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LA STORIA DELLA MATEMATICA

LA MATEMATICA INDIANA ANTICA


Gli scavi effettuati nel sito di Mohenjo Dato documentano l’esistenza di una civiltà raffinata e
antica, durante il periodo dell’egemonia egiziana, ma non ci giunse nessun documento matematico
di quel periodo. Successivamente venne invaso dagli ariani e nacque Buddha nello stesso periodo in
cui si dice che Pitagora visitò il paese, e apprese proprio qui il suo famoso teorema. Questa notizia
fu poi smentita da fonti certe. Nello stesso anno della caduta dell’impero romano d’occidente
nacque Aryabhata, autore di uno dei più antichi testi matematici indiani. Non fu però la prima
manifestazione di matematica, fonti la posizionano circa verso il 753 a.C. I professionisti più antichi
furono, come in Egitto, i geometri o i cosiddetti “tenditori di corde”, strettamente legati alle
costruzioni, e le loro conoscenze vennero raccolte nel Sulvasutra o “regole della corda”. Sulva si
riferisce alle corde, mentre sutra ad un libro di regole e aforismi scientifici. Come la Cina l’India è
priva di una tradizione continua, ma solo di episodi separati da molto tempo tra uno e l’altro. Di
quest’opera esistono tre versioni diverse, tutte in versi: la più famosa è chiamata Apastamba. In
questa esposizione primitiva, del tempo di Pitagora, troviamo regole per la costruzione di angoli
retti con tre cordicelle le cui lunghezze formano terne pitagoriche, ricavabili dall’antica regola
babilonese, dunque non è da escludere un influsso dalla Mesopotamia. Questa esposizione
conosceva la regola secondo cui il quadrato costruito sulla diagonale di un rettangolo è uguale alla
somma dei quadrati costruiti sui due lati adiacenti. Probabilmente questa edizione del teorema di
Pitagora deriva sempre dalla Mesopotamia. Un’altra regola invece sembra provenire da alcune
regole dell’algebra geometrica sviluppate da Euclide nel libro II degli Elementi: per costruire un
quadrato di area uguale ad un quadrato ABCD, si segnino sui lati maggiori le lunghezze dei lati
minori, in modo che AF=AB=BE=CD, e si tracci il segmento HG che divide a metà i segmenti CE
e DF. Si prolunghino EF fino a K, GH fino a L e AB fino a M, in modo che FK=HL=FH=AM, e si
tracci la linea LKM. Si costruisca ora un rettangolo avente la diagonale uguale a LG e il lato minore
uguale a HF. Il lato maggiore di questo rettangolo sarà allora il lato del quadrato richiesto. I dati di
questa esposizione sono comunque molto incerti e non si sa se abbiano avuto relazioni con i più
antichi problemi egiziani o quelli posteriori della Grecia . Più affidabili forse sono i riferimenti a
fenomeni serie aritmetiche e geometriche presenti nella letteratura vedica che si fanno risalire al
2000 a.C. , ma nessun documento lo conferma. Dal II secolo prese piede l’era dei Siddhanta o
sistemi (astronomici). L’ascesa al potere del re Gupta segnò la rinascita della cultura sanscrita e
sembra che abbia favorito la nascita dei suddetti sistemi. Conosciamo i titoli di cinque versioni:
Paulisha Siddhanta, Surya Siddhanta, Vasisishta Siddhanta, Paitamaha Siddhanta, Romanka
Siddhanta. Il primo risale al 400 ed è il Surya Siddhanta (sistema del Sole), unico pervenuto
integralmente. Le nozioni sono chiaramente riprese da quelle greche, ma con influenze dell’antico
folklore indiano. Il Paulisha Siddhanta risale al 380, venne riassunto da un matematico indiano
chiamato Varahamihira e citato spesso dallo scienziato arabo al-Biruni. Scienziati successivi
affermarono che tutte queste versioni concordavano sul contenuto, ma erano differenti solo nella
fraseologia.
Molti studiosi indiani affermano che i contenuti sono originali e indipendenti, mentre gli studiosi
occidentali tendono ad evidenziare molti influssi greci. Per esempio il Paulisha Siddhanta utilizza il
valore Π=3(177/1250), che corrisponde essenzialmente al valore sessagesimale tolemaico 3;8,30.
Però se il modello tolemaico si basava sul rapporto funzionale tra le corde di un cerchio e gli angoli
al centro sottesi di esse, il modello indiano lo trasformò nello studio della corrispondenza tra la
metà della corda di un cerchio e la metà dell’angolo sotteso al centro dell’intera corda; nacque così
il concetto che anticipava la moderna funzione trigonometrica nota come seno dell’angolo. Paul
Tannery però ipotizzò che questo concetto ci fosse precedentemente già ad Alessandria.

LA MATEMATICA GRECA ANTICA


Straordinarie furono anche le scoperte dei matematici greci, che si interessarono ance di astronomia,
ne è un esempio Eratostene di Cirene, ricordato per la sua misurazione della terra, ma anche per il
celebre “crivello di Eratostene”, un metodo per isolare i numeri primi.
Fino alla metà del secondo secolo, con Ipparco di Nicea, autore della prima tavola trigonometrica, i
matematici greci avevano studiato relazioni tra rette e cerchi, applicandole a vari problemi
astronomici, ma senza pervenire a una trigonometria sistematica. Sembra che sia stato proprio
Ipparco ad introdurre l’uso sistematico del cerchio a 360°, forse ispirandosi all’astronomia, tuttavia
sappiamo poco su come sia giunto alle sue scoperte perché i suoi scritti sono andati perduti.
Menelao di Alessandria ereditò dai suoi predecessori il metodo delle corde per dedurre relazioni tra
angoli e circonferenze e fece molte scoperte anche sulle relazioni tra triangoli, probabilmente note a
Talete.
L’opera trigonometrica più influente e più significativa fu la “Sintassi matematica” composta da
Tolomeo di Alessandria, il quale operò tra il 127 e il 151. Composte le sue tavole trigonometriche,
anche lui si affidò al metodo delle corde, che applicò anche nel campo dell’astronomia. Tra i suoi
contributi nel campo della geografia vi è l’introduzione del concetto di latitudine e longitudine,
applicati in carte geografiche purtroppo ricche di errori a causa degli scarsi mezzi di cui disponeva.
LA MATEAMATICA RINASCIMENTALE
In epoca rinascimentale i matematici si concentrarono soprattutto sulla matematica della
misurazione, da un punto di vista teorico e pratico. In quest’epoca si colloca la figura do Nicola
Cusano, celebre astronomo matematico e filosofo del tempo. Riteneva che la “mensura” derivasse
dal latino “mens” e pertanto la conoscenza dovesse basarsi sulla misurazione, purtroppo però nel
campo della matematica commise degli errori ed ebbe più fortuna nelle altre discipline. Cusano fu
infatti aspramente criticato dal Regiomontano, intellettuale del tempo, il quale si servì di molte delle
scoperte in campo di trigonometria allora disponibili, applicandole in campo astronomico. Studiò i
triangoli basandosi sui precetti di Euclide, in particolare sulle relazioni tra i lati quando uno di essi
veniva modificato, attribuendo ai segmenti valori numerici specifici.
Le scoperte nel campo della geometria furono utili anche i cartografi; nel 1520 venne pubblicata la
prima mappa del Vecchio e del Nuovo mondo, da parte di Pietro Apiano, matematico e astronomo.
Le sue mape erano ben fatte, ma seguivano rigorosamente il metodo di Tolomeo, da cui Mercatore e
Copernico si distaccarono completamente. Mercatore in particolare rivoluzionò il mondo della
cartografia: la proiezione di Tolomeo permetteva di conservare le forme, ma non faceva uso del
reticolo di rette. Mercatore introdusse il metodi di riflessone, che ancora oggi porta il suo nome.
Nel Rinascimento dunque la matematica ebbe ampie applicazioni e numerosi erano stati i libri e i
trattati dedicati a questa disciplina. L’invenzione dei logaritmi da parte di John Napier (1550-1617)
diede un nuovo e decisivo impulso allo sviluppo della trigonometria.

PRELUDIO ALLA MATEMATICA MODERNA: FRANCOIS VIETE


Nel 1575 alla morte di Maurolico e Commandino l’Europa occidentale aveva recuperato ormai tutte
le opere matematiche antiche pervenute fino ad ora e assimilato del tutto l’algebra araba e la
trigonometria. Le figure che più aiutarono la matematica a passare con continuità dal Rinascimento
all’età moderna furono innumerevoli, tra i più famosi citiamo Galilei, Cavalieri, Harriot, Napies e
Kepler. La figura centrale di questi anni fu sicuramente il matematico Viete, non un matematico di
professione, ma un consigliere di corte. Dedicava alla matematica solo il tempo che gli rimaneva, e
si ricorda per aver difeso l’uso delle frazioni decimali rispetto a quelle sessagesimali, principio che
usò in ogni suo scritto poi. L’inventore della virgola decimale fu però Giovanni Antonio Magini o
per altri Cristoforo Clavio, ma divenne usata da tutti solo dopo che la utilizzò Napier.
Viete diede sicuro più contributo nell’algebra, perché usò una vocale per rappresentare quella
quantità che in algebra veniva assunta come ignota o indeterminata, e una consonante per
rappresentare una grandezza o un numero che si assumeva come noto o dato. La sua algebra è
fondamentalmente sincopata più che simbolica: sebbene adottasse simboli tedeschi per sottrazione,
addizione, parametri e incognite, comunque per il resto rimanevano espressioni verbali. Un passo
avanti nella scrittura di A al cubo (AAA) fu fatto da Harriot che riprese l’idea di Stifel di scrivere
l’A con il cubo. Viete diede il nome di “arte analitica” alla disciplina della cui portata generale egli
aveva chiara consapevolezza, perché si rendeva conto del fatto che l’incognita non doveva essere
necessariamente un numero o un segmento geometrico. Egli contrapponeva la logistica speciosa
alla logistica numerosa, presentò la propria algebra nell’Isagoge del 1591. In questa e tutti i suoi
altri testi si tenne fedele al principio x3(potenza) + 3ax = b. Viete poi introdusse un nuovo modo di
risolvere l’equazione di terzo grado, trasformandola nell’incognita x in un equazione di secondo
grado nella incognita y3(potenza) di cui si poteva trovare facilmente la soluzione. Viete arrivò
molto vicino anche alla scoperta della geometria analitica, ma non ci riuscì perché evitò sempre lo
studio geometrico di equazioni indeterminate. A Viete fu attribuito un riconoscimento troppo
grande per il suo studio su quello che oggi prende il nome di metodo di Horner. Il metodo che usò
per risolvere l’equazione x2(potenza) + 7x = 60.750 era non quello definitivo (metodo del
completamento dei quadrati), ma permetteva di essere applicato a qualsiasi equazione polinomiale
con coefficienti e radice reali.
La trigonometria di Viete era la base della goniometria moderna, adottò però sempre concetti
precedenti a lui per certi versi: definiva la trigonometria una disciplina a parte e operava senza far
riferimento alle corde del cerchio. Per risolvere problemi relativi a triangoli non rettangoli egli li
scomponeva in triangoli rettangoli, tuttavia successivamente utilizzò una proposizione equivalente
alla nostra legge delle tangenti, che però fu ufficializzata in uno scritto di Thomas Fincke. Per un
gruppo di formule note come regole di prostaferesi, ossia che trasformano il prodotto di due
funzioni trigonometriche in una somma o differenza Viete usò quelle che poi sarebbero state
denominate “formule di Werner”. La generalizzazione introdotta da Viete nella trigonometria fino a
trasformarla in goniometria appare evidente prendendo le sue formule dell’angolo multiplo,
ottenendo una straordinaria connessione fra la trigonometria e la teoria dei numeri. Viete osservò
poi che la trigonometria poteva aiutare molto l’algebra laddove questa si era arenata sul caso
irriducibile dell’equazione di terzo grado. Se ne accorse quando osservò che il problema della
trisezione di un angolo portava a un’equazione di terzo grado. La soluzione trigonometrica di Viete
fu poi dimostrata dettagliatamente da Girard nel 1629. Quando un matematico olandese sfidò
pubblicamente il mondo matematico a risolvere un’equazione di quarantacinquesimo grado Viete
usò la trigonometria e trovò subito le radici positive. Una coincidenza è il fatto che la nascita dei
logaritmi avvenne in quegli anni, stretti alleati della trigonometria.
APPROFONDIMENTO TRIGONOMETRIA

Fino alla metà del 1600 le funzioni goniometriche venivano tuttavia considerate solo come elenchi
di numeri: tavole in cui per ogni angolo viene riportato il valore del seno o del suo logaritmo. Solo
intorno al 1600 comincia a emergere un punto di vista nuovo: si inizia a studiare la curva dei seni, la
curva dei coseni e quelle delle altre funzioni goniometriche. Emerse così l’idea di funzione
goniometrica e si aprirono gli orizzonti alla trigonometria moderna.

L’ANALISI ARMONICA E LE SUE APPLICAZIONI


Le funzioni periodiche sono fondamentali nella nostra esistenza, e in fisica troviamo molti fenomeni
ondulatori come il suono e fenomeni meccanici che indicano oscillazioni. Molti modelli si possono
ricondurre alla somma di funzioni sinusoidali di equazione: y = A sin ( ωx + φ ) + B , dette
armoniche fondamentali. Ogni funzione periodica può essere rappresentata come somma di funzioni
sinusoidali. Troviamo queste intuizioni in un lavoro del matematico Bernoulli del 1753, poi negli
studi di Joseph Fourier e infine Dirichlet. Questo studio è chiamato la serie di Fourier e il suo
settore matematico è l’analisi armonica. Grazie all’analisi armonica noi oggi abbiamo la TAC
(tomografia assiale computerizzata), la risonanza magnetica nucleare lo sviluppo della
radioastronomia (scoperta di quasar e pulsar).

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