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ILLUMINOTECNICA IN TEATRO

NOTIZIE CHE POSSONO ESSERE UTILI NON SOLO A QUANTI LAVORANO NEL
MONDO DELLO SPETTACOLO MA ANCHE A CHI DEVE SOSTITUIRE LA LAMPADINA
DEL FRIGORIFERO

GRANDEZZE FOTOMETRICHE
CENNI SULLA CORRENTE
SORGENTI FOTOELETTRICHE (le lampadine...)
IL COLORE
GELATINE
PROIETTORI
MOTORIZZATI
SEGNALI DI CONTROLLO
CONSOLES
GLOSSARIO
ROBE DA MACCHINISTI
ACRONIMI
RACCONTI
GRANDEZZE FOTOMETRICHE

POTENZA (WATT): facile! E' il consumo di un aggeggio che va a


corrente! La bolletta dell'ENEL si paga in base ai Watt (o meglio
ai kW/ora) consumati.

FLUSSO (LUMEN): è la quantità di luce emessa da una lampada.


Comunemente viene usato il Watt, ma questa è in realtà la misura
del consumo di quella lampada, non della luce emessa, cosa, questa
che dovrebbe interessarci maggiormente; se il Watt è comodo per
comparare due lampade fra loro (una da 100 W è come usarne 4 da
25)(...ma non è mica così vero!), non ci risulta più tanto comodo
quando abbiamo due lampade di tipo diverso (una ad incandescenza
ed una a fluorescenza (...si, i neon!); infatti un neon (!) da 26
W fa molta più luce di una lampada ad incandescenza da 50.

Dal rapporto tra Watt e Lumen salta fuori l'EFFICIENZA


(LUMEN/WATT) di una sorgente, che mi dice quanti lumen sono emessi
con un Watt di consumo. E' proprio a causa della diversa
efficienza tra le varie sorgenti luminose che non si può
paragonare tra loro usando i Watt di consumo. Se, per esempio una
lampada ad incandescenza da 100 W emette circa 1500 lm (lumen),
avendo quindi un'efficienza di 15 lm/W (1500/100), una lampada a
vapori di sodio (quelle gialle dei parcheggi) della stessa
potenza, ne emette quasi 20.000! (efficienza di circa 200 lm/W). A
prima vista, quindi, sembrerebbe che le due lampade in questione,
avendo lo stesso consumo, dovrebbero fare la stessa luce. Non è
così.
DURATA (ORE) di una sorgente: provate a dire come si misura...

ILLUMINAMENTO (LUX): i lumen per metro quadrato. Il flusso di un


lumen distribuito uniformemente su una superficie di un metro
quadrato origina un lux. La misura che più interessa un lucista;
non mi importa sapere quanti lumen emetta una lampada ma quanti ne
cadano sulla superficie in cui sto lavorando, sia essa un tavolo
da disegno, il pavimento di una stanza o la faccia di un attore.
In una giornata soleggiata, misuro anche 100.000 lux, se il cielo
è nuvoloso ne misuro 10.000, in un ufficio dovrebbero esserci
circa 500-2.000 lux , in un appartamento dai 200 ai 1.000 a
seconda della stanza. Lo strumento per misurare il livello di
illuminamento è il luxmetro, formato da un sensore ottico e da uno
strumento indicatore.
Lo sapevate che sono stati condotti degli esperimenti, in base ai
quali la produttività in un luogo di lavoro aumentava con
l'aumentare dei livelli di illuminamento?

TEMPERATURA DI COLORE (GRADI KELVIN): la luce che normalmente


intendiamo bianca ha in realtà molte tonalità di colore
differenti; il fatto è che il nostro occhio automaticamente si
"tara" su quella tonalità e la fa apparire neutra e sulla base di
quella ci farà distinguere tutti gli altri colori. La luce solare
è diversa per tonalità da quella della nostra sala da pranzo o di
una fabbrica; sembrano uguali ma non lo sono. La temperatura di
colore si misura in gradi Kelvin (non spiego il perché per non
dilungarmi troppo). Il bianco di una comune lampada ad
incandescenza è di circa 2800°K, quello di un'alogena è intorno ai
3000-3200°K, i tubi fluorescenti (...si, ancora i neon!) dai 2800
ai 6500°K, il sole all'alba 1600 mentre a mezzogiorno 5000-6000.

ALTRE UNITA' DI MISURA: tra cui luminanza, intensità luminosa,


esposizione luminosa, I.R.C., lunghezza d'onda ed altre, ve le
spiego di persona, perché sono meno importanti (si fa per dire)
delle altre.

QUALCHE CENNO SULLA CORRENTE

Tra le molte unità di misura della corrente elettrica, segnalo


quelle che ci interessano maggiormente:
- Tensione (T) misurata in volt (V)
- Corrente (i) misurata in ampere (A)
- Potenza (P) misurata in watt (W) e chilowatt (1000 W = 1 kW).
Noti due dei tre valori qui sopra elencati, se ne può calcolare il
terzo, facendo uso della regoletta da imparare a memoria: P = V*i
Volendo, per esempio, trovare la potenza assorbita da un
apparecchio che va a 220 V e consuma 4 A, basterà moltiplicare tra
loro i due valori, 220*4 = 880 W.
Grazie alla stessa regola, si potrà ricavare la corrente assorbita
da un proiettore da 1000 W alimentato a 220 V. 1000/220 = 4.5 A
circa. Questa regola è utile a noi per stabilire se con una
determinata potenza assorbita da un impianto luci, il
magnetotermico generale reggerà durante lo spettacolo.
Nel nostro settore ci troveremo ad avere a che fare con la 220 V
monofase e la 380 V trifase. La prima impiega 3 conduttori: un
filo di fase (nero o marron), uno di neutro (blu) ed uno di terra
(giallo/verde). Nel caso della 380 trifase troveremo in più altri
due fili di fase. Se non si riescono a distinguere tra loro i
conduttori in base al colore (qualche idiota potrebbe non avere
rispettato i colori) si può operare in due maniere: con l'ausilio
di un cercafase, verificando l'accensione della lampadina al neon
all'interno dell'attrezzo, quando la punta tocca un filo di fase,
oppure tramite un tester, andando a misurare le tensioni presenti
tra filo e filo (se tra due fili misuriamo 380 V sicuramente
entrambi portano la fase, se misuriamo 220 V vorrà dire che uno
solo è quello di fase, se non misuriamo nulla allora quei due fili
appartengono al neutro ed alla terra).
Voglio segnalare che quando si parla della corrente disponibile ai
capi di una presa trifase, il valore espresso in A, essendo
riferito alla portata di una singola fase, va moltiplicato per tre
per ottenere la potenza erogabile da quella presa. Una presa da 32
A potrà fornire: 220 V * 32 A = circa 6000 W * 3 fasi = circa
18000 W in totale.

SORGENTI LUMINOSE

LAMPADE AD INCANDESCENZA
Un filamento racchiuso in un bulbo di vetro, attraversato da
corrente elettrica, scaldandosi, emette luce (contrariamente
quanto sostenuto da Boscolo, che affermava che la conseguenza
della luce fosse il calore!). Essenzialmente si dividono in:
- NORMALI: quelle comuni in tutti gli appartamenti, se ancora non
sono state sostituite dalle
- ALOGENE: più costose ma più longeve ed efficienti, hanno il
pregio di produrre una luce più bianca che meglio si adatta alla
corretta percezione dei colori. Ne esistono a tensione di rete
(220 V) o a bassa tensione (6, 12, 24 V) per le quali bisogna
prevedere l'uso di un trasformatore di alimentazione che converta
la tensione di rete in quella necessaria alla lampada.
Tutte le lampade ad incandescenza sono regolabili in intensità
luminosa, con apparecchi elettronici chiamati dimmer (funzione
basilare per noi lucisti).

LAMPADE A SCARICA
- FLUORESCENTI: (i famosi tubi al neon!). Un tubo di vetro di
varie lunghezze e forme a seconda del tipo di lampada, riempito
con gas particolari (argon, neon o crypton) e con la superficie
interna rivestita di sostanze altrettanto particolari; agli
estremi, due elettrodi. Un arco elettrico attraverso i due
elettrodi emette moltissime radiazioni ultraviolette, che sono
trasformate in luce visibile dalle sostanze depositate lungo la
superficie interna del tubo. Costano un po' di più delle alogene,
ma durano di più e sono molto più efficienti (più di quattro
volte), la qualità della luce emessa non è però così buona, non
scaldano quanto quelle ad incandescenza ma necessitano di alcuni
componenti per funzionare (starter, condensatore e reattore); in
alternativa a questi componenti, sono presenti nel mercato degli
alimentatori elettronici che, sostituendo quelli elettromeccanici,
rendono possibile anche la regolazione dell'intensità luminosa. Di
dimensioni notevoli variabili in funzione della potenza (fino a
120 e più cm di lunghezza), tendono dove possibile ad essere
sostituiti dalle versioni compatte.
- AD ALOGENURI METALLICI: anche qui è presente il tubo di scarica
riempito di gas (argon, vapori di mercurio ed altri), ma privo di
rivestimento interno in polveri fluorescenti poiché la luce emessa
si trova già nello spettro del visibile. L'efficienza e a durata
sono simili a quelle dei tubi fluorescenti, ma le potenze delle
lampade sono più elevate, raggiungendo alti valori di luminosità.
Il prezzo è sensibilmente più elevato e le dimensioni più ridotte.
La qualità della luce emessa non è eccezionale, salvo che nelle
versioni per uso interno recentemente messe in commercio.
Necessitano di alcuni minuti per entrare a regime e non si possono
riaccendere se spente inavvertitamente, salvo alcune eccezioni.
Non sono regolabili in luminosità, sempre salvo alcune eccezioni.
- A VAPORI DI SODIO: simili a quelle ad alogenuri metallici,
queste hanno il grosso difetto di emettere una luce giallastra
molto scarsa qualitativamente cui però si contrappongono un'alta
efficienza (fino a 180 lm/W) ed una durata eccezionale (10.000
ore). Vengono distinte in tipi a bassa e ad alta pressione; i
primi sono più efficienti ma rendono meno qualitativamente
(l'emissione è praticamente monocromatica) e vengono impiegati
solamente nelle illuminazioni stradali, quelli ad alta pressione
producono una luce più chiara ma sono meno efficienti dei primi.
Sono impiegati per l'illuminazione stradale ed architetturale. La
tecnologia ha portato ultimamente a migliorare notevolmente la
qualità della luce emessa, raggiungendo tonalità sempre più vicine
al bianco; questi nuovi prodotti sono impiegati nell'illuminazione
di accento delle vetrine e anche di spazi abitativi, ristoranti,
negozi ed altro.

COLORE

La luce che noi chiamiamo "bianca" è in realtà formata da tutti i


colori dello spettro visibile, quelli, cioè, che compongono
l'arcobaleno. Lo sapevate già? Allora passiamo avanti! Senza
addentrarmi troppo nel teorico, dirò che miscelando i vari colori
dello spettro se ne ottengono degli altri... Sapevate anche
questo? Andiamo avanti! Ci sono due modi per ottenere, dalla somma
di due colori, altri colori: la sintesi sottrattiva e quella
additiva.
La prima è quella che interessa i pittori, la stampa fotografica
e, nel nostro settore, i proiettori cambiacolori, appunto, "a
sintesi sottrattiva" (alcuni li chiamano anche "a tricromia
sottrattiva"o "CMY", dalle iniziali inglesi dei tre colori
fondamentali). In pratica: da tre colori di partenza si possono
ottenere tutti (in teoria) i colori dello spettro. I colori
fondamentali in questo tipo di sintesi sono il ciano (una specie
di azzurro), il magenta (una specie di rosso-violaceo) ed il
giallo. Sommando ciano e magenta otteniamo il rosso, ciano +
giallo = verde, magenta + ciano = blu. Sommando colore sottraggo
luce. La somma in parti uguali dei tre colori forma il nero. Un
chiaro esempio di come funziona questa sintesi è rappresentato
dalle stampe a colori dei giornali: guardando con una lente di
ingrandimento alcuni colori, si nota chiaramente un fitto insieme
di puntini dei tre colori fondamentali, ma con densità diversa a
seconda del colore che si voleva ottenere. Un altro esempio lo
potremmo avere sovrapponendo delle gelatine: un giallo ed un
celeste sovrapposti generano un colore verde.
La sintesi additiva somma invece la luce, anziché i colori; viene
abbreviata con la sigla "RGB", dalle iniziali, sempre in inglese
dei tre fondamentali che sono il rosso, il verde ed il blu. Un
esempio concreto lo troviamo andando a guardare da vicino un
monitor di un computer o il cinescopio di un televisore; i colori
sono formati dalla somma delle intensità luminose di tanti puntini
raggruppati tre a tre (i pixel). Per quanto strano possa sembrare,
sommando il rosso ed il verde si ottiene il giallo, rosso + blu =
magenta, verde + blu = ciano. Se notate, i tre colori ottenuti
sono quelli della sintesi sottrattiva, mentre i tre della sintesi
additiva sono quelli ottenuti sommando in parti uguali i colori
della sottrattiva. Sommando in parti uguali il rosso, il verde ed
il blu ottengo il bianco. Sommando colore aggiungo luce. Non
ricordo di quale marca fosse ma ho visto un proiettore
cambiacolore che usava la sintesi additiva: se ben ricordo era
formato da due lampade blu, una rossa ed una verde. Grazie ad un
circuito elettronico, poteva variare l'intensità delle singole
lampade, ottenendo una vasta gamma di colori. ...Sapevate anche
questo? Non credo, vero?

Ho tentato di dimostrare gli effetti della sintesi additiva


fotografando la figura prodotta dai cerchi luminosi di tre
sagomatori gelatinati con i colori principali. L'effetto non è
proprio perfetto a causa di vari fattori, tra cui l'I.R.C. delle
lampade, la scelta dei colori di base, la macchina fotografica
usata ed anche la visualizzazione finale, attraverso il monitor
del vostro computer. Comunque, tanto per darvi un'idea di come
avviene la sintesi additiva, vi allego ugualmente la foto.
GELATINE

Sono fogli di materiale plastico resistente al calore, di vari


colori. Ce ne sono più di 100 in commercio, di tonalità che vanno
dalle più leggere alle più sature; spesso tra due tipi di
caratteristiche simili si fa molta fatica a fare una distinzione,
tanto le tonalità si avvicinano. Ogni colore proposto ha il
corrispondente numero di catalogo che purtroppo non è uguale per
tutte le marche presenti nel mercato. Spesso, comunque, si fa
riferimento anche al nome della ditta che le produce, per non
destare confusione. Nel teatro se ne fa grande uso, preferendo
alle tonalità sature quelle più leggere, che non falsano troppo i
colori originali degli oggetti e dei costumi. Si tende ad usare
tonalità ambrate per "riscaldare" una scena e leggermente
azzurrate per "raffreddarla", ricreando ambientazioni drammatiche
o luoghi all'aria aperta. Per avvicinarsi il più possibile al
vero, comunque, vanno usate con parsimonia, per evitare che lo
spettacolo prenda la piega di un saggio scolastico di fine anno,
dove una foresta sarebbe riprodotta illuminando tutto di verde,
una scena notturna di blu, una situazione romantica di rosso. Si
dovrebbe cercare di rappresentare un'ambientazione lavorando sulla
posizione delle luci, e quindi delle ombre, importantissime per
questi fini, sul rapporto luminoso tra le varie zone della scena,
sulla proiezione di finte ombre come potrebbero essere quelle
generate dalla vegetazione, e solo in ultima lavorando su leggeri
cambi di tonalità di colore. Sempre riguardo alla luce colorata,
in teatro vengono spesso usati dei correttori di temperatura
provenienti dal campo della fotografia, che permettono di variare
i gradi Kelvin di una sorgente luminosa. I più usati sono il CTB,
per raffreddare una luce troppo calda, ed il CTO, per riscaldarne
una troppo fredda. Il CTB, all'aspetto di un tenue color
azzurrognolo, filtra la luce di un'alogena a 3200° K fino a
portarla a 5700° K, simulando la luce prodotta da una sorgente a
scarica. Usando un filtro CTO davanti ad una sorgente a scarica si
otterrebbe invece una temperatura vicina a quella delle alogene.
Vi sono diverse tonalità anche tra il CTB ed il CTO: la più satura
è rappresentata dal numero 200, seguito dal 201, 202, 203 e 218
che rappresentano in ordine i suoi sottomultipli (per ottenere
l'effetto di un 201 si possono usare due fogli 202 sovrapposti,
oppure quattro 203 ecc.). Stesso discorso valido per il CTO in cui
il 204 è la tonalità più satura, mentre il 205 e il 206 lo sono
proporzionalmente meno.
Quanto detto per il teatro non vale per i concerti, dove, in
relazione al genere di musica suonata, possono essere impiegate
tutte le tonalità desiderate, con accostamenti anche violenti tra
loro.

TIPI DI PROIETTORI UTILIZZATI NEL MONDO DELLO SPETTACOLO

PIANO CONVESSO: chiamato in gergo "PC" o "QPS" (dal modello


prodotto da una nota ditta). E' composto da un contenitore in
lamiera che ospita la lampada (da 350 a 2000W), uno specchio
parabolico, posto in vicinanza della stessa e da una lente piano
convessa (da cui il nome "PC"), la cui superficie interna (quella
piana) è finemente corrugata per ammorbidire i contorni del fascio
luminoso. Il complesso lampada-specchio è montato su una barra
filettata che, ruotata dall'operatore, permette di variarne la
posizione rispetto la lente. Si possono così ottenere fasci di
luce molto stretti (6°) fino a molto larghi (60°).

Un piano-convesso della Spotlight, il famoso QPS.

E la luce proiettata su un fondale.

FRESNEL: praticamente identico al PC, salvo che per il tipo di


lente usata, che prende il nome del suo inventore. La differenza
sta nel contorno del fascio, che qui è molto meno definito e
permette una miscelazione migliore tra le zone illuminate da
diversi proiettori. Viene usato prevalentemente per le
illuminazioni di riprese cinematografiche o televisive.
Questo qui sopra è un proiettore con lente di fresnel prodotto
tempo fa dalla Spotlight.

Questo qui, invece, quello prodotto dalla Strand Light.

La forma della luce prodotta da un proiettore fresnel su un


fondale (la linea nera al centro è una cucitura sulla tela).

PAR: dall'acronimo di Parabolic Aluminized Reflector. Il


proiettore consta in un cilindro di lamiera sul cui fondo è
installata la lampada. In origine la lampada PAR veniva impiegata
nel settore aereonautico, come luce di atterraggio negli aerei. E'
formata da una parabola riflettente protetta da una cupola di
vetro robusto; all'interno si trova la lampada che in alcuni casi,
essendo l'insieme parabola-cupola, stagno, è priva del
tradizionale bulbo in vetro di quarzo. Si tratta, infatti, di
lampada a ciclo di alogeni. La caratteristica principale è di
fornire un potente fascio luminoso di sezione ellittica che va da
circa 6°, per le versioni a fascio concentrato, a circa 20° per
quelle a fascio più diffuso. Non essendo la forma del fascio
regolare, l'unica forma di controllo può avvenire ruotando la
lampada. Vengono impiegate dove si voglia accentuare il livello di
illuminazione su un oggetto in scena o un attore oppure per creare
quell'effetto di raggi luminosi nei concerti di musica pop,
piazzandole di taglio o in controluce e aggiungendo un po di fumo
sul palcoscenico. I numerosi modelli partono dal PAR 36 detta
anche "lucciola" o "pin spot"(6 V, 30 W), il PAR 56 (220 V, 250
W), il PAR 64 (110 o 220 V, 1000 W) ed infine l'aircraft (28 V,
250 W), il più indicato per i concerti. Il numero dopo la sigla
"PAR" indica il diametro vetro della lampada, espresso in ottavi
di pollice.

Due proiettori PAR aperti, con la lampada in evidenza. Il primo a


sinistra monta una CP60 (fascio stretto), l'altro una CP 62
(fascio largo).
Primo piano di una CP 60.

Primo piano di una CP 62.

La luce concentrata di una CP 60. A circa 4 metri misura 1.20 x


1.10 m.

La forma più allungata di una CP 62. A circa 4 metri misura 2 x


1.20 m. Risulta quindi meno luminosa.

SAGOMATORE: il contenitore è lo stesso di un PC, però più


allungato, il gruppo lampada-specchio curvo anche, la lente piano
convessa è sostituita da una o, più spesso, due lenti la cui
distanza dalla lampada può essere variata indipendentemente. In
tal modo si potrà focalizzare un fascio di dimensioni e luminosità
variabili secondo la distanza delle stesse dalla lampada. Esistono
inoltre diversi modelli di sagomatori, in relazione alle
dimensioni del fascio ottenibili: modelli che partono da 15 per
arrivare a 28° ed altri che partono da 22 fino a 40°. Il fascio
prodotto da un sagomatore ha un contorno molto ben definito; il
confine tra zona illuminata e zona buia è netto.
La maggior parte dei modelli dispone di un alloggiamento per un
accessorio chiamato "iride", nella forma uguale al diaframma di
una macchina fotografica, che serve a rimpicciolire a piacere il
diametro del fascio. Al posto dell'iride può essere inserito un
gobo, che sarebbe un telaio che sostiene una sagoma metallica con
un'immagine incisa attraverso. Serve a proiettare la stessa
immagine su una superficie, per ricreare ad esempio le inferriate
di una finestra o le fronde di un albero.
Un altro controllo del fascio luminoso è rappresentato da 4 lamine
metalliche dette coltelli (shutter in inglese), manovrabili
indipendentemente l'una dall'altra, che permettono di sagomare il
fascio per adattarlo a diverse forme, quadrati, rettangoli o
trapezi di varie dimensioni.
Sul fondo del proiettore trova posto una vite che permette di
portare esattamente al centro dello specchio il filamento della
lampada, per ottenere un fascio dalla luminosità quanto più
uniforme possibile.
Le potenze di questi proiettori vanno da 500 a 2000 W.
L'SS 1000 della Spotlight con a fianco un coltello.

Al "Cantata", sagomatore della Strend Light, appartengono le due


foto. La parte con le ottiche e quella che alloggia la lampada.

Il disco luinoso dai contorni ben definiti di un sagomatore.

L'effetto dell'intervento dei coltelli sullo stesso disco


luminoso.

SEGUIPERSONA: una variante del sagomatore che serve ad illuminare


maggiormente un cantante, un ballerino o un presentatore,
aumentando l'attenzione del pubblico su di lui. Possiede in più,
alcuni controlli. Un otturatore, posto in genere sul retro
dell'apparecchio, per impedire velocemente che la luce fuoriesca
dal proiettore senza tuttavia spegnere la lampada; un set di
gelatine posto all'interno dello chassis o montate su una ruota
esterna, per cambiare la tonalità della luce emessa, ed infine una
ventola, posta nelle vicinanze della lampada, che permette di
manovrare in sicurezza il proiettore, raffreddandone le pareti.
Sempre più spesso vengono installate delle lampade a scarica, in
sostituzione di quelle alogene tradizionali; ecco allora
l'apparire di alimentatori dedicati, inseriti in robusti
contenitori da posizionare in vicinanza del proiettore. Non
essendo possibile la regolazione dell'intensità luminosa tramite
tradizionali regolatori elettronici, sarà possibile, quindi, la
presenza di un'ulteriore iride, posto però in posizione di "fuori
fuoco"; chiudendo l'apertura dello stesso, il fascio luminoso,
anziché rimpicciolirsi, tenderà a diminuire di luminosità, fino a
venire a mancare del tutto.

RIFLETTORI PER FONDALI: prendono di volta i nomi forniti dalle


ditte che li producono, quindi diventano "iris", "mini iris",
"pallas", "domino" ed altri...
Sono formati da un contenitore in lamiera che all'interno alloggia
una lamina di alluminio corrugato in varie fogge per distribuire
meglio il fascio luminoso, principalmente in maniera verticale. La
lampada è di tipo lineare, alogena da 1000 W. Si differenziano in
due tipi a seconda della forma della lamina riflettente. Questa
può essere sagomata in modo da distribuire il fascio in maniera
simmetrica, tale da avere la stessa intensità in tutte le
direzioni verticali, oppure in maniera asimmetrica, per avere una
concentrazione della luce principalmente verso l'alto (o il basso,
a seconda di come è orientato il proiettore). Questo tipo di
riflettore, viene usato infatti per illuminare dal basso o
dall'alto grandi superfici come fondali o pareti verticali.
Piazzando il riflettore in basso, o appendendolo ad un'americana,
e necessitando un un'uniforme illuminazione su tutta la
superficie, la luce deve essere minore in vicinanza dello stesso e
maggiore verso l'estremo della superficie, essendo questa più
lontana.

Il "Domino" della Spotlight.

Il "Pallas" della Quartzcolor. Notate che manca il supporto per


agganciarlo. E' questo, infatti, un riflettore da piazzare
solamente a terra. A fianco c'è il telaio portagelatine.

OPEN FACE: chiamati in gergo "pinze", dalla caratteristica


mollettona che le permette di agganciare sulla maggior parte delle
strutture, senza bisogno di viti od altro, sono dotate di uno
snodo che le permette di orientare velocemente in tutte le
direzioni (bisogna fare comunque attenzione a mantenere la
posizione della lampada prossima all'orizzontale perché il calore,
affluendo verso la parte più alta, non acceleri l'usura
dell'attacco relativo. Hanno la forma di una scodella arancione,
nera o, nelle versioni da 2000W, gialla. Lo specchio concavo è in
alluminio, corrugato sulla superficie, per distribuire in maniera
più uniforme il fascio luminoso, posto dietro una lampada alogena
a doppio attacco, in genere da 800 - 1000 W, ma anche da 2000 W.
Non c'è la lente piano convessa ma una sottile rete di acciaio per
proteggere la lampada o per impedire che questa, scoppiando,
proietti frammenti caldi in giro. La variazione del fascio
luminoso avviene spostando lo specchio dalla lampada. In ogni caso
la differenza tra fascio stretto e fascio largo non è molto
elevata, mancando appunto una lente che lo converga; si passa
quindi da una posizione concentrata detta "spot" ad una di tipo
più diffuso "flood".

Foto di una "pinza".

Tutti i proiettori descritti possiedono, nel punto più lontano


dalla sorgente luminosa, una guida nella quale inserire una
gelatina colorata (ne parleremo più avanti) ed una "bandiera"
della quale parleremo subito.
Essendo il fascio di luce uscente dal proiettore, di forma più o
meno circolare, potremmo avere la necessità di renderlo
rettangolare, o quantomeno "tagliarlo" in maniera da non
"sporcare" determinate zone della scena. Ecco allora che,
incernierate sui quattro lati di un telaio quadrato, si possono
usare altrettante lamine metalliche annerite, di opportune
dimensioni e forma, in modo che, intercettando il fascio luminoso
in una sua parte, determinino una corrispondente zona d'ombra
sulla superficie da illuminare. Nei sagomatori, le bandiere
vengono sostituite dalle lame scorrevoli poste sul punto focale.

MOTORIZZATI

sono macchine complesse che simulano gli effetti di vari


proiettori. Sarà possibile, quindi, cambiare colore e forma al
fascio, variarne la luminosità, farlo accendere e spegnere
velocemente simulando l'effetto stroboscopico, aggiungendo sempre
più effetti alla luce; il tutto sarà memorizzabile e riproponibile
secondo le più bizzarre esigenze. Se ben gestiti (ed è molto
difficile farlo!) possono originare sensazioni straordinarie,
difficili da scordare... Usati prevalentemente nelle discoteche e
nei concerti, sono macchine che in teatro non hanno ancora fatto
molta strada, anche se la tecnologia li porterà ad essere presenti
anche qui. Il peso, la difficoltà di programmazione ed il prezzo,
sono infatti le caratteristiche negative di queste straordinarie
macchine. Credo che la massima soddisfazione per un tecnico luci
sia poterne gestire alcuni avendo a disposizione il tempo
necessario per programmarli con cura.
Montano lampade alogene di bassa potenza (da 150 a 250 W) o, più
spesso, lampade a scarica da 150 fino a 4000 (!) W.
La forma ricorda, in genere, quella di un sagomatore più o meno
ingombrante secondo la potenza luminosa e le funzioni presenti,
alla cui estremità è posto uno specchio che devia il fascio
luminoso dove desiderato (i proiettori prenderanno allora il nome
di "scanner"). C'è anche una differente versione detta "moving-
head", sprovvista di specchio deviatore, in cui a muoversi è
l'intero proiettore montato su una forcella motorizzata.
Con le dovute eccezioni potrei dire che quelli a specchio mobile
sono da preferirsi agli altri per le seguenti caratteristiche:
- maggiore velocità di spostamento del fascio luminoso,
- facilità ad essere appesi e trasportati (grossa attenzione, però
allo specchio!)
I moving-head, invece offrono:
- maggior angolo di apertura del fascio,
- possibilità di essere montati "a terra", semplicemente
appoggiandoli sul basamento,
- maggior copertura del fascio (alcuni modelli superano i 360° di
rotazione!).

Tutte le parti meccaniche sono mosse da motori, in genere passo-


passo; alcune ditte usano grossi motori in corrente continua per
muovere il corpo dei moving-head. Una famosa ditta impiega una
pompa idraulica che spinge a pressione un fluido particolare in
una lente di materiale plastico deformabile; la differente
curvatura della lente influirà sull'ampiezza del fascio luminoso
(!).

Veniamo ora alle caratteristiche, dalle principali alle più


evolute:
PAN: lo spostamento orizzontale del fascio; alcuni modelli
dispongono del modo detto "a 16 bit", nel quale il movimento
avviene in maniera più uniforme, senza gli scatti che i motori
passo-passo che muovono lo specchio danno, specie a basse
velocità. La precisione di un puntamento, inoltre, viene ad
aumentare di molto.

TILT: lo spostamento verticale del fascio, anche qui è possibile


usare la modalità "a 16 bit".

COLOR: filtri colorati da sovrapporre alla luce generata. In


genere dischetti dicroici montati su ruote che li portano, uno
alla volta, davanti alla sorgente. Possono essercene più di uno,
montati vicini l'uno all'altro, in modo da generare un alto numero
di colori dalla sovrapposizione dei singoli filtri. Un altro
sistema per colorare la luce è quello della sintesi sottrattiva,
detto anche "CMY" di cui parleremo dopo.

GOBOS: dischi metallici con figure geometriche o astratte


intagliate, per dare quella forma alla luce che li attraversa;
anch'essi montati su ruote e sovrapponibili, possono, in alcuni
modelli, ruotare a varie velocità su loro stessi, arricchendo così
la gamma degli effetti ottenibili. In alcuni casi sono anche
indicizzabili: la loro posizione può essere memorizzata (per
esempio: un gobo con una scritta potrà riprodurla sempre con la
stessa inclinazione).
Anziché realizzato in metallo, un gobo può essere anche costituito
da un disco di materiale dicroico, sul quale, attraverso
particolari procedimenti viene "stampata" una fotografia di ottima
qualità; lo spazio lasciato alla fantasia del progettista luci
viene quindi ad allargarsi notevolmente. Quasi tutte le ditte
produttrici dispongono di un ampia scelta di gobos, sia metallici
che dicroici; alcune, inoltre, danno anche la possibilità di
creare un gobo su specifiche del cliente.

SHUTTER: una o più lame di metallo che oscurano in tempo


brevissimo il fascio luminoso; agendo velocemente sulla sua
apertura e chiusura si ottiene un effetto molto simile all'effetto
stroboscopico.

DIMMER: non essendo le lampade a scarica facilmente dimmerabili,


si interviene con un congegno che impedisce gradatamente l'uscita
della luce dall'apparecchio.

IRIS: simile al diaframma di una macchina fotografica, serve a


ridurre di diametro del fascio luminoso. Da non confondere con la
prossima funzione.

ZOOM: a differenza dell'iris che impedisce alla luce di uscire


assorbendo la parte circolare esterna del fascio in misura sempre
maggiore, lo zoom ne varia la dimensione allontanando o
avvicinando due lenti poste sulla sua traiettoria. La differenza è
che l'intera immagine proiettata viene ad essere variata nelle
dimensioni in maniera proporzionata; questo è utile quando si
vuole adattarla alle dimensioni di una superficie, oppure quando,
proiettando due figure uguali da apparecchi posti a distanze
diverse, si vuole che questi mantengano dimensioni uguali tra
loro.

FROST: questa funzione ammorbidisce il fascio luminoso in maniera


simile ad una sfocatura molto forte; il diametro verrà così ad
aumentare notevolmente e sarà possibile, entro certi limiti,
illuminare uniformemente persino un fondale. Spesso è possibile
intervenirvi con gradualità, per costruire delle evanescenze tra
due figure proiettate. L'effetto viene generato interponendo un
disco leggermente smerigliato dopo la sezione dei gobos, in modo
che la luce venga "dispersa" in maniera dipendente dal grado di
lavorazione dello stesso.

SEZIONE EFFETTI: si tratta di una ruota, simile a quella in cui


sono installati i gobos, dove vengono montati dei prismi simili a
quelli usati in fotografia, che moltiplicano più volte la stessa
immagine; spesso questi prismi possono anche essere sovrapposti
tra loro e ruotare a velocità variabili.

Come funzionano:
Il protocollo usato, salvo rare eccezioni, è il DMX. Ogni
proiettore, come fosse un dimmer, necessita di un certo numero di
canali, in rapporto alla quantità delle funzioni che possiede.
Meglio fare un esempio: dispongo di due proiettori motorizzati che
impiegano 4 canali ognuno. Assegno, come fossero dei dimmer luci,
il canale di riferimento per ciascuna macchina, agendo sugli
appositi comandi del proiettore. Il primo proiettore avrà il
numero 1, il secondo avrà il 5.

PRIMO SECONDO

PAN 1 5

TILT 2 6

COLOR 3 7

GOBOS 4 8

Agendo sui cursori della consolle collegata ai proiettori potrò


ora comandarne le funzioni: muovendo il cursore n.1, il fascio del
primo proiettore si sposterà orizzontalmente, seguendo fedelmente
la posizione del cursore, da un'estremo all'altro. La stessa cosa
vale per il tilt, comandato dal cursore n.2, per i colori, che
scorreranno in sequenza dal primo all'ultimo, ed infine i gobos
che risponderanno ai movimenti del cursore n.4. Per il secondo
apparecchio, varranno i comandi assegnati dai cursori dal 5 all'8.
Muovendo i vari cursori potrò crearmi una scena luminosa che potrà
essere memorizzata e richiamata in qualsiasi momento dello
spettacolo. I complessi giochi dei proiettori motorizzati,
funzionano proprio così: preparando una grande quantità di memorie
e riproponendole in sequenze lunghissime.Tenete conto che uno di
questi apparecchi abbisogna come minimo di 6-8 canali, per
arrivare fino a 24, a seconda del numero delle funzioni possedute;
moltiplicate i canali per il numero dei motorizzati indipendenti
ed otterrete un'idea del flusso di dati necessario ogni show.
Molte cose sarebbero ancora da raccontare: dalle opzioni che i
banchi di controllo dedicati offrono, alle caratteristiche
particolari di alcuni modelli di proiettori e ai suggerimenti
sulla programmazione, ma ora non ho più voglia di parlarne.

QUALCOSA SUI SEGNALI DI CONTROLLO PER UNITA' DI POTENZA

0/+10V: è il più comune e forse vecchio tipo di segnale, usato


ancora oggi da molte compagnie teatrali; in pratica, inviando al
dimmer una tensione continua che va da 0 ad un massimo di +10 V si
ottiene una variazione della luminosità del proiettore collegato
ad esso (con 0 Volt il proiettore risulterà spento, con +10 Volt
darà il massimo dell'intensità luminosa). Questo tipo di segnale
richiede perciò un filo elettrico per ogni canale pilotato, più un
filo, in comune per tutti, di riferimento a 0 V. La semplicità è
la sua arma vincente: se si dovesse, infatti, rompere un filo, a
meno che non sia quello in comune, solo il canale collegato ad
esso verrebbe a non funzionare. Essendo la tensione di pilotaggio
molto semplice da ottenere, si potrebbe paradossalmente pilotare i
dimmer con una semplice batteria da 9 V che fornirebbe, in uscita
dello stesso, una tensione pari al 90 % di quella massima,
sufficiente ad illuminare ugualmente la scena. Lo svantaggio è che
le dimensioni del cavo di segnale diventano rilevanti, specie nei
sistemi con numerosi canali. Una mancata standardizzazione dei
connettori presenti sulle varie marche di consolle di comando e
sui dimmer, penalizza ulteriormente il sistema.
Una casa costruttrice (Strand) ha avuto poi la straordinaria idea
di pilotare i propri sistemi analogici con una tensione che va
sempre da 0 a 10 V, ma in maniera negativa, ossia la variazione
avviene da 0 a -10 V. Il sistema non è quindi usabile con dimmer
di altre marche. Ho trovato notizie riguardanti le apparecchiature
costruite dalla Spectrum QEP (credo sia una casa americana) che
pone il limite inferiore della scala di regolazione con una
tensione di +10 V e il superiore a 0 V. Un'altra casa, la EDI
(anche in questo caso è la prima volta che la sento nominare) pone
il limite inferiore a +2 V mentre il superiore a 7,2 V! (...Mah!).

DMX 512/1990: più comunemente chiamato DMX, molto simile al DMX512


(senza il "/1990") dal quale differisce per la durata di una parte
del codice digitale che lo compone. E' il linguaggio più diffuso
nel mondo delle luci, e non a torto, visto che con un cavo
schermato a due conduttori si trasportano 512 canali diversi a
distanze superiori ai 300 metri (io comunque non mi fiderei di
farlo senza un bell'amplificatore). L'altra importante
caratteristica è quella di essere universale, nel senso che oramai
tutte le marche di consolle e di utilizzatori lo riconoscono
valido. Dalla consolle, quindi, parte un cavo, che va ai dimmer,
che va ai cambiacolori, che va agli scanner passando magari per
una macchina del fumo o una serie di strobo. Non si dovrebbero
collegare tra loro più di 32 utilizzatori senza usare apposite
unità di amplificazione e filtraggio. Tutti gli apparecchi che
accettano il segnale DMX hanno un ingresso ed un'uscita attraverso
la quale segnale arriverà ad altri utilizzatori; i connettori di
segnale sono sempre del tipo XLR a 5 poli, o (fuori normative ma a
volte usati) a 3 poli. La calza del cavo va collegata al pin 1 (la
calza del cavo schermato non va collegata al corpo metallico del
connettore perché, nel caso vi siano diverse tensioni verso massa
presenti nei due connettori che si sta per collegare assieme,
toccando entrambi con le mani si potrebbe scaricare la stessa
attraverso il nostro corpo), il segnale negativo al 2 e quello
positivo al 3; agli altri due terminali (4 e 5) non sono state
assegnate funzioni. Si pensa ad una loro futura utilizzazione per
segnalare alla consolle lo stato di funzionamento dei dimmer
(surriscaldamento, rottura fusibili, altri problemi). Alcune case
hanno creato di loro iniziativa, delle assegnazioni particolari,
come la Pulsar che vi trasporta una tensione di 25V sul pin 5 per
alimentare, mi sembra, le consolle da loro prodotte.
Contravvenendo così alle normative internazionali dell'USITT.
A differenza dello 0-10V, questo è un segnale di tipo digitale,
nel senso che con la presenza di una tensione di +5V o con la sua
assenza (0V), si riesce, codificandole in maniera simile ad un
codice morse, ad inviare una serie di informazioni sullo stato di
512 diversi canali. Tutto questo fino a 44 volte per secondo!
Difetti: se il cavo di segnale dovesse avere qualche problema,
potrebbe non funzionare nulla! (trascurabile, vero?)
Rimedio contro alcuni problemi: in una tazza capiente, sciogliete
4 cucchiai di... no! Questo è per altri problemi... Sulla presa
dell'ultimo apparecchio, collegate un connettore (detto
"terminale" o "tappo") i cui poli 2 e 3 siano tra loro collegati
usando una resistenza da 120 ohm, 1/4 di W. Il motivo non ve lo
sto a spiegare, ma lo conosco. Lo giuro!

DMX 512-A: nato con il nome di DMX 2000 dovrebbe prima o poi
sostituire il "vecchio" DMX 512 rendendone comunque possibile la
lettura ai "vecchi" dimmer. Sono previste alcune migliorie, tra
cui:
- miglior protezione contro cadute di fulmini o elettricità
statica,
- trasmissione di una specie di codice supplementare denominato
"SIP" (System Information Packet) che dovrebbe essere gestito
dalla consolle luci per fornire alle apparecchiature collegate ad
essa dati riguardanti il tipo di software usato (mi sto informando
in merito... Non so altro),
- possibilità di ricevere sulla consolle alcune caratteristiche
delle macchine ad essa connesse, quali la versione software od
altri messaggi di testo. Tale funzione si chiama "Test packet",
- da quanto ho trovato nella "rete" sembra in via di sviluppo uno
standard di nome RDM (Remote Device Management) che, tramite un
normale cavo di connessione DMX, permetta alla centralina luci di
ricevere le caratteristiche dei proiettori intelligenti ad essa
collegati. Una volta collegati i vari proiettori e dimmers alla
console essa sarà in grado di riconoscerne le caratteristiche, il
numero di canali assegnabili, indicizzarli e ricevere anche
segnali di guasto da parte degli stessi.

Ethernet: il segnale che useremo in futuro... Consente di


trasferire grandi quantità di dati a velocità pazzesche, se
confrontate con gli attuali standard. Mentre il DMX viaggia a 250
KBaud, questo raggiunge i 10 MBaud! Una linea Ethernet moltiplica
di circa 40-60 volte la quantità di canali trasferiti dal DMX. Ve
ne sono di diversi tipi ma il più diffuso è il "10 Base T" che
impiega connettori di tipo telefonico (!) di tipo RJ45. Sono alla
ricerca di altri dati in merito

Analogico in corrente: simile allo 0-10V tranne che per il fatto


che a variare non è la tensione ma la corrente che scorre nel
cavo, usato nelle vecchie macchine della ADB.

SMX: ne ho sentito qualche volta parlare... Simile al DMX, ma nei


nuovi dimmer digitali, dove è possibile inviare alla console
eventuali problemi riscontrati dagli stessi (lampade o fusibili
bruciati, sovrariscaldamento, ecc.).

CMX: anche di questo ne ho sentito poco parlare, ma dovrebbe


trattarsi di un segnale digitale dedicato ai proiettori
cambiacolori, concepito dalla Colortran, un po più lento del DMX;
trasferisce fino ad un massimo di 512 canali. Usa connettori XLR a
4 poli.

VMX: simile al CMX, sempre adottato dalla Colortran, digitale,


trasferisce fino ad un massimo di 512 canali, usa connettori XLR a
5 poli.

RS232: non lo conosco bene: so solo che attraverso la famosa porta


RS232 di un computer, tramite programmi appositi si possono
inviare i comandi per gestire le luci di uno show anche complesso.
Molte macchine della Clay Paky accettano questo tipo di segnale.
PMX: digitale, usato dalla Pulsar, può essere prelevato (tramite
opportuni programmi) dalla porta COM di un qualsiasi computer,
permettendo di gestire lo spettacolo anche se sprovvisti della
tradizionale console. Trasporta poco più di 15000 canali (almeno è
quello che sostengono alla Pulsar!).

AMX 192: è un segnale analogico in grado di trasferire fino a 192


canali, multiplexandoli ed impiegando solo 4 fili elettrici. Usa
connettori XLR a 4 poli (pin 1 = massa, pin 2 = clock +, pin 3 =
segnale, pin 4 = clock -).

D54: usato solo dalla Strand prima dell'avvento del DMX, di tipo
analogico, trasferisce fino ad un massimo di 384 canali usando
connettori XLR a 3 o 4 poli.

AVAB: usato dalla svedese Avab, di tipo digitale, trasferisce meno


velocemente del DMX fino a 256 canali; impiega connettori XLR a 5
poli.

S20: vecchio segnale analogico usato dalla Adb, ancora in uso, ma


non nelle nuove macchine, trasferisce fino a 480 canali; impiega
connettori DIN a 5 poli, uguali come forma a quelli per il MIDI.

ADB 62.5: vecchio segnale digitale sviluppato dalla Adb, non più
in uso. Trasferisce fino a 512 canali utilizzando connettori XLR a
5 poli.

SGM 256: appunto della SGM, oltre al trasferimento del segnale,


invia anche la tensione di alimentazione alle centraline prodotte
dalla stessa casa. Ho riscontrato un difetto in questo tipo di
segnale: stendendo il cavo che lo trasporta vicino a cavi
microfonici, questi inviano al mixer audio un forte disturbo
udibile sotto forma di ronzio.

MIDI: il segnale che permette agli strumenti musicali e ad altre


macchine sonore di dialogare tra loro. E' stato implementato anche
in molti dei banchi luci di una certa qualità, per permettere ad
esempio di sincronizzare le luci di uno spettacolo con un brano
riprodotto attraverso un sequencer in una cui traccia ci sono i
comandi da inviare alle luci sotto forma di note musicali e altri
parametri. Ad una determinata nota si può far corrispondere un
canale di un dimmer o una scena memorizzata; il volume con cui la
nota sarebbe riprodotta può influire sulla luminosità di un
proiettore e così via, verso nuove avventure! Peccato che le
caratteristiche del segnale MIDI consentano di trasferirlo su cavi
di lunghezza minore di 3-4 metri!

CONSOLES

Ossia le macchine che controllano le unità di potenza (dimmer). I


modelli più semplici dispongono di un numero di cursori uguale ai
canali che possono pilotare. Questi cursori sono comandati da un
regolatore generale (master) che varia da zero al massimo i loro
singoli valori. Questo gruppo di cursori viene raddoppiato nelle
versioni dette "a doppia scena" per consentire di preparare una
situazione luminosa diversa da quella in uso, semplicemente agendo
sul secondo gruppo di cursori, senza che il pubblico noti
cambiamenti. Il cambio tra due situazioni luminose avverrà
abbassando gradualmente il master della scena in uso ed aumentando
proporzionalmente quello della scena prima preparata. Una volta
che il master della vecchia scena sarà portato a zero, quei
cursori saranno disponibili per preparare la prossima situazione.
Associato ad ogni cursore, è presente un tasto di flash che porta
istantaneamente al massimo valore il corrispondente canale. I
flash vengono usati per simulare effetti come i lampi di un
temporale o per creare giochi di luci durante un concerto (sempre
che l'operatore sia in grado di andare a tempo di musica).
Potrà essere presente un tasto di black/out premendo il quale
tutte le uscite saranno portate istantaneamente a zero, ed un
grand master, che regolerà la luminosità di tutte le luci accese.
Nei banchi più elaborati trova posto un altro gruppo di cursori
chiamati submaster; ognuno di questi ha la possibilità di
memorizzare una scena e riproporla semplicemente azionandolo. Si
potranno quindi avere a disposizione tante scene quanti saranno i
submaster presenti; anche qui sono associati i tasti di flash.
Un'altra funzione presente nei banchi elaborati è quella delle
memorie. Una scena può entrare a far parte di una memoria nello
stesso modo in cui viene assegnata ad un submaster. La sua
riproduzione non sarà però affidata ad un cursore dedicato ma ad
un comando che potrà essere di tipo manuale od automatico. Nel
primo caso il trasferimento da una memoria all'altra avverrà
agendo su un cursore chiamato crossfader o x-fader; il passaggio
tra le due memorie avverrà gradualmente, spostando il cursore da
un estremo all'altro della scala. Riportandolo poi all'estremo
opposto, avverrà il passaggio dalla memoria attualmente in uso
alla seguente, e cosi via fino alla fine di tutta la sequenza
memorizzata. Il trasferimento automatico si otterrà premendo un
pulsante chiamato in genere go. Sarà possibile variare i tempi di
entrata ed uscita delle scene tramite un cursore detto x-fader
time o memorizzarli indipendentemente l'uno dall'altro grazie ad
apposite funzioni.
La sezione riservata ai chaser consentirà di impostare una
sequenza di accensione e spegnimento dei proiettori in vari modi,
variandone i tempi e la luminosità, secondo la complessità della
sezione stessa. Sarà possibile impiegare un'apposito ingresso
audio al quale collegare un segnale musicale, in modo da
riprodurre la sequenza a tempo di musica.
Un'altra funzione elaborata è quella denominata patch. Sarà
possibile assegnare ad un cursore di un qualsiasi canale della
centralina il comando di un qualsiasi canale dimmer, diverso da
quello assegnatogli per default. Esempio: il primo cursore della
console potrà pilotare il canale numero quattro dei dimmer, in
caso di guasto del canale numero uno. Si potranno "agganciare"
(linkare) tra loro diversi canali dimmer al fine di poterli
pilotare agendo su un unico cursore, come per le batterie di PAR
installate nei concerti.
Alcuni banchi, specie quelle di tipo teatrale con più di 24
canali, hanno la possibilità di poter visualizzare su un monitor
video svariate cose, tra cui lo stato dei canali della scena
attualmente in uso e quello della prossima scena, l'intero patch
dei canali, lo stato delle memorie e dei chasers, i tempi di
entrata ed uscita delle scene ed addirittura il nome dati alle
memorie per riconoscerle più velocemente tra loro ("inizio
spettacolo", "tuono", "sagomatore su protagonista") o le
caratteristiche del carico di ciascun canale (QPS 2000, gel 202,
IV americana, ecc.). Sempre con le dovute eccezioni si potrebbe
dire che per un numero di canali superiore i 48, la presenza dei
singoli faders non è più necessaria a causa delle rilevanti
dimensioni che la macchina assumerebbe; sarà quindi presente come
minimo una tastierina numerica attraverso cui impostare la
luminosità dei singoli proiettori senza agire sui cursori,
aggiungere o togliere ad una memoria un tal canale, inserire un
tempo di x-fade o eseguire operazioni più complesse. Alcuni banchi
a doppia scena con 24 canali possono funzionare anche nel sistema
detto a singola scena, assegnando ai 24 canali della seconda scena
i numeri dei canali da 25 a 48; sarà possibile quindi gestire 24
canali nel modo tradizionale oppure 48 rinunciando alla
possibilità di preparare manualmente la seconda scena.
Attualmente i banchi di controllo più evoluti integrano anche la
possibilità di gestire proiettori motorizzati, tramite joystick o
track-ball che assegnino le posizioni spaziali a ciascun pezzo. Le
altre funzioni saranno assegnate ad altri cursori la cui posizione
attiverà le varie funzioni presenti nel modello in uso.

Roberto Raccagni

roberto@TOGLIQUESTOpol.it

ACRONIMI

Queste pagine sono dedicate alla spiegazione degli acronimi più


frequentemente utilizzati nel settore dello spettacolo, ma non
solo.

ABTT
Association of British Theatre Technicians.

AC
Alternating Current. Corrente Alternata.

ACL
AirCraft Landing Light. Nate nel settore aereonautico come luci di
atterraggio (l'originale va alimentata a 28 V e consuma 250 W)
sono state adottate come sorgenti per generare fasci stretti e ben
visibili nell'atmosfera nebbiosa dei concerti di musica leggera.
ALD
Association of Lighting Designers (UK).

ANSI
American National Standards Institute. Usato come riferimento nei
codici delle lampade.

APIAD
Associazione Produttori Italiani Attrezzature per Discoteche e
teatri. Nata nel 1983 per riunire e qualificare i produttori
italiani e promuovere l'immagine del "Made in Italy" all'estero.

AWG
American Wire Gauge. Sistema di misurazione della superficie di un
cavo elettrico. Più basso è il valore espresso, maggiore sarà la
sezione.

BLEECON
Dai nomi dei costruttori Belling & LEE CONnector. Tipo di
connettori ad 8 pin, simili a quelli DIN (si possono infatti
collegare tra loro, sebbene non in forma di sicurezza), usati
nelle connessioni tra centraline luci e dimmers o demux. Le
connessioni più spesso rinvenute (purtroppo anche qui gli standard
non esistono) sono:
Pin 1 = Tensione di riferimento per il canale 1; e così via, fino
al pin 6. Pin 8 = massa comune.

BNC
Bayonet Neill Consulman, dal nome del suo ideatore. Connettore
coassiale usato per trasferire segnale video composito o in radio
frequenza. BNC viene anche tradotto in: "Bayonet Nut Connector".

BSI
British Standards Institute.

CCTV
Closed Circuit Television. Un sistema di monitoraggio interno al
luogo dello spettacolo, composto da telecamere e monitor video
posizionati in luoghi opportuni per poter far seguire lo
spettacolo o certi movimenti di scena ai tecnici ed agli attori.

CID
Compact Iodide Daylight. Tipo di lampade usate nello spettacolo
per la loro efficienza e temperatura di colore, che si avvicina a
quella di un ambiente esterno in piena luce.

CIE
Commission Internationale d'Eclairage. La commissione
internazionale che ha prodotto una serie di simboli
illuminotecnici universalmente riconosciuti.
CITT
Canadian Institute for Theatre Technology.

CSI
Compact Source Iodide. Tipo di lampada a scarica, spesso usata nei
seguipersona.

DBO
Dead Black Out. Presente nelle consolle luci per indicare una
funzione che spegne istantaneamente ogni sorgente luminosa dello
spettacolo.

DC
Direct Current. Corrente Continua.

DIN
Deutscher Industrie Normen. Standard europeo per connettori audio
e caratteristiche di equalizzazione.

ERS
Ellipsoidal Reflector Spotlight Proiettori particolarmente diffusi
negli U.S.A.

ESTA
Entertainment Services and Technology Association.

FOH
Front of House. Le parti di un luogo di spettacolo aperte al
pubblico: sala, foyer, ecc.

FUF
Full Up Finish. Portare alla massima intensità le luci dello
spettacolo, specie alla fine dello spettacolo o di brani musicali
per stimolare il pubblico all'applauso.

IEC
International Electrotechnical Commission.

IR
Infra Red. Radiazioni elettromagnetiche non visibili all'occchio
umano di lunghezza d'onda superiore al colore rosso (760 nm). "IR
Control" è il termine internazionale con cui viene indicato il
telecomando di qualche apparecchiatura.

MAGIS
Mostra per l'Attività di gestione e Industriali dello spettacolo.
Manifestazione dedicata alle attrezzature per teatri, cinema e
televisione, in concomitanza con il SIB (vedi voce); qualche anno
fa è stata da esso assorbita.

MCB
Minature Circuit Breaker. Fusibile.
MSR
Medium Source Rare earth. Tipo di lampada a scarica.

PAR
Parabolic Aluminized Reflector. Tipo di lampada avente la
superficie posta dietro il filamento specchiata, di forma
parabolica ed un spesso vetro di protezione, sigillato ad essa.

PC
Piano Convesso. Abbreviazione per indicare il classico proiettore
teatrale, dotato appunto di lente piano convessa.

PLASA
Professional Lighting and Sound Association.

PSU
Power Supply Unit.

RDM
Remote Device Management. Standard di trasferimento dati di tipo
bi-direzionale in via di sviluppo che, tramite un normale cavo di
connessione DMX, permette alla centralina luci non solo di inviare
i comandi tradizionali ma anche di ricevere le caratteristiche dei
proiettori intelligenti ad essa collegati. Una volta collegati i
vari proiettori e dimmers essa sarà in grado di riconoscerne le
caratteristiche, il numero di canali assegnabili, indicizzarli e
ricevere anche segnali di guasto da parte degli stessi.

SIB
Salone Internazionale delle attrezzature e tecnologie per locali
da Ballo. A cadenza biennale, è il tradizionale appuntamento
fissato in primavera a Rimini per tutti coloro che si occupano
professionalmente di spettacolo.

SCR
Silicon Controlled Rectifier. Componente elettronico detto anche
"Thyristor".

SWL
Safe Working Load. Dato presente in certe apparecchiature di
sollevamento per indicarne il limite di sicurezza.

TRIACTriode Alternating Current switch. Componente elettronico


presente nei moderni regolatori luci. Permette di regolare in modo
lineare la corrente che scorre nelle lampade, permettendone così
la regolazione dell'intensità luminosa.

UV
Ultra Violet. Radiazioni elettromagnetiche non visibili
all'occchio umano, di lunghezza d'onda inferiore al colore viola
(380 nm). In base alle loro caratteristiche vengono divisi in UVA,
UVB ed UVC.
VPLT
German Professional Lighting and Sound Association.

WYSIWYG
What You See Is What You Get. Software per la gestione delle luci
di uno spettacolo. Permette di vedere sullo schermo di un
terminale la simulazione dell'effetto di una particolare scena
luminosa.

XLR
Xternal, Live, Return. Tipo di connettori multipolari per
applicazioni audio o per trasferire i segnali di controllo luci.
Chiamati anche "Canon" (pron. chènon), dal nome del primo
costruttore.

(un ringraziamento a Samuel Donà ed al mio collega Greg Galand,


raggiungibile, specie per informazioni riguardanti il teatro in
Francia, all'indirizzo: galan005@hotmail.com ).

GLOSSARIO DI TERMINI TEATRALI

Americana (batten, pipe / porteuse): struttura in legno o metallo


costruita a traliccio, appesa al soffitto mediante un sistema di
tre o più corde parallelamente al boccascena, destinata
all'installazione di proiettori o elementi scenici pesanti. Nel
caso essa accolga materiale illuminotecnico può essere chiamata
con un numero progressivo in base alla sua posizione rispetto al
sipario. Sulla "prima americana" verranno posti quindi i
proiettori che illumineranno la scena dal davanti.

Anteprima (avant-première): prova generale effettuata alla


presenza di un pubblico di invitati, generalmente per osservare la
reazione allo spettacolo.Arlecchino (manteau d'Arlequin): sistema
di pannelli verticali e orizzontali, che limitano lo spazio
scenico sul palco. Il sistema è regolabile in altezza e larghezza
a seconda delle esigenze sceniche.

Attrezzeria: luogo dove vengono costruiti, mantenuti e conservati,


gli oggetti dell'arredo della scena.

Attrezzista (accessoiriste): colui al quale viene affidata la


custodia e la manutenzione degli arredi di scena.

Ballatoio (fly gallery): corridoio posto sopra la scena, su uno o


entrambi i lati del palcoscenico, dal quale vengono eseguiti
movimenti di sollevamento di fondali quando non sia possibile
effettuarli dal piano di palcoscenico. Anche qui, infatti, sono
presenti linee di mantegna ai quali legare i tiri.
Bandiera (coupe-flux / barndoor): paraluce ad aletta in lamiera
metallica nera opaca, applicato al telaio portaschermi di alcuni
tipi di proiettori, per ridurre il diametro del fascio luminoso.
Era, in passato, un pezzo di stoffa nera appeso ad una cantinella,
da cui il nome.

Bilancia: apparecchio appeso alla soffitta mediante americana, che


serve ad illuminare dall'alto gli elementi dello scenario e più il
palcoscenico. È costituito da una scatola allungata di lamiera
metallica curvata a parabola, suddivisa in più cellule
(generalmente 12) a più circuiti (3 o 4) con supporti per lampade
e telaietti per gelatine colorate.

Boccascena (ouverture de scène): elemento architettonico fisso che


divide la sala dal palcoscenico, incorniciandone la parte visibile
al pubblico. Detto alla francese anche "manto d'Arlecchino".

Cabina (cabine élèctrique): l'ambiente nel quale sono installati i


comandi e gli apparecchi per gli effetti di luce. Può trovarsi sui
lati del palcoscenico, o nel sottopalco. In molti teatri moderni è
collocata nella parte alta o laterale della sala.

Camerino volante (quik change booth): camerino costruito dal


macchinista nelle immediate vicinanze della scena, spesso dietro
le quinte, per permettere rapidi cambi d'abito agli attori.

Cantinella: listello di legno leggero a fibra lunga, generalmente


abete, lungo 4 metri e largo due volte lo spessore (5 x 2,5 cm.),
usato per costruire le armature degli scenari o un'americana.

Cavalla (ferme): struttura di sostegno ai praticabili, costruita


in modo da essere facilmente posta in opera mediante collegamenti
longitudinali.

Capo macchinista (brigadier): è chi dirige i macchinisti,


partecipando al loro lavoro.
Capretta: montacarichi mobile posto in graticcia con compito di
sollevare provvisoriamente oggetti molto pesanti.

Carro (slip stage, wagon): piattaforma su ruote con installata


parte della scenografia per permettere rapidi cambi scena.

Chiavarda (stage screw): Vite di dimensioni e forma simile ad un


cavatappi per fissare rapidamente al pavimento quinte armate o
altri componenti scenografici.

"Chi è di scena" (call): segnale dato dal direttore di scena che


invita gli attori a presentarsi in palcoscenico per l'inizio dello
spettacolo. Viene in genere preceduto dai segnali dati alla
mezz'ora, al quarto d'ora e ai cinque minuti che precedono lo
spettacolo.

Cieletto (border, teaser / frise): maschera di stoffa o di


materiale rigido, generalmente non intelaiata, appesa a stanghe
semplici, destinata a schermare le fonti di luce per evitare
sforamenti. Quando il cieletto è posto davanti ad un'americana non
va confuso col soffitto, che è sempre elemento scenico visibile.

Copione (promptbook / texte): blocco di fogli sui quali sono


annotati tutti gli eventi che generano lo spettacolo: le entrate
degli attori, i loro dialoghi, i cambi scena ecc. Ogni operatore
ne possiede uno, adattato con note scritte di suo pugno, che gli
consentano di partecipare con il proprio operato: il tecnico luci
avrà riportati i proiettori da accendere, il fonico avrà i titoli
dei brani da riprodurre, l'attrezzista avrà la lista dei materiali
da collocare in scena, ecc.

Costumista (costumière): l'ideatore dei costumi di scena, a cui


spetta anche fornire i disegni d'insieme e particolari per
l'esecuzione.

Corte (stage left / courte): la parte destra del palcoscenico,


guardandolo dalla sala.
Cyclorama (cyclorama): fondale di rilevanti dimensioni che
circoscrive la scena per dare una dimensione di profondità
infinita alla stessa o per simulare l'esistenza del cielo. Può
essere dipinto o illuminato.

Direttore di scena (stage manager): il responsabile di quanto


avviene durante l'esecuzione dello spettacolo.Fornisce al
personale del teatro i comandi di quanto deve avvenire durante lo
spetacolo (luci di sala, entrata degli attori in scena,
disposizioni sulla sicurezza,ecc). Compila l'ordine del giorno.

Direttore del palcoscenico (directeur de scène): colui che in


palcoscenico ha la responsabilità tecnica e disciplinare dello
spettacolo.

Disegnatore luci (light designer / eclairagiste): decide il tipo


di illuminazione da usare per ogni scena, traducendo in pratica
l'idea del regista, spesso coaudivato dallo scenografo. Una volta
ultimato il progetto, raramente segue la compagnia per le varie
piazze, lasciando la responsabilità della gestione delle luci
all'elettricista.

Elettricista (electrician / electricien): colui che segue il


montaggio del materiale illuminotecnico, aiutato dal personale del
teatro o da addetti al seguito della compagnia. Spesso manovra la
consolle luci durante lo spettacolo.

Fondale (back-drop / rideau de fond): elemento di fondo di uno


scenario, oltre il quale il pubblico non vede, spesso costituito
da un grande telone appeso in soffitta.

Gelatina (gelatine): pellicola di materiale resistente al calore,


trasparente e colorato, utilizzata per colorire qualsiasi fonte di
luce mediante sovrapposizione, montata su appositi telaietti
protettivi. È prodotta in fogli con oltre 100 colori diversi.

Giardino (stage right / jardin): la parte destra del palcoscenico,


guardandolo dalla sala.

Golfo mistico (fossa o buca dell'orchestra) (pit, orchestra pit):


zona della sala vicina al proscenio, spesso posta ad un livello
leggermente inferiore del pavimento, nella quale alloggia
l'orchestra.
Graticcio/a (gril / grid): chiamata anche soffitta. Piano
calpestabile posto sotto il tetto del palcoscenico, formato dalla
posa in opera di travi quadrate di circa 10 cm di lato, alternate
a spazi vuoti di ugual misura, attraverso i quali fare scendere le
corde che sollevano le strutture di scena. Tali corde scorreranno
su rocchetti (vedi voce relativa) montati tra le due travi vicine.

Macchinista (stage-hand): tecnico preposto al montaggio delle


scene ed al loro funzionamento durante lo spettacolo.

Mantegna: robusta trave ancorata in genere alla perete laterale


del palscosecnico, in genere di legno, alla quale legare le corde
che sostengono il materiale al di sopra della scena.
Ordine del giorno (call board / ordre du jour): foglio affisso in
luogo predisposto del palcoscenico o sue adiacenze, compilato
quotidianamente a cura del direttore di scena, che stabilisce
dettagliatamente il programma di lavoro (prove e spettacolo) per
il giorno seguente e qualsiasi altra comunicazione come lode,
biasimo, multa, trasferimenti in altra sede (levata di piazza),
ecc. Il membro di una compagnia non può addurre a pretesto la
mancata conoscenza dell'ordine del giorno che è tenuto a leggere
prima di lasciare il teatro.

Palcoscenico (stage / scène): parte dell'edificio teatrale


destinata all'esecuzione dello spettacolo e riservata ai tecnici
ed agli attori.

Periacti (periaktoi): strutture sceniche a tre lati, dipinti con


diversi motivi, per originare, ruotandoli nei cambi scena, tre
ambientazioni diverse.

Pianta luci (light plot, hookup sheet): disegno in pianta della


scena, con riportati i proiettori impiegati, rappresentati secondo
simboli più o meno generalmente riconosciuti, ognuno con il canale
dimmer al quale viene assegnato e con il numero della gelatina
usata.

Piantana (lighting tree, boom): cavalletto con una solida asta


verticale, spesso telescopica, sulla quale vengono assicurati in
vari modi i proiettori, specie quelli posti lateralmente alla
scena.

Platea (stall, house / parterre): la parte della sala destinata


agli spettatori.

Praticabile (praticable, pratical): vale in generale per qualsiasi


superficie piana o inclinata, anche accidentata, sopraelevata sul
piano del palcoscenico, che permetta agli attori di agire
scenicamente su di essa. In particolare i teatri sono forniti di
praticabili a misure standard di 2 x 1 m ed altezze progressive di
20, 40, 60, 80 e 100 cm, variamente componibili.
...alcuni praticabili fissati assieme formano un piccolo
palcoscenico su cui gli attori provano delle parti.

Proscenio (apron, proscenium / avant-scène): la parte del


palcoscenico posta davanti al boccascena.

Prova (rehearsal / repetition): momento della rappresentazione e


della messa a punto di uno spettacolo.

Prova costumi (dress parade): momento delle prove di uno


spettacolo in cui gli attori indossano i costumi di scena, in
presenza del disegnatore luci e del regista, per dar loro modo di
apporre delle variazioni sul piano luci e farne risaltare le
caratteristiche.

Prova generale (repetition génèrale): ultima prova prima di uno


spettacolo, effettuata come se lo fosse, cioè con tutti gli
elementi necessari: scene, costumi, musiche, luci e senza
interruzioni.

Puntamenti (fare i p.) (focusing): dirigere ed eventualmente


sagomare il fascio di ogni proiettore come descritto nella pianta
luci.

Quinta (velour, leg, tormentor / pendrillon): elemento


scenotecnico in tela libera, appeso in soffitta o fissata ad una
struttura portante (quinta armata) assicurata al piano del
palcoscenico, disposto simmetricamente in uno o più ordini e
delimitante lateralmente il palcoscenico. Può essere di colore
unico (in genere nero) o dipinto scenograficamente.

Regista (producer / metteur en scène): è colui che "regge" la


messa in scena di uno spettacolo, avendo la responsabilità
dell'impostazione estetica e tecnica di uno spettacolo e della sua
realizzazione.

Retropalco (backstage / lontain): tutta quella parte del


palcoscenico nel fondo e ai lati che rimane fuori dalla vista
degli spettatori.

Ribalta (front of the stage,apron / rampe): nel teatro


rinascimentale era quella parte leggermente sollevata del
proscenio che, ribaltata mediante cerniere, determinava
l'occultamento delle luci di proscenio. Oggi vale in senso lato
anche per lo spazio posto avanti al boccascena, cioè il proscenio
stesso.

Rocchetto (poulie): rullo in legno, teflon o metallo, di diametro


intorno ai 5 - 10 cm, largo quanto lo spazio tra le travi
calpestabili della graticcia e assicurato ad esse, libero di
ruotare su un perno metallico o montato su cuscinetto a sfere. Una
larga scanalatura permette che le corde vi scorrano attorno senza
uscirne.

...ripreso dalla graticcia. Sullo sfondo, 14 metri più sotto, il


pavimento del palcoscenico.

Sarta (dresser): parsona addetta alla manutenzione dei costumi di


scena, nonché ad aiutare gli attori nei veloci cambi d'abito (quik
change), fatti in genere in un apposito camerino montato dietro le
quinte.

Servizi (luci di s.) (worklight): impianto di illuminazione del


palcoscenico usato in assenza di spettacolo, per permettere lo
svolgimento dei lavori di manutenzione, montaggio e di pulizia.

Scena: a) divisione classica di un testo drammatico in genere


determinata, dall'entrata o uscita di uno o più personaggi o da
cambiamento di luogo o tempo.
b) il luogo scenico per l'azione degli attori.

Scenografo (scenographer / scènographe): ideatore dello scenario.


Gli compete, dopo intesa col regista, fornire i bozzetti,
eventualmente i modellini, i disegni esecutivi in scala per la
realizzazione dello scenario, seguendone le varie fasi di
costruzione e montaggio.

Sforo, Sforamento (dècouverte): in origine indica l'inopportuna


vista del retro palco dalla sala, attraverso parti non ben
connesse o disposte dello scenario.

Siparietto (rideau de manovre): secondo sipario di stoffa più


leggera, usato tra quadro e quadro per cambiamenti di scena. Vale
anche per indicare una breve scena recitata sul proscenio davanti
ad un siparietto.

Sipario (curtain / rideau d'avant scène): cortina di stoffa


drappeggiata o tesa, divisa in due parti o intera, che separa la
sala dal palcoscenico. Può essere: all'italiana, alla francese,
all'imperiale o tedesco, epico o alla greca, alla burattina,
dipinto, ecc., a seconda dei diversi sistemi di apertura.

Siparista: colui che è addetto alla manovra del sipario.

Sottopalco (understage / dessous de scène): la parte sottostante


del palcoscenico.

Suggeritore (prompter / souffleur): colui che segue da dietro una


quinta, spesso durante le prime esecuzioni dello spettacolo, le
parti recitate dagli attori, leggendole dal copione. Pronto a
venire in aiuto all'attore che si dimentichi una frase. A volte è
lo stesso aiuto regista che si incarica di questo non semplice
compito; egli deve essere infatti in grado di intervenire
tempestivamente e con tono non troppo forte, per non essere udito
con chiarezza dall'attore ma non del pubblico.

Tagliafuoco (fire curtain, asbestos curtain): robusta barriera


metallica che, calata davanti al sipario in tela, divide in due
zone il teatro per proteggere la sala o il palcoscenico da
un'eventuale incendio. La resistenza al fuoco deve essere come
minimo di 120 minuti ed in genere la sua discesa, oltrechè essere
manuale, può dipendere dall'entrata in allarme di sensori di fumo
posti in diversi luoghi dell'edificio.

...vista dal palcoscenico del tagliafuoco dietro a cui c'è la sala


del teatro. Ai lati si nota il rosso sipario.

Tiro (line / qui Greg non mi ha saputo dare l'esatta traduzione,


ma di una cosa era certo: mai chiamarlo "còrde": si corre il
rischio di inimicarsi i tecnici presenti, spesso superstiziosi):
sistema di sostegno mediante corde per l'attacco in soffitta di
qualsiasi elemento scenografico o americana. Per il sollevamento
di una struttura si opera come segue: calate delle corde dalla
graticcia, sulla verticale dell'oggetto da sollevare, le si legano
ad esso. Le altre estremità verranno fatte scorrere sui rocchetti,
sistemati a varie distanze l'uno dall'altro, e calate sul
palcoscenico o sul ballatoio laterale, da dove verranno tese fino
al sollevamento dell'oggetto ad altezza voluta. Tramite un
particolare nodo, le corde verranno fissate ad un mantegna.
...una serie di tiri che salgono in graticcia

Tiro contrappesato (counterweight system): sistema usato per


movimentare agevolmente un'americana luci o un pesante fondale
composto da un contrappeso che, opportunamente collegato alla
struttura da muovere, controbilancia il peso della stessa.

Tirone (jack / béquille): barra metallica o in legno usata per


sostenere una quinta armata, installato dalla parte non in vista
al pubblico.

Vuoto di scena: quando un attore che dovrebbe entrare in scena non


entra.

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