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I successori di Costantino

[9] Is successores filios tres reliquit atque unum fratris filium. Verum Dalmatius Caesar
prosperrima indole neque patruo absimilis haud multo post oppressus est factione militari
et Constantio, patrueli suo, sinente potius quam iubente. Constantinum porro bellum
fratri inferentem et apud Aquileiam inconsultius proelium adgressum Constantis duces
interemerunt. Ita res publica ad duos Augustos redacta. Constantis imperium strenuum
aliquamdiu et iustum fuit. Mox cum et valetudine inprospera et amicis pravioribus
uteretur, ad gravia vitia conversus, cum intolerabilis provincialibus, militi iniucundus
esset, factione Magnentii occisus est. Obiit haud longe ab Hispaniis in castro, cui Helenae
nomen est, anno imperii septimo decimo, aetatis tricesimo, rebus tamen plurimis strenue
in militia gestis exercituique per omne vitae tempus sine gravi crudelitate terribilis.

Lasciò come successori i tre figli suoi e un figliolo del fratello. Senonché poco dopo Cesare Dalmazio,
di ottima indole e non dissimile dallo zio paterno, perì in una sommossa militare tollerata più che
voluta dal cugino Costanzo. Avendo poi Costantino mosso guerra al fratello e impegnato con troppa
temerarietà una battaglia presso Aquileia, fu ucciso dai capitani di Costante; sicché l’impero si
ridusse nelle mani dei due Augusti. Il governo di Costante fu per alquanto tempo forte e giusto;
ma poi essendo di malferma salute e avendo al suo fianco malvagi consiglieri, si abbandonò a gravi
eccessi divenendo intollerabile alle popolazioni delle province e sgradito all’esercito; venne ucciso
nella rivolta di Magnenzio, non molto lontano dai confini della Spagna, nel castello denominato
Elena, in età di 30 anni, dopo averne regnato 17, e dopo aver compiuto molte ed egregie imprese
guerresche, ed essersi fatto temere per tutta la vita dai soldati, senza peraltro mostrarsi troppo
crudele con essi.

La cattiva fortuna di Costanzo

[10] Diversa Constantii fortuna fuit. A Persis enim multa et gravia perpessus saepe captis
oppidis, obsessis urbibus, caesis exercitibus, nullumque ei contra Saporem prosperum
proelium fuit, nisi quod apud Singara haud dubiam victoriam ferocia militum amisit, qui
pugnam seditiose et stolide contra rationem belli die iam praecipiti poposcerunt. Post
Constantis necem Magnentio Italiam, Africam, Gallias obtinente etiam Illyricum res novas
habuit, Vetranione ad imperium consensu militum electo. Quem grandaevum iam et
cunctis amabilem diuturnitate et felicitate militiae ad tuendum Illyricum principem
creaverunt, virum probum et morum veterum ac iucundae civilitatis, sed omnium
liberalium artium expertem adeo, ut ne elementa quidem prima litterarum nisi
grandaevus et iam imperator acceperit.

Diversa fu la sorte di Costanzo; egli subì infatti molte e gravi sconfitte dai Persiani, assedi di città,
strage di eserciti, senza mai che gli arridesse la fortuna nelle sue battaglie contro Sapore, tranne
quella volta in cui avrebbe avuto non dubbia vittoria presso Singara, se non gli fosse stata contesa
dalla stoltezza dei soldati, i quali insolentemente e sediziosamente, contro ogni sana pratica di
guerra, pretesero d’iniziare l’attacco mentre già il giorno era sul declinare. Dopo l’uccisione di
Costante, mentre Magnenzio occupava l’Italia, l’Africa e la Gallia, anche nell’Illiria avvennero
novità, avendo i soldati acclamato imperatore Vetranione, scegliendolo come principe per la difesa
dell’Illiria. Era costui già avanzato negli anni, amato da tutti in grazia dei sui diuturni e felici
servizi resi all’esercito, uomo probo, di semplici costumi, di cordiale affabilità, ma così digiuno di
cultura e di studi, che soltanto da vecchio e dopo essere stato eletto imperatore, pensò ad apprendere
i primi rudimenti delle lettere.
Infelice tentativo di Nepoziano

[11] Sed a Constantio, qui ad ultionem fraternae necis bellum civile commoverat,
abrogatum est Vetranioni imperium; novo inusitatoque more consensu militum deponere
insigne conpulsus. Romae quoque tumultus fuit Nepotiano, Constantini sororis filio, per
gladiatoriam manum imperium vindicante, qui saevis exordiis dignum exitium nanctus
est. Vicesimo enim atque octavo die a Magnentianis ducibus oppressus poenas dedit.
Caput eius pilo per urbem circumlatum est, gravissimaeque proscriptiones et nobilium
caedes fuerunt.

Ma ad opera di Costanzo, il quale aveva suscitato una guerra civile per vendicare la uccisione del
fratello, fu deposto dalla sua carica Vetraniono1, il quale con nuovo inusitato modo, fu costretto
dalla truppa a spogliarsi delle sue insegne. Anche in Roma vi fu un tumulto, perché Nepoziano 2,
figlio d’una sorella di Costantino, avvalendosi dell’aiuto dei gladiatori, tentava di usurpare il
comando3; ma sì crudel inizio fu coronato da degno successo, giacché Nepoziano fiaccato dai
capitani di Magnenzio, dopo appena 28 giorni, pagò con la morte il fio della sua audacia, e la sua
testa conficcata ad un’asta fu portata in giro per le vie di Roma. Seguirono gravissime proscrizioni
e stragi di nobili.

Morte di Magnenzio

[12] Non multo post Magnentius apud Mursam profligatus acie est ac paene captus.
Ingentes Romani imperii vires ea dimicatione consumptae sunt, ad quaelibet bella externa
idoneae, quae multum triumphorum possent securitatisque conferre. Orienti mox a
Constantio Caesar est datus patrui filius Gallus, Magnentiusque diversis proeliis victus
vim vitae suae apud Lugdunum attulit imperii anno tertio, mense septimo, frater quoque
eius Decentius Senonibus, quem ad tuendas Gallias Caesarem miserat.

Non molto tempo dopo, Magnenzio fu sbaragliato e quasi preso prigioniero in un combattimento
presso Mursa, nel quale perirono potenti eserciti, sufficienti a sostenere qualsiasi guerra, nonché
adatti alla conquista di grandi trionfi e a far da baluardo contro i nemici esterni. Subito dopo
1
«Vetranione era un soldato romano, statista e co-imperatore. Nacque nelle regioni quasi incivili della
provincia romana della Moesia, verso la fine del III secolo, da genitori di bassa estrazione. Si è unito
all'esercito molto presto nella sua giovinezza e molto presto si è elevato fino a essere il governatore di Illiria.
Dopo la morte di Costanzo (350 a.C.) e diventato l'imperatore. Morto il 30 giugno 350.» (DI MAIO, MICHAEL,
De Imperatoribus Romanis, 1996).
2
«Julius Nepotianus, era il figlio di Eutropia, sorellastra dell'imperatore Costantino I, e di Virius Nepotianus.
Da parte di sua madre, era nipote dell'imperatore Costanzo Cloro e di Flavia Massimiana Teodora. Era un
membro della dinastia costantiniana che regnò come usurpatore di breve durata dell'Impero romano.» (DI
MAIO, MICHAEL, De Imperatoribus Romanis, 1996.)
3
Il grande storico bizantino, Zosimo, raccontava che Costanzo, dopo aver allontanato il fratello, regnava con
tirannia intollerabile. Però, Magnenzio si proclamò imperatore e, vestendo la veste imperiale, gli ospiti lo
salutarono con il titolo di re. Ma quando Costanzo lo venne a sapere, cercò di fuggire ma venne ucciso da
Gaison. Magnenzio conquistò così l'impero e si impossessò di tutte le nazioni d'oltralpe e di tutta l'Italia, «ma
Costantino, sebbene fosse stato sconfitto dai Persiani, decise comunque di sottomettere le fazioni di
Magnenzio e Vetranio. Mentre prendeva queste decisioni e si dedicava ai preparativi bellici, mentre
Magnenzio era ancora in Gallia Celtica, Nepoziano, nipote di Costanzo, raccolse una banda di persone
dedite al furto e ad ogni tipo di dissolutezza, con le quali venne a Roma e si presentò in abito imperiale.
Anichezio, che Magnenzio aveva nominato prefetto di corte, armò alcuni popolani e li condusse fuori dalla
città per combattere con Nepoziano. Ne seguì un aspro conflitto tra loro. I romani erano indisciplinati e non
osservavano l'ordine, e furono facilmente sconfitti; e quando il prefetto li vide fuggire, chiuse le porte, per
paura che il nemico li seguisse in città. Le truppe di Nepotiano li inseguirono e, non avendo alcuna via di
fuga, uccisero ogni uomo.» (ZOSIMUS, New History, London: Green and Chaplin 1814, Libro 2).
Costanzo nominò Cesare per l’Oriente Gallo, figliolo dello zio paterno, e Magnenzio sconfitto in
diverse battaglie si diede la morte presso Lione, dopo tre anni e sette mesi d’impero; così pure il
fratello Decenzio, che aveva destinato in qualità di Cesare alla difesa della Gallia, fu ucciso dai
Senoni.

Tutto l’impero nelle mani di Costanzo

[13] Per haec tempora etiam a Constantio multis incivilibus gestis Gallus Caesar occisus
est, vim natura ferus et ad tyrannidem pronior, si suo iure imperare licuisset. Silvanus
quoque in Gallia res novas molitus ante diem tricesimum extinctus est, solusque imperio
Romano eo tempore Constantius princeps et Augustus fuit.

Durante il medesimo tempo fu da Costanzo fatto uccidere Gallo Cesare, a causa delle molte
ribalderie, essendo costui uomo feroce per natura e alquanto proclive alla tirannide, se gli fosse stato
permesso di governare a suo talento. Anche Silvano che nella Gallia aveva tentato d’accaparrarsi
l’impero, in trenta giorni fu spacciato; sicché in quel tempo rimase principe e Augusto di tutto
l’impero romano il solo Costanzo.

Successi militari di Giuliano

[14] Mox Iulianum Caesarem ad Gallias misit, patruelem suum, Galli fratrem, tradita ei in
matrimonium sorore, cum multa oppida barbari expugnassent, alia obsiderent, ubique
foeda vastitas esset Romanumque imperium non dubia iam calamitate nutaret. A quo
modicis copiis apud Argentoratum, Galliae urbem, ingentes Alamannorum copiae
extinctae sunt, rex nobilissimus captus, Galliae restitutae. Multa postea per eundem
Iulianum egregia adversum barbaros gesta sunt summotique ultra Rhenum Germani et
finibus suis Romanum imperium restitutum.

Ben presto mandò nelle Gallie in qualità di Cesare suo cugino Giuliano, fratello di Gallo, dopo
avergli data in sposa la sorella; i barbari avevano, infatti, espugnato colà molti castelli, ed altri ne
assediavano, mentre dappertutto si compivano orrende devastazioni e l’impero romano vacillava
minacciato da non dubbia rovina. Giuliano con poche truppe inflisse una sanguinosa sconfitta a un
ingente esercito di Alemanni in una battaglia presso Argentorato, città della Gallia, in cui fece
prigioniero il loro nobilissimo capo, liberando quella regione. Molte altre egregie imprese furono in
seguito di tempo compiute contro i barbari dallo stesso Giuliano, per cui i Germani furono ricacciati
tutti al di là del Reno, e l’impero romano fu reintegrato nei suoi confini.

Morte ed elogio di Costanzo

[15] Neque multo post, cum Germaniciani exercitus a Galliarum praesidio tollerentur,
consensu militum Iulianus factus Augustus est, interiectoque anno ad Illyricum
obtinendum profectus Constantio Parthicis proeliis occupato. Qui rebus cognitis ad
bellum civile conversus in itinere obiit inter Ciliciam Cappadociamque anno imperii
octavo et tricesimo, aetatis quinto et quadragesimo, meruitque inter Divos referri, vir
egregiae tranquillitatis, placidus, nimium amicis et familiaribus credens, mox etiam
uxoribus deditior, qui tamen primis imperii annis ingenti se modestia egerit, familiarium
etiam locupletator neque inhonoros sinens, quorum laboriosa expertus fuisset officia, ad
severitatem tum propensior, si suspicio imperii moveretur, mitis alias, et cuius in civilibus
magis quam in externis bellis sit laudanda fortuna.

Non molto tempo dopo, essendo gli eserciti della Germania richiamati a presidiare le Gallie, col
consenso dei soldati, Giuliano fu eletto Augusto ; il quale, trascorso un anno, poiché Costanzo si
trovava a guerreggiare contro i Parti, mosse alla occupazione dell’Illirico. Informato di ciò Costanzo
tornava indietro impugnando le armi per una guerra civile, ma fu colto dalla morte durante il
viaggio, tra la Cilicia e la Cappadocia, avendo regnato 38 anni, e vissuto 45. Ebbe gli onori divini.
Fu certo uomo d’animo molto tranquillo, mansueto, troppo fiducioso negli amici e nei familiari, e
poi anche alquanto condiscendente verso la moglie; nei primi anni di governo diè prova di grande
moderazione, sollecito peraltro a colmare di ricchezze i suoi familiari e a non lasciare senza cariche
onorifiche quelli dei quali avesse sperimentato lo zelo in faticosi servizi; ma proclive alla severità, se
si destasse in lui qualche sospetto inerente al suo comando; clemente in altre circostanze; più
fortunato nelle guerre civili che in quelle esterne.

Morte ed elogio di Giuliano

[16] Hinc Iulianus rerum potitus est ingentique apparatu Parthis intulit bellum, cui
expeditioni ego quoque interfui. Aliquot oppida et castella Persarum in deditionem
accepit vel vi expugnavit Assyriamque populatus castra apud Ctesiphontem stativa
aliquamdiu habuit. Remeansque victor, dum se inconsultius proeliis inserit, hostili manu
interfectus est VI Kal. Iul., imperii anno septimo, aetatis altero et tricesimo, atque inter
Divos relatus est, vir egregius et rem publicam insigniter moderaturus, si per fata licuisset.
Liberalibus disciplinis adprime eruditus, Graecis doctior atque adeo, ut Latina eruditio
nequaquam cum Graeca scientia conveniret, facundia ingenti et prompta, memoriae
tenacissimae, in quibusdam philosopho propior. In amicos liberalis, sed minus diligens
quam tantum principem decuit. Fuerunt enim nonnulli, qui vulnera gloriae eius inferrent.
In provinciales iustissimus et tributorum, quatenus fieri posset, repressor. Civilis in
cunctos, mediocrem habens aerarii curam, gloriae avidus ac per eam animi plerumque
inmodici, religionis Christianae nimius insectator, perinde tamen, ut cruore abstineret, M.
Antonino non absimilis, quem etiam aemulari studebat.

Quindi Giuliano impadronitosi dell’impero, dopo aver fatto grandi preparativi, mosse in guerra
contro i Parti, alla quale spedizone io stesso partecipai. Accettò la resa di molte città e castelli dei
Persiani, altri ne occupò con la forza, e dopo aver depredata l’Assiria, tenne per parecchio tempo gli
alloggiamenti militari presso la città di Ctesifonte. Poi ritornando vittorioso, essendosi
imprudentemente mescolato coi combattimenti, venne colpito a morte da mano nemica il 26 giugno,
nell’anno settimo del suo impero ed in età di anni 32. Fu annoverato tra gli dèi. Era un uomo
insigne, che avrebbe retto lo stato ottimamente, se gli fosse stato concesso dal destino; molto versato
nelle discipline liberali, e abbastanza dotto nelle lettere greche, in modo che la sua erudizione latina
non era per nulla paragonabile a quella greca, facondo e pronto parlatore, di tenacissima memoria,
in alcun cose vero filosofo. Liberale verso gli amici, ma meno accorto di quanto sarebbe convenuto a
sì gran principe; vi furono alcuni che non risparmiarono colpi alla sua gloria. Assai giusto nei
riguardi dei provinciali, nonché moderatore dei tributi nei limiti del possibile. Umano verso tutti,
non si preoccupava gran fatto dell’erario, essendo piuttosto desideroso di gloria, per la quale il più
delle volte apparve d’animo smodato; tenace persecutore della religione Cristiana si astenne dallo
spargere sangue, non dissimile in ciò da Marco Antonino, di cui volle essere emulo.

Gioviano
[17] Post hunc Iovianus, qui tunc domesticus militabat, ad obtinendum imperium
consensu exercitus lectus est, commendatione patris militibus quam sua notior. Qui iam
turbatis rebus exercitu quoque inopia laborante uno a Persis atque altero proelio victus
pacem cum Sapore, necessariam quidem, sed ignobilem, fecit, multatus finibus ac
nonnulla imperii Romani parte tradita. Quod ante eum annis mille centum et duobus de
viginti fere, ex quo Romanum imperium conditum erat, numquam accidit. Quin etiam
legiones nostrae ita et apud Caudium per Pontium Telesinum et in Hispania apud
Numantiam et in Numidia sub iugum missae sunt, ut nihil tamen finium traderetur. Ea
pacis conditio non penitus reprehendenda foret, si foederis necessitatem tum cum
integrum fuit mutare voluisset, sicut a Romanis omnibus his bellis, quae commemoravi,
factum est. Nam et Samnitibus et Numantinis et Numidis confestim bella inlata sunt
neque pax rata fuit. Sed dum aemulum imperii veretur, intra Orientem residens gloriae
parum consuluit. Itaque iter ingressus atque Illyricum petens in Galatiae finibus repentina
morte obiit, vir alias neque iners neque inprudens.

Dopo di lui fu chiamato all’impero, col consenso dell’esercito, Gioviano, il quale allora militava in
qualità di ufficiale della guardia imperiale, noto ai soldati piuttosto per i meriti del padre anziché
per meriti suoi personali. Costui, a causa del generale turbamento, ed essendo per giunta l’esercito
oppresso dalla miseria, fu vinto dai Persiani in una prima e in una seconda battaglia, e fu costretto
a fare con Sapore una pace necessaria ma vergognosa; giacché furono intaccati i confini dell’impero
romano e alcuna parte di territorio dovette essere ceduta: ciò che prima di lui, nel corso di circa
1118 anni, dalla fondazione stessa della romana potenza, non era giammai accaduto. Infatti se
anche prima le nostre legioni furono costrette a passare sotto il giogo, sia presso le Forche Caudine
ad opera di Ponzio Telesino, sia nella Spagna presso Numanzia, sia nella Numidia, ciò tuttavia
avvenne senza mai perdere la minima parte di territorio. Tuttavia quella pace non sarebbe stata del
tutto riprovevole, se una volta riprese le forze si fosse accinto a mutare le condizioni imposte dalla
necessità del momento, come appunto avvenne in tutte le guerre suddette: infatti così ai Sanniti
come i Numantini e ai Numidi fu ben presto dichiarata di nuovo guerra dai Romani, né furono
ratificate le condizioni di pace. Ma per timore di perdere l’impero, restandosene in Oriente poco si
curò di gloria. Poi messosi inviaggio verso l’Illirico, fu colto da improvvisa morte nel territorio della
Galizia. Fu uomo per altri rispetti tutt’altro che pigro e inetto.

L’impero di Gioviano

[18] Multi exanimatum opinantur nimia cruditate (inter cenandum enim epulis
indulserat), alii odore cubiculi, quod ex recenti tectorio calcis grave quiescentibus erat,
quidam nimietate prunarum, quas gravi frigore adoleri multas iusserat. Decessit imperii
mense septimo, tertio decimo Kal. Mart., aetatis, ut qui plurimum vel minimum tradunt,
tertio et tricesimo anno, ac benignitate principum, qui ei successerunt, inter Divos relatus
est. Nam et civilitati propior et natura admodum liberalis fuit. Is status erat Romanae rei
Ioviano eodem et Varroniano consulibus anno urbis conditae millesimo centesimo et
octavo decimo. Quia autem ad inclitos principes venerandosque perventum est, interim
operi modum dabimus. Nam reliqua stilo maiore dicenda sunt. Quae nunc non tam
praetermittimus, quam ad maiorem scribendi diligentiam reservamus.

Molti suppongono ch’egli morisse a causa d’una forte indigestione, avendo a pranzo ecceduto
alquanto nel mangiare e nel bere; altri ritengono ch’egli morisse a causa dell’umidità della camera,
intonacata di fresco e perciò dannosa a quelli che vi dormissero, altri per asfissia, avendo fatto
accendere molta quantità di carboni per vincere l’eccessivo rigore del freddo. Morì il 17 febbraio, nel
settimo mese del suo governo, in età di circa 33 anni, e per la bontà dei successori fu annoverato tra
gli dèi, invero egli era piuttosto proclive ai sentimenti di umanità e di natura oltremodo liberale.
Tale era lo stato dell’impero romano nell’anno 1118 dalla fondazione dell’Urbe, essendo consoli lo
stesso Gioviano e Varroniano. Ma poiché son pervenuto nella narrazione agli incliti e venerandi
principi attuali, porrò fine al mio lavoro, tralasciando di narrare le loro gesta, che esigono uno stile
più elevato, e riservandomi di discorrerne in seguito con maggior accuratezza.

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