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DEL
CONDOMINIO
PRESENTAZIONE
Lo scopo di questo manuale pratico, è quello di dare un agile strumento di consultazione per
tutti coloro che hanno a che fare con il condominio, sia condòmini che amministratori, ma può
essere un valido aiuto per chi, professionalmente ( Avvocati, Commercialisti, Architetti,
Geometri, Agenzie di mediazione immobiliare, Amministratori di condominio ecc.) opera in
questo campo.
Una parte pratica composta da un questionario con le relative risposte, riguardante molte
situazioni pratiche.
L’ampio sommario, redatto in maniera semplicissima, riportante tutte le sentenze e tutti gli
articoli, permette, a chi desidera consultarlo, un’immediata ricerca di ciò che interessa.
Il volume è corredato con un Floppy Disk che permette, oltre ad una consultazione rapida,
Vostre annotazioni e aggiornamenti. Esso può essere usato direttamente o caricandolo su
disco fisso.
Nella speranza di essere riuscito nell’intento di dare uno strumento utile e pratico, ringrazio
anticipatamente tutti coloro che si serviranno di questa opera.
Salvatore Aurilio
1
SOMMARIO
PRESENTAZIONE *
DELLA COMUNIONE *
1105. Amministrazione. *
PARTI COMUNI *
2
DIRITTI SULLE COSE COMUNI *
INNOVAZIONI *
SOPRAELEVAZIONE *
DISTRUZIONE DELL’EDIFICIO *
L’AMMINISTRATORE *
9. Prorogatio *
3
RAPPRESENTANZA *
1131. Rappresentanza . *
CONVOCAZIONE DI ASSEMBLEA *
( Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi
ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, ivi compresi quelli di cui all'articolo 8, sono valide
le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali.) *
IMPUGNAZIONI *
REGOLAMENTO DI CONDOMINIO *
4
REGOLAMENTO CONVENZIONALE E REGOLAMENTO CONTRATTUALE *
QUESTIONARIO PRATICO *
Il condominio degli edifici è regolato da appena 22 articoli del codice civile ai quali si aggiungono i
14 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice del 1942.
Pur essendo, la normativa, abbastanza semplice, il condominio degli edifici è fonte di un’enorme
conflittualità sia a livello giudiziario sia a livello personale. Questo perché da una società
prevalentemente agricola, dove la proprietà era quasi sempre distinta da quella del vicino si è
passati ad un regime per cui alla proprietà esclusiva di un bene si aggiunge la comproprietà di altri,
e quindi si è costretti a dividere con altri il nostro diritto, facendo sì che persone di diversa cultura o
estrazione sociale o etnica abbiano qualcosa in comune.
Un altro elemento, causa di conflittualità, è che pur avendo avuto, il condominio degli edifici, un
enorme sviluppo, non ha a sostegno una normativa adeguata. Una normativa cioè più dettagliata e
articolata, volta a prevedere più casi possibili.
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CHE COS’E’ IL CONDOMINIO
Il condominio degli edifici trae origine dalla comunione, regolata dagli articoli 1100 e segg. del
codice civile.
La comunione è un diritto di proprietà spettante a più persone per cui ogni partecipante ad essa, ha
il diritto di servirsi della cosa comune come meglio crede. Sempre però che anche gli altri possano
fare altrettanto.
Caratteristica essenziale della comunione è che ogni partecipante ha pieno diritto di godere di tutta
la cosa comune e non soltanto in ragione della sua percentuale di proprietà.
In altre parole se tre comunisti ( termine giuridico dato ai comproprietari ) sono comproprietari di
un bene come ad esempio un cortile, dove uno ha il 50% di proprietà e per quanto riguarda gli altri,
uno ha il 30% e l’altro ha il 20%, ognuno di loro può servirsi pienamente del cortile e non solo del
20 o del 30 o 50% dell’intero cortile.
La divisione in quote che viene operata serve esclusivamente per stabilire le percentuali di spese
gravanti su ognuno e le percentuali di vantaggi economici derivanti.
Nel condominio degli edifici avviene la stessa cosa. Se si deve rifare la facciata o riparare
l’ascensore o pavimentare un terrazzo condominiale, ognuno paga la sua quota in base alla
percentuale stabilita dalle tabelle millesimali. Dove assistiamo che chi è proprietario di un
appartamento più grande degli altri e di conseguenza la sua quota di millesimi è più elevata,
pagherà più degli altri pur non avendo il diritto di usufruire della cosa comune in misura superiore
agli altri condomini.
DELLA COMUNIONE
Capo I
Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone se il titolo o la legge non
dispone diversamente si applicano le norme seguenti. Per quanto riguarda il diritto di autore vedi gli
artt. 10, 115, 116, 117, L. 22 aprile 1941, n. 633 ed il relativo regolamento di esecuzione approvato
con R.D. 18 maggio 1942, n. 1369.
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1101. Quote dei partecipanti.
Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione
delle rispettive quote.
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non
impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della
cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se
non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso .
Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il godimento della cosa nei limiti
della sua quota.
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti, si osservano le disposizioni contenute nel capo IV
del Titolo III del libro VI (artt. 2808, 2825.c.c.).
L’ipoteca (c.c. 2808) costituita sulla propria quota da uno dei partecipanti alla comunione produce
effetto rispetto a quei beni o a quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione.
Se nella divisione sono assegnati a un partecipante beni diversi da quello da lui ipotecato, l'ipoteca
si trasferisce su questi altri beni, col grado derivante dall'originaria iscrizione e nei limiti del
valore del bene in precedenza ipotecato, quale risulta dalla divisione, purché l'ipoteca sia
nuovamente iscritta con l'indicazione di detto valore entro novanta giorni dalla trascrizione della
divisione medesima .
Il trasferimento però non pregiudica le ipoteche iscritte contro tutti i partecipanti, né l'ipoteca
legale spettante ai condividenti per i conguagli .
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I creditori ipotecari e i cessionari di un partecipante, al quale siano stati assegnati beni diversi da
quelli ipotecati o ceduti, possono far valere le loro ragioni anche sulle somme a lui dovute per
conguagli o, qualora sia stata attribuita una somma di danaro in luogo di beni in natura, possono
far valere le loro ragioni su tale somma, con prelazione determinata dalla data di iscrizione o di
trascrizione dei titoli rispettivi, nel limite però del valore dei beni precedentemente ipotecati o
ceduti.
I debitori delle somme sono tuttavia liberati quando le abbiano pagate al condividente dopo trenta
giorni da che la divisione è stata notificata ai creditori ipotecari o ai cessionari senza che da
costoro sia stata fatta opposizione ).
Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento
della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti,
salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.
La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa.
Il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti
e non versati.
1105. Amministrazione.
Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti,
calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente.
Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati
preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione.
Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si
forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun
partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può
anche nominare un amministratore.
Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente, può essere formato un
regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune. Nello
stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo,
determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore.
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1107. Impugnazione del regolamento.
Ciascuno dei partecipanti dissenzienti può impugnare davanti all'autorità giudiziaria il regolamento
della comunione entro trenta giorni dalla deliberazione che lo ha approvato. Per gli assenti il
termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. L'autorità giudiziaria
decide con unica sentenza sulle opposizioni proposte.
Decorso il termine indicato dal comma precedente senza che il regolamento sia stato impugnato,
questo ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli partecipanti.
Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore
complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento
della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il
godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa .
Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre
che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti.
E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti
reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni .
L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia
lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento
della cosa comune.
Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità giudiziaria
le deliberazioni della maggioranza :
1) nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 1105, se la deliberazione è gravemente
pregiudizievole alla cosa comune;
L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro 30 giorni dalla deliberazione.
Per gli assenti, il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In
pendenza del giudizio, l’autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento
deliberato.
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1110. Rimborso di spese.
Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l'autorità
giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se
l'immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri. Il patto di rimanere in comunione
per un tempo non maggiore di dieci anni è valido e ha effetto anche per gli aventi causa dai
partecipanti. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni .
Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise,
cesserebbero di servire all'uso a cui sono destinate.
I creditori e gli aventi causa da un partecipante possono intervenire nella divisione a proprie spese,
ma non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un'opposizione
anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l'esperimento dell'azione revocatoria o
dell'azione surrogatoria .
Nella divisione che ha per oggetto beni immobili, l'opposizione per l'effetto indicato dal comma
precedente, deve essere trascritta prima della trascrizione dell'atto di divisione e, se si tratta di
divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda .
Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori
iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull'immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e
trascritti prima della trascrizione dell'atto di divisione o della trascrizione della domanda di
divisione giudiziale.
Nessuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione può opporsi contro
le persone indicate dal comma precedente, eccetto le ragioni di prelevamento nascenti da titolo
anteriore alla comunione medesima, ovvero da collazione.
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1114. Divisione in natura.
La divisione ha luogo in natura, se la cosa può essere comodamente divisa in parti corrispondenti
alle quote dei partecipanti.
Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa
comune, le quali siano scadute o scadano entro l'anno dalla domanda di divisione.
La somma per estinguere le obbligazioni si preleva dal prezzo di vendita della cosa comune, e, se la
divisione ha luogo in natura, si procede alla vendita di una congrua frazione della cosa, salvo
diverso accordo tra i condividenti.
Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il rimborso concorre nella
divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti.
Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell'eredità, in quanto non
siano in contrasto con quelle sopra stabilite.
PARTI COMUNI
A differenza della comunione pura, il condominio degli edifici è costituito da un sistema misto
composto da proprietà esclusiva e comunione e cioè dai singoli appartamenti di proprietà esclusiva
e dalle parti comuni che servono a tutto l’edificio e che vanno a formare il condominio vero e
proprio.
Proprio dalla comproprietà, dalle modalità d’uso, dalla contribuzione alle spese delle parti comuni
nascono i più disparati motivi di contrasto.
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Secondo quanto è disposto dal codice civile ( art. 1117 ) per parti comuni si devono intendere: in
generale, tutte le parti che servono all’uso comune, in particolare, il suolo dove sorge l’edificio, le
fondamenta, i muri portanti o maestri, i muri perimetrali, i tetti, le scale, i portoni d’ingresso, i
vestiboli, i portici, i cortili, i locali per la portineria, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale,
le opere di qualunque genere che servono all’uso comune come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli
acquedotti, le fognature, i canali di scarico e tutti gli impianti, gas, luce, acqua fino al punto in cui si
diramano nei vari appartamenti e quindi diventano di proprietà esclusiva dei singoli proprietari.
Anche i lastrici solari, qualora non sono di uso esclusivo risultante dal titolo di acquisto, sono da
considerare parti comuni.
Il lastrico solare in quanto parte terminale dell’edificio avendo funzione di copertura e protezione
dello stesso, anche se in uso esclusivo ad un solo condomino, in mancanza di un titolo da cui
risulta l’esclusiva proprietà di questi, è da considerare proprietà comune.
I balconi non sono da considerarsi parti comuni, mentre lo sono il rivestimento dei frontalini, per
la loro funzione ornamentale del balcone e decorativi per l’intero edificio.
Giurisprudenza
1. Lastrici solari
2. Balconi
• I balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non
costituiscono parti comuni dell'edificio e appartengono ai proprietari delle unità
immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla
caduta di frammenti di intonaco o muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi
ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscano (quali i rivestimenti della
fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), sono condominiali,
se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell'intero edificio e non
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solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza
che è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i
frammenti, citato per il risarcimento), al fine di esimersi da responsabilità, provare che il
danno fu causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione
ornamentale dell'intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso.
3. Autorimessa comune
4. Area di parcheggio
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DIRITTI SULLE COSE COMUNI
Il diritto, sulle cose comuni, di ogni condomino, è proporzionato al valore del piano o porzione di
piano che gli appartiene a meno che il titolo non disponga diversamente. In altre parole, la legge dà
una indicazione generale sulla suddivisione del diritto di ogni partecipante alla comunione, ma dà
anche la facoltà di determinazione dei criteri di valutazione. Solitamente si considera 1000 il valore
dell’intero edificio e si procede alla suddivisione, tenendo conto della superficie, in millesimi dei
singoli appartamenti, dei box, dei garagi, dei negozi ecc. Nulla vieta però, nella suddivisione in
millesimi di competenza di ognuno, di adottare un criterio di valutazione che tenga conto di altri
fattori quali, la cubatura, l’esposizione al sole, il piano o altri vantaggi esclusivi.
La legge dispone che, anche rinunciando al diritto sulle parti comuni, il condomino è tenuto a
partecipare, lo stesso, alle spese di manutenzione e conservazione delle suddette.
Ad esempio, un condomino che non possiede la macchina e quindi non usufruisce dell’eventuale
area destinata al parcheggio delle auto, pur rinunciando ai suoi diritti su detta area, è tenuto
ugualmente a partecipare alle spese. Naturalmente se tutti i condomini sono d’accordo, chi rinuncia
al diritto può essere esonerato alla contribuzione alle spese.
I diritti sulle cose comuni non vanno confusi con l’uso che ognuno può farne secondo la regola
generale sulla comunione (art. 1102). Non vi può essere nessuna limitazione al godimento di una
parte comune derivante dalla misura della quota condominiale.
Le parti comuni dell’edificio sono indivisibili a meno che la divisione non renda più agevole il
godimento della cosa a tutti i condomini.
L’assemblea dei condomini può deliberare la suddivisione di parti comuni ( Sulla validità delle
sedute e relative delibere, rimandiamo al capitolo riguardante l’assemblea )
Un terrazzo sopra il tetto, ad esempio, può essere diviso se tutti i condomini ricevono vantaggi dalla
suddivisione. Se uno solo di loro ne riceve uno svantaggio ed è stato dissenziente o assente alla
riunione che ha deciso la suddivisione, la delibera assembleare può essere impugnata per
l’annullamento.
Giurisprudenza
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1. Obbligo di concorrere alle spese
• In tema di condomino degli edifici, il principio stabilito dall'art. 1118 cod. civ., secondo
cui il condominio non può, rinunciando al suo diritto sulle cose comuni, sottrarsi
all'obbligo di concorrere nelle spese necessarie per la loro conservazione, con aggravio a
carico degli altri condomini, non trova applicazione con riguardo quegli impianti
condominiali da considerarsi superflui in relazione alle condizioni obiettive ed alle
esigenze delle moderne concezioni di vita, ovvero illegali, perché vietati da norme
imperative. Ricorrendo tali condizioni deve riconoscersi al condominio la facoltà di
rinunciare alla cosa comune, senza essere tenuto a sostenere le spese necessarie per la
sua conservazione, quando gli altri condomini intendano persistere nella conservazione
degli impianti preesistenti, pur in presenza di nuove tecniche o servizi predisposti dalla
Pubblica Amministrazione, poiché in tali casi l'esistenza degli impianti trova ragione
esclusivamente nella determinazione dei condomini che intendono conservarli. (Nella
specie un condòmino, adducendo l'esistenza d'impianti pubblici idrici e fognari
perfettamente efficienti, aveva dichiarato di rinunciare al suo diritto sull'impianto
condominiale di autoclave perché ritenuto superfluo, e sul pozzo nero perché in contrasto
con le prescrizioni di legge).
INNOVAZIONI
Per innovazione (art 1120), si deve intendere una radicale e completa trasformazione della cosa
comune, altrimenti si deve parlare di migliorie o modifiche, ricadenti sotto la disciplina dell’art
1102 c.c.
Giurisprudenza
• A differenza dalle innovazioni - configurate dalle nuove opere, le quali non mutano la
sostanza o alterano la destinazione delle parti comuni, in quanto rendono impossibile
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l'utilizzazione secondo la funzione originaria, e che debbono essere deliberate
dall'assemblea ( art. 1120, comma primo, cod. civ.), nell'interesse di tutti i partecipanti -
le modifiche alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'art. 1102 cod. civ., possono
essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di
conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non
impediscano l'altrui pari uso. Pertanto, è legittima l'apertura di vetrine da esposizione nel
muro perimetrale comune, che per sua ordinaria funzione è destinato anche all'apertura
di porte e di finestre, realizzata dal singolo condomino mediante la demolizione della
parte di muro corrispondente alla sua proprietà esclusiva. Alla eventuale autorizzazione
ad apportare tale modifica concessa dall'assemblea può attribuirsi il valore di mero
riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini a
questo tipo di utilizzazione del muro comune.
L'art. 1102, primo comma, cod. civ. assoggetta l'uso della cosa comune da parte di ciascun
condomino al duplice limite di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti
di farne parimenti uso secondo il loro diritto; e tale principio vale, ovviamente, anche per le
modificazioni che il condominio, ai sensi della stessa norma, voglia apportare a proprie spese per il
miglior godimento della cosa comune.
Secondo il codice civile (art 1120), l’assemblea condominiale, con un numero di voti che
rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio, può
approvare tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior
rendimento delle cose comuni.
Sono vietate le innovazioni che arrechino pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell’immobile o
che ne alterino il decoro architettonico. Per le innovazioni che rendano parti comuni inservibili
all’uso o al godimento, anche di un solo condomino, occorre l’unanimità dei partecipanti al
condominio.
L’'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino impone di non alterarne la destinazione e
fare in modo che anche gli altri partecipanti posano goderne, secondo il loro diritto; tale principio
vale, ovviamente, anche per le modificazioni che il condominio, ai sensi della stessa norma, voglia
apportare a proprie spese per il miglior godimento della cosa comune.
E’ vietata la costruzione nel cortile comune di uno scivolo per accedere ad un'unità immobiliare sita
ad un livello più alto, attraverso una finestra trasformata in accesso carrabile, in quanto
determinante modificazione della struttura e della destinazione del cortile, adibito al servizio di
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passo carrabile e di area di parcheggio del traffico veicolare a servizio dell'unità immobiliare
utilizzata non più ad uso abitativo, bensì commerciale.
Le modificazioni della cosa comune o di sue parti (muri perimetrali, cortili ecc.), eseguite dal
singolo condòmino ai fini di un suo uso particolare, diretto ad un migliore e più intenso godimento
della cosa medesima, costituiscono una consentita esplicazione del diritto di comproprietà ex art.
1102 cod. civ., ove non implichino alterazioni della consistenza e della destinazione del bene e non
pregiudichino i diritti di uso e di godimento degli altri condomini. Diversamente, si risolvono in una
innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120 cod. civ., e nel caso di costruzione, nel cortile comune, di
una autoclave per il servizio di una singola unità abitativa - seppure consentita con deliberazione
dell'assemblea dei condomini a norma del quinto comma dell'art. 1136 cod. civ. - comporta
sottrazione di una parte del suolo comune alla sua naturale destinazione ed all'uso e godimento degli
altri condomini.
Per l’art 30, secondo comma, della legge 5 agosto 1978 n. 457, gli interventi per il recupero di un
immobile diviso in più unità immobiliari in condominio, possono essere disposti dall’assemblea
condominiale formata dalla maggioranza dei condomini che rappresentino almeno la metà del
valore dell’edificio (500 millesimi)
Un discorso a parte meritano le innovazioni voluttuarie e quelle che necessitano di una spesa molto
gravosa.
Secondo il codice civile (art 1121) qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia
carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in
opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono
trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza
dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in
qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e
di manutenzione dell'opera.
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notifica della delibera, significando all’amministratore il suo dissenso. Il condomino dissenziente
non è tenuto a partecipare a nessuna spesa, fermo restando il diritto, imprescrittibile, di parteciparvi
ed usufruirne in qualsiasi momento previo pagamento della sua quota, per la spesa fatta, al
momento dell’installazione, rapportata al valore della moneta corrente. Oltre alle eventuali spese
fatte per la manutenzione. Fino a quando il condomino rinunciatario o i suoi eredi o il subentrante
nei suoi diritti, non esercita la facoltà di parteciparvi, egli non ha nessun diritto di comproprietà
sulle suddette opere. Viceversa, se si tratta di spese voluttuarie (come abbellire la facciata, cambiare
la pavimentazione di un cortile al solo scopo di renderlo più lussuoso), pur non avendo contribuito
alle spese necessarie, egli è comproprietario delle dette opere. Il problema, però, è quello di stabilire
se le opere siano o no voluttuarie o/e gravose. Non vi è dubbio che queste valutazioni sono fonti di
contrasto fra i condomini che, molto spesso, per la soggettività delle interpretazioni, vengono
lasciate alle decisioni del giudice. Per stabilire se le opere siano eccessivamente gravose o
voluttuarie o tutte due i fattori insieme, si deve tener conto della spesa rapportata al valore e
all’importanza dell’edificio. Naturalmente la gravosità può anche essere stabilita tenendo conto
della situazione economica e finanziaria dei singoli condomini. Ciò ad evitare che qualche
condomino più facoltoso possa imporre la propria volontà agli altri condomini, di più modeste
condizioni economiche e quindi non in grado di sopportare l’eccessiva spesa per un miglioramento
non necessario ( gravoso e voluttuario) Però è anche vero che, essendo impossibile indagare sulle
effettive capacità economiche dei singoli partecipanti alla comunione, il riguardo alle condizioni
economiche dei partecipanti, si può avere senza tralasciare di considerare gli altri elementi che
caratterizzano un’innovazione non indispensabile quali: tipo dell’edificio, il rapporto del costo con
l’utilità che i partecipanti ne ricavino ecc.
Comunque, visti che sono svariati i fattori da tener presente, la cosa migliore sarebbe di interpellare
prima, con un’assemblea esplorativa, tutti i condomini e poi decidere se eseguire o no un’opera
innovativa non necessaria alla conservazione dell’edificio.
Giurisprudenza
• In tema di condominio di edifici, l'art. 1121 cod. civ. riconosce ai condomini dissenzienti
(e ai loro eredi e aventi causa), in caso di innovazioni gravose o voluttuarie, il diritto
potestativo di partecipare successivamente ai vantaggi delle innovazioni stesse,
contribuendo "pro quota" nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera
ragguagliate al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti in danno dei
condomini che hanno assunto l'iniziativa dell'opera. (Fattispecie riguardante un
impianto di ascensore installato nell'edificio condominiale non all'atto della sua
costruzione, ma successivamente per iniziativa e a spese di parte dei condomini).
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Per il principio secondo il quale, tutti i partecipanti alla comunione possono servirsi delle cose
comuni come meglio credono purché non impediscono agli altri di fare altrettanto, ogni condomino
può apportare, a sue spese, modifiche o migliorie alle cose comuni purché esse non vengano
danneggiate e che le stesse migliorie vadano a vantaggio di tutti.
Giurisprudenza
1. Doppia finestra
• In materia di condominio negli edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare
convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche
relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà,
così costituendo degli oneri reali. (Nella specie, si controverteva in ordine alla legittimità
della realizzazione da parte di un condomino di una doppia finestra, mediante
installazione di un secondo telaio a vetri sul lato esterno di una finestra del suo
appartamento; la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza
impugnata per avere ritenuto legittima l'opera in base ai criteri di cui agli artt. 1102 e
1122 cod. civ., in assenza, in concreto, di un pregiudizio al decoro architettonico
dell'edificio, ma ha annullato la medesima sentenza per difetto di motivazione perché,
nell'interpretare la clausola del regolamento condominiale contrattuale richiedente il
consenso preventivo dell'assemblea condominiale per qualsiasi opera compiuta dai
singoli condomini che potesse modificare la stabilità e lo stato di decoro dell'edificio, non
aveva preso in esame l'ipotesi, prospettata dal condominio, che la stessa clausola,
prevedendo l'obbligo del ripristino dello stato di fatto come sanzione per l'esecuzione delle
modifiche in difetto di autorizzazione, stabilisse il principio dell'immodificabilità del
fabbricato senza il consenso dell'assemblea).
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Al pari dei diritti che ciascun condomino ha sulle parti comuni dell'edificio, vi è un obbligo per
ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni e per
l'esercizio dei servizi condominiali. Infatti l’art 1123 del c.c. dispone che le spese necessarie per la
conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi
nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai
condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Come si vede il codice civile dà ampia libertà contrattuale ai condòmini che possono, con le
appropriate procedure e modalità, stabilire un diverso criterio di ripartire le spese.
Giurisprudenza
1. Esonero
• L'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese
per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio è "propter rem",
essendo strettamente connessa alla contitolarità del diritto di proprietà che i partecipanti
alla comunione hanno su di esse, con la conseguenza che deve presumersi l'efficacia
reale anche della clausola del regolamento di condominio, di natura contrattuale, con cui
la singola unità immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dal contributo nelle
spese stesse - salvo che dalla clausola non risulti la inequivoca volontà di concedere
l'esenzione solo a colui che, in un determinato momento, sia proprietario del bene - e
deve quindi ritenersi che detta clausola sia operante anche a favore dei successori, a titolo
universale o particolare, del condomino in favore del quale l'esenzione era stata prevista.
2. Locali commerciali
• Per espressa previsione dell'art. 1123 del codice civile, il criterio, ivi fissato, di
ripartizione delle spese condominiali tra tutti i condomini, in proporzione al possibile uso
o alla concreta utilità delle cose o dei servizi cui le spese stesse si riferiscono, è
liberamente derogabile per convenzione, pertanto è legittima la deroga al criterio di
ripartizione suindicato contenuta in una disposizione del regolamento di condominio
contrattuale che esclude i condomini "proprietari dei locali commerciali" dalla
partecipazione alle spese relative ai beni e servizi comuni non goduti.
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in
proporzione dell'uso che ciascuno può farne. (art 1123 2° comma)
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3. Parti comuni in esclusiva
• Il secondo comma dell'art. 1123 cod. civ., a norma del quale le spese di conservazione e
godimento delle cose destinate a servire i condomini in misura diversa sono ripartite in
proporzione dell'uso che ciascuno può farne, essendo inspirata ad un'esigenza di
disciplina che meglio si adatta alle specifiche caratteristiche del condominio negli edifici,
ove le parti comuni hanno una precisa funzione strumentale rispetto alle parti in
proprietà esclusiva dei singoli condomini, delle quali esse sono a servizio consentendone
l'esistenza e l'uso, costituisce una disposizione speciale rispetto al principio generale
dell'art. 1100 cod. civ., in base al quale le spese debbono gravare su tutti i partecipanti in
proporzione del valore delle quote di ciascuno di essi, che si presume eguale quando non
risulti diversamente.
Per uso diverso lo si deve intendere, non in termini di quantità in base ad una situazione soggettiva
cioè rapportata ai gusti, al numero delle persone che compongono il nucleo familiare ecc. bensì
all’uso oggettivo che se ne può fare della cosa comune.
Se solo una parte dei condomini, per l’ubicazione dei propri appartamenti, usufruisce di una scala
per andare in giardino o in garage, è naturale che la ripartizione delle spese di manutenzione della
stessa sono a carico di chi potenzialmente se ne può servire.
4. Impianto di riscaldamento
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari , opere o impianti destinati a servire una
parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di
condòmini che ne trae utilità.
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5. Deliberazione dell’assemblea in data anteriore alla vendita
• L'obbligo del condominio di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti
comuni dell'edificio deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla
ripartizione della stessa, ma dalla concreta attuazione dell'attività di manutenzione e
sorge quindi per effetto dell'attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto
dell'autorizzazione accordata all'Amministrazione per il compimento di una determinata
attività di gestione. (Nell'applicare il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la
sentenza di merito che aveva posto a carico dell'acquirente di un appartamento la quota
della spesa per la manutenzione di una parte comune dell'edificio, considerando
irrilevante la circostanza che la deliberazione dell'assemblea di approvazione della spesa
fosse stata assunta in data anteriore alla vendita).
Da queste due sentenze, si evince, in maniera inequivocabile, che il momento che fa nascere
l’obbligo di contribuire è quello in cui viene deliberato dall’assemblea e non quello in cui vengono
iniziati e effettuati i lavori.
Infatti:
6. Obbligato al pagamento
• L'obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per
effetto della delibera dell'assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della
successiva delibera di ripartizione volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente e
che può anche mancare ove esistano tabelle millesimali, per cui l'individuazione delle
somme concretamente dovute dai singoli condomini è il frutto di una semplice operazione
matematica. Pertanto, nel caso di alienazione di un appartamento, obbligato al
pagamento dei tributi è il proprietario nel momento in cui la spesa viene deliberata.
• L'unità sistematica tra la disposizione dell'art. 1118, primo comma, cod. civ., a norma del
quale il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni dell'edificio è proporzionato al
valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, e la disposizione dell'art. 1123,
primo comma, cod. civ., per il quale le spese necessarie per la conservazione ed il
godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse
comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini
in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, non impedisce, trattandosi
di norme derogabili, che siano convenzionalmente previste discipline diverse e
22
differenziate tra loro dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni (che possono
essere attribuiti in proporzione diversa - maggiore o minore - rispetto a quella della sua
quota individuale di piano o porzione di piano) e degli oneri di gestione del condominio,
che possono farsi gravare sui singoli condomini indipendentemente dalla rispettiva quota
di proprietà delle cose comuni o dall'uso. (Nella specie, è stata riconosciuta la validità
dell'accordo che attribuiva ai condomini, proprietari di unità abitative di diverso valore,
un uguale diritto dominicale sulle parti comuni prevedendo la formazione di tabelle
millesimali solo ai fini della ripartizione delle spese di manutenzione e pulizia delle
stesse).
Una distinzione tra questi due tipi di spese si impone per il semplice fatto che una cosa è l’uso e
un’altra il diritto di proprietà.
Viceversa, prendiamo il caso dell’ascensore, non tutti usufruiscono del servizio in ugual misura o
addirittura non ne usufruiscono affatto. In questi casi le spese di manutenzione vanno ripartite
secondo l’uso più o meno intenso che ognuno può farne
La giurisprudenza ha consolidato sempre più il sistema secondo il quale metà della spesa va a carico
di tutti i condomini in base ai rispettivi millesimi di proprietà e l’altra metà proporzionale al piano.
MANUTENZIONE E RICOSTRUZIONE
DELLE SCALE
Le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa
relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per
l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.
Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano
come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano
di proprietà comune.
23
Giurisprudenza
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Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in
parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario
del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore
l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. (art 1125 c.c.)
Giurisprudenza
2.Copertura
• Dal solaio che divide due unità abitatative, l’una all’altra sovrapposta, formando una
struttura comune che i proprietari delle due unità possono modificare solo alla
condizione che non venga alterata la destinazione della cosa e che non sia impedito
all'altro di farne parimenti uso secondo il suo diritto, deve essere distinta la copertura (o
pavimento) del solaio, che appartiene esclusivamente al proprietario dell'abitazione
sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente rimossa o sostituita secondo
la sua utilità e convenienza.
• La sostituzione del solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio deve
realizzarsi, trattandosi di bene in comproprietà, senza menomazioni del godimento di
entrambi i proprietari sulla cosa o sulla proprietà esclusiva di ciascuno di essi, senza che
rilevi il vantaggio che ne sia derivato alle proprietà. Il diritto in questione ha infatti per
oggetto ai sensi dell'art. 1125 cod. civ. il solaio in se stesso considerato e non anche lo
spazio pieno o vuoto che esso occupa e rimane inalterato nel suo oggetto, nonostante la
sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente.
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4. Presunzione assoluta di comunione
• La presunzione assoluta di comunione (ex art. 1125 cod. civ.) del solaio divisorio di due
piani di edificio condominiale tra i proprietari dei medesimi vale pure per la piattaforma o
soletta del balcone dell'appartamento del piano superiore, la quale, avendo gli stessi
caratteri, per struttura e funzione (separazione in senso orizzontale, sostegno, copertura),
del solaio, di cui costituisce prolungamento, è attratta nel regime giuridico dello stesso.
Consegue che per tale piattaforma o soletta si configura un compossesso degli indicati
proprietari, esercitato dal proprietario del piano superiore anche e soprattutto in termini
di calpestio ed estrinsecantesi per l'altro proprietario, oltre che nella fruizione del
"commodum" proveniente dalla copertura, nell'acquisizione di ogni ulteriore attingibile
utilità, cui non ostino ragioni di statica e di estetica, sicché quest'ultimo può ancorare a
detta soletta le strutture di chiusura necessarie per la realizzazione una veranda ed altresì
utilizzarne la faccia inferiore (prolungamento del proprio soffitto) per installarvi
apparecchi d'illuminazione, per farvi vegetare piante rampicanti, ecc.
• La sostituzione del solaio esistente fra due piani sovrapposti di un edificio deve
realizzarsi, trattandosi di bene in comproprietà, senza menomazioni del godimento di
entrambi i proprietari sulla cosa o sulla proprietà esclusiva di ciascuno di essi, senza che
rilevi il vantaggio che ne sia derivato alle proprietà. Il diritto in questione ha infatti per
oggetto ai sensi dell'art. 1125 cod. civ. il solaio in se stesso considerato e non anche lo
spazio pieno o vuoto che esso occupa e rimane inalterato nel suo oggetto, nonostante la
sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente.
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LASTRICI SOLARI IN USO ESCLUSIVO
Quando l'uso dei lastrici solari o di una parte di essi non è comune a tutti i condomini, quelli che ne
hanno l'uso esclusivo sono tenuti a contribuire per un terzo nella spesa delle riparazioni o
ricostruzioni del lastrico; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della
parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di
piano di ciascuno ( art 1126 c. c.)
Questo articolo dispone per i lastrici solari in uso esclusivo ( se l’uso è di tutti, vale, la regola
dettata dall’art 1123 in tema di ripartizione delle spese condominiali).
Per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il regolamento di
condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di
piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini (c.c. 1101).
I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell'intero edificio, devono
essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio .
Nell'accertamento dei valori medesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei
miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano.
Già nel codice civile del 1865 esisteva la stessa regola di ripartizione differenziata, in misura
diversa però.
Infatti il vecchio codice poneva a carico, di quei condòmini che avevano l’uso esclusivo del lastrico
solare, un quarto della spesa. Il legislatore del nuovo codice civile ha ritenuto troppo esigua in
relazione al maggior vantaggio per chi aveva l’uso esclusivo e l’ha elevata ad un terzo della spesa
totale.
Naturalmente sono tenuti a contribuire tutti quei condòmini che traggono utilità dal lastrico solare
che fa da copertura ai loro appartamenti e non tutti i condòmini dell’intero complesso.
Ad esempio se un condominio è composto da tre edifici distinti l’uno dall’altro : edifici A,B,C, se
da riparare è il lastrico dell’edificio A, solo coloro che appartengono a questo edificio devono
concorrere alle spese, secondo il criterio dell’art 1126, e non anche quelli degli altri edifici.
Giurisprudenza
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• In base al criterio di ripartizione delle spese stabilito dall'art. 1126 cod. civ. il proprietario
esclusivo del lastrico solare (cui va equiparata la terrazza a livello) deve contribuire nelle
spese di riparazione soltanto nella misura di un terzo, senza dover concorrere nella
ripartizione degli altri due terzi della spesa stessa che restano a carico dei soli proprietari
dei piani sottostanti ai quali il lastrico (o la terrazza) serve da copertura.
• La spesa per la riparazione o ricostruzione del lastrico o della terrazza a livello deve
essere sostenuta per un terzo da coloro che ne hanno l'uso esclusivo e per due terzi dai
condomini dell'edificio o delle parti di edificio a cui il lastrico serve come copertura;
pertanto, individuati i condomini che hanno l'uso esclusivo del lastrico e posto a loro
carico un terzo delle spese di ricostruzione o riparazione, la rimanente parte di dette spese
deve essere imputata esclusivamente ai proprietari degli appartamenti situati nella zona
dell'edificio coperta dal lastrico.
• Il condomino che, essendo titolare del diritto di uso esclusivo sul lastrico solare, vi rinunzi
è esonerato dalla contribuzione nelle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico
secondo il criterio dell'art. 1126 cod. civ. e deve parteciparvi in base alla quota
millesimale di proprietà, non potendo estendersi analogicamente alla rinunzia ad un
particolare diritto di uso sulla cosa comune la norma dell'art. 1118, secondo comma, cod.
civ., in base alla quale la rinunzia al diritto di proprietà sulle cose comuni non esonera il
rinunziante dalle spese per la loro conservazione, dal momento che tale norma, oltre a
costituire deroga all'opposto principio generale stabilito dal primo comma dell'art. 1104
cod. civ., trova la sua "ratio" nell'inscindibile collegamento tra la fruizione della
proprietà comune e la fruizione di quella individuale e nella conseguente esigenza di non
consentire al condomino di sottrarsi alla contribuzione nelle spese per la conservazione di
beni dei quali egli continuerebbe necessariamente a godere pur dopo avervi rinunziato,
che non sussiste invece nel caso di un bene il cui godimento, puramente eventuale, è
rimesso alla libera determinazione del suo titolare e con la rinunzia di questi si trasferisce
alla collettività dei condomini.
4. Funzione di copertura
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• Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini - ovvero in
proprietà esclusiva dello stesso - svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò, ai
sensi dell'art. 1126 cod. civ., le spese per la sua riparazione o ricostruzione sono poste per
due terzi a carico del condominio. Di conseguenza, anche i danni cagionati dalla
mancata manutenzione del lastrico o del manto impermeabile che protegge l'ultimo piano
dell'edificio non possono essere messi interamente a carico del proprietario o usuario del
lastrico stesso, ma debbono essere risarciti col concorso del condominio nella proporzione
prevista dalla citata norma.
5. Tetto
• La disposizione dell'art. 1126 cod. civ., il quale regola la ripartizione fra i condomini delle
spese di riparazione del lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si riferisce alle
riparazioni dovute a vetustà e non a quelle riconducibili a difetti originari di
progettazione o di esecuzione dell'opera, indebitamente tollerati dal singolo proprietario.
In tale ultima ipotesi, ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a terzi (nella specie,
imperfetta impermeabilizzazione e difetti nei canali di scarico delle acque piovane che
avevano invaso le proprietà sottostanti) la responsabilità relativa, sia in ordine alla
mancata eliminazione delle cause del danno che al risarcimento, fa carico in via esclusiva
al proprietario del lastrico solare, ex art. 2051 cod. civ (Ciascuno è responsabile del
danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito), e non
anche - sia pure in via concorrenziale - al condominio.
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7. Uso esclusivo e facoltà d’uso. Differenza
• La norma dell'art. 1126 cod. civ., prevedendo testualmente che la contribuzione per un
terzo delle spese di rifacimento del lastrico solare deve far carico ai condomini "che ne
hanno l'uso esclusivo" anziché a quelli che ne "fanno" uso esclusivo, attribuisce
all'espressione "uso esclusivo" il significato di mera potenzialità o facoltà dell'uso, quale
che sia il concreto modo, anche di semplice inerzia, del suo estrinsecarsi, confermandosi
dal tenore della stessa norma, come dalla sua "ratio", la volontà del legislatore di
prescindere da una effettiva utilizzazione del bene ed il riferimento alla "utilitas"
ricavabile all'infuori od in più di quella insita nella generale funzione di copertura sui cui
soli fruitori non far gravare le relative spese.
• Il presupposto della responsabilità per il danno provocato dalla cosa in custodia può
consistere anche nella comproprietà della cosa e in tale ipotesi danneggiato può essere
anche uno dei comproprietari, come nel caso di danni da infiltrazioni di acqua da un
terrazzo a livello con funzione anche di copertura degli appartamenti sottostanti, che
forma oggetto di una comunione particolare tra il proprietario dell'appartamento a livello
che ne ha la custodia e i proprietari degli appartamenti sottostanti, nella quale non sono
coinvolti il condominio come tale e l'amministratore di esso.
9. Danni a terzi
10. Riparazione
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dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il
titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità,
nella misura del terzo residuo.
SOPRAELEVAZIONE
Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che
risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale
dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da
edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico
solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
Giurisprudenza
1. Sopraelevazione
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disciplina civilistica della sopraelevazione in questione, in difetto di specifiche pattuizioni
al riguardo, la modificazione tra i "volumi tecnici" od i vincoli di destinazione gravanti in
virtù del progetto approvato e dell'autorizzazione di relativa attuazione, riguardando la
nozione di "volume tecnico" e tali vincoli esclusivamente la regolamentazione
pubblicistica dell'attività edilizia.
• Ai fini dell'art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi
non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma come costruzione di
uno o più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche sopra l'ultimo piano dell'edificio,
quale che sia il rapporto con l'altezza precedente del medesimo; ciò perché tale norma
trova giustificazione nell'occupazione, da parte di chi sopraeleva, dell'area comune su cui
sorge il fabbricato, ossia della maggiore utilizzazione, mediante sfruttamento della
colonna d'aria sovrastante l'edificio, di detta area. Ne consegue che anche la costruzione
realizzata su terrazza di proprietà esclusiva del proprietario dell'adiacente appartamento,
quando la terrazza sia quella dell'ultimo piano o piano attico dell'edificio condominiale,
ed assolve perciò come lastrico solare alla funzione di copertura della parte sottostante
detto edificio, va considerata come sopraelevazione, ed è soggetta al relativo regime
legale, perché comporta le stesse conseguenze in termini di occupazione e di utilizzazione
della colonna d'aria sovrastante il fabbricato di qualsiasi altra ipotesi di sopraelevazione,
costituente espressione del diritto di proprietà esclusiva dell'ultimo piano del lastrico
solare.
3. Struttura in alluminio
4. Condizione statica
• L' art. 1127 cod. civ. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano alla
sopraelevazione a tre limiti, dei quali il primo (condizione statica) introduce un divieto
assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini, il
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proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di
consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova
costruzione, mentre gli altri due limiti (turbamento delle linee architettoniche,
diminuzione di aria e di luce) presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli
condomini contro - interessati. Pertanto, l'art. 1127 cod. civ. ha carattere innovativo
rispetto al corrispondente art. 12 del R.D.L. 15 gennaio 1934 n. 56, in quanto inibisce al
proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare se le condizioni statiche in atto dell'edificio
siano sfavorevoli e la sopraelevazione richieda opere di rafforzamento e di
consolidamento delle strutture essenziali.
• L'art. 1127 del codice civile, disciplinante il regime legale delle sopraelevazioni, è
derogabile, come emerge dall'espressa riserva contenuta nel primo comma, da una
convenzione preesistente o coeva alla costituzione del condominio. Ne consegue che il
divieto assoluto di sopraelevazione - nella specie, stabilito dal regolamento di condominio
(costituente parte integrante del contratto di acquisto dei singoli cespiti) a carico
dell'ultimo piano dell'edificio ed a favore tanto delle parti di proprietà comune, quanto
delle unità immobiliari in proprietà esclusiva dell'edificio - avendo sostanzialmente
natura di servitù "altius non tollendi", può essere fatto valere sia dai singoli condomini
che dal condominio.
7. Aspetto architettonico
8. Indennità di sopraelevazione
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• L'indennità di sopraelevazione di cui all'art. 1127 cod. civ., che costituisce un debito di
valore (soggetto alla rivalutazione monetaria), deve essere calcolata assumendo come
base unicamente il valore attuale del suolo nella parte di esso corrispondente al piano di
sopraelevazione, supposto come completamente libero, senza cioè che possa operarsi
alcuna diminuzione di esso in considerazione delle strutture del fabbricato e dei limiti che
ne derivano, né della sua maggiore o minore vetustà.
DISTRUZIONE DELL’EDIFICIO
Se l'edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno
dei condomini può richiedere la vendita all'asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato
diversamente convenuto.
Nel caso di perimento di una parte minore, l'assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione
delle parti comuni dell'edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle
parti stesse .
L'indennità corrisposta per l'assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di
queste. Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell'edificio è tenuto a cedere
agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che
ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuno dei condomini.
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L’AMMINISTRATORE
Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se l'assemblea non
provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea.
Può altresì essere revocato dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel
caso previsto dall'ultimo comma dell'articolo 1131, se per due anni non ha reso il conto della sua
gestione, ovvero se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità .
Giurisprudenza
1. Nomina amministratore
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• Per la nomina dell'amministratore del condominio di un edificio è applicabile l'art. 1392
cod. civ., in base al quale, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il
contratto che il rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di
rappresentanza può essere verbale o anche tacita. Detta nomina, pertanto, può risultare,
indipendentemente da una formale investitura da parte dell'assemblea e dall'annotazione
nello speciale registro di cui all' art. 1129 cod. civ., dal comportamento concludente dei
condomini, che abbiano considerato l'amministratore tale a tutti gli effetti, rivolgendosi a
lui abitualmente in tale veste. Sez. II, sent. n. 1791 del 12-02-1993.
2. Potere di rappresentanza
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• Le norme del codice civile sulla nomina, la revoca e l'attività dell'amministratore del
condominio negli edifici ( art. 1129 cod. civ., artt. 64 e 65 disp. att. c.c.) non escludendo la
possibilità che l'amministrazione del condominio sia affidata ad una pluralità di
amministratori dato che, per un verso, la carenza di una specifica disposizione per
l'individuazione tra i diversi amministratori di quello tenuto a rappresentare il
condominio nei rapporti con i terzi comporta solo, ai sensi dell'art. 1131 cod. civ.,
l'attribuzione a tutti del potere di rappresentanza anche nei confronti di terzi e, per altro
verso, grazie al rinvio alle norme sulla comunione, operato dall'art. 1139 cod. civ., deve
ritenersi applicabile al condominio negli edifici l'art. 1106 cod. civ., che, per una esigenza
di tutela degli interessi dei comproprietari e di razionalizzazione delle amministrazioni
particolarmente complesse, comune anche al condominio negli edifici, espressamente
consente la delega per l'amministrazione della cosa comune ad uno o più partecipanti o
anche ad un estraneo. Ne consegue la possibilità che l'amministrazione del condominio
sia affidata anche ad una società di fatto in cui la disciplina del potere di
amministrazione come derivante da un rapporto di mandato fra la collettività dei soci
amministratori ( art. 2260 cod. civ.) e l'attribuzione, nei rapporti esterni, della
rappresentanza del socio amministratore ( art. 2266 cod. civ.) presenta un notevole
parallelismo con quella dell'art. 1131 cod. civ., alla quale aggiunge la predisposizione di
regole legali per la risoluzione del conflitto tra gli amministratori ( art. 2257 cod. civ.),
dovendosi escludere che la possibilità di inserimento di nuovi soci, nelle società di
persone, si rilevi incompatibile con il carattere personale del mandato conferito
all'amministratore dall'assemblea dei condomini, dato che, come nel caso di nomina
dell'amministratore unico, che è dotato della facoltà di delega dei suoi poteri ad un
sostituto, l'"intuitus personae" risiede nell'originaria scelta del mandatario e che
l'ingresso di nuovi soci non riduce, ma semmai accresce, la garanzia per i condomini.
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legge, dall'assemblea o dal regolamento, e può continuare pertanto ad esercitarli, fino a
che non sia sostituito con altro amministratore.
9. Prorogatio
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potendosi legittimamente richiedere l'adozione di un provvedimento di urgenza a norma
dell'art. 700 cod. proc. civ.
• Il condominio non è legittimato passivo nei confronti della domanda di risarcimento dei
danni proposta dall'amministratore per la revoca dall'incarico disposta dall'autorità
giudiziaria, atteso che i condomini che chiedono la revoca, ai sensi dell'art. 1129 cod. civ.,
esercitano un diritto proprio e non agiscono in virtù di un mandato reciproco esistente tra
tutti i condomini.
• Il disposto dell'art. 1129 cod. civ. (nomina annuale dell'amministratore), e dell'art. 1135,
n. 2, cod. civ. (preventivo annuale di spesa), dell'art. 1135, n. 3, cod. civ. (rendiconto
annuale delle spese e delle entrate) configura una dimensione annuale della gestione
condominiale, sicché è nulla la deliberazione condominiale che, nell'assenza di
un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una
previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l'obbligo
della contribuzione (nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio di
diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la nullità della
deliberazione condominiale con la quale era stato così approvato a maggioranza:
"continuare a versare le quote relative al fondo di riserva per l'anno 1988 e per i prossimi
cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno, che dovrà essere
versata entro il 30 maggio di ogni anno.
L'amministratore deve :
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1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di
condominio.
2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo
che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti
comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.
Giurisprudenza
1. Poteri dell’amministratore
2. Azioni possessorie
• L'amministratore del condominio ha, tra gli altri, anche il compito di compiere gli atti
conservativi - tra i quali rientrano anche le azioni possessorie - dei diritti inerenti alle
parti comuni dell'edificio e, nell'ambito di detta attribuzione, ha la rappresentanza dei
partecipanti e può agire in giudizio, sia contro i condomini che contro i terzi, con la
conseguenza che, allorché si verta in tema di conservazione dei diritti condominiali
attinenti alle parti comuni dell'edificio - ed anche se la controversia riguardi l'uso o il
godimento della cosa comune - l'amministratore può agire in giudizio anche in difetto di
una deliberazione assembleare in tal senso, poiché tale potere inerisce alla sua qualità,
restando irrilevante accertare se l'assemblea con la quale egli sia stato eventualmente
autorizzato a promuovere l'azione sia stata o meno validamente costituita.
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3. Atti conservativi
• L' art. 1130, n. 4, cod. civ. che attribuisce all'amministratore del condominio il potere di
compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio deve
interpretarsi estensivamente nel senso che oltre agli atti conservativi necessari ad evitare
pregiudizi a questa od a quella parte comune, l'amministratore ha il potere - dovere di
compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale
unitariamente considerato. Rientra, pertanto, nel novero degli atti conservativi di cui
all'art. 1130, n. 4, cod. civ. l'azione dell'art. 1669 cod. civ. intesa a rimuovere i gravi
difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i
singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita
alternativamente l'amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il
risarcimento, senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o
parte di essi soltanto.
• L' art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ., menzionando gli atti conservativi dei diritti
inerenti alle parti comuni dell'edificio, non si riferisce soltanto alle misure cautelari, ma
anche a tutti gli atti diretti a conservare l'esistenza delle parti comuni dell'edificio
condominiale. Quindi l'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione
di cui all'art. 1669 cod. civ., relativa ai gravi difetti di costruzione che possano porre in
pericolo la sicurezza dell'edificio condominiale, anche se privo della preventiva
autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale.
41
aumentato di una certa percentuale, in tal modo risultando determinate, per riferimento
alle spese dell'anno precedente, sia la somma complessivamente stanziata, sia quella
destinata alle singole voci, mentre la ripartizione fra i singoli condomini deriva
automaticamente dall'applicazione delle tabelle millesimali.
6. Obblighi dell’amministratore
• L'amministratore del condominio, che è responsabile dei danni cagionati dalla sua
negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli
obblighi legali o regolamentari, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto
a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei
condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e
disciplinari nei confronti dei singoli condomini - salvo che il regolamento di condominio,
ai sensi dell'art. 70 disp. trans. c.c., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei
confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni
- né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di
una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.
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fatte nell'esecuzione dell'incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui
avviene l'anticipazione e per effetto di essa e non può considerarsi estinta dalla nomina
del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza
eliminare quelle originali, sostanziali e processuali.
9. Responsabilità dell’amministratore
• L'amministratore del condominio, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia
tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei
condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e
disciplinari nei confronti dei singoli condomini - salvo che il regolamento di condominio,
ai sensi dell'art. 70 disp. trans. c.c., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei
confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni
- né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di
una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.
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comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini
in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. Sez. II, sent. n. 8530 del 27-
09-1996.
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RAPPRESENTANZA
1131. Rappresentanza .
Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori poteri conferitogli dal
regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti
e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio ; a
lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento
dei danni.
Giurisprudenza
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possono sia intervenire nei giudizi in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta
dall'amministratore, sia proporre i mezzi d'impugnazione ammissibili per evitare gli
effetti, a loro sfavorevoli, di sentenze pronunciate nei confronti del condominio
rappresentato dall'amministratore.
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Sez. II, sent. n. 12304 del 14-12-1993.
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• In tema di condominio, l'attribuzione, in determinate materie, all'amministratore della
legittimazione ad agire in nome del condominio non priva i singoli condomini del potere
di agire a difesa dei propri diritti esclusivi o dei diritti comuni. Tuttavia, la legittimazione
del singolo condomino ad agire per la tutela di un proprio diritto esclusivo non comporta
la legittimazione ad agire per la tutela di analoghi diritti esclusivi degli altri condomini.
(Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza del
giudice di merito il quale aveva accolto la domanda di un condomino tendente ad ottenere
da un terzo la restituzione sia della propria quota, sia delle quote gravanti sugli altri
condomini per un contratto stipulato dall'amministratore con il terzo stesso, non
ratificato dall'assemblea condominiale).
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12. Potere dell’amministratore
• Per il disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l'amministratore del condominio ha la
legittimazione ad agire in giudizio, nei confronti del condomino moroso per la riscossione
dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell'assemblea, rilevando
l'esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea
soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all'onere probatorio a
suo carico.
• In base agli artt. 1130 e 1131 cod. civ. la legittimazione processuale attiva
dell'amministratore di un condominio è delimitata dai poteri sostanziali spettantigli per
legge o ampliati, nell'ambito della realizzazione dell'interesse comune, dal regolamento
condominiale o da valida delibera dell'assemblea. Pertanto, le delibere che
l'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 1, cod. civ., è legittimato ad eseguire, agendo a
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tal fine anche in giudizio, sono soltanto quelle che rientrano nei poteri deliberativi
dell'assemblea e perciò non incidono sui diritti esclusivi dei singoli condomini.
• Il secondo comma dell'art. 1131 cod. civ., nel prevedere la legittimazione passiva
dell'amministratore in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei
condomini (senza distinguere tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di
condanna), deroga alla disciplina valida per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi,
soccorrendo, così, all'esigenza di rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del
condominio, senza la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei
condomini. Pertanto, riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, la
legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste anche nel caso in cui
l'azione sia diretta ad ottenere la rimozione di opere comuni (nella specie, un condomino
aveva chiesto la rimozione della centrale termica condominiale dal luogo in cui era stata
installata, in quanto essa, tra l'altro, causava intollerabili immissioni di rumore nel suo
appartamento. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha escluso che
sussistesse il litisconsorzio passivo necessario dei condomini).
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19. Amministratore avvocato
• Nel corso del giudizio, di cui sia parte costituita un condominio legalmente rappresentato
dall'amministratore, la cessazione del rapporto di rappresentanza per dimissioni
comporta l'interruzione del processo, a norma dell'art. 300 cod. proc. civ., soltanto se e
quando l'evento sia stato dichiarato in udienza, ovvero sia notificato alle altre parti dal
procuratore costituito; altrimenti, il rapporto processuale prosegue senza soluzione di
continuità e senza dar luogo a successione nel processo quando si costituisca in giudizio
il nuovo amministratore, ed è perciò valida l'impugnazione proposta dall'amministratore
dimissionario il cui potere perdura fino alla sua sostituzione.
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23. Incapacità di testimoniare per i condomini parti in causa
• L'amministratore del condominio - salvo che ne abbia ricevuto specifico mandato - non è
legittimato a promuovere un giudizio quando, sia pure in correlazione alle parti comuni
dell'edificio, si controverta sull'adempimento di obbligazioni derivanti dai singoli
contratti stipulati con i venditori e che impegnano i singoli condomini ed i loro diretti
contraenti. (Nella specie, era stata esercitata dall'amministratore l'azione contrattuale di
garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all'art. 1490 cod. civ. e segg., con riferimento
a vizi attinenti ad elementi accessori della costruzione: rivestimenti, piastrellature,
pitturazioni, pavimentazioni).
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Sez. II, sent. n. 7527 del 20-12-1983.
• La legittimazione dell'amministratore, quale è prevista dall'art. 1130 cod. civ. per gli atti
conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, non si estende oltre i limiti
delle domande dirette al ripristino delle parti comuni nel loro normale stato e non
comprende, quindi, la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al deprezzamento
delle parti comuni, dell'immobile che, non essendo diretta alla conservazione
dell'immobile, resta nell'esclusiva disponibilità dei singoli condomini.
• Le azioni reali nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni
di un edificio (nella specie, azione di rivendica), tendono a statuizioni relative alla
titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi ed, esulando, pertanto, dall'ambito degli atti
meramente conservativi ( art. 1130, n. 4, cod. civ.), possono essere proposte
dall'amministratore del condominio solo se regolarmente autorizzato dall'assemblea, ai
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sensi dell'art. 1131 cod. civ., con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'art.
1136 cod. civ.
• Le azioni reali nei confronti dei terzi a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni
di un edificio tendono a statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti
medesimi che, esulando dall'ambito degli atti meramente conservativi ( art. 1130, n. 4,
cod. civ.), possono essere proposte dall'amministratore del condominio solo se autorizzato
dall'assemblea a norma dell'art. 1131, comma primo, cod. civ.
• Le azioni reali contro terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un
edificio, quali quelle volte a denunziare la violazione delle distanze legali tra costruzioni,
essendo dirette a ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto dei diritti
medesimi, non rientrano tra gli atti meramente conservativi e possono, quindi,
promuoversi dall'amministratore del condominio solo se sia autorizzato dall'assemblea a
norma dell'art. 1131, comma primo, cod. civ.
• Per il disposto degli artt. 1130 e 1131, primo comma, cod. civ., l'esperimento da parte
dell'amministratore del condominio di un edificio dell'"actio confessoria servitutis" nei
confronti di un singolo condomino o di un terzo richiede l'autorizzazione dell'assemblea o
il mandato espresso dei singoli partecipanti vertendosi in tema di azione reale con finalità
non meramente conservative, la quale esula dai limiti delle normali attribuzioni
dell'amministratore.
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condomini e l'amministratore stesso, come non incide sulla deducibilità e rilevabilità
d'ufficio della carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto in persona
dell'amministratore con citazione il cui contenuto esorbita dalle funzioni di quest'ultimo,
così non rileva ai fini della legittimazione attiva dell'amministratore, la quale, ai sensi
dell'art. 1130 cod. civ. e del primo comma dell'art. 1131 cod. civ., va verificata in base
all'inclusione della tutela giurisdizionale richiesta nei limiti delle normali attribuzioni
dell'amministratore quali stabilite dalla legge o dal regolamento di condominio, o alla sua
eccedenza dai detti limiti, nel quale caso è necessaria l'autorizzazione dell'assemblea o il
mandato espresso dei condomini. (Nella specie, è stato ritenuto che, in difetto di delibera
autorizzativa dell'assemblea, l'amministratore del condominio fosse carente di
legittimazione a proporre un'azione reale a difesa di un diritto parziario su un fondo
contiguo di proprietà di terzi, trattandosi di azione a finalità non meramente conservativa
ed esulante dalle normali attribuzioni dell'amministratore).
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• Il principio secondo cui l'atto compiuto benché irregolarmente dall'amministratore (di
società) resta valido nei confronti dei terzi che hanno ragionevolmente fatto affidamento
sull'operato e sui poteri dell'amministratore medesimo non può trovare applicazione in
materia di condominio di edifici con riguardo a lavori od opere di manutenzione
straordinari eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore senza previa delibera
della assemblea di condomini, atteso che i rispettivi poteri dell'amministratore e
dell'assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile ( art. 1130,
1135 cod. civ.), limitando le attribuzioni dell'amministratore all'ordinaria
amministrazione e riservando all'assemblea dei condomini le decisioni in materia di
amministrazione straordinaria (salvo i lavori di carattere urgente).
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tutti i condomini, non essendo consentito discriminare, quanto agli effetti conseguiti, la
posizione di coloro che non abbiano partecipato all'assemblea o non abbiano espresso
voto conforme alla volontà della maggioranza.
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Sez. II, sent. n. 8195 del 11-08-1990.
L’art. 1132 del c.c. dispone: "Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere
una lite o di resistere a una domanda il condomino dissenziente, con atto notificato
all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per
il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il
condomino ha avuto notizia della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte
vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto
vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese di giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla
parte soccombente.
Quando si parla di liti giudiziarie, si devono intendere quelle liti che riguardano parti comuni
dell’edificio. Il diritto che permette al condomino dissenziente di separare la propria responsabilità
per le eventuali conseguenze negative della lite, si fonda su due elementi; primo, la lite deve
riguardare le parti comuni dell’edificio, secondo, la proposizione della lite deve essere deliberata
dall’assemblea.
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Sta poi, a seguito di condanna penale, stabilire di chi è la responsabilità civile se
dell’amministratore in prima persona o del condominio.
• L'esonero del condomino dissenziente dalle spese, a seguito della separazione della
propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, trova il suo fondamento
giuridico nella norma di cui all'art. 1132, comma primo, cod. civ., sul duplice presupposto
che la lite riguardi le parti comuni dell'edificio e che la proposizione della controversia in
sede civile sia stata deliberata dall'assemblea. Detto esonero non riguarda, pertanto, i
processi penali, così che l'eventuale decisione di autorizzare l'amministratore a nominarsi
un difensore nel procedimento penale che lo vede imputato in relazione a comportamenti
afferenti il suo incarico (con relativa spesa a carico del condominio) non può formare
legittimo oggetto di delibere assembleari (per il perfezionamento delle quali è prevista
l'applicazione del principio maggioritario), bensì essere adottata dai singoli condomini
(anche in costanza di una riunione assembleare, che costituisca, peraltro, una mera
"occasio negotii") con una decisione con la quale venga manifestata l'espressa volontà di
stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti.
Il condomino presente all’assemblea e che abbia dato voto contrario all’instaurazione di una lite
civile o il condomino assente, che intende separare la sua responsabilità dalle relative conseguenze,
deve notificare all’amministratore, entro trenta giorni dal ricevimento della delibera, un atto di
significazione redatto in duplice copia in carta bollata da far notificare tramite ufficiale giudiziario
della pretura o del tribunale, a seconda della competenza della instauranda controversia giudiziaria.
Attenzione: da tener presente che comunicazione verbali o assembleari o raccomandate, non hanno
valore.
2. Termine perentorio
• In termine di giorni 30, previsto dall'art. 1132 cod. civ., per l'atto di estraniazione del
condomino dissenziente è di decadenza, com'è fatto palese dalle parole usate e dalla
"ratio legis" correlata all'esigenza di provvedere in tempi brevi all'amministrazione e di
dare certezza ai rapporti condominiali caratterizzati da dinamismo e rapidità: ne
consegue che la decadenza per la relativa inosservanza non può essere rilevata dal
giudice d'ufficio.
Bollo
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FAX SIMILE DI ATTO DI SIGNIFICAZIONE
DI DISSENSO
ATTO DI SIGNIFICAZIONE
PREMESSO
che in data 12 marzo 1998, l’assemblea del suddetto condominio di via Caracalla
32, ha deliberato (il sottoscritto è stato dissenziente) di promuovere una causa civile
nei confronti dell’appaltatore, Ditta "IMBIANCHINI RIUNITI", che ha rifatto la
facciata,
SIGNIFICA
alla S.V. che intende escludere la propria responsabilità da quelle del condominio,
per le conseguenze, ai fini delle spese giudiziarie, in caso di soccombenza.
Firmato
Mario Rossi
La separazione di responsabilità ha effetto solo nei rapporti interni e non opera all’esterno. Quindi
in caso di vittoria a vantaggio del condominio, della lite, i condomini che hanno pagato e non è
possibile ripetere dalla parte soccombente, le spese di giudizio, ( può accadere che il giudice
compensi le spese, per cui ognuno si paga le proprie), hanno diritto di rivalsa su quei condomini
che, se pur dissenzienti, ne traggano vantaggio.
Non sarebbe giusto che il vantaggio realizzato a favore di tutto il condominio, fosse posto a
esclusivo carico di quei condomini che hanno partecipato finanziariamente alla lite.
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3. Non necessarietà della sottoscrizione
I provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i
condomini. Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza
pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137.
Esplicando queste mansioni può accadere che ecceda, travalicando i limiti imposti dalla legge o
dall’assemblea o dal regolamento condominiale.
Atteso che tutti i condomini sono vincolati dai provvedimenti dell’amministratore, cosa può fare il
condomino contro quegli abusi posti in essere dall’amministratore?
Può ricorrere all’assemblea che può invalidare o ratificare quegli atti che hanno ecceduti i limiti dei
poteri concessi all’amministratore. Sempre che l’eccesso non riguardi violazioni di legge o di
regolamento condominiale, perché in questi casi l’assemblea non è abilitata a decidere in merito.
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Viceversa, se si tratta di decisioni prese in contrasto con la legge o con il regolamento, è ammesso
solo il ricorso all’autorità giudiziaria, che va espletato secondo le norme che regolano le
impugnazioni delle delibere assembleari.
Comunque il ricorso all’assemblea, in caso di non soddisfazione per il ricorrente, non pregiudica il
ricorso anche all’autorità giudiziaria.
Giurisprudenza
• Il condòmino è legittimato ad impugnare con l'azione di nullità ex art. 1421 cod. civ. una
deliberazione assembleare come esorbitante i poteri che competono all'assemblea purché
deduca e dimostri di avere interesse all'accertamento della nullità, e cioè che la
deliberazione impugnata gli arreca un apprezzabile pregiudizio. (Nella specie, un
condòmino avente l'uso esclusivo di una parte del lastrico solare aveva fatto valere la
nullità della deliberazione assembleare che aveva deciso il rifacimento della
pavimentazione per tutta la superficie del lastrico medesimo sostituendo altro tipo di
mattonato a quello preesistente, senza indicare quale concreto pregiudizio era a lui
derivato dall'anzidetta sostituzione).
Il ricorso all’autorità giudiziaria deve essere proposto, sotto pena di decadenza , entro trenta giorni,
che decorrono dalla data del provvedimento o dalla data di ricezione per gli assenti.
• Il secondo comma dell'art. 1137 cod. civ. - per il quale ogni condomino dissenziente può
fare ricorso all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni assunte dall'assemblea del
condominio - non esclude la compromettibilità ad arbitri delle relative controversie, le
quali non rientrano in alcuno dei divieti previsti dagli artt. 806 e 808 cod. proc. civ., con
la conseguenza che è legittima la norma del regolamento condominiale che preveda una
clausola compromissoria con il conseguente obbligo di chiedere la tutela all'organo
designato come competente.
3. Condomino dissenziente
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• L' art. 1137, secondo comma, cod. civ., nel riconoscere ad ogni condomino dissenziente la
facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea del
condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice
ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le
quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 cod.
proc. civ. Conseguentemente, è valida la norma del regolamento condominiale relativa al
deferimento ad arbitri del ricorso contro le deliberazioni assembleari viziate da nullità o
annullabilità, senza che rilevi in contrario, in relazione alla tutela assicurata dall'art.
1137 cod. civ., l'impossibilità per gli arbitri di sospendere l’esecuzione della delibera
impugnata, sempre invocabile dinanzi al giudice ordinario ai sensi dell'art. 700 cod. proc.
civ., né la prevista rimessione della nomina di uno degli arbitri al condominio, la cui
inerzia è superabile con ricorso al presidente del tribunale competente.
• Il secondo comma dell'art. 1137 cod. civ. - a termini del quale ogni condomino
dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni assunte
dall'assemblea del condominio o dall’amministratore - configurando il diritto soggettivo
del condomino quale "facultas agendi" a tutela di interessi direttamente protetti
dall'ordinamento giuridico - non esclude lo affidamento ad arbitri delle relative
controversie, con la conseguenza che deve considerarsi legittima la norma del
regolamento condominiale che preveda una clausola compromissoria con il correlativo
obbligo di chiedere la tutela all'organo designato competente.
• Con riguardo alle spese di manutenzione ordinaria o straordinaria delle cose comuni, che
l'amministratore del condominio abbia effettuato senza preventiva approvazione del
relativo progetto, deve ritenersi consentito all'assemblea di approvare successivamente le
spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le
attribuzioni conferitele dall'art. 1135 cod. civ.
• Il secondo comma dell'art. 1137 cod. civ. - a termini del quale ogni condomino
dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni assunte
dall'assemblea del condominio o dall’amministratore - configurando il diritto soggettivo
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del condomino quale "facultas agendi" a tutela di interessi direttamente protetti
dall'ordinamento giuridico - non esclude l’affidamento ad arbitri delle relative
controversie, con la conseguenza che deve considerarsi legittima la norma del
regolamento condominiale che preveda una clausola compromissoria con il correlativo
obbligo di chiedere la tutela all'organo designato competente.
• Con riguardo alle spese di manutenzione ordinaria o straordinaria delle cose comuni, che
l'amministratore del condominio abbia effettuato senza preventiva approvazione del
relativo progetto, deve ritenersi consentito all'assemblea di approvare successivamente le
spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le
attribuzioni conferitele dall'art. 1135 cod. civ.
Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o
dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente.
• L' art. 1134 cod. civ., secondo cui il condomino non ha diritto al rimborso di spese fatte
senza autorizzazione dell'amministratore e dell'assemblea, trova applicazione solo nel
caso in cui le spese si riferiscono alla riparazione di cose comuni e non pure allorché
afferiscono ad opere dallo stesso effettuate nell'ambito della sua proprietà singola al fine
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di accertare le cause del danno verificatosi (nella specie infiltrazioni d'acqua) e la sua
derivazione o meno dalla rottura di un impianto condominiale (nella specie, condotta
fognaria).
• L'esperibilità dell'azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ.
postula, per il disposto dell'art. 2042 cod. civ., la non esperibilità di altra azione per
conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito. Ne consegue che il giudice in presenza di
una pluralità di domande - oltre quella ex art. 2041 cod. civ. - fondate su titoli diversi,
deve preliminarmente decidere sulla fondatezza di queste ultime e solo ove decida di non
accoglierle potrà esaminare l'azione sussidiaria di arricchimento, sempreché
l'impossibilità di proporre quest'ultima non derivi da un divieto stabilito dalla legge.
(Nella specie, un condomino aveva chiesto il rimborso della spesa sostenuta per la
manutenzione della cosa comune, in base ad un triplice titolo: l'accordo di tutti i
condomini, l'urgenza della spesa ex art. 1134 cod. civ. e l'arricchimento senza causa. La
S.C. nel formulare il principio di cui in massima ha precisato che al condomino non
compete l'azione di arricchimento in caso di spesa non urgente, stante il divieto di
rimborso stabilito dall'art. 1134 cod. civ. al di fuori delle ipotesi ivi previste).
• Tra la domanda proposta dal condomino, nei confronti degli altri partecipanti al
condominio, tendente ad ottenere il rimborso delle spese effettuate per le cose comuni
(nella specie, di riparazione del tetto dell'edificio condominiale), in considerazione della
loro urgenza, e la medesima domanda, fondata sulla prova dell'esistenza del consenso
manifestato dagli altri partecipanti, sussiste diversità di "causa petendi", in quanto la
prima è diretta a provare un'attività gestoria del condomino, la seconda l'esistenza di
un'autorizzazione o di una delega da parte dell'assemblea condominiale. Ne consegue,
che, a norma dell'art. 345 cod. proc. civ., nel caso in cui in primo grado sia stata proposta
la prima domanda, è inammissibile, in quanto nuova, la seconda domanda proposta in
grado d'appello.
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Art.1135 c.c.. Attribuzioni dell'assemblea dei condomini.
Oltre quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l'assemblea dei condomini provvede:
2) all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione
tra i condomini;
3) all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della
gestione;
L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano
carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea.
Giuisprudenza
• Con riguardo ai rapporti fra amministratore e condominio, che sono regolati dalle norme
del mandato, la presunzione di onerosità del mandato stesso, prevista dall'art. 1709 cod.
civ., va considerata in correlazione con il disposto dell'art. 1135, n. 1, cod. civ. che
prevede come "eventuale" la retribuzione dell'amministratore, inteso nel senso che
l'assemblea può espressamente determinarsi per la gratuità dell'incarico. (Nella specie, la
Corte ha confermato la decisione del giudice del merito che aveva interpretato la
disposizione del regolamento di condominio che prevedeva la retribuzione per il solo
amministratore professionista, nel senso dell'esclusione di ogni compenso per il
condomino cui fosse stato affidato l'incarico di amministratore).
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3. Approvazione del preventivo di spesa
• In tema di condominio, l'approvazione del preventivo delle spese e della ripartizione delle
stesse, nonché l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore rientrano tra le
attribuzioni dell'assemblea dei condomini, le cui deliberazioni se non impugnate
tempestivamente, con riguardo a pretesi vizi che ne causino l'annullabilità, sono
obbligatorie per tutti i condomini, con la conseguenza che il condomino dissenziente non
può, in mancanza di formale impugnazione a termini dell'art. 1137 cod. civ. - alla quale
non può essere equiparata una contestazione scritta - sottrarsi al pagamento di quanto da
lui dovuto in base alla ripartizione approvata.
• Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse
relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea
dei condomini essendo questa espressamente richiesta dall'art. 1135, n. 2, cod. civ. per
tutte le spese occorrenti durante l'anno e non solo per le spese di straordinaria
manutenzione alle quali si riferisce il citato art. 1135, n. 5, cod. civ. E' pertanto
annullabile la delibera dell'assemblea che autorizza l'amministratore ad aumentare i
contributi previsti dal preventivo di spese approvato.
6. Criteri di ripartizioni
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ripartizione ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. ovvero sono modificati i criteri fissati in
precedenza, per le quali è necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei
condomini, da quelle con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste
dall'art. 1135 cod. civ., n. 2 e n. 3, vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso
che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.
68
9. Annullabilità della delibera che modifica i criteri di ripartizione
• In tema di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le
attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 2, cod. civ., sono circoscritte alla
verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge e non comprendono
il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe venendo
direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un
mutamento del valore della parte dell'edificio di sua esclusiva proprietà, possono
scaturire soltanto da una convenzione a cui egli aderisca. Pertanto la deliberazione
assembleare che non tenga conto dei detti criteri è inefficace nei confronti del condomino
dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo e non meramente
annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137,
secondo e terzo comma, cod. civ.
10. Nullità
• In tema di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le
attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 2, cod. civ., sono circoscritte alla
verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge, e non
comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe,
venendo direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino, attraverso
un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono
conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca. Pertanto, la deliberazione
assembleare, che modifichi detti criteri, è inefficace, nei confronti del condomino
dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo, e non meramente
annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 cod.
civ., secondo e terzo comma.
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12. Divieto di invadere la sfera privata
70
• L'esonero del condomino dissenziente dalle spese, a seguito della separazione della
propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, trova il suo fondamento
giuridico nella norma di cui all'art. 1132, comma primo, cod. civ., sul duplice presupposto
che la lite riguardi le parti comuni dell'edificio e che la proposizione della controversia in
sede civile sia stata deliberata dall'assemblea. Detto esonero non riguarda, pertanto, i
processi penali, così che l'eventuale decisione di autorizzare l'amministratore a nominarsi
un difensore nel procedimento penale che lo vede imputato in relazione a comportamenti
afferenti il suo incarico (con relativa spesa a carico del condominio) non può formare
legittimo oggetto di delibere assembleari (per il perfezionamento delle quali è prevista
l'applicazione del principio maggioritario), bensì essere adottata dai singoli condomini
(anche in costanza di una riunione assembleare, che costituisca, peraltro, una mera
"occasio negotii") con una decisione con la quale venga manifestata l'espressa volontà di
stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti.
• Il disposto dell'art. 1129 cod. civ. (nomina annuale dell'amministratore), e dell'art. 1135,
n. 2, cod. civ. (preventivo annuale di spesa), dell'art. 1135, n. 3, cod. civ. (rendiconto
annuale delle spese e delle entrate) configura una dimensione annuale della gestione
condominiale, sicché è nulla la deliberazione condominiale che, nell'assenza di
un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una
previsione pluriennale di spese, oltre quella annuale, ed alla quale si commisuri l'obbligo
della contribuzione (nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio di
diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la nullità della
deliberazione condominiale con la quale era stato così approvato a maggioranza:
"continuare a versare le quote relative al fondo di riserva per l'anno 1988 e per i prossimi
cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno, che dovrà essere
versata entro il 30 maggio di ogni anno").
71
Da questa decisione della Corte di Cassazione, a conferma di altre emanate da Magistrature
inferiori, appare chiaro ed inequivocabile che il costume, di molti amministratori di fare
programmazioni di spesa pluriennali è illegittimo, in quanto, anche se si tratta di norma derogabile
dalla volontà delle parti, essa impone la gestione annuale del condominio e solo l’unanimità può
deviare dalla norma e approvare una spesa pluriennale. Quindi anche se si oppone un solo
condomino, la delibera assembleare relativa ad un preventivo di spesa pluriennale, è nulla.
• I diritti spettanti a ciascun condomino (in base agli atti di acquisto, ovvero al regolamento
condominiale in essi richiamato) sulle parti comuni dell'edificio non possono essere
oggetto di delibere assembleari approvate a maggioranza che ne ledano il contenuto,
essendo necessaria, a tal fine, una manifestazione unanime di volontà da parte di tutti i
condomini, senza che, su tale principio, possa legittimamente incidere il disposto dell'art.
9, commi primo e terzo, della legge n. 122 del 1989, che stabilisce le maggioranze
richieste per la validità delle deliberazioni assembleari aventi ad oggetto le opere e gli
interventi per la realizzazione dei parcheggi, ma non prevede alcuna deroga al principio
generale che esclude il potere della maggioranza dei condomini di menomare diritti
validamente acquisiti da ciascuno di essi (fattispecie in tema di delibera condominiale,
adottata a maggioranza, autorizzativa del parcheggio di autoveicoli in spazi comuni
dell'edificio - costruito anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 765 del 1967 -
nonostante una espressa previsione in senso contrario contenuta nel regolamento di
condominio contrattuale). Sez. II, n. 5369 del 14-06-1997
CONVOCAZIONE DI ASSEMBLEA
L'assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'articolo 1135
del codice, può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene
necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del
valore dell'edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono
provvedere direttamente alla convocazione.
72
L'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della
data fissata per l'adunanza.
Giurisprudenza
1. Avviso di convocazione
• Al fine della valida costituzione dell'assemblea dei condomini di un edificio, la prova che
l'avviso di convocazione sia stato effettivamente consegnato al singolo condomino può
essere acquisita anche con presunzioni, aventi i requisiti di gravità, precisione e
concordanza stabiliti dall'art. 2729 cod. civ. (Nella specie, il giudice del merito aveva
considerato raggiunta detta prova, rilevando che l'avviso di convocazione era stato da
questi consegnato alla moglie del portiere, con funzioni di sostituta, presso lo stabile in
cui si trovava il destinatario. La S.C., premesso il principio di cui sopra, ha ritenuto
corretta la statuizione).
73
4. Comunicazione dell’avviso.
• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 che, ribadendo sostanzialmente la disciplina
già introdotta dall'art. 6 della legge 22 dicembre 1973 n. 841, prevede con norma
eccezionale un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee
dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria, non ha comportato modificazioni al disposto
dell'art. 66 disp. attuaz. del cod. civ., che disciplina la comunicazione dell'avviso di
convocazione dell'assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve
essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell'appartamento, restando
solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell'avviso di convocazione
ricevuto dall'amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del
conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di
locazione.
• Nel caso in cui l'avviso di convocazione dell'adunanza condominiale non sia stato
comunicato anche ad uno solo dei condomini, ancorché detto condomino sia titolare di
74
una quota millesimale ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza prescritta
dalla legge, la deliberazione adottata è affetta da nullità assoluta, che può essere fatta
valere da qualsiasi condomino anche presente in assemblea.
Qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone,
queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea che è designato dai comproprietari
interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente
L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il diritto di voto negli affari che
attengono all'ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Giurisprudenza
• In tema di assemblea di condominio, l'art. 67 disp. trans. c.c. - il quale dispone che
qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più
persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante - non autorizza a ritenere che per
la valida costituzione dell'assemblea sia sufficiente la convocazione di uno solo dei
comproprietari "pro indiviso", essendo invece necessario che essi siano tutti avvertiti al
fine d'indicare quale di essi li rappresenterà nell'assemblea; la prova della valida
convocazione di uno dei proprietari "pro indiviso" - in considerazione del fatto che ai
sensi dell'art. 1136, sesto comma, cod. civ. l'invito a partecipare all'assemblea non
richiede l'atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a
portarlo a conoscenza del destinatario - può evincersi anche dall'avviso dato ad uno degli
75
altri comproprietari, qualora ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione
del giudice del merito, tali da far ritenere che quest'ultimo abbia reso edotto l'altro (o gli
altri) comproprietari della convocazione medesima, specie quando trattasi di coniugi
conviventi non in contrasto d'interessi tra di loro.
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COSTITUZIONE A VALIDITÀ DELL’ASSEMBLEA
E DELLE RELATIVE DELIBERAZIONI
L'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due
terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio .
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
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Se l'assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l'assemblea di seconda convocazione
delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla
medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei
partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio.
Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120
devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei
partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio .
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.
Giurisprudenza
• Ai fini della validità della delibera di assemblea condominiale, il quorum richiesto deve
esistere al momento della costituzione dell'assemblea, e nel verbale ad essa relativo
devono essere indicati gli elementi indispensabili per il riscontro della validità della
costituzione assembleare senza che sia altresì necessaria la dichiarazione di regolarità
dell'assemblea in relazione al totale dei millesimi rappresentati dagli intervenuti.
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Sez. II, sent. n. 5073 del 23-07-1983.
4. Nuovo proprietario
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Sez. II, sent. n. 9 del 10-01-1990.
6. Proprietario e usufruttuario
• Nel caso in cui faccia parte del condominio un piano o appartamento oggetto di
usufrutto, il nudo proprietario deve essere chiamato a partecipare alle assemblee
condominiali indette per deliberare sulle innovazioni o sulle opere di manutenzione
straordinaria. Se invece si tratta di affari di ordinaria amministrazione deve esserne dato
avviso all'usufruttuario il quale non può dare il suo voto nelle materie riservate al nudo
proprietario.
• In tema di condominio degli edifici, l'art. 1136 cod. civ., facendo riferimento, per
l'approvazione delle deliberazioni assembleari, ad un determinato numero di partecipanti
al condominio ed ad un determinato valore dell'edificio rappresentato dalle rispettive
quote, comporta che ogni condomino intervenuto possa esprimere un solo voto (ed
analogamente va considerata la posizione degli astenuti e degli assenti), qualunque sia
l'entità della quota che rappresenta ed indipendentemente dal fatto che questa sia
costituita da una sola o da più unità immobiliari, stante l'autonoma rilevanza attribuita al
voto personale rispetto al valore, sia pure minimo, della quota rappresentata dal singolo
condomino.
9. Vizi di delega
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• In difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed
il condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole sul mandato con la conseguenza
che solo il condomino delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega.
( Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli
edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, ivi compresi quelli di cui
all'articolo 8, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali.)
81
Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere
dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria.
Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione
degli altri servizi comuni.
La disciplina di cui al primo comma si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.
Giurisprudenza
82
• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392, il quale attribuisce al conduttore il diritto di
votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto
l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla
modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente, con il rinvio alle disposizioni
del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di
impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di
gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle
situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale
di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi
la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea
condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di
condominio e del bilancio preventivo.
4. Condomino locatore
• In tema di condominio negli edifici, dal combinato disposto dell'art. 1137 cod. civ., e degli
artt. 9 e 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 si desume che il conduttore, il quale abbia
partecipato all'assemblea condominiale avente ad oggetto le spese e le modalità di
gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d'aria o sia stato posto in
condizione di parteciparvi, contribuendo alla relativa deliberazione, non può, nel caso che
abbia omesso d'impugnare la deliberazione stessa, sottrarsi dal rimborsare al condomino-
locatore le menzionate spese, a meno che non provi, nel caso che lamenti la mancanza o
l'insufficienza della relativa fornitura, che esse derivino da difetti o guasti della parte
dell'impianto di esclusiva proprietà del condomino-locatore stesso (art. 1117 cod. civ.), la
cui riparazione sia posta dalla legge a carico di quest'ultimo (artt. 1575 e 1576 cod. civ.).
La disciplina di cui al primo comma (art 1136) si applica anche qualora si tratti di edificio non in
condominio.
Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice civile sull'assemblea dei condomini.
Questa disposizione, dettata per i conduttori di immobili adibiti ad uso di abitazione, è estesa ai
conduttori di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione per effetto dell'art. 41 della
stessa legge.
83
EDIFICIO APPARTENENTE AD UN UNICO
PROPRIETARIO
Quando l’edificio appartiene ad un unico proprietario, per la gestione dei servizi, lo stesso non è
obbligato a convocare l'assemblea dei fruitori dei servizi e quindi può, di sua iniziativa, regolare i
medesimi e le relative spese. Sta ai conduttori, eventualmente, se vogliono far valere le proprie
ragioni, a rinurisi in assemblea mediante la convocazione della stessa da parte di almeno tre
conduttori e quindi partecipare al regolamento del servizio e all’impegno della relativa spesa.
Giurisprudenza
• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 non ha previsto che i conduttori possano
sostituirsi al locatore nella gestione dei servizi condominiali ed in particolare in quello di
fornitura del riscaldamento, bensì ha introdotto un meccanismo volto a consentire la
partecipazione dei conduttori stessi alle assemblee condominiali con riguardo alle
decisioni dei proprietari locatori, senza che, nel caso di edifici non in condominio, ne
derivi un obbligo del proprietario dell'edificio di convocare in assemblea i conduttori,
potendo gli stessi, in mancanza della facoltativa iniziativa attribuita al proprietario,
convocarsi su iniziativa di almeno tre di loro per far valere in confronto del proprietario i
propri interessi in relazione al funzionamento del servizio. Ne consegue che non è
configurabile in capo al proprietario locatore né un inadempimento né un obbligo di
conseguente risarcimento dei danni in confronto dei conduttori per non averne convocato
l'assemblea.
• Dalla normativa sulle locazioni (art. 1575 cod. civ., artt. 5, 9 e 10 della legge 27 luglio
1978 n. 392) può desumersi che la gestione degli impianti e servizi concernenti gli
immobili, in quanto attinente al godimento ed alla manutenzione del bene, appartiene di
regola al locatore e che il conduttore può eccezionalmente incidere sulla gestione del solo
servizio di riscaldamento e di condizionamento d'aria unicamente nell'ambito di
assemblee di condomini o, nel caso di unico proprietario dell'edificio, di inquilini. Ne
consegue che in ipotesi di unico proprietario ed unico inquilino dell'immobile, in
mancanza di un'assemblea, non è possibile ipotizzare un diritto partecipativo del
conduttore alla questione del servizio di riscaldamento o condizionamento d'aria, la
quale, proprio in virtù di detta mancanza, fa capo direttamente al proprietario-locatore
(nella specie, la S.C., ritenendo quelli enunciati principi regolatori della materia dei
rapporti tra locatore e conduttore e che in assenza di un inadempimento imputabile non
può sussistere un danno risarcibile, ha cassato la sentenza del giudice conciliatore che
84
aveva condannato l'unico proprietario a risarcire il danno procurato all'unico conduttore
dell'edificio, per avere il primo omesso di convocare il secondo ai fini delle deliberazioni
relative alla gestione del servizio di riscaldamento).
• In tema di assemblea di condominio, l'art. 67 disp. trans. c.c. - il quale dispone che
qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più
persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante - non autorizza a ritenere che per
la valida costituzione dell'assemblea sia sufficiente la convocazione di uno solo dei
comproprietari "pro indiviso", essendo invece necessario che essi siano tutti avvertiti al
fine d'indicare quale di essi li rappresenterà nell'assemblea; la prova della valida
convocazione di uno dei proprietari "pro indiviso" - in considerazione del fatto che ai
sensi dell'art. 1136, sesto comma, cod. civ. l'invito a partecipare all'assemblea non
richiede l'atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a
portarlo a conoscenza del destinatario - può evincersi anche dall'avviso dato ad uno degli
altri comproprietari, qualora ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione
del giudice del merito, tali da far ritenere che quest'ultimo abbia reso edotto l'altro (o gli
altri) comproprietari della convocazione medesima, specie quando trattasi di coniugi
conviventi non in contrasto d'interessi tra di loro.
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ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione del giudice del merito, tali da
far ritenere che il secondo comproprietario abbia reso edotto il primo della convocazione.
8. Mancata comunicazione
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• Nel caso in cui l'avviso di convocazione dell'adunanza condominiale non sia stato
comunicato anche ad uno solo dei condomini, ancorché detto condomino sia titolare di
una quota millesimale ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza prescritta
dalla legge, la deliberazione adottata è affetta da nullità assoluta, che può essere fatta
valere da qualsiasi condomino anche presente in assemblea.
All’assemblea deve essere convocato il proprietario e non anche il conduttore. Sta al primo
preoccuparsi di avvisare il suo inquilino.
• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 che, ribadendo sostanzialmente la disciplina
già introdotta dall'art. 6 della legge 22 dicembre 1973 n. 841, prevede con norma
eccezionale un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee
dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di
riscaldamento e di condizionamento d'aria, non ha comportato modificazioni al disposto
dell'art. 66 disp. att. c.c., che disciplina la comunicazione dell'avviso di convocazione
dell'assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato
al locatore, restando solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore
dell'avviso di convocazione ricevuto dall'amministratore, senza che le conseguenze della
mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane
estraneo al rapporto di locazione.
IMPUGNAZIONI
Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i
condomini.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza , entro trenta giorni, che decorrono dalla
data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
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Art 23 c.c.. Annullamento e sospensione delle deliberazioni.
Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono essere
annullate, su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero.
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base
ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima .
Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può
sospendere, su istanza di colui che ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della delibera
impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è
notificato agli amministratori.
L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa
anche dall'autorità.
Giurisprudenza
• In tema di condominio degli edifici, tutti i condomini che non hanno votato in maniera
conforme alla deliberazione assembleare sono legittimati ad impugnarla, siano stati
presenti alla seduta ovvero assenti (l'unica differenza consistendo nel "dies a quo" per
proporre l'opposizione, che decorre dalla data della deliberazione per i primi e dalla data
della comunicazione per gli altri), ivi compresi, pertanto, gli astenuti - i quali
sostanzialmente non hanno approvato la delibera - a nulla rilevando che questi, al
momento del voto, abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta.
• L'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 il quale attribuisce al conduttore il diritto di
votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto
l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di
condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla
modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni
del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di
impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di
gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle
situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale
di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi
la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea
condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di
condominio e del bilancio preventivo.
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Sez. II, sent. n. 8755 del 18-08-1993.
• La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 cod. civ., a norma del
quale chiunque vi ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia
partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di detta delibera, salvo che con
tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione.
4. Interesse ad agire
• L'interesse ad agire previsto dall'art. 100 cod. proc. civ., concretandosi in una situazione
di vantaggio sostanziale da tutelare, non è escluso dalla possibilità di azioni alternative di
tutela della medesima situazione giuridica contro lo stesso o altro soggetto; pertanto, la
possibilità di azione diretta contro il condomino che utilizza la cosa comune invadendo la
sfera di proprietà individuale del singolo condomino non esclude l'interesse di
quest'ultimo all'azione di accertamento della nullità della delibera condominiale che ha
autorizzato quell'utilizzazione.
• L'impugnazione delle delibere condominiali può essere proposta oltre che con ricorso,
come richiesto dall'art. 1137 cod. civ., anche con atto di citazione purché lo stesso venga
notificato al condominio nel termine indicato dal terzo comma dell'art. 1137 cod. civ.,
dall'adozione o comunicazione della delibera, restando in potere dello amministratore del
condominio, in tale caso, chiedere l'abbreviazione del termine a comparire di cui all'art.
163 cod. proc. civ., nel caso in cui sia stato fissato un termine eccessivo.
• L' art. 1137 cod. civ., nel disciplinare tra l'altro la forma dell'atto d'impugnazione, in via
contenziosa, delle delibere condominiali, usa delibere collegiali adottate dagli organi della
comunione in genere (artt. 1107 - 1109 cod. civ.), di risolvere sollecitamente le questioni
concernenti la gestione del condominio.
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7. Obbligo del ricorrente di fornire la prova
• Il condomino che deduca l'invalidità di una delibera assembleare deve fornire la prova
che le condizioni previste per la regolare formazione della volontà dell'assemblea non
sono state rispettate.
Ricordiamo al lettore che la differenza tra i due effetti è che la nullità non è soggetta a decadenza e
quindi la relativa richiesta può essere fatta in ogni tempo.
Viceversa l’annullabilità deve essere invocata entro i termini previsti dalla legge.
• L' art. 1137 cod. civ., che riconosce ad ogni condomino dissenziente il diritto d'impugnare
le deliberazioni dell'assemblea, si riferisce alle deliberazioni annullabili, mentre per
quelle nulle provvede l'art. 1421 cod. civ., secondo cui la nullità può essere fatta valere da
chiunque vi ha interesse. Pertanto il condomino che abbia partecipato all'assemblea e
abbia espresso voto conforme alla deliberazione che si assume nulla non è escluso dal
diritto di far valere tale nullità solo che alleghi e dimostri di avervi interesse. (Nella
specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione del merito che con riguardo alla
richiesta dichiarazione di nullità della deliberazione, presa non all'unanimità ma a
maggioranza, concernente la ripartizione delle spese di installazione di una nuova caldaia
90
dell'impianto di riscaldamento in parti uguali anziché in misura proporzionale ai valori
della proprietà di ciascun condomino - art. 1123 cod. civ. - aveva ravvisato l'interesse ad
agire nella violazione del diritto del condomino di concorrere nelle spese per le cose
comuni dell'edificio condominiale in misura non superiore a quelle dovute per legge).
• La norma dell'art. 6 della legge 22 dicembre 1973 n. 841, nella parte in cui attribuisce al
conduttore, contrattualmente obbligato al pagamento delle spese di gestione del servizio di
riscaldamento, il diritto di partecipare, in luogo del locatore, alle assemblee dei
condomini convocate per deliberare su tali spese e sulla modalità di gestione del servizio
stesso, ha carattere eccezionale rispetto alla disciplina del condominio degli edifici e non
è, quindi, suscettibile d'interpretazione estensiva. Pertanto, il diritto dei conduttori di
partecipare alle assemblee in sostituzione dei locatori e di adottare le deliberazioni
relative trova un preciso limite nell'indicato oggetto, con la conseguenza che la delibera
dell'assemblea dei conduttori riguardante materia diversa (nella specie, corresponsione ai
proprietari di un contributo sulla spesa sostenuta per la trasformazione dell'impianto di
riscaldamento) è affetta da nullità assoluta, e, come tale, può essere impugnata anche
oltre il termine di decadenza stilito dall'art. 1137 cod. civ. (richiamato dall'art. 6 della
legge n. 841 del 1973) per le sole delibere di competenza dell'assemblea.
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nullità assoluta della delibera stessa, rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 1421 cod. civ.,
bensì a un'ipotesi di annullabilità ex art. 1137 cod. civ.
• In tema di condominio di edifici, gli atti, con i quali l'amministratore disponga opere
sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, sono
affetti da nullità assoluta, la cui deducibilità non è soggetta ai termini di decadenza degli
artt. 1133 e 1137 cod. civ.
92
Sez. II, sent. n. 6212 del 23-05-1992.
• La deliberazione con cui l'assemblea dei condomini approvi la ripartizione delle spese del
servizio di riscaldamento centralizzato senza avere prima accertato il volume dei singoli
cespiti, in violazione della disposizione del regolamento di condominio che prevede il
riparto volumetrico della spesa, non è affetta da nullità bensì soltanto annullabile, ove
denunciata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine di decadenza di cui all'art.
1137 cod. civ., non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123
cod. civ.Sez. II, sent. n. 6403 del 08-06-1993,
• Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 cod. civ., la deliberazione dell'assemblea
condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere
impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo
comma, cod. civ. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità,
restando esclusa una diversa forma d'invalidazione ex art. 1418 cod. civ., non essendo
consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla
maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera.
19. Nullità
• E' affetta da nullità e non da mera annullabilità, ed è quindi impugnabile in ogni tempo
da chiunque vi abbia interesse la delibera dell'assemblea condominiale che ponga le
spese di lite in proporzione della sua quota, a carico del condomino pur avendo questi
ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata
dall'assemblea.
93
del condominio ogni vicenda di responsabilità penale, attesane la natura personale, ai
sensi dell'art. 27, comma primo, Cost.
94
uno spazio condominiale destinato, per una clausola del contratto di acquisto, al libero
accesso del pubblico).
• In tema di condominio di edifici, gli atti, con i quali l'amministratore disponga opere
sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, sono
affetti da nullità assoluta, la cui deducibilità non è soggetta ai termini di decadenza degli
artt. 1133 e 1137 cod. civ.
• La deliberazione con cui l'assemblea dei condomini approvi la ripartizione delle spese del
servizio di riscaldamento centralizzato senza avere prima accertato il volume dei singoli
cespiti, in violazione della disposizione del regolamento di condominio che prevede il
riparto volumetrico della spesa, non è affetta da nullità bensì soltanto annullabile, ove
denunciata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine di decadenza di cui all'art.
1137 cod. civ., non incidendo sui criteri generali da adottare nel rispetto dell'art. 1123
cod. civ.Sez. II, sent. n. 6403 del 08-06-1993.
95
28. Impugnazione per legittimità
• Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 cod. civ., la deliberazione dell'assemblea
condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere
impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo
comma, cod. civ. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità,
restando esclusa una diversa forma d'invalidazione ex art. 1418 cod. civ., non essendo
consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla
maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera.
• E' affetta da nullità e non da mera annullabilità, ed è quindi impugnabile in ogni tempo
da chiunque vi abbia interesse la delibera dell'assemblea condominiale che ponga le
spese di lite in proporzione della sua quota, a carico del condomino pur avendo questi
ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite medesima deliberata
dall'assemblea.
96
considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza,
di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ.
REGOLAMENTO DI CONDOMINIO
Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un
regolamento , il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese,
secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del
decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione .
Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o
per la revisione di quello esistente.
Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo
comma dell'articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall'ultimo comma dell'art. 1129. Esso
può essere impugnato a norma dell'articolo 1107.
Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino,
quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle
disposizioni degli articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.
REGOLAMENTO CONVENZIONALE E
REGOLAMENTO CONTRATTUALE
97
La differenza tra i due tipi di regolamento condominiale, sta nel fatto che quello contrattuale deriva
da un’accettazione di esso da parte degli acquirenti delle varie porzioni di immobili, al momento
dell’acquisto.
Quello convenzionale deriva da una delibera assembleare approvata con la maggioranza degli
intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.
Giurisprudenza
98
specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come
atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i
componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed
a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale quanto,
soprattutto, per i singoli condomini; consegue da ciò che l'azione promossa per ottenere
declaratoria della nullità, totale o parziale, del regolamento medesimo è esperibile non da
e nei confronti del condominio, carente di legittimazione in ordine ad una siffatta
domanda ma da uno o più condomini nei confronti di tutti gli altri, in situazione di
litisconsorzio necessario, non potendo, altrimenti, risultare "utiliter data" l'eventuale
sentenza di accoglimento.
99
6. Regolamento convenzionale
8. Regolamento contrattuale
9. Ambulatorio medico
• Il divieto, a carico del condomino di edificio, di dare una determinata destinazione alla
porzione di sua proprietà esclusiva, traducendosi in una limitazione delle facoltà inerenti
al diritto dominicale, non può derivare da una deliberazione assembleare, adottata con le
maggioranze previste per la regolamentazione dell'uso e del godimento dei beni comuni
( art. 1138, terzo comma, cod. civ.), ma presuppone un titolo convenzionale, con
l'accettazione del vincolo da parte del condomino stesso (in sede di acquisto della
proprietà esclusiva, ove si tratti di vincolo predisposto dal costruttore od originario unico
proprietario dell'edificio, o con separato atto successivo, ovvero anche con adesione alla
100
decisione assembleare che introduca il vincolo medesimo). In difetto di tale accettazione,
pertanto, deve escludersi che una certa utilizzazione dell'alloggio di proprietà esclusiva
(nella specie, ad ambulatorio medico) possa di per sé costituire fatto illecito, avverso il
quale sia dato al condominio od agli altri condomini facoltà dinale e, se predisposte
dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere, pertanto, accettate dai
condomini nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati; se deliberate, invece
dall'assemblea, debbono essere approvate all'unanimità, dovendo, in mancanza,
considerarsi nulle, perché eccedenti i limiti dei poteri dell'assemblea.
11. Servitù
• Non è possibile configurare una servitù nel senso che lo stesso fondo si trovi a rivestire,
contemporaneamente, in ordine alla medesima utilità oggettiva, la qualità di dominante e
di servente, essendo caratteristica delle servitù quella di essere "iura in re aliena".
Tuttavia, non può escludersi che due fondi siano reciprocamente gravati da analoga
servitù, perché il rapporto che in tal caso si costituisce non è quello di corrispettività tra i
due fondi, bensì quello relativo a due distinte e autonome servitù, in cui il fondo che
nell'una è considerato come servo delle parti comuni di un edificio condominiale, può
conseguire, oltre che da una norma del regolamento condominiale adottato ad unanimità,
anche da una clausola inserita in tutti i contratti con i quali ciascun partecipante ha
acquistato dall'originario unico proprietario-costruttore, poiché, anche in tale ipotesi,
sussiste la formazione del consenso di tutti i condomini alla creazione del vincolo, come
nell'analogo caso del regolamento condominiale precostituito da detto costruttore-
venditore. (Nella specie, il proprietario e costruttore di un edificio, proprietario altresì di
un'adiacente area destinata alla realizzazione di autorimesse, aveva inserito, negli atti di
vendita dei singoli appartamenti, una clausola che conteplava, su passo carraio
condominiale, il transito in favore di dette autorimesse. La S.C., alla stregua del principio
di cui sopra, ha ritenuto idonei detti atti di vendita a costituire una servitù a vantaggio
dell'acquirente di quell'area, che aveva realizzato i "garage").
Sez.II n 2465/85
101
• Il regolamento di condominio edilizio predisposto dall'originario unico proprietario
dell'edificio è vincolante, purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto, sì da
far parte "per relationem" del loro contenuto, solo per coloro che successivamente
acquistano le singole unità immobiliari, ma non per coloro che abbiano acquistato le
unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso, ancorché nell'atto
di acquisto sia posto a loro carico l'obbligo di rispettare il regolamento da redigersi in
futuro, mancando uno schema definitivo, suscettibile di essere compreso per comune
volontà delle parti nell'oggetto del negozio; pertanto, in questa ultima ipotesi, il
regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione,
quest'ultimo vi presti adesione. Tale adesione - e quindi la volontà del condominio di
accettare le disposizioni del regolamento condominiale limitative del diritto di proprietà
sulle parti esclusive del suo immobile - deve risultare per iscritto, in modo chiaro ed
inequivocabile e non per fatti concludenti, non potendo pertanto costituire adesione, con i
conseguenti effetti vincolanti, l'"applicazione" e la "presa di cognizione" del
regolamento stesso.
102
porzioni direttamente dal costruttore, anche in assenza di espressa previsione in talsenso
nei singoli atti di acquisto, atteso che tutti costoro, non avendo partecipato
all'approvazione del regolamento o alla stipulazione degli atti, devono ricomprendersi,
prima della conclusione del loro acquisto, come terzi rispetto ai quali opera, ai fini
dell'opponibilità dei vincoli suddetti, siffatta forma di pubblicità.
15. Ipoteca
103
deve essere trascritta nei registri immobiliari oppure essere menzionata ed accettata
espressamente nei singoli atti d'acquisto.
104
determinati usi, il condominio può chiedere nei diretti confronti del conduttore di un
appartamento del fabbricato condominiale la cessazione della destinazione abusiva e
l'osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni, in quanto il conduttore non può
trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo
locatore, e ciò alla unica condizione che sia approvata l'operatività della clausola
limitativa, o, in altri termini, la sua opponibilità al condomino locatore.
• La partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei
condomini di un edificio per ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote
105
dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o
l'acquiescenza alla concreta applicazione di queste delibere, può assumere il valore di
unico comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle
millesimali da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno
aderito o accettato la differente suddivisione e può dar luogo, quindi, per "facta
concludentia", ad una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle
spese condominiali che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non
richiede la forma scritta ma solo il consenso, anche tacito o per "facta concludentia",
purché inequivoco, di tutti i condomini.
• La trascrizione, prevista dall’art 1138, comma terzo, c.c. , del regolamento di condominio,
nel registro ( peraltro non istituito) di cui all’art. 1129. c.c. , integra mero onere di
pubblicità dichiarativa, la cui inosservanza non comporta la nullità o l’inefficacia del
regolamento approvato dall’assemblea dei condomini o predisposto dall’originario
costruttore dell’edificio condominiale . L’omessa trascrizione nei Registri Immobiliari
determina invece l’inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari
comprese nell’edificio condominiale delle eventuali clausole limitative di diritti esclusivi
di proprietà spettanti a ciscun condomino, senza influire anch’essa sulla validità ed
efficacia del regolamento.
Per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in
generale.
106
QUESTIONARIO PRATICO
1) L'assemblea condominiale può prendere decisioni anche, per quanto riguarda i singoli appartamenti, nel loro interno?
No.
2) Se un condòmino deve coprire la propria terrazza (sua proprietà esclusiva) deve chiedere l'autorizzazione
all'assemblea?
L'assemblea.
5) Può derogarvi?
6) Se nell'avviso di convocazione non è ben precisato il luogo di riunione assembleare, l'assemblea è invalidà ?
107
Si
7) Che cosa occorre per la validità della costituzione di un assemblea di seconda convocazione?
La presenza minima dei condòmini che, votando unanimi, darebbero la maggioranza voluta dall'art. 1136 c.c.
8) E' possibile una valida costituzione dell'assemblea, se non sono formate le tabelle millesimali?
No
No purchè si sia seguito un criterio equo per tutti di ripartizione delle spese.
10) Che cosa occorre perchè sia valida una delibera in seconda convocazione?
La deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e
almeno un terzo del valore dell'edificio.
11) Qual è la maggioranza richiesta per delibere che non riguardano tutti i condòmini, ma solo parte di essi?
12) Se nel verbale assembleare si rileva un errore nella somma dei votanti a favore o contro può la stessa assemblea, in
seconda convocazione e a maggioranza semplice, correggere l'errore materiale?
Si
13) L'eliminazione del portiere, sostituendolo con l'impianto automatico, richiede l'unanimità?
No, basta la maggioranza. Ma se era previsto dal regolamento occorre la maggioranza di cui al quinto comma
dell’art. 1136.
14) Il giudice può sindacare se si è fuoriusciti dall'ordine del giorno, e interpretare a suo giudizio il contenuto della
delibera?
Si
15) In un condominio gravato di servitù passiva, è legittima la delibera che eroga spese per renderne possibile
l'esercizio?
16) L’assemblea può deliberare se consta che un solo condòmino non è stato avvisato?
108
No, il termine di 30 giorni vale solo per le irregolarità procedurali. Se la delibera è nulla il termine non scade
mai.
19) La mancanza del "quorum" (minimo) per la costituzione dell'assemblea può essere fatta valere solo entro 30 giorni?
L’annullabilità è sottoposta a decadenza, la nullità no, può sempre essere fatta valere.
21) Se viene impugnata una delibera, e successivamente l'assemblea la revoca, la causa può proseguire?
No.
No.
No.
Si.
26) Per la tutela delle cose comuni, può agire solo l'amministratore?
Col fatto che ogni condòmino è conproprietario totalmente di tutte le parti in comune, e non solo di una quota di
esse.
28) Nella causa promossa dal condòminio (quesiti 26 e 27), il giudice deve far intervenire anche gli altri?
No
29) Valgono le risposte 26 - 28 anche se chiamato in giudizio (cioè violatore) è un altro condòmino, anziche un terzo?
Si
30) Quale azione può esperire il condominio in caso di abusiva costruzione sul luogo comune?
Si.
109
32) Se il condominio perde una causa in persona dell’amministratore e questi non impugna la sentenza, può farlo
ciascun condòmino?
Si
33) E' possibile una causa solo contro il condominio in persona dell'amministratore?
Si
34) Il regime condominiale per le parti comuni presuppone necessariamente un regolamento di condominio e l'inizio del
funzionamento dell'assemblea?
35) Se più costruzioni sono collegate ma del tutto autonome l'una dall'altra, si ha condominio?
Non necessariamente.
36) La divisione del condominio in più condomini può sempre essere richiesta?
37) I dirittti dei condòmini sulle cose comuni possono definirsi servitù.
No.
38) Le distanze legali per pozzi, cisterne, fossi e tubi (art. 889 c.c.) vanno osservate anche nei rapporti fra condòmini?
La norma non è applicabile nell'ipotesi di installazione degli impianti che sono indispensabili per un'effettiva
abitabilità dell'appartamento secondo l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e le moderne concezioni in
tema di igiene, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il
contemperamento dei vari interessi al fine dell'ordinato svolgersi della convivenza che è propria dei rapporti
condominiali. Cassazione sez II sent. n. 6885 del 18/06/1991
Si
110
Si
No.
Si.
Ogni condòmino può fare nominare dal Tribunale, in sua vece, un amministratore giudiziale.
48) Per i diritti di proprietà sulle parti comuni l'amministratore può iniziare una causa?
49) Il regolamento o l'assemblea possono aumentare i poteri dell'amministratore, anche ai fini delle cause?
Si.
Si
51) Nelle cause contro il condominio (per le parti in comune) L'amministratore è sempre legittimato passivo al
processo?
Si
No però ha l’obbligo di avvisare tutti i condomini in modo che ognuno decida se partecipare o no alla causa ai
sensi dell’art 1132 c.c.
54) L'amministratore di un nuovo condominio può iniziare la causa contro il venditore degli appartamenti, per difetti
costruttivi?
No.
55) Può, nel caso precedente, bastare una delibera assembleare che autorizza l'amministratore a fare la causa?
111
No. Occorre una procura speciale
56) Se l'amministratore cessa ed è sostituito, è valida la procura da lui rilasciata al legale a nome del condominio?
57) Viene impugnata la delibera di nomina dell'amministratore. Il condominio si costituisce in causa in persona dello
stesso. Il giudice istruttore sospende la delibera. L’amministratore può continuare a rappresentare in giudizio il
condominio?
Si.
58) C'è una sentenza di condanna nei confronti del condominio in persona dell'amministratore . Il creditore può agire
direttamente contro i singoli condòmini?
Si
59) Il regolamento redatto dall'unico originario proprietario dell'edificio, e allegato ai singoli atti di vendita, equivale a
un contratto?
Si
61) Se il regolamento di cui ai quesiti 59 - 60 stabilisce limitazioni e divieti a carico di tutti gli appartamenti
(impedimento di certe destinazioni), si tratta di servitù ?
Si
62) Il regolamento, se richiamato negli atti di acquisto è trascritto, vincola anche i compratori e gli eredi di proprietari ?
Si.
63) Il regolamento di cui ai quesiti 59 - 60 determina le parti comuni. Successivamente l'assemblea condominiale
approva un nuovo regolamento, che riduce tali parti.
No, è nulla .
65) Nella causa di cui al quesito 63, è nulla la citazione se diretta a un solo condòmino?
No, occorrerà solo chiamare successivamente in causa anche tutti gli altri.
Contrattuale o assembleare.
67) Nel primo caso, basta un richiamo al regolamento negli atti di acquisto?
112
Si.
68) Il regolamento contrattuale può prevedere anche clausole non indicate dall'art. 1138 c.c.?
Si.
No.
73) Un regolamento contrattuale prevede un numero massimo di auto che possono stare nel cortile. L'assemblea, a
maggioranza, aumenta tale limite. La delibera è valida?
No.
74) Stessa domanda, ma con riferimento a una modifica nel servizio di portierato. La delibera è valida?
Si
77) Quindi, tutti i condòmini hanno il diritto di aggiungere nuovi piani, divenendo comproprietari degli stessi?
No, il diritto di sopralzo spetta solo al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare.
78) E' possibile "vendere" separatamente (anche a un non condòmino)" la colonna d'aria", e, quindi, il diritto di
sopralzo?
Si.
In due modi: o senza garanzia, o con la garanzia che tutti i condòmini in grado di fare opposizione consentono
alla sopraelevazione.
113
80) E' possibile vendere l'ultimo piano, riservandosi il diritto di sopralzo?
Si.
Vent'anni, entro i quali l'avente diritto deve costruire, se non vuole perderlo.
Si
A tutti i condòmini.
Dividendo il valore del terreno condominiale (postochè il sopralzo lo comprenda tutto), per il numero di piani
(compresi quelli nuovi). Si detrae la quota che spetterebbe a chi sopralza, e il resto si divide fra gli altri
condòmini.
88) Un edificio condominiale era alto metri 50, ma alcuni piani sono andati perduti, e ora è alto metri 30. Il condòminio
dell'ultimo piano ne aggiunge un altro, sopralzando a metri 35. Deve corrispondere l'indennità agli altri condòmini?
Sì.
89) Se il sopraelevante è proprietario esclusivo della "colonna d'aria", deve l'indennità agli altri condomini?
No.
90) I crediti dei terzi verso il condominio sono crediti solidali verso i singoli condòmini ?
Le obbligazioni contratte verso i terzi dall'amministratore del condominio (o da chi altri sia stato delegato dai
condomini a contrarle) per conto del condominio e nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni
dell'assemblea, sono direttamente riferibili ai singoli condomini che, in base all'art. 1294 cod. civ., sono, quindi,
solidalmente responsabili, nei confronti del terzo, dell'adempimento delle predette obbligazioni, salvo il diritto di
chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e di dividere il debito nei rapporti
interni; pertanto, il terzo creditore del condominio può agire per la tutela del suo diritto sia contro
l'amministratore o di chi altri abbia contratto l'obbligazione per delega o in
114
rappresentanza dei condomini, sia nei confronti dei singoli condomini, direttamente obbligati nei suoi confronti.
Cass. Sez. II, sent. n. 4558 del 17-04-1993.
91) Le riparazioni delle parti comuni sono a carico di tutti i condòmini anche se dovute a danni provocati da uno solo di
essi?
92) Un condòmino subisce danni per mancati lavori di riparazione al tetto-terrazza, di proprietà esclusiva di un altro
condòmino. Contro chi deve agire il danneggiato?
Contro tutti i condomini e contro il proprietario esclusivo, gli uni e gli altri obbligati in solido
93) L'assemblea delibera dei lavori che sono eseguiti da una ditta. Questa non viene pagata. Contro chi può agire?
Contro il condominio (in persona dell'amministratore) o contro i condòmini da cui proviene l'incarico diretto.
95) Nel caso 94, i condòmini estranei all'incarico rispondono verso gli altri della spesa?
Perchè le tabelle millesimali indicano già per quale quota ciascuno è tenuto a rispondere.
Si, ma non a norma dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
98) Se l’amministrazione del condominio viene tenuta, a turno, da ciascun condòmino. Uno di essi al suo turno può
delegare un’altra persona come amministatore?
No
99) Tizio acquista un appartamento in condominio, e pretende di essere considerato condòmino a ogni effetto, esibendo
il rogito d'acquisto, ma non la relativa nota di trascrizione immobiliare. E' sufficiente?
Si.
100) Nel caso 99, c'è già la vendita, ma figura ancora, per il condominio, il venditore, che agisce in assemblea, ecc.
Quali norme regolano i rapporti fra compratore e venditore?
101) Nel proprio appartamento ciascun condòmino può fare ciò che vuole?
Si, purchè rispetti eventuali patti, non incida sul godimento delle parti comuni a opera degli altri condòmini e
garantisca l'armonia architettonica e la stabilità dell'edificio.
115
103) La presunzione cessa se le cose sono, di fatto, usate solo da uno o più condomini ?
No.
104) Cessa se le cose appaiono destinate all'uso esclusivo di uno o più appartamenti determinati?
Si.
105) Cessa se le cose appaiono più accentuatamente godibili da uno o più condòmini?
No.
106) La presunzione di comunione vale anche per le parti poste fra due costruzioni autonome (ad esempio, due distinti
condomini)?
Si.
108) La mancanza di una parte comune tipica, come l'androne d'ingresso, può far presumere che non siano comuni
neppure il suolo, il tetto, i muri maestri, ecc?
No.
109) Nell'ipotesi di cui al quesito 105, si applicano tutte le norme sul condominio?
Si.
Il proprietario dell’appartamento perché i tubi sono di proprietà esclusiva dal punto in cui entrano nei singoli
appartamenti.
111) Gli spazi vuoti (vani, ecc.) sotto le rampe di scale si presumono comuni?
No.
113) Se la conduttura è difettosa, ne risponde il costruttore (unico proprietario da cui ha origine il condominio)?
Si.
116
Si.
Di proprietà
118) Il cortile si presume di proprietà comune di tutti i condòmini i cui appartamenti vi sono collegati?
Si.
119) Il cortile di un condominio è proprietà esclusiva di una sola persona. Questa deve mantenerlo come cortile?
Si.
120) Da quali norme, in tal caso, sono regolati i rapporti fra i condòmini e il cortile?
Da quelle sui rapporti di vicinato, sulle distanze legali e sulle servitù se esistono.
121) Può un condòmino aprire una finestra che dà sul cortile comune?
No.
La cosa non è vietata in linea di principio, ma occorre non violare alcuna delle norme di legge o regolamentari.
124) Un regolamento di condominio impone che del cortile ci si possa servire solo per accedere (anche con auto) ai
singoli appartamenti. Tizio, proprietario di un negozio al pianoterra, apre un accesso dal retrobottega al cortile, per uso
del suo commercio. Può farlo?
No.
125) Si può proibire,con una assemblea maggioritaria, qualsiasi ingresso di auto nel cortile?
No.
126) Il condòmino A fa una costruzione nel cortile. Il condòmino B gli fa causa. La controversia riguarda una servitù?
Si, a meno che addirittura B rivendichi la sua proprietà esclusiva del suolo.
No.
117
129) Le semplici modifiche sono permesse senza bisogno di alcuna autorizzazione?
No.
Si.
135) Se l'assemblea ripartisce le spese condominiali violando le norme di legge, la delibera è nulla o annulllabile?
Annullabile.
136) I proprietari di soli negozi partecipano alle spese condominiali che riguardano solo il complesso degli
appartamenti a uso abitazioni?
No.
137) L'autorizzazione scritta per poter eseguire innovazioni deve essere indirizzata al condòmino che vuole operare le
innovazioni stesse?
Si.
138) Se un condòmino aveva dimostrato di consentire le innovazioni, e poi non le autorizza, risponde dei danni?
139) E' lecita una tettoia sotto la finestra (sul cortile) di un condòmino?
No.
140) Si discute se il lastrico solare della portineria è di proprietà comune o esclusiva di un solo condòmino: un
condòmino può iniziare la relativa causa?
Si.
Si
118
No, non deve nemmeno alterarlo architettonicamente.
143) Si può parlare di alterazione architettonica anche per un edificio popolare e modestissimo?
Si.
Quando risponda a esigenze moderne, non danneggi gli appartamenti e valorizzi l'edificio.
145) Può un assemblea, a maggioranza, deliberare che si installi un ascensore, trasformando le finestre sulle scale in
porte di entrata nella cabina?
Si.
No.
Si.
Si.
151) In caso di più corpi di fabbrica, la comunione del tetto è limitata ai condòmini di ciascun corpo?
Si.
Si.
No.
155) La terrazza-tetto appartiene metà a un condòmino e metà a un altro: è divisa da un muro, e uno dei due vi pratica
un foro per il deflusso dell'acqua piovana, si costituisce una servitù?
No.
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156) Il proprietario dell'ultimo piano può mutare il tetto in terrazza?
157) Il muro perimetrale comune segue senz'altro la destinazione obbligatoria degli appartamenti (abitazioni, uffici,
ecc.)?
No.
158) Un edificio condominiale viene diviso. I muri maestri resteranno ugualmente comuni?
Si
159) Può un condòmino aprire nel muro comune una scala per il proprio appartamento?
160) Un condòmino apporta una modifica nelle parti comuni, per goderne meglio. Non pregiudica il godimento degli
altri, ma un secondo condòmino sostiene che la modifica è illecita perchè non accresce anche per lui il godimento della
cosa comune. Ha ragione?
No.
Si.
163) L'impianto di riscaldamento non raggiunge un appartamento: il suo proprietario può allacciarvisi?
Si.
164) Può un condòmino rifiutarsi di contribuire alle spese di riscaldamento, rinunciando al relativo servizio?
No.
165) Le scale sono proprietà comune anche se taluni condòmini non le utilizzano?
Si.
No.
167) In un condominio con più fabbricati, le scale di ciascun fabbricato sono in comproprietà di tutti i condòmini?
168) Un condòmino estraneo alla suddetta comproprietà può aprirsi un accesso sulla scala?
No.
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No, appartiene al proprietario dell’ultimo piano.
Si, a norma dell'art. 1102 c.c., sempre che il regolamento non lo vieti.
171) Le norme sull'accessione (artt. 936 e 938 c.c.) si applicano nell'ambito del condominio?
172) L'assemblea può, nella ripartizione delle spese per le scale, seguire criteri diversi da quelli previsti nell'art . 1124
c.c.?
No.
173) L'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. si divide in due parti: sono entrambe inderogabili da parte dei regolamenti
"contrattuali"?
No, è inderogabile solo quello contrattuale, la cui modifica esige il consenso unanime dei condòmini
No.
175) Può un regolamento stabilire maggioranze superiori a quelle previste dall'art.1136 c.c?
No.
No
177) E' possibile istituire una servitù (anche "per destinazione del padre di famiflia") nell'ambito del condominio?
Si
Al proprietario
180) Se l’assemblea deve discutere di spese per il riscaldamento, chi ha diritto a partecipare, l’inquilino o il locatore-
condòmino?
L’inquilino.
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