresentazioni e ricostruzioni giudicate credibili ma
non sempre convalidate dall’effettivo svolgimento dei fatti.

19 G. Sartori, Homo videns. Televisione e post-pensiero, cit., p. 71.

~ 26 ~
Per Baudrillard l’effetto di sostituzione della realtà da parte
del suo simulacro televisivo, la rappresentazione, costituisce il
delitto perfetto perpetrato dalla televisione20.

1.4 Il potere del piccolo schermo

La prima interpretazione della comunicazione di massa va


sotto il curioso appellativo di “teoria ipodermica21” di Harold

20 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 61.


21 La “teoria ipodermica” nasce negli Stati Uniti nel periodo tra le due
guerre mondiali (1920-1930). Ideata da Harold Lasswell, appare essere
un’interpretazione intuitiva, di senso comune, del funzionamento dei
media in un periodo, quello tra le due guerre mondiali che vedeva i re-
gimi totalitari europei utilizzare il cinema e la radio come strumenti di
propaganda capaci di mobilitare milioni di individui. Per spiegare al
meglio il termine è utile partire dal nome: ipodermico è il messaggio che
arriva al destinatario come fa un ago che colpisce “sottopelle” ciascun
membro del pubblico singolarmente e penetra poi in profondità. La teo-
ria prende forma a partire da tre presupposti: uno psicologico, uno so-
ciologico ed infine uno funzionale.
Il presupposto psicologico poggia le sue basi sulla teoria comportamen-
tista secondo la quale a uno stimolo prodotto attraverso il messaggio
corrisponde una risposta e cioè la persuasione del destinatario, produ-
cendo l’effetto voluto dall’emittente. Qualora il destinatario sia esposto a
lungo termine a messaggi simili può subire effetti di “condizionamento”.
Il presupposto sociologico è quello che interessa la vulnerabilità degli
individui che hanno perduto, a causa dei processi di massificazione, le
loro relazioni primarie. Aumentano così la solitudine e l’isolamento che
vengono in qualche modo compensati dal senso di appartenenza e di i-
dentità prodotto dai mezzi di comunicazione di massa adibiti ad ele-
mento “familiare” all’interno della loro vita.
Il presupposto funzionale riguarda il compimento della teoria ipodermi-
ca. Una volta messo in moto il meccanismo, il messaggio prodotto e as-
similato, condiziona il comportamento del destinatario. Cfr. R. Stella,
Sociologia delle comunicazioni di massa, UTET Università, Torino,
2012, p. 260-262.

~ 27 ~
Lasswell detta anche “Bullet Theory” ovvero “teoria del pro-
iettile”, designa un pubblico dal ruolo del tutto passivo che si
fa propinare, qualunque contenuto, indipendentemente dalle
proprie caratteristiche personali e sociali, il messaggio "spa-
rato" dai media viene "iniettato" direttamente nella pelle del
ricevente.

Secondo Karl Mannheim:

«La persona media cede parte della sua individualità cultu-


rale, essa si abitua ad essere guidata dagli altri in misura cre-
scente e gradualmente rinuncia alla propria interpretazione
degli eventi per quella che gli forniscono gli altri22»

I media sono molto potenti perché attraggono immense folle


con slogan e parole d’ordine che funzionano per le persone
come gli stimoli pavloviani per i cani, essi esercitano un fasci-
no difficilmente controllabile su uomini e donne, i quali si la-
sciano condizionare trasformandosi in masse cieche e perico-
lose.

Nella società americana del benessere, tra 1950-1960, si


sviluppò invece la teoria dell’influenza selettiva dei media che
affermava che dei media si fa un uso selettivo, ci si rivolge a
loro per soddisfare esigenza di intrattenimento, di relax e di

(Tuttavia la nozione di teoria ipodermica come mezzo di convincimento


degli spettatori televisivi è un concetto superato perché attraverso studi
successivi si è visto che non è più questo il metodo di convincimento
delle masse ma è il familiarizzare il fruitore a quel tipo di realtà, o bene
che si vuole proporre).
22 R. Stella, Sociologia delle comunicazioni di massa, cit., p. 261.

~ 28 ~
conoscenza, questo genera una soddisfazione secondo il mo-
dello chiamato degli “Usi e Gratificazioni23”. Per riprendere
un’efficace espressione riportata da Wolf (1985), il modello
degli Usi e Gratificazioni consente di passare dalla domanda
«che cosa fanno i media alle persone?», alla domanda «che
cosa fanno le persone con i media?». Questo interrogativo co-
stituisce un cambiamento basilare rispetto a gran parte delle
ricerche condotte fino agli anni ’7024. I media più che modifi-
care o creare le opinioni delle persone le sfruttano per raffor-
zarle o screditarle.
Ma quali sono gli effetti a lungo termine di una così ele-
vata esposizione alla televisione? Secondo la Cultivation the-
ory di Gerbner del 1976, la televisione è un sistema omogene-
o, i cui contenuti “coltivano” a lungo termine le tendenze delle
persone. Sandra Ball Rokeach e Melvin DeFleur elaborano

23 La teoria degli "Usi e Gratificazioni" incarna una teoria “ponte” che


riconosce all’audience un ruolo attivo. Venne sviluppata all'inizio degli
anni sessanta dal sociologo e studioso della comunicazione americano
Elihu Katz. Questo modello spostò l´attenzione dall´oggetto (i media) al
destinatario (il pubblico). Katz poneva il pubblico come elemento prin-
cipale della sua ricerca, non più considerato come passivo e manipolato
bensì attivo; gli spettatori sono orientati verso uno scopo che essi cerca-
no di realizzare attraverso l´uso dei mass media. I media producono de-
gli effetti solo se sono in grado di gratificare i bisogni del loro pubblico
Il ricevente determina cosa verrà assorbito e cosa invece non riuscirà ad
influenzare il suo pensiero, la fruizione e l’interpretazione del contenuto
dei messaggi dipendono quindi dai contesti sociali e psicologici dei de-
stinatari. L’opinione individuale è molto più potente del contenuto che i
media cercano di trasmettere. La relazione Emittente/Destinatario vie-
ne riproposta con maggiore parità. Cfr. A. Marinelli, G. Fatelli, Tele-
visioni. L'audience come volontà e come rappresentazione, Meltemi,
Roma, 2007, pp. 13-14.
24 R. Stella, Sociologia delle comunicazioni di massa, cit., p. 313.

~ 29 ~
l’ipotesi della dipendenza dai media: una dipendenza cogniti-
va; nelle relazioni sociali i media trasmettono stili di vita che
con il passare del tempo diventano norma e vengono assimi-
lati dagli individui che ne fruiscono, sia a livello linguistico
che nello stile di vita interpersonale. Con l’avanzare di questi
studi si analizzano i rapporti della tv con la memoria e
l’attività cognitiva, bombardata tra esperienze reali, realtà
mediata dai media e fiction. La tv tende a generare propri va-
lori, stili di rappresentazione, in definitiva un mondo proprio
che si sovrappone e sostituisce alla realtà.

~ 30 ~
Capitolo Secondo
Serialità televisiva e introduzione del “super genere”:
il fantasy

Premessa

Successione ordinata e continua di elementi, concreti o


astratti, dello stesso genere, è il significato del termine “se-
rie”25.
Per articolare un discorso sociologico e per certi versi
psicologico dell’ecosistema narrativo e di senso che ruota at-
torno alla televisione ed in particolar modo intorno al mondo
delle serie tv è doveroso dedicare alcune pagine ad una intro-
duzione quasi puramente descrittiva dal punto di vista forma-
le della nomenclatura delle serie, per introdurre il lettore, nel
mondo dei telefilm.
La televisione ha fatto proprie le formule della narrazio-
ne seriale che, per gran parte dell’ottocento avevano caratte-
rizzato le librerie, con il romanzo a puntate, designato dal
termine francese feuilleton, e le pagine dei giornali.
Successivamente la tv degli anni ’40 accolse la serialità
narrativa riprendendola dalla radio, che già proponeva spet-

25Definizione del termine “serie” in Enciclopedia Treccani online. Ac-


cesso da www.treccani.it/vocabolario/tag/serie.

~ 31 ~
tacoli seriali come il radio drama26, nato negli anni ’30 e la
soap opera che ebbe maggiore diffusione durante gli anni
’4027.
I primi programmi televisivi puntavano
sull’intrattenimento basato sui game show e quiz, sullo spet-
tacolo di varietà, sullo sceneggiato e sulla fiction ovvero lo
spettacolo di finzione. La tv adottò subito un modello di lunga
serialità che consisteva nella messa in onda di finzione sceni-
ca presentata al pubblico tramite appuntamenti fissi attra-
verso i quali i personaggi diventavano familiari, l’ascolto era
prevedibile, venivano abbattuti i rischi di produzione e le spe-
se di scenografia e allestimento specialmente per le storie
ambientate in interni28.
Col tempo la produzione narrativa adottava sempre più
le caratteristiche di un filmato cinematografico, con regia di
stampo simile a quello hollywoodiano. Dalla produzione di
racconti ad episodio unico si passò alla produzione seriale.
Importante è il passaggio dalla riproduzione dal vivo
all’incisione su pellicola dei teledrammi, che adesso potevano
essere spediti lontano senza che gli attori dovessero recitare

26 Il radio drama presentava elementi in comune con il teatro, le tra-


smissioni venivano realizzate in diretta e consistevano nella riduzione di
classici della letteratura. Cfr. M. De Marco, Timeline TV: Cronistoria
delle serie televisive, Area51 Publishing, Bologna, 2014, p. 14.
27 M. A. Rumor, Created by. Il nuovo impero americano delle serie TV:

Buffy, C.S.I., Alias e tutte le altre, Tunué, Latina, 2005, p. 27.


28 E. Menduni, Televisioni, cit., p. 35.

~ 32 ~
più volte la stessa puntata per accontentare gli abitanti di zo-
ne con diverso fuso orario dal luogo di produzione29.
Un altro valore aggiunto dalla riproduzione su pellicola
era l’inserimento di interruzioni pubblicitarie vendute agli in-
serzionisti che costituivano un importante introito economico
per le reti30.
Le diverse tipologie di racconto della serialità degli esor-
di all’interno del genere drama erano: il family-drama, il poli-
ce-drama (poi evolutosi nel crime-drama), il legal-drama, il
medical-drama, l’action-drama, il thriller-drama ecc. La loro
struttura era sempre uguale, possedevano una trama verticale
che si apriva e chiudeva nello stesso episodio senza elementi
di continuità con le puntate successive della stessa serie.

2.1 Uno sguardo ai giorni nostri

La serialità televisiva ha vissuto e sta vivendo una sorta di ri-


nascimento ai giorni nostri, questo genere televisivo affonda
le sue radici negli albori del mezzo di comunicazione.
L’incrementarsi delle nuove tecnologie, capaci di fornirci ef-

29 M. De Marco, Timeline TV: Cronistoria delle serie televisive, op. cit.,


p. 14.
30 Gli studios di Hollywood vendevano le serie create alle reti tv che es-

sendo una evoluzione delle reti radiofoniche possedevano le frequenze


della ABC, NBC, CBS. Cfr. M. De Marco, Timeline TV: Cronistoria delle
serie televisive, cit., p. 15.

~ 33 ~
fetti speciali sempre più sensazionali, ha creato una differente
percezione della serialità televisiva rispetto al passato. È così
che molti appassionati non si soffermano più alla semplice vi-
sione passiva delle serie ma proseguono l’esperienza al di fuo-
ri dell’ambiente televisivo cercando notizie o addirittura
fruendo della visione in rete attraverso canali leciti o illeciti
come lo streaming o il download illegale. In rete gli appassio-
nati delle serie tv possono anche confrontarsi con loro simili
attraverso i forum.

Le serie tv stanno vivendo un periodo di grande espan-


sione che sta permettendo loro di uscire dalla nicchia televisi-
va per coinvolgere un numero sempre più crescente di fruito-
ri, diventando addirittura un prodotto di massa. È in questo
contesto di sviluppo a macchia d’olio delle serie tv che si pos-
sono distinguere due modelli “tipo” di consumatori.
Il primo è caratterizzato da un fruitore più attento, inte-
ressato sia alla trama che al contesto televisivo nel quale i fatti
si sviluppano, fa particolare attenzione al cast, al set nel quale
si svolge l’azione, e persino ai guest star che compaiono di
volta in volta nei vari episodi. Il secondo fruitore invece è un
grande appassionato di storie, affetto da “bulimia televisiva”,
il cui unico interesse è trovare una serie tv che possa catturare
la sua attenzione (non importa di che genere essa sia), senza il
bisogno di porsi molte domande, affascinato solo dal realismo

~ 34 ~
conferito alle storie, anche attraverso la loro estremizzazione
molte volte lontana dalla realtà degli spettatori31.
In questo tipo di fruitore, come afferma Stefano Zecchi,
la televisione riempie un vuoto, essa diventa quasi un sotto-
fondo ed un modo per cacciare la noia e la tristezza:

Il vuoto riempito dalla televisione è la testimonianza


dell’immenso potere televisivo e della sua capacità di stabilire
una relazione diretta e forte con il popolo. La televisione rie-
sce ad impadronirsi del nostro tempo […] perché trova il no-
stro vuoto esistenziale disponibile ad accoglierla32.

Guardiamo quello che c’è perche la tv ci fa da compagna


quando non abbiamo alternative egualmente accattivan-
ti.
In Italia l’interesse per la narrazione seriale ha avuto una
forte ripresa grazie all’avvento del satellitare che, così come
per la tv degli esordi, necessitava attrarre a sé il maggior nu-
mero di persone possibile ed ecco che insieme alla rinascita
delle serie tv va sempre di più diffondendosi il fenomeno della
fidelizzazione.
Il fenomeno della fidelizzazione è nato come espediente
commerciale per incantare il pubblico verso un determinato
format il quale, rimanendo uguale nel tempo, porta con se un

M. De Marco, Timeline TV: Cronistoria delle serie televisive, cit., p. 5.


31

S. Zecchi, L’uomo è ciò che guarda. Televisione e popolo, Mondadori,


32

Milano, 2005, pp. 10-11.

~ 35 ~
senso di familiarità, volto ad incrementare affezione ed empa-
tia nel pubblico.
La fidelizzazione del pubblico nella serie tv verte sulla
puntualità della programmazione, l’immutabilità del palinse-
sto, è necessario che la scadenza degli episodi una volta di-
chiarata resti invariata nel tempo. Essa è principalmente
mandata in onda in momenti privilegiati della giornata (ora
di pranzo o cena o nella prima fascia pomeridiana o serale),
attirando a sé un ampio target di individui.
Le serie tv dei nostri giorni piacciono perché sono popo-
late da antieroi. I protagonisti sono apprezzati perché vicini a
chi li guarda, tendendo a mettere in evidenza vizi e virtù
dell’uomo comune, anche quando la storia si sviluppa in un
ambito distante dal telespettatore medio.
Ormai lontana dal famoso politically correct, la serialità
televisiva trasmette serie sempre più spinte, che vanno in on-
da anche in fasce orarie non protette. Sono veramente esigue
ormai le serie in cui i personaggi sono portatori di buon e-
sempio in cui le storie hanno una funzione didattica ed una
morale finale33.

33 M. De Marco, Timeline TV: Cronistoria delle serie televisive, cit., p.


11.

~ 36 ~
Come affermava Karl R. Popper la televisione è una cat-
tiva maestra in quanto “produce violenza e la porta in casa
dove, altrimenti, violenza non ci sarebbe”34.

2.2 Telefilm

Molti dei telefilm classici traggono spunto da film di successo


e non, che con il passaggio alla televisione hanno avuto un in-
dice di ascolto considerevole. Già nel 1948 i telefilm si diffon-
devano in tutto il territorio americano in maniera regolare. I
primi programmi seriali, i cd. “B movie”, la cui tematica era il
western, riempivano per alcune ore la trasmissione.

L’invasione dei telefilm degli anni ’50 e ’60, tolse di scena


il genere western per fare velocemente spazio a uno stile più
allegro e rivoluzionario come “I Love Lucy” successo del 1951,
con Lucille Ball, per la quale venne appositamente coniata la
definizione di “situation comedy”35.
Nella raccolta di scritti “Sugli specchi ed altri saggi” nella
sezione l’innovazione nel seriale, Umberto Eco ha proposto
due modelli costitutivi di una moderna produzione seriale, la
serie e la saga. La serie, con l’ausilio di personaggi fissi, ripete

34 K. R. Popper, Cattiva maestra televisione, Marsilio, Trebaseleghe


(PD), 2002, p. 76.
35 A. Grasso, La fortuna di un nome, la fortuna di un genere, in L. Da-

merini, F. Margaria, Dizionario dei telefilm, Garzanti, Milano, 2001.

~ 37 ~
gli stessi eventi come avviene per i fumetti, i personaggi non
cambiano, rimangono statici in un’età ideale. La saga invece,
fa diventare i personaggi protagonisti di una lunga storia, per
poi sostituirli dopo la loro morte o scomparsa con discendenti
(figli, nipoti, cugini).
Il genere più diffuso di telefilm al giorno d’oggi è il
serial36, caratterizzato da un numero indefinito di puntate
con vicende narrative complesse, ogni puntata è concatenata
alle precedenti e alle successive pur avendo un significato a sé
stante, la narrazione può procedere ciclicamente, con abbon-
dante uso di dialoghi ed una vasta presenza di primi piani.
Essi al loro interno si differenziano in soap operas, e teleno-
velas.
Le soap operas, il cui termine deriva dal fatto che questi
serial tv erano sponsorizzati da pubblicità che proponevano
prodotti di uso domestico, sono perlopiù rivolti ad un pubbli-
co di casalinghe. Esse sono tipiche del nord America come
Sentieri, Beautiful o il Segreto, sono caratterizzate da un forte
intreccio sentimentale tra i personaggi e costellate di risvolti
drammatici.
Le telenovelas sono prodotte principalmente nel sud
America come Violetta, ricche di colpi di scena e rivelazioni
clamorose.
La serie, è caratterizzate da episodi ciclici, in cui a perso-
naggi ed ambienti fissi, si aggiunge, ad ogni episodio, un atto-

36 Ivi.

~ 38 ~
re ospite (guest star) legato a qualche vicenda che modifica
momentaneamente la storia per poi ricomporsi alla fine
dell’episodio. In questo genere i protagonisti sono senza me-
moria, cioè l’episodio è chiuso in sé, e l’ordine delle puntate
può essere alterato senza che nessuno se ne accorga perché
nessun personaggio cita una vicenda o fatto precedente. Tutti
i personaggi rimangono sempre gli stessi e non crescono psi-
cologicamente.
La serie è caratterizzata da due varianti, che presentano ca-
ratteristiche diverse in base alla situazione narrativa e alla
durata degli episodi.
Le sitcom (situation comedies), che durano in media cir-
ca 25-30 minuti (comprese di pubblicità), sono programmate
nei giorni feriali e mandate in onda durante fasce orarie più
seguite. Il genere vede situazioni comiche caratterizzate da un
dialogo scoppiettante con molte battute, raccontate in un am-
biente familiare, svolto in uno studio di fronte al pubblico che
attraverso le proprie risate e applausi (a volte anche inserite
artificialmente) sottolinea i momenti maggiormente esilaranti
dello spettacolo. La sitcom, essendo uno spettacolo leggero,
spesso è stato utilizzato per far assimilare al pubblico mes-
saggi forti tra una battuta e l’altra37.
Interessante è il concetto di workplace family inserito
nella serialità televisiva che considerava l’ambiente domestico

37 M. De Marco, Timeline TV: Cronistoria delle serie televisive, cit., p.


11.

~ 39 ~
come luogo di lavoro, centro dell’azione dei personaggi della
sitcom38.
Un grande classico di workplace family è rappresentato da I
Robinson edizione italiana di The Cosby Show racconta le vi-
cende di una famiglia di colore esponente di una classe bene-
stante con numerosi figli. Questo show attualizza tematiche
frequenti in quegli anni come la convivenza fuori dal matri-
monio, le gravidanze inattese o la dislessia, il tutto con
un’acuta attenzione nel non trattare mai di petto la questione
del colore della pelle, data l’inusuale partecipazione di una
famiglia di colore in tv che rappresentasse la classe agiata del-
la società. Lo spettacolo aveva una funzione illustrativa, del
rapporto genitori-figli, ed una educativa nei confronti della
società.
Il Dramedy39 è un genere ibrido e di passaggio tra la vec-
chia narrazione televisiva di stampo teatrale e quel comples-
so di elementi più vicino alla concezione attuale che abbiamo
della struttura televisiva. Il termine dramedy in italiano tra-
gicommedia è l’ibridazione di due generi del tutto contrari
drama e comedy.
Nel dramedy il centro dell’azione si svolge nel luogo di lavo-
ro, è un genere nel quale ad un tasto drammatico se ne affian-
ca uno comico, brillante che offre spunti per riflessioni im-

38 Ivi, p. 45.
39 Ivi, p. 75.

~ 40 ~
portanti. Un esempio lampante di questa unione di generi è
Desperate Housewives, serie del 2004.
La categoria del telefilm può essere declinata in più gene-
ri narrativi, i principali sono: le serie, le soap operas, le tele-
novelas, le situation comedy, i dramedy, che a loro volta pos-
sono differenziarsi in science fiction, teen drama, polizieschi,
western, musical, horror, hospital drama ecc.

Tuttavia qualunque sia il genere selezionato per la serie, come


diceva Chiara Checcaglini:

Una delle caratteristiche principali della serialità televisiva è


che per quanto le variabili artistiche siano significative, la
dimensione commerciale rimane il criterio ultimo che stabili-
sce il destino delle singole serie tv40.

Ed è per questo che a causa dell’interesse economico vengono


ideati tutta una serie di aggregati come il pilot e lo spin-off. In
particolare il pilot è l’episodio pilota che rende conosciuta la
serie, che introduce i temi e personaggi nel mondo dello spet-
tatore, quegli elementi che per lui diventeranno familiari ed
indispensabili e che magari lo porteranno ad organizzare i
propri impegni in base alla programmazione televisiva.
Lo spin-off invece può essere definito come un “effetto
collaterale” della serie principale. È una sorta di derivato dal-

40C. Checcaglini, «Created by». L’autore-star nella serialità televisiva


contemporanea, in AA.VV./Id., Media Stardom Fama, successo e
gossip tra passato e futuro, a cura di B. Maio, Rigel Edizioni, Roma,
2013, p. 87.

~ 41 ~
la narrazione originaria, ricavato dalla rielaborazione di per-
sonaggi secondari della serie madre, resi protagonisti di altre
storie dello stesso genere.

2.3 Le fiction seriali come specchio della realtà:


identificazione e proiezione

Nell’ultimo quarto di secolo la televisione è mutata in manie-


ra considerevole. Il tema della fiction seriale ha assunto un
importanza tale ai giorni nostri da diventare specchio della
realtà ed un modello narrativo privilegiato ed amato dalle
nuove generazioni. Le nuove serie tv sono il derivato di una
ibridazione di generi e contenuti e rappresentano l’immagine
di una civiltà moderna caratterizzata dal disagio e dalla con-
traddizione.
I tv drama rappresentano un ultimo luogo familiare, una
sorta di nascondiglio nel quale le persone si rifugiano per
scappare dalla realtà, essi ormai non sono più solo legati alla
televisione ma grazie all’avvento di internet e dei DVD, acqui-
siscono indipendenza da questo mezzo creando un mondo
parallelo nel quale potersi recare ogni volta che lo si desideri.
La lunga serialità ha dovuto escogitare dei meccanismi
che potessero intrattenere il pubblico portandolo a fruire in
maniera continuativa della serie. Un telefilm non può essere
caratterizzato solamente dalla spettacolarità degli eventi, che

~ 42 ~
ha meno impatto sugli spettatori in un piccolo schermo, o dai
soli dialoghi che annoierebbero e stancherebbero ben presto i
fruitori, ed è per questo che la narrazione estesa ha optato per
un genere ibrido, che riprendendo il modello cinematografico
(riprese ed effetti speciali), approfondisse psicologicamente i
personaggi con uno sviluppo esteso delle storie donando loro
un senso di realismo41.
Il tipo di programma che scegliamo di guardare è la di-
retta conseguenza della concezione che abbiamo riguardo la
realtà del mondo che ci circonda, siamo noi che attraverso un
processo di selezione accettiamo e scartiamo determinati
programmi che vanno a corroborare l’universo di senso già
presente in noi. La televisione non è l’unica indiscussa co-
struttrice di questo senso, essa svolge, senza dubbio,
un’ampia parte in questa formazione, a causa della nostra
continua esposizione al mezzo, ma esso è il frutto di un per-
corso esclusivamente soggettivo che ogni individuo compie
nel corso della sua esistenza.

La nostra esperienza, in ogni caso non è fatta solo di ciò che


abbiamo sperimentato, ma anche delle possibilità che abbia-
mo inseguito e che abbiamo lasciato, delle cose su cui abbia-
mo fantasticato, dei racconti di vita che hanno lasciato in noi
una traccia, e di ciò che ci resta dei materiali simbolici a cui
attingiamo nella vita di tutti i giorni. L’esperienza non è solo
ciò che abbiamo direttamente fatto. […] la parte di esperienza

B. Maio, La Terza Golden Age della Televisione. Autorialità, generi,


41

modelli produttivi, Edizioni Sabinae, 2009, p. 11.

~ 43 ~
[…] attraverso la rappresentazione mediale […] sta diventan-
do preponderante42.

I più appassionati di serie tv, potendoli quasi definire “ma-


niaci seriali”, sono costantemente e volontariamente esposti a
determinati tipi di realtà, verosimili alla nostra, ma mai ugua-
li, possono conformarsi a due tipi di atteggiamenti psicologi-
ci: l’identificazione e la proiezione43.
Il primo44 contraddistingue il desiderio dello spettatore
di prendere il posto del personaggio ammirato, desiderando
assumere le sue caratteristiche e poter eguagliare le sue azio-
ni. Questo tipo di processo a sua volta deriva da un altro mec-
canismo: l’immedesimazione nella situazione e nell’ambiente
circostante nel quale il personaggio venerato agisce.
Il secondo45 invece consiste nella proiezione sui perso-
naggi, da parte dello spettatore, di una serie di suoi sentimen-
ti e schemi mentali, caricandoli di aspettative e desideri.

42 F. Di Chio, L’illusione difficile: cinema e serie tv nell’età della disillu-


sione, Bompiani, Milano, 2011, p. 259.
43 C. Poli, Maniaci seriali. Le serie tv e i loro fan, Cineforum, Bergamo,

2012, p. 44.
44 In psicologia l’identificazione è un processo inconscio attraverso cui ci

si sente o si diventa un’altra persona. L’identificazione con modelli, o a


seguito di assunzione di credenze culturali, danno vita al fenomeno del
condizionamento sociale. Cfr. P. L. Lattuada, Oltre la mente. Teoria e
pratica della psicologia transpersonale, Franco Angeli, Milano, 2004,
p. 221.
45 La proiezione è quel processo mediante il quale tendiamo ad attribui-

re nostre caratteristiche, emozioni ed impulsi a qualcun altro. Nel caso


specifico di studio, a personaggi appartenenti alla serie televisiva che
seguiamo. Cfr. G. Attili, P. Messeri, F. Farabollini, Il nemico ha la coda.
Psicologia e biologia della violenza, Giunti, Prato, 1996, p. 119.

~ 44 ~
È attraverso questo meccanismo psicologico, che alla di-
sattesa delle aspettative del fruitore ne consegue un immedia-
to distacco dal personaggio ammirato.
La comunicazione audiovisiva si serve della narrazione
della vicenda da parte del personaggio che compie l’azione. Il
punto di vista dell’agente, nella maggior parte dei casi, è un
elemento che ci fornisce la conoscenza degli accadimenti e fa
si che noi tendiamo ad identificarci con esso e a provare sen-
timenti di allarme, agitazione e angoscia o appagamento e
gioia, per eventi da lui vissuti, anche se il protagonista è qual-
cuno estremamente lontano da noi o dalla nostra morale co-
me per esempio potrebbe essere il punto di vista di un assas-
sino. Il senso di una storia può essere espresso in forma nar-
rativa attraverso l’esperienza di qualcuno, ed è questa espe-
rienza che cattura l’attenzione e coinvolge lo spettatore. Il
personaggio diventa il vincolo di un’esperienza mediata. Un
“altro” che ci restituisce una nuova immagine di noi stessi,
percepiamo le sue stesse ansie e vediamo con i suoi stessi oc-
chi. Il confronto con l’altro (inteso con l’alterità finzionale di
un personaggio) sta diventando sempre più importante nei
processi di formazione della nostra identità46.
Tutto parte dall’adattamento evolutivo che l’uomo nel
corso del tempo ha affinato. È a partire dai neuroni specchio47

46 F. di Chio, L’illusione difficile: cinema e serie tv nell’età della disillu-


sione, cit., pp. 108-110.
47 Le cellule del cervello dette neuroni specchio intervengono ogni volta

che guardiamo un nostro simile compiere un’azione finalizzata a qual-

~ 45 ~
che riusciamo ad identificare il comportamento di un essere
al di fuori di noi e anche ad identificarci con i suoi sentimenti
e reazioni emotive. È in riferimento ad uno modello senso-
motorio che condividiamo, sulla base delle nostre esperienze,
l’operato e il “mondo interiore” altrui. La percezione degli o-
biettivi del personaggio in azione è di per sé sufficiente per
farci aderire, a prima vista, al suo progetto.
In un’esperienza dovuta alla fruizione di un audiovisivo i
nostri sensi si acuiscono possiamo vedere meglio e sentire più
dettagliatamente (ogni sussurro, ogni scricchiolio), ed è gra-
zie a tutto questo che si verifica l’allineamento percetti-
vo/cognitivo con il personaggio48.
Le serie televisive producono un effetto coinvolgente del-
le emozioni delle persone come afferma Federico di Chio nel
suo libro l’illusione difficile:

Occorre introdurre elementi iperbolici, che sortiscono un ef-


fetto di amplificazione e di distanziamento: la storia invero-
simile, i personaggi eccessivi, l’umorismo nero, l’oscenità vi-
sibile, ecc. Come se la ricerca di senso non la si potesse af-
frontare senza al tempo stesso esorcizzarla in qualche modo.
E questa attitudine a mescolare empatia e distacco, meravi-
glia e ordinarietà, desiderio di incantamento e disincanto, è

che obiettivo. Essi si attivano anche in presenza delle reazioni emotive e


delle sensazioni corporee, come essere toccati o colpiti, ed uditive. Cfr.
G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai: il cervello che agisce e i neu-
roni specchio, Cortina Raffaello, Milano, 2006, pp. 95-96 e 179-180-181.
48 F. di Chio, L’illusione difficile: cinema e serie tv nell’età della disillu-

sione, cit., pp. 110-112.

~ 46 ~
proprio uno dei segreti dell’efficacia simbolica di questi pro-
dotti49.

Ed è così che il confronto con i drammi esistenziali dei perso-


naggi delle serie tv diventano i catalizzatori che spingono gli
spettatori a fare i conti con sé stessi e le proprie emozioni.

2.4 Il fantasy, perché è così accattivante?

Il genere fantastico è il teatro di sviluppo della fantasia e


dell’illusione. Il fantastico può tranquillamente essere defini-
to come una nuova modalità dell’immaginario, sorto a fine
Settecento ed inizi Ottocento, fu utilizzato per trascrivere in
maniera suggestiva, esperienze umane50.
La letteratura fantastica è la base per lo studio del genere
fantasy. Il fantastico tende spesso ad identificarsi con
l’immaginario stesso, esso è un enorme calderone all’interno
del quale è possibile inserire una molteplicità di elementi di-
stinti per forma e contenuto, esso può essere tracciato a parti-
re dall’utopia, l’allegoria, la favola, la fantascienza, le storie di
fantasmi, epopea spaziale, il gotico, l’horror, l’apocalittico, il

49 Ivi, pp. 208-209.


50 R. Cesarami, Il fantastico, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 8.

~ 47 ~
realismo magico, ma anche il folklore, l’epica, il mito e la leg-
genda51.
Il motivo della scelta dello studio del fantasy come cate-
goria narrativa è dovuta alla particolarità del genere che con-
sente il coinvolgimento del destinatario e non solo.
Autore, protagonista e spettatore di una serie sono coinvolti
nella partecipazione, attraverso l’immaginazione e nelle scelte
da operare, rispetto al significato da attribuire alla concatena-
zione dei fatti narrati.
Come afferma Luigi Punzo in I piaceri
dell’immaginazione di Biancamaria Pisapia “il fantastico as-
sume su di sé, appieno, quella funzione di stimolo alla ricerca
e quella tensione a colmare la distanza che separa i due mon-
di”52, dove per “i due mondi” intende il reale e l’immaginario.
La definizione del termine fantasy di Lucie Armitt è:

A body of material defined by genre and identified by its


shared fascination with the (im)possibilities lying ‘beyond the
horizon’. Its scope is far-reaching and can incorporate modes
as diverse as faerie, speculative fiction, animal fable, utopia,
and cyberpunk53.

51 Lucie Armitt, Fantasy Fiction: An Introduction, Bloomsbury Publish-


ing Plc, New York, 2005, p. 1.
52 B. Pisapia, I piaceri dell’immaginazione. Studi sul fantastico, Bulzo-

ni, Roma, 1984, p. 17.


53 L. Armitt, Fantasy Fiction: An Introduction, Bloomsbury Publishing

Plc, New York, 2005, p. 214.

~ 48 ~
Si ha tuttavia la tendenza a considerare preponderante la re-
lazione tra i bambini e il fantastico, considerando
quest’ultimo come genere infantile, perché legato alla sfera
dell’immaginazione, mentre agli adulti è ricollegato il reali-
smo.
Come afferma Tzvetan Todorov nel suo libro La lettera-
tura fantastica

Il fantastico dura soltanto il tempo di un’esitazione: esita-


zione comune al lettore e al personaggio, i quali devono deci-
dere se ciò che percepiscono fa parte o meno del campo della
«realtà» quale essa esiste per l’opinione comune54.

Alcuni dei temi più diffusi e utilizzati nella letteratura fanta-


stica sono:
La notte, ambientazione prediletta del mondo fantastico,
il buio, il mondo oscuro (caratterizzato dalla contrapposizione
con la luce solare del giorno) e infero (mondi tenebrosi e sot-
terranei)55.

La vita dei morti e specialmente il loro ritorno sulla terra,


dove è caratterizzante in questo tipo di racconti la presenza di
streghe e spiriti. La tematica ha forti radici antropologiche e
stretti legami con i condizionamenti sociali, ma rappresenta

54 T. Todorov, La letteratura fantastica, Garzanti, Milano, 2000, p. 45.


55 R. Cesarami, Il fantastico, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 85.

~ 49 ~
anche un nuovo modello culturale, costituito dall’amore ro-
mantico56.

L’individuo, soggetto forte della modernità, programma-


to per autoaffermarsi. Con autoaffermazione si intende il
proposito di vita al quale l’uomo sottopone la sua esistenza
per affrontare la realtà e sviluppare tutte le proprie potenzia-
lità. Quindi quest’uomo caratterizzato dalla doppiezza, scisso
tra un Io che costruisce la sua storia in maniera lineare ed u-
nitaria ed un altro, caratterizzato da discontinuità, esitamenti,
dubbi, e paure57.

La follia, rappresentata come una discesa nelle profondi-


tà dell’essere. È la conoscenza del limite, caratterizzante la
persona lacerata a causa della conoscenza di una realtà com-
posta da mostri e fantasmi58.

Il doppio, nonché tema dello sdoppiamento, collegato


con la coscienza, le sue crisi, le sue determinazioni e proiezio-
ni59.

L’apparizione dell’alieno, del mostruoso,


dell’inconoscibile, dell’inaspettato, magari appostato, pronto
ad aggredire la vittima. L’improvvisa intrusione di un perso-
naggio estraneo ed inquietante in un ambiente familiare, cau-

56 Ivi, p. 87.
57 Ivi, pp. 88-89.
58 Ivi, p. 90.
59 Ivi

~ 50 ~
sa di turbamento. Che sia un diavolo, un fantasma, un essere
mostruoso, un licantropo o un vampiro, la presenza di questa
figura ha la consistenza dell’incubo60.

L’eros e la frustrazione dell’amore romantico. Questo


tema è caratterizzato dalla rielaborazione dell’amore-passione
in amore romantico che si contrappone all’amore-piacere.
L’amore romantico è basato su elementi specifici come
l’autoaffermazione di una coppia, dove due individui si scel-
gono in base ad una misteriosa affinità quella dell’ ”anima
gemella”. Il concetto centrale dell’amore romantico, è quello
secondo cui, due anime e due corpi, si uniscono per formare
una nuova unità e per rimanere insieme eternamente,
l’elemento perturbante inserito in questo contesto è costituito
dalle strutture sociali che circondano la coppia, dai rapporti
di classe, dalle differenti origini familiari o l’appartenenza a
mondi diversi. Tuttavia il tema dell’amore è legato a doppio
taglio con quello della morte. Le due anime gemelle trovano
spesso ostacoli alla realizzazione del loro progetto di unione e
trovano nella morte la scappatoia per sigillare in eterno il loro
amore, (si pensi a Romeo e Giulietta o Tristano ed Isotta).
Nello sviluppo dell’amore romantico ha una grande impor-
tanza il dialogo tra i due protagonisti, il raccontare e il rac-
contarsi ritagliando un angolo di intimità nel quale distan-
ziarsi dal mondo che li circonda. Una riflessione finale è do-

60 Ivi, p. 91.

~ 51 ~
verosa verso questo tema “immortale” del fantastico. Esso
con il passare del tempo sembra aver sviluppato una forte ca-
pacità di resistenza, nonostante si sia complicato a causa an-
che del suo confronto con le nuove tecnologie e con le nuove
concezioni del corpo umano, e del più decisamente facile e
privo di responsabilità e patimenti dell’amore-piacere, ha
mantenuto costante la sua presenza nel tempo e nei racconti,
anche se sottoforma di ideale nostalgico61.

Ed infine un ultimo ricorrente tema è rappresentato dal


nulla. La possibilità di cogliere dei buchi vuoti dentro la realtà
tematica moderna in contrapposizione alle ideologie della
tradizione ottimistica ottocentesca. Follia e nichilismo si ri-
collegano al senso del limite che diviene senso del baratro ed
espressione del vuoto, del nulla62.

Ma tutto questo spiega solo in parte il rinnovato interes-


se per il genere fantastico. Esso è frutto della progressiva sfi-
ducia dell’uomo nei confronti della realtà che lo circonda e
dal desiderio di evadere da essa, accompagnato da una crisi
della coscienza personale e collettiva, il desiderio di una di-
versa percezione di spazio e tempo, manifestazione delle no-
stre paure più recondite, come conseguenza di un’ideologia
fortemente individualistica ed un atteggiamento ambiguo

61 Ivi, pp. 92-93-94.


62 Ivi, p. 95.

~ 52 ~
verso la natura e la religione sempre più considerata con scet-
ticismo dall’uomo moderno.
Il fantastico, quindi, affondando le sue radici nei più pro-
fondi strati di significato, tocca la vita degli istinti, delle pas-
sioni, dei sogni e delle aspirazioni umane ed è questo il moti-
vo più profondo che spinge gli individui alla sua ricerca, fa-
cendone un genere di grande successo.

~ 53 ~
Capitolo Terzo
Studio di una serie tv: Buffy the vampire slayer

Premessa

I telefilm che hanno abbracciato il genere fantastico sono


molteplici. Questo “super genere” come precedentemente ac-
cennato funge da contenitore di una vasta gamma di prodotti
letterari, cinematografici, televisivi ecc, che variano da Twi-
light Zone (1959–64), Smalville (2001-11) a Lost (2004-
2010), Heroes (2006-2010), The Walking Dead (2010-in pro-
duzione) ecc, solo per citarne alcuni in maniera casuale. Ad
ogni modo l’elemento comune a tutti è la capacità di queste
storie di attrarre pubblico, di emozionare e fare sognare.
La narrazione fantasy moderna è caratterizzata sempre
più dalla diffusione di un nuovo sottogenere l’Urban Fantasy.
L’Urban Fantasy è un sottogenere del fantasy dove lo svolgi-
mento della narrazione avviene in un ambiente familiare al
lettore quale quello cittadino piuttosto che uno medievale o
spaziale (di non facile identificazione data l’astrazione del
luogo).
Il sottogenere inserisce elementi fantastici in un tessuto ur-
bano, questi elementi che siano mostri, demoni, vampiri, fate,
streghe e quant’altro sono ben nascosti e convivono con gli
abitanti della città nell’ombra, per poi entrare in contatto solo
con alcuni di essi, (in genere i personaggi principali protago-
nisti della vicenda.)

~ 54 ~
3.1 Costruzione di un immaginario

Come precedentemente esposto la fortuna di una serie tv è


determinata dalla capacità di creare un legame con la propria
audience, una fidelizzazione duratura che porterà il telespet-
tatore a fruirne in maniera continua nel tempo. L’obiettivo
dei produttori è il minimizzare i rischi produttivi riconducen-
do il telefilm a generi già conosciuti dal pubblico.

Inoltre una formula vincente che sempre di più si sta affer-


mando è quella del genere ibrido che sta avendo un ruolo
chiave nell’attirare una vasta porzione di pubblico dinanzi le
serie tv.
La serialità è testimone di una progressiva trasformazio-
ne della società contemporanea. Gli universi seriali danno vi-
ta a storie e personaggi diversi, costruendo mondi a volte im-
possibili che Michel Foucault chiama eterotopie, cioè gli “spa-
zi differenti, luoghi altri, una specie di contestazione al con-
tempo mitica e reale dello spazio in cui viviamo63”.

Le serie creano geografie che si sovrappongono, in filigrana,


alle geografie reali: danno vita a nuovi mondi, trasformando
le regole fisiche della nostra quotidianità, svelando mondi

63 M. Foucault, Eterotopia, Mimesis, Milano-Udine, 2010, p. 11.

~ 55 ~
paralleli o ipotizando mondi possibili, proponendo così visio-
ni alternative per interpretare l’oggi64.

Esse si servono, quindi, di spazi anomali per costruire un


nuovo immaginario.
Secondo la definizione di Jean-Jacques Wunenburger ri-
portato in La costruzione dell’immaginario seriale contem-
poraneo di Sara Martin:

L’immaginario è provvisto di un contenuto e di strutture,


ma deriva soprattutto da un’intenzione, un orientamento del-
la coscienza. […] l’immaginario è posto dalla coscienza come
un contenuto concreto assente, non attualizzato65.

Poi Sara Martin prosegue dicendo:

Nell’immaginario costruito da alcune delle serie televisive


[…] gli autori hanno dato origine a una rappresentazione del
mondo attraverso la quale lo spettatore vive esperienze affet-
tive e sensoriali fantastiche che – se talvolta si sovrappongo-
no al suo vissuto interiore – altre volte diventano uno stru-

64M. Boni, Mondi ed epica nella serialità contemporanea. Immersione,


transmedialità e multi-autorialità, in AA.VV./Id., La costruzione
dell’immaginario seriale contemporaneo. Eterotropie, personaggi,
mondi, , Archetipo Libri, Bologna, 2008, p. 25.
65 J.J. Wunenburger, L’immaginario, Il nuovo melangolo, Genova,

2008, p. 67.

~ 56 ~
mento di comprensione e di cognizione della realtà. Diventa-
no cioè dei miti66.

Per quanto concerne la sua visione, quindi, il mito creato


dall’immaginario è portatore di memoria per gli uomini, ca-
pace di delineare il presente a partire dal passato, in cui alcu-
ni mondi delle serie tv riescono ad inglobare il mondo dello
spettatore sconfinando nel reale. Un caso emblematico è rap-
presentato appunto dall’Urban Fantasy.

3.2 Buffy The Vampire Slayer

Il motivo della scelta dell’analisi della serie tv Buffy the vam-


pire slayer nasce, sia da una mia personale passione nei con-
fronti di quest’ultima dovuta alle diverse tematiche giovanili e
non che essa affronta nel corso delle sue stagioni (da me se-
guite in periodo adolescenziale) e sia dalla considerazione che
essa rappresenti uno dei primi lavori, sperimentali,
sull’ibridazione di genere e sull’Urban Fantasy, nonché
dall’ironia della scrittura originale e profonda di Joss Whe-
don, in grado di sviluppare un racconto metafora della vita
stessa e di tutte le sue problematiche.

66S. Martin, La costruzione dell’immaginario seriale contemporaneo.


Eterotropie, personaggi, mondi, Archetipo Libri, Bologna, 2008, pp.
12-13.

~ 57 ~
Benché Buffy sia una serie nata diciotto anni fa e conclu-
sa ormai da dodici, ancora è promotrice di un mondo attivo
per i suoi appassionati. L’esperienza narrativa di cui è porta-
trice la serie non è morta con la sua fine, ma è sopravvissuta
sviluppandosi ed espandendosi grazie all’universo mediale.
La sua declinazione ha dato vita ad una convergenza multi-
mediale67 dovuta a novellizzazioni, fumetti, videogiochi ma
anche il mondo, parallelo e postumo, della fan fiction68, dove
lo spazio del fruitore si allarga a dismisura, entrando a far
parte dell’ecosistema narrativo69 del mondo di Buffy caratte-
rizzato da esperienze di consumo diverse tra loro70.
La serie televisiva Buffy l’ammazzavampiri nasce nel
1997 ad opera di Joss Whedon, il quale già da tempo coltivava
l’ambizione di creare una storia incentrata su un’adolescente
capace di combattere le forze del male. Era nel suo interesse
creare una storia che ribaltasse tutti i luoghi comuni sfruttan-
doli per creare una narrazione che potesse scardinarli. Da qui

67 V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva.


Storia, linguaggio e temi, Archetipo Libri, Firenze, 2008, p. 32.
68 Le fan fiction o fan series sono storie parallele o postume scritte dai

fan che creano variazioni sul tema della serie e intrecci tra i suoi perso-
naggi. Cfr. V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità te-
levisiva. Storia, linguaggio e temi, cit., pp. 47-48 e 51.
69 Il concetto di ecosistema narrativo è stato ripreso da Veronica Inno-

centi e Guglielmo Pescatore in Le nuove forme della serialità televisiva.


Esso è utilizzato per descrivere l’insieme degli elementi che circondano
una serie, i correlati ad essa, riprodotti attraverso le più svariate piatta-
forme mediali. In particolar modo fumetti, videogiochi, gli spin-off, le
novellizzazioni, i romanzi, i poster e tutto quello che concerne la serie
interessata.
70 S. Martin, La costruzione dell’immaginario seriale contemporaneo.

Eterotropie, personaggi, mondi, cit., p. 106.

~ 58 ~
non a caso la scelta della protagonista, una tipica “bambola
bionda”, aspirante cheerleader concentrata sulle frivolezze
della vita adolescenziale, destinata a diventare la classica vit-
tima della situazione.
Eppure nella narrazione di Whedon questo luogo comu-
ne viene completamente ribaltato, infatti, la scelta di una
donna come eroina di una serie è un’innovazione, rappresen-
ta il rovesciamento delle comuni convinzioni di genere dove
la donna è considerata fragile ed indifesa (il sesso debole),
mentre l’uomo per retaggio culturale rappresentato come il
protettore della donna. Invece Buffy è molto forte, tenace e si-
cura di sé, è la prescelta, l’eroina della serie, la sola in grado di
salvare l’intera umanità.
Buffy combatte contro esseri mostruosi, lupi mannari,
mummie, mostri della laguna, marionette animate, e demoni
di ogni sorta mostrando una forza non comune per una picco-
la ragazza come lei, pur non perdendo mai la sua femminilità.
Eppure l’unico desiderio della cacciatrice, come si evince fin
dalle prime puntate, non è altro che vivere una normale vita
da adolescente, integrarsi nella nuova scuola, farsi degli amici
e rimettersi in pari con lo studio, fino a quando, prendendo
coscienza del suo destino deciderà di assumere su di sé la re-
sponsabilità dell’incarico di cacciatrice, emblema del passag-
gio dall’adolescenza all’età adulta piena di scelte e responsa-
bilità.
Lo sconvolgimento degli stereotipi è reso non soltanto at-
traverso l’introduzione di una eroina piuttosto che un eroe,

~ 59 ~
ma anche nel far diventare eroi i meno adatti, come gli impo-
polari della scuola, e gli adulti coloro che dovrebbero rappre-
sentare un porto sicuro per i ragazzi, punto di riferimento a
cui appoggiarsi, diventare invece coloro da cui difendersi.
Il progetto iniziale di Whedon è la stesura di una trama
per un film, realizzato nel 1992 ma rivelatosi un fallimento
perché principalmente adolescenziale incerto tra teen horror
e commedia demenziale.
In seguito al fallimento del film, Whedon trasformerà il suo
prodotto in una forma seriale, realizzando per la FOX un pilot
che presentasse la serie. È già a partire da quest’ultimo che il
pubblico comincia ad entrare in contatto con i luoghi e i per-
sonaggi principali71 e soprattutto con la protagonista inter-
pretata da Sarah Michelle Gellar nel ruolo di Buffy.
È in seguito all’approvazione del progetto da parte del
network che Whedon realizza una prima stagione “prova”
composta da 12 episodi. La serie sarà poi riconfermata (grazie
al suo crescente successo) per sette stagioni, da 22 episodi
ciascuno, diventando una delle serie di maggiore successo ne-
gli USA di fine anni ’90 72.

71 Nicholas Brendon (Xander Harris) che insieme ad Riff Regan poi so-
stituita nella serie da Alyson Hannigan (Willow Rosenberg) interpreta-
no i due migliori amici di Buffy, Charisma Carpenter (Cordelia Chase)
la ricca viziata reginetta della scuola, David Boreanaz (Angel) il vampiro
con l’anima nonché primo amore di Buffy, Kristine Sutherland (Joyce)
la mamma di Buffy e l’inglese Anthony Stewart Head (Rupert Giles) nel
ruolo del bibliotecario nonché Osservatore e mentore di Buffy.
72 B. Maio, La Terza Golden Age della Televisione. Autorialità, generi,

modelli produttivi, Edizioni Sabinae, 2009, p. 128.

~ 60 ~
Il telefilm Buffy the vampire slayer ai suoi esordi è di ca-
rattere ancora sperimentale, è contraddistinto da un intreccio
tra serie e serial, con episodi per la maggior parte autoconclu-
si ma all’interno di una struttura narrativa continua nell’arco
delle singole stagioni e, in maniera più generale, nell’arco del-
le sette stagioni. Ogni episodio è legato a quelli precedenti, i
cambiamenti dei personaggi dovuti alle loro avventure passa-
te sono ricordati e restano indelebili nelle loro memorie.
Buffy ha memoria del suo passato, e può verificarsi che un ac-
cadimento della prima stagione possa venir ripreso anni do-
po73.
In questa narrazione audiovisiva il suo autore ricorre
all’ibridazione di più generi tra cui ritroviamo: l’horror, il fan-
tasy, l’azione, il teen drama la commedia e persino il
musical74. Lo stile ibrido fa si che Buffy comportandosi anche
come una serie possa allo stesso tempo integrare elementi
drammaturgici associati alla soap opera come il tema
dell’amore romantico caratterizzato da molteplici ostacoli da
superare.
Come affermato da Franco La Polla nel libro di Barbara
Maio Buffy, the vampire slayer: legittimare la cacciatrice, il
tema ibrido di Buffy è tratto da un mix a partire da quello a-

73 B. Maio, Buffy, the vampire slayer: legittimare la cacciatrice, Bulzo-


ni, Roma, 2007, p. 11.
74 Con l’episodio Once More, with Feeling (settimo episodio della sesta

stagione) Joss Wedon introduce il genere musical nella serie tv. I perso-
naggi, durante l’intero episodio, sottoposti ad un incantesimo sono co-
stretti a comunicare cantando come in un musical.

~ 61 ~
dolescenziale del campus movie e quello horror e fantastico
legato al tema del vampirismo e la presenza di demoni, il tut-
to caratterizzato dall’azione tipica dei film orientali di arti
marziali però in una versione rivisitata per l’occidente.
Il tipo di lavoro attuato da Joss Whedon in Buffy è molto
più profondo di quello che a primo impatto potrebbe sembra-
re. L’immaginario nel suo audiovisivo è proposto allo spetta-
tore attraverso un “universo inquietante, fatto di sofferenze
adolescenziali, di angosce per la morte, di problemi esisten-
ziali; e ne viene fuori la metafora di una società americana in-
cubica, molto diversa dall’American Dream tipico dei prodotti
ispirati all’universo giovanile”75.
La vita di Buffy, è basata sul totale ribaltamento delle di-
stanze tra realtà, finzione e realtà parallele, popolata da de-
moni e vampiri, espressione di numerose metafore e le simili-
tudini sociali e politiche.
Buffy è una serie “travestita”. Sotto uno strato giovanile
nasconde una lettura quasi sovversiva della realtà adolescen-
ziale, nella scuola pubblica americana di fine anni ’90, corro-
dendo gli stereotipi del classico stile di vita americano, dove
gli anni del liceo sono rappresentati come idilliaci, gli eroi so-
no le reginette e i più popolari che perpetrano atteggiamenti
di bullismo nei confronti degli outsider. Inoltre è affrontato
anche il tema dello sgretolamento delle relazioni sociali, in

75Prefazione di V. Zagarrio in, Buffy, the vampire slayer: legittimare la


cacciatrice, B. Maio (a cura di), Bulzoni, Roma, 2007, p. 12.

~ 62 ~
particolar modo la famiglia, la scuola, dell’autorità istituzio-
nale rappresentata attraverso la figura del preside della scuo-
la. Il tutto completato da una profonda riflessione sul gender
imperniato sulla figura di Buffy come eroina76.

3.3 Tematiche affrontate in Buffy

Joss Whedon ha descritto i vampiri e i demoni rappresentati


in Buffy appunto come una “metafora” per l’esperienza adole-
scenziale in America. Essi rappresentano l’orrore che può es-
sere trovato sulla bocca dell’inferno quale è considerata
l’educazione pubblica americana, ed è proprio su di essa che è
posizionato il liceo di Sunnydale77. Il passaggio
dall’adolescenza all’età adulta è carico di ansie e paure che
prendono vita insieme ai mostri e demoni che Buffy è tenuta
ad affrontare. La serie gioca sul rovesciamento delle apparen-
ze, nulla è ciò che sembra e le classiche apparenti vittime si
rivelano invece i mostri da combattere78. Sono presenti anche

76 B. Maio, Buffy, the vampire slayer: legittimare la cacciatrice, Bulzo-


ni, Roma, 2007, p. 13.
77 B. Maio, Cult television, Rigel, Roma, 2013, p. 25.
78 Come rappresentato nella scena iniziale del pilot di Buffy dove una

coppia forza la finestra della scuola per entrarvi di notte. La ragazza,


improvvisamente, nel buio e nel silenzio della scuola sente un rumore e
si gira di scatto spaventata, chiede al ragazzo che è con lei se ha sentito
qualcosa ma lui la rassicura dicendo di non aver sentito nulla. Ciò a cui
lo spettatore è pronto ad assistere è un’aggressione da parte del ragazzo,

~ 63 ~
diversi temi caratteristici del periodo adolescenziale scolasti-
co come la solitudine, la difficoltà di creare delle relazioni ed
inserirsi all’interno di un gruppo79 ed il bullismo80.

Il liceo, teatro centrale dell’azione, si trova a Sunnydale,


(luogo di finzione) soprannominata Hellmouth cioè bocca
dell’inferno. Già il suo soprannome ci proietta verso la serie di
avvenimenti che vi si verificheranno coinvolgendo i protago-
nisti della serie.
Il liceo quindi come luogo simbolo, come punto di incontro
del team, (la Scooby Gang81), che si ritrova nella biblioteca
della scuola per riunirsi e discutere sul modo per sconfiggere
le forze del male, ma anche come luogo degli “orrori” in quan-
to centro attivo della bocca dell’inferno dalla quale esce ogni
sorta di mostruosità demoniaca.
Il tema dello sgretolamento delle forme sociali come la
famiglia è raffigurato attraverso l’assenza, o la mancanza di
supporto, di un nucleo familiare stabile per la maggior parte
dei personaggi. Buffy vive da sola con una madre (separata
dal marito e trasferitasi in una nuova città con la figlia) poco
attenta nei suoi confronti, alla quale nasconde la sua vita da

figura poco rassicurante, verso la sua compagna, ma ecco che l’autore


stravolge completamente le aspettative del pubblico perché la timida e
spaventata ragazza si rivela essere un vampiro che assale il ragazzo che è
con lei uccidendolo. Cfr Buffy The Vampire Slayer - Unaired Pilot 1996
(‘2:12).
79 Episodio Lontano dagli occhi, lontano dal cuore (11x01).
80 Episodio Il branco (6x01).
81 Termine utilizzato da Xander in riferimento al gruppo costituito dalla

cacciatrice ed i suoi aiutanti, nell’episodio L’unione fa la forza (9x02).

~ 64 ~
cacciatrice, Willow vive con entrambi i genitori che tuttavia
non rappresentano per lei una figura di supporto, Xander ha
una famiglia molto turbolenta dalla quale per la maggior par-
te del tempo si tiene alla larga. Tuttavia il concetto di famiglia
non è assente in quanto viene creata dall’unione dai perso-
naggi del gruppo, che agiscono come se fossero una vera e
propria famiglia, mentre quella di origine è rappresentata
come luogo di disturbo ed intralcio per i ragazzi82.
Il ribaltamento dei ruoli tra ragazzi ed adulti, che per la
maggior parte, ad eccezione di Mr. Giles, sono inaffidabili, di-
stratti, incapaci di seguire i loro figli, dai genitori e gli inse-
gnanti allo stesso sindaco che nella terza stagione si rivelerà il
cattivo da combattere.
Importante nella vita della cacciatrice è il suo l’Osservatore, il
Sig. Giles, figura in netta contrapposizione con tutti gli altri
personaggi adulti della serie, unico punto di riferimento per i
ragazzi ed al corrente della doppia vita dei protagonisti.
Un altro elemento inserito in Buffy, dal suo autore, è la
possibilità di esplorare “mondi altri” attraverso episodi co-
struiti sull’idea del “what... if...”, cioè del “cosa sarebbe suc-
cesso se...”, dove il mondo che circonda Buffy non è più quello
rappresentato durante il corso della narrazione seriale, ma
eccezionalmente (solo per alcune, sporadiche puntate) pre-

82V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva.


Storia, linguaggio e temi, cit., pp. 54-55.

~ 65 ~
sentato al di fuori del contesto narrativo, mostrando appunto
un mondo altro83.
Esempi basati su questo tipo di impostazione sono ri-
scontrabili in diversi episodi della serie84, uno dei quali è
quello intitolato Di nuovo normale (Normal Again, stagione
6, episodio 17) dove Buffy durante una lotta viene ferita da un
demone che le inocula un veleno attraverso il suo pungiglio-
ne. La doppia realtà vissuta dalla protagonista la porta a con-
siderare l’allucinazione come reale, in cui Sunnydale non esi-
ste e lei si trova rinchiusa in un manicomio, dove negli ultimi
sei anni ha vissuto circondata da amici immaginari, demoni e
vampiri85.
Altro tema caratterizzante è quello classico dell’amore
romantico ed impossibile di Romeo e Giulietta, che investe il
personaggio principale. La cacciatrice si innamora del vampi-
ro con l’anima Angel il loro legame si tesse lentamente, ma
già può essere percepito fin dal pilot che ci mostra un giovane
affascinante e tenebroso David Boreanaz alle prese con una
cacciatrice ancora infantile ed impulsiva. La figura di Angel

83 V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva.


Storia, linguaggio e temi, cit., p. 13.
84 Per motivi di spazio non descriverò tutti gli episodi dove è presente

una struttura narrativa basata sul “cosa sarebbe successo se...”, mi limi-
to a citare i principali oltre a quello spiegato: La ragazza dell’anno
(15xo4), L’urlo che uccide (10x04), La vita è un musical (7x06), Incubi
(10x01), ed Halloween (6x02). Cfr. S. Martin, La costruzione
dell’immaginario seriale contemporaneo. Eterotropie, personaggi,
mondi, cit., p. 101.
85 S. Martin, La costruzione dell’immaginario seriale contemporaneo.

Eterotropie, personaggi, mondi, cit., p. 102.

~ 66 ~
rappresenta l’elemento perturbante nella vita di Buffy, egli è
un vampiro “buono”, condannato, da una maledizione zinga-
ra, a riavere l’anima e a soffrire per tutto il male che ha com-
messo in passato e rappresenta una figura importante per
Buffy per tutta la durata del racconto seriale. Nelle prime sta-
gioni la affiancherà nella lotta contro il male, per poi distac-
carsi da lei e diventare il protagonista di uno spin-0ff che
prende il suo nome.
La relazione tra Buffy ed Angel può essere sottoposta a
diverse soluzioni interpretative. Innanzitutto uno degli ele-
menti più significativi è quello che racchiude il mondo adole-
scenziale e tutte le paure e le ansie di due giovani, lui venti-
cinquenne e lei diciassettenne, che percorrono la meravigliosa
ma allo stesso tempo angosciante strada del primo amore.
Il piano fantastico sovrannaturale trasfigura questo amore
(im)possibile perché legato ad una maledizione. I due inna-
morati non posso stare insieme perche il loro amore è per-
messo dalla maledizione zingara che dona l’anima ad Angel,
creata per farlo soffrire, essa si scioglierà nel momento in cui
lui raggiungerà la felicità facendo l’amore con Buffy per la
prima volta. La perdita dell’anima di Angel porta con se con-
seguenze nefaste per Buffy e per l’intero universo. Angel tor-
nato ad essere Angelus rende reali gli incubi di una diciasset-
tenne costretta ad affrontare un demone centenario pronto ad
ogni crudeltà. Lo scontro non è soltanto fisico, per la differen-
za di età, ma anche e soprattutto psicologico.

~ 67 ~
È proprio di questo episodio che, l’audace creatore della
serie, si serve per dare vita ad un parallelismo che può essere
interpretato in diversi modi.
La prima analisi verte sul concetto di ‘prima volta’ af-
frontata da molti adolescenti, dell’età dei protagonisti, come
esperienza tutt’altro che positiva.
Un’altra interpretazione, più letteraria, è quella dello
sdoppiamento della personalità di Angel in Angelus, sulle
orme del Dottor Jeckyll e Mister Hyde di Stevensoniana me-
moria, “chiara metafora del freudiano Id/Es che alberga nelle
profondità di ciascuno di noi”86.
La vicenda termina con Angle ormai trasformato nel bru-
tale Angelus trafitto da una spada magica dalla cacciatrice che
lo spinge in un mondo infernale87.
Molto importante è la geniale intuizione di Whedon sulla
figura di Angel dal quale prenderà vita un’entusiasmante
spin-off di 5 stagioni.
Dopo essere ritornato nella vita della cacciatrice e presa
coscienza dell’amore impossibile tra i due, Angel decide di la-
sciare Sunnydale alla volta della città degli angeli, Los Ange-
les, dove metterà su una squadra di investigatori per combat-
tere i delinquenti e gli essere sovrannaturali che popolano il
sottostrato della città.

86 B. Maio, Buffy, the vampire slayer: legittimare la cacciatrice, Bulzo-


ni, Roma, 2007, p. 30.
87 Nel quale però resterà solo per i primi episodi della stagione per poi

ritornare nell’universo di Buffy per il resto dell’anno.

~ 68 ~
Dal punto di vista simbolico, “Angel rappresenta l'incar-
nazione dell'amore romantico ed adolescenziale destinato a
morire nel momento della crescita. Buffy cresce, infatti, pro-
prio nel momento in cui chiude la sua storia con Angel anche
se non per sua decisione”88 ma in seguito alle pressioni della
madre nei confronti di lui.
Tuttavia rimarrà significativo il legame tra i due amanti
generando un coinvolgente cross over tra le serie.
Efficace la scelta dell’introduzione della figura di Spike e
del suo successivo rapporto con la cacciatrice, emblema inve-
ce dell’amore piacere che non raggiungerà mai la valenza
drammaturgica di quello tra Buffy ed Angel.
Un altro tema è quello della morte ed è uno dei più ricor-
renti nella serie. Esso è caratterizzato da due connotazioni, la
prima è rappresentata dalla lotta di Buffy contro i vampiri
(non-morti), ma che, da un altro punto di vista, agiscono co-
me esseri animati, (in quanto parlano, scherzano, minaccia-
no, e a volte provano addirittura sentimenti come ogni altro
essere vivente), ma che lei è costretta ad uccidere per proteg-
gere l’umanità. La morte è presentata in maniera quasi figu-
rativa in quanto, seppur violenta (nel gesto del pugnalare il
cuore del vampiro con un paletto), non rappresenta un evento
per Buffy e non è mai un fatto traumatico, ma un’azione di
routine89.

88 B. Maio, Buffy the vampire slayer, Aracne, Roma, 2004, pp. 36-37.
89 Ivi, p. 46.

~ 69 ~
La morte invece assume tutt’altri connotati e crea dei
cambiamenti radicali nella narrazione e nei personaggi,
quando colpisce persone umane.
Particolarmente significativo l’episodio della morte della
madre di Buffy90, non per mano di un essere demoniaco ma
per cause naturali (una malattia), e proprio per questo, in un
mondo popolato da esseri sovrannaturali, non accettabile né
da Buffy né dagli altri personaggi. Magistralmente rappresen-
tato da Sarah Michelle Gellar e da una significativa alternanza
di telecamere a spalla con sfocatura per rendere l’angoscioso
senso di impotenza provato dalla cacciatrice che non può dare
la colpa a nessuno della morte della madre.
Ma la morte intesa anche come abnegazione e rinuncia,
non soltanto per la cacciatrice, di una vita normale, ma anche
morte come sacrificio estremo per salvare l’umanità91.
Molte, anzi, moltissime sono le tematiche affrontate dal
telefilm che potrebbero ancora essere indicate in questo lavo-
ro come ad esempio la rappresentazione della sessualità
nell’universo adolescenziale anche nell’aspetto
dell’omosessualità.
Numerose e vaste sono le metafore e parallelismi presen-
tati al pubblico, di cui l’autore Joss Whedon si serve, per af-

90Episodio Un corpo freddo (16x05).


91Buffy perderà la sua vita in un estremo sacrificio nell’episodio Il dono
(22x05), tuffandosi in una breccia spazio-temporale aperta da un dio-
demone fra il “Mondo degli Uomini” e quello dei “Demoni”, per poi es-
sere riportata in vita dai suoi amici nella stagione successiva.

~ 70 ~
frontare le varie sfaccettature che caratterizzano la vita e i
rapporti umani, presentando il tutto con un pizzico di ironia e
l’immancabile allegoria del sovrannaturale.
Arrivati a questo punto del presente lavoro mi accingo a tirare
le conclusioni dello studio di questa serie.
La serie tv Buffy The Vampire Slayer vuole essere un e-
sempio, più o meno dettagliato, nella maggior parte delle te-
matiche da essa affrontate, per spiegare il più ampio fenome-
no della costruzione di un intero mondo e immaginario socia-
le.
Come per Buffy, la maggior parte di esse, è portatrice di
significati più profondi che si trovano al di là della mera rap-
presentazioni audiovisiva percepita dal fruitore.
Il discorso particolare delle serie tv si inserisce in quello
più ampio della televisione che, attraverso i suoi programmi,
è portatrice di immaginari e interi mondi per coloro che ne
fanno un buon uso, indagando i significati nascosti nelle tra-
me del suo tessuto.
Mi piacerebbe concludere questa tesi affermando che la
televisione sta attraversando un periodo di grande cambia-
mento che muove i suoi primi passi già a partire dalla tv on
demand e dalla pay tv di Sky, inoltre, a partire dal 22 ottobre
2015, anche in Italia sarà possibile per il pubblico l’utilizzo di
Netflix, piattaforma digitale di videoteca on demand in stre-
aming.
Sebbene questo servizio non modifichi il tipo di fruizione
della televisione (tipicamente unidirezionale), reputo che at-

~ 71 ~
traverso i cambiamenti pocanzi accennati il fruitore si senta
parte più attiva nell’interazione con l’audiovisivo, riesca più
specificatamente a selezionare i diversi contenuti disponibili.
È anche vero, tuttavia, che la tv nonostante questi vistosi
cambiamenti non sia più o meno democratica di quanto non
lo sia stata in passato, l’unica differenza sta nel fatto che il
fruitore si senta in qualche modo più coinvolto, più partecipe
nella selezione dei contenuti che pur tuttavia restano ristretti
all’interno di una cerchia proposta.
Di conseguenza la cosiddetta libertà di scelta dovuta
all’on demand rappresenta decisamente un’illusione.
Un altro risvolto sociale di questo cambiamento ed in
particolar modo dovuto alla (almeno in Italia) neonata piatta-
forma Netflix è la possibilità di sganciarsi da una fruizione e-
sclusivamente televisiva e di poter continuare l’esperienza on
demand al di fuori del proprio salotto di casa, portando con
sé un dispositivo mobile connesso alla rete.
A questo punto sorge spontanea una riflessione. È vero
che la televisione e i suoi derivati hanno portato la possibilità
di esplorare mondi e immaginari sconfinati, prima difficili da
raggiungere, ma questa sempre più profonda ramificazione
ed interconnessione con la vita degli individui e la sempre
maggiore dipendenza di quest’ultimi dagli audiovisivi, po-
trebbe creare una spaventosa orda di Zombie alienati dietro
lo schermo di un dispositivo elettronico sempre più intercon-
nessi e allo stesso tempo però sempre più soli da preferire

~ 72 ~
magari il mondo finzionale di un film o una serie tv alla real-
tà.
Io credo che questo sia un rischio a cui sono sottoposte
soprattutto le nuove generazioni, ma, più in generale, anche
tutti coloro che, di queste buone tecnologie, ne facciano un
uso spropositato.

~ 73 ~
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