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La Guerra Dei Droni IMerica 2013
La Guerra Dei Droni IMerica 2013
© iMerica 2013
Giovanni Collot, Nicolas Lozito,
Federico Petroni, Patricia Ventimiglia
www.laguerradeidroni.it
www.imerica.it
team@imerica.it
—
Tutti i testi e le infografiche sono stati elaborati e prodotti dagli autori del libro e so-
no riproducibili solo previa autorizzazione.
Le mappe interattive sono state create dagli autori del libro attraverso l’uso di Goog-
le Maps e CartoDB e anch’esse sono riproducibili solo previa autorizzazione. I dati
su cui sono basate sono specificati nella didascalia di ciascuna mappa.
Le fotografie utilizzate sono di dominio pubblico, rilasciate con licenza Creative Com-
mons, sotto licenza Open Government License o concesse a scopo informativo. L’au-
tore è specificato tra parentesi nella didascalia di ciascun immagine.
Immagine di copertina © Crown 2013.
—
Con la collaborazione di Limes – Rivista Italiana di Geopolitica
i
INDICE
P R O LO G O
4
3. I DRONI SOGNANO
PECORE ELE TTRICHE?
71
COME FUNZIONANO I PREDATOR E I REAPER
Avete mai pensato di entrare in un drone? Lo abbiamo fatto per voi.
Alla scoperta dei segreti del robot alato. Come fa a volare da solo, a
osservare indisturbato e a sparare bombe e missili? I limiti di una
macchina costruita per sapere troppo.
4. DRONE UNCHAINED
98
LA BASE LEGALE E LA LEGITTIMA ZIONE INTERNA ZIONALE
DEGLI ATTACCHI CON I DRONI
Tutti a lezione di diritto internazionale per scoprire se la guerra dei
droni rispetta le regole della guerra giusta. E se la giustificazione
degli Stati Uniti regge. Tra autodifesa e proporzionalità, come il
mondo si prepara a regolare l’invasione dei robot alati.
INDICE — 2
5 . L E S T R E G H E T R I C O LO R I
1 24
IL BIVIO ITALIANO TRA DIECI ANNI D’IMPIEGO VIRTUOSO
E I RISCHI DI UN FUTURO ARMATO
Un esclusivo viaggio tra i Predator e i Reaper italiani. La storia di
dieci anni d’impiego virtuoso in Iraq, Afghanistan e Libia attraver-
so episodi inediti. Ora che il nostro governo intende armare i droni,
l’Italia si trova a un bivio. I rischi del futuro, anche per la salute dei
piloti.
E P I LO G O 154
N OT E 1 59
BIBLIOGRAFIA 180
INDICE — 3
PROLOGO
“le loro tombe affondano
nella cenere,
gli uccelli neri, il vento,
coprono il loro cuore.”
~ Salvatore Quasimodo
PROLOGO — 4
possibili vie di fuga e nel gennaio del 2002 ricevono indicazioni
dall’intelligence che Bin Laden possa aver trovato rifugio qui, nel
feudo di un suo vecchio alleato, Haqqani. Per giorni e per notti i
bombardamenti cambiano la morfologia della zona delle caverne
di Zhawar Kili. Ancora un nulla di fatto.
Sui picchi innevati sembra essere tornata a regnare una quiete ir-
reale. Sembra. Perché Daraz e compagni non sono soli. O almeno
non nel senso virtuale del termine. Diverse persone sono presenti
senza esserlo fisicamente. Sono lontani, negli Stati Uniti, in un cu-
bicolo della Cia. Osservano, studiano, decifrano i comportamenti
dei tre uomini. Non ne conoscono l’identità, ma gli atteggiamenti
destano sospetti: due di loro sembrano agire con reverenza nei
confronti dell’individuo più alto. Molto più alto. E non è quello di
Zhawar Kili un vecchio nido di jihadisti? E non è quello Bin La-
den, dall’alto del suo metro e novanta? Non si può permettere che
scappi. Non dopo averlo perso così tante volte. Non ora che final-
mente esiste un’arma per colpirlo quasi all’instante.
La morte, per i tre malcapitati, arriva in trenta secondi. A uccider-
li è un missile piovuto dal cielo. Ma non da un aereo normale. Da
uno il cui pilota non è a bordo ma a migliaia di chilometri di di-
stanza. Un aereo mai provato prima in questa forma. Un aereo de-
stinato a cambiare in profondità l’esperienza della guerra.
Nota I PROLOGO — 5
Il 4 febbraio 2002 succede qualcosa di diverso: per la prima vol-
ta, un drone compie un’uccisione mirata. Targeted killing, la chia-
mano gli americani. Un colpo isolato, contro persone ben precise
(o almeno così si pensa), i membri del terrorismo jihadista, i nemi-
ci giurati dell’America, i responsabili dell’Undici Settembre e tutti
i loro alleati. Quello che uccide Daraz e i suoi due amici è dunque
il colpo inaugurale non della guerra al terrorismo ma della caccia
ai terroristi. Una caccia che in quanto tale è personalizzata, condot-
ta contro singoli individui, senza bisogno di dichiarazioni belliche
formali perché tanto, recita il mantra di Washington, “il campo di
battaglia è il mondo”.
I droni sono gli strumenti principe di questo conflitto. Sono aerei
senza pilota o, meglio, pilotati a distanza, dall’altra parte del mon-
do. L’equipaggio sta seduto in una base degli Stati Uniti, combatte
i terroristi e la sera va a casa dalla famiglia. Sono spie alate, dotate
di occhi, anche abbastanza precisi. Volano a qualche migliaio di
metri d’altitudine, permettendo di cogliere molti dettagli di ciò
che succede a terra. All’occorrenza, caricano missili e bombe e si
trasformano in assassini. Piacciono perché sono veloci: concentra-
no nella stessa arma lo strumento per avvistare l’obiettivo e quello
per colpirlo.
I droni sono rivoluzionari. Per la prima volta nella storia, si va in
guerra senza andarci fisicamente. Senza rischiare la propria vita.
Sin dall’invenzione della catapulta, la storia della guerra è stata
contrassegnata da tappe che hanno allontanato i combattenti l’uno
dall’altro: la freccia, la pallottola, il cannone, fino al missile nuclea-
re intercontinentale. Mai però un’arma aveva azzerato il rischio di
essere uccisi, nemmeno la testata atomica che prometteva la reci-
proca distruzione a chi la impiegasse.
I droni fanno un salto di qualità. Lontani dal mandante, vicini al-
la vittima. Rimuovono il guerriero dalla reciprocità della guerra.
Ma non le sue ambiguità. L’enorme precisione di quest’arma crea
PROLOGO — 6
l’illusione di poter colpire i propri nemici senza creare - almeno al-
l’apparenza - danni ingenti alla popolazione civile. Eppure, sono
proprio le presunte chirurgia, economicità e invisibilità del drone
a rischiare di renderlo estremamente appetibile e abusato. Una vol-
ta, il generale Robert Lee disse: “È un bene che la guerra sia così
orribile, perché altrimenti finirebbe per piacerci”. L’uso smodato
del drone può eliminare alcune delle inibizioni nell’ordinare un’uc-
cisione. Se Piero, invece dell’artiglieria, avesse avuto un drone, ora
dormirebbe sepolto in un campo di grano?
Predator A configurazione base. Sarà il drone di riferimento in questo libro (© General Atomics)
PERCHÉ I DRONI?
La domanda è legittima. Fra tutte le cose che succedono nel mon-
do, proprio di aerei senza pilota dobbiamo finire a parlare? Alt, un
PROLOGO — 7
attimo. Non dobbiamo commettere un errore. Si limitassero alla
guerra, questi argomenti potrebbero restare confinati nell’orticello
dei patiti delle armi. Tuttavia, i droni non sono solo potentissimi
aerei da combattimento confinati al mondo militare. Ce n’è di ogni
specie e per ogni impiego, anche grandi come modellini. E come
modellini possono essere usati.
La tecnologia che sta alla base dei droni da combattimento è la
stessa che sta inondando la vita quotidiana. Le autorità di polizia
americane chiedono sempre più aerei senza pilota per pattugliare
quartieri e inseguire criminali. Nei supermercati, piccoli droni gui-
dabili con l’iPad si acquistano con poche centinaia di euro - non
sparano, ovvio, ma osservano. E dagli Stati Uniti arriva il primo ca-
so di scontro uomo-drone fuori da un campo di battaglia: nel feb-
braio 2012, un gruppo di animalisti aveva noleggiato un drone per
monitorare l’attività di alcuni cacciatori illegali; cacciatori che, ac-
cortisi di essere “pedinati”, hanno aperto il fuoco sul drone, abbat-
tendolo.
Il drone si rivela per quello che è in realtà: una protesi dell’essere
umano. Porta l’uomo dove non può o non vuole andare. Dove non
si vuole mostrare. Consente di essere presenti virtualmente senza
esserlo fisicamente. Un avatar metallico. Internet insegna che
un’invenzione militare rivoluzionaria ha ottime probabilità di per-
vadere anche il mondo civile. E nel nostro caso pone sfide impor-
tanti alla privacy. Per dirne una, in America i droni che volano per
addestramento o per sorvegliare le basi possono incidentalmente
finire per spiare degli individui. Bene, l’Aviazione ha 90 giorni di
tempo per stabilire se il materiale possa essere utilizzato o vada di-
strutto.
Il boom dei droni è in corso. Silenziosamente. Se non siete d’ac-
cordo, contattateci quando vi troverete un drone alla finestra. Noi
vi avevamo avvisati.
Perché sia impiegata in modo corretto nel campo civile, una tec-
PROLOGO — 8
nologia va regolata per prima cosa nelle sue iniziali applicazioni
militari. I paletti vanno messi sin dai suoi primi impieghi. È pro-
prio nel mondo della guerra che i droni pongono gli interrogativi
più urgenti. Esiste un impiego virtuoso dei droni? Come li hanno
usati gli Stati Uniti? Sguinzagliarli contro i terroristi è una buona
strategia o finisce solo per alimentare il problema? Quest’arma ri-
spetta il diritto internazionale? Come dovrà utilizzarla in futuro
uno Stato che li voglia aggiungere al proprio arsenale?
Tutte domande che La guerra dei droni cerca di affrontare, con-
ducendovi alla scoperta di un tipo di particolare di drone, il Preda-
tor, assieme al Reaper, la sua evoluzione. Qui ci occupiamo unica-
mente di loro sia per evitare di scrivere un’enciclopedia, ma soprat-
tutto perché, per quanto la storia degli aerei senza pilota sia quasi
centenaria, sono loro i protagonisti del boom dei droni d’inizio mil-
lennio. Pionieri senza esserlo.
Il capitolo 1 descrive la guerra dei droni condotta dagli Stati Uniti
contro al-Qa’ida e soci. Quali sono i motivi storici e politici per cui
a Washington hanno imparato ad amare il drone? Dove infuria la
guerra clandestina condotta a suon di attacchi dal cielo? Chi viene
colpito e in base a quale processo decisionale?
Il capitolo 2 si chiede invece quali siano gli effetti di questa strate-
gia, se l’alto numero di terroristi eliminati sia un successo o se in-
vece i risultati non vengano offuscati da un discreto numero di civi-
li coinvolti e dalla radicalizzazione della popolazione.
Una volta capito come viene impiegato, il capitolo 3 cambia regi-
stro e ci porta dentro il Predator, illustrando come funziona que-
sta macchina, le sue potenzialità ma anche i suoi limiti.
Il capitolo 4 affronta il problema della legittimità della guerra dei
droni e in quali casi gli attacchi dal cielo violino o rispettino le nor-
me del diritto bellico e del diritto umanitario internazionale.
Il capitolo 5 guarda all’Italia: dotato di Predator e Reaper da an-
PROLOGO — 9
ni, il nostro paese sta cercando di armarli. Momento opportuno
per stilare un bilancio di come li abbiamo impiegati e dei rischi e
delle opportunità di dotarli di missili e bombe.
Potete leggere La guerra dei droni per intero, a pezzi, al contra-
rio, in ordine sparso. Abbiamo pensato a tutti: da chi ha sentito
parlare dei droni e non ha ancora capito bene di cosa si parli, agli
specialisti a caccia di raccomandazioni e riflessioni esclusive. Un
consiglio per tutti, prima di tuffarsi nel cuore dell’eBook: partite
con calma e leggetevi i paragrafi che seguono. Etimologia e storia:
due ottimi ingredienti per digerire quello che verrà.
C OME LEGGERLO
Se state leggendo questo eBook con un iPad potrete godere di una serie
di funzionalità aggiuntive. L’interattività è la parola chiave. Le immagini
sono ingrandibili, le gallerie fotografiche sfogliabili, le citazioni e le note
possono essere isolate e le mappe esplorate (per alcune caratteristiche ser-
virà una connessione). Quando fate capolino su questi contenuti potete an-
che ribaltare il vostro device per una migliore e più grande visualizzazio-
ne. Tutto è molto intuitivo, e vi consigliamo di fare un po’ di prove così da
capire al meglio tutte le funzionalità. Putroppo queste funzioni sono dispo-
nibili solo su iPad, non per nostro élitismo, ma piuttosto perchè è l’unico
strumento che le rende possibili. Per chi legge il documento in Pdf da com-
puter o altri tablet sarà possibile cliccare su dei link che vi rimanderanno
ai contenuti esterni, che vedrete sul vostro browser.
PROLOGO — 10
Risalendo il torrente dell’etimologia, si arriva al termine germani-
co “risuonare”. C’è infatti un secondo significato della parola dro-
ne: produrre un brusio basso e continuo. Proprio come il ronzio di
un’ape. Così, attraverso varie derive semantiche, il termine drone
si applica al rumore del traffico, a un discorso o a un tono di voce
monotono, fino ad arrivare a un effetto musicale in cui una nota o
un accordo sono suonati continuamente in sottofondo. In italiano,
questo effetto si chiama bordone e indica anche tutte le parti di
strumenti musicali come la cornamusa o il sitar che producono
questo effetto. Ascoltatevi il preludio de L’Oro del Reno di Wagner
per capire cosa sia un drone, o bordone, in musica.
Escludendo l’opzione che i droni discendano dalle cornamuse, ab-
biamo due possibili radici per i nostri aerei senza pilota. Il primo è
il maschio dell’ape. Il secondo è il brusio. Ora, molte fonti giornali-
stiche riconducono il termine drone alla seconda alternativa. In ef-
fetti, il papà del Predator, il drone Amber, era soprannominato “ta-
gliaerba” per il discreto rumore che produceva. Inoltre, le persone
che vivono sotto un cielo solcato costantemente da droni, come
nelle aree tribali del Pakistan, riferiscono di sentire il ronzio di
queste macchine.
Eppure, nessun velivolo emette suoni proprio soavi. Perché affib-
biare questa particolarità proprio agli aerei pilotati a distanza? For-
se il fuco ci può dare una mano. Il maschio dell’ape è un insetto
che, a differenza delle operaie, non lavora. Non produce miele.
Non ha il pungiglione. Il suo unico compito è fecondare le regine.
Un ruolo tutto sommato molto parassitario. Tanto che, sempre se-
condo l’Oxford English Dictionary, drone può indicare anche una
persona pigra, che vive sfruttando gli altri. La passività potrebbe
essere la caratteristica che ha attirato l’attenzione degli inventori
dei primi prototipi di aerei senza pilota.
Un piccolo assaggio di storia (trovate bocconi più consistenti nei
prossimi paragrafi) corrobora quest’interpretazione. I primi droni
PROLOGO — 11
nascono in ambito militare come strumenti passivi, velivoli da usa-
re in addestramento come obiettivi per allenare le difese anti-ae-
ree. Negli anni Trenta del secolo scorso, la Gran Bretagna speri-
menta, grazie ai successi nel campo del radiocontrollo, il Fairey
Queen, da cui nascerà poi nel 1935 il DH.82 Queen Bee. Incuriosi-
ti dai progressi dei più avanzati britannici, gli americani si fanno
raccontare qualche segreto. E in un documento del 1936 di un
gruppo di ricerca della Marina statunitense appare il termine dro-
neII. Metafora entomologica che piace e ha successo: un modello
impiegato in Vietnam si chiama Firebee o Lightning Bug.
Una delle prime dimostrazioni del Queen Bee, nel 1936 (© Suas News)
Nota II PROLOGO — 12
CENT’ANNI E NON MOSTRARLI: STORIA DEL DRONE
Chiedere l’età ai droni è come farlo con le belle signore: spesso
hanno molti più anni di quanto non dimostrino. L’idea dell’aereo
senza pilota è vecchia quasi quanto quella dell’aereo stesso. Alme-
no in America. Risalendo l’albero genealogico, si scopre che i dro-
ni provengono da due stirpi preciseIII: quella dei missili da crocie-
ra e quella degli aeromodelli, diletto radiocomandato delle fami-
glie patrizie d’America e Gran Bretagna.
Durante la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti s’inventano la
“bomba volante”, progettata dall’ingegnere Charles Kettering. Il ri-
sultato, il Kettering Bug, ha le fattezze dell’aeroplano ed è in grado
di volare 50 miglia prima di colpire l’obiettivo. Il primo test falli-
sce ma la vera sconfitta la “bomba volante” la subisce contro il tem-
po: prima ancora che potesse essere impiegata in battaglia, i tede-
schi firmano l’armistizio.
L’idea delle bombe alate prosegue e nel corso del secondo conflit-
to mondiale gli americani lanciano nel 1944 l’operazione Afrodite,
con bombardieri B-24 caricati di un migliaio di chili di esplosivo
Torpex, il cui pilota, una volta fatto decollare l’aereo dalle portae-
rei, si deve espellere dalla cabina. Il fallimento è totale. A perdere
la vita in questo programma è Joseph Kennedy, fratello maggiore
del più famoso John Fitzgerald. Il quale inizia la carriera politica
partecipando alla convention democratica del 1946, prendendo il
posto proprio di Joseph.
Quanto al progenitore civile, l’aeromodello, il protagonista è l’at-
tore cinematografico Reginald Denny, che i cinefili più attenti ri-
corderanno nel cast di Rebecca di Alfred Hitchcock. Britannico
d’origine trapiantato in America, tra un film con Sinatra e uno con
la Garbo si dedica alla sua passione, il modellismo. Ed è qui che fa
fortuna. Con la seconda guerra mondiale, l’aviazione e la contrae-
rea americana devono tenersi in allenamento e cercano bersagli
mobili e manovrabili per addestrarsi. Nel 1941 Denny inizia così la
Reginald Denny e un suo “drone” (© Monash Uni) Marylin Monroe (© David Conover)
PROLOGO — 14
gnitori. Un discreto impulso ai droni da ricognizione viene nel
1960, con l’abbattimento dell’aereo-spia U-2 sui cieli dell’Unione
Sovietica: gli Stati Uniti si rendono conto di non potersi permette-
re altre crisi come quella scaturita dalla cattura del pilota Francis
Gary Powers. Così, appena tre mesi dopo l’incidente parte il pro-
gramma “Red Wagon”, per studiare alternative alle missioni di sor-
veglianza segrete.
I primi droni ricognitori di massa sono i Firebee, le “api di fuoco”
della Ryan che nel 1962 ottiene un finanziamento di 1,1 milioni di
dollari. L’ispirazione la Ryan la prende da un prototipo del 1955, il
Falconer, dotato di fari e fotocamera, mezz’ora di autonomia e un
sistema di pilota automatico molto semplice: traiettoria dritta, vi-
rata di 180 gradi e ritorno per la stessa rotta. Aggiungendo sistemi
di depistaggio, contromisure e radar, i Firebee diventano i modelli
di riferimento. È uno di loro a fotografare, quasi per sbaglio, i so-
vietici che installano batterie di missili a Cuba, innescando la famo-
sa crisi.
Un Ryan BQM-34S Firebee della Marina americana, nel 1993. (© US Defence Imagery)
PROLOGO — 15
A molti generali si accende una lampadina: ingrandirli, mandarli
più in alto e sostituirli al lavoro dei ricognitori U-2. Il teatro in cui
questi droni - o, meglio, la loro modifica, i Lightning Bugs - vengo-
no impiegati è il Vietnam: tra 1964 e 1975 eseguono 3455 missioni,
senza grossi successi, anche perché ben il 16% dei velivoli si schian-
ta.
Un lungo buco temporale tra gli anni Settanta e Ottanta sembra
portare i droni sulla strada dell’oblio: le star della sorveglianza so-
no i satelliti. Una dimostrazione dell’attenzione a luminaria natali-
zia attorno ai droni è il programma Aquila. Varato nel 1979 per
progettare un drone da missioni di ricognizione, viene abbandona-
to al primo lievitare dei costi (oltre un miliardo di dollari solo per i
prototipi), segno che le esigenze strategiche non sono tali da giusti-
ficare investimenti tecnologici ancora molto onerosi.
A far capire al mondo che i velivoli senza pilota in battaglia han-
no un futuro ci pensa Israele, per necessità esistenziale da sempre
all’avanguardia nella tecnologia bellica. Nel 1982 i droni vengono
usati nella valle della Beka’a contro le forze aeree siriane: fatti de-
collare per intercettare il segnale radar nemico, emettono segnali
fasulli per attirare i colpi della contraerea avversaria, permettendo
poi a veri jet di attaccare mentre questa si ricarica. Il successo se-
gna l’ingresso in una nuova èra: quella dei battlefield drone, i dro-
ni da battaglia, utilizzabili nel bel mezzo di uno scontro. Per la pri-
ma volta i droni si possono schierare in prima linea, senza interfe-
rire o essere distrutti.
Gli americani s’incuriosiscono. Quando il generale statunitense
P. X. Kelley vede una registrazione video che ritrae guerriglieri del-
l’Olp (secondo alcuni lo stesso Arafat) effettuata da un drone Ma-
stiff esclama: “Ne voglio uno!”. Inizia una collaborazione che porta
qualche anno più tardi a presentare il Pioneer, ispirato quasi inte-
ramente ai progetti israeliani. La Marina lo impiega nella guerra
del Golfo del 1991 per segnalare gli obiettivi di terra alle bombe
PROLOGO — 16
lanciate dalle navi. In quel conflitto, l’Aeronautica schiera un solo
aereo senza pilota. Non è ancora il tempo dei droni. Ma non man-
ca molto al debutto del vero vincitore della selezione naturale dei
droni e il protagonista del nostro libro, il Predator. I Balcani non
sono lontani.
Un “Mastiff” israeliano, drone che ha ispirato gli americani a sviluppare droni più sofisticati (© Bukvoed)
NASCITA DI UN PREDATOR(E)
È il 1984. La Darpa, l’agenzia del Pentagono incaricata della ricer-
ca per nuovi armamenti, assegna un contratto di 40 milioni di dol-
lari alla Leading Systems per sviluppare droni e missili da crocie-
ra. Tra i ranghi dell’azienda c’è Abraham Karem, ex capo progetti-
sta per l’aeronautica israeliana dei primi droni. Negli Stati Uniti,
Karem crea due prototipi, Amber e Gnat 750, i genitori del moder-
no Predator. Nel frattempo però il Congresso americano taglia i
fondi per gli assetti da ricognizione e la Leading Systems fallisce.
Qui entrano in gioco i fratelli Blue, solo per assonanza assimilabi-
li ai più famosi bluesmen del cinema. Nel 1986, i due acquistano la
General Atomics, una compagnia di ricerca nucleare, dalla Che-
vron per 50 milioni di dollari. Nel 1990 vengono a sapere del falli-
PROLOGO — 17
mento della Leading Systems e la rilevano, assieme ai suoi proget-
ti. Tra questi c’è Amber, già proposto senza successo al Pentagono.
I Blue non si danno per vinti e decidono di iniziare a produrre lo
stesso il drone: qualcuno prima o poi sarà interessato. Quel qualcu-
no è la Cia, il cui interesse è determinante nell’ottenere la vittoria
della General Atomics nella gara d’appalto del 1994IV.
L’ultimo decennio del secolo è d’altronde un periodo di grande
impulso in America. Le aziende ritornano a sfornare prototipi, in
campo militare ma anche in campo civile. Alcuni progetti sono in
itinere ancora oggi, altri sono stati abbandonati mestamente. La
Marina pensa a droni che riescano a decollare senza complicazio-
ni, possibilmente da spazi ristretti come le piattaforme delle porta-
erei; ed ecco che arriva l’MQ-8 Fire ScoutV. La Nasa vuole una son-
da per verificare le condizioni meteo in zone difficilmente raggiun-
gibili e ottiene l’AerosondeVI dalla AAI, usato anche in alcune cala-
mità naturali, come l’uragano Ophelia nel 2005. La Boeing invece
investe alla cieca 100 milioni in quello che doveva essere un drone
dalle super prestazioni alimentato a energia solare, il CondorVII,
flop che nessuno ha acquistato e ora trovate in un museo califor-
niano.
La vincitrice indiscussa è però la General Atomics. Il primo volo
della storia di un Predator è datato 3 luglio 1994. Neanche quattro
mesi e il velivolo finisce in prova in una base dell’Esercito in Arizo-
na. E dopo un anno, la prima missione. Nel 1995, nei Balcani infu-
ria lo smembramento della Jugoslavia e gli Stati Uniti decidono di
intervenire nel conflitto che ha la Bosnia come epicentro. È luglio
quando dall’aeroporto di Gjader, in Albania, il Predator si libra in
volo per la sua prima operazione, chiamata Nomad Vigil, sotto
l’egida della Cia. I finanziamenti per la missione arrivano per il rot-
to della cuffia, grazie all’intervento di un avventato cronico come il
deputato Charlie Wilson, lo stesso che negli anni Ottanta aveva fi-
nanziato i mujahiddin in Afghanistan contro i sovietici, poi porta-
Nota X, XI PROLOGO — 20
2. IL PROGRESSO TECNOLOGICO
I droni conoscono un miglioramento nelle tecnologie di comuni-
cazione e di trasmissione dati, nella qualità delle immagini e nel-
l’affidabilità;
3. L’INVESTIMENTO POLITICO -BUROCRATICO
I due fattori citati sarebbero stati quantomeno depotenziati se,
ancora prima dell’attentato alle Torri Gemelle, gli Stati Uniti non
avessero preso la decisione di puntare sensibilmente sull’uso dei
robot in guerra. Nel 2000, infatti, il presidente dell’Armed Service
Committee del Senato Warner obbliga il Pentagono a far sì che en-
tro il 2010 un terzo dei velivoli e un terzo dei veicoli terrestri sia
senza pilotaXII. Giustificando questa decisione, Warner indica due
motivi. Primo, nelle guerre del futuro, gli Stati Uniti non si potran-
no più permettere tanti morti come nelle guerre mondiali o del
Vietnam; di qui l’esigenza di puntare sui robot. Secondo, occorre
rendere le forze armate specializzate e tecnologicamente all’avan-
guardia, un centro d’eccellenza per la scienza e la ricerca, in modo
da attirare le menti più giovani e brillanti del paese.
PROLOGO — 21
LE VALCHIRIE DI OBAMA
1
Operazioni clandestine, teatri georobotici
e le regole con cui l’America uccide
L’EREDITÀ DI BUSH
L’Undici Settembre spazza via la questione delle uccisioni mirate.
Assassinare i propri nemici non è solo legittimo ma un imperativo
strategico. Il drone fa il suo debutto in battaglia. Due sono i tipi di
operazione in cui è impiegato: a supporto della guerra vera e pro-
pria, quella convenzionale che la Casa Bianca scatena contro “l’as-
se del male”, iniziando dall’Afghanistan dei taliban e dall’Iraq di
Saddam; e come protagonista di una guerra clandestina, condotta
fuori dai teatri consueti a colpi di raid, isolati ma sistematici.
I due mandati di George W. Bush hanno un impatto su entrambi
gli aspetti di questo conflitto bipolare. In questo periodo vengono
gettate le basi per la manifestazione clandestina della guerra al ter-
rorismo (è durante la presidenza repubblicana che si compiono i
primi attacchi in Yemen e in Pakistan) a cui poi Obama attingerà a
piene mani. Ma l’eredità di Bush consiste soprattutto nell’aver pre-
sidiato a un’espansione vertiginosa dell’uso dei droni nelle opera-
LE VALCHIRIE DI OBAMA — 28
bilendo un generale rifiuto alla guerra. Oltre a ordinare nel primo
anno da presidente l’invio di altre 54 mila truppe in Afghanistan,
Gli strumenti della guerra giocano un ruolo nel preservare la pace. Eppure, questa verità
deve coesistere con un’altra: per quanto giustificata, la guerra promette tragedia per l’uo-
mo. [...] Parte della nostra sfida è riconciliare queste due verità apparentemente irreconcilia-
bili: che la guerra è a volte necessaria e che la guerra è a un certo livello espressione della
follia umana14
Barack Obama — Oslo, 10 Dicembre 2009
LE VALCHIRIE DI OBAMA — 31
1. PAKISTAN: LA PORTA DELL ’ INFERNO
La guerra dei droni sbarca in Pakistan il 18 giugno 2004. Sono le
dieci di una torrida sera a Kari Kot, Waziristan del Sud. In una mo-
desta abitazione, Nek Muhammad sta cenando con quattro suoi
ospiti, uno di essi accompagnato dai figli di 10 e 16 anni. Il padro-
ne di casa non è una persona qualunque: è l’uomo forte della regio-
ne. Appena tre mesi prima, Muhammad ha resistito con successo
all’offensiva dell’esercito pakistano nel Waziristan, operazione con-
dotta per stanare i militanti stranieri legati ad al-Qa’ida a cui lui
stesso dava rifugio. Non solo: nell’immaginario collettivo della po-
polazione, Muhammad è colui che si è permesso d’infrangere la
tregua con i militari pakistani, negoziata peraltro da un posizione
di forza. “Sono loro che sono venuti da me”, si vantava con i gior-
nalisti. Proprio con uno di loro è al telefono il 17 giugno del 2004
quando, a uno dei suoi uomini, chiede cosa sia quell’uccello metal-
lico in cielo. Solo 24 ore più tardi, l’uccello metallico spara un mis-
sile sulla sua casa, uccidendo sul colpo tutti i suoi ospiti e trancian-
dogli mano e gamba sinistra, ferite per le cui conseguenze morirà
sulla via dell’ospedale17.
“Assurdo, del tutto assurdo”. Con i reporter locali, il Major Gene-
ral Sultan, portavoce in capo delle forze armate pakistane, è cate-
gorico: Muhammad non è stato eliminato con l’assistenza degli
Stati Uniti. Tutto il merito è dell’esercito di Islamabad. Falso.
Muhammad è la vittima sacrificale di un patto tra la Cia e i milita-
ri pakistani, svelato da Mark Mazzetti del New York Times18: noi
vi uccidiamo un nemico di Stato ma che per noi non è una priori-
tà; in cambio voi ci permettete di far volare i Predator armati sul
vostro territorio.
Perché gli Stati Uniti hanno bisogno di espandere la guerra al ter-
rorismo al Pakistan, Stato formalmente alleato? Perché le sue re-
gioni nord-occidentali ad amministrazione tribale, le Fata, sono di-
ventate, per la vicinanza all’Afghanistan e il territorio montagnoso
F IGURA 1.2
Al-Qa’ida in Pakistan
La mappa mostra l’area del
Pakistan in cui al-Qa’ida è
maggiormente attiva, ovvero
le FATA — Aree Tribali di
Amministrazione Federale.
Sono evidenziate anche le
posizioni delle basi
americane in Afghanistan da
cui sono operati gli UAV.
Sin dal suo prologo, la guerra dei droni in Pakistan rivela almeno
tre dei suoi nodi più profondi:
1. L’ACCORDO CON ISLAMABAD
I riluttanti militari pakistani si piegano alle richieste di Washing-
ton pretendendo che tutti gli attacchi pianificati passino per la lo-
ro approvazione e che gli americani condividano informazioni e vi-
deo. Inoltre, la Cia non può sorvolare che una porzione minima
del paese, solo quella dove si concentra la maggior parte di insorti
legati ai taliban o ad al-Qa’ida. Sino al 2009, infatti, solo tre raid
colpiscono fuori dalle Fata, tutti nella provincia di Bannu, poco di-
LE VALCHIRIE DI OBAMA — 33
stante dall’epicentro. In questo periodo, i droni decollano da Jaco-
babad e da Shamsi.
2. LA TOTALE OSCURITÀ
Non si deve mai sapere che gli Stati Uniti violano così platealmen-
te la sovranità del Pakistan. Al massimo, se scoperti, governo e mi-
litari di Islamabad condanneranno in pubblico Washington per
l’impiego dei droni. Ma in privato continueranno a supportarlo. Il
23 agosto 2008, il primo ministro Gilani dice all’ambasciatore
americano Anne Patterson: “Non mi interessa cosa fanno fintanto
che uccidono le persone giuste. Protesteremo all’Assemblea Nazio-
nale [dell’Onu] e poi ignoreremo tutto”. Il 12 novembre 2008, toc-
ca al presidente Zardari: “Uccidete i leader [di al-Qa’ida]. I danni
collaterali preoccupano voi americani. Non me”19.
3. G LI OBIETTIVI NON PRIORITARI
Gli Stati Uniti eliminano militanti ed estremisti che non pongono
minacce dirette e immediate. Non solo leader di al-Qa’ida ma faci-
litatori (persone che forniscono un supporto) o membri di altri mo-
vimenti violenti20. Muhammad ne è un esempio ma pure Baithul-
lah Mehsud, capo dei taliban pakistani ucciso il 5 agosto 200921,
dimostra come i droni di Washington servano anche al governo di
Islamabad per portare avanti le proprie campagne di contro-insur-
rezione.
Per aprire la mappa interattiva cliccare sull’immagine. Potete anche girare l’iPad per una migliore
visualizzazione. Cliccando sugli indicatori è possibile visualizzare i dettagli di ciascun strike.
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Cliccando sugli indicatori è possibile visualizzare i dettagli di ciascun strike, con anche il conteggio delle
vittime. (Dati: Long War Journal) Per vederla su browser clicca qui.
I meeting di Obama sulla sicurezza nazionale, con Brennan sempre presente (© White House Photos)
Non intendevamo creare liste senza fine. Questo apparato di anti-terrorismo è ancora
utile. Ma la domanda è: quando smetterà di esserlo? Non lo so.
LE VALCHIRIE DI OBAMA — 52
CINGUETTII CONTRO
MISSILI
2
Chi sopravvive a un attacco spesso ha subito delle ferite incapacitanti, o addirittura del-
le amputazioni, che possono annullare il potenziale produttivo di un individuo e, di conseguen-
za, rovinare una famiglia.
F IGURA 2.3 Approvazione degli attacchi droni nel 2012 e nel 2013
L’ammiraglio Mike Mullen durante una lezione a ufficiali pakistani (© US Department of Defense)
LA GUERRA PERMANENTE
Dall’analisi della storia del programma Predator, dei motivi per
cui quest’arma tanto attira Obama, dei teatri georobotici dove si vi-
ve e si muore sotto i missili e degli effetti, positivi e negativi, della
guerra dei droni emerge un quadro abbastanza completo. Un qua-
dro in cui un presidente determinato a non ripetere le costose
guerre di Bush si affida a un’arma tatticamente e politicamente
perfetta per colpire il nemico jihadista. Così facendo, però, espan-
de a dismisura gli attacchi con i droni, creando una struttura deci-
sionale con un discreto deficit di trasparenza e di responsabilizza-
John Brennan a colloquio con Barack Obama nello Studio Ovale (© White House Photos)
DRONE O UAV?
UAV. UAS. RPV. ROA. RPA. ARP. Nel corso degli anni, gli acroni-
mi per il drone si sono sprecati. Uno, nessuno, centomila: il ri-
schio di schizofrenia per questa macchina è legittimo. Trovare due
volte la stessa sigla è quasi come immergersi nello stesso fiume:
impossibile. Se incontrate tutti questi appellativi non spaventate-
vi: tutta colpa di un dibattito scatenato dai puristi, per cui il termi-
ne “drone” è improprio, non per amore delle sigle (passione da te-
nere comunque in considerazione quando si parla di militari) ma
in quanto démodé.
Cosa vogliono dire quegli acronimi? UAV, per esempio, indica un-
manned aerial vehicle, letteralmente, velivolo non portato dall’uo-
mo. UAS suona quasi esistenziale: unmanned aerial system. Ciò
che conta non è l’aereo, una mera appendice, ma il sistema che lo
Reaper inglese
(@ Crown 2013)
F IGURA 3.3
Il Predator non è tuttavia nato per sparare. Nel 2007 debutta così
la sua evoluzione il Reaper, di fatto un Predator con un “più” da-
vanti: è più lungo, più resistente, più largo, più alto, più affidabile,
più persistente in cielo, più potente. Ovviamente può caricare un
peso in munizioni decisamente maggiore. Se il Predator può porta-
(© 99th Air Base Wing Public Affairs - via Youtube) Per vederlo su browser clicca qui.
F IGURA 3.6
I L P R E D AT O R C
La General Atomics sta sviluppando dal 2009 un nuovo drone, parente
stretto dei due modelli precedenti: il Predator C, detto anche Avenger, il
vendicatore. L’Avenger, ancora un prototipo da ultimare, è inteso dall’in-
dustria e dall’Air Force come «il Reaper di nuova generazione»86. Ancora
poche sono le certezze a riguardo ma si sa già che esso sarà armato, con le
stesse munizioni che carica ora il Reaper. I suoi radar saranno migliorati
e saranno aggiunti dispositivi di tracciamento e targeting tipici degli F-
3587. Altra modifica, stavolta legata al motore: una turboventola, utilizza-
to praticamente da tutti gli aerei “normali” del mondo.
Una scheda completa del Predator C la trovate a questo link, assieme al-
le prime immagini.
COSTI E PERFORMANCE
Proprio la natura di sistema di Predator e Reaper rende la que-
stione dei costi molto complessa. Non ci si può limitare al prezzo
del singolo velivolo. Bisogna considerare tutto l’equipaggiamento,
oltre al fatto che le pattuglie aeree sono composte da più di un dro-
ne. Non ha quindi senso paragonare i 5 milioni di dollari di un Rea-
per ai 27 milioni di un F-16C e sostenere che i droni saranno i do-
minatori del futuro perché molto più economici degli aerei da com-
battimento convenzionali88.
Stando ai dati ufficiali89, nel complesso agli Stati Uniti acquisire
un singolo Reaper costa 26,8 milioni di dollari, ossia quasi 110 mi-
lioni per ogni pattuglia aerea. Anche guardare al costo per ora di
volo è fuorviante: i Reaper costano 3600 dollari all’ora, all’appa-
renza molto meno degli F-16C (quasi 18 mila dollari/ora) ma in
realtà i droni volano molto di più e alla fine ogni anno i costi del
volo dei due tipi di aereo quasi si equivalgono.
In rosso le mappe attuali, in blu quelle future. Per aprire la mappa interattiva cliccare sull’immagine.
Cliccando sugli indicatori potete leggere i dettagli di ciascuna base.
Per vederla su browser clicca qui.
DRONE UNCHAINED — 99
GLI STATI UNITI SONO IN GUERRA? LE
GIUSTIFICAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE
Il fondamento giuridico per le operazioni di antiterrorismo degli
Stati Uniti e l'uccisione mirata dei membri di al-Qa’ida e dei suoi
affiliati in tutto il mondo è l'Autorizzazione per l'uso della forza mi-
litare (riassunto nell’acronimo Aumf), approvata dal Congresso
americano pochi giorni dopo l’Undici Settembre105:
«Il presidente è autorizzato a usare tutta la forza necessaria e appropriata contro quelle
nazioni e persone che egli ritiene abbiano pianificato, autorizzato, commesso o sostenuto gli
attacchi dell’Undici Settembre, o anche abbiano protetto queste organizzazioni o persone;
con l’obiettivo di prevenire qualsiasi altro futuro atto di terrorismo internazionale contro gli
Stati Uniti da parte di queste nazioni, organizzazioni o persone
3.
L'individuo sta partecipando direttamente alle ostilità.
4.
Non può essere percorsa alcuna alternativa, cattura compresa.
5.
Solo un comandante militare può autorizzare la missione. Esiste
la possibilità di delega da parte del capo dello Stato ad altre autori-
tà come, nel caso americano, il segretario alla Difesa o il direttore
della Cia. In ogni caso, il concetto è che questi attacchi dovrebbero
ottenere l'approvazione da parte di un’alta autorità, civile o milita-
re. L'ufficiale verifica l'identificazione positiva dell’obiettivo e ne
considera la necessità militare, ovvero se il danno inferto dall'attac-
co può giustificare il vantaggio ottenuto.
F IGURA 4.2 L’autorizzazione della forza da parte del Consiglio di Sicurezza Onu
Un attacco che può provocare incidentalmente la perdita di vite civili, danni ai civili, danni
a beni di carattere civile, o una loro combinazione, che risulterebbero eccessivi rispetto al
vantaggio militare concreto e diretto previsto
Articolo 53 - Protocollo Di Ginevra
L A S O T T I L E L I N E A T R A C O M B AT T E N T I E I N S O R T I
17 marzo 2010. Un drone attacca una roccaforte dei Taliban nel
IL POTERE E LA RESPONSABILITÀ
Negli ultimi anni gli Stati Uniti si sono messi alla guida della guer-
ra al terrore, mettendo a segno importanti obiettivi e riuscendo a
contrastare parte della ferocia di alcuni gruppi terroristi. Tuttavia,
nel loro cammino hanno anche commesso errori, alcune volte mi-
nimi, altre grossolani, nella migliore delle ipotesi, o dagli effetti
collaterali devastanti, nella peggiore. I tre esempi discussi in prece-
denza dimostrano quanto questa lotta senza quartiere al terrori-
smo possa allargare le maglie del diritto, come sempre caratterizza-
to da confini molto labili ma la cui individuazione è di vitale impor-
Discorso di Obama alla Naval Defense University, 23.05.2013 (© WSJ via Youtube)
Per vederlo su browser clicca qui.
Nota 141 DRONE UNCHAINED — 118
Il primo142 è una sorta di manuale che illustra gli attuali criteri
con cui l’amministrazione decide di ordinare le uccisioni mirate al
di fuori di campi di battaglia convenzionali. Nel sintetico documen-
to di tre pagine, la Casa Bianca fornisce cinque elementi chiave
per comprendere le norme che regolano l’autorizzazione delle ucci-
sioni mirate:
Ogni volta che gli Stati Uniti usano la forza in territori stranieri, ci sono dei principi giuridici
internazionali, tra cui il rispetto della sovranità e il diritto dei conflitti armati, che impongono
importanti vincoli sulla capacità degli Stati membri di agire unilateralmente - e sul modo in
cui gli Stati membri possono usare la forza. Gli Stati Uniti rispettano la sovranità nazionale e
il diritto internazionale
IL DESTINO MANIFESTO
In un messaggio preparato pochi giorni prima della sua morte,
Franklin Delano Roosevelt: “Nell’agonia della guerra un grande po-
tere comporta grandi responsabilità”145. Una verità lampante che
già Aristotele aveva affermato nell'Etica Eudemia, e che porta con
sé una consapevolezza etica, ma anche politica: le persone che han-
no il potere di una vera libertà di scelta, che sono responsabili fino
in fondo delle loro azioni, possono (e devono) essere giudicati col-
pevoli o innocenti per quelle stesse azioni146.
Da più di un secolo gli Stati Uniti sono artefici non solo del desti-
no americano, ma anche di quello di tutto il mondo. L’esercizio del-
la loro potenza ha forgiato tecnologia, innovazione, libertà, ma al-
lo stesso tempo guerre, conflitti e violenze. Una volta c’erano le na-
vi; poi sono arrivati gli aerei, i missili, i sottomarini e le testate nu-
cleari; infine, lo spazio e i computer. Ora nell’arsenale ci sono an-
IL BIVIO
L’Italia si trova a un bivio. Possiede il Predator dal 2004 e lo ha
schierato in Iraq e Afghanistan; dal 2008 ha il Reaper, che ha ope-
rato in Libia e Kosovo. Ora il nostro paese ha deciso di armare i
suoi droni. Non è un’eventualità scabrosa, tutt’altro. Il caso del Ca-
pitano Romani lo dimostra: se il drone avesse potuto colpire il ne-
mico, non si sarebbe dovuto ricorrere alla paradossale opzione per
cui, per proteggere gli uomini sul campo, bisogna inviare altri uo-
mini, esponendoli a un pericolo addirittura maggiore.
Tuttavia, per intraprendere il cammino dell’armamento bisogna
avere ben chiari gli orizzonti cui potremmo andare incontro. Cosa
abbiamo fatto in un decennio d’impiego virtuoso dei droni e
l’esempio che ci arriva da un altro decennio, ma di attacchi dal cie-
lo, firmati Stati Uniti d’America. Capire, per evitare di abusare di
quest’arma e per prevenire alcune ricadute negative sui suoi piloti
e operatori.
Ecco perché conviene iniziare sondando la storia del Predator tri-
colore e del suo impiego nelle guerre a cui abbiamo partecipato.
Per ribadire come sinora l’Italia abbia usato i droni in modo positi-
vo, per proteggere le nostre truppe e salvando più vite, in guerre
dichiarate, a differenza di quelle clandestine in Pakistan o Yemen.
E per scrutare le possibili insidie oltre quel bivio.
QUANTO C I È C O S T AT O I L P R E D AT O R ?
A fine 2013, l’Italia avrà in dotazione sei Predator e sei Reaper. Ma guar-
dare al costo del singolo velivolo (tra i 4 e i 7 milioni di dollari, a seconda
del modello) è limitativo: ci sono le antenne, le stazioni di controllo, il sup-
porto logistico, eccetera. La Difesa è però restia a fornire dati aggregati: al
massimo, fonti dell’Aeronautica fanno oscillare il costo del programma
tra i 50 e i 100 milioni di dollari. Tuttavia, Gianandrea Gaiani, giornalista
specializzato in questioni militari, eleva il dato a 378 milioni di euro. La
differenza potrebbe risiedere nei diversi capitoli di spesa conteggiati.
IL DEBUTTO IN IRAQ
I vertici militari hanno un obiettivo ambizioso: impiegare subito
il Predator. Le nostre forze armate sono impegnate in Iraq, dove
gli Stati Uniti schierano già moltissimi droni. E a gennaio 2005 si
tengono le prime elezioni dell’èra post-Saddam: per l’America an-
cora aggrappata all’utopia della democrazia esportabile il voto
equivale a un successo, ma consultazioni macchiate da attentati
terroristici infliggerebbero un duro colpo d’immagine. Garantire
la sicurezza delle elezioni diventa strategico. Anche per fare bella
figura nei confronti della coalizione, l’Italia decide di spedire i dro-
ni nuovi di zecca in Iraq senza attendere oltre. Tutto in 45 giorni.
La scommessa è forte, quasi un azzardo150. I piloti e gli operatori
hanno superato tutti i livelli dell’addestramento. Mancano però
quelle missioni che confermino la bontà dell’addestramento stes-
I droni italiani
in Iraq
Prima missione:
30 Gennaio 2005 sopra Nassiriya
Termine operazioni:
29 Ottobre 2006
Numero di voli:
251
Ore di volo:
1630
F IGURA 5.2
I droni italiani in
Afghanistan
Impiego:
30% Pattern of life;
20% Supporto alle Special
Operation Forces;
30% Scorta convoglio
-
20% ISR, Counter.IED, Troops in
contact, Close air support e
Medevac.
IL REAPER IN LIBIA
Libia, 10 agosto 2011. Infuria la guerra civile tra le truppe lealiste
di Gheddafi e i ribelli che fanno capo alla città di Bengasi. Già da
mesi alcune nazioni occidentali e, significativamente, anche due
arabe bombardano il paese nordafricano. Agiscono sotto il manda-
to dell’Onu: devono fornire protezione alla popolazione. In realtà
la missione si espande, arrivando a sostenere una delle due parti
in causa, quella degli insorti contro il dittatore di Tripoli.
Un nuovo aereo fa capolino nel Risiko libico. È il Reaper, il fratel-
lo maggiore del Predator - non per età, ma per stazza e capacità.
Comprato nel 2008, è al debutto in un’operazione. Il drone italia-
no è l’ultimo a entrare nella guerra, che dal 19 marzo si è interna-
zionalizzata. Inizialmente, le nostre forze armate entrano nella coa-
lizione dei volenterosi con un ruolo di supporto, fornendo basi e as-
Avere questa possibilità e non sfruttarla era un peccato, valeva la pena portare avanti
l’armamento perché il drone avrebbe avuto potenzialità complete. Il potere politico avrebbe
potuto scegliere tra usarlo soltanto come ricognitore o anche per l’attacco, così come ha fat-
to per l’AMX. Conferire questa flessibilità al potere politico ci è sembrata una cosa da perse-
guire.
Gen. Vincenzo Camporini
È facile essere un eroe scendendo da super jet, col casco in mano. Qui l’eroismo sta nel
fare il proprio dovere, quotidianamente. Aiutare a salvare vite tutti i giorni.
Il viaggio nel mondo dei droni è stato lungo ma, confidiamo, inte-
ressante. L’intenzione - forse ambiziosa - delle pagine precedenti
non era di limitarsi a descrivere una tecnologia, bensì di cercare di
rispondere a un duplice imperativo: conoscere per capire, capire
per governare. I droni sono ormai uno strumento troppo importan-
te in campo militare e pervasivo in campo civile per trattarli in
modo semplicistico e ideologico. Vanno conosciuti, ogni loro uso
valutato e deciso in base alle conclusioni derivate da un’analisi im-
parziale. Ma quali sono queste conclusioni? Proviamo a riassumer-
le per punti.
EPILOGO — 154
IL ROBOT HA DEI LIMITI
Se dotato di bombe e missili, il drone pone gli stessi interrogativi
di qualunque altra arma. Usata con parsimonia, può quasi essere
considerata necessaria. Il male minore per rispondere alle minac-
ce contemporanee. Ma la macchina pensata per vedere tutto pos-
siede limiti intrinseci. L’accumulazione di dati crea un sovraccari-
co di informazioni: grano e loglio possono essere, paradossalmen-
te, più difficili da distinguere. L’occhio del drone inquadra inoltre
un campo ristretto, rischiando di far perdere di vista cosa accade
intorno.
EPILOGO — 155
L’A MERICA PARANOICA
Proseguendo, con modifiche cosmetiche, le politiche di antiterro-
rismo del suo predecessore, Barack Obama ha prodotto un para-
dosso. Ha legittimato da sinistra l’America di George W. Bush,
quella del Patriot Act, quella della guerra al terrore, quella del
post-Undici Settembre, quella della sorveglianza di massa, quella
che sacrifica la libertà sull’altare della sicurezza totale. Un’Ameri-
ca che pretende di vedere tutto, ascoltare tutto, prevenire tutto e
non può accettare nemmeno la minima falla nella propria fortez-
za. Il drone ne è il simbolo.
EPILOGO — 156
E LABORARE UNA DOTTRINA PUBBLICA
La discrepanza tra parole e fatti è ampia. Manca un meccanismo
di valutazione a posteriori delle azioni dell’amministrazione. Pre-
sto o tardi il drone diventerà globale, non rimarrà circoscritto a un
semplice monopolio americano. Gli Stati Uniti devono anticipare i
tempi, fare da esempio per la comunità internazionale e plasmare
le future regole mondiali di impiego del drone. Come in passato
per altre armi, vedi l’atomica e i materiali chimici e biologici. L’al-
ternativa è un Far West nei cieli di tutto il mondo.
EPILOGO — 157
M ONITORARE LA SALUTE MENTALE DEL PERSONALE
Occorre creare una commissione di formazione mista di rappre-
sentanti eletti, militari e medici per prevenire e all’occorrenza af-
frontare i disturbi mentali a cui piloti e operatori dei droni - even-
tualmente armati - possono andare incontro.
EPILOGO — 158
NOTE
PROLOGO
Pagina 5:
II dettagli dell’episodio sono raccontati in J. F. Burns, “U.S. Leapt Before Loo-
king, Angry Villagers Say”, New York Times, 17/2/2002,
http://goo.gl/HH28CP; “Remembering Daraz Khan, the first Afghan killed by
a Hellfire missile fired by a CIA Predator drone”, Kabul Press, 27/12/2009,
http://goo.gl/kWlMSh; J. Sifton, “A Brief History of Drones”, The Nation, 7/
2/2012, http://goo.gl/3wW753.
Ritorna a pagina 5
Pagina 12:
IICap. L. S. Howeth, History of Communications-Electronics in the United
States Navy, U.S. Government Printing Office, 1963, pp. 479-493.
Ritorna a pagina 12
Pagina 13:
Le informazioni di questa sezione provengono in gran parte da P. Singer,
III
Wired for War: The Robotics Revolution and Conflict in the 21st Century,
Penguin Books, 2009, pp. 47-56.
Ritorna a pagina 13
Pagina 18:
IV cfr. Singer, op. cit., p. 255.
V Vedi la scheda del prodotto al sito: http://goo.gl/y0MXGk
VI Vedi la scheda del prodotto al sito: http://goo.gl/6dZjS1.
VII Vedi la scheda del prodotto al sito: http://goo.gl/Dzoizp.
Ritorna a pagina 18
NOTE — 159
Pagina 19:
VIII M. Mazzetti, The Way of the Knife, Penguin Press, 2013, pp. 85-102.
IXR. Ferretti, “Alla conquista del cielo”, Panorama Difesa, novembre 2001,
pp. 48-55.
Ritorna a pagina 19
Pagina 20:
X A. Nativi, “L’impiego degli UAV dopo ALLIED FORCE”, Rivista Italiana Di-
fesa, n. 10, 1999, pp. 38-41.
XI cfr. “Drones: Compendium”, Armada International, suppl. al vol. 3, 2013,
p. 2.
XII cfr. Singer, op. cit., pp. 59-60.
Ritorna a pagina 20
CAPITOLO 1
Pagina 23:
1R. J. Smith, C. Rondeaux, J. Warrick, “2 U.S. Airstrikes Offer a Concrete Sign
of Obama's Pakistan Policy”, Washington Post, 24/1/2009,
http://goo.gl/pzbmIH; “Twenty killed in US drone strikes in N, S Waziristan”,
Geo TV, 23/1/2009, http://goo.gl/AWIJIf; B. Roggio, “US strikes al Qaeda in
North and South Waziristan”, Long War Journal, 23/1/2009,
http://goo.gl/nNxCkJ.
2J. Mayer, “The risks of the C.I.A.‘s Predator drones”, The New Yorker, 26/
10/2009, http://goo.gl/rFOHQp.
Ritorna a pagina 23
Pagina 24:
3cfr. J. Scahill, Dirty Wars: The World Is A Battlefield, Nation Books, 2013,
pp. 5-6.
4 cit. in ibidem.
Ritorna a pagina 24
NOTE — 160
Pagina 25:
5 cfr. Mazzetti, op. cit., pp. 85-102.
6Ibidem; Scahill, op. cit., pp. 17-18; Matt J. Martin, Predator: The Remote-
Control Air War over Iraq and Afghanistan: A Pilot's Story, Zenith, 2010, p.
20.
7 Singer, op. cit., pp. 32-37.
Ritorna a pagina 25
Pagina 26:
8 cfr. ibidem.
9 cfr. Martin, op. cit., pp. 147 e 292.
10 cfr. Singer, op. cit., pp. 32-37.
11 Martin, op. cit., p. 108.
Ritorna a pagina 26
Pagina 27:
12S. Ackermann, “2012 Was the Year of the Drone in Afghanistan”, Wired, 6/
12/2012, http://goo.gl/gsBPuo; Alice K. Ross, “Erased US data shows 1 in 4
missiles in Afghan airstrikes now fired by drone”, The Bureau of Investigative
Journalism, 12/3/2013, http://goo.gl/YVlAoB.
13cfr. J. Mann, The Obamians: The Struggle Inside the White House to Redefi-
ne American Power, Viking Adult, 2012, p. xix.
Ritorna a pagina 27
Pagina 29:
“Remarks by the President at the Acceptance of the Nobel Peace Prize”,
14
NOTE — 161
Pagina 30:
16 L’episodio è raccontato in Mazzetti, op. cit., p. 219.
Ritorna a pagina 30
Pagina 32:
17 M. Mazzetti, op. cit., pp. 103-115.
18M. Mazzetti, “A Secret Deal on Drones, Sealed in Blood”, New York Times,
6/4/2013, http://goo.gl/CJxoTf.
Ritorna a pagina 32
Pagina 34:
19cit. in J. Landay, “U.S. secret: CIA collaborated with Pakistan spy agency in
drone war”, McClatchy, 9/4/2013, http://goo.gl/lkqF9Y.
20 Ibidem.
21 Mayer, op. cit., http://goo.gl/Z65TR5.
22 I dati sono aggiornati al 21/8/2013.
Ritorna a pagina 34
Pagina 35:
23 Landay, op. cit., http://goo.gl/KrSGRR
Ritorna a pagina 35
Pagina 36:
24S. Masood, “Pakistani General, in Twist, Credits Drone Strikes”, New York
Times, 9/3/2011, http://goo.gl/vcpGQq.
Ritorna a pagina 36
Pagina 37:
25L’episodio è narrato in C. Woods, “‘OK, fine. Shoot him.’ Four words that he-
ralded a decade of secret US drone killings”, The Bureau of Investigative Jour-
nalism, 3/11/2012, http://goo.gl/YqY9Xi
Ritorna a pagina 37
NOTE — 162
Pagina 38:
26cfr. Scahill, op. cit., pp. 75-77; Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit., pp.
85-87.
Ritorna a pagina 38
Pagina 39:
27G. Lubold, N. Shachtman, “Inside Yemen's Shadow War Arsenal”, Foreign
Policy, 7/8/2013, http://goo.gl/8d0EJ1
Ritorna a pagina 39
Pagina 40:
28E. Schmitt, “U.S. Teaming With New Yemen Government on Strategy to
Combat Al Qaeda”, New York Times, 26/2/2012, http://goo.gl/lhSQTd
29N. Allen, “WikiLeaks: Yemen covered up US drone strikes”, The Telegraph,
28/11/2010, http://goo.gl/tirrbW
Ritorna a pagina 40
Pagina 41:
30 Scahill, op. cit., pp. 356-363.
Ritorna a pagina 41
Pagina 42:
31 Scahill, op. cit., pp. 362-363.
Ritorna a pagina 42
Pagina 44:
32 D. Klaidman, “Drones: How Obama Learned to Kill”, Daily Beast, 5/2012
33D. Axe, “Hidden History: America’s Secret Drone War in Africa”, Wired, 13/
8/2012, http://goo.gl/vHbNQd
34 T. Joscelyn, B. Roggio, “Senior Shabaab commander rumored to have been
killed in recent Predator strike”, Long War Journal, 9/7/2011,
http://goo.gl/ST7HnU; B. Roggio, “British Shabaab operative killed in air-
strike in Somalia”, Long War Journal, 21/1/2012, http://goo.gl/QLXTEv
35 “Somalia: reported US covert actions 2001-2013”, The Bureau of Investiga-
tive Journalism, http://goo.gl/n2bqau
36 Axe, op. cit., http://goo.gl/vHbNQd
NOTE — 163
37 J. Gettleman, M. Mazzetti, E. Schmitt, “U.S. Relies on Contractors in Soma-
lia Conflict”, New York Times, 10/8/2011, http://goo.gl/6ObfFf
Ritorna a pagina 44
Pagina 45:
38D. Axe, “Blogger Shines Light on U.S. Shadow War in East Africa”, Wired,
15/5/2012, http://goo.gl/Qozik1
39cfr. la dichiarazione d’apertura del Generale Carter Ham, ex comandante di
Africom, all’House Armed Services Committee, il 29/2/2012,
http://goo.gl/Hpmq4s
40C. Whitlock, “Remote U.S. base at core of secret operations”, Washington
Post, 25/10/2012, http://goo.gl/bzHf38
41C. Whitlock, “U.S. expands secret intelligence operations in Africa”, Was-
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run U.S. spying missions in Africa”, Washington Post, 14/6/2012,
http://goo.gl/vgZOvF
Ritorna a pagina 45
Pagina 46:
42“Your Interview with the President”, YouTube White House Channel, 30/1/
2012, http://goo.gl/049WfW
Ritorna a pagina 46
Pagina 47:
43 cit. in “Kill/Capture”, Pbs Frontline, 10/5/2011, http://goo.gl/SxprLb
Ritorna a pagina 47
Pagina 48:
44G. Miller, J. Tate, “CIA shifts focus to killing targets”, Washington Post, 1/
9/2011, http://goo.gl/3fmP5T
45 cfr. “The Civilian Impact of Drones: Unexamined Costs, Unanswered Que-
stions”, Center for Civilians in Conflict, Columbia Law School, pp. 51-66,
http://goo.gl/f12DJG.
Ritorna a pagina 48
NOTE — 164
Pagina 49:
G. Miller, “Secret report raises alarms on intelligence blind spots because of
46
CAPITOLO 2
Pagina 53:
51I. Mothama, “How Drones Help Al-Qaeda”, New York Times, 13/6/2012,
http://goo.gl/VUtfPu
Ritorna a pagina 53
Pagina 54:
52 Cit. in Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit., p. 92.
Ritorna a pagina 54
Pagina 55:
53cfr. “The Year of the Drone”, New America Foundation,
http://goo.gl/g6G8o3
Ritorna a pagina 55
NOTE — 165
Pagina 57:
54 Landay, op. cit., http://goo.gl/3Q0ddk
55M. Zenko, “Reforming U.S. Drone Strike Policies”, Council Special Report
No. 65, Council on Foreign Relations, gennaio 2013, p. 10,
http://goo.gl/LNwsww
56 “Obama reflects on drone warfare”, Cnn, 5/9/2012, http://goo.gl/5rxJMt.
57 Zenko, op. cit., p.10, http://goo.gl/LNwsww.
Ritorna a pagina 57
Pagina 58:
58 Miller, op. cit., http://goo.gl/UqjH4A
R. F. Worth, M. Mazzetti, S. Shane, “Drone Strikes’ Risks to Get Rare Mo-
59
NOTE — 166
Pagina 62:
67 cit. in B. Glynn Williams, “The CIA’s Covert Predator Drone War in Paki-
stan 2004-2010: The History of an Assassination Campaign”, Studies in Con-
flict and Terrorism, vol. 33, 2010, pp.871-892.
68 Ibidem.
69 Ibidem.
70C. Swift, “The Drone Blowback Fallacy”, Foreign Affairs, 1/7/2012,
http://goo.gl/5cksmf
Ritorna a pagina 62
Pagina 63:
71 Miller, “Plan for hunting terrorists”, op. cit., http://goo.gl/zlCIBW.
72D. Kilcullen, The Accidental Guerrilla: Fighting Small Wars in the Midst of
a Big One, Oxford University Press, 2009; D. Kilcullen, “Countering global in-
surgency”, Journal of Strategic Studies, vol. 28, n. 4, pp. 597-617.
Ritorna a pagina 63
Pagina 64:
73D. Kilcullen, A. Exum, “Death From Above, Outrage Down Below”, New
York Times, 16/5/2009, http://goo.gl/ZeUL8D.
Ritorna a pagina 64
Pagina 65:
74 “The Civilian Impact of Drones”, op. cit., p. 22, http://goo.gl/J3jMq7,.
Zenko, op. cit., p.10, http://goo.gl/H984J4; G. Johnsen, “How We Lost Ye-
75
Pagina 66:
77 Swift, op. cit., http://goo.gl/Cavy8T.
Ritorna a pagina 66
NOTE — 167
Pagina 67:
78 L. Panetta, “Director's Remarks at the Pacific Council on International Po-
licy”, 18/5/2009, http://goo.gl/3qeKV7
79 “This Week”, Abc, 29/4/2012, http://goo.gl/0zL1rG.
Ritorna a pagina 67
Pagina 68:
80E. Schmitt, “Embassies Open, but Yemen Stays on Terror Watch”, New
York Times, 12/8/2013, http://goo.gl/s04mdV
81 B. Woodward, Obama’s Wars, Simon & Schuster, 2010, p. 106.
82“In U.S., 65% Support Drone Attacks on Terrorists Abroad”, Gallup, 25/3/
2013, http://goo.gl/uffSO7.
Ritorna a pagina 68
Pagina 69:
83 L’episodio è raccontato in Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit., p. 292.
Ritorna a pagina 69
CAPITOLO 3
Pagina 77:
84 Le informazioni necessarie per compilare questa sezione provengono in
massima parte da: Ten. Col. M. Marozzo, “Gli UAV. Valenza strategica nel con-
corso alla formazione del quadro intelligence e problematiche connesse all’im-
piego del sistema d’arma”, Centro Alti Studi per la Difesa, Tesi dell’8° corso su-
periore di Stato Maggiore interforze, 2005-2006; Ten. Col. G. Prestigiacomo,
“Unmanned Aerial Vehicle. Descrizione e problematiche connesse”, Centro Al-
ti Studi per la Difesa, Tesi del 3° corso superiore di Stato Maggiore interforze,
2000-2001; Ten. Col. Alessandro Vivoli, “Gli U.A.V.: una soluzione alla esecu-
zione delle operazioni aeree. Un punto di situazione sui sistemi d’arma in chia-
ve dottrinale”, Centro Alti Studi per la Difesa, Tesi del 7° corso superiore di
Stato Maggiore interforze, 2004-2005; visita degli autori alla base di Amendo-
la (FO), il 19/2/2013.
Ritorna a pagina 77
NOTE — 168
Pagina 83:
85 cfr. M. Mazzetti, The Way of the Knife, op. cit.
Ritorna a pagina 83
Pagina 85:
86“Reaper Replacement Rescinded”, Strategy Page, 2/3/2012,
http://goo.gl/IGraro
87“Stealthy F-35 Sensor To Fly On Avenger UAV”, Defense Tech, 23/9/2009,
http://goo.gl/t66fwz
Ritorna a pagina 86
Pagina 88:
88cfr. W. Wheeler, “The MQ-9′s Cost and Performance”, Time, 28/2/2012,
http://goo.gl/WgRZBs; Congressional Budget Office, Policy Options for Un-
manned Aircraft Systems, Publication 4083, giugno 2011, p. 31.
89cfr. J. Gertler, “U.S. Unmanned Aerial Systems”, Congressional Research
Service, 3/1/2012, p. 35, http://goo.gl/70q42y
Ritorna a pagina 88
Pagina 89:
90D. Zucchino, “War zone drone crashes add up”, Los Angeles Times, 6/7/
2010, http://goo.gl/Y2gnGn
91Vedi ad es., W. Wheeler, “Keeping Track of the Drones”, Time, 1/3/2012,
http://goo.gl/pxvYYz
92C. Whitlock, “U.S. documents detail al-Qaeda’s efforts to fight back against
drones”, Washington Post, 4/9/2013, .
93S. Ackerman, “Air Force Buys Fewer Drones - But Ups Drone Flights”, Wi-
red, 15/2/2012, http://goo.gl/Scf0Et.
Ritorna a pagina 89
Pagina 90:
94 S. Ackerman, “Obama’s Defense Budget Shows the Drone Spending Boom
Is Over”, Wired, 10/4/2013, http://goo.gl/Q9lJaE.
95 Vedi la pagina della General Atomics, http://goo.gl/5ClJv5.
Ritorna a pagina 90
NOTE — 169
Pagina 91:
96T. Zakaria, “In New Mexico desert, drone pilots learn the new art of war”,
Reuters, 23/4/2013, http://goo.gl/yimT2B.
Ritorna a pagina 91
Pagina 93:
97N. Lozito, “L’arma del futuro è già arrivata”, The Post Internazionale, 15/5/
2013, http://goo.gl/WRd67J.
Ritorna a pagina 93
Pagina 95:
98S. Weinberger, “How ESPN Taught the Pentagon to Handle a Deluge of Dro-
ne Data”, Popular Mechanics, 11/6/2012, http://goo.gl/Hywg8I.
Ritorna a pagina 95
Pagina 96:
99S. Ackerman, “Air Force Chief: It’ll Be ‘Years’ Before We Catch Up on Drone
Data”, Wired, 5/4/2012, http://goo.gl/aTPBTB.
100D. S. Cloud, D. Zucchino, “Multiple missteps led to drone killing U.S. tro-
ops in Afghanistan”, Los Angeles Times, 5/11/2011, http://goo.gl/QpFxvZ.
101cfr. “Too Much Information: Taming the UAV Data Explosion”, Defense In-
dustry Daily, 16/5/2010, http://goo.gl/8iePEm; D. Axe, N. Schachtman, “Air
Force’s ‘All-Seeing Eye’ Flops Vision Test”, Wired, 24/1/2011,
http://goo.gl/bFKHjK; E. Nakashima, C. Whitlock, “With Air Force’s Gorgon
Drone ‘We Can See Everything”, Washington Post, 2/1/2011,
http://goo.gl/JB8hUI.
102 Martin, op. cit., pp. 51-55.
Ritorna a pagina 96
Pagina 97:
Per un racconto del lato robot della guerra in Iraq, vedi P. Singer, Wired
103
NOTE — 170
CAPITOLO 4
Pagina 98:
104 Cicerone, Pro Milone, 4, 11.
Ritorna a pagina 98
Pagina 100:
“Authorization for Use of Military Force”, come riportato nella legge 107-
105
18/3/2013, http://goo.gl/If2BGk.
Ritorna a pagina 102
NOTE — 171
Pagina 103:
113E. Holder, lettera all’onorevole Patrick J. Leahy, presidente della commis-
sione Giustizia del Senato del Congresso, 22/5/2013, http://goo.gl/LTxUdS.
114A specificare queste eccezioni è stato il procuratore generale Holder nel di-
scorso già citato in precedenza.
115 “DOJ White Paper”, 4/2/2013, ottenuto da Msnbc
Ritorna a pagina 103
Pagina 104:
116 Articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, http://goo.gl/X1uDIK.
Come stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia nella sentenza del
117
NOTE — 172
Pagina 109:
122“Opening Statement by UN High Commissioner for Human Rights Navi Pil-
lay at the 23rd session of the Human Rights Council”, Ginevra, 27/5/2013,
http://goo.gl/9JPdOJ.
123“Report of the Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrary
executions”, Human Rights Council, 28/5/2010, http://goo.gl/rN5xBb.
124“Statement of the Special Rapporteur following meetings in Pakistan”, Offi-
ce of the High Commission for Human Rights, 14/3/2013,
http://goo.gl/xESiaM.
Ritorna a pagina 109
Pagina 110:
125W. E. Murnion, “A Postmodern View Of Just War”, in S. P. Lee (a cura di),
Intervention Terrorism, And Torture: Contemporary Challenges To Just
War Theory, Springer, 2007.
126Come riportato in J. Raines, “Osama, Augustine, and Assassination: The
Just War Doctrine and Targeted Killings”, Transnational Law & Contempora-
ry Problems, vol. 12, n. 1, 2002, pp. 217-221.
Ritorna a pagina 110
Pagina 111:
127Il protocollo addizionale alla Convenzione di Ginevra del 12/8/1949 e il pro-
tocollo I relativo alla protezione delle vittime di conflitti armati internazionali
dell’8/6/1977.
128 Stando all’articolo 52(2) del protocollo I.
129Come riportato in H. Spieker, “Civilian Immunity”, Crimes of War,
http://goo.gl/W76YVk.
Ritorna a pagina 111
NOTE — 173
Pagina 113:
K. Chick, “US Drone Strikes Kill Seven in Pakistan Taliban Stronghold”,
130
NOTE — 174
Pagina 117:
139Z. Khan, “Waziristan drone attack: Taliban faction threatens scrapping pea-
ce deal”, The Express Tribune, 21/3/2011, http://goo.gl/g7F0XT.
140Principi fondamentali della Croce Rossa Internazionale, vedi
http://goo.gl/eIhtSU.
Ritorna a pagina 117
Pagina 118:
B. Obama “Remarks by the President at the National Defense University”,
141
Moral Argument with Historical Illustrations, New York, Basic Books, 1977.
Ritorna a pagina 121
Pagina 122:
147 Ivi, p. 126.
Ritorna a pagina 122
NOTE — 175
CAPITOLO 5
Pagina 129:
148La nascita del programma Predator italiano è raccontata in B. Di Martino,
“L’Aeronautica Militare e il programma Predator”, Rivista Aeronautica, n. 2,
2004, pp. 56-61.
149cfr. R. Corsini, “I Predator italiani in Iraq”, Rivista Aeronautica, n. 1, 2005,
pp. 22-29.
Ritorna a pagina 129
Pagina 130:
150 I dettagli sono raccontati in ibidem.
Ritorna a pagina 130
Pagina 131:
151I dettagli della missione di addestramento sono raccontati in Martin, op.
cit., pp. 150-169.
Ritorna a pagina 131
Pagina 132:
152Ten. Col. L. Comini, “La funzione ISTAR del sistema Predator nelle opera-
zioni militari: il caso Antica Babilonia”, Centro Alti Studi per la Difesa, tesi del
9° corso superiore di Stato Maggiore interforze, 2005-2006.
Ritorna a pagina 132
Pagina 134:
153 cfr. Martin, op. cit., pp. 175-178.
Ritorna a pagina 134
Pagina 137:
T. Vanden Brook, “IED casualties dropped 50% in Afghanistan in 2012”,
154
NOTE — 176
Pagina 142:
cfr. i dati in Missione Libia 2011: Il contributo dell’Aeronautica Militare,
156
NOTE — 177
Pagina 147:
Entrambe le citazioni da A. Entous, “U.S. Plans to Arm Italy's Drones”,
163
NOTE — 178
Pagina 151:
N. Abé, “Dreams in Infrared: The Woes of an American Drone Operator”,
172
NOTE — 179
BIBLIOGRAFIA
GLI IMPERDIBILI
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americana contro al-Qa’ida. L’autore è un giornalista investigativo che
attraverso viaggi in Yemen e Somalia, voli in Pakistan, interviste esclusi-
ve con i protagonisti - da entrambi i lati - di questa sfida segreta raccon-
ta la deriva di una guerra diventata permanente per gli Stati Uniti. E lo
fa narrando come l’America ha risposto all’Undici Settembre e concen-
trandosi su un caso di eliminazione di un qaidista, quello più controver-
so, quello di Anwar al-Awaki, primo cittadino americano a essere assas-
sinato dalla guerra civile dell’Ottocento.
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Zenko M. “Reforming U.S. Drone Strike Policies” Council Special
Report No. 65, Council on Foreign Relations, Gennaio 2013
Redatto da uno degli analisti militari più acuti e critici d’America, que-
sto rapporto è un manuale per ogni futura amministrazione americana
per riformare il programma dei droni. L’autore non è affatto contrario
all’uso degli aerei senza pilota nella guerra ad al-Qa’ida ma è convinto
che la facilità del ricorso a quest’arma comporti problemi strategici per
gli Stati Uniti.
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