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Con queste parole dal tono fortemente encomiastico e celebrativo Giorgio Vasari
apre la narrazione della vita di Leonardo da Vinci:
[...] in Lionardo da Vinci, oltre alla bellezza del corpo, non lodata mai a
bastanza era la grazia più che infinita in qualunque sua azione; e tanta e sì
fatta poi la virtù, che dovunque l’animo volse nelle cose difficili, con facilità
le rendeva assolute.
[...] Dette alquanto d’opera alla musica; ma tosto si risolvè a imparare a
suonare la lira, come quello che dalla natura aveva spirito elevatissimo e
pieno di leggiadria, onde sopra quella cantò divinamente all’improvviso.1
[...] fu mandato al duca di Milano a presentargli [...] una lira, che unico
era in sonare tale strumento. 6
Si è appena visto come Paolo Giovio affermi che Leonardo ebbe modo di distinguersi
come “inventore d’ogni eleganza e soprattutto di spettacoli teatrali”. In effetti, durante
gli anni trascorsi presso gli Sforza, Leonardo si dedicò in più di una circostanza
all’ideazione e all’allestimento di spettacoli per la corte, compito questo che doveva
essergli, possiamo immaginare, particolarmente gradito.
I disegni leonardeschi raffiguranti i costumi, gli apparati scenici ed i macchinismi
teatrali ideati per gli spettacoli della corte milanese sono purtroppo andati perduti. 8 E’
invece sopravvissuta una dettagliata descrizione della Festa del Paradiso, una
rappresentazione teatrale che Leonardo allestì il 13 gennaio del 1490 in una sala del
castello sforzesco, in onore di Isabella d’Aragona, moglie del duca Gian Galeazzo. La
narrazione, opera di un anonimo testimone oculare dell’avvenimento, si sofferma a
lungo nel descrivere l’apparato scenico ideato da Leonardo. Apprendiamo dunque che
la scena della Festa del Paradiso - allietata da “molti canti et soni molto dolci et suavi”
- rappresentava la volta celeste: era infatti formata da una semisfera dipinta a oro,
animata da personaggi che raffiguravano i “sette pianiti” e i dodici “signi” dello zodiaco.
Non sappiamo chi sia stato l’autore delle musiche della Festa del Paradiso.9 In ogni
caso non è azzardato supporre che Leonardo si sia interessato personalmente della loro
appropriata collocazione all’interno dello spettacolo. L’anonimo cronista milanese
sottolinea infatti più di una volta il ruolo fondamentale svolto dalla musica nel ricreare
con “suavi soni et canti” quella armonia delle lontane sfere celesti che, sicuramente,
El Paradixo era fatto a la similitudine de uno mezo ovo, el quale dal lato
dentro era tutto messo a horo, con grandissimo numero de lume ricontro de
stelle, con certi fessi dove stava tutti li sette pianiti, segondo il loro grado
alti e bassi. A torno l’orlo de sopra del ditto mezo tondo era li XII signi, con
certi lumi dentro dal vedro, che facevano un galante et bel vedere: nel quale
Paradixo era molti canti et soni molto dolci et suavi.
Trete10 certi schioppi, et ad uno tratto cade zoso el panno de razo che era
dinanti al Paradixo, dinanti al quale remase uno sarzo 11 fino a tanto che uno
putino vestito a mo’ de Angelo have annuntiato la ditta representatione.
Livro de dire le parole cade a terra ditto sarzo, et fu tanto sì grande
ornamento et splendore che parse vedere nel principio uno naturale
paradixo, et così ne lo audito, per li suavi soni et canti che v’erano dentro.
Nel mezo del quale era Jove con li altri pianiti apreso, segondo el loro
grado. Cantato et sonato che se have un pezo, se fece pore scilentio ad ogni
casa; et Jove con alchune acomodate et bone parole rengratiò el summo
Idio che li avesse conceduto de creare al mondo una così bella, legiadra,
ma ma a
formosa et virtuosa donna come era la Ill. et Ex. M. duchessa
Isabella.12
LA VIOLA ORGANISTA
Questo e il modo del moto dello archetto della viola organista e se farai
le crene della rota de 2 tempi che siano minori l’una quantita de denti che
l’altra e che non si schontrino insieme chome apare in a. b. sara all’archetto
uno cho equale movimento se non e andra a scosse esse farai a mio modo la
rochetta f. senpre andera equale.
IL PARAGONE
Proseguendo la discussione in merito alla gerarchia delle arti, Leonardo individua poi
un secondo criterio di discriminazione: la caducità o meno delle opere che le diverse
discipline artistiche producono.
Unica tra le arti la pittura ritiene secondo Leonardo il privilegio dell’eternità. Un
quadro infatti, se opportunamente protetto da un vetro, si conserva intatto per un tempo
pressoché infinito. Solo la pittura può quindi mantenere viva la bellezza di un volto del
quale la natura stessa non può invece impedire l’invecchiamento prima e la morte poi.
Per contro, il carattere dell’eternità non è proprio di musica e poesia. Un brano musicale
infatti, allo stesso modo di una poesia, “si va consummando mentre che nasce”: musica
e poesia sono quindi soggette al fluire ed al passare del tempo, al “nascere e morire”:
Quella cosa è più degna che satisfà a miglior senso. Adonque la pittura,
satisfatrice al senso del vedere, è più nobile che la musica, che solo satisfà
all’udito. Quella cosa è più nobile che ha più eternità; adonque la musica,
che si va consummando mentre ch’ella nasce, è men degna della pittura, che
con vetri si fa eterna [...]
[...] la pittura eccelle e signoreggia la musica perch’essa non more
immediate dopo la sua creazione, come fa la sventurata musica, anzi resta in
essere, e ti si dimostra in vita quel che in fatto è una sola superfizie. O
maravigliosa scienzia, tu risservi in vita le caduche bellezze de’ mortali, e
quali al continuo sonno variate dal tempo, che le conduce alla debita
vecchiezza. E tale scienzia ha tale proporzione con la divina natura, quale
l’ànno le sue opere con l’opere d’essa natura, e per questo è adorata. 22
Considerata tradizionalmente una vile arte “meccanica”, la pittura era dunque, nella
teoria vinciana, la più nobile delle arti. Per questo motivo Leonardo si doleva che ad
essa non fosse ancora stata concessa cittadinanza nel ristretto gruppo delle nobili “arti
liberali”:
Partita dal convincimento - forse anche dal pregiudizio - che il senso della vista è
superiore a quello dell’udito, nella sua completa articolazione la teoria vinciana delle arti
riconosce tuttavia alla musica amplissima dignità: la musica gode infatti, assieme alla
pittura, della proprietà di poter rappresentare simultaneamente tutte le proprie
componenti con “proporzionalità armonica”. Pittura e musica emergono dunque dal
Paragone come discipline complementari o, come ancora una volta si legge nelle parole
di Leonardo stesso, come due sorelle:
Usovvi ancora questa arte; che essendo madonna Lisa bellissima, teneva,
mentre che la ritraeva, chi sonasse o cantasse, e di continuo buffoni che la
facessino stare allegra, per levar via quel malinconico che suol spesso dare
la pittura a’ ritratti che si fanno: ed in questo di Lionardo vi era un ghigno
tanto piacevole, che era cosa più divina che umana a vederlo, ed era tenuta
cosa maravigliosa, per non essere il vivo altrimenti.25
Non possiamo sapere chi fossero i musici che allietarono “madonna Lisa bellissima”
durante le lunghe sedute necessarie al completamento del suo ritratto. Tuttavia
vogliamo credere con il Vasari che un po’ dell’enigmatico sorriso di “madonna Lisa
bellissima” sia davvero in qualche modo lo specchio della musica, certamente bellissima
anch’essa, che Leonardo faceva eseguire durante le lunghe ore in cui ritraeva quel
sorriso “tanto piacevole, che era cosa più divina che umana a vederlo”.
NOTE
4 Sarebbe in seguito divenuto, con successo, attore, musicista e pregevole costruttore di strumenti musicali. Nel
6 Codice Magliabechiano cl. XVII. 17 contenente notizie sopra l'arte degli antichi e quella de' Fiorentini da
Cimabue a Michelangelo Buonarroti, scritte da Anonimo Fiorentino, a cura di K. FREY, Berlin, 1892.
7 Citato in P. BAROCCHI, Scritti d'arte del Cinquecento, vol. I, Torino, 1977, p. 9.
8 Nei pochi disegni teatrali leonardeschi sopravvissuti si raffigurano infatti i costumi di una mascherata ideata
ricordiamo qui soltanto il teorico Franchino Gaffuri, al tempo maestro di cappella del Duomo di Milano.
10 Dopo (?)
11 Canapo.
13 Per le “invenzioni” musicali leonardesche cfr. E. WINTERNITZ, Melodic, Chordal, and other Instruments
16 Idem.
17 VINCENZO GALILEI, Dialogo della Musica Antica e Moderna, Firenze, 1581, p. 48.
19 Citato in P. BAROCCHI, Scritti d'arte del Cinquecento, Torino, 1978, vol. II, pp. 247.
21 Ibid, p. 247.
23 Citato in E. WINTERNITZ, La musica nel “Paragone” di Leonardo da Vinci, in “Studi Musicali”, 1972, p. 85.