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Indice generale

Litiasi....................................................................................................................................................2
Dolore Colico.......................................................................................................................................2
Ipertrofia prostratica ............................................................................................................................4
Carcinoma della prostata .....................................................................................................................8
Tumori del rene..................................................................................................................................12
Tumori della vescica...........................................................................................................................16
Tumore del testicolo...........................................................................................................................20
Neoplasie della vescica (II)................................................................................................................23
Trattamento varicocele.......................................................................................................................26
Traumi di competenza urologica........................................................................................................28
Disfunzione erettile............................................................................................................................30

Appunti di:

E. Aldera
C. Porcelli
G. Santamorena
J. Taramasco
E. Trucco
G. Urbano
G. Valenti
Traverso 14/11/2016

Litiasi

A ogni pronto soccorso il 20% delle patologie è urologico.


L’urologia non è l’alter ego della ginecologia infatti si occupa di :
• Surrene
• Rene
• Vie escretrici superiori (calici, pelvi, ureteri)
• Vescica
• Uretra e ghiandole periuretrali
• Prostata
• Vescicole seminali
• Deferente
• Epididimo
• Testicolo
• Pene
Dolore Colico
il dolore è uno dei motivi che porta il paziente alla visita e il dolore urogenitale è dovuto alla distensione di
un viscere cavo → uretere/ vescica.
Quindi la colica renale è dovuta alla distensione, contrazione spastica dell’uretere ( dovrebbe essere chiamata
colica ureteliale): il calcolo di per se non causa dolore, questo è dato dalla contrazione dell’uretere.
Generalmente il pz con dolore genitourinario cerca di muoversi, difficilmente lo troveremo a letto contratto e
piegato.
Il dolore della colica renale è un dolore lateralizzato e si irradia dall’alto fino a scendere postero –
anteriormente alla coscia. È uno dei dolori più forti associato spesso a una spesso a una sintomatologia
vegetale.
Il punto più difficile da passare per il calcolo è a livello della giunzione uretero-vescicale.
Il dolore della colica può essere associato a:
• Ematuria ( quando pz riferisce di aver visto le urine rosse è meglio sempre fargli vedere
qualcosa di colorato in modo da capire cosa intende per rosso: perché alcuni intendono per
rosso arancione.
• Febbre
• Disturbi minzionali: anuria (urine<200ml), disuria, pollachiuria. Differenza tra anuria e
ritenzione: in entrambi i casi il paziente riferisce che non riesce ad urinare, però in caso di
anuria ci sarà una ridotta produzione di urina quindi la vescica sarà vuota, invece in caso di
ritenzione l’urina viene prodotta solo che non viene emessa quindi la vescica sarà piena.
Nell’anamnesi è importante chiarire se il dolore è comparso prima o dopo ematuria:
o Se dolore precede ematuria: pensiamo a un calcolo che abbia strisciato la mucosa ureterale durante la
contrazione di questa e abbia causato così un sanguinamento.
o Se ematuria segue il dolore: pensiamo a una patologia che abbia causato un sanguinamento
successivamente al quale si è formato un coagulo che abbia occluso uretere e scatenato la colica.
Possiamo in questo caso pensare a una patologia neoplastica di pertinenza urologica ( del rene, vie
urinare, prostata, vescica).
Siti comuni di ostruzione:
1. Giunto pielo-ureterale
2. All’incrocio dei vasi iliaci dove l’uretere effettua una specie di salto passando un po’ più
anteriormente
3. Innesto dell’uretere nella vescica con meato ureterale che per impedire reflusso è molto stretto.
I calcoli possono avere diverse dimensioni:
1. Calcoli che hanno una dimensione > 1 /1.5 cm non scendono dal giunto, restano nella pelvi
2. Quelli che scendono possono essere:
-<3 mm riescono a uscire,
-tra i 3-7 mm possono uscire
->7mm in genere non riescono a superare la parte terminale dell’uretere.
3. Ci può essere un’ altra situazione: calcolo trova una piega nella mucosa dell’uretere in cui si può
incunerare→in questo caso si parla di calcolo impattato.
Quindi nella colica renale abbiamo:
SINTOMI:
o Esordio improvviso
o Dolore acuto lombare, intermittente con irradiazione tipica
o Agitazione motoria
o Sintomi neurovegetativi
SEGNI:
o Dolorabilità alla palpazione lombare
o Giordano positivo
o Eventuale massa renale palpabile
o Febbre su infezione
o Ileo paralitico riflesso. Possiamo avere ileo paralitico riflesso anche se patologia è retroperitoneale
perché l’urina che ristagna può causare un infezione che può interessare il peritoneo e provocare un
ileo paralitico riflesso. In questo caso il pz non sarà più ipercinetico, ma sarà a letto piegato su se
stesso con addome a tavola.
Se pz ha febbre con indici di infiammazione mossi viene etichettato come urgente →rischio sepsi.
Diagnosi differenziale con:
1. Appendicite
2. Colecisti
3. Rottura aneurisma
4. Diverticoli
5. Gravidanza ectopica→fare sempre test di gravidanza per escludere questa possibilità.
6. Torsione ovarica

La colica renale entra in dd con appendicite e colecisti quando si localizza a dx.


In questi casi è bene richiedere sempre in ECO ADDOME, non solo al rene e alle vie urinarie, in quanto
bisogna sempre valutare il dm dei vasi per escludere aneurisma dell’aorta che può presentare una
sintomatologia simile con colica renale.
Esami appropriati ( esami che ci permettono di fare diagnosi )
 Eco-Addome e Eco-renale
 TC
Differenza tra le due metodiche nella dg di litiasi:
 ECO →vede bene rene e vescica, ma non riesce a vedere bene uretere al di sotto del giunto in quanto
è ricoperto dall’intestino. Ciò che ci fa vedere meglio uretere è la finestra che crea la vescica piena:
così riusciamo a vedere solo 2 cm dell’uretere a partire dalla vescica. Nell’eco quando vedo un
calcolo vedo un cono d’ombra, questo deve essere misurato dall’ecografista per capire la grandezza
del calcolo.
 TC →vediamo bene tutto, anche il calcolo più piccolo. Per la litiasi non è necessario il Mdc ( a secco
in gergo). La tc a secco non è lo strumento migliore per vedere se c’è dilatazione delle vie urinarie
perché queste non vengono colorate, però comunque può dirci qualcosa: per es una cisti parapielica
potrebbe essere travisata come una dilatazione→allora è bene fare il Mdc. Quando usiamo Mdc
quello che ci interessa nello studio delle vie urinarie non è né la fare arteriosa, né la venosa del Mdc,
ma la fase di escrezione e nell’UROTC bisogna sempre scriverlo. Nell’uroTC posso vedere un rene
che scarica bene e l’altro no, con un ritardo→posso quindi pensare che il rene che scarica in ritardo
sta facendo fatica perché magari c’è un calcolo.
Tipi di calcoli: (domanda d’esame)
I calcoli sono cristralli aggregati contenti:
 Calcio ( fosfato di calcio), questi si vedono bene all’RX perché il Ca 2+ si vede bene.
 7-8% sono aggregati di acido urico che non si vede all’ Rx. Quindi ina radiografia convenzionale
non vede i calcoli di acido urico che vengono così classificate come radiotrasparenti.
NB: un altro modo per classificare i calcoli è in base alla loro radioopacità o radiotrasparenza.
 Calcoli di Struvite (aggregato di triplofosfato di calcio-ammonio-magnesio), sono semi
radiotrasparenti, hanno la particolarità di essere legati alla patologia infettiva: le infezioni
promuovono facilmente la formazione di calcoli→i calcoli stessi trattengono i batteri e creano un
substrato ottimale per la loro crescita ed è un ciclo che si autoalimenti
 Calcolosi dei bambini legata ai difetti congeniti come la cistinuria
I calcoli si formano perché la % di acqua libera è bassa , poi sicuramente entrano in gioco componenti
genetiche.

Prof. Traverso 15/11/2016

Ipertrofia prostratica

Oggi riprendiamo la lezione di ieri sulla litiasi, poi introduciamo l'ipertrofia prostatica.

Faccio vedere un po di immagini di calcoli, ci sono dei calcoli piccolini ma con delle punte. Esistono poi dei
calcoli con conformazione riproducente i calici renali, sono infatti detti calcoli a stampo, sono calcoli di
struvite (legati a infezioni) e si formano nella pelvi e crescendo fanno uno stampo delle vie urinarie con
progressiva esclusione del rene e delle sua funzionalità.
A volte un calcolo è asintomatico, con l' ecografia si vede un calcolo anche di notevoli dimensioni con
funzionalità renale bassa e il paziente non si è mai accorto di nulla. La presenza del calcolo quindi non è
indice di colica o dolore, può essere anche asintomatico.

ESWL (Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy) è la litotrissia extracorporea ad onde d'urto, questa è
una domanda d'esame, perchè è importante sapere cos'è poiché nella vostra pratica clinica potete vedere
questa sigla in un referto quindi dovete sapere cos'è!
È un trattamento extracorporeo della litiasi urinaria che si basa sull'utilizzo di onde d'urto (anche questa è
una domanda d'esame (come funziona il trattamento della calcolosi? Onde d'urto) le onde d'urto sono state
scoperte da un azienda che produce gli aerei, hanno visto che si rompevano i cupolini (?) dei jet, un
ingegnere ha capito che questo era dovuto alla generazione di onde d'urto che convogliate in un fuoco erano
in grado di frantumare il cupolino. Da qui è passato all'ambito sanitario (per il trattamento per esempio della
litiasi urinaria).
Le onde d'urto agiscono quando sono convergenti e solo sul fuoco quindi passano innocentemente gli altri
tessuti. Ovviamente devi mettere il fuoco in sede giusta altrimenti danneggi il rene. Infatti una complicanza
della ESWL è proprio l'ematoma renale. Quindi attento ai pz che fanno anticoagulanti orali o antiaggreganti!
Fai anamnesi adeguata!

Nelle vecchie ESWL il pz veniva immerso in una vasca piena d'acqua e le onde erano trasmesse attraverso le
molecole d'acqua e le onde erano puntate radiologicamente con la fluoroscopia adesso invece sono puntate
con la fluoroscopia e l' ecografia, la vasca era però era una struttura pesantissima quindi adesso viene usato
un cuscino pieno d'acqua su cui viene appoggiato il pz.

Eswl è una metodologia di trattamento della calcolosi.

L'altro trattamento è l'espulsione, ricordiamoci che fino a 3mm passano tutti i calcoli da 3 a 7mm
progressivamente meno oltre 7mm i calcoli difficilmente passano l'orifizio ureterale inferiore (che è il punto
più stretto).

I calcoli posso essere a livello alto, ureterale o vescicale.


Le onde d'urto non polverizzano il calcoli ma li frantumano quindi il pz avrà dei frammenti che dovrà poi
espellere.
Fino al 1980 la chirurgia della calcolosi era open. Da quando è arrivata l'endoscopia e la ESWL è cambiata la
storia della urologia, i reparti si sono svuotati. E tutto è passato a livello endoscopico (per quanto riguarda la
litiasi)
L'indagine endoscopica può essere dal basso (vie naturali, risalendo dall'uretra) oppure dall'alto
(nefrolitolapassi) cioè una via percutanea accedendo al rene attraverso una finestra posteriore.
Ureteroscopia è un intervento che permette,risalendo dalle vie naturali, di arrivare sia a livello dell'uretere
che a livello della pelvi.
Quindi intervento endoscopico in anestesia permette di trattare sia calcoli ureterali che calcoli più alti, grazie
all'aumento della manualità e degli strumenti.

Ricordati comunque che la ESWL può essere ripetuta nel tempo più volte nello stesso paziente.

Lo strumento è l'ureteroscopio (ureteroscopia è la procedura) che può essere rigido o flessibile (quest'ultimo
è delicato, ha dimensione minima: dentro ci sono due cavi in acciaio che permettono di muovere la punta, le
fibre ottiche che danno ritorno di immagine e la fonte luminosa in più c'è canale operativo per frantuamare il
calcolo; è una tecnologia avanzata, costa tanto e si rompono facilmente)
[comunque come è fatto questo strumento non viene chiesto all'esame]

Una cosa importante che dovete sapere è cos'è lo STENT, è un tubicino di silicone morbidissimo con due
anelli uno va in vescica e uno in pelvi, viene posizionato e fa da bypass tra pelvi e vescica.
Tutta la patologia che abbiamo visto fin'ora è gravata dal fatto che l'urina non progredisce (dolore, stasi,
febbre, setticemia)e lo stent permette di ovviare a questi problemi.

Lo stent può essere posizionato anche in presenza di calcolo in emergenza e anche dopo un intervento,
durante l'intervento siamo andati su e giù con uno spadone per l'uretere e magari abbiamo anche lesionato la
mucosa quindi l'edema ureterale post operatorio è molto frequente e il rischio è la stasi di urina (per
riduzione o ostruzione del lume da edema).

Lo stent viene rimosso con cistoscopia in ambulatorio senza anestesia, è fastidioso ma non doloroso.

Lo stent ha un lume ma la maggior parte della urina non passa attraverso questo lume ma intorno al tubicino,
quindi la contrazione ureterale è utile per favorire la progressione. Infatti l'ostruzione del lume dello stent
non è un grande problema.

Lo stent di solito rimane in sede per circa un mese massimo massimo 3 mesi perchè poi calcifica e si creano
depositi adesi al dispositivo e ovviamente non puoi rimuoverlo, non provarci neanche perchè i depositi fanno
da ancoraggio. Quindi se il paziente ha lo stent da più di tre mesi (non è venuto ai controlli, si è dimenticato
ecc..) prima fai radiografia (perchè i depositi sono in genere di ossalato di calcio quindi si vedono). Nei casi
più complicati devi fare un intervento chirurgico open.

Quali sono le complicanze dell'ureteroscopia? (domanda d'esame)


Innanzitutto ricordiamoci che ci sono complicanze anche se è una procedura mini invasiva e il paziente deve
esserne consapevole.

La complicanza più temibile è la avulsione ureterale, se lo strumento non scorre bene è possibilie che
l'uretere si sia invaginato nello strumento, rimane così bloccato e allora tu togli il dispositivo e attaccato allo
strumento c'è l'uretere; in questo caso la soluzione è la nefrectomia.[ha fatto vedere il meccanismo con la
manica della giacca (che rappresenta l'uretere) ha infilato un braccio dentro (ureteroscopio) e poi ha
agganciato un dito alla giacca ha tirato fuori il braccio e la manica si è rovesciata]

Le complicanze della litrotrissia invece sono bassissime, ovviamente aumentano se il pz è sotto


anticoauglanti e non lo sai quindi l'anamnesi e la selezione dei pz è fondamentale per abbassare il più
possibile il rischio di complicanze.

PROSTATA E OSTRUZIONI VIE URNARIE INFERIORI NELL'UOMO

Come sapete l'uretra passa in mezzo alla prostata, prostata che è intimamente connessa alla vescica.
Adenoma prostatico.
Il parenchima prostatico funzionale si attiva e aumenta di volume dalla pubertà, a partire dai 30aa
cominciano a crescere ghiandole periuretrali che si trovano a livello della zona di transizione, cioè intorno
all'uretra. NON è la prostata, sono adenomini, acini ghindolari che crescono con l'età.

Il parenchima prostatico viene schiacciato da questi adenomi che possono crescere, la dimensione è
individuale e non ci sono fattori di rischio.
L' 'adenoma inoltre comprime l'uretra, la crescita è sferoidale quindi l'uretra spinge lateralmente il
parenchima allunga l'uretra e la schiaccia. Uno dei meccanismi è proprio l'allungamento, questo determina
riduzione del lume dell'uretra e lo rende inesistente. L'adenoma, crescendo, fa proprio questo.
Il parenchima in realtà sta bene, non gli crea problemi essere schiacciato (non è come nel fegato che un
adenoma altera tutta l'architettura) la prostata convive con l'adenoma e la funzione prostatica rimane
inalterata; il problema è a carico della vescica perchè non riesce a svolgere la sua funziona fisiologia.

il paziente ha disturbi urinari, i cosidetti sintomi ostruttivi delle basse vie urinarie (LUTS:Lower Urinary
Tract Symptoms )
I sintomi nel pz con ostruzione a livello delle basse vie urinarie dono diversi.
Un tempo si dividevano in ostruttivi e irritativi, adesso non più quindi NON ditelo all'esame. Oggi si parla di
sintomi legati all' iperattivazione vescicale o alla diminuzione del flusso

Vescica iperattiva:

• Pollachiuria
• Nicturia
• Urgenza minzionale
• Minzione imperiosa

Vescica ipo-attiva:

• Difficoltà minzionale
• Getto debole
• Ritenzione urinaria

N.B: NON esiste correlazione fra gravità dei sintomi e grado di ostruzione!

Ritenzione urinaria.
Distinguo ritenzione acuta/cronica e completa/incompleta.
Nella ritenzione acuta completa il paziente urla dal dolore, è un dolore ingravescente.
Nella forma cronica invece non c'è dolore proprio perchè il problema è cronico, c'è un aumento di residuo
urinario nel tempo; nel tempo però i reni vengono danneggiati -> aumento della crea e sviluppo di IRC.

Ischiuria Paradossa (Perdita involontaria di urina “a goccia a goccia” ).


arriva un pz in pronto soccorso con crea alta, i parenti riferiscono essere incontinente. Attenzione! Basta
mettere la mano sulla pancia del paziente, potresti sentire un globo vescicale. E' una falsa incontinenza, il
riempimento della vescica è tale che si ha la perdita continua di urina.
Quello che devi fare è mettere un catetere.
Molto importante nella valutazione della prostata è l'esplorazione rettale (non solo per la prostata, è un
esame molto importante infatti in svizzera il medico di base è vincolato ad effettuare esplorazione rettale a
tutti i pazienti almeno una volta all'anno).

Con l'esplorazione valuti:

• consistenza (parenchimatosa, dura, molle)


• simmetria
• presenza di noduli
• presenza di crepitio
• massaggio portatico ( a noi non interessa)

tieni conto che il dito esplora solo una parte della prostata quindi è difficile dire esattamente le dimensioni,
ovviamente usi ecografia.

Es. paziente giovane con prostata soffice (cuscino di piume) che ha dolore quando urina e febbre e inoltre
provochi dolore molto intenso durante la palpazione della prostata→ Prostatite
L'assenza di dolore quindi ti indirizza verso una diagnosi diversa, non pensi alla prostatite.
Se senti una asperità, anche piccolina come il tasto di un telecomando, questo è indice della presenza di una
neoplasia sviluppata esternamente. Ovviamente indagherai meglio ma comunque è un sospetto.

La vescica agli esami dovrebbe apparire rotonda, se c'è un minus significa che è la prostata aumentata e la
schiaccia.
A causa dell'aumento di dimensioni della prostata c'è difficoltà di svuotamento della vescica con conseguente
ipertrofia compensatoria, con il tempo pero viene meno questo meccanismo e si sviluppa ipotonia vescicale

Complicanze Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) [domanda d'esame]

1. Atonia vescicale, a questo punto non ha più senso operare per risolvere l'ipertrofia perchè ormai la
vescica è andata
2. Formazione calcoli vescicali perchè la vescica si svuota male e i cristalli precipitano
3. Diverticoli vescicali
4. Infezioni
5. Pielonefrite (per reflusso) → Insuff renale

i Pazienti quindi prima affrontano la terapia medica e poi quando questa perde di efficacia si interviene
chirurgicamente, proprio per evitare complicanze.
Il trattamento chirurgico può essere a cielo aperto o endoscopico.

• L'intervento endoscopico si chiama TURP: resezione transuretrale prostatica. Ha lo scopo di


rimuovere parti di prostata entrando nell'uretra.

• Adenomectomia transvescicale invece è l'intervento open che attraverso la vescica permentte di


rimuovere l'adenoma (non la prostata!)

Ci sono poi altre tecniche endoscopiche molto recenti (es onde elettromagnetiche, ultrasuoni ecc) che però
non dovete sapere.
Prof. Traverso 17/11/2016

Carcinoma della prostata

Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un adenocarcinoma, i tumori a carico dei tessuti stromali
sono rarissimi. I più importanti tumori stromali consistono nelle localizzazioni prostatiche di un linfoma).
Per comprendere la patologia e la chirurgia della prostata (ma anche del rene, della vescica e del testicolo)
l’embriologia ricopre un ruolo fondamentale. La prostata ha origini dall’uretra primitiva dove si forma il
seno urogenitale, da cui pian piano differenziano cellule di tipo acinare che daranno origine alla prostata.

L’embrione di 30 settimane ha l’uretere in fase di inserzione sulla vescica e si nota come la prostata sia fin
da subito intimamente connessa alla vescica.

La cosa più importante da ricordare sulla localizzazione della prostata è che si trova al di sotto del pube e al
di sopra del retto in uno spazio molto stretto, che esternamente noi visualizziamo come il perineo.

Fino agli anni ’80 era considerato quasi un tabù


operare in quest’area, poiché non si sapeva cosa ci
fosse anatomicamente al di là della fascia endopelvica,
una derivazione pelvica della fascia trasversalis che
ricopre prostata e retto nella loro porzione terminale.
Oggi sappiamo, grazie agli studi del 1985 del chirurgo
americano Patrick Walsh, che dietro la fascia si
trovano il plesso venoso emorroidario, i nervi erigendi
e le arterie ipogastriche (posizionate a ore 5 e ore 7 / \)
da cui si dipartono i vasi prostatici.

Anteriormente alla prostata si trova il plesso venoso prostatico di Santorini: drena il sangue del pene verso la
pelvi, passa sotto il pube e poi sopra prostata, rimanendo dietro la fascia endopelvica. È importante da
“domare” nell’intervento chirurgico perché se si lesiona il paziente può perdere anche 1-1,5L di sangue.
Oggi durante un intervento si perdono solo 50-100 cc.
Anatomicamente dietro alla prostata si trova il retto (non a caso di usa l’esplorazione rettale!). Una
complicanza della prostatectomia radicale è la deviazione temporanea intestinale (lesione del retto). Tra loro
si trova un piccolo spazio occupato dalla lamina di Denonvilliers che protegge il retto dall’infiltrazione del
carcinoma prostatico e dallo scollamento tra i due durante la chirurgia.
Un’altra struttura importante da conoscere è un’area a forma triangolare (in sezione) dove troviamo il
peduncolo vascolare. Si pensa che al suo interno decorrano anche i nervi erigendi, anche se non se ne è
ancora certi, poiché questi sono molto piccoli e non si vedono. Questi se danneggiati durante l’intervento
danno impotenza sessuale, aspetto molto importante da considerare se abbiamo a che fare con un uomo
giovane. Il limite del rispetto di queste strutture è nei limiti del rispetto della radicalità oncologica: se il
tumore è infiltrante devo correre il rischio di lesionarli, poiché il rispetto dei margini viene prima della
funzione sessuale.

Cosa significa prostatectomia radicale? Significa che l’organo viene asportato con le sue “radici” cioè i vasi,
i linfatici e i nervi.

Come accennato prima, la vascolarizzazione della prostata è garantita dall’arteria ipogastrica: questa è una
collaterale della arteria iliaca interna, decorre in basso e dà rami posteriori (arteria glutea, pudenda interna
ecc) e rami per la vescica e la prostata. Come spesso accade anche in altri distretti, le arterie sono uniche,
“belle “e lineari; i plessi venosi, invece, sono un reticolo e avvolgono la prostata: è proprio per questo che
sono le vene a poter dare i più grossi problemi di sanguinamento durante l’intervento. Il plesso di Santorini
drena la vena dorsale del pene → non posso legarlo per migliorare le condizioni di impotenza del paziente
perché la vena dorsale del pene drena anche posteriormente verso il plesso emorroidario.

Domanda spesso fatta all’esame: quali stazioni linfonodali drenano la prostata? Iliaci interni e otturatori [in
parte anche iliaci esterni e sacrali]. È fondamentale saperlo per leggere bene il referto dell’anatomopatologo.

Il carcinoma della prostata è attualmente la prima causa di morte per tumore nel sesso maschile e sta
superando come prevalenza anche il carcinoma mammario.
In uno studio autoptico in Svezia si è evidenziato come il 90% degli ultranovantenni, deceduti per i più
svariati motivi, presentassero un carcinoma della prostata → il più importante fattore di rischio è l’età. La
grossa questione che si pone allora è: il tumore che ho ritrovato nel mio paziente gli causerà un
accorciamento della vita o finirà per morire di altre cause? È giustificato trattarlo o no? Adesso per gli stadi
precoci si tende ad adottare la strategia del watchful waiting (si attende e si segue attentamente l’evoluzione
del quadro).
Un altro fattore di rischio importante è la familiarità: l’incidenza di tumore che si presenta precocemente (e
che potrà dare più problemi in futuro) aumenta dalle 7 alle 11 volte se si ha un fratello o il padre malati (se lo
si riscontra in un parente a 95 anni ovviamente questo tipo di familiarità non avrà alcun peso!)

La diagnosi di carcinoma non è semplicissima perché la prostata in sé non dà alcun segno, è una neoplasia
silente → 40 anni fa si trovava solo molto avanzato quando aveva già dato metastasi. Oggi abbiamo un
buono strumento di indagine: il PSA.
Il PSA è una proteina prodotta dalle ghiandole acinari che ha la funzione di mantenere liquefatto lo sperma
nell’ambiente (se non ci fosse il PSA, lo sperma coagulerebbe in vagina), perciò se ne ritrova moltissimo
all’interno degli acini. È un marker organo-specifico (NON cancro-specifico) e ciò significa che se lo si trova
aumentato non vuol dire per forza che sia tumore, sta al medico interpretarlo. Il suo dosaggio viene fatto su
un prelievo ematico (in ng/mL) → come va nel sangue? Fisiologicamente se ne trova una parte indosabile
nel sangue, maggiori variazioni sono legate ad alterazioni della prostata (tumore, prostatite e talvolta
cateterizzazione e traumi). Perché si alza? Perché in questo tipo di alterazioni si ha una lesione dell’endotelio
dei piccoli vasi e il PSA vi ci passa attraverso. In una infiammazione le cellule si rigonfiano e rilasciano
parte del loro contenuto →può arrivare a 200-300 o fino 1000 ng/mL. Nella neoplasia, invece, abbiamo un
completo sovvertimento l’architettura.
Una strategia terapeutica volta ad abbassare il PSA non è risolutiva, il PSA non è il problema, è solo un
indicatore del fatto che il paziente può avere bisogno di ulteriori indagini volte a ricercare un tumore.
Come interpreto il valore del PSA? Un criterio fondamentale è l’andamento temporale: nelle prostatiti sale e
scende velocemente, nel tumore invece sale più lentamente ma inesorabilmente. L’andamento è molto più
rilevante del suo valore assoluto.

18/11/16
Il PSA è una buona guida per la patologia prostatica, ma è da interpretare.
Le analisi statistiche evidenziano che un parametro utile è il rapporto PSA libero/PSA totale (libero=quello
non legato alle proteine). Analisi multivariate (analisi che permettono di determinare statisticamente se un
fattore è dipendente da un’altro) dimostrano che è un fattore indipendente, correlato alla possibilità di avere
cellule tumorali prostatiche qualora il valore assoluto di PSA sia dubbio. Un valore di PSA <4 ng/mL è
considerato non sospetto, qualora invece sia tra 4-10 ng/mL allora sorge un problema di diagnosi
differenziale (ipetrofia? prostatite? tumore?). In questo caso si andrà a vedere il rapporto PSA libero/totale e
se questo è <15% allora il paziente è considerato sospetto per la presenza di tumore prostatico.

PSA density = PSA in rapporto a volume prostata → se ho una ipertrofia prostatica benigna ci sta che il PSA
sia alto. [Traverso non lo chiede all’esame]
Il PSA non si usa per fare screening: non è marker tumore-specifico e creerebbe disagi al paziente che
dovrebbe essere sottoposto a ulteriori indagini e costi inutili.

Dal punto di vista anatomopatologico il tumore prostatico nel 95% dei casi è un adenocarcinoma, le forme
stromali sono molto rare. Talvolta si riscontrano cellule di un carcinoma della vescica che infiltra la prostata.
Il 70% dei tumori si riscontrano nella zona periferica, il 20% nella zona di transizione (dove si localizza
solitamente l’adenoma) e il 10% nella zona centrale → l’esplorazione rettale perciò NON è un elemento
definitivo per escludere la diagnosi di tumore, poiché non rileva il 30% delle forme -transizione e centrali- e
quelle periferiche ancora troppo piccole per poter essere apprezzabili.
Di tutte le valutazioni, l’unica davvero affidabile rimane il sistema di Gleason: consiste in una valutazione
del grading della neoplasia su criteri istoarchitettonici. Si articola su 10 punti, 5 assegnati al pattern cellulare
predominate e 5 al secondario e si ottiene così uno score → un valore basso ha una buona prognosi, uno alto
pessima:
• Grado 1: vedo le cellule e il lume delle ghiandole
• Grado 5: scompare completamente la ghiandola tubulo-acinosa, le cellule sono sdifferenziate
e l’architettura sovvertita.
È molto diverso per la prognosi avere un Gleason 4+3 piuttosto che un 3+4.
La classificazione TNM [“guardatela ma solo per avere un’idea” cit.]:
T1: tumore clinicamente non apprezzabile, non palpabile, né visibile con le metodiche per immagini
4.
(incidentale);
5. T2: tumore limitato alla prostata (T2a limitato a un lobo, T2b interessa più di metà di un lobo, T2c
entrambi i lobi);
6. T3: tumore che infiltra la capsula prostatica (T3b infiltra anche vescichette seminali);
7. T4: tumore fisso o infiltrante gli organi adiacenti (collo vescicale, sfintere esterno, retto, muscoli
elevatori e/o parete pelvica).
Lo step più importante è il T3 → tumore inizia a diventare infiltrante ed prognosticamente molto
sfavorevole.
Differenza tra TNM clinico e patologico: “T3” è una valutazione clinica, “pT3” invece è una valutazione
istologica. È un evento molto sfavorevole perché può aver invaso tessuti circostanti.
La diffusione per contiguità avviene alla capsula, alle vescichette seminali, e agli organi vicini (vescica,
uretra, retto). La diffusione ematica è nell’85% dei casi ossea (tipo addensante), ma anche ai polmoni e al
fegato.

Alla diagnosi clinica (esplorazione rettale) il tumore può essere:


4. manifesto → prostata e pavimento pelvico duri, viene chiamato “congelamento pelvico”;
5. occulto: insidioso, a volte anche il PSA è basso;
6. incidentale: paziente che viene trattato per un adenoma e il patologo riscontra la presenza di
carcinoma al suo interno;
7. latente: quando si riscontra all’autopsia.

I sintomi sono scarsi, analoghi a quelli dell’adenoma (ostruzione urinaria), a meno che non sia in uno stadio
avanzato (dolore perineale, algie ossee, ematuria, emospermia). L’emospermia può essere segno occulto da
indagare attentamente: se durante l’eiaculazione si danneggia un piccolo capillare prostatico, per una piccola
fragilità o per anticoagulanti o per una neoplasia, allora lo sperma si colorerà di rosso vivo; se la lesione è
pregressa, allora il sangue ha il tempo di ossidare l’emoglobina e lo sperma apparirà nero → può essere un
sottile segno iniziale del tumore, ma non per forza.
Nel momento in cui si sospetta un tumore, le indagini di primo livello da attuare sono il PSA e l’ecografia.
L’ecografia è molto sensibile, ma non è specifica, ci deve destare ulteriore sospetto la presenza di un nodulo
ipoecogeno, ma non è assolutamente dirimente per poter fare diagnosi (a differenza, per esempio, di come
avviene per il tumore renale dove il radiologo fa già diagnosi all’eco). La RM è un’indagine fondamentale,
la scintigrafia ossea è importante per riscontrare le metastasi ossee, mentre la TC “serve poco o niente”
(cit.).

Tutte queste indagini sono volte a capire se è abbia senso per il paziente fare la biopsia, che risulta molto
invasiva, consiste in un campionamento dell’intera prostata con 16-24 prelievi. (la biopsia non è così
scontata: nel rene non si fa quasi mai perché si rischia di far diffondere il tumore sulla via del prelievo, nella
vescica la biopsia non è mai percutanea ma endoscopica, nel testicolo si fa raramente ad eccezione dei
pazienti monorchidi)
Come si fa la biopsia? [domanda d’esame] Ci sono due tecniche: al San Martino usano quella transperineale,
esiste anche quella transrettale, entrambe in forma eco-guidata o non. Viene compiuta sotto sedo-analgesia
poiché è molto dolorosa e si cerca di evitare i movimenti del paziente, dura circa 10-15 min.
La biopsia è “un po’ come andar per funghi, se esci dal bosco senza, non vuol dire che non ce n’erano” → il
campionamento potrebbe non essere significativo. In un paziente con sospetta neoplasia, biopsia negativa e
PSA che continua allora si può pensare di dover ripetere la biopsia, anche se in tempi più dilatati. Si utilizza
un ago tru-cut che preleva una carotina di tessuto, si segna il suo orientamento (es: capo A apice prostatico e
capo B la base) e poi il patologo analizzerà ogni frustolino e ne darà un resoconto accurato.

La terapia è complessa e offre più soluzioni:


- chirurgica: consiste nell’asportare tutta la prostata e linfonodi iliaci interni e otturatori. Le tecniche
impiegate sono quella a cielo aperto, quella laparoscopica e quella robotica (equivalente nella
sopravvivenza e nella potenza, ma la migliore nel rispetto dei tessuti circostanti nella qualità del
post-operatorio → è la tecnica del fututo). Da indagini statistiche è risultata equivalente come
efficacia alla terapia radiante. La grossa differenza tra le due sta nel fatto che nella radioterpia manca
il pezzo anatomico e l’azzeramento del PSA. Si ha l’azzeramento nel momento in cui il PSA diventa
indosabile (0,01-0,02 ng/mL). Non è indicata dopo i 75 anni perché aspettativa di vita è troppo
breve.
- radioterapia
- ormono-terapia: si utilizza in fasi avanzate o nel momento in cui si ha avuto un fallimento dei
trattamenti precendenti.

Il follow-up del paziente trattato con la chirurgia si fa con il dosaggio del PSA a 1 mese dopo intervento, ogni
3 mesi durante il primo anno, ogni 4 mesi per il secondo anno e poi a intervalli più lunghi. In questo caso il
PSA diventa un marker tumore-specifico, perché, una volta tolta la prostata, un suo aumento significa
recidiva. Il limite di allarme per una recidiva è 0,2 ng/mL.

22/11/2016 , Traverso

Tumori del rene

I tumori del rene rappresentano il settore oncologico più rilevante dal punto di vista dell’impatto chirurgico
sul distretto addominale, in particolare sul retroperitoneo.
Per accedere chirurgicamente al retroperitoneo ci sono due possibili vie:
• Via Transperitoneale
• Via Extraperitoneale
Oggi assume notevole importanza la laparoscopia per questi tumori, che rappresentano uno dei campi di
applicazione più rilevanti dal punto di vista della chirurgia oncologica ( anche in questo caso posso passare
per via transperitoneale o extraperitoneale retroperitoneale)

I tumori renali si dividono in:


• tumori del parenchima
• tumori dell’urotelio

Il rene appunto è formato da due unità: una data dal parenchima renale (con la sua funzione di ghiandola
filtrante e di ghiandola endocrina), l’altra dalla pelvi renale e dai calici (formati appunto da tessuto
uroteliale-> sede dei tumori uroteliali). [tenere presente che i diversi tessuti corrispondono ai diversi gettoni
dal punto di vista embriologico].

Le neoplasie del parenchima sono nel 90% dei casi maligni: per la precisione sono adenocarcinomi.

ANATOMIA PATOLOGICA: al taglio la neoplasia si presenta giallastra, era chiamato anche ipernefroma
poiché inizialmente si sospettava una sua origine surrenalica. microscopicamente lo classifichiamo:
• a cellule chiare
• a cellule granulose
• a cellule sarcomatose
• a cellule tubulo-papillari

Il rene può essere sede anche di neoplasie maligne: le più importanti da ricordare sono due:
• Oncocitoma
• Angiomiolipoma
• (lasciamo da parte il tumore di Wilms, che fa parte dell’ambito pediatrico)
Nonostante siano appunto tumori benigni, c’è indicazione all’intervento chirurgico quando aumentano
troppo di volume (hanno comunque una storia del tutto differente dall’adenocarcinoma).

Gli uroteliomi renali sono gli stessi della vescica, dell’uretere e dell’uretra: tutte le vie urinarie sono
tappezzate da tessuto uroteliale, composto dalle cellule ad ombrello, che sono unite tra di loro in modo
serrato, determinando impermeabilizzazione delle cavità urinarie, per isolare l’urina (che ha azione “tossica”:
ha elementi, come l’ammonio, che hanno azione “caustica” notevole). Le cellule delle vie urinarie tollerano
quindi il contatto con questo filtrato (quando vi è una lesione di questo mantello il tessuto sottostante
reagisce immediatamente con reazione cicatriziale -> meccanismo di formazione delle stenosi ureterali o
uretrali).

E’ importante tenere presente i due tipi di tumori delle vie urinarie, perché la terapia è differente: il tumore
della vescica va etichettato come “tumore uroteliale”, avendo ben presente che sono malate le cellule
dell’urotelio (che si sviluppano dai calici, alla pelvi, all’uretere, alla vescica, all’uretra)
-> se un paziente ha fatto una terapia localizzata alla vescica dovrà essere seguito anche negli altri distretti
(pelvi renale, calici, uretere). Questo significa che se il paziente ha ematuria dopo terapia locale sulla vescica
devo pensare ad una lesione delle alte vie urinarie: faccio Tc con contrasto e studio bene tutte le vie urinarie.
Abbiamo quindi introdotto un sintomo frequentemente legato alla neoplasia renale: l’ematuria (che,
soprattutto per l’urologo, è da considerare indice di neoplasia fino a prova contraria).

Se una ragazza ha un po’ di ematuria associata a bruciore, il MMG non può subito etichettarla come cistite o
cmq come sintomo banale (tenere presente che in passato non c’era la possibilità di fare ecografie e i tumori
renali erano diagnosticati tardivamente, quando avevano raggiunto dimensioni enormi, perché sono
essenzialmente asintomatici).
Iter diagnostico corretto per indagare un’ematuria:
1. indagini di primo livello: ecografie e esame citologico urinario(su 3 campioni in tre giorni diversi)
2. indagini di secondo livello: cistoscopia

Dal punto di vista epidemiologico è importante l’associazione con la malattia di Von Hippel Lindau: se ho
un paziente con diagnosi di questa malattia genetica, dovrò fare un’ecografia perché appunto potrebbe
esserci un tumore renale.
Incidenza: 15 nuovi casi/100 000 abitanti; le forme bilaterali si osservano nel 2% dei casi (comunque è
sempre buona pratica visualizzare entrambi i reni).

N.B.: Non c’è alcun agente specifico come causa del tumore renale (ci sono alcuni aspetti genetici, forse
alcune sostanze correlate, ma niente di confermato)

Il tumore renale ha la caratteristica propria di essere venotropo: la vena cava ha una bassa pressione per
richiamare il sangue dalla periferia, la neoplasia che si sviluppa nel parenchima tende a dare dei gettoni
neoplastici che si portano nel letto venoso: prima nel parenchima, poi nelle vene renali di second’ordine e
poi nella vena renale: se la patologia continua a non essere trattata è possibile che si porti all’atrio destro
attraverso cava (che ha una bassa pressione). Importante: l’altezza del trombo correla con la sopravvivenza.
In genere si tratta di un trombo “flottante”, e quindi rimosso facilmente: solo negli stadi avanzati può aderire
alla parete e infiltrare la cava, ma in genere si riesce a “sgusciare” dall’atrio e dalla cava e rimuovere.
Può capitare di leggere nei referti: “trombo a partire da biforcazione della biforcazione delle vene iliache”: di
sotto in genere si tratta di un trombo ematogeno (si crea un flusso turbolento che porta coagulo); può capitare
che la malattia cronica determini apertura dei circoli collaterali nel caso si arrivi a ostruzione della cava
(caput medusae).
Nei maschi possiamo assistere a comparsa di un varicocele destro (il drenaggio del plesso pampiniforme
trova un ostacolo al drenaggio in cava). { in un pz che arriva con varicocele dx già ho sospetto perché di
solito il varicocele è a sx -> devo fare un’ecografia addominale, non può entrare in sala operatoria se non si è
prima escluso che sia causato da un tumore del rene).
Quindi ricordare il venotropismo come importante caratteristica del K rene .

SINTOMI:

• Ematuria
• Dolore al fianco (relativamente, il dolore della colica non è dato dal parenchima renale che si dilata
ma dall’uretere che si contrae, il dolore e può essere sordo quando massa è molto grande)
• Massa palpabile (dipende anche dal BMI, nei pz sovrappeso difficilmente apprezzo la massa)
=> classica triade del tumore renale
Il rene è una ghiandola, e come tale controlla alcune vie legate a produzione di ormoni (sistema renina-
angiotensina e eritropoietina) che si possono alterare: il paziente può arrivare con sintomi particolari come
una ipertensione ingestibile, anemia, poliglobulia, sindrome di Stauffer (sindrome epato-renale con
alterazione delle transaminasi epatiche associata ad iniziale insufficienza renale e ipercalcemia).

La febbre non è un sintomo frequente, si ha nei casi avanzati o nei casi in cui si ha stasi urinaria.

Il tumore spesso viene riscontrato incidentalmente: le neoplasie renali si apprezzano intorno ai 5 mm con eco
e Tc, mentre si propone la terapia chirurgica sopra l’ 1/1,5 cm (possono arrivare fino a 20-25 cm di
diametro).
La Tc è in grado di definire se la massa è una neoplasia renale, e si può anche spingere a dare una
tipizzazione (se si tratta di oncocitoma, angiomiolipoma o adenoma, che hanno caratteristiche radiologiche
diverse).
Quindi il tumore renale ha diagnosi di tipo radiologico: questo è importante perché ci permette di bypassare
la biopsia. Infatti nel tumore renale non si fa la biopsia (si fa solo nei casi dubbi o nei pazienti monorene,
perché la terapia cambia moltissimo tra i diversi tumori (l’oncocitoma ad esempio posso lasciarlo,
l’adenocarcinoma no), e ovviamente una nefrectomia in pazienti con due reni o con un solo rene ha
conseguenze molto diverse.
Quando la Tc non era sofisticata si faceva anche l’angiografia (oggi non si fa più)
RM è dirimente nei casi di sospetto angiomiolipoma (vede molto bene il tessuto adiposo)
TNM

Ricordare : tumore fino a 7 cm di diametro viene etichettato come T2 (è stato calcolato sulla base di ampie
casistiche, il T2 correla con la sopravvivenza: si e visto che pz con k fino a queste dimensioni hanno
prognosi abbastanza favorevole -> spinge a terapia conservativa)

LINFONODI
I linfonodi interessati sono i retroperitoneali (nel rene dx saranno paracavali e interaortocavali, a sx saranno
periaortici e paraortici). L’estensione linfonodale va dai pilastri di inserzione del diaframma fino alla
biforcazione dell’aorta. Questa informazione ci serve perché alla Tc devo ricercare linfonodi coinvolti
subito sotto il diaframma.

METASTASI: linfonodi, surrene, fegato, cervello, ossa

PROGNOSI
• interessamento linfonodale
• interessamento della vena renale
• interessamento della fascia di Gerota
• mts a distanza

Importante guardare il coinvolgimento della fascia di Gerota, che avvolge “ a carta di caramella” il rene
(fortuna per gli urologi anche dal punto di vista dei traumi: il sanguinamento rimane contenuto in questo
spazio). Ad esempio se la neoplasia è T3, ma rimane nel grasso perirenale e non oltrepassa la capsula di
Gerota ha prognosi “meno sfavorevole” (è cmq un T3, quindi abbastanza avanzato).

Dal punto di vista del TNM:


• T1: sopravvivenza a 5 aa dalla diagnosi del 100%
• T2: sopravvivenza a 5 aa dalla diagnosi del 70-80%
• T3: sopravvivenza a 5 aa dalla diagnosi del 65%
• T4: sopravvivemza a 2 aa dalla diagnosi del 15%
• N+: sopravvivenza a 5 aa dalla diagnosi del 0-30%
• M+: sopravvivenza a 2 aa dalla diagnosi del 15%

TERAPIA
E’ cambiata in modo drastico nel corso del tempo: rimane assoluto che l’adenocarcinoma renale va operato
(ovviamente quando possibile : ad es un paziente con ASA 4 con una neoplasia di 3 cm ovviamente non
andrà operato).
Terapia medica: Le terapie biologiche (inibitori tirosin-kinasi) hanno nel rene un ruolo importante dopo la
chirurgia. Non hanno ruolo la radioterapia e la chemioterapia tradizionale.
Tutto si gioca nella valutazione della risposta immunitaria e nell’interferenza di questo meccanismo.
Terapia chirurgica: NEFRECTOMIA.
Accesso per via xifo-pubica (linea mediana) -> via transperitoneale. A volte posso fare un intervento con
taglio “a stella” (con incisione a mercedes), quando devo divaricare masse importanti.
L’intervento si gioca sulla necessità di dominare i vasi: il rene ha un peduncolo vascolare importante, che ha
portata di circa 1 L di sangue al minuto, quindi dopo cinque minuti di sanguinamento potenzialmente perdo
il paziente per perdita di 5 L. Questo ha portato all’assioma che prima di tutto il chirurgo debba andare a
cercare l’arteria e chiuderla, poi cercare la vena e chiudere anch’essa. { la vena è più superficiale e
accessibile,inoltre è pericoloso spostarla perché rischio di lacerarla; ma se venisse legata prima la vena il
parenchima si riempirebbe di sangue, in più sul parenchima che ha perso la sua consistenza a causa tumore,
associato a neovasi: rischio quindi la rottura d’organo). Per ultimo il chirurgo va a legare l’uretere.
Oggi la nefrectomia radicale è quasi sempre possibile per via laparoscopica .

Complicanze dell’intervento:
• Sanguinamento
• Lesioni intestinali (l’accesso è pur sempre transperitoneale)
[Altra via di accesso è la sottocostale ( che è extraperitoneale)]

Esiste la possibilità di fare chirurgia conservativa, cioè la rimozione unicamente della neoplasia. All’inizio si
era molto restii perché dal punto di vista della radicalità oncologica c’era il timore di non essere radicali
(trovare una recidiva dopo poco tempo): le valutazioni statistiche hanno però messo in evidenza che tumori
(meglio se a crescita esofitica) fino a 5 cm possono essere rimossi rispetto al parenchima senza un rischio
rilevante di recidiva sul rene superstite.
La chirurgia conservativa si può fare per via laparoscopica.
Una delle complicanze della chirurgia conservativa nella rimozione dei k renali è l’apertura di una via
urinaria (le vie urinarie sono spesso attaccate al tumore), con conseguente fistola urinosa post-operatoria,
complicanza abbastanza temibile: bisogna in tutti i modi drenare la raccolta urinosa .
Quindi se ho una massa renale con la via escretrice aperta devo trovare il modo di portare sicuramente
l’urina in vescica: spesso nei casi di tumori abbastanza grandi trattati con terapia conservativa può esserci
la possibilità di mettere uno stent (evito appunto la fistola urinosa).
22/11/2016, Traverso

Tumori della vescica

Definizione impropria, dobbiamo definirlo tumore uroteliale. Quindi uroteliomi localizzati in vescica.

Sovvertimento in situazione estrema della parete liscia e madreperlacea, rappresentata dalla mucosa normale.
A destra immagine Tc con neoformazione che tende ad occupare spazio all’interno del viscere cavo (vescica
piena ha conformazione sferoidale); posso anche pensare che la neoformazione sia il terzo lobo della prostata
che protrude in vescica.

EPIDEMIOLOGIA

I tumori della vescica rappresentano il 3-5% dei casi di morte per neoplasia, e costituiscono il 70% delle
neoplasie dell’apparato urinario.
Picco tra 5°-7° decade, i maschi sono più suscettibili.
La neoplasia risulta più rappresentata nei paesi industrializzati, non si sa se per migliori diagnosi o per la
maggiore presenza di fattori promuoventi.
Oggi soltanto nel 5-10% dei casi la neoplasia si presenta in uno stadio elevato al momento della diagnosi.

Fattori eziologici accertati

• FUMO DI SIGARETTA: fattore di rischio importante. In più il tumore vescicale ha caratteristica di


recidivare, e si è visto che pazienti fumatori hanno tasso di recidiva maggiore (curva di recidiva più
pendente rispetto ai non fumatori)
• FATTORI PROFESSIONALI: ad esempio a Cogoleto c’era la “Stoppani”, colorificio che utilizzava
Cromo: su alcuni lavoratori si osservava ematuria, con riscontro di carcinoma dovuto ad inalazione
di solventi che comportavano maggiore rischio.
• SCHISTOSOMIASI (“Bilharziosi”): endemica in alcune zone (Egitto, Mali, ecc). E’ una Infezione
cronica data da un parassita, che da’ luogo a trasformazione dell’epitelio che può evolvere poi verso
neoplasia. In Egitto la prevalenza di tumori della vescica è alta, proprio per questo motivo

Non accertati
• EREDITARIETÀ
• INDUSTRIA DEI COLORANTI

Classificazione:
• Epiteliali (98% dei casi) -> 1. papilloma a cell transazionali (benigna), anche se in realtà anche le
neoplasie maligne possono assumere la stessa forma “a corallo”. Comunque dobbiamo tenere conto
che la maggior parte sono neoplasie maligne: che abbiano forma papillomatosa, sessile o piatta poco
cambia. Quando si riscontra una neoformazione a forma di papilloma devo pensare a neoplasia
maligna fino a prova contraria (esame istologico). 2. carcinoma a cellule di transizione (92%) 3.
meno rappresentati k squamoso e adenocarcinoma (quest’ultimo deriva dall’Uraco, importante nella
vita fetale poiché porta all’ombelico il liquido prodotto dai reni, ed ha appunto una componente
ghiandolare)
• Non epiteliali (rari)

L’urotelio vescicale è fatto da 5-7 strati di cellule transizionali. Come tutti gli epiteli appoggia su una
membrana basale di lamina propria (dove c'è muscolaris mucosae), sotto di essa c’è lo strato più importante
di sostegno e contrazione, che è la tonaca muscolare. Importante per biopsia: il superamento della lamina
propria, e la conseguente presenza di cellule neoplastiche nella muscolare è segno prognostico sfavorevole
(tenere presente che la vescica comunque è sottile)

Infezione da HPV: rara, comporta una alterazione della mucosa, mantenendo però le cellule e gli strati
epiteliali normali.
Nel carcinoma invece gli strati aumentano, i nuclei si orientano in modo diverso, si perde l’inibizione da
contatto e l’architettura non viene rispettata (le cellule cambiano sia al loro interno sia alterano la
conformazione tessutale).

Di solito l’origine della neoplasia è nella zona tra la base della vescica e il trigono (dove ristagna l’urina, che
presumibilmente ha azione diretta e prolungata di trasformazione dell’urotelio: per questo le neoplasie hanno
questa localizzazione).
Il 70% dei tumori vescicali ha una conformazione papillomatosa (coralliforme). I papillomi possono essere:
• Sessili
• Peduncolati
Le lesioni solide invece vanno oltre la lamina propria, sono ancorate alla muscolare e quindi hanno già
irrigidito la parete.
Ci sono anche lesioni piatte, che quindi sono poco rilevate e poco visibili.

N.B.: Per il tumore insieme alla cistectomia tolgo anche la prostata (necessario perché è intimamente
connessa, dal punto di vista della radicalità oncologica sarà necessario rimuoverle entrambe).

La neoplasia vescicale, oltre ad avere stadiazione per profondità, ha una stadiazione per grado (G1 ben
differenziato, G2, G3 mal differenziato). Il G3 sposta la storia naturale e quindi la prognosi della malattia
(importante: da G2 a G3 cambia tutto per il paziente)

• T1: non supera lamina propria (ne resta appoggiato)


• T2: infiltrazione superficiale del muscolo (localizzazione nella tonaca muscolare, dove abbiamo una
vascolarizzazione importante con rischio di disseminazione delle cellule tumorali)
• T3: infiltrazione profonda del muscolo (T3b arriva al grasso)
• T4: infiltrazione di altri organi
• Tis (in situ): non si vede. E’ definita come una lesione piatta intraepiteliale altamente indifferenziata
(è confinato all’urotelio). A volte sembra avere un colore che dal madreperlaceo tende al rosso, ma è
comunque difficile da riconoscere. Tra le neoplasie della vescica superficiali è quello che ha la
prognosi peggiore, è quindi altamente aggressivo.

Oggi possiamo distinguere anche tumori a:


• Basso rischio
• Alto rischio

LINFONODI: iliaci e otturatori (più di estensione verso iliaci comuni rispetto alla prostata)

METASTASI: polmoni, ossa, fegato, cervello

Sopravvivenza a 5 anni per tumori non trattati:


• Stadio 2: 60-70%
• Stadio 3: 20-40%
• Stadio 4: <10%
SINTOMATOLOGIA
• Ematuria : sintomo principale, dobbiamo sempre escludere la correlazione tra ematuria e neoplasia
urologica. Può essere totale, terminale (alla fine della minzione qualche goccia di sangue) o
indeterminata; macroscopica o microscopica.
• LUTS (“lower urinary tract syndrome”): disturbi minzionali (pollachiuria, stanguria, disuria,
minzione imperiosa, getto ipovalido, dolore sovrapubico). Bisogna approfondire con l’esame
citologico delle urine. Anche i disturbi che non hanno collegamento diretto con eventuali patologie
infettive o infiammatorie devono comunque essere approfonditi.
ematuria e dolore:

L’evoluzione di una ematuria massiva può essere una ritenzione: un coagulo di sangue in vescica tappa e
ostruisce (quindi si può arrivare al PS per ritenzione). Si dice che “la vescica è tamponata” (è piena di
coaguli, situazione non banale da risolvere come una ritenzione normale: a volte se passano tanti giorni il
coagulo si organizza e si indurisce, posso provare a diluire o mettere un catetere più rigido, ma a volte è
necessaria sala operatoria).

N.B.:
Ematuria: sangue con le urine (quindi strettamente correlata alla minzione)
Uretrorragia: perdita di sangue continua, quindi al di sotto dello sfintere vescicale (tipico ad esempio del
carcinoma dell’uretra oppure di un paziente traumatizzato)

DIAGNOSI:

• esame obiettivo
• esami ematochimici
• citologico urinario (importantissimo!)
• ecografia
• uretrocistoscopia
• [urografia non si fa più]
• Tc (molto importante, anzi indispensabile per questi tumori), RM

Oggi si dice che se il carcinoma è riscontrato all’eco non è necessario fare la cistoscopia (dibattuto, ma
comunque il paziente va portato in sala per togliere la neoplasia, quindi può evitare un esame invasivo, anche
se oggi non è doloroso). Se si può evitare, la cistoscopia non è proprio mandatoria.

Importante l’esplorazione rettale, e in particolare la palpazione bimanuale (permette di valutare se c’è una
massa che impegna in modo rilevante la pelvi), ovviamente necessita di BMI non troppo elevato.
L’ecografista può anche far muovere il paziente per differenziare la lesione neoplastica da un eventuale
calcolo.
Tumore del testicolo

Patologia abbastanza rara, a bassa incidenza.


Va a colpire la popolazione maschile giovane→risvolti drammatici, quindi importante fare diagnosi il più
precocemente possibile.
La maggior parte dei tumori testicolari è guaribile (95%), il paziente torna ad avere la stessa aspettativa di
vita di una persona non affetta dalla patologia.

EPIDEMIOLOGIA
• È la più frequente neoplasia nel maschio tra i 15 e i 35 anni.
• Incidenza incrementata di 3-4 volte negli ultimi 50 anni, per l’aumento di diagnosi o per l’aumento
di fattori ambientali quali l’inquinamento.
• Completa guarigione è possibile in oltre il 95% dei pazienti. È la patologia neoplastica più curabile.
• Gruppi più a rischio compresi tra i 20 e 50 anni.
• Picco di incidenza è nella 3a-4a decade.
• I seminomi compaiono in una fascia di età 10 anni superiore ai non seminomi e sono praticamente
sconosciuti in età pediatrica.
• Negli asiatici e neri d’America l’incidenza è 6-8 volte inferiore rispetto alla razza bianca (non
dipende dalla dieta).

CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA
• TUMORI A CELLULE GERMINALI (90-95%)
• SEMINOMI
• TIPICO
• SPERMATOCITICO
• ANAPLASTICO
• NON SEMINOMI
• CARCINOMA EMBRIONALE
• TUMORE DEL SACCO VITELLINO
• TERATOMA
• CORIOCARCINOMA
• TUMORI A CELLULE STROMALI (5-10%)
• LEYDIGOMA
• TUMORE A CELLULE DEL SERTOLI
• GONADOBLASTOMA
• TUMORI MISTI
• SECONDARISMI (localizzazione di metastasi, rare perché il testicolo è un cosiddetto “santuario
farmacologico”, è poco permeabile a fattori esterni per preservare la linea genetica quindi anche le
metastasi come i farmaci raggiungono il testicolo con difficoltà. Le più frequenti provengono dalle
malattie del sangue, le metastasi solide sono molto più rare).

TUMORI A CELLULE GERMINALI

La frequenza nei paesi occidentali oscilla tra 2 e 6 casi su 100000.


Sono più frequenti nei soggetti giovani.
FATTORI DI RISCHIO:
• CRIPTORCHIDISMO (aumenta di 50 volte): significa che il testicolo non è disceso all’interno dello
scroto.
È importante valutare se il testicolo non è sceso o non c’è mai stato. Se il testicolo non c’è, non
può andare nemmeno incontro a degenerazione neoplastica; se invece c’è e non è sceso per qualche
problema nello sviluppo embrionale si tratta di un testicolo che per due motivi può andare incontro a
degenerazione neoplastica: sia perché è un testicolo che non è sceso quindi partiva già male con
qualche alterazione genetica, sia per l’ambiente in cui sta (quindi non l’ambiente scrotale che è circa
2°C più basso rispetto alla temperatura esterna, ambiente ideale per lo sviluppo degli spermatozoi.
Questo è il motivo per cui il testicolo è ricoperto dai muscoli pellicciai che hanno la funzione di
contrarsi quando la temperatura scende riducendo la superficie della cute e quindi la dispersione di
calore, di distendersi quando la temperatura sale per disperdere calore e mantenere così la
temperatura ideale per lo sviluppo degli spermatozoi).
Se all’esame obiettivo non vedo il testicolo lo devo cercare nel canale inguinale (perché il testicolo
ricopre le tappe che fa nello sviluppo embrionale) o nella cavità addominale (se non lo trovo con la
palpazione perché solitamente si tratta di testicoli piccoli, posso fare ecografia o in alternativa, se
non li vedo nemmeno con l’eco perché i testicoli non hanno un’ecostruttura tipica quindi si
confondono con i tessuti circostanti, posso fare una RM o una videolaparoscopia esplorativa).
Quindi è molto importante ricercarlo perché se lasciato lì può andare incontro a degenerazione
neoplastica.
TRATTAMENTO: si cerca di far discendere il testicolo con una terapia ormonale.
Orchidopessi precoce se fallisce la terapia ormonale. Viene fatta per recuperare soprattutto la
funzione della spermatogenesi e anche per un fattore estetico. L’orchidopessi non riduce
comunque il rischio di cancerizzazione.
Non è giustificata l’orchiectomia profilattica perché siamo di fronte comunque ad una patologia a
basso rischio.
Asportazione dei testicoli ritenuti atrofici o non funzionanti perché c’è il rischio di degenerazione
neoplastica.
Orchidopessi per rendere palpabili i testicoli normotrofici ritenuti anche dopo il 5 anno di vita
(quindi anche abbastanza tardivamente).
• FATTORI GENETICI:
• Bilateralità
• Familiarità
• Correlazione con HLA
(Sono fattori che non si indagano mai ma si chiede semplicemente al paziente se in famiglia
ci sono stati casi di tumore al testicolo.)
• STERILITA’: 30-40% dei pazienti con tumore a cellule germinali. Carcinoma in situ presente nel 6-
8% degli sterili. Non perché la sterilità sia un fattore di rischio maggiore ma perché ci sono
alterazioni nella struttura del testicolo che potrebbero portare a tumore.
• INFLUENZE ORMONALI: FSH e LH aumentati, testosterone diminuito.
• TRAUMI: molto discusso, spesso il trauma fa scoprire il tumore perché lo fa sanguinare essendo
molto fragile ma non è un fattore di rischio.
• PAROTITE E INFEZIONI GENITO-URINARIE: correlazione molto dubbia.

ESAME OBIETTIVO
• Genitali esterni: palpazione (paziente nudo), esistono anche degli strumenti per misurare le
dimensioni (se ho dei dubbi sulle dimensioni chiamo l’urologo o faccio un’ecografia). Valuto anche
la consistenza che normalmente è teso-elastica, nel tumore è lignea.
Ispezione per vedere bozzellature o asimmetrie (un po’ di asimmetria è fisiologica).
• Inguine: non per i linfonodi perché gli inguinali NON drenano il testicolo.
Linfocentro primario nei pressi della vena renale di sinistra tra i linfonodi retroperitoneali
DRENANO il testicolo (per lo sviluppo embriologico). Quindi i primi linfonodi che si ingrossano
sono quelli retroperitoneali che si possono vedere con ecografia o con la TC. C’è solo un caso in cui
vengono coinvolti i linfonodi inguinali nel contesto di una patologia tumorale testicolare, quando il
tumore ha superato l’albuginea (c’è un salto di stadio, il tumore va a infiltrare i tessuti scrotali, ma si
riconosce perché la massa è bozzelluta).
• Addome: grosse linfoadenopatie retroperitoneali nei soggetti magri possono essere palpabili.
• Collo: importante per i linfonodi sovraclaveari.
• Apparato respiratorio: il polmone è sede di metastasi.
• Sistema nervoso: valutare motilità e sensibilità arti inferiori (in realtà l’urologo non lo fa).
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Paziente che arriva in PS con dolore testicolare potrebbe avere:
• Torsione testicolare (o torsione dell’idatide di Morgagni)→ nel bambino o nell’adolescente. In un
caso è bene guardare tutto il bambino, nella Porpora di Schönlein-Henoch (il bambino ha dolore
testicolare ma guardo anche le gambe per le petecchie e per evitare così un intervento inutile).
La torsione testicolare è un’emergenza, il paziente va operato nel giro di qualche ora perché il
testicolo torto va in necrosi (se passano 7-8 ore può perdere il testicolo). Da punto di vista legale è
una lesione colposa gravissima.
DIAGNOSI: se arriva un adolescente con nausea vomito e dolore testicolare tanto da non riuscire
quasi a camminare 99 su 100 si tratta di torsione testicolare. Ma ci sono altri casi in cui il quadro è
più sfumato: faccio ecografia per vedere se c’è flusso sanguigno (anche se non è dirimente in
maniera assoluta e non è sufficiente).
Le linee guida europee indicano che in caso di scroto acuto con sospetto di torsione testicolare si
debba fare un’esplorativa testicolare.
In alcuni centri fanno la scintigrafia.
Clinicamente il paziente si presenta con dolore importante, non si fa toccare, ha nausea, vomito,
febbre, indici di flogosi elevati, il testicolo torto risulta risalito. Si può provare a fare una derotazione
manuale (derotarli dall’interno verso l’esterno). Posso fare anche anestesia locale perché la
cessazione del dolore innesca la derotazione.
• Epididimite→infezione, più frequente negli uomini adulti.
• Orchite→infezione batterica o virale (orchite parotitica), è più rara dell’epididimite.
Queste ultime due si associano anche a disturbi urinari e sono patologie più frequenti negli adulti.
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
• Ecocolor doppler scrotale (basso costo e testicoli si vedono molto bene perché sono superficiali)
• TC addome con mdc (per visualizzare eventuali linfadenopatie)
• TC cranio con mdc
• Linfografia (oggi non si fa più perché soppiantata da TC addominale)
• Rx torace (per indagare il polmone)

RUOLO ECO
• Conferma sospetto insorto durante l’esame obiettivo
• Consente di evidenziare la presenza di neoplasie intra testicolari non palpabili
• Consente di valutare l’entità dell’estensione locale
Massa ipoecogena disomogenea con vascolarizzazione disordinata.
RUOLO TC ADDOMINALE
• Vedere se c’è interessamento linfonodale retroperitoneale
• Vedere se ci sono metastasi epatiche (sede elettiva perché è un filtro)
RUOLO TC CRANIO
• Vedere se ci sono metastasi encefaliche
RUOLO RX TORACE
• Valutare se ci sono metastasi polmonari
DIAGNOSI
• Il sintomo dolore non esclude diagnosi (è infrequente che il tumore del testicolo dia dolore ma si
sente una massa dura non dolente, ma a volte possono esserci fenomeni di necrosi e infiammazione
che si manifestano con dolore)
• Diagnosi precoce è fondamentale
• In presenza di tumefazione scrotale di incerta natura è necessario effettuare l’inguinectomia
esplorativa L’unico modo per aggredire in maniera radicale il testicolo è fare incisione inguinale
perché si arriva a isolare i vasi fino alla riflessione del peritoneo. Quindi apro il canale inguinale,
trovo la riflessione del peritoneo a livello del funicolo e lì si isolano dotto deferente arteria e vasi
venosi. Si clampa (importante non maneggiare il testicolo senza aver clampato), si isola il testicolo,
si esplora e se si hanno dubbi si asporta.
NON FACCIO MAI BIOPSIA TESTICOLARE perché rischi di avere un salto di stadio.
Posso fare nodulectomia o orchiectomia parziale (incisione inguinale, si clampa, si apre e si enuclea).
MARKERS
-AFP: prodotta da cellule del sacco vitellino
-HCG: prodotta dal sinciziotrofoblasto. Elevata nel 60-70% dei non seminomi e nel 20-30% dei seminomi.
Queste due sono le più importanti e servono anche per il follow-up.
-LDH
-PLAP

STADIAZIONE
T1→LIMITATATA AL DIDIMO
T2→INFILTRAZIONE TONACA ALBUGINEA
T3→INFILTRAZIONE FUNICOLO SPERMATICO
T4→INFILTRAZIONE SCROTO (T4b→linfonodi inguinali)

TERAPIA
Dopo orchifunectomia
• Se è locoregionale:
• Radioterapia per il seminoma
• Linfoadenectomia per il non seminoma.
A seconda della lateralità del tumore posso fare linfadenectomia destra o sinistra (il
linfocentro primario è comunque a sinistra quindi se il tumore è a destra devo comunque
includere anche quello nella linfadenectomia). Incisione addominale e si toglie tutta la catena
linfonodale.
- Nerve sparing si risparmiano le terminazioni nervose, intervento che si tende a fare
maggiormente (perché linfadenectomia retroperitoneale causa eiaculazione retrograda per
danno all’innervazione simpatica del collo vescicale)
- Non nerve sparing, vengono tolte tutte le terminazioni nervose, intervento più radicale
TUMORE E INFERTILITA’
• Danno diretto sul parenchima
• Alterato equilibrio endocrino
• Autoimmunità
• CIS

Neoplasie della vescica (II)

Cistoscopia
Oggi la cistoscopia si fa con uno strumento flessibile a fibre ottiche, il cistoscopio, di calibro intorno ai 14-
16 French (1 French = 1/3 di mm). Una volta si usava il cistoscopio rigido, anche in sede ambulatoriale,
mentre oggi il cistoscopio rigido si usa come resettore negli interventi endoscopici della vescica e della
prostata. (Ancora adesso qualche pz è ancorato al ricordo di parenti e/o amici che l’hanno descritta come una
procedura dolorosa, mentre oggi dà meno fastidio di una cateterizzazione, se fatta sotto vista e quindi
riuscendo a seguire agevolmente il decorso dell’uretra).
Il cistoscopio è anche uno strumento con una discreta operatività, perché permette di fare biopsie, di
diatermocoagulare (DTC) piccole lesioni vescicali e di eseguire delle cateterizzazioni difficili.
[Due parole sulla cateterizzazione complessa: facciamo l’esempio di un paziente che arriva in PS con un
globo vescicale; il medico, per risolvere, mette un catetere. Ma non è sempre così, perché il cateterismo può
diventare “difficile”. Il cateterismo difficile è una manovra cieca [ostacoli all’esecuzione del cateterismo non
identificabili], allora un tempo si ovviava pungendo la vescica con un ago e facendo fuoriuscire un piccolo
catetere dalla regione sovrapubica (questa manovra si chiama epicistostomia, da ricordare). Oggi invece fare
un cateterismo forzato provando in ogni modo a superare un ostacolo è da evitare, soprattutto avendo uno
strumento flessibile che ci permette di vedere dove si trova l’ostacolo, come è fatto, se è superabile e se
magari è possibile dilatare l’uretra e mettere un filo guida, su cui poi far scorrere un catetere a punta aperta.
Quindi un tempo, piuttosto che pungere la pancia di un pz, si cercava di passare in tutti i modi oltre
l’ostacolo, mentre ora usiamo il cistoscopio. Infatti, quali sono i rischi di un’epicistostomia? Pungendo in
regione sovrapubica un pz con un globo vescicale, la vescica la trovo subito, in teoria; il problema è che
davanti alla vescica è presente il cul-de-sac del peritoneo, e magari il pz è stato operato di ernia e quindi il
peritoneo e le anse sono attaccate davanti alla vescica: c’è quindi l’eventualità di andare a bucare l’ileo e non
la vescica. Un’altra eventualità è quella che ci sia sempre un’ansa ileale e che questa venga superata,
arrivando così col catetere in vescica, ma poi, poiché un’ansa è stata bucata, si sviluppa addome acuto.
Questo è il motivo per cui si tende a fare la manovra con pz sdraiato all’indietro.]
Cistoscopia:
• Gold Standard nella diagnosi di K vescicale
• Visualizzazione completa della mucosa vescicale ed ureterale
• Esame invasivo – anestetico locale intrauretrale
• Follow-up trimestrale
• Sensibilità 73% - Specificità 68%
• Specificità 97% con la fluorescenza indotta con acido 5-aminolevulinico

IMPORTANTE: Spesso le neoplasie vescicali sono sul trigono, per cui possiamo aspettarci, ed è un fattore
prognostico negativo, che ci sia una dilatazione dell’uretere compreso in questa neoformazione. Tale
neoformazione può incarcerare il meato ureterale, che si dilaterà, quindi se vediamo una TC con referto
vescicale “neoplasia con presente ispessimento e idronefrosi” abbiamo già un fattore prognostico negativo
per il pz.

Opzioni terapeutiche dei tumori superficiali


• Resezione transuretrale (TURBT): è la prima tp che si propone al pz, significa rimuovere il
tessuto. Questa procedura avrà un senso terapeutico e stadiante se sarà possibile rimuovere tutta la
neoplasia, mentre avrà solo un significato stadiante se la neoplasia non potrà essere tolta tutta (per
esempio quando è in stadio T2, cioè scende fino alla muscolatura).
È una procedura endoscopica con cistoscopio rigido: viene utilizzata un’ansa diatermica attraverso la
quale scorre della corrente. La corrente può essere monopolare o bipolare (monopolare = la corrente
viaggia dallo strumento alla piastra. Bipolare = la corrente passa solo nello strumento, oggi si
prediligono questi strumenti perché sono più precisi e danno meno effetti collaterali da diffusione
della corrente).
Importante è sapere da parte dell’istopatologo come abbiamo fatto il campionamento, perché
dobbiamo sapere se è stata o meno compresa la tonaca muscolare (quindi l’istopatologo deve
specificare sia se c’è, sia se NON c’è), così sappiamo se il pz deve fare una seconda resezione per
togliere la tonaca muscolare qualora non l’avessimo presa alla precedente resezione. Il campione
fatto bene e definitivo è infatti quello che comprende anche la tonaca muscolare.

• Il k vescicale è una malattia di tutto l’epitelio, quindi è giustificato fare a volte delle biopsie di
tessuto sano (mapping), soprattutto quando ci sia una storia di CIS o di T3.
Prognosi dei tumori superficiali primitivi
Il K vescicale è una patologia che ritorna e questa ripresa può essere RECIDIVA o PROGRESSIONE.
Ci sono delle casistiche, a livello Europeo, in cui è stato catalogato il basso-medio-alto rischio di neoplasie

della vescica, raggruppando i vari T.

Come vediamo, il T non comanda da solo la prognosi come variabile indipendente: un pz che ha un T1G1 ha
progressione di malattia 0 e rischio di recidiva 37%, per cui la malattia può tornare ma non sarà
maggiormente profonda di quella attuale, mentre T1G1 multiplo (piccole neoplasie superficiali) ha un certo
rischio di progressione e aumenta il rischio di recidiva, oltre ad affacciarsi un minimo rischio di mortalità. Se
stiamo sulla colonna “Recidiva”, notiamo che tra il 37% e il 54% delle neoplasie che diagnostichiamo
ricomparirà, e non è poco. Una fetta di quelli a rischio intermedio ma con neoplasia superficiale può anche
andare in progressione, e badiamo che sono tumori che non hanno invaso la muscolare.
Ovviamente se ho una patologia di questo tipo ovviamente il follow-up sarà molto importante, e verrà fatto
con citologico, urinario e cistoscopia.
Il pz chiederà anche: “Dopo devo fare qualcosa, chemio, radio, chirurgia…?”: i tumori superficiali possono
essere trattati con una tp endovescicale con diversi farmaci, chemioterapici e immunotropici (tra cui BCG =
Bacillo Calmette-Guerin, che è il bacillo della TBC attenuato e che serve ad aumentare la risposta
immunologica di attacco alla possibile recidiva di neoplasia. Mentre BCG si usa per le forme superficiali più
aggressive, gli altri farmaci si usano per le forme superficiali a minor rischio). IMPORTANTE: facendo la
chemiotp superficiale con BCG si riducono le recidive del 38% e a 3 anni anche del 70%, per cui è una
buona soluzione da offrire ai pz, sapendo che la malattia recidiva nel 40-60% dei casi. (L’instillazione di
BCG si fa 1 volta/settimana.)
Sopravvivenza a 10 aa del CIS: 55%, mentre T1G3 è 50%, a dispetto delle terapie che si facciano. Quindi, se
troviamo nel referto “Tumore superficiale T1G3” o “CIS”, la prognosi è abbastanza brutta.
Terapia dei tumori infiltranti: cistectomia radicale
Una parte dei K superficiali regredisce, una parte invade la tonaca muscolare e una parte è infiltrante già alla
diagnosi. In quest’ultimo caso bisogna togliere la vescica (vecchio detto: “Salvare la vita o salvare la
vescica”).
DATO IMPORTANTE: in 1 mese il K della vescica può saltare di stadio, per cui ritardare la diagnosi non è
una buona idea.
Non è una cosa banale, perché rimuovere la vescica vuol dire trovare soluzione a una derivazione urinaria.
Quindi la cistectomia (che nel maschio è una cistoprostatovescicolectomia, mentre nella femmina a volte
bisogna togliere anche la parete anteriore della vagina, utero e annessi) è un intervento impattante, perché la
derivazione urinaria richiede una soluzione. Non dimentichiamo che subito dietro alla vescica c’è il retto, ci
sono vasi importanti, e se la neoplasia inizia ad estendersi anche il chirurgo urologo trova delle difficoltà
tecniche a rimuovere la vescica, anche perché può esserci un congelamento pelvico: se vediamo una
descrizione di pz con “pelvi congelata” significa che la neoplasia si è estesa all’esterno dell’organo
interessato (vescica/retto/prostata) e ha coinvolto tutto il tessuto circostante, dando una rigidità alle strutture.
La sopravvivenza a 5 anni dopo tp è bruttina:
• T2: 40-70%
• T3: 15-40%
• N: <30%
• M: <5%.
“Ma se ci sono metastasi perché devo operare?” Bisogna trattare perché continua comunque ad esserci
ematuria, che può provocare anemia e inoltre determinare coaguli, con disturbo urinario importante per il pz,
che magari va in ritenzione, mette il catetere, continua ad urinare, il catetere si tappa… La qualità di vita
scende a picco, e alla fine il pz muore dissanguato. Quindi togliere la vescica può comunque essere
necessario.
Tolta la vescica rimangono 3 tubicini (ureteri e uretra) → Derivazione urinaria:
• Non continente
• Ureterocutaneostomia
• uretero-ileo-cutaneostomia sec.Bricker
• Continente
• derivazione ureterocolica
• ureterosigmoidea
• tasca sigmoidea
• sostituzione vescicale
• Camey I e II
• Mainz I e II
• Kock
• Hautmann]
Cosa comanda la scelta tra continente e non continente? Una derivazione continente richiede più tempo, per
cui bisogna chiedersi se il pz ha la capacità (per problemi cardiologici ecc) di reggere un intervento più lungo
(5-7 ore). La derivazione non continente è più rapida (40-60 minuti per togliere la vescica, poi gli ureteri si
portano in derivazione cutanea in mezz’ora, per cui in 2h il pz se la cava).
Tra l’ureterocutaneostomia e tutte le altre cambia che interviene l’utilizzo dell’intestino.
Quindi ciò che dobbiamo sapere è che in casi di tumori vescicali infiltrati bisogna fare una tp radicale che
comporta rimozione della vescica e dei linfonodi (che sono gli otturatori, gli iliaci interni ed esterni), ma nei
casi in cui ho minori possibilità e spazio di manovra l’uretra viene chiusa e gli ureteri portati alla cute
(separatamente o anastomizzati fra loro) → ureterocutaneostomia.
Se ho a disposizione più margine, si comincia a ricostruire qualcosa → la soluzione più semplice è la
uretero-ileo-cutaneostomia sec.Bricker: utilizzo una porzione di intestino che viene portata alla cute; l’ileo
viene staccato dal suo percorso intestinale per un pezzetto, l’intestino viene ricongiunto e questo tratto
staccato si interpone tra ureteri e cute, facendo da barriera per evitare che gli ureteri escano direttamente
sulla cute (infezioni, stenosi da parte della fascia addominale ecc.). E’ non continente perché l’urina viene
raccolta in un sacchetto all’esterno. E’ una soluzione molto pratica perché i pz si scordano di averla, non
richiede nessuna gestione a parte la ricerca di una lacca adesiva che sia loro confacente, la cambiano un paio
di giorni alla settimana e bon.
Per quanto riguarda le continenti, [senza che ci ricordiamo tutti i nomi!] il concetto è che con l’intestino si
può ricostruire una neovescica (detta “ortotopica”). Quindi si fa la cistectomia, dopo aver fatto al pz la
proposta di stomia continente (possibilmente neovescica ortotopica) o non continente (possibilmente
sec.Bricker). La vescica ortotopica deve essere gestita in modo oculato (urinare ogni 2h e non di più, anche
di notte, per non sfiancare la parete), svuotandola esercitando una pressione sulla parete addominale. La
sensazione del pz (essendo intestino con i propri rami nervosi) è di ripienezza, e pian piano impara a capire
che deve andare a vuotare. La continenza si raggiunge nel 90% dei pz.
Abbiamo visto che il pz con una neoplasia renale non può giovare della chemiotp (ma solo di immunotp con
i nuovi biologici), mentre il pz con K vescica è sensibile a chemiotp, addirittura può fare chemiotp
neoadiuvante con una piccola % di aumento della sopravvivenza [DOMANDA D’ESAME]. Quindi il pz
potrebbe fare una neoadiuvante ottenendo una certa % di sopravvivenza, e se c’è riscontro linfonodale si può
fare una chemiotp adiuvante. La radiotp perde di significato.

Recupero lezione 24/11

Trattamento varicocele

Il varicocele presenta incidenza elevata, tra 10-20% della popolazione maschile. Si può manifestare già in età
infantile e si decide di intervenire in seguito alla comparsa di sintomatologia o, solitamente, in seguito allo
sviluppo sessuale (15-16 anni).
È anatomicamente più frequente il varicocele sinistro, il destro è più raro. (Se presente bilateralmente il prof
consiglia di operare contemporaneamente)
NB!! se viene riscontrato un varicocele importante a destra, o con esordio improvviso, effettuare
sempre un’ecografia renale, perché spesso è espressione di massa neoplastica retroperitoneale che
comprime i vasi venosi e causa stasi.
Il quadro clinico associato a varicocele comporta:
- Senso di peso
- Dolore
- Ripercussioni negative sulla fertilità. Questa evenienza non è stata dimostrata in maniera univoca, è
ipotizzata e a volte confermata in soggetti con varicocele, che presentano ipofertilità o alterazione
nello spermiogramma. Va sottolineato che ad oggi spermiogrammi normali sono molto rari, in
quanto:
o chi si rivolge all’urologo per effettuare uno spermiogramma lo fa quando ha difficoltà a
procreare (e l’età in cui si procrea è, ad oggi, sempre più spostata in avanti);
o si ha un impatto da parte dell’ambiente, dovuto all’utilizzo di estrogeni nella nutrizione dei
bovini per aumentarne la massa e dovuto all’inquinamento atmosferico.
NB. La fertilità è tipica dell’età adolescenziale e dell’età adulta; con l’età la qualità del seme peggiora anche
per l’uomo, in modo tuttavia meno drammatico che per la donna.
Infertilità di coppia: un anno di tentativi di procreare, senza concepimento.

DIAGNOSI
Anamnesi
Visita
Ecografia
Spermiogramma (anche per motivi medico-legali)

TERAPIA
Medica: sostanzialmente inesistente, possono essere usati farmaci genotrofici
Chirurgica
Embolizzazione, ad oggi sempre meno utilizzata
DEGENZA: giornaliera

CHIRURGIA
Nell’adulto si utilizza anestesia locale, anche se va ricordato che la locale non elimina la sensazione tattile,
quindi il pz può percepire il rimaneggiamento a livello inguinale; inoltre si può avere un lieve dolore durante
la trazione del funicolo perché la radice nervosa è alta e retroperitoneale (a livello del rene) e quindi il dolore
è avvertito a livello addominale.
Nel bambino si preferisce l’anestesia generale.
Fasi della chirurgia:
- taglio subinguinale, al di sotto dell’anello inguinale esterno (stesso accesso eseguito per le torsioni)
- si esteriorizza il funicolo
- ci si ritrova di fronte al deferente, che va individuato e non toccato (altrimenti causo infertilità) e ai
grossi collettori che possono essere vene ectasiche o l’arteria testicolare.
o L’arteria testicolare non è l’unica arteria preposta all’irrorazione del testicolo, c’è anche la
deferenziale, per cui un’eventuale legatura dell’arteria non comporta un’ischemia del
testicolo
- Dissezione per piani, aprendo le fasce
- Accesso e legatura delle vene
Alta percentuale di recidiva: 30-40% , questo perché si legano le vene ectasiche e la difficoltà del deflusso
del testicolo viene mantenuta. Il razionale di effettuare la legatura non è, in realtà, ben chiaro.
Non sono neanche chiare le cause per cui il varicocele comporti infertilità, sono state avanzate alcune ipotesi,
che comprendono:
- Ristagno di sangue venoso nel testicolo, con accumulo di sostanze tossiche che danneggiano la
spermatogenesi;
- Aumento temperatura intorno al testicolo, dovuto al ristagno di sangue venoso.
Altra complicanza associata è l’idrocele, dovuto a legatura dei vasi linfatici. L’unica soluzione è di tipo
chirurgico, tramite asportazione della tonaca vaginale che riveste il testicolo e all’interno della quale, tra
interna ed esterna, si forma la sacca di idrocele.

Altri accessi chirurgici, ormai in disuso, sono: accesso alto secondo Palomo (tecnica più indaginosa e più
dolorosa per il pz)
- Accesso sul fianco
- Scollamento sacco peritoneale
- Accesso diretto ai vasi
- Legatura uno o due collettori principale che dal plesso si portano al testicolo

Nei bambini si usa la tecnica laparoscopica con l’accesso alto.

SCLEROEMBOLIZZAZIONE
Tecnica eseguita dai radiologi interventisti, prevede:
- accesso venoso femorale controlaterale
- si segue l’asse venoso
- attraverso la vena cava si arriva controlateralmente
- si iniettano sostanze scleroembolizzanti per occludere il vaso venoso interessato
è una tecnica meno invasiva. Utilizzata soprattutto in condizioni di recidiva, in quanto:
Sono presenti aderenze che rendono difficile un ulteriore intervento chirurgico
Possono essere presenti vasi extrafunicolari non visibili all’eco che devono essere legati, e che
risultano essere visibili, invece, tramite flebografia che viene effettuata sempre prima dell’intervento
di scleroembolizzazione.

28/11/16

Traumi di competenza urologica


• Renali
• Vescicali
• Uretrali
• Testicolari
• Penieni

TRAUMI RENALI: sono abbastanza frequenti, soprattutto per chi lavora in PS.
Si dividono in
Traumi aperti: sono causati da oggetti penetranti in addome o cavità toracica possono essere
o Coltellate
o Sciabolate
o Schegge (esplosione, incidente)
o Ferita da arma da fuoco, etc..
Possono colpire solo il rene o nella maggior parte dei casi anche altri organi (politraumi). Il rene è un organo
ben protetto, situato nella cavità retroperitoneale. Gli altri organi che vengono danneggiati maggiormente
sono: anse intestinali, fegato e milza (molto fragile).
Traumi chiusi: Il rene ha dei mezzi di fissità non pazzeschi, rappresentati sostanzialmente dal peduncolo
vascolare. Tutte le volte che c’è una forte decelerazione (impatto contro un ostacolo, es incidente in
macchina) → si ha uno stiramento del peduncolo che può portare a una sia lacerazione (caso più grave) o
solamente ad un ematoma per rottura dell’intima nell’arteria o nella vena.
Altre cause di trauma renale sono la soccusione del rene stesso che può picchiare contro la colonna,
le coste e in caso di fratture costale ci possono essere dei frammenti ossei provocano una lesione.
I traumi chiusi renali sono molto comuni. L’aumento della viabilità dei mezzi a due ruote e gli incidenti
stradali hanno portato ad un aumento importante dei traumi renali.
Altre cause sono più rari:
8. Cadute dall’alto (es. da ponteggi)
9. Incidenti domestici (aumentati nel periodo natalizio)

(.. la suddivisione dei traumi renali si trova sui libri, non la sa nemmeno lui)

La cosa importante è che ogni volta che c’è un politrauma chiuso o aperto in particolare negli incidenti
stradali) tutti i pazienti vengono sottoposti alla TAC con MDC allo scopo di indagare gli organi addominali e
retroperitoneali e vedere se è presente un sanguinamento attivo. Dà un quadro del tipo di lesione e se c’è
sanguinamento attivo (il rene è molto vascolarizzato → trauma renale può portare a morte per shock
ipovolemico, va riconosciuto e trattato precocemente).

Segni clinici (Se non ho a disposizione la TAC è importante saperli riconoscere):


- So che tipo di trauma ha avuto (anamnesi)
- Paziente può presentare segni di shock ma può anche non averli inizialmente.
- Altra cosa da indagare inizialmente è la presenza di macroematuria perché può essere espressione di
un trauma del rene ma anche della vescica.
Dovunque sia il trauma la prima cosa da fare è
o Monitorare i parametri vitali
o Emocromo → so se paziente ha perso o sta perdendo sangue.
o Ecografia
o TAC con MCD. Capisco se sanguinamento è attivo (arterioso, può essere molto importante) o non
attivo (venoso)
Trattamento: Dove c’è un reparto di radiologia interventistica il trattamento è conservativo: si fa
l’embolizzazione del distretto renale che sanguina tramite arteriografia (necessario fare la TAC prima).
La chirurgia ormai è riservata a casi molto estesi o laddove il radiologo interventista non possa intervenire;
questo ha permesso di salvare molti pazienti dalla nefrectomia, che un tempo era l’unica strada.
L’esplorazione chirurgica non si fa tramite accesso lombotomico extraperitoneale ( che permette di accedere
solo solo al rene ed è l’accesso che si usava nella maggior parte delle patologie chirurgiche renali sia benigne
che maligne di piccole dimensioni prima dell’avvento della laparoscopia ) ma tramite accesso anteriore
transperitoneale che permette di visualizzare anche lo stato degli altri organi addominali (fegato e milza) e di
avere un dominio maggiore del peduncolo vascolare renale. L’accesso anteriore viene fatto con ribaltamento
dell’intestino→ bisogna scollare la doccia parietocolica sinistra o destra → ribaltare il foglietto peritoneale
posteriore con il colon per accedere al retroperitoneo e quindi all’aorta, alla cava e soprattutto al peduncolo
vascolare renale di destra o sinistra.
Alcuni chirurghi fanno prima un accesso in prossimità dell’arteria mesenterica in cui incidendo il foglietto
posteriore del peritoneo si arriva direttamente ai vasi renali; questo con lo scopo di avere subito un dominio
sulle arterie renali che vengono sottopassate ed eventualmente clampate.
Quello che più spaventa in questo tipo di chirurgia e che bisogna saper gestire è il sanguinamento. La prima
cosa, su qualunque organo si operi, è avere il dominio del peduncolo vascolare così qualsiasi cosa succeda in
un attimo il chirurgo può clampare. Ovviamente in vivo è più difficile distinguere le varie strutture
anatomiche soprattutto quelle vascolari (poi in urgenza il sangue allaga tutto e quindi confonde ancora i più).
Quindi bisogna isolare le strutture vascolari sottopassando con delle “fettucce” i vasi, così nel momento in
cui si verificasse un’emorragia, posso chiuderli in un attimo.
Fortunatamente la maggior parte dei traumi renali sono gestiti dal radiologo interventista.
STEPS nella gestione del paziente con un trauma renale:
8. Parametri vitali (monitoraggio costante)
9. Emocromo avendo anche a disposizione gruppo sanguigno per eventuale trasfusione
10. TAC con MCD
11. Valutare la situazione con chirurgo, urologo, ortopedico etc.
TRAUMI DI VESCICA E URETRA
Altra sede frequente di traumi sono VESCICA e URETRA. Sono dovuti principalmente a fratture del bacino.
Vescica → si rompe soprattutto quando è piena perché è colma di liquido e non è protetta dalla sinfisi
pubica e quindi se aumenta la P addominale la vescica stessa può scoppiare. (Evitare di viaggiare o fare
attività potenzialmente traumatiche con la vescica piena).
Uretra → legati soprattutto a tranciamento da parte delle strutture ossee in seguito a fratture del bacino. Più
grave nel maschi, dove l’uretra ha una lunghezza maggiore quindi è più esposta. (Le donne sono più soggette
a trauma della vescica perché hanno la tendenza a svuotarla meno)
Ogni volta che ho un trauma del bacino devo sospettare la frattura dell’uretra.
Segni rottura dell’uretra:
o Uretrorragia: presenza di sangue che fuoriesce dal meato uretrale esterno indipendentemente dalla
minzione. In questo caso è bene chiamare l’urologo e non fare cateterismo vescicale che potrebbe
oltrepassare gli spazi sottoperitoneali e provocare ulteriori danni. Quindi bisogna mettere un epicisto,
un drenaggio sovrapubico sulla vescica.
Segni rottura vescica:
o Macroematuria: sangue visibile all’interno della minzione
o Emoperitoneo (rottura della cupola vescicale)
Trattamento delle lesioni della vescica
- Piccole lesioni extraperitoneali: con cistografia tenendo un catetere vescicale per alcuni
giorni
- Intraperitoneali: tramite esplorazione chirurgica. Si può avere uroperitoneo o
emoperitoneo (situazioni di emergenza, addome acuto).

TRAUMI DEL TESTICOLO

Sono meno frequenti perché i testicoli sono organi mobili. Causati da schiacciamento (difficile che succeda).
Le cause che aumento la possibilità di traumatismi sono la presenza di grosse cisti testicolari che creano
compressione.
La diagnosi si fa con l’ecografia
o Se c’è lesione dell’albuginea e quindi una fuoriuscita di polpa dal testicolo è un’emergenza
chirurgica urologica
o Se c’è un ematoma senza rottura dell’albuginea si può aspettare, atteggiamento conservativo.
TRAUMI DEL PENE
Sono abbastanza rari.
A pene flaccido possono avvenire solo i traumi trafittivi
La maggior parte dei traumi penieni avvengono con il pene in erezione durante il coito. Con l’albuginea in
tensione eventuali traumi da “incongrua penetrazione” possono provocare rottura dell’albuginea (si sente un
crack).
Sono più frequenti nei soggetti che hanno alterazioni del pene, per esempio nella malattia di La Peyronie
(induratio penis plastica). È una malattia di cui soffriva anche il Re Sole che provoca un incurvamento del
pene in erezione per la presenza di placche fibrose sull’albuginea. Non si conosce l’eziologia di questa
malattia ma la causa di ipotesi più frequente sembra essere legata a microtraumatismi durante i rapporti
sessuali con piccoli sanguinamenti dell’albuginea che innescano dei processi fibrosi che vanno incontro a
cicatrizzazione. Durante l’erezione dove c’è una cicatrice, l’albuginea è meno elastica e quindi si ha un
incurvamento che predispone alla rottura. La maggior parte degli incurvamenti sono laterali o dorsali, quelli
ventrali sono di solito congeniti (rari).
I traumi penieni possono necessitare di chirurgia d’urgenza, uno stravaso di sangue all’esterno dell’albuginea
innesca un meccanismo infiammatorio che può favorire l’insorgenza di un incurvamento (se non era già
presente) o di peggiorarlo.
TRAUMI DELLA PROSTATA:
Rarissimi perché è un organo piccolo, nascosto e protetto non soggetto a traumatismi.

Disfunzione erettile

Organica: Sono pazienti che non possono avere erezioni mattutine né durante la masturbazione né in seguito
a stimoli visivi o pensieri sessuali perché il problema è organico quindi non c’entra niente il controllo
corticale. Sono di competenza dall’urologo. Possono essere di tipo:
- Endocrinologico: Comuni, si indagano la maggior parte delle volte testosterone,
diidrotestosterone, FSH, LH. Spesso sono pz con conformazione ginoide, possono essere
presenti difetti cromosomici (S. Klinefelter).
- Vascolare: sono la maggior parte. Si manifestano nella seconda parte della vita, più
precocemente nei soggetti fumatori. Si tratta di un problema idraulico: non arriva
abbastanza sangue ai corpi cavernosi oppure un deficit dei meccanismi veno-occlusivi. Il
motivo dell’erezione è che lo stimolo (visivo, tattile, etc..) porta ad un iperafflusso di
sangue nei corpi cavernosi e nel contempo si ha un occlusione dei meccanismi di
drenaggio venoso. Quindi c’è un ristagno di sangue nei corpi cavernosi, aumenta la
pressione intravenosa perché la tonaca albuginea non si distende e questo provoca un
aumento delle dimensioni e della rigidità del pene. Laddove i meccanismi di afflusso o
efflusso non siano funzionanti si può avere un deficit erettivo, se è di mantenimento è
legato ai meccanismi veno-occlusivi, se è di raggiungimento è dato da un danno alle
arterie cavernose (quasi sempre per aterosclerosi)
- Neurologico rari, traumi spinali o lesioni midollari di altra natura. Non di competenza
dell’urologo.
Psicologica: Nella maggior parte dei casi sono soggetti che possono avere erezioni mattutine o in seguito a
masturbazione o stimoli visivi o pensieri sessuali. Non di competenza urologica. Sono molto difficili da
curare e di solito richiedono anni di psicoterapia. In alcuni di questi pazienti il problema può anche essere
legato alla partener.
La disfunzione erettile può essere un deficit di raggiungimento dell’erezione o di mantenimento. Il
mantenimento può essere dato da problematiche psicologiche, mentre il disturbo nel raggiungimento depone
più per una causa organica.

Anamnesi (fumo, ipertensione, dislipidemie, diabete, etc..)


NB: Il calo della libido è della funzione erettile con l’età è fisiologico!!!! (Molti non lo accettano e vanno
dall’urologo).
Esami : ormonali. Se c’è assetto ormonale alterato generalmente manca anche la libido (utile ad indirizzare
nella diagnosi)
Fino a pochi anni fa si facevano studi anche molto invasivi che ora non si fanno più: ad esempio L’NBT test
ovvero la valutazione della tumescenza notturna del pene per differenziare tra deficit psicologico e organico
(si mettevano tre anelli elastici intorno al pene collegati a trasduttori elettrici di pressione che durante la notte
registravano le erezioni e l’entità) , la cavernosografia, l’arteriografia. Si facevano anche degli interventi di
bypass delle arterie cavernose aterosclerotiche con delle altre vene sane (es. safena)

Oggi si fa il doppler penieno dinamico: si causa un’erezione artificiale con prostaglandine PG1 e si
studiano i flussi arteriosi e venosi. Se vengono individuate lesioni aterosclerotiche bisogna anche indagare i
distretti coronarici e cerebrali, infatti spesso è l’espressione di una patologia sistemica.

Terapia
Farmacologica: farmaci Viagra simili (inibitori delle fosfodiesterasi, provocano un aumento del rilascio di
NO)
• Viagra è stato il capostipite, usato per ipertensione polmonare poi hanno scoperto che era più
efficace nel deficit erettile. Ha un’emivita breve quindi va assunto 1 ora prima del rapporto e
l’effetto dura per qualche ora.
• Cialis: “pillola del weekend” perché ha un’emivita molto lunga, dura circa 48 ore e anche fino a 3
giorni, grosso vantaggio. [nell’ambito del weekend se uno non è proprio stupido immagina che
qualcosa succederà]

Controindicazioni: cardiopatie (in alcuni casi può prenderlo ma va sempre indagato), CI assoluta se
paziente ha avuto un IMA da < 6 mesi. MMG li può prescrivere. Sono farmaci molto costosi. Sono
mutuabili solo se prescritti da uno specialista che imposta un piano terapeutico a scopo riabilitativo
(es. dopo lesione del plesso pelvico da prostatectomia o traumi spinali). Questo non vale per tutte le
regioni.

[CONSIGLIO AI GIOVANI: non usatelo per gioco se non avete problemi perché una rigidità
eccessiva può facilmente provocare rottura dei corpi cavernosi→ accorciamento del pene e
diminuzione di sensibilità oltre che figura di merda]

Chirurgica → protesi peniene. Il SSN lo passa solo a pazienti giovani motivati. Spesso sono vittime di
incidenti stradali con trauma spinale o persone che hanno patologie croniche importanti. Sono dei cilindri
che vengono inseriti nei corpi cavernosi dopo che essi siano stati svuotati dal tessuto erettile. È un intervento
irreversibile. Le protesi sono
a.i. Semirigide Sono le più semplici e le meno costose. Si mettono all’interno del pene
questi cilindri malleabili. Non cambia la volumetria del pene ma semplicemente si
può piegare verso l’alto o verso il basso a seconda delle necessità.
a.ii. Gonfiabili Sono più complesse e molto care. Dentro ai corpi cavernosi vengono
inseriti dei cilindri gonfiabili che hanno un serbatoio he viene posto dentro alla
cavità addominale e una pompetta posta all’interno dello scroto; il circuito è chiuso.
Il principio è quello di trasferire pochi cc di liquido da un reservoir situato
all’interno della cavità addominale all’interno dei corpi cavernosi che porta
all’erezione. Quando vuole avere un rapporto, il paziente deve solo schiacciare la
pompetta e quando ha terminato la rischiaccia con un meccanismo diverso e il
liquido torna in cavità addominale.
b. Problemi delle protesi.

b.i. Rischio di infezione. Se si infetta va sempre rimossa completamente.


b.ii. Rischi di malfunzionamento
b.iii. Erosione dei corpi cavernosi sugli apici se la misura non è perfetta. Se la protesi è
troppo lunga spunta dal glande.
b.iv. Effetto “Concorde” se la protesi è troppo corta. A pene eretto il glande punta verso il
basso.
b.v. Costo elevato

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