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CICERONE

L’ORATORIA
Origini greche

Atene → DEMOCRAZIA= ASSEMBLEE POLITICHE e PROCESSI → IMPORTANZA DEL SAPER PARLARE IN


PUBBLICO . ↓

La procedura giudiziaria ateniese imponeva alle parti in causa di pronunciare personalmente i discorsi

- Logografi: scrittori di discorsi


- Trattati di retorica
- Movimento sofistico

La precoce teorizzazione e la pratica oratoria fece sì che i discorsi giudiziari acquisissero una fisionomia
definita molto presto:

- Esordio
- Narrazione
- Argomentazione
- Epilogo

Oltre ai discorsi giudiziari si svilupparono anche:

- Oratoria politica/deliberativa: finalizzata a persuadere un’assemblea.


- Oratoria epidittica/dimostrativa: discorsi privi di scopi pratici, tipo l’elogio, l’orazione funebre, la
commemorazione.

Tra i principali oratori classici:

- LISIA: modello di lingua pura e di stile semplice. Eccelse nell’ arte della narrazione e nell’ etopea, la
caratterizzazione del personaggio che doveva pronunciare il discorso.
- ISOCRATE: concepì l’arte della parola non solo come tecnica, ma come vasto complesso di
conoscenze e qualità morali. Sintassi caratterizzata da periodi ampi, complessi e simmetrie
ricercate.
- DEMOSTENE: divenne il modello insuperabile dell’oratoria politica con il suo stile caratterizzato da
potenza e vigore.

In età ellenistica si affermarono scuole di retorica e trattati, il più importante dei quali è la Retorica di
Aristotele

L’oratoria a Roma

CARRIERA POLITICA + CARRIERA FORENSE → CURSUS HONORUM

L’ELOQUENZA era dunque una dote fondamentale per chi volesse intraprendere il cursus honorum.l’oratore
non è solo l’uomo che conosce il ben parlare,ma ha una sapere a tutto tondo,e quindi è un uomo buono:vir
bonus dicendi peritus.

La retorica greca con la sua fitta e minuta precettistica penetrò gradualmente nel mondo romano, non senza
resistenze (rem tene verba sequentur). In una prima fase si scoprono tracce indirette, es il proemio del De
agri cultura di Catone si svolge secondo i moduli del genere deliberativo. Ci fu poi anche una certa
resistenza da parte del ceto dirigente che temeva ne potesse derivare un pericolo politico e morale (
l’eloquenza si presta a una manipolazione della realtà), Svetonio ci attesta l’espulsione di Diogene, Critolao
e Carneade; quest’ultimo, in particolare, con il doppio discorso sulla giustizia, dimostrò come una tecnica di
manipolazione del consenso potesse mettere in crisi valori consolidati e fondamentali.

Durante il periodo di Cicerone l’acquisizione di una tecnica retorica a Roma può dirsi definitivamente
consolidata:

- Il primo discorso era stato quello che Appio Claudio Cieco aveva tenuto nel 280 a. C. per persuadere
i senatori a non accettare le condizioni di pace di Pirro.
- Il primo manuale è di Marco Antonio
- Il primo insegnante Pozio Gallo, che nel 93 aprì la scuola dei Rhetores latini. Venne chiusa nel 92 dal
censore, nonché retore Lucio Licinio Crasso, perché ritenuta palestra di sfrontatezza.
- Le prime opere sono il De inventione di Cicerone e la Rhetorica ad Herennium, forse di Cornificio.

La retorica si compone di 5 parti:

- INVENTIO: ricerca degli argomenti.


- DISPOSITIO: disposizione degli argomenti.
- ELOCUTIO: cura dell’espressione.
- MEMORIA: tecniche di memorizzazione.
- ACTIO: tono, gesti, mimica, ecc.

Roma accoglie i precetti teorici greci, pur prendendo le distanze da un eccessivo tecnicismo ( rem tene,
verba sequentur) e sottolineando gli aspetti morali e civili dell’eloquenza ( vir bonus dicendi peritus).

La linea di sviluppo dell’oratoria indicata da Cicerone nel Brutus è la seguente:

Catone → Scipione l’Emiliano → Gaio Lelio → i due Gracchi → Marco Antonio → Lucio Licinio Crasso →
Quinto Ortensio Ortalo, suo collega e avversario.

Di tutti questi autori si conservano solo frammenti, mentre ci è conservato un imponente corpus di orazioni
ciceroniane e trattati di retorica. L’oratore, oltre ad essere un tecnico della parola, è investito di una
funzione civilizzatrice. L’oratoria fornisce la più ampia preparazione sulle scienze umane.

Licinio Calvo e Marco Giunio Bruto (e altri contemporanei) rimproverano a Cicerone il ricorso ad uno stile
troppo ampolloso, ornato ed eccessivamente ritmico. A loro volta sostenevano un tipo di eloquenza
semplice e chiara.

La discussione si polarizzò attorno a due etichette:

1) ASIANESIMO
Si era sviluppato ad Atene ed aveva come punto di riferimento Lisia e il modo in cui lo aveva imitato
il successivo oratore Carisio. Sistematore di questo indirizzo era stato Egesia di Magnesia. Il nome
deriva dal fatto che questi oratori erano soliti introdurre nella purezza del greco attico parole del
greco ionico, cioè parlato in Asia Minore. Ad un primo stile asiano fatto di una prosa saltellante e
semanticamente concentrato, se ne affianca poi un altro dove dominano la magniloquenza e l’alto
grado di ornamentazione (Isocrate e Demostene). Tra i principali esponenti a Roma Cicerone ricorda
Quinto Ortensio Ortalo.
2) ATTICISMO
Nacque a Roma nel I sec a.C. e i suoi sostenitori, che difendevano la purezza della lingua, si
chiamarono attici. Questi termini che nascevano nell’ambito di una disputa grammaticale greca
(purezza dell’attico, contro l’ammissione di termini ionici) assunsero quindi un significato retorico e
stilistico. Cicerone ci dice che prescrivevano uno stile umile e una imitazione dei classici austera e
ascetica. Il modello greco era Lisia, i principali esponenti romani furono Gaio Licinio Calvo, Giulio
Cesare, Marco Giunio Bruto.

Secondo Cicerone esiste un altro stile:

- STILE RODIO
Difficile da definire pe mancanza di documentazione, pare fosse uno stile asiano moderato.
Cicerone sostiene comunque che il bravo oratore, come Demostene, deve essere in grado di
ricorrere sapientemente ai tre stili, anche all’interno di una stessa orazione (tripertita varietas).

Funzioni dell’oratoria:

- DOCERE/PROBARE, informare chiaramente e dimostrare la tesi.


- DELECTARE, dilettare il pubblico, ricorrendo anche ad un uso sapiente della narrazione e della
caratterizzazione dei personaggi.
- MOVERE/FLECTERE, generare consenso ricorrendo ad effetti patetici.

ALCUNE ORAZIONI GIUDIZIARIE DI CICERONE

- Verrinae (70 a.C.) Assunse le difese di un’intera provincia, la Sicilia, contro il malgoverno di Gaio
Verre difeso da Ortensio. Verre era stato governatore della Sicilia, dal 73 al71, commettendo ogni
sorta di soprusi e crudeltà. I siciliani lo accusarono de repetundis. Verre, che aveva corrotto il
tribunale, voleva che l’accusa fosse sostenuta da Quinto Cecilio Nigro, ma durante la divinatio
Cicerone vinse e, procurandosi in fretta tutte le testimonianze, riuscì a far iniziare il processo prima
di quanto volesse Verre. Consapevole di dover fare presto, Cicerone prese alla sprovvista la difesa
passando all’ actio prima. Schiacciato dall’evidenza delle accuse, Verre se ne andò in volontario
esilio a Marsiglia e il tribunale fissò una pena pecuniaria.
Le altre parti saranno pubblicate più tardi, ma non fu necessario pronunciarle. Essa risulta pertanto
così articolata:
- Divinatio in Caecilium
- Actio Prima
- Actio secunda: 5 orazioni che illustrano dettagliatamente la carriera criminale di Verre. In epoca
tarda ognuna ricevette un proprio titolo.
Le Verrine si caratterizzano per la grande efficacia stilistica, il tono ironico e sarcastico.
- Pro Archia poeta (62 a. C) in difesa del poeta greco Archia, accusato di aver usurpato la cittadinanza
romana. Ci trasporta nel mondo dei letterati satelliti della nobiltà e contiene un’appassionata difesa
della nobiltà.
- Pro Sestio (56 a. C) Sestio lo aveva aiutato a tornare dall’esilio, adesso lui lo difende dall’accusa de
vi, aveva organizzato infatti come tribuno della plebe bande armate da contrapporre a quelle di
Clodio. Cicerone sostiene che il ricorso a mezzi illegali si rese necessario per difendere le istituzioni e
Sestio fu assolto.
- Pro Caelio (56 a. C.) orazione che ci offre un “ghiotto” spaccato sulla dolce vita dei giovani rampolli
romani. Cicerone difende Marco Celio Rufo dall’accusa di aver rubato dei gioielli alla sua amante
Clodia (la Lesbia di Catullo e la sorella di quel Clodio già nemico di Cicerone). Cicerone la dipinge
come una donna dissoluta e corrotta. Celio fu assolto.
- Pro Milone (52 a. C.) Cicerone difende Milone che ha preso parte all’uccisione di Clodio, sostenendo
la tesi della legittima difesa. Non poté essere pronunciata per il contemporaneo verificarsi di
scontri, feriti e tafferugli. Contiene la più bella e la più lunga peroratio dell’antichità. Milone fu
condannato.

ALCUNE ORAZIONI DELIBERATIVE DI CICERONE


- Pro lege Manilia (66 a. C. ) a favore della proposta di legge che assegnava a Pompeo poteri
straordinari contro Mitridate. Contiene un grandioso elogio di Pompeo.
- Catilinariae orationes (63 a. C.) tra le prove migliori dell’oratoria ciceroniana, pronunciate in
occasione dello sventato colpo di stato di Catilina.
Quando nel 63 risultarono consoli per l’anno successivo Murena e Silano, Catilina decise di
impadronirsi con un colpo di stato di quel potere che non poteva ottenere legalmente. Poteva
contare su un gruppo di amici della nobiltà decaduta. L’8 novembre Cicerone scampò ad un
attentato e pronunciò in senato la I catilinaria dove invitava Catilina ad uscire allo scoperto, cosa che
di lì a poco fece. Intanto Murena fu accusato di broglio elettorale. Di fronte al rischio di ritrovarsi
con un solo console per l’anno successivo se ne assunsero la difesa Crasso, Ortensio e Cicerone.
Questi nella Pro Murena cercò di scalzare le accuse, per la verità piuttosto fondate, e l’imputato fu
assolto. Intanto la congiura progrediva, ma quando Lentulo cercò l’appoggio di una delegazione di
galli Allobrogi, Cicerone lo venne a sapere e si procurò le prove. I congiurati furono arrestati il 3
dicembre alle 3 del mattino. Nonostante l’opposizione di Cesare, prevalse la posizione di Catone, cui
inclinava anche Cicerone e i congiurati furono condannati a morte. Catilina fu ucciso a Pistoia.
- I° catilinaria (in senato, 8 novembre del 63) Cicerone attacca ex abrupto Catilina, presente in senato.
Lo spinge ad uscire allo scoperto, benché non abbia le prove. La notte stessa Catilina fugge. L’attacco
è ricco di pathos, incalzato da interrogative retoriche e celebri esclamazioni.
- II°catilinaria (9 novembre) Cicerone riferisce al popolo gli ultimi eventi, Catilina è presentato come
una belva ferita. Il discorso è costruito per accumulazioni. Mette in luce i propri meriti, si paragona
ad un Pompeo in toga.
- II° catilinaria (sera del 3 dicembre) Cicerone si riferisce al popolo come se avesse definitivamente
scoperto la congiura grazie agli Allobrogi Esordisce con grandi autoincensamenti, dicendosi nuovo
Romolo. Stile semplice, asciutto, che si limita a registrare i fatti accaduti. Sottolinea i rischi corsi in
prima persona e chiede la gloria.
- IV° catilinaria (5 dicembre) è la seduta in cui si decide la pena. Cautamente appoggia la pena di
morte contro cui si era levato Cesare e che Catone fece trionfare. A questi traditori contrappone i
boni di tutte le classi, addirittura gli schiavi.
- Philippicae (44-43 a.C.) 14 orazioni contro Antonio. Cicerone gli diede scherzosamente questo titolo
in una lettera a Bruto in quanto emulavano gli attacchi rivolti da Demostene contro Filippo di
Macedonia in nome della libertà dei Greci. Sono animate da una vibrata preoccupazione per le sorti
della Repubblica; sono una “diretta”, un “commento continuo” agli eventi che incalzano, ma anche
un drammatico tentativo di condizionarne gli sviluppi. Al loro fallimento politico ha fatto da
contrappeso una meritata fama letteraria, Giovenale definì divina la seconda filippica.

Normalmente Cicerone non scriveva le sue orazioni prima di pronunciarle; tutt’al più ne scriveva l’esordio e
qualche altro passo critico, ma per il resto si limitava a seguire- e neanche sempre- una scaletta; in qualche
caso questi materiali preliminari ebbero una circolazione autonoma. Quando un’orazione gli sembrava ben
riuscita, la trascriveva e provvedeva a farla pubblicare tramite Attico. Ci sono dunque orazioni pronunciate e
mai scritte, ma anche orazioni scritte e mai pronunciate.

Sempre il caso processuale ci offre uno spaccato della società.

Lo stile oratorio di Cicerone è estremamente vario, duttile, multiforme, capace di muoversi tra i due poli
opposti dell’ampollosità e dell’essenzialità. Caratteristiche peculiari sono:

- Organizzazione sintattica complessa, equilibrata e simmetrica.


- Concinnitas.

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