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Damiano Oberoffer

IL MISTERO DELLA FEDE

The Boopen Editore

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© 2009 Damiano Oberoffer
www.damianooberoffer.com

The Boopen Editore S.r.l.


Via Seggio del Popolo 22, Napoli
www.boopen.it

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Alla mia famiglia,
prima di tutto.

A credenti e non credenti,


in particolare.

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“La fede comincia là dove la ragione finisce.”
Sören Kierkegaard

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Nessuno riesce a crederci. Ieri, sì, proprio ieri, nel piccolo paese
di Nevanzo, una donna ha affermato di essere venuta a contatto
con la forza divina, la quale l’avrebbe ricondotta ad
un’esistenza pari a quella delle altre persone. La signora ha vo-
luto per il momento mantenere l’anonimato.
Da molto tempo si trovava sulla sedia a rotelle; adesso, inspie-
gabilmente, ha ricominciato a camminare. Sua madre si era as-
sentata per fare il bucato; rimasta sola, chiamata da un’insolita
luce, si era diretta verso un bosco nei pressi della sua abitazione,
dove, stando al suo racconto, la mano del Signore l’avrebbe toc-
cata, guarendola dalla sua condizione, nell’arco di pochi secon-
di.
Si tratta di un miracolo? E’ questa la domanda che si stanno
ponendo in molti in quel paesino. Il parroco ha già informato la
diocesi: la notizia, dunque, potrebbe giungere persino in Vati-
cano, il quale, si ipotizza, potrebbe anche considerare l’ipotesi
di inviare degli esperti per accertamenti.

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Una cosa era certa: non avrebbe mai imparato ad usare il


computer. Quel nuovo portatile, solevano ripetere i suoi
collaboratori, gli avrebbe dato un grande aiuto a svolgere
i suoi “doveri burocratici”, ma lui, forse un po’ per pigri-
zia, non era mai riuscito a trovare in quell’aggeggio una
concreta utilità. Preferiva, da testardo, usare la vecchia e
fedele macchina da scrivere. Ogni qualvolta che provava
ad accendere quel computer, finiva nel novanta per cento
dei casi col bloccarlo.
Da oltre tre ore, il vescovo Giovanni Bazzanchi stava
incollato alla sedia della sua scrivania a firmare carte,
leggere e scrivere documenti. Un “lavoraccio”, come si
diceva spesso, ma assolutamente necessario. Per ogni
uomo di Chiesa ai suoi livelli era richiesto anche il sacri-
ficio di passare tra le mani carte di ogni colore, formato e
tipo.
Appena finì la bottiglietta d’acqua che teneva sempre
sul tavolo, il telefono cominciò a squillare. Si tolse gli oc-
chiali e alzò la cornetta. «Bazzanchi… Sì, hai bisogno?...
No, sono ancora in ufficio… Sì… Una lettera?... Da Ro-
ma?... Va bene, dammi solo un minuto.» E chiuse la co-
municazione. Dopodiché si affrettò a riordinare tutti gli
incartamenti che aveva sparso sulla scrivania e a riporli
in un armadio a muro sul fondo del locale.
In pochi secondi scese i due piani di scale dell’edificio
e uscì sul piazzale antistante.

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Ad attenderlo c’era l’uomo della telefonata: il suo se-
gretario, Massimo di Carlo. «Mi dispiace averla disturba-
ta, ma si tratta di qualcosa di molto importante» si spiegò,
aprendo la porta dell’auto. «Guido io, le dispiace?»
«Fa’ pure» rispose il vescovo.
Dopo che quest’ultimo fu salito, l’altro accese il moto-
re e si avviò verso la strada principale, distante pochi me-
tri.
«Sputa il rospo, Massimo. Dove stiamo andando, ma
soprattutto, per quale inspiegato motivo? E poi così di
fretta?»
«Ora le spiego. La lettera di cui le ho accennato al tele-
fono è arrivata ieri mattina. L’ho letta: contiene notizie
molto delicate.»
«Potrei vederla?»
Il segretario svoltò a sinistra, in direzione
dell’autostrada. «E’ sul sedile dietro di lei.»
Bazzanchi allungò il braccio, afferrò la busta e l’aprì.
Conteneva un semplice foglio, intestato a lui. Il testo di-
ceva:

Sua Eccellenza Monsignor Giovanni Bazzanchi,


con la presente La informiamo che la Santa Sede, in seguito
a notizie di un presunto miracolo in un paese di nome Nevanzo,
sito nella sua diocesi, ha ferma intenzione di indagare sui fatti
che si sono verificati in quella località e gradisce, pertanto, un
suo attivo impegno per far fronte alle nostre esigenze.
Attendiamo notizie riguardo il caso. Non è nelle nostre in-
tenzioni assistere a voci di “miracolo divino” senza che siano
state riscontrate prove certe del suo reale verificarsi.

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La ringraziamo fin d’ora per il minuzioso lavoro di ispezio-
ne che vorrà offrire alla Chiesa Cattolica.
Cordiali saluti,

Cardinale
Fabrizio Torvona

«Perbacco! Una vera e propria missione top-secret, al-


lora! Un incarico di notevoli difficoltà!» Bazzanchi era più
stupito che eccitato. Non aveva mai indagato su un mira-
colo.
«Ho telefonato a Roma e mi hanno autorizzato a se-
guirla in ogni passo della vicenda. Inoltre, mi sono in-
formato per bene riguardo alla strada da percorrere per
raggiungere questo paese, Nevanzo; in un paio d’ore sa-
remo là.»
«Sai qualcosa di più su questo possibile miracolo?»
«Sì, ma non molto. Al telefono mi hanno spiegato che
il caso su cui dovrà indagare riguarderebbe, pensi, la
completa guarigione di una donna inferma da tempo, co-
stretta da anni su una sedia a rotelle. Un evento quasi in-
credibile. Purtroppo, però, non so altro.»
«Interessante...»
«Già.» Massimo accese la radio.
«Indagheremo insieme. Non posso farcela da solo.
Ormai sono diventato vecchio e rimbambito.»
L’altro sorrise. «Non pensavo gliene importasse più di
miracoli alla Santa Sede. Credevo fossero passati ad al-
tro.»

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«Evidentemente» proseguì il vescovo «sono ancora
attuali e vengono considerati aspetti di concreta espres-
sione dell’infinito potere di Nostro Signore.»

Come quasi tutti i paesi di montagna, anche Nevanzo


giaceva tranquillo tra boschi di aghifoglie e latifoglie.
Un’antica leggenda narrava che il nome gli fosse stato at-
tribuito dopo che lunghe e terribili nevicate avessero
provocato centinaia di morti, avvenute nei villaggi limi-
trofi ai tempi del Medioevo, risparmiando inspiegabil-
mente il paese, non toccando neppure una sola casa. Per
questo era stato ribattezzato come il luogo “avanzato dal-
la neve”.
Stravolti per lo stancante tragitto, Monsignor Bazzan-
chi e il suo segretario arrivarono, finalmente, dopo poco
più di due ore, nel cuore di quel paesino sperduto, al co-
spetto dell’unica e semplice chiesa, che dava sulla piazza
principale: pochi metri quadrati di porfido contornati da
antiche case ricoperte da tetti in sasso.
Posteggiarono l’auto dinnanzi il piccolo alberghetto.
«Eccoci arrivati.» Massimo di Carlo spense il motore.
«Ora come intendi procedere?» gli domandò il vesco-
vo.

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«Per prima cosa direi di prendere due camere, sicu-
ramente dovremo stare qui qualche giorno.»
«Miseria, non ci avevo pensato. Sicuramente ci vorrà
del tempo per indagare su questo fatto… e io, non mi so-
no portato alcun vestito di ricambio! E adesso?»
«Tranquillo, monsignore, ci ho pensato io.» Uscì
dall’auto ed aprì il bagagliaio, estraendo due piccole va-
ligie. «In una di queste mi sono permesso di inserire al-
cuni abiti più o meno della sua taglia.»
«Geniale, Massimo! Come farei senza di te?» Il vesco-
vo trasse un respiro di sollievo.
Subito dopo entrarono nella piccola hall dell’albergo e
si fecero dare due camere dal gentile proprietario. Baz-
zanchi si prese una singola; il segretario dovette accon-
tentarsi di una doppia.
Portarono i leggeri bagagli al piano superiore, poi,
dopo pochi minuti, si ritrovarono al bar dell’hotel per or-
ganizzare, a grandi linee, il lavoro dei giorni successivi.
«Non mi sembra neanche vero...» Il segretario bevve
un sorso di caffè.
«Che cosa?» gli domandò il suo superiore.
«Di essere qui, con lei, ad indagare su un presunto
miracolo, sotto esplicita richiesta della Santa Sede.»
«Giusto, questa è la tua prima vera e propria uscita
come mio segretario...»
«Davvero non beve niente?»
«No, grazie. Sono a posto così.»
«Durante il suo breve sonnellino lungo il viaggio, ho
riflettuto un attimo sul da farsi» cominciò Massimo.
«Sentiamo...»

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L’altro si mise più comodo. «Innanzi tutto, credo do-
vremmo parlare col parroco locale: senza dubbio saprà
molto sulla vicenda. Dopodiché, direi di andare a cono-
scere questa donna che dice di essere stata guarita dalle
mani del Signore. Che ne pensa?»
Bazzanchi annuì. «Sì, va benissimo. Domattina fac-
ciamo una bella colazione, andiamo a trovare il parroco
di questo paesello e gli chiediamo di accompagnarci dalla
nostra miracolata.»

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Quella sera d’autunno era gelida. Sotto la luce dei pochi


lampioni si scorgevano volare di tanto in tanto foglie sec-
che, spinte da un’aria furiosa.
Nell’ombra più assoluta di una stretta viottola, due
losche figure racchiuse in pesanti cappotti, erano nasco-
ste dietro un muro di pietre parzialmente diroccato. Non
erano lì da molto.
«Il piano è questo. Non voglio aggiungere altro...»
disse uno.
«Ti ricorderai della mia parte, spero?» gli rammentò
l’altro.
«Stai tranquillo, li sto già preparando. Avevamo detto
cinquecento, giusto?»
Il secondo uomo si guardò in giro, per assicurarsi ul-
teriormente che non ci fosse nessuno, che nessun’anima
avesse potuto sentirli. «Esatto, cinquecento mila.» Poi gli
si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla: «Hai già
pensato al mio rifugio?»
«Non ti preoccupare, ho già in mente tutto. Devi solo
fidarti di me, come io ho già fatto con te in passato. Que-
sta, credimi, è la volta decisiva.»

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Giovanni Bazzanchi aveva sessantanove anni. Fino all’età


di diciotto non aveva seguito la fede cattolica. Per tutta la
sua adolescenza ed oltre non aveva voluto mai avvicinar-
si a Dio, forse perché veniva da una famiglia non così
credente come le altre. Comunque, sta di fatto che, a
compimento del suo diciottesimo compleanno, qualcosa
in lui era cambiato, probabilmente influenzato dagli ami-
ci e dai conoscenti della sua cittadina di pianura: quello
che prima era il Bazzanchi non credente, divenne ben
presto un aspirante sacerdote, ed un malaugurato guaio
per i suoi genitori, poveretti, più impegnati a mandare
avanti i campi che a pregare.
Qualche anno dopo, terminato il seminario, ebbe però
un ripensamento, che lo allontanò dal voto: si innamorò
di una giovane donna di un paese vicino. In quello stesso
periodo, morì suo padre di un’orribile malattia e lui, crol-
lato in depressione, decise di lasciare la sua compagna e
tornare sui suoi passi. Per continuare la vita sacerdotale,
però, dovette chiedere l’aiuto di un suo vecchio compa-
gno di seminario, che riuscì, mediante conoscenze, a can-
cellare definitivamente dai suoi ricordi quel passato non
tollerato dalla Chiesa. Poco dopo divenne parroco della
sua città natale e da lì riuscì a raggiungere la nomina di
vescovo.
Erano passati molti anni, però qualche incertezza sul-
la propria fede ritornava di tanto in tanto a farsi sentire,

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come uno sconosciuto che bussava alla porta: il motivo di
questo fatto non riuscì mai a spiegarselo. Forse, nemme-
no Dio avrebbe saputo dargli una risposta.
«Eccomi qua, monsignore. Scusi per il ritardo, ma a-
vevo dimenticato di caricare la sveglia.» Massimo lo fece
sobbalzare.
«Quindi, non hai fatto colazione?»
«Ho preso un cappuccino.»
«Ah, che splendida giornata!» disse Bazzanchi osser-
vando il cielo azzurro.
«Già... Mentre lei aspettava qui fuori, mi sono infor-
mato dal barista su dove si trovi la casa parrocchiale: è
dietro la chiesa.» Massimo si sistemò i capelli.
«Ben fatto. Andiamo, allora…»
In cinque minuti, a piedi, raggiunsero l’abitazione del
parroco.
Il segretario bussò.
Dopo alcuni secondi, venne ad aprire l’anziana perpe-
tua: «Buongiorno.»
Bazzanchi si fece avanti: «Buongiorno, signora. Siamo
inviati del Vaticano, sa… riguardo il miracolo accaduto
qui un mese orsono. Io sono il vescovo Giovanni Bazzan-
chi e lui è il mio segretario, Massimo di Carlo. Volevamo
parlare con il parroco, è in casa?»
La donna li scrutò da capo a piedi, poi li invitò a en-
trare e ad aspettare. Avrebbe subito avvisato il parroco.
Lasciati soli, i due si sedettero sulle uniche sedie che
c’erano in quel locale orribilmente scuro e trasandato, se-
gno inequivocabile del tempo e delle maniere disordinate
degli inquilini.

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Subito dopo, si presentò a loro il parroco di Nevanzo.
«Benvenuti, io sono don Aldo Rusconi… E’ un piacere
averla qui, monsignore!» disse, stringendogli la mano.
«Non faccia così tante cerimonie, don Aldo. Non so se
si ricorda, ma noi ci siamo già conosciuti, rammenta?
Conferenza sui poveri del mondo...»
«Vero, una giornata indimenticabile... Ma, lasciamo
stare e focalizziamo il discorso sui problemi che ci afflig-
gono. Sarete qui per questo, immagino.» Sorrise, accom-
pagnandoli nella veranda che dava sulla chiesa poco sot-
to. «Eravate già stati in questo paese?»
«Purtroppo, non ne ho mai avuto l’occasione» rispose
Massimo.
Il vescovo andò direttamente al sodo. «Cos’ha da dirci,
don Aldo, riguardo a ciò che è successo alla sua paesa-
na?»
Il prete, ormai settantottenne, trasse un profondo re-
spiro: «Non molto distante dalle ultime case qui sopra,
appena addentrati nella boscaglia, c'è un grosso masso,
probabilmente franato dalla montagna in età preistorica.
E’ proprio lì, che il Signore ha deciso di manifestarsi a
una di noi: la nostra cara Sofia.»
«Ci risulta che questa signora fosse inferma da tempo,
costretta a condurre la vita su una sedia a rotelle, è ve-
ro?»
«Esattamente, esattamente. A quanto pare, soffriva
anche di un continuo e tremendo mal di testa. Poverina,
faceva molta fatica, ma veniva sempre a messa, spesso
sola, senza alcun aiuto» spiegò loro don Rusconi.
«Brutta storia, mi dispiace per lei.» Massimo espresse
il suo pensiero ad alta voce.

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«Per grazia ricevuta, ora questa donna non soffre più:
è completamente guarita. Se questo non è un miracolo?!»
continuò il parroco.
«Mi perdoni, Padre. Credo che prima di giungere a
conclusioni affrettate sarebbe meglio accertarsi per bene a
riguardo. Con questo, però, non voglio dire che scartia-
mo l’ipotesi di miracolo a priori, soltanto di essere molto
prudenti e di aspettare, pazienti, l’esito delle indagini che
condurremo, se ce ne sarà uno, chiaramente» spiegò, de-
terminato, il segretario.
Infine parlò Bazzanchi, serio: «Possiamo incontrarla?»
L’altro guardò l’ora. «Venite, vi accompagno.»

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«Prego, prego. Accomodatevi. Gradite una tazza di caffè


o tè?» Sofia Pedrotti li fece accomodare.
«Non si disturbi, signora. Non vogliamo farla lavora-
re» disse Bazzanchi.
«Sofia, loro sono stati mandati qui direttamente dal
Vaticano per analizzare il tuo caso» le spiegò, calmo, don
Aldo.
«Finalmente posso avere l’onore di raccontare la mia
storia a qualcuno competente.» La donna si appoggiò al
calorifero situato sotto la finestra. «Per quattro settimane
ho aspettato questo momento.»
Di Carlo estrasse dalla sua valigetta un block notes.
«Ci racconti, signora. Siamo tutt’orecchi.»
Gli altri due non aprirono bocca, aspettarono soltanto
che la donna iniziasse a parlare.
«Un mese fa, precisamente un mese e un giorno, mi
recai a messa come tutte le altre domeniche con la mia
carrozzella. Terminata la funzione, per tornare a casa vol-
li fare un giro più lungo, ma più pianeggiante, percor-
rendo la strada asfaltata che arriva proprio fino alla par-
rocchia. Quando giunsi nei pressi del vecchio lavatoio
comunale, la mia attenzione venne distolta da una strana
luce proveniente dal bosco situato proprio dietro. A quel
punto, mi dissi: “che strano”. Infatti, la giornata era nu-
volosa e la possibilità di notare dei bagliori era nulla, sic-
come il sole non c’era. Decisi di addentrarmi in qualche

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modo per quel sentiero, tenuto sempre pulito dai pro-
prietari delle baite poco più sopra. Più mi avvicinavo, e
più quella luce aumentava la sua intensità, ma quando
arrivai a una distanza di qualche metro da essa, questa
scomparve all’improvviso. Fin da subito, mi accorsi che
quello non era un fenomeno normale. Durante la mia vita
non mi è mai capitato di assistere a qualcosa di simile.»
«E poi, cosa fece?» la interruppe Monsignor Bazzan-
chi.
«Potrebbe sembrare buffo, lo so, ma mi fermai a pre-
gare. Pregare come mai avevo fatto fino ad allora. Dentro
di me sentivo qualcosa di nuovo, non so come spiegarlo
diversamente.»
Massimo annotò tutto, gli appunti erano essenziali.
Ciò che aveva sentito era straordinario, inedito. Scrivere
su un tale tema gli sembrava quasi di sognare. Incredibile:
due giorni prima stava rinchiuso in un affollato ufficio a
masticare carte ed ora, insieme al suo maestro di vita, il
monsignore, stava seduto nella casa di una donna che af-
fermava di essere stata guarita da una forza soprannatu-
rale. «Lei pensa, Sofia, che Dio in quel momento, insom-
ma… era entrato a far parte di lei?»
La donna fece un cenno di assenso con la testa. «Ne
sono sicura.»
«Dopodiché? Ci racconti, siamo curiosi» pronunciò il
vescovo, parlando anche per gli altri.
La donna prese fiato. «Quando terminai di pregare,
uno strano silenzio mi avvolse, contornò tutto l’ambiente
intorno a me: il fruscio degli alberi e il canticchiare degli
uccellini erano scomparsi. Un attimo e, proveniente
dall’alto, sentii una voce, una bellissima voce maschile,

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che mi chiamò più volte per nome. In quell’istante mi
parve di essere in un altro mondo, eppure ero sempre lì,
tra quegli alberi e non molto distante da una grande roc-
cia dove, qualche anno prima, era già successo qualcosa
di simile.»
“Qualcosa di simile? Un altro miracolo?” Massimo di
Carlo era sbalordito da quel racconto.
«Quell’uomo che, sfortunatamente, non riuscivo a
vedere, ma sentivo soltanto, mi disse che le mie lunghe
sofferenze sarebbero state ripagate con la guarigione. Gli
domandai cosa intendesse e quella voce mi suggerì di
guardarmi le gambe, facendomi capire che si riferiva alla
mia infermità.» La donna si asciugò alcune lacrime.
«Chiedo scusa, signora Sofia. Come ha perso l’uso
delle gambe, se non sono troppo indiscreto?» le chiese il
segretario, rosicchiando la stilografica.
Lei lo guardò negli occhi, più cupa: «Un incidente, un
malaugurato incidente.»
«La ringrazio.» Lo segnò sul foglio.
«Non dimenticherò mai la frase che mi disse: la tua fe-
de è grande, come grande è il Regno dei Cieli. Che tu possa al-
zarti e camminare per le vie del Signore... Dopo quella frase
così forte e significativa, quasi d’istinto, mi alzai in piedi:
ero guarita.»
Possibile? Era di fronte a un reale miracolo? Monsi-
gnor Bazzanchi era alquanto confuso. E come non esserlo,
d’altra parte: si trattava del primo caso di quel tipo che
analizzava nella sua carriera ecclesiastica. Come era gua-
rita quella donna? Per opera di chi? Di Dio? Diamine,
perché mai, una persona così avrebbe potuto inventarsi
una sciocchezza simile, una burla così ben costruita e

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precisa nei minimi particolari? No, era fuori luogo.
Guardandola in faccia, si vedeva che non stava raccon-
tando frottole. «E lei, quindi, crede veramente sia stato il
Signore ad aiutarla? O almeno ne è pienamente convinta,
a quanto ho capito.»
«Senza alcun dubbio.»
«Le faccio una domanda: perché Dio Padre sarebbe
accorso a soccorrerla? Per quale motivo, secondo lei?»
«Sinceramente, non saprei. Però ho la prova delle pa-
role che vi ho appena detto, e soprattutto, l’ora
dell’apparizione di quella voce, che io reputo molto signi-
ficativa: le 12 e 33.»
«Perché, significativa?» parlò don Aldo, rimasto muto
fino a quel momento.
«Dodici è il numero degli apostoli di Gesù, trentatré
sono gli anni che aveva quando è stato crocifisso.» A sen-
tire il suo tono di voce sembrava molto convinta e sincera.
Massimo di Carlo alzò lo sguardo verso le pareti del
salotto: né una croce, né qualche altro oggetto di tipo re-
ligioso. Solo alcuni quadri di pittori probabilmente del
luogo.
Sofia Pedrotti li lasciò un attimo, recandosi in una
piccola stanza che adibiva a locale dispensa. Da questa
uscì spingendo la sedia a rotelle che l’aveva accompagna-
ta per tanto tempo, ripiegata per facilitarne il trasporto,
come qualsiasi altra. Si rivolse ai tre uomini: «Ed ecco, la
prova più importante.»
Giovanni Bazzanchi e il suo collaboratore osservarono
quella carrozzina, lucidissima, all’apparenza nuova.
«L’aveva comprata da poco?» le chiese il monsignore.

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Lei esitò un attimo prima di rispondere. «Be’… Ec-
co… Diciamo che la tenevo con una certa cura.»
«Un’ultima cosa, se mi permette…» pronunciò il se-
gretario, sempre intento a registrare appunti.
«Mi dica…»
«Don Aldo, prima di venire qui, ci ha accennato che
lei, oltre all’impossibilità di camminare, soffriva anche di
continua emicrania, giusto?»
«Sì, sino al giorno del miracolo. Da allora in poi non
l’ho più avuta. Non penso si tratti soltanto di un caso.»
«E’ stata molto precisa, signora. Le siamo grati. Natu-
ralmente, lei capirà, le nostre ricerche non possono fer-
marsi a questo punto, sarebbe troppo semplice e scontato.
Le auguriamo buon proseguimento. Il nostro lavoro è
appena cominciato.»

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Nella deliziosa sala da pranzo dell’albergo c’erano sì e no


dieci persone.
«In vita mia non ho mai assaggiato una carbonara così
buona.» Monsignor Bazzanchi terminò gli spaghetti.
«E che porzione abbondante!» concordò il suo segre-
tario.
«Non ti ho ancora chiesto cosa ne pensi riguardo la
descrizione che ci ha fornito la signora Sofia» iniziò il ve-
scovo.
«Non è facile dare un giudizio. Ciò che abbiamo senti-
to è una storia veramente sbalorditiva, come ogni miraco-
lo che è successo. Una donna inferma che inspiegabil-
mente inizia a camminare non può che fare piacere, ma
anche pensare…» Si pulì la bocca con il tovagliolo.
Nel frattempo, la giovane cameriera sbarazzò loro i
piatti del primo, portando dell’altra acqua naturale.
«Hai pienamente ragione. Non abbiamo ancora delle
prove certe e indiscutibili per gridare al miracolo. Quello
che mi ha fatto riflettere, se devo essere sincero, è il modo
in cui Sofia ci ha spiegato l’accaduto: non so tu, ma io ho
percepito in lei tutto il dolore che aveva provato durante
la sua infermità e, quando ci ha mostrato la sedia a rotelle,
ho avvertito sincerità e profonda commozione.»
Massimo di Carlo bevve un sorso di rosso. «Monsi-
gnore, questa domanda potrebbe sembrare banale, ma lei
crede nei miracoli?»

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«Vedi, Massimo, è per me difficile esporre la mia tota-
le approvazione per tutti i miracoli che hanno in qualche
modo mandato avanti la nostra quotidianità per lungo
tempo. Non sempre ogni guarigione straordinaria è sino-
nimo di miracolo: per questo la Chiesa, insieme agli
scienziati, ha il dovere di indagare per accertarsi che die-
tro non si nascondano delle spudorate menzogne. Ci so-
no stati casi in cui si è scoperto che tutto portava al dena-
ro; spero che non sia così anche in questo caso.»
La cameriera ritornò con due piatti di bollito misto e
patate lessate.
«E cosa mi dice di Lourdes?» Massimo tirò fuori un
argomento all’apparenza così distante, ma molto vicino
alla loro situazione.
«Se non ricordo male, ben quattromila casi esaminati
legati a quella località sono stati accettati come guarigioni.
L’intervento divino, però, è stato legato dalla Chiesa a so-
lamente sessantasette di essi.» A Giovanni Bazzanchi
piaceva essere informato.
«Un po’ pochi, forse.»
Il vescovo ingoiò un pezzo di carne prima di prose-
guire. «Secondo me, invece, è un numero altamente signi-
ficativo, segno che qualcosa era successo davvero. La
gente del luogo, almeno inizialmente, aveva criticato
Bernadette, reputandola persino pazza, malata di mente,
troppo incentrata sul suo credo. Eppure le guarigioni ci
sono state, fino a prova contraria.»
«Trovare risposte rilevanti agli enigmi che avvolgono
questi casi è un’impresa ardua» concluse il segretario.
«Quella donna, ha sentito anche lei, è stata guidata da
una luce in pieno giorno, nel luogo dove ammette di aver

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udito frasi come: che tu possa camminare per le vie del Signo-
re.»
«Sai qual è il mio problema adesso?» Bazzanchi ester-
nò i suoi timori.
«Non saprei. Qual è?»
«Cosa dovremo fare ora? Come intendi procedere? Sai
benissimo che sono ben disposto ad accettare i tuoi saggi
consigli» disse il vescovo.
L’altro rifletté, poi gli rispose subito: «Perché non ci
facciamo una chiacchierata con il medico di Nevanzo?
Arrivando, ieri, ho notato che nella piazza principale c’è
un ambulatorio, sempre che sia ancora in uso...»
Giovanni Bazzanchi non poté che annuire. «Perfetto,
ottima idea.»

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Nevanzo non raggiungeva nemmeno i cinquecento abi-


tanti. Isolato dal resto del mondo, fin dall’epoca romana
giaceva tranquillo incastonato tra le montagne di quella
lunga ed insidiosa valle del nord Italia. Ormai comple-
tamente disabitato, una volta era un attivo centro di pa-
storizia e stazione di riposo per i contrabbandieri, che con
i loro sacchi pesantissimi avevano sfidato quelle alte vette
per lunghissimo tempo. Il corpo centrale del paese era
costituito da un agglomerato di case da muri e tetti di
pietra, con finestre piccole e inferriate quasi dappertutto.
Le poche nuove abitazioni erano per lo più di proprietà
di villeggianti, che, di tanto in tanto, riuscivano a conce-
dersi qualche momento di relax tra quei boschi inconta-
minati e ruscelli sempre ricchi di acque cristalline.
Purtroppo, lo sostenevano in molti, l’avvento delle
fabbriche nel fondovalle stava provocando una progres-
siva ed inarrestabile disfatta dell’agricoltura e
dell’allevamento in quella zona, con il conseguente
drammatico proliferare di rovi nei prati e il continuo a-
vanzare degli alberi verso le aree edificate.
Ciò che non mancava in quel luogo così lontano dalla
realtà era la pace, la pura e vera calma. Alloggiava
nell’aria quasi impossibile da descrivere, una sensazione
unica, diversa, distante dal caos cittadino e
dall’inquinamento industriale. Per alcuni, persino troppa
tranquillità. Ma non è forse questa serenità la voce della

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montagna? Una voce, quella, che era stata zittita improv-
visamente da un fatto inspiegabile, soprannaturale, ma
non totalmente sconosciuto a quella gente, siccome già
dieci anni prima un’altra donna se n’era andata per le
strade a gridare di essere stata miracolata.
Dopo due sole settimane dalla notizia, già alcuni pel-
legrini avevano raggiunto la località, inginocchiandosi a
pregare nel luogo dove Dio, a quanto aveva detto Sofia
Pedrotti, era apparso a guarirla.
Quella giornata era maledettamente fredda. Gli alberi,
ormai privi di foglie, parevano forme secche e sconosciu-
te che s’innalzavano verso il cielo plumbeo. Di tanto in
tanto, il vento portava alle case del centro storico il suono
dei canti della messa, che si stava svolgendo nell’affollata
chiesa.
«E ricordate, fratelli, se Dio ha deciso di manifestarsi
nella nostra piccola comunità, ciò significa che c’è qual-
cosa di speciale in noi, qualcosa di veramente importan-
te.» Don Aldo stava recitando la sua omelia atipica: an-
che se non era domenica, la riteneva necessaria.
Tra i tanti presenti, un buon numero era rappresenta-
to da forestieri.
«Sapete cosa possediamo noi più di molti? La vera fe-
de, la sincera volontà di credere nell’Altissimo. Non sia-
mo come tanti cristiani praticanti ma non fermamente
credenti, effimeri fedeli alla ricerca di qualche aiuto divi-
no soltanto all’occorrenza. Credere in Dio, ricordatevi di
ciò che vi sto dicendo, non sempre può significare prega-
re o fare la comunione: la fede è tutt’altro che un fatto di
esteriorità; quella vera sta dentro ognuno di noi. Ma, at-
tenzione, non deve esservi entrata per forza: solo per vo-

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lontà.» Trasse un respiro. «L’apparizione di Dio alla no-
stra compaesana rappresenta, senza ombra di dubbio,
una prova inconfutabile della nostra convinta credenza in
Lui.»
Qualcosa di interessante risiedeva tra quelle parole,
Monsignor Bazzanchi ne era sicuro. Il più grande timore
che aveva cominciato ad assalirlo, quella notte passata
quasi insonne, era di non riuscire ad inviare a Roma una
risposta soddisfacente che avrebbe rovinato la sua figura
di vescovo e portato in alto strane voci sul suo conto. Un
vescovo non poteva sbagliare, non doveva fornire analisi
imprecise o insoddisfacenti. Sarebbe stato bellissimo po-
ter rispondere alla Santa Sede che, indiscutibilmente, Dio
si era manifestato sulla terra, ma la sua sfortuna e la
mancanza di prove, almeno fino a quel momento, lo ob-
bligavano ad allontanarsi da quella direzione. Inoltre, la
sua personalità a volte incerta, lo sentiva, stava già co-
minciando ad assalirlo: non poteva permetterselo. Strinse
con forza la croce che teneva appesa al collo e guardò
l’altare: il parroco stava celebrando l’eucaristia.
All’improvviso, dopo quel breve attimo di riflessione, il
suo volto tornò disteso. Ciò che lo confortava maggior-
mente era la vicinanza del miglior collaboratore che aves-
se mai potuto incontrare nella sua vita, Massimo di Carlo,
ma soprattutto le sue idee e la sua determinatezza a svol-
gere i compiti che gli venivano assegnati.
Senza nemmeno capire a che punto della celebrazione
fossero arrivati, Bazzanchi si sedette, imitando gli altri.
La sua mente, in quel momento, non era capace di tolle-
rare anche lo sforzo di seguire la messa nei minimi detta-
gli.

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Guardò il soffitto affrescato ed iniziò a formulare den-
tro di sé, le domande che, quel pomeriggio, avrebbe fatto
al medico di Nevanzo.

Il segretario era arrivato in cima alla lunga scala; Bazzan-


chi stava salendo gli ultimi gradini, ansimante. A quel
punto, l’attenzione del segretario fu attirata dalla scritta
sbiadita sulla piccola insegna appesa ad una delle due
porte di fronte a lui, socchiusa.
«Monsignore, questo è l’ambulatorio del paese.» Gli
indicò la targa dorata. «O, almeno, così sembrerebbe…»
«Ben fatto.» Si asciugò la fronte con il suo fazzoletto
di seta.
Dalla fessura, Massimo scorse una figura dietro una
porta a finestra, appoggiata alla ringhiera di un balconci-
no che dava su un cortile interno. Solo in quel momento,
la donna si accorse della loro presenza, facendo segno di
entrare. Il segretario cedette il passo al vescovo, che si
presentò con decisione.
«Signora, questo ambulatorio è ancora in uso? Sa se
c’è il dottore?» intervenne subito di Carlo.

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«Sono io, dottoressa Annamaria Vezzi, molto piacere.
A quale onore devo la visita del vescovo in persona?»
disse lei con gentilezza.
Il monsignore inforcò gli occhiali. «Le dispiace se en-
triamo?»
«Ah, sì, scusate. Venite pure» li invitò alla sua scriva-
nia.
«Le ruberemo solo qualche minuto.» Massimo estras-
se nuovamente il blocchetto degli appunti.
Dopodiché, cominciò Bazzanchi. «Ci troviamo in pae-
se per chiarire il presunto miracolo avvenuto un mese fa.
Credo sia al corrente di cosa stiamo parlando…»
«Qualcosa so» disse.
«Abbiamo già fatto visita al parroco e alla presunta
miracolata. Ci sembrava opportuno chiedere anche il suo
parere. Conosceva Sofia Pedrotti?»
Lei sorrise. «Mi è capitato di vederla in giro ultima-
mente. Purtroppo credo di non potervi essere di grande
aiuto: sono qui da soli due mesi e non l’ho mai avuta co-
me paziente.»
A Bazzanchi parve di essere investito da un treno. Si
era illuso di trovare una persona che avesse potuto con-
fermare tutte le ipotesi messe sul piatto. Ma non si arrese
all’apparenza e chiese il suo parere professionale. «Se-
condo lei, quante possibilità ha una persona inferma di
recuperare totalmente l’uso delle gambe?»
«Ben poche, se non nulle» rispose pronta.
«E se mettessimo tutto sul piano religioso?»
«Non tocca a me dirlo. Per quanto mi riguarda, posso
parlare soltanto sul piano scientifico. In questo ambito, le

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conoscenze accumulate fino ad ora ci suggeriscono che
ricominciare a camminare sia molto improbabile.»
«Capisco…» pronunciò Bazzanchi, con un filo di voce.
Subito dopo, la donna aprì un cassetto alla sua destra
ed estrasse un’agenda telefonica. Iniziò a sfogliarla. «De-
vo solamente cercare il numero del collega che era qui
prima di me, dovrei averlo da qualche parte.»
Il vescovo annuì. «Ci farebbe un grande piacere.»
«Stasera stessa gli farò una telefonata e gli chiederò
della signora Pedrotti, sicuramente avrà avuto modo di
visitarla in passato.»
«Perfetto. Noi alloggiamo all’albergo Stelle Alpine,
qui vicino. Se avesse delle novità può trovarci lì, rimar-
remo in paese ancora per qualche giorno» le spiegò Baz-
zanchi.
«Ci conti.»
I due si alzarono, ringraziandola per la breve consu-
lenza.
Lei ringraziò a sua volta. «Però, se posso darvi un
consiglio, signori, io non sopravvaluterei l’ipotesi che a-
vete sotto gli occhi.»

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Massimo di Carlo era seduto in uno dei tavolini rotondi


del bar. Stava leggendo un passo del Vangelo, con tazza
di caffè alla mano. Una semplice colazione per un uomo
semplice.
“Quando Gesù sentì ciò che era accaduto, trovò l’uomo e
gli chiese: «Credi tu nel Messia?»
L’uomo rispose: «Dimmi chi è, Signore, perché voglio cre-
dere in lui!»
«Tu l’hai visto» disse Gesù. «E’ proprio quello che ti sta
parlando adesso!»
«Signore» esclamò l’uomo. «Io credo!» E inginocchiatosi lo
adorò.
Allora Gesù gli disse: «Sono venuto in questo mondo per
portare un giudizio: per dare la vista a quelli che sono ciechi, e
per toglierla a quelli che credono di vedere!»
I Farisei lì presenti intervennero: «Stai forse dicendo che
anche noi siamo ciechi?»
«Se voi foste ciechi, non avreste colpa» rispose Gesù. «Ma il
vostro peccato resta perché dite di vedere.»”
Anche lui, come quell’uomo, adorava Gesù. E amava
quelle parole racchiuse nel miglior Vangelo, almeno se-
condo la sua opinione: quello di Giovanni. Giovanni, già,
come il monsignore; forse solo un caso, o forse no.
Quando la sua vita da primo collaboratore del vesco-
vo gli concedeva qualche attimo di tregua, si sedeva a
leggere, a capire le Sacre Scritture. Ma tra le sue letture

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preferite c’erano anche Foscolo, Pascoli e Wilde: i Grandi,
come soleva chiamarli.
Mise il libricino nella tracolla e terminò l’ultimo boc-
cone di croissant.
Fu in quel momento che notò uno dei modesti centro-
tavola: un bouquet di fiori secchi in un vasetto di vetro; la
stessa decorazione che adornava il tavolo della sera pre-
cedente.
Oltre al cibo squisito che veniva servito loro, non poté
non notare l’atteggiamento che aveva assunto il monsi-
gnore fin dopo l’uscita dall’ambulatorio. Era stranamente
nervoso, quasi agitato. “Chissà cosa gli frullerà per la te-
sta?” aveva pensato. Ogni qualvolta ritornava sulla con-
versazione con la dottoressa, l’altro, volutamente, sviava:
una volta chiamando la cameriera per avere il sale,
un’altra, accennando alla pulizia delle camere, oppure
parlando del lavoro arretrato che aveva abbandonato in
diocesi. Era come se gli desse fastidio parlare delle affer-
mazioni di quella donna. Sinceramente, non riusciva a
capire che cosa Annamaria Vezzi avesse detto in più di
quello che già sapevano.
All’improvviso, il vescovo lo distolse dai suoi pensieri.
«Ehilà! Che fai sempre lì seduto, Massimo?»
«Oh, Eccellenza. Buongiorno.»
«Ho voglia di camminare oggi. Perché non andiamo a
perlustrare il luogo del suddetto miracolo?»
«Noto che è in forma questa mattina!» esclamò il se-
gretario, raggiungendolo.
«Ho dormito meravigliosamente.» Porse le chiavi del-
la stanza al proprietario, uscendo sul porticato.

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«Caspita, per essere un sabato, non c’è in giro anima
viva!» Di Carlo osservò la piazza.
«Tu che hai la vista buona, ti sembra aperto il portone
della chiesa?»
Il segretario spostò lo sguardo sull’entrata della par-
rocchia, imitando Bazzanchi. «Pare di sì.»
Allora si incamminarono verso l’edificio.
All’interno regnava la penombra: solamente un mise-
ro lampadario laterale illuminava i banchi e la navata
centrale. Sul fondo, un anziano, intento nel cambiare le
candele agli alti candelabri dell’altare, non si accorse su-
bito della loro presenza, finché il vescovo non parlò. «Mi
scusi? C’è per caso don Aldo?»
L’uomo appoggiò a terra il candelabro che teneva tra
le mani e si avvicinò a loro. «Voi siete il vescovo Bazzan-
chi?»
«Esattamente. E questo è il mio segretario.» Indicò
Massimo di Carlo.
«Mi rincresce, ma il parroco non è qui. Devo riferirgli
qualcosa?»
«No, volevamo soltanto farci indicare il luogo
dell’apparizione… della guarigione di Sofia Pedrotti,
sa…» disse Giovanni Bazzanchi.
«Ah, ho capito. Se non vi dispiace, posso accompa-
gnarvi io. Non è tanto distante.»

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«Eccoci arrivati» disse il sagrestano.


«Ah, allora è qui...» Bazzanchi si era immaginato
tutt’altro ambiente.
Davanti a loro, come nella descrizione della signora
Pedrotti, c’era un enorme masso di granito, per metà ri-
coperto di muschio. Tutt’intorno, solo alberi, un fitto bo-
sco di piante spoglie, per di più di castagne. Una piccola
chiazza di erba ormai secca e ricoperta delle foglie cadute
stava lì davanti.
Anche Massimo era senza parole. Aveva pensato fos-
se più vicino, più facile da raggiungere. Evidentemente,
pensò, dopo tutto quel tempo passato in carrozzella, So-
fia aveva imparato a muoversi anche su strade scoscese o
malridotte.
«Di tanto in tanto mi reco qui, a pregare. Questo è un
luogo sacro, sono in molti a sostenerlo.» Il sagrestano
toccò la corteccia di un albero vicino, come ad accarezzar-
lo. «Io devo ancora vederci chiaro, anche se mi sto sem-
pre più avvicinando alle idee della maggioranza.»
Il vescovo allacciò il giaccone per bene: l’aria non era
di certo tropicale. «Mi perdoni, signore, ma come fareb-
bero quelle persone, secondo lei, ad affermare che questo
posto sia, in qualche modo, santo?»
«Circa dieci, sì, dieci anni fa, in questo stesso teatro
naturale, un’altra donna, una giovanissima ragazza era
stata guarita, inspiegabilmente...»

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«Era di questo paese?» gli fece Massimo.
«No, neanche lei. Sinceramente non saprei dirle da
dove veniva. So solo che si era trasferita da poco a Ne-
vanzo, proprio come Sofia Pedrotti.»
Ai due venne un colpo. Come, Sofia Pedrotti? Che vo-
leva dire? Avevano capito bene?
«Ci sta dicendo che la signora Pedrotti non è di qua?»
«Saranno due mesi che vive in questo paese. Ma come,
non lo sapete?» l’anziano aggrottò la fronte.
Bazzanchi venne assalito da alcuni, inediti, sospetti.
«Ne è sicuro?»

«Altro che! Mi sembra quasi di rivivere la stessa vi-


cenda di dieci anni orsono. Anche quella giovane, affetta,
però, da sindrome di Down, era stata guarita in questo
straordinario angolino della natura, cominciando una
nuova vita.»
Il monsignore e di Carlo non erano stati inviati sem-
plicemente per confermare una tesi così all’apparenza
corretta, esaustiva come poteva apparire quella di un mi-
racolo dell’Onnipotente. No. Il loro compito era entrare
nel nocciolo della questione per trarne delle conclusioni
logiche e razionali. Prima di tutto le indagini, poi, sem-
mai, la fede.
A quel punto, a Bazzanchi venne un lampo di genio:
«Potrebbe indicarci la casa di questa signora miracolata?»
L’altro alzò le spalle. «Purtroppo non posso. Dopo
l’insensata conclusione di quella vicenda, stufa di ripete-
re le stesse cose e di non essere creduta, se n’è andata via
con la madre, forse negli Stati Uniti. Non si è più fatta
vedere, mi dispiace.»

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«Capisco» fece il monsignore. «Le faccio solo
un’ultima domanda: perché parla di insensata conclusio-
ne della vicenda?»
«Per il semplice motivo che l’opinione pubblica e la
Chiesa di allora non credettero. Tutto qua.»
Giovanni Bazzanchi annuì. «La ringrazio per averci
accompagnati.»
«Sapevo di trovarvi qui!»
I tre si voltarono.
«Vi do il benvenuto a Nevanzo. Io sono il sindaco.»
«Molte grazie per l’accoglienza» Bazzanchi gli strinse
la mano. «E’ davvero un paese bellissimo il vostro!»
«Mi rincresce di non avervi incontrato prima, ma a-
vevo dei grossi impegni di lavoro. Mi ha avvisato della
vostra presenza il nostro caro parroco. E, sentiamo, a che
punto siete? Avete appreso qualcosa?»
«Non molto, abbiamo appena cominciato.» Massimo
non aggiunse altro. Quell’uomo aveva un ché di insolito,
di bizzarro. Forse era solo la sua impressione, ma
quell’uomo rideva troppo. Scrollò il capo e lasciò perdere
i suoi fantasiosi dubbi, concentrandosi su cosa stava di-
cendo il sindaco.
«Speriamo che possiate aiutarci a scoprire la verità su
questo miracolo, ne abbiamo davvero bisogno.»
«Faremo ciò che è nelle nostre possibilità» pronunciò,
fermo, Bazzanchi, guardando l’orologio. «Credo sia me-
glio tornare in albergo, dovremmo ragionarci un po’ su.»
«Davvero non volete rimanere ancora un attimo? Po-
treste riuscire a scoprire altre facce della medaglia…» Il
sindaco cercò di trattenerli.

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«Torneremo, semmai, un’altra volta» tagliò corto il
vescovo, incamminandosi.
Fu allora che lui e il suo segretario scesero il sentiero,
seguiti dagli altri due. Ad un tratto, Massimo si fermò,
passando per ultimo: non poté fare a meno di notare ciò
che fino a poco prima aveva quasi tralasciato. Quella
stradina era troppo, troppo ripida per una sedia a rotelle.

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