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Matematica 2 (modulo I)
Compiti aggiuntivi
0. Il quesito
Il quesito è rivolto ad alunni iscritti all’ultimo anno della scuola primaria ed ha l’obiettivo di
verificare il livello di raggiungimento:
- dell’obiettivo di apprendimento al termine della classe quinta (Ob5-15) relativo all’ambito
«Numeri»: «Leggere, scrivere, confrontare numeri decimali» (Indicazioni 2012: 50).
- del traguardo per lo sviluppo delle competenze (TP-I): «Si muove con sicurezza nel calcolo scritto
e mentale con i numeri naturali e sa valutare l'opportunità di ricorrere a una calcolatrice».
1. Risolvere il quesito, giustificando la risposta
a. V, perché la parte intera di ciascuno dei due numeri è uguale a 3 unità.
b. F, perché a determinare il numero maggiore non è la quantità di cifre di cui si compone ma il
valore posizionale che esse assumono.
c. F, la cifra 5 compare in entrambi i numeri, ma solo in uno assume il valore di 5 centesimi
(3,15), mentre nell’altro vale 5 decimi (3,5).
d. F, 3,5 è maggiore perché 5 decimi è maggiore di 15 centesimi.
4. Indicare le difficoltà che può incontrare un alunno nella risoluzione del quesito
Le difficoltà che possono sorgere nella risoluzione del quesito sono molteplici e variano a seconda
del metodo scelto.
Un alunno che impiega il metodo alfabetico potrebbe non aver compreso a pieno il
funzionamento del sistema di notazione posizionale e quindi potrebbe avere difficoltà nel gestirlo
efficacemente. Nel nostro caso potrebbe quindi porre a confronto le parti decimali senza
attribuire il giusto valore alle cifre che le compongono e stabilire erroneamente che 15 > 5 e che
dunque 3,15 > 3,5.
Un alunno che usa il metodo del pareggiamento potrebbe aggiungere uno zero a entrambi i
numeri indistintamente. Duque i numeri diventerebbero 3,50 e 3,150 e l’alunno potrebbe pensare
che 3+0,150 > 3+0,50, o addirittura che 150 > 50, focalizzandosi unicamente sulla parte decimale
e trasformando così il numero di partenza.
Un alunno che trasforma i numeri decimali in frazione potrebbe commettere errori nel processo
di trasformazione o in quello di confronto tra frazioni.
- l’item a. sarebbe risultato più semplice rispetto agli altri. Infatti, chiede di confrontare solo la
parte intera.
- per gli item b. e d. si sarebbero registrate percentuali analoghe in quanto giungono alla stessa
conclusione, attraverso ragionamenti differenti.
- L’item a. ha generato difficoltà nel 31,6% degli alunni, rivelandosi il secondo quesito più
difficile. Probabilmente la distinzione tra parte intera e parte decimale, separate dalla virgola,
non è risultata immediata. Non possiamo sapere, però, se si tratti di difficoltà di tipo cognitivo
o di tipo linguistico, se siano quindi legate a una scarsa conoscenza del lessico specifico
(mancata attribuzione di significato al termine parte intera).
- L’item c. è quello che è risultato più semplice (74,8% di risposte corrette), rivelando una buona
capacità degli alunni di attribuire un valore alle cifre in base alla loro posizione. Probabilmente
in classe hanno lavorato molto sulla nomenclatura associata al sistema di notazione
posizionale (decimi, centesimi, millesimi ecc).
- Anche l’item b. non è stato percepito come particolarmente difficile dalla maggior parte degli
alunni (70,2%). Nonostante implichi la stessa conclusione del b., l’item d. è quello che ha
generato maggiori difficoltà, inducendo in errore il 41,3% degli alunni. Ciò dimostra quanto
convenga considerare il numero nella sua totalità, piuttosto che pensarlo come polinomio
complesso e focalizzarsi solo sulla parte deciamale.
7. Motivazioni alla base della scelta dell’item
Alla base della scelta del quesito stanno due motivazioni di ordine differente:
- una si basa sulla sua somiglianza con uno dei quesiti che abbiamo affrontato e analizzato
durante il nostro corso (Parte 2 della Scheda 1). Ho pensato che il fatto di averne avuto
esperienza diretta e di aver preso in analisi criticamente le risposte dei miei compagni di corso,
avrebbe reso la mia capacità di analisi più acuta, accurata e approfondita. Il fatto di aver
assunto anche la prospettiva dei miei compagni, infatti, mi ha permesso di approcciare il
quesito da più angolazioni e di meglio comprendere alcune delle difficoltà che avrebbero
potuto indurre gli alunni in errore;
- l’altra deriva dalla mancata corrispondenza tra le ipotesi da me formulate sulle percentuali di
risposte corrette e i dati effettivi, ricavati dai diagrammi circolari del sito Gestinv. Credo che
per ogni insegnante lavorare sui testi prodotti dagli studenti sia la chiave per comprendere
quali siano i loro bisgoni effettivi, che a volte, come in questo caso, potrebbero non coincidere
con quelli ipotizzati dall’insegnante.
A lezione abbiamo specificato che per poter procedere al confronto tra due numeri razionali devo
innanzitutto assicurarmi che essi siano rappresentati attraverso uno stesso codice (per es. posso
confrontare una frazione con un’altra frazione o un numero decimale con un altro numero decimale).
Dunque, per procedere al confronto tra una frazione (4/8) e un numero decimale (0,5), il metodo più
immediato è trasformare la frazione in numero decimale. Per farlo mi è sufficiente dividere il numeratore
per il denominatore (4:8= 0,5), dato che la frazione può essere definita come divisione indicata ma non
eseguita tra due numeri interi.
Durante il corso abbiamo elaborato una seconda possibile definizione di frazione, intendendola come
operatore. Una delle modalità più diffuse di rappresentazione della frazione come operatore è il modello
a torta, che si basa sul concetto di intero, a cui rimanda la risposta D del quesito in oggetto. Tale modello
rappresenta graficamente la frazione applicata ad un intero: il denominatore dice in qunte parti dividerlo,
il numeratore indica quante considerarne. Durante il corso abbiamo visto come esso possa generare
difficoltà a livello sia grafico che cognitivo. Infatti dividere un cerchio in parti esattamente uguali può
risultare difficile, soprattutto se il denominatore è dispari. Passare a rappresentare torte rettangolari o
quadrate potrebbe permettere di ovviare alle difficoltà grafiche ma non agli ostacoli di tipo cognitivo.
Infatti, il modello della torta rende difficile comprendere tutte quelle frazioni che eccedono l’intero. È
proprio dal diffuso impiego di tale modello che deriva l’artificiosa distinzione delle frazioni in proprie,
improprie e apparenti. Ciò dimostra quanto, nella pratica didattica, l’impiego di un unico modello di
rappresentazione rischi di distorcere il concetto stesso che viene rappresentato. A lezione abbiamo quindi
riflettuto sull’importanza di proporre diversi modelli di rappresentazione e abbiamo analizzato altri due
modelli di rapprensetazione delle frazioni: quello della striscia di carta e il metodo del falegname. Si tratta
di due modelli continui, che applicano il concetto di frazione come operatore a un’unità di misura e non
ad un intero, permettendo di ovviare agli ostacoli cognitivi sopra descritti.
4. Indicare le difficoltà che può incontrare un alunno nella risoluzione del quesito
Una prima difficoltà può derivare dal fatto di dover porre a confronto numeri razionali codificati attraverso
rappresentazioni differenti: una frazione e un numero decimale. Un alunno potrebbe infatti pensare che
i due numeri, poiché scritti in modo diverso, non siano confrontabili. Un’ulteriore difficoltà potrebbe
insorgere in fase di trasformazione della frazione in numero decimale; lo studente potrebbe infatti
pensare che basti trasformare la barra di frazione in una virgola.
Dei tre quesiti Invalsi presi in analisi nel presente elaborato, quello in oggetto ha inibito la risposta in un
numero maggiore di studenti, rispetto a quanto abbiano fatto gli altri due. Ciò dimostra che il concetto di
numero razionale come rappresetabile attraverso diversi codici non sia affatto banale e richieda di
intraprendere con la classe lavori e attività che aiutino ad inquadrarlo da diverse prospettive, per renderlo
chiaro e comprenisbile per tutti.
4. / 5. Indicare le difficoltà che può incontrare un alunno nella risoluzione del quesito
e i possibili errori, specificando quali misconcezioni o mancati apprendimenti
possono emergere1
Una prima difficoltà può emergere in relazione al fatto che il quesito richieda di usare un comune
strumento di misurazione (il metro), di cui molto probabilmente i bambini hanno già esperienza,
posizionato in maniera non convezionale (lo 0 non corrisponde all’inizio della figura). Infatti, la prima cosa
da notare è che il metro in oggetto è disposto con lo zero in alto e che l’altezza massima (150cm) coincide
con il livello del suolo. Un bambino che abbia difficoltà a superare l’inevitabile iniziale senso di
straniamento e ad impiegare correttamento lo strumento a disposizione, dimostra di non avere
un’approfondita comprensione della scala graduata e di aver sviluppato un eccessivo attaccamento al suo
uso convezionale. Ciò rivela che lo studente e non ha appreso correttamente il concetto di misura,
svilappando la misconcezione secondo cui misurare significa leggere. L’alunno può quindi cadere vittima
dello stereotipo secondo cui per misurare basta leggere il numero finale sulla scala graduata, rispondendo
quindi che Francesca è alta 40cm.
Altri alunni potebbero aver sviluppato la misconcezione secondo cui è impossibile misurare una lunghezza
se si dispone di una scala graduata che non parte da zero. Dunque potrebbero pensare che non sia
possibile ripondere al quesito.
Infine, altre difficoltà possono essere legate al concetto di sottrazione. Infatti, i bambini che hanno
imparato meccanicamente ad eseguire sottrazioni, senza riflettere sul concetto ad esse sotteso,
probabilmente non riusciranno a individuarla come strategia di soluzione. Tali bambini potrebbero quindi
affidarsi alla strategia del conteggio, che in questo caso risulta poco efficacie. Infatti, seppure osservassero
la figura e comprendessero che ogni tacca della scala graduata è separata da un salto di 50cm, e iniziassero
correttamente a contare le tacche a partitre dal livello del suolo; una volta arrivati al capo di Francesca si
troverebbero in difficoltà. Incapaci di applicare la strategia della sottrazione ove necessaria, non
sarebbero in grado di determinare con precizione l’altezza di Francesca, nonostante l’indicazione dei
40cm, fornita in figura. Al contrario, i bambini che hanno sviluppato correttamente il concetto di
sottrazione e la individuano come strategia risolutiva, ma non hanno abbastanza dimestichezza con
1
Ho deciso trattare unitamente i punti 4 e 5 perché nel quesito non compaiono distrattori. Le misconcezioni ed i
mancati apprendimenti emergono con chiarezza dall’analisi delle difficoltà.
l’esecuzione di tale operazione, possono commettere errori di calcolo che invalidano la correttezza della
loro risposta.
Figura 1 Il mio quaderno dei compiti di matematica 4a (2016). Figura 2 Tutto esercizi matematica 4 (2004)2
Trattandosi di eserciziari, entrambi non forniscono una definizione di altezza di un triangolo esplicita, che
possa essere valutata in termini di correttezza, completezza e comprensibilità. Tuttavia, un’analisi delle
consegne e delle figure degli esercizi lascia emergere quanto differiscano tra loro le definizioni di altezza
di un triangolo che i due libri mirano a sviluppare.
2
Cosnegna dell’esercizio 2, scarsamente leggibile in figura: «Traccia con la squadra l’altezza dei triangoli isosceli e
completa» (Soladani 2004: 64).
Figura 3 Dettaglio de: Il mio quaderno dei compiti di matematica 4a (2016).
Innanzitutto è interessante notare che nel testo del 2016 le figure non si limitano a rappresntare triangoli
la cui base coincide unicamente con il fondo della pagina del libro, come invece avviene nel testo del 2004.
Al contrario, l’eserciziario del 2016 fornisce una varietà di immagini che favoriscono la formulazione di
ipotesi e di riflessioni da parte dello studente, portandolo a comprendere che la base può essere uno
qualsiasi dei lati del triangolo. Inoltre, nel libro del 2004 le figure rappresentano unicamente triangoli
acutangoli, promuovendo lo sviluppo della misconcezione secondo cui le altezze del triangolo sono 3
segmenti che cadono internamente al triangolo, partendo da un vertice e arrivando al lato ad esso
opposto. Invece, nel testo del 2016 il bambino si confronta con una varietà di triangoli (acutangoli,
rettangoli ed ottusangoli). Come succede anche in altri ambiti, il confronto con la diversità permette di
evitare il sorgere e il consolidarsi di stereotipie. Trovandosi a dover tracciare altezze anche in un triangolo
ottusangolo, come lo è l’ultimo a sinistra dell’esercizio 1, il bambino fa esperienza diretta del fatto che sia
impossibile, per certi tipi di triangolo, che tutte e tre le altezze cadano internamente ad esso. Dunque,
dovendo fornire una definizone generale corretta, completa e comprensibile di altezza di un triangolo, lo
studente sarà ben cosciente dell’importanza di definirla come un segmento che cade da un vertice sulla
retta contenente il lato ad esso opposto.
Figura 5 Dettagli 1 e 2 de: Tutto esercizi matematica 4 (2004).
Un’ulteriore differenza è relativa a come i due testi trasmettano agli studenti l’idea che per ogni triangolo
si possono tracciare tre altezze. Nel primo libro (2016) il concetto viene sviluppato attivamente dal
bambino attraverso l’esecuzione degli esercizi. È poi reso oggetto di riflessione esplicita attraverso una
domanda posta a fine pagina. Essa incoraggia il bambino a formulare di un’ipotesi, che potrà poi essere
verificata attraverso la correzione da parte dell’insegnate o tramite una discussione di gruppo, nel caso di
un’attività di cooperative learning, per esempio. Se il primo libro lascia trasparire una concezione
dell’apprendimento come processo attivo di costruzione del sapere da parte dello studente, dal secondo
libro (2004), ne emerge un’idea contraria. L’apprendimento è un processo in cui l’alunno svolge un ruolo
passivo: assorbe le regole preconfezionate fornite nel riquadro a inizio pagina e le applica
meccanicamente nell’esecuzione degli esercizi sottostanti.
Il primo libro prevede che lo studente faccia esperienza attiva del concetto di altezza eseguendo i primi
tre esercizi e illumina in chiave positiva la possibilità di incorrere in errore. Infatti, attraverso lo
svolgimento degli esercizi, e riflettendo sulle cause di eventuali errori, lo studente formula ipotesi, sulla
cui base può elaborare in maniera attiva una definizione della regola, a cui ha attibuito senso e che ha
interiorizzato. Al contrario, il secondo libro fornisce una regola preformulata e stereotipata, perché
elaborata solo in base a uno dei molteplici tipi di triangolo esistenti, e prevede che lo studente la
memorzzi, non che la comprenda e la faccia propria.
Bibliografia
Morselli F. (a.a. 2020-2021), Videolezioni, materiali su Aulaweb e appunti del corso di Matematica 2.1.
Fontolan A. ,Il mio quaderno dei compiti di matematica 4°, Mondadori, Milano.
Sitografia
Decreto Ministeriale n° 254 del 16/11/2012, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola
dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione, MIUR. Gazzetta Ufficiale n. 30 del 5 febbraio 2013.
Raccomandazione del Consiglio Europeo, 22 maggio 2018, relativa a Competenze chiave per
l’apprendimento permanente.
Reperibile in:
https://2019.aulaweb.unige.it/pluginfile.php/200576/mod_resource/content/1/RACCOMANDAZI
ONE%20DEL%20CONSIGLIO%20EUROPEO%2022%20MAGGIO%202018.pdf (ultima consultazione
15/02/2021)