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CARLO GOLDONI – “LA BUONA FIGLIUOLA” 1759

Dramma giocoso per musica in tre atti

PERSONAGGI
La Marchesa Lucinda
Il Cavaliere Armidoro
Il Marchese della Conchiglia
Paoluccia, cameriera
Cecchina, giardiniera
Sandrina, contadina
Tagliaferro, corazziere tedesco
Mengotto, contadino

L’azione si svolge nel feudo del Marchesato della Conchiglia.

“La buona figliuola” è un libretto d’opera scritto da Carlo Goldoni, sotto lo pseudonimo di
Polisseno Fegejo, noto anche con il nome “La Cecchina, ossia la buona figliuola” tratto dal romanzo
epistolare di successo di Samuel Richardson “Pamela, o la virtù ricompensata” (1740) e musicato
dal noto compositore napoletano Niccolò Piccinni.
Si dice che il dramma fu scritto in soli diciotto giorni e debuttò al Teatro delle Dame di Roma nel
1760 con enorme successo a cui si aggiunsero poi le successive rappresentazioni a livello europeo,
vantando teatri come l’Academie Royale de Musique di Parigi, il che garantì al dramma repliche
fino al XVIII secolo, per essere ripreso anche nel XX secolo. Goldoni scrisse anche un seguito
dell’opera “La buona figliuola maritata” (1761) sempre affiancato da Piccinni.

Il dramma segue un’azione molto semplice e la storia è in linea con il gusto del tempo: il dramma è
infatti diviso in tre atti, nei quali si racconta la storia di Cecchina, una povera trovatella innamorata
del Marchese della Conchiglia. L’apparente impossibilità dell’amore fra i due, dovuto alla
differenza della classe sociale, si risolve svelando le nobili origini di Cecchina: ella è infatti figlia di
un corazziere tedesco, Tagliaferro, il quale giunge alla tenuta del Marchese proprio alla ricerca
della figlia. Svelate le nobili origini della ragazza il matrimonio può tranquillamente essere
celebrato.
Il tema della mésalliance era già stato affrontato da Goldoni in varie opere e nella Buona Figliuola
la minaccia di un matrimonio interclassista permette una drammaturgia in cui la distinzione fra
personaggi nobili, borghesi e popolari è dettata da una linea molto sottile perché li mette in stretto
contatto proprio a livello di dialogo.
L’opera è considerata anche un dramma giocoso nel senso stretto del termine: è infatti un
dramma a lieto fine, in cui le peripezie dei personaggi sono alternate a momenti di grande pathos
di comicità; inoltre la struttura ad otto personaggi (quattro nobili, escludendo Cecchina alla fine, e
quattro di rango basso) permette di immaginare il lieto fine della storia, dove si hanno ben tre
matrimoni e se ne potrebbe immaginare un quarto fra Paoluccia e Tagliaferro, se quest’ultimo non
fosse impegnato dalla carriera militare.
La lingua del libretto è particolare: passa dall’impostazione dell’accademia dell’Arcadia di stampo
melico per diventare colloquiale; questo è reso possibile grazie anche alla grandissima esperienza
e sperimentazione di Goldoni con il teatro e l’uso dei dialetti.
I cambi di scena sono solo tre, di pari passo con gli atti: il primo è ambientato nel giardino del
palazzo del marchese; il secondo nel frutteto del palazzo; il terzo negli spazi interni.

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