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Alessandro Manzoni
29'
Il costante e inflessibile corpo a corpo di Alessandro Manzoni con le
difficoltà legate all’uso ancora impervio della lingua italiana avviene
lungo l’intero e decisivo secolo che dai primi moti risorgimentali
porterà all’unità politica dell’Italia. Così I promessi sposi, romanzo-
capolavoro di tutta una vita, rappresenterà il disegno
"provvidenziale" delle vicende storiche di un popolo in certo senso
evocato e insieme un altissimo risultato etico e civile, oltre che
artistico, atto a fornire a tale popolo – quale potente strumento di
emancipazione – un linguaggio comune e condiviso, finalmente
emancipato dal peso della tradizione letteraria.
Videolezione "Umberto Eco. La costruzione del nemico: fenomenologia dell'odio nell'identità
nazionale"

La formazione e le prime prove poetiche


Nato a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria e ufficialmente dal
conte Pietro Manzoni (in realtà, come documenti recentemente
ritrovati provano con certezza, da Giovanni Verri, fratello minore di
Pietro e di Alessandro), Alessandro viene cresciuto nel collegio dei
padri somaschi prima a Merate e quindi a Lugano, per passare poi
al collegio Longone dei Barnabiti a Milano. Fin da subito si
manifestano le sue eccezionali attitudini letterarie così come la sua
insofferenza per i privilegi aristocratici e per l’angusta educazione
cattolica cui viene sottoposto. A sedici anni, uscito dal collegio, avrà
modo di frequentare la società culturale milanese e di conoscere gli
intellettuali napoletani esuli a Milano dopo i moti del ‘99, Vincenzo
Cuoco e Francesco Lomonaco, ai quali deve il nascere del suo
interesse per la storia e per i problemi dell’identità e dell’unità
nazionale italiane. Compone così, dopo alcuni esperimenti di poesie
e di traduzioni da Virgilio e da Orazio, andati quasi tutti dispersi, il
poemetto in quattro cantiche in terzine di stampo dantesco ma
filtrato attraverso il modello del Monti, Del trionfo della
libertà (1801-1802), primo intervento sul tema della Rivoluzione
francese, che sarà per lui fonte di riflessione continua fino al
tardo Saggio sulla rivoluzione francese. Qui l’atteggiamento del
giovane poeta verso le fasi rivoluzionarie è ancora positivo (manca
qualsiasi riferimento al Terrore), mentre già aspra è la condanna nei
confronti del governo della Repubblica Cisalpina, implicita nel
silenzio intorno alla figura di Napoleone. Le altre poesie di questi
anni (fra cui le più note sono il sonetto autobiografico Capel bruno,
alta fronte, occhio loquace, che emula i sonetti di Alfieri e
di Foscolo, e i Sermoni in versi sciolti, di modello pariniano)
mostrano l’estremo sperimentalismo della prima produzione
manzoniana che, pur aperta al confronto con gli autori più celebri
del periodo, cerca sempre più risolutamente un contenuto "utile"
della poesia, subordinando a questo il raffinamento tecnico e
formale.

Dal bello all’utile: il superamento dell’estetica


neoclassica
Fondamentale per l’evoluzione ideologica e poetica di Manzoni è nel
1804 la decisione di raggiungere a Parigi la madre, Giulia Beccaria,
che vi si era trasferita, dopo la separazione da Pietro Manzoni, col
compagno Carlo Imbonati, esponente di quella aristocrazia
illuminata a cui appartengono i Verri e i Beccaria, e a sua volta
allievo da fanciullo di Giuseppe Parini. In ipotetico dialogo con
l’Imbonati, morto poco prima del suo arrivo, Alessandro scrive
il Carme in morte di Carlo Imbonati, che verrà pubblicato a Parigi
da Didot nel 1805. La malinconica rievocazione dello scomparso
permette qui a Manzoni di coniugare in una visione unica e positiva
la tradizione poetica neoclassica con l’etica e la morale del presente,
grazie anche all’utilizzo di endecasillabi sciolti, che consentono di
accostare ai modelli poetici andamenti più pacati e riflessivi, i quali
sottraggono il testo a effetti di immediata suggestione passionale e
lo configurano come un vero e proprio decalogo di precettistica
poetica e morale.

La crescente fiducia di Manzoni nel valore educativo della poesia è


favorita dalla frequentazione a Parigi di Claude Fauriel, storico della
letteratura medievale francese e italiana. Per suo tramite Alessandro
avvicina la cerchia degli idéologues (il filosofo Destutt de Tracy, il
medico e psicologo George Cabanis), eredi della tradizione
illuministica, e il gruppo di liberali riuniti intorno a Madame de
Staël, così da venire a conoscenza delle nuove teorie del
romanticismo prima della loro diffusione in Italia. A questi stimoli
vanno addebitati diversi progetti: un poemetto, Urania (1809),
ancora però profondamente legato alla tradizione neoclassica, e due
poemetti incompiuti, La Parteneide e La Vaccina, dove è invece già
evidente il tentativo di liberarsi da tale tradizione nella ricerca di
una maggiore qualità comunicativa.

La conversione religiosa e gli Inni sacri


Il 6 febbraio 1808 Manzoni sposa a Milano con rito protestante
Enrichetta Blondel, di famiglia ginevrina e calvinista. Accanto a lei e
alla madre Giulia, Alessandro vive la propria conversione poetica e
religiosa, quest’ultima addebitata per tradizione a un episodio
avvenuto a Parigi il 2 aprile 1810 quando, perduta la moglie nella
folla che festeggiava il matrimonio di Napoleone con Maria Luisa
d’Austria, il poeta si rifugia sconvolto nella chiesa di San Rocco e
uscendone, come per grazia divina, ritrova Enrichetta. In realtà la
conversione era stata già anticipata da numerosi segnali, fra cui il
battesimo della figlia Giulietta e la nuova celebrazione del
matrimonio con rito cattolico. È quindi un lungo processo
speculativo che porta Manzoni a una interpretazione del proprio
compito di letterato come missione civile e morale, nella quale
confluiscono un’educazione di stampo illuministico e una profonda
religiosità vissuta come carità e spiritualità. Risale a questo
momento il progetto degli Inni sacri, concepiti in una serie di 12
componimenti legati al calendario dell’anno, ma di cui soltanto
cinque verranno realizzati: i primi quattro (La Risurrezione, Il
Nome di Maria, Il Natale, La Passione) tra il 1812 e il 1815, il quinto
( La Pentecoste) concluso dopo una lunghissima gestazione solo nel
marzo del ’22. Gli Inni ben rappresentano il carattere innovativo che
Manzoni richiede alla sua poesia, anche attraverso l’inedito
connubio tra una metrica popolare (strofe brevi, rime ribattute,
versi sdruccioli e tronchi), debitrice della tradizione melica
settecentesca e dei libretti per melodrammi, e un lessico che unisce
prelievi dalla poesia della tradizione e dei contemporanei a termini
fino allora propri soltanto alla prosa. Lo scopo è quello di creare una
moderna innografia, che, accostando all’immediatezza della forma
metrica cantabile sia una lingua difficile, sia uno stile reso spesso
arduo dall’impiego di estese similitudini, voglia riportare
l’attenzione sul contenuto dottrinario del messaggio cristiano,
impedendone un’assunzione passiva: implicita critica alla
contemporanea pratica religiosa esteriorizzata e mondana della
Chiesa ambrosiana, bersaglio in quegli stessi anni della feroce satira
di Carlo Porta.

Storia e popolo: le tragedie


Alessandro Manzoni
La Pentecoste

Noi T’imploriam! Ne’ languidi

Pensier dell’infelice

Scendi piacevol alito,

Aura consolatrice:

Scendi bufera ai tumidi


Pensier del violento;

Vi spira uno sgomento

Che insegni la pietà.

Per Te sollevi il povero

Al ciel, ch’è suo, le ciglia;

Volga i lamenti in giubilo,

Pensando a Cui somiglia;

Cui fu donato in copia,

Doni con volto amico,

Con quel tacer pudico,

Che accetto il don ti fa.

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