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CARLO CAVANE0

SCRITTI POLITICI
A C U R A DI
MARIO BONESCHI

VOLUMEII

FIRENZE
FELICE LE MONNIER
1965
COMITATO ITALO-SVIZZERO
PER LA PUBBLICAZIONE DELLE OPERE DI
CARLO CATTANEO

,
CARLO CATTANEO

SCRITTI POLITICI
A CURA DI

MARIO BONESCHI

VOLUME SECONDO

FIRENZE
FELICE LE MONNIER
1965
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA ©

alla Casa Editrice Felice Le Monnier


Firenze, 1965

492

Cartografira S. p. A . - Via delle Casine, II - Firenze . Tel. 666.489


NOTA

Per esigenze di spazio sono stati omessi dal capitolo


de li scritti « Politica delle comunicazioni e dei avori
pubblici », i seguenti studi:
« Primo pensiero di una grande Strada di ferro tra
Firenze e Livorno », pubblicato in B.N.S.E. 1836, 11,
233-235; riproduce in gran parte scritti altrui, con una
reve introduzione di C. C .
« Notizie sul progetto di Strada ferrata da Vienna a
Bochnia in Galizia », pubblicato in B.N.S.E. 1838, II,
pp. 35-238; riguarda dati particolari di economia locale.
« Note alla risposta del sig. ing. Bruschetti », pubbli-
cato in A.U.S. 1836, 11, pp. 290-296; espone dati tecnici
e di economia locale.
« La Strada ferrata da Venezia a Milano - cosa da
farsi immediatamente », pubblicato anonimo nell’Eco della
Borsa del 12 marzo 1837, n. 10, pp. 38-39, ed attribuito
a C. dal Caddeo (Ep. IV, 587); espone un programma di
lavori.
« Strada rotaia di ferro da Parigi a Versailles », pub-
blicato anonimo nell’Eco della Borsa del 14 maggio 1837,
p. 74, attribuito a C. dal Caddeo (il quale scrive Bruxelles
invece di Versailles, Ep. IV, 587); il contratto di
appalto.
« Recenti notizie sulla Strada Ferrata Lombardo-Ve-
neta », pubblicato in B.N.S.E. 1837, I, pp. 203-204; espo-
ne notizie sulle vicende della impresa.
« Osservazioni intorno alla progettata Strada a ruotaje
di ferro nel regno Lombardo-Veneto in rapporto ai biso-
gni delle città e provincie di Bergamo », pubblicato ano-
nimo in B.N.S.E. 1837, 11, pp. 336-349, ed attribuito a C.
dal Bertolino. (Scritti economici di C. C. I, p. 176). Lo
scritto si inquadra nel complesso degli studi sulla ferrovia
Milano-Venezia, ma contiene dati revalentemente di via-
bilità ed economia locale, e un tema che C. trat-
tò, con criteri più generali, negli altri scritti,
III
POLITICA DELLE COMUNICAZIONI
I E DEI LAVORI PUBBLICI

i. - CATTANEO. Scritti poIitici. II.


,
7 Agosto 1836

Dilucidazioni attorno alle « Ricerche » *

L'articolo inserito nella Gazzetta di Milano del


giorno 8 p.° p.° luglio comunque interessante e giudi-
zioso potrebbe fare supporre ad alcuno che nelle Ri-
cerche sul progetto di una strada dì ferro da Milano a
Venezia pubblicato nel fascicolo di giugno degli An-
nali di Statistica si discutesse qual sia il modo di otte-
nere la migliore e più durevole di tutte le costruzioni.
M a questo problema appartiene totalmente all'arte de-
gli ingegneri e il di loro giudizio in questo rapporto è
inappellabile, e in conseguenza l'autore di quelle Ri-
cerche non abbisognando di entrare in un campo al-
trui ha schivato quella questione e si è tenuto unica-
mente alla questione dell'economia pubblica.
Gli ingegneri devono decidere dei modi di costrui-
re la strada e di disporre i veicoli che la debbono per-
correre. Ma quando si tratta di giudicare se una stra-
da convenga a farsi e se sia per apportare maggior ser-
vigio su di una linea che su di un'altra bisogna fare
entrare nel calcolo degli altri elementi. Bisogna ricer-
care a chi principalmente la strada possa giovare, e bi-
sogna combinare i vantaggi di tutti gli abitanti, per

* Pubblicato anonimo nella Gazzetta di Milano del 7


agosto 1836, pp. 865-67. L'attribuzione è dell'Ambrosoli (La
formazione di C. C., p. 150), che lo ripubblica (p. 121).
4 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
non avere delle volte a promuovere la fortuna di uno
colla ruina degli interessi di un altro. Bisogna conside-
rare anche i vantaggi delle persone che intraprendono
la costruzione. Esse però colla vendita delle loro azioni
possono in breve tempo mettersi al coperto. Perciò
bisogna considerare anche la situazione dei loro suc-
cessori che rileveranno le loro azioni; perché dessi
saranno interessati nella riuscita del progetto ma non
saranno più a tempo di modificarlo giusta altre vedute
e dovranno andare avanti come si è cominciato. Al-
cune imprese di questo genere massime in Francia ed
in Germania sono andate a vuoto per l'omissione ap-
punto di questi riguardi. Invece le operazioni ben con-
certate e discusse hanno arricchito gli azionisti con un
immenso vantaggio di tutti gli abitanti e colla sod-
disfazione di quelli stessi che dapprincipio vi si erano
opposti. Ma per ben riuscire bisogna raccogliere con
buon ordine molte informazioni, trattandosi di interessi
e di rapporti che sono molto complicati; cosicché tut-
ta l'impresa dipende dalla buona direzione.
Le consulte degli ingegneri sono premature e i
loro calcoli sono delle fatiche inutili quando non sono
state precedute dalle consulte che riguardano i sud-
detti interessi. Nel nostro caso si sono studiati unica-
mente Milano e Venezia, invece di prendere di mira
il massimo trasporto delle persone e delle merci dal
quale dipende il guadagno degli impresarj e l'utilità
del servigio del paese, e si ha lasciato a Brescia, Ve-
rona, Vicenza, Mantova, Padova e altre città il pen-
siero di collegarsi colla linea principale per mezzo dei
bracci addizionali. Ma con questo si tratta di aggiun-
gere delle estese costruzioni e delle spese di molti mi-
lioni il di cui interesse dovrebbe condividere i guadagni
i quali si dovrebbero invece concentrare in una sola
impresa. Anche non si potrebbe combinare la fre-
quenza delle corse con pochi passeggieri, e nemmeno
III - COMUNICAZIONi E LAVORI PUBBLICI 5

l’uso generale della macchina a vapore, le braccia ad-


dizionali divenendo quasi inservibili, o almeno in-
sufficienti a pagare la spesa della loro costruzione, di
modo che si finirebbe a non farli e la strada non servi-
rebbe se non per le due capitali del regno, e allora
difficilmente arriverebbe a dare del guadagno. Si ac-
crescerebbe la distanza fra le singole città, perché
diffatti per guadagnare due miglia tra Milano e Ve-
nezia si renderebbe Brescia distante 11 miglia di più
da Milano, 18 miglia di più da Verona, e 22 miglia di
più da Vicenza, la distanza accrescendo in proporzio-
, ne la spesa del ‘trasporto; e diminuendo la velocità si
toglierebbe una gran parte dei vantaggi da ricavarsi
dalla strada ai commercianti ed ai fabbricatori delle
dette città e di altre, e molto più ai proprietarj di case,
ii e massime di alberghi e magazzini, rimanendo taglia-
! te fuori dal passaggio dei viaggiatori tutte le città tra
i Milano e Venezia. Inoltre si traslocherebbe il corso del
commercio dai luoghi più popolati a luoghi di nes-
suna conclusione; si nuocerebbe anche allo stato col
i
i rendere necessarj nuovi punti fortificati giacché gli
impedimenti al passaggio bisogna predisporli dove il
passaggio diventa maggiore. In conseguenza si ren-
derebbe incerta un’impresa la quale altrimenti si ha
ragione di pensare che sarebbe di sicurissimo vantag-
gio, ma più di tutto si pregiudicherebbero gli impren-
ditori della strada. Nelle Ricerche si suggeriscono varj
riflessi per accrescere gli introiti e nel medesimo tempo
diminuire la spesa, e rendere più facile e più regolato
il movimento della strada. Si fa vedere che molti mi-
lioni sarebbero perduti per gli intraprenditori di que-
sta strada e delle strade accessorie senza vantaggio di
nessuno anzi con la diminuzione del servizio pubblico.
Mentre nell’altro supposto tutte le cose ridondereb-
bero a grande beneficio di tutte le città anzi di tutto lo
Stato e nel medesimo tempo anche degli azionisti stes-
6 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
si. Le Ricerche sono assai brevi occupando solo una cin-
quantina di pagine, cosicché non si potrebbe darne
l'estratto senza lasciar fuori delle cose importanti, ma
sono poste in maniera da eccitare molte altre ricerche
e questioni tanto sul traffico interno, quanto sulle im-
portazioni, le esportazioni, i transiti, le quali sono neces-
sarie ad eliminare gli intraprenditori e impedire che de-
gli interessi tanto grandi siano decisi con precipitazione e
leggerezza. Ma su queste materie bisognerebbe che an-
che la Municipalità, le Camere di Commercio, le Socie-
tà mercantili, e le adunanze accademiche e tutti gli stu-
diosi delle dette città somministrassero degli oppor-
tuni suggerimenti in tanto che siamo ancora a tempo
di approfittarne. Si può dire che le strade di ferro han-
no finito d'essere una novità; l'esperienza fatta in Euro-
pa e in America ha fatto scoprire varie massime le
quali sono contrarie affatto alle idee che ce ne eravamo
fatte da principio. Ma il tutto non si è potuto ancora
rischiarare, e sembra che fra di noi ben pochi vi ab-
biano fatto una bastevole attenzione. Una di queste
massime si è che su alcune strade intraprese principal-
mente pel trasporto delle merci, il prodotto di questo
trasporto appena giunge al terzo dell'introito e il gua-
dagno che è assai considerevole dipende invece dal
trasporto ,delle persone sul quale si era calcolato assai
poco, il che essendo mostrato dall'esperienza non si
deve dimenticare e disprezzare. Un'altra massima di
esperienza si è che mentre si aspettava gran vantaggio
dal commercio estero e dal passaggio dei forastieri si
trovò maggiore introito da' passeggieri di poca distan-
za, dalle mercanzie d'interno giro e soprattutto da quel-
le di minor prezzo, come p. e. i commestibili. Un'al-
tra osservazione di esperienza è che il numero annuale
delle corse fatte dagli abitanti di città vicine poste su
di una strada di ferro eguaglia quasi sempre la cifra
delle loro. popolazioni. Ma bisognerebbe che queste

. .
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 7

massime vere o almeno molto probabili venissero rac-


colte in una specie di manuale per approfittarne. Le
Ricerche interessano non solo Milano e Venezia, ma
anche Brescia, Verona, Vicenza, Padova e quasi tutti
i territorj del regno, e molti" luoghi confinanti come
Trieste, il Tirolo, Torino, Genova, la Svizzera e così
discorrendo. Ma sta sempre fermo che l'opuscolo non
fu scritto che sotto le vedute dell'economia pubblica
e che l'autore non si è assunto di parlare di costruzione
materiale se non in quanto la compera del ferro e de-
gli altri materiali poteva interessare l'industria di al-
cune delle nostre provincie e il commercio cogli Stati
esteri.

Dicembre 1836

Strada ferrata Ferdinandea


da Vienna a Bochnia *
La piccola città o piuttosto il grosso borgo di Boch-
nia, oscuro finora e quasi ignoto, ha conseguito da
poco tempo una rinomanza europea perché trascelto
a ultimo termine d'una strada ferrata, che con un'im-
mensa curva di 240 miglia, deve unire l'Austria, la
Moravia, la Slesia e la Galizia e mettere in attiva co-
municazione Vienna, Presburgo, Brunna, Hradisch, Pre-
ravia, Ollmütz, Weiskirchen, Troppavia, Cracovia, Wie-
liczka e Bochnia.

* Pubblicato anonimo nell'Eco della Borsa, 28 dicem- ,


bre 1836; attribuito al C. dal Caddeo (Ep. IV, p. 586). Ri-
pubblicato in S.I.D., pp. 196-200.
Due passi dello scritto che svolgono conti di costi ed
introiti sono stati soppressi nella presente edizione.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 7

massime vere o almeno molto probabili venissero rac-


colte in una specie di manuale per approfittarne. Le
Ricerche interessano non solo Milano e Venezia, ma
anche Brescia, Verona, Vicenza, Padova e quasi tutti
i territorj del regno, e molti" luoghi confinanti come
Trieste, il Tirolo, Torino, Genova, la Svizzera e così
discorrendo. Ma sta sempre fermo che l'opuscolo non
fu scritto che sotto le vedute dell'economia pubblica
e che l'autore non si è assunto di parlare di costruzione
materiale se non in quanto la compera del ferro e de-
gli altri materiali poteva interessare l'industria di al-
cune delle nostre provincie e il commercio cogli Stati
esteri.

Dicembre 1836

Strada ferrata Ferdinandea


da Vienna a Bochnia *
La piccola città o piuttosto il grosso borgo di Boch-
nia, oscuro finora e quasi ignoto, ha conseguito da
poco tempo una rinomanza europea perché trascelto
a ultimo termine d'una strada ferrata, che con un'im-
mensa curva di 240 miglia, deve unire l'Austria, la
Moravia, la Slesia e la Galizia e mettere in attiva co-
municazione Vienna, Presburgo, Brunna, Hradisch, Pre-
ravia, Ollmütz, Weiskirchen, Troppavia, Cracovia, Wie-
liczka e Bochnia.

* Pubblicato anonimo nell'Eco della Borsa, 28 dicem- ,


bre 1836; attribuito al C. dal Caddeo (Ep. IV, p. 586). Ri-
pubblicato in S.I.D., pp. 196-200.
Due passi dello scritto che svolgono conti di costi ed
introiti sono stati soppressi nella presente edizione.
8 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
La lontananza tra quelle regioni e il mare ha re-
so finora tardo e difficile il giro delle derrate; quindi
l'industria non poteva svolgersi agiatamente, l'agricol-
tura restava oppressa sotto il volume e il peso de' suoi
prodotti; i capitali crescevano lentamente, e le città
dovevano rimanere piccole e languenti. La Strada Fer-
dinandea riunendo le vallate del Danubio, dell'Oder
e della Vistola, aprirà un varco facile e rapido fra il
Baltico, il mar Nero e l'Adriatico; una nuova massa di
merci potrà raggiungere la navigazione marittima, e at-
tirando naturalmente un proporzionato ricambio di
derrate estere, animerà i nostri porti. Una nuova ve-
na di circolazione sarà scavata nel corpo dell'Europa,
come se il mare avesse subitamente spinto un braccio
nella massa compatta del continente. Si è già osserva-
to che la civiltà si propaga sempre dalle rive del mare
verso l'interno delle regioni, e segue passo passo il
cammino del commercio; ora con queste opere gigan-
tesche delle strade ferrate diffuse da ogni parte, il com-
mercio si prepara immensi acquisti, e dietro il com-
mercio viene la prosperità delle arti, e massime del-
l'agricoltura, lo spirito intraprendente, la ricchezza del-
le famiglie, e la vera potenza e gloria degli Stati.
I1 progetto di questa strada fu incominciato dai
cospicui banchieri israeliti, i fratelli Rothschild, fino
dall’anno 1830; e nel corso di sette anni la loro costan-
za non cedette alle molteplici difficoltà di una impre-
sa così vasta e nuova. Essi mandarono due volte in
Inghilterra il professor Riepl con altri intelligenti; e
fecero prendere misure e livellazioni da ingegneri, e
instituire calcoli di statistica. La forma del paese, as-
sai diversa dal nostro, opponeva molte difficoltà; per-
ché lungo la linea principale si trovavano terre poco
coltivate e città di scarsa popolazione, mentre le cit-
tà più considerevoli, come Brunna e Ollmütz, erano
poste entro vallate trasversali, impossibili a compren-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 9

dersi nella linea retta. Fu dunque necessario dimma-


ginar tre gran bracci. Il primo da Lundenburg, sul con-
fine della Moravia, entra per la valle della Thaya e
giunge a Brunna, città di 40 mila abitanti; l’altro da
Preravia si volge ad Ollmütz, città di 20 mila; e il
terzo da Maerisch Ostrau giunge a Troppavia. Nelle
vicinanze di Cracovia si divisarono quattro brevi dira-
mazioni, di due o tre miglia ciascuna, per giungere a
Bilice, Wieliczka, Dwori e Niepolomice.
La presuntiva spesa della linea maestra da costruir-
si in trovi ferrate venne valutata in ragione di lire au-
str. 150 mila per miglio italiano, ossia circa lire 81 al
metro corrente; il che fa 56 milioni di lire austriache;
i sette bracci furono valutati altri 6 milioni. Quanto
ai trasporti, quello dei passeggieri si valutò a sole
40.000 corse di gita e ritorno, e quelli delle merci si
valutò con calcoli assai moderati a 200.000 centinaia
viennesi di mercerie, 250.000 di sale e ferro, e 700.000
di prodotti agrari; cioè grassi, fieni, legnami, e so-
prattutto bestiame; giacché la principale utilità delle
strade ferrate ricade sull’agricoitura, massime per ra-
gion dei bestiami e delle altre scorte, avvantaggian-
dosi molto, tanto sulla compra quanto sulla vendita;
per cui colla stessa somma si può dotare un fondo as-
sai più riccamente, e quindi si accresce il ricavo.
Il privilegio imperiale viene concesso il 4 marzo
dell’anno corrente 1836, e deve valere per anni 50, do-
po il quale gli azionarj rimangono sempre padroni pri-
vati della strada e sue pertinenze, e possono chiedere
un nuovo privilegio pel di lei esercizio. Nella forma-
zione della società e nella diramazione delle cartelle
intervennero varie emergenze di Borsa che ritardarono
alquanto le operazioni, e diedero luogo alla diceria
che l’impresa non potesse aver corso. Ma finalmente il
. 19 ottobre 1836. radunatasi per la terza volta la so-
cietà sotto la presidenza del barone Geymüller ban-
..

10 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

chiere di Vienna, deliberò l’esecuzione dell’intero pro-


getto a suo tempo, e frattanto I’immediato intraprendi-
mento della parte più vicina alla capitale; cioè lo,il
tronco maestro da Vienna al confine Moravo presso
Lundenburg; 2°, il braccio da Lundenburg a Brunna.
Cosicché si dovrebbe piuttosto chiamare strada fer-
rata da Vienna a Brunna. Sarà lunga circa ottanta
miglia.
Si parlò anche d’una diramazione verso Presburgo,
progettata dall’ingegnere Scotti; ma per la soverchia
vicinanza del Danubio costerebbe forse eccessiva-
mente.
Le pendenze del terreno si trovarono felicissime;
undici considerevoli tratti, formanti circa un sesto del-
la linea, si trovarono affatto orizzontali; alcuni con
un insensibile declivio di 1 a 6000, a 9000, perfino a
12.000; la massima salita si può ridurre con poca spe-
sa da 1 a 500, e forma tutt’al più una settima parte
della lunghezza totale. La curva più forte ha un tollera-
bil raggio di metri 1517. Le spese preparatorie di mi-
surazioni, stime e consimili hanno già assorbito quasi
58 mila fiorini effettivi.
II cominciamento di questa impresa fa concepire
belle speranze per tutta la monarchia, giacché ciò che
si riconosce così apertamente utile e onorevole a una
provincia, non può tardare a diffondersi anche nelle
altre; e massime in quelle che primeggiano per la fre-
quenza e la ricchezza delle città, per la densità rela-
tiva della popolazione, la massa dei prodotti agrarii e
industriali, la opportunità della fisica giacitura e la
vicinanza di opposti mari e di nazioni trafficanti e in-
dustriose.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI II

14 Gennaio 1837

Strade a rotaie di ferro *


Nello scorso anno 1836 si è formata un'associazione
composta di alcune distinte case di commercio di Mi-
lano e di Venezia, nota sotto il nome di compagnia
Lombardo-Veneta, riunita allo scopo di promuovere
l'esecuzione del progetto d'una strada ferrata da Ve-
nezia a Milano. Questa compagnia, mentre già da alcu-
ni mesi ha umiliate le riverenti sue suppliche, per ot-
tenere dalla Sovrana clemenza quelle favorevoli con-
cessioni che debbono essere base essenziale all'adem-
pimento di questa grande intrapresa, s'adopera intan-
to in silenzio circondandosi di ogni lume, e dando pre-
liminari provvedimenti perché non le manchi il consi-
glio e la mano quando ne sarà d'uopo.
Allo zelo ed al coraggio di questi pochi si associa
spontaneo il voto universale che applaude al nobile
concepimento, e con voti sinceri ne desidera il com-
piuto successo, siccome di un'opera nazionale che se-
gnerà una nuova epoca al commercio, all'industria, ed
alla ricchezza del regno Lombardo-Veneto.
Quindi, in questi momenti d'aspettativa pel deside-
rio di tutti, le notizie che si riferiscono all'argomento
delle strade di ferro, non solo riescono interessanti, ma
possono tornare sommamente utili e per le idee che
sono rese volgari e per quella maggiore istruzione che
può diffondere l'esempio delle intraprese di simil gene-
re già stabilite con successo da qualche tempo, ed a
quest'ora già concertate od avviate a buon fine.

* Pubblicato anonimo nell'Eco della Borsa del 14 gen-


naio 1837, p. 1; attribuito a C. dal Caddeo (Ep. IV, 586).
Ripubblicato in S.I.D., pp, 201-202.
12 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Per questo motivo noi ci facciamo una particolare
missione, e crediamo che tutti ce ne saranno grati, di
tenere continuo discorso di questo grave soggetto, tanto
nella duplice vista dell'utilità della cosa in sé stessa, e
dei miglioramenti che il sistema della materiale costru-
zione potrà ottenere dalla esperienza; quanto allo sco-
po di rendere famigliare tutto quanto concerne il mi-
gliore andamento amministrativo ed economico di que-
ste gigantesche aziende.
Fermi in tale proposito, abbiamo già fatto e faremo
spesso parola di simili intraprese in America, in In-
ghilterra, nel Belgio, in Francia ed in Germania e mas-
sime della Strada Nordica Ferdinandea che, avvalorata
dalla Sovrana protezione, in breve sta per avvicinare
alla capitale uno dei punti più importanti dell'impero.
Non lasceremo passare alcuna particolarità di que-
st'opera, che la prima si tenta sopra una grande sca-
la nelle provincie della monarchia, e perciò in segui-
to ai cenni preliminari di recente somministrati, pre-
sentiamo il PROTOCOLLO della quarta adunanza ge-
nerale del 12 dicembre p. p . degli azionisti della pri-
vilegiata Strada Imperiale Ferdinandea.

Marzo 1837
Tre nuovi progetti
per la strada ferrata da Milano a Venezia *
Un ingegnere di molta e ben meritata riputazione
nelle consuete aziende civili, lungamente pressato di
dare il suo parere sull'insolito e quasi strano argomento
della strada ferrata Lombardo-Veneta, ha ceduto alle
istanze e in questi ultimi giorni ha fatto una esposizio-

* Pubblicato in B.N.S,E., 1837, I, pp. 311-314.


12 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Per questo motivo noi ci facciamo una particolare
missione, e crediamo che tutti ce ne saranno grati, di
tenere continuo discorso di questo grave soggetto, tanto
nella duplice vista dell'utilità della cosa in sé stessa, e
dei miglioramenti che il sistema della materiale costru-
zione potrà ottenere dalla esperienza; quanto allo sco-
po di rendere famigliare tutto quanto concerne il mi-
gliore andamento amministrativo ed economico di que-
ste gigantesche aziende.
Fermi in tale proposito, abbiamo già fatto e faremo
spesso parola di simili intraprese in America, in In-
ghilterra, nel Belgio, in Francia ed in Germania e mas-
sime della Strada Nordica Ferdinandea che, avvalorata
dalla Sovrana protezione, in breve sta per avvicinare
alla capitale uno dei punti più importanti dell'impero.
Non lasceremo passare alcuna particolarità di que-
st'opera, che la prima si tenta sopra una grande sca-
la nelle provincie della monarchia, e perciò in segui-
to ai cenni preliminari di recente somministrati, pre-
sentiamo il PROTOCOLLO della quarta adunanza ge-
nerale del 12 dicembre p. p . degli azionisti della pri-
vilegiata Strada Imperiale Ferdinandea.

Marzo 1837
Tre nuovi progetti
per la strada ferrata da Milano a Venezia *
Un ingegnere di molta e ben meritata riputazione
nelle consuete aziende civili, lungamente pressato di
dare il suo parere sull'insolito e quasi strano argomento
della strada ferrata Lombardo-Veneta, ha ceduto alle
istanze e in questi ultimi giorni ha fatto una esposizio-

* Pubblicato in B.N.S,E., 1837, I, pp. 311-314.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 13

ne del suo modo di vedere, proponendo tre progetti da


studiarsi.
II Progetto Primo adotta in gran parte la linea del-
le città proposta negli Annali di Statistica; ma oltre-
passata Verona, prende la linea delle campagne evi-
tando Vicenza e Padova. Inoltre nel primo tronco fa
una curva per evitar Chiari. Le note più ovvie da farsi
a questo progetto sarebbero 1°. La perdita di ottanta-
mila abitanti a Vicenza, Padova e Chiari. 2.° La ne-
cessità della spesa di due braccia addizionali a Vicenza
e Padova formanti circa 16 miglia astratte. 3.° La per-
dita della comunicazione diretta fra Vicenza e Verona,
fra le quali la distanza e la spesa del tragitto viene
gravemente accresciuta, giacché le 14 miglia astratte
da S. Bonifacio a Vicenza divengono all'incirca 40.
Questo progetto che per una parte tiene la linea del-
le città e per un'altra quella delle campagne, involge
contradizione; poiché le ragioni che si possono dare in
favore della prima parte, rovesciano la seconda; e vi-
ceversa.
I1 Progetto Secondo è in sostanza la nota linea delle
campagne, la cui sconvenienza è già dimostrata; cosic-
ché si può affermare che non giungerebbe a pagare
l'interesse del denaro. L'unica modificazione introdot-
ta di nuovo si è che mentre nel primitivo progetto si era
imaginata una linea retta da Milano al Mincio, in que-
sto si sarebbe spezzata in tre tronchi ad angolo; cioè
da Milano a Rivolta, da Rivolta a Quinzano; da Quin-
zano al Mincio. Ciò porterebbe due altri inconvenienti:
1.° Di allungar la linea di circa 3 miglia. 2.° Di per-
dere Soncino. Quindi può dirsi: la infruttifera linea del-
le campagne con qualche spesa di più e qualche rendita
di meno.
II Progetto Terzo va per Lodi, Cremona, Mantova,
Legnago, Este, Monselice e Fusina. Questo può dirsi
nuovo. I suoi difetti sono:
14 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
1.° Di esser più lungo alcune miglia, con accresci-
mento nelle distanze e nelle spese di costruzione, di con-
servazione e di esercizio.
2.° Di preferir Lodi, Cremona e Mantova a Brescia,
Verona, Vicenza e Padova, perdendo così centomila cit-
tadini che dovrebbero dare almeno un annuo milione di
lire.
3.° Di preferire distretti quasi meramente agricoli e
poco popolati a distretti assai più popolosi, manifat-
tori e trafficanti.
4." Di allontanarsi dai laghi, dai bagni, dai san-
tuarj, dalle grandi fiere, dalle cave dei combustibili
e dalle città visitate da maggior numero di stranieri
come Brescia, Verona e Vicenza.
5.° Di non toccare in tutto il continente Veneto
nemmeno una città, e di servire quasi unicamente alla
Bassa Padovana senza servire a Padova. ,
6.° Di non toccare per una trentina di miglia da
Monselice a Fusina quasi alcun villaggio che giunga a
mille abitanti,
7." Di esser condotto tutto per intero fra i canali
d'irrigazione e gli argini dei fiumi con necessità d'im-
menso terrapieno e gravi complicazioni giuridiche.
8.° Di attraversare parecchie miglia di paludi an-
che prima di giungere alla Laguna.
9.° Di rendere, passando per Fusina, doppiamente
lungo, costoso e difficile il passo della Laguna, come
appare dalle riflessioni dell'ingegnere Medusa esposte
già in questi Annali; al che si aggiunge la perdita del
giornaliero necessario passaggio tra Mestre e Venezia.
10.° Di urtare contro la frontiera del Po invece di
perforare il cuore del Regno, il che involge inoltre tut-
te le complicazioni daziarie del circondario confinale.
11.° Di toccar luoghi men bisognosi di comuni-
cazione, essendo tutti attraversati da vie d'acqua; quali
sono la Bassa Adda, il Po, il Basso Ollio, il Basso Min-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 15

cio, la Fossa d'ostilia, il Naviglio di Legnago, l'Adige,


il Frassine, il Canal d'Este, il Canal di Cognola e Bo-
volenta, il Bacchiglione, il Brentone, il Taglio Novis-
simo. Al contrario le provincie superiori di Bergamo e
Brescia e il paese fra Vicenza e Verona non hanno co-
municazioni d'acqua né con Venezia e Trieste né con
Milano, e ne hanno gravissimo bisogno.

A prima giunta si direbbe che la proposta dei tre


progetti accresce le incertezze. Ma se ci raccogliamo
a Considerarne la parte più importante, vediamo che
l'esimio ingegnere propone a studiarsi come parte del
Primo proogetto la linea del lago di Garda. Abbiamo
adunque il voto d'un distinto uomo dell'arte in favore
della possibilità tecnica di quel tronco, il quale forma il
punto più difficile e problematico della linea delle sei
città. Se questo punto venisse a confermarsi, la que-
stione della scelta della linea potrebbe riguardarsi co-
me realmente sciolta.
Noi vorremmo che questo studio si facesse pel pri-
mo; e che gli si facesse succedere lo studio del terreno
tra l'Adige e Vicenza; e ciò unicamente in mira alla
possibilità del passaggio ed alla necessità di opere
straordinarie per effettuarlo. Riconosciuta la possibi-
lità di questo progetto sui punti più scabrosi e compiu-
tane la censura militare, si potrebbe passare alla reda-
zione e stima dell'intera linea, senza gettar tempo,
credito e denari nello studio di linee troppo riprovate
da ogni buon principio statistico ed amministrativo.
Che se considerazioni d'ordine elevato condannassero
assolutamente e senza modificazione la linea delle sei
città: noi crediamo fermamente che sarebbe miglior
partito rinunciare affatto all'impresa; giacché nessun
ripiego d'arte e nessun talento di ingegnere potreb-
bero ottenere la certezza che le altre linee compensas-
sero i rischi dell'immenso capitale ch'esse dimandano.
16 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
I1 tempo richiesto alla redazione dei tre progetti è
di nove mesi. E con tutto ciò non si farebbe che pro-
porre una nuova questione da discutersi. Semplifican-
dola nel modo sovraccennato, ella potrebbe esser de-
cisa in tempo assai minore, e in modo di riparare alla
perdita che abbiamo già fatta d'un intero anno. Ma noi
siamo persuasi che per non fare inutilmente le spedi-
zioni tecniche le quali involgono una spesa ingente,
convenga prima risolvere quelle questioni le quali non
portano spesa.

Aprile 1837
Di una nuova linea
per la strada ferrata Lombardo-Veneta *
Nelle Provincie Venete è oramai fermamente sta-
bilita l'opinione che la linea ferrata debba riunire le
quattro città di Venezia, Padova, Vicenza e Verona.
Infatti quelle città formano una popolazione di 240,000
abitanti intimamente connessa dalle abitudini di parec-
chj secoli e dalla promiscuità economica ed ammini-
strativa. E più di 900 mila altri abitanti sono sparsi
negli altri luoghi di quelle quattro provincie, le qua-
li così costituiscono in complesso un quarto della po-
polazione del regno.
Il riconoscimento universale di questa verità ri-
stringe molto il campo della questione anche per ciò
che riguarda le provincie Lombarde; giacché non si
tratta più di tirar linee da Milano a Venezia, ma unica-
mente da Milano a Verona. La fantasia così non può
vagare all'impazzata sul vasto piano, cercando nuove
combinazioni da cui ritrarre applauso o almeno nutri-
mento a uno spirito metodico di contradizione.

* Pubblicato in B.N.S.E., 1837, I, pp. 73-80


16 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
I1 tempo richiesto alla redazione dei tre progetti è
di nove mesi. E con tutto ciò non si farebbe che pro-
porre una nuova questione da discutersi. Semplifican-
dola nel modo sovraccennato, ella potrebbe esser de-
cisa in tempo assai minore, e in modo di riparare alla
perdita che abbiamo già fatta d'un intero anno. Ma noi
siamo persuasi che per non fare inutilmente le spedi-
zioni tecniche le quali involgono una spesa ingente,
convenga prima risolvere quelle questioni le quali non
portano spesa.

Aprile 1837
Di una nuova linea
per la strada ferrata Lombardo-Veneta *
Nelle Provincie Venete è oramai fermamente sta-
bilita l'opinione che la linea ferrata debba riunire le
quattro città di Venezia, Padova, Vicenza e Verona.
Infatti quelle città formano una popolazione di 240,000
abitanti intimamente connessa dalle abitudini di parec-
chj secoli e dalla promiscuità economica ed ammini-
strativa. E più di 900 mila altri abitanti sono sparsi
negli altri luoghi di quelle quattro provincie, le qua-
li così costituiscono in complesso un quarto della po-
polazione del regno.
Il riconoscimento universale di questa verità ri-
stringe molto il campo della questione anche per ciò
che riguarda le provincie Lombarde; giacché non si
tratta più di tirar linee da Milano a Venezia, ma unica-
mente da Milano a Verona. La fantasia così non può
vagare all'impazzata sul vasto piano, cercando nuove
combinazioni da cui ritrarre applauso o almeno nutri-
mento a uno spirito metodico di contradizione.

* Pubblicato in B.N.S.E., 1837, I, pp. 73-80


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 17

Milano, Verona, Peschiera giacciono alla stessa la-


titudine; uno stesso parallelo le attraversa tutte. Que-
sto parallelo forma l'asse matematico da cui misurare
le deviazioni. Brescia è lontana dall'asse rettilineo cir-
ca 5 miglia astratte. Mantova ne è lontana più di 15;
Cremona ne è lontana 19. Queste non sono frasi ora-
torie; ma sono numeri di semplice abbachino che si ri-
levano da chiunque esamini all'ingrosso la carta. Chi
non ne vede le conseguenze, confessi di non volerle
vedere.
Paragonando alla inflessibile linea retta la curva
che comprende Brescia, e la curva che comprende
Cremona e Mantova, si viene a riconoscere che quella
di Brescia sarebbe più lunga un miglio o due, mentre
quella di Cremona formerebbe un ampio arco di cer-
chio che importerebbe almeno 15 miglia di più. Dun-
que tutte le ragioni ragionate contro la linea di Bre-
scia, ricadono con moltiplicato peso su quella di Cre-
mona. Dunque a circostanze eguali crescerà il costo
della strada i n ragione della maggior sua lunghezza,
nonché il consumo del combustibile in ragione corn-
binata ecc. ecc. con tutto il restante di quel ragiona-
mento; al quale per esser ottimo manca soltanto di
non esser fatto a rovescio.
Un passaggiero che dovesse recarsi da Milano a
Verona, dovrà dunque fra l'andata ed il ritorno percor-
rere inutilmente 30 miglia e pagare in ogni gita e in
perpetuo tre o quattro lire di più per comperarsi inco-
modo e perditempo?
Sarà molte volte un'eccellente cosa l'andare a Man-
tova od a Pizzighettone, come sarebbe eccellente l'an-
dare a Bergamo o Pavia. Ma con una strada sola non
si può arrivar dappertutto.
Si potrà con ragione deviare alquanto da una ri-
gida linea retta per toccare una città industriosa e traf-
ficante come Brescia, quando una tal deviazione men-

2. - CATTANEO. Scritti politici. II.


18 CAITANEO - SCRITTI POLITICI - II
tre da un lato allunga la strada di un miglio o due,
dall'altro promette un lauto compenso. Ma l'andar qua
e là per il paese, seguendo il giro del sole, per com-
prendere tutte le città del regno in una sola infornata,
è un dimenticare il primo intento della strada ferrata,
cioè la più rapida corsa al più piccolo costo.
Se questa prima impresa ferroviaria si farà con
qualche giudizio e quindi recherà lucro ai capitalisti,
darà impulso ad altri progetti. La conformazione delle
nostre immense pianure contornate di città sembra pro-
mettere più faustamente che non avvenga altrove. La
parziale esperienza che si facesse successivamente tra
città e città sulla linea Veneta, potrebbe far coraggio
a tentare anche una linea per Lodi e Cremona; la qua-
le potrebbe forse trovarsi lucrosa, massime se il com-
mercio avesse a svilupparsi maggiormente sulla frontie-
ra Piacentina e Modenese. Ma se si trovasse vantag-
gioso l'unir Cremona e Milano, credete voi che si trove-
rebbe svantaggioso l'unir Brescia e Milano, l'unir Bre-
scia al lago di Garda, a Verona, a Vicenza, a Venezia?
E supposto che col tempo si venisse ad avere tanto una
strada ferrata da Milano a Cremona quanto una da Mi-
lano a Brescia: di quale fra queste due vi servireste voi
per andare a Verona e raggiungere la linea Veneta? Io
credo che la maggioranza dei viaggiatori preferirebbe
risparmiar trenta miglia, andando e tornando per Bre-
scia. Perloché, date le due linee, la linea di Brescia ser-
virebbe non solo come linea provinciale Bresciana, ma
eziandio come linea generale lombardo-veneta; mentre
la linea di Cremona, per questo rapporto, rimarrebbe
unicamente linea provinciale.
Per andar dunque da Milano a Verona, ragion
vuole che si vada per Brescia piuttosto che per Cre-
mona. Nel qual caso presso Chiari e Triviglio si for-
merà naturalmente il deposito generale della industre
provincia bergamasca. Ora quando si tratta d'industria,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 19

chi vorrà paragonare le provincie di Lodi e Cremona


con quelle di Bergamo e Brescia? In quali provincie
sono i forni del ferro, le fabbriche delle armi, i filatoi
dei quali cento ne ha la sola provincia bresciana, le fab-
briche dei panni e delle coperte, le cartiere, le conce-
rìe? Dove sarà la maggior chiamata del carbon fossile?
Dove sono le fiere più frequentate? Non sono a Ber-
gamo, a Brescia, a Verona? Quella sola di Bergamo
chiama annualmente più di 30 milioni di merci, fra le
quali più di 300 mila libbre di seta. Le concerìe Bre-
sciane chiamano da Trieste 500 mila pelli crude che
rimandano conce da smerciarsi a Trieste e Sinigallia.
Le egregie miniere di Val Trompia non aspettano che
il carbon fossile del lago di Garda e dei colli Vicentini,
per riprendere la perduta attività. Infine riducendoci a
considerar la popolazione, tutte le proposte linee toc-
cano le provincie di Milano e Mantova, ma la linea
superiore inchiude le provincie di Bergamo e Brescia
che contano 681,000 abitanti; mentre la inferiore so-
stituisce le provincie di Cremona e di Lodi e Crema
che ne fanno solo 396,000. La linea bresciana adunque
interessa un soprappiù di 285,000 abitanti, i quali inol-
tre sono assai più industriosi e più bisognosi di lon-
tane e rapide comunicazioni.
Le otto provincie percorse dalla linea superiore,
Milano, Bergamo, Brescia, Mantova, Verona, Vicenza,
Padova, Venezia, fanno 2,610,000 abitanti. Nessun'al-
tra linea può congiungere tanta popolazione giacché
si tratta di circa 19,000 abitanti per ogni miglio astratto
dii corsa.
Il proposito di passare a poche miglia da Brescia
aggrappandosi con un moncherino a quella città, è as-
surdo; perché aggiunge la spesa di un tronco inutile,
aumenta le distanze, e impaccia la facile circolazione.
Del che si è già discorso più duna volta. In una Ras-
segna della provincia bresciana per riguardo alla stra-
20 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

da ferrata, che ho fatto inserire in altro giornale, ebbi


occasione di accennare che mentre sulla linea di Bre-
scia e Chiari in un dato spazio si trovano circa 177
abitanti, nello stesso spazio preso nel Distretto di Ba-
gnolo si contano soli 69 abitanti cioè poca più del ter-
zo. Ebbi ad accennare eziandio che nella provincia
Bresciana mentre i borghi e le città poste sulla linea
superiore sommano a 60 mila abitanti, quelli della in-
feriore sommano soltanto a 15 mila. Dal che si vede
che in economia le conseguenze delle miglia geografi-
che nove e mezzo possono essere gravissime. Quelle os-
servazioni ricevettero maggior publicità dalla Gazzetta
di Augusta che le tradusse.
Le provincie di Lodi e Cremona sì per la copia dei
cavalli richiesta dall'indole di quell'agricultura; sì per
la vicinanza di tante acque navigabili, ridondano di
mezzi di trasporto; né quelle provincie sia per i loro
consumi sia per i loro prodotti hanno tal connessione
col commercio veneziano o triestino che si possa para-
gonare a quella che vi hanno Bergamo, Brescia e Vi-
cenza.
Quanto a Mantova, la linea lombardo-veneta in
ogni modo attraverserà la provincia; la città poi come
emporio della navigazione del Basso Po e del com-
mercio dello Stato Estense e del Bolognese, attira una
corrente mercantile non nel senso della strada lombar-
do-veneta, ma in direzione trasversale. Ella può appro-
fittare della vicinanza per gettar sulla linea maestra un
tronco accessorio, senza recar disturbo al complesso
dell'impresa. Le relazioni di Bergamo e Brescia con
Venezia sono intime e antichissime; ma Cremona e
Mantova furono sempre straniere a Venezia ed allo
Stato Veneto.
Quanto ai livelli, le difficoltà non sono tali da far
paura ad uomini che siano veramente dell'arte di far
le strade ferrate. Ammettendo che la porta Tosa di Mi-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 21

lano sia 116 metri sopra il livello dell'Adriatico e che il


giardino botanico di Brescia ne sia a 147 metri, la dif-
ferenza che è di metri 31 SU una distanza di circa 78
mila metri, si riduce alla proporzione appena valutabile
di 1 a 2516. La quale proporzione si rende ancora
minore, se si pensa che la strada ferrata non ha alcun
obbligo di passare propriamente per l'orto botanico
di Brescia, ma tuttalpiù dovrebbe radere la parte più
bassa della città dove fa capo la strada Cremonese.
Quattro o cinque metri che destramente si guadagnas-
sero, ci porterebbero alla proporzione di 1 a 3000. Qra
non ci f u un ingegnere che voleva condurci a Como
con una discesa più di cinquanta volte maggiore? con
una discesa da 1 a 56? Vedete come sono questi uomini
dell'arte, pei quali è impossibile l'andare a Brescia con
una pendenza quasi impercettibile ma proposta da al-
tri quando con una pendenza cinquanta volte maggio-
re (ma proposta da loro) diventa possibile l'andare a
Como.
Lo stesso può dirsi della discesa da Brescia al La-
go di Garda. Tra l'orto botanico e il pelo medio del
Lago non vi sono che 70 metri, mentre la distanza da
Brescia a Peschiera è di metri 38 mila circa, cioè, co-
me l a 542. Ma non essendovi necessità né di visitare
l'Orto botanico di Brescia né di baciar colle rotaie la
sabbia del lago, i 70 metri potrebbero diminuirsi fa-
cilmente di parecchie unità. Allora ci ridurremo alla
proporzione di 1 a 600. Ad ogni modo la pendenza
sarebbe adunque dieci volte più agevole della famosa
discesa di Como. È noto che tra Manchester e Liver-
pool si percorre qualche pendenza da 1 a 96. Tocca al-
la disinvoltura degli ingegneri il giovarsi delle dolci
colline che fiancheggiano costantemente la destra della
linea, per rendere la discesa graduale. E se vi fosse
pure qualche cresta di colle da traforarsi o tagliarsi,
sono questi lavori tali da atterrire gli uomini che hanno
22 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
fatto le opere mirabili del Sempione? Sono spese que-
ste a cui sacrificare la più grossa parte del ricavo?
Si opporrà che la discesa da Brescia al lago non è
continua ed uniforme, ma si trova per,così dire con-
densata in gran parte tra Lonato e Peschiera. Questo
in qualche misura è vero; ma è vero altresì che da
Lonato a Peschiera la distanza rettilinea è almeno di
16,000 metri; nella quale in ragione di 1 a 96 si po-
trebbe discendere 166 metri; cioè 100 metri più di ciò
che nel peggiore supposto ci faccia bisogno. E inu-
tile il notare quanto sarebbe facile mettere il declivio
in comunicazione col Porto di Desenzano, frequenta-
tissimo tanto pel traffico quanto per l’amenità di quelle
vaghissime spiagge.
Se colla linea di Brescia prima si sale e poi si
scende, colla linea di Cremona prima si scende e poi si
sale. Dacché dunque non è possibile ottenere un unico
pendio ed è inutile cercare ciò che non si può trovare,
bisogna ridurci a studiar le più trattabili ondulazioni.
Quanto più si discende nella parte irrigua della
pianura, tanto più cresce la complicazione delle ac-
que; cosicché le conseguenze dell’occupazione d‘una
piccola lista di terreno si estendono senza fine, e vesto-
no un’indole rischievole e contenziosa. Lottare in per-
petuo con tutte le acque della bassa e con tutti i ca-
villi dei loro possessori e utenti, è ben altra cosa che
tagliare una volta la collina di Lonato. Dimandatelo
a chi ha fatto questa esperienza nei canali irrigatorj.
Ora uno stato contenzioso è assai più pregiudizievole
ad una numerosa società che ad un privato. Questa
è una delle ragioni più valide che devono far preferire
la linea che percorre alle falde delle ultime colline
il sommo lembo della pianura; ch’è appunto la linea
di Brescia.
V’è chi teme il prezzo maggiore dei terreni in vi-
cinanza delle più floride città, e in ragione della loro
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 23

floridezza. Nell'idea di costoro le strade di ferro non


si dovrebbero mai fare nelle vicinanze di Milano o di
Parigi o di Londra, ma piuttosto nelle valli di Comac-
chio o nella selva di Baccano o dovunque lo spazio non
val niente. Ma fatto si è che la terra ha maggior va-
lore dove è più numerosa e più ricca la popolazione. La
strada ha bisogno di incontrar popolo e prodotti; e
queste due cose appunto son quelle che rendono l'area
più cara. Perché ci parlate d'una strada per andar da
Milano a Venezia, se non perché sono i due luoghi più
popolosi e frequentati del regno?
Nelle altre strade ferrate la compera dell'area co-
stituisce la 20.ª o al più la parte della spesa
totale della strada ferrata. In questo supposto se l'area
su una linea dovesse costar pure il doppio che su di
un'altra, si avrebbe ad aggiungere un altro 20.° op-
pure un decimo di spesa. Ma se con ciò si avesse su
quella linea il doppio di popolazione e di prodotti, la
strada prometterebbe doppio ricavo. Dunque per 1
o al più 4 ventesimi di più che si fossero spesi nella
compera del terreno, si avrebbero 20 ventesimi. Mo-
dificate pure queste proporzioni finché volete, e poi
vi risulterà sempre che tra i Ricordi che l'economista
deve dare all'ingegnere, è a comprendersi anche que-
sto: Cercare a preferenza i DISTRETTI dove la cifra del-
la popolazione e dello scudato è relativamente mag-
giore.
Chi ebbe la pazienza di perder tempo in siffatti
calcoli, ha trovato a cagion d'esempio che mentre sul-
Io stesso spazio di terreno nel distretto d'Isola della
Scala si contano 630 abitanti, in quello di Arzignano
se ne ha più del doppio cioè 1526; in quello di Vero-
na se ne ha quasi il triplo cioè 1767; in quello di Pa-
dova si ha quasi il quadruplo cioè 2405. Ora Isola
della Scala è sulla linea delle campagne. I distretti
di Arzignano, Verona e Padova interessano la linea
24 CATTATEO - SCRITTI POLITICI - II
delle città. Se il ricavo della strada dovesse corri-
spondere precisamente a questa proporzione ed essere
quadruplo dove è quadrupla la popolazione: si po-
trebbe in questa ipotesi senza scapito pagar l’area ad
un prezzo parecchie volte maggiore. Si faccia il cal-
colo e si riduca pure in pratica la proporzione alla
più modica misura. Ciò che rimane mi basterà sem-
pre, Con ciò però non s’intende che si debba fare
inutile e prodigo esterminio di case e di giardini;
giacché passare a portata delle più folte e ricche popo-
lazioni non vuol dire passare addosso alle persone:
e perciò fin dal principio di questa discussione si è
sempre raccomandato di passar tuttalpiù rasente l’abitato.
Quanto alla divisione dei lavori tra gli ingegneri
milanesi e veneziani queste sono idee superstiti al Me-
dio Evo. Nec nominentur in nobis a proposito di strade
ferrate; le quali son affari da cervelli moderni, anzi
il trionfo della moderna età. La strada è fatta per as-
sociare non per disgregare. La strada è un’impresa d‘or-
dine economico e non una questione di pronuncia o di
dialetto. La strada è un mezzo di guadagnar denaro ai
privati e floridezza al paese; al che non vale guardar
l’atto di nascita degli ingegneri. Si tratta d’una impresa
unica e indivisibile, che deve essere discussa, se si vuo-
le, da centomla persone nelle gazzette, al caffè, in piaz-
za, in piena pienissima libertà, ed anche con frasi ora-
torie (da chi sa adoperarle), ma dev’essere riassunta e
fermata da un solo cervello. Che direste di chi mettesse
due architetti a far mezza facciata per ciascuno ad una
chiesa; a far anche soltanto una mezza porta ciascuno
od una mezza finestra? Quando si comincia un discorso
stampato predicando la convenienza della linea più
breve di tutte, e poi lo si conchiude proponendo la
linea di Cremona che è LA PIÙ LUNGA DI TUTTE LE LI-
NEE POSSIBILI; quando gli uomini si curano così poco
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 25

d'andar d'accordo con sé medesimi: sperate dunque


nell'accordo delle parti, se volete.
Che la soscrizione si sia cominciata in due luoghi,
è pur troppo vero; ed è il peccato originale dell'impre-
sa, la quale senza ciò sarebbe assai più inoltrata. Quan-
to più presto questo peccato si lavi e si redima, tanto
meglio. Ed è a questo fine appunto che mirano i più
zelanti e sagaci tra i partecipi dell'impresa. Quando si
pensa che altro è il primo soscrittore, altro è il com-
pratore e stabile proprietario delle azioni, si vedrà che
appena siasi data spinta alla cosa, le due simmetriche
provincialità spariscono, e vi sottentra un aggregato in-
distinto di capitalisti d'ogni stato e d'ogni nazione. Al-
lora invece di due consessi sottoposti alla necessità
di farsi delle riverenze e spedirsi dei protocolli, si
avrà una direzione unica, compatta, responsabile, che
lasciate da canto le etichette cammini sulla strada nuda
nudissima degli interessi.
V'è chi parla di chiamare ingegneri dall'estero. Ciò
facendo andremmo d'accordo con quei francesi i quali
in questo istante medesimo e in mezzo ai tanti allievi
della Scuola Politecnica, si servono per le strade fer-
rate d'un giovane ingegner milanese. Sicuramente un
ingegnere degno di dare una strada ferrata alla Fran-
cia, cesserà d'esser capace quando si tratterà di darne
alla sua città nativa, perché: nemo propheta IN PA-
TRIA. Fin qui si tratta d'un giovane a cui la nostra
rara e consumata prudenza non vorrà forse affidare la
somma delle cose. Ma non abbiamo forse un uomo
di età matura, nutrito di forti studj e di molta espe-
rienza e già da anni non d'altro occupato che di visitare
e studiare tutte le strade ferrate che si stan costruen-
do in Europa? Gli amatori delle piccolezze municipali
potrebbero accontentarsene, almeno per il sodo e giu-
dizioso motivo che l'uomo in questione non essendo
precisamente né da Venezia né da Milano, ma qualche
26 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
cosa di neutro e d'intermedio, quadrerebbe con singo-
lare e felicissima esattezza al bisogno nostro ed ai
nostri pregiudizj. Del resto se dobbiamo giudicare da
ciò che finora si è veduto fra noi, non tutti gli uomini
dell'arte son adatti a indovinar la vena giusta in questo
argomento benché possano utilmente e onorevolmente
cooperarvi.
Intanto che il sovvertimento universale dei com-
mercio rallenta le reali offerte dei capitali e assottiglia
le speranze dei soscrittori, profittiamo del mal tempo e
abburattiamo l'argomento, il quale è più complicato
e difficile che non sembra a chi vi giunge non pre-
parato.

6 Maggio 1837

Opinione sulla linea da preferirsi


nel tracciamento generale della strada ferrata
da Venezia a Milano *

Se neli'investigare quale tra le diverse linee di stra-


da a rotaie di ferro che congiunger potrebbero Venezia
a Milano sia in ultimo risultato la preferìbile avere si
deve indubitatamente un grande riguardo alle spese
che renderannosi necessarie per la costruzione primi-
tiva, per la successiva manutenzione e pel servigio,
onde circoscriverle al meno possibile, egli è d'altra

* Pubblicato anonimo nel volume Strada Ferrata Ve-


nezia-Milano, Venezia 1837. Ambrosoli ( L a formazione di
C . C., p. 163) lo attribuisce a C. sulla base della afferma-
zione contenuta in un articolo de La Fama - Giornale di
scienze, lettere, arti, industria, teatri del 18 dicembre
1837. Ripubblicato in S.I.D., pp. 236-255.
26 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
cosa di neutro e d'intermedio, quadrerebbe con singo-
lare e felicissima esattezza al bisogno nostro ed ai
nostri pregiudizj. Del resto se dobbiamo giudicare da
ciò che finora si è veduto fra noi, non tutti gli uomini
dell'arte son adatti a indovinar la vena giusta in questo
argomento benché possano utilmente e onorevolmente
cooperarvi.
Intanto che il sovvertimento universale dei com-
mercio rallenta le reali offerte dei capitali e assottiglia
le speranze dei soscrittori, profittiamo del mal tempo e
abburattiamo l'argomento, il quale è più complicato
e difficile che non sembra a chi vi giunge non pre-
parato.

6 Maggio 1837

Opinione sulla linea da preferirsi


nel tracciamento generale della strada ferrata
da Venezia a Milano *

Se neli'investigare quale tra le diverse linee di stra-


da a rotaie di ferro che congiunger potrebbero Venezia
a Milano sia in ultimo risultato la preferìbile avere si
deve indubitatamente un grande riguardo alle spese
che renderannosi necessarie per la costruzione primi-
tiva, per la successiva manutenzione e pel servigio,
onde circoscriverle al meno possibile, egli è d'altra

* Pubblicato anonimo nel volume Strada Ferrata Ve-


nezia-Milano, Venezia 1837. Ambrosoli ( L a formazione di
C . C., p. 163) lo attribuisce a C. sulla base della afferma-
zione contenuta in un articolo de La Fama - Giornale di
scienze, lettere, arti, industria, teatri del 18 dicembre
1837. Ripubblicato in S.I.D., pp. 236-255.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 27

parte pur certo che questa vista dovrà nel tempo stes-
so essere anche contemperata e diretta così, che al de-
siderio lodevole della economia, ossia del possibile mi-
nor dispendio, non abbia a restarne sacrificata giam-
mai la vista del possibile maggior lucro; il che torna
lo stesso che dire i riguardi della pubblica utilità, evi-
dente essendo che dalla utilità pubblica estesamente
e congruamente soddisfatta derivar deve altresì il mas-
simo del guadagno.
Si vede dunque trattarsi di un problema comples-
so, che tentare bisogna di risolvere ne' suoi elementi,
affine di poterneli considerare a parte a parte, e valu-
tarne la respettiva importanza.
I1 progetto della Strada ferrata da Venezia a Mi-
lano, onde soddisfare veramente allo scopo pel quale
f u immaginato, che quello è come si disse del maggior
lucro, o sotto altri termini della maggior pubblica uti-
lità, procurar deve il maggiore, più facile e men di-
spendioso movimento possibile delle merci e de' viag-
giatori; intendendosi per viaggiatori non tanto gli esteri
quanto e più particolarmente i nazionali, e più parti-
colarmente poi ancora non solo gli abitanti delle due
città capitali di Milano e Venezia, ma in oltre tutti
quelli che hanno domicilio nelle città, interposte fra le
capitali medesime, o che temporariamente e agevol-
mente possono prendervelo se dimorano ne' luoghi mi-
nori vicini, o stanno dispersi per le campagne.
E siccome chi avesse da far escavare un grande
canale di comunicazione o costruire una grande stra-
da ordinaria collo scopo di rendere più facili e pronte
le comunicazioni secondarie di un vasto paese, e farvi
sempre più prosperare da un capo all'altro l'industria
e il commercio degli abitanti non potrebbe certamente
non volere che il canale o la strada venissero tracciati in
maniera da congiungere, oltre che i due punti estremi e
opposti del paese, anche il maggior numero possibile di
28 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
altri luoghi popolati, ricchi e industriosi, perché poi
anche da questi centri minori l’attività ed il benes-
sere potessero diffondersi sino ai punti più infimi, e
possibilmente a tutta la superficie territoriale, così è
manifesto che nel tracciamento pure della grande stra-
da a rotaie da Venezia a Milano converrà seguire i
principii medesimi ed avere le medesime viste, se ve-
ro è, com’è verissimo che le strade ferrate niente per
altro diversificano dalle ordinarie che per esserne il
perfezionamento.
Agevole in fatti è di comprendere che se Milano e
Venezia sono i centri principali del commercio e di
ogni altra maniera di affari nel Regno lombardo-ve-
neto, lo sono principalmente per questo che a tale effetto
contribuiscono altri centri di produzione e di consumo,
minori senza dubbio per comparativa importanza, ma
tuttavia abbastanza considerevoli eglino stessi perché
avere se ne debba grande riguardo. Tutto si collega
tanto nel mondo fisico che nel morale. E come le ve-
ne minori non alimentate o non aventi comunicazione
facile e perenne co’ tronchi minori e col cuore ben
presto rimangono senza vita, o fanno cader se non
altro tutto il corpo in una condizione stentata e mor-
bosa; così anche la prosperità nazionale isterilisce e
vien meno se con inopportune e mal consigliate mi-
sure agli interessi sociali s’impedisca ed anco s i diffi-
culti di espandersi e di prendere fino nelle diramazioni
più minute tutto il naturale e conveniente sviluppo.
Tanto ‘più poi è necessario di aver ben presente
il bisogno di mettere la strada a portata del maggior
numero possibile di centri dove le persone e le merci
si trovano già raccolte in maggior copia, o possono più
agevolmente raccogliersi, che a facilitare ivi il concorso
de’ viaggiatori e il trasporto delle merci e derrate d’ogni
specie dei centri secondari o minori, a cooperare per-
ché ognor più animata ne venga l’industria de’ Veneti
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 29

e de’ Lombardi, e generalizzata fra essi l’attività e


l’amore delle utili intraprese, serve mirabilmente quel
numero grandissimo, quella rete di ottime strade co-
munali, provinciali e postali che tagliano in tutte le
direzioni il nostro regno, e pongono in una comuni-
cazione immediata e sicura in ogni tempo e stagione
i piccoli comuni co’ capiluogo di distretto, e questi
colle città principali ossia coi centri maggiori del mo-
vimento e dell’interno commercio.
Importa tanto più finalmente che con un giudizioso
e comodo tracciamento della strada si faciliti in tutti
i modi il movimento de’ viaggiatori, ossia importa tanto
più che si tenga gran conto di maggiori centri abitati
e intermedii, tra i quali l’andata e il ritorno, già per
sé brevi, divengono colla strada ferrata quasi istan-
tanei, che una esperienza costante ha ormai lumino-
samente comprovato ottenersi il maggior reddito lun-
go le strade a rotaie non dal trasporto delle merci, ma da
quello de’ viaggiatori. In Francia, per esempio, le stesse
strade ferrate costrutte per provvedere di carbon fos-
sile i paesi posti ne’ bacini della Loira e del Rodano
hanno dato contro ogni aspettazione per reddito prin-
cipale il prezzo del trasporto delle persone. Risulta-
menti eguali sonosi ottenuti agli Stati Uniti d’America.
Ma fu dopo l’apertura della famosa strada fra Liver-
pool e Manchester che si dovette terminativamente
cangiar di teoria in questo proposito, e riconoscere
fallaci tutti i calcoli che credevansi i meglio fondati.
Preventivarono i direttori di quella grande intrapresa
ch’essere vi dovesse un trasporto giornaliero di 1500
tonnes di mercanzie e di 1000 tonnes di carbon fossile;
invece durante i primi diciotto mesi vi si trasporta-
rono mediamente di mercanzie soli 250 tonnes per
giorno e 77 di carbon fossile. Ed al contrario, in luogo
di un numero moderato di viaggiatori sul quale crede-
vasi di poter contare, ve ne ebbero fino a 1200, 1800,
30 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ed anche talvolta più di 2000 per giorno1; del qual
risultato tra le altre buone ragioni evvi sicuramente
pur questa, che altri mezzi di trasporto, per riguar-
do alle merci soprattutto voluminose, possono ab-
bastanza bene rivalizzare in quanto alla economia con
una strada di ferro, ma non lo possono né lo potranno
mai riguardo alle persone, per le quali I’elemento prin-
cipale è la prestezza del viaggio, e da che tale pre-
stezza forma appunto la massima delle economie.
Ora venendo a parlare più immediatamente de’
punti pe’ quali il tracciato della strada in discussione
potrebbe condursi, basterà restringere le osservazioni
a tre sole linee, una verso il Nord che rasenti le città
principali del Regno, dopo Milano e Venezia, cioè
Padova, Vicenza, Verona e Brescia; un’altra verso il
confine meridionale del Regno, che toccando il Po a
Cremona passi in vicinanza di questa città e di quelle di
Mantova e di Lodi; ed una terza finalmente interposta
tra le due prime, e scorrente tra li due punti estremi qua-
si sempre in linea retta a traverso della campagna; chia-
ro essendo anche col solo gettare un’occhiata sulla car-
ta corografica del Regno, e per poca cognizione che
abbiasi delle circostanze fisiche ed economiche del
territorio, che né altre linee si potrebbero ragionevol-
mente tracciare, né altro rimarrebbe a dirsi dopo di
avere discussa la convenienza respettiva di queste tre.
La linea intermedia che fu la prima ad essere pro-
posta quando si cominciò a parlare di una strada a ro-
taie, forse perché di un andamento quasi sempre retto,

A malgrado della stagione fredda e piovosa, la stra-


da ferrata da Anversa a Bruxelles presentò risultamenti an-
cora ma giori. Dal giorno 7 maggio 1836, in cui è stata
aperta, al 31 dicembre successivo, vi si trasportarono
726.000 persone, ovvero mediamente 3037 persone per
giorno.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 31

risulterebbe necessariamente per questo motivo anche


la più breve, ed unirebbe a tale vantaggio l’altro nìen-
te meno importante di una pendenza dolcissima e ripar-
tita uniformemente pressoché in tutta la sua discesa.
Ma d’altra parte avrebbe dessa l’inconveniente gra-
vissimo di passare equidistante dalle città principali, di
non toccarne veruna neppure delle minori, e di tra-
versare un territorio dove la popolazione si trova af-
fatto dispersa.
Ora è ben facile a concepire che col tenere disco-
sta per più e più miglia la strada ferrata dai centri
principali della popolazione, del commercio e della in-
dustria, si difficulterebbe il trasporto e la commuta-
zione delle merci, e diminuirebbesi inevitabilmente anche
la concorrenza ed il movimento de’ viaggiatori; lo
che tutto influirebbe poi a scemare proporzionata-
mente il lucro della intrapresa. Imperciocché non è
mai presumibile che molti volessero percorrere un trat-
to non breve di strada ordinaria per trasferirsi su
quella ferrata ed attendere, non senza spesa e con
perdita di tempo e molto disagio, in luoghi pressoché
deserti e privi delle comodità necessarie, il momento
di poter proseguire il viaggio colle macchine loco-
motive. Aggiungasi che le strade a rotaie sono di na-
tura loro poco suscettibili di ricevere viaggiatori ad
ogni piccolo tratto, ed occorre invece che i viaggia-
tori si radunino, e che esse li trovino già raccolti e
pronti in determinate situazioni.
La linea quindi di cui si tratta andrebbe priva di
troppi vantaggi, e mancherebbe de’ requisiti i più es-
senziali a renderla la più lucrosa, perché ad onta
della maggior brevità, del minor costo e della equa-
bile pendenza potesse con buon successo venir prescelta.
Che se per ovviare in parte almeno a così gravi di-
fetti si volessero costrutte tante strade laterali a rotaie
quante ne sarebbero necessarie per porre in comunica-
32 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
zione immediata colla strada primaria i capiluogo delle
diverse provincie, e se al confluire delle laterali mede-
sime, esigere si volessero locali spaziosi e decenti, per
custodia delle merci e per rifugio di coloro che si re-
cassero ad attendere in tali punti il passaggio dello
macchina locomotiva principale, questo ripiego riusci-
rebbe evidentemente in pratica non solo poco opportuno
per la incomoda e troppo spesso variata pendenza della
strada e delle sue diramazioni, ma anche tanto costosa e
per la spesa di prima costruzione, e per quella successiva
di manutenzione e di servigio delle laterali su espresse,
e pel valore infine delle molte macchine, de' molti mezzi
di trasporto che a siffatto specialissimo uso sarebbe d'uo-
po di destinare, che certo non v'è bisogno di molto acu-
me né di prolisse discussioni per dimostrare ed intendere
quello che già a solo colpo d'occhio chiaramente risulta,
che cioè il vantaggio della più breve distanza e del
conseguente minor costo della strada tra li due punti
estremi di Venezia e Milano sparirebbe, e sarebbe affat-
to distrutto colla aggiunta di tante braccia secondarie e
degli altri suaccennati dispendii.
La linea meridionale, di cui accade adesso di far pa-
rola, rasenterebbe le cinque città di Lodi, Cremona,
Mantova, Legnago ed Este, tutte di secondaria e le
due ultime anzi d'infima importanza, e con una pen-
denza regolarmente discendente fino alla laguna di Ve-
nezia procederebbe per una sede alquanto depressa ma
non lungi in gran parte dal confine con l'estero.
A far prescegliere questa linea in confronto delle
altre concorrono, per avviso di chi ebbe a suggerirnela,
le seguenti circostanze: ch'essa si avvicina a tutte le
città ed ai paesi considerevoli della zona inferiore dove
le persone e le merci si trovano già raccolte; che può
comunicare facilmente col Po e quindi con l'estero; che
con altre diramazioni può in seguito avvicinarsi alla zo-
na superiore; che attraversa il Lambro, l'Adda, l'oglio
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 33

ed il Mincio ne’ punti dove trovansi già a questi fiumi


riuniti il Serio, il Mella e il Chiese, per cui ne risulta un
minor. bisogno di ponti; e che investe terreni meno
ubertosi e meno intersecati da strade, da accessi e da
privati condotti d’acque.
Queste circostanze vogliono certamente nel calcolo
del tornaconto non essere trascurate. Se per altro la li-
nea meridionale darebbe manifestamente sotto certi
rapporti un risultato migliore dell’altra intermedia, tali
e tanti svantaggi come lo si chiarirà in seguito presen-
terebbe anch’essa però al confronto di quella scorrente
più verso il nord, che sul più utile partito da prendere
in questo importante proposito sembra che non abbia
più a rimanere alcun dubbio.
Tutte le città ed i luoghi considerevoli in fatti della
zona inferiore sommano una popolazione che alla metà
neppur giunge di quella appartenente alla città ed ai
luoghi ben maggiormente considerevoli della linea su-
periore o del nord. I1 prodotto dunque, riguardo al tra-
sporto de’ viaggiatori nazionali, risulterebbe prossima-
mente tra le due linee come 1 a 2. Ora quanto da
valutarsi sia una tale differenza ben lungi di leggieri
saprà persuadersene chi consideri come il massimo lucro
ritraibile dall’uso di una strada ferrata dipenderà sem-
pre, a preferenza del concorso de’ viaggiatori esteri, dal
movimento de’ nazionali, che da città in città continua-
mente si trasferiscono o pei loro privati negozii od anche
per semplice divertimento.
In oltre alla linea inferiore mancherebbe il prodotto
non trascurabile de’ viaggi che fanno più volte in un
anno i molti studenti diretti da Venezia, Vicenza, Ve-
rona e Brescia all’una od all’altra delle due università
di Padova e Pavia.
Le mancherebbe quello de’ viaggi degì’impiegati
civili e militari, e de’ molti privati che da Milano, Bre-
scia, Vicenza, Padova e Verona, e da molti altri punti

3. . CATTANEO.
Scritti politici. II.
34 CAITANEO - SCRITTI POLITICI - II
ancora si recano a Verona, attuale residenza del Sena-
-
to Supremo di Giustizia e del Comando generale - mili-
tare lombardo - veneto.
vero che la strada meridionale godrebbe del tran-
sito de’ viaggiatori procedenti dagli altri Stati d’Italia
oltrepadana; ma oltre che un vantaggio consimile sarà
immancabilmente goduto e ragionevolmente anzi lo sa-
rà in molto più lata misura, dalla strada del nord pel nu-
mero assai grande di viaggiatori che giornalmente si re-
cano in Italia dal di là delle Alpi, è ben manifesto poi
che se pure tra le due provenienze vi potesse essere un
qualche eccesso a favore della prima, questo eccesso non
potrebbe essere che sommamente meschino e lontanis-
simo dal giungere a bilanciare tutti i gravi discapiti che
la linea meridionale indubbitamente presenta.
Anche la Direzione delle Diligenze ebbe negli anni
addietro a sperimentare gli effetti dello scarso movi-
mento tanto di gente quanto di merci di valore che v’è a
quella parte, e dovette in conseguenza della intrapresa
speculazione desistere.
Né vuolsi poi dimenticare che la strada inferiore
avrebbe anche l’altro discapito gravissimo di trovarsi
troppo da presso soggetta alla gara delle comunicazioni
fluviali, né potrebbe reggersi certo contro di esse ne’ tra-
sporti delle mercanzie di gran volume od in grandi mas-
se, giacché sulla celerità del viaggio per le merci molto
voluminose e pesanti (come per esempio sarebbe il riso
e il formaggio, prodotti principali de’ paesi attraversati
dalla linea inferiore) poco o nulla ordinariamente si
conta. Siffatta comunicazione pe’ canali interni da Ve-
nezia fino al Po è stata in questi ultimi anni di gran
lunga migliorata, e le si stanno apprestando migliora-
menti ulteriori. E quanto al corso del Po, le sue diffi-
coltà sono piuttosto politiche che fisiche, essendo desso
un fiume finitimo con tanti Stati. Ma ove avvenìsse (né
certamente la cosa può aversi per improbabile) che una
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 35

Società di navigazione a vapore per il Po si stabilisse


con accorgimento migliore di quella che fu tentata al-
tra volta, è da credersi che quelle difficoltà tanto fisiche
che politiche si eviterebbero quasi tutte, ed allora la
gara suddetta per la strada a rotaie di ferro condotta
lungo la zona inferiore sarebbe da temersi ancora di più.
Anzi bene considerando, questo timore parrebbe
tanto ragionevole fondato, che sarebbe da pensare mol-
tissimo ed a maturarne a lungo tutte le possibili con-
seguenze prima di risolversi a porre perfino in comu-
nicazione, mediante una strada trasversale ferrata, la
città di Mantova con la strada principale a rotaie del
nord, perché sebbene da una parte sia chiaro che resa
Mantova l'emporio del commercio e della navigazione
ferrarese, bolognese ed estense, trovar dovrebbe nel-
l'interesse medesimo dell'intrapresa un facile sbocco sulla
strada principale medesima e quindi verso le provincie
settentrionali del regno, niente difficile potrebbe riu-
scire dall'altra che una più regolare e meglio diretta
comunicazione per acqua con barche ordinarie venisse
trovata vantaggiosa di stabilire da Venezia pel Po e pel
Mincio sino a Mantova stessa, da dove poscia il tra-
sporto delle merci proseguirebbe fino a Milano sulla
strada del nord suddetta, ma dimezzando, come ben
si vede, l'utile dell'impresa della strada da Venezia a
Milano, giacché priverebbela di tutto il lucro corrispon-
dente pel tratto da Venezia fin oltre a Verona e viceversa,
Si aggiunga che anche la costruzione e la conser-
vazione del piano stradale lungo la linea inferiore do-
vrebbe ragionevolmente riuscire molto più costosa del-
l'altra. Sia pur vero che i terreni da occuparsi costassero
meno; ma il rilevato della strada dovrebbe essere più
alto onde portarla al di sopra delle maggiori inonda-
zioni; e questa circostanza, oltre alle spese maggiori
di costruzione che occorrerebbero per dare al piano
stradale quella stabilità ch'è la prima condizione di una
36 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
buona strada a rotaie di ferro, farebbe poi che il piano
stesso, per quanta diligenza si fosse posta all’atto di
costruirlo, andasse soggetto ad inevitabili depressioni
da rendere necessarie, almeno ne’ primi anni, riparazioni
tali da interrompere non di rado perfino il passaggio.
E riguardo poi al minor dispendio che incontre-
rebbesi nell‘acquisto de’ terreni occupabili colla sede
della strada, chi non vede che questo vantaggio sarebbe
solo apparente e verrebbe di gran lunga assorbito dal
minor prodotto della intrapresa? Se infatti è vero che i
terreni costano in generale tanto meno quanto sono più
lontani dalle grandi città, altrettanto certo si è che que-
sto addiviene solo perché anche più spogli di abitanti ne
sono i paesi dove i terreni trovansi posti. Ma fu già
detto, e lo si comproverà sempre più in seguito, che le
strade a rotaie vogliono percorrere paesi che sieno quan-
to più è possibile popolati, industriosi e ricchi, perché
è il frequente e facile movimento degli abitanti quello
che reca il massimo lucro. La obbiezione dunque del
maggior costo di terreni non è valutabile, perché con-
trasta a una cosa ch’è voluta dal maggior tornaconto,
perché tal maggior costo sarà certamente anche fonte
di maggior guadagno, e perché deve di necessità vo-
lere anche il mezzo che aspira alla cosa.
Inconvenienti molto minori, e rilevanti maggiori
vantaggi presenta invece la linea superiore al nord, di
cui resta a particolarmente trattare.
Quasi tutto quello intanto che può dirsi fu detto per
sconsigliare dalle altre due linee serve a giustificare la
prevalente convenienza di questa.
Ma l‘andamento di questa linea (ha osservato ta-
luno) non potrebbe riuscire giammai il meglio svilup-
pato a causa de’ diversi accidenti planimetrici che s’in-
contrano specialmente a Lonato, a Desenzano e Pe-
schiera, ove si rinserra la tortuosa valle, e perché la sua
pendenza sarebbe alquanto irregolare e ondulatoria.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 37

Sembra infatti che venga dall'oppositore ritenuto dover


essere una necessità assoluta quella di far sorpassare alla
strada i punti eminenti di Brescia, il piano di Logana
presso il lago di Garda, il clivio di Castelnovo presso
Peschiera, e l'altro di Caldiero; non senza però convenire
che la declività od acclività non risulterebbe mai ec-
cessiva, ed anzi asserendo (non si sa ben come, né con
qual fondamento) ch'essa non eccederebbe mai il 0,50
per 1000, toltone un breve tratto presso I'Oglio; per cui
ammessa pure la indeclinabilità di siffatto inconveniente,
non sarebbe egli poi di tal peso da far desistere dall'idea
di condurre la strada per la zona più alta, parecchie stra-
de e in Europa e in America costrutte essendosi, supe-
rando ostacoli di gran lunga maggiori, e dove la natura
del suolo non lasciava adito a varietà di progetti. È poi
noto che la medesima strada modello fra Liverpool e
Manchester, offre in qualche suo tratto una pendenza
non minore di 1 a 96.
Se non che all'idea di condurre la strada per la li-
nea settentrionale occorre tanto meno di rinunziare, in
quanto che vi è il modo facile di togliere il difetto
della pendenza sviluppando la strada in maniera da
renderla pressoché generalmente orizzontale, con poche
risvolte di grandissimo raggio, e senza aver punto bi-
sogno di sottostare al grande dispendio del perforamento
dei monti o del taglio delle alture, che altrimenti s'in-
contrerebbero fra Vicenza e Verona, e fra Verona e
Brescia.
Ma qui verrà apposto di nuovo che col dare tanto
sviluppo alla strada sino a farle evitare quasi tutte le
alture, si accrescerà la spesa della sua costruzione, e
l'altra della manutenzione successiva e del servigio a
tal punto da equiparare ed anzi distruggere tutti quei
vantaggi economici che essa innegabilmente presenta.
Sul qual proposito è primieramente da avvertire che

i
38 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
il maggiore sviluppo della linea non è già cosi grande
come a prima giunta taluno potrebbe crederlo.
La linea alta così sviluppata sarà lunga circa 300
chilometri, quando la più meridionale non sarebbe chi-
lometri 260 circa, sicché la differenza si riduce a soli
40 chilometri.
In oltre è da ritenere che tale svantaggio riuscirà in
pratica ben compensato dal minor costo di costruzione
e di manutenzione.
Si è già avvertito, e non occorre di entrar quindi in
nuovi particolari, che la strada inferiore, attese le cir-
costanze topografiche di quella parte del territorio bassa,
acquitrinosa, e non di rado valliva, riuscirebbe a prin-
cipio ed in progresso molto più costosa dell’altra, scor-
rente sempre (meno forse un breve tratto) a traverso di
terreni alti e di fondo solidissimo, oltreché in vicinanza
da cave di materiali eccellenti. Quanto poi alle opere
idrauliche, non vi debbono essere differenze di molto ri-
lievo, imperciocché se lungo la strada superiore (oltre ai
passaggi sui fiumi che sono comuni ad entrambe le linee)
vi sono più torrentelli e corsi vivi d’acqua da attraversa-
re, lungo dell’altra s’incontrano assai più fossi e canali
di scolo.
Intatta o pressocché intatta rimane dunque la som-
ma dei vantaggi che i maggiori rapporti sociali, indu-
striali e commerciali assicurano a questa strada.
Padova, Vicenza, Verona e Brescia sono, dopo Ve-
nezia e Milano, le città principali del Regno; floride ab-
bastanza per ricchezza e per commercio, abbondano
anche di monumenti e di opere in genere d’arti belle
celebratissime, ivi o per causa d’affari o di ogni manie-
ra di transazioni e d‘interessi, od anche solo per passa-
- tempo e per desiderio d’istruzione v’ha in tutto l’anno
un passaggio continuo di forestieri, oltre ad un concorso
perenne e indispensabile di nazionali di tutte le classi,
tanto della stessa provincia che delle altre provincie,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 39

più o meno ad essa vicine; concorso sempre assai grande


perché promosso ed alimentato da promiscuità d’inte-
ressi e di traffici, da frequenza di amicizie, da legami
di parentele, e che pur nulla osante in determinate epo-
che viene ancor più accresciuto per motivo delle grandi
fiere di Bergamo, di Brescia e di Verona,. e degli spet-
tacoli od altro, a cui non solo i grandi signori e primarii
negozianti ma moltissimi pur anco de’ mediocri possi-
denti e dei fabbricatori non mai tralasciano d’intervenire.
In particolare, poi, Brescia popolosa, agiata e com-
merciante, è il recapito di pressocché tutte le industrie
e de’ molti ricchi prodotti della Valcamonica, della
Valtrompia e delle tante altre valli che al settentrione
la accerchiano; nel mode stesso che Treviglio e Chiari,
prossimamente anche ai quali deve di necessità passare
la strada, diventeranno naturalmente il deposito gene-
rale dell’industria e de’ prodotti del Bergamasco; Ve-
rona, oltreché essere, come si disse, la residenza del
Supremo Senato di Giustizia e del Comando - gene-
rale - militare lombardo-veneto, è per se stessa città
ragguardevolissima, e che per le sue estese relazioni
commerciali col Tirolo e colla Germania sarebbe errore
gravissimo di escludere da una linea di comunicazione
di così alta importanza; Vicenza è il punto dove fan posa
i viaggiatori che si trasferiscono ogni anno in numero di
più migliaia alle acque di Recoaro; Padova è egual-
mente il recapito de’ moltissimi che si recano ai Bagni
d‘Abano e della Battaglia, e per causa della fiorente
sua Università è in pari tempo il soggiorno di un numero
considerevole di scolari, i quali non tralascerebbero
certo di approfittare della rapidità propria della mac-
china locomotiva e della tenuità della spesa per fare da
un lato o dall’altro delle brevi frequenti gite di piacere.
In somma una popolazione pressoché doppia, una
massa maggiore di affari, maggiori ricchezze, maggiori
mezzi di istruzione, un maggior numero di relazioni
40 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
sociali stabiliscono a favore delle città e de' paesi messi
a portata della linea stradale più alta, tale una supe-
riorità ed una importanza su quante altre città e paesi
sono nella zona più bassa, che tempo perduto sarebbe
il voler perfino tentare di contrastargliele. Chi mai in-
fatti sotto veruno de' mentovati rapporti oserebbe met-
ter del pari Brescia con Cremona, Verona con Mantova,
Padova o Vicenza con Lodi?
E poiché non bisogna ritenere che le città saranno
esse sole che forniranno passeggeri alla strada, ma che
ve li fornirà certamente anche tutto il territorio all'in-
torno, gioverà qui far presente quanto più popolate
di quelle della parte bassa o inferiore sono le provincie
dell'alta, e quanti più e più popolati di gente agiata ne
sono i distretti che in esse si annoverano. E se, come
si è detto, tra Manchester e Liverpool, il prodotto del
trasporto delle merci fu inferiore di molto alla aspetta-
zione ed ai calcoli che si credevano i meglio fondati,
e vi risultò invece di molto superiore al preventivato
il prodotto del trasporto delle persone, per modo che
tra quelle due città, benché eminenti nelle relazioni com-
merciali, i due prodotti si eguagliarono, è da ritenersi
a buon diritto che lo stesso avverrà anche rapporto alla
linea superiore di cui si parla, potendo Venezia, Padova,
Vicenza, Verona, Brescia e Milano, nelle loro relazioni
commerciali, essere inferiori bensì alle città inglesi sun-
nominate, ma non mai esserlo nelle loro relazioni sociali;
e tanto meno poi quando sì metta in conto il numero
grande di forestieri che facendo il viaggio da Venezia a
Milano come parte essenziale di quello d'Italia non pre-
ferirebbero sicuramente di andare per una via, benché
di più rapido corso, nella quale si lascia da parte il
più bel paese, e le più belle città.
Con questo non intendesi però di stabilire che te-
nue sarà su questa linea il movimento commerciale, e
tenue per conseguenza anche il relativo prodotto. Ciò
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 41

appena potrebbe venir supposto da chi ignorasse tuttora


come il commercio interno presso tutte le nazioni, anche
le più mercantili supera sempre e di gran lunga nell’en-
tità sua il commercio fatto coll’estero. Le notizie stati-
stiche con diligenza raccolte non potranno anche nel
caso concreto che convalidarlo; e frattanto quasi a ca-
parra vuolsi far qui una particolare avvertenza sopra un
di que’ generi che certamente verranno tradotti come
tanti altri per la strada a rotaie di ferro, onde anche
per questo solo esempio si rilevi come il prodotto del
trasporto celere delle merci incoraggerà non solamente
il consumo e per conseguenza la produzione, ma riuscirà
pure nel caso nostro di un risultato tutt’altro che lieve.
S’intende parlare del trasporto del pesce.
Fatta la strada di ferro centrale ossia la alta, che dif-
fonderà questa mercanzia nelle città e ne’ territori più
popolosi e più ricchi dall’una e dall’altra parte, non può
cader dubbio sulla quantità immensa di pesce che vi
verrà trasportata, avuto riguardo all’abbondanza di quel-
lo che può fornire Venezia per la pesca ricchissima
dell’Adriatico e per le valli da cui è circondata le quali
valli potranno darne assai più ove il consumo si accresca.
Si supponga infatti che anche solo una terza parte della
popolazione del Regno (che in totale è di circa 4.450.000
abitanti) possa godere del vantaggio di mangiar pesce
fresco di mare, o siano abitanti 1.483.000 (numero che
è molto al di sotto della somma delle popolazioni delle
provincie percorse od avvicinate dalla Strada), e si limiti
il consumo individuale medio di questi abitanti 1.483.000
a sole quattro lire austriache l’anno’. Si avranno
5.932.000 lire austriache di valore di pesce di mare che
avrà viaggiato sulla Strada ferrata. Supposto poi in oltre

Notisi che i giorni ne’ quali dalla Chiesa è vietato


di cibarsi di grasso non sono meno di centoventi per anno.
42 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
che questo sia il valore di 11.864.000 libbre venete di
pesce, e supposto che il prezzo del trasporto sia media-
tamente di tre centesimi per libbra, tenue al certo se si
pensi alla rapidità del viaggio, la Società proprietaria
della strada ricaverà per questo solo genere 355.920 lire
austriache d'annuo prodotto Qualunque altro poi fosse
il calcolo che istituire si volesse, è indubitato che il pro-
dotto, seguitando la strada bassa, non arriverebbe nep-
pure alla metà, molto più che ivi è abbondanza maggio-
re di pesce d'acqua dolce.
Un altro calcolo non dissimile, e pure assai vantag-
gioso, potrebbe farsi pel burro fresco che abbonda in
Lombardia, e che nelle provincie di Verona, Vicenza,
Padova e Venezia scarseggia in guisa che molto se ne
trasporta da di là anche adesso, a malgrado della len-
tezza e del maggior costo del viaggio.
Un terzo calcolo potrebbe aggiungersi pel trasporto
importantissimo, lucroso e che non ammette remora
delle gallette, onde, approfittare delle migliori tratture
di Lombardia; e così pure pel trasporto delle sete, che
in grandissima parte, cominciando dal Friuli e prose-
guendo fino a Brescia, fanno scala e vengono raccolte
a Milano, per di quivi passare a Lione ed a Londra;
trasporti e gli uni e gli altri di un risultato vistosissimo

1A Parigi, p: e., sopra una popolazione di 774.000 abi-


tanti, che non e certo da porsi fra quelle che mangiano
molto pesce, e che non è neppure molto portata di aver-
ne, dovendolo trarre dalla Manica, si è consumato nel
1835 per 5.859.658 franchi di pesce di mare (oltre al
molto di acqua dolce) che fanno franchi 7,22, eguali ad
austriache lire 8,30 per testa ragguagliatamente, ossia
oltre la metà di più di quanto si è supposto poter ascen-
dere il consumo delle provincie percorse dalla strada, ap-
punto perché si volle aver riguardo trattarsi in parte di
popolazione che vive in campagna.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 43

e sicuro per la Società proprietaria della strada, ma che


andrebbe nella massima parte miseramente perduto
qualora la strada medesima seguire dovesse l'andamen-
to inferiore.
Né si dimentichi di riflettere come per le tante fa-
vorevoli circostanze già sopravvertite, che a rendere vi-
ve, continue, infinite, strettissime le relazioni sociali e
industriali fra le città della linea superiore concorrono
molto più che tra quelle della linea inferiore, potreb-
besi cominciare a trarre un profitto dai singoli tronchi
della strada appena costrutti, senza attendere il com-
pletamento della strada intiera per dar principio al ser-
vigio; soprattutto se nella sua costruzione verrà proce-
duto con ardore pari o prossimo a quello che nelle parec-
chie intraprese di questo genere dimostrarono gli Ame-
ricani e i Belgi.
Ma prima di chiudere questa memoria non si vuol
omettere di ricordare eziendio come il tracciamento
della strada a rotaie lungo la zona più alta soddisfar de-
ve assai meglio dell'altra meridionale alle viste del Go-
verno, non solo pe' rapporti sociali, industriali e com-
merciali, ma anche e particolarmente pe' riguardi
strategici. Del che non sarà punto sorpreso chi consideri
come assunta per linea principalissima delle operazioni
militari quella che dal Tirolo scende a Verona, fu que-
sta città convertita, in una piazza di primo rango, ed
è divenuta per conseguenza il centro delle operazioni
militari in Italia. Laonde facile è di vedere quanto gran-
de vantaggio così per l'offensiva che per la difensiva
ne verrebbe dal fare che i due rami di strada, una pro-
cedente da Milano e l'altra da Venezia, facessero cen-
tro a Verona e procurassero così il modo di raccogliere
o di diffondere da questo punto con la maggiore rapi-
dità possibile corpi d'armata, artiglierie, ecc.
Per tutte le quali cose sembra quindi potersi con
miglior fondamento concludere e ritenere che la linea
44 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

superiore radente le città di Padova, Vicenza, Verona e


Brescia presentar deve meglio di qualunque altra quel
complesso di vantaggi che si è detto a’ principio, vale a
dire il maggior lucro netto possibile della intrapresa
combinato co’ riguardi della massima pubblica utilità.

Come appendice alle cose sopra discorse per dimo-


strare la superiorità in ogni rapporto della linea strada-
le radente le città di Padova, Vicenza, Verona, e Bre-
scia al confronto della inferiore, ed anzi di qualunque
altra, per esaurire completamente l’argomento proposto-
ci, rimangono ora da aggiungere alcune brevi conside-
razioni generali sulla convenienza di fare che un inge-
gnere solo e nazionale abbia la direzione suprema della
grand’opera.
Se per decidere del generale andamento della stra-
da, cioè della scelta fra la linea alta e la bassa, si ren-
dessero indispensabili de’ preliminari rilievi e l’opera pre-
ventiva dell’ingegnere, la necessità di affidarsi ad un
solo sarebbe evidentissima, perché il giudizio dovreb-
be dipendere da un confronto fra più piani, che se non
fossero basati su’ principii assolutamente identici, lun-
gi dal dare un buon criterio indurrebbero in errore. Per
questo confronto meglio sarebbe commettere gli stessi
errori in ambedue i piani, di quello che fare un piano
benissimo e l’altro difettoso; giacché mutando principii
si può facilmente fare aparire come la più conveniente
di tutte, quella linea, che invece lo sia il meno.
Ma ammesso pure che le Commissioni fondatrici,
sopra dati cardinali e inconcussi, si trovino in grado di
decidere sull’andamento generale della strada, e scelga-
no, come appunto si ritiene per le cose dette di sopra,
che debba essere quello che rasenta le città di Padova,
Vicenza, Verona e Brescia, non è per questo che non vi
siano dei tratti in cui non abbia ad occorrere moIto stu-
dio per scegliere tra parecchi andamenti che possono
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 45

essere tutti eseguibili quello che riuscirà il più economi-


co nel senso vero della parola.
Ora egli sembra che fra questi tratti, in cui la scel-
ta del preciso tracciato può essere più contingente, uno
appunto sia il terreno che costituisce il bacino del Min-
cio, e il confine de’ due territorii veneto e lombardo. Le
ineguaglianze di suolo sono ivi notabili, non certo in
guisa da divenire insuperabili, anzi nemmeno da offri-
re grandi difficoltà per la strada di ferro, ma certo ab-
bastanza per mettere molto dubbio sul punto dove con-
venga passare. Or l’opportunità di questo punto potreb-
be, nel supposto che si volessero destinati due ingegneri,
essere determinata in un modo per chi progettasse il
suo ramo di strada sulla sponda sinistra, e non avesse
pensato che alla buona riuscita di questo, ed in un modo
tutto diverso per chi si occupasse invece dell’altro ramo
di strada sulla sponda diritta. E potrebbe avvenire, anzi
è assai probabile che avvenisse, che il miglior punto di
passaggio della valle del Mincio, se fosse stato scelto da
chi avesse l’incarico di tutta la strada, non sarebbe sta-
to né quello scelto da chi lavorasse solo sulla destra
né quello scelto da chi solo lavorasse sulla sinistra.
E ciò che si dice della scelta del punto di passaggio
ripetasi a maggior ragione dell’altezza che potrebbe ve-
nire attribuita a questo passaggio. La condizione incas-
sata tra alte sponde ineguali del Mincio dà luogo a molta
latitudine fra i limiti di questa altezza, e quindi po-
trebbe accadere che da una parte si desiderasse di
tener il passaggio più alto per accomodarvi meglio la
discesa dall’una sponda, e dall’altra parte si desiderasse
di tenerlo più basso per profittare di una naturale di-
sposizione del suolo che offrisse la sponda opposta.
Potrebbe in conseguenza accadere facilmente che i
due ingegneri non giungessero a porsi d’accordo. Ed
allora l’imbarazzo sarebbe gravissimo, perché in un argo-
mento totalmente tecnico né le Commissioni riunite né
46 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
la stessa Società sarebbero idonei a decidere. Bisogne-
rebbe dunque rimettere il giudizio ad un terzo inge-
gnere di una riputazione, di una probità e di una co-
noscenza de' luoghi così ben stabilita, da non poter sog-
giacere ad eccezione veruna. Senonché potrebbe succe-
dere che nuove difficoltà, nuovi dispareri, la nomina di
tale ingegnere facesse insorgere, e che di difficoltà in
difficoltà passando, si lasciasse trascorrere un tempo
prezioso con assoluto discapito della intrapresa. Né il
ripiego da taluno suggerito di formare una commissione
consulente di tre ingegneri potrebbe avere miglior ri-
sultato, perché è egli mai probabile che le Commissioni
fondatrici si accordassero nella scelta di tre persone
quando non fossero riuscite a farlo per una sola? An-
che dal fin qui detto sorge quindi la necessità che le
Commissioni medesime si determinino a bella prima per
la scelta di un ingegnere solo.
Ma quando pure nulla avvenisse di tutto ciò, e che i
due ingegneri fossero arrivati a convenire in un dato
passaggio, non è a credersi per questo che si fosse con-
seguito il passaggio migliore. Probabilmente non si sa-
rebbe ottenuto che di accomodare nel miglior modo pos-
sibile le reciproche convenienze, facendo che da una
parte e dall'altra sia rinunziato a un passaggio più van-
taggioso, ed accettato quello che recherebbe meno di-
sappunto ai tracciati d'ambidue, ma che non sarebbe
tuttavolta l'ottimo e quello che corrisponderebbe a un
tracciato generale fatto da un solo ingegnere.
Queste difficoltà della scelta del comun punto di
passaggio non sono però le uniche. È troppo evidente
bisognar in oltre che i due progetti sieno basati sugli
stessi principii. Né vale il dire che questi principii si
potranno stabilire in precedenza, perché, per esempio,
non è possibile fissare un limite assoluto della pendenza,
e nel determinare il tracciato di alcuni tronchi potreb-
be trovarsi conveniente di adottare una tale che fosse
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 47

comune anche ad altre linee, ma potrebbesi trovarla in-


conveniente quando altrove non vi fosse stato bisogno
di ammetterlo. Or chi lavora da una parte come potrà
egli sapere se quegli che lavora dall’altra siasi o non
siasi indotto ad ammettere una tale pendenza; o quan-
do saprà che sarà ammessa, come assicurarsi che non
gli sorga il dubbio che lo abbia fatto senza necessità e
senza vantaggio? Incominceranno dunque discussioni
che per lo meno prolungheranno di troppo la defini-
zione dell’affare.
Se le due parti di strada percorrenti li due terri-
tori veneto e lombardo dovessero assolutamente essere
separate d‘interesse, appartenere a due società sepa-
rate, ed esser congiunte soltanto per la comune op-
portunità del continuato viaggio, ogni società atten-
dendo ai propri vantaggi non avrebbe molto a cu-
rarsi se (stabilita la tariffa unica) i difetti dell’altra par-
te la rendessero a questa men profittevole. Ma poiché
si tratta di una società sola, d’un interesse solo, e di
una sola strada, egli è evidente che un difetto corso,
p. e., fra Vicenza e l’Adige non sarebbe meno dannoso
di un egual difetto che vi fosse fra Brescia ed il Min-
cio, e che egualmente dannoso riuscirebbe pe’ Vene-
ziani come pe’ Milanesi.
Le misere gare municipali spesso inopportune e
senza soggetto, sempre poi nocevoli quando si tratta
del bene generale, diverrebbero tanto più la prova di
un’acciecata passione nel caso concreto, in quanto che
i vantaggi come i discapiti sono inseparabili, e colpi-
scono inevitabilmente o giovano la massa intera degli
interessati.
Ciò che riguarda poi la tutela degl’interessi priva-
ti deve lasciarsi ai particolari; attraverso i possedimenti
de’ quali correrà la strada, o al più alle provincie ch’es-
sa toccherà; mentre diversamente non saprebbe ve-
dersi perché non si volesse anche esigere che un inge-
48 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
gnere bresciano facesse il progetto per il tronco della
strada che attraversa quella provincia, e così si dica
delle altre.
Queste considerazioni sono ancora più concludenti
per la compilazione del primitivo progetto che per
quella del successivo piano di esecuzione de’ lavori;
imperciocché fissata definitivamente la linea e tutte
le sue pendenze riferite a capistabili irremovibili, sta-
biliti i passaggi di tutti i corsi di acqua, e i modi di
intersezione con tutte le strade, determinata insomma
ogni norma e concretato il progetto, si potrebbe, così
assolutamente ma non affatto vantaggiosamente volen-
do, dividere la compilazione del piano esecutivo in più
tronchi; conservata sempre per altro all’ingegnere com-
pilatore del progetto stesso quella direzione e sorve-
glianza suprema senza della quale non è sperabile
una compiuta riuscita.
Alla quale suprema direzione d’un’opera tanto gran-
diosa, ed alla compilazione del qual progetto, è inu-
tile poi d’avvertire quanto sarebbe in ogni rapporto per
riuscir disadatto un ingegnere oltremontano od oltre-
marino, come qualche giornale si avvisò di suggerire.
La mancanza di cognizioni tipiche; la assoluta neces-
sità in cui esso per conseguenza si troverebbe d’intra-
prendere e di premettere studi speciali e particolariz-
zati in tale proposito; il conseguente perditempo; la
inscienza delle pratiche seguite ne‘ nostri paesi per la
esecuzione de’ lavori stradali; forse la nessuna cogni-
zione della lingua (difetto che in argomento affatto tec-
nico, e dove il bisogno di usare esattamente e spedita-
mente de’ termini relativi parlando con gente anche
rozza ricorre ad ogni istante, riuscirebbe oltremodo
dannoso ed imbarazzante); tutto insomma servirebbe
ad inspirare per le operazioni di questo ingegnere un
grado minimo di fiducia, e tutto anzi concorrerebbe
a far ragionevolmente dubitare dell’esito.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 49

Ciò per altro non riguarderebbe ancora che l’inte-


resse.
Ma noi Italiani, non inferiori mai né per altezza
d‘ingegno, né per ardimentosi intraprendimenti di ogni
maniera, a nessuna delle altre nazioni, ed anzi assai
spesso superiori a tutte, noi non vorremmo certo ac-
consentire come con poco patrio sentimento non arros-
sì di consigliarcelo recentemente un giornale, di rice-
vere neppure in questo caso, anzi di mendicare a qua-
lunque condizione, come il giornale medesimo con no-
stra grande meraviglia soggiunge, direzione ed aiuto
dallo straniero. Se i Francesi in Francia, gl’Inglesi in
Inghilterra, i Belgi in Belgio, i Tedeschi in Germania
hanno atteso e sono riusciti nella costruzione delle stra-
de a rotaie dei rispettivi paesi senza punto limosinare
gli aiuti dagli estranei, perché vorremmo noi soli mo-
strare di essere in questa parte a tutti inferiori, e chie-
dere una assistenza che assolutamente non ci abbiso-
gna? Rammentiamoci invece che degl’ingegneri italia-
ni stanno allo stipendio degli esteri; e che tra noi non
manca chi resosi già chiaro per estesissime cognizioni
scientifiche e pratiche, e per avere anco studiato con
diligenza ed amore sui luoghi nel corso di più anni il
sistema di tutte le strade a rotaie di ferro costrutte fin
ora in Europa; e per essere infine conoscitore delle cir-
costanze locali e degli accidenti de’ terreni che la stra-
da dovrà percorrere, è in grado di poter corrispondere
con sicurezza e pienezza di successo alla confidenza
che in lui viene riposta, mantenendo anche in questa
grande occasione nella sua maggiore purezza il patrio
decoro e la gloria italiana.

4. . CATTANEO. Scritti politici. II.


50 CATTANEO - S C R I T T I POLITICI - II

14 Novembre 1837

Strada ferrata Lombardo-Veneta *


Le operazioni preliminari alla costruzione della
grande strada ferrata da Venezia a Milano vanno inol-
trandosi efficacemente.
Le sezioni della nuova Direzione stabilite col 21
agosto per Milano e Venezia si raccolsero entrambe in
sessione comune, il 18 ottobre, nell'ufficio della Di-
rezione in Milano. Fra le cose trattate vi fu anche l'in-
stituzione di un'apposita Agenzia in Vienna presso una
di quelle principali Case bancarie, e ciò a vantaggio e
comodo tanto di quegli azionisti quanto dell'intera So-
cietà, come in breve sì farà conoscere con apposito ma-
nifesto.
Le operazioni geodetiche si cominciarono al prin-
cipio del corr. novembre anche nelle Provincie Lom-
barde, essendo nelle Provincie Venete incominciate
fino dal 25 agosto. Sotto gli ordini dell'ingegnere in
capo Milani si trovano ripartiti sui varj punti della
prefissa linea gli ingegneri [si omettono i nomi] ai
quali fra poco si aggiungeranno altri ancora.
L'andamento della linea venne interamente perlu-
strato e il lavoro delle livellazioni da Venezia fino a
Padova è compiuto, mentre gli studj sono assai avan-
zati anche nel contorno di Vicenza. Alle squadre degli
ingegneri livellatori tien sempre dietro un ingegnere
estimatore incaricato di risarcire immantinente ogni

* Pubblicato anonimo nella Gazzetta privilegiata di


Milano del 14 novembre 1837, p. 1257; attribuito a C .
da Ambrosoli ( L a formazione di C. C., pp. 97 e 168). Ri-
pubblicato in Documenti nello stesso volume, pp. 137-138.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 51

minimo pregiudizio che dal movimento degli ingegne-


ri potesse mai prodursi nelle private proprietà.
Salva ogni ulteriore modificazione, sembra per ora
che a Milano la linea farebbe capo alla strada di cir-
convallazione tra la Porta Tosa e l'orientale in quel-
la parte della circonferenza della città che è di gran
lunga più vicina al Duomo, essendone distante circa
1900 braccia; mentre le estremità occidentale e setten-
trionale dei bastioni in alcuni punti ne son lontane
quasi il doppio. La nuova strada dovendo riunire que-
sta capitale alla maggioranza delle provincie, ai porti
di Venezia e Trieste, e all'interno dell'Impero, deve
chiamare intorno alla sua estremità il maggior movi-
mento commerciale, e quindi divenir naturalmente il
punto di mira delle nuove grandiose costruzioni che
si stanno meditando a comodo pubblico ed ad ono-
ranza del sovrano. Ciò darebbe spinta ad occupare con
fabbriche civili e a render salubre una parte assai co-
moda della città dove al presente varj pubblici stabili-
menti giacciono isolati in mezzo ad orti, prati e canali
di poco felice infiuenza. Così sarebbe facile provvedere
all'ampliazione dell'abitato e soddisfare ai riguardi del
pubblico ornato, senza guastare i più spaziosi passeggi.
La grande strada ferrata con le opportune e armo-
niche sue diramazioni farà partecipare Milano e le
vicine città a tutti i vantaggi di un porto marittimo
porgendo gran sussidio al commercio, alle arti, e alla
agricoltura. II campo che si apre al collocamento dei
capitali giacenti e dell'abilità personale è immenso,
vedendovi così per egual modo interessati i ricchi e i
non ricchi.
52 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Febbraio 1841
Di varj scritti intorno alla strada ferrata
da Milano a Venezia *
Primi studj dell'ingegnere Tomaso Meduna intorno ad
un progetto di ponte sulla Laguna di Venezia (Ne-
gli Annali di Statistica, dicembre 1836).
Strada ferrata da Venezia a Milano (Atti officiali della
società). Venezia, Gondoliere, 1837, con tre tavole.
Memoria, ec., in rapporto ai bisogni della città e pro-
vincia di Bergamo. Bergamo, Crescini, 1837.
Id. con alcune osservazioni degli Annali di Statistica.
Milano, Lampato, 1838.
Esame delle Osservazioni degli Annali di Statistica.
Bergamo, Crescini, 1838.
Primo rapporto annuale dell'ingegnere G. Milani. Mi-
lano, Bernardoni, 1838.
Progetto dell'ingegnere Bruschetti per la strada di fer-
ro da Milano a Bergamo (Biblioteca Italiana, tomo
89), 1838.
Statuti della società per la strada ferrata ec. Milano,
Bernardoni, 1838.
Nuovo esame della questione per congiungere la città
di Bergamo ec. Bergamo, Crescini, 1840.
Qual linea seguir debba da Brescia a Milano, ec. Me-
moria deli'ingegnere Milani. Milano, Bernardoni,
1840.
Dietro quali considerazioni ec. si debba determinare
il luogo ove cominciare i lavori ec. Memoria dell'in-
genere Milani. Venezia) Gondoliere, 1840.
Sopra la risoluzione degli Azionisti nel congresso di

* Pubblicato in POL., 1841, IV, pp. 40-106 ed in


estratto, Milano, 1841.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 53

luglio 1840: discorso di J. Castelli. Venezia, Santi-


ni, 1840.
Protocollo del primo congresso generale degli azionisti
in Venezia ec.; (col rendiconto dei direttori). Ve-
nezia, Gondoliere, 1840.
Progetto dell’ingegnere G. Milani. Venezia, Antonelli,
1840, con tavole.
Dell’importanza di bene scegliere le linee per le strade
ferrate in Lombardia. Memoria di Carlo De Kra-
mer. Milano, Pirola, 1840.
Cenni sulla questione della linea da Milano a Vene-
zia: di J. P. Milano, Lampato, 1841.
Le strade ferrate in Lombardia : cenni dell’ingegnere
C. Possenti. Milano, Monti, 1841.
Sul vantaggio che passi per Monza e Bergamo ec. Me-
moria dell’ingegnere G. Rossetti. Milano, Pirola,
1841.
Cenni sull’industria e sul coinmercio di Treviglio. Tre-
viglio, Messaggi, 1841.
Lettera dell’ingegner G. Milani sopra la Memoria in-
titolata Nuovo esame ec. Milano, Lampato, 1841.
Sulla scelta della linea per le strade di ferro in Lom-
bardia, ulteriori cenni ec. dell’ingegnere G. Bru-
schetti. Milano, Bernardoni, 1841.

È oramai ben inoltrato il sesto anno dachè si mos-


sero le prime pratiche per costruire una strada ferrata
da Venezia a Milano; ma, quando altre imprese, mes-
se in campo qualche anno più tardi, si vedono già
compiute, sembra che un sinistro incanto condanni
questa ad una fatale immobilità.
Eppure non le mancò la più felice aura di Borsa;
non le mancò il favore dei potenti; non le mancarono
fedeli e soliéciti consigli; e il paese nostro possede un
corpo d’ingegneri avvezzi a vincere fra le strette delle
Alpi le più intrattabili difficoltà, ed a condurre coi
54 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

tenui mezzi communali da monte a monte una folta


rete d'ottime strade. E, ciò che più vale, il terreno, sul
quale dovrebbe stendersi la nuova impresa, congiun-
ge all'attitudine naturale d'una vasta pianura una sin-
golare ubertà animata da un'antica industria, e una tal
densità di popolazione quale non si riscontra in altra
simile ampiezza di paese.
Se adunque non s'interpongono ostacoli fondamen-
tali, perché lasceremo noi che impedimenti estrani af-
fatto alla natura stessa dell'opera ne arrestino il cor-
so? Perché non ci faremo a investigare le illusioni e
gli errori, sotto il cui dominio le più rette intenzioni
rimasero infruttuose, e gli anni ci sfuggirono, senza
che sul terreno rimanga traccia del loro passaggio?
Quando si tratta d'un progetto che involge la fortuna
d'innumerevoli famiglie, e deve mutare in meglio le
condizioni di tutte le proprietà del regno, saranno dun-
que i consiglj più scarsi e più numerati che i milioni?
L'autorità stessa, concedendo di sottomettere ad esa-
me e critica nei publici fogli il procedere delle società
industriali, e togliendo a queste ogni altro schermo che
quello dell'irriprensibile condotta, sembra voler pro-
vidamente opporre la luce della discussione ai travia-
menti de' pregiudizj solitarj e degli interessi privati.
Fin da' suoi primordj gli studiosi prodigarono a
questa impresa più cure e più servigi che non quegli
stessi ai quali ella versava precoce ricolto di ricchezze.
Non devono dunque desistere dall'utile proposito, ora
appunto che le intervenute complicazioni provano più
manifestamente il pregio della previdenza e dei consi-
gli. Avendo con perseveranza seguito di passo in passo
l'impresa, e conoscendone i più intimi andamenti, e
avendone sempre fatto diligente annotazione, ebbi cam-
po di persuadermi che tutte le sue difficoltà derivano
da un errore di principio, assai facile a correggersi; tol-
to il quale, le forze naturali della cosa sono tali e tan-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 55

te, che non potrebbe non giungere ad esito pronto e


felice.
Alcune cose sull’aggio e sui banchieri.
Molti si mostrano contrarj a tutte queste imprese,
perché vi vedono dominare il gioco di Borsa. Ma in
qual altro modo migliaja di privati, dispersi in più
città, si potrebbero far concorrere quasi d’improvviso
coll’opinione, colla volontà e col denaro in opere che
richiedono enormi tesori? Ciò non è possibile, se non
per mezzo appunto di quella instituzione che chiamasi
la Borsa. Quando un progetto venga abbracciato da un
banchiere che sia conosciuto per viste sagaci, gli altri
accorrono alla sua chiamata; i men potenti e avveduti
seguono l’onda; l’ammasso delle azioni si dirama in un
numero sempre maggiore di trafficanti, mossi tutti dal-
la speranza di rivendere a più caro prezzo che non
avranno comprato. È lo stesso che avviene d’ogni altra
merce, la quale, comprata in monte nei porti maritti-
mi, si suddivide gradatamente sui minori mercati, e
passando da mano a mano, giunge in ogni luogo abi-
tato e in ogni trivio, a portata delle famiglie consuma-
trici. Intanto che le azioni industriali sono in mano dei
banchieri, sono merce in negozio; devono far viaggio,
e giungere finalmente in mano a quelli che vogliono
porre a frutto gli adunati risparmi, ben pochi essendo
i banchieri a cui convenga conservarle, come stabile
investimento d’una fortuna che dall’industria mercan-
tile già si volga al riposo.
Così divise tra più famiglie, e suddivise in più rate
a convenevoli distanze di tempo, le azioni assorbono,
come minute radici, il capitale che si viene lentamente
adunando dalla quotidiana economia nei più riposti re-
cessi del civile consorzio. L’operazione, che per tal mo-
do si compie all’ombra della fiducia mercantile, è così
mirabile che gli idioti stupefatti la chiamano la crea-
56 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

zione dei capitali, la magia del credito. Per essa da


piccole e oscure sorgenti scaturiscono enormi valori,
che, consolidati nelle utili imprese, costituiscono un
nuovo fondo produttivo. Quel paese è più ricco sul
quale si consolida in opere utili una maggior massa di
capitali; e quello è il più povero le cui lande giaciono
ancora nude, o solo vestite dei selvaggi doni della na-
tura.
Fin qui nulla v’è a ridire. Se chi compra le azioni
in monte, guadagna un aggio sulla rivendita, egli fa
ciò che farebbe l’incettatore di qualsiasi altra merce.
È questo uno dei più necessarj servigi commerciali; è
quasi una grandiosa senserìa, senza cui non potrebbe-
ro esservi le opere, perché non potrebbe confluirvi dal-
le sparse sue sedi il necessario capitale.
Il male comincia quando tra le migliaja d‘imprese,
che possono tornare opportune ai luoghi e fruttifere
agli imprenditori, la speculazione bancaria, per leg-
gerezza, o per poca cognizione, o per poca lealtà, tra-
sceglie ed esalta opere sterili o illusorie, che non da-
rebbero frutto al capitale, oppure non potrebbero per
modo alcuno ridursi a compimento. Allora l’aggio, car-
pito dal rivenditore, è veramente un furto alla credula
cittadinanza, mentre il capital commune si sciupa e si
disvìa dalle cose migliori, e ad una fiducia animatrice
succede tosto una mortifera diffidenza. Tali erano le
famose azioni del Mississipi nello scorso secolo; e tali,
non ha molt’anni, furono le azioni di tante miniere
americane, e di molte strade ferrate, che si dovevano
condurre attraverso a regioni inculte, a servigio di po-
polazioni non ancora nate. La stessa inscienza e la
stessa slealtà può mostrarsi nell’apprezzare oltre misu-
ra il frutto, che si attende dall‘opera proposta, per ac-
crescere l’aggio del rivenditore a danno finale di chi
compra con soverchie speranze. Finalmente anche
quando un’impresa è per sé buona, e la sua probabile
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 57

utilità venne debitamente apprezzata, ella può sortir


tristo fine per imperizia delle mani deputate a gover-
narla. E allora non solo soffre danno il privato, che
destinò a quell’investimento il suo denaro, ma il ban-
chiere stesso, qualora non giungendo in tempo a sca-
ricare sugli altri la sua provista, venga costretto ad an-
ticipare grossi versamenti a tenue frutto.
Questo pericolo è assai frequente; e lo è tanto più
in quanto i banchieri, diffidando di chi non è della pro-
fessione loro, amano riservarsi il diritto di governare
essi medesimi l’esecuzione dell’opera. Il che vuol dire
ch’essa vien diretta da uomini i quali non hanno il tem-
po d’attendervi, e sopratutto non ne hanno special co-
gnizione, né si curano d’acquistarla. Perloché tutto ri-
cade in fin del conto in mani subalterne e irrisponsa-
bili, che lavorano all’ombra di nomi accreditati.
Avviene inoltre che i rivenditori, i quali si assumo-
no la rappresentanza, hanno interessi proprj assai di-
versi da quelli degli effettivi compratori, anzi talora
contrarj. Infatti il frutto finale dell’opera ad essi, come
a banchieri, non può seriamente importare; importa
bensì che l’opinione d’un frutto probabile duri tanto
che possano compiere la loro rivendita. E allora può
anche avvenire che un discredito momentaneo della
cosa non riesca loro del tutto importuno; poiché por-
ge il destro di far nuove compere, e prepararsi nella ri-
petuta alternativa a nuova rivendita. In commercio
questo è ben lecito; anzi tutto il commercio suppone
la compera a basso prezzo per vender caro. Ma la ma-
no stessa che attende a questo, non è la più adatta a
governare con moto eguale e fermo l’esecuzione del-
l’opera; perché cerca più le apparenze attuali che le
lontane conseguenze; perché vuoi distribuire i frutti
prima del ricolto; e per ristringere oltre misura le spe-
se capitali, tende a precipitar l’opera nell’abisso delle
manutenzioni. Finché l’Europa non avrà ben separato
58 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
i due incompatibili interessi dell’amministratore e del
trafficante, essa profonderà molti capitali senza rag-
giungere proporzionato vantaggio. Ma ognuno vede
che questo errore, comunque grave e quasi universa-
le, non è ragione che giustifichi le aspre invettive di
molti contro l’aggio di Borsa e le società per azioni.
Esso costituisce però il titolo per cui le autorità ci-
vili, quand’anche si tratti di libero commercio e di
persone maggiorenni, si riservano sempre sulle società
anonime un diritto di tutelare intervento, e quindi, per
ben conoscere l’intimo stato delle cose, ingiungono loro
le publiche adunanze e la libera discussione.
Le poche cose qui premesse guideranno il buon
giudicio del lettore, senza che sia necessario interrom-
pere la serie dei fatti, che verrò estraendo succinta-
mente; e solo quanto basta, per mettere in chiaro col-
l’esperienza del passato le probabilità e le convenien-
ze del futuro.

Prime proposte e primi studi sulla linea,


sul ponte della laguna, e sui conti preventivi.

In settembre del 1835, Sebastiano Wagner, che po-


co di poi morì, e Francesco Varè chiesero alla Came-
ra di Commercio di Venezia la facoltà di fare un’ac-
comandita per costruire una strada ferrata da Venezia
a Milano. Una commissione di cinque, deputata ad
esaminar la cosa, giudicò convenisse coltivare un tal
pensiero, anzi lo adottò in proprio, inducendo colla
promessa d’azioni gratuite il progettatore a desistere
dallo sproporzionato assunto. I cinque lasciarono dun-
que l’officio di consulta, e uniti ad altri cinque si sot-
toscrissero ad una somma complessiva di 30 mila lire
per le prime spese d’un progetto; e si adoperarono per-
ché altra pari somma venisse sottoscritta a Milano; do-
ve concorsi a tal uopo 24 soscrittori nominarono fra
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 59

loro una commissione di dieci. Così si ebbero tra Ve-


nezia e Milano 34 socj fondatori, e due commissioni,
le quali agli ultimi d'aprile del seguente anno 1836
fecero un accordo a Verona. Ma essendo allora diffuso
in varie delle nostre provincie il colera, le menti era-
no più invogliate d'alzar muri di separazione, che d'an-
darsi a ritrovare in massa colle strade ferrate; delle
quali gli uomini saputi e sentenziosi parlavano allora
come d'una meraviglia, posta troppo al disopra dei no-
stri meriti e dei nostri destini.
Pochi giorni prima di quell'accordo, la commissio-
ne véneta aveva inoltrato una dimanda di privilegio,
a corredo della quale aveva fatto tracciare una linea,
« percorrendo da Venezia a Mestre, Ponte di Brenta,
Orgiano, Nogarole, Orzinovì, sopra Pandino sino a
Milano, con quelle strade laterali per Padova, Vicenza,
Verona, Mantova, Cremona, Brescia e Bergamo, tro-
vate necessarie ed utili per il Zoro commercio » (Ib.
pag. 29). In alcune dilucidazioni, presentate il 30
giugno, si soggiunse alle dette città laterali ed occor-
rendo per Treviso, Bassano, Monza e Pavìa »; e si
dimandò la costruzione d'un ponte sulla Laguna da
S. Giuliano a Venezia, con proposito però di provedere
« con altri mezzi di trasporto sull'aqua, quando ul-
teriori studj facessero presumere una spesa maggiore
di quattro milioni » (Ib.pag. 32). Fin qui i fondatori
apparivano imbevuti della persuasione, che la strada,
quasi immenso ponte d'un arco solo, dovesse appog-
giarsi sopratutto alle communicazioni fra i due pun-
ti estremi, Milano e Venezia, e che i bracci late-
rali verso le frapposte città fossero piuttosto conces-
sioni al loro particolare commercio, che fondamento
massimo di tutta l'impresa.
AI progetto non si pose mano; ma si publicò un
tracciamento della linea prescelta: e gli Annuli di Sta-
tistica lo riprodussero in maggio 1836. Erano a un di-
60 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

presso quattro rettilinei, da Venezia a Mestre, poi al


Bisato tra i Bérici e gli Eugànei, poi alla Volta, poi a
Milano, con quattro bracci perpendicolari verso Vicen-
za, Verona, Mantova, Brescia. La cosa ripugnava a
tutti i principj che l'esperienza aveva finallora posto in
luce sulle strade già fatte. Cadutone discorso in mia
casa con uno dei soscrittori, gli mostrai con un compas-
so, che, congiungendo direttamente le sei città più
accessibili, e sopprimendo le rispettive laterali, avreb-
bero risparmiato 30 miglia di costruzioni, e diminuito
di 18 miglia la corsa tra Vicenza e Verona, e di 22
quella tra Vicenza e Brescia, e in simil modo le corse
fra le altre città. Poste quelle cifre in iscritto, mi venni
inoltrando da cosa a cosa, senza curarmi di giungere
piuttosto ad uno che ad altro risultamento; e in pochi
giorni publicai negli Annali stessi (giugno 1836) le
mie Ricerche sul progetto d'una strada ferrata da Mi-
lano a Venezia.
Dimostrai che la questione d'arte e di livello era
affatto sottomessa a quella di ricavo; che si doveva
contar più sul trasporto delle persone che su quello
delle merci; più sui passaggeri indigeni che sui fore-
stieri; più sui passeggieri di breve distanza che sui
viaggiatori di lunga corsa; più sulle merci d'interno
giro che sul commercio estero; e in questo, più sulle
importazioni che sulle esportazioni, e men di tutto
sui transiti; i quali parevano allora la sommità di tut-
to, per quell'idea fissa di far rivivere gli emporj pri-
vilegiati del medio evo, e non abbandonarsi alla cor-
rente delle cose moderne. E dimostrando l'impossibi-
lità di smovere i centri commerciali già stabiliti, e la
necessità di comprendere nell'immediata linea quel
maggior numero di città che convenevolmente si po-
tesse, conchiudeva dicendo, che purtroppo il progetto
delle Commissioni fondatrici « era il meno opportuno
di tutti; eccellente però come punto da cui prendere
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 61

le mosse, perché così il peggior partito essendo già


proposto, tutti quelli che si potevano proporre sareb-
bero migliori ».
Venendo poi a divisare una nuova linea, mostrai
la convenienza di preferire le città più discoste dal
corso del Po, per congiungere le sconnesse navigazioni
del paese più alto, toccare i territorj più industri e più
bisognosi di grandi communicazioni, e infilare il cen-
tro del regno e quella zona sulla quale sono gli sboc-
chi delle valli e dei laghi, e i depositi dei produtti del-
la pianura, e quindi il massimo scontro naturale d'uo-
mini e di merci. Dissi che qualora, secondo l'esperien-
za a quel tempo già fatta, il numero annuo dei pas-
saggeri sui varj tronchi della linea corrispondesse alla
popolazione delle città che doveva connettere, cioè Mi-
lano, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, e Venezia, se
ne potevano sperare 430 mila; i quali, con un introito
netto di 10 lire ciascuno, avrebbero dato milioni 4½)
già per sé sufficienti, senza le merci, all'affitto del ne-
cessario capitale. Venendo a più precise condizioni, ac-
cennai la bontà generale dei livelli in ragione alle di-
stanze, la necessità d'evitare le valli paludose e spo-
polate tra i Bérici e gli Eugànei, nonché le Valli Ve-
ronesi, i Mosi del Cremasco, e tutti i fondi malfermi e
poveri di materiale; e indicai varj punti intermedj, sot-
to Cassano, fra Treviglio e Caravaggio, presso Romano,
e presso Chiari (ove collegarsi per la Fusa al Lago
d’Iséo) riconoscendo però l'impossibilità di risolvere
senza studj il passaggio presso Lonato, e nei colli di
Castelnuovo e di Caldiero. Valutai il peso da darsi
alle guide a 37 chilogrammi per metro, il che
ne avrebbe richiesto 41 mila tonnellate; notai il prezzo
del ferro indigeno quasi doppio dell'inglese; notai che
ogni centesimo di più che si pagasse al chilogrammo
avrebbe fatto un aumento di quattrocentomila franchi,
ingrossando il capitale della strada e le tariffe dei tra-
62 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
sporti a carico generale dello Stato, e fatto prodigare
una corrispondente massa di combustibile aggravan-
done il prezzo e la scarsità, con disagio alla vita e im-
pedimento a molte arti, e senza proporzionato vantag-
gio dei nostri fonditori, i quali non guadagnano quella
differenza di prezzo, ma la sciupano per imperizia o
per avverse circostanze. Non importa richiamar le al-
tre cose che allora dissi, e che sono estranie al presente
proposito.
Intervenne allora nella Bìblioteca Italiana il proget-
to del sig. ingegnere Bruschetti per la strada di Como,
da costruirsi con due milioni, e servirsi con due ma-
chine. Vi feci alcune osservazioni, e nel replicare ad
una specie di risposta fattami dal sig. Bruschetti, vi
soggiunsi l'esposizione d'un primo studio pel Ponte sul-
la laguna di Venezia, inviatomi del sig. Tomaso Me-
duna (Annali di Statistica, dicembre 1836). L'esimio
ingegnere vi svolgeva tutta la conformazione della la-
guna, i canali e ghebbì che ne solcano il fondo, i pa-
ludi e le barene che vi si frappongono, la diramazione
della maréa, i parti-acqua che ne dividono i grandi ba-
cini, il caranto il quale forma quasi continuo sostegno,
e le varie profondità alle quali egli lo aveva esplorato
colle trivellazioni. Paragonava cinque linee di ponte,
che potevano tracciarsi verso varie parti di Venezia,
sia partendo da Mestre, sia da Fusina; e dimostrava che
la più grandiosa era bensì quella da Fusina a S. Giorgio
Maggiore; ma la più breve, facile e opportuna era
quella che da Mestre, radendo il forte di Malghera, e
scorrendo a mezzodì di S. Giuliano e S. Secondo, var-
cava la laguna, attraversando il solo canale Colombola,
e del resto scorrendo sempre in un paludo, dove tanto
nel flusso quanto nel riflusso il moto delle acque rima-
ne eliso. Notò che questa linea congiunge Venezia con
Mestre, ch'è quasi il suo porto di terra, mentre i seimi-
la abitanti di quel borgo vanno e vengono continua-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 63

mente alla città per varj servigi, e fanno quasi vita


anfibia fra la terra ferma e la laguna.
Venendo alla costruzione, ne coordinò l'altezza a
quella degli argini che cingono la laguna, e la stabilì
a 2m,50 sopra il livello della commune alta maréa;
diede al ponte coi parapetti la larghezza dotto metri,
facendolo ad una sola rotaja, e per minore dispendio,
e per mantenerlo equilibrato sotto il peso della locomo-
tiva; per godere lo spazio sui lati fece due margini a
modo di passeggio, riparati da continua sbarra. Mo-
strò disconvenire l'uso del legname; e notò l'illusione
ottica, per la quale la sterminata lunghezza del ponte
gli avrebbe dato l'apparenza d'una somma esilità, fa-
cendo convergere i lati quasi ad un punto, con mole-
stia dei passaggieri, ai quali dovea sembrar quasi di
correre a furia a precipitarsi nel mare. Imaginò dun-
que di suddividere tutta la tratta del ponte, frapponen-
dovi a regolari intervalli cinque isolette, formate col-
la materia degli scavi, le quali colla sporgenza loro, a
guisa di piazze, interrompessero l'uniformità della li-
nea. Quella di mezzo, più spaziosa, avesse un edificio
per ricovero e riposo dei passaggieri e dei guardiani,
e per convegno sollazzevole ai cittadini; durante la co-
struzione, porgerebbero tutte spazio agli operai e luogo
alle officine. Accennò vane cose intorno alla dimen-
sione delle pile, alla loro forma arrotondata, ai rive-
stimenti di pietra, ai castelli di legno ed alle altre ma-
chine per il lavoro delle fondamenta.
Vi aggiunse una carta della laguna, con confronto
delle cinque linee, la quale per sopravenute ragioni
non si publicò; ma rimase presso di me collo scritto
originale fattomi tenere dal Sig. Meduna in autunno
del 1836. Chi esaminerà il progetto publicato quattro
anni dipoi dal Sig. Milani, vi rivedrà, senza citazione,
tutte le cose qui accennate.
Nei primi discorsi intorno a questa strada ferrata
64 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
si era parlato d'una spesa di 18 milioni; ma nel frattem-
po l'ingegnere Emilio Campilanzi aveva instituito ri-
cerche e scandagli, che portavano già le spese a 40,
poi a 42, quindi a 43 milioni, supposta però la libera
introduzione del ferro inglese. Ma ristringeva ancora
l'introito lordo a milioni 5%, con 400 passaggieri in
tutto, e 200 tonnellate di merci al giorno; poiché,
quantunque omai si fosse adottata la linea delle sei
città, rimaneva sempre la prevenzione che il ricavo
della strada dovesse dipendere quasi solo da Milano e
Venezia; e in fatti le machine s'intendevano ripartite in
modo che ne fossero sei a Venezia, sei a Milano, e
quattro sole di cambio e di riserva nei varj punti inter-
posti. I calcoli erano, come si vede, tutti in ristretto,
però con giudiziosa proporzione; ma parevano troppo
sottoposti all'idea forse di non atterrire coll'enormità
della spesa e coll'incredibilità dell'introito i soscrittori
e il publico, mal esperto ancora e incredulo di queste
cose.
Per tal modo, alla fine del 1836, le mie Ricerche
sulla linea, gli studj del sig. Meduna sul Ponte, e quelli
del sig. Campilanzi sul Conto preuentivo, avevano
omai portato le cose a maturità, senza alcun aggravio
dei felici speculatori, i quali di nulla sembravano più
solléciti che di salvare da soverchia offesa il palladio
della soscrizione sociale.

Atti dei fondatori.


Restava di dare a codesti studj l'appoggio d'una re-
golare livellazione, e di qualche preciso dato stati-
stico, massime sul riparto della popolazione. Essendo
la linea astratta di circa 250 chilometri (di mille metri),
e un buon ingegnere potendo livellare commodamente
3 chilometri al giorno, si può far conto che tre o quat-
tro ingegneri in un mese avrebbero potuto livellare

.. , ..
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 65

l'intera linea colla spesa di mille fiorini incirca; e si


dica pure duemila. E se si fossero volute esplorare
anche tre o quattro linee, massime in certi tronchi di
più scabrosa e dubbia deliberazione, ben si vede che
colla spesa d'un terzo del fondo sociale, si poteva sta-
bilire un lodevole progetto sommario, degno d'esame e
d'approvazione. A quei tempi erano cose nuove; gli
abusi non avevano svegliato la diffidenza; non v'erano
rivalità tardatrici; malintese amministrazioni non ave-
vano guaste in tutta Europa tant'altre imprese. In
quanto alla somma, io aveva già indicata l'opinione di
molti, che nel nostro paese ogni miglio di strada, com-
presi i ponti e le stazioni, potesse sperarsi ragguaglia-
to a 400 mila franchi, il che fa incirca 250 mila lire
nostre per chilometro. Laonde, involgendo con linee
laterali Mantova, Bergamo e Monza, e comprendendo
il ponte della laguna, si poteva annunziar francamente
una soscrizione di ottanta milioni, e ripartirle in pro-
porzione sulle cifre del prospetto Campilanzi. Perlo-
ché, se si guarda la cosa nel mero senso bancario, è
manifesto, che per pusillanime risparmio i soscrittori
gettarono l'occasione di ripartirsi fra loro tre o quat-
tro milioni d'aggio, e lasciarono aperto il varco alle
difficoltà che assorbirono poi inutilmente gli anni e il
danaro. Sui 40 milioni del primo preventivo, 23 ven-
nero suddivisi a Venezia fra un numero piuttosto gran-
de d'aspiranti; e soli 17 vennero riservati ai 24 soscrit-
tori di Milano.
Alla fine di febbraio 1837, essendosi ottenuta la
sola promessa del Privilegio Imperiale (poiché, come si
disse non si era presentato alcun progetto), cominciò to-
sto a levarsi l'aura di Borsa, e l'impresa ideale cominciò
a prender forma di cosa vera. Ma in luogo di secondare
il proposto modello della società per la strada ferrata
di Moravia, i soscrittori vollero conservare e perpetua-
re il dannoso riparto in due sezioni, il quale, richieden-
I

5. . CATTANEO.Scritti politici. II.


66 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
do l'impossibile, cioè il consenso continuo di due giu-
dizj e di due volontà, moltiplica senza fine gli indugi
e le spese. I1 che era inevitabile dal momento che l'am-
ministrazione doveva rimanere in mano propria di
banchieri, che hanno i loro affari agli estremi punti
della linea da costruirsi, e perciò non possono adunar-
si in consesso ogni giorno a trattare gli affari altrui.
Di poco stette che fin da principio non ne venisse
un grave dissesto, cioè la divisione dell'impresa fra due
corpi tecnici, con doppia spesa d'amministrazione e
scioglimento d'ogni unità. La commissione véneta, sen-
za prender concerto coll'altra, aveva offerto la direzio-
ne di tutta l'impresa all'ingegnere Milani; e il 21 feb-
brajo 1837 gli scriveva d'aver « definitivamente sta-
bilito >, pregandolo a sollecitare il suo arrivo in Italia.
Ma dopo tre settimane, gli dava l'annunzio che la so-
cietà fondatrice < era divisa nelle due sezioni di Ve-
nezia e di Milano; e il loro mandato contemplava i
rispettivi territorj »; e che la sezione di Milano aveva
per la sua parte già nominato un proprio ingegnere,
nello stesso tempo che aveva « approvato e aggradito »
la scelta del Sig. Milani per la parte véneta. L'ingegne-
re rispondeva di non voler accettare « un incarico di-
viso per territorj, e ristretto per lui al solo territorio
véneto »; poi mandava a Milano copia di tutto il car-
teggio da publicarsi; ed io fui richiesto di farlo inse-
rire negli Annali di Statistica. Mi parve dannoso con-
siglio, che avrebbe promosso la discordia, e alienata
l'opinione generale; e perciò ritenni il carteggio col-
l'acerba lettera che lo accompagnava; e lo conservo
tuttora. Come a persona che mostrava buon volere,
mi fu scritto da Venezia di « vedere qualcuno della
commissione di Milano, e d'influire colle mie riflessio-
ni » al fine dell'unità e della concordia; e chi venne
con particolare incarico, fu diretto a me con lettere,
perché « non gli risparmiassi i miei consigli, accertan-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 67

domi che ne avrei merito ». E invero, sì cogli officj pri-


vati, sì col mezzo dei giornali, non lasciai d'adoperarmi
perché l'impresa in quei principj non riuscisse a pe-
ricoloso dissidio. Le cose infatti si composero in una
conferenza che le commissioni tennero in principio di
maggio 1837 a Venezia, dove adottarono definitiva-
mente la linea delle sei città < poiché, come allora
si scrisse, oramai troppo palmarmente si era dichiarato
in favore di questa il voto generale ».
E perché le azioni erano in breve salite all'aggio
dell'otto e del nove per cento, si prese animo ad au-
mentare la soscrizione dai 40 milioni ai 50; di modo-
ché cinque milioni dovessero ripartirsi a Milano, fuori
però del grembo della società fondatrice, e cinque do-
vessero toccare esclusivamente ai dieci socj fondatori
di Venezia.
A quel tempo molti inveirono fieramente contro la
soscrizione che si aperse in Milano per i sopradetti
cinque milioni; e veramente può dirsi ch'essa, con du-
revole danno commune, alienò dalle imprese industria-
li il publico favore. Invece di chiamare le buone case
mercantili, che lo avevano dimandato, e molti privati,
che avrebbero reso popolare l'impresa e contribuito
lumi e zelo e spirito di condotta, si accettò senza di-
stinzione, ogni sorta d'ignote persone. Gl'interessati,
che, ammessi a prenotare 50 azioni, ne ricevettero
per tutto assegno 1½, avevano un pronto rimedio; pote-
vano esigere che si verificassero le firme, per vedere
se alcuno sotto uno stesso nome, o sotto nome finto
avesse prenotato oltre al prefisso limite di cinquanta
azioni. Egli è certo che ad una verificazione solenne
per serie e per numeri non si sarebbe ritrovata nem-
meno la quinta parte dei soscrittori; molti dei quali,
avevano venduto il loro viglietto di dimanda, senza
curarsi di saper bene di che si trattasse, e prima che
l’assegno fosse fatto; né si sarebbero potuti in alcun
68 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
modo raccozzare. E così ciò che v’era d‘indecoroso e
di riprovevole, avrebbe avuto la sua natural repres-
sione. Valga, s’è possibile, per un’altra volta; poiché
il principio delle società industriali è un poderoso stru-
mento di publica utilità, che bisogna con ogni studio
peservare dall’abuso e dal discredito, nell’interesse
stesso dei banchieri, troppo corrivi a recidere la pianta
per impazienza d’afferrarne il frutto. I1 che renda scu-
sato ciò che nelle cose qui dette può esservi di spia-
cevole.
Rammento questi particolari, affinché l’esperienza
fatta una volta non torni affatto ignota e infruttuosa
nelle occasioni che presto o tardi si ripeteranno. Solo
in questo modo l’istoria può essere maestra del vivere.
Fondazlone dell‘officio tecnico.
Nell’istituire un corpo d’ingegneri, volevansi pren-
dere a modello gli officj publici di simil natura, dove
un’unità presiede ad una ben intesa e risponsabile plu-
ralità. Ma per quella impossibilità, che abbiam già no-
tata nei banchieri, d’esercitare in persona lontane e
complicate amministrazioni, e per la conseguente ne-
cessità di dare a qualcuno una cieca confidenza, la
commissione sanciva bensì negli statuti il principio
che l’ingegnere in capo non fosse più che un impiegato
( § 57), e potesse dai direttori venir rimosso (§ 60).
Ma nello stesso tempo entrava verso il medesimo «in
un controllo di locazione e conduzione d‘opera »; che
lo rendeva in faccia ai direttori una parte affatto indi-
pendente e irremovibile, e perciò superiore. E questo i
vincolo illegale doveva « essere obiigatorio fino a sei
mesi dopo che la strada da Venezia a Milano sarebbe
stata compiuta ed attivata, eccetto il solo caso che la
società per qualsia motivo ed in qualunque momento
si dichiarasse disciolta e cessasse dall’intrapresa ». Que-
ste nozze non si potevano dunque sciogliere se non
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 69

colla morte della società e dell’intrapresa, mentre nel-


lo stesso tempo le stesse persone si riservavano negli
statuti la facoltà di legare e slegare!
Verso la fine di giugno 1837, I’ing. Milani giun-
geva a Venezia e quindi a Milano, e poi rimaneva
nel suo ufficio tecnico a Verona, fino alla generale adu-
nanza degli azionisti che si tenne a Venezia il 21
agosto 1837. Il presidente nel suo rapporto, in pre-
senza dell’ingegnere, dichiarò agli azionisti : la linea
della strada percorrerà questi punti, Venezia, Padova,
Vicenza, Verona, Brescia e Milano (pag. 17) ». Quindi
sotto il titolo di Opinioni sulla linea da preferirsi, si
dava un estratto delle mie Ricerche con alcune ag-
giunte, e si corredava d’una carta topografica col trac-
ciamento della linea stessa. E nella introduzione posta
in fronte agii Atti Officiali di quell’adunanza si di-
chiarò < affidata la redazione del progetto di dettaglio
e successiva direzione del lauoro all’ingegnere Mila-
ni ». E questi poi nel suo primo rapporto a stampa di-
ceva: << I1 21 agosto fui al congresso generale degli
azionisti in Venezia; il 24 mossi all‘esame del terreno ...
il problema economico, quello diretto ad accennare la
parte del Regno Lombardo-Veneto, che doveva esser
percorsa dalla strada di ferro, era sciolto ». Negli stessi
Atti il sig. Campilanzi inserì i1 prospetto preventivo
di spese e ricavi, ch’egli aveva omai ottenuto di re-
care a 54 milioni. E vi si trovano in fine due disegni
del sig. Meduna per il suo ponte, dimodoché, ciò che
si era fatto sin allora, viene a riescire autenticamente
distinto da ciò che si fece dipoi.
Posto che si era già decretata la linea delle sei
città, lo studio generale e indeterminato si risolveva in
quello dei cinque tronchi interposti; il che ristringeva
di molto la zona delle livellazioni; altrimenti ella avreb-
be abbracciato tutta la larghezza della pianura da Ve-
rona al Po. Rimaneva adunque d’esplorare sopra un
70 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
mediocre spazio il corso dei maggiori fiumi, per deter-
minare in ciascuno tutti i più opportuni passi: e con-
giungerli con linee più o meno numerose di livella-
zione, a fine di trascegiiere a ulteriore studio quelle
che unissero la minor lunghezza alle minori difficoltà.
A questo modo sul tavolo degi’ingegneri si avrebbe
avuta la vera imàgine del terreno da studiarsi. Questo
profondo studio doveva generare, per dir così, la linea
tecnica; e chi conosce le conseguenze del maggiore o
minor movimento di terra e del più solido fondo, non
negherà che il fare o non fare queste diligenze, mentre
dall’una parte involge una spesa comparativamente
assai tenue, dall’altra può importare nei lavori la con-
seguenza di molti milioni. Il paese poi veniva ad acqui-
stare un prezioso studio fondamentale, che avrebbe
giovato ad infinite applicazioni tanto di scienza quanto
di pratica utilità. È un’occasione che non ritornerà
così presto.
Ma l’ingegnere non aspettò questo consiglio del
terreno e dei livelli; egli prese, anzi tratto, la sua riso-
luzione sulla Carta, la quale indica bensì con somma
esattezza la posizione dei luoghi, ma non può indicare i
continui livelli, la forza del fondo, l’opportunità dei
materiali, la profondità e la forza delle acque, e tutti
gli elementi da valutarsi nell’eleggere una linea di
costruzione. Con fili di seta tesi sulla carta topogra-
fica egli segnò un tracciamento che congiungesse le
sei prescritte città, studiando solamente d’ottenere i
più lunghi rettilinei a mite angolo, e d‘evitare le gran-
di masse di caseggiato. Segnata la linea sul tavolo,
pensò di portarla tale e quale sul terreno.
A quest’uopo poteva ben contare sulla Carta del
nostro Istituto topografico, e massime sugli studj in
grande scala, che stavano a sua disposizione in quel-
l’officio. Ciò bastava a trovare con sicurezza qualun-
que punto, ed ottenere linee bastevolmente precise, ,
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 71

poiché quella Carta riposa sopra una serie di punti


trigonometrici, studiati a tutto rigore da geografi ed
astronomi di sommo merito. Ma gli parve meglio fare
un lavoro inutile e malsicuro, una teatrale costruzione
di torri di legno con fuochi notturni, come se si trat-
tasse di slanciare una prima traccia di mappa topo-
grafica nelle solitudini dell'Orenoco. Tutti gl'ingegneri,
e tutti quelli che potevano apprezzare l'opera dell'Isti-
tuto topografico, ne mormoravano.
Imposta al terreno una linea arbitraria, e non
produtta dallo studio dei livelli, si passò con or-
dine prepostero a livellarla; e quest'unica linea di li-
vellazione non venne tampoco ribattuta; e, se si eccet-
tui qualche tronco, che venne poi lievemente modifi-
cato, e assoggettato perciò a nuova livellazione, questo
è tutto lo studio vero del terreno, che la società pos-
siede oggidì, con quel dispendio di tempo che tutti
sanno, e quel dispendio di denaro che poi si vedrà.
Non mancarono allora esperti ingegneri di farne
rimostranze ai direttori; e l'ingegnere geografo Man-
zoni presentò loro un'apposita memoria. E i direttori
avevano dallo Statuto (§§ 56, 60) il dovere di far la
nomina d'un corpo d'ingegneri; ma essi se n'erano ri-
messi ali'ingegnere in capo; e non conobbero mai offi-
cialmente il nome dei subalterni se non dopo il fatto
e per mezzo dei rendiconti mensili. Molti entravano,
uscivano, restavano, come semplici commessi dell'in-
gegnere in capo, senza ingerenza dei direttori; e tra
questi, i migliori giovani, che, allettati dalla bellezza
e novità dell'intrapresa, offrivano il tributo dei loro
studj e del loro zelo, ed alcuno l'esperienza di lavori
fatti sulle strade ferrate di Francia; e vantiamo fra
essi alcuni collaboratori del Politecnico. In dieci mesi
sui ruoli della direzione ne comparvero trenta. E con
tutta questa folla, non si tenne mai una consulta avan-
ti ai direttori, non si concertò un regolamento, non si
72 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
discusse mai l'ordine delle operazioni, né le opera-
zioni fatte da diverse mani vennero poi connesse col
debito rigore.
II bisogno di siffatte consulte e diligenze, quando
più mani concorrono in un'opera, apparirà da questo
che, come risulta dalle tavole del progetto, l'ingegnere
Milani, nel connettere alla linea principale il brac-
cio da Treviglio a Bergamo, fece nei livelli un errore di
poco meno di cinque metri (4m,815); poiché il punto
di collegamento delle due strade, nel profilo della li-
nea maestra, risulta alto solo 0m,493 sopra la soglia
del Duomo di Milano; e nel profilo della laterale ri-
sulta alto 5m,308; essendosi, per quanto pare, sba-
gliate le orizontali di riferimento. Ora chi ci può assi-
curare che gli altri tronchi, fra tante mani, e con con-
tinui cangiamenti di persone, siano connessi con mag-
gior precisione? E in tal caso su qual fondamento ripo-
sano tutti codesti studj? È vero che sono sviste facili
a farsi, ma noi diremo che sono facili anche a correg-
gersi, quando si facciano le debite controprove, e quando
i subalterni, che son poi tutti ingegneri patentati, ab-
biano qualche facoltà di consiglio e di discussione.
Senza ciò i progetti sono costose apparenze che all'at-
to dei lavori si risolvono in fumo.

Base economica dei progetti.


In tutti codesti progetti, gl'ingegneri mirano so-
pratutto ad animare gl'imprenditori colla tenuità della
spesa; e quindi tutti i calcoli riescono stentati. Al
contrario la prima cosa da studiarsi nelle strade fer-
rate è la loro utilità, ossia la probabilità d'un attivo tra-
sporto; la quale se manca, tutta l'opera cade; e a mi-
sura ch'è maggiore o minore, le spese di costruzione
possono farsi più o meno agiate. Nelle linee di lunga
tratta, e quindi non appoggiate a speciali circostanze,
ma bensì allo stato generale del paese, la probabilità
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 73

dei trasporti si risolve nella continua densità della po-


polazione; perocché, a circostanze pari, il numero dei
movimenti è in ragione diretta del numero delle per-
sone che si possono movere; e la quantità delle merci
d‘ogni maniera, a circostanze pari, è proporzionata al
numero dello persone che se ne devono provedere. Do-
po il numero delle persone, si possono istituire con-
fronti anche sui loro movimenti, le loro produzioni e
i loro consumi; ma le grandi strade ferrate tendono già
per sé ad equilibrare in breve tempo questi dati, pro-
movendo in sommo grado la generale attività. La que-
stione suprema e fondamentale consiste dunque nel
confrontare la densità della popolazione, lungo tutta
la linea che si vorrebbe tracciare, e lungo le migliori
linee che si sono altrove tracciate. Ora se guardiamo
quella lista di paese, che, sopra una lunghezza di 150
miglia e una larghezza di 50, si stende lungo il Po dal
Ticino alla Piave, troviamo una tal continua affluenza
di popolazione rurale e urbana, che, se anche non si
pon mente alle sue cause ed agli effetti suoi, cioè al-
I’ubertà dei luoghi, alla copia delle strade, delle linee
navigabili e delle acque irrigatorie e motrici, al valore
straordinario dei produtti, alla frequenza delle belle
città e delle grosse borgate, non si può indicare in
qualsiasi parte d’Europa, non escluso lo stesso Belgio,
un egual tratto di terreno che la pareggi. I1 che in que-
sta raccolta fu già chiarito con abbondante corredo di
cifre positive (Vedi Politecnico, vol. I).
Fin dal 1836 io aveva animato gl’imprenditori a
fondare senz’altro i loro conti sulla popolazione delle
sei città che si potevano direttamente connettere colla
strada ferrata; le quali, giusta le indàgini statistiche
che poi si fecero, sono prossime a mezzo milione; e
vi si possono aggiungere parecchie delle interposte
borgate mercantili, come Chiari, Treviglio, Romano,
Lonato, Montechiaro, Castiglione, Desenzano, Peschie-
74 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ra, Dolo, Mestre, alcune delle quali toccano i nove-
mila abitanti, ed in ogni altro paese si chiamerebbero
città. Cinquecento mila passaggieri all’anno, ossia 1400
al giorno, sono più del necessario; poiché l‘esperienza
dimostra che sopra 600 si può avventurare una buona
strada ferrata a due rotaje, quando si tengano le ta-
riffe ad una certa altezza, nell’aspettazione che il tem-
po sviluppi un maggior movimento. Valutata la linea
a 250 chilometri (di 1000 metri), e il prezzo medio del-
le corse intermedie e totali a dieci centesimi nostri per
chilometro, ossia 25 lire in ragguaglio di tutta la li-
nea, ch’è prezzo assai mite, un mezzo milione di pas-
saggieri verserebbe più di dodici milioni di lire. Sup-
posto che le spese ingojassero la metà di questo introi-
to, ed anche tre quinti, rimarrebbero da 6 a 5 milioni
netti per interesse del capitale da impiegarsi; e poi,
resterebbe per dividendo e ammortimento in 99 anni,
tutto il trasporto delle merci, del denaro e del bestiame,
e l’aumento che si potrebbe avere dopo quindici o
vent’anni d’esercizio sul cresciuto numero dei passag-
gieri o sulla maggior mercede delle corse.
Trovato così un interesse, un congruo dividendo e
un probabile ammortimento, si può calcolare con pro-
babilità sopra una somma di cento milioni. Anzi quan-
do si fosse speso tutto il capita1 sociale di cinquanta
milioni, questo potrebbe servir d’ipoteca ai capitali
che occorressero più oltre; sui quali perciò correrebbe
il solo interesse, e non si avrebbe a ripartire il divi-
dendo;. e così l’investimento degli azionisti potrebbe
venirne vantaggiato. Ma supponiamo pure che la base
probabilissima del ricavo sia da valutarsi a 80 milioni,
cioè 320 mila lire al chilometro, ossia quasi 600 mila
lire al miglio, ch’è veramente una bella e magnifica
moneta; si potevano fare calcoli schietti e generosi, se
non sottoposti alla trista sequela delle manutenzioni.
Si poteva poi aggiungere, che, speranza essendovi di
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 75

compiere l'opera con una spesa considerevolmente mi-


nore, la residua somma si sarebbe dedicata a darle splen-
dido compimento con un ponte sulla laguna, e con un in-
gresso nel mezzo delle due capitali.
Si sarebbe potuto anche sottoporre la cosa ad una
o più prove; e siccome le brevi strade in vicinanza del-
le buone città danno miglior profitto, anche come po-
polare passatempo, si sarebbe potuto stabilire, che si
tentasse qualche breve tronco in diversi luoghi: per
esempio, dal canale di Mestre alle ville della Brenta,
da Brescia a Chiari, da Milano all'Adda, non solo per
tasteggiare nei nostri paesi l'articolo della spesa e l'abi-
lità dei costruttori, ma l'intelligenza e l'alacrità delle
popolazioni. Ora l'esperienza è fatta; i nostri conta-
dini hanno sostenuto la via ferrata di Monza nel più
inclemente gennajo che abbia contristato l'Italia e
hanno mostrato che ad intendere i loro interessi e lo
spirito dei tempi hanno assai più attitudine che non le
classi più orgogliose, le quali non hanno ancora po-
tuto capire qual sia l'immenso beneficio che le strade
ferrate recano ad ogni genere di proprietà.
Ma la questione fin da principio venne capovolta;
si cominciò dal calcolo delle spese, non da quello del
ricavo probabile. Ora le strade ferrate d'un buon paese
non devon essere come quelle d'un paese miserabile;
perché il cavallo del ricco speditore non deve essere
pasciuto come il somarello del povero. Da quest'errore
viene un'importuna tendenza a sofisticare i prezzi del
terreno e dei movimenti di terra, il peso delle ferra-
menta, i loro prezzi, i loro aggravj e vincoli doganali,
il numero delle machine, il numero delle stazioni.
Quindi i penti s'impongono continue prevaricazioni nei
calcoli; si comincia a parlare di 18 milioni; poi si fonda
la società sopra 40; poi si costituisce solennemente
sopra SO; e nella solennità stessa si presenta un conto
di 54; poi dopo un anno di studj si dà nelle gazzette
76 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
l'annunzio officiale che di 50 milioni si avrà d'avanzo;
poi lo stesso progetto nel passare dalla scrittura alle
stampe rimonta a 52, e cogli accessorj a 67. E il senso
commune del publico, che in queste cose ha un polso
mirabilmente giusto, non peranco si mostra sodisfatto;
e sente che tutti questi numeri sono asserzioni arbi-
trarie, che non hanno corpo e non danno sicurezza,
perché non hanno il fondamento loro in una franca e
libera discussione.

Esame e confronto dei progetti Campilanzi e Milani.


II prospetto preventivo, publicato dal sig. Cam-
pilanzi nel 1837, fissa il prezzo medio della corsa a
lir. 22,50 ch'è abbastanza probabile, e ragguaglia i
passaggieri a 500 al giorno, soggiungendo però che
questo numero può sperarsi triplicato. Ma perché non
afferrar francamente questa cifra, e. lavorarvi sopra, e
infondere un giusto coraggio agli azionisti? il prodotto
delle merci e dei bestiami da lui indicato è minore di
quello dei passaggieri. I1 calcolo era dunque timido, ma
le sue proporzioni erano giudiziose; e ripetiamo che
non costavano alla società né tempo né danari.
Dopo tre anni e mezzo, e la spesa d'un ingente
somma, i direttori publicarono i1 progetto Milani, nel
quale troviamo le seguenti differenze in confronto al
progetto Campilanzi. II numero dei viaggiatori annui
325,300, ossia 900 circa al giorno; ch'è minore del ve-
risimile, cioè della popolazione delle sei città. I1 prez-
zo medio della corsa ragguagliato a sole 15 lire per
tutta la linea, la quale coll'inutile prolungamento della
Volta diviene di chilometri 271; il che fa centesimi
5,5 per chilometro, appena sufficiente a coprire le
spese! La tariffa sulla Grande Occidentale varia, se-
condo le classi, da 18 centesimi nostri a 25; quella da
Londra a Birmingham da 20 a 25 per chilometro. Quin-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 77

di l’incasso dei passaggieri, segnato dal sig. Milani a


meno di cinque milioni (4,879,500),si deve franca-
mente raddoppiare; altrimenti non si può parlare di
strada ferrata.
Strana affatto è poi la proporzione che il sig. Mi-
lani stabilì fra il produtto delle persone e quello delle
cose. Tutti sanno che in alcune strade ferrate non si
pensa nemmeno a condurre le merci, come per esem-
pio su quella di Monza. Nelle strade belgiche, le merci
appena danno l’ottavo dell‘introito; sulla Grande Occi-
dentale (Great Western), danno un cinquantesimo; su
quella di Liverpool a Manchester, cioè tra il gran
magazzino e la gran manifattura, danno tutt’al più
due quinti. Come può dunque il sig. Milani pensare,
che sulla linea lombardo-véneta succederà proprio l’op-
posto, e le persone produrranno solo due quinti, e le
cose tre quinti?
Inoltre la tassa da lui stabilita per le merci, cioè
lire 41,60 per tonnellata (1000 chilogrammi) da Ve-
nezia a Milano, ossia centesimi nostri 15,3 per ogni
chilometro di viaggio, da noi non pagherebbe le spese.
Infatti corrisponde al minimo di tutte, cioè a quella
che si paga per il trasporto a piccola velocità sulle stra-
de belgiche, mentre per il trasporto a gran velocità si
paga un quinto di più. Ora non si vede ragione per-
ché una società che vuole e deve guadagnare, possa
far prezzi più bassi del Governo Belgico, il quale ha
posto per principio di non oltrepassare nel ricavo delle
sue strade lo stretto interesse del capitale impiegatovi;
e non ne deve ritrarre ammortimento; ed ha in paese
le guide e le machine, ed ha il carbone a un quarto 8

del prezzo in confronto a noi. Eppure se si adotta la


tariffa belgica, bisogna già accrescere a questa partita
più d’un milione netto, essendo le spese già compen-
sate; se si adotta poi il minimo dei prezzi inglesi, si
deve accrescerla di tre milioni. E notiamo che sopra
78 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
alcune strade inglesi, come la Grande Occidentale,
non ostante il minor costo del carbone e delle machine,
tutte le merci pagano indistintamente quasi il triplo
della tariffa Milani, cioè 42 centesimi di nostra moneta
per chilometro e per tonnellata! Colla tariffa Mìlani la
seta, per il trasporto quasi istantaneo da Brescia a
Milano, pagherebbe circa un centesimo per tre libbre
(0,011 per chilogrammo)!
Per ciò che riguarda il giro dei bestiami da mer-
cato a mercato, il sig. Milani ragguagliò il movimento
solo a 50 chilometri, e non a tutta la linea, il che da-
rebbe un ragguaglio di 72 mila all'anno, ossia di 200
capi al giorno, numero che sembra piuttosto basso,
quando si consideri che comprende ogni sorta dani-
mali grandi e piccoli, sopra una linea piena di città e
di borgate che fanno grossi consumi, e di mercati e
fiere in cui si fa un minuto e continuo andirivieni.
Nella tariffa determinò un medio di 4 centesimi nostri
per capo e per chilometro. Ora i porcini in Inghilterra
pagano il quarto di più; i vitelli quasi il doppio, i bovi-
ni grossi più del séstuplo, i cavalli più del dècuplo;
e le sole pecore stanno al disotto della tariffa Milani;
cosicché, se si vuol determinare un probabile prezzo
medio, bisogna per lo meno recarla al quàdruplo.
Quindi aggiungere per questa partita, a quantità egua-
le, un altro milione netto, il quale può crescere in ra-
gione alla maggior quantità.
Ora io dimando, con màrgini così larghi d'esperien-
za e di probabilità, dobbiamo noi smarrirci in sotti-
gliezze sulle opere più necessarie? Io lo ripeto: o non
si devono fare le strade ferrate in nessuna parte del
globo, o si devono fare a preferenza d'ogni altro paese
nel nostro regno, perché quello che a massima densità
di popolazioni aggiunge il massimo valore di produtti
territoriali. Ha forse il Belgio la seta? ha l'olivo? gli
agrumi? il riso? il grano turco? ha i formaggi granoni,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 79

ha gli stracchini? ha le praterie verdeggianti tutto il


verno? ha i doppj ricolti? La vite stessa appena occupa
nel Belgio tre millesimi del terreno. E l'abbiamo detto
un'altra volta, Brusselle è poco più della metà di Mi-
lano, e le cinque primarie città belgiche sommano a .
400 mila abitanti, e noi con quattro sole sorpassiamo
questa somma. E tutto comincia colla stessa propor-
zione su questo terreno, sul quale i favori della natura
e tremila anni d'industria hanno consolidato un'enome
potenza produttiva.
Posto il fondamento d'un'erronea tariffa, tutti i cal-
coli di costruzione vennero oltremodo angustiati. Si va-
lutò il prezzo d'espropriazione del terreno, con tutte
le conseguenze dirette e indirette di scòrporo e alte-
razione, a soli centesimi 31 al metro quadro (0,312),
che fa lire 204 alla pertica milanese, sopra milioni 9½
in circa di metri quadri (9,481,100). Questo è assolu-
tamente impossibile; eppure il sig. Milani vi persiste
anche nel progetto a stampa, dove, per coprir la cosa,
ripete in diversi luoghi la cifra complessiva, ma tace i
due elementi, cioè l'estensione dell'area ed il prezzo
parziale (pag. 54). Questa cifra vuolsi portare almeno
a una lira per metro, ossia dai tre milioni incirca del
progetto Milani (29,585,71) ai nove milioni; e ce ne
appelliamo al giudizio di tutti i pratici. E farebbe in
complesso per ogni chilometro 35 mila lire nostre, os-
sia 30 mila franchi; il che corrisponde a ciò che dicono
i più giudiziosi scrittori che raccolsero i fatti deii'espe-
rienza. On peut admettre qu'en France les frais d'ac-
quisition et d'indemnité s'éléveront en général et ter-
me moyen de 20 à 40 mille francs » (Bineau, pag. 238).
Ora la terra nel nostro piccolo regno è più preziosa che
in Francia, e per la complicata cultura irrigatoria, e
per la doppia densità della popolazione, e la maggior
frequenza delle grosse città e dei terreni suburbani.
Pei terrazzi, o movimenti di terra, il preventivo Cam-
80 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
pilanzi aveva dimandato quasi otto milioni (7,930,000);
e dal Sig. Milani vennero ridotti a poco più della metà
(4,471,818), perché valutò nove milioni di metri cubi
a circa mezza lira al metro (lir. 0,496), mentre biso-
gnava per lo meno valutarli ad una lira. Ma nel progetto
a stampa, omise, come al solito, d’indicare i due ele-
menti della quantità dei metri e del prezzo parziale
d’ogni metro. A ingrossare questa cifra concorre la mol-
ta distanza a cui si deve recare la terra, quando gli
scavi sono fatti sulla stessa linea; e la devastazione dei
fondi circostanti, quando la terra si prende in margine
allo stesso terrapieno. Questa devastazione nel caso no-
stro sarebbe assai grande, perché il profilo della linea
Milani, come può vedersi dalle ivi annesse tavole, corre
quasi sempre in alzata e a fior di suolo e quasi volando,
massime per quel non necessario né utile vincolo ch‘egli
s’impose, d’evitare, non si sa perché, i sifoni e « passar
sopra a tutte le correnti d’aqua ». Perloché mentre
comprende 7 milioni di metri cubici di terrapieno, non
importa che due milioni di metri d‘escavo; lasciando
così un sbilancio di 5 milioni di metri cubici da pren-
dersi sui campi circostanti. Ora in molti luoghi piani,
com’è la maggior parte della linea, e nei luoghi paludosi
non si possono fare scavi profondi. E se, per supposto,
si calcola che in termine medio si possa anche oltrepas-
sare la profondità di due metri, sarebbe mestieri deva-
stare una superficie di due e più milioni di metri, ossia
circa tremila pertiche milanesi. E in questo bilancio di
scavi e terrapieni che si mostra il giudizio pratico del-
l’ingegnere. Le grandi escavazioni sono poi quasi tutte
ammassate in pochi luoghi, quindi non si possono facil-
mente compensare col terrapieno. Perloché, la somma
indicata dal sig. Milani sarebbe a triplicarsi, se non vi
fosse la speranza che la perizia pratica degli stessi ap-
paltatori supplisca alla mancanza di diligenti e veri studj,
cosicché il movimento di terra possa crescere di prezzo e
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 81

diminuir di quantità neu'atto stesso degli appalti. Un


esperto ingegnere ci mostrò che sul solo tronco da Mila-
no all'Adda si possono risparmiare 140 mila metri cubi
di terrapieno, senza danneggiare menomamente le pen-
denze, e senza pregiudicare le aque correnti.
Nelle più recenti strade il peso delle guide si andò
sempre accrescendo, e per l'esperienza delle gravose
manutenzioni, e per potervi adoperare locomotive di
maggior potenza e però di maggior peso. Nei nostri
progetti la bisogna camminò al rovescio. Fin da prin-
cipio si erano raccomandate guide di 37 chilogrammi
al metro; nel preventivo Campilanzi, risultavano di
30 incirca, a prezzo inglese, e importavano più di 14 mi-
lioni di lire. Nel primo progetto Milani vi si detrasse
un milione; nel progetto a stampa altri due milioni;
e così avremmo guide di soli 27 chilogrammi. E una
partita che bisogna adunque accrescere per lo meno
d'un quinto; il che ammonta a parecchi milioni.
Sotto le rotaje si era proposto di porre dadi di
pietra, poi d'unir due dadi in un sol traverso; e il sig. Mi-
lani propose lastre di granito, lunghe tre metri (circa
5 braccia), larghe mezzo metro, e grosse, o ben piutto-
sto sottili, 9 centimetri. Dovevano essere poste attra-
verso alla strada di metro in metro; e siccome ciascuna
era larga mezzo metro, così riunite le pietre d'ambe-
due le rotaje, si avrebbe potuto fame da Milano a Ve-
nezia un selciato continuo di lastre di granito largo cin-
que braccia! E sarebbe costato più di diciotto milioni,
pur volendosi supporre che fosse possibile ritrovare la
mano d'opera. Ma l'ingegnere aveva valutato ogni la-
stra al decimo del suo valore, cioè a lire 2,50, e coi
quattro pertugi pei cuscinetti lire 3,70; e i direttori
approvarono. Era un errore di sedici o più milioni; e
noi, già due anni sono, non abbiamo mancato di farlo
conoscere agli azionisti nel primo volume di questa
Raccolta.

6. . CATTANEO. Scritti politici. II.


82 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
L'ingegnere Milani passò dunque improvisamente
dalla pietra al legno; e trascelse pezzi di làrice lunghi
2m.,50, e grossi 15 centimetri; e li valutò a lire 5,50;
cioè più del doppio che non avesse prima valutato i
graniti lunghi mezzo metro di più. Ma vaglia il vero:
con questi improvisi cangiamenti è sciolta forse la que-
stione fondamentale, se convenga più il legno o la
pietra? Si è forse fatto il confronto tra la maggiore
spesa capitale dei dadi e la dispendiosa manutenzione
del legno nei nostri paesi, dove questa materia, come
si vede, assai costosa anch'essa, soggiace all'alternativa
di piovose stagioni e di lunghe siccità? Dopo quanti
anni bisognerà rinovarla? Epperò sopra quanti anni
dovrà ripartirsi la spesa del rinovamento. La diffe-
renza non è grande tra lo spendere il doppio d'una
somma, o lo spendere la stessa somma due volte. Poi
rimane a vedersi se le due volte basteranno. Non vale
citar paesi scarsi di sasso, e climi umidi; la gran linea
del Belgio non è ancora compiuta, e non può porgere
esempi utili sulla durata finale del legname. Perché
dunque in tutte quasi le opere publiche, e perfino nei
paracarri, che non devono lottare continuamente con
enormi pesi, si è presso di noi con universale consenso
abbandonato l'uso del legname? Perché gl'ingegneri
della strada di Como persistono nel proporre i dadi di
pietra? Chi ha ragione di questi ingegneri, e chi ha
torto? Perché il Sig. Milani stesso aveva dapprima pre-
ferito la pietra; e perché i direttori l'approvarono? E per-
ché dove si tratta del ponte sulla laguna, propose ii Sig.
Milani tuttora la pietra viva d’Istria, dando per ragione :
che «il legno dura poco » (§ 80) e che «i legnami
infracidiscono presto dappertutto (192) e che « biso-
gna che i materiali siano quelli che danno all'ultimo il
maggior vantaggio »? (§ 171). Se ciò è vero per il ponte,
perché non lo è per la strada? Può un principio d'arte
esser vero e non vero nello stesso tempo, e nello stesso
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 83

luogo e nella stessa impresa? Questi sono pur dubbj


gravi, sui quali una diligente amministrazione, prima
di prendere impegni, dovrebbe darsi qualche pensiero.
A queste traverse, o questi dadi che si vogliano, si
annoda un'altra questione non peranco toccata fra noi.
La loro lunghezza corrisponde alla larghezza della
rotaja, e questa alle proporzioni della locomotiva, ch'è
quanto dire alla sua potenza e velocità; perché la vici-
nanza delle ruote angustia lo spazio dove lavora il
congegno movente e dove si hanno a fare le ripara-
zioni; e costringe ad elevare il centro di gravità; e
limitando il diametro delle ruote stesse, raccorcia il
braccio di leva, e obliga a sollecitare i colpi dello stan-
tuffo, e il suo logoramento, per ottenere una data rapidi-
tà. La maggiore o minore velocità divien cosa di sommo
momento sopra una linea, la cui lunghezza fa contrasto
alla brevità della giornata. Le primitive rotaje inglesi si
facevano larghe un metro e mezzo incirca (1m.,44);
ma sulla Grande-Occidentale e sulla strada da Bristol
a Exeter questa misura si accrebbe d'una buona metà
(2m.,13); su quella di Arbroath si stabilì a 1m.,68; su
quella di Zarskoe Selo in Russia a 1m.,83; e nel Rap-
porto al Parlamento per le strade d'Irlanda viene rac-
comandata la misura di l m . , 9 0 . Bisognerebbe per la
doppia rotaja occupare a circostanze pari una maggior
larghezza, e proporzionarvi i movimenti di terra, e
la larghezza dei ponti, dei viadutti e delle gallerie.
Ora sarebbe a proporsi se convenga, contro l'esempio
di ciò che una esperienza ha omai insegnato in Inghil-
terra, aderire agl'imperfetti modelli primitivi, e stabi-
lire la rotaja alla sola larghezza d'un metro e mezzo
(1m,,50). Questo punto chiama tanto più pronta deci-
sione, in quantoché tutti i tronchi della strada e tutte
le machine debbono avere una dimensione uniforme.
I1 Sig. Milani (§ 76) parla d'« uno strato di pietre
spezzate o di grossa g. battuta ». La ghiaja non solo
84 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
previene il dannoso ristagno delle acque e l’immenso
polverio, che caccerebbe dalla strada tutti i passag-
geri di mero sollazzo, ma apporta solidità ed elasticità
al fondo; il che riesce tanto più necessario quanto
più veloci sono le corse. È cosa di tal momento che
alcune sagaci direzioni inglesi, per essere più certe del
fatto loro, si riservarono di fornire la ghiaja e la sab-
bia agli appaltatori. La profondità dello strato si valuta
da un quarto di metro a mezzo metro; dunque a tre
metri cubi incirca per ogni metro corrente; e quindi
nella nostra impresa importerà circa un milione di me-
tri cubi. Non è questa una cosa da comprendersi alla
rinfusa col movimento di terra; perché la ghiaja si deve
estrarre a molta profondità, e non si trova affatto in
alcuni territorj; epperò il suo prezzo vana da luogo a
luogo da 70 centesimi al metro cubo fino a più di
quattro lire, e talora fin oltre a nove lire. Come mai
l'ingegnere Milani ha potuto obliare affatto questa par-
tita della ghiaja nel calcolo delle spese, quando io
gli ho ottenuto un compitissimo prospetto del valore
di questa e delle altre materie stradali in ognuna delle
nostre province?
Non si sa come egli dimenticò eziandio di valutare
la spesa delle tre gallerie, ch'egli propone nel Vicen-
tino, una delle quali lunga metri 101 sotto il letto del
torrente Guà, le altre sotto il Monte Bérico. Intende
egli forse comprenderle nei movimenti di terra? Ma chi
direbbe che il Tunnel del Tamigi, a cagion d'esempio,
sia da valutarsi al metro cubo, come la montagnola o il
laghetto d'un giardino? E i muri di rinfianco, e le
volte, se non v'è sasso; e se v'è sasso, le mine, perché
non si pongono in conto?
Vennero pur dimenticate nel conto le pietre verti-
cali per fermare le traverse nelle curve (§ 76).E anche
i muri di sostegno, pei lunghi tratti in grande alzata o
in grande incavo, vi vennero interamente dimenticati.

.. .. . .. . ..
,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 85

E non devono esser pochi, essendoché dove il terra-


pieno è alto più di due metri, il sig. Milani, oltre ad
una banchina d‘un metro, propone ad ambe le scarpe
un metro e mezzo di base per ogni metro d’altezza;
il che, in alcuni casi, richiederebbe una base larga
quattro o cinque volte il piano utile. E in proporzione
a questa base dovendo farsi la cubatura del terrapieno
e la devastazione del piano circostante, è manifesto che
converrà preferire un sostegno murato.
Intorno al numero delle locomotive, si è già detto
nel terzo volume di questa Raccolta come nel primo
progetto il Sig. Milani si fosse limitato a sole 14 machine
colla spesa di lir. 737 mila; e che, per le correzioni fatte
da altri, questa somma nel progetto a stampa oltrepassa
già il quadruplo, e bisognerà raddoppiarla un’altra
volta; aggiungeremo che bisogna aumentare anche il
numero delle vetture e dei carri per i bestiami e le
merci. Per il ché anche questa partita può dirsi tuttora
sbagliata di 4 a 5 milioni.
Quanto alle stazioni, certo non era mestieri « pro-
porre i progetti di costruzione >, e segnare » il dove
e il come »; ma bisognava per lo meno « comprendere
in massa la somma per tal titolo occorrente », come il
Sig. Milani stesso riconosce (§ 49). Ora il confronto
ch’egli fa colla spesa delle stazioni belgiche, involge
molte inesattezze; la maggior parte di quelle stazioni
è provisoria; e mancano ancora quasi tutte le stazioni
intermedie, perché saviamente si pensa prima a com-
piere le strade. Egli doveva citar piuttosto le stazioni
inglesi. Doveva dire che tra Londra e Birmingham vi
sono già dieciotto stazioni ad intervalli di circa 11 mila
metri; che dieciotto ve ne ha tra Liverpool e Manche-
ster, vale a dire ad intervalli di 3 mila metri (meno di
due miglia). La qual frequenza si vede anche sulla
strada di Croydon, che ha 7 stazioni in 17 mila metri.
Ora il Sig. Milani pone in conto sole tredici stazioni
86 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
per 290 mila metri, compresa Bergamo! E le dissemina
quasi tutte a spropositati intervalli di 20 a 30 mila
metri. Qui appare sempre il vizio fondamentale di
tutti questi conti preventivi, cioè la dimenticanza del
principio produttivo, la non curanza al riparto e al ser-
vigio della popolazione, e la pertinacia a non voler
intendere che l’utilità e floridezza di queste imprese
dipende soprattutto dalle corse di breve distanza. E
perciò si pose in conto una sola stazione intermedia su
tutta la distanza tra Milano e Chiari (56 mila metri);
mentre una eguale distanza sulla linea di Liverpool ne
conterebbe venti! Ma perché le nostre popolazioni non
potranno andare e venire a Gorgonzola, a Cassano, a
Romano, a Calcio? Perché il contadino non potrà por-
tare con pochi centesimi il suo bestiame dal mercato
di Treviglio o di Martinengo a quello di Melzo e di
Travagliato? Non è già che le rapide corse da città a
città debbano ritardarsi per servire questo andazzo di
contadini che vanno da mercato a mercato, e di donne
che girano le filande, ma si deve stabilire dietro I’espe-
rienza un ordine apposito di piccoli movimenti, a di-
stanze per lo meno come quella da Milano a Monza.
Suppongo che le piccole stazioni possano costare all’im-
presa un’annuo carico di quattro o cinque mila lire
ciascuna; che importa questo, quando un sol giorno di
festa o di fiera basta a pagarle? Non si è mancato di
fornire al Sig. Milani un prospetto di tutte le fiere e i
mercati che si tengono lungo la nostra linea in ogni
giorno della settimana e dell’anno. Al sabbato è quasi
un mercato universale a brevissimi intervalli; tutta la
popolazione rurale è in movimento; ora con brevi corse
speciali si potrebbe annodare tutti quegli sparsi centri
e fame quasi un solo grandioso mercato.
Si pose in conto una sola stazione intermedia sul-
l’enorme distanza di 58 mila metri da Padova a Villa-
nova? Ma perché dimenticare le vicinanze di Lonigo, di
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 87

Montebello, d'Arzignano, lo sbocco della Val d'Agno,


le cave delle ligniti vicentìne? Perché nel passaggio da
Padova a Mestre dimenticare nientemeno che tutte le
ville della Brenta? Anzi, poteva bene il Sig. Milani
tenersi qualche centinajo di passi disotto a Mestre; far
quella stazione sul canale, più verso Malghera; scemare
quella viziosa angolatura : e avvicinarsi d'altrettanto
col suo rettilineo, o con una curva insensibile a Stra,
al Dolo, alla Mira. E il terreno sarebbe forse stato mi-
gliore; almeno così dicono i pratici della provincia.
Alla partita delle stazioni si collega un'altra dimen-
ticanza del progetto Milani, cioè i ricoveri per le guar-
die. Le strade che « la linea trincia » sono a detta sua
620; e devon essere custodite, ed egli mise pure in
calcolo 650 custodi (p. 70), i quali non devono rima-
nere a nudo cielo.
Non si vede poi perché le stazioni di Castiglione
e di Chiari debbano avere le rimesse per le locomotive,
e costare 200 mila lire ciascuna; e quelle di Brescia e
di Padova e di Mestre (p. 54), non debbano averle, e
costare solo la metà. In poche parole, tutto questo conto
delle dieci stazioni intermedie e dei minori edificj che
somma appena a 1,400,000 lire, (p. 54) deve crescere
a molti e molti doppi, se si vuol avere il ricavo.
E poiché si è fatto più volte confronto tra il pro-
getto dell'ingegnere Milani, per giungere al quale sì
fece tanto sacrificio di tempo e di denaro, e il preven-
tivo Campilanzi che si era fatto prima del suo arrivo,
e senza alcuna spesa della società, riassumeremo il con-
fronto in tabella.
Perloché il progetto Campilanzi, fatto senza spese,
è tuttavia il più prossimo al vero, non solo nella cifra
totale, ma in tutti quasi i particolari; poiché, tranne i
tre articoli dei ponti, delle stazioni e degli interessi,
le cifre del Sig. Milani o sono a un dipresso le mede-
sime, o sono assai meno probabili,
88 CATTANEO SCRITTI POLITICI - 11
Preventivo Progetto Progetto
Campilanzi, Milani, Milani,
Titoli delle spese senza studj approvato a
senza spese dai Direttori stampa
sulla linea maestra - -

anno 1896 anno 1838 anno 1840

Movimentidi terra , , Lir 7,930,0001 4,471,838 4,471,811


Acquisto di terreno .. » 2,897,500 2,958,571 2,958,57.
Ponti, Botti e Tombini » 6,804,900 9,534,801 9,534,80:
Passaggi i delle strade
posta i e communali »
Case da demolirsi . »
Stazioni e altri locali »
Guide, piatteforme e
loro collocamento .
Cuscinetti,chiodi e cù-
» 14,423,420113,367,50911,592,023
nei e loro colloca-
mento ....... » 7,598,696 4,653,644 3,407,880
Traversi pietra . » 3,318,720 2 028 796. . . . . .
n arice . . »
Capi stabili . . , , ,
...... . 3,381,328
1,980 , . . . , , , , . . .
Pietre milliarie , . . 3,210 2,880 2,880
Locomotive e cassoni » 736,304 737,888 3,243,120
Carrozze . . , . . , , » 398,090 433,300 1,795,000
Carri ........ 400,000 400,000 676,000
Progetto e amministra-
zione ....... » 1,000,000 1,200,000 1,200,000
Spese imprevedute . . » 1,200,000 1,000,000 1,600,000
Interessi ...... » 2,081,512 3,487,461 3,499,951
Oggetti diversi , . . ............ 400,000

Totale Lir
sopraprezzo del ferro
indigeno .....
Braccio di Treviglio a i I
Bergamo, compreso il
ferro ........ »
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 89

Questo progetto comprende dunque una sola linea


di livellazione, rettificata appena in qualche tronco; e
del resto consiste in calcoli improvisi, non discussi, arbi-
trarj, già trasformati in diverse maniere, diminuiti ad
arbitrio per le guide, quadruplicati per le locomotive,
cangiati nelle dimensioni, nelle materie, nei prezzi, sba-
gliati di parecchi milioni in più capitoli, mancanti per
le stazioni, per le gallerie, per le murature, per la ghiaja,
e appoggiati ad una tariffa erronea, tanto per i passag-
gieri quanto per i bestiami e le merci, e ad una capo-
volta proporzione tra le due fonti principali dell’in-
troito, e ad un calcolo di ricavo, che, essendo per ogni
parte minore d‘una ragionevole probabilità, tende a
disanimare i soscrittori.

Ponte sulla laguna.


Il ponte della laguna ch‘è infine un’appendice, una
settantesima parte dell’intera linea, occupa metà del
progetto Milani. Questo è soverchio, perché prima biso-
gna pensare alle cose principali; e col vapore può sta-
bilirsi frattanto una rapida communicazione anche sui
Canal Militare. Come già si accennò, vi rivediamo,
senza menzione di proprietà, tutti i pensieri del signor
Meduna. Scelta al passaggio la stessa parte di laguna,
la stessa barena, lo stesso Canal Coiombola, e per le
stesse cagioni dei parti-aqua e della laguna morta;
suddivisa la tratta con cinque isole artificiali, una mag-
giore e quattro minori; coordinata l’altezza del ponte
a quelle degli Argini e della marea; gli stessi calcoli
sulla profondità del caranto che forma fondo solido
alla laguna, gli stessi materiali per la costruzione, le
stesse forme, le stesse larghezze. Perché non ha egli
fatto alcuna menzione del suo antecessore?
Le aggiunte ch‘egli poi fece sono tre: combinò col
ponte l’antico progetto d’un aquedutto; fece un tubo
90 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
per condurre da Venezia il gas illuminante; e in capo
al ponte verso Venezia fece sul Canal Colombola un
ponte girevole a due luci per dar passaggio alle barche.
L'aquedutto è doppio; ciascun canale ha un metro
di larghezza e più di mezzo metro (O,m53) di profon-
dità. Fra queste ampie cavità ne corre una terza, che
contiene il tubo pel gas; al disotto sono sostenute con
archi che hanno dieci metri di corda, e i cui piloni sono
fondati nella laguna; tutte queste volte e queste ca-
vità devon esser tanto solide da reggere alla formidabile
scossa della locomotiva e del suo lungo traino, sopra
una linea di costruzione che per due miglia non ha
sostegno alcuno fuor di sé stessa, e del fondo pur sem-
pre difficile della laguna. Murature, costrutte infine
con mercantile esilità, con cavità così grandi, non assi-
curate contro gl'inevitabili trapelamenti, potranno resi-
stere lungamente a questa complicazione di cose fra
loro così nemiche, come l'acquedutto e la locomotiva?
L'accozzamento delle, due imprese richiederebbe una
così esuberante solidità, che forse sarebbe men difficile
il fare due separate operazioni. Del resto prima biso-
gnerebbe provare che in Venezia non vi sia speranza
di ottener aqua da pozzi trivellati.
Le difficoltà si raddoppiano e s'intrecciano strana-
mente presso all'abitato di Venezia; ivi con un ponte
girevole, confitto a forma di T sopra un pilone, si attra-
versa il Canale Colombola, in modo che aprendosi lasci
il passo alle navi d'alta alberatura; e chiudendosi la-
sci il passo alle locomotive. In quel luogo i due aque-
dutti passeranno a sifone sotto il fondo del canale;
e con essi un terzo sifone pel passaggio del gas; e un
quarto perché gli artefici possano discendere sotto la
laguna a fare le riparazioni; e due scale a chiocciola
lunghe due metri e mezzo; e due scale communi di
nove gradini; e poi ancora quattro pozzi elittici, lunghi
sei metri, per filtrare le aque, proprio in quel luogo;
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 91

e poi quattro canali per le aque sovrabondanti; e sopra


i filtri e i canali i coperchi loro in parte stabili, in
parte mobili; e poi la rotaja; e due barricate di legno
tra la rotaja e i due sentieri dei pedoni; e parapetti di
pietra, e palle girevoli di metallo, e ringhiere di ferro,
e cunette con tubi verticali di ghisa per le aque pio-
vane. Tutte queste meraviglie in un fascio: navi e loco-
motive, pedoni e vaggoni, aqua piovana, aqua salsa,
aqua filtrata e non filtrata, stazione di terra, stazione
di mare; e ogni giorno alcuna di queste cose non
andrà a dovere; fughe di gas, e zampilli d’aqua, e
trombe per vuotare i sotterranei, e aqua salsa nei filtri,
e il ponte che s’apre male e vien urtato dalle navi, o si
chiude male e viene arietato nell’unico suo sostegno
verticale dalla locomotiva. Chi propone cose sì straor-
dinarie, deve provar prima la sua perizia nelle cose più
triviali.
Le cinque piazze lungo il ponte fanno in tutto quasi
novemila metri di superficie, circa tredici pertiche mi-
lanesi. Furono divisate dal Sig. Meduna più per com-
modo e bellezza, che per necessità; e ad ogni modo
nella laguna non sembran opere molto difficili e dispen-
diose; tantoché il Sig. Milani non le notò tampoco nel
prospetto delle spese. Se non m’inganno, a questo modo
si formarono a Venezia i Giardini Publici e il Campo
Marzio; e pare che vi si adoperi la terra estratta dai
canali di navigazione. S’è veramente vero, che im-
porti tanto di non intercettare il passo alle navi marit-
time d’alta alberatura in quel Canal Colombola, e di
lasciare un varco difendibile tra il ponte lungo e la
città; ebbene raccorciate il ponte, e questo è già un
guadagno; risparmiate quel fragile giocattolo del ponte
girevole, e fate terminare il ponte lungo in un’ultima
piazza più ampia di tutte. E sopra quella non fate un
Giardino Publico, né un Campo Marzio; non fate le
« piazze coltivate a giardinetti con piante e fiori ed
92 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

eleganti fabricati di genere diverso, diretti al ricovero,


al riposo, al diletto dei passaggeri » (§ 176, p. 43);
ma fate piuttosto una stazione. Isola per isola, tanto
val questa come la vostra; vi troverete in faccia al
Canal Grande, al Canal Regio, al Canal dei Marani,
a quelli che vengono da Mestre e da Fusina e dalla
Giudecca, e da tutte le parti insomma, in luogo assai
più commodo e libero che non le vicinanze di S. Si-
meone Piccolo. E Venezia rimarrà ancora nel vergi-
nale isolamento in cui nacque; e il ponte, che rispet-
toso si arresta al margine della sua circonvallazione,
non introdurrà in riva al Canal Grande i carri e le
carrozze, che di passo in passo inoltrandosi, imporreb-
bero ben tosto di spianare le curve de' suoi ponti, c
sotterrare le sue vie d'acqua.
Noi studiosi delle arti della pace e dell'economia,
non di quelle della guerra e della distruzione, non
abbiamo diritto di discutere le asserzioni erronee, che
riguardassero l'arte militare, perché poco ne sappiamo
se non per quanto ne dicono le gazzette e i libri d'un
secolo che va matto a parlar di queste cose. Ma se
nell'interno d'una fortezza, e dietro il forte di Mal-
ghera e le batterie di S . Secondo e S. Giuliano, e in
vista a tutti i grandi canali e ai legni che li guardano,
il sig. Milani suppone ancora che una sorpresa militare
sopravenga non vista da un capo all'altro d'un ponte
rettilineo, scoperto, lungo due miglia, veduto da tutti
i campanili e dalle case di Venezia, dominato da più
forti, interrotto da cinque batterie sporgenti, che lo
infilano e lo incrociano, s'egii crede possibili tutte que-
ste cose, allora sarà meglio avere un largo canale senza
ponte, che un ponte girevole, il quale in caso di sor-
presa si coglierebbe aperto. Del resto queste sono tutte
inezie; perché quando un assalitore fosse padrone di
tutto il ponte e delle sue batterie e dei forti circo-
stanti, senza i quali egli vi verrebbe distrutto insieme
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 93

al suo ponte in un momento, e si trovasse fino sul


labro del ponte girevole, a un tiro di sasso dall'abitato,
sarebbe un nemico poco risoluto se non voltasse i tetti
della città in capo a chi avesse la temerità di compro-
mettere, contro tutti gli usi di guerra, e tutte le leggi
dell'umanità, un ammasso di case scoperte. E in tal
caso non farebbe più bisogno che si divagasse « a occu-
pare una superficie di 172 miglia quadre » come il
sig. Milani ci narra essere necessario per penetrare in
Venezia (§ 121, p. 31); poiché a buon conto le gaz-
zette dicono, che, per entrare in qualunque fortezza,
basta fare una breccia di pochi metri, e non prendere
le centinaja di miglia.
Quanto al gas, non vale la fatica di pensarvi; la
strada ferrata o non si percorrerà di notte, o se si do-
vesse illuminare in tutta la sua lunghezza, lo stesso
mezzo servirebbe anche al ponte. Ad illuminare un
rettilineo scoperto meglio varrebbe, e meno costerebbe,
un solo faro a gas, giovevole anche alle barche sui
vicini canali; e non sarà più difficile illuminare, o con
gas, o con lampade, il ponte della laguna, che la Giu-
decca, O S . Giorgio Maggiore, e tutte quelle altre isole
che non sono congiunte a Venezia con ponti. E final-
mente ai pedoni sarà sempre più convenevole il tragitto
per aqua, che una passeggiata notturna di otto mila
e più metri fra le paludi fino a Mestre, tuttoché illu-
minata dal gas, o come dice il signor Milani, dal
vapore 1.
Ma questa splendida, ma pure accessoria, opera del
ponte noi consigliamo si faccia da ultimo, perché que-

1 « Degli ucquidocci di pietra, collocati tra la fabbrica


del Ponte, e osti sotto il lastricato dei due camminapiedi
servono per condotta dell'acqua: e dei tubi di ghisa
osti nel mezzo della larghezza del Ponte, in un canale
fatto appositamente, e rivestito di muro, per quella dei va-
pore ». Progetto Milani (pag. 36, § 144). ,
94 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
sta non è la parte dell’opera che possa aprire una nuova
vena di movimento commerciale; costerà come una
strada ferrata d'una lunghezza dieci volte maggiore;
e quando la strada intera, condutta a faticoso compi-
mento, affollasse in Mestre migliaja di passaggieri, il
vapore potrà porgere anche sull'acqua una bastevole
celerità di servigio a spesa assai minore, perché non si
dovrà pagare interesse e dividendo e ammortimento al
grosso capitale investito nella costruzione del ponte.
Perloché gioverebbe che per ora nei Conti preventivi
il capo della linea ferrata si supponesse stabilito a Me-
stre, e da tutta la linea si diffalcassero quegli ottomila
metri; i quali comprendono, oltre al ponte (3547m.),
una lunga tratta terrestre (4579m.) che, per le molte
paludi e i canali e i pericoli d'inondazione, sarà forse
la più scabrosa e costosa di tutte.

Del passaggio presso il lago di Garda.


Dopo tutte le cose dette, con qual fiducia accet-
teremo noi un'asserzione come quella dell'ingegnere
Milani, che e nessun varco facile, od almeno di spesa
proporzionata ad uno scopo d'utilità si apre tra le col-
line del lago di Garda? >. Dove sono i calcoli della
spesa, e quelli dell'utilità? Dove sono i dati di livella-
zione, i tracciamenti comparativi, le stime dei lavori?
E se vi fossero, qual valore avrebbero? Ma nel progetto
Milani, e nelle annesse carte nulla si trova. Le infor-
mazioni ch'io raccolsi sul porto di Desenzano, dove
il solo battello a vapore ha un movimento di venti-
mila persone all'anno, verificate da me collo spoglio
d'un sacco di bollette, e dove fanno capo quasi tutte
le quattrocento grandi o piccole barche di quel lago,
rimasero sepolte nell'officio tecnico.
Per fuggire il « varco non facile » e tutte le diffi-
coltà, l'ingegnere Milani propone un prolungamento di
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 95

15 mila metri con una discesa di 108, e una salita di 32.


E non lo fa per introdurre sulla strada ferrata una buona
città, come Bergamo; ma tutto al contrario lo fa per
aggirarsi nella parte più deserta, e sola deserta parte,
delle nostre pianure (Vedi la Mappa di popolazione
nel Politecnico, vol. I); lo fa per evitare il bellissimo
lago di Garda, dove i soli distretti bresciani contano
44 mila abitanti, forse i più industriosi del regno, e
inoltre fanno capo le provincie di Verona e di Man-
tova e il Tirolo Italiano. Sarebbe questa la parte più
amena di tutta la linea, a distanza quasi eguale da
Milano e da Venezia; dimodoché chiamerebbe mi-
gliaja di passeggieri a percorrere un assai lungo tratto
della strada, massime nella stagione invernale, quando,
in mezzo ai geli, quelle riviere coperte d'olivi sembrano
quasi un'isola di primavera. Sono intime e continue le
relazioni fra Brescia e la sua Riviera di Salò, fra Ve-
rona e la Gardesana, continuo il passaggio di migliaja
di lavoratori trentini alle pianure milanesi, grande lo
scambio dei bestiami e legnami delle montagne coi
grani delle basse, poiché le alte valli appena mietono
grano per tre mesi. Vi sarebbe un immenso movimento
a brevi distanze di minuto popolo, di necessarie sussi-
stenze, e di produtti del luogo, come i vini, gli olj, gli
agrumi, il pesce, la carta. E infine è quello un terreno
che ogni viaggiatore non inculto visita con amore, allet-
tato dalle antiche rimembranze del Benaco e di Sir-
mione. Ma sia pure che ingegneri e banchieri debbano
guardare con inesorabile disprezzo queste galanterie;
vediamo la questione d'arte e d'interesse.
Su tutto il controverso intervallo, il letto del Mincio,
che esce dal lago di Garda per discendere a quello
di Mantova, è sempre il punto più basso dei livelli.
Quanto più il passaggio si fa lontano dal lago di Garda,
tanto maggiore è la contrapendenza, vale a dire tanto
più sono i metri che nella discesa da Brescia a Verona
96 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
bisogna inutilmente discendere, per poi risalire a forza
di fuoco e di tempo.
Al contrario il punto da prendersi possibilmente di
mira agli studj, dovrebbe esser quello che producesse
minor contrapendenza, cioè quello che, posta una di-
stanza di 40 mila metri incirca da Brescia al Mincio,
fosse possibilmente 48 metri sotto al livello della sta-
zione di Brescia, e tuttora 27 sopra il livello della sta-
zione di Verona; nel quale astratto supposto non vi
sarebbe contrapendenza; e la continua pendenza fon-
damentale rimarrebbe poco più dell'I per mille. Que-
sto passo del Mincio dovrebbe dunque essere possibil-
mente 52 metri al disopra di quella linea di livello,
sulla quale propone di passarlo il sig. Milani. L'altezza
del passaggio potrebbe dipendere in parte dalla forma
del ponte stesso. E qui non si può non ricordare ad
esempio il bello e quasi inutil ponte che si ammira
a Borghetto in quelle vicinanze.
Siccome tutte le acque di quel territorio confluiscono
al lago e al Mincio, così non vi si possono trovare luo-
ghi più bassi del Mincio stesso. Perloché il livello fon-
damentale non potrebbe venir alterato se non dalle
interposte alture. Ora, queste si possono in gran parte
evitare con una sagace concatenazione di linee curve
e rette; in parte si potrebbero accavallare, rinforzando
la lieve pendenza fondamentale ch'è dell'uno per mille;
in parte demolire con tagli; in parte sottopassare con
gallerie. Sono per lo più coni bassi e isolati; solo alla
sinistra del Mincio formano due spine continue, che
sarà forse necessario traforare. Tutto quell'intervallo
può essere di circa 28 chilometri. Le alture non sono
continue, anzi in alcuni tratti sono assai sparse; e quivi
non solo il livello generale è favorevole, ma, perché il
piano della Logana è declive lateralmente verso il
lago, si può modificare l'altezza della linea coll'allon-
tanarla più o meno dal lago stesso. Supponiamo che i
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 97
poggi ingombrino la metà delle distanze, cioè circa
14 chilometri, e che per una metà si possano evitare,
o salire con tollerabili contrapendenze. Rimarrebbero
dunque da forzarsi con opere straordinarie non più di
7 chilometri, cioè quattro miglia incirca.
Ora, se si potesse per tal modo ottenere la più breve
linea, passando presso Castel Esenta, Castel Venzago
e Peschiera, si potrebbe avere, in confronto del lungo
circuito dell’ing. Milani, un abbreviamento di 15 mila
metri. AI costo di 250 mila lire al chilometro, si rispar-
mierebbero in questa parte quasi quattro milioni, che
potrebbero portarsi a rinforzare la linea più breve, e
a vincere con opere addizionali i supposti 7 mila me-
tri d’inevitabile altura. Avremmo dunque un soprapiù
di 500 lire per ogni metro corrente di strada. Ora que-
sto è il costo della gran galleria di duemila metri, che
si aperse sotto la città di Liverpool, e costò un milione.
insomma sarebbe questa la quarantesima parte della
linea Milani; e si tratterebbe di destinare, a sopraspesa
del solo movimento di t e r r a su questo breve tratto,.
all’incirca la somma stessa che l’ingegnere Milani do-
mandò per i movimenti di terra di tutta quanta la ma
linea, ch’è quaranta uolte tanto!
A questi dati, la linea breve e la linea lunga, alla
peggio costerebbe egualmente. E se non si studia il
terreno, non è possibile al Sig. Milani, né a chicches-
sia, dimostrare il contrario. Ma tutti vedranno che v’è
tutta la probabilità di risparmiarvi qualche milione. Se
le gallerie costassero così enormemente, come avrebbe
potuto il sig. Milani dimenticarsi di menzionar la spesa
delle tre da lui proposte? All’ultimo, rimarrebbe sem-
pre il ripiego dei piani inclinati e delle machine fisse.
Lo stesso sig. Milani riconosce pure la possibilità e
convenienza di condurre un braccio di strada ferrata da
Castiglione a Desenzano, attraverso a queste medesime
alture (§ 48 V.) e nella direzione della più ripida discesa.

7. - Scritti politici. II.


CATTANEO.
98 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

Vi sarebbe poi sempre a vantaggio della società la


minore spesa di manutenzione di 15 mila metri, gra-
voso e perpetuo pendizio, il quale, se, giusta i dati
del sig. Milani, è di quattro milioni all’anno per tutta
la linea, sarebbe di 220 mila lire per questa parte.
Inoltre si eliminerebbe una forte contropendenza. II
prezzo delle corse si potrebbe diminuire di lire 1,50;
il che fa un diciottesimo sulla corsa da Milano a Ve-
nezia (271,000m.); un decimo sulla corsa da Milano a
Verona; e un quinto, che non è poco, sulla corsa da
Brescia a Verona. AI risparmio del denaro corrisponde
il risparmio del tempo; quindi la possibilità di far le
corse giornaliere in un maggior numero di giornate
invernali, e di farne più d’una nelle giornate estive,
cose tutte che a circostanze eguali accrescono, con van-
taggio della società, l’utile della strada. E infine, per
ripetere ciò che fu detto da principio, la più spopo-
lata, disutile, disamena parte della linea, diverrebbe
popolata e utile, e la più amena di tutte. Se poi la so-
.cietà volesse tener fermo il prezzo delle corse, facendo
al passaggiero il solo trattamento del minor tempo e
della strada più bella,. ella, sopra mezzo milione di
persone, avrebbe 750 mila lire nette con una proporzio-
nata quantità di merci e bestiami. Al che aggiungendo
il maggior movimento per le ragioni sovresposte, sarebbe
moderato il calcolo d’un milione di maggiore introito
netto! E questo, sommato col risparmio di manutenzione,
rappresenterebbe un capitale enorme, al quale si do-
vrebbe aggiungere qualche milione che potremmo qua-
si esser certi di risparmiare suli’abbreviamento delle
costruzioni, e massime sul grave prezzo del ferro. E
poi, per conchiudere questo inventario di felicità, ag-
giungeremo, che un diciottesimo meno di lavori ci
dovrebbe, sopra nove anni, dar compiuta Ia linea mez-
z’anno prima. I1 che sarà un gran regalo per tutti quegli
sventurati che dovrebbero partir da questo mondo in
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 99

quell'ultimo semestre, senza avere il gusto di far la


gran corsa a vapore da Milano al mare!
Giova dunque consigliare agii azionisti che sen-
z'altro si ordini di fare una fitta rete di livellazioni su
tutto quel triangolo di terreno; lavoro che può compiersi
in un mese. E se gli incaricati della società non vi
trovassero lodevole scioglimento, si stampino pure i pro-
fili, e s'invitino con larghissimo premio gli esperti a
porvi il loro ingegno. Allora soltanto si avrà diritto di
dire che si sono fatti gli studj. A questo non manca
tempo; intanto si compia la rimanente e principal parte
dei lavori. E si vorrebbe ripetere ciò che nel 1837 in-
vano ebbi a dire intorno al braccio di Monza, cioè
che la società non deve lasciarsi preoccupare il terreno
presso al lago di Garda; altrimenti vi potrebbe surgere
fra poco un'impresa rivale; e la costruzione della strada
ritroverebbe tra Brescia e Verona quegli stessi ostacoli,
che l'imprevidenza le accumulò tra Brescia e Milano.
Rendiconto dei direttori.
Nel rendiconto publicato dalla direzione (V. Atti
officiali del congresso 30 luglio 1840) le spese dirette
deli'operazione tecnica si facevano già salire a più di
300 mila lire (310,346). Può giovare ad altre simili
imprese il dire che dieci o dodici ingegneri, scelti nel
fiore della gioventù, si potevano ripartire in altrettante
sezioni di dodici o tredici miglia, ove operassero con
norme uniformi, proposte, discusse e sancite in presenza
dei direttori e d'un capo d'ordine. Così l'unità dell'opera
si sarebbe congiunta alla sacra proprietà delle fatiche
ed allo stimolo della risponsabilità e dell'onore. Si sa-
rebbe potuto fare anche un diverso riparto a seconda
delle speciali attitudini; il piano stradale ad alcuni, ad
altri le stazioni, ad altri i ponti, ad altri la sistema-
zione delle rotaje e dei rotanti; ma sempre in modo
che ciascuno avesse sull'opera propria il proprio nome.
100 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Ma intendiamoci, molte livellazioni, molti calcoli, molti
scandagli, molte discussioni, ma pochi disegni; perché
queste finitezze sono inutili in un progetto sommario,
soggetto a grandi mutazioni. Se un ponte viene smosso
dal suo luogo un centinajo di passi, non si trova più
la stessa direzione della corrente, la stessa profondità,
la stessa larghezza, le stesse rive, si cangiano le argi-
nature, si cangia l'avvallamento. Dunque basta stabi-
lire i limiti estremi, fra i quali possono variare le masse
di costruzione. I1 concorso delle viste e delle menti, e
il conflitto regolare delle opinioni avrebbero recato nel-
l'officio dell'impresa tutti quei lumi dei quali il paese
parve povero, mentre più ne abonda. L'uomo di merito
avrebbe potuto servire con dignità e responsabilità, e
non avrebbe avuto a soffrire il giogo di discipline umi-
lianti; avrebbe prestato l'opera della sua intelligenza,
non la servitù della sua mano. A diecimila lire ciascuno,
sarebbero costati a un dipresso ciò che costarono i
trenta ingegneri subalterni, trattenuti a lungo a miniar
disegni d'inutile apparato, e troppo scarsamente pagati.
E sarebbero sparite tutte le altre spese di questa partita
(180,000), e sopratutto il costoso stabilimento d'un offi-
cio tecnico, al quale poteva ben servire il locale della
direzione, e il mostruoso onorano dell'ingegnere in capo,
che in luglio scorso era già salito, senza le spese d'al-
loggio, a lire 88 mila (87,984), e che a conti finiti non
sarà molto al disotto di lire centomila; con quell'utilità
che omai si vede.
Le spese statistiche costarono per le province lom-
barde 3318 lire, per le province vénete più del doppio
(6807). Fatte da una sola mano, e non dirette dall'in-
gegnere, che non ne aveva pratica, dovevano costare
assai meno; e potevano abbozzare una statistica del
regno, opportuna a mille usi industriali. La maggior
parte delle notizie raccolte per le province lombarde
rimasero inedite nell'officio tecnico, perché non erano
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 101

estese colla stessa diligenza alle province vénete. L'in-


gegnere diramò una rete estesissima di dimande inutili,
e le ricerche più importanti e fondamentali, cioè quelle
che riguardano il riparto e Paggruppamento e l'indole
della popolazione, si riducevano a due sole: popola-
zione assoluta d'ogni provincia e d'ogni città, senza
alcun rapporto alla densità ed alla distribuzione. L'esteso
lavoro tabellare che si fece nelle province lombarde,
porse materia ad un articolo di questa nostra Raccolta
(vedi Vol. I.); ma restano inéditi per lo meno venti
altri lavori tabellari d'egual fatica, frutti di spontaneo
zelo, e due soli vennero inseriti in parte nel progetto
Milani, cioè i movimenti dei sali e dei tabacchi, però
mutilati, e non estesi con eguale sviluppo alle province
vénete. Mancano le tabelle dei consumi urbani, delle
importazioni, delle esportazioni, dei transiti, dei pro-
dutti rurali, dei bestiami, delle industrie principali,
delle materie da costruzione, dei mercati, dei pedaggi
di terra e d'acqua, dei viaggiatori, dei passaporti, delle
strade, dei prezzi di trasporto per terra e per aqua,
delle linee navigabili, del tempo delle corse in ascesa
e in discesa, della portata e del numero delle barche
sui canali, sui fiumi e sui laghi, e dell'attitudine della
strada ferrata a collegare fra loro le diverse linee di
navigazione interna, le quali in Lombardia sono in
proporzione maggiore che nel Belgio, e in paragone
di superficie più del doppio che in Francia. Questo
ammasso di notizie, raggruppato e riassunto in breve
spazio, avrebbe svelato la prima volta agli esteri, e a noi
medesimi, l'immensa forza produttiva del paese sul
quale si doveva stendere la strada ferrata; e col con-
fronto dei fatti materiali avrebbe infuso una ragionata
e ferma persuasione nella immancabile bontà finale del-
l'impresa, e dimostrato ch'essa non si deve confondere
colla marmaglia delle altre strade ferrate. In questo do-
veva consistere il progetto a stampa, perché questa è
102 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - 11
la base, sulla quale deve surgere, e alla quale deve
proporzionarsi il coraggio degli azionisti e lo slancio
delle spese. Per la parte tecnica bastava indicare le
pendenze e i movimenti di terra, nonché le gallerie e
gli altri lavori straordinarj; perché del resto gli azio-
nisti sanno a memoria i prezzi delle guide, e dei cusci-
netti, e dei chiodi, e di quelle pietre milliari che nes-
suno dimentica mai. E tutti infine sanno che gli inge-
gneri i quali fanno i conti preventivi, scrivono sempre
i numeri più piccoli dei ragionieri i quali fanno i
consuntivi.
Se le cose fossero procedute coi principj d'una do-
mestica azienda, gli amministratori avrebbero potuto
seguir sul terreno l'impresa, e stabilirsi in qualche punto
della linea, probabilmente nel mezzo; e non si sarebbero
disgregati in due sezioni alla massima distanza, in modo
che un corpo forma due corpi; quando una parte non
si rassegni ad una continua nullità, le volontà più con-
cordi non possono non venire presto o tardi a conflitto;
e le minime communicazioni, a cui basterebbe una
parola, importano impegno di processi verbali e let-
tere e protocolli, e un tempo infinito; il quale, divo-
rando gl'interessi, divora i capitali, e provoca la na-
scita delle difficoltà, e sembra aspettare a bello studio
finché arrivino le crisi, e ai furori del credito succedano
le smanie del discredito. Per questo modo le spese d'ono-
rari, locali e registri, e posta e corrispondenze si sareb-
bero in gran parte soppresse. Posso provare che a que-
st'ora si sarebbero risparmiate 70 mila lire; e in futuro a
proporzione.
In tal caso gli amministratori, essendo interamente
dedicati a quest'opera, e non assorbiti dagli affari della
propria casa, avrebbero potuto recarsi ove il bisogno
richiedeva; e non avrebbero dovuto confidarsi ad agenzie
di terzi. Queste non sollecitarono menomamente le fac-
cende sociali; anzi da esse provennero tutte le presenti
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 103

complicazioni e difficoltà. Quanto poi al commodo ch'esse


porgono ai versamenti nei diversi luoghi, a ciò avreb-
bero pensato gli azionisti che vi si trovano. La spesa di
queste inutili e pregiudicevoli agenzie, non legittimate
dallo statuto, saliva già l'estate scorsa a lir. 42,646; e
non si è mancato di dirlo e di scriverlo in tempo.
Così pure mentre i fondatori ottennero centomila
lire (99,638) di rimborso, in forza d'uno statuto fatto da
essi medesimi, e non controverso dai direttori perché
sono ancora essi medesimi, questa partita si poteva ri-
durre alle sole spese d'emissione dei certificati; e la
società fondatrice avrebbe proveduto alle spese pro-
prie sulla sua soscrizione, poiché in virtù di questa
ella ottenne anche l'aggio delle azioni. Questa partita
si sarebbe dunque potuta ristringere ad un quinto.
Per ultimo, se non si fosse differito d'alcuni mesi
ad investire a frutto il capital giacente nella Cassa di
Milano, non vi sarebbe una lacuna tra gli interessi pa-
gati agli azionisti (300,000) e i frutti ottenuti dalla Dire-
zione (271,678), cioè più di 28 mila lire.
Riassumendo, diremo, che un'ordinaria amministra-
zione, come qualunque altra di questo paese, avrebbe
fatto i seguenti risparmj:

Spese superflue dell'officio tecnico . . Lir. 180,000


Doppio officio della direzione, corrispon-
denza e registri doppj . . . » 70,000
Agenzie . . . . . . . . » 42,000
Rimborso ai fondatori . . . . » 80,000
Capitale infruttifero . . . . . » 28,000

Lir. 400,000

Questi risparmj sono in accordo colla piena osser-


vanza degli statuti, e ammontano alla metà incirca
delle spese fatte. Ma se il più semplice principio am-
104 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ministrativo avesse retto la compilazione degli statuti
medesimi, le forze pecuniarie della società potevano
tenersi ancora più raccolte; e si potevano conservare
all'opera altre 300 mila lire, che si dispersero sotto
titolo d'interessi, senza vantaggio alcuno nemmeno nel-
I'aggio delle azioni, ch'era alto egualmente prima della
promessa degli interessi come dopo. I1 risparmio som-
merebbe allora a lire 700,000. Perloché sulla somma
di lire 873,458, alla quale ascendeva fin dallo scorso
luglio la passività del Rendiconto, le vere spese utili
si riducevano allora ad u n quinto!

Del pagamento degli interessi.

Questo punto si oppone alle abitudini della Borsa;


ma un'amministrazione paterna, e non complicata col
principio bancario del lucroso smercio delle azioni,
non avrebbe mai costituito sulle rate di capitale un
frutto prematuro e fittizio. Chi mai, edificando una casa,
ne riscuote il fitto, prima d'averne posto le fondamenta?
Se per supposto, un tunnel sotto un gran fiume, o
un gran ponte, alla perfetta sua costruzione e consoli-
dazione richiedesse dieci anni prima d'esser posto in
utile esercizio, il frutto del capitale investitovi non
potrebbe scaturirne se non dopo i dieci anni. I frutti
non percepiti si metterebbero in conto di maggior ca-
pitale contribuito; il ricavo dell'opera dovrebbe essere
largo abbastanza di farvi compenso; e quindi a opera
inoltrata le azioni non si potrebbero cedere senza per-
dita se non al disopra del pari.
Ma se, per allettare con vezzo bancario e coll'ap-
parenza d'una vendita al pari, si preleva un interesse
durante i dieci anni, ciò vuol dire, che chi avesse con-
tribuito per un'azione di 1000 lire, suddivisa in versa-
menti di 50 lire a sei mesi d'intervallo, e ne avesse
ricevuto il 4 per 100, in capo a dieci anni avrebbe
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 105

ritirato a sé, sotto forma di preteso frutto, 210 lire del


capitale; e ne avrebbe messo realmente nell'opera sole
790. Tanto fa che avesse pagato le sole lire 790; e avesse
risparmiato l'incommoda e non gratuita farsa delle rate
d'interesse. Nella nostra impresa ognuna di queste rate
importa cinquantamila numeri d'annotazione, e quando
interviene un'agenzia, il triplo!
Se poi per la materiale costruzione è veramente ne-
cessario il prefisso numero d'azioni intere da lire mille,
egli è certo che l'opera in capo ai dieci anni non si
troverà finita; e bisognerà effettivamente rimettere, in
altre azioni o in qualche maniera, le 210 lire, che si
sono date e riprese. I versamenti, in apparenza sempre
eguali, saranno divenuti progressivamente più deboli
e languidi, poiché ad ogni versamento l'azionista, pa-
gando con una mano una somma sempre eguale, avreb-
be riscosso coll'altra una rata d'interessi sempre cre-
scente; cosicché nel ventesimo pagherebbe le solite
50 lire, ma ne riprenderebbe 20 a titolo d'interesse,
e 30 sole entrerebbero nelle costruzioni, le quali perciò
si protrarrebbero fin oltre il quattordicesimo anno. II di-
videndo promesso dovrebbe dunque ripartirsi sopra una
maggior cifra capitale. Epperò l'impresa sembrerebbe
sbagliata, anche quando i lavori riescissero di tutta per-
fezione, e le spese corrispondessero a tante migliaja di
lire quante vennero fedelmente indicate nella stima del-
l'opera. Questa falsa apparenza di cattiva riuscita è per-
niciosa al pari d'un vero disastro. Per facilitare in modo
improvido e inopportuno lo smercio delle azioni, il
banchiere smove da lontano quel credito universale di
cui la professione vive, e provoca quella crisi che può
portare in fumo la seducente sua fortuna.
Questo è.dunque un gran quesito che la legislazione
europea deve sciogliere. Postoché l'opera dei banchieri
è necessaria alla diramazione delle azioni industriali,
ossia all'adunamento del capitale : postoché senz'aggio
1O6 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
largo e pronto non si può pretendere l’opera dei ban-
,- chieri: qual forma la legge debba condannare nel-
raggio, e quale ella debba proteggere, affinché l‘inganno
sia minimo, e men ruinoso il disinganno, e le utili opere
vengano efficacemente promosse.
Origine della controversia sulla linea di Bergamo.
La controversia, che ferve tra la linea di Treviglio
e di Bergamo, non si può intendere, se non si risale
alla sua fonte, poiché non è questione d’arte, ma d’in-
teressi. La commissione fondatrice véneta erasi appro-
priata, come già si disse, la soscrizione di cinque mi-
lioni, senza il parere degli interessati, in un tempo in cui
già vi correva I’aggio del 9 per 100; vale a dire una
somma di quattrocento e più mila lire, post factum, e
senza rischio. Gl’interessati se ne lagnarono; vari ban-
chieri viennesi vi fecero far protesta all’adunanza del
21 agosto 1837; e nel processo verbale si possono leg-
gere le sottigliezze colle quali s’impose silenzio ai pro-
curatori. Ma per riuscirvi si era già promessa l’institu-
zione d’un’agenzia, la quale promovesse colà la spe-
dizione degli affari (ciò che toccava veramente ai di-
rettori in persona), e pagasse e riscotesse in luogo a
rischio della società; ciò che non era necessario, né pre-
visto dagli statuti.
Le trattative si prolungarono; e giova qui riferire
alcuni brani d’una nota ch’ebbi allora occasione di
scrivere pei direttori.
« Si tratta di porre in mano di terzi parte del pa-
trimonio sociale, senz’autorizzazione della società, e
senza vero bisogno, cosa che non entra nei limiti d‘una
generale e paterna amministrazione. Poiché non si può
dire che i padri di famiglia sogliano accumulare senza
bisogno le somme in una sola mano, che, comunque
onorata e valida, è pur sempre esposta alle umane vi-
cende.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 107

« L’istituzione d’una ricevitoria per sé non facilita le


opere di costruzione, non accerta maggiormente l’incas-
so del denaro ... non promove la collocazione delle azioni,
perché son già tutte collocate. Essa non è che un’agevo-
lezza conceduta a quella parte degli azionisti... e deve
dare alle azioni un maggior favore su quella piazza, che
sulle altre grandi piazze d’Europa. Se la direzione crede
utile all’impresa che le azioni ristagnino perpetuamente
in una sola piazza ... ch‘esse non entrino mai nella circo-
lazione europea, che possano soggiacere ad un’unica
crisi, ed d’arbitrio di poche case, alle quali sarà neces-
sario render pedissequa la gestione degli affari, ella deve
determinare da questo momento che non si debba mai
erigere altra ricevitoria. Ella deve determinare che gli
azionisti che colà risiedono, debbano avere un privile-
gio,... senza il quale essi furono egualmente volonterosi
d’acquistarle ... Ma se il credito delle azioni può venir
promosso dall’istituzione d’un’agenzia, sarebbe utile te-
nersi in libertà di poterne stabilire altre ancora... Dun-
que le cautele da imporsi a questa prima istitu-
zione devono servire di modello perpetuo, dal qua-
le non si potrebbe più prescindere senza far torto. ..
Se una protesta o qualunque altra opposizione aves-
se mai a rinovellarsi, l’instituzione di un’agenzia po-
trebbe forse divenire un pegno in mano agli avversarj ...
Quanto al compenso da prestarsi, l’agenzia come solle-
citatrice dev’essere a carico di tutta la società; ma quello
della ricevitoria deve tornar a carico di chi ne profitta;
quindi non può consistere in una somma fissa, perché il
numero di quegli azionisti è variabile ».
I1 parere fu inutile: s’istituì fuor dello statuto i’agen-
zia e s’istituì con annuo soldo fisso, il quale dalle richie-
ste lire 50 mila con fatica si ridusse a 24 mila. L’unico
servigio ch’ella prestò in quell’anno si fu di pagare a
quegli azionisti due rate d‘interesse, cioè forse 60 mila
lire; il che costò una provisione di lire 24 mila (40
108 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

per 100) alla società tutta, compresi quegli azionisti che,


dimorando in altre città, non se ne potevano valere. Le
amministrazioni bancarie inclineranno sempre a con-
durre gli affari in questo modo.
I nocevoli effetti d'una non necessaria fidanza in lon-
tani agenti si congiunsero agii effetti duna soverchia
indipendenza concessa al lontano officio tecnico, poiché
i direttori moltiplicavano d'ogni parte questi costosi sta-
bilimenti. Importava assai di promovere cogli studj tec-
nici quella parte delle domande sociali che si riferiva
al braccio di Monza, e perché cosa di non dubbio valore
in sé stessa, e perché volevasi tenere il terreno tutto libe-
ro e sgombro da rivalità. Ma l'ingegnere aveva già tesi
i suoi fili sulla Carta, e non voleva spender pensieri fuori
di quella sacra lista. Alcuni abitanti di Bergamo, inge-
lositi dal rapido rettilineo che congiungeva il commercio
di Milano col mercato di Brescia, Verona e Vicenza,
publicarono una memoria, in cui si esponeva I'importan-
za statistica della loro provincia; il che nessuno aveva
mai posto in dubbio; anzi per ciò appunto erasi abbando-
nata la primitiva linea di Pandino e Orzinovi, e attraver-
sata in lungo e in largo la loro pianura. Ma quando vol-
lero dimostrare che convenisse congiunger Brescia e
Milano per la via di Bergamo, e per provarlo citarono le
mie stesse Ricerche, vollero provar troppo, perché le co-
se ragionevoli hanno un confine. E perché gli Annali dì
Statistica riprodussero il loro scritto, mi fu mestieri
apporvi alcune note, affinché quella citazione, in quel
giornale, non mi facesse credere d'un'opinione che non
era la mia. Accennerò le cose principali che misi in
discorso, e che dopo tre anni vennero poi rimesse in
campo come cose nuove.
Notava che la strada per Treviglio era quasi ret-
tilinea, quella per Bergamo snodata in più tronchi
divergenti, con gravi angolature, complicate colle forti
movenze del terreno e cogli sparsi edificj suburbani;
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 109

maggiore la lunghezza forse da otto a nove miglia; la


città bassa di Bergamo, a così breve distanza, elevata
all'incirca sopra Milano, quanto Milano è sopra Vene-
zia, e il triplo di quello che la più lontana Brescia è so-
pra Milano; interrotta la linea da forti interpendenze,
perché rade continuamente il piede delle alture; per
tutte queste necessità di raddoppiare le forze dei mo-
tori, o dimezzare il peso dei carichi, o soffrire la per-
dita delle velocità. Combinati tutti gli effetti, il tempo
e la spesa della corsa fra Brescia e Milano potevano
forse elevarsi a due quinti di più. Bergamo e Monza
si potevano involgere nella rete delle strade con rami
laterali, mentre il rettilineo vi congiunge di più sei
capodistretti, che formano già per sé 40 mila abitanti,
e altrettante popolazioni d'indole mercantile, aggrup-
pate in altri grossi borghi. Bergamo si troverebbe alla
stessa condizione di Brusselle sulla gran linea belgica;
assurdo il cominciare la più rapida via verso Brescia,
Verona e le altre città poste a levante, con una gran
corsa verso Monza e settentrione. Nel caso poi che la
cosa si riducesse ad una linea laterale da Bergamo per
Monza a Milano, essa doveva costare il triplo di quella
da Bergamo a Treviglio; e la spesa maggiore doveva
ricadere sui passaggieri, quindi in massima parte sui
Bergamaschi, essendoché pochi Milanesi hanno aziende
in quella provincia. Il braccio di Treviglio costerebbe
come 1, e servirebbe come 3, mentre quello di Trezzo
avrebbe costato come 3, e servito come 1. I1 primo
era utile per congiungere direttamente Bergamo e le
sue valli coi mercati delle sue pianure, altrimenti una
gran parte di questo movimento si svierebbe dalla
città, scorrendo lungo il lago d'Iséo verso Chiari e il
più vicino accesso alla strada maestra. Il partito più
giovevole all'agricoltura e all'industria di tutta la pro-
vincia doveva riescire anche il più giovevole ai possi-
denti ed ai capitalisti che soggiornavano nella città;
110 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

poiché, se la città si voleva considerar come sconnessa


dalla provincia, rappresentava solo l'undecima parte
della popolazione e la settima parte delle aziende mer-
cantili e industriali; ma, come capoluogo d'un vasto
territorio, doveva arricchirsi a seconda della generale
prosperità che gli si propagasse intorno.
Caduta la questione in balia dei disgiunti interessi
locali, non si poteva più discutere quella dei grandi e
comuni interessi. A questo modo anche Mantova avreb-
be potuto dire: passate di qua. E perché non lo avreb-
bero detto Lodi, e Crema, e Cremona? E quando la
strada fosse giunta da Bergamo a Monza, poteva dire
l'imprenditore della strada di Como: fate grazia a va-
lervi della mia linea per lultimo tronco della vostra, e
risparmierete la spesa d'una stazione. La locomotiva
dunque andrà girando a spinapesce in su e in giù,
a pascolo di tutte le prevenzioni municipali e di tutti
i privati interessi? Queste sono pretese fatte per di-
sciogliere ogni principio d'associazione e di generale
prosperità. Gli uomini culti, che, facendosi adulatori
alle vulgari opinioni, ritardano o sconciano o sventano
le belle ed utili imprese, devono risponderne sul nome
loro alla posterità. Ed è perciò che in quella controversia
ebbi loro il riguardo di non nominarli; ed essi si lagna-
rono a torto del mio silenzio Ad ogni modo Bergamo
non poteva lagnarsi di chi si era adoperato per trasferire
la strada ferrata della provincia di Lodi e Crema nella
sua, attraversandola per venti miglia, e sviluppandola
o direttamente o lateralmente sopra 31 miglia di paese.
Del resto il progresso dei tempi si mostra in que-
sto, che degli altri municipj, che avevano in questa
controversia simili interessi, nessuno li pose inanzi, a

Vedi Esame delle osservazioni soggiunte dagli Annali


di Statistica (p. 4, III).
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI III
turbare deliberazioni della generale utilità; e tutti si
rimasero tranquilli nella certezza che alla prosperità
commune dello Stato rapidamente cresciuta ognuno avrà
la sua larga parte.
Tuttavia siccome la contraria prevenzione aveva pre-
so forte radice e si nutriva dall’emulazione mercantile,
bisognava impedire che queste false e importune idee
opponessero all’impresa ed al bene generale quei di-
sastrosi ostacoli, dei quali ora possiamo già valutare e
deplorare gli effetti. Bisognava dunque difendere con
solerzia e vigilanza gli ampj diritti di priorità, coi qua-
li fin dalla primavera del 1836 la Società lombardo-vé-
neta aveva preoccupato le communicazioni di Brescia,
Bergamo e Monza. Bisognava sostenerli tutti, per aver
campo libero di scegliere l’ottimo partito e d’assicu-
rarsi prima ch’entrassero imprese rivali a farne contesa.
In ogni guisa il braccio di Monza, tra la capitale e la
popolosa Brianza, non. era poi cosa da spregiarsi tanto,
che non valesse la fatica di farvi fare una passeggiata
dagli ingegneri della società; e persone avvedute vi
avevano cominciato quegli studj preparatorj, che die-
dero poi così sollecito frutto. Ma non fu possibile
determinarvi l’ingegnere Milani; e quantunque la se-
zione lombarda infine se ne fosse persuasa, le sue deli-
berazioni svanirono in un inutile carteggio, e non pre-
sero mai l’efficacia di comando. La stessa cosa era av-
venuta sulla questione del lago di Garda. Anche per
il braccio da Treviglio a Bergamo fu necessario in
novembre 1837 promover dimande d’altre persone, pri-
ma che l’officio tecnico se ne volesse occupare. E il
luogo indicato nel 1837 dall’architetto Durelli per la
stazione di Milano, non si adottò definitivamente se
non col protocollo d’agosto 1838, quando il progetto
era già compiuto; poiché l’ingegnere Milani voleva fare
l’entrata per l’angusto Borgo dei Monforti.
Il principio dell’amministrazione bancaria produsse
112 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tutti i suoi effetti; e mentre il lontano officio tecnico
nella sua indipendenza si rifiutava a difendere cogli stu-
dj del terreno la proprietà sociale, la lontana agenzia
si collegò sul braccio di Monza coll'avversa impresa, a
cui rimase abbandonato il campo; e così di ritardo in
ritardo andò trascorrendo infruttuoso il tempo fatale
del favore di Borsa.
In breve le cose erano cangiate; l'impresa di Monza
divenne un fatto, un fatto in Borsa, e un fatto sul
terreno. Non si poteva più far sembiante di non ve-
derla; non le si potevano più ricusare gli onori d'una
trattativa, o quelli almeno d'una operosa emulazione.
Chi, sprezzando i buoni consigli, non' aveva avuto l’ac-
corgimento di opporre studj a studj e progetto a pro-
getto, doveva opporre in tempo lavori a lavori. Dopo il
giorno 7 aprile 1840, la direzione munita di privilegio,
poteva recare sul terreno i tre milioni che aveva alla
mano, e il dipiù che avrebbe potuto avere. Ella poteva
aver già commesso le sue rotaje, le sue locomotive, pre-
disposto i suoi contratti, poteva immantinente dar ope-
ra al terrapieno, che sul primo tronco presso Milano,
con una più studiata e frequente snodatura di livellette,
e con queli'opportuno pendio che Séguin consiglia in
vicinanza alle stazioni principali, si può ridurre al
minimo (V. Politecnico, vol. III). Con fatti risoluti poteva
ancora sottrarsi ad ogni opposizione; e, dacché per tan-
ti anni non aveva mai convocato il congresso degli azio-
nisti, poteva, alla lettera dello statuto, convocarlo pei
primi mesi dell'anno consecutivo; e non comparirgli
inanzi, se non quando già fumasse sul primo suo stadio
la locomotiva. Come avrebbe omai potuto l'impresa
rivale costringerla e invilupparla?
Ora perché la direzione non fece nulla? Perché la-
sciò giacere inonorato il suo privilegio? Fatto sta che
l'ingegnere aveva poco ardore d'impegnarsi nell'opera;
e i direttori non potevano più esercitare il comando
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 113

sull'officio tecnico, perché, non avendo già diretto rap-


porto cogli ingegneri subalterni, avevano poi conchiu-
so coll'ingegnere in capo, in onta agli statuti e al de-
ciso e insuperabile dissenso dei legali, quel contratto
di locazione e conduzione d'opera, che lo costituiva
irremovibile, e perciò affatto indipendente, e signore
di sé e dell'impresa. Quindi, invece d'attendere a ri-
bassare le sue livellette e contar bene i suoi metri cubi,
egli attendeva a scrivere dissertazioni contro la linea di
Bergamo, e dichiarare ai direttori in cospetto del pu-
blico ciò che voleua fare, e ciò che voleua non fare
E in queste confabulazioni, seminate di molti e gravi
errori2, si consumava il tempo, il tempo prezioso per
far chiamate di denaro; poiché I'aggio correva al di-
sopra del 20 per 100; ed era providenza il moderarlo.
E non sarebbe poi stato necessario chiamar denaro
quando l'aggio era già ricaduto sotto al pari, e poi disdir
la chiamata, e tuttavia provocare il rischio dell'abban-
dono delle azioni.
Il primo congresso dei rappresentanti degli azioni-
sti avrebbe dovuto anzi tutto esercitare le esclusive
facoltà, riservategli dallo statuto, d'eleggere i direttori.
Non lo fece; e passò oltre con una specie di ringra-
ziamento, che poteva valere come una conferma, se la
conferma non supponesse un previo fatto legale, che

Vedi le memorie dell'ingnere Milani: Qual linea


seguir debba da Brescia a ec. Dietro quali consi-
derazioni generali, t o ografiche, economiche, tecniche si
debba determinare il luogo o luoghi ec.
Per esem io, dimenticando l'attivissima navigazione da
Trezzo per e il Naviglio di Paderno al lago di Corno,
e quella da Palazzolo per la Fusa al lago d'Iseo, scriveva:
« La seconda linea alla di lei destra ha monti ed alpi, dove
popolazione scarsa, paesi rari, strade poche e difficili, nes-
suna acqua navigabile, nessun canal manufatto »! (V. Qual
linea ec., § 35, p. 16).

-
8. CATTANEO. Scritti politici. II.
114 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
qui non esiste. E così a tutti gli atti della presente am-
ministrazione manca il fondamento d'una rigorosa le-
galità; e sovrastano tutte quelle conseguenti risponsa-
bilità che il corso delle cose e degli improvidi contratti
potrà tosto o tardi arrecare.
Nel congresso il presidente espose in succinto il
progetto deli'ing. Milani; e ripeté la strana asserzione
che l'introito delle persone debb'essere due quinti dei
totale, e tre quinti quello delle cose. E questo e gli
altri radicali errori, che il lettore conosce, vennero ac-
colti con vivi e replicati applausi di piena approvazione
(Protocollo ec., pag. 13).
Allora il Sig. J. Castelli, forse non ricordandosi più
che la strada di Monza era già fatta da altri, e la loco-
motiva vi aveva già corso le sue prime prove, propose
il dubbio se la società dovesse fare la sua strada per
Monza o per Treviglio. I1 suo dubbio venne anch'esso
accolto con applausi, non però unànimi. Ma tuttavia
l'adunanza deliberò ch'entro a quindici giorni, che
divennero poi quattro mesi, si dovesse eleggere una
commissione di tre tecnici e due statistici, per chiarire
il dubbio del sig. Castelli. I quali avendo, dopo altri
quattro mesi, pronunciato che convenisse fare la stra-
da per Monza, rimane ancora che gli azionisti dicano
la loro volontà; e frattanto l'anno primo del privilegio
andò compiutamente perduto. E v'è di più che anche
la strada di Monza a Bergamo è preoccupata, e di
poco stava che non fosse occupata anche quella da Ber-
gamo a Brescia.
In che consista la questione di Bergamo.
S'intende forse che si debba fare una seconda stra-
da, ed anch'essa per Monza? oppure che la società, la
quale ha l'intero privilegio, e non ha peranco ragione
d'essere pentita, debba lasciarne cadere la parte mi-
gliore, quella cioè che riguarda i tronchi di strada più
111 - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 115

prossimi a Milano, la città più popolata, più industriosa,


e oltre modo più ricca di tutte? Ammetto, contro l’opi-
nione del Sig. J. P., che la società possa cedere una par-
te del suo privilegio, poiché si convenne negli statuti
che lo possa cedere per intero, e il diritto maggiore
comprende il minore. Ammetto che lo possa fare,
quando l’interesse suo glielo consigli, e quando massi-
mamente la communicazione a vapore tra Venezia e
Milano venga con questi concerti assicurata, anzi con-
dotta a più pronto esercizio. Ma di questa cessione, e
della convenienza di conchiuderla o di rifiutarla, nulla
si è giudicato; e senza questa premessa è inutile ogni
altro discorso.
E vero che quando i movimenti di due strade si
possono radunare sopra una sola, questa a circostanze
pari potrà dare un reddito più pingue. Ma dopo le
cose dette, non parranno molto solidi i calcoli dell’in-
gegnere Milani, dai quali risultò che l’una strada sia per
dare 9,65 per 100, epperò che sia per dare 11 l’altra.
E chi ci assicura poi che tutte le persone e le cose, che
avrebbero percorso la linea retta e piana, troveranno
interesse a pagare la corsa sulla linea tortuosa e ac-
clive? E già grave il dubbio che queli’enorme ammasso
di merci, che, giunto per acqua a Mantova, s’avvia per
terra verso Milano, possa confluir per intero sulla li-
nea ferrata del piano. Chi assicura che ne possa giun-
gere alcuna parte fino all’altezza di Bergamo? Bergamo
è sopra Milano, a un dipresso quanto Milano è sopra
il mare, cioé quanto la Cupola del Duomo è sopra
Milano. Credete voi che tutte le merci potranno pa-
gare quello sforzo di machine e di fuoco, c h è neces-
sario per portare inutilmente e perpetuamente a quel-
l’enorme altezza trecento o quattrocento mila tonnel-
late all’anno, cioè il carico di mille bastimenti?
Le azioni della strada di Monza per ora non cor-
rono la Borsa, non sono possedute da terzi, come sup-
116 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
pone il Sig. J. P.; ma sembrano ristrette in una sola
mano; quindi facile sarebbe I'aggregarle alla società
lombardo-véneta: ma come si può determinarne il va-
lore? Come potrà stabilirsi la cifra alla quale il posses-
sore abbia guadagno a cedere, e alla società convenga
comperare?
Le questioni da studiarsi erano molte. 1.° Se con-
venisse alla società lombardo-véneta ricuperare a titolo
oneroso quella parte della primitiva sua impresa, che
riguarda il braccio di Monza, e che l'incuria dei diret-
tori e dell'ingegnere lasciò cadere in altre mani? 2.°
Qualprezzo si potesse attribuirle, e per l'introito che
si può sperarne, e per il vantaggio di rimovere una
dannosa rivalità, e riacquistare il libero movimento.
3.° Se divenuta signora del braccio di Monza, la
società non dovesse alienarlo di nuovo, paga di
stipular condizioni che l'assicurassero dalle molestie
della rivalità. 4.° Se non piuttosto debba giovarsene,
per promovere con proprio vantaggio il prolungamen-
to laterale verso Bergamo; 5.0 finalmente se, acquistato
il braccio di Monza, non le convenga dirigere per
quella parte la sua linea maestra, e abbandonare la
via rettilinea di Brescia. A quest'ultima questione deb-
bono precedere tutte le altre, e perché questa presup-
pone già l'acquisto della strada di Monza, e perché
quelle potrebbero sciogliere la difficoltà, senza rimet-
tere in controversia l'opera fondamentale, e arrestarne
il pronto compimento. Il ripiego dell'uso promiscuo
renderebbe più difficile la questione e più oneroso il
suo scioglimento. Ma la società non deve darsi molta
sollecitudine di tutto questo; poiché tre quarti della
sua linea le rimangono in piena libertà; e invero l'atti-
vità dei direttori e il capita1 sociale ne hanno d'avanzo
per parecchi anni.
Bergamo potrebbe applaudirsi gran fatto, quando,
non ottenendo il passaggio della linea maestra, otte-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 117

nesse, in luogo dell'unico braccio di Treviglio, il doppio


braccio laterale verso Monza e verso Chiari? Non si
può dirlo. Essa vi avrebbe sempre perduto le pronte
communicazioni colla bassa provincia, e colla pianura di
Crema e Cremona. Le sue communicazioni con Milano
e con Brescia sarebbero più rapide, ma più rare e dop-
piamente costose; poiché invece di pagar l'interesse e la
manutenzione d'una sola e breve e poco dispendiosa
strada, dovrebbe pagarne due più lunghe e difficili, e
tenervi maggior proporzione di machine e di personale.
Sull'unica via di Treviglio si radunerebbero i passaggieri
per tre diverse destinazioni; quindi convogli pieni e fre-
quenti. Soppressa una di queste destinazioni, e disgre-
gate le altre due, ognuna d'esse raccoglierebbe, a cir-
costanze pari, solo una terza parte dei passaggieri;
quindi ridutta ad un terzo la frequenza dei convogli,
oppure ridutto a un terzo il numero medio dei pas-
saggieri in ogni convoglio; e accresciuta di necessità la
tariffa, a carico della popolazione di Bergamo, quando
non si trovasse un'impresa che volesse perpetuamente
rimettervi del suo.
Sono questi errori gravi; ma vedo bene che pochi
avranno la generosità di rimettersi e di confessarli.
Siamo adunque certi che Bergamo persisterà nel vo-
lere la doppia linea per Monza e per Brescia. E bene,
quando si trovi chi gliene voglia fornire i capitali, la
società lombardo-véneta la lasci pur fare; anzi racco-
mandi pure alla superior protezione l'impetuosa sua
rivale, che, in uno o in altro punto della linea, le por-
terà sempre dagli interni suoi territorj una buona mano
di passaggieri. Se l'esperimento sarà felice, noi diremo,
viva il nostro bel paese; poiché sarà provato dall'espe-
rienza che le relazioni parziali tra città e città bastano
ad alimentare una lunga strada ferrata; ciò che non
si è potuto dire d'altri paesi. E allora la società lom-
bardo-véneta potrà con tanto più coraggio lanciare la
118 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

sua retta linea da Brescia a Milano; poiché sopra que-


sta alle relazioni vicinali si aggiungerebbe la gran com-
municazione generale del regno. La provincia di Bre-
scia è assai più fertile e più densamente popolata di
quella di Bergamo; e quanto all'industria, non si può
dire che Bergamo abbia territorj che vincano le Riviere
di Salò e d'Iséo, la Val Trompia, e tutto il paese che
giace tra Brescia e Chiari. Allora si potrebbe por mano
ad altre linee che congiungessero direttamente Milano
a Lodi, e Piacenza, e Cremona; e compiere anche la
linea del Po sì caldamente raccomandata dal signor
Carlo De Kramer. Insomma in quel fortunato caso da
Milano si diramerebbero tanti raggi di strade ferrate
in ogni direzione, verso Como, verso Bergamo, verso
Brescia, verso Lodi, verso Pavia; i quali tre ultimi si
prolungherebbero fino a Venezia, a Mantova, a Genova,
a Torino e, col corso dei tempi, a Parma, a Bologna,
e forse ad Ancona. Se poi le prove riescissero a debol
fine, allora la società potrebbe coi tronchi già fatti
aggrapparsi prudentemente alla linea di Bergamo, lieta
di portarle soccorso e di collegare in qualsiasi modo quel
massimo numero di città che si potesse, e di lasciare
ai più felici posteri un prudente principio ed un ini-
mitabile esempio. E in questo caso non tema il Sig. J.
P. che venga meno a questa risoluzione l'unanime
consenso d'ogni singolo portatore d'azioni, poiché quan-
d'anche sia fuori dello scopo il fare una strada ferrata
che non sia proprio quella da Venezia a Milano, sareb-
be ancora più fuori dello scopo il persistere in un'im-
presa infelice. E non importerebbe con quali speranze
si fosse inaugurata, né sotto qual nome avrebbe fatto
punto a' suoi lavori, per lasciar luogo agli sforzi della
ventura generazione.
La rivalità della vicina linea di Bergamo, potrà
mai nuocere alla retta linea da Milano a Brescia? Non
pare. La linea da Milano per Treviglio a Brescia è di
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 119

78 chilometri, e il passaggiero al prezzo medio di 10


centesimi nostri al chilometro, ch‘è assai mite, paghe-
rebbe lire 7,80. La linea tortuosa per Monza e Ber-
gamo è di 93 chilometri; e supponendo pure che le
maggiori intensità della pendenza ossia le maggiori spe-
se di trattura, non debbano influire sui prezzi, la cor-
sa media, a dieci centesimi, costerebbe lire 9,30. Il
passaggiero adunque, passando per Bergamo, paghereb-
be almeno 1,50 di più, non per averne un vantaggio, ma
per correre ogni volta inutilmente quindici chilometri
di strada, e alzarsi a un centinajo di metri, e involgersi
in molte curve, e perdere per tutte queste cause un pro-
porzionato intervallo di tempo. Pei molti casi fortuiti,
ai quali soggiaciono sempre queste corse, massime sotto
gravi pendenze, ciò basterebbe a rendere in parecchie
settimane invernali troppo breve la giornata alle intere
corse da Milano a Venezia, e alle corse d’andata e ri-
torno tra Milano e le città interposte; o almeno darebbe
un’incertezza agli arrivi, che non potrebbe non danneg-
giare il generale avviamento.
Perloché se vi può essere frequenza di passaggieri,
i quali s’adattino a passare per Bergamo pagando 1,50
di più, e soggiacendo ad uno svantaggio e ad un mag-
gior rischio di ritardi fortuiti, possiamo ben esser certi
che sarebbero tanto più contenti, se a prezzo uguale
venissero serviti con prontezza maggiore. Dunque tutti
quei passaggieri, che non abbiano affari a Bergamo, se
giunti presso Chiari si trovassero aperte inanzi ambedue
le linee, per Bergamo e per Treviglio, anche a prezzo
eguale dovrebbero preferire la corsa più spedita. Dun-
que in tal caso la locomotiva, solo col dirigersi piut-
tosto per Treviglio che per Bergamo, guadagnerebbe
l’aumento nitido di 1,50 per ogni passaggiero. I1 che
produce lire annue 750 mila, ove si supponga che
collo svilupparsi dell’impresa il numero dei passag-
gieri debba adeguare la popolazione delle sei o sette
120 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
città che deve collegare; tanto più che il tronco pros-
simo alla capitale sarà sempre il più frequentato.
Siccome poi la speditezza non basterebbe ad at-
trarre su questa linea tutte le merci, sia pure che vi
si debba aggiungere l’allettamento d‘un ribasso. Epperò
questo introito delle merci, che, supposto a due quinti
del totale, ascenderebbe a lire 500 mila, si riduca pure
alla metà. La retta linea da Brescia a Milano avrà dun-
que, a fronte dell’altra e a pari circostanze, un margine
nitido d’un milione; col quale sussidio non potrebbe
mai soccumbere alla rivalità; ma potrebbe con ulte-
riori ribassi assicurarsi sempre tutte le merci e tutti i
passaggieri, quand’anche fossero meno numerosi che
non si possa ragionevolmente sperare.
Per movere un convoglio su un piano orizontale
bisogna prima vincere l’attrito degli assi e delle ruote.
A ciò si richiede per ogni tonnellata del suo peso
una forza eguale a quella che eserciterebbe un peso di
chilogrammi 2,4 attaccato ad una fune. Se poi la stra-
da è acclive, bisogna, oltre all’attrito, vincere anche
la gravità del convoglio. A ciò si richiede per ogni
tonnellata una forza eguale al peso di tanti chilogrammi
quanti sono i millimetri della salita. Dunque se la strada
sale un millimetro, ossia 1 per mille, si richiede una
forza che corrisponde al peso d’un chilogrammo. Se
sale 2,4 per mille, si richiede la forza di chilogrammi
2,4; cioè altrettanto come a vincere l’attrito. Laonde
se il pendio d’una strada giunge a 2,4 per mille, si
richiede una forza doppia a salirla con eguale velocità.
Se giunge al 4,8 per mille, sì richiede una forza tri-
pla; se si giunge al 7,2 per mille, si richiede una for-
za quadrupla. Se non si accresce la forza, si diminuisce
la velocità, s’illanguidisce la ventilazione del forno, e

V. Bineau: Chemins de fer eic., Paris 1840, p. 132.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 121

quindi la produzione del vapore; cose tutte per le qua-


li cresce il tempo della salita, e il consumo dei com-
bustibile e delle machine, ossia la spesa. Questo è ciò
che avviene per i convogli di mercanzia.
Ma pei convogli di passaggieri, dovendosi conser-
vare la massima velocità, bisogna proprio accrescere la
forza; e stabilir machine d’una potenza doppia e tri-
pla di quella che basterebbe a correre sul piano oriz-
zontale. Ora le machine più potenti sono più costose
di compera e di conservazione, e richiedono più com-
bustibile, e sono assai più pesanti, e quindi vogliono
rotaje con guide più grosse. Tutto questo soprapiù di
forze e d’apparato si prodiga inutilmente anche sui
tratti orìzontali, e altera tutto l‘impianto della strada.
Si paga dal paese e non gli giova. Quando le salite
sono brevi, e riescono alternate colle discese, la for-
za preconcepita dal convoglio nei declivj ajuta a vin-
cere l’ascesa. Ma nel nostro caso, dove, per giungere
a Bergamo da qualunque parte, la salita a crescente
intensità è quasi continua, bisogna proprio adoperare
o machine più potenti, o machine di rinforzo.
Se al milione annuo di spesa, che importa la mag-
gior lunghezza delle strade per Bergamo, si aggiunge
l’effetto della maggiore intensità delle pendenze, si
può con tutta moderazione conchiudere che il pas-
saggio per Bergamo cagionerebbe alla circolazione ge-
nerale del nostro regno un annuo aggravio di due
milioni, per lo meno, i quali dovrebbero moltiplicarsi
per il numero degli anni durante i quali questo aggra-
vio venisse conservato. Questa è la tassa che Bergamo
domanda d’imporre a tutto il regno, non per essere
congiunta alla linea ferrata, poiché lo può essere al-
trimenti, ma per esservi congiunta piuttosto in un modo
che in un altro. I1 calcolo preciso è alquanto più sot-
tile e complicato, ma in monte si riduce a questo; e
par che basti.
122 CATTANEO - SCRITTI POLlTICI - II
Perloché se si suppone fatto il rettilineo da Brescia
a Milano, le linee laterali da Monza a Bergamo e da
Bergamo a Chiari, che sommano in circa a 60 chilo-
metri, non avrebbero altro sicuro appoggio che il mo-
vimento particolare di Bergamo all'infuori della sua
provincia, verso Milano e verso Brescia. Le corse adun-
que non potrebbero essere altrimenti che assai co-
stose e assai rare, a finale pregiudizio del commercio
di quella città. Non è spirito di parte che m'induce a
dirlo, e a ripetere che il vilipeso braccio di Treviglio,
avendo solo un terzo di lunghezza richiederebbe una
minor parte di capitale, e quindi d'interesse e di divi-
dendo e d'ammortimento. Perloché a guadagno eguale
potrebbe dar un proporzionato ribasso sulle tariffe di
corsa. E siccome poi si servirebbe al gran movimento
interno della provincia e alla maggior parte delle sus-
sistenze della città e di alcune valli, non solo tornerebbe
assai più utile a tutte quelle popolazioni; ma potrebbe
venir servito con tutta frequenza e vivacità. La disce-
sa da Bergamo a Treviglio sarebbe una rapidissima
corsa d'una ventina di minuti, fatta ad ogni ora del
giorno ed a vilissimo prezzo. Quei trafficanti spende-
rebbero minor tempo e fatica a trovarsi nel nuovo loro
sobborgo di Treviglio che ad ascendere all'Alta Città,
o recarsi a Stezzano, giusta l'assurda mezza misura, sug-
gerita da alcuni, che vorrebbero imporre una servitù
ed una tassa a tutto il regno, senza tampoco toccar
Bergamo o i suoi sobborghi. Per trovarsi a Trevigiio
sulla via di Brescia e di tutte le città vénete, i Ber-
gamaschi dovranno percorrere soli i 9 chilometri, men-
tre i Milanesi ne dovranno percorrere 30; eppure si
crede e si fa credere che col braccio di Treviglio, Ber-
gamo sarebbe tagliata fuori, tradita, disfatta? Pren-
diamo le cose con più calma, se vogliamo veder chiaro,
e fare i conti giusti.
I 60 chilometri di linee laterali da Monza per Ber-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 123

gamo a Chiari, interrotti da molte alture e da sette


fiumi, Lambro, Molgora, Adda, Brembo, Seno, Cherio
ed Ollio, non possono costar meno di 18 milioni. I
calcoli degli stessi ingegneri di Bergamo dimandano
20 milioni da Monza fino a Brescia (V. Nuovo Esame
ec.). Supponiamo che l’impresa, per non esservi per-
dente, debba ottenervi almeno l’otto per cento, com-
preso l’interesse, il dividendo e l’ammortimento; sup-
poniamo che altrettanto debba costare l’esercizio. L’in-
troito lordo dovrà esser dunque di lire 2.880.000.
Supponiamo che alla tariffa di dieci centesimi per chilo-
metro i passaggieri debbano produrre tre quinti di
questa somma. Essi dovranno essere ottocento al gior-
no, su tutta la linea verso Monza e verso Chiari. Se
supponiamo che un egual movimento vi sia tra Ber-
gamo e la sua pianura, cioè verso Treviglio (e deb-
b‘essere maggiore), si dovrebbero dunque a circostanze
pari adunare su questo tronco per le tre diverse desti-
nazioni 2400 passaggieri al giorno. Sì largo numero
sarà poco probabile; ma in questo caso valga la stessa
probabilità contro le corse divergenti di Monza e di
Chiari; le quali allora non avranno più gli ottocento
passaggieri e non darebbero il necessario frutto.
Ora i supposti 2400 passaggieri sopra i 19 chilo-
metri del braccio di Treviglio alla medesima tariffa di
dieci centesimi, produrrebbero lire 1,641,600, e col-
l’aggiunta della stessa proporzione di merci 2,736,000.
Dedutta la metà per le spese d’esercizio, rimarrebbero
dunque a frutto 1,368,000, che in ragione dell’otto
per cento coprirebbero un capitale di 17 milioni.
Dunque una delle due: o i bracci da Bergamo
verso Monza e verso Chiari non produrranno la neces-
sana misura di dividendo e d’ammortimento: o il brac-
cio di Treviglio deve valere a pari circostanze 17
milioni.
Supponiamo che tutti quei tronchi rendano solo la
124 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
metà, cioè il 4 per 100, senza ammortimento. Nessuno
vorrà farli; o fatto il primo, non si potrà fare il se-
condo. E qui sta un pericolo grave per Bergamo; se
il capriccio di Borsa non lasciasse condurre a termine
la seconda parte dell'opera, perdere la rapida commu-
nicazione con Brescia e tutte le città vénete, e porsi
47 chilometri indietro di Milano! Ma il braccio di Tre-
viglio potrebbe, nello stesso supposto, valer ancora
otto milioni e mezzo, e rendere più del 20 per cento.
Perloché in tal caso l'impresa della strada di Monza,
se si prolungasse fino a Bergamo e a Chiari (o Coc-
caglio, che in tutti questi calcoli è lo stesso), potrebbe
perdervi quel guadagno, che finora potrebbe essersi
assicurata. Ilfreddo calcolo consiglia dunque, a cir-
costanze pari, di lasciare il braccio di Monza qual è; e
trasferire la speculazione sopra quello da Treviglio
a Bergamo. Infatti è meglio aver due buone e piccole
imprese in due luoghi diversi, che guastarne una per
prolungarla al di là de' suoi limiti di favorevole pro-
babilità.
Ma i periti dicono che il braccio da Treviglio a
Bergamo ha una pendenza intrattabile. Cominciamo a
rispondere che il limite delle pendenze lodevoli si
deve oltrepassare su tutti codesti tronchi. Quello da
Monza a Bergamo per un buon quarto (8800m.) oltre-
passa il 4 per mille (1/251), e per altri 3000 metri sor-
passa il 6% (6m.,66). Quello da Bergamo a Chiari,
o propriamente a Coccaglio, per poco meno della
metà (10,600m.) riesce del 5 per mille. Sommiamo que-
ste tre lunghezze e le loro pendenze; e avremo 22 chi-
lometri colla pendenza di 109 metri; mentre in fin
del conto il braccio di Treviglio è di 19 chilometri
colla pendenza di 117. Ma su questo braccio non
siamo costretti a condurre inutilmente e a grave spesa
tutte le merci che si muovono tra Milano e il terri-
torio bresciano e véneto, né ad alterare la forza delle
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 125

machine e delle guide, e l'impianto tecnico ed econo-


mico di tutta la linea lombardo-véneta.
Inoltre abbiamo sul braccio di Treviglio un mar-
gine, che, a circostanze pari, dai tre milioni del conto
preventivo giunge fino ai supposti 17 milioni. Ora,
crediamo noi forse che l'arte quando può disporre di
tanto denaro non abbia ripieghi d'opere grandiose?
Noi però crediamo che, trattandosi d'una linea
laterale, nessun altro ripiego sia miglior di quello
d'adoperar machine alquanto più forti che sulla linea
maestra, e rafforzar in proporzione le guide; poiché
infine una pendenza del 7 per mille, in vicinanza alla
stazione, non può essere insuperabile, quando sulle
strade da Liverpool a Manchester si contano cinque
chilometri che sorpassano il 10 e l’11 per mille, e da
simili pendenze sono inevitabilmente interrotte tante
altre strade inglesi.
L'ingegnere Possenti, nostro collaboratore, si sforzò
di semplificare con processo analitico la questione ge-
nerale, rappresentando con altrettanti punti le città
e con linee le strade ferrate che potrebbero congiun-
gerle. Ma può un punto rappresentare egualmente
Milano come Crema o Monza? E se Crema e Monza
valgono un punto, non varranno un punto Codogno
e Chiari, solamente perché nel nostro paese non hanno
nome di città? Una linea da Monza a Milano, o da
Bergamo a Treviglio, rappresenta una massa di rap-
porti attivi, intimi, continui; ma una linea da Ber-
gamo a Chiari non ha la stessa intensità di valore;
e una linea retta da Crema a Mantova s'avvicina sem-
prepiù ad una mera astrazione. Inoltre le nude lun-
ghezze non rappresentano le pendenze, né le contra-
pendenze, né la loro successione e proporzione, quindi
non rappresentano le spese d'esercizio, e molto meno
le spese capitali di costruzione; le quali cose tutte
sono i coefficienti delle tariffe. Ora il commerciante
126 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
i calcola le tariffe di trasporto, e non le distanze astratte;
e v’è un limite di tariffa, oltre il quale le merci o
non si movono, o cangiano direzione. L’analisi non può
raggiungere l’opera complessa e simultanea di tanti
elementi. E quindi sugli stessi dati gl’ingegneri Pos-
senti e Rossetti hanno potuto giungere a opposte con-
seguenze. L’unica maniera dì ridurre a paragone di
cifra le diverse linee sta nella densità delle popola-
zioni riferita alle tariffe, in cui siano valutati tutti
gli elementi di costruzione, d‘esercizio, di dividendo
e d’ammortimento. Ma la matematica precisione non
si può raggiunger mai, perché rimane ancora a cal-
colarsi l’avventizio elemento del commercio estero, la
diversa attitudine e ricchezza delle popolazioni, e il
grado di distanza a cui può giungere l’espansione com-
merciale d’una massa d’abitanti.

Conclusione.

Conchiudiamo dicendo, che quando la società lom-


bardo-véneta conservi l’ottenuto privilegio sulla retta
linea da Brescia a Milano, essa non dovrà mai temere
la concorrenza d’un’altra linea che passi per Ber-
gamo e Monza. E perciò lasci pur fare, se pur v’è chi
voglia seriamente fare; e attenda frattanto al rima-
nente, cominciando da Chiari verso Brescia e il lago
di Garda, anche per approfittare, almeno in quei
vivaci paesi, del vantaggio della novità che ha im-
providamente perduto a Milano. Così potrebbe giovarsi
della prova che, senza suo rischio, si facesse da Ber-
gamo a Monza. Se questa riescisse favorevole, allora
tenti pure la linea retta da Brescia a Milano, senza tema
di rivalità; ma se la prova riescisse sfavorevole oltre
una certa misura, rimanga quieta a Chiari, o vada pure
al soccorso dell’infelice rivale.
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 127

Alle compagnie che vantano di voler fare ad ogni


modo quelle due laterali, direi che, a freddo calcolo,
dovendosi sempre preferire e per la minore spesa e
pel maggior ricavo, il tronco unico da Treviglio a Ber-
gamo, essi ne dovrebbero dimandar la cessione all'al-
tra società. E questa dovrebbe allora appagarsi d'im-
porre tre condizioni: 1."che le tariffe non fossero mai
superiori alle proprie; 2.° che l'opera venisse fatta
immantinenti, e allora si potrebbe por mano in pari
tempo alla linea da Milano a Treviglio e Brescia; 3."
che vi venissero applicati, entro un proporzionato limite
di spesa, quei grandi ripieghi che l'arte adulta offre
agli uomini studiosi e intelligenti; e quindi essa do-
vrebbe riservare a sé medesima l'approvazione del pro-
getto. Questo è il trattato di pace che si può proporre.
Il commune vantaggio delle società imprenditrici è
probabile; quello della città e della provincia tutta di
Bergamo è certo. Ma se la ragione del soverchio cir-
cuito e dell'inutile contrapendenza consiglia di seguire
la linea retta nella provincia bergamasca, anche Ber-
gamo ha diritto d'esigere che si eviti il soverchio cir-
cuito e l'inutile contrapendenza del progetto Milani tra
Brescia e Verona.
Gl'interessi della Società dunque sarebbero :
1." Conservarsi il privilegio sulla linea retta da
Brescia a Treviglio;
2.° Rinunciare ad ogni ostilità, e lasciare alle tre
compagnie di Bergamo la facoltà di fare l'unico braccio
di Treviglio, oppure di farne due, o tre, o quanti vo-
gliono e possono;
3.° Riformare a qualunque patto l'insensata curva
della Volta;
4." Avvicinare al Dolo la linea padovana, affinché
quel primo esperimento nelle province vénete riesca
il meno sfavorevole che si possa, e rifonda coraggio
agli azionisti;
128 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
5.° Far punto per ora a Mestre, ma mitigando l'an-
golo e tenendosi qualche centinajo di metri più verso
mezzodì;
6.° Sospendere e vietare ad ogni modo ogni prema-
turo tentativo d'opere nella laguna; sia che i rischi su-
bacquei siano compresi nel prezzo d'appalto, sia che
direttamente o indirettamente rimangano a carico della
società.
Risparmiati in tal modo o differiti ventitremila me-
tri d'opere dannose o infruttifere, e lasciata a chi vi
ha interesse l'inviluppata controversia delle tre compa-
gnie, il progetto Milani da 290 chilometri, sarebbe ri-
dutto ad una decisiva e necessaria linea di 248. In
ragione di 250 mila lire al chilometro potrebbe con
qualche probabilità valutarsi, a doppia rotaja, 62 mi-
lioni; oppure 50 milioni ad una sola rotaja.
Ciò fatto, e non è poco, la corsa del vapore per
terra e per aqua da Milano a Venezia, sarebbe una
lite vinta entro i limiti del capita1 sociale. Rimarrebbe
di perfezionare e sviluppare; e allora, solo allora, e
in ragione della prosperità dell'impresa, e per mezzo
di préstiti ipotecati, si potrebbe con senso di commune
prudenza dar mano alla doppia rotaja, alle grandi sta-
zioni, ai ponte sulla laguna, all'ingresso nelle città; e
a tutti gli altri trofei della vittoria. Adesso si pensi
a vincere, e sopratutto a non soccumbere. Quindi non
si faccia un'altra volta, a casse piene e mani oziose,
una chiamata esorbitante di cinque milioni in un colpo,
per ritirarla tosto indecorosamente. Siffatte imprudenze
in momenti inopportuni possono produrre nientemeno
che l'abbandono delle azioni. Nello stabilire i versa-
menti si abbia riguardo allo stato della Borsa, e non
si pongano in inutili e tiranniche angustie gli azionisti,
i quali infine sono i padroni dell'impresa.
Dove gli statuti sono oscuri o difettosi se ne fac-
cia regolare riforma; ma frattanto si osservino con tutto
I
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 129

rigore. Si elegga adunque dal congresso la direzione;


poiché dei presenti direttori due soli hanno qualche
apparenza d'essere eletti a rigore di legge, e due soli
non possono legalmente contrarre. Si richiami e si cassi
il contratto illegale coll'ingegnere. Si costituisca il corpo
tecnico a modo dei publici officj, e con regolamento
stabile e stampato.
Notiamo alcuni punti sui quali ad ogni caso e senza
tardare il corso delle operazioni, potrebbe cadere la
riforma degii statuti:
1.° Si dovrebbe instituire un'unica amministra-
zione di pochissime persone, direttamente risponsabili,
le quali si confermeranno d'anno in anno, se lo avranno
meritato; e dovranno astenersi da ogni altro impegno
d'affari, e sopratutto da ogni proprietà nelle azioni, e da
qualsiasi diretto o indiretto interesse di Borsa. Esse espor-
ranno al congresso il prospetto dei lavori che intendono
fare nell'annata, e dei fondi che vi si richiedono, affin-
ché le chiamate non riescano improvise, e l'azionista
possa fare i suoi conti in tempo. Al successivo congresso
renderanno poi conto di ciò che avranno fatto o non
fatto; e così d'anno in anno. Per la prima volta presen-
teranno un prospetto generale di tutta l'impresa, con
una distribuzione ragionata e calcolata sulla massima
utilità finale.
2.° I direttori o in sostanza i vigilanti, come inte-
ressati e a nome degli interessati, avranno libera ispe-
zione sopra le carte, i registri, e gli atti degli ammini-
stratori; ma non potranno ingerirsi nel diretto comando.
Nei gravi casi di pregiudizio sociale potranno convo-
care un congresso straordinario, sospendere le opera-
zioni, e dovranno essere scelti fra i cento maggiori
azionisti. Al presente ogni direttore colle sue cinquanta
azioni obligate rappresenta un solo millesimo dell'inte-
resse sociale, e tutta la direzione rappresenta l'uno per
cento. I direttori sono in genere persone aggravate dai

9. - CATTANEO. Scritti politici. II.


130 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
proprj affari, legate a consueto domicilio in diversi
luoghi, prive di cognizioni speciali, appartenenti ad una
classe che men di tutte abbonda, di studj superflui,
non interessate abbastanza nella stabile proprietà delle
azioni, troppo partécipi agli eventi di Borsa; e sopra-
tutto sono in troppo numero; e non ricevono alcun
compenso, per cui possano dimenticare i proprj inte-
ressi. Quindi l'amministrazione è meramente nominale,
inefficace, dispendiosa. I1 nome d'amministratori dato
ai secretarj ripugna alla loro posizione precaria, pedìs-
sequa, sedentaria; come secretarj devono essere eco
legale del volere altrui, immobili sulle loro sedie, non
possono prender risoluzioni, né impegni, né recarsi
continuamente ove il bisogno richiede; insomma non
possono amministrare.
3.° Gli azionisti non siano costretti a fare inte-
stazioni fittizie per farsi rappresentare, com'è pur giu-
sto, nei congressi; ma votino direttamente in propor-
zione dell'interesse che hanno assunto. Per tal modo i
congressi saranno formati da proprietarj o da .procura-
tori di piena confidenza e capacità; e, sgombrati da
una moltitudine che non ha vero mandato deliberativo,
diverranno utili consulte, e potranno durare quanto è
necessario.
Noi abbiam detto molte cose; non tutte però quelle
che si possono dire; gli azionisti sono padroni del fatto
loro; possono accettare i nostri consigli, e possono rifiu-
tarli; ma i loro milioni ne risponderanno. Essi vedano
con qual frutto venne speso il primo milione; dicano
se sono contenti; pensino ai cinque anni trascorsi, e a
ciò che si è fatto; pensino ai nove anni venturi, e a
ciò che resta a fare. Il passato è lo specchio del futuro.
Quanto ai nostri concittadini, noi diremo che i pochi
i quali hanno partecipato all'impresa, possono avere i
loro torti, o piuttosto gli inevitabili torti della loro pro-
fessione; ma quei molti che non vi vollero prender parte,
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 131

hanno torto assai più grave. Era questa un'opera di


poco momento per noi? Era questa un'opera da lasciarsi
in balia di pochi non curanti o non istrutti? Si disse
da principio ch'era un sogno, una comedia di Borsa;
ma i cinque milioni che si versarono nelle casse sociali,
son essi una comedia, son essi un sogno? Chi ha dieci
azioni ha voto; la proprietà di dieci azioni oggi, tanto
sotto al pari, e colla probabilità d'un rialzo, non costa
mille lire; a fine d'anno costerà forse due mila, e così
d'anno in anno chi voglia perseverare. È questo un
impegno da far paura? Qui non si tratta d'imprestar de-
naro alla republica del Messico o al cacico Mac Gregor,
a chi insomma domani possa dire che non può pagarvi
o non vuole. Quando aveste impiegato i vostri denari,
a cagion d'esempio, nella strada di Monza, che vedete
coi vostri occhi, e toccate coi vostri piedi e, se volete,
colle vostre mani, ebbene che disastro potrebbe sopra-
venire? Potrà sfondarsi il terrapieno, stritolarsi la ro-
taia, spopolarsi tutto il paese, e rimaner vuoti i vag-
goni per sempre? Ebbene, ancora potreste vendere la
vostra strada, le vostre guide, le vostre locomotive, sal-
var qualche cosa.
E se anche, contra ogni umana probabilità, una
buona e diligente amministrazione non potesse ottenere
dalla superiore providenza ulteriori incoraggiamenti,
nella durata centenaria del privilegio o nell'allenta-
mento dei vincoli doganali sul ferro, e quindi non po-
tesse dall'ammirabil opera d'una grande strada fer-
rata tra Milano e il mare guadagnarvi un congruo
frutto: non l'otto per cento che vi si promette, non il
sei, nemmeno il quattro; ebbene, non avremmo fatto
al paese e a noi tutti un prezioso servigio? Che inte-
resse cavate delle vostre strade communali, dai vostri
selciati, dalle vostre scuole? E per questo sono forse
inutili? Le strade communali non hanno raddoppiato il
132 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - 11
i
valore dei fondi, e la prosperità generale, e l’amenità
stessa dei luoghi ove passiamo la vita?
Fra poco si adunerà nella nostra città il congresso
degli azionisti, la più parte stranieri. Che volete che
dicano di noi? che non ci curiamo dei nostri,interessi?.
oppure che non siamo in grado d‘intenderli? o che ci
manca l’animo di prendere un impegno di poche cen-
tinaja di lire, quando tanti capitali si lasciano inoperosi?
Questo sarebbe pure il momento di mostrare, che molti
non hanno preso parte all’impresa solo perché incerti
della sua verità. Sarebbe il momento di recare in que-
st’opera quello spirito di misura, di previdenza, di sa-
viezza amministrativa, ch’è il primo fondamento della
nostra commune prosperità, e che bilancerebbe la leg-
gerezza e l’imprevidenza dello spirito di Borsa tanto
a noi straniero e ripugnante. L’impresa, quando venga
governata con ordine, con avvedimento, con sollecitu-
dine, non può non sortire uno splendido ésito; perché
bisogna ripeterlo ancora; o le strade ferrate non si de-
vono fare in alcun paese del mondo, e i popoli e i go-
verni che le fanno, i Belgi, gli Inglesi, gli Americani, i
Francesi, i Tedeschi, i Russi, sono tutti deliranti; o
in nessuna parte del mondo le strade ferrate possono
trovare un campo più favorevole, un terreno più popo-
lato, più ubertoso, più ameno; più opportuno in ogni
maniera ad accogliere questo poderoso strumento di
publica e privata prosperità.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 133

Aprile 1841

Sui progetti di strade ferrate in Piemonte *


La Terraferma Sarda ha una popolazione d'oltre a
quattro milioni (4,125,735), assai prossima di numero a
quella del Regno Lombardo-Véneto; ma più raramen-
te diffusa, sopra un terreno attraversato da monti quasi
da ogni parte, fuorché verso levante, dove comincia
a spiegarsi la gran pianura del Po. La maggior den-
sità della popolazione lombarda è in ragione dei 45 per
cento; e non può in tutto attribuirsi a maggiore ubertà
del suolo; poiché lungo le opposte rive del Ticino, am-
bedue piane, anzi per natura più colmeggianti ed aride
nella parte milanese, questa appare anche nei distretti
rurali popolata in proporzione del doppio; del che non
è ora proposito nostro d'investigar le cagioni.
Le Alpi e gli' Apennini, connettendosi a mezzaluna,
dividono la Terraferma Sarda in tre parti assai distinte:
la Savoja al di là dell'arco delle Alpi, nella valle del
Rodano; le Riviere Liguri al di là degli Apennini; e
nel mezzo, fra quelle due catene di monti, la bassura
del Po, entro la quale surge, come isola, l'ameno dorso
del Monferrato, ricinto dalle acque del Po e del Tànaro;
le quali già scorrendo assai vicine nella parte più alta
del loro corso, anzi collegandosi fra loro coi canali
irrigatorj della Stura (bealere), divergono poi lungo le
opposte falde dei colli, per congiungersi in un sol letto

.
dove comincia l'aperta pianura.
Ancora al principio dello scorso secolo, la parte orien-
tale del Monferrato (Casale), apparteneva ai Gonzaghi
di Mantova; e si levava come solitaria fortezza, avendo

* Pubblicato in POL., 1841, IV, pp. 143-158, ed in


estratto, Milano, 1841.
134 CATTANEO - SORITTI POLITICI - II
verso ponente i dominj del Piemonte, Asti, Cherasco,
Fossano, Carmagnola, Carignano, Chieri, Torino, Ivréa,
Vercelli, e verso levante quelle città dello Stato di
Milano che vennero poi aggregandosi al Regno Sardo,
Alessandria, Tortona, Voghera, Valenza, Mortara, Vi-
gévano e Novara.
La Terraferma Sarda segna in generale una densità
popolativa di 80 abitanti per ogni chilometro quadro
d'un milione di metri, assai minore, come si disse, di
quella della Lombardia, e quindi anche in quella del
Belgio, ma superiore a quella degli altri Stati Europei.
Infatti la Francia segna 60 per chilometro, e le Isole
Britanniche sorpassano bensì quella cifra nell'Ighil-
terra (101),e nell'Irlanda (94); ma in totale vi riman-
gono dissotto (76), in causa della scarsa popolazione di
Galles (41) e della Scozia (28). La Francia Meridionale,
così favorita dalla natura, finitima alla Savoja, al Pie-
monte, alla Liguria, appena segna 49.
Nella Terraferma Sarda la regione più popolosa (136
per chilometro) è l'altura del Monferrato, arricchita fin
nel medio evo da un vasto commercio bancario diffuso
massime in Francia; e dopo di essa, la riviera del mare
Ligustico (124). La valle del Po, senza il Monferrato
fisicamente preso da Moncaliéri a Valenza, rappresenta
a un dipresso la popolazione generale del paese (82);
ma la Savoja rimane molto al dissotto (51).
Se poi si vengono a considerar partitamente le mi-
nori suddivisioni, dette colà pure provincie, la propor-
zione generale viene alterandosi d'assai, massime dove
rimanga compresa alcuna delle più popolose città. Così
la provincia di Genova (287 per chilometro) è la sola
ch'eguagli per densità di popolo quella di Milano, an-
che senza valutarvi la numerosa popolazione ondeg-
giante che il commercio vi chiama dalle terre circo-
stanti. Seguono poi due provincie del Monferrato, cioè
Asti (140 per chilometro) e Casale (132); e quelle di

i
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 135

Torino(') e di Biella (131), alle quali rimane di molto


inferiore la frapposta Ivréa (110). Oneglia (127 per
chilometro), e tutte le altre terre marittime fecondate
da un ardito commercio sono neli'angustia del loro
pendio e neli'amena povertà del loro terreno bastevol-
mente popolose, Chiavari (117), Spezia (108), Savona
(91), San Remo (88), Albenga (84). La sola Nizza (36
per chilometro), come quella che si attenne piuttosto
alla vita militare dell'antica feudalità francese, che
alla vita industriosa dei municipj italici, discende gra-
vemente al dissotto della misura generale del paese,
anzi della stessa alpestre e fredda Savoja; tanto è falsa
l'opinione che ripete principalmente dalla salubrità
e dolcezza del clima il prosperare dell'umana famiglia.
Nell'interno sono più popolate Alessandria (123), e
Voghera (121), e la poco salubre Lomellina (107),che
I'ubertosa Novara e Vercelli (90). Ma la Lomellina
comprende Vigévano, antica città manifattrice, di ven-
timila abitanti. Delle province addossate al declivio
settentrionale degli Apennini la più popolata è Alba
(106),poi Novi (82), Aqui e Tortona (80), Mondovì
(78), Cùneo (64),e men di tutte la romita Bobbio (49).
E ad esse corrispondono colla stessa proporzione le alte
valli internate nelle Alpi, Saluzzo (92), Pinarolo (82),
Susa (55), Pallanza (42), Aosta (24). La Savoja non
può dirsi popolosa che nella provincia di Ciamberì (90);
e del resto le sue province sono quasi tutte all'imo
della scala popolativa : il Genevese (62), il Ciablese (59),
l'Alta Savoja (51), il Fossignì (50), la Moriana (30),e
la Tarantasia (25), le quali ancora non seppero, come

La provincia di Torino comprende la collina di Chieri,


che fisiocamente ap artiene al Monferrato. Chieri ha 13.274
abitanti e nel me medioevo era una città mercantile di molto
momento.
136 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
i loro vicini di Ginevra e Losanna, supplire col commer-
cio e coll’industria alla poco liberale natura. Cosicché,
se si eccettua Ciamberì, abbiamo tra le undici infime
cifre di popolazione tutte le altre otto province del regno
che parlano francese, comprese Aosta e Nizza.
superfluo lo svolgere con più parole tuttociò che
questi semplici ma profonde cifre dicono in favore del
commercio, il quale feconda le più anguste riviere
maritime, e i monti d’Asti e di Chieri, mentre i lati-
fondi di Verceli e di Novara offrono indarno un facil
pane alle generazioni, che sembrano ricusare di cre-
scervi. I navigatori, réduci alla patria, si contendono
a prezzo d’oro i poveri oliveti della Liguria, mentre i
pingui arati e le ampie vigne avviliscono per mancanza
di compratori, che possano investire in terra e in pian-
tagioni i frutti duna industre vita. L’argomento di-
viene più calzante, quando dalla Terraferma Sarda,
alla quale fin qui ci siamo circoscritti, si estenda alla
vasta ed ubertosa isola di Sardegna, che appena conta
524,633 abitanti, ossia 22 anime per chilometro, men-
tre popolata come la Lombardia potrebbe giungere a
tre milioni.
Ora si vuol dunque stendere dal mare alle interne
province una rotaja di ferro, che traforando, ov’è più
sottile, la parete dell’Apennino, penetri fino appiè dei
colli del Monferrato, e quivi dividendosi in più rami
colleghi Genova col Piemonte, colla Svizzera, colla Lom-
bardia, coll’Adriatico, diffondendo alle più appartate
convalli l’elettrica corrente del commercio, promovendo
l’incremento delle popolazioni, e quindi spirando nuova
vita alla languida possidenza e nuovo valore alla terra.
Gli spazj, sui quali le rotaje ferrate possono dira-
marsi, sono circoscritti dalla curva stessa delle Alpi e
degli Apennini e dalla isolata altura del Monferrato.
I punti, verso cui l’arte deve librare le sue linee, sono
gli attuali grembi di popolazione e di commercio e le
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 137

piazze d'armi; poiché mentre ivi sono i maggiori bisogni


a cui si vuol servire, sono anche nella misura mede-
sima le più copiose fonti di pronto ricavo. Di quanto
più grande è il cumulo degli affari interni d'uno Stato
che quello de' suoi rapporti esterni, di tanto più impor-
tanti saranno le communicazioni che da Torino e da
Genova faranno commune convegno in Alessandria.
La città di Genova conta 97 mila abitanti di popo-
lazione propria; ma circa altri 65 mila vi concorrono
da varj luoghi, o nella numerosa milizia (11,600), o nel
commercio, o nell'industria, o nei publici instituti; e
se ne forma in tutto una mobile adunanza di 162 mila
viventi. Torino, che cresce assai d'anno in anno, ha
117 mila abitanti proprj e 15 mila avventizi; in tutto
132 mila. Alessandria, ch'è la terza città del regno, ne
ha circa 46 mila, compresi 6,500 avventizj; Asti circa
28 mila, compresi parimenti 2,500 awentizj. Queste quat-
tro aggregazioni sommano già a 368 mila abitanti.
E se il numero dei passaggieri annui dovesse, come per
solito, eguagliare per lo meno la popolazione comples-
siva delle città poste fra loro a prossimo contatto dalla
locomotiva, si dovrebbero sperare da queste quattro
città mille passaggieri a2 giorno, sul qual fondamento
si può con fiducia por mano all'impresa. Rimane poi
a farsi conto degli altri gruppi di popolazione sparsi
lungo il-cammino.
Fra Genova ed Alessandria il tracciamento dovrà
seguire quella qualsiasi valle entro cui bisognerà solcar
I'Apennino, scorrendo a poca distanza da Cavi, Novi
e Tortona, che sommano in tutto a 33 mila abitanti.
Ma giunta nella valle del Tànaro, la rotaja può diva-
garsi assai, se vuol salirne il mite pendio fino a rag-
giungere sul piano dell'Alto Piemonte il corso del Po;
e potrebbe girar più stretta, forzando i colli con opere
ardite e dispendiose.
Giova però considerare, che quando il gran prin-
138 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
cipio delle strade ferrate si sarà popolarmente com-
preso in Piemonte, e il buon governo delle prime im-
prese avrà preparato il campo alle altre, non v'ha dub-
bio che si trovi convenevole di guidarne una dalla
stretta di Torino all'altipiano meridionale del Piemonte,
nel senso degli stessi fiumi e canali che lo solcano. E
servirebbe, a prossimo contatto, o a brevi distanze, gli
80 mila abitanti delle sei piccole città o floride bor-
gate di Moncaliéri, Carignano, Carmagnola, Raconigi,
Savigliano, e Fossano; e vi farebbero capo le valli di
Mondovì e di Cuneo, e gli abitanti dell'opposto pendio
d'Oneglia e di Nizza. Dimodoché, se sommiamo colla
crescente popolazione della capitale le altre che ver-
rebbero a collegarsi seco con questa facile e poco co-
stosa linea, pare che sarebbe prezzo dell'opera il ten-
tarla. Ora scorrendo essa verso la valle del Tànaro, ver-
rebbe a trovarsi per quella a facile portata d'Asti.
E perciò alla rotaja d'Alessandria non sarebbe più ne-
cessario farsi uno scabroso passo fra i monti fin sotto
a Chieri, per giungere rettilinea a Torino; o almeno,
prima di farlo, potrebbe attendere i consigli d'una lunga
e sicura esperienza, e i futuri sussidj d'un'arte che ogni
giorno s'inoltra. E frattanto potrebbe, girando sotto
Alba, Cherasco, Bra e Sommariva, che sommano a
circa 40 mila abitanti, raggiungere a Carmagnola la
sopradetta linea dell'Alto Piemonte. Laonde la loco-
motiva serpeggiando per due agevoli curve, connesse
a rovescio, potrebbe con 90 miglia di corsa, che ad
un dipresso è la distanza da Milano a Verona, e con
un breve ramo da Carmagnola a Fossano, congiungere
con Genova e Tonno una dozzina di minori città, colle-
gando strettamente un corpo di circa 520 mila citta-
dini, che rappresentano altri 700 mila abitanti sparsi
negli altri communi di sette province. Né l'utilità man-
cherebbe di stendersi alle circostanti, e massime a quelle
che, giacendo alle opposte estremità della rotaja, appena
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 139

possono per mezzo delle lente strade communi anno-


dare alcuna communanza d’interessi.
L’esperienza insegna, che, quando le strade ferrate
congiungono gruppi di popolo posti a breve intervallo,
non possono mancare d’un prospero ésito, mentre le
lontane correnti del commercio universale non solo di-
pendono da mille eventi e da mille inviluppi di politica
e di finanza, ma nemmen quando sono più avventurose,
bastano a fecondare quanto è necessario il costoso lora
esercizio. Perloché non si sarà mai bastevolmente rac-
comandato ai progettatori di strade ferrate di mirar
prima a quei centri di popolazione che si trovano pre-
disposti a moderate distanze e non essendo separati
da frontiere doganali o da linee militari, promettono
infallibile giornaliero alimento.
Perciò non è manifesto come convenga, per la linea
da Alessandria a Novara, passare il Po presso la bocca
della Scrivia; e non piuttosto rimontarlo per Valenza
e Casale, e quivi passarlo, per giungere con un rettilineo
a Vercelli, e quindi a Novara. I1 che facendo si scor-
rerebbe sempre lungo le città, nel mezzo delle provin-
cie, e non si raderebbe troppo dappresso la frontiera,
la cui prossimità sfronda i rami d‘afflusso laterale. Casale,
Vercelli e Novara sorpassano ciascuna i ventimila abi-
tanti, e insieme con Valenza sommano a 71 mila; e le
tre provincie ne contano insieme 428 mila. L’intera
linea, non ostante la breve curva che si farebbe tra
Valenza e Alessandria, per eludere lo sprone orientale
del Monferrato, potrebbe in rispetto a Genova e al
Lago Maggiore riguardarsi come diretta, e opportunis-
sima a formare una gran vena mercantile dal Mediter-
raneo alla Svizzera e al Reno.
Nello stesso tempo il tronco da Vercelli a Novara
farebbe un doppio servigio, qualora facesse parte an-
che d‘un’altra linea ferrata in continuazione e compi-
mento alla gran rotaja lombardo-véneta, la quale giun-
140 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
gerebbe quasi rettilinea dall'Adriatico per Milano e To-
rino agli accessi della Francia.
Ma nello stesso tempo le radici d'ambedue queste
imprese, tuttoché atte a ricevere in ogni caso le grandi
correnti del commercio estero, sarebbero saldamente
assicurate nelle immancabili communicazioni vicinali e
interne. Poiché bisogna pur farsi una ragione che nello
stato incertissimo del diritto internazionale europeo,
le strade ferrate che dovessero appoggiarsi sopratutto
ai rapporti fra Stato e Stato, e a movimenti attraversati
da una frontiera, ben difficilmente potrebbero sostenersi.
Perloché chi cominciasse da esse, e non dalle strade di
commercio prossimo e d'interno giro, fallirebbe all'in-
tento, e giocherebbe il destino di questo nuovo stru-
mento di potenza e di civiltà; poiché ai tentativi mal-
pensati segue l'avvilimento e l'abbandono. Se le strade
ferrate devono propagarsi in Europa, non lo possono
fare altrimenti che al modo degli aghi di ghiaccio, i
quali si scontrano e s'attraversano a brevi intervalli e
con minuta tessitura, finché tutta la superficie dell'aqua
ne rimanga invetriata. Quando tutti gli Stati europei
avranno proveduto alla facilità e celerità delle interne
communicazioni, e avranno tutti preso il saggio esem-
pio delI'Inghilterra e del Belgio, e diffuso nelle inerti
masse indigene il principio del moto, la forza del cir-
colo ondoso sarà tale di propagarsi anche negli inter-
valli da stagno a stagno. Allora le migliaja di milioni,
che per tutta Europa si saranno investiti in queste co-
stose opere interne, formeranno un interesse così po-
tente e imperioso, che potranno tener fronte alle in-
fluenze e alle pretese dei manifattori. I quali, invece
d'attendere a far meglio i loro mestieri, implorano d'ogni
parte vincoli e proibizioni, che annullano di frontiera
in frontiera quei cambj e quei commerci, senza cui
l'industria loro non può vivere se non di vita falsa e
malaticcia, e tiene perpetuamente sospese sull'orlo della
111 - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 141

miseria le famiglie dei lavoratori. Inteso dalle nazioni


industrianti il principio del commercio, ossia della pér-
muta, ognuna di esse coltiverà quelle arti che le sue
circostanze più le consigliano; epperò ricaverà dalle na-
tive sue forze il massimo effetto, cioè le più facili, più
perfette, più copiose produzioni; le quali le serviranno
quasi di moneta per provedersi a più basso prezzo le
più perfette produzioni delle industrie altrui. Ma que-
ste cose sono troppo remote; la febre protettiva è uni-
versale e popolare; e la Spagna stessa, la Spagna, va-
neggia di salvare dai pericoli del commercio la sua
industria, non so se viva, o morta, o nascitura. Il mani-
fattore teme per le sue mal trascelte e male adatte
imprese il confronto delle cose fatte in più opportuni
luoghi a minor costo e con miglior successo; e il ter-
riere in ogni parte d’Europa vede sovrastargli da non
SO qual parte del globo il diluvio dei grani stranieri.
E sopra queste superstizioni di vulgo vegetano e re-
gnano le false dottrine economiche, le quali peranco
non si riebbero dall’impressione che produsse sulle menti
il sublime errore del sistema continentale; poiché gli
errori, massime quando s’intrecciano a gloriosi nomi,
hanno vita tenace, e risurgono immortali dalle scon-
fitte e dai sepolcri. L’abbattuto sistema continentale,
a guisa di cristallo spezzato, si riverberò in cento mi-
nori sistemi, in mezzo ai quali l’Europa rimase quasi
interdetta e smarrita. Ora ben vi pensa, e vorrebbe trarsi
da tanto inviluppo; ma l’impresa diviene ogni giorno più
scabrosa, per la gran boscaglia d‘industrie mal pensate
che la corrente libera del commercio, nel mettere ogni
cosa al suo natural posto, travolgerebbe in subita
ruina. E così, mentre è pur necessario che un milione
di doganieri vegli a interrompere i cambj, e tre milioni
di contrabandieri veglino a deluderli o comprarli, la
benefica e vital funzione del commercio, respinta dalle
strade maestre e ricacciata nei viottoli notturni, ricade

6
142 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nelle mani della frode e della violenza, e veste le forme
del delitto, e addestra a vita facinorosa le tranquille po-
polazioni campestri, e le guida per la scuola del carcere
a piedi del patibolo. Queste cose s ì vastamente e pro-
fondamente stabilite, e vincolate agli interessi di tante
famiglie, le quali in una repentina e improvida riforma
doganale andrebbero naufraghe e sommerse, non possono
lasciar luogo così presto a più profondi ordinamenti.
Perloché i progettatori di strade ferrate devono riguar-
darle come fatti, ai quali è forza conformarsi come ai
grandi declivj del terreno. Epperò quando vedono una
frontiera, devono rassegnarsi in faccia ai tanti interessi
che vi stanno ancora commessi e vincolati, e tenersene
alla maggior distanza possibile, e compiere frattanto
ciò che nell’ordine dei tempi è già maturo e opportuno;
ed aspettare tranquillamente il frutto ulteriore delle loro
intraprese, poiché cosa vien da cosa. D’altronde, quando
le grandi communicazioni interne siano ben piantate,
il connetterle costerà poco tempo e poco sforzo, perché
le mani saranno addestrate all’opera, e le menti rischia-
rate e persuase del successo; e si saranno resi gravi e
preponderanti quegli interessi che ora sono appena
nati.
L’ordine dei lavori deciderà della loro riescita; se
si comincia a connettere colle grandi linee interne le
parti più vitali d’ogni Stato: se poi, seguendo il favore
delle circostanze, s’involgono a poco a poco anche le
più sparse città e le province; se all’ultimo si dà la
mano attraverso alle frontiere ai tessuti che con pari
saviezza si saranno andati preparando negli Stati vicini,
in modo di concatenarsi per essi a più lontane regioni,
a misura che l’emancipazione del commercio si andrà
combinando coi progressi d‘una ben fondata e oppor-
tuna industria, il corso della grandopera non si arenerà
mai. Ma se si segue un ordine inverso: se le teste ar-
denti della Borsa improvisano linee gigantesche, per
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 143

accaparrare commerci di regioni disparate, e mutare


in un giorno la faccia del mondo mercantile: non ci
avverrà dopo un gran vaniloquio di calcoli e di pro-
getti, se non di stringere un'ombra; e la corrente dei
capitali, che non è larga e copiosa quanto si crede, si
volgerà per altro cammino; da cui nessuna seduzione
di privilegi e di dividendi veri o falsi, potrà mai richia-
marla.
Se si seconda il miglior ordine, egli è manifesto che
la rapida communicazione fra Genova e Torino, deb-
b'essere il primo pensiero di chi volesse condurre strade
ferrate in Piemonte; poiché su quella direzione stanno
pronte, senza impedimento, né dubbio, né ritardo, le
maggiori masse di popolazione, di capitale, di traffico,
e d'industria, e corrono tutti i rapporti civili e militari
di quelle due parti del regno, e delle più lontane estre-
mità, cioè di ciò che sta oltralpe, e di ciò che sta oltre-
mare. Tentato il paese con questa prima prova, la
quale se non fosse anche prospera agli imprenditori,
sarà sempre immensamente utile a tutto il paese, a cui
diverrà potentissima machina di ricchezza e di difesa,
si potrà procedere alla seconda, cioè alla diramazione
d'Alessandria per Casale e Vercelli a Novara; poi alla
terza cioè alla diretta congiunzione di Vercelli a To-
rino; dopo di ché la vasta esperienza già potrebbe indi-
care in quali valli e pianure si potrebbero con savio
consiglio protendere brevi linee laterali, per compiere
la preziosa rete; e verso quali frontiere si potrebbero
volgere più brevi tragitti. A quel tempo sarà, speriamo,
ben inoltrata anche l'opera della linea lombardo-véneta;
prima di ché sarebbe prematuro consiglio, anche nella
certezza di lontani e vasti commerci coll'Adriatico e col
Settentrione, l'andarsi a spingere contro una frontiera,
al di là della quale non fosse già compiuto e pronto
l'altro anello con cui far catena. Del resto già sarebbe
una grande agevolezza pel movimento di certe merci
144 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
del porto di Genova, l'aver raggiunto in qualsiasi luogo
la riva del Po, nel quale fan ricapito i laghi del Mila-
nese e i fiumi del Véneto, e le merci dell'Adriatico
possono arrivare più lentamente bensì, ma per molto
minor prezzo che non sulle linee ferrate.
Perloché se la prima parte dell'invito, che si fece
per le stampe a Genova, cioè l'ardua costruzione d'una
strada ferrata per la gola dell'Apennino verso Serra-
valle o qualunque altro luogo, è opera d'apertissima
utilità universale: e se la diramazione da Serravalle
pel piano di Marengo verso Alessandria congiunge al-
l'utilità publica anche la minor difficoltà: non così può
dirsi per ora di quella linea che da Serravalle, scendendo
lungo la Scrivia, andasse a passare il Po, seguendolo
poi pel Siccomario fino appiè del ponte di Pavia. Que-
sto tronco per sé si ridurrebbe solamente a servire qual-
che miglio più dappresso la piccola città di Tortona;
e dovrebbe contare sopratutto sul limitato e precario
movimento delle persone che, in tempi di tutta tran-
quillità, e col passaporto alla mano, varcassero la fron-
tiera. Ora in queste circostanze non è possibile assicu-
rarsi d'un colpo trecentomila o quattrocentomila passag-
gieri all'anno. I1 che ben si potrebbe sperare ove si
ponessero in rapido contatto molte e non piccole città,
fra le quali la subita risoluzione d'andata e ritorno si
compiesse senza ritardo e quasi senza pensiero. Ed è
perciò che gli stessi progettatori, nella loro circolare
dello scorso marzo, facendo induzione dal presente pas:
saggio annuale dell'Apennino pel colle dei Giovi, pen-
sano che sulla strada ferrata il produtto dei viaggia-
tori, valutato da essi a franchi 580,000, non debba giun-
gere nemmeno al quinto del totale (3,044,000). Il che
vuol dire ch'essi fanno i conti loro in un modo che
contrasta. al fatto costante di queste imprese, nelle
quali il produtto dei passaggieri è di gran lunga il prin-
cipale. E noi crediamo al contrario che torni molto
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 145
meglio conformarsi alla provata natura delle cose. Ag-
giungiamo che altra cosa è il passaggio interno e quasi
domestico del colle dei Giovi, il quale essendo in seno
al regno, anzi nel territorio stesso di Genova, può ben
dare al presente 78 mila passaggieri all’anno, ossia più
di 200 al giorno; e altra cosa il passaggio della fron-
tiera e il movimento nei luoghi vicini alla frontiera.
Né, per ciò che riguarda alcuni generi di merce, bisogna
dimenticare che un terzo all’incirca di questa linea
scorre rasente il Po, al quale si può giungere navigando
dalle più interne parti del Piemonte e del Lombardo-
Véneto, dalla frontiera svizzera e fino dal Pontificio e
dall’Adriatico, senza pagare le gravi tariffe d’una strada
ferrata. Perloché il travaso di parecchie merci dalle
barche ai vaggoni forse converrebbe a farsi presso al
passaggio stesso del Po, senza percorrere la rima-
nente parte di quella strada ferrata. Infine per il colle
dei Giovi passano quasi tutte le derrate che il commercio
di Genova manda o riceve per l’Apennino; ma sulla
pianura si distribuiscono, divergendo a più parti, verso
Torino, verso Casale, verso Novara, verso Milano, verso
Piacenza. Ora a tutte queste direzioni, tranne quella di
Milano, riescirebbe affatto inutile tutta quella parte
della linea che scorre lungo il Po, nella bassa Lomel-
lina. Tutto considerato, sarebbe adunque improvido
consiglio il cominciar l’opera da quella parte ove le
belle aspettative sono tanto meno fondate che dall’altra.
In ciò noi vediamo dominare quelle stesse preoc-
cupazioni mercantili, che pretendevano fondare le stra-
de ferrate del Regno Lombardo-Véneto sulle assolute
communicazioni tra Venezia e Milano 1, e sull’improv-
viso afflusso d’una straordinaria copia di merci, chia-

Vedi le mie Ricerche sul progetto di strada ferrata da


Milano a Venezia, 1836.

10. . CATTANEO.Scritti politici. II.


mate dall'oriente e dall'occidente all'annunzio solo
dell'aprimento d'una strada ferrata. Non è su queste
fantastiche tracce che Venezia e Genova possono tener
dietro al nuovo corso dei destini del mondo. Quando
si afferra un nuovo strumento col proposito di trarne
vantaggio, è mestieri riconoscerne e rispettarne il prin-
cipio e la natura. I1 Piemonte è paese bastevolmente
opportuno alle strade ferrate, quandanche non lo sia
né naturalmente né statisticamente nella misura stessa
della Lombardia e del Belgio. E questa opportunità
sua va con successive riforme svolgendosi di giorno
in giorno, e crescerà rapidamente col mezzo appunto
delle strade ferrate, le quali promovono il principio
stesso su cui vivono, cioè la folta popolazione, l'indu-
stria, la ricchezza, la potenza. Ma bisogna intender bene
il modo con cui le strade ferrate possono metter radice
in un paese, e durarvi e giovare; il che consiste nel
prestare immediato servigio alle maggiori masse di po-
polazione nei rapporti civili e commerciali che già cor-
rono fra loro, e dai quali ben promossi e animati ger-
mogliano altri nuovi rapporti, e si prepara lo svi-
luppo d'altri centri d'industria e d'altre popolazioni.
Ma una linea, che, passando attraverso a una catena
di monti e a due pianure scarse d'industria e poste in
un angolo del regno, va direttamente a gettarsi contro
una frontiera, al di là della quale le grandi strade fer-
rate sono ancora un desiderio, ripugnerebbe affatto alle
massime fondamentali su cui questa nuov'arte si fonda.
Perloché la linea che la società genovese propone
per prima e principale, cioè quella che scorre sulla si-
nistra della Scrivia e del Po verso Pavia, dovrebbe esser
una delle ultime, anzi appoggiarsi, come un'appendice,
al buono e certo ésito delle altre. Quella poi ch'essa
chiama « un ramo speciale, che volgerà ad Alessandria
per continuare nella direzione di Torino », è anzi per
ogni conto la principale, adatta a divenire la grande
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 147

arteria commerciale e militare del regno, e lo strumento


delle sue communicazioni, della sua unità e della sua
difesa. E perciò dovrebb'essere la prima, e sostegno
e stimolo a intraprendere le altre. Vien seconda per
importanza la diramazione di Casale, Vercelli e No-
vara, la quale collegherebbe Genova con quelle interne
pianure, e quindi col Lago Maggiore, e, per quanto
è possibile coll'attigua Svizzera e colla valle del Reno.
Per ultimo quando si riunisse con una terza linea To-
rino a Vercelli, appena rimarrebbe il breve intervallo
di sette miglia da Novara al Ticino, oltre il quale si
potrebbe con breve intervallo raggiungere le strade lom-
bardo-vénete, e compiere la rapida corsa fino all'Adria-
tico. Tutti i tronchi posti fra Vercelli e Milano servi-
rebbero ad un tempo alle communicazioni nostre con
Genova e con Torino, col Mediterraneo e colla Francia.
Ma tutto questo impianto sarebbe sempre fondato sulla
circolazione interna, collegando con Genova una ven-
tina di grandi o piccole città, ossia tutte quelle a un
dipresso che giaciono nel bacino del Po, con una po-
polazione complessiva di 600 e più mila abitanti. E pure
avendo tutto l'aspetto d'un'opera d'interna e dome-
stica providenza, si porgerebbe molto opportunamente
e senza sforzo alle grandi communicazioni europee. Met-
terebbe un lago, ch'è in parte svizzero, a quattro ore
di distanza dal Mediterraneo; e ciò è poco ancora; met-
terebbe la più interna parte dell'Adriatico alla distanza
di dodici ore dal Mediterraneo; metterebbe le gole
della Savoja e della Francia a brevissimo intervallo
da quelle dell'Illirio e della Turchia. Né lo sviluppo
di queste prime tre linee piemontesi sarebbe troppo
vasto e costoso, essendo all'incirca 35 miriametri, cioè
solo un terzo di più della linea da Milano a Venezia.
Ma di tutto ciò la sola 27ª parte, cioè i 13 mila metri
da Novara a Bufalora, potrebbe dirsi veramente fon-
data sull'aspettativa del commercio estero; seppure
148 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
possono a tutto rigore con questo nome intendersi gli
antichissimi ed intimi vincoli non tanto di commercio,
quanto di moltéplice possidenza e di famiglia, che
congiunsero sempre Milano cogli antichi suoi dominj
del Novarese, colla sua colonia d'Alessandria, e col
porto di Genova una volta suo.
I dati, sui quali deve fondarsi l'impianto economico
della strada, consuonano pienamente ai dati tecnici
delle altezze, per quanto almeno si può asserire senza
studj, in una materia, della quale i geografi e gli
statistici non sembrano apprezzare la somma impor-
tanza, e perciò non si curano di raccogliere le cifre.
I fondatori affermano che la galleria dell'Apennino debba
aprirsi all'altezza di 340 metri sul livello marino, dalla
quale bisogna direttamente scendere nella valle del
Po. Questo fiume è all'altezza di circa 58 metri sopra
il mare alla foce del Ticino, e di 80 metri incirca verso
la foce della Scrivia, dove i soci genovesi propongono
di varcarlo. Se supponiamo che la discesa astratta, ch'è
di 260 metri, si possa, coll'altezza dell'argine e del
ponte sul Po, ridurre anche d'una decina di metri, e si
possa uniformemente ripartire sopra tutta l'astratta di-
stanza di circa 55 chilometri, dalla bocca della gal-
leria al capo del ponte: si avrebbe tuttora una pen-
denza generale di 4m.,5 per mille. Ma siccome non è
verisimile che il riparto si possa fare sempre uniforme,
egli è chiaro che tratto tratto sarà forza oltrepassare
più ancora il limite delle convenevoli pendenze.
Se al contrario la strada si volge alquanto a po-
nente, verso la valle dell'Orba, essa con una distanza
all'incirca eguale giungerebbe sopra Alessandria, e con
un pendio forte ancora, ma raddolcito almeno nella ra-
gione d'un metro per mille, e più facile a rendersi uni-
forme, perché trasversale al declivio del piano. Si ver-
rebbe poi a diminuire d'altrettanto la successiva contra-
pendenza per salire lungo il Tànaro all'altipiano del
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 149

Piemonte, che sembra esser alto all'incirca 280 metri;


e perciò essa riescirebbe in generale del 2 per mille. La
discesa dall'altipiano è per sé assai moderata, cioè di
40 metri e forse meno, sopra una distanza di ventimila,
da Carmagnola alla parte più elevata del recinto di To-
rino; ed agevole è pure tutta la discesa fondamentale
da Torino per Vercelli a Novara e Bufalora, cioè al-
l'incirca dell'uno per mille. Più dolce ancora e in alcune
parti orizontale, sarebbe la curva da Alessandria per
Valenza e Casale a Vercelli; e intorno all'uno per mille
salirebbe anche il tronco verso il Lago Maggiore, che
riesce soli 194m. sopra il mare, epperò non molti me-
tri sopra Novara. Perloché lo sforzo massimo delle pen-
denze sarebbe sempre intorno all'Apennino, e come si
disse riescirebbe assai mitigato, se si seguisse il corso
dell'Orba, e si portasse il passaggio del Po dalla foce
della Scnvia fino al di sopra di quella della Sesia. Alla
qual conseguenza, colle viste tecniche delle pendenze
generali e della minor larghezza del fiume, collimano
tutte le più sicure viste economiche, e, in cosa di sì
facile evidenza possiamo dirlo, anche quelle della si-
curezza militare. Ma tutte queste ricerche si vogliono
ridurre a cifre precise; e bisogna largheggiare assai,
e più che assai, nella quantità dei rilievi; elemento sta-
tico che tonerà utile a cento altri servigi. E non con-
viene imitare la malaccorta strettezza, che, unita ad
una malintesa prodigalità, ridusse a mera apparenza gii
studj della strada lombardo-véneta,
Frattanto, essendo, come si vede, assai commoda
la disposizione dei livelli fondamentali, non sembra dub-
bio che Sarte non possa facilmente sottomettere quelle
minori interpendenze, che fossero cagionate da singo-
lari accidenti del terreno, cioè dal prolungamento delle
estreme unghie dei colli sulla pianura, o dalla giacitura
di certi terreni, atteggiati talora piuttosto a subiti sca-
glioni che a costante pendio.
150 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
I due grandi elementi di buon successo, cioè la
folta popolazione e la forma generale del paese, danno
consiglio e incitamento a tentare un grande impianto di
strade ferrate, che, vinte una volta le scabrose gole
dell'Apennino, possono con moderato sviluppo invol-
gere più o men davvicino tutti i grembi di popola-
zione e gli sbocchi di tutte le più riposte valli, e span-
dere in ogni parte una vitale attività. E sarebbe una
grande sventura e un grande obbrobrio, se quelli che
il corso delle cose e le singolari opinioni del nostro
tempo chiamarono da tutt'altri officj ad essere fonda-
tori e promotori d'un'opera di tanta publica utilità, vol-
gessero i pensieri loro piuttosto all'accatto d'un aggio
prematuro, che al successo finale. La ragione e l'espe-
rienza pur troppo dimostrano, che a quell'alta meta
non si giunge se non colle forze congiunte di tutti gli
ordini sociali, e col nobile accordo del venturoso spirito
mercantile col criterio economico, colla diligenza co-
struttiva, e colla precisione legale, per mezzo d'un'aperta
e vera discussione. E perciò noi non dissimuliamo che
la preponderanza dello spirito mercantile ci sembra
il più prossimo e pericoloso scoglio di quest'impresa,
e nell'interesse medesimo del commercio, anzi dell'aggio
stesso, noi lo additiamo alla prudenza e al buon volere.
Né altro aggiungiamo, dopo il molto che ne abbiamo
detto nel numero precedente di questa Raccolta.
Frattanto diremo che un altro elemento di buon
successo, cioè il favore dei potenti, non mancò a questa
impresa, anzi le fu oltremodo cortese. Le si concesse
il privilegio centennale (99 anni); l'esenzione da tutte
le imposte prediali pel fondo, e di tutte le tasse pro-
porzionali pei contratti: la libera scelta dei traccia-
menti, col solo vincolo che il ponte del Po non sia
più prossimo alla frontiera che la foce del Curone;
l'ingresso libero, anzi franco d'ogni dazio, per tutte le
guide e le locomotive, e il carbone e tutte le altre
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI i51

cose necessarie; l'uso gratuito dei terreni demaniali che .


formassero riva o letto di fiume o di torrente; il prezzo
di favore per le polveri da mina; il libero ricambio dei
cavalli per il trasporto, ove occorra; l'esenzione da ogni
diritto di transito, salvo i generi di privativa e i dazj
di consumo. Pei proprj trasporti il Governo si riserva solo
il diritto di prelazione; ma coi prezzi ordinarj di tariffa;
e si riserva a concertare un prezzo pel trasporto delle
lettere, delle truppe in corpo, e delle artiglierie quando
lo faccia con mezzi proprj, fermo stando che non ecce-
dano la misura dei carichi ordinarj. Nei casi di guerra
potrà rimovere a propria spesa le rotaje, dando equo
risarcimento sul valore degli oggetti demoliti o deterio-
rati. Dopo trent'anni dall'aprimento della strada, si ri-
serva la facoltà di riscattare le azioni alla quota media
del corso che avranno avuto nel cinquennio precedente,
esclusi gli anni di guerra o d'altro straordinario infor-
tunio; ma non entrerà in possesso della strada se non
dopo ì'acquisto e il pagamento di tutte le azioni. Si
appagò d’un'assai modica cauzione, e permise alla co-
struzione il tempo di cinque anni. Tutti questi favori,
diminuendo alcuni la spesa capitale, altri quello d'eser-
cizio, altri l'incertezza e i pericoli, tendono a rendere
più basse le tariffe dei trasporti. I1 cui limite massimo fu
segnato per le merci a un dipresso sull'esempio delle
strade belgiche, cioè a franchi 3 per quintale metrico,
ossia 30 per tonnellata, da Genova a Torino, il che po-
trebbe fare circa 21 centesimi nostri per chilometro.
Perloché le agevolezze fatte alla società imprenditrice
si risolvono in una providenza generale, a vantaggio
di tutti gli abitanti e di tutte le proprietà del paese,
e a promozione del transito straniero. Sembra dunque
che il Governo abbia trattato l'impresa come cosa pro-
pria, di cui confida la fondazione alla sagacità ed al-
l'industria dei privati, salvo a recarsela in sua mano,
senza che questi ne perdano il meritato frutto. Sia
152 , CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
dunque loro ambizione di mostrarsi degni di tanta fidu-
cia, e di sapersi sollevare sopra l’angusto limite delle
private mire, del che daranno un certo pegno, se, prima
di por mano a qualsiasi parte dell’opera, vorranno con
più che bancaria previdenza Considerarne e calcolarne
il generale ordinamento per tutte le parti del paese;
dopo di che non avranno più bisogno d‘implorare con
mercantile gelosia che « nessun’altra strada ferrata si
possa per trent’anni condurre lungo le riviere di Genova
o nella circonferenza di ventimila metri da ciascuna
parte della nuova strada »; poiché il prolungamento,
ossia il compimento e lo sviluppo d’un’opera non può
non tornarle vantaggioso, quando l’opera stessa siasi
premeditata con provido consiglio.

Giugno e agosto 1841

Replica del Dottor C. Cattaneo alla Risposta


dell’ingegnere Giovanni Milani *
La libera discussione, ch‘erasi aperta su quest’im-
presa fino da suoi primordj, le aveva tosto sommamente
giovato nella vitalissima questione della scelta della
linea, rimovendo la proposta irreparabilmente ruinosa
di seguire la traccia materiale delle pendenze, lasciare
in disparte le città, e frapporre tra loro una costosa
sopradistanza artificiale. Ma l’interesse privato, che ago-
gnava a traviare il corso dell’opera e divorarne i pre-
maturi frutti, non omise artificio alcuno per sottrarla
tosto alla soggezione della publica vigilanza. L‘effetto
si fu che quando, dopo alcuni tentativi fatti indaRNo,
noi cogliemmo, alla fine dello scorso aprile, la propizia
congiuntura di nanimare l’abbandonata discussione, l’im-

* Pubblicato in POL., 1841, IV, pp, 273-292 e 346-404.


152 , CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
dunque loro ambizione di mostrarsi degni di tanta fidu-
cia, e di sapersi sollevare sopra l’angusto limite delle
private mire, del che daranno un certo pegno, se, prima
di por mano a qualsiasi parte dell’opera, vorranno con
più che bancaria previdenza Considerarne e calcolarne
il generale ordinamento per tutte le parti del paese;
dopo di che non avranno più bisogno d‘implorare con
mercantile gelosia che « nessun’altra strada ferrata si
possa per trent’anni condurre lungo le riviere di Genova
o nella circonferenza di ventimila metri da ciascuna
parte della nuova strada »; poiché il prolungamento,
ossia il compimento e lo sviluppo d’un’opera non può
non tornarle vantaggioso, quando l’opera stessa siasi
premeditata con provido consiglio.

Giugno e agosto 1841

Replica del Dottor C. Cattaneo alla Risposta


dell’ingegnere Giovanni Milani *
La libera discussione, ch‘erasi aperta su quest’im-
presa fino da suoi primordj, le aveva tosto sommamente
giovato nella vitalissima questione della scelta della
linea, rimovendo la proposta irreparabilmente ruinosa
di seguire la traccia materiale delle pendenze, lasciare
in disparte le città, e frapporre tra loro una costosa
sopradistanza artificiale. Ma l’interesse privato, che ago-
gnava a traviare il corso dell’opera e divorarne i pre-
maturi frutti, non omise artificio alcuno per sottrarla
tosto alla soggezione della publica vigilanza. L‘effetto
si fu che quando, dopo alcuni tentativi fatti indaRNo,
noi cogliemmo, alla fine dello scorso aprile, la propizia
congiuntura di nanimare l’abbandonata discussione, l’im-

* Pubblicato in POL., 1841, IV, pp, 273-292 e 346-404.


111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 153

presa, dopo aver giaciuto quattro anni nell'aria sepol-


crale del secreto, poteva dirsi sull'orlo d'una vergognosa
liquidazione. Milano rifiutava sdegnosamente di pren-
dervi parte, perché temeva di mettere il collo entro
il laccio bancario. Venezia guardava con inappetenza
l'ottenuta facoltà di dar mano ai lavori; e accoglieva
già da un anno indugi e pretesti, per non essere astretta
a una serie di rapidi versamenti, troppo sproporzionata
alle sue forze. Trieste e Vienna si trovavano involte in
gravissimi infortunj, dei quali il malgoVerno di que-
st'opera non era l'ultima delle cagioni; e già un terzo
degli azionisti abbandonava questa nostra nave, e i
milioni che le aveva confidati.
Ecco dove si erano ridutte le cose, quando noi, nella
nostra Rivista, facevamo un ardito richiamo ai nostri
concittadini; additavamo come nell'impresa si era insi-
nuato il principio del male, ma v'erano i germi d'un
immenso commun bene; e accusavamo la funesta loro
indolenza. Ma il tempo stringeva; e prima che il publico
potesse appurare un giudizio, e venire a qualche risolu-
zione, scadeva la fine di maggio; si chiudevano con tristi
auspici i registri, e si preparava per la fine di giugno un
congresso d'azionisti, al quale la nostra cittadinanza
omai non poteva onorevolmente partecipare.
Una fortuita dilazione di quaranta giorni bastò per-
ché la discussione maturasse l'immancabile suo frutto,
e i nostri concittadini rispondessero nobilmente ai no-
stri rimproveri, mettendo mano alla cosa per la cosa, e
salvandola dall'urgente ruina. Non diremo ancora che
tutto sia salvo; né questo è un peso a cui bastino le
forze d'una sola città; ma intanto abbiamo superato il
peggior momento della crisi; quelli che avevano dispe-
rato, possono riprender animo e tornare con noi; e le
mani stanche e i nomi logori possono sgombrare, e far
largo al principio della forza e della vita.
Dopo di ciò possiamo giustamente lagnarci di coloro
154 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
che giudicarono pericoloso quel nostro scritto, e predis-
sero che avrebbe al tutto alienato gli animi dall’impresa.
Di coloro poi, che altro non vollero vedervi che, il lin-
guaggio della malevolenza privata, non ci degniamo di
parlare. E per tutto ciò riprendiamo tranquillamente la
discussione, lasciando al tempo e al fatto la cura di
giustificare, come al solito, le nostre intenzioni.
In quella Rivista avevamo dedicato 28 pagine, os-
sia fogli di stampa uno e trequarti, all’esame del pro-
getto Milani. La semente non fu sparsa in terra ingrata;
tre stamperie ci hanno già versato fogli quaruntuno e
mezzo di risposta. Pare che la verità questa volta com-
paja piuttosto vestita che nuda.
Da ogni parte ci si annunciavano cose grandi, grandi
mentite, dovizia di lettere e documenti. Noi ridevamo;
dicevamo a tutti che le mentite sarebbero poi state
confessioni, e la risposta sarebbe infine una ricevuta.
Nel giorno 28 luglio comparve il formidabile in-
quarto; e non neghiamo che quella massa fece un senso
di sgomento e d’oppressione ai nostri benévoli; e per
poco non conquise anche la nostra fermezza. Prima di
leggerne il contesto, l’abbiamo scorso materialmente in
cerca di mentite; e vi abbiamo infatti notato più di
sessanta volte il verbo mentire, o il nome menzogna, o
altri vituperosi equivalenti. Ma in quella operazione ci
siamo tosto persuasi, che la voce mentire non ha per
il sig. Giovanni Milani quel senso tremendo e sacramen-
tale, che suole avere nella nostra società; essa non è
altro che un modo violento di dire: un frémito forse di
vergogna : una specie di bestemmia sociale.
Tuttavia si poteva credere ch’egli ne avrebbe almeno
fatto USO nei casi più gravi. E siccome dei quaranta e
più errori fondamentali che avevamo notato nel suo pro-
getto, i più enormi ci stavano ben presenti al pensiero,
così abbiamo cercato tosto le corrispondenti mentite.
Per esempio:
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 155

Ad imitazione del sig. ingegnere Bruschetti, che nel


1836 prometteva nella Biblioteca Italiana di servire con
due sole locomotive i 4 miriametri della strada di Como,
il sig. ingegnere Milani aveva calcolato che quattordici
locomotive sarebbero state sufficienti per i 29 miriame-
tri della strada lombardo-véneta, e sua laterale. Noi non
avevamo mancato di dire due volte agii azionisti, che
questo errore era stato corretto in alto, e che, per virtù
di questa ch’essi chiamano approvazione, le 14 loco-
motive, calcolate dal sig. Milani, erono già divenute 60;
e s’avviavano a raddoppiarsi per lo meno un’altra volta.
Questa nostra asserzione ci pareva un punto degno, che
il sig. Milani vi spendesse intorno una delle sue men-
tite. - Abbiamo cercato il volume da capo a fondo; l’ab-
biamo fatto frugare anche dagli amici; lo frughino ora i
nostri nemici, poiché la mentita non vi si trova. Dunque
per questo primo punto la risposta del sig. Milani si
risolve proprio in una ricevuta. Ed è già un affare di
cinque o sei milioni; perché ogni ventina di machine
costa più d’un milione. Aggiungiamo in proporzione i
carri e le vetture.
V’è di più. AI § 335 della Risposta, il sig. Milani,
quasi per aggravare il suo torto, espone con dottrinale
apparato, che: « la corsa continua d‘una locomotiva non
deve superare i 60, od al più i 70 mila metri: e che,
dopo una corsa simile, convien fermare la machina, vi-
sitarla, pulirla, sgombrare il focolajo, vuotare la caldaja,
se occorre; insomma BISOGNA CAMBIARLA CON un’altra ».
Perloché sulla nostra strada le locomotive, secondo lui,
dovranno, in buona regola, essere mutate ad ogni due
sezioni, o ciò che vale lo stesso, percorrere una sezione
sola per andata e ritorno. E siccome tutta la linea, com-
preso il braccio di Treviglio forma 12 di codeste sue se-
zioni di circa 25 mila metri ciascuna, così ogni movi-
mento d’andata e ritorno porterebbe il cambio di 12
machine e supposto che 2 altre si trovassero in ripara-
156 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - 11
!
zione, le 14 machine dell’originale calcolo Milani appena
basterebbero ad un solo andirivieni al giorno. E perciò
questo numero è da moltiplicarsi cinque, o sei, o più
volte, secondo il numero giornaliero delle partenze, e il
successivo sviluppo che nel corso di cinquant’anni avrà
luogo, e il successivo logoramento delle machine, che
daprincipio sono tutte nuove. E poi rimane ancora di
raddoppiare all’incirca la partita pel trasporto dei be-
stiami e delle merci. Se questa dottrina venne adottata
dal sig. Milani al § 335, egli era tanto più in dovere di
darci una mentita sul punto delle 14 machine; e ne lo
avremmo quasi pregato, e per la sua gigantesca riputa-
zione, e pe’ suoi famosi viaggi su tutte le strade ferrate
d’Europa; poiché, dopo l’esperimento della strada di
Monza, tutti hanno aperto gli occhi alla nuova luce,
e devono dire che il signor ingegnere in capo non ne
sapeva nulla.
Avremmo osato sperare anche un’altra mentita. Nella
Rivista si era affermato che il signor Milani aveva pro-
posto, per le rotaje, lastre di granito, lunghe tre metri,
larghe mezzo metro, e grosse, o ben piuttosto sottili,
9 decimetri; e che riunite le pietre di ambedue le rotaje,
si sarebbe potuto fare da Milano a Venezia, (e aggiungi:
da Treviglio a Bergamo) un selciato continuo di granito,
largo cinque braccia; ma che l’ingegnere aveva valutato
ogni lastra al decimo del suo valore.
Nella sua risposta (§376 e seguenti) il signor Milani
afferma che non si trattava di granito, bensì di pietra
scempia calcarea di Verona; ma confessa d’aver fal-
lato il moltiplicatore, cioè, per dirlo alla buona, il prezzo
della pietra: « Nel moltiplicare il numero dei metri
quadrati di lastra scempia calcarea di Verona (§380)ho
preso per moltiplicatore, NON so COME, in luogo di lire
6,54 -lire 2,76 ».
Anche noi non sappiamo come un esperto ingegnere,
debba sbagliare quasi del triplo nel valore dei mate-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 157

riali più communi, in un caso di sì enorme importanza


come una selciatura larga cinque braccia e lunga 150
miglia. E non sappiamo come non dovesse avvedersene
sulla sua sedia curule nell’officio Tecnico a Verona, dove
tutti sanno il prezzo di questa trivialissima merce, c in
mezzo a venti ingegneri, che, com’esso narra, avevano
facoltà di consiglio e di discussione (§ 367), e non erano
niente affatto sotto il giogo di discipline umilianti (§ 174);
e poi se ne dovesse accorgere, dopo molti mesi, a
Vienna: Di questo errore mi accorsi io stesso... in
Vienna, nel novembre 1838 (§ 380)».
Ma vedete sventura! « Allorché mi accorsi in Vien-
na di quell’errore, i1 progetto era già spedito in Italia;
e propriamente a Milano » (§ 382). Povero ingegnere
in capo! In Italia e propriamente a Milano! Ecco dun-
que l’ingegnere in capo, che prende la posta, e galop-
pa dietro al suo sproposito, e alla sua pietra scempia,
in Italia e a Milano; e vi giunge. « Anch’io giunsi a
Milano : attesi che la Commissione esaminatrice fosse
nominata e raccolta; e tosto che seppi che faceva
parte di essa... il signor cav. Donegani, gli esposi in
una Memoria in iscritto, rimessagli negli ultimi giorni
del gennajo 1839, l’errore occorsomi, pregandolo a
permettermi d’emendarlo ... concludendo anche che non
mi scolpava pel fallo fatto, perché egli era tanto mate-
riale (dite tanto grosso), che si scolpava da sè. Quanto
ho chiesto dalla gentilezza del cav. Donegani, mi fu
da lui accordato, e così terminò quest’affare » (§ 383).
Senonché quest’affare non è terminato ancora, co-
me qui si vede; e non avrà finito così nemmeno allora,
perché il fatto sta che non si sarà occorto esso in Vien-
na nel novembre 1838, ma il signor cavaliere Donegani
in Milano. E avrà avuto la bontà di mostrarglielo; e
gli avrà usato l’indulgenza di lascargli tagliar fuori
questa, ed altre, e non poche, pagine del suo mano-
scritto; cosicché avesse a fare men meschina figura
158 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nei susseguenti Offici civili e militari; e potesse poi mil-
lantarsi d'aver avuto l'approvazione; e vantarsi ingra-
tamente d'aver confuso i suoi giudicatori, cioè quelli che
lo avevano salvato; e in virtù di questa pretesa appro-
vazione potesse riscuotere le 16 mila lire di premio
che i direttori gli vollero prodigare a carico degli azio-
nisti,- tuttoché sapessero bene benissimo che il suo
progetto non era lodevolmente compiuto, e anziché
approvato era riprovato, e per quanto si poteva rifuso;
- tuttoché noi ne avessimo dato notizie agli azionisti
nel primo numero di questo giornale; - tuttoché i
direttori, senza negare il fatto della disapprovazione ci
avessero presso l'Autorità fatto carico di quello scritto
come inteso a screditare l'opera, mentre noi miravamo
solo a rompere in tempo la cabala che involgeva gli
azionisti, e della quale ora si colgono i maturi frutti.
Per diminuire quel colossale errore, il signor Milani
volse il granito in pietra scempia, e confessò per giun-
ta un altro errore: « Un errore di scritturazione; si
scrisse larghi Om.,50, in luogo di Om.,30 » (Alleg. cc
pag. XXIX). Del granito ben ci ricorda; ma della pietra
scempia non avevamo udita menzione fino a quest'ora;
ed è pure un vocabolo che resta facilmente impresso; e
non possiamo credere che, mentre il canale che costeg-
gia a breve distanza la linea da Milano fino all'Adda
vi poteva recare i solidi graniti del Laiio, convenisse
trasportarvi una miserabile calcarea fin da Verona. E
se oltre alla sottigliezza delle lastre, e alla soverchia
loro lunghezza, si doveva togliere loro due quinti del-
la larghezza, e il nervo della materia, non sappiamo
come avrebbe potuto reggere al peso della locomotiva,
senza esserne stritolate tutte dal primo ali'ultimo pezzo.
Il sig. Milani nega indarno d'aver preso dal pro-
getto Meduna quanto di meglio egli propose intorno al
gran ponte. Nella vastità dell'intervallo tra Mestre e
Fusina e l'uno e l'altro capo di Venezia egli scelse al
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 159

passaggio la stessa barena, lo stesso Canal Colombola,


e per le stesse ragioni del partiaqua e della laguna
morta. Sciolto colla scorta altrui il modo di costruire
il ponte, e quello d'attraversare la Laguna, anche nel
ricapito preciso del ponte non se ne allontanò. I1 sig. Me-
duna aveva proposto negli Annali di Statistica del di-
cembre 1836 (p. 298) cinque linee per la direzione
del ponte:
« La 1.ª linea, partendo da Mestre, raderebbe il
forte di Malghera dal lato di mezzodì, e scorrendo pa-
rallelamente al canale di S. Secondo, che forma la
consueta via delle barche tra Mestre e Venezia, giun-
gerebbe alla città presso S . Giobbe...
« La 2." linea si traccerebbe alterando lievemente
la prima, cioè facendo capo alla Sacca di S. Lucia »...
Di questo, ecco la ricevuta Milani.
«Muove dal lato di Venezia che guarda ponente,
da quell'ampia isola che sta tra la Laguna, il Canal
Grande e quello detto Regio, proprio dalla Sacca di
S. Lucia, dal vasto orto Petich ... Segue una linea retta
che corre al forte di Malghera radendo lo spalto delle
di lui opere principali, e della mezza luna a sud. In
cammino è attiguo e quasi parallelo al canale di S . Se-
condo > (Progetto capo IX § 132 p. 34).
Habemus confitentem reum. I1 sig. Meduna aveva
posto questa linea di Malghera, S . Secondo e S . Lucia
per la seconda, perché più lunga; il sig. Milani la pre-
ferisce, perché nell'orto Petich può trovare le cento
pertiche di terreno sgombro, da farvi non solo la sta-
zione, ma anche la manifattura delle machine. I1 luogo,
come si vedrà, non è opportuno, perché intercetto dal
ponte levatojo, ma ad ogni modo non esce dalla se-
conda linea del Meduna.
I1 sig. Milani suddivise istessamente la tratta con
cinque isolette, quella di mezzo maggiore delle altre;
fece gli stessi calcoli sulla distanza del fondo stabile;
c

180 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II


i elesse gli stessi materiali, le stesse pile, gli stessi archi,
le stesse dimensioni; poiché, se il piano carreggiabile
del Sig. Milani riesce alto due spanne di più (Om.,55),
ciò avviene perché egli vi aggiunse la cavità degli
aquedutti (Om.,53), che lo rialzano d'altrettanto. E sic-
come dove finisce la laguna cominciano le paludi, e
dove finisce il ponte comincia l'argine: così per un
certo tratto è libero all'ingegnere fare qualche arcata di
più o di meno, secondoché l'esperienza dimostrerà
che costi più un'arcata o un tronco d'argine di pari
lunghezza; il che può allungare più ancora il ponte,
senza variarne menomamente l'impianto e la proprietà
del pensiero. Le differenze di quattro once (Om.,2O)
nelle freccie degli archi, e l'essere nel progetto Me-
duna la faccia esterna delle pile piuttosto inclinata
d'un decimo che precisamente verticale come nel pro-
getto Milani, sono freddure superficiali che in sì vasta
opera non importano nulla. Né vale quell'osservazione
barbaresca a che tutti i ponti si somigliano » (§ 110),
e perché non è vera; e perché nello stesso modo si so-
migliano anche tutti i fazzoletti e tutte le tasche; ep-
pure non è lecito prendervi sbaglio. Né parimenti
è vero che l'autorità militare abbia disapprovato il
progetto Meduna, perché quell'allegato, che il Sig.
Milani reca molto opportunamente a nostra notizia, non
allude in alcun particolare al progetto Meduna; ma
stabilisce la massima, allora generale: « potersi conce-
dere soltanto la costruzione d'un PONTE DI LEGNO, sen-
za selciatura » Questa massima venne negli ultimi

Decisione del Consiglio Aulico di guerra 3 maggio 1837,


allegata dal Sig. Milani a p. 23 in nota.
, Tutti i documenti dal sig. Milani ci tornano preziosi, e
perché dimostrano l'esattezza di quanto avevamo detto,
e perché dimostrano ad evidenza o a sua perizia o la sua
condotta. Il lettore ne rimarrà persuaso.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 161

anni seguenti abbandonata, perché la causa delle stra-


de ferrate fece continuo progresso; molti, che le si
mostravano avversi, a poco a poco, come accade, le
si vennero accostando, e il controverso principio della
struttura murale fu allora ammesso. Epperò se lo stesso
progetto Meduna si fosse presentato la seconda volta
col suo stesso nome, non avrebbe più trovato la stessa
difficoltà; come infatti non la trovò quando, sotto la
firma del Sig. Milani, se ne presentò la copia servile,
Perloché non sappiamo con qual buona fede i fautori
del sig. Milani possano permettergli di dire in prova
della differenza: a Il mio progetto fu approvato; ....
quello del sig. Meduna fu disapprovato » (§ 126).
Si legge al § 86: « I1 Sig. Meduna poteva dunque
riclamare da sé la proprietà del progetto mio, s'egli
avesse ritrovato che il progetto mio fosse una copia
del suo. Non lo ha fatto, e, per quanto risulta, non ha
nemmeno incaricato il dott. Cattaneo di farlo per
lui ... Sarebbe stato un bell'appoggio alle sue fa&-
nie, avere per sé il giudizio e la dimanda dell'autore >.
Questa è una delle tante nobili mentite: e pare
che con essa il Sig. Milani si metta a discrezione del
Sig. Meduna, e si rassegni confesso, qualora sia tale
il giudizio e la dimunda del derubato. Non possiamo
dire che vi sia la dimanda; poiché nel Meduna è pari
la modestia all'ingegno; e vi sono uomini che, nem-
meno per difendere il proprio, leverebbero quel ru-
more che taluni levano per usurparsi l'altrui. Ma il
giudizio del Sig. Meduna, grazie a Dio, non ci manca.

. Scritti politici. II
II. CATTANEO.
I

162 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II


Al dott. Carlo Cattaneo - Milano.
Venezia 22 maggio 1841.

Egregio Signore.
Fino da quando ella si diede la pena di publicare
negli Annali Universali di Statistica col titolo di Pri-
mi studj i cenni ch'io aveva premessi al progetto di
ponte sulla laguna, mi correva l'obligo di ringra-
ziarla, anche per le gentili espressioni che volle usare
a mio riguardo. Ora poi sarebbe grave colpa se io
frapponessi maggiore ritardo ad esternarle i sentimenti
della mia riconoscenza, per la somma bontà di avere
nella Rivista di vari scritti, ec., rese di nuovo note ai
publico le mie idee. I1 Sig. Milani non solo tacque per
sempre il mio nome ne' suoi scritti, ma nemmeno nel-
le poche volte ch'io ebbi il bene di vederlo mi fece
mai alcun cenno sul progetto, che io aveva già svi-
luppato nel 1836, per servire l'onorevole incarico in
iscritto datomi dalla Commissione fondatrice per la
strada ferrata, e che fu poscia ad esso da questo ri-
messo...
Col desiderio di poter fare la personale di lei cono-
scenza, mi pregio di segnarmi colla massima stima
e gratitudine
Suo Devot. ed Oblig. Servitore
TOMASOMEDUNA

Questa lettera serva di punto di meditazione agli


onesti fautori del Sig. Milani!
Intorno agli aquedutti che il Sig. Milani aggiunse
al ponte Meduna, senza farvi alcun provedimento per
accrescerne la solidità, noi avevamo detto nella nostra
Rivista (pag. 33 e 34): « ciascun canale ha un metro
di larghezza e più di mezzo (Om.,53) di profondità.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 163

Fra queste ampie cavità ne corre una terza, che con-


tiene il tubo pel gas; al disotto sono sostenute con archi
che hanno dieci metri di corda, e i cui piloni sono
fondati nella laguna; tutte queste volte e queste ca-
vità devon essere tanto solide da reggere alla formi-
dabile scossa della locomotiva e del suo lungo traino,
sopra una linea di costruzione che per due miglia non
ha sostegno alcuno fuor di sé stessa, e del fondo pur
sempre difficile della laguna. Murature costrutte in-
fine con mercantile esilità, con cavità così grandi, non
assicurate contro gli inevitabili trapelamenti, potranno
resistere lungo tempo a questa complicazione di cose
fra loro così nemiche, come l'aquedutto e la locomo-
tiva? ». A queste nostre domande, che potranno forse
tornar moleste al Sig. ingegnere in capo, ma che, per
certo, non sono menzogne, né modi vili e villani (§ 416),
che cosa egli risponde in quel suo § 131, in cui si
chiude per questo punto tutta la sua difesa? Risponde
che è proprio come è fatto in tutti gli aquedutti ro-
mani, quasi ché gli aquedutti romani si fossero co-
strutti per lottare colla locomotiva. Venezia si ostini
pure a volere il ponte prima della strada, benché que-
sta sia la maniera più certa di non avere né la strada
né il ponte. Noi intanto ripetiamo, che I'aquedutto Mi-
lani, lavorato così a traforo, non resisterà meglio alla
locomotiva, che non avrebbero fatto i suoi biscotti di
pietra scempia di Verona, grossi quattro dita e lunghi
cinque braccia.
Quanto al ponte girevole all'ingresso della stazione,
noi vorremmo sapere dove il Sig. ingegnere in capo man-
derebbe le locomotive in quei giorni che il fragile gio-
cattolo fosse in riparazione? Sarebbe mestieri far bi-
vacco sul ponte, caricarvi, scaricarvi, gettar fuori i pas-
saggieri attraverso alle barricate, tra la folla dei cu-
riosi, tra le balle di mercanzia e i mucchj di carbone;
e farli poi scendere in laguna colle scale, o farli pas-
164 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
sare, come quelle sventurate guardie, pel tunnel sotto-
marino (§ 141). E in qual modo vi si potrebbe allora
trascinare dalle rimesse della stazione le machine di
ricambio? Metterle forse in gondola? E frattanto la
squadra principale delle locomotive, stanziata in Ve-
nezia, verrebbe intercetta dalla circolazione. E tutto
questo perché sarebbe « immensa e ruinosa spesa »
(§133) quella di fare in capo al ponte lungo un'ultima
piazza più grande di tutte. Chi vi ha detto che sia
necessario darle proprio 70 mila metri di superficie?
Chi vi ha detto di collocare proprio in quel luogo la
'
manifattura delle locomotive ed altri simili inciampi?
Perché non collocarle alla larga, nella stazione di Me-
stre, fuori delle fortezze e dei ponti levatoj? Chi vi
ha detto che sia poi « bisogno d'uno sciame di barche
grandi e piccole per tradurre i viaggiatori dalla stazione
in isola a Venezia? ». Poiché lo volete, fatevi pure un
qualunque siasi ponte levatojo per le persone, e anche
per le merci; ma ciò non porta che si debba frapporre
sul passaggio necessario e continuo dei traini quel
perfido trabocchetto, che da mattina a sera può inter-
rompere e confondere ogni cosa.
Noi ci siamo lagnati del cattivo impianto dell'offi-
cio Tecnico; ci siamo lagnati che le scarse linee di
livellazione non si erano connesse con alcuna cura, e
soprattutto non si erano ribattute; e quindi non vi si
poteva fare assegnamento. E in prova del fatto citavamo
un grave errore, un salto di quattro e più metri, nel
punto più controverso e importante di tutta la linea,
cioè in quello della diramazione per Bergamo. Al fatto
delle liuellazioni non ribattute, il Sig. Milani non ri-
sponde nulla, nemmeno una piccola mentita; ed era la
colpa più grave, perché colpa di massima, che toglie
fede a tutta la livellazione, e quindi a tutti i calcoli
di cubatura e di superficie e a tutti i sistemi di ponte.
E se è vero che a gl'ingegneri possono commettere
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 165

errori di livellazione senza per questo cessare d'essere


dotti, abili, diligenti » (§ 363): noi diremo che non
sono né abili né diligenti gl'ingegneri in capo che gui-
dano con tanta incuria l’operazione più fondamentale,
e che, mentre sprecano il tempo a citare a sproposito
l'Inferno di Dante, « soffrono delle distrazioni, se si
tratta di cose noiose e di numeri, come appunto è l'af-
fare delle livellazioni (§ 363). Al fatto poi del salto
di Treviglio egli, invece d'una mentita, fa un'umilis-
sima riceuuta: « Nel ridurre in iscala piccola i profili
di livellazione per poterli comprendere nella stampa
delle tavole del progetto, si copiò sopra l'orizontale
della diramazione di Bergamo, sa Dio perché, 137,599
in luogo di 133,336, ch'è il numero giusto; e l'errore
corso una volta, senza che nessuno se ne accorgesse,
passò nelle tavole a stampa » (§ 365.). E chi sa quanti
altri simili errori saranno trascorsi, senza che nessuno
se ne accorgesse, in 150 miglia di livellazioni non con-
nesse né ribattute, fra tante mani, e con continui
cangiamenti di persone; poiché, quando il capo non
sa ciò che si comandi, se gli errori germogliano d'ogni
parte, non è quello il caso di piangere, e di dire sa
Dio perché!
E gli onesti ammiratori del Sig. Milani non ci di-
ranno che in buona fede valga il dire che << la posi-
zione delle orizontali dai profili è un fatto arbitrano
dipendente dalla volontà degl'ingegneri » ( § 363). Poi-
ché l'ingegnere ha bensì l'arbitrio di scegliere piuttosto
l'uno che l'altro punto, a cui riferire le altezze del suo
profilo: piuttosto la soglia del Duomo di Milano, che
quella di S. Antonio di Padova; ma quando, scelto il
punto, dice, a cagion d'esempio, che la sua linea di
iivellazione comincia all'altezza di quattro metri so-
pra la soglia del Duomo di Milano, ciò debb'esser vero,
assolutamente e precisamente vero. E se nello stesso
foglio attribuisce a un medesimo punto due diverse
166 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
altezze, questo non è atto d'arbitrio, ma prova d'im-
perizia; e quando ciò dipende da errore di massima,
tutto l'edificio de' suoi progetti si risolve in costoso
fumo. In questo caso fu un milione gettato in mare.
L'intento principale della nostra Rivista era quello
di ristabilir l'opinione per la strada rettilinea da Mi-
lano a Brescia, già da noi proposta nel 1836, adottata
dalla Commissione fondatrice nel maggio 1837, asse-
gnata da studiarsi all'ingegnere Milani nell'adunanza
generale del 21 agosto di quell'anno 1 fatta livellare
da lui alla meglio, e con un grande involucro d'errori
ridotta a figura di Progetto nel 1838; e d'allora in poi
chiamata per travaso di proprietà, la linea Milani. Ma
siccome egli, in forza d'un illegale e assurdo suo con-
tratto, pretendeva d'avere avvinta l'esecuzione di que-
sta non sua linea alla sua persona: e per esser egli
alla fine entrato in gravi dissidj coi direttori, molti in
Venezia non volevano più udir parola della linea retta,
solamente perché non volevano avvilupparsi di nuovo
coll'ingegnere Milani: così, nel ristabilire il credito di
questa linea, era d'uopo astergerne il suo nome, e mo-
strare che infine non poteva chiamarsi in buona fede
la linea Milani. Non per questo si disse di chiamarla
col nostro cognome, perché non ci pascoliamo di ven-
to; ma la chiamavamo la linea retta, la linea di Tre-
viglio.
Egli non nega d'aver seguito le nostre vestigia:
« Quando giunsi in Italia il 18 giugno 1837 trovai al-
cune non nuove ma buone idee sulla zona da percor-
rersi colla strada, sparse dal dott. Cattaneo » (§ 108),
ma dice altrove che « non si era fatto che ripeter
quello ch'erasi fatto poco prima per le strade di ferro
del Belgio dai signori Simons e De Ridder » (§ 34).

Vedi gli Atti officiali.


III COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 167

Veramente il suo difensore Sig. ingegnere Possenti


non è dello stesso parere; poiché, chiamando il sistema
rettilineo sistema degli assi, e il sistema bergamasco
sistema dei lati, chiama il sistema belgico sistema dei
raggi. In aspettazione che le diverse verità di questi
matematici si pongano in concordia fra loro, e si di-
mostri l'identità dell'asse e del raggio, noi diremo al
Sig. Milani, che la linea del Belgio non « è identica »
alla lombardo-véneta (§ 34). Questa infatti va dall'una
all'altra capitale del regno, o, per dir altrimenti, va
dalla primaria città terrestre al primo emporio marit-
timo, mentre la linea belgica lascia in disparte la ca-
pitale Brusselle, lascia in disparte l'emporio marittimo
d'Anversa, e rimette a due bracci laterali la loro con-
giunzione in Malines. Nella linea belgica domina il
principio dei livelli; nel nostro ha potuto, grazie a Dio,
prevalere quello delle popolazioni; sulla gran linea bel-
gica la città più grossa è Gand, che ha ottantottomila
abitanti; mentre la nostra ha da un capo una città di
cento, e dall'altra una di quasi duecento mila.
I1 Sig. Milani dice: « Posso dunque dir franca-
mente, e lo dico, che quando giunsi in Italia, nel giu-
gno 1837, non aveva punto bisogno, per concludere che
la strada di ferro da Venezia a Milano doveva per-
correre l'alta zona della pianura lombardo-véneta, non
aveva bisogno di conoscere le per me vecchie cose che
il dott. Cattaneo aveva stampate (§ 177) ». Eppure un
ingegnere padovano aveva concluso diversamente, e
aveva proposto nel 1836 la linea solitaria; e l'inge-
gnere Carlo Possenti la compiange ancora nel 1841;
e l'ingegnere Giuseppe Cusi, pochi giorni sono, ne
assunse la Rivendicazione; e disse, perfino nel fronti-
spizio, ch'è la più breve, la più comoda, la meno di-
spendiosa e la più utile. Lascio dell'ingegnere Sarti,
dell'ingegnere Pagnoncelli, dell'ingegnere Giovanni Cat-
taneo di Padova, che non vogliono né la linea retta, né
168 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
la solitaria, ma bensì la curva per Bergamo; lascio gli
4 altri che vogliono quella di Cremona e Mantova; per-
loché il signor Milani non dica d’aver fatto così perché
non si potesse fare altrimenti.
Stabiliti i punti da noi proposti di Porta Tosa, Tre-
viglio, Romano, Chiari, Brescia, Verona, Vicenza, Pa-
dova, e in grazie degli studj del Meduna, Mestre e la
estremità N.O. di Venezia, il grande ed indefinito
problema della linea, che andava vagando su tutto il
piano da Bergamo fino a Cremona, si suddivise in nove
minori problemi di soluzione affatto mecanica. Si trat-
tava d’andare da Porta Tosa a Treviglio; da Treviglio
a Romano; da Romano a Chiari, e così via. Si provi
ognuno a tirare sulla carta topografica un filo di seta
che rada per disotto Treviglio e Chiari; raderà per
disopra anche Romano collo stesso rettilineo; e per
poco che s’inoltri da ambo i capi troverà il famoso
rettilineo di sessantamila metri da Melzo al Mella. E al-
lora il sig. Milani può scrivere nel bollettino 8 dicem-
bre 1837, che la sua linea: « Corre retta sino a Rugo-
Ione, tra Vignate e Melzo, indi dritta dritta per sessan-
tamila metri sino a Brescia, passando la Muzza e l’Adda
ad un tratto sotto Trecella - il Serio in faccia a Ro-
mano - I’Ollio tra le case Mottella e Lama - ed
il Mella sotto il borgo S. Giovanni (All. p. XLI) », Tutti
questi passi dei fiumi vennero ,determinati dal filo di
seta; non v’è il minimo dubbio; non si poteva altri-
menti. Se il Sig. Milani avesse cercato a piedi sul ter-
reno i punti ove la Molgora, l’Adda, la Muzza, il Serio,
I’OIlio, il Gandòvere, il Mella offrono entro una certa
distanza il miglior passo attraverso alle loro valli, non
era possibile che tutti questi sette punti messi sulla
carta formassero un preciso rettilineo di sessantamila
metri, quell’identico rettilineo del filo di seta che rade
disopra o disotto Treviglio, Romano e Chiari. Bisognava
che la natura, fin dal tempo dei paleoterj e dei plesio-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 169

sauri, e l'arte, fin dal tempo degli Insubri e degli Etru-


schi, avessero predestinato i sette passaggi delle sette
aque, in modo di costituire l'identica linea del filo di
seta, dritta dritta per sessantamila metri da Melzo fino
a Brescia. E quindi per valerci d'una nobil frase del
Sig. Milani, sono tutte «fandonie » quelle ch'egli ci
narra, d'aver « riconosciuto il corso di tutti i fiumi.....
onde stabilire i migliori e più sicuri passi; d'aver rico-
nosciuto tutto il terreno chiuso tra Bergamo, l'Adda e
il Serio » (§ 182). Egli non ha riconosciuto altro corso
che quello del filo di seta, né altro terreno che quello
della Carta dell'Instituto. E sono parimenti « fandonie »,
quando inoltrandosi dice: « Scelsi la zona » (§ 183); e
quando aggiunge: « Stabilite le zone, ritornai da capo
ad uno studio più minuto del terreno, anche questo
fatto a piedi, per determinare in ciascuna zona la lista
di suolo, sulla quale ristringere lo studio particolareg-
giato w (§ 185). E sono « fandonie », per parlare com'egli
parla, quando finalmente conclude : » Stabilita questa
lista di suolo, tracciai in essa, e sulla Carta topografica
del Regno Lombardo Veneto la linea che mi sembrò la
più probabile ... La ho tracciata prima con alcuni fili
di seta ... per poterla far oscillare » ( 186). Viva Dio,
che siamo giunti al filo di seta; e tutto ciò che fu detto
prima, e tutto ciò che si dirà poi, non è altro che un
sacco di parole. « Segnata sulla carta (col filo di seta)...
la tracciai sul terreno; e misi all'opera gl'ingegneri ope-
ratori ed assistenti, prescrivendo loro di rilevarmi una
planimetrìa d'avviso di tutta la lista, ed esattamente
poi almeno tre linee longitudinali di livellazione, cioè
la linea tracciata e due, una ad ambo i lati di essa,
e distanti da essa di cento metri almeno... La vera linea
della strada, la vera linea del progetto è per tutto com-
presa nella lista di suolo, che io aveva determinato »
(§ 187). Il che è quanto dire che la linea della livel-
lazione Milani è sempre dentro al limite di cento me-
170 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
trì di distanza dalla linea del filo di seta, ossia dalla
linea additata dal dott. Cattaneo. E se alla distanza di
mezzo tiro di fucile si fosse trovato un miglior passag-
gio, una minor pendenza, o un terreno più stabile, o
qualunque altra cosa che potesse consigliarlo a diver-
gere più di cento metri dal filo di seta, come, per esem-
pio, l’unghia dei colli della Francia Curta, il sig. Inge-
gnere co’ suoi famosi studj non avrebbe potuto rile-
varlo; e non lo ha rilevato.
Così la livellazione non ebbe la minima parte nella
scelta della linea, la quale è per tutto compresa nella
lista di suolo ch’egli aveva determinato prima di comin-
ciare la livellazione. E così il 12 aprile 1838 egli scrisse
d’officio alla Direzione: « La livellazione da Venezia a
Milano è compiuta. La linea che ebbi l’onore di addi-
tare a codesta rispettabile Direzione nel rapporto inal-
zatole il 18 gennajo NON MUTASI PUNTO » (§ 193). Viva
dunque il filo di seta; il filo di seta aveva ragione!
E il dott. Cattaneo era della precisa persuasione del
sig. Milani quando scrisse nella sua Rivista: « Imposta
al terreno una linea arbitraria, e non produtta dallo stu-
dio dei livelli, si passò con ordine prepóstero a livel-
larla; e quest’unica linea di livellazione non venne
tampoco ribattuta; e se si eccettui qualche tronco, che
venne poi lievemente modificato, e assoggettato perciò
a nuova livellazione, questo è tutto lo studio vero del
terreno che la società possiede oggidìi ».
Senonché tutte queste osservazioni sull’imperizia del
signor Milani vengono da lui ribattute col dire che le
detta l’odio personale. Questa non è veramente un’obje-
zione alle cose, ma solo alla firma che le accompagna;
cancelli dunque la firma, e risponda.
Sinché il dott. Cattaneo si trovò nell’amministra-
zione non disse mai verbo contro il suo progetto; anzi
vi concorse con molta sua fatica. Benché nel 1836
avesse già censurato negli Annali di Statistica il pro-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 171

getto Bruschetti, assistì, due anni dopo, all'approva-


zione del progetto Milani, che ripeteva tutti gli stessi
errori; eppure non disse parola, perché in quel luogo
ciò non lo riguardava. Nello stesso tempo però si rifiu-
tava irremovibilmente di firmare l'illegale suo contratto,
perché questo era un affare che riguardava il suo officio.
La sua presenza nell'amministrazione era così lon-
tana dal promovere le discordie tra il sig. Milani e i
Direttori, ch'esse non si accesero se non due anni
dopo la sua partenza, e solo perché non si erano seguiti
i suoi consigli di conservare invariabilmente con lui
la stretta legalità. Anzi il suo contegno era stato tale
che, nel congresso medesimo in Verona, col § XI del
protocollo 4 agosto, fu promosso da Secretario Refe-
rente ad Amministratore; e fu l'ultimo protocollo ch'egli
firmò.
« Onde attenersi scrupolosamente al disposto dello
statuto, e per la perfetta uniformità fra le due sezioni,
è preso che anche il secretario della sezione lombarda
sarà d'ora in avanti qualificato come secretario diri-
gente l'amministrazione ».
Ma né queste cortesie, né la promessa d'onorario
molto maggiore, rimossero il dott. Cattaneo dal pro-
posito di non uscire dal limite della legalità e dello
statuto sociale.
Quindi la sua protesta nella successiva seduta 8 ago-
sto in Milano, la quale <( indusse i direttori nella idea
che avesse in mira di essere dimesso dalla mansione
di secretario, il che essendo, sarebbe opportuno che
ne facesse formale dichiarazione nel più breve termine
possibile »; come si legge nella loro lettera 9 agosto.
I1 dott. Cattaneo rispondeva al presidente G . Porta:
« Ella sa che io mi sono sempre adoperato a rite-
nere i passi della Direzione sulla via della legalità, e
ho sempre mirato a conservarle la pienezza del suo
potere e della sua legale influenza. Non v'è altra ma-
172 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
niera di dissipare quei timori che pur troppo l’Autorità
ci dimostra, e non affatto senza nostra colpa, e che,
inceppando il progresso di tutte le Società, compro-
mettono l’avvenire del nostro paese. Se il mio zelo e la
mia schiettezza possono avere qualche volta ecceduto,
non possono però avermi demeritata la stima e la fidu-
cia dei direttori, perché alla fine ho sempre operato
nel senso del loro interesse e della loro considerazione.
Tuttoché la mia situazione m’apporti spesso gravi di-
spiaceri, io non ho per questo momento alcuna inten-
zione di dimettermi da me, giacché mi collocherei da
me stesso nella dolorosa necessità di dare spiegazioni
che farebbero consolazione ai nemici dell’impresa. Tutti
sanno perché sono entrato; e il mio onore mi coman-
derebbe di fare che sapessero perché sarei uscito » (let-
tera 11 agosto).
I direttori rispondevano l’indomani :
« La sua lettera fa manifesto, ch‘ella ben lungi dal
riconoscere che in forza dello statuto da lei invocato
debb’essere subordinato alla Direzione, si arrogherebbe
invece il diritto di opporsi a qualunque deliberazione
della Direzione medesima, quando da lei non fosse
assentita, e si ricuserebbe apporvi la sua segnatura,
come se questa fosse necessaria per la validità dei no-
stri atti interni, e quasiché ella, non avente voce delibe-
rativa, potesse essere responsabile delle deliberazioni
della Direzione w .
Si noti che i secretarj sono sempre responsabili della
legalità delle forme; e che l’illegalità del contratto Mi-
lani, non era un’asserzione del dott. Cattaneo, ma era
.
attestata da due consulti legali del Sig. avvocato Pie-
tro Robecchi, consulente della Direzione; ed era rico-
nosciuto dagli stessi direttori nel § 14 del citato pro-
tocollo 4 agosto di Verona.
La citata lettera del 12 agosto conchiudeva:
« Perloché quando ella fra due giorni dalla data
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 173

d’oggi non presenti alla Direzione un adequato, cate-


gorico e soddisfacente riscontro sopra tutti gli oggetti
contenuti nella presente, la Direzione stessa suo mal-
grado si vedrà in necessità di dimetterla ».
La lettera era scritta di pugno del Sig. Antonio Car-
. magnola, e firmata anche dagli altri direttori Gaspare
Porta, Paolo Battaglia, Giambattista Brambilla e Fran-
cesco Decio.
Diedi il 14 agosto una lunghissima nota categorica,
come richiesto; e allora soltanto, e per la prima volta,
e perché categoricamente eccitato, toccai brevemente il
punto della capacità del Sig. Milani e il deplorabile se-
creto del suo progetto, senza però entrare in particolari.
« A tutto questo si opporrà il brillante esito dei
fatti studj; fatto registrato da noi medesimi nelle gaz-
zette officiali; al quale s’io volessi appor qualche nota,
verrebbe attribuita a malignità, ad invidia e ad altre
basse passioni. Dovrei dunque tacermi su questo punto;
- benché io non sia veramente rimaso attonito che sei O
settemila giornate d’ingegneri abbiano potuto produrre
una cassa di mediocri disegni; - benché la spesa pre-
ventiva, compresi i dazj, sorpassi del 30 al 40 per 100
i nostri mezzi, salvo ciò che emergerà poi dal seno della
laguna; - benché in parte ciò si debba allo stato in-
completo degli studj tra Brescia e Verona, dove sulla
distanza di 30 miglia si profonderanno quattordici mi-
lioni, ciò che non è necessario; - benché siamo ca-
duti nell’errore di passare tra Desenzano e Mantova senza
avvicinare né l’una né l’altra, schivando i luoghi più
belli e popolati, per attraversare i più brutti e deserti;
- benché il progetto non sia realmente completo, giac-
ché gli manca tutta la parte delle stazioni e degli altri
edificj; - benché infine le migliori cose siano manife-
stamente prese da altri progetti, e i migliori disegni
siano opera dei subalterni.
« Mi arresto perché non è il mio proposito, e per-
174 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ché accenno solo quanto basta per far vedere che
il sacrificio, che la Direzione sta per fare della sua auto-
rità e della sua considerazione e della sua posizione
legale, vien realmente fatto alta chimera d'un'eccel-
lenza che non esiste ».
La mattina 21 agosto il dott. Cattaneo scrisse al
presidente :
«Rimangono alcune pendenze ec. ec. Siccome si
tratta d'incarico di confidenza, amerei di poterlo ad
ogni buon conto ultimare prima che la mia firma pas-
sasse ad alt ri... Ho veduto il sig. avvocato Robecchi,
e ne ho sentito con dispiacere che la Sezione ha rinun-
ciato alla conferenza, che saviamente aveva risoluto
di tenere secolui. - Mi duole di veder questa bella
impresa gettata per sempre fuori della rotaja della
legalità, in balia della convenienza giornaliera. Dal lato
mio ho fatto il mio dovere; e non me ne pento, quando
considero che ad ogni modo chi si divide da me non
potrà negarmi il testimonio della sua stima ».
La sera del 21 agosto fu segnata la dimissione, che
venne inviata il 22.
Nella risposta del dott. Cattaneo, del 23, si legge:
Q Io mi fo dunque rispettosamente a protestare

contro questo atto di dimissione, e dichiaro essere mio


fermo proposito di sottomettere le difficoltà all'Autorità
governativa incaricata della tutela e della vigilanza
sulle Società Anonime, con questa mente, che, se essa,
Autorità Governativa mi autorizzerà particolarmente ad
operare in contrarietà allo statuto, io, trovando cessata
la causa d'illegalità da me allegata nelle sedute 4 cor-
rente a Verona e 8 corrente. a Milano, potrò prestarmi
a obedire agli ordini così legalizzati dei Direttori; in
caso diverso mi comporterò in quel modo che mi verrà
dalla superiore saviezza prescritto ».
A questa mia minaccia non diedi poi corso; perché
porto opinione che, quando si è fatto ciò che si deve,
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 175

bisogna lasciar pensare a chi tocca; e questo in fine


non era affare mio, o in quanto era affare mio non me
ne importava più che tanto.
Il Sig. Milani sa tuttociò; sa d'aver messo questa
discordia, pel suo personale interesse, pel miserabile suo
contratto.
Dunque i suoi fautori si vergognino di vedergli ap-
porre alla prima pagina della Risposta la seguente
nota :
« I1 dott. Carlo Cattaneo fu secretario della sezione
lombarda della strada di ferro da Venezia a Milano,
dal settembre 1837 fino all'agosto 1838. La sezione lom-
barda dovette ringraziarlo, e nominare in sua vece il
Sig. Emilio Campi, per manifesta antipatia e disistima
che aveva per l'ingegnere in capo Milani, come si
raccoglie dal processo verbale N. 4 della seduta 21 ago-
sto 1838 della sezione lombarda, così espresso:
« Si radunarono nell'officio della strada ferrata da
Venezia a Milano i sottoscritti direttori della sezione
lombarda. Data nuovamente lettura di una pretesa nota
d'oficio indirizzata alla Direzione il 14 corrente dai
Sig. Carlo Cattaneo, della quale i direttori avevano già
particolarmente preso conoscenza, e trovando che que-
sta qualificata, ma non ammessa nota d'officio, non è
che un aggregato d'erronei principj da esso adottati in
conseguenza della manifesta antipatia e disistima che
ha per l'ingegnere in capo Sig. Milani ec. ».
Rendiamo grazie al Sig. Milani anche di questo
allegato, benché non intero.
Del resto il publico omai potrà vedere che questo
atto finale non corrisponde agli antecedenti; ed è ben
naturale che i direttori non confessassero a protocollo
l'illegalità del loro procedere. Quegli azionisti poi che
s'intendono d'onore e d'onestà, vedranno che questo
protocollo falso non dovrebbe rimanere negli atti della
società. Ciò deve tuttavia importare più a loro che
176 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
a noi; poiché se la disistima pel Sig. ingegnere Milani
è un infortunio, nel quale il dott. Carlo Cattaneo è
caduto per il primo, oramai conta molti compagni di
sventura; e può confortarsi.
Appare poi questa differenza tra le due persone, che
il dott. Carlo Cattaneo dimostra per lo statuto e per
il suo dovere quel medesimo grado di sollecitudine,
che il sig. ingegnere Milani in tutti i suoi Allegati di-
mostra per il suo contratto, il suo vitto e il suo alloggio.

Continuazione e fine della Replica del dottor Carlo


Cattaneo alla Risposta dell’ingegnere Giovanni Milani.

Abbiamo interrotta la nostra replica sui punti darte


e d'economia, perché, non potendo il sig. Milani alleg-
gerire i troppo gravi e troppo numerosi errori suoi, si
sforzò toglier fede alle nostre censure, dicendo che
« il dott. Cattaneo gli portò sempre un affetto singolare,
e gli fu, il più che poté, generoso del suo biasimo »
(§ 2").
Che il dott. C. Cattaneo sia stato generoso di bià-
simo al Sig. Milani, a datare però da quel giorno che
poté veder compiuto il suo Progetto, e giudicarlo sui
fatti di tredici mesi, e sul frutto che aveva saputo co-
gliere dall'opera di trenta ingegneri: potrà parer vero
a molti. Ma è pur vero che alcuni non si mostrano
ancora persuasi a tanta evidenza; in riguardo ai quali
è forza conchiudere, che quel biasimo rimane ancora
troppo ineffiicace, e scarso, e bisognevole di lunga ap-
pendice; poiché ciò che non basta è sempre poco.
Finché le valevoli ma infide raccomandazioni, che
il signor Milani seppe procacciarsi in Venezia e pro-
pagare in Milano, rappresentarono in lui l'uomo che
alla perizia dell'arte sua aggiungeva la prerogativa,
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 177

allora assai rara, d'aver visto molte strade ferrate in


varie parti d'Europa: è naturale che chi amava I'im-
presa, ripetesse con leale e ragionevole credenza que-
gli offici, e secondasse per quanto era in lui quella
nomina. Il che se non fu prova d'affetto singolare, come
tra persone che non si conoscevano, fu ad ogni modo
un servigio in tempo opportuno; del quale il Sig. Mi-
lani non mostrò mai la più fioca reminiscenza.
Si aggiungeva la privata persuasione, in cui fu sem-
pre il dott. C. Cattaneo che si dovesse coltivare il prin-
cipio dell'unità, sopprimendo quell'infelice idea delle
due sezioni véneta e lombarda, la quale è una condizione
insuperabile di lentezza, di cábala e d'impotenza. E
quindi, nel raccomandare un capo commune a tutta
l'opera, egli cercava promovere anche il principio del-
l'unica amministrazione. E ciò appunto in quel tempo,
che menti troppo improvide, e troppo sollécite di mol-
tiplicarsi a casa propria le agiate scranne, compilavano
quegli Statuti che perpetuarono la divisione e l'im-
potenza. I quali si devono osservar fedelmente, finché
non siano riformati; ma si dovrebbero ad ogni buon
conto riformare: se pure è vero che ottanta milioni
siano cosa di qualche rilievo, e degna di quei riguardi
che non si negano a un patrimonio di mille scudi.
A questo fine il dott. Cattaneo nell'aprile 1837,
qualche settimana prima dell'elezione del Sig. Milani,
diceva negli Annali di Statistica (p. 79): « Quanto alla
divisione dei lavori tra gl'ingegneri milanesi e vene-
ziani, queste sono idee supérstiti al medio evo; nec
nominentur in nobis a proposito di strade ferrate, le
quali sono affari di cervelli moderni, anzi il trionfo
della moderna età. La strada è fatta per associare,
non per disgregare; la strada è un'impresa d'ordine eco-
nomico, e non una questione di pronuncia e di dia-
letto; la strada è un mezzo di guadagnar denaro ai
privati; e floridezza al paese; al che non vale guardar

12. - Scritti politici. II.


CATTANEO.
178 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
l'atto di nascita degl'ingegneri. Che la soscrizione si
sia cominciata in due luoghi, è pur troppo vero; ed
è il peccato originale dell'impresa, la quale senza ciò
sarebbe assai più inoltrata. Quanto più presto questo
peccato si lavi e si redima, tanto meglio...
«Quando si pensa che altri è il primo soscrittore,
altri il compratore e stabil proprietario delle azioni, si
vedrà che, appena siasi data la spinta alla cosa, le due
simmetriche provincialità spariscono, e vi sottentra un
aggregato indistinto di capitalisti d'ogni stato e d'ogni
nazione. Allora invece di due consessi, sottoposti alla
necessità di farsi delle riverenze e spedirsi dei protocolli,
si avrà una direzione unica, compatta, risponsabile, che,
lasciate da canto le etichette, cammini sulla strada nuda
nudissima degli interessi ».
Era impossibile che una sì vasta impresa si potesse
compiere in tutte le sue parti e in brevissimo tempo
da una sola mente; v'era una vastissima livellazione,
scelta di materiali, studio di ponti difficilissimi, di sta-
zioni, di gallerie, di terrapieni; v'erano stime, compensi,
appalti; si richiedeva perizia di machine e di combu-
stibili, e in mezzo ai lavori bisognava sviluppare il
successivo esercizio delle sezioni compiute, in paese
privo d'avviamento e d'esperienza. Ora lo studio d'un
terreno è ben altra cosa che l'architettura d'una sta-
zione, o il governo duna locomotiva; sono offici ancora
aggruppati sotto il nome dell'ingegnere, ma che costi-
tuiscono pratiche affatto distinte. Frattanto dovevano
distribuirsi tutti con opportunità, in modo che le spe-
ciali attitudini trovassero men difficile il trapasso dal-
l'antico al nuovo, e tutte le parti si movessero con or-
dine ed unità. Il distributore, l'ordinatore, l'unità, si
doveva chiamare ingegnere in capo; ma dall'officio di
capo non doveva mai discendere a quello di mano o
di piede; doveva rinunciare ai giovani le minute glorie
dell'arte; e in tanta immensità di spazio non erano
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 179

« le sue gambe » che con superficiali e precipitose corse


si dovevano « rompere tra i colli di Lonato e di Ca-
stiglione ».

Lettera dell'ingegnere Milani ad altro dei Direttori.


Brescia 15 ottobre 1837.
« Ritardo, ma non per ispasso. Mi son rotto testa
e gambe tra i colli di Castel-Nuovo, Peschiera, Desen-
zano, Lonato e Castiglione, Castel-Solferino e Castel-
Venzago, e non li ho ancora finiti: indi tra quelli di
Calcinato e di Montechiaro, che pajono collocati da
Dio proprio per difendere il passo del Chiese, e per
rompere i disegni nostri; ed ora sono a Brescia, che
mi ha molto, ma molto, dei dolori di Vicenza. Vedrò
poi da qui a Treviglio, e da Treviglio a Milano, fatta
prima una corsa a Bergamo. Se giugniamo a passare
per le città, senza una spesa rovinosa, come credo,
spero che si vedrà che non siamo andati per le rose.
Intanto mi ricordo a tutti, a tutti, ed ami l'amico suo
Milani ».
- Si noti che codesti ampollosi dolori di Brescia
partorirono poi la linea che correva dritta dritta per
sessantamila metri, infilzando d'un colpo i sette mi-
gliori passi delle sette aque; al che, più assai che non
la testa e le gambe, giovò quel filo di seta, dietro il
quale si andò pur troppo senza studj, e come per le
rose!
Ma se per molte parti dell'opera potevano assor-
tirsi i migliori ingegneri del paese, per. alcune richie-
devasi chi avesse speciale notizia di strade ferrate; e
non erano allora molti nel nostro regno. L'ingegnere
Bruschetti aveva già assunta l'impresa di Como, e in
quel suo progetto veramente non aveva dato prove di
perizia distinta, tantoché si ebbe poi a rifare. Il sig.
180 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Colombani, nipote del cav. Gianella, dopo aver preso
il grado d'ingegnere nella scuola di Ponti e Strade a
Parigi, aveva lavorato in secondo, sotto l'ingegnere
Clapeyron in quelle strade ferrate; vi aveva fatto pre-
valere le sue idee intorno alla costruzione dei ponti
obliqui (V. Politecn., Vol. I , p. 67); e tuttoché stra-
niero, vi si era meritato l'incarico di condur poi da
sé il progetto d'una nuova strada; ma desideroso di
giovar piuttosto al suo paese, e del resto giovine di
facoltosa famiglia, avrebbe, a qualsiasi patto, prefe-
rita la nostra impresa; e alcuni lo desideravano. V'era
finalmente l'ingegnere Milani, il quale, se non poteva
vantare una pratica effettiva come il Colombani, aveva
però veduto varie strade, era in più matura età, aveva
fatto il suo corso di studj come ingegner militare; ciò
che, se poteva farlo credere men fondato in alcune parti,
in compenso poi gli dava veste a discutere le obje-
zioni militari; e di più non dicendosi né milanese né
veneziano, non doveva esser oggetto di quelle eccezioni
puerili che il riparto dell'impresa in due sezioni tendeva
a risvegliare. Infine erano in Venezia alcuni, che aven-
do più impegno per lui che amore per la verità ed il
publico servigio, ne parlavano come d'uomo piuttosto
meraviglioso che raro; e qualunque tassa si volesse
fare nel tradurre quelle raccomandazioni dal linguaggio
dell'amicizia a quello degli affari, pur moltissimo an-
cora ne doveva rimanere.
L'idea che il dott. Cattaneo studiossi allora di far
prevalere fu questa, che il Sig. Milani fosse capo d'or-
dine di tutta l'impresa, e tra i subalterni il sig. Co-
lombani avesse lo speciale incarico per quelle parti che
richiedevano sopratutto pratica nei lavori di strade fer-
rate. In questo non eravi altro errore, che d'aver sup-
posto neli'animo del Sig. Milani quel grado di saviezza
e di ragione, che pur si trova nelle condizioni più
umili della vita, dove né il timoniere invidia chi è al
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 181

remo, né il capomastro invidia chi tiene il martello.


Il capo che invidia i proprj officiali, si scava la terra
sotto i piedi; perché infine il loro merito prepara la
sua gloria.
Del resto non è vero, che allora negli Annali di
Statistica siasi trascorso a lodi esagerate del sig. Mi-
lani; e si può senza contradizione ripetere oggidì ciò
che si disse allora.
« V'è chi parla di chiamare ingegneri dall'éstero.
Ciò facendo andremmo d'accordo con quei Francesi, i
quali in questo istante medesimo si servono d'un giovine
ingegner milanese. Sicuramente un ingegnere degno
di dare una strada ferrata alla Francia cesserà d'esser
capace quando si tratterà di darne alla sua città nativa;
perché nemo propheta in patria. Fin qui si tratta d'un
giovine, a cui la nostra rara e consumata prudenza non
vorrà forse affidare la somma delle cose. Ma non ab-
biamo forse un uomo d'età matura, nutrito di forti
studj e di molta esperienza, e già da anni non d'altro
occupato che di visitare e studiare tutte le strade
ferrate che si stanno costruendo in Europa? Gli amatori
delle piccolezze municipali potrebbero accontentarsene,
almeno per il sodo e giudizioso motivo, che l'uomo in
questione, non essendo precisamente né da Venezia né
da Milano, ma qualche cosa di neutro e d'intermedio,
quadrerebbe con singolare e felicissima esattezza al
bisogno nostro ed ai nostri pregiudizj » (Ib., p. 80).
Qual parola v'ha qui di soverchia lode? Non si
può forse dire, che l'allievo d'un buon collegio militare
dovrebbe avere forti studj? che un ingegnere d'età ma-
tura dovrebbe avere molta esperienza? che un tale ha
fatto un viaggio per vedere le strade ferrate? e che,
se è da Verona, non è da Venezia né da Milano? - E
del resto, porre un uomo al primo posto, non vuol
dire farlo Arbitro d'ogni cosa.
In quei giorni la Commissione fondatrice véneta era
182 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
già a cattivi termini coll'ing. Milani, perché, dopo
avergli, con soverchia leggerezza, proferto la direzio-
ne di tutta la linea senza prima intendersi colla Commis-
. sione di Milano, gli dovette ad un tratto ristringere l'in-
vito alle sole province vénete. Fu allora che il Sig.
Milani mandò copia di tutto quel carteggio ad un
amico, lagnandosi che I'onor suo fosse posto IN SIMILI
MANI, e supplicandolo di farlo conoscere per intero a
quanti altri credesse che il conoscerlo fosse utile alla
difesa del compromesso onor suo (V. Risp. § 9). L'ami-
co, ricevuto il piego il 10 aprile, lo portò immantinente
al dott. C. Cattaneo, parendogli che per far cono-
scere l'intero carteggio a quantaltri, il più certo e
breve partito fosse quello d'inserirlo negli Annali di
Statistica; alla cui temperata publicità le pochissime
persone, che tra noi s'interessavano allora a quest'im-
presa, solevano attingerne le mensili notizie. Ma il
dott. Cattaneo disapprovò quell'intempestiva risolu-
zione; consigliò di tener la cosa nel più profondo si-
lenzio; e perché le lettere non fossero viste né da
quant'altri, né da veruno, e non rendessero palesi e
irreconciiiabili quei dissidj, le ritenne presso di sé, e
le conserva tuttora. Certamente egli ebbe torto di vo-
ler vedere nell'acerba lettera del Milani, non tanto l'ani-
mo pronto all'ingratitudine, quanto la ferita delle
deluse speranze. Ad ogni modo la minima circolazione
delle lettere in quei giorni avrebbe sventato la nomina
del Sig. Milani; poiché non gli mancavano valenti com-
petitori, quantunque per disgrazia nostra non infarinati
come lui di questo argomento; e chi conduceva allora
le cose della Commissione milanese era in impegno di
non lasciare in silenzio le lettere, se ne avesse avuto
notizia, e molto più se avesse potuto portarle seco a
Venezia. Or si veda qual sia la delicatezza dell'inge-
gnere Milani, che trasceglie questo fatto per lanciare
contro il dott. Cattaneo la prima delle imaginarie sue
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 183

mentite. E mentre si vanta d’aver mandate le lettere


ad un amico prudente, si dimentica poi che l’amico
prudente veniva Supplicato di farne facoltà per intero
a quant’altri. E se l’amico intese quel quant’altri nel
senso più largo e più schietto, tanto maggiore è il
debito che il sig. Milani contrasse verso chi volle impe-
dire, che quella sconsigliata rivelazione avesse luogo
anche nel più ristretto confine. E per ultimo, nella no-
stra Rivista si riferì la cosa in modo, che il biasimo di
ciò non cade sull’ingegnere Milani, ma sulla Commis-
sione véneta interamente (p. 14). Onde, s’egli tanto si
accende su questo punto, non è altrimenti che per di-
minuire il merito del ricevuto servigio,
Ai buoni offici che si facevano in Milano, tenne
dietro la Gazzetta di Venezia, per cura del sig. G. B.
Brambilla, il quale poi, nel raccomandare a préside del-
l’opera l’ingegnere Milani, annunciò a quel publico
anche il nome dell’ingegnere Colombani. E nel nu-
mero di Maggio (1837) gli Annali di Statistica po-
terono recare queste notizie: « Nel corso del mese spi-
rante l’impresa della strada ferrata lombardo-véneta
venne efficacemente promossa. Le conferenze, tenute
a Venezia fra le due Commissioni della società fonda-
trice, hanno fermato varj punti assai scabrosi. In que-
st’occasione‘le viste, che nel decorso omai d’un anno
siamo venuti proponendo in questo giornale, vennero
in generale adottate; ed ebbimo la compiacenza di ve-
dere i nostri suggerimenti accolti con favore da un
numero considerevole d’uomini d’affari prima a Ve-
nezia, e quindi anche a Milano; e ciò ad onta di qual-
che fervidissimo oppositore. Infatti si riconobbe la
convenienza di non prodigare anni e tesori nello stu-
diare tutta l’ampiezza delle nostre pianure da Brescia
fino al Po, come alcuni ingegneri avevano proposto; si
riconobbe che non bastava raccomandare la linea mae-
stra ai due soli estremi punti di Milano e Venezia;
184 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ma che bisognava comprendervi le interposte città di
Brescia, Verona, Vicenza e Padova, formando così una
non interrotta catena. Doversi quindi limitare le livel-
lazioni e le stime alla zona più elevata della nostra
pianura, avuto però speciale riguardo alla più pronta
comunicazione con Mantova, e salvo a determinare più
fondatamente i particolari, dietro il finale risultamento
degli studj. Si adottò inoltre il consiglio di raccogliere
in un unico ingegnere la direzione tecnica deli'intera
linea, e di chiamare a questo onorevole incarico il sig.
Giovanni Milani di Verona ».
La mattina del 30 giugno l'ingegnere giunse a Mi-
lano, e si presentò in casa del dott. C. Cattaneo; il
quale, tra le altre cose, gli disse ch'era nel suo inte-
resse d'adunare nel suo corpo tecnico tutti i migliori
ingegneri d'ambo i paesi, poiché infine tutto l'onore
delle particolari fatiche si sarebbe raccolto nel suo
nome; che conveniva tesoreggiar d'ogni parte i buoni
pensieri, poiché i problemi erano molti, e bisognava
che anche in questo nuovo ramo i costruttori italiani
non cedessero il posto d'onore. Infine gli suggerì di-
versi nomi d'ingegneri e d'architetti; e gli disse che sic-
come in Milano, nel paese degli ingegneri, non ostante il
riparto dellopera in due sezioni, si era superata ogni
debolezza municipale, per raccogliere il primato di
questa impresa in un véneto, così sarebbe. stata una
opportuna cortesia da sua parte, s'egli avesse chiamato
al secondo posto un ingegner milanese; e che si sarebbe
cattivato il favore di molte persone influenti, prenden-
dosi ad ajutante l'ingegnere Colombani. Certamente que-
sti discorsi non si supponevano rivolti ad una mente
ristretta, o ad un animo triviale; ma le grandi occa-
sioni non bastano a far gli uomini grandi. Ed è certo,
che se il sig. Milani avesse avuto al suo fianco uno
o più esperimentati ammonitori, e avesse avuto il giu-
dizio d'adoperarli, non sarebbe caduto nello spropo-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 185

sito delle 14 locomotive, né in quello della pietra scem-


pia; e non sarebbe ora nella miserabile necessità di
difendersi coi volumi in quarto e colle sessanta mentite.
Ma egli fu più sollécito di godersi tredici mesi di regno
assoluto nell'oscurità del suo chiostro tecnico, che di
prepararsi all'inappellabile giudizio della nazione e
all'onore dei secoli. Egli non osò rifiutare schiettamente
il Colombani, ma, per metterlo a una enorme distanza
da sé, mascherò il rifiuto coll'ofEerta d'un infimo posto
d'assistente, sotto un ingegnere che livellava, dietro al
filo di seta, una delle più facili sezioni. I1 Colombani
fu consigliato a non accettare, e ad attendere piut-
tosto a mettere in regola il suo diploma, come poi fece;
e quindi riprese servigio in Francia, ove fu posto a
ordinare la sezione delle machine sulla strada di Ver-
sailles (Riva Destra). E qui si vede un'altra differenza
nelle persone, che, mentre il dott. Cattaneo cercò di
far conoscere in Lombardia il Sig. Meduna - di pro-
movere la nomina del Sig. Milani - di fare un posto
opportuno al Sig. Colombani - d'interessare alle di-
verse parti dell'opera quanti ingegneri e architetti po-
tevano recarvi l'obolo d'un utile pensiero: il Sig. Mi-
lani fece di tutto per disgregare questi elementi; e
compresse con geloso rigore tutti quelli che, senza vo-
lerlo, si trovò tra le mani. Fra tanti progetti di ponti,
di stazioni, di gallerie, d'aquedutti, fra tanti problemi
d'ogni maniera, che sciolse in fretta e male, o non si
provò tampoco di sciogliere, egli non ebbe mai la ge-
nerosità, né l'accortezza di regalare un incarico a un
giovine d'ingegno, per poi dire al publico: questo è il
ponte deEl'Adda, ideato dal tale; questo è il ponte del-
l'Adige, ideato dal tal altro, come in una scala immen-
samente più grande l'uomo del secolo aveva l'animo
di dire: questi fu il mio salvatore a Lobau; questi fu
il mio braccio a Castiglione. E così nessuno trovò nel-
l'impresa una speranza di nobile carriera. E così ab-
186 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

biamo un progetto, che, anche rifuso da capo, fa ver-


gogna; e farebbe vergogna ancora, se si rifondesse da
capo dieci volte. E così abbiamo sciupato un milione;
- e, ciò ch‘è peggio, quattro anni; - e, ciò ch’è
peggio ancora, il credito dell’impresa; - e, ciò ch‘è
pessimo, ci siamo uditi dire, e abbiam detto noi mede-
simi, che in Italia omai non si sa fare più nulla.
Che allora il Sig. Colombani non avesse peranco ot-
tenuta la firma d‘ingegnere in queste province, non era
cosa che impedisse al Sig. Milani di valersene nel suo
studio, e di consultarlo, per esempio, sull’altezza dei
terrapieni, e sulla larghezza delle rotaje; e del resto
il dott. C. Cattaneo, appena s’avvide che l’ingegnere
in capo giocava di pretesti, si guardò bene dal fargliene
più parola. La cosa fece la stessa impressione sul
Sig. Colombani, il quale così ne scrive: « Che dica
d’avermi escluso perché l’ha voluto, - o perché ha
trovato un numero bastevole d’ingegneri più abili di
me, - o perché egli credesse (io no ‘l credo) che gl’in-
gegneri, i quali hanno subiti i loro esami di pratica
in Milano, non avrebbero voluto lavorare di buona vo-
glia con un altro, che gli ha invece subiti alla Scuola
reale di ponti e strade di Parigi - che dica queste
e simili ragioni, e nessuno potrà rispondergli. Ma quando
asserisce, che per gl’impiegati tutti della strada di Ve-
nezia è necessaria l’abilitazione, asserisce una cosa, che,
secondo me, non è vera. Se l’azienda dovrà andar bene,
vi saranno degl’ingegneri che si occuperanno unica-
mente della costruzione della strada, e che non si oc-
cuperanno né punto né poco d’amministrazione; e que-
st’ingegneri non avranno bisogno del loro diploma.
Anzi questa divisione, fra la parte amministrativa e la
parte tecnica delle incumbenze affidate al sig. Milani,
sarebbe stata ordinata dalla Direzione stessa, se questa
avesse esperienza delle cose che la riguardano.
« Del resto non v’incresca avermi proposto. Le
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 187

strade ferrate sono cosa sì nuova per noi, - gl’inge-


gneri che si sono fra noi occupati di grandi costruzioni,
così rari,- la mancanza d’operaj speciali per le strade
ferrate così assoluta, - il contatto degl’ingegneri della
strada di Venezia cogli stranieri così necessario, - la
grandiosità dell’opera così spaventevole, - che, cre-
detelo alla mia poca esperienza, non potete esser ripro-
vevole, se avete proposto una persona che fu impiegata
all’estero; e se, per tentare la possibilità, forse lontana,
di trovare in me un uomo speciale per le strade ferrate,
avete insistito perché fosse assunto fra gl’impiegati della
Strada Ferdinandéa un povero diavolo, che aveva la
grave disgrazia di possedere certificati scritti in fran-
cese e non in italiano. Conchiudo col ripetervi che se
l’interessamento, che avete mai sempre preso per me,
vi fu causa di dispiaceri, io ne ho vera pena, e vi porto
maggior riconoscenza. - Fate di questa mia all’oc-
correnza l’uso che più v’aggrada.
« Ho scritto ad alcuni amici per propor loro ..., il
quale ha terminato la strada di .... È mia ferma opi-
nione che la pratica d’un ingegnere non si deve fare
su d’una strada di 150 miglia.»
Che la questione della firma fosse nel sig. Milani un
mero pretesto, si fa tanto più chiaro, inquantoché nel
ruolo de’ suoi ingegneri se ne contarono almeno undici
non peranco muniti di firma; anzi uno non aveva po-
tuto superare gli esami di pratica; e uno si scoperse
poi non essere nemanco ingegnere; così poca era la
cura con cui venivano accettati, purché solamente non
minacciassero il principato dell’ingegnere in capo, os-
sia purché non avessero special cognizione delle stra-
de ferrate, come il Sig. Colombani. Essendoché la peg-
gior commendatizia, per entrar nell’officio tecnico, era
l’aver cognizione di ciò che vi si doveva fare.
Dice il Sig. Milani: « Di tutti gl’ingegneri dell’of-
fìcio‘ due soli abbandonarono l’impresa ed i lavori; e
188 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tutti e due spontaneamente, per cause affatto estranee
all'impresa, estranee ali'officio tecnico, all'ingegnere in
capo. Tutti e due se ne andarono sicuri della mia stima
ed amicizia, e professandomi la stima ed amicizia loro.
Furono i signori Tatti e Scapini » (§ 159.") .
Veramente dalle due lettere del nostro collabora-
tore sig. Tatti traspare chiaramente un animo ben di-
verso - <( Per servire ad una clientela non posso tra-
dirne dieci altre. - Avrei con franchezza rifiutata l'ac-
cettazione di questo lavoro, ch'ella mi diceva di poche
settimane, se avessi saputo che mi doveva ritenere al-
cuni mesi lungi da Milano, con tanta jattura delle mie
faccende » (Lett. 21 dicembre, All. TT, p. L). « Non
ho badato a disagi, a fatiche; credeva essermi meritato
nel congedo qualche parola lusinghiera » (Lett. 27 di-
cembre, XX, LI). - Per fermo questo non è linguag-
gio d'animo contento; e il sig. Tatti a ragione preferì
di por mano ad architettare il nuovo salone della nostra
Società del Giardino. Ma il sig. Milani ebbe torto di
non promettergli qualche allettevole incarico, e di vo-
ler piuttosto ommettere nel progetto tutti i disegni
delle stazioni e degli altri edifici, che concederne Sonore
a giovani di tanto merito.
Ma sia pure che si tratti d'una prova di stima ed
amicizia; in tal caso il sig. Milani vi doveva aggiun-
gere gl'ingegneri Pestagalli figlio, Bignami, Pinchetti,
Bettamìo, Bittasio, Polettini, Pieropan; i quali o rimasero
nell'officio poche settimane, o ne uscirono prima che
il progetto fosse compiuto, o ricusarono poi di ritor-
narvi. Noi potremmo facilmente rilevare quanti giorni
ciascun ingegnere rimase in officio, perché abbiamo
conservato nota delle somme, che, sotto la nostra firma,
furono poste in conto delle loro competenze giorna-
liere. Ma nella Rivista ci siam accontentati di dire,
che « molti entravano, uscivano, restavano, come sem-
plici commessi dell'ingegnere in capo, mentre i diret-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 189

tori che avevano dallo statuto il dovere di far la no-


mina d'un corpo d'ingegneri, non conobbero mai il no-
me dei subalterni, se non dopo il fatto, e per mezzo
dei rendiconti mensili » (p. 18). Questo è l'ordine me-
raviglioso che il Sig. Milani aveva introdutto in una
'azienda d'ottanta milioni. S'egli si fosse posto vera-
mente al timone, e, invece di « rompersi la testa e le
gambe » tra i colli di Lonato e Castiglione, vi avesse
mandato collo stimolo d'una nobile ambizione quei
zelanti giovani, che si offrivano d'ogni parte alla se-
ducente impresa, essi non se ne sarebbero così tosto
ristanchi e disingannati. Quel passaggio ch'egli, colle
sue boriose e assurde passeggiate, non poté trovare lungo
il lago di Garda nel 1837, fu ben trovato dall'inge-
gnere Bossi nel 1841, coll'enorme abbreviamento d'un-
dicimila metri di cammino, e coll'acquisto della imme-
diata vicinanza d'un lago che vale una buona città; e
non è detto che il quesito non si possa sciogliere in
modo anche migliore. Ma finché quei giovani soggiac-
quero all'umiliante giogo dell'officio tecnico, la loro ca-
pacità doveva rimanere avvilita e inoperosa.
La Commissione véneta, che nel 1836 aveva dato
all'architetto Meduna l'incarico di studiare il progetto
del gran Ponte, avendo poi nel 1837 affidato il governo
generale dell'impresa all'ingegnere Milani, si trovò in i
debito di publicare ne' suoi Atti officiali due tavole
litografiche, che indicavano i pensieri contribuiti dal
Sig. Meduna. Era un contrassegno e una ricognizione
di proprietà. L'editore del Comorarna pittorico ripro-
dusse tosto in minor dimensione il disegno; e vi appose
per testo l'articolo, con cui il dott. Cattaneo fin dal
dicembre 1836, cioè cinque mesi prima della nomina
del Sig. Milani, aveva esposto negli Annali di Statistica
le idee fondamentaii del Sig. Meduna. Al che, altri che
il sig. Meduna stesso o il dott. Cattaneo, nessuno ave-
va titolo d'opporsi, perché si trattava di cose loro proprie.
190 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ii
I1 sig. Milani intanto aveva l'alternativa o di conce-
pire un progetto affatto diverso, o di adottare quello .
del signor Meduna, nominandolo lealmente. Ma egli,
che pensieri proprj non ebbe mai, intendeva bensì di
copiarlo, ma non voleva riconoscer l'autore; e nei tempo
stesso pretendeva che il suo plagio rimanesse secreto.
E quando vide la doppia riproduzione del Cosmo-
rama, ebbe fronte di lagnarsene presso la Sezione lom-
barda, come di cosa in cui ella avesse ingerenza, e co-
me d'un torto fatto a lui. E intende così poco l'immo-
ralità del suo procedere, che, come nulia fosse, lo
espone per intero nella sua Risposta (§ 110.°).
Senonché mentre egli meditava di sottrarre al sig.
Meduna la proprietà de' suoi pensieri, altri si accin-
geva a togliere con inaspettato colpo al sig. Milani l'in-
carico tutto del Ponte. Un veterano dell'arte, che, col
publicare una voluminosa compilazione d'opere e di pro-
getti, si era acquistato nell'ordine degli ingegneri una
rinomanza europea, apparve d'improviso fra noi, deli-
berato d'imporsi alla Società come costruttore del gran
Ponte sulla Laguna, e certo d'opprimere col peso del
suo nome l'oscuro eletto delle Commissioni fondatrici.
All'udire che il Sig. De Wiebeking si era presentato in
Milano al secretario della Direzione, dimandando una
conferenza coi direttori e coll'ingegnere Milani, col pro-
posito di farsi cedere la costruzione di quell'opera, tutti
i più culti ingegneri furono solléciti a gridar d'ogni parte,
che bisognava far luogo a tanta celebrità, e mettere da
canto ogni altra persona. Ciò fece impressione sui di-
rettori, ai quali tornava poi irresistibile l'idea che il
corso delle azioni potesse riceverne repentino slancio.
L'ingegnere Milani era nella più grande ansietà. S'egli
perdeva l'incarico del Ponte, perdeva tutta l'impresa,
poiché s'era già dichiarato di voler tutto o nulla. E non
poteva più atterrire i direttori colla minaccia del subi-
taneo suo ritiro, quando all'ignoto suo nome doveva
III - COMUNICAZIONI E LAVORIPUBBLICI 191

succederne un altro più accreditato e sonoro. La firma,


che il suo competitore apponeva alle sue proposte e
alle sue opere, doveva riescire sodisfacente agii azio-
nisti: « le chevalier de Wiebeking, Conseiller intime de
S. M. le Roi de Bavière, et ancien Directeur général
des Ponts et Chaussées; membre des Académies des
Sciences de Padoue, Turin, Munich, Goettingue, et
correspondant de l'Institut de France; commandeur de
l'ordre impérial russe de S. André en brillants, et de
l'ordre prussien de l'Aigle Rouge; chevalier de l'ordre
du Mérite Civil de la couronne de Bavière, et du Lion
Néerlandais ». A fronte di tanto splendore, impallidivano
quelle napoleoniche date del Sig. Milani da Berlino,
e da Lubecca, e quelle più che napoleoniche da Sto-
colma e da San Pietroburgo. E si esinaniva del tutto
quell'alto pensiero della doppia edizione del suo bi-
glietto di visita; per cui, a Venezia, si presentava inge-
gnere in capo della strada a guide di ferro da Venezia
a Milano; e a Milano, si presentava ingegnere in capo
della strada a guide di ferro da Milano a Venezia. Era
sconcertato tutto il suo piano di guerra; le sue posi-
zioni erano scavalcate a Milano, a Venezia, a Stocolma,
a San Pietroburgo. Il filo di seta cessò « d'oscillare »
per più giorni. Egli non era più l'uomo necessario, l'uo-
mo-genio di Cousin; persona più smarrita non si vide
mai; e non aveva torto; poiché, in questa valle di la-
grime e di stracci, non si trova tutti i giorni, né da
tutti, il comando assoluto d'un capitale di cinquanta
milioni. Ma il don. Cattaneo, che aveva udito di persona
le proposte del sig. De Wiebeking, non solo non si
prestò a dar loro una forma più accettabile, e più adat-
ta ai precedenti dell'impresa e all'indole delle persone;
ma confortò il sig. Milani ad attendere tranquillamen-
te a' suoi lavori, ripromettendosi di levargli d'attorno
ogni molestia. A questo intento gli parve abbastanza
ottenere che il sig. De Wiebeking presentasse le sue
192 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
proposizioni nello scritto originale; e perciò rifiutossi di
ricevere ulteriori communicazioni verbali. E infatti il
22 ottobre quegli s’indusse a presentare una Memoria
al direttore Antonio Carmagnola, colla seguente ac-
compagnatoria.
« Monsieur - j’ai été deux fois chez M. Cattaneo,
pour conférer avec lui sui la construction du pont
entre Venise et Malgère, et pour inviter M. l’ingénieur
Milani à une conférence sur ce sujet. Ce dernier n’était ,
pas non plus à son logement - C’est le motif pour
lequel, Monsieur, j’ai l’honneur de vous envoyer mes
remarques sur ce pont. Il dépendra de vous de les
faire circuler parmi le divers membres, et de les faire
même imprimer, en m’en envoyant plusieurs exemplai-
res - j’attends une réponse sur mes propositions, et je
suis avec la plus haute estime, etc, etc. ».
I1 dottor C. Cattaneo fece tosto prender copia della
Memoria, sottolineandone varj tratti, e ne diramò in
città varj esemplari, presso quelle persone l’autorità
delle quali era più imponente e importuna. Eccone
qualche brano :
« Si la Direction veut m’indemniser de mes peines,
je suis prêt à communiquer à, l’assemblée des directeurs
mes idées, et les autres que j’ai sur le mode d’exécution
de toute l’entreprise; et j’accepterai comme gage
d’indemnité 5 action gratis (cioè onorarie). Dans le
cas où elle ne croirait pas me faire cette indemnisation,
je n’accorde pas à la Societé la permission d’indiquer
dans les feuilles publiques que je prenne part à cette
entreprise ».
Si noti che nessuno lo aveva richiesto di questo
permesso, e ch‘egii si era spontaneamente offerto.
« Au contraire, si la Compagnie ne voulait entrer
dans aucune de mes propositions, je me réserve la
liberté de publier que j’ai proposé à Compagnie
mes idées sur la construction du pont de Venise à
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 193

Malgère et sur la manière de l’exécuter, mais que la


Direction ne les a pas honorées de l’attention que
l’entreprise exige. Une semblable publication ferait pro-
bablement baisser le prix des actions.
« En y prenant part, je communiquerai aussi à M.
Milani le moyen d’accélérer l‘exécution du chemin de
fer, et de n’avoir pas besoin d‘une chaussée comme
base de la route de Malgère à Vicence. Par ce moyen,
peut être inconnu jusqu’ici, on épargnera de grandes
sommes, on accélérera la construction, et l’on épar-
gnera les ponts sur les canaux d’irrigation.
« Tel est l’intérêt qui m’anime pour la réussite
de cette entreprise, dont, les actions monteront, peut-
être, dès que le public sera informé que je la soutiens
par mes conseils. Je pense que les actions s’élèveront
à 150 pour 100, si le susdit pont sera construit et
terminé d’après le projet que je communiquerai, et si
la Direction de la Société me confiéra la surveillance
de l‘exécution de ce pont.
« Mais, comme ingénieur expérimenté, je deman-
de en indemnité pour la communication du projet, pour
les voyages de Munich et le retour, et pour mon séjour à
Venise et dans les environs, la somme de 25 mille
florins en bon argent. Cette somme, formant mes hono-
raires, me doit être payée avant mon premier départ
de Milan, soit en argent comptant, ou par une lettre
de change payable à Augsbourg; et je partirai de
Milan le 1 du mois de novembre prochain, ou le plus
tard le 8. I1 faudra donc que les décisions de la Di-
rection me soient remises avant ce terme ...
« Mais je ne m’engage pas à faire pour cette surveil-
lance des longs et fréquens séjours sur les lieux. l e
m’engage seulement à faire deux ou trois visites, pen- !
dant toute la construction ...
« Dans le cas que la Direction de la Société me
confie toute l’exécution de ce pont, ... je m’engage à

13. - Scritti politici. II.


CATTANEO.
194 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
me charger de l’entreprise du pont pour le tenniner à
mon risque et péril, pour la somme de deux millions
de florins en zwanziger, excepté les lames de fer, et
les matériaux de rempiissage pour les fondations, qui
seront payés à part par la Société.
« Cette somme de deux millions de florins, dans
laquelle ne sont point compris les appointemens des
employés ci-dessus marqués, ni les matérìaux de rem-
plissage, ni les lames de fer, ni leur pose, me sera
payable par des lettres de change à Venise, et de la
manière suivante :
« 1. Après que le contrat aura été passé par de-
vant notaire ... MM. les Directeurs me rendront une let-
tre de change ... Cette première lettre de change me
fournira la somme de 333333 florins en zwanziger (- cioè
un milione)... fai besoin d’une telle somme avant de
commencer..,
« 2. En commencant l’ouvrage, c’est-à-dire l‘enfon-
cement des pilotis ... etc. j’aurai besoin d’une pareille
somme, savoir 333333 florins (- cioè un altro milione).
« 3. Lorsque la sixième partie de la longueur du
pont sera terminée, la Direction me fournira la somme
de 222222 florins.
« 4. Après cette époque la Société me fournira de
6 en 6 semaines, c’est à dire: au 1.r terme - 185187
florins; au 2.e - 170984; au 3.e - 142457; au 4.e
- 118712; au 5.e - 98928; au 6.e - 79007; au 7.e
- 65606; au 8.e - 55001; au 9.e - 45340; au 10.e
- 38280; au 11.e - 31900; au 12.e 26585. Lorsque
le front sera terminé, la Société me payera encore la
somme de 53125.
«Lesquels payamens font en tout la somme de
2 millions de florins, en bon argent.
« On pourrait me demander quelle garantie pécu-
nìaire je présente de mon côté?
« Je réponds franchement, que, ne voulant pus offrir
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 195

pour garantie les biens que je possède en Bavière, j’en-


. gage mon honneur, mon savoir et la renommée que
j’ai acquise en Europe, qui sont sans doute les meil-
leurs garanties; et je ferai mon possible pour achever
ce pont, pourvu que la Société me fournisse les
sommes..,
« Ce pont extraordinaire pourrait être mis sous
l‘invocation des saints, honorés par les Italiens. La
Compagnie pourrait le dédier à S. Marc et à S. An-
toine de Padoue, et faire fondre en bronze les statues
de ces saints de 12 pieds de haut. La statue de S.
Marc serait placée sur la culée du pont devant Venise;
et celle de S. Antoine sur la culée du pont proche
de Malgère. Chaque pile du pont pourrait être dédiée
à un saint, dont le nom, d’après le choix des Direc-
teurs, pourrait être gravé sur I’avant-bec de la pile ...
(Si noti che qualcuno dei direttori era israelita).
« Enfin dans le cas que cette entreprise me soit
confiée, et que Dieu me reppelât dans le sein de l‘éter-
nité avant que les constructions fussent achevées, je
m’engage à prendre les mesures nécessaires pour me
faire remplacer par mon gendre M. Neudhartd ... ou
par tout autre ingénieur ... que je jugerai capable;
qui entrera dans l’entreprise avec tous les droits qui
m’auront été accordés... ».
La lettura di questa Memoria fece un pronto ef-
fetto sull’opinione. Non rimase più al dott. C . Catta-
neo se non di persuadere il Sig. De Wiebeking a non
voler persistere in un assunto, in cui nessuno lo avreb-
be assecondato. La conferenza coi direttori e coll’inge-
gnere non fu più necessaria. E così il sig. Milani ebbe
il tranquillo possesso della laguna, e un altro servigio
da mettere in dimenticanza. Il che sia detto per quegli
stupidi che attribuiscono al dott. Cattaneo la voglia
di cozzare col suo collega.
Ma non trascorse un mese, che il sig. Milani ne
196 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - IL
rese merito al dott. Cattaneo, assaltandolo apertamente
presso i direttori, ai quali l’avversione dell’uomo ne-
cessario doveva parere un macchia mortale. La Se-
zione véneta aveva publicato gli Atti officiali in cui
annunziava d’avere stabilito la linea generale, e affi-
data all’ingegnere Milani la redazione del progetto di
dettaglio; e vi soggiungeva due tavole litografiche col
disegno del Ponte Meduna. L’editore del Cosmorama
riprodusse una di quelle tavole coll’antico articolo del
dott. Cattaneo; il che non violava i diritti di nessuno.
Ma il Sig. Milani n’ebbe una ben diversa idea. « Io,
ch’era occupato nella riconoscenza del terreno, e nelle
operazioni geodetiche per la scelta della linea, non
seppi TUTTO QUESTO che il 19 novembre a Góito,
mentre era diretto verso Milano. Giunto a Milano,
chiesi súbito una conferenza colla Sezione lombarda,
e l’ottenni la sera del 24 novembre, e presente il dott.
C. Cattaneo, vi esposi: « Mentire l’opuscolo stampato
dalla direzione » - (bella frase d’un impiegato sugli
Atti officiali de’ suoi superiori, e in loro presenza),
- « mentire l’opuscolo stampato dalla direzione, e far
torto a me... I1 progetto del Sig. Meduna non potersi
dire il progetto del ponte di Venezia, ma un’ipotesi;
tuttavia quella stampa potermi far grave danno, per-
ché il mio avrebbe dovuto esservi simile, e quindi po-
ter essere creduto eguale, perché tutti i ponti si somi-
gliano: e perché la massa degli uomini non giudica
che dalle apparenze; chiedere alla giustiza della Di-
rezione.. volesse smentir l’opinione che si andava dis-
seminando degli scritti suddetti, che in fine io non fossi
che il materiale esecutore dei pensieri altrui; impedire
in séguito, per quanto fosse in Lei, tutto ciò che con-
dur potesse l’opinione publica in simile errore (§ 109.°). >
Lo scritto del dott. Cattaneo risaliva al dicembre 1836,
cinque mesi prima che il Sig. Milani fosse eletto, e
prima ch‘egli si risolvesse di copiare il Ponte Meduna,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 197

e quindi non poteva aver avuto il fine di farlo apparir


copiatore; e ancora nel 1837 chi mai poteva sapere che
le intenzioni del Sig. Milani fossero di copiare quel
ponte, e di non riconoscerne l'autore? E comunque
fosse, il Sig. Milani non doveva rivolgersi ai direttori,
ma al Cattaneo stesso, che vi avrebbe potuto rimediare
da sé, senza che la Direzione se ne mescolasse per
quanto fosse in Lei. Tuttavia, come si vedrà, il Sig.
Milani ottenne le più cortesi ed ampie spiegazioni e
sodisfazione. Il che lo animò a promovere nuovi pet-
tegolezzi.
Sul principio di dicembre l'ingegnere Milani pen-
sò d'accettare nel suo officio due laureati, che stavano
scontando la loro pratica d'ingegnere. Si ricordò allora
della stolta e scortese accoglienza che aveva fatto al sig.
Colombani. E benché per l'addietro non avesse mai
consultato la Direzione sulla scelta degl'ingegneri o
sull'orario o su qualsiasi altra cosa del suo officio, si
mise in un subitaneo scrupolo; e scrisse la seguente
lettera; la quale parve in lui tanto nuova e strana, che
il presidente della Sezione lombarda, il quale aveva
preso qualche impegno per il Sig. Colombani, per ave-
re, come si vedrà, certe informazioni, fece sopras-
sedere alcuni giorni alla risposta. Ecco la lettera del
Sig. Milani:

Alla Rispettabile Direzione ec.


Verona 3 dicembre 1837
« Su due cose ho bisogno di consultare il volere
di codesta Direzione.
« La legge obliga gl'ingegneri a compiere quattro
anni di pratica sotto un ingegnere approvato, prima
di ottenere la patente di libero esercizio. Di questi
quattro anni due far si possono contemporaneamente
agli studj dell'università; gli altri due debbono ad ogni
198 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
modo esser fatti dopo il grado academico, dopo di
avere ottenuto la laurea di dottore in matematica.
« In questa pratica gl'ingegneri servono gratuita-
mente l'ingegnere a cui si dedicano; ma bisogna che
questa disposizione della legge sia interpretata con
giustizia e con discrezione. Vuole giustizia che si rim-
borsino agl'ingegneri praticanti le spese di viaggio,
vitto ed alloggio; e discrezione che qualche premio si
accordi loro, quando alla fine dell'anno l'opera pre-
stata riuscì di una reale utilità.
« Dei giovani ingegneri bene istruiti si presentano
per far pratica nell'officio tecnico; io ne ho già accet-
tati due (- si noti che non li nomina -), e sono disposto
d'accettarne qualche altro, sempreché le informazioni,
che sarò per raccogliere sul loro conto, mi faccian
certo della loro buona indole, profitti fatti negli studj
e attività.
« Prego la Direzione a voler dirmi, se crede ch'io
debba approfittare di questi giovani praticanti nei la-
vori di campagna, pagando loro le spese effettive dei
viaggi, una diaria di cinque lire austriache al giorno
per vitto ed alloggio, e accordando di tempo in tem-
po una qualche gratificazione alle loro utili fatiche.
Mi pare che da ciò la Società potrebbe cogliere due
vantaggi : una qualche economia nella spesa attuale
ed, il più importante, degli ingegneri scelti tra i più
distinti dell'università, ed istruiti alla scuola di una
strada di ferro. Questa è la prima.
« L'officio tecnico è aperto dalle ore otto del mat-
tino alle quattro pomeridiane, e dalle otto della sera
alle dieci. L'orario degli ingegneri operatori, e de-
gl'ingegneri assistenti all'officio tecnico, è di sette ore,
dalle nove alle quattro; per questo i primi hanno
un compenso di lire nove austriache, i secondi di lire
sei. Vorrei spingere quest'orario sì per gli uni che per
gli altri ad ore nove, invitandoli ad intervenire alla
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 199

sera, dalle otto alle dieci, e promettendo loro una gra-


tificazione mensile per tutto il tempo in cui questo in-
cremento di lavoro sarà per occorrere, limitata in lire
45 mensili per gl'ingegneri operatori, ed in lire 35 per
gl'ingegneri assistenti. Si avrebbe così un risultato mag-
giore di quello che ottenere si potrebbe aumentando il
numero degli ingegneri, perché nel mestier mio tutto
quel ch'è fatto da una mente e da una mano sola, suol
riuscir più perfetto, ed in somma fatto più 'sollecita-
mente. Ma anche su questo attenderò il volere di code-
sta Direzione.
« Sono con istima e rispetto - Milani ».

A questa lettera, e ad altra successiva d'altro argo-


mento, rispose per la Direzione il dott. Cattaneo, col
foglio N. 47; e al suo solito senza il minimo preámbolo:
All'lngegnere in capo ec.
Milano 29 dicembre 1837.
« Quanto alla scelta degll'ingegneri, questa Sezione
si rimette interamente ai lumi ed allo zelo dell'egregio
suo Ingegnere in capo; e quando avesse ad enunciare
alcuna sua particolare opinione, concorrerebbe appunto
in quella di preferire il merito in qualunque circo-
stanza academica si trovasse; giacché il bisogno del- i
l'impresa richiede piuttosto abilità che abilitazioni. Ciò
sodisfarebbe anche al voto del paese, e torrebbe adi-
to alle censure degli oppositori.
« Medesimamente concorre in ogni vista di mag-
gior convenienza del sig. Ingegnere in capo, in tut-
tociò che riguarda Sordine dell'orario e la proporzione
dei compensi.
a Quanto alle pretese dei proprietarj dei fondi, mas-
sime nel distretto di Montechiaro, il sig. Ingegnere in
capo usi pure tutta quella fermezza ch'è compatibile
col progresso dell'impresa. La soverchia cedevolezza
200 CATTANEO - SCRITTI POLiTICI - II
altro non farebbe che animare i malevoli e rendere
il loro esempio pericoloso. Pare che i regi Commissarj
non siano per negarsi all'officio mediatorio indicato nel-
la circolare, invitati come sono dalla Superiorità ad
assistere con ogni loro potere il più rapido andamento
d'una cosa di tanto publico interesse. Forse conver-
rebbe far conoscere, che chi si presta immediatamen-
te all'amichevole composizione, avrà un dato aumen-
to sul compenso di stima, il quale verrà infles-
sibilmente detratto a tutti quelli che preferissero una
via contenziosa. Converrà fors'anche far sentire, che
la Società ha mezzi troppo giganteschi, da dover ri-
starsi dal far valere le sue ragioni nelle vie di legge,
quando questo sia necessario a disanimare una irragio-
nevole resistenza.
a Colla più compiuta stima e considerazione

Firm. Il presidente Porta.


I l Secret. Cattaneo.

Ebbene il sig. Miiani, dissimulando affatto l'ante-


cedente sua lettera 3 dicembre, scrive al 5 155.° della
Risposta: Fu allora che il dott. Cattaneo, abusando .
della penna della Direzione di cui era il secretario,
mi scagliò contro la sua prima lezione sotto la forma,
a suo credere, di un motto arguto. Incominciò il fo-
glio N. 47, inviatomi dalla Direzione in Verona, con
un esordio ch'io non aveva minimamente promosso,
e che non aveva alcun appicco negli atti antecedenti,
ma che parevagli andar proprio a taglio per l'affare
Colombani. Eccolo : Quanto alla scelta degl'ingegneri
questa Sezione si rimette, ec. ».
In nome dell'onore e della verità, noi dimandiamo
agli onesti fautori del sig. Milani, di volerci dire: in
quali parole consiste codesto esordio di cui si lagna il
sig. Milani? Non erano €e prime parole della lettera
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 201

del dottor C. Cattaneo, N. 47, una semplicissima e


precisa risposta all'antecedente lettera del sig. Milani
intorno all'accettazione degl'ingegneri praticanti? E ve-
ro o falso, che non avessero alcun appicco negli atti
antecedenti?
Il dott. C . Cattaneo non intende assolutamente di
soggiacere per qualsiasi minima parte al biasimo d'aver
introdutto in così grande e così nobile impresa il mi-
nimo elemento d'egoismo, d'ambizione, di discordia.
Quando propose il sig. Colombani, lo propose senza
conoscerlo di persona; lo propose colla pura e schietta
persuasione che fosse una persona opportuna all'im-
presa, giacché alla fine, fra tutti i trenta ingegneri che
entrarono nell'officio tecnico, il Sig. Colombani sa-
rebbe stato il primo e l'unico, che avesse realmente la-
vorato in una strada di ferro. Ma quando vide, che,
all'Ingegnere in capo, il buon servigio della Società
importava meno delle convenienze teatrali, egli pensò
che il Colombani non dovesse rientrare se non dopo
che avesse posto in piena regola le sua firma, Anzi,
quando il sig. Brambilla (V. § 154.° della Risposta)
gli disse che si sarebbe potuto ancora farlo entrare nel-
I'Officio, e che il sig. Milani vi avrebbe accondisceso,
il dott. Cattaneo rifiutò assolutamente I'incarico di scri-
verne al Colombani, e disse di non volerlo altrimenti
importunare. Ed ecco con quale indifferenza gliene
faceva cenno.

Al sig. ing. Francesco Colombani.


Milano 17 novembre 1837.
I1 sig. Milani, essendo in bisogno d'altri ingegneri,
ha dimandato di voi. Questo poco importa, perché non
vi credo ansioso di saltar fossi. La Direzione, per sodi-
sfare al desiderio di molti che non sanno intendere
perché non partecipiate a quest'impresa, sembra di-
202 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
sposta a raccomandarvi sotto il titolo d'interesse suo
proprio, perché v i si faciliti l'adempimento delle for-
malità academiche col minimo sacrificio del vostro
tempo. Ma sono necessarj alcuni dati personali pre-
cisi, che voi solo potete fornire. Bisognerebbe che ve-
niste qui, e coltivaste questo favore di cui senza vo-
stra cura godete. Sappiatemi dir qualche cosa per mia
direzione. Non ommettete d'accusarmi la ricevuta di
questa, perché altrimenti la crederei perduta. Vi saluto
di cuore.
Vostro C. Cattaneo.

Che il sig. Milani avesse già fatto un tentativo per


gettar un dissapore tra il dott. Cattaneo e i Direttori,
si è già visto nella surriferita occasione del ponte Me-
duna e dell'articolo nel Cosmorama. Che ora fosse
deliberato di fare un secondo tentativo, si vedrà dal
contesto del carteggio, che rechiamo per intero, posto-
ché i lettori hanno in tanto pregio gli allegati. Essi
vedranno dall'una parte l'uomo torbido, ingiusto, arro-
gante, dall'altro un contegno, che se può dirsi pru-
dente nel secretario che presta la penna e la pazienza,
è certamente debole e basso in coloro che sostenevano
la male adatta parte di superiore.

Alla rispettabile Direzione ec.

Verona 2 gennaio 1838.


a La concordia tra la Direzione e me, si turba.
Al fatto del ponte, stampato senza dirmi nulla, al-
l'appellativo d'ingegnere di dettagli, s'aggiunge ora
l'esordio del foglio N. 47, direttomi da codesta Se-
zione lombarda. Quell'esordio nudato delle precauzioni
oratorie è una disapprovazione del sistema da me fino
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 203

ad ora seguito nella scelta degl'ingegneri, un'accusa


di non aver sodisfatto al voto del paese, e di aver dato
ádito alle censure degli oppositori.
« Questo rompersi della nostra concordia mi par
un segno di malaugurio: siamo tutti uomini, ed è im-
possibile checché crediamo o facciamo, che le cose no-
stre dell'umor nostro non si risentano. Lo scrivere fa
perder tempo e inasprire gli animi: si scrive sotto le
impressioni del momento, spesso sotto quelle del-
le più pungenti, e le parole risultano quasi sempre
più amare degli uomini che le dettano. Domanda
quindi una conferenza a voce; ma la domando coll'in-
tera Direzione, o con alcuni membri dalle due Sezioni
delegati a rappresentarla e decidere.
« Sarò a Venezia od a Milano, dove più si vuole,
purché s'abbia la compiacenza d'indicarmelo; E IL PIÙ
PRESTO M I SEMBRA IL MEGLIO.
« Sono con distinta stima e rispetto. - Milani ».
Perché non rimanesse dubbio, che tutta questa
tamburata era una gratuita ostilità contro il dott. Cat-
taneo, il sig. Milani gli scriveva, sotto la stessa data
del 2 gennajo, una lunga cicalata, che il lettore può
vedere alla pag. XLIV della sua Risposta, le due prime
righe della quale bastano a provare l'animo suo:
« Pregiatissimo amico: Nell'ultimo rapporto, N. 47,
29 dicembre, della Sezione lombarda, vi ho veduto non
solo la penna vostra, ma vi ho anche letto, e chiara-
mente il pensier vostro; ec. ».
E perché dunque il sig. ingegnere Milani si rivol-
geva alla Direzione? Perché non gli bastava lagnarsene
col pregiatissimo amico?
Era poi una vera impertinenza il dimandare, per
queste inezie personali, una conferenza coll’intera Di-
rezione; poiché bisognava che i membri dell'una o del-
l'altra sezione interrompessero subitamente, o il più
204 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
presto il meglio, i loro affari; e intraprendessero, in
gennaio, un viaggio da Milano a Venezia, o viceversa,
solo perché in una lettera della Direzione l'Ingegnere
aveva veduto la penna, anzi il pensiero, del suo pre-
giatissimo amico, il secretario. V'è in tutto questo una
tracotanza, che non si può paragonare se non alla pro-
fonda malignità del proposito, e alla debolezza dei di-
rettori, i quali, come troppo si vede, avevano perduto
il bastone del comando, cosicché l'ingegnere poteva
insolentire e imperversare a suo talento.
Si prosegua il carteggio.

Al sig. Ingegnere, ec.

Milano 5 gennaio 1838, N. 51.


«La presente fa riscontro al pregiato suo foglio
2 corrente.
«Il sig. Ingegnere in capo ben conosce, che nella
publicazione del disegno del Ponte e nella qualifica-
zione d'ingegnere di dettagli questa Sezione non ebbe
parte, e che anzi invitata da lei, Signore, a farne qual-
che rimostranza alla onorevole Sezione véneta, non si
negò a compiacerla. Anzi di suo proprio moto suggerì
a quei rispettabili Colleghi di farne ampia ammenda,
cogliendo la congiuntura della pubblicazione degli Atti
sociali in lingua tedesca. N’ebbe in risposta, che per
quella volta era già troppo tardi, ma che non si sarebbe
lasciata oltrepassar la prima opportuna occasione. In
tuttociò apparì il manifesto desiderio di darle prova di
speciale attenzione, e di provedere al mantenimento
della più lodevole armonia.
«Essendosi in seguito, coi fogli 3 e 24 prossimo
passato dicembre, consultata dal sig. Ingegnere in capo
questa Sezione su varj punti di sociale servigio, la
Sezione rispose approvando e commentando su tutti

.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 205

essi punti le proposte del Sig. Ingegnere in capo, e


aggiungendo a questa effettiva dimostrazione di fidu-
cia anche le più onorevoli parole. Venendo poi al
particolare, la Sezione applaudì alla proposta fatta
dal sig. Ingegnere in capo d’accogliere nell’officio Tec-
nico anche quegl’ingegneri scelti tra i più distinti
delle Università, che, avendo già ottenuto la laurea, non
avessero però compiuti gli anni di pratica; e vi ap-
plaudì, anche senza conoscere il nome dei giovani
aspiranti, che il Sig. Ingegnere in capo aveva in animo
d’onorare con questo favore. E perché chi aderisce ad
una cosa in massima generale, sembra chiamato a dir
la cagione di ciò che fa, anche per determinare il modo
e il limite della propria adesione, così la Sezione ac-
cennò, almen di volo, le ragioni per cui la proposta
del sig. Ingegnere in capo le pareva accettabile. Le
ragioni erano le seguenti:
« 1. Che nei detti aspiranti importava piuttosto I’abi-
lità che l’abilitazione.
« 2. Che ciò avrebbe sodisfatto al voto publico. -
I1 quale deve sempre preferire i laureati più distinti e
che promettono di far più onore al paese.
« 3. Che con ciò si sarebbe tolto Adito alle cen-
sure degli oppositori. - E certo ad un’impresa tanto
nuova e tanto vasta gli oppositori, anzi i nemici, non
possono mancare; e pur troppo ne fanno fede gli atti
officiali della Società.
« Se i Direttori non avessero approvato il sistema
da Lei sino ad ora seguito nella scelta degl’ingegneri,
glielo avrebbero partecipato, con quella schiettezza e
franchezza commerciale con cui si sono sempre con-
dutti. In luogo di ciò, essi hanno sempre deferito in
tutto, e per tutto, e senza alcuna eccezione al di Lei
buon giudizio, tanto per il personale quanto per il
regolamento e gli onorarj. Queste dilucidazioni si spe-
rano tali da levare ogni timore, ch‘Ella avesse, di non
206 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
aver adempiuto ai desiderj di questa Sezione; e quindi
si crede renderanno superfluo il proposto congresso.
Frattanto i membri di questa Sezione colgono l’oppor-
tunità di rinovarle l’attestato della più distinta consi-
derazione; nel che si pregiano di concorrere anche
individualmente ».
Firm. i Direttori : Porta, Carmagnola, Battaglia,
Brambilla, Decio.
Il Segr. C. Cattaneo.
A queste soverchie gentilezze l’Ingegnere in capo
fece questa rozza risposta :
Alla rispettabile Direzione, ec.
Verona 8 gennajo 1838.
« Riscontro il pregiato foglio, N. 51, di codesta ri-
spettabile Sezione lombarda, pregando di nuovo per
l‘abboccamento con l’intera Direzione, o con alcuno
dei membri delle due Sezioni, delegati a rappresen-
tarla, già chiesto col mio foglio, N. 1 del 2 corrente.
Sono colla più distinta stima e rispetto. - Milani.
Quando il Sig. Milani si lagnò che la Sezione vé-
neta, nella prefazione agli Atti officiali del 1837, di-
chiarava d’avergli affidata la redazione del progetto
di dettaglio gli si era fatto osservare, ch‘era bensì una
espressione poco felice, ma racchiudeva il medesimo
senso di quelle parole del presidente Sig. Reali, nel
suo discorso all’adunanza 21 agosto 1837: la linea
della strada percorrerà questi punti, Venezia, Padova,
Vicenza, Verona, Brescia, Milano. Vi si era voluto in-
dicare, che, prima assai dell’arrivo del sig. Milani, la
questione generale della linea era decisa, né si doveva
altrimenti risvegliare; e che si era risolta in un certo
numero di questioni particolari, o di linee subalterne,
da Milano a Brescia, da Vicenza a Verona, e così
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 207

discorrendo; lo studio delle quali, in paragone del


primo, poteva chiamarsi un lavoro di dettaglio. Con
questa premessa, i direttori si offersero a fare una di-
chiarazione publica, che con ciò non intendevasi mu-
tilata la commissione data al sig. Milani su tutta la
linea fino a Venezia, compreso le diramazioni ed il
ponte sulla laguna. E perciò si convenne, che il Sig.
Milani stendesse in questi sensi un rapporto; il quale
verrebbe stampato e preceduto da siffatta dichiara-
zione dei direttori. Per tal modo si sarebbe alleviato
l'ingegnere in capo dal cocente pensiero dell'articolo
del Cosmorama e del ponte Meduna; e si sarebbe ra-
dicata nei popoli del regno e dell'Europa la fede della
sua onnipotenza.
Era in mezzo a queste inezie, e a queste prove
d'opera in musica, che il filo di seta governava intanto
le dodici sezioni della strada; e intanto penetravano
nell'Officio Tecnico « non so come w e « Dio sa per-
ché > tutti quegli spropositi, che il sig. Milani con-
ferma nella sua Risposta. E mentre era agitato da que-
ste sublimi passioni, fulminava sull' Officio Tecnico
quelle circolari, che rimproveravano agli ingegneri suoi
colleghi d'aver macchiato d'inchiostro i banchi, i quali
un'altra volta si farebbero raschiare a loro spese. Per-
loché non è meraviglia se i migliori giovani, che ave-
vano sognato qualche grandezza nella insolita impresa,
cercassero d'ogni parte decorosi pretesti per abbando-
nare la nostra bandiera.
Giusta jl convenuto, l'ingegnere in capo inviò que-
sto suo rapporto, che qualificò come terzo rapporto men-
sile (8 dicembre 1837), ed è allegato a pago LXXXVXII
della sua Risposta (NN1). Cominciava con quella in-
sulsa predica ai direttori, che ognuno vi può leggere,
e in cui s'insegnavano loro le dieci cose per ben fare
la strada di Venezia. Una delle quali era questa: Parta
da un porto, e s'avvìi fra terra; come se Venezia non
208 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
fosse già un porto, e Milano non fosse fra terra, e come
se una strada ferrata potesse partire da un porto per
avviarsi in alto mare. Un’altra era questa: S’accosti
possibilmente a quelli che toccare non può; il che sa-
rebbe una gran condanna per la linea che correva
dritta dritta per sessantamila metri, da Melzo fino a
Brescia, senza accostarsi menomamente a quelli che
toccare non può. Un’altra finalmente era: E costi il
meno che può. Dopo la predica cominciava il rapporto,
e venivano i fatti; e tra questi si spiegava con più chiare
parole ciò che la Direzione aveva infelicemente espresso
col suo progetto di dettaglio; si diceva dunque, che la
linea delle sei città erasi determinata prima dell’arrivo
del Sig. Milani: « Il problema economico, quello di-
retto ad accennare la parte del regno lombardo-véneto
che doveva essere percorsa dalla strada di ferro era
...
sciolto dal dott. Cattaneo » (pag. xc).
La Sezione lombarda, ricevuto il rapporto, trovò
che non doveva portare il titolo di terzo; e infatti risa-
liva fino al 25 maggio, e cominciava, come tutti gli
scritti del Sig. Milani, da quell’ampollosa data di Ber-
lino. Il dott. Cattaneo suggerì che, essendo fatto in
dicembre, non portasse il nome di terzo mensile, ma di
primo annuale, e che la menzione di questa circostanza
servisse di preámbolo; e si ommettesse la predica delle
dieci cose per ben fare la strada, come inutile e umi-
liante pei direttori. I1 Sig. Milani infatti la soppresse,
e la ridusse a queste poche e sensate parole; il qual
sacrificio gli costò un mese di meditazioni.

Verona 18 gennajo 1838.


« Nel presente rapporto verrò epilogando tutti gli
antecedenti, affinché questa rispettabile Direzione possa
vedere ad un tratto quanto finora si è fatto, ed a qual
termine siano giunti i lavori d’arte.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 209

« Con lettera, direttami a Berlino il 25 del prossimo


maggio, la Commissione fondatrice onorommi » ec. ec.

Questo semplice e decente preambolo venne posto


in luogo della predica, com’era il volere dei direttori;
il dott. C. Cattaneo stese d’officio la lettera laudativa,
che firmata dai dieci direttori e dai due secretarj pre-
cede il rapporto. La cosa fu mandata alle stampe in
queste forme; il Sig. Milani però, nell’inviare il nuovo
preambolo circonciso, volle far le vendette della sop-
pressa sua predica, e vi soggiunse una nuova copia
di tutto il rapporto, pel fine puerile d’ommettervi le
sole quattro linee che riguardavano il dott. C . Cat-
taneo. Ma queste erano scritte dall‘ingegnere, giusta
il convenuto; erano approvate dai direttori, e passate
in giudicato; e nelle tristi circostanze di quest’affare,
erano pel dott. C. Cattaneo una troppo necessaria rice-
vuta publica, ch’egli pregiava assai più che il salario,
la diaria, il premio, il vitto, e l’alloggio, del Sig. inge-
gnere Milani. E qualunque fosse il pretesto per cui
questi le aveva spontaneamente e tacitamente om-
messe nella nuova e non richiesta sua copia, egli per
nessuna cosa al mondo le volle ommettere nella stam-
pa. Intanto i due mila esemplari, che s’inviarono a Ve-
nezia, vennero distrutti; e vi si supplì con una se-
conda edizione, mutilata delle quattro linee che riguar-
davano il dott. C. Cattaneo. In siffatte fanciullaggini
sì sciupava il denaro degli azionisti, e si divagava il
capo d’una tale e tanta impresa. Chi può stupirsi del-
l’obbrobioso frutto?
Sicuramente il dott. Cattaneo non avrebbe mai SO-
gnato di trovarsi immerso fra simili ridicolezze. E nes-
suno si farà stupore, se, dopo essersi tediato con evan-
gelica pazienza undici mesi, alla fine si trovasse più
inclinato ad andarsene che a rimanere. Ma solo due
anni dopo la sua partenza, il corso illegale delle cose

14. - CATTANEO. Scritti politici. II.


2 10 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
portò quelle discordie, che vengono descritte nella Ri-
sposta del sig. Milani.
Nella gelosa smania d'abbracciar tutto e conqui-
star tutto, l'ingegnere in capo si era avviluppato anche
nell'ignoto spinajo delle informazioni statistiche. Egli
aveva supposto che bastasse tracciare una serie di
tabelle a stampa, nelle quali sarebbero fioccate a furia
d'ogni parte le copiose ed esatte cifre.
Egli diceva in data del 27 luglio 1837 (All. N . ,
p. xi).
aE mi pare che si potranno conseguire con esat-
tezza le notizie..... se, giovandosi dei molti loro amici,
e della gentilezza delle Camere di Commercio, scel-
gano un uomo in ciascuna provincia, d'onore, attivo,
istruito nelle materie statistiche, e lo incarichino di un
tale lavoro. Per questo non solo gli venga destinato
un premio, proporzionato all'estensione della provincia,
all'importanza delle città ed alla diligenza richiesta dal-
l'opera, ma lo si autorizzi anche a pagare per conto
delle società tutti i lavori ch'egli non potesse fare da
.
.
solo. ..
« Sarà utile ch'io pure li conosca, cioè che mi venga
communicato il nome loro, e se si può anche l'allog-
gio loro, affinché possa rivolgermi direttamente ad essi,
o nelle mie corse di campagna, o scrivendo loro dal-
l'officio tecnico, per conoscere come procedan le cose *.
L'ardua parte, assegnata al dott. C. Cattaneo e
all'altro secretario, era quella adunque di diramar le
tabelle, e mandare al sig. ingegnere in capo i nomi e
gli alloggi dei 17 attivi statistici, che, a giudizio delle
Camere di Commercio e degli amici dei direttori, si
sarebbero scelti nelle 17 provincie del regno. Infatti
ciascuna provincia ne doveva avere prontissimo un
assortimento; e non si trattava d'altro che di fame
la scelta! E se i 17 premj proporzionati dovevano esserlo
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 211

in ragione delle 16 mila lire, che vennero poi regalate


per premio del progetto all'ingegnere in capo; e se si
dovevano per soprapiù autorizzare tutti i 17 statistici
a pagare, a proprio arbitrio, e per conto della società,
tutti i lavori che non avessero voluto fare da sé, il po-
vero denaro sociale avrebbe avuto una larga occasione
di fruttifero impiego!
Le tabelle erano in forma di rotoli, comicamente
lunghi, e tali da spaventare chiunque avesse avuto I'im-
prudenza d'incaricarsene. Furono diramati nelle pro-
vince con bella maniera, e mano mano che si scopriva
qualche adatta vittima. Si scelsero le più studiose o
le più popolari persone, perché se non volevano occu-
parsi, potessero almeno procacciare l'opera altrui. E si
ottennero bensì copiosi materiali d'altra forma, e mas-
sime dal nob. Maironi di Bergamo, dall'aw. Pagani
di Brescia, dal dott. Guarnieri di Lodi, dal cons. Alber-
goni di Crema, ec. ec. Ma quei tremendi rótoli del sig.
ingegnere in capo tornavano sempre vuoti. E perché
non si dica che non si fossero tentate tutte le migliori vie,
valga per le molte lettere di risposta quella dell'egregio
magistrato e scrittore, il fu cav. Tamassia, R. Delegato
di Lodi e Crema.

Al sig. dott. Carlo Cattaneo.

Lodi 15 febbrajo 1838.


« Così complicate ed estese sono le indagini che ri-
chiedono, per sodisfarvi, le tavole statistiche, ch'ella mi
ha trasmesso, che assolutamente non vi sarebbe qui per-
sona alcuna in grado di occuparsene. Epperò con mio
dispiacere m'affretto di rimandargliele, perché ella possa
altrimenti provedervi. Mi pregio di nuovamente prote-
starmi colla più distinta stima ».
Devot. ec. Tamassía.
212 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
-Alcuni giorni prima, quel signore aveva gentil-
mente ottenuto, che gli eredi del cav. Brunetti invias-
sero al dottor C . Cattaneo i manoscritti postumi sulla
statistica di Lodi; l'estratto dei quali venne poi dato
in parte nel primo volume di questa Raccolta. La vera
strada era questa; ma i direttori volevano ad ogni modo
che si empissero le tabelle del sig. ingegnere in capo.
Il quale ingegnere in capo sembra tuttora persuaso
della bellezza e profondità scientifica di que' suoi ró-
toli; perché li volle in qualche modo accasellare anche
fra gli allegati della sua Risposta. E quivi (pag. XIV-XVII)
ognuno può misurare il Prospetto I, il quale, tuttoché an-
gustiato in quella forma, vi misura ancora milanesi
braccia 2 e once 4. Chi ha imaginazione, si figuri tutti
quei rotoli, in carta incollata e in ampie colonne, nel-
l'atto che ciascuno dei 17 predestinati se li doveva
svolgere inanzi per la prima volta. Ora chi crederebbe
che, in tanto apparato e tanto spazio, le più neces-
sarie dimande non si trovassero punto. A cagion d'esem-
pio: la questione fondamentale, e quasi diremmo uni-
co, quella della popolazione, comprendeva tre sole
dimande, cioè la cifra assoluta: 1.° d'ogni provincia;
2.° d'ogni distretto; 3.° delle città capitali d'ogni pro-
vincia. I1 sig. ingegnere in capo previde sapientemente
tutte le controversie che potevano insurgere, e col pro-
fondo suo tatto per le cose utili e opportune, diman-
dava le popolazioni di Sondrio e di Belluno, che stanno
accampate in mezzo alle Alpi; e non cercava di cono-
scere sul suo passaggio quelle di Lonato, di Chiari,
di Romano, di Treviglio, di Monza!
Quando i rotoli furono tornati a casa d'ogni parte,
e i direttori ebbero capito anch'essi che per questa via
non s'andava inanzi, il dott. Cattaneo ebbe campo, non
però incarico, né facoltà espressa, di far qualche cosa
a SUO modo. Allora raccolse oltre le poche cifre di po-
polazione, accennate nei rotoli, anche quelle dei singoli
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 213

communi; e sopra quelle calcolò non solo la densità


della popolazione in ogni provincia e in ogni distretto,
ma sopra i singoli tronchi della linea ferrata, alla di-
stanza di miglia quattro, comprese le laterali da Milano
a Monza, e da Treviglio a Bergamo; e vi aggiunse mol-
ti particolari sul riparto della popolazione nelle classi
più o meno interessanti all'uopo. Raccolse il perticato
e lo scudato d'ogni commune, la tassa personale e com-
merciale d'ogni distretto, le proporzioni tra le diverse
culture, e quindi tra i diversi ricolti, per quanto sì
oscure ricerche si potevano tentare in quell'angustia
di tempo e in quell'affollamento di lavori. E inoltre
ricercò quelle notizie che indarno avrebbe cercato nel-
le singole province, e quindi non potevano intarsiarsi
nei rótoli, come, a cagion d'esempio, i movimenti dei
commercio generale. Ed erano pur necessarj, se si vo-
leva, come pur si dovrebbe, riassumere lo stato eco-
nomico del nostro paese in confronto della Sassonia,
o del Belgio, o di qualsiasi altro territorio, in cui le
strade ferrate abbiano prospero successo. Poiché solo
in questo modo può congetturarsi il destino delle no-
stre strade ferrate; solo in questo modo il capitalista
europeo avrà una chiara nozione della rara e prodi-
giosa cosa ch'è questo nostro piccolo regno, e della
incomparabile sua attitudine a corrispondere ad ogni
grande opera industriale, quando mani degne del pae-
se e del secolo ne assumano la condutta.
Le tabelle dell'ingegnere furono inviate da stam-
parsi il 27 luglio 1837; i direttori furono eletti il 21
agosto; la sezione di Milano si costituì il 9 settembre;
solo allora si poté fondare l'officio della Direzione,
l'invio di quelle tabelle era una cosa secondaria, in
confronto all'impianto dei registri amministrativi ed
altre urgenti operazioni; e ad ogni conto richiedeva
qualche tempo; qualche tempo richiedeva il loro ritor-
no; e quando il dott. Cattaneo fu libero di far qualche
214 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
cosa a suo modo, alcuni lavori occuparono qualche
mese, come a cagione d'esempio lo spoglio di 600 e
più libri nell'officio delle dogane, quello dei libri
delle poste, delle véttovaglie militari, dei sali, dei ta-
bacchi, delle popolazioni, dell'éstimo, dei produtti
rurali, delle principali manifatture, dei battelli a vapo-
re) dei passaporti) dei dazj-consumo, dei pedaggi) delle
tasse sui canali navigabili, ec. ec. E tuttavia la mag-
gior parte dei prospetti era già ridutta in belle copie,
e inviata all'ingegnere in capo verso la metà di giu-
gno (§ 23.°), sei settimane prima della presentazione
del progetto. E l'ingegnere o non ne fece uso alcuno,
forse perché gli mancarono le corrispondenti notizie
delle province vénete, o dovette supplirvi colla ridicola
frase, che per le province vénete si può ritenere in sen-
so inverso, cioè da Venezia verso Milano, ciò che si è
detto avvenire da Milano verso Venezia. È inutile il di-
re, che né il Milani si mostrò grato dell'improba fatica al
dott, Cattaneo, né i Direttori gli fecero mai parola di
ringraziamento. Eppure, regolarmente parlando, ciò non
riguardava il suo officio; e la gelosa presunzione del
Sig. Milani meritava che lo si lasciasse co' suoi rotoli
vuoti. Ma chi entra nelle imprese per esser utile, non
cura questi miseri riguardi; ed è sempre contento di
fare, a qualsiasi condizione, in qualsiasi tempo, e pur-
ché solo non gli venga impedito.
Come negli studi dell'ingegnere Milani f u compreso
il braccio da Treviglio a Bergamo, così vi si poteva
e vi si doveva comprendere anche il braccio da Mi-
lano a Monza; e con ciò si sarebbero prevenute tutte
quelle rivalità, che da tre anni tengono l'impresa sul-
l’orlo della ruina. Le Commissioni fondatrici lo ave-
vano chiesto nella petizione 17 giugno 1836; e il Sig.
Milani confessa (§ 218.") che « quella domanda pel
braccio di Monza è identica a quella di tutte le al-
tre diramazioni per Bergamo, Mantova, > ec. Ma sog-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 215

giunse poi (§ 222.') che la « concessione provvisoria, fa-


cendo parola soltanto della strada a rotaje di ferro da
Venezia a Milano, e tacendo delle diramazioni, che
pure erano comprese nelle due suppliche, le esclude
e le rifiuta, pel noto assioma di diritto che inclusio
unius exclusio alterius. « E quindi, secondo la dottrina
legale del Sig. Milani », Monza è colpita dalla stessa
esclusione... dalla quale rimangono colpite le altre di-
ramazioni di Bergamo, Mantova > ec. - Ora, noi di-
mandiamo agli ostinati fautori del Sig. Milani: come
avviene dunque che il braccio da Treviglio a Bergamo,
ch'era come si vede escluso al pari di quello di Monza,
si è potuto ottenere dalla Società, ed è compreso nel
suo privilegio?
Per noi la cosa è chiara. L'ingegnere in capo, nella
buona padronanza che gli davano i direttori,, trovò
bene di coltivare una cosa, come trovò bene di trascu-
rar l'altra; mandò l'ingegnere Alfieri a fare il rilievo
del braccio da Treviglio a Bergamo; e non volle man-
dar nessuno a studiar quello da Milano a Monza. La
dimanda sostenuta cogli studj riescì a buon fine; la
dimanda non sostenuta decadde. In bocca chiusa non
entra nulla.
Ma egli risponde, che per la prima volta gli si levò
un competitore nel Sig. De Putzer. E noi rispondiamo
che anche per la seconda gli si levò un competitore
nel signor Mangili. Tra i due competitori vi fu que-
sta sola differenza: che il sig. Milani fece fronte cogli
studj al primo moto del sig. Mangili, mentre rimase
inerte a fronte del sig. De Putzer; si dice inerte, per-
ché il sig. De Putzer ebbe la permissione di eseguire i
rilievi solamente il 26 aprile 1838 (All. QQ1 p. XCVI),
quando il sig. Milani era entrato in campagna già da
otto mesi; e aveva avuta tutta la libertà di spingere
gli studj anche tra Milano e Monza, e quindi poteva
aver presentato i sui rilievi assai prima che il sig. De
216 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - IL
Putzer avesse facoltà di cominciarli. È ben frivola la
ragione, che non convenisse presentare una parte stac-
cata del totale progetto (§ 235.°); non v'era ordine al-
cuno che vietasse di presentare le parti, mano mano
che venissero ultimate; nulla si perdeva a tentarlo; in
otto mesi non era impossibile presentare il rilievo som-
mario di tutta l'opera, quando se ne fossero distri-
buite con ordine le parti a diversi ingegneri; e final-
mente il solo fatto degli studi sul terreno avrebbe forse
bastato a disanimare, con l'altro, anche questo compe-
titore; il quale poteva rivolgersi a spendere con mi-
gliori speranze il suo denaro in altra parte.
Il sig. Milani afferma che « la diramazione dalla
strada principale alla città di Bergamo non era stata
richiesta da nessuno » (§ 225.°). Egli si fa torto; ella
era stata richiesta; il sig. Milani lo sa benissimo; poiché
in questa intelligenza entravano varj soci fondatori del-
la lombardo-véneta, vi entrava il direttore sig. Bram-
billa intimo amico suo; e il fine non era di rivaleggiare
la Società lombardo-véneta, ma di supplire all'even-
tuale sua inazione; e quindi, appenaché il Sig. Milani
si mosse, la dimanda Mangili venne trascurata. E il
promotore di tutto era il dott. Cattaneo; il quale, sin
dal giugno 1836, aveva indicato Treviglio come il
punto in cui doveva preferibilmente collegarsi il com-
mercio bergamasco; e vedeva a malincuore che l'inge-
gnere in capo non si curasse di dar mano a quello
studio. Infatti ciò avrebbe tranquillato in tempo op-
portuno i commerci bergamaschi; i quali, se si fos-
sero lasciati al buon senso naturale, dovevano esser
sodisfatti di potersi recare in pochi minuti a Trevigiio,
più vicini a Milano che non i Bresciani, più vicini a
Brescia che non i Milanesi, più vicini degli uni e degli
altri al Cremasco e al Cremonese. E d avrebbero otte-
nuto un esteso servigio nell'intemo della loro provin-
cia, nell'utilissima direzione dal monte al piano, e in
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 217

modo che gli sbocchi delle valli rimanessero conver-


genti in Bergamo, e non disgregati sopra una linea che
rade il piede dei monti, e ne preoccupa alla città l'im-
mediato accesso.
Gli strani timori del commercio bergamasco ven-
nero promossi tanto da chi voleva il braccio di Mon-
za, quanto dal Sig. Milani che non lo volle avere, e che
a stento e tardi si piegò alle sollecitazioni del dott.
Cattaneo, di studiare il braccio da Treviglio a Bergamo.
Il Sig. Milani pareva quasi sdegnar Bergamo, come sde-
gnava stoltamente Monza, come sdegnava stoltamente
il lago di Garda. Vedrò poi da qui a Treviglio, e da
Treviglio a Milano, fatta prima una corsa a Bergamo »;
Così egli scriveva il 15 ottobre, come se una corsa
potesse concluder molto in una questione delicatissima
di livelli, nella quale, anche dopo fatti gli studj del
terreno, egli fece, «sa Dio perché, » un salto di quat-
tro metri. Codesta sua corsa a Bergamo fu poi fatta.
E gli par gran cosa di scrivere: « ed anzi fui proprio
in Bergamo il giorno 18 ottobre, e la notte del 19 »
(§ 237."). Che profondi studj! che occhiata d'aquila
avrà egli gettato su Bergamo il giorno 18! e quante co-
se avrà visto la notte del 19!
La sprezzante sua tardanza, la più sprezzante sua
visita fecero sì che, quando si degnò concedere al com-
mercio bergamasco il braccio da Treviglio a Bergamo,
era già troppo tardi; e le menti erano già tanto inso-
spettite e sconvolte dalla sua trascuranza, che a quella
provincia parve e pare ancora una calamità l'esser
chiamata a possedere 60 mila metri di strade ferrate,
che solcherebbero in tutti i sensi le sue pianure, e la
renderebbero uno dei più invidiati terdtorj d'Europa!
E la prima colpa di questo malinteso fu nell'indocilità
e lentezza del sig. Milani. Ben poteva egli, fino da
quel 21 agosto, scegliere un ingegnere e dirgli: an-
date a studiare la linea da Treviglio a Bergamo; e
218 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
scrivere ai direttori: mandatemi il denaro da pagarlo.
Era questa una sì gran fatica? una sì ardua risoluzione?
Ciò che doleva ai Bergamaschi era, che gli studj
s'incamminassero dapertutto fuorché a Bergamo; e quin-
di uno spettabile magistrato nostro concittadino, scri-
veva al dott. Cattaneo, il 4 novembre: « Frattanto,
daché consta che l'egregio ingegnere sig. Milani sta
attivamente occupandosi delle ricognizioni locali sulla
parte lombarda, questo Comitato.., nell'idea special-
mente d'approfittare degli utili schiarimenti e lumi,
ch'ella volesse offrirgli nel grave argomento, ha deciso,
che il Sig. presidente Bottaini col Sig. Maironi si por-
tino a Milano, onde avere con lei una conferenza in
proposito. Avrei desiderato che le mie occupazioni non
me lo impedissero, per procurarmi io stesso il piacere
di presentarle personalmente questi stimabilissimi indi-
vidui, e cooperare allo scopo della loro venuta costì;
dappoiché, e per la mia posizione, e per sentimento,
l'importante interesse che li muove è pure il mio. »
Il dott. Cattaneo si sforzò di persuader quei signori,
che la miglior combinazione per comprender Bergamo
nel rapido giro, senza interporre fra le altre sei città
la sua gravosa altura, si era quello d'unirsi per Trevi-
glio; tuttavia poiché ad ogni conto lo volevano, promise
d'adoprarsi per ottener loro un abboccamento coll'in-
gegnere Milani, assente allora e poco curante. Frat-
tanto però aveva promosso la dimanda Mangili, pel
caso che il Sig. Milani non si fosse degnato d'intrapren-
dere lo studio da Trevigiio a Bergamo. E scrive-
va a Bergamo, al detto magistrato, una lunghissima
lettera, in cui esponeva tutte le ragioni per cui la con-
giunzione per Treviglio gli pareva da preferirsi. Ed
erano le medesime che mise a stampa nel successivo
dicembre; e che furono copiate dal Sig. Milani nel
1840. AI 13 novembre, il nob. Gùstavo Maironi scri-
veva al dott. Cattaneo: « Vengo a rammentare la cor-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 219

tese promessa, da lei fatta allo stesso sig. Bottaini, per


l'avviso, possibilmente anticipato, del giorno in cui
lo stesso Comitato potrà trovarsi costì, per parlare
col sig. ingegnere in capo Milani, e coi signori diret-
tori. Intanto fra due o tre dì ella riceverà la nota Me-
moria. Potesse... esserle meno avverso! Circa ai pro-
spetti statistici, dei quali ella mi ha consegnato i mo-
delli, debbo pregarla » ec. ec.
La conferenza tra il Comitato bergamasco e la
Sezione lombarda ebbe luogo la sera del 28 novembre
(§ 237°). E fu in quella sera, che, secondo il sig. Mi-
lani, uscì dai penetrali della sua mente la vergine idea
di fare una diramazione da Trevigiio a Bergamo! E
quindi il buon uomo al § 238.° della Risposta scrive:
« Del qual braccio da Treviglio a Bergamo io aveva
parlato il primo di tutti, nella conferenza del 28 novem-
bre 1837; ora legga chi può senza gridare al mentitore,
che, anche sul braccio da Treviglio a Bergamo, fu
necessario in novembre 1837 promovere dimande d'al-
tre persone, prima che l'officio tecnico se ne volesse
occupare. »
Così scrive il Sig. Milani; questa è la sua veracità,
e queste sono le sue mentite! Fortuna pel dott. Cat-
taneo, che per tutte le cose qui esposte, e massime
sul fatto della dimanda Mangili, può addurre in testi-
monianza la magistratura d'un'intera città, le lettere
mandate e ricevute, e i protocolli regi, ove erasi in-
scritta il 5 novembre 1837, ai numeri 37456-3790.
Ma il sig. Milani, nell'atto che dice una formale fal-
sità, grida al mentitore; ed è d'un'indole così espan-
siva e conquistatrice, che tuttociò che tocca, per mare
e per terra, divien suo e dovunque arriva, dopo gli
altri, è sempre il primo di tutti. E si veda con quale
esattezza e quale giustizia i due rettilinei di Treviglio
si chiamino il sistema Milani!
Dopo averlo spinto quasi a forza a studiare la di-
220 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ramazione da Treviglio a Bergamo, il dott. Cattaneo
non si stancò di sollecitarlo a studiare quella da Milano
a Monza; ed a questo fine la comprese con somma
cura negli studj statistici; e inviò all'ingegnere perfino
i dati delle pendenze, e tutte le notizie d'arte che
poté raccogliere. Ma non fu possibile smoverlo dagli
studj della linea principale, smoverlo dal calcolo della
pietra scempia, e delle 14 locomotive. E tuttavia il
dott. Cattaneo, anche quando il Sig. De Putzer aveva
già ottenuto la concessione provisoria di fare i rilievi,
non si ristette dallo stimolare su questo punto la Se-
zione vèneta, a tale, che quei direttori ne perdettero
pazienza ; e di rimando scrissero il 14 maggio 1838
alla sezione lombarda il seguente brano, del quale il
Sig. Milani, colla solita sua accortezza, ci favorisce
la citazione al § 235.°: « Si deve poi pregare codesti
benevoli Colleghi, che venga risparmiata alla scrivente
qualunque anche indiretta espressione, che tendesse
ad addossarle una responsabilità pel fatto vero o sup-
posto, che il sig. De Putzer abbia ottenuto privilegio
pel tronco di strada da Milano a Monza, accagionan-
done il dissenso manifestato da questa Sezione, acciò
che fossero intrapresi gli studj di quel tronco. » E in-
fatti il dott. Cattaneo aveva tentato l'orribile eccesso
di far comandare dalle due Sezioni al sig. ingegnere in
capo, che intraprendesse ad ogni modo quegli studj,
poiché gli pareva che le velleità dell'ingegnere doves-
sero cedere all'urgentissimo interesse dell'impresa pe-
ricolante. E se i direttori lo avessero ascoltato e secon-
dato ora non avremmo questi due rivali interessi, che
si combattono implacabilmente in palese e in secreto,
e ci condannano a rimanere oziosi e impotenti.
Ma i direttori non potevano aver braccio sulla
condutta dell'ingegnere in capo, dal momento che ave-
vano mancato all'officio loro di nominar essi gl'ingegne-
ri subalterni e riservarsene la rimozione (Statuto § 56).
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 221

« Questo punto dello Statuto è assai provido. -


Se gl'impiegati superiori potessero eleggere e rimovere
i subalterni, questi diverrebbero loro commessi, e non
impiegati della Direzione. Per tal modo la posizione
di questi si degraderebbe d'assai, e molte persone, ca-
paci di servire, per un senso di dignità non vi si
potrebbero prestare; e quindi il servizio a poco a poco
cadrebbe in mani meno degne, meno onorate, meno
fedeli. Gl'impiegati superiori avrebbero un mezzo irre-
sistibile d'assoggettarsi i subalterni, e costringerli a
secondare qualunque loro mira. Riescirebbe meno dif-
ficile la connivenza tra gl'impiegati superiori e i su-
balterni, e quindi men difficile ogni specie di pre-
varicazione. Gl'impiegati superiori per falso principio
d'ambizione, o altra qualsiasi debolezza, potrebbero
escludere dal servigio della società le persone che potes-
sero meglio giovarle. Gl'impiegati superiori potreb-
bero comporre l'intero personale in modo di rendersi
necessari, e realmente irremovìbili ... In un'intrapresa
per azioni, accompagnata quindi in ogni sua vicenda
dall'opinione di borsa, il timore di questi disordini,
artificiosamente inspirato ai direttori, renderebbe im-
possibile, nonché scabrosa la rimozione degli impie-
gati superiori. Questa effettiva immobilità degli im-
piegati superiori, e la mancanza d'ogni rapporto fra
i direttori e i subalterni, farebbe sì che i direttori non
avessero modo effettivo d'influire, e cadessero in una
perfetta nullità, e nella impossibilità d'esercitare i loro
doveri. (Nota del dott. Cattaneo 14 agosto 1838, già
citata a pag ....).
Non paghi i direttori d'essersi sottoposti a questa
nullità di fatto, vollero imporsi una nullità di diritto;
rimossero con un falso protocollo il dott. Cattaneo; e
segnarono coll'ingegnere Milani quell'assurdo, illegale
e obbrobrioso contratto, che d'un impiegato rimovibile
doveva fare un arbitro e signore della Direzione e
222 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
degli azionisti. Quell'aborto di contratto (pag. XXXVIII)
non parla mai se non dei diritti del sig. Milani, della
sua illegale balia sui subalterni (§ 3); del suo alloggio
(5 4); del lume e della legna (§ 5); delle illimitate
spese d'officio (§ 6); dello stipendio (§ 7); della diaria
(§8); delle spese di viaggio nel regno (§ 9); dell'asse-
gno maggiore pei viaggi fuori del regno (§§ 10, 11);
del premio pel progetto (§ 12); del premio per l'opera
(§ 13); deli'inamovibilità (§ 14). E dove sono i corri-
spettivi doveri del sig. ingegnere in capo? - Essi
sono adombrati in due soli § § (1 e 2); nell'uno dei quali
Sincarica d'estendere il progetto, e d'avere Ia suprema
direzione dell'esecuzione; nel secondo si obliga a con-
segnarlo entro il dicembre 1838. Ora quel contratto
si firmava il 14 e il 30 settembre, quando il progetto era
già esteso e consegnato ai direttori fin dall’8 del prece-
dente agosto. Gli si metteva per condizione una cosa
già fatta, che' si supponeva non fatta.
Il dott. Cattaneo non volle prestarsi ad apporre il
suo nome a quell'illegale pasticcio. L'ingegnere in
capo sollecitò dunque il suo allontanamento dall'am-
ministrazione. Ebbene, che gli fruttò questo? I1 suc-
cessivo secretario, sig. dott. Campi, fu forse più cor-
rivo a firmare? Dov'è questa sua firma? E qual signi-
ficato ha in quel luogo, invece del nome del secreta-
rio della sezione lombarda, il nome d'un estranio, e
sopratutto d'un ingegnere? Che forme nuove e biz-
zarre son queste, in affari da ottanta milioni?
E non andò guari, che i direttori, dopo un così
stolto disprezzo dei consigli rivolti alla loro maggior
considerazione, autorità e sicurezza, dovettero gettarsi
appiè degli avvocati di Venezia e di Milano, e implo-
rare dall'illustre Marocco un suggerimento, per libe-
rarsi dalla tirannia dell'ingegnere in capo, il quale
troppo meritatamente li flagellava, ed erasi a imaginato,
com'essi dicono, che quel contratto gli avesse conferito
111 - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 223

una piena balia, colla quale diverrebbe il padrone del-


l’opera, e la Società non meno che la sua Direzione
discenderebbero al grado d'un semplice pagatore » (V.
lettera 15 novembre 1840 p. CXIX). E alla fine furono
costretti con grave stento a congedarlo.
Se i direttori avessero in tempo utile dato retta ai
buoni consigli, non avrebbero commessa ad irregolari
agenzie i più preziosi interessi sociali; non avrebbero
sacrificato all'ambizione dell'ingegnere l'officio tecnico
e la solidità degli studj; non avrebbero abbandonata
la diramazione da Milano a Monza; non avrebbero la-
sciato ordinare quell'opposizione, la quale, mentre ar-
restò per tre anni il corso dell'opera, spinse la Società
sull'orlo della liquidazione, la privò d'un terzo degli
azionisti, e infine ridusse i direttori stessi all'estremo
partito d'una rinuncia, provocata da un atto di pu-
blica diffidenza. L'illegalità genera la confusione e la
confusione genera l'impotenza e il disonore.
I1 sig. Milani, che conosceva gli statuti, che cono-
sceva l'opposizione dei legali, che sapeva per qual
causa erasi allontanato il pregiatissimo mo amico il
secretario, non sapeva forse d'estorcere dall'ignoranza
e dalla debolezza un atto illegale e nullo? Ailegherebbe
egli ignoranza, e buona fede, e infantile innocenza?
L'opera dell'illegaiità e della confusione cominciò da
lui; egli ne diede il primo esempio, per il suo nudo
interesse e la sua cieca ambizione. Come vuole ora ap-
pellarsi, contro gli altri, all'ordine e alla legge?
O in settembre 1838 lo statuto valeva: - e i diret-
tori non avevano facoltà fuori di quello, e contro quelio.
O lo statuto non valeva ancora: - e la Società ano-
nima non aveva legale esistenza, e non poteva con-
trarre, né dare altrui facoltà di contrarre per lei.
Dunque il sig. Milani nulla può vantare de' suoi di-
ritti contro la Società, Si rivolga ai privati che si mesco-
lano in quell'intrigo seco lui. Prima però provi ch'essi
224 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
lo abbiano tratto in inganno; cioè, ch'egli non cono-
scesse pienamente, e al pari di loro, lo stato illécito
della sua dimanda. E da ultimo, si ricordi, che dal
lato suo v'è la vergognosa mancanza duna condizione
fondamentale: il suo progetto non fu compiuto, né ap-
provato; ma bensì fu riprovato e rifuso; e ciò che ne
rimane, nell'atto dell'esecuzione se ne va sfumando.
Per la menzione, che il sig. Milani fa delle con-
troversie che corsero pel Monte-Sete tra l'ingeg. Bal-
dassarre Desimoni e il dott. Cattaneo (§ 214.°), questi
gli rende grazie; e in Milano, nell'anno 1841, non oc-
corre dir altro.
Quanto alla somma percepita dall'ingegnere Milani
fino al 20 luglio 1840, il dott. Cattaneo prese la cifra
complessiva, indicata nel Primo Rendiconto officiale
a stampa (lire 87984).
Alle furibonde mentite del Sig. Milani abbiamo
opposto un troppo lungo discorso, tessuto quasi per
intero con lettere e documenti, per dare assaggio al
lettore che d'allegati, grazie a Dio, non avremmo pe-
nuria. La nostra Replica dimostra che il dott. C. Cat-
taneo venne costretto a lasciar l'impresa, perché stette
fermo al suo dovere contro le illegali pretese del sig.
Milani; il quale, nella illimitata sua padronanza, cor-
reva come un pródigo a ruinare il corpo tecnico, e il
suo progetto, e l'impresa, e sé medesimo, e i direttori,
che lo avevano elevato dal suo nulla al più bel campo
dell'arte. Gli ostinati ed importuni che insistono a per-
seguitare coll'infausto nome dell'ingegnere Milani que-
sta nobile impresa, hanno la risponsabilità della nostra
Replica; che non intendiamo rivolta all'ingegnere, ma
a' suoi fautori. Del sig. Milani non ci saremmo curati
parlare né prima né poi, s'egli fosse solo una persona, e
non un' principio di discordia, d'illegalità e di confu-
sione, un principio che non ci rimarremo di combattere,
finché non sia ridutto entro i confini dell'insignificante e
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 225

innocua sua personalità. Infine, chi è quest'uomo, la


cui gloria principale è d'essere stato in collegio? che ha
egli operato? che ha egli scoperto? che altro si conosce
di lui fuorché gli errori suoi, manoscritti stampati e
confessati, e l'intrattabile indole sua, e la sua gelosia
dell'altrui capacità, e la indefessa sua sollecitudine per i
suoi vantaggi, e l'invincibile sua ripugnanza a passare
dai progetti ai fatti?
Dobbiamo dunque ritornare all'intermesso argomen-
to dei tanti errori suoi d'arte e d'economia? I punti
già toccati da principio non bastano a provare la nul-
lità della sua Risposta? Ma non sarà tediato il lettore
di seguirci? Coloro, che, prima d'aver avuto il tempo
di leggere l'inquarto del sig. Milani, andavano già
schiamazzando, che il sig. Cattaneo doveva replicare,
se poteva, ch'era polverizzato e disfatto per sempre,
alle prime nostre pagine han cangiato governo; e ora
vanno già ipocritamente esclamando che sarebbe tempo
di finirla colle personalità. A monte il gioco, perché
non si vince! Dobbiamo dunque tacere o parlare?
Qual è il più sicuro consiglio? - Si tratta del vero e
dell'utile. - Age quod agis.
Alle singole nostre osservazioni sugli erronei ele-
menti del suo calcolo preventivo, il sig. Milani ri-
sponde, che non abbiamo diritto di parlarne (§ 384.°),
postoché li aveva taciuti nel suo progetto a stampa; e
sono un secreto dell’Officio tecnico; e certamente noi
dobbiamo « averli spiati, o ne' suoi manoscritti, od in
quelli del cavaliere Donegani, o finalmente in quelli
dell'eccelso Governo. » E che intende egli dire con que-
sto? -
E perché, nell'aprile 1839, ce ne mosse egli ca-
rico presso le Autorità politiche? - Le cose sono, o non
sono, come le abbiamo dette? Ha egli fatto codesti
spropositi, o non li ha fatti? - Se le nostre asserzioni
sono infedeli, perché afferma che sicuramente dobbia-
mo averle attinte ad autentica fonte? E se sono fedeli,

15. - CATTANEO.
Scritti politici. II.
226 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
che importa se le sappiamo per virtù di magia bianca,
o perché ne abbiamo preso nota quando, per sei ore
di cinque o sei giorni consecutivi, sedevamo tediosa-
mente nel suo Officio tecnico, a udire da lui la lettura
del suo martirologio di spropositi, mentre il nostro indi-
viduo formava umilissima appendice a quel sapiente
e provido consesso? E se al fatto delle 14 machine e
dei biscotti di granito, così un poco sorridevamo, ciò
pareva a quei fanatici un rivérbero della loro stolida e
vuota sodisfazione. Poiché tanto eravamo alieni dal
cozzare col nostro superior collega l'ingegnere in capo,
che anche allora lo abbiamo risparmiato e commen-
dato; e solo colla nota 14 agosto, e in procinto d'uscire
dall'amministrazione, e in pena diuturna della nostra
pazienza e del nostro forzoso assentimento, abbiamo
sparso il primo sospetto sulla chimera dell'eccellenza sua.
« Chiunque critica publicamente un'opera star de-
ve alla stampa dell'autore », dice il sig. Milani (§ 369.°);
e in questo ha ragione. Ma un progetto di strada fer-
rata non è un'opera da stampa, tuttoché possa anche
stamparsi se si vuole. La consegna solenne del pro-
getto alla Direzione fu fatta in manoscritto; dopo quella
consegna passò in altre mani, subì modifiche, emende,
un rimpasto quasi generale, in cui l'opera dell'autore
si confuse coll'opera altrui. Noi abbiam diritto di sepa-
rar le due fatture: non siam tenuti di far merito all'au-
tore di ciò che non è suo, come non abbiam diritto di
fargliene demerito. A cagion d'esempio: il Sig. Milani
s'era deciso per le rotaje di due metri, per le traverse
di pietra, per le 14 locomotive; il progetto a stampa
invece parla di rotaje d'un metro e mezzo, di traverse
di legno, di 60 locomotive. Ciò costituisce realmente
un'altra cosa, fondata su altri calcoli ed altri principj.
Perché gli azionisti non dovranno sapere qual fu il
meditato giudizio del loro Officio tecnico? Perché non
dovranno sapere se le idee del loro ingegnere furono
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 227

approvate o disapprovate? Non è vero forse che da ciò


dipende, non solo la futura loro fiducia, ma perfino
quell'ombra di conseguenza che il contratto Milani
potrebbe avere, a fronte almeno dei singoli suoi firma-
tarj? Sparirono in quella rifusione molti e gravi errori,
coi quali potrebbe provarsi innegabilmente l'effettiva
imperizia del sig. Milani in fatto di strade ferrate. Eb-
bene, perché gli azionisti dovranno rimanerne ignari?
perché dovranno essere esposti a un inganno? E chi ha
dunque cotanto interesse a fare ch'essi abbandonino
a mani inette il destino d'ottanta milioni?
I1 sig. Milani ci vien predicando che « nelle strade
di ferro non si conosce nulla di meglio che i traversi
di legno (§ 373."); e che l'uso delle pietre cagiona
grave consumo di guide, di locomotive, di carrozze e
di carri (§ 372.°). Si conceda pure. Ma perché dun-
que nel progetto, che presentò ai direttori, adottava
egli la pietra? Non è veramente questo un dire: fate
quel che dico, e non fate quel che faccio? Egli ri-
sponde d'aver adottato la pietra per l'illusione (cioè
per l'errore), che la pietra costasse pochi denari, anzi
120 mila lire meno del legno. Dunque per un rispar-
mio di capitale di 120 mila lire, ossia per un miserabile
risparmio annuo di mille talleri, conveniva preferir la
pietra, e soggiacere al grave consumo delle guide, del-
le locomotive, delle carrozze e dei carri? Non sa egli,
che una sola locomotiva costa quasi diecimila talleri,
cioè dieci annate di questo suo risparmio? Non sa egli,
che nel suo progetto la spesa delle guide supera i 21
milioni? (Pr. p. 58). E con miile talleri voleva ripa-
rare al consumo e al grave consumo, di questi enormi
valori? Sono queste le puerilità da spacciarsi in Milano?
E chi ha fronte di spacciarle, potrà dar per le stampe
sessanta mentite a noi, in casa nostra; e trovar gente
che non arrossisca d'ascoltarlo? Siamo dunque un po-
polo così ignorante, che si trovi fra noi chi spera far
228 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
mettere ottanta milioni a disposizione di siffatti ciar-
latori,, dopo che si ebbe l’avventurata congiuntura di
poterli conoscere in tempo?
Sul bagno mercuriale (di sublimato corrosivo) (p.
XXXII) ch’egli propone di dare ai 615 mila travicelli
di legno, che misurando in lunghezza metri 2% cia-
scuno, sommano ad una lunghezza totale di quasi
mille miglia (1537 chil.): noi vogliam pure trattenerci
dalle risa; e ci appaghiamo solo di dimandare all’egre-
gio calcolatore e a quelle teste quadre de’ suoi parti-
giani, quante tonnellate di mercurio si richiedevano
a codesta famosa operazione, e se anche la spesa di
questo doveva entrare nei mille talleri.
Bellissima è la risposta che il sig. Milani ci dà sul
prezzo d’espropriazione dei terreni; il cui valore, a suo
giudizio, va crescendo a misura che ci allontaniamo da
Milano, procedendo verso Brescia! E anche al di là
di Brescia, nell’arida landa di Montechiaro, la terra,
a suo giudizio, vale di più che nell’intervallo da Mi-
lano all’Adda, fra le preziose praterie del Lambro e di
Gorgonzola. Preghiamo i fautori del sig. Milani a
voler verificare al § 394.° questo crescendo agrario. Ivi
si legge che: « Nella stima presuntiva Milani, il valore
medio d’una pertica milanese era, da Milano a Tre-
viglio lire 257, - da Treviglio a Chiari lire 279, - da
Chiari a Brescia lire 308, - da Brescia a Castiglione
lire 287 » E questi delirj del sig. Milani erano ignoti
al dott. Cattaneo; ed egli ha la bontà di venir non ri-
chiesto a confessarli! Ma non si è detto da principio
che la sua Risposta era una confessione!
V’è un solo tratto giudizioso nella risposta del Sig.
Milani; ed è la promessa, ch‘egli fa, di tacere d’ora in
poi, e, com’egli nobilmente scrive al 416.° di far
come l’orso; poiché ne’ suoi viaggi, se poco imparò
dai maestri di strade ferrate, pare che abbia studiato
altri autori. Il silenzio è per lui l’ottimo dei consigli;
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 229

e per gratitudine a' suoi partigiani doveva osservarlo


prima d'ora, e risparmiar loro l'ignominia della sua
Risposta.
Sprezzando o non intendendo l'universale e co-
stante testimonio dell'esperienza, il sig. Milani suppose,
che sulla strada maestra l'introito delle merci dovesse
superare quello dei passaggieri. È questo un gravis-
simo errore fondamentale, che sconvolge anche i cal-
coli preventivi sulla proporzione dei diversi veicoli
e locali. Per discolparsi, egli ci fa rotolare indietro
fino all'infanzia di quest'arte, e ci narra, che, quando
si progettò la strada da Manchester a Liverpool e
quella da Colonia ad Anversa, si fece la stessa suppo-
sizione (§ 312."). Sì certamente; allora si fece la stessa
supposizione, perché nessuno ne sapeva ancor nulla, e
si procedeva tra le ténebre duna cosa ignota. Ma,
dopo tanti anni d'esperienza, omai sappiamo che l'in-
tróito dei passaggieri, allora sprezzato, è di gran lun-
ga il principale, E finché l'esperienza non s i muta,
questa è la verità, questo è lo stato attuale dell'ar-
te; e il contrario è l'errore. L'introito brutto dei pas-
saggieri supera quello delle merci; e quando veniamo
all'introito netto, questa superiorità cresce ancora. Ed
è falso, assolutamente falso, che « quando si passa
dall'introito brutto al produtto netto, la proporzione
tra le due fonti d'utilità si capovolge (§ 313.")». È
falso affatto. La proporzione non si capovolge, ma va
sempre crescendo nel medesimo senso. Nulla si capo-
volge, fuorché nella confusa mente del sig. Milani;
dove poi le cose capovolte non son queste sole.
Il calcolo del movimento attuale non si fa per
dimostrar l'utitità d'una strada ferrata; perché il fatto
solo di poter fare duecento miglia in dieci ore, o in
meno ancora, sarebbe una mirabile utilità. Tutti sanno
che la strada ferrata deve accrescere codesto movi-
mento; e quindi esso non indica il limite estremo, a
230 . CATTANEO - SCRITTI POLITICI - 11
cui possiamo spingere le spese con proporzionato frutto
del capitale. Per esempio: se il movimento attuale
fra due città fosse di duecento persone al giorno, e
questa cifra dovesse indicare il limite delle spese di
costruzione, la strada non si potrebbe fare; ma se il
suo esercizio può triplicare il movimento attuale, le
spese di costruzione sarebbero compensate, e la stra-
da si potrebbe fare. Dunque, anche per questa parte,
il progetto Milani ebbe un falso fondamento. E l'ef-
fetto si fu, ch'egli dovette poi angustiare e falsare
tutte le spese di costruzione, per metter fuori quel
suo arbitrario decreto (Prog. pag. 72) che le azioni
produrranno propriamente l'8,29 per 100; asserzione
che fu messa in ridicolo da tutto il paese, quando i
cinque Commissarj l'assunsero publicamente per dato
primo dei loro calcoli, benché il ridicolo appartenesse
realmente e originalmente al sig. Milani. Infatti il voto
dei Commissarj fu in questi termini: « Ritenuto, che,
se si reputò la linea del piano Milani dover produrre
l’8,29 di reddito netto, la linea superiore, a parità di
tasse pei trasporti, renderebbe oltre all’11 per cento ... w
L'errore dei Commissarj fu nel credere a questa com-
parativa superiorità, quando li elementi del ricavo
sono i medesimi, essendo Bergamo compresa in ambo
i sistemi di strade; ma il riso del publico era eccitato
dal ragionamento fondamentale, il quale si collega
all'8,29, e non all'1 per cento; poiché questa è almeno
almeno una cifra tonda, e indicata in modo approssima-
tivo; e quindi è meno assurda dell'assoluta frazione cen-
tesimale dell'ingegnere Milani.
L'impianto economico del sig. Milani si fonda sul
movimento attuale dei passaggieri e delle merci su
tutti i singoli tronchi della linea; movimento impos-
sibile a rilevarsi con certezza, e nemmeno con pro-
babilità; movimento che, dovendo sconvolgersi tosto
in tutte le sue proporzioni per l'azione stessa della
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 231

strada ferrata, non può indicare il limite de' suoi in-


troiti, e quindi non vale a determinare il calcolo pre-
ventivo della spesa a cui si possono spingere le co-
struzioni.
L'impianto economico da assumersi era la den-
sità delle popolazioni, cioè il rapporto della superficie
alla popolazione; dei quali due dati il primo è
certo, il secondo è il più probabile di tutti gli elementi
statistici. Questa cifra, messa in confronto con quella
d'altri territorj di simile estensione, ove la esperienza
delle strade ferrate sia già in corso, poteva porgere una
solida congettura tanto sulle spese di costruzione quan-
to su quelle di ricavo: avuto riguardo alla compa-
rativa ricchezza stabile e mobile delle popolazioni. In
più chiare parole : bisognava confrontare la pianura
lombardo-véneta al Belgio, a cui assomiglia per forma
di terreno e densità d'industriosa ed economa popo-
lazione, avuto riguardo alla maggior potenza del clima,
al sussidio delle irrigazioni, al superior pregio dei
produtti naturali, ed infine alla maggior grandezza e
magnificenza delle città.
Tutte le deduzioni aritmetiche delle incerte pre-
messe del sig. Milani sono false, come il loro fonda-
mento; e la cifra 8,29 per 100 ch'egli ne ricavò, e a
compor la quale entrano anche tutti gli erronei calcoli
delle spese, è una mera ciancia, da cui la commissione
di Bergamo ebbe torto di prendere le mosse e I'esem-
pio del suo voto; il quale elevandosi sull'assurdo fon-
damento del progetto Milani, non può concluder nulla.
Ma la Commissione ha sempre il merito d'aver deter-
minato la ripresa degli studj al lago di Garda; e
questo è un servigio che le dà bastevole diritto alla
gratitudine del paese. S'ella adottò un grave errore del
sig. Milani, in compenso ne corresse un altro assai
più disastroso.
E non dica il sig. Milani, che le sue stime di
232 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
spesa non riescirono angustiate, e che ressero aila pro-
va dell'appalto. Non vale guardar le cifre degli ap-
palti, se non si conoscono le loro condizioni. Primie-
ramente fra il progetto primitivo e l'appalto, oltre
alle emende e rifusioni, vi fu il progetto di dettaglio,
che cangiò assai la massa e la stima delle opere; e
poi l'appalto a opera, per i due tronchi da Padova
alla Laguna, non si poté fare, ma si fece a numero
e misura, con riserva di liquidare la qualità, quantità,
e percorrenza delle terre, e le masse dei manufatti.
Quindi il ribasso, che si vanta ottenuto sui prezzi del
Progetto Milani, cade sui prezzi delle unità elementari,
quali divennero nel progetto di dettaglio, dopo tutte le
correzioni subite negli officj; e non ha il minimo rap-
porto colle cifre complessive dell'originario suo pro-
getto.
La più circostanziata confessione del sig. Milani si
fa nella tabella M della Risposta (p. x), ove si danno
le cifre dei terrapieni e degli escavi sulla sezione da
Milano a Treviglio; e sono affatto diverse dai risul-
tamenti delle cifre già da lui date nelle tavole lito
grafiche del progetto. Perloché rimane provato che nel
tempo che corse dalla redazione del progetto alla sua
difesa, il sig. Milani fece, o fu fatto fare, un mador-
nale pentimento. Infatti nelle cifre apposte alle tavole
litografiche, le distanze essendo precisate fino ai cen-
timetri, e le altezze e le livellette fino ai millimetri, si
può desumere da esse l'esatta cubatura del terrapieno.
I punti indicati con numeri nel profilo, cioè le strade
o gli argini, sono certamente disopra al livello delle
campagne, perché queste sono irrigatorie; ma si sup-
ponga pure che siano al livello medesimo, e quindi che
il terrapieno cominci anche soltanto alla loro altezza.
Ancora il tronco primo avrebbe un volume di 39748
metri cubi, e il secondo di 66144. m - c . Ora, nella ta-
bella M della Risposta, il volume del primo è va-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 233

lutato solamente 21124, m.c. e quello del secondo


12581 m. c.; epperò la riduzione quietamente insinua-
tavi dal Sig. ingegnere in capo, è di 72187 metri cubi di
terrapieno. Ciò suppone che egli abbia dovuto adottare
il consiglio, o il precetto, di seguire più davvicino la in-
nocua ondulazione di quelle pianure, e abbia snodato
alquanto quella dogmatica sua livelletta, di 0m.,857
per mille, inclinandola nel suo mezzo e rendendola più
dolce nella parte più depressa, ove passa alla contro-
pendenza. Queste correzioni non si poterono dal Sig.
Milani introdurre nelle tavole litografiche, le quali era-
no fatte fino dall’autunno del 1838; essendoché la
buona opinione, che il sig. Milani ha sempre delle
cose sue, non gli permetteva d’attendere che il suo
progetto vincesse la prova del superiore esame; e la
spesa delle litografie fu tanto considerevole, che non
convenne poi rifarle. Appena e imperfettamente vi si
poté cassare la linea che il sig Milani tracciò dritta
dritta per sessantamila metri, e segnarvi la nuova che
i Revisori le sostituirono, e che invece va dritta da Mi-
lano a Trecella, e poi con una curva s’accosta ai passi
della Muzza e dell’Adda. E così il sig. Milani, colla
mal pensata publicazione del suo progetto, diede altrui
le armi per dimostrare legalmente che non gii venne
approvato, ma riprovato e rifuso.
E non vale il dire che dalla detta cubatura debba
diffalcarsi il volume degli escavi, che somma a 21582m.C..
Primieramente ne rimarrebbe ancora per più di 50
mila metri cubi; e poi sarebbe a mettersi in conto il
trasporto della terra ad una media distanza di quattro
o cinque mila metri, il che raddoppierebbe il prezzo
indicato nella tabella M ; e finalmente questo diffalco
sparisce, se si supone che il terrapieno cominci al livel-
lo delle campagne, come infatti, e non a quello degli
árgini e delle strade. Non ostante questa enorme dimi-
nuzione dei terrapieni, il loro costo, che nel progetto
234 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
a stampa era valutato per quella prima sezione a sole
lire 309,622, fu poi triplicato nel progetto di dettaglio,
ove si apprezzò a lire 981,597. Tanto spropositati erano
quei primieri calcoli! Una poco minor correzione su-
birono le stime dei ponti del Lambro, della Molgora,
della Muzza, dell'Adda, e di tutti i canali irngatorj
di quella prima sezione; poiché nel progetto a stampa
(V. pag. 62) erano valutati in tutto a lire 562,199, e
. nel progetto di dettaglio, ch'è poi ancora un progetto
preventivo, sono già portati a lire 1,104,122.
E i cambiamenti non sono ancora compiuti. Il
terzo tronco di quella prima sezione comprende an-
cora spropositati Argini, alti fino a 4 metri. Ora per
avere due o tre metri cubi di terra converrebbe for-
mare almeno un metro quadro di palude, nei contorni
di Melzo, ove le febri intermittenti sono già ben com-
muni. E tuttociò per la pedanteria d'ottenere una li-
velletta quasi orizontale, cioè di Om,631 per mille. Ora
se il passaggio da quella livelletta alla successiva coin-
cidesse col punto del massimo naturale avvallamento,
si risparmierebbe quell'enorme terrapieno di 4 metri;
e tuttavia le due contrapendenze si sussidierebbero
scambievolmente, senza perdita sensibile d'effetto utile,
attesa la loro dolcezza e la loro proporzione inversa
alle rispettive lunghezze. Siccome poi Melzo e Cas-
sano sono luoghi opportuni a due stazioni intermedie,
così consuonerebbe alle regole dell'arte che riescissero
ai punti culminanti di due contropendenze anche
maggiori. La qual correzione, aggiunta a quelie degli
altri due tronchi, produrrebbe quel risparmio di 140
mila metri cubi, che venne indicato nella Rivista. Per-
loché il Sig. Milani non osi più narrare a' suoi parti-
giani che « questo affare adunque dell'esperto inge-
gnere è una fandonia » (§407.°).
Nel giugno 1836 non v'era ancora il minimo prin-
cipio di studj; ciò che noi dicevamo sul passaggio pres-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 235

so il lago di Garda era meramente fondato sulla pra-


tica delle carte e sulle reminiscenze di luoghi visti
Superficialmente e con nessun pensiero d’una strada
ferrata. Q Le colline fanno cerchio alla parte inferiore
del lago di Garda; e quantunque sconnesse e inter-
rotte, formano una delle più gravi difficoltà da supe-
rarsi colle opere, o da eludersi sia con un lungo giro,
sia colla sostenuta elevazione dei livelli, o colla insen-
sibile loro ondulazione ». Così dicevamo allora nelle
nostre Ricerche, senza alcun barlume di livellazione.
Chi direbbe che dopo cinque anni più che passati, e
dopo un milione di spesa, e tante meditazioni, e tante
corse di posta, e tante passeggiate a piedi dell’uomo
di genio, accerchiato da una ventina d’ingegneri, libe-
rissimi tutti di proporre e di discutere, il suo famoso
progetto non ci dica nemmeno una parola di più.
Da Peschiera a Casa Ferri, ove il sig. Milani ha
proposto di passare per la più facile il Mincio, la
distanza rettilinea è più di 16 mila metri; della
quale vasta zona la sacra lista del sig. Milani è appena
la ottantesima parte. Quindi egli ne parla «in aria »
presso a poco come farebbe qualunque persona. E
mentre ad ogni costo non vuol prendere la linea con-
siderevolmente più breve, presso l’ameno e mercantile
lago di Garda, ma la più lunga, nelle lande di Médole,
dice tuttavia: « Io non ho mai negata la possibilità;
quanto alla convenienza risponderò subito del sì; ma
ben intesi per un braccio, per una diramazione e non
per la linea principale » (§ 79.°). E perché no per la
linea principale? I1 perché del sig. Milani si è, che
conviene piuttosto girare per la provincia mantovana,
la quale, com’egli va delirando « dopo quella di Mi-
lano è di tutte le provincie lombarde quella che ha
la popolazione più fitta » (§ 63.0). Ora sappiate che
la popolazione mantovana per densità di popolazione
in Lombardia è la quinta! Ella è l’ultima di tutte le
236 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
provincie di pianura; e le va inanzi anche quella di
Como tra le provincie montuose. E la parte della pro-
vincia mantovana, ove girerebbe la strada, è la men
popolata di tutte, Quest'uomo, quando getta fuori co-
desti oracoli sulla convenienza, non è più da ascoltarsi
che non quando rinega d'un tratto l'esistenza del Na-
viglio di Palermo, del Canal Fusa, del lago d'Iséo,
del lago di Como, e delle loro 700 barche, e osa stam-
pare che di sopra a Trezzo e Palazzolo non v'è a nes-
sun'aqua navigabile, nessun canal manufatto ». (V. Qual
linea ec. § 35.° p. 16).
Ma ad ogni patto, per involgere a suo modo nella
linea lombardo-véneta il lago di Garda, oltre ai 15 o
per lo meno 11 mila metri della curva mantovana, do-
vremmo aggiungere i 10 mila metri del braccio da
Castiglione a Desenzano; o altrimenti rimanere in-
tercetti dal lago e dalle sue popolose e industri ri-
viere.
Questa deviazione del sig. Milani per condurci ver-
so Mantova, senza nostra voglia, e senza poi neman-
co arrivarvi, è la gemella della deviazione che si pro-
pose per toccar Bergamo; e in lunghezza a un di
presso vi corrisponde. Sommando queste due giravolte
mantovana e bergamasca, potremmo avere all'incirca
30 chilometri. Dunque tutte le volte che la locomotiva
correrà tra Milano e Brescia, tutte le volte ch'ella cor-
rerà tra Brescia e Verona, dovrebbe percorrere inutil-
mente questo soprapiù di strada. Facciamo conto che
nei cinquant'anni del Privilegio vi si facciano sola-
mente, come sulla strada di Monza, sei andate al gior-
no e sei ritorni, avremo 360 chilometri al giorno d'inu-
tile corsa; ne avremo centotrentamila in un anno; sei
milioni e mezzo (6570000) di miglia metriche di cor-
sa inutile nei cinquant'anni. Questo sarebbe il décu-
plo del movimento ch'ebbe luogo su tutte le strade fer-
rate del Belgio nell'intero anno 1838 (chilom. 648775).
i
. III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 237
I quali milioni dai nostri posteri si dovrebbero mettere
per metà a conto Giulio Sarti, per metà a conto Gio-
vanni Milani; poiché questi due ingegneri, con quel
divano che passa tra i fatti dell'uno e le parole del-
l'altro, si assomigliano in questa idea più che i loro se-
guaci d'entrambo i campi non si siano data la fatica di
pensare,
Per ciò che riguarda l'accesso alla strada ferrata
pel Borgo dei Monforti, il lettore converrà con noi,
che, per l'immensa circolazione di bestiami, di merci
e di persone che avrebbe luogo verso la gigantesca
strada, sarebbe quella una via troppo angusta, mentre
le costruzioni signorili, che la fiancheggiano, rendereb-
bero troppo costoso un generale allargamento. Per
communicare colle interne e colle opposte parti della
città, verrebbe quel nuovo accesso a confluire sopra
un Corso, che in alcuni tempi è già troppo angusto al
bisogno presente, quantunque ampliato già colla spe-
sa di due milioni. Al contrario il quartiere di Porta
Tosa ha vastissimi spazj, e, per il poco pregio dei fa-
bricati, si può con poca spesa allargare nei luoghi an-
gusti, mentre la Contrada Larga ed altre parecchie lo
collegano ai quartieri del traffico più rumoroso e tri-
viale. I1 Corso interno di Porta Tosa, continuandosi col
Borgo della Stella, formerebbe insieme a quello un
solo rettilineo di 900 e più metri; e quandanche cor-
risponda a poco più del quarto del diametro della
nostra città, unirebbe prontissimamente la stazione
esterna con una delle parti più frequentate. E se è
lecito mettere in questi pensieri l'ardimento di qual-
che lontana speranza, si potrebbe ottenere nella città
nostra con lievissimo sforzo ciò che costò tanti milioni
altrove, cioè l'ingresso rettilineo dei passeggieri per la
strada ferrata nel cuore della città, allato alla piazza
Fontana. Non abbiamo però mai avuto la grottesca
idea di farvi una stazione di 70 mila metri di super-
238 CATTANEO - SCRITTI POLlTICI - II
ficie, colla fabrica delle machine e coi magazzini ciò
non essendo necessario al mero servigio dei passaggieri,
e dovendo più opportunamente rimanere fuori di città.
Ma di questo ci parve allora, e ci pare adesso miglior
consiglio non parlare; e anco senza questo, i pensieri
che allora si coltivavano erano bastevolmente grandiosi.
Noi avevamo cercato di farvi convergere il Municipio,
la Camera di Commercio, e l'E. Magistrato Camerale, al
quale abbiamo ardito additare uno spazio vicinissimo al
capo della strada ferrata, cioè l'orto dell'Orfanotrofio,
come il luogo più opportuno alla nuova Dogana. Ave-
vamo anche iniziato un'associazione edilizia per coor-
dinare in tempo la più fruttuosa ed elegante ricostru-
zione di tutto quel quartiere, e in ciò ci avevano gio-
vato assai i sensati consigli deil'architetto Durelli, che
vi è ispettore all'ornato. Così la strada ferrata avrebbe
dato spinta al primo tentativo d'una grandiosa e armo-
nica ampliazione del fabricato civico. Ma i nostri of-
ficj vennero contrariati quell'anno dalla noncuranza del-
l'ingegnere in capo; il quale in queste cose, come in
tutte le altre, fu sempre un principio d'inerzia e di
nullità. Queste idee forse risurgeranno, e allora sarà
meno inopportuno il parlame; frattanto non amiamo
mescolarle con queste tediose minuzie, che guastereb-
bero e contaminerebbero ogni lodevol pensiero.
La spesa delle stazioni intermedie fu obliata affat-
to nei conti del sig. Milani. Da Milano a Chiari, sulla
distanza di 56 mila metri, si calcolò una sola fermata,
a Trevigìio. Dimandiamo di nuovo: perché non potrà
il passaggiero giovarsi della locomotiva per recarsi a
Cassano, a Romano, a Calcio. Che importa allora at-
traversare un paese tutto popolato e mercantile? Spen-
dere tanti milioni, e poi, pel misero risparmio d'una
stazione, rifiutare il concorso di tutte le popolazioni
intermedie? Ma, dice il Sig. Milani « sulla strada da
Liverpool a Manchester non vi sono stazioni che a'
- COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 239
III

suoi estremi ». - Senonché confessa tosto che « in mez-


zo della corsa v'è uno scaldatoio d'aqua »; poi confessa
che «i traini di seconda classe si fermano più volte in
cammino in luoghi dati, onde prendere i viaggiatori, che
si raccolgono a queste distanze intermedie. In questi
...
luoghi vi sono delle stanzine ... dei caselli occupati
dagli esattori, dagli uomini incaricati di vendere i bi- ,

glietti.... Furono fatti prima di legno ... ora saranno


forse di muro, se pur lo saranno... Il Sig. Cattaneo ha
tolto addirittura i caselli d'esazione per i traini di se-
conda classe, per altrettante stazioni > ( $ 359.°). Eb-
bene il sig. Milani intende egli che anche sulla stra-
da nostra vi debbano essere queste, che noi chiamia-
mo stazioni intermedie, e ch'egli tanto più elegante-
mente chiama luoghi dati, stanzine, caselli, caselli
d'esazione per i traini di seconda classe, fatte prima di
legno, e poi forse di muro? Intende egli che vi siano?
E lo scaldatojo dell'aqua vi debb'essere? Ebbene fac-
cia grazia a dirci nel preventivo quanto potrebbero
costare tutti questi edificj, e siano pur di muro, o di
legno, o di cartone; e se non le vuole chiamare sta-
zioni intermedie, le chiami pure luoghi dati, o caselli,
che non faremo guerra per le parole. E si ricordi, che,
tra Liverpool e Manchester, i luoghi dati sono 18;
cioè ad intervalli minori di tremila metri, mentre noi
ci siamo accontentati di chiederli < a distanze per lo
meno come quelle da Milano a Monza w (p. 30) cioè
all'incirca di tredicimila metri; e ci pare, che la di-
manda nostra fosse ben moderata. Ma egli dice, « i
caselli si possono determinare in numero e posizione
soltanto all'atto dell'esecuzione della strada » (§ 337.°).
- Non è vero; perché fin d'ora si può sapere che un
casello, a cagion d'esempio, presso al Dolo, a Monte-
bello, a Romano, a Cassano, sarà necessario quanto
una stazione a Brescia o a Vicenza.
All'amissione assoluta di questi caselli, degli scal-
240 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
datoj, e dei ricoveri per le guardie, il sig. Milani ri-
sponde d'averli in monte compresi nelle relative sta-
zioni (§ 333.°). - Non è possibile. I1 prezzo ch'egli
attribuì ad alcune stazioni è così basso, che non può
comprendere nemmanco le fabriche per i passaggieri,
e per le machine e i veicoli. Eppure egli intende che
le stazioni « tutte debbono avere gli alloggi e gli officj
per gl'impiegati superiori della stazione e della sezio-
ne; ... debbono raccogliere, prima della partenza e ac-
cogliere all'arrivo le grandi masse dei viaggiatori, ed
il concorso delle merci; e quindi debbono avere tutti
i fabricati a questi usi occorrenti; ... debbono avere
magazzini pel combustibile, per i materiali necessarj
alla manutenzione delle fabriche e delle strade; deb-
bono avere una fabrica per riscaldare le machine, e
l'aqua d'approvigionamento, e capace anche di con-
tenerne alcune sempre in buono stato... Ne' miei pro-
spetti delle stazioni, la fabrica per riscaldare le ma-
chine ne può contenere otto. $ (§ 335.°) - E con
tutte queste belle meraviglie, le sue stazioni di Bre-
scia, di Padova, di Mestre dovrebbero costare soltanto
cento mila lire ciascuna! E non basta, perché inoltre
«sotto il titolo di stazioni, son compresi tutti i fabri-
cati d'azienda; cioè i caselli, gli scaldatoj, e i rico-
veri delle guardie per tutta una sezione di circa 25
mila metri. ... » Se il sig. Milani non fa le sue fabriche
di carta, non si vede come i suoi conti possano va-
lere. E questo è un progetto studiato un anno, colla
libera discussione di trenta ingegneri, preseduti da un
genio? E fu approvato da dieci direttori, tutte teste
pratiche di prima qualità; fu pagato, largamente pa-
gato, e per soprapiù onorato d'un premio di sedici-
mila lire all'autore, il quale, in forza di quest'appro-
vazione, viene a dichiarare agii azionisti, ch'egli è il
loro padrone, e ha diritto di spendere i loro cinquanta
milioni ed altri ancora quanti ne occorrerà, come gli
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 241

pare, e dove gli piace; e che se non obediscono, li


farà condannare nei milioni e nelle spese!
Il sig. Milani invece di cancellare i passati errori,
nella sua risposta ne fece altri nuovi. Parlando della
larghezza delle rotaje, egli citò il nuovo sistema, in-
trodutto da Brunel sulla Grande Occidentale. Il prin-
cipio fondamentale del sistema Brunel è l'ampiezza
delle ruote, che hanno circa nove metri di circonfe-
renza. Quell'ardito ingegno osservò che, se sotto i
colpi dello stantuffo l'asse della ruota compie un giro
in un dato tempo, la di lei circonferenza deve moversi
con tanto maggior velocità quanto ella è più grande.
E siccome la ruota s'inoltra, applicando la sua cir-
conferenza alla guida: così il tratto di rotaja, ch'ella
percorre in ogni giro, è proporzionale alla circonfe-
renza stessa. E come dire che chi ha le gambe più lun-
ghe fa i passi più lunghi; i raggi della ruota sono le
sue gambe. E perciò si ottiene una spaventevole velo-
cità. Tuttavia la prima mira del sig. Brunel non fu
quella d'ottenere cogli stessi colpi di stantuffo una
maggior velocità, bensì d'ottenere la stessa velocità
diradando i colpi dello stantuffo, e risparmiando il ra-
pido logoramento della machina. Ma quando si vide
in pugno l'arbitrio d'una maggior velocità, cangiò pen-
siero, e le pospose il pensiero dell'economia. Ora la
maggior grandezza delle ruote, importa uno sforzo
maggiore; bisogna ridurre in vapore maggiore mas-
sa d'aqua: 3600 litri in un'ora invece di 1000 a 2000;
il cilindro, entro cui si muove lo stantuffo, dev'avere
un diametro maggiore: Om.,40 invece di Om.,27 a
Om.,33. Tutto il corpo della machina riesce più
gigantesco; e quindi, per ultima conseguenza, ri-
chiede una maggior base, cioè una rotaja larga più-
di due metri e un ottavo (2m.,13). Il difetto del siste-
ma, oltre al maggior dispendio, è nell'inerzia di quella
malagevol massa, difficile a lanciarsi, difficile a fer-

16. . CATTANEO.
Scritti politici. II.
242 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
marsi, è per così dire nella sua statura, là dove appun-
to risiede il principio della sua forza. Ma questo prin-
cipio non è nella mera larghezza delle rotaje; e queste
possono tenersi e si tengono, più o meno larghe, anche
senza adottare il sistema Brunel, e conservando alle
ruote l'ordinaria loro dimensione. Col che, potendosi
crescere la potenza della machina, senza accrescere la
circonferenza delle. ruote, invece della massima velo-
cità della corsa si ottiene la massima prontezza e doci-
lità del movimento.
Ciò posto, vediamo come il sig. ingegnere Milani
insegni questa cosa nel suo Promemoria al cav. Done-
gani (Alleg. CC. p. xxx n. I) « Quand'io diedi opera
allo studio ed alla compilazione del progetto della
strada di ferro da Milano a Venezia, si tentava in In-
ghilterra nella strada da Londra a Bristol, dall'inge-
gnere sig. Brunel il figlio, una grande innovazione
nelle strade di ferro, una grande ed ardita esperienza.
Era questa: dure a ciascun binario di guide di ferro
la larghezza di due metri in luogo di quella di un me-
tro e mezzo, a cui giungono appena fino ad ora. Spe-
ravasi da questa innouazione un grande vantaggio ...
« Ma prima di seguire quel pensiero del sig. inge-
gnere Brunel, era cosa cauta attendere il giudizio del-
l'esperienza. <,
a Nella compilazione del progetto della strada di
ferro da Milano a Venezia bisognava dunque proce-
dere in modo da poter approfittare di quella innova-
zione ... Per questo ho fin dalle prime dichiarato alla
Direzione della Società che avrei proposto nel pro-
getto la larghezza in sommità di otto metri a tutta la
strada e a tutti i manufatti; ed a ciascun binario di
rotaje la lunghezza di due metri...
a L'esperienza del sig. Brunel non corrispose alla
di lui aspettazione ...
a Ho dunque deciso di ridurre ... alla sola lar-
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 243

ghezza di l m . , 5 0 ciascuno dei due binarj delle guide


di ferro,.
In tutto ciò non solo il sig. Milani mostra di non
intendere il vero principio del sistema Brunel, tra-
sportandolo dalle ruote alle rotaje, ma di non sapere
che la rotaja Brunel non è di 2 metri, ma di 2m.,13;
e che anche fuori di quel sistema si fanno le rotaje
assai maggiori d'un metro e mezzo, cioè di 1m.,90,
e di 1m,83, giusta gli esempj citati nella Rivista. Così,
per correggere uno sbaglio di prezzo, scopre un errore
di massima, e dimostra quanto poco ne' suoi viaggi
egli abbia inteso di ciò che può aver materialmente
veduto.
Fra le tante censure che si potevano fare a quel-
l'infelice progetto del sig. Milani e alla sua condutta
tecnica e amministrativa, avevamo trascelto solo le più
sicure ed evidenti; e perciò, in onta alla sua Risposta
e alle sue imaginarie mentite, possiamo qui sotto ri-
peterle tutte, come s'egli non ci' avesse opposto una
sola parola.

I. Nell'ordinamento economico e nel calcolo degl'intróiti.


1. Falso impianto delle ricerche statistiche.
2. Uso inconcludente delle notizie raccolte.
3. Necessità d'angustiare i limiti delle spese, perché
inopportunamente dedutti dal movimento attuale.
4. Trascurata la vera base, cioè la cifra delle po-
polazioni.
5. Nessun vantaggio dei costosi studj del sig. Milani
in confronto ai calcoli congetturali del sig. Cam-
pilanzi.
6. Capovolta la proporzione dell'intróito delle merci
a quello delle persone.
7. Scarso il movimento presuntivo.
8. Scarsa la tariffa di cent. 5,5 al chilometro per
244 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ogni passaggiero, di cent. 4 per ogni capo di be-
stiame, e di cent. 15,3 per ogni tonnellata di merci.

II. Nell’officìo tecnico e negli studj della linea.'

9. Soverchio arbitrio e illegale abuso dell'ingegnere


in capo nella nomina degl'ingegneri.
10. Mancanza della necessaria discussione.
11. Mancanza d'incoraggiamento; nessuna proprietà in-
tellettuale.
12. Promiscuità delle incombenze.
13. Cangiamenti continui di persone; operazioni scon-
nesse.
14. Salto di livellazione a Treviglio.
15. Incertezza generale dei risultati.
16. Scelta prepóstera della linea, prima delle livel-
lazioni.
17. Inutile apparato dei segnali a fuoco.
18. Insufficiente larghezza della zona di studio (200
metri).
19. Unica linea di livellazione, non ribattuta.
20. Scelta fortuita del passo dei fiumi, che falsamente
si suppone sempre rettangolare.
21. Inutile apparato di disegni frustranei.
22. Plagio totale del ponte, a danno del sig. Meduna.
23. Inopportunità della stazione di Venezia dietro al
ponte girevole.
24. Difettoso mecanismo del ponte girevole.
25. Sua inutilità militare.
26. Inopportunità del tunnel e del tubo pel gas.
27. Difettosa complicazione dell'aquedutto colla stra-
da ferrata.
28. Inopportuna angolatura di Mestre.
29. Trascurata la comoda vicinanza delle ville della
Brenta.
30. Mancanza di veri studj intorno al lago di Garda.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 245

31, Soverchia lunghezza della giravolta mantovana.


32. Sua maggior contrapendenza.
33. Qualità inferiore delle lande attraversate.
34. Importanza superiore della Riviera.
35. Risparmio sulla minor lunghezza da rivolgersi in
opere straordinarie; limite probabile del loro di-
spendio.
36. Inutilità del braccio di Castiglione.
37. Risparmio di manutenzione nella linea più breve.
38. Risparmio nel tempo della corsa.
39. Possibile ribasso di quella corsa, o aumento di
lucro.
40. Pericolo d'un'impresa rivale tra Brescia e Verona.
41. Inopportuna scelta della primitiva stazione di Mi-
lano.

III. Nel calcolo delle spese.


42. Ominissione maliziosa degli elementi del calcolo,
nel prezzo dei terreni, dei terrazzi, delle ghiaje,
delle gallerie, delle murature.
43. Altezza spropositata dei terrapieni.
44. Le livellette troppo lunghe e indipendenti dal
terreno.
45. Devastazione soverchia dei fondi per adunar terra.
46. Ommesso nel calcolo il prezzo dei fondi devastandi.
47. Stima arbitraria dei fondi, massime presso Milano.
48. Stima troppo bassa dei trasporti di terra.
49. Troppo scarso l'intervallo fra le guide; sue conse-
guenze sulle machine e sulla velocità.
50. Soverchia sottigliezza e lunghezza delle traverse
di pietra.
51. Enorme errore (di molti milioni) nella loro valu-
tazione.
52. Arbitraria e non meditata sostituzione del legno
alla pietra.
246 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

53. Scarso peso delle guide (differenza di parecchi


milioni).
54. Scarso numero delle locomotive, cioè una per 20
mila metri di strada (errore di parecchi milioni).
55. Scarso numero delle carrozze e dei carri (idem).
56. Somma insufficiente per gli edifici delle stazioni
principali e secondarie (idem).
57. Mancanza assoluta delle piccole stazioni intermedie.
58. Mancanza assoluta dei ricoveri per le guardie.

IV. Nell'avvìamento dell'impresa.


59. Renitenza dell'ingegnere Milani a studiare il brac-
cio da Treviglio a Bergamo.
60. Sua renitenza invincibile a studiare quello da Mi-
lano a Monza.
61. Conseguente rivalità d'un'altra impresa.
62. Renitenza dell'ingegnere Milani a intraprendere i
lavori nell'aprile 1840, e sue conseguenze nel
Congresso 30 luglio.
63. Illegali sue pretensioni, disordine ch'egli introduce
nell'impresa.

Alla fiacca, ciarliera e rozza difesa del sig. Milani


ci pare aver qui dato una replica bastevolmente com-
piuta. Tuttavia se fra tante minuzie qualche punto
fosse rimaso obliato od oscuro in cosa di s ì ingente
rilievo saremmo sempre desti e pronti a porgere qual-
siasi schiarimento, e non avremmo altro riguardo a
parlare, che quello della pazienza de' nostri lettori. Ci
duole, che, questa essendo pure una questione di cose
e d'altissime cose, abbia aspetto d'un litigio di
persone; ci duole d'aver l'apparenza di parlar tanto
di noi medesmi, quando in fondo a tutto questo di-
verbio, si agita l'ottimo o il pessimo uso d'ottanta mi-
lioni, e si tratta di giudicare quali mani siano degne
III - COMUMCAZIONI E LAVORI PUBBLICI 247

di sì vasta fiducia. Già da cinque anni e più, con per-


severanza e con lealtà, e non senza effetto, abbiamo pro-
mosso questa splendida causa; e se poco conto gii
azionisti volessero fare delle presenti nostre parole,
noi, contenti d'aver fatto il dovere di zelanti e franchi
scrittori, ripeteremmo tranquillamente, ch'essi « sono
padroni del fatto loro, che possono accettare i nostri
consigli o possono rifiutarli; ma che i loro milioni ne ri-
sponderanno. Essi vedano con quale frutto venne spe-
so il primo milione: il passato è lo specchio del
futuro ».
Ai poveri di spirito queste discussioni spiacciono,
perché sembra loro che ne scaturiscano tutti gl'in-
ciampi e gl'indugi. Ma non badano che dal 1837 al
1841 poco o nulla si discusse; e appunto fra quel si-
lenzio malaugurato pullularono d'ogni parte le pre-
varicazioni e le illegalità. La duplice amministrazione,
le azioni onorarie, il riparto delle diecimila azioni ad-
dizionali con poco meno d'un milione di premio, le
agenzie, il disordine dell'officio tecnico, il contratto il-
legale coll'ingegnere in capo, l'abbandono del braccio
di Monza, le riprovate azioni della strada da Bergamo
a Brescia, la proposta che uscì sotto il nome dell’av-
vocato Castelli, il Sempreché, gli appalti a somma in-
certa, l'inutile sciupamento d'un milione, gli spropo-
siti infiniti del progetto Milani - sono tutte bellissime
cose, in cui la discussione publica, grazie a Dio, non
ebbe la minima parte. Ora non furono queste le fonti
d'ogni indugio?
Quanti pensieri non costò ai direttori, e quanti non
ne costerà ancora quel contratto Milani? quante con-
sulte legali, quanti protocolli, quante lettere, quanti
incommodi dati ai superiori per ottenere la restituzione
delle carte, senza cui non si poteva por mano ai la-
vori? Ebbene se lo si fosse abbandonato al supplizio
della publicità, ogni difficoltà si sarebbe immanti-
24% CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nente dissipata. E non era cosa da ragionarvi sopra un
lungo articolo, o una consulta legale; bastava tradurre
la formula del contratto in un sonetto colla coda!
In poche parole: qui non si va inanzi a cagio-
ne del conflitto tra la linea retta e la storta. Ebbene la
linea storta uscì appunto da codesto intralcio tenebro-
so di Sezioni, d'Officj, d'Agenzie,' di Comitati, e di
Commissioni. E la linea retta era uscita da un articolo
di giornale!
- E quando i caliginosi raggiri degli uomini del
silenzio avevano mandato in naufragio la linea retta,
un altro articolo di giornale la rimise a galla.
- Altri adunque lodi il silenzio e la linea storta,
noi lodiamo la linea retta e la discussione. La discus-
sione sola trae dalle ténebre degli opposti interessi il
vero. Le parole vere preparano i buoni fatti; la legge
fondamentale del mondo è questa. Il mondo comin-
ciò da una parola.

Dicembre 1841
Spesa approssimativa
di nuovi canali navigabili
da proporsi nelle province lombarde *
I1 prospetto generale della navigazione nelle pro-
vince lombarde da noi offerto nel numero precedente
(pag. 405) accennava ad alcune nuove opere che
sarebbero a costruirsi per compiere le nostre vie
d'aqua, con infallibile publico vantaggio, e forse non
senza considerevole privato lucro. Il nostro fine in

* Pubblicato anonimo in POL., 1841, IV, pp. 550-559;


è stata soppressa nella presente edizione la parte dedicata
ai costi.
24% CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nente dissipata. E non era cosa da ragionarvi sopra un
lungo articolo, o una consulta legale; bastava tradurre
la formula del contratto in un sonetto colla coda!
In poche parole: qui non si va inanzi a cagio-
ne del conflitto tra la linea retta e la storta. Ebbene la
linea storta uscì appunto da codesto intralcio tenebro-
so di Sezioni, d'Officj, d'Agenzie,' di Comitati, e di
Commissioni. E la linea retta era uscita da un articolo
di giornale!
- E quando i caliginosi raggiri degli uomini del
silenzio avevano mandato in naufragio la linea retta,
un altro articolo di giornale la rimise a galla.
- Altri adunque lodi il silenzio e la linea storta,
noi lodiamo la linea retta e la discussione. La discus-
sione sola trae dalle ténebre degli opposti interessi il
vero. Le parole vere preparano i buoni fatti; la legge
fondamentale del mondo è questa. Il mondo comin-
ciò da una parola.

Dicembre 1841
Spesa approssimativa
di nuovi canali navigabili
da proporsi nelle province lombarde *
I1 prospetto generale della navigazione nelle pro-
vince lombarde da noi offerto nel numero precedente
(pag. 405) accennava ad alcune nuove opere che
sarebbero a costruirsi per compiere le nostre vie
d'aqua, con infallibile publico vantaggio, e forse non
senza considerevole privato lucro. Il nostro fine in

* Pubblicato anonimo in POL., 1841, IV, pp. 550-559;


è stata soppressa nella presente edizione la parte dedicata
ai costi.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 249

siffatte ricerche non è meramente contemplativo; noi


vorremmo colle nostre induzioni preludere ai tenta-
tivi di quell’intraprendenza, la quale troppo spesso af-
ferra il primo pensiero che si offre, e talora pone piut-
tosto una pietra d’inciampo che un fondamento del
commun bene. Se gli uomini studiosi schiarassero con
siffatte indagini il campo, le grandi imprese si svolge-
rebbero con precognizione e con bell’ordine, gl’indu-
striosi non avrebbero il pericolo della scelta, e i ca-
pitali scorrerebbero primamente nelle vie più profit-
tevoli, preparando nel buon ésito e nel buon servigio
di queste il fondamento delle successive. I canali na-
vigabili, quando vi si applichi il principio del pe-
daggio come sopra alcuni dei nostri ponti, sono tra
le grandi opere forse le più lucrose. Infatti in Inghil-
terra si hanno parecchi esempj di canali che colla sola
navigazione fruttano annualmente dal 30 al 70 per
cento della loro spesa capitale; e nei nostri paesi si
contano molti aquedutti, assai più grossi che non si
richieda all’uopo della navigazione, i quali con enorme
dispendio privato s’intesero al solo servigio irrigatorio.
Quanto più dunque non gioverebbe l’adunare in un
canale ambo le utilità!
A queste opere non sempre va inanzi una propor-
zionata riflessione. Quando nel secolo XII la repu-
blica milanese primamente condusse il Naviglio Gran-
de, ella cercava collegarsi alle vaste sue pertinenze,
sparse allora sopra le due rive del Lago Maggiore sino
appiè del Gottardo, poiché dalle altre parti la strin-
gevano le Credenze ghibelline di Como, di Pavia e di
Cremona; e in quell’opera concorsero e gli abitanti
del piano, ch‘ebbero in pagamento tant’aqua quanta
fecero spesa, e i montanari del lago che con ciò die-
dero valore alle loro selve e ai loro sassi. Così pure
quando i Visconti tracciarono quell’antico canal di
Pavia, che poi l’incuria spagnola lasciò smarrire, il
250 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
loro Stato, chiuso sull'Adda e sull'Ollio dai confini
véneti e mantovani, si stendeva principalmente verso
Genova e il Piemonte, e quindi nei seguenti secoli più
volte Alessandria e le altre città di quelle parti, offer-
sero ai governatori spagnoli i volontarj loro sussidj,
perché si riaprisse quel canale (pag. 426). Queste
grandi arterie erano coordinate alla configurazione del-
lo Stato. Ma quando nel 1805 si riprodusse il pro-
getto del canale di Pavia, la maggior lunghezza del
nostro Stato era affatto in altro senso; e mentre il Ti-
cino sboccava contro il confine d'un dipartimento fran-
cese, che poi ritornò provincia piemontese, Mantova
era da più generazioni incorporata al nostro Stato;
Crema e Brescia dopo tre secoli erano ricongiunte con
noi; e i nostri territorj accompagnavano la destra del
Po fino al mare, come ora ne accompagnano la si-
nistra. Non si dovevano dunque più girare le dogane
vénete e mantovane; il moto delle cose era libero nel
senso più naturale e diretto; e la più opportuna mos-
sa d'un primo canale interno era adunque verso Man-
tova, non verso Pavia. Infatti avrebbe risparmiato al-
la maggior parte dei carichi ascendenti la meta del
viaggio e venti giornate di faticosa lotta col Po, come
di metà pure avrebbe accorciata la navigazione dei
materiali dal Lago di Como a Mantova.
Noi ci rallegriamo non pertanto assai che almeno
il canale di Pavia siasi fatto; ma ciò non ci toglie il
desiderio che in quei tempi, nei quali pur fiorivano i
Mengotti e i Gioja, il calcola economico avesse prece-
duto, come doveva, agli studj dell'arte, e avesse chia-
rito se non vi fosse altr'opera d'utilità sommamente
maggiore. E quindi apriamo per tempo e da lontana
queste discussioni, sì per incitare gl'industriosi, sì per
sospingere, quanto da noi si possa, nella miglior cor-
rente i loro pensieri.
Si potrà per avventura opporre all'esecuzione del
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 251
nuovo canale laterale al Ticino la difficoltà di stabi-
lirlo lungo coste costituite di cióttoli e sabbie incoe-
renti. Difficoltà non lievi per altro si superarono da chi
sulla costa ripida e sassosa dell'Adda escavò il Navi-
glio della Martesana, in un tempo che l'arte era an-
cora infante. Si ha poi l'esempio recentissimo del gran
Canale Caledonico, praticabile dalle fregate, il qua-
le è sostenuto per alcuni tratti da argini altissimi di
ghiaje, resi impermeabili coll'uso della sabbia.
I1 perfezionamento della rete di navigazione della
Lombardia scemerebbe non di poco il dispendio dello
Stato e delle Communi per la conservazione delle
strade, tormentate dal carreggio di carichi pesanti, i
quali allora prenderebbero la men costosa via dei
canali.

Aprile 1842
Cenni sui progetto della strada ferrata
Ligure-Piemontese, ec. *
Nel volume IV (fascicolo 20) di questa Raccolta
abbiamo scritto una Memoria sui progetti di strade fer-
rate in Piemonte.
Vi ci porse occasione un invito ch'erasi fatto per
le stampe a Génova, nel quale esponevasi in sostanza
il meditato progetto di dirigersi da Genova e dal passo
dell'Apennino lungo la Scrivia fino al suo sbocco per
passarvi il Po, e, quindi bipartirsi, volgendo a destra
con una linea verso il confine lombardo a Pavía, e
continuando coll'altra linea verso Mortara, Novara e il
Lago Maggiore. Presso Tortona un ramo speciale do-
veva poi volgersi ad Alessandria, per continuare nella

* Pubblicato anonimo in POL., 1842, V, p . 170-177;


pl
è stata tolta, nella presente edizione, una tabel a di spesa.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 251
nuovo canale laterale al Ticino la difficoltà di stabi-
lirlo lungo coste costituite di cióttoli e sabbie incoe-
renti. Difficoltà non lievi per altro si superarono da chi
sulla costa ripida e sassosa dell'Adda escavò il Navi-
glio della Martesana, in un tempo che l'arte era an-
cora infante. Si ha poi l'esempio recentissimo del gran
Canale Caledonico, praticabile dalle fregate, il qua-
le è sostenuto per alcuni tratti da argini altissimi di
ghiaje, resi impermeabili coll'uso della sabbia.
I1 perfezionamento della rete di navigazione della
Lombardia scemerebbe non di poco il dispendio dello
Stato e delle Communi per la conservazione delle
strade, tormentate dal carreggio di carichi pesanti, i
quali allora prenderebbero la men costosa via dei
canali.

Aprile 1842
Cenni sui progetto della strada ferrata
Ligure-Piemontese, ec. *
Nel volume IV (fascicolo 20) di questa Raccolta
abbiamo scritto una Memoria sui progetti di strade fer-
rate in Piemonte.
Vi ci porse occasione un invito ch'erasi fatto per
le stampe a Génova, nel quale esponevasi in sostanza
il meditato progetto di dirigersi da Genova e dal passo
dell'Apennino lungo la Scrivia fino al suo sbocco per
passarvi il Po, e, quindi bipartirsi, volgendo a destra
con una linea verso il confine lombardo a Pavía, e
continuando coll'altra linea verso Mortara, Novara e il
Lago Maggiore. Presso Tortona un ramo speciale do-
veva poi volgersi ad Alessandria, per continuare nella

* Pubblicato anonimo in POL., 1842, V, p . 170-177;


pl
è stata tolta, nella presente edizione, una tabel a di spesa.
252 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
direzione di Torino. Con queste precise intenzioni si
era impetrato il reale privilegio, e s'invitavano soscrit-
tori.
Nella suddetta nostra Memoria abbiamo dimostra-
to in contrario:
- che la foce della Scrivia era un punto troppo
basso pel tragitto del Po, e che conveniva avvicinarsi
di più ad Alessandria;
- che il movimento da Génova ad Alessandria,
e da Alessandria per Asti a Torino, formava tutt'altro
che un ramo speciale, ma bensì il punto di massima
importanza nel movimento delle persone, per diverse
evidentissime probabilità;
- che dovevasi prolungare la gran linea lombar-
do-véneta da Venezia e Milano per Novara e Vercelli
a Torino;
- che allora Vercelli diveniva un crocicchio cen-
trale, da cui verso ponente si andava a Torino, verso
mezzodì ad Alessandria e Genova, verso levante a No-
vara e Milano, e per Novara stessa verso settentrione
al Lago Maggiore;
- che nell'intervallo fra Vercelli e Alessandria
conveniva approssimarsi a Valenza e Casale;
- che conveniva risalire con una linea retta da
Torino all'Alto Piemonte per Carmagnola, Raconigi e
Savigliano;
- che il tortuoso ramo diretto al confine di Pavía,
ossia da Génova a Milano, essendo per ora già rappre-
sentato in quasi eguale lunghezza nel ramo di Novara,
poteva riservarsi ad ultimo complemento del sistema,
tanto più che non era adatto ad un primo tentativo
per diverse ragioni di terreno e di popolazione;
- che volevansi aver di mira le interne relazioni
del Piemonte colla Liguria e gli altri Stati giacenti
sul medesimo asse, prima che quelle di Génova
col confine. -
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 253

Ora ci viene alle mani un opúscolo, che sembra


estratto da un giornale, e senza altro contrassegno è
intitolato: Cenni sul progetto della strada ferrata lì-
gure-piemontese.
L'aver sostituito il titolo di strada ligure-piemon-
tese a quello di strada da Génova al confine, dimostra
già che una parte delle nostre parole non fu spesa
invano.
Vi si vede inoltre:
- abbandonata la valle della Scrivia, e avvicinata
Alessandria;
- il ponte del Po trasportato da Gerola a Cam-
biò, cioè forse un diecimila o più metri al disopra
della foce della Scrivia;
- la linea dal Po verso il Lago Maggiore non più
diretta per Mortara e Novara, ma per Vercelli e No-
vara;
- la sua costruzione stabilita sopra un sistema
d'arginamento del Po e della Sesia, e quindi quasi in
contatto di Valenza e Casale.
- Proposta una linea « da Vercelli per Chivasso
a Torino, onde raccogliere tutto il movimento delle
province d’Ivréa, di Biella e del Vercellese »;
- proposta un'altra linea di completamento per
Nouara a Milano;
- la linea d'Alessandria a Torino nella valle del
Tánaro fino al ripiano dell’Alto Piemonte, passando
per Asti e Moncalieri, dichiarata ramo essenzialissimo;
- finalmente proposto un ramo rettilineo per Ca-
rignano e Raconigi a Savigliano. -
Si disegnino sulla carta tutte queste linee, e si
troverà la precisa riproduzione di tutte le nostre pro-
poste, tranne una deviazione sola; ed è che noi ab-
biamo suggerito nel passaggio da Alessandria a Ver-
celli di girar pure sulla destra del Po lungo Valenza
e Casale, in cornice alle colline, mentre i Cenni pro-
254 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
pongono di tenersi più a levante, per S. Giuliano e
Cambiò, rimontando poi lungo un árgine da costruirsi
sulla riva sinistra del Po e della Sesia fino al ponte
di Vercelii. Ciò potrebbe forse essere opportuno; ma ci
resta il desiderio di vederlo dimostrato colle cifre delle
curve e dei livelli, assunto difficile in chi si manifesta
per principio assai indulgente e in questi e in quelle.
Intanto facciamo notare che il passo del Po forse sarà
più difficile sotto la foce della Sesia che disopra; -
che la spesa d‘un Argine pel Po e per la Sesia forma
un’inútile complicazione; - che sulla riva destra si
può evitarla; - che ivi si passa a miglior portata di
Valenza o Casale; - che infine la strada resta mili-
tarmente protetta dal Po. Ma la differenza tra una
riva e l’altra è in arte e in economia poca cosa, e
non v’insistiamo più che tanto.
Due aggiunte si fanno nei Cenni alle nostre pro-
poste. La prima è una piccola diramazione laterale da
Carignano all’alta valle di Pinarolo; l’altra sarebbe un
ulteriore prolungamento della gran linea lombardo-
véneta al di là di Torino entro l’alta valle di Susa.
Anzi si parla della possibilità di giungere oltre le Alpi
in Val d‘Isera, propriamente fino al confine di Fran-
cia, coilegandosi al magnifico progetto d‘un passo sot-
terraneo delle Alpi da Bardonnèche a Modane, ima-
ginato e calcolato dal dotto nostro amico il generale
Racchia, presidente del genio militare. Con ciò si
giungerebbe in 30 ore da Parigi a Tonno, in altre 4 a
Milano, in 8 a Venezia. Progetti sublimi; ma che que-
sta nostra generazione pur troppo non sembra sollécita
di vedere.
Lo scrittore dei Cenni, allontanandosi dal campo
dei primitivi studj, seguitò davvicino e in tutto e per
tutto la nostra Memoria. Perché non gli bastò farsi
merito delle due aggiunte di Pinarolo e Susa, e della
deviazione sugli árgini della Sesia e del Po? In questi
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 255

tre punti consistono tutte le differenze tra i suoi Cenni


e la nostra Memoria. Perché nella Carta topográfica
omise la linea da lui stesso ammessa da Torino a Ver-
celli, e da Novara a Milano? Fu forse perché con co-
desto duplicato non apparisse manifesta la secondaria
importanza da noi notata nella linea di Pavia?
Certamente noi non ci affatichiamo per raccogliere
onori e guadagni; ma desideriamo che ci si lasci una
qualche volta godere in pace la proprietà dei nostri
pensieri.
Quanto alla valutazione delle spese, che si aggiun-
gono nei Cenni, non abbiamo avuto pazienza di farvi
particolare attenzione. Quando una volta per sempre
siasi inteso, che le strade ferrate sono opere d'inesti-
mabile pública e privata utilità, e che fra poco diver-
ranno un'assoluta e urgentissima necessità finanziaria
e militare, il prefinire per sottile le somme non importa
più nulla. Ogni Stato o vi deve dedicare ogni anno
quel tanto che può, e perseverare per tanti anni,
quanti bastino per giungerne alla fine; o deve
assicurare ai privati un qualsiasi compenso, bastevole
per determinarli a porvi i loro capitali. Ma in quanto
all'appuntare anzi tempo le spese e i ricavi, nessuno ne
può dire qualche cosa di certo. Quando vediamo in
una stessa città la strada che comincia da una porta
costare più del doppio della strada che comincia da
un'altra 1, bisogna considerare tutti i preventivi più
autorévoli come un sacco di parole, che costano care e
non giovano a nulla.

1 Vedi il diligentissimo studio del sig. Czoernig sulle


gl’
strade ferrate del l’Imperio Austriaco: « Die Baukosten der
...
Oesterreichischen Bahnen beliefen sich für die Meile bey
der Wien-Neustädter Bahn aufd 650,000 bis 700,000 fl....
bey der Kaiser Ferdinands Nordbahn auf 300,000 bis 330,000.
V. Die Eisenbahnen Oesterreich’s im Jahre 1841, p. 5.
256 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Per giustificare quanto sopra si è detto, trascrivia-
mo quella parte dei Cenni alla quale abbiam fatta più
diretta allusione.

Cenni, ec. pag. 5 .


« Parte la strada di ferro dall’importante borgo di
S. Pier d’Arena, e correndo sur un viadutto in mura-
tura fatto ad archi e magazzini inferiormente, s’esten-
de a traverso agli orti, donde incurvandosi a destra
s’accosta alla falda della collina di Belvedere. Passa la
Torbella sur un ponte viadutto, ed insinuandosi fra il
monte della Misericordia ed il caseggiato di Rivarolo
arriva per Teglia e Bolzaneto, inalzandosi gradatamen-
te fino alla Secca, che traversa sopra un altro ponte
viadutto in muratura, a 23 metri al di sopra del fondo
dell’alveo. S’innalza quindi con maggior acclività in
cornice al contraforte di S. Cipriano, e contornando
alcuni, altri varcando, dei burroni che ne solcano le
falde, s’inalza fino al burrone all’ovest di Montanesi :
ove, all’altezza di metri 345,5, entra con una gal-
leria nel seno del monte, e sbocca a Busalla all’altezza
di 354m., dopo 1803m. di passaggio sotterraneo. Da
Busalla, ove l’asse della strada di poco supera le más-
sime piene della Scrivia, continua lunghesso la valle,
stando sempre sulla riva sinistra del torrente, e quasi
sempre fra questo e la strada postale; se non che verso
Villavecchia evvi un’altra breve galleria (260 metri),
che però si potrebbe evitare, ammettendo una curva
un po’ più risentita, ed a Rigoroso un ponte viadutto,
che passa il burrone, giungendo dietro la chiesa. A
Serravalle la strada di ferro è sostenuta sopra la stra-
da reale, per breve tratto prima d’entrar nel villaggio,
che si passa fra il caseggiato ed il castello, toccando
l’angolo dell’orto dei Capuccini. Quindi, superate con
appositi mezzi le irregolarità del suolo che segue,
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 257

corre in linea retta fino a Novi, ove la stazione è sta-


bilita in faccia alla porta orientale della città. Un ret-
tilineo di 14,000 metri conduce quindi a S. Giuliano;
e qui è stabilita la grande stazione trídroma, d’onde
si parte la strada per Alessandria e per il Po. I1 ramo
orientale corre in linea retta fino in vicinanza al Borgo
di Sale, donde volge al Po, che si passa a Cambiò
sopra due ponti di ferro, profittando dell’isola inter-
posta. Oltre Po è l’altra stazione trídroma d’onde di-
ramarsi poi al Lago Maggiore per Vercelli, Novara ed
Oleggio; ed intanto corre la fin qui progettata linea
verso Pavía, per Pieve del Cairo, Gallia, Sannazzaro,
Albignola, Seirano, Cava e S. Martino Siccomario.
« I1 ramo che dal primo tridromo si dirige ad
Alessandria, passa la Bórmida sopra un ponte di le-
gname, 200m. a ritroso dell’attuale, e tocca a porta
Savona, d’onde deve rimontare la valle del Tánaro
fino ad Asti, passando il fiume verso Solero o Feliz-
zano.
« Tra la conca dell’alto Po e quella del Tánaro
evvi un displuvio o costiera, sebben poco distinta, che
riunisce le falde degli Apennini intorno Mondovì con
le colline del Monferrato; displuvio che la strada po-
stale varca verso Villanova con una ripida salita, e po-
co men che pari. Ma seguendosi per noi a rimontare
da Asti il Tánaro, e di esso l’affluente da Valfenera, si
giunge con una pendenza insensibile al labro più
orientale del ripiano dell’Alto-Piemonte; d’onde, in-
curvandosi insensibilmente, si arriva, passando all’oc-
cidente di Poirino, a Moncalieri ed a Torino, precisa-
mente al ponte sospeso Maria Teresa.
I1 ramo che dal secondo tridromo si parte al La-
go Maggiore, può venire stabilito sovra un sistema
d’arginamento del Po e della Sesia, fino al ponte di
Vercelli; arginamento la cui spesa verrebbe amplissi-
mamente compensata dalle bonificazioni agricole. Da

i7. - CITTANEO. Scritti politici. Il.


258 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Vercelli per Novara ed Oleggio al Lago è ovvia la
via: né si presenta altra cosa degna d'osservazione,
fuorché i due non ampj ponti dell'Agogna e del Ter-
doppio.
« Col ramo del Lago Maggiore, il Sempione, il
S. Gottardo, il S. Bernardino sono posti in communica-
zione con Génova; ed il lago di Costanza è messo a
quattro giornate di distanza da quel celebre emporio
del Tirreno.
« Colle linee bélgiche, germaniche, austriache e
russe, l'Europa sarà traversata dall'ovest all'Est, dalla
Schelda e dalle foci del Reno alle foci del Danubio,
con inaudita rapidità; ed il non lungo tratto da Mó-
naco di Baviera al lago di Costanza, già decretato
ferrarsi, farà sì che Génova, Odessa ed Anversa aver
potranno la Baviera per commun mercato.
« Evvi ancora pel porto di Génova la valle dell'al-
to Rodano da approvisionare: ed è per la Savoja che
ci conviene recarsi al lago di Ginevra. Restituendo il
navilio d'Ivrea al suo nautile fine, il che ottimamente
si può senza danno dell'irrigazione, Ivréa e la valle
d'Aosta toccano per così dire, alla strada ferrata; e la
via del Piccolo S. Bernardo in progetto di sistemazione
mette quindi nel più breve tempo a Ginevra.
e Dalla capitale, per la valle di Susa e pel monte
Cenisio, hassi finora il più breve tragitto per Chambé-
ry, e per Grenoble a Lione: e, se venisse a realizzarsi
il gran progetto che oramai agita gli spiriti di qua
e di là dell'Alpj, quello d'una galleria fra Bardonnêche
e Modane, così dottamente imaginato e studiato dal
chiarissimo sig. cav. Racchia, maggior-generale, pre-
sidente del consiglio del genio militare, sarebbe in-
fallibilmente necessario ferrare una via fino a Susa,
e possibilmente fino ai confini dello stato in Val d'lse-
ra. I1 ramo dai confini al Rodano, per unirsi al si-
stema sideródromo di Francia, non mancherebbe di
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 259

farsi; e Lione sarebbe allora a ore dieci da Tonno,


Parigi a trent’ore!
Le cave di gneiss granítico, del malanaggio e di
bel marmo bianco di S. Martino, i legnami delle vi-
cine foreste, l’antracite, il carbone, i prodotti dell’agri-
cultura, le molte manifatture della provincia di Pina-
rolo chieggono da lungo tempo una più facile via; e
l’alto Piemonte, cui forse Savigiiano è centro, non me-
no ne abbisogna. Staccherebbesi dunque un ramo da
Moncalieri per Carignano, dove si dividerebbe in due;
uno passando il Po, si dirigerebbe a Pinarolo, l’altro
per Raconigi a Savigliano.
« Un centro d‘assai vivo commercio si ha in Chi-
vasso e congiungendo Vercelli, colla capitale per Chi-
vasso, si raccoglierebbe tutto il movimento delle pro-
vincie dIvréa, di Biella e del Vercellese, e forse non
mancherebbe un’impresa per da Novara a Milano.
a L‘América conta all’incirca un metro di strada
ferrata per abitante; il sistema intiero qui descritto
non arriverebbe ancora a dotare il Piemonte di più di
un décimo di tal proporzione; epperciò, se stesse il
paragone, tutto ciò sarebbe poco assai; tuttavia un tal
sistema, se tutto si realizzasse. potrebbe a buon diritto
’ I

nelle attuali condizioni chiamarsi compito pei Regj


Stati.
« Di tutte le linee componenti l’ampio sistema, la
parte fin qui studiata in dettaglio si è quella da Gé-
nova per S. Giuliano ed Alessandria a Pavia, com-
présovi il ponte sul Po a Cambiò.
« Il ramo essenzialissimo da Alessandria a Torino
non è fin qui studiato che in massima ». (V. Cenni
pag. 5-7).
260 CATITANEO - SCRITTI POLITICI - II
Senza data
Del transito sul lago Maggiore *
Benché la presente petizione sembri direttamente
e immediatamente riferirsi alla competenza delle auto-
rità camerali, pure per le indirette e mediate sue re-
lazioni a più generali interessi delle famiglie e dello
stato, viene piuttosto rassegnata all'autorità ammini-
strativa, come quella che colle sue attribuzioni più
vastamente abbraccia nel loro complesso le cose qui
entro accennate 1.
Venute a notizia le ditte industriali e mercantili
qui sottoscritte che già da parte d'altri privati s'implo-
ri come sommo sollievo alle fabriche locali il ristabi-
limento d'una dogana dì deposito sul lago Maggiore,
sia in Angera, sia in Sesto Calende, si fanno ad inol-
trare collo stesso proponimento e colla stessa speran-
za questa supplica, soggiungendo ancora alcuni dati,
pei quali nel bramato favorevol caso apparirebbe pre-
feribile alla posizione d'Angera quella del vicino Sesto
Calende.
Dovendosi le ditte petenti limitare alla tutela del-
le loro particolari intraprese, si asterranno d'ingerirsi
in quelle considerazioni d'ordine più elevato che da
tanti, e principalmente dai signori del Lloyd austriaco,

* Pubblicato in M.E.P., vol. I, pp. 527-534. Se ne ignora


la data di composizione. I1 Levi ricorda che in una cir-
colare degli editori del Politecnico accanto al titolo di
questo scritto è posto l'interrogativo : 184...?
Questa memoria venne sottoscritta da molte delle pri-
marie ditte, come Ponti, Borghi, Carlo Cantoni, Costanzo
Cantoni, Candiani, Sioli e Dellacqua, Turati, Bonafous,
Galli e Brambilla, Mangili Dovera e Berlendis, M. Grassi,
Decio, Pestalozza, Trabattoni, Calderini, M. Bussi, ecc.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 261

si vanno ogni dì facendo intorno all'evidente interesse


che hanno gli stati imperiali d'approfittarsi della gran
linea che, congiungendo, l'Adriatico colla Svizzera e
col Reno, 'congiunge per necessaria conseguenza an-
che i Paesi Bassi e l'Inghilterra coll'Egitto e coll'In-
dia. - È sempre stato ed è ancora la natural via del
commercio, la prima linea commerciale del globo. -
Ma pur troppo il fatto della natura così parziale e
benefica per tanti aspetti a questa monarchia, viene
contrariato da accidentali combinazioni. Sulla prima
linea commerciale del globo è proibito il transito. I l
lago Maggiore è una porta chiusa. E la corrente
spontanea del commercio viene con un argine artifi-
ciale disviata e diretta per Genova, per Marsilia, per
Gibilterra, lontana in ogni modo da queste frontiere.
Ma per limitarsi, come si è detto, agii interessi
più prossimi, cioè alle immediate relazioni dei porti
di Venezia e Trieste, e al traffico interno del Regno
Lombardo-Veneto, le petenti ditte suggeriscono che
nella suddescritta direzione, la monarchia, oltre alla
gran via navigabile del Po, dei canali lombardi e del
lago Maggiore, possiede la gran via terrestre da Ve-
nezia a Milano, la quale ora con ingente sforzo si va
traducendo in rotaja ferrata. Onde mentre la rotaja
ferrata promette un rapidissimo passaggio alle corri-
spondenze commercali dall’Adriatico alla Svizzera, al-
la Francia, all'Inghilterra, la via navigabile, quando
siano rimossi gli impedimenti artificiali, offre un tran-
sito economico alle grosse derrate. Principali fra es-
se, oltre ai grani di cui tutta la regione delle Alpi scar-
seggia, sono i cotoni in fiocco. I quali alimentano non
solo le grandiose manifatture svizzere, ma anche le
piemontesi e le nazionali lombarde, sommando per le
prime all'annuo peso di 174 mila quintali metrici, le
seconde a 26 mila, le ultime a 32 mila, in tutto a
232 mila. Questa massa di circa venti quattro mila
262 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tonnellate di cotoni, sommanti al carico di forse ses-
santa bastimenti, offrirebbe un grandioso aumento di
circolazione quando si potesse richiamare ai porti del-
l'Adriatico e alla suddetta duplice via d'interno tra-
sporto.
I1 punto centrale da cui questa materia prima si
distribuisce alle manifatture lombarde, svizzere e pie-
montesi è l'estremità meridionale del lago Maggiore.
I1 luogo predestinato dalla natura pel convegno del-
le strade d'acqua e di terra sarebbe propriamente Se-
sto Calende. Ma per mancanza d'un emporio sul ter-
ritorio nostro, lo è divenuto Arona sul territorio sar-
do; la quale va perciò acquistando forza ogni giorno;
e fra poco, quando sarà collegata a Genova colla
strada ferrata, diverrà un vero porto interiore. E per
così dire, sarà vestibolo verso mezzodì del gran porto
franco della Svizzera, il cui vestibolo verso settentrio-
ne è Basilea.
Ora, per motivi d'un ordine subalterno e inferio-
re, essendo interdetti i transiti dall'Adriatico ad Aro-
na, tutto questo commercio viene tolto ai porti del-
l'Adriatico e donato al porto di Genova. Genova, per
inevitabile conseguenza, trasse a sé quasi interamente
il commercio sì dei cotoni che dei grani. E anche già
prima d'avere una strada ferrata, e avendo per ora
solo una cattiva strada di montagna, ha già potuto sop-
piantare la via naturale del Po; la quale non può
vincere la triplice difficoltà: 1.° del proibito transito
sul lago Maggiore; 2.° del gravoso dazio della catena
sui canali milanesi; 3.° delle indebite gabelle che gli
stati di Modena e di Parma riscuotono sul Po, in di-
spregio ai trattati di Vienna. Così mentre i tentativi
di navigazione a vapore sul Po, ripetuti nel corso di
trent'anni, si liquidarono sempre in gravi perdite de-
gli intraprenditori lombardo-véneti, alcune famiglie
genovesi, con questo traffico interiore, principalmente
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 263

di cereali, messo quasi per forza nelle loro mani, accu-


mularono ricchezze che possono dirsi sottratte, per
effetto di tali combinazioni, ai navigatori e speditori
di questi stati. E nelle loro, mani verrebbero per pro-
prio peso a ricadere, appena che si riaprissero le na-
turali vie di codesti grandiosi trasporti.
Quando adunque venisse da superior provedimento
ristaurato il transito e instituita una dogana di depo-
sito in Sesto Calende, e tutte le merci estere e nazio-
nali munite dei regolari ricapiti di transito e d'uscita
potessero dai porti di Fiume, Trieste e Venezia diri-
gersi, in libera e imparziale concorrenza, alla Sviz-
zera, al Piemonte, al Reno e anche più oltre; - e
viceversa potessero dai Paesi Bassi e dagli altri porti
dell'oceano rifluire ai porti dell'Adriatico le tante mer-
ci dirette al Levante, si darebbe un pronto impulso
alla navigazione del Po e del litorale adriatico. Ne
verrebbe parimenti un gran sollievo ai redditi della
strada ferrata lombardo-veneta; e si- renderebbe sem-
pre più remoto il caso che le finanze imperiali fos-
sero chiamate o a supplire al deficiente interesse dei
capitali di quell'impresa, o a sussidiare il corso delle
azioni depresso per l'effettivo dispendio tanto maggio-
re del preventivo. Ma queste cose sono d'un ordine,
che le petenti ditte non devono presentarle con ulte-
riore sviluppo agli uomini di stato che reggono questi
supremi interessi.
Esse suggeriscono piuttosto la considerazione d'or-
dine più prossimo, che in Sesto Calende, e propria-
mente negli abbandonati magazzini che dianzi servi-
vano alla custodia dei sali pel consumo della Svizzera,
ora trapassato esso pure in aumento del commercio
sardo, si potrebbero depositare considerevoli ammassi di
grano, di provenienza tanto indigena quanto d'oltre-
mare. E sono quelli che dovrebbero supplire alle cre-
scenti e minacciose lacune che le popolazioni delle Al-
264 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
pi e della valle del Reno devono provare per la va-
cillante produzione delle patate. E certo che l'Unga-
ria, l'Apulia, il Levante e sopratutto il Mar Nero,
vengono ad essere altamente interessati in questa
inaspettata rivoluzione agraria, per la quale sembra
ritornare al grano il primato negli alimenti delle mol-
titudini anche nel settentrione, come lo è tuttavia nel
mezzodì. Il naturale approdo di questa incalcolabile
massa di vittovaglie è in Trieste e Venezia; la natu-
rale via di trasporto è sul Po, sui canali milanesi e
sul lago Maggiore; il deposito di distribuzione è Se-
sto Calende. Infatti nel solo bacino del lago Maggiore
più di duecento mila abitanti tra Lombardi, Svizzeri
e Piemontesi non raccolgono se non il grano sufficiente
per tre mesi dell'anno. E più al di sopra stanno le
popolazioni del Vallese e delli altri cantoni catolici,
presso i quali la deficienza delle patate cagionerà chia-
mate di grano ancor maggiori, perché più aspro è il
clima e grande è l'imperfezione dell'agricultura.
Rimane adunque che il tempo decida il quesito,
per noi vitale, se questo gigantesco traffico di grani
debba farsi per l'emporio d’Arona o di Sesto Ca-
lende. Rimane a decidersi, se debba farsi per la stra-
da ferrata da Genova ad Arona, o per quella da Ve-
nezia a Milano e pei canali lombardi. Rimane a de-
cidersi, se le centinaja di bastimenti che lo debbono
operare, debbano approdare piuttosto a Trieste e Ve-
nezia che a Genova. La decisione non verrà fatta già
dal commercio, il quale invariabilmente si dirige siul
calcolo del preciso tornaconto. M a dipende in tutto
e per tutto dagli uomini di stato; i quali, avendo in
loro cura la via più naturale ed economica di questo
trasporto, possono tenerla aperta, possono tenerla
chiusa, come loro piacerà. Ci sia però concesso ag-
giungere, che quando il commercio ha preso una nuo-
va strada, e ha cominciato a stabilire le sue relazioni
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 265

e i contratti d'accaparramento e i locali di deposito


e li avviamenti di spedizione e di smercio e i vincoli
del credito, non è più così facile il fargli rinunciare
ai sacrificj fatti e al predominio preso dalle ditte lo-
cali; né si può richiamarlo, quando si vuole, su quel-
la strada che a caso vergine sarebbe stata da esso pre-
ferita.
Rimanendo il regolamento dei transiti nello stato
attuale, non solo verrà l'agricultura lombardo-veneta,
nello spaccio delle sue granaglie ai montanari, circo-
scritta alla piazza d'Arona; non solo dovrà dipendere
da essa il commercio lombardo-veneto di spedizione,
ma le nostre crescenti manifatture di cotone, che fan-
no le loro provisioni di prima mano e con proprj com-
messi in America, dovranno fare, come sono già co-
strette, le loro spedizioni per Genova ed Arona, affine
di avere i loro depositi in un luogo aperto d'onde po-
terli a piacimento ritrarre per le loro fabriche, o fame
vendita di speculazione a Svizzeri, Piemontesi o altri,
secondo che il corso delle cose può suggerire, e se-
condo che si può fare quando si compera in America
e di prima mano e con capitali proprj, come sogliono
fare i principali filatori lombardi.
Sarebbe quindi un gran beneficio tanto per loro
in particolare quanto pel commercio locale, che que-
sto libero deposito si potesse fare in Sesto Calende,
ch'è a somma vicinanza, e per così dire, sull'uscio dei
loro stabilimenti. Si aggiungerebbe poi un considere-
vole vantaggio che, facendo scala in Venezia piutto-
sto che in Genova, la voluminosa derrata del cotone
in fiocco importerebbe minore spesa di magazzino;
perché nel portofranco di Genova lo spazio è oltremo-
do angusto e caro, e sono grandi le gravezze addizio-
nali; mentre i portifranchi di Venezia e Trieste, es-
sendo estesi a tutta la città e adjacenza offrono, e mas-
sime quello di Venezia, le più grandi e desiderabili
266 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

agevolezze. E ne risulterebbero poi indiretti vantag-


gi a quelle città, anche fuori dell'ordine finanziano e
commerciale; vantaggi che non riguardano la compe-
tenza dell'autorità camerale, ma che non saranno oltre-
passati senza considerazione dalla cancelleria aulica.
Stabilito il libero deposito in Sesto Calende sopra
una linea di trasporto naturalmente più diretta ed eco-
nomica, Arona non sarebbe più a temersi come em-
porio rivale e asilo di contrabando; ma viceversa da-
rebbe ingresso attivo alle più vicine provincie piemon-
tesi, le quali per antichissima tradizione si sentono an-
cora quasi dipendenti da questo stato, come nei tem-
pi di Maria Teresa e di Napoleone.
E qui se le ditte petenti fossero mai interrogate e
chiamate dalla superiorità ad uscire dalla limitata
sfera delle considerazioni commerciali, potrebbero sug-
gerire molte considerazioni per le quali sembra che, se
non si pone riparo, questo antichissimo ordine di cose
sia per capovolgersi, in questo senso, che in Lombar-
dia l'industria sopratutto dei cotoni e il commercio so-
pratutto dei grani tendono a cadere sotto l'assorbente
influenza del commercio genovese, ossia dell'econo-
mia pubblica degli Stati Sardi, con infinite conseguen-
ze morali, sulle quali le ditte petenti non si permetto-
no ulteriore discorso.
Piuttosto si ristringeranno a rappresentare che, de-
dite a leale industria e onesto commercio, esse si ve-
dono con dolore e con ansietà circondate d'ogni parte
da un contrabando, il quale, prevalendosi delle indi-
struttibili circostanze naturali di questa frontiera, sem-
bra prender forza e audacia dai rigori; viene a se-
durre e contender loro le braccia degli operaj; e ap-
porta ogni anno più vitali ferite alle finanze dello sta-
to e alla morale dei popoli. Dopo tanto lunghi e infe-
lici sforzi per reprimere il commercio illegale, non
sembra esservi altro vero rimedio che quello di pro-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 267

movere il commercio legale. Riaprendo al commercio


regolare quelle vie che pel transito irregolare non si
poterono mai, né mai si potranno, chiudere, si darà
modo agli onesti commercianti d'allettare a più mo-
rali abitudini le turbe ora assoldate dal contrabando.
Vedrà dunque la saviezza dell'E. Cancelleria Auli-
ca Riunita che il riaprimento dei transiti pel lago Mag-
giore è una questione vitale per l'industria e pel com-
mercio, ed ha pur altri gravissimi aspetti. E quindi
vorrà perdonare alle ditte petenti la schiettezza colla
quale si fecero ad esporre uno stato di cose che me-
rita la più profonda considerazione.
Sulla preferenza da darsi in ogni favorevole evento
a Sesto Calende in paragone d'Angera, esse aggiun-
geranno solamente, che Sesto Calende è il punto na-
turale ove termina la penosa navigazione del Ticino
e comincia la libera navigazione a vapore; e quindi
è il luogo ove già succede per necessità un gran nu-
mero d'operazioni di carico e scarico, le quali lascia-
no luogo alle visite di finanza senz'altra apposita per-
dita di tempo e di lavoro.
Ma il beneficio d'un deposito in qualsiasi punto
della riva del lago Maggiore sarebbe sempre così gran-
de e così luminoso, che le petenti ditte, anche nella
persuasione loro che sia più opportuno Sesto Calende, ri-
ceverebbero colla più segnalata gratitudine anche la pre-
ferenza che l'Autorità deliberasse concedere ad Angera.
268 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Marzo 1857 - Luglio 1858
Di un nuovo progetto di canale
nell’Alto Milanese *
I

Quarant’anni sono, quando gli spazj inculti nel-


l’alta pianura fra Milano e il lago Maggiore erano
oltremodo più vasti che ora non siano, la carestia fece
pensare a promover quivi l’agricultura, mediante l’irri-
gazione; alla quale, piuttosto che al complesso dei la-
vori, dei capitali e dei metodi agrari, si attribuiva
interamente la feracità delle Basse.
L‘Istituto delle scienze diede allora il consiglio,
tanto semplice quanto sensato, di rattenere con po-
chissima opera nelle valli sovrastanti parte delle ac-
que della Strona, deli‘Arno e d’altri torrenti e rivi per
valersene nella stagione più cocente. Non era neces-
sario affrontar la natura, trasfigurando in prati e ri-
saje tutto un paese, opportuno piuttosto alla vite, al
gelso, alla selva. Era già notevole beneficio provve-
dere alla beva del bestiame, a certa misura di orti e
prati, e assicurare la coltura del maiz, a cui necessita
sovente nei sommi calori qualche ora d’irrigazione.
Infatti non si tratta qui dell’Algeria o della Pa-
lestina o d’altre terre ove un anno intero, e talvolta
due, anche tre rimangono affatto senza pioggia. Sotto
il nostro cielo, se le piogge sono meno frequenti che
nell’Europa settentrionale, sono anche più larghe. La

* Pubblicate in opuscolo a Milano 1857 le parti I


e II. La parte III fu pubblicata ne « Il Crepuscolo », 14 mar-
zo 1858, . 166-167 e 21 marzo 1858, pp. 182-184. Ripub-
blicatapp.nella
« Gazzetta Ticinese n , 28 luglio 1858, pp. 542-
543, in M.E.P., pp. 379-400 e in O.E.I., V, pp. 62-84.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 269

media dell'aqua cadente in un anno equivale a poco


meno d'un metro d'altezza (0,983). I1 che fa quasi il
doppio di quanto è nella piovosa Londra (0,564) e in
Parigi (0,577) e anche in paesi di clima prossimo al
nostro, per esempio, in Bologna (0,556). Che anzi, se
d'estate le piogge sono rare, sicché il clima diviene
poco men che africano, esse sono anche più dirotte.
Onde, benché in Milano le dominanti siano le piogge
autunnali, Gasparin, mirando solo alla cifra dell'aqua
cadente, ebbe a collocare il nostro paese nella plaga
delle piogge estive.
I1 consiglio dei veterani dellI'Istituto aveva anche
il pregio di potersi estendere a tutto il lembo più ele-
vato della nostra pianura, dal Ticino fino al Mincio,
o diciam pure, dalle lande di San Maurizio in Pie-
monte fino alle sabbie del Friuli. L'esempio degli
stagni artificiali erasi già dato in modo mirabile da-
gli Spagnuoii, e venne in questi anni studiato molto
dagli ingegneri francesi, che da ultimo vi andarono
cercando anche un freno alle subite inondazioni.
Ma fra noi le menti erano ancora preoccupate dal-
l'idea, che pure il signor Possenti vagheggia: < di
cangiare i terreni inculti in buone possessioni all'uso
milanese, pavese, lodigiano e cremonese ». E ciò seb-
bene egli riconosca « l'imponente massa di capitali ne-
cessari a questa trasformazione >.
Perciò l'ingegnere Parea favorì piuttosto il pensie-
ro di derivare dal lago di Lugano, e spandere fra
l'Olona e il Ticino la considerevole massa di duecento
once d'aqua, che si stima sufficiente a mettere in
buona irrigazione centoventimila partiche (ottomila et-
tari).
Il lago di Lugano o Ceresio riempie un'alta e tor-
tuosa valle, che si scarica nel lago Maggiore pel fiu-
me Tresa, assai rapido; poiché da un lago all'altro di-
scende in breve corso circa 77 metri, La superficie del
270 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Ceresio riesce 272 metri sopra il livello del mare; è
quindi più di sei metri al di sopra dello stesso alti-
piano di Somma, il quale domina tutte le brughiere
che si vorrebbero trasformare. Epperò, considerati so-
lo i livelli e le distanze, si potrebbe riputar facile il
condurre queste aque sulie parti anco più elevate del-
la pianura. La difficoltà è nella via da seguire.
Incaricato di questo studio, l'ingegnere Fumagalli
scelse due linee. L'una secondava il corso medesimo
della Tresa, poi le rive del lago Maggiore, ma ad una
forte elevazione, che richiedeva grandi aquedutti; uno
dei quali, in Val Travaglia, doveva esser alto sul-
la valle quanto i più eccelsi campanili (66 metri), ed
estendersi in mezzo miglio, E nondimeno giungeva,
per un circuito di circa 62 chilometri, ad una parte
della brughiera già di trenta metri inferiore al livello
di Somma. Al contrario, l'altra linea, partendo dal se-
no meridionale del lago presso Porto Morcote, avreb-
be dovuto attraversare diretta e sotterranea un pic-
colo dorso, che lo divide dalla valle dell'Olona. Ma in
ambo i progetti parve allo stesso Fumagalli, per op-
poste circostanze, egualmente sproporzionato il di-
spendio al reddito. I1 quale purtroppo in opere d'aque
si mostra per dura esperienza sempre minore dello
sperato.
Nel 1841, ventidue anni dopo il Fumagalli, l'in-
gegnere Possenti ravvivò il secondo progetto; e publi-
cò nel Politecnico (vol. 111) un primo abbozzo di ca-
nale sotterraneo che dal seno di Porto Marcote do-
veva riescire nella valle dell'Olona, circa due miglia a
mezzodì di Varese, e soli 9 metri sotto il livello del
lago di Lugano. Ma suppose che potesse apportare
400 once d'aqua in estate, cioè da mezzo maggio alla
fine d'agosto, e da 1500 a 200 nel resto dell'anno.
Come si vede, la presa d'aqua era già doppia di
quella che avevano calcolato Parea e Fumagalli. For- i
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 271

se questi stimava che il lago, il quale, per non avere


ghiacciaj nelle sue montagne, ha il più lungo tempo
d'infima magra in estate, cioè in tutto luglio e tutto
agosto, non ne potesse fornir di più nel momento del
maggior bisogno. Forse stimavano non potersi senza
gravi difficoltà sviare dal suo corso naturale tutte le
aque della Tresa. Esse infatti costituiscono una parte
integrante del sistema del lago Maggiore e del basso
Ticino; e influiscono notabilmente sulla navigazione
di questo fiume, sulla sua importanza strategica, e
sulle prese d'aqua tanto del naviglio Grande quan-
to dei canali irrigatorj del basso Novarese; oltreché lo
sviamento di tutte le aque renderebbe impossibile di
fare in qualsiasi tempo un canale lungo la Tresa, di
stabilirvi adificj industriali e di conservar l'andamento
continuo dei molini.
Or dopo un intervallo d'altri sedici anni, l'ingegne-
re Possenti, mosso, com'egli dice, da emulazione per
le grandi opere d'ingegneria sotterranea compiute o
proposte in questi ultimi tempi, publicò un secondo
abbozzo di progetto. Ma, sebbene questo differisca
quasi interamente dal primo, rimane a vedere se,
anche con tal secondo tentativo, l'arduo quesito sia
pienamente e felicemente sciolto.
La prima riforma che il signor Possenti introdusse
nel secondo abbozzo è quella di suppor possibile una
presa d'aque più che tripla di quella di Fumagalli e
Parea: cioè 625 once d'estate e 475 nelle altre sta-
gioni.
A tal uopo egli pensò di poter fondare i suoi cal-
coli sulla congettura d’Amoretti e d'altri, che I'a-
qua di questo piccolo versante non decorra tutta per
fiumi e rivi scoperti; ma che «il lago sia alimentato
per di sotto dalle aque contenute nel seno dei monti che
gli fanno corona ». - Veramente è una supposizione
commune anche ai due attigui laghi; e ciò in parte già
272 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
la distrugge. Anzi viene volgarmente estesa anche a
quello di Varese, in quanto non è alimentato da alcun
fiume notabile; benché veramente non sia cosa da far
meraviglia che un vaso, per traboccare dall'orlo, deb-
ba prima in qualche modo riempirsi.
Ma il signor Possenti oltrepassa troppo l'idea d'A-
moretti, e si spinge fino ad immaginare che il Ceresio
« possa essere alimentato anche da bacini diversi dal
proprio »; ed in questo caso « da quelli stessi dei li-
mitrofi laghi Maggiore e di Como, nonché da quello
dell'Olona! ». La quale supposizione è affatto inam-
missibile.
Infatti il vaso del Ceresio è in posizione assai più
elevata che non la valle d'Olona e ambo quei laghi. La
sua superficie è più di settanta metri al di sopra di
quella del Lario e del Verbano; la sua profondità
massima è di soli 160 metri. L'imo suo fondo è dunque
ancora un centinajo di metri sopra il livello del mare.
Ma il Lario è profondo quasi 600 metri e il Verbano
800; e perciò discendono ambedue sino ad alcune cen-
tinaja di metri sotto la superficie del mare. È troppo
chiaro adunque che il Ceresio non potrebbe aver sot-
tersanea communicazione cogli altri due laghi se non
a proprio discapito. Né vi sono già nell'angusto inter-
vallo grandi pianure o valli di dubbio declivio, nelle
quali possano farsi grandi accolte d'aque piovane; ma
tutto è atteggiato a ripido pendio.
Che la Tresa sia copiosa d’aque è un fatto che si
può spiegare ben più naturalmente. Tutti i monti che
fanno corona al lago sono di mediocre altezza; e i
venti piovosi dell'Adriatico vi approdano prima, e più
onusti d’aque, che non alle ecceise e fredde regioni
del Sempione, del Gottardo, del Braulio, le quali for-
mano tanta parte del versante degli altri due laghi.
I1 fatto delle piogge più abondanti sul monte Gene-
roso e sul Camoghe che non sulle somme Alpi, sareb-
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 273
be facile a verificarsi e a determinarsi con esattezza;
e v'ha luogo a indurre che esse debbano in questo
bacino superare la media anche delle Basse.
Inoltre, come anche il sig. Possenti avvisa, il
versante del Ceresio è molto angusto di proporzione
allo specchio d'aque che ne occupa il fondo. Pertanto
quella parte d'aque che piove direttamente sulla fac-
cia del lago, e senza veruna dispersione, è relativa-
mente maggiore. Per qualche parte può sgorgare non
vista entro il lago stesso, come appunto Amoretti sup-
pose. E pel rimanente non deve aggirarsi a lungo per
lontane pendici e valii, esposta a intensa evaporazione.
Ma questa natura prealpìna e pluviale, non alpina
e nevale, del lago di Lugano è poi cagione che
l'aqua vi scarseggi in estate, quando viceversa è più
largo l'afflusso dei due grandi laghi alimentati dalle
Alpi. Non si vede adunque come si possa avere ap-
punto in estate quel sommo incremento d'aque irri-
gatone che il sig. Possenti si ripromette.
L'operazione della raccolta estiva delle aque è an-
gustiata tra due limiti opposti. Poiché se le aque si
rattengono artificialmente sulle piene che il lago su-
bisce in aprile e maggio, si accrescono le piene stesse
con molestia dell'abitato e impaludamento delle basse
valli; e si sottrae al lago Maggiore e alla navigazione
del Ticino un complemento d'aque necessario a quella
prima stagione, che precede il digelo delle alte Alpi.
Se poi sulla fine dell'estate si svena a troppo basso
livello il lago, vengono a denudarsi i bassi fondi,
con guasto dell'aria nel momento peggiore e con are-
namento della navigazione e altri danni veri o creduti
veri. Per le quali cose e per le altre dette prima, non
pare si possa fare sicuro calcolo e libera disposizione
d'una presa d'aqua estiva maggiore di quella che fu
saviamente supposta da Fumagalli e Parea.
Or diremo del nuovo andamento del canale.

18. . CATTANEO.
Scritti politici. II.
274 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Il
I1 nuovo canale sotterraneo del sig. Possenti, an-
ziché sboccare come il primo nella valle dell'Olona
e seguirla fino alla libera pianura, passa sotto al fondo
di quel fiume; poi si torce a destra, e sbocca a cielo
aperto presso il lago di Varese. Poi, parte scoperto e
parte sotterraneo, continua in quella direzione obli-
qua fino alla foce della Strona nel Ticino. Colà giunto
ripiega indietro; torna alla valle dell'Olona; la varca
una seconda volta, per di sopra, con un lungo argine-
ponte, molto elevato (34 metri). Poi s'avvia verso il
Lambro, lo varca rasente il parco di Monza, si spin-
ge fino a Trezzo sull'Adda.
L'autore stima che questo giro di 117 chilometri
si allungherebbe dal 3 per cento al 5, per le minori
ondulazioni di linea. Con ciò farebbe incirca 120 chi-
lometri, cioè miglia geografiche 65; ossia quanto le
lunghezze sommate dei tre nostri Navigli,
I1 nuovo pensiero di passare sotto il fondo del-
I'Olona, in luogo di sostenere lungo quella valle il
canale alla maggior altezza possibile, fa 'sì che non si
possa riescire d'alcun soccorso alla parte più elevata e
più arida dell'altipiano. La zona irrigua perde adun-
que in larghezza e opportunità tra il Ticino e l'Olona
ciò che le si aggiunge in lunghezza tra l'Olona e l'Adda.
Quella parte d'aqua che deve espandersi tra l’Olo-
na e l'Adda si fa procedere prima in senso opposto
dall'Olona al Ticino; poi si fa tornare dal Ticino al-
I'Olona. E un circuito di trenta miglia, non solo super-
fluo ma passivo: perché fa discendere più basso 36
metri il limite superiore delle irrigazioni.
È dunque a desiderarsi che in un terzo tentativo
l'autore, oltre a condurre, come prima, tutta l'aqua
direttamente per la valle dell'olona, quivi giunta la
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 275

possa dividere. Volgere a destra quella parte che deve


dirigersi verso il Ticino; volgere a sinistra quella che
deve avviarsi verso il Lambro. La somma delle due
diramazioni riescirebbe alquanto più breve del cir-
cuito da lui proposto.
Che anzi, nello stato attuale dell’ingegneria sotter-
ranea si potrebbe forse tentare altra via. Nel proce-
dere dall’Olona al Ticino, piuttosto che penetrare en-
tro il bacino dei laghi di Varese e di Comabio, si po-
trebbe forse tendere alla valle dell’Arno: e per tenere
così le irrigazioni forse una ventina di metri più alte:
e per venire ad esaurirle mano mano che il canale
si allontana come par più ovvio e naturale che pro-
cedere in senso inverso. Né si può credere che la spesa
possa tornar maggiore di quella gravissima di dodici
millioni che I’autore attribuisce alla prima parte del cir-
cuito, vale a dire ai 36 chilometri di canale quasi tutto
sotterraneo tra il lago di Lugano e il fiume Ticino, oltre
all’aggiunta di un millione per il secondo passaggio del-
l’Olona.
Altro millione egli richiede per la chiusa che do-
vrebbe sostenere il lago all’incile della Tresa. Quat-
tro miliioni e mezzo (e non più) suppone necessarj
a tutti i tronchi di canale dal Ticino fino all’Adda, che
sommano a 81 chilometri. E stima ad altri sei mil-
lioni la diramazione delle aque nella pianura con una
rete di fossi che sommano a 300 chilometri; e che
senza dubbio verranno a intralciarsi colle altre aque
già in corso. Ma fin qui l’opera, dovesse anco riescire
più dispendiosa, può aspirare a giustificarsi per titolo
d‘utilità.
Non così l’appendice di tre millioni e più per ren-
dere navigabile un piccolo tratto del canale al di sotto
della Strona, e l’annessa derivazione fin presso Cug-
giono, ove si congiunge al Naviglio Grande. È una
linea di 25 chilometri, che affronta senza veruna mi-
276 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tigazione tutta l’enorme discesa del terreno, cioè 106
metri. Fa quasi il doppio della caduta, pur forte, del
Naviglio di Pavia (56 metri), benché questo sia lungo
un terzo di più (33 chilometri). Quindi l’autore v’ima-
ginò niente meno di cinquanta conche!
Suppose inoltre che queste, nonostante la natura
poco coerente del suolo, possano costare poco più di
due millioni (L. 2,134,000); cioè 20 mila lire per ogni
metro di salto, mentre le dodici conche del Naviglio
di Pavia, mezzo secolo fa, quando la mano d’opera
aveva ben altri prezzi, costarono 48 mila lire al metro
cadente.
Più debole e sempre più alieno dal progetto fon-
damentale è il pensiero di connettere la sommità di
questa linea navigabile col fiume Ticino che scorre
nella sottoposta valle. Si tratterebbe d’un piano incli-
nato di 1800 metri con una pendenza di 60, lungo
il quale le barche verrebbero tratte in su da tre grandi
ruote mosse ad aqua. Ma le barche, senza avvilup-
parsi né colle tre ruote né colle cinquanta conche, di-
scenderanno a preferenza, per forza gratuita d’aqua,
il Ticino e il Naviglio Grande. Questa parte di navi-
gazione, col grosso reddito che le venne attribuito, pa-
re dunque d‘esito impossibile.
E anche la navigazione in ascesa sarebbe quasi im-
possibile a sostenersi sopra un così disagiato canale,
cioè sopra una scalinata di cinquanta conche con
molta e continua mano d’opera, quando vediamo co-
me in Francia i migliori canali non possono ornai so-
stenere la concorrenza delle linee ferrate, nemmeno
nei trasporti a minima velocità.
Di poco conto è parimenti l’idea di diramare
questa navigazione da Femo a Busto Arsizio. Valga
l’esempio dell‘antico canale da Bereguardo ad Abbia-
tegrasso ora deserto.
Aggravato da queste appendici, il progetto giun-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 277

ge alla somma di 31 millioni, che l'autore, coll'ag-


giunta degli interessi morti durante il tempo dei la-
vori, porta a 36 millioni. Ma per il primo anno non
mostra speranza di ricavarne se non poco più d'un
millione; il che non giunge al tre per cento. Spera
poi che l'introito possa migliorarsi di circa 46 mila
lire ogni anno, fino a raggiungere dopo 20 anni una
rendita netta di due millioni Ma questa non risarci-
rebbe lo scarso reddito dei primi venti anni.
E anche questo lento e debole reddito non sem-
bra aver sufficiente certezza, ove si sottopongano ad
esame le singole sue fonti. Infatti, per poco meno del-
la metà, cioè per 750 mila lire, si dovrebbe ottenere
con una navigazione, la quale, nel breve spazio di
venti miglia a destra e dieci a sinistra, dovrebbe com-
petere, nell'identica direzione da mezzodì a tramon-
tana, non solo con altra linea di navigazione, ma
con quattro vie postali e con quattro vie ferrate!
Eppur così è.
Parimenti improbabile è il reddito che l'autore
spera dagli usi domestici e principalmente dalla be-
vanda umana che spera' fornire anche alla città di
Milano. Ma in paese ove a maggiore o minor profon-
dità v'è dappertutto una massa inesauribile di puris-
sime e freschissime aque sotterranee, e dove è sì gran-
de la copia delle aque piovane, non è possibile che
la gente intraprenda spese per procurarsi l'aqua del
canale. Si pensi infatti: 1° che fin dall'origine esso
raccoglie gl'immediati scoli d'una città di cinque o
seimila abitanti, duna trentina di paesi e delle attigue
valli; 2° che deve servire per dodici chilometri della
sua parte più elevata alla navigazione con tutte le
inseparabili sue immondezze; 3° che dal Ticino al-
l'Adda deve rimanere esposto in estate agii ardori del
sole e al polverio; 4° che deve attraversare nel suo
intero corso ottanta miglia di paese popolato; 5° che
278 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nel pensiero medesimo dell'autore deve servire agli
usi industriali e perciò passare a intimo contatto degli
stabilimenti e farne parte.
A tuttociò il sig. Possenti ha due rimedj.
Uno è: « l'assoluta proibizione d'aprir fontane nei
territorj in cui non ne esistessero all'atto della con-
cessione. >
L'altro è che « un buon regolamento di polizia, con
comminatona di multe rigorosamente applicate, dovrà
tutelare le aque del canale e le sue diramazioni prin-
cipali da ogni inquinazione per parte degli abitanti dei
paesi per cui quello e queste passeranno! » Avrem-
mo dunque il delitto d'aqua torbida, come nella favo-
la di Fedro.
La terza fonte di reddito, cioè la forza motrice,
non potrebbe divenir fruttifera se non in lungo de-
corso di tempo, e a misura che a nuovi opificj sorges-
sero lungo il passaggio del canale. Ma è certo che i
fondatori di stabilimenti potranno sempre acquistare
a minor prezzo i salti d'aqua lungo il corso naturale
della Tresa, che non lungo una linea interamente arti-
ficiale, condotta per vie sotterranee di sì enorme di-
spendio. L'operazione proposta si ridurrebbe dunque
a incarire all'industria d'aqua motrice, per il piacere
di trasferirne il corso da una parte del paese ad un'al-
tra. Non v'è ragione per cui le rive della Tresa, in
mezzo a ricche torbiere e in margine al lago Maggiore
ove stanno per darsi ricapito tante linee ferrate prove-
nienti da paesi e mari diversi, non possano col tempo
guernirsi d'una serie continua d'opificj, anche quanto
i territori di Lecco o di Tusculano. Certo è che l'in-
dustria non potrebbe invocar circostanze di luogo più
favorevoli di quelle che può avere lungo la Tresa. E
poi da notare, che non si potrebbe lungo il nuovo ca-
nale trar tutto il profitto industriale dei salti d'aqua
senza limitare nello stesso tempo l'uso agrario.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 279

Per tali detrazioni, il secondo progetto viene in


ultimo conto a ricondursi incirca al primo, cioè al solo
servigio e reddito delle irrigazioni o poco più. In
ciò l’unica aggiunta che sembra veramente degna
d‘accoglienza, e l‘unico passo che l’autore ha fatto fare
all’argomento, è che il beneficio prima riservato alle
brughiere tra l’Olona e il Ticino, viene ora esteso an-
che a quelle tra l’Olona e il Lambro. Più in là del
Lambro è vana la speranza di giungere colla limitata
misura d‘aqua che può veramente esser disponibile.
Intorno a questo punto, il diremo un’altra volta,
non è dato allontanarsi da quanto primieramente giu-
dicarono Fumagalli e Parea. I1 lago non è un serba-
tojo libero ed esperimentale, di cui si possa disporre
ad arbitrio, giusta le risultanze del calcolo astratto.
Ma è un paese, in ambo i dominj confinanti, coltivato
ed abitato; e dove è difficile introdurre novazioni che
possano arrecar vantaggi ad una parte, che non si
tolgano ingiustamente ad un’altra.
Ci sia dunque lecito supporre che le irrigazioni
siano circoscritte alla primitiva cifra di 200 once, come
a giudizio dei due succitati ingegneri. Ne consegue
che quando i proprietarj degli spazj attigui avranno
avuto il tempo e il capitale per ridurli tutti in tal con-
dizione di superficie da poter essere con tutto il pos-
sibile vantaggio irrigati, il reddito annuo delle 200
once, nella ragione dal sig. Possenti indicata di lire
1800 per oncia, darebbe un massimo reddito di 360
mila lire. Sottratte le spese di conservazione, d’am-
ministrazione e d‘interessi perduti, si possono ridurre
a 300 mila; e rappresentano lo stretto interesse di sei
millioni. Questo è adunque il limite insuperabile delle
opere da imaginarsi e calcolarsi. Il consiglio poi di ad-
dossare il sovrapiù di spesa al publico si riduce in ul-
timo conto a far pagare il miglioramento di certi fondi
280 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
a chi non n’è il padrone. È un principio falso in eco-
nomia, e inammissibile in diritto.
Che se vogliamo coll’autore estendere le spese ai
tredici milioni ch‘egii dimanda per assicurare la pre-
sa dell’aqua e la sua condotta fino al Ticino, e ad al-
trettanti incirca che dimanda per condurla fino all’Ad-
da e spanderla in trecento chilometri di derivazioni;
e se aggiungiamo i relativi interessi morti e le altre
passività, ne risulta che il capitale non sarebbe com-
pensato nemmen quando le 200 once d’aqua si potes-
sero, non triplicare, ma quadruplicare!
Ridotta l’impresa al possibile e al probabile di
duecento once di irrigazioni a destra e 2 sinistra del-
la valle dOlona e alla costruzione di lavatoj e abbe-
veratoj, il signor Possenti, o altri dell’arte, può pro-
porsi di studiare anzi tutto s’è possibile, entro tali li-
miti di capitale, penetrare con opere sotterranee nel
golfo di Porto alla valle dell’Olona. È ovvio che quanto
più il livello del canale potrà tenersi elevato, tanto
più breve sarà il sotterraneo, e tanto più proficua
l’opera tutta. La presa d’aqua, il canale sotterraneo e
le diramazioni costituiscano dunque una x , una y e
una z, la cui somma non dev’essere maggiore di sei
millioni. I vantaggi accessorj appena compenseranno
le accessorie spese.
Questo potrebbe essere al sig. Possenti materia
d’un terzo e più felice tentativo. Ma sarebbe ancora
una sola parte del miglioramento di tutto lo stato
idraulico delle nostre pianure. Al che si deve tendere,
non violentando, ma secondando quella natura che le
ha collegate fra due strati d’aqua egualmente copiosi,
l‘uno già raccolto sotterra, l’altro cadente ogni anno
dal cielo. L’uno si tratta di attingere a maggior pro-
fondità dove è troppo insalubremente vicino alla su-
perficie; ovvero di sollevarlo in più comodi serbatoj
dov’è troppo profondo. L’altro si tratta solo di rac-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 281

cogliere opportunamente. Ed è così abbondante, che


quella sola parte che cade sopra le ampie tettoje ru-
sticali può bastare all'uso delle famiglie dimoranti. E
anche solo una decima parte di quella che cade so-
pra un miglio di superficie, opportunamente rattenu-
ta in deserti burroni, potrebbe dare per cento gior-
ni incirca il corso continuo d'un'oncia d'aqua, suf-
ficiente a salvare dalla siccità qualche migliajo di per-
tiche, e per lo meno ad abbeverare il più numeroso
bestiame. Or qui dovremmo ripetere quanto abbiamo
già detto nello scorso dicembre in questo giornale 1
intorno al volgare pregiudizio di considerare l'alta
cultura come necessariamente vincolata all’irrigazione.
Una generale riforma dello stato idraulico (per lo
meno nelle pianure più elevate) la quale fosse ben
connessa nelle sue parti affinché dove manca un mo-
do di riparare si potesse supplire con un altro, po-
trebbe a maturj studi divenire oggetto di grande im-
presa industriale. Con certi cenni brevissimi, come
l'indole del giornale comporta, e che altri riputerà
forse inadeguati all'importanza degli argomenti, s'in-
tende solo raccomandarli vieppiù all'attenzione degli
uomini dell'arte.

III
Perché alcuno potrebbe pensare che il sig. inge-
gnere Possenti, con quanto scrisse nel n. 16 di questo
giornale, avesse sciolte le quistioni che gli furono pro-
poste nei NN. 11 e 12, sembra un dovere, attesa l'im-
portanza dell'oggetto, il fargli breve risposta.

Dell'agricoltura inglese, ved. vol. prec., p. 358. Am-


bedue codesti scritti furono inserti nel giornale: Il Cre-
puscolo.
282 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Egli non si è peranco ben convinto della differenza
naturale che passa tra il piccolo lago del Ceresio e i
due laghi vicini, in quanto, essendo privo di ghiac-
ciaje, si trova d’estate in condizione corrispettiva a
quella delle pianure, alla irrigazione delle quali lo si
vorrebbe far venire in poderoso ajuto.
I1 sig. Possenti non sa persuadersi che il versante
di questo lago riceva tutte le sue aque dalla faccia
del cielo; ma vuole che ne possa sottrar furtivamente
una parte ai bacini attigui, sebbene più bassi. Egli
si conferma nel suo pensiero dicendo: « Le aque che
dalle falde di un versante penetrano nelle viscere dei
monti non hanno nessuna necessità di uscire di nuovo
all’aperto su quello stesso versante o nello stesso lago
di cui esso è tributano, giacché dalle creste dei mon-
ti non scende nel loro seno un diaframma di ferro che
impedisca all’aqua esistente nelle loro cavità di pas-
sare dal versante prossimo all’opposto » (Crepuscolo,
p, 250.)
Questa sua supposizione è affatto gratuita. Nel-
l’aspetto dei monti circostanti al Ceresio non v’è in-
dizio alcuno che la confermi. Ciò ch‘egli dice, di co-
piosi rivi e fiumicelii che scaturiscono a mezzo monte
verso il lago di Lugano, è affatto conforme a ciò che
avviene sulle opposte pendici e dappertutto. Anzi le
valli più interne di questi monti versano per la Breg-
gia al lago di Como, e per la Morobia, la Giona e la
Morgorabbia al lago Maggiore. I Iaghetti di Gana, di
Ghirla e altri non versano al lago di Lugano, benché
gli siano più vicini del doppio. Onde è piuttosto a dirsi
che la superficie interposta è atteggiata in modo che
le aque vengano ad esser divise fra i tre versanti in
proporzione evidentemente ineguale, ma sfavorevole
anzichenò al lago di Lugano.
Il signor Possenti soggiunge che la sua supposi-
zione « ha nulla d’assurdo, perché fu ammessa anche
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 283

da Prony e Lombardini per spiegare il fenomeno dei


moduli dell'emissario delle Paludi Pontine e del Te-
vere, maggiore delle piogge autunnali cadenti nei loro
bacini » (ivi). Ma il bacino delle Paludi Pontine è più
basso di tutte le terre vicine, mentre il lago di Lugano
è settanta metri più alto degli altri due. Inoltre vi
sono nei versanti attigui a quelli del Tevere molte
aque d'ancipite pendio, come le Chiane, e più o meno
prive di visibile emissario, come i Laghi Fucino, Tra-
simeno e Albano. E infine le somme delle piogge an-
nue non vennero fin qui osservate se non per alcuni
punti; ben di rado sopra vaste superficie; men di tut-
to nelle regioni montane, ove sono oltremodo copiose,
come può riscontrarsi nel noto esempio della Garfa-
gnana.
I1 signor Possenti ricorre ad altra ipotesi per ac-
crescere la dote estiva del lago. « È giocoforza am-
mettere, egli dice, che una porzione di quella pioggia
che cade in primavera e in autunno venga assorbita
dal terreno, e s'insinui nelle latebre dei monti per giun-
gere al lago per mezzo di mille filtri nelle stagioni
estiva e jemale in cui le piogge difettano » (ivi).
Veramente nei nostri paesi, se si eccettua I'autun-
no, il divario delle piogge nelle singole stagioni è as-
sai tenue, essendo le medie in Milano 205 millimetri
d'inverno, 237 in primavera, 235 in estate e 304 in
autunno (V. Notizie Nat. e Civ. p. 103). I1 divario
sta piuttosto nell'intensità dell'evaporazione.
A tenore delle tavole numeriche calcolate dal sig.
Possenti (pag 52, 53), alla fine di aprile il lago è in
uno stato di piena alquanto più che ordinaria, essendo
alto un metro sopra la massima magra. Alla fine di
maggio questa piena si residua in 37 centimetri; alla
fine di giugno in 17; alla fine di luglio in soli 5 . Poi,
cominciando a rilevarsi lentamente, riesce alla fine
d'agosto poco maggiore che alla fine di giugno, cioè in
284 CATTANEO - S C R I T T I POLITICI - II
23 centimetri; alla fine di settembre poco maggiore
che alla fine di maggio, cioè in 41. La massima piena
ordinaria dell'anno è assegnata alla fine d'ottobre;
ma supera solo di 15 centimetri quella della fine
d'aprile. Dunque, giusta i calcoli del signor Possenti,
l'afflusso del Ceresio è sempre debole alle fine d'apri-
le e alla fine d'ottobre; ed è minimo appunto nei tre
mesi estivi; quando massimo è il bisogno d'irrigazione.
Contrariato dalla natura, il signor Possenti si affida
all'arte. <Ammisi anch'io, dic'egli che col sistema or-
dinario di derivazione dei canali a bocca e ad emis-
sario aperti, non si potrebbe contare sopra una presa
d'aqua d'oltre 250 once, ossia d'un quarto appena di
più della fissata da Parea e Fumagalii. Ma il sistema
di derivazione da me proposto a bocca e ad emissario
chiudibile ad arbitrio, è da quello radicalmente di-
verso. La differenza tra i due sistemi potrebbesi para-
gonare a quella ch'esiste fra le machine a vapore con
o senza espansione variabile » (Crepuscolo, ivi).
Or vediamo ciò che col sistema a bocca e ad emis-
sario chiudibile si potrebbe, secondo il sig. Possenti,
conseguire. Al principio di marzo (Secondo Abbozzo,
p. 38) egli comincerebbe a rattener le aque in modo
che potesse avverarci quella piena ordinaria d'un me-
tro d'altezza che ora ha luogo solo in aprile. In aprile
poi terrebbe aperta la Tresa in modo che la piena non
potesse elevarsi oltre un metro. Ma questo limite
non è facile a tenersi, essendoché il vaso del lago già
si troverebbe artificialmente occupato dalle aque ratte-
nute in marzo. E infatti egli confessa che oltre al metro
di piena ordinaria, vi potrebb'essere un rialzo di pelo di
30 centimetri o di quaranta e fors'anche di mezzo me-
tro (p. 38). Avremmo dunque, a fin d'aprile, in luogo
della piena naturale d'un metro, che è già un poco
maggiore di quella ch'egli chiama ordinaria (p, 52),
una piena artificiale d'un metro e mezzo, ch'è mag-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 285

giore anche di quella ch'egli chiama piena forte. Anzi,


a parer suo, questa piena più che forte sarebbe da
render costante per tutto maggio, oltre a ciò che po-
trebbe aggiungersi per caso d'intemperie. Or qui è
d'uopo ricordarci che l'imporre in primavera a un pae-
se molto abitato e coltivato una piena costante, più
che ordinaria e più che forte anco senza il caso d'in-
temperie, renderebbe incoltivabili le basse terre, e fra
queste il piano dei fiume Vedeggio.
Non ostante questa ritenuta d'aque che il signor
Possenti chiama scorta, confessa egli che « potrà avve-
nire che alla fine di luglio trovisi esaurita tutta la
scorta, e ridotto il pelo del lago al più basso livello
di Om.,10; al qual punto non dovrebbe esser più per-
messo, per fatta ipotesi, alcuna ulteriore estrazione
d'aqua dal lago, fuorché quella naturalmente in esso
affluente » (p. 39). Ma la naturale affluenza nelle gran-
di evaporazioni di luglio è assai limitata, essendoché
i rivi e i fiumi si vedono asciutti e i villaggi sui colli
appena hanno aqua da bere.
E anche senza questo avverso caso, il signor Pos-
senti conta in via regolare che d'agosto bisognerà ri-
durre la dote estiva del canale da 25 metri cubici
per minuto secondo a soli 17.50, e poscia a soli 10.
Ora 10 metri cubici non fanno già le oncie 625 d'aqua
estiva già con tutta sicurezza assegnate (Sec. Abb.,
p. 18) ma sole oncie 250. Anzi, se valutiamo l'oncia non
40 litri al secondo come il signor Possenti, ma 42 come
fanno altri distinti ingegneri (V. Notizie Nat. e Civ.),
l'aqua disponibile in agosto non giungerebbe nem-
meno a once 240.
Parrebbe che questa misura d'afflusso fosse la mi-
nima << nei casi di piogge estive ordinane o scarse, per
cui il pelo del lago colla fine di luglio trovisi non più
alto di centimetri 30 a centimetri 40. + Ma se con-
sultiamo il prospetto 11 (p. 53) vediamo che alla fine
286 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
di luglio, in anni di pioggia ordinaria come porta il
titolo del Prospetto non si hanno già codesti 40, ovvero
codesti 30 centimetri, ma solamente 5. Bisogna dun-
que rassegnarci a non aver nemmeno con tutta sicu-
rezza le once 240. E infatti negli anni di grande sic-
cità, il Sig. Possenti vorrebbe risparmiare più ancora
la scorta del canale e diminuire la scarsa dote della
Tresa fino ad un solo metro cubo per secondo (p. 39).
Così, giusta i suoi calcoli, le cose in atto pratico si
ridurrebbero, anche in buona parte dell'estate, a ciò
che fin da principio giudicarono Parea e Fumagalli.
Resta a dir qualche cosa dell'andamento del ca-
nale. Parve strano a noi che il sig. Possenti lo guidasse
piuttosto alla lontana foce della Strona che non alla
vicina valle d'Olona, e per essa nel bel mezzo delle
terre da irrigarsi. Egli risponde che, per riescire nella
valle dell'Olona, bisognerebbe fare 16 chilometri d'un
sotterraneo continuo e tortuoso, mentre sulla linea
della Strona il viaggio sotterraneo sarebbe in due i
tratti quasi rettilinei non lontani fra loro e lunghi
solo chilometri 15.6. Davvero la differenza di soli
400 metri è troppo piccola, e a studj immaturi è dif-
ficile stabilire che vi sia e vi sia in modo inevitabile.
Per giungere poi fino alla Strona, oltre ai due trat-
ti sotterranei vi sarebbero venti chilometri di canale
scoperto. La spesa totale verrebbe a superare un paio
di milioni quella del sotterraneo di val d'Olona.
Inoltre riconosce il signor Possenti che, seguendo
la linea dell'olona, le irrigazioni si potrebbero espan-
dere sopra una zona di terreni più elevati, benché, a
detta sua, questa si riduca a soli due chilometri di
larghezza. Ma ben anche in questo limite, che credia-
mo più angusto del vero, se si prende in tutta la sua
lunghezza la zona dal Ticino al' Lambro, si ha una
superficie di 140 chilometri, ossia di 200 mila pertiche.
Ed è il terreno più bisognoso di cultura e d'aqua, co-
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 287
me quello ove i pozzi raggiungono la massima pro-
fondità. (Vedi le Not. Nat. e Civ.).
Accogliamo volentieri la confessione del signor Pos-
senti che, dall'irrigazione in fuori, le altre parti del
progetto « non possono appoggiarsi ad argomenti po-
sitivi ma rimarranno sempre limiti di personali opi-
nioni più o meno razionali e verisimili, la cui verifi-
cazione di fatto non potrà provarsi vittoriosamente
che dal fatto medesimo » (Crepuscolo, p. 251). Ma è
pur vero che queste operazioni incerte costituiscano la
parte principale dell'introito sperato e il fondamento
dell'impresa.
Quanto alla navigazione, è da lodarsi l'abbandono
che il signor Possenti fa del piano inclinato a motore
idraulico. Ma il numero delle conche, accresciuto a
novanta, mette in maggiore evidenza l'originaria inop-
portunità del pensiero.
Ridotta la proposta del signor Possenti alla sola
parte veramente agraria, e principalmente all'irriga-
zione e al servizio del bestiame, e ridotta la presunta
massa delle aque ad un limite più verisimile, e il
transito del canale ad una od altra delle attigue valli:
è un progetto a favor del quale l'utile publico potreb-
be allegarsi quanto il privato. Ma ciò non si potrà
mai allegare, finché l'utile dei paesi lontani dal lago
e che non hanno acquistato mai, né mai preteso alcun
diritto a queste aque, sarà condizionato al danno dei
litorani.
Epperò non si può non disapprovare il consiglio
che il signor Possenti porge di procedere, in caso di
dissenso degli interessati, per via di violenza e pirateria:
cioè « abbassando la soglia d'imbocco a quattro metri
sotto lo zero: il che, porrebbe, egli dice, tutti i
paesi circumlacuali (cioè sì ticinesi che comaschi) nel-
la dura condizione di veder tutti gli anni in estate e
in inverno abbassarsi il lago un metro e mezzo sotto
288 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

la massima magra attuale con essiccamento dei porti


e danno gravissimo di tutti i fabricati contigui al lago,
senza contare il totale essiccamento dell'alveo della
Tresa (p. 51).
I1 signor Possenti conchiude dicendo: Lascio, a
chi toccherà, il decidere se i rapporti internazionali
potrebbero regolarsi con altra forma di diritto ». Ma
noi gli dimanderemo: Se alla piratena d'abbassare
dannosamente l'imbocco del canale si rispondesse a
maturo tempo col fare altrettanto all'imbocco della
Tresa, chi potrebbe restare in ultimo più duramente
deluso e danneggiato? Certo la Società del canale, il
cui lavoro sarebbe sempre esposto a siffatta rappresa-
glia e a divenire all'istante medesimo un'opera affatto
perduta. Or come sarebbe mai possibile che una So-
cietà si affidasse con tutto il suo avere a siffatta < for-
ma di diritto »?
Ed è impossibile che i litorani della Tresa giammai
consentano a lasciarsi ridurre un'aqua utile e co-
piosa alla scarsa misura d'un metro cubo (p. 39) quan-
do basterebbe così poco a sconcertare l'ostile intrapresa.
Né solamente essi verrebbero a opporsi, ma quanti
sono interessati alla navigazione del Ticino e alle ir-
rigazioni d'ambo le sue pianure. E per ultimo il si-
gnor Possenti non vorrà negare che una massa d'aque,
ch'egli valuta a 25 metri cubi al secondo, cioè a 1,500
metri cubi al minuto, qualora, anche solo in parte, ven-
ga in certe stagioni aggiunta o tolta al Ticino, possa
decidere se il fiume abbia ad essere in certi punti
guadabile o non guadabile. Della quale alternativa si
può ridere; ma, per fermo, non da chi si trovasse stra-
tegicamente costretto a passare in un cattivo momento
e senza ponte.
Noi non parliamo per disanimare il signor Possenti;
anzi per animarlo a tornare su quella medesima via,
per la quale egli da principio si è posto. In imprese
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 289

di questa complicata natura, sempre da qualche iato


incerte, e sempre soggette ad estranee influenze per-
turbatrici, e sopratutto agii arbitrj di chi viene infine
chiamato dal caso a compiere i pensieri altrui sovente
senza averli ben compresi, è a decidersi che un'onesta
opposizione metta per tempo in luce quelle difficoltà
che più tardi vengono inutilmente segnalate da una
ostilità frivola e sleale.

24 Luglio 1858

Al Conte di Cavour *
(Per la Municipalità di Lugano)
La città di Lugano si fa partecipe dei sentimenti
che varie parti della patria svizzera attestarono ad un
illustre viaggiatore, e ben desidera che la cognizio-
ne personale dei luoghi possa ispirargli un interesse
decisivo per la grande impresa delle ferrovie ticinesi.
Essa non fa che rinnovare il duplice voto già emes-
so il 4 maggio 1856 da un'adunanza de' suoi citta-
dini :
Che prima si dia finalmente opera a compiere sul
territorio del Ticino l'intervallo che rimane tra le due
grandi ferrovie della pianura italiana e le immediate
adiacenze delle Alpi :
Che durante il tempo che si richiede a questa neces-
saria parte d'una più grande impresa, tutte le società
ferroviarie dell'Italia, della Svizzera e d'ambo le rive
del Reno siano chiamate a concertare i communi loro

* Pubblicato in S.P.E., 11, pp. 116-117. La evasiva


risposta di Cavour è pubblicata in S.P.E. di seguito al-
l'istanza ticinese.

19. . CATTANEO,Scritti politici. II.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 289

di questa complicata natura, sempre da qualche iato


incerte, e sempre soggette ad estranee influenze per-
turbatrici, e sopratutto agii arbitrj di chi viene infine
chiamato dal caso a compiere i pensieri altrui sovente
senza averli ben compresi, è a decidersi che un'onesta
opposizione metta per tempo in luce quelle difficoltà
che più tardi vengono inutilmente segnalate da una
ostilità frivola e sleale.

24 Luglio 1858

Al Conte di Cavour *
(Per la Municipalità di Lugano)
La città di Lugano si fa partecipe dei sentimenti
che varie parti della patria svizzera attestarono ad un
illustre viaggiatore, e ben desidera che la cognizio-
ne personale dei luoghi possa ispirargli un interesse
decisivo per la grande impresa delle ferrovie ticinesi.
Essa non fa che rinnovare il duplice voto già emes-
so il 4 maggio 1856 da un'adunanza de' suoi citta-
dini :
Che prima si dia finalmente opera a compiere sul
territorio del Ticino l'intervallo che rimane tra le due
grandi ferrovie della pianura italiana e le immediate
adiacenze delle Alpi :
Che durante il tempo che si richiede a questa neces-
saria parte d'una più grande impresa, tutte le società
ferroviarie dell'Italia, della Svizzera e d'ambo le rive
del Reno siano chiamate a concertare i communi loro

* Pubblicato in S.P.E., 11, pp. 116-117. La evasiva


risposta di Cavour è pubblicata in S.P.E. di seguito al-
l'istanza ticinese.

19. . CATTANEO,Scritti politici. II.


290 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
interessi in un pensiero e in un patto commune sul
modo di superare le Alpi.
Al qual uopo la città di Lugano incarica una com-
missione speciale di fornire all'illustre viaggiatore quel-
le notizie e considerazioni che possono giovargli nel-
lo studio d'un problema i cui elementi non hanno
potuto essere finora nel loro complesso raccolti e pon-
derati.

3 Settembre 1858

Pel Municipio di Lugano al Conte di Cavour *


Questo breve scritto aggiunge alcune nuove os-
servazioni a quelle che sono già esposte nelle diverse
Memorie a stampa qui unite:
1° È un fatto decisivo, e non ancora, considerato,
che la statistica delle diligenze Federali attribuisce pel
1857 al Gottardo trentamila viaggiatori, e al Bernar-
dino (che rappresenta la futura via del Lucomagno)
soli diecimila!
I1 Gottardo infatti tende a tre direzioni: Berna, Ba-
silea e Costanza. I1 Bernardino solamente a Costan-
za. Perloché se ambedue le postali si avessero a tra-
durre in ferrovie, quella del Lucomagno, a circostan-
ze pari, oltre a dare in paragone al Gottardo solamente
un terzo del servizio commerciale, dovrebbe dare solo
un terzo del reddito. Dunque data per ambedue le
montagne una pari spesa di lavori, che fosse da valu-
tarsi per un supposto in sessanta millioni tanto da Bia-
sca a Coira, quanto da Biasca a Fiora, benché la
tratta da Biasca a Coira sia un 40 per cento più lun-

* Pubblicato in O.E.I., V, pp. 207-213.


290 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
interessi in un pensiero e in un patto commune sul
modo di superare le Alpi.
Al qual uopo la città di Lugano incarica una com-
missione speciale di fornire all'illustre viaggiatore quel-
le notizie e considerazioni che possono giovargli nel-
lo studio d'un problema i cui elementi non hanno
potuto essere finora nel loro complesso raccolti e pon-
derati.

3 Settembre 1858

Pel Municipio di Lugano al Conte di Cavour *


Questo breve scritto aggiunge alcune nuove os-
servazioni a quelle che sono già esposte nelle diverse
Memorie a stampa qui unite:
1° È un fatto decisivo, e non ancora, considerato,
che la statistica delle diligenze Federali attribuisce pel
1857 al Gottardo trentamila viaggiatori, e al Bernar-
dino (che rappresenta la futura via del Lucomagno)
soli diecimila!
I1 Gottardo infatti tende a tre direzioni: Berna, Ba-
silea e Costanza. I1 Bernardino solamente a Costan-
za. Perloché se ambedue le postali si avessero a tra-
durre in ferrovie, quella del Lucomagno, a circostan-
ze pari, oltre a dare in paragone al Gottardo solamente
un terzo del servizio commerciale, dovrebbe dare solo
un terzo del reddito. Dunque data per ambedue le
montagne una pari spesa di lavori, che fosse da valu-
tarsi per un supposto in sessanta millioni tanto da Bia-
sca a Coira, quanto da Biasca a Fiora, benché la
tratta da Biasca a Coira sia un 40 per cento più lun-

* Pubblicato in O.E.I., V, pp. 207-213.


111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 291

ga dell'altra, se la ferrovia del Gottardo venisse a


compensare col reddito tutto quanto il suo capitale,
quella del Lucomagno ne dovrebbe perdere due terzi,
cioè 40 millioni!
2° I sussidi che il Governo Sardo e il commercio
Genovese esibiscono, quand'anche bastassero pel Got-
tardo, non basterebbero dunque a riparare la ruina de-
gli azionisti del Lucomagno. Ma ben potrebbero, an-
che nelle avverse circostanze di questi tempi, bastare
per condurre fino a Bellinzona e Biasca ambedue le
ferrovie di primo accesso. Queste (da Locarno a Bia-
sca e da Chiasso a Bellinzona) sommano incirca a un
centinaio di metri di non arduo lavoro e con certezza
di profittare di tutte le comunicazioni interne del paese.
Radunando poi dal Piemonte e dalla Lombardia una
sufficiente massa di trasporti, verrebbero a preparare
alIa grande speculazione del passaggio delle Alpi il
necessario copioso alimento. Perloché i sussidi imme-
diatamente applicati a questa prima e inevitabil par-
te dell'impresa, verrebbero poscia a riprodurre la be-
nefica loro azione, nel maggiore afflusso di trasporti
che le vie prealpine fornirebbero al gran passaggio.
3° Ciò posto appare commendevole il proposito di
limitare per ora le opere del Lucomagno ad una mera
strada postale fra Olivone e Disentis. I1 pareggiare il
tragitto di quel monte a quelli del Bernardino e del
Gottardo gioverebbe anche in via di provvido esperi-
mento e darebbe un valore di fatto alle straordinarie
aspettative che si sono sparse sulla utilità di questo
passaggio.
4° Anzi, non fu sinora osservato, ma è molto pro-
babile che per la natura particolare di quelle posi-
zioni elevatissime, si possa con la modica spesa di una
via postale ottenere in effetto pratico all'incirca la me-
desima celerità ed economia di trasporti come sopra
la ferrovia. Di ciò è facile persuadersi ove si consideri
292 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
che per la bassa giacitura d’Olivone, vi è da questo
luogo alla sommità del Lucomagno una salita di quasi
mille meti. Or questa con una strada commune che
monti in ragione del 5 al 6 per cento (come l’attuale
strada del Gottardo) si potrà superare mediante uno svi-
luppo di 16 a 20 chilometri. Ma un treno di locomotiva
richiederebbe una salita più mite e uno sviluppo per
lo meno duplo, e per la somma difficoltà di salire con
uniformità costante nelle frequenti risvolte da farsi
entro un bacino molto angusto e molto ripido, richie-
derebbe probabilmente il triplo e forse più. Perloché la
maggior lunghezza del giro annullerebbe quasi inte-
ramente il ,vantaggio della maggior celerità. Per tal
modo sul Lucomagno la differenza efettiva, tra il pas-
saggio a via commune e il passaggio a ferrovia, non
avrebbe pel commercio di Genova alcun valore ap-
prezzabile. Ma solamente chi potesse aver sott’occhio
ambo i progetti definitivi e dettagliati sì della strada
comrnune che della ferrovia, potrebbe ridurre a cal-
colo preciso questa osservazione che ad alcuni potrà
far sorpresa, ma che si fonda in un fatto irrefragabile.
5° Un’altra supposizione sarebbe da sottoporsi ai
rigori del calcolo. Pare che alcuni non mirino tanto ad
agevolare i trasporti tra il Mediterraneo e il centro del-
la Svizzera e della Germania, ciò che sarebbe un be-
neficio per tutti e un provvedimento d‘illuminata eco-
nomia. Ma essi piuttosto mirano a trasferire il com-
mercio da un luogo all’altro e a precludere una del-
le più antiche sue strade. Si tratta di disorganizzare
una gran linea di empori intermedi da Milano sino a
Basilea, rompendo tutte le consuetudini e i calcoli
delle popolazioni, per animare un passaggio ora de-
serto.
Al presente il lago dei Quattro Cantoni è il rica-
pito immediato e centrale della Svizzera egualmente
opportuno a chi deve raggiungere Berna, Basilea e
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 293

Costanza e per queste due direzioni i centri principali


degli Stati germanici. Alcuni sull’ipotesi che si possa
far dimenticare il Gottardo, vorrebbero costringere il
commercio a bipartirsi verso le due opposte estremità
della Svizzera, e raggiunta a destra Coira pel Lucoma-
gno, e a sinistra Ginevra pel Moncenisio, venire da
questi due punti verso il centro, rasentando le falde
settentrionali delle Alpi in modo di congiungere le
due braccia presso Lucerna. Per tal modo quel bacino
che ora serve d’ingresso e di ricapito per tutta la Sviz-
zera dovrebbe divenire l’ultimo e più remoto punto,
da raggiungersi solamente alla fine d’un immenso cir-
cuito,
In questa ipotesi la corrente mercantile che da se-
coli anima Lugano e tutta la parte meridionale dei
Canton Ticino, verrebbe ad essere sviata e inaridita.
E in tal caso verrebbe a mancare un sufficiente im-
pulso alla costruzione della ferrovia che, partendo da
Corno, dovrebbe raggiungere la ferrovia piemontese in
Bellinzona, per accingersi a sostenere in compagnia il
passaggio delle Alpi. Perocché le merci dirette da Mi-
lano e Como a Basilea, non dovendo più seguire la
via diretta del Gottardo, ma la via serpeggiata del
Lucomagno a Coira, verrebbero avviate direttamente
per la via del lago di Corno a Coira. Anzi una parte
di merci provenienti da Mantova e Venezia si sviereb-
be fin da Bergamo, volgendosi per Lecco (per dove è
già progettato un ramo di ferrovia) e quindi per navi-
gazione a vapore verso Chiavenna-Coira, Ciò si veri-
ficherebbe quando anche lo Spluga rimanesse nel suo
stato di strada postale, come ogni speditore potrà fa-
cilmente calcolare.
6° Questo progetto di soppiantare il commercio
del Gottardo si fonda sopra due errori.
11 primo è che una ferrovia sulla sommità delle Alpi
possa, come in aperta pianura, soprafare talmente le
294 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
strade communi, da conseguire una maggior celerità e
una maggiore economia anche ad onta di un tortuoso
giro.
I1 secondo errore è che il Gottardo non solamente
sia meno opportuno del Lucomagno a ricevere una
ferrovia, ma sia affatto intrattabile: se si parla del
traforo, il Lucomagno, per la singolare larghezza del
suo dorso, diede occasione a proporre una galleria più
che doppia di quella medesima del Cenisio. Si dice
che in successivo progetto il pensiero della galleria ve-
nisse interamente abbandonato; ma che in altro po-
steriore tentativo venne poi ripreso colla speranza di
ridurlo a diciassette chilometri, misura che eccede
sempre tutti i limiti delle opere sinora tentate, e che
non si può conseguire senza altri inconvenienti. Al
contrario il Gottardo, per la sua material distanza che
divide la val Dumula dalle valli d’Aspra, non lascia
spazio se non per una galleria che può variare secondo
le altezze dagli otto chilometri ai cinque. Se poi si
parla di affrontare tutta o pressocché tutta la salita
del Lucomagno, aggirando la rotaia sul fianco dei
monti, si hanno due svantaggi. I1 primo si è che il
bacino d’Olivone non ha valli laterali come il Got-
tardo entro cui ripiegarsi con minimo numero di ri-
svolte. L’altro si è che la valle del Brenno è terribil-
mente nota per la natura franosa delle sue pendici e
seminata di mine. AI contrario la natura delle rocce
nel Gottardo è riconosciuta come assai più solida e
adatta a lavori di galleria, appunto maggiormente in
quei luoghi che a prima apparenza possono atterri-
re i superficiali osservatori. Tali sarebbero le vicinan-
ze dell’antico ponte di Diavolo, il quale come al solito
non vale al suo nome; e presso cui si vede il più anti-
co saggio di galleria che vi sia nelle Alpi. Al di qua
del monte poi le pendici sono così conformate, che si
può sperar di praticarvi in cornice una ferrovia di sa-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 295

lita continua, eludendo gli scaglioni che interrompo-


no il fondo della valle. La posizione d'Airolo poi es-
sendo più elevata di quella d'Olivone ben 360 metri sa-
rebbe tecnicamente più vicina anche al Lucomagno,
che forse si potrebbe raggiungere per la val Piona po-
tendosi poi, secondo alcuni, raggiungere Disentis an-
che da Ocsera per la valle di Iavotsch. I giornali ge-
novesi, non ha molto, parlarono d'imaginarii avvalla-
menti tra il Gottardo e il Lago dei Quattro Cantoni
e tra questo e il Reno. Essi non badarono che il La-
go dei Quattro Cantoni è molto più elevato del La-
go Maggiore, e quindi si raggiunge con minore di-
scesa e ch'esso è già felicemente congiunto col Reno,
mediante la ferrovia di Lucerna e Basilea. Che se al-
ludono alla diramazione non ancora compiuta tra quel
lago e quelli di Zurigo e Costanza, essi non badano
che il supposto avvallamento sarebbe ancora minore.
essendoché il Reno presso Costanza non ha per anco
raggiunto la gran caduta di Sciaffusa.
L'intrattabilità del Gottardo in paragone al Luco-
magno è dunque cosa affatto d'imaginazione e potrà
facilmente rimoversi dalle menti, se si trarrà profitto
dei lumi di quelli ingegneri che hanno più antica e in-
tima pratica dei luoghi, e che non sono vincolati da
particolare incarico nella medesima impresa.
7° La città di Lugano, già sin dal 1845 lusinga-
ta di poter essere presa in considerazione nei nuovi
giganteschi progetti, vede non senza ansietà e timore
essersi già consunti 14 anni in combinazioni infrut-
tuose; nel prodigioso sviluppo di tante ferrovie che
esercitano d'ogni parte inaspettate attrazioni le sole
linee del Cantone Ticino, benché più volte concesse a
grandi società e grandi stabilimenti di credito gran-
di incoraggiamenti del Governo Sardo e del Com-
mercio Genovese pure per qualche grave intrinseca
ragione rimangono sempre allo stato di speranze. E in-
296 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

tanto il commercio già prostrato da un lungo blocco


non può sollevarsi da quel languore in cui cade chi è
condannato a restare inoperoso in mezzo all'universale
attività.
È dunque nei generali desiderii che riservate a più
profonda considerazione le cause per cui l'opinione
pubblica non poté in questo corso d'anni determinarsi
in favore della parte più ardua e più incerta dell'im-
presa, si raccolgano frattanto tutte le forze e tutti i
sussidi in quella parte che non offre né incertezze né
difficoltà.

Gennaio 1860
La ferrovia di Corno *

Da Torino, da Genova, da Livorno, da Firenze,


da Ancona, da Venezia, da Trieste, tutte le strade fer-
rate d'Italia fanno omai diretto incontro in Milano.
Ciò avvenne per forza intima delle cose e senza
preconcezione d'alcuno, essendoché delle ferrovie di
Milano non si diedero gran pensiero, né se ne danno,
i suoi cittadini. I progetti più sconnessi e divergenti,
e anche ostili, poiché furono per la più parte gelosa-
mente bilanciati e coordinati da mano ostile, riescirono
tutti naturalmente, involontariamente e impreveduta-
mente a questa confiuenza.
Per verità, si erano allo stesso punto già coordi-
nate le antiche vie romane, l'Emilia, la Flaminia, la
Postumia. Lungo le quali essendo poi sorte e fiorite
colonie e città, si stabilì una serie di centri popolati e
perciò di punti fissi e in perpetuo inevitabili. E già
prima che vi fossero strade artificiali, il ricapito co-

* Pubblicato anonimo in POL., VIII, pp. 34-43.


296 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

tanto il commercio già prostrato da un lungo blocco


non può sollevarsi da quel languore in cui cade chi è
condannato a restare inoperoso in mezzo all'universale
attività.
È dunque nei generali desiderii che riservate a più
profonda considerazione le cause per cui l'opinione
pubblica non poté in questo corso d'anni determinarsi
in favore della parte più ardua e più incerta dell'im-
presa, si raccolgano frattanto tutte le forze e tutti i
sussidi in quella parte che non offre né incertezze né
difficoltà.

Gennaio 1860
La ferrovia di Corno *

Da Torino, da Genova, da Livorno, da Firenze,


da Ancona, da Venezia, da Trieste, tutte le strade fer-
rate d'Italia fanno omai diretto incontro in Milano.
Ciò avvenne per forza intima delle cose e senza
preconcezione d'alcuno, essendoché delle ferrovie di
Milano non si diedero gran pensiero, né se ne danno,
i suoi cittadini. I progetti più sconnessi e divergenti,
e anche ostili, poiché furono per la più parte gelosa-
mente bilanciati e coordinati da mano ostile, riescirono
tutti naturalmente, involontariamente e impreveduta-
mente a questa confiuenza.
Per verità, si erano allo stesso punto già coordi-
nate le antiche vie romane, l'Emilia, la Flaminia, la
Postumia. Lungo le quali essendo poi sorte e fiorite
colonie e città, si stabilì una serie di centri popolati e
perciò di punti fissi e in perpetuo inevitabili. E già
prima che vi fossero strade artificiali, il ricapito co-

* Pubblicato anonimo in POL., VIII, pp. 34-43.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 297
mune delle tribù celtiche che costituirono la massa per-
manente della popolazione nella valle del Po, era in
Milano : Mediolanum Gallorum caput.
I1 fatto geografico fondamentale consiste in ciò
che Milano è sul grande asse trasversale dell'Alta Ita-
lia; e nel tempo stesso è sul grande asse commune del-
la penisola italiana, dei due mari e delle isole; il
quale si continua e si ripete nella gran valle del Reno,
lungo la linea di contatto d'altre due grandi nazioni;
e di là si connette pei Paesi Bassi alle Isole Britanni-
che, come dall'opposta estremità si prolunga verso la
Grecia, l'Asia Minore, la Siria, l'Egitto. Può dirsi
questa la via maestra dell'antico e moderno commer-
cio, dell'antico e moderno incivilimento.
Roma è il centro di posizione e di gravità di tutto
il sistema italiano; ma se si considera solo l'Alta Italia
e quella popolazione di quattordici o quindici millioni
che stanzia tra Roma e le Alpi si vede che circa un
terzo di essa vive a levante di Milano, un terzo a po-
nente, un terzo a mezzodì. La Svizzera, nella direzio-
ne del suo centro e di Basilea, compie la crociera.
Quanto manca a ultimare la ferrovia che dai due
mari d'Italia tende alla valle del Reno?
Mancano duecento chilometri incirca. Or bene,
cento miglia fanno chilometri 185. Si tratta dunque
di poco più d'un centinaio di miglia.
Dalla parte di settentrione, le ferrovie compiute
giungono già da qualche tempo a Lucerna e Coira;
dalle m a l i città movono le due vie postali del Got-
tardo e del Bemardino, che fanno convegno in Bellin-
zona. Dalla parte di mezzodì, due ferrovie giungono
fino ad Arona e Camerlata; e ambedue fanno poi com-
mune ricapito pure in Bellinzona; la prima, per na-
vigazione sul lago Verbano e per via postale che si va
compiendo; l'altra per via postale, antica e per sussi-
diaria navigazione sul lago Ceresio.
298 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Vi ha qualche grave ostacolo a prolungare le due
ferrovie italiane fino a raggiungere il convegno com-
mune delle due vie oltremontane in Bellinzona?
I1 prolungamento terrestre della ferrovia d’Arona
dovrebbe costeggiare tutto il lago Verbano; dovrebbe
dunque sostenere la gara colla navigazione; la quale
oltre al seguire le più brevi linee possibili, potendo
fare anche i tragitti perpendicolari e diagonali fra i
mercati del lago può servire al commercio vicinale
d’ambo le rive. Al contrario, la via ferrata non po-
trebbe nemmeno raccogliere tutte le communicazioni
della sua propria riva. Il tragitto, per esempio, tra Pal-
lanza e Stresa è solamente un quarto del circuito che
dovrebbe fare una strada terrestre intorno a quel golfo.
La corsa ferroviaria accumulata colla navigazione e
inoltre colla nuova via carrozzabile, sarebbe di poco
utile al commercio vicino e di poco o nessuno al com-
mercio lontano; non potrebbe compensar le spese. Di
questi parecchi millioni per ora si può fare uso più
fruttifero. E per tali ragioni che Stephenson disappro-
vò apertamente la costruzione di ferrovie lungo i
grandi laghi della Svizzera.
V’ha di più. Non si potrebbe senza grave discapito
prefiggere al commercio di Milano una linea ferrata pel
lago Maggiore. Poiché se si prendono per punti fissi
ed estremi d’una corsa Milano e Bellinzona (dove bi-
sogna in ogni modo arrivare), una linea continua per
Milano, Novara, Arona, Baveno, Pallanza e Bellin-
zona sarebbe un arco di cerchio ben topuoso la cui
corda sarebbe la linea per Milano, Como, Lugano, Bel-
linzona. L’arco starebbe alla corda come 160 a 100.
Dunque la distanza, e con essa la spesa perpetua dei
trasporti tra Milano e Bellinzona, pel circuito di No-
vara e Baveno, si accrescerebbe del 60 per cento. E
anche una linea per Sesto Calende e Magadino sareb-
be sempre più lunga della diretta linea per Como e Lu-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 299

gano, in ragione del 35 per cento. Se ci limitiamo poi


a paragonare la mera corsa tra Como e Bellinzona al
circuito per Camerlata, Sesto Calende e Magadino, o
anche solo per Camerlata, Varese e Magadino, la di-
stanza sarebbe raddoppiata; e se si dovesse discendere
fino a Milano e Novara, sarebbe più che triplicata.
Tutte queste curve non potrebbero dunque provedere
ai bisogni di Milano, e ancor meno di Como, e assai
meno ancora delle altre città più discoste dal lago
Maggiore; insomma, al commercio italiano.
Senonché, la ferrovia d‘Arona almeno ha raggiunto
un porto del lago; e se non conviene prolungarla, egli
è perché l’intento sì del commercio generale che dei
proprietarj della ferrovia è già compiuto, mediante la
sua continuità con la gran via navigabile del lago
Maggiore. Ma la ferrovia da Milano a Como perché
non discese fino al lago? Perché si fermò d’un tratto
sull’altipiano della Camerlata?
Non sappiamo.
Dalla Camerlata alla città di Como v’è un breve
passeggio; e forse questa fu la cagione.
Ma molto pure importava al commercio l’immediato
congiungimento colla navigazione. Si potrebbe farlo nel-
l’intervallo tra la città e il borgo Vico, con breve ramo
che, accavalcando il fiume Cosia e la via postale, condu-
cesse al nuovo porto le merci; e di sopra al quale o in
margine al quale, si potrebbe costruire un passeggio
coperto, o scoperto, che, godendo la vicina vista della
Piazza d’Armi e del lago; potrebbe facilmente ren-
dersi il più bell’ornamento della città, purché si co-
minciasse con un degno e ben pensato progetto.
Più oltre, secondando la riva e ascendendo dol-
cemente in margine ai colli e quindi risalendo la val-
le della Breggia, si raggiunge in breve il confine, al-
l’altezza di soli 40 metri sul lago di Como. Poi con
ondulazioni e curve assai miti andrebbe la ferrovia a
300 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
connettersi per ora colla navigazione a vapore sul la-
go Ceresio in Capolago. La tronca linea della Camer-
lata potrebbe dunque con un prolungamento di un-
dici miglia, o d'una ventina di chilometri, senza al-
cun'opera difficile e grandiosa, raggiungere la navi-
gazione dei due laghi.
E questa la parte d'opera che si potrebbe colle im-
mediate forze municipali e vicinali compiere, incomin-
ciando, quando veramente si volesse, anche nell'en-
trante inverno, col proposito di porger lavoro alle
braccia ozianti per le turbate industrie.
La corsa da Capolago a Lugano si può lasciar per
ora alla via postale che attraversa il lago sull'argine-
ponte di Melide e alla navigazione. Solamente quando
la linea ferroviaria venisse a compiersi in tutta la ri-
manente sua lunghezza, non sarebbe più opportuno la-
sciarla interrotta per questo sì breve tratto.
Sulla rotaja da Lugano a Bellinzona si verrebbero
a risparmiare gli andirivieni a cui nelle salite fu oltre
bisogno assoggettata la presente via carrozzabile. Con
un breve sotterraneo dietro la collina di Massagno,
con un sotterraneo alquanto più lungo e profondo sotto
il passo del Monte Ceneri e per ultimo col porre la
stazione finale nell'altipiano sopra Bellinzona, evitan-
do il discendere più che sia necessario nella valle
del Ticino per poi risalire, si può ridurre la ferrovia
a chilometri 28, In Bellinzona si riceverebbero gli
aflussi deli'altra rotaia proveniente dalla sommità del
lago Maggiore e dal Piemonte. È d'uopo raccogliere
tutti gli elementi di reddito e di forza, per sostener
poi le spese di costruzione della ferrovia per entro le
Alpi.
Tutta la linea a vapore per terra e per acqua dalla
Camerlata a Bellinzona, oltre al far parte della gran-
de arteria commerciale dal Reno al Po, oltre all'offrire
il massimo annuo passaggio di bestiami che si veda
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 301

in tutta Italia, può contare sopra una continua catena di


movimenti vicinali. Alla distanza d'un ora di cammino
pedestre a dritta e a manca, i due distretti urbani di
Como e i due distretti di Mendrisio e Lugano contano
più di 120 mila abitanti. Son duemila per chilometro
corrente; il che supera di molto il numero medio, sulla
maggior parte delle ferrovie. Restano poi a mettere
in conto le occasioni che porgono a frequenti raccolte
di gente la vicinanza dei laghi, la forma di governo e
la configurazione stessa del paese, le cui communica-
zioni vive sono tutte nel verso medesimo della rotaia.

Da Bellinzona fino a Biasca, per venti chilometri,


la valle del Ticino è piana e agevole, colla salita quasi
impercettibile del 4 per mille; né vi è altra opera im-
portante che il ponte della Moesa, o altrimenti quello
del Ticino.
Biasca, a solo 310 metri d'altitudine sopramarina, è
la confluenza delle due valli del Ticino e del Brenno.
Per la valle del Ticino la via postale raggiunge Airolo
all'altitudine di 1266 metri, e quindi il giogo del Got-
tardo all'altitudine di 2111. Per la valle del Brenno si
giunge ad Olivone ch'è alto 359 metri meno d'Airolo;
e quindi un curvo sentiero verso ponente sale al giogo
del Lucomagno ch'è pure alto 246 metri meno del
Gottardo.
Questa minore altezza d'Olivone e del Lucomagno
illuse ingegneri, banchieri, governi e parlamenti. Son
già quattordici anni che si vanno ideando tutti i modi
possibili di farvi passare una ferrovia, la quale, anziché
volgersi direttamente a settentrione, si volgerebbe per
lungo tratto da ponente a levante fino a Coira; e poi
girando lungo la frontiera della Svizzera coll’Austria e
sotto il cannone austriaco, raggiungerebbe a Rheineck
lo sbocco del Reno Alpino nel lago di Costanza. Ma si
riconobbe ben presto la difficoltà di percorrere colla
302 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ferrovia regioni così elevate, ingombre di neve per
sette mesi dell'anno. Si vide la difficoltà di svolgere la
rotaja in modo di vincere tutta la salita che dal fondo
del bacino d'Olivone al giogo del monte è poco minore
di mille metri (958); e quindi richiederebbe circa
quaranta chilometri di scabrosi andirivieni in una valle
angusta e franosa. I1 quale superfluo giro, aggiunto al-
la deviazione di sessantaquattro chilometri verso le-
vante e Coira, apporterebbe in tutto un prolungamento
di cento chilometri di costosa rotaia alpina!
Frattanto l'arte si venne addomesticando alla co-
struzione delle lunghe e profonde gallerie. Fu già
grande ardimento di progettare quella del Cenisio; ma
quella del Lucomagno doveva avere una lunghezza più
che doppia: ventotto chilometri. Infatti la base del
monte è larga quanto tutta la distanza che si può mi-
surar sulla carta tra Olivone e Disentis. Onde se an-
che si fosse potuta compiere in discreto giro d'anni sì
prodigiosa escavazione, il passaggio sarebbe riescito
impraticabile o almeno insopportabile ai viaggiatori.
Perloché dopo molte aspettative, dopo molti e diversi
studi di varie società e molti privilegi, sussidj e favori
di chi credeva all'onnipotenza legislativa, tutto si ter-
minò nel diminutivo impegno di fare sul Lucomagno
una via carrozzabile, che poi sarebbe più lunga del-
l'attuale via del Bernardino, la quale raggiunge tosto
la Spluga. A questi termini si ridusse l'ultima conces-
sione; e anche in questi non ebbe ancora principio di
compimento.
Or bene, accade che il passo del Lucomagno si
trova veramente nell'intervallo fra Olivone e Airolo,
a distanza incirca eguale fra i due paesi; e che si può
raggiungerlo anche partendo d'Airolo e passando lungo
i pascoli e il laghetto di Piora. Perlocché siccome Airolo
si trova già 359 metri più alto d’Olivone, così si po-
trebbe di là raggiungere egualmente per via carrozza-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 303

bile il Lucomagno, risparmiando almeno sei chilometri


d'andirivieni, in ragione di 60 metri d'ascesa per ogni
chilometro.
Airolo, benché posto in capo d'altra valle, è dun-
que tecnicamente più vicino al Lucomagno che non
lo sia Olivone.
I1 passo del Gottardo è in condizioni ben diverse.
Quando si tratta di passare per sotterraneo, l'altezza
maggiore del giogo non è più d'un effetto decisivo;
ciò che importa più è la lunghezza della galleria. Or
bene, il massiccio del Gottardo, appunto perché sco-
sceso e ripido, ha una minima larghezza alla base.
Tutta la distanza rettilinea, tra Airolo nella valle del
Ticino e Orsera nella valle della Reuss al di là del-
l'Alpe, sorpassa di poco i sette chilometri. La galleria
non potrebbe dunque in verun caso esser più lunga
di sette chilometri. Si aggiunge che la grossezza del
monte si va rastremando rapidamente; cosicché come
dimostrò l'ingegnere Lucchini esperto per lunga pra-
tica dei luoghi, ad un'altezza considerevole, ma pure
accessibile, il traforo potrebbe ridursi a due soli chi-
, lometri. In ogni modo il giogo del Gottardo, sì for-
midabile a primo aspetto, può essere evitato con un
sottopasso che poco al di sopra d'Airolo sarebbe la
metà di quello del Cenisio. Or si consideri che le
difficoltà di tali escavazioni non solo crescono in pro-
porzione della lunghezza, ma crescono in ragione for-
temente progressiva; epperò si diminuiscono in ra-
gione progressiva le difficoltà, quando la lunghezza
d'un sotterraneo diminuisce.

Ciò posto; rimane a vedere se il punto d'Airolo è


accessibile ad una ferrovia nelle condizioni fondamen-
tali della mecanica e nello stato attuale dell'arte.
La differenza di livello tra Biasca e Airolo è di
metri 966. Se, per un supposto, questa salita si po-
304 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

tesse ripartire in misura costantemente uniforme sulla


distanza, che nell’attuale strada carrozzabile è di
37 chilometri, risulterebbe in ragione del 26 per cento.
Or bene, il passo dell’Apennino presso Genova tocca il
35. V’è dunque l’astratta possibilità e facilità; ma in
concreto è da notarsi che nei primitivi studj di questa
linea, per non alterare menomamente il traffico locale,
si volle tener costantemente la rotaia nel fondo della
valle. Or questa non ha più un’acclività uniforme co-
me nell’intervallo fra Bellinzona e Biasca; ma è divisa
in due grandi scaglioni con salti assai sgarbati.
Pur vi è un rimedio assai facile; evitare il fondo della
valle; guidar la rotaja sempre in cornice nelle falde del
monte, il cui declivio non è molto angusto né ripido
ed è in gran parte abitato e coltivato e senza interru-
zioni laterali. Per tal modo si possono sfiorare con una
linea continua le sommità degli scaglioni; e il declivio
può esser diviso quasi uniformemente.
Resta a determinarsi cogli studj a qual preciso
punto converrebbe cominciar la salita nell’intervallo
quasi piano tra Bellinzona e Biasca. Ad ogni peggior
supposto, si potrebbe cominciare fin dalle vicinanze
di Bellinzona, varcando il Ticino alla rupe di Carasso
sotto l’influente della Moesa, e cominciando quivi ad
appoggiar la strada alla pendice continua del monte.
La distanza tra la foce della Moesa e Airolo essendo
nella via postale di circa 55 chilometri, i 966 metri
di salita fino ad Airolo verrebbero a dare per termine
medio 17 per mille. Si potrebbe dunque aspirare a
qualche punto d‘altezza anche al di sopra di Airolo.
Anzi si potrebbe salire ancor di più, se veramente ciò
convenisse, sviluppando al di sopra d‘Airolo una curva
per entro la valle laterale di Bedretto che si volge
verso il Vallese, e quindi per la Val Tremola che
s’interna nella massa del Gottardo.
Giunta la ferrovia ad Airolo, o anche sopra Airolo,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 305

resta determinata con questo fatto la maggiore o mi-


nor lunghezza della gran galleria e la sua interna
acclività. Perocché il fondo del bacino di Orsera, al
di là del monte, diviene il punto culminante di tutta
la linea, all'altitudine di 1450 metri sul mare. Ecco come
il Gottardo, essendo penetrabile quasi al suo piede per
galleria di limitata lunghezza, riesce infatto quattro-
cento metri più basso del Lucomagno, il quale è im-
praticabile per galleria.
Da Orsera in poi gli studi preliminari dimostrarono
che il tracciamento può evitare le profonde strette della
Reuss, sostenendosi sul dorso delle pendici sovrastanti,
perforando con brevi gallerie gli sproni più sporgenti
e dirupati, e sviluppandosi nelle valli laterali, alcune
delle quali sono assai ampie. Si hanno adunque le
condizioni d'arte necessarie per raggiungere sotto Al-
torfo la navigazione del lago dei Quattro Cantoni. I1
che è quanto dire l'altipiano sul quale, alla debole diffe-
renza d'una sessantina di metri d'altezza, giacciono i set-
te principali laghi della Svizzera oltremontana e le più
industri e mercantili sue contrada. Con più lento de-
clivio e con risparmio d'andirivieni, potrebbe la rotaia
scendere al livella del lago nell'opposto golfo di Brun-
na. Ma questi particolari sono da lasciarsi ventilare
fra gli interessi locali.
In Lucerna o al di là di Bruma e presso al lago
di Zug, è il punto dal quale si diramano in forma di
ventaglio tutte le ferrovie svizzere: - per Berna verso
la Svizzera francese; - per Basilea verso l'Alsazia, la
Lorena, Parigi e il Belgio, nonché verso Baden e Fran-
coforte, centro della Germania; - per Zurigo verso
la Svezia e la Franconia; - per Sangallo verso il
Vorarlberg, la Baviera e la Boemia, sin dove riesci-
ranno più dirette e brevi le affluenze della ferrovia del-
l'Adige che possiamo già raggiungere per Verona.

20. . CATTANEO. Scritti politici. II.


306 CATTANEO - SCRITTII POLITICI - II
Questo è lo stato delle cose, quale venne a poco
a poco emergendo dalla farragine dei fatti commerciali
e dei dati tecnici, che furono accumulati per commune
sforzo delle varie società e dei vari interessi locali.
L'opposizione mise appunto in maggior luce quelle
cose che più si vollero oscurare.
La gran linea di Como a Basilea si può dunque con-
siderare come divisa in cinque parti; le cui condizioni
sono fra loro assai distinte.
La prima è la congiunzione della Camerlata coi due
vicini laghi: impresa tanto breve quanto facile, in ter-
reno già studiato sufficientemente, oltreché nello stato
momentaneo delle cose non può nemmeno soggiacere
ai consueti indugi delle forme legislative.
La seconda è la congiunzione del lago Ceresio, e
anche del Verbano con Bellinzona, mediante il che le
varie nostre linee vengono a stringersi in un sol fascio.
E anche questa parte è in terreno bastevolmente esplo-
rato e in circostanze normali; è parimenti intrapresa
da potersi assumere con animo sicuro.
La terza è la congiunzione di Bellinzona con Bia-
sca e Airolo; la prima, assai facile; la seconda, non
senza considerevoli difficoltà. Le quali però si posi
sono abbreviare assai, se immantinenti al partir di
Bellinzona si pone la mira, non a Biasca, ma all'estremo
Airolo, o anche a qualche punto sopra Airolo. Molti
dei problemi di questa linea si possono dire già sciolti;
ma se non è più necessario l'andar tentone, molto è
da farsi per recare i fatti a dimostrazione evidente e
persuasiva.
In Airolo un ramo di via carrozzabile, ascendendo
con mite e continua salita per Val Piora, raggiunge-
rebbe il Lucomagno, mentre la ferrovia s'immergerebbe
nella mole granitica del Gottardo e con sei o sette chi-
lometri, a seconda dell'altezza, raggiungerebbe il pen-
dio d'oltremonte. Questa quarta parte dell'opera dipende
altra difficoltà che il tempo e il denaro, sempre però
in minor misura che nel passo del Cenisio.
La quinta parte rimane ancora a studiarsi ne' suoi
particolari come la terza. E sì per l'una sì per l'altra è
d'uopo notare che tutte le rotaie che sono all'altezza

Febbraio 1660.
Sulla ferrovia delle Riviere Liguri
e principalmente
sul suo accesso al golfo della Spezia *
La breve campagna d'Italia del 1859 mostrò a prova,
come si era già da molti predetto, l'influenza decisiva
delle strade ferrate in guerra. Un'enorme massa di ne-
mici, dalle rive non solo dell'Adige ma del lontano Da-
nubio, poté in pochi giorni avventarsi nelle più fertili

* Pubblicato anonimo in POL., VIII, pp. 125-136.


altra difficoltà che il tempo e il denaro, sempre però
in minor misura che nel passo del Cenisio.
La quinta parte rimane ancora a studiarsi ne' suoi
particolari come la terza. E sì per l'una sì per l'altra è
d'uopo notare che tutte le rotaie che sono all'altezza

Febbraio 1660.
Sulla ferrovia delle Riviere Liguri
e principalmente
sul suo accesso al golfo della Spezia *
La breve campagna d'Italia del 1859 mostrò a prova,
come si era già da molti predetto, l'influenza decisiva
delle strade ferrate in guerra. Un'enorme massa di ne-
mici, dalle rive non solo dell'Adige ma del lontano Da-
nubio, poté in pochi giorni avventarsi nelle più fertili

* Pubblicato anonimo in POL., VIII, pp. 125-136.


308 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

provincie del Piemonte, minacciar la capitale, ferir


da presso le sue vitali communicazioni con Genova,
prima che i difensori del paese fossero pronti di nu-
mero e d’armi e che l’esercito amico varcasse le alpi
e il mare. Viceversa, quando l’invasore, giunto fin dove
le sue strade ferrate potevano slanciarlo, si rallentò,
e le forze alleate si furono alla fine raccolte, e tuttavia
mal riescivano a sferrar le masse nemiche dal terreno
ove s’erano confitte, si poté solamente per mezzo d’una
linea ferrata (che nei primi studj erasi posposta e quasi
sprezzata) operar quel veloce moto laterale che in un
istante trasportò il campo di battaglia sull’opposta riva
del Ticino, e sconcertò tutti i disegni e i calcoli d‘un
nemico tardo d’ingegno e viepiù tardato della sua
stessa mole 1.
Or giova fare ogni nostra possa, perché, nel sì pro-
babil caso di nuova guerra, il nemico non ci rinvenga
tanto improvidamente scarsi di numero, né dispersi pei
nostri focolari. Adunque due parole: Armi e ferrovie!
E le armi potranno forse tornar solamente oppor-
tune una volta in molti anni. Ma le ferrovie giovano
ogni dì dell’anno in guerra e in pace. Le ferrovie sono
ai popoli esausti dal debito e dalle guerre come le
vene in cui circola un sangue riparatore; sono come
nervi che diffondono nelle membra della nazione. vita,
forza e alacrità; industria, credito e ricchezza.
Una linea che avrebbe già recato nei giorni del
pericolo un vantaggio inestimabile, apportando pronti
soccorsi dalla Francia, e che in altra occasione darebbe
facile contatto coll’Italia peninsulare, è quella che deve

1 L’im ortanza militare della linea di Casale, in paragone


a quella podi Mortara, si era già fin dal 1842 additata nel
Politecnico, Vol. V., p. 172; ma per allora inutilmente; si
venne poi a compierla più tardi, per interessi vicinali; e
così si venne ad averla nel 1859 quasi per caso.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 309

costeggiare il Mare Ligustico dalla frontiera di Francia


alla Toscana. La sua lunghezza è di 320 chilometri
incirca o poco meno di duecento miglia. La spesa fu
stimata di 125 millioni di franchi, alla qual somma fu
assicurato l'interesse del 5 per cento.
Di questa parleremo qui, valendoci di memoria
inedita del giovine avvocato Antonio Palermo, solo ag-
giungendovi qualche breve pensiero che la lettura ci
ha suggerito. Prenderemo in esame sopratutto il modo
in cui converrebbe tracciare i'estremità orientale della
ferrovia presso il golfo della Spezia. Intorno a che sem-
brano insurte alcune dubiezze, che forse per tal modo
rimarranno chiarite in coloro dal cui volere l'impresa
dipende.

Il progetto della ferrovia ligure ebbe sanzione le-


gale fin dal 13 luglio 1857. Ma solamente in data del
16 ottobre 1859, e in forza dei pieni poteri, n'ebbe defi-
nitiva concessione una società, sotto le condizioni
espresse in un capitolo dell'8 ottobre medesimo. Leggesi
in questo che la ferrovia, « correndo col suo .generale
sviluppo il litorale, dovrà, per quanto le condizioni di
sito lo consentono, toccare o avvicinarsi alle seguenti
città o borgate : Nizza, Villafranca, Mentone, Venti-
miglia, San Remo, Oneglia, Albenga, Loano, Savona,
Varazze, Arenzano, Voltri (dove si congiungerà coll'esi-
stente strada ferrata) Genova, Nervi, Recco o Camogli,
Rapallo o S. Margarita, Chiávari, Sestri di Levante,
Levanto, Spezia e Sarzana. - Essa dovrà inoltre avvi-
cinarsi, per quanto pur sempre il consentano le diffi-
cultà del terreno, agli altri più importanti e più indu-
striali centri di popolazione ed offrire un facile accesso
tanto ai porti principali delle due Riviere, quanto alle
strade ordinarie che, scendendo dalle convalli degli
Apennini, sboccano sull'una o sull'altra delle due Ri-
viere medesime ».
310 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

Fu dunque chiaramente convenuto e prescritto che


la strada ferrata segua a preferenza il litorale; e che,
oltre ad avvicinarsi alle città e terre particolarmente
nominate, s'avvicini in quanto si possa ai centri di
popolazione e d'industria, ai porti, alle strade.

Or bene è voce che alcuni ingegneri, giudicando


le cose a prima apparenza, abbiano proposto alla So-
cietà che nell'intervallo fra Sestri di Levante e il golfo
della Spezia, la ferrovia, anziché seguir generalmente il
litorale, lo abbandoni per il considerevole tratto con-
tinuo di 25 e più chilometri. Anzi fra la rotaja e il
litorale vorrebbero che restasse interposto un alto ramo
dell'Apennino.
Secondo essi, la ferrovia, giunta al di là di Sestri,
dovrebbe o traforare il monte Velva penetrando diret-
tamente per Sesta nella valle del fiume Vara, principale
influente della Magra : ovvero dovrebbe raggiungere con
un primo traforo le sorgenti del torrente di Deiva e
con un secondo la valle del Malacqua e quindi la Vara.
Dovrebbe poi scendere lungo questo fiume sino alla
sua confluenza colla Magra presso Padivarma; poi ritor-
nar di nuovo al di quà dai monti per il passo della
Foce, che sovrasta alla città della Spezia alla breve
distanza di due chilometri. Perloché o per discendervi
dovrebbe svolgersi per lungo circuito, ovvero passare
a più basso livello, operando un traforo in sito ove,
per i rigurgiti d'aqua nelle piene, le difficultà sarebbero
maggiori dell'ordinario.
Tutta la rotaja lungo la Vara sarebbe assai difficile
a costruirsi e a conservarsi, essendo rinserrata tra gli
sproni del monte e l'instabile letto del fiume, sopra fondi
malfermi e palustri, e dovendo varcare molti torrenti,
spianare varj dorsi e colmare parecchi avvallamenti.
AI contrario, lungo la marina, si può camminare fino
a Porto Venere, presso al golfo della Spezia, per linea
III - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 311

retta e piana, senza traforare a fondo alcun massiccio di


montagna, e facendo solo qualche galleria parietale
negli scogli qua e là sporgenti, in terreni costante-
mente solidi, fondati sulla roccia e non corrosi da
fiumi. Nei brevi sterri e trafori, le materie scavate si
possono rovesciare nell’attiguo mare; onde non occorre
comperar gli spazii ove deporle, né trasportarle fino
ai luoghi a tal uopo trascelti. Per la continua prossimità
del mare si possono poi facilmente ed economicamente
apportare sui singoli punti della linea i materiali da
fabrica, le traverse, le ferramenta; e si possono affron-
tare le operazioni in molti punti nel medesimo tempo.
Il che sarebbe impossibile sì nei luoghi sotterranei
sotto il monte Velva, sì nelle interne valli della Vara.
Per tutto ciò viene a mancare quella condizione di
Comparativa difficultà che a termini della concessione
si dovrebbe verificare perché la ferrovia si avesse ad
allontanar dal litorale; essendoché addentro nei monti
le difficoltà dovrebbero essere verosimilmente assai
maggiori che non lungo la marina.
A questa difficultà delle costruzioni si aggiunge la
spesa delle riparazioni e manutenzioni. Essa è quasi
nulla sulle ferme rupi al cui piede indarno infuriano
le onde del mare; ma può esser gravissima lungo un
fiume alpestre, il quale, raccogliendo tutti i torrenti
d’una vallata lunga più di venti miglia, è soggetto per
impetuose piogge e ingenti frane a piene improvise.
Della cui violenza non ha idea chi non ha vissuto
presso alte e vaste montagne quasi nude di selve ed
esposte a subita invasione di venti umidi e caldi. Tutte
quelle creste dell’Apennino che stanno intorno alla
Garfagnana sono notate in meteorologia per la gran
massa delle piogge.
L’effetto di ciò si avvera nel breve tronco di strada
carrozzabile tra Padivarma e Borghetto, il quale per
manutenzione e riparazione risulta uno de’ più costosi
312 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
in tutte le strade del regno. I1 qual calcolo si può
facilmente estendere dai due o tre chilometri di quella
strada ai venti chilometri incirca che quivi avrebbe
la ferrovia. Si aggiunga il danno delle facili interruzioni
nell’esercizio, per i guasti arrecati dalle aque.
La curva entro i monti sarebbe lunga sei o sette
chilometri più che non la curva intorno al promontorio
di Porto Venere, la quale con ardito traforo potrebbe
abbreviarsi ancora di più. Epperò a circostanze pari
darebbe una somma proporzionalmente maggiore tanto
nella costruzione e manutenzione quanto nella spesa
quotidiana di custodia e d‘esercizio. Nel che non sarà
insensibile anche l’effetto perpetuo del maggior dispendio
di forza motrice nelle salite dei monti,

La costruzione della ferrovia ligustica venne posta


in deliberazione tostoché fu decretato il traslocamento
della marina militare alla Spezia. Le due parti della
marina nazionale, prima riunite in Genova, ora do-
vranno trovarsi alle due estremità di quella Riviera.
Bene, quando si trattò d’aggravare lo Stato colla ga-
ranzia d’interesse del 5 per cento sopra una somma di
123 millioni, fra i motivi che furono esposti per ottenere
il voto del Parlamento, entrò pur la considerazione
che questa rotaja sarebbe un accessorio dei nuovi sta-
bilimenti di costruzione navale e di fortificazione presso
la Spezia. I1 deputato Laurenti-Roubaudy, nella sua re-
lazione alla Camera, il 27 aprile 1857, disse: < La
parte militare vi ha il suo largo vantaggio, e noi per
certo non vorremo che ci sfugga di mano... I1 golfo
della Spezia è destinato ad un avvenire di grande im-
portanza per la nostra marina; e sarà indispensabile
che abbia sollecite communicazioni con altri punti dello
Stato ».
Ebbene, qui vuolsi por mente che se la ferrovia
deve aggirarsi per le valli della Vara e della Magra
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 313

e scender poi per la Foce, essa può bensì toccare la


! città della Spezia e rasentando le sue case e la riva
orientale del suo golfo andare a raggiungere di nuovo
la Magra presso il suo sbocco in mare. Ma gli stabi-
limenti navali non devon essere nella città della Spezia;
non devon essere sulla riva orientale, ma sulla riva
opposta, nella parte interna della penisoletta sulla quale
i si trova Porto Venere e propriamente a mezza via tra
Porto Venere e la Spezia. Quivi i due seni del Vari-
gnano e delle Grazie devono esser posti in cornmunica-
zione fra lorcl mediante una galleria, che sarà difesa
dal sovrastante baluardo della Castellana e da un se-
micerchio di forti. Dunque se la ferrovia segue il
litorale, essa nel recarsi da Porto Venere a Spezia
potrà passare nel mezzo di tutti gli stabilimenti e delle
fortificazioni che devono proteggerli, dando e ricevendo
difesa e vantaggio.
Ma se la strada ferrata, scendendo dalla Foce deve
percorrere solamente la sponda orientale del golfo,
sarà necessario supplire con una diramazione speciale,
lunga da cinque chilometri, riservata solo alla commu-
nicazione tra la città della Spezia e il porto militare
in andata e ritorno. Questo ramo troncato, quasi inutile
alla popolazione, alimentato perciò a tutta spesa dello
Stato, è da aggiungersi a quella maggior lunghezza
che abbiamo già indicato dover risultare dal giro nel-
l'interno dei monti.
V'è poi un caso di guerra la cui probabilità è da
prendersi in grave considerazione. Se una forza ne-
mica, erompendo improvisa da Mantova, penetrasse da
Parma e val di Taro fino a Pontrèmoli, essa, scendendo
lungo la Magra, potrebbe piombar sulla curva che la
ferrovia percorre entro quella valle; potrebbe diroc-
care i passi del monte Velva e della Foce, interrom-
per d'un colpo le relazioni tra Genova e la Spezia,
isolare affatto gli stabilimenti navali. La città stessa
314 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
della Spezia è da quella parte soggetta ad esser facil-
mente invasa, sia per la Foce, sia per Arcola e la ma-
rina. In ogni modo quando si fortifica un luogo, vi
si suppone sempre probabile l'arrivo d'un nemico.
Un pericolo, che arrivasse da quella parte, sarebbe
assai più rimoto per una ferrovia che si attenesse al
litorale. Perocché il nemico, giunto sulla Vara, dovreb-
be ancora arrischiarsi a salire e discendere per una gio-
gaja di monti ripidi e quasi inaccessibili ad un esercito,
mentre la ferrovia stessa da lui minacciata servirebbe
a concentrarvi una forza contraria, e viceversa, minac-
ciarlo da tergo su quei medesimi passi pei quali sa-
rebbe disceso.
Alcuno potrà dire che, col tener la ferrovia sul lito-
rale, se la si sottrae alle minacce d'un nemico che
venga dal lato di terra, la si espone ad un nemico
che venga dal lato di mare. Si può rispondere che,
se si ha da temere uno sbarco, allora si ebbe torto
di decretare che la ferrovia « corresse col suo generale
sviluppo il litorale »; allora tutti i trecento e più chi-
lometri della ferrovia devono riputarsi in continuo pe-
ricolo; allora poco gioverà d'aver messo in salvo dietro
i monti questo breve tronco, ch'è una sedicesima parte
del totale, e che uno sbarco del nemico sopra altro
tronco più vicino renderebbe isolato e inutile. Un tale
atto di prudenza sarebbe dunque affatto superfluo; e
avrebbe solamente l'effetto di rendere le communica-
zioni tra le fortezze di Genova e quelle della Spezia
soggette a due pericoli e a due nemici: esposte per
un tronco al nemico maritimo e per un altro al nemico
terrestre.
I1 nostro più probabile nemico non viene dal mare,
non è una potenza maritima. Né la parte della ferrovia
iitoranea più prossima ai pericolo sarà la più vicina
a Porto Venere e alla Spezia. Dopo Sestri di Levante
non vi sono più rade né seni, i quali in mare agitato

. . . . . . . . ..
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 315

possano offrire ricovero ad una forza navale che serva


di unica base ad una forza terrestre gettata sopra un
lido ostile a piedi di balze inaccessibili, in faccia ad
una popolazione avvezza e indurita ai pericoli mari-
timi, e che dobbiamo supporre tutta armata e mili-
tarmente ordinata. Del suo valore si ebbe prova non lon-
tana nel 1806 e 1807, quando, anche senza interesse
suo proprio e per generosa difesa, accorse più volte a
. proteggere legni mercantili che, inseguiti da corsari,
vennero a cercare asilo sotto questa Riviera.
La cresta dei monti intorno a cui verrebbe a cor-
rere la ferrovia litorale, formando giogaja continua in
communicazione diretta colla Castellana, potrebbe ve-
nir facilmente protetta dal presidio di questo forte.
Insomma, se si eccettua il solo recinto di Genova, que-
sta sarebbe, in tutti i trecento chilometri della ferrovia
ligure, la parte più sicura. Che se la ferrovia venisse
insultata e intercetta nel tronco più prossimo alla for-
tezza, questa potrebbe pel lato opposto, cioè per la
Spezia e per l'attuale via carreggiabile della Foce e
della Vara e del monte Bracco, raggiungere la ferrovia
in un punto più lontano e non occupato dalla me-
desima forza nemica; perocché questa non potrebbe
trovarsi nel medesimo tempo da per tutto. Anzi è pro-
babile che presto si avrà, lungo tutta la Val di Magra,
altra linea ferrata, che è quella or ora chiesta al go-
verno dell'Emilia e destinata a riunir Parma e Pontrè-
moli colla Lunigiana. O in un modo o nell'altro, il
porto militare avrebbe i l vantaggio d'una duplice, anzi
triplice, communicazione, cioè da un lato pel litorale,
dall'altro per la presente strada carreggiabile e la futura
strada ferrata delle interne valli.
Se poi alcuno avesse mai a pensare che una fer-
rovia d'uso mercantile e publico non dovesse attraver-
sare le linee di difesa d'una fortezza, egli rinoverebbe
l'esempio di quei generali austriaci i quali a principio
316 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
non volevano che la ferrovia lombardo-véneta passasse
se non a certa distanza da Malghera, da Verona, da
Peschiera, e fin anche dal ponte dell'Adda a Cassano
perché intendevano di fortificarlo. Ma poco dipoi, vol-
lero costringere la società di quella ferrovia a costruire
a sua propria spesa fortificazioni da per tutto dove
al passaggio dei fiumi non ve ne fosse di già; e ag-
giunsero a Verona un nuovo forte, per comprendere
entro il circuito della piazza la ferrovia che prima ave- ,
vano voluto tener lontana. Le objezioni che si faces-
sero contro il passaggio della ferrovia pel recinto mi-
litare della Spezia varrebbero anche contro il passag-
gio pel recinto militare di Genova.

Lasciando la questione militare, rammenteremo che


la ferrovia ligustica è in tutta l'Europa forse unica e
impareggiabile se si considera come destinata a di-
porto e delizia dei viaggiatori. Dai lidi di Nizza, pro-
tetti contro i geli dalle stesse gelide vette delle Alpi,
fino agli interni recessi della Spezia una perenne pri-
mavera alletta l'abitante del ruvido settentrione; e gli
offre da un capo all'altro una successione di scene al-
pestri e maritime, alternanti con giardini e ville e città
ornate di splendidi edificj e monumenti. Questa con-
tinuità di luoghi ameni, salubri, popolosi e adorni non
è commune alle vicine rive del Mediterraneo; non lo
è certo alle maremme toscane e romane, e nemmeno
al litorale francese, se non nella parte appunto più vi-
cina a queste medesime Riviere e con esse congiunta.
Or non si vede come la società imprenditrice avrebbe
interesse d'abbreviare e mutilare sul più bello questo
continuo passeggio, di fuggire i deliziosi lidi di Porto
Venere e la vista delle vicine isolette, li aranci di Cor-
niglia, le palme di Manarola, l'intero panorama del golfo
della Spezia, e cacciarsi per di sotto i monti entro le
cupe valli della Vara, chiuse intorno dalle inospite
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 317

pendici del Bracco e del Gotra. Sarebbe errore biasi-


mato in perpetuo da tutta la elegante Europa, e deriso
nella Svizzera e da per tutto ove l'arte sa trar profitto
e denaro dalla bella natura.

La linea ligure è infine a considerarsi come una


catena di linee vicinali, destinata a congiungere con
moto continuo tutti i porti della Liguria e le valli
meridionali dell'Apennino, si fra loro, sì colle fertili
provincie del Po.
Vive schierata su questa linea una popolazione di
novecento mila anime, la quale non è già come tante
altre una moltitudine aggiogata alla gleba, ma una
delle stirpi più accorte, intraprendenti e mobili che il
mondo conosca. Avvezza fin da remoti secoli a cor-
rere i mari, essa stende le sue navigazioni dagli interni
seni del Mar Nero, ove una volta ebbe un possente
dominio, fino agli affluenti della Plata, che già da pa-
recchi anni viene animando con imprese mercantili.
Non fu il caso, ma fu il nativo genio del popolo ligure
che condusse il più illustre de' suoi figli a compiere,
con prodigi di sagacia e perseveranza, il primo tra-
gitto dell'oceano nella sua più formidabile ampiezza.
Il produtto vicinale delle ferrovie è in ragione composta
del numero delle popolazioni e della loro attività e
mobilità.
Col frutto secolare del suo commercio e della sua
frugalità, questo popolo seppe dare alle sue città il
più suntuoso aspetto, nel tempo medesimo che a forza
di fatiche e d'oro trasmutò le più inospite rupi in
vigne e oliveti e giardini di cedri e d'aranci, facendosi
di propria mano quasi una nuova e più deliziosa patria,
ammirata egualmente dai popoli per bellezza di natura
e d'arte.
Non è più così nelle valli della Vara, per poco che
siano discoste dalla marina. Quivi la popolazione è
318 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

scarsa, disseminata in rustici casolari, intenta a ricavar


dall'agricultura i produtti di suo necessario e imme-
diato consumo, senza industrie che porgano occasione
a importar materie prime o esportar manifatture, e met-
tano in circolazione quel denaro che abilita il popolo
ad approfittare d'una ferrovia e alimentarne il reddito.
Quivi la ferrovia non giungerebbe nemmeno desi-
derata dalle popolazioni, perché i rapidi convogli a
prima giunta sconcerterebbero tutto quell'infimo traf-
fico locale su cui molte famiglie hanno fondato la loro
sussistenza. Mancato quello, esse non potrebbero per
lungo tempo supplire con altre industrie; onde pertanto
sarebbe frattanto aggravata la naturale loro povertà.
Al contrario, sull'opposta pendice degli stessi monti
che scende al litorale, la popolazione è aggruppata in
centri trafficanti; il cui complesso, sopra un breve
spazio, val quanto una buona città provinciale pel nu-
mero degli abitanti e per la loro indole. Molti fre-
quentano i mari e le vicine isole di Corsica e Sarde-
gna, o si affacendano in varii modi a Marsiglia, a To-
lone e altrove; raccogliendo colla loro solerzia e tem-
peranza di che provedere alle famiglie rimase in pa-
tria e alimentare in esse industria, commercio e costante
mobilità.
Inoltre a codesti piccoli centri, come Moneglia, Le-
vanto, Riomaggiore, Porto Venere, fanno capo le po-
polazioni sparse sul dorso dei monti e nelle valli. Le-
vanto, per esempio, che conta a un dipresso cinque-
mila anime, può considerarsi come una città di dieci
mila, se si tien conto che viene giornalmente fre-
quentata per minuti negozj dalle famiglie di Montale,
Valli, Bracco, Casale, Pignone e altri paesi i quali
per ogni effetto di commercio sono come suoi sob-
borghi.
Tutta questa popolazione, giovata dal favor del
clima, dalla prossimità del mare e da piccoli capitali e
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 319

Scorte che ha in serbo, anziché coltivare le triviali


derrate di suo consumo immediato, coltiva preziosi
agrumi, olivi, viti, arbori fruttiferi, facendo poi traffico
in vicini e lontani mercati, importando viceversa grani
e farine, cambiando gli alici e altre sue pescagioni con
pesce secco forestiero; sicché tra i suoi produtti e i
suoi consumi vi è l’intermezzo d’un costante commercio
e d’un continuo moto di cose e di persone.
In tempo di regolari vendemmie, quali esse erano
alcuni anni addietro prima della recente infezione delle
viti, si calcolava che questo breve tratto della Riviera
di Levante esportasse più di 150 mila ettolitri di vini
assai pregiati; alcuni dei quali, come quelli delle Cin-
que Terre, si vendono fino a 80 e 90 franchi all’et-
tolitro. Ciò rappresenta un annuo reddito d’alcuni mil-
lioni e perciò un capitale considerevole, diviso tra
molte famiglie. Presso Levanto e Porto Venere vi sono
cave antiche di bellissimi marmi; e ora si sono aperte
miniere di rame. Riomaggiore e Biassa hanno co-
stante lavoro nelle cave dell’arenaria onde sono la-
stricate le vie di Genova e i labbri del suo porto, e
si costruiscono ponti e altri edificj. Questa indole indu-
striosa che poté già svolgersi in seno al più completo
isolamento sopra una costa lasciata senza strade, avreb-
be grande sviluppo se vi si aprisse passaggio di gente
e di merci e rapida communicazione colla Toscana,
con Genova, colla valle del Po, colla Francia.
Tanto maggiore sarebbe la loro sventura, se mentre
la ferrovia percorresse tutte le altre parti delle due Ri-
viere, solamente essi dovessero rimanerne privi. Sa-
rebbe come conferire in loro danno un privilegio ed
un monopolio ai loro vicini. In fatto i locandieri, i
trafficanti e molti privati si varranno della ferrovia
per venire nei luoghi da essa percorsi a fare incetta
di vini e altre derrate. E i mercati ch’essa evitasse, sa-
ranno posti d’improviso in condizione avversa e iniqua,

.
320 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

mentre le altre parti delle Riviere avrebbero pronto il


viaggio e il ritorno colla locomotiva, essi rimarrebbero
confinati all’incerto e lento cabotaggio, soggetti alle
vicende del mare e alle conseguenti incertezze ed avarie.
Una prova di quanto accadrebbe già si vede in ciò che
avvenne in Genova, la quale, dacché trovossi congiunta
per ferrovia col vinifero Piemonte senza esserlo nel
medesimo tempo colla Riviera di Levante, cessò af-
fatto dalla consueta ricerca che faceva dei vini di que-
sta a caro prezzo.
. Dovrebbe dunque in forza del decreto 16 otto-
bre 1859 (art. 5°) l’estrema Riviera di Levante con-
tribuire annualmente a sostenere un decimo della ga-
ranzia d‘interesse sul capitale di costruzione d’una fer-
rovia da cui non sarebbe in punto alcuno toccata. Essa
sarebbe esposta a pagare, senza averne vantaggio, anzi
avendone danno.

Quando Napoleone concepì primamente l’idea di


fondare sul golfo della Spezia un grande arsenale ma-
ritimo, egli concepì pur quello di condurre lungo le
due Riviere la via carreggiabile della Cornice, che
doveva seguir sempre il lito fino alla Spezia. Pre-
valse poscia in altri il pensamento infelice d’evitare la
via piana della marina, e preferire la lunga e alta via
del monte Bracco, faticosa a salire, pericolosa a discen-
dere, massime in tempi piovosi e nevosi. Or dacché
si trasse dal sepolcro dell’eroe l’idea di trasformare in
porto militare la Spezia, ragion vuole che la si compia,
con guidare fin colà la strada della Cornice, sotto la
nuova forma, dal secolo voluta, di ferrovia.
Se questa Riviera dovesse veramente rimanere inter-
cetta dai servigi della locomotiva, la sua condizione
sarebbe tanto più a deplorarsi, in quanto, per la devia-
zione già da molt’anni avvenuta della via carreggiabile,
si trova interclusa da ogni communicazione terrestre;
111 - COMUNICAZIONIE LAVORI PUBBLICI 321
essendoché non le fu mai donato nemmeno un misera-
bile sentiero per le bestie da soma. Costretta a sop-
portare in questi anni calamitosi tutti gli aggravj, al
pari delle altre provincie più favorite da una centralità
indiscreta, essa sola si vede per tenace fatalità negato
ogni beneficio ed ogni partecipazione ai grandi trovati
del secolo. Obliata a un’estremità del regno, si vide
sempre costretta a luttare non solo cogli ostacoli della
natura ma colla incuria dei cittadini.
Ciò ch’essa, con coscienza del suo diritto, implora
è che la società ferroviaria, il ministero e il parlamento
s’inducano a prendere in più accurato e maturo esame
l’argomento, per giudicare se si avverano gli estremi
della legge, se la linea del litorale non offra le tre
stipulate condizioni : centri industriosi, porti maritimi
e convegni vicinali a cui non solo le circostanze di sito
concedono d‘avere accesso con una ferrovia, ma racco-
mandano di darlo, a preferenza d‘altra linea, né lito-
rale, né industre, né popolare, né facile, né breve.
La società intraprenditrice può ingannarsi ne’ suoi
calcoli; pensando far meglio può far male; essa è in
diritto, se vuole, di fare un’operazione perdente, Ma
quando le sue perdite devono ricadere a carico dello
Stato, che assicurò gli interessi d‘un capitale ingente,
e a carico di popolazioni che non ne traggono profitto
ma danno, giustizia e prudenza consigliano che l‘errore
venga piuttosto prevenuto in tempo, che troppo tardi
inutilmente deplorato.

21. . CATTANEO.Scritti politici. II.


322 CATTANEO - SCRITTI. POLITICI - II

Febbraio 1860
Delle ferrovie per le Alpi *
L‘ingegnere Flachat visitò quattro volte in questi
due anni il Gottardo all’uopo di studiare la comparativa
difficultà di quel passo; e dopo avere attentamente
meditato un argomento di tanta importanza al com-
mercio, confida che le sue proposte possano reggere
alla più rigorosa discussione.

Egli comincia col dire che se si dovesse mirar la


cosa solamente sotto l’aspetto militare, la Francia e
l’Italia non avrebbero interesse di favorir questo o altro
qualsiasi passaggio per le Alpi svizzere.
L’asserzione non si può accettare in modo assoluto.
La neutralità svizzera si fonda sul consenso delle po-
tenze, le quali s’imposero mutuamente questo patto
per vivere in pace; epperò si può contare sopra di esso
solamente finché le guerre siano parziali. In caso di
guerra generale, le grandi potenze non hanno più la
medesima ragione di rispettarlo; e alcuna di esse po-
trebbe forse avere un sì urgente e impetuoso interesse
d‘avanzarsi o di ritirarsi toccando in qualche parte il
confine svizzero, da determinarsi per ciò solo ad affron-
tare i mezzi di difesa che la Svizzera su quel punto
potrebbe opporre. Li avversarj potrebbero fare altre-
tanto o per risarcirsi o per prevenire. E la Svizzera,
anziché difendersi allora contro ambo li invasori, po-
trebbe, anco per interessi istantanei del suo commercio
e delle sue sussistenze o per interna pressione, decidersi
piuttosto per una parte che per l’altra, Né veramente

* Pubblicato anonimo in POL., 1860, VIZI, pp. 177-186.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 323

lontane mire di riacquisto o d'ingrandimento sono in-


compatibili colli'indole del popolo svizzero, industrioso
e cauto bensì ma pronto in armi e bellicoso e conscio
d'esser temuto; e uno stato libero, ma piccolo, ha inte-
resse a migliorare le future condizioni della sua sicu-
rezza. Prescindiamo anche dai tempi anteriori alla neu-
tralità e dai passaggi operati nel 1799, nel 1814, nel 1815
da eserciti d'ogni gente pel Gottardo, pel Gran S. Ber-
nardo, per la Spluga, pel Sempione, pel ponte di
Basilea. In questi ultimi vent'anni, la Svizzera si vide,
ad onta della neutralità, gravemente minacciata quat-
tro volte: nel 1840, dalla Francia per l'asilo dato a
Luigi Napoleone; nel 1847, dall'Austria e dal Piemonte
in conseguenza dell'espulsione dei gesuiti; nel 1853,
dall'Austria che trattò con aperta ostilità uno dei con-
federati; nel 1857, dalla Prussia per il soccorso dato ai
repubblicani di Neuchàtel. Or, chi può aver nemici,
può avere alleati. E questi alleati della Svizzera pos-
sono ben essere la Francia e l'Italia. Ciò posto, è certo
che una linea retta e continua dal Reno al Po, sarebbe
un potente e forse un necessario mezzo di commune
difesa alla Francia e all'ltalia contro la Germania. Ma
viceversa non sarebbe necessaria alla Germania; pe-
rocché questa, finché stanno le presenti condizioni dei
territorii e dei sistemi fortificati, ha già un'altra linea
continua e parallela a questa, dal Reno alla Sava, e
presto ne avrà compiuta un'altra più avanzata e più
diretta, dal Reno all'Adige e al basso Po.

Ma se la neutralità può limitare l'importanza mi-


litare d'una ferrovia, tanto più ne accresce anche in
tempo di guerra l'importanza commerciale, massime
s'è già grande in tempo di pace. Intorno a ciò, l'autore
osserva che le ferrovie francesi varcheranno i gioghi
del Jura sopra quattro linee, forse sopra cinque: una
per Basilea, una per Ginevra, le altre nello spazio frap-
324 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II .
posto. Tutte queste rotaje, percorrendo I’ubertoso av-
vallamento che divide il Jura dalle Alpi, mireranno
a raggiungere più o meno direttamente il Gottardo,
l’Albrunna, il Sempione. Esse potrebbero anche rag-
giungere il Lucomagno, il Bernardino, la Spluga, e
altri passi, ma per circuito sempre più lungo. Tre
gruppi di ferrovie francesi tendono alle Alpi svizzere:
quello dell’Est, quello d’Orléans, quello di Lione. Il
primo vi arriva più rapidamente; esso tocca Basilea più
presto che il secondo non tocchi Ginevra o qualunque
altro punto fra Ginevra e Neuchàtel. La ferrovia del-
l’Est è dunque la più interessata al pronto aprimento
delle Alpi svizzere. Per converso, la linea di Lione
raggiunge più presto i passi della Savoja e della Li-
guria; ma essa non risponde al più diretto commercio
tra il mezzodì e il settentrione, dove per la diversità
dei climi, delle terre, delle coltivazioni, delle industrie,
de’ consumi, le occasioni di cambio sono maggiori.
La lega daziaria germanica, potendo raggiungere
varj passi delle Alpi svizzere a condizioni di distanza
presso che eguali, deve mercantilmente preferir quelli
che avessero già il vantaggio di convenire anche alla
Francia. Questo accordo d’interessi in una medesima
impresa assicura le forze per alimentarla.
Se poi nella Svizzera medesima si consideri la den-
sità delle popolazioni, la loro comparativa industria,
la loro posizione sulle linee di transito, se si fa insomma
una questione di maggioranza : « nul doute qu’ à tous les
points de vue les passages du mont Saint-Gothard et
du Simplon réuniraient les suffrages; mais le premier
surtout! (p. 10) ». I1 signor Flachat molto sensata-
mente osserva che la strada del Sempione, se si mira
ai tempi in cui fu costrutta ed ai mezzi che l’arte offriva
allora agli ingegneri, è un’opera ammirabile; che la
strada del Gottardo è molto meno larga, con acclività
più forti e diseguali e con curve più frequenti e più
-
III COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 325

aspre. Eppure questa è frequentata di notte e di giorno,


mentre « la route du Simplon est déserte (p. 83) ». I1
fatto è che la strada del Sempione si deve sopratutto ad
un'idea politica e militare; quella del Gottardo ad
un'idea totalmente e puramente commerciale; il com-
mercio alimentò l'opera sua. Se le due carreggiate si
tradurranno in due ferrovie, resterà sempre fra loro la
medesima differenza. Nella questione commerciale il
sig. Flachat è dunque pienamente d'accordo con ciò
che fu dimostrato nell'antecedente nostro numero. Or
veniamo alle considerazioni tecniche.

I passi svizzeri sono all'altitudine sopramarina di


circa duemila metri. Fino alla metà di tale elevazione
è facile pervenire con salite del 25 al 30 per mille.
Più oltre è forza accostarvisi con linee serpeggianti,
simili alle strade attuali. Quanto più ripide saranno le
salite, tanto più brevi saranno le linee. Infine, un
traforo può risparmiare parte della salita e della di-
scesa; e può anche sottrarsi alle valanghe, alle frane,
alle nevi fisse che ingombrano i gioghi per sei mesi
dell'anno, alle frequenti nevate degli altri mesi, al gelo
che arriva fino a 30 centigradi. Ma il sig. Flachat è
avverso alle gallerie; egli pensa che il viaggiatore abbia
un istinto ripulsivo per le lunghe corse sotterranee.
Sul monte Cenisio, all'altitudine di 1190 metri nel
versante piemontese e di 1324 nel versante savojardo,
si è intrapreso un sotterraneo lungo 12700 metri, che
avrà I'acclività interna di 23 per mille in un versante
e di 20 nell'altro; il suo punto culminante resterebbe
1335 metri sotto al giogo pel quale passa la strada at-
tuale. II traforo fu intrapreso coi consueti metodi
intantoché si attendevano li apparati pei metodi di
nuova invenzione.
Senonché, trarre la forza motrice dall'aria com-
pressa per mezzo di cadute d'aqua : trasmetterla nelle
326 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
più interne cavità alle macchine perforanti : sommini-
strare l'aria respirabile, principalmente dopo le grandi
esplosioni delle mine: traslocare ad ogni tratto li
operatori: sfogar le aque: conservare entro certi limiti
la temperatura, elevata per effetto delle illuminazioni
e delle esplosioni, o depressa per la liberazione dell'aria
motrice: sono tutte operazioni le cui difficultà colla
costanza e coll'ingegno si potranno vincere. Ma il
tempo vuole inesorabilmente la sua parte; gli anni si
conteranno a decine; « cette part peut se compter par
dìzaines d'années (p. 13)».
Gli ingegneri annunciarono che il traforo, mentre
coi metodi antichi avrebbe occupato trentasei anni, coi
nuovi ritrovati si potrà ridurre a sei; perciocché si po-
trà spingerlo da ambo i capi, nella ragione di tre metri
in ventiquattr'ore. Ma per ciò si è supposto che in que-
sto tempo si avessero a sgomberare solo 120 metri cu-
bi di materie, mentre una galleria senza pozzi, lunga
più di tredici chilometri, dovrebbe avere le medesime di-
mensioni di quella di Blaisy; epperò ne dovrebbe dare
giornalmente 250. Inoltre, se ci figuriamo arrivati alla
metà dell'opera, cioè a tre chilometri di galleria fatta,
sì dall'uno che dall'altro capo, non si vede come si po-
trà dissipare quella massa di gas deleterj che si svolge-
rebbe dalle sette esplosioni quotidiane, ciascuna di quat-
tordici chilogrammi di polvere, pur supponendo vero
che questa misura basti anche alla qui supposta minima
ampiezza degli scavi. I gas che si svolgono sono: acido
carbonico, azoto, sulfuro potassico, ossido carbonico, aci-
do solfidrico, idrogene, ossigene, solfato e carbonato di
potassa, solfo-cianuro potassico e vapore aqueo. I gas,
se non vengono potentemente agitati, si mescono all'aria
con somma lentezza. La commissione ritenne che il
volume di gas generato dall'esplosione d'un chilogram- I

mo di polvere, per divenire innocuamente inspirabile,


debba mescolarsi con 250 metri cubi d'aria. L'agitazio-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 327

ne si otterrà col mezzo dell'aria compressa che s'in-


trodurrà dalla bocca della galleria alla misura, per
ogni secondo, di 1m 135 d'inverno, e 1m 632 destate.
Ma non si calcolò che, quando il traforo sarà giunto a
tre chilometri di lunghezza, il tempo richiesto per
l'uscita quotidiana dei gas sarà di ore ventuna, escen-
doché il fumo e i gas irrespirabiii, svolti dalle sette
esplosioni, farebbero più di novemila metri cubi! La
commissione non pose mente che, avendo i singoli
gas condizioni assai diverse di densità è di temperatura,
la loro miscela si rende sì malagevole che l'adoperarli
come combustibile ch'è quanto dire il porli a intimo
contatto coll'aria occorrente alla loro combustione, è
uno dei più ardui problemi di scienza industriale. Il
fatto è che la pronta combustione di tali masse di pol-
vere, entro una galleria oltremodo lunga e chiusa ad
uno dei capi, è un fatto nuovo e impreveduto. Frattanto
bisognava piuttosto mirare a conseguir la più sollecita
espulsione, introducendo molto maggior copia d'aria
per attivare una velocissima corrente. Ma il motore
idraulico, già occupato a comprimere l'aria a sei atmo-
sfere pel servizio delle machine perforanti, allora di-
viene insufficiente; e sarà necessario che ceda il po-
sto alla machina a vapore.
E anche il lavoro de' perforatoj soggiace a gravi
difficultà. Risultò alla commissione che fosse dodici
volte più rapido di quello dei manuali. Ma se si ana-
lizzano tutti i movimenti del minatore, si trova ch'egli
deve fissare il punto da perforare: disporre il la-
voro : compiuto il pertugio, ripulire, caricare, accen-
dere : allontanarsi : attendere la dispersione dei gas :
ritornare : spazzare i rottami. La commissione calcolò
uno solo di codesti movimenti, la perforazione; e per
un perforatojo solo. Ma i perforatoj, condutti da un
carro scorrente sopra una rotaja e poscia messi a po-
sto da due uomini, sono 17. Dieci di essi devono fare
328 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tre buchi per ciascuno, tutti sopra una linea retta che
deve formar poi la soglia della galleria. Gli altri sette
faranno pure tre buchi per ciascuno, destinati alle ca-
riche e al distacco del masso. Non si potrà dunque
sperare un guadagno di tempo nella supposta uniforme
ragione di uno a dodici; ma la velocità generale dipen-
derà sempre dal più lento fra tutti i 17 perforatoj, da
quello che sia stato l'ultimo a collocarsi o che sog-
giacia a qualsiasi avverso caso. Due uomini devono ri-
pulire i ventuno fori da mina e caricarli; poi scostare
il motore e il tubo dell'aria compressa; e non acco-
starlo nuovamente, se non quando siasi dissipato il
nembo dei gas, e siano spazzati i rottami più grossi.
Nelle rocce più dure, potranno rimanere sporgenze
che sarà necessario di rompere a mano e sgombrare,
restando ancora a sgombrarsi i frammenti più minuti,
durante la ripresa della perforatura e attraverso agli
interstizj del carro. E sembra che, tranne la foratura,
tutte le altre operazioni saranno coi nuovi metodi più
lunghe che cogli antichi.
È adunque mestieri far lunga esperienza, prima di
poter precisare qual sarà nei successivi stadj dell'opera
il crescente consumo del tempo, epperò qual potrà
essere il termine finale « Jusque là c'est sur l'emploi
des moyens ordinaires qu'il faut compter, si I'on per-
siste à passer les Alpes par de longs souterrains. (pa-
gina 78) A fronte di tali gigantesche imprese, che la
lunga vita delle nazioni giustifica, ma che oltrepassano
forse i limiti di ciò che una generazione deve alla sua
posterità, l'autore dimanda se li ostacoli furono debi-
tamente apprezzati.

Inoltre, dall'altitudine sopramarina di mille metri,


fino a quella di 1324, in cui s'apre il sotterraneo nel
versante savojardo, la rotaja dovrà correre sulla super-
ficie del suolo in asprissime condizioni di clima. Non
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 329

v'ha esempio d'opera simile a questa fuorché nel Sem-


mering, il cui fastigio non raggiunge di lunga mano
un'altitudine alpina, poiché appena arriva a settecento
metri (698); e non è dominato da più alte creste gla-
ciali. Pensa l'ingegnere Flachat che il sistema pre-
scritto pel Cenisio, di curve non minori di 350 metri
di diametro, sia in perpetuo contrasto colla configura-
zione del terreno. Egli raccomanda l'esempio degli
Americani, i quali per congiungere, almeno in modo
temporaneo, le ferrovie sopra i due opposti versanti
d'una giogaja, intantoché si raccolgano i capitali per
effettuare più commode maniere di passaggio, o arrivi
il termine di tempo necessario al compimento della
galleria, imaginarono passaggi economici e provisorj,
per mezzo di forti salite serpeggianti, congiunte da
curve di minimo raggio.
Sulla ferrovia da Baltimore all'Ohio, l'ingegnere
Latrobe praticò attraverso agli Alleghany una rotaja
di straordinaria acclività, col proposito di sostituirvene
poi, durante l'esercizio di questa, un'altra di più mite
pendio, mediante traforo. In una salita superò il 55
per mille; nelle curve giunse al raggio di 110 metri; in
ogni risvolta fece un ripiano, dove il convoglio, che ar-
riva con machina avanti, parte con machina addietro,
O viceversa. In Virginia, al passo del Blue Ridge, l'in-
gegnere Ellet, vedendo che dopo quattro anni di la-
voro ne rimanevano ancora tre, pensò di procurare alla
compagnia il pronto godimento di quanto era già fat-
to. Lasciando che si proseguissero le due grandi galle-
rie di Kingswood e Boardree, imitò frattanto l'esem-
pio qui sopra citato; e contro il parere di tutti i suoi
colleghi, condusse in sette mesi una rotaja provisoria
fino all'altitudine sopramarina di 575 metri. La spinse
fino alla massima acclività di 56 per mille; ma la limitò
a 45 per mille nelle curve, una delle quali ha il rag-
gio di 71; e si valse di machine a sei rote molto avvi-
330 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
cinate. La rotaja venne aperta nel 1854; né le nevi
o i ghiacci interruppero mai le corse. Ma qui ci sia
lecito di far considerare al sig. Flachat che, sebbene
i climi degli Stati Uniti siano, a pari latitudine alquan-
to più freddi dei nostri, la Virginia è alla latitudine
della Calabria e della Sicilia (36.° = 40.°), e il giogo
del Gottardo, ch'egli vorrebbe superare a cielo aperto,
si eleva sopra il mare il quadruplo del Blue Ridge; e
questo, al sito del passaggio, non è più che un colle, il
quale sovrasta alla valle di soli 137 metri. L'induzione
dunque sembra di soverchio ardita. Se si vuoi fare la
sua parte al tempo, si deve fare anche la sua parte al
clima e alle altezze.

In ogni modo, giova sapere che il sig. Flachat con-


fida di poter superare il giogo del Gottardo, disponen-
do la rotaja a venti chilometri d'ascesa e altrettanti di
discesa, colla salita costante di 50 per mille e con
curve di soli venti metri di raggio, intagliate profon-
damente nella rupe per sottrarle all'impeto delle val-
langhe, ben difese non solo quanto occorre a rimovere
ogni real pericolo, ma inoltre a tranquillare appieno il
viaggiatore. Descrivendo in tutto una ventina di risvol-
te, egli adotta il ripiego americano, sebbene giudicato
assai pericoloso, della machina alternamente avanti-
addietro; profitta del peso di tutto il treno per aderire
alla rotaja, applicando la forza a tutte le rote di tutti
i veicoli; tiene per limite alla potenza motrice, non il
dato negativo del peso delle machine, ma il dato po-
sitivo della superficie di riscaldo. Pensa che nelle cur-
ve, elevando il raile esterno al triplo del preciso bi-
sogno, e rallentando debitamente la velocità, l'urto vien
quasi ad annullarsi. Intende si debbano cumulare tut-
ti i mezzi che l'arte suggerisce per allenire la discesa,
e sopratutto l'applicazione della forza centrifuga alla
manovra dei freni, ideata dal sig. Forquenot, e l'appli-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 331

cazione del contro-vapore a tutte le rote del convoglio,


in modo d’ottenere, se necessita, non solo la fermata
quasi istantanea, ma un pronto moto retrogrado. Con
ciò egli pensa poter discendere il Gottardo colla velo-
cità di otto chilometri all’ora, e di compiere ascesa e
discesa in ore due e mezzo. Propone poi di studiare
un’apposita costruzione di veicoli, che renda meno mo-
lesto al viaggiatore un freddo di venti a trenta centi-
gradi e prevenga il congelo dell’acqua e delle materie
untuose.

Biasima l’A. gli ingegneri che vollero risolvere le


difficultà studiandole in massa e in modo troppo som-
mano, e non con quella costante diligenza ed economia
colla quale gli ingegneri svizzeri, adattandosi ai mi-
nimi accidenti del terreno, condussero tanto le fer-
rovie quanto le altre strade. Egli calcola che il sopra-
passo del Gottardo non costerebbe più di 400 mila
franchi al chilometro né, con curve di venti metri
di raggio, più di 300 mila franchi (pag. 49, 50). Il
limite di spesa, nei tronchi montuosi delle ferrovie
francesi tra Parigi e il Mediterraneo, è stimato di 400
mila (pag. 52). Portata pur la spesa a questo limite,
egli crede sufficiente a compensarla un reddito lordo di
42 mila franchi, somministrato per 18 mila franchi dai
viaggiatori e per 24 dalle merci. Ciò richiederebbe
solo 90 mila viaggiatori all’anno, ossia in andata e ri-
torno 45 mila all’anno (o poco più di 120 al giorno), al
prezzo di venti centesimi per chilometro, ossia di otto
franchi per tutto il tratto alpino, superiore ai mille
metri d’altitudine. Richiederebbe poi cento mila tonne
di merci, al prezzo di 24 centesimi al chilometro, cioè
di quasi franchi dieci per tutto il passaggio del monte;
il che fa un centesimo per chilogrammo. Entro questi
dati l’impresa potrebbe già essere rimuneratrice.
Se quelli che avevano interessi contrarj al Gottardo,
332 CATTANEO - SCRITTI POLlTICI - II
esagerarono le difficultà, mentre, in paragone e al Lu-
comagno e al Sempione e al Cenisio stesso, vera-
mente fra tutti i passi il meno difficile e il più frutti-
fero: e se viceversa il sig. Flachat forse ha ecceduto
nell'opposto senso: noi crediamo ch'egli sia però molto
più vicino alla verità. Se le sue risvolte moltiplicate e
le sue curve forzose sembrano meno a raccomandarsi
che il più libero sviluppo nelle lunghe valli laterali
consigliato dall'ing. Luchini, e se il suo metodo, d'af-
frontare le più intense salite a nudo cielo, non potrà
forse condurci al sommo giogo del monte, certamente
ci potrà condurre almeno fino alle sue falde, cioè al
bivio che riunisce in Airolo il doppio accesso, di Lu-
cerna pel Gottardo e di Coira per Val Priora.
I1 costruire sul monte una rotaja provisoria pare su-
perfluo, a fronte della strada attuale che presta già un
servigio pronto e costante anche nelle più avverse sta-
gioni, e può anche ricevere ulteriori miglioramenti e
commodi; poiché si tratta solo di risparmiare una
qualche ora di viaggio. Gli Americani non fecero vie
provisorie se non attraverso a piccole alture d'un centi-
najo di metri o due; e non rinunciarono al proposito
di passarvi a maturo tempo per galleria. Conviene se-
guire il loro esempio, tanto più che nel Gottardo la
forma, comparativamente stretta, della base concede
di sottopassarvi, secondo le altezze, con un traforo di
sei chilometri o di quattro o di due. E il sig. Flachat
stima che il traforo costerebbe da due millioni a due e
mezzo per ogni chilometro, cioè, a conti compiuti, po-
co più della più ardita ascesa a cielo aperto. Qualun-
que possa essere in avvenire il possibile e imaginabile
progresso delle scoperte, una galleria di non soverchia
lunghezza, quando una volta sia compiuta, sarà pur
sempre il miglior modo di varcare un monte perocché
sarà come se il monte non vi fosse. Noi persistiamo
nell’opinione che per un passaggio destinato alla per-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 333

petuità, giovi attenersi nel Gottardo ad un punto piut-


tosto basso : epperò ad una galleria comparativamente
lunga, postoché sarà sempre mediocre. Se si suppone
pur di sei Chilometri, e si suppone spinto il lavoro ad
ambo le estremità in ragione di tre metri al giorno,
si hanno mille giorni di lavoro, ossia tre anni in tutto.
Se poi si suppone che, per le cose qui sopra discorse,
questa sollecitudine dei lavori non sia da sperarsi, an-
cora a fronte del Cenisio si avrà un vantaggio decisivo.
Poiché quando in tre anni o in tempo doppio o triplo
la galleria fosse giunta da ambo i capi a tre chilometri
di lavoro fatto, mentre sul Cenisio comincerebbero a
quel punto le più intrattabili diffcultà e i più diuturni
indugj, il traforo del Gottardo sarebbe già compiuto!

Di suprema importanza è l'istituire da capo severi


e ordinati studj tecnici e finanziarj e non ricader di
nuovo in parteggiamenti e capricci. Il maggior me-
rito di questo scritto del Sig. Flachat è quello d'aver
preso a mostrare come il passo del Gottardo si possa
ridurre entro i limiti d'un'impresa industriale in cui
la spesa e il reddito si bilancino, sicché le garanzie e
le posticipazioni richieste alle camere di commercio e
ai corpi legislativi non siano in ultimo conto largizioni
a fondo perduto.
Noi vorremmo che le forze dell'Italia superiore, del-
la Svizzera, dell'Alsazia si collegassero all'uopo di ri-
novare da capo gli studj per il passaggio dei monti;
e d'inoltrar frattanto le rotaje fino ad ambo le oppo-
ste falde, nell'intento di riunire il grand'asse della pe-
nisola italica al grand'asse del Reno. A questo la ca-
mera di commercio di Milano potrebbe con onorevole
iniziativa invitare quelle di Torino, di Genova, di Li-
vorno e delle città intermedie, nonché quelle di Lu-
cerna, Zurigo, Basilea, Mulhouse e Strasburgo.
334 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Maggio 1860
Ferrovia da Locarno a . Bellinzona *
La ferrovia di Bellinzona è il prolungamento ne-
cessario e inevitabile della linea commerciale del lago
Maggiore, la quale altrimenti diverrebbe una vera im-
passe.
A Bellinzona fanno naturale indirizzo le linee d’A-
rona, di Sesto Calende, di Varese, di Como; e vi po-
trebbe affluire anche una linea Bergamo-Lecco, e me-
diante navigazione tutta l’industria di quel lago.
Un’opera che si limita a congiungere il lago Mag-
giore con Bellinzona, sebbene sia ben piccola parte di
cìò che sarebbe a farsi, non è senza evidente publico
vantaggio. E sopratutto, si va inanzi senza rischio per
gli imprenditori e senza imporre enormi e forse in-
fruttuosi sacrificii alle popolazioni. Le ulteriori linee,
per di sopra o per di sotto alle grandi Alpi, sono tal-
mente avviluppate dalle difficultà tecniche e dagli in-
teressi locali, ch’è appena sperabile un retto giudizio:
e forse il più probabile esito finale sarà un publico pen-
timento.
La linea dal lago Maggiore a Bellinzona, giusta
il nuovo tracciamento studiato dall’ingegnere Franzoni,
più esperto delle circostanze del paese che gli inge-
gneri delle compagnie estere, è di soli 19 chilometri;
e gli elementi di spesa, sì per il poco valore dei terreni,
sì per la vicinanza di tutti i materiali, sarebbero in mi-
nimo grado, sicché la somma totale si ridurrebbe a
poco più di millioni due e mezzo (2.638.531). Vi sa-
rebbero due soli ponti considerevoli, l’uno di 80 me-
tri sulla Verzasca, l’altro di 150 sul Ticino, posto al

* Pubblicato anonimo in POL., 1860, VIII, pp, 527-528.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 335

di sopra dell'influentedella Morobia, per evitare il


passaggio di questo torrente, e perché il tragitto quivi
è comparativamente breve e in solido terreno.
Il maggior merito di questa impresa è che mentre
essa richiede un piccolo capitale, il reddito proba-
bile franca la spesa.
È a credersi che sarà favorita non solo dal com-
mercio del lago Maggiore, al quale è assolutamente ne-
cessaria, ma eziandio dalle camere di commercio di
Genova e di Torino e che gli interessi, per altro aspet-
to rivali, di Coira e di Lucerna, di Zurigo e di Basilea,
su questo breve tratto potranno essere concordi.

Giugno 1860

Memoriale del Governo di Lucerna


al Consiglio Federale sul migiioramento
della via carrozzabile del Gottardo.
Sulla ferrovia da Genova a Milano
e da Milano alle Alpi *
Quindici anni si sono consumati a studiare se con-
venisse abbandonar tutte le antiche strade delle Alpi
elvetiche fin qui frequentate, e aprire una ferrovia nei
deserti del Lucomagno; impresa veramente non facile;
poiché il più spedito modo di trarla a fine pare al-
I'ingegner Sarti quello di farvi un traforo continuo di
trenta chilometri; più che doppio di quello del Ce-
nisio, il quale è già il più lungo di quanti vennero finora
tentati!
E prima della ferrovia, si tratta di costruire sul
Lucomagno una via carreggiabile tutta nuova: la qua-

* Pubblicato in POL., 1860, VIII, pp. 623-630.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 335

di sopra dell'influentedella Morobia, per evitare il


passaggio di questo torrente, e perché il tragitto quivi
è comparativamente breve e in solido terreno.
Il maggior merito di questa impresa è che mentre
essa richiede un piccolo capitale, il reddito proba-
bile franca la spesa.
È a credersi che sarà favorita non solo dal com-
mercio del lago Maggiore, al quale è assolutamente ne-
cessaria, ma eziandio dalle camere di commercio di
Genova e di Torino e che gli interessi, per altro aspet-
to rivali, di Coira e di Lucerna, di Zurigo e di Basilea,
su questo breve tratto potranno essere concordi.

Giugno 1860

Memoriale del Governo di Lucerna


al Consiglio Federale sul migiioramento
della via carrozzabile del Gottardo.
Sulla ferrovia da Genova a Milano
e da Milano alle Alpi *
Quindici anni si sono consumati a studiare se con-
venisse abbandonar tutte le antiche strade delle Alpi
elvetiche fin qui frequentate, e aprire una ferrovia nei
deserti del Lucomagno; impresa veramente non facile;
poiché il più spedito modo di trarla a fine pare al-
I'ingegner Sarti quello di farvi un traforo continuo di
trenta chilometri; più che doppio di quello del Ce-
nisio, il quale è già il più lungo di quanti vennero finora
tentati!
E prima della ferrovia, si tratta di costruire sul
Lucomagno una via carreggiabile tutta nuova: la qua-

* Pubblicato in POL., 1860, VIII, pp. 623-630.


le, dopo aver servito ai lavori della via ferrata e nulla
più, dovrebbe venire immantinenti abbandonata an-
ch'essa alla distruzione e all'oblio!
Né con codesti pareri alquanto bizzarri resta al-
meno chiusa la lunga controversia. Poiché un'altra
nuova se ne apre colla proposta d'altri ingegneri di
volger le spalle a tutte le prerogative e meraviglie del
Lucomagno, per dare il pomo della bellezza ad un al-
tro deserto che si chiama il monte Settimo o Settimio,
alla sommità del quale si dovrebbe arrivare per una
lunga serie d'altri monti elevati e deserti.
E la questione non essendo solamente commerciale
e tecnica, ma inoltre, dopo la cessione di Savoja e
Nizza, essendo l'attenzione degli Svizzeri imperiosa-
mente chiamata sulla difesa del loro territorio, ci si
apre inanzi la prospettiva d'una complicazione finale
assai maggiore della prima. Perocché se supponiamo
che la questione, sebbene per tal modo ognor più av-
viluppata, possa decidersi entro una nuova serie d'anni,
resta ad aggiungere al conto quel numero d’anni che
sarà necessario per compir prima la strada carreggia-
bile, poscia il traforo; il quale già solamente pel mon-
te Cenisio potrebbe, secondo qualche ingegnere, con-
sumare una trentina d'anni.
Certamente noi lavoriamo per la posterità. Nes-
suno potrà dire che siamo egoisti; e nessuno potrà ne-
gare che siamo assennati.
Che fare intanto, vita nostra durante?

Intanto che il secolo va inanzi speculando sul mo-


do più sapiente di traforar le Alpi, io tomo alla pri-
miera opinione mia che convenga anzi tutto andar più
presso che si possa a codeste montagne che si vo-
gliono passare; e che perciò alla questione del tragitto
debba precedere quella dell'accesso.
Né si dica che per avvicinarsi alle Alpi sia neces-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 337
sità il decider prima quale fra esse tutte precisamente
: sia da traforare. Poiché se i monti eletti od eleggibili
sono parecchi, tutte le singole valli che conducono
a ciascuno di essi hanno certi punti di confluenza,
epperò d'inevitabile passaggio. Perloché comprenden-
do il Gottardo, il Lucomagno, il Bernardino, la Splu-
ga, il Madesimo, il Settimo e il Giulio, sempre l'ac-
cesso deve di necessità toccare uno dei due punti
inevitabili di Bellinzona e Chiavenna; sempre tutte le
teste delle ferrovie della pianura devono passare tra i
due punti estremi d'Arona e Lecco, per raggiungere
al di là delle alpi i due punti inevitabili di Fiora e
Coira.
Adunque Ia questione di tutte le eccelse e remote
Alpi si riduce primamente a quella di due molto basse
e piane e prossime valli: Chiavenna e Bellinzona.

Su tutta la cerchia delle Alpi noi finora abbiamo


quattro linee ferroviarie o già intraprese o almeno
favorite da grandi probabilità.
La prima è lungo il mare Adriatico; è la via di
Trieste e Vienna, già quasi compiuta.
La seconda è lungo il Mediterraneo; è la via di
Spezia e Nizza, che non è per anco intrapresa, se non
pel breve tronco alle porte di Genova, ma che dopo
la cessione di Nizza è d'evidente urgenza alla casa
Bonaparte per i crescenti suoi interessi in Italia.
La terza è la via del Cenisio, che conduce da To-
rino a Lione e Ginevra,
La quarta è la via del Brenner, che conduce da
Verona a Monaco e Augusta; e da Monaco conduce
nuovamente per Salisburgo a Vienna.
Avremo dunque due ferrovie che andranno in Fran-
cia e due che andranno in Austria e Baviera. Da una
parte si arriverà prontamente a Ginevra; dall'altra
s'arriverà prontamente ad Augusta.

22. . CATTANEO.
Scritti politici. I l .
338 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Si tratta ora di scegliere una quinta linea, che si
diriga all'intervallo tra Ginevra e Augusta. Essa, oltre
a servire al commercio, deve provedere anche alla
nostra indipendenza e libertà; poiché sarà la sola che
scorrerà in terra neutrale, senza soggiacere alla in-
certa toleranza dei due grandi imperii che tengono la
mano sul suolo d'Italia. Dovrà essa prender di mira
piuttosto Ginevra o piuttosto Augusta?

Se facessimo questa dimanda ad un semplice ca-


pomastro, io scommetterei ch'egli risponderebbe : né
piuttosto l'una, né piuttosto l'altra; è meglio tenersi
a egual distanza da Augusta e da Ginevra; prendere
la mezzerìa.
Or se prendiamo la mezzerìa. precisa tra Augusta e
il confine francese sotto Ginevra, il punto di mira cade
alquanto a ponente di Zurigo verso Lucerna presso la
Reuss, propriamente entro il versante del Gottardo,
d'onde scende la Reuss; è nel cuore della Svizzera,
in mezzo alla rete delle sue ferrovie, sulla doppia di-
rezione di Costanza e Basilea, del Meno e del Reno, di
Francoforte e Colonia, di Berlino e Bruxelles, a egua-
le distanza dalla frontiera austriaca del Vorarlberg e
dalla frontiera francese dell'Alsazia.
Se congiungiamo questo vero centro geografico con
Lecco e Arona, limiti estremi della nostra rete ferro-
viaria a levante e ponente, veniamo a rinchiudere en-
tro il triangolo Como, Lugano, Locarno, Bellinzona,
il Gottardo, Fiorà e il crocicchio della ferrovia trasver-
sale (E. O.). Veniamo bensì a involgere anche il Lu-
comagno; ma Coira resta esclusa, anzi lontana quanto
tutto l'intervallo fra Coira e Disentis; cioè una sessan-
tina di chilometri. E questo intervallo sarà d'uopo ogni
volta percorrere, camminando inutilmente verso le-
vante, quando ciò che importa al commercio italiano
è di correr sempre e direttamente verso settentrione,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 339
sì, se vogliamo conservare a fronte di Marsiglia l'uni-
co nostro vantaggio d'avere i nostri porti più internati
ne2 continente. È inutile il dire che da Coira per av-
vicinarsi al centro vero, è poi necessario ricorrer da
capo i sessanta chilometri nel senso opposto, da le-
vante a ponente. Questo vale per la maggior massa
delle merci e ancor più per la maggioranza dei viag-
giatori, i quali provengono. piuttosto dal Reno, dal
Belgio e dall'Inghilterra, che non dalla Baviera, dalla
Boemia e dalla Polonia. E questo inutile andirivieni
di centoventi chilometri si pagherà in apparenza dai
viaggiatori e dalle merci; ma sarà in ultimo conto
un'imposta perpetua sui porti italiani. Queste sono cose
che il Corrier Mercantile non ha mai potuto capire.
È superfluo il dire che dal triangolo centrale re-
stano esclusi il monte Settimo e il Giulio, i quali sono
ancor più a levante di Coira, e ancor più involti a
settentrione dalla frontiera austriaca.
Le linee del Lucomagno, della Spluga, del Made-
simo, del Settimo, del Giulio hanno tutte il passaggio
obbligato per Coira, scorrono tutte sotto il cannone
quasi austriaco del Lichtenstein e il cannone austriaco
del Vorarlberg; prolungate tendono all'Alta Baviera e
alla Boemia. Genova e Milano dovrebbero pagare
una terza ferrovia austriaca; poiché senza alcun dubio,
in caso di guerra generale, sarebbe una ferrovia austria-
ca. Era questa la sola che si potesse in altri tempi pro-
porre a quel governo; e allora era il meno male; ma
i tempi sono mutati; e la natura delle cose riprende
i suoi diritti.

Tutte le linee del territorio grigione sono rappre-


sentate oggidì da tre vie postali: il Bernardino, la
Spluga e il monte Giulio, al quale fanno capo i due
rami della Maloja e della Bernina. I1 numero dei viag-
giatori, che percorsero in diligenza la sola via postale
340 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

del Gottardo in un biennio, fa il 54 per cento di più


che quelle tre strade sommate insieme. V'è ogni ra-
gione di probabilità che questa differenza si conserve-
rebbe anche quando vi fossero due ferrovie in con-
correnza. Anzi il movimento delle tre strade non si
potrebbe mai raccogliere tutto sopra un passo solo;
perché le loro direzioni sono molto divergenti e sono
ordinate al servizio locale delle vicine valli. Questi dati
risultano dal Memoriale (p. 13) diretto dal governo
di Lucerna al governo federale, che ha in propria mano
l'azienda delle diligenze.
Ciò non ostante, l'amico Sarti si crede in diritto
d'affennare due volte, strada facendo, e senza darsi il
carico della prova, che « il Gottardo non sodisfa alle
viste commerciali (p. 28 e 31) ». E di questo modo le
questioni non finiscono mai; perché nessuno vuol mai
riconoscere quei fatti che nel caso concreto non s'ac-
cordano co' suoi momentanei propositi. Gli ingegneri
hanno preso dagli avvocati la mala regola di negar
tutto.

L'ingegnere Sarti propone di deviare da Piacenza


a Casteggio la ferrovia dell'Emilia, il grande asse della
penisola italiana, la grande linea mondiale che dal-
l'Istmo di Suez e dai due mari d'Italia tende al Reno
e all'Inghilterra. È un'idea di pessimo gusto, ed egli la
sostenta colla ragione ancor meno per noi digeribile
che il ponte del Po « non si desidererù, per viste mili-
tari, di averlo più basso di Pavia (p. 5 ) ». E più sotto
ripete che « nell'attuale condizione del confine coll'Au-
stria al Mincio, u n ponte a Piacenza sarebbe troppo
esposto ad una sorpresa (p. 9) ». Ciò implica niente
meno che in caso di guerra coll'Austria, nella strategia
dell'amico Sarti e di quei signori dei quali egli indo-
vina i desiderii, nulla si dovrebbe fare per coprire il
paese da Mantova fino a Pavia! Beati i Pavesi! Ma
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 341

questa non è una buona notizia per noi. Pare strano


che una piazza lontana dalla frontiera cinquanta miglia
non si possa proteggere da una sorpresa; ed è a cre-
dere che per una difesa strategica e attiva di Milano,
il Po dovrebbe avere un ponte fortificato, per lo meno,
a Cremona. Ma l’amico Sarti negherà tutto. Dunque
non diremo nulla.
E anche per la ferrovia da Milano a Beliinzona non
gli piace seguir la più breve direzione di Monza e
Como, alla quale egli stesso assegna una lunghezza to-
tale di soli chilometri 110. Egli preferisce la più
tortuosa corsa per Gallarate, Varese e Luino, alla qua-
le assegna una lunghezza di 18 chilometri di più. Egli
che altre volte tanto si adoperò per inviare a Monza
anche la ferrovia di Venezia, ora fugge da Monza collo
stesso impegno col quale allora vi volle andare. E sem-
pre bene.
Trova poi quasi impossibile condurre una ferrovia
dalla Camerlata a Chiasso, benché i due luoghi sia-
no a poco diversa altitudine. Io credo bene che, quan-
tunque m n necessario, sarà commodo e grato alle
popolazioni e fruttifero all’impresa il discendere in
quell’intervallo fin presso alla città di Como e al
lago; poiché infine tra Como e Chiasso il divario d’al-
titudine è d’una quarantina di metri, che si possono
ben guadagnare sul largo giro della valle della Breggia.
Al contrario egli trova molto agevole una ferrovia
che da Varese per la Val Cuvia discenderebbe a
Luino e di là, costeggiando il lago Maggiore, a Bel-
linzona (p. 14)». Ma veramente per la Val Cuvia
si ascende, e molto; e non si discende; si discende poi
per la Val Travaglia. Ma chi conosce quelle alte valli,
e quei dirupi fra i quali il fiume smarrisce la sua via
e scorre per lungo tratto sotterra, non le dirà certa-
mente più agevoli dell’intervallo tra Camerlata e
Chiasso.
342 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

Vi sarà poi da Luino a Bellinzona la concorrenza


della navigazione. E ciò ch'è peggio, sopra una qua-
rantina di chilometri tra Luino e Bellinzona, il di-
stretto di Macagno e la riviera di Magadino non con-
tano diecimila anime; mentre sopra una simile distan-
za, dalla Camerlata al monte Cèneri, il doppio distretto
di Como e quelli di Mendrisio e Lugano ne contano
centomila!
La nuova linea ch'egli propone è dunque non me-
no difficile; è più lunga e più tortuosa; è meno utile al-
le popolazioni, poiché le maggiori popolazioni non
sono su quella linea; ed è perciò meno utile a sé me-
desima, ed in ultimo conto più gravosa al commercio
e allo stato.
-
In una cosa consento alla fine coll'amico Sarti,
e me ne consolo; ed è che chi proponesse una ferrovia
per Lecco lungo il lago fino a Colico <<dovrebbepro-
porre anche la distruzione dell'ottima ferrovia esi-
stente, per non riuscire a sostituirvi una ferrovia che
incontrando difficoltà pressoché insormontabili (pagi-
na 15) ». Aggiungerò che questa linea avrebbe lo svan-
taggio perpetuo di affrontare, contro il noto parere di
Stephenson, la concorrenza della navigazione. E in-
fine non potrebbe contare se non sul vicino afflusso
della popolazione assai scarsa d'una sola riva del lago,
la quale non giungerebbe a un terzo di quella che ab-
biamo indicato sulla linea di Como e Lugano.
Queste due objezioni sarebbero a farsi anche per
una ferrovia che costeggiasse la riva occidentale. E vi
sarebbe ad aggiungere la somma difficoltà d'una linea
continuamente intrusa tra i monti e il lago; e la
sfrenata spesa che si richiederebbe a penetrare, non
senza una giusta accusa di vandalismo, entro quella
continua catena di suntuose ville e di giardini. Una
nuova via, assolutamente negata alle carrozze ed al
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 343

libero passeggio a cavallo e a piedi, sarebbe la meno


opportuna e la meno gradita a un popolo di villeg-
gianti, e diverrebbe un vero intoppo e una molestia.

I1 Memoriale di Lucerna espone i voti ai quali'ad-


divenne una conferenza che quivi si tenne l'8 giugno
dai delegati di Lucerna, Zurigo, Basilea, Argovia, So-
letta, Ticino, d'altri quattro Cantoni, nonché delle due
ferrovie Centrale e Trasversale (E. O.). In aspettazio-
ne degli anni non pochi che ad ogni modo si richiede-
ranno per compiere qualsiasi traforo delle Alpi, si de-
liberò che l'attuale strada carrozzabile del Gottardo
(la quale in una trentina d'anni costò già tre millioni)
si abbia a migliorare con poco meno d'altretanta som-
ma (2,630,380). La maggior parte di questo denaro
(1,860,000) sarebbe applicato a mutare l'andamento
della strada sul versante italiano e a premunirla dalle
vallanghe; poco meno d'un mezzo milione (479,000)
verrebbe dedicato ad allargare e difendere la strada
sul versante settentrionale; il rimanente (167,380) ad
ampliare i locali dell'ospizio ove si fa nel più rozzo
modo il reciproco scambio delle spedizioni fra i due po-
poli, e a fare qualche nuovo ricovero per viandanti e
lavoratori.
In tutte queste deliberazioni, all'idea commerciale
comincia ad associarsi quella d'un ordine Strategico di
difese che sia commune ai due versanti delle Alpi
svizzere. E anche da questo lato primeggia il Got-
tardo; e con maggiore evidenza. I1 Gottardo è per la
Svizzera un viscere vitale. E io credo che la sicu-
rezza della terra svizzera sia necessaria alla sicurezza
e libertà della terra italiana, sia come una selva sa-
cra che la protegge dalle vallanghe.
344 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Gennaio 1861

Sulla concessione delle ferrovie


di Napoli e Sicilia *

Premettiamo che alcuni elementi di questo atto si


riscontravano già nelle ultime concessioni impartite
in Toscana dal ministerio Ricasoli; e alcune si riscon-
trarono poi nel progetto del ministerio Cavour per le
ferrovie della Liguria.
Troviamo infatti nella concessione Ricasoli per le
ferrovie di Maremma (art. 5) che all'effetto di racco-
gliere i capitali occorrenti alla costruzione, il governo
contrarrebbe uno speciale imprestito. Troviamo nella
concessione delle ferrovie liguri, oltre al medesimo mo-
do di costituire il capitale, l'altro principio che il go-
verno si riserva l'esercizio e il frutto; e al concessiona-
rio solamente affida l'appalto e l'armamento. Non è
più una vera concessione nel solito significato, ma una
grande allocazione d'opera.
Ora a queste si aggiungano altre due condizioni:
- Che li assuntori, contro provisìone fissa, hanno l'in-
carico di fare i progetti ed eseguirli al modo, al prez-
zo e al tempo da concertarsi col governo: - Che,
contro altra provisione fissa, assumono l'incarico ban-
cario di collocare le cartelle, destinate a costituire man
mano il capitale. E allora si ha il progetto di conces-
sione per le due ferrovie da Firenze a Ravenna e da
Arezzo al confine romano. E si ha pur l'altra che, die-
tro quell'esempio, il dittatore di Napoli e Sicilia diede
ad una società pur toscana, composta anzi in parte del-

* Pubblicato in POL., 1861, X, pp. 77-92.


III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 345

le medesime persone, e rappresentata dalle case Adamì


e Lemmi.
Tranne la ferrovia di Maremma, tutte le altre con-
cessioni qui mentovate hanno il pregio d'escludere quel
pronto gioco a man salva, che i socj fondatori, prima
che le costruzioni fossero seriamente cominciate, so-
levano nel secolo d'oro fare a largo loro profitto, a
maggiore aggravio dei successivi e veri azionisti, e
a dissesto del commercio nella maturanza dei tempi.
Dalla ferrovia meridionale alla ligure v'è poi questo
divario, che nella prima ogni parte di lavoro viene
pagata secondo ciò che officialmente risulta valere.
Ma nella ligure la compera degli spazj, il lavoro e l'ar-
mamento vengono apprezzati in monte, a un tanto per
chilometro. La concessione meridionale è dunque meno
venturosa; offre maggior probabilità che in ogni par-
te d'opera, e per ciò in tutto il complesso, i pagamenti
corrispondano al fatto dei lavori; sicché, né dal lato
degli assuntori, né da quello del governo, vi sia fortuito
vantaggio o svantaggio. E vaglia il vero; nella ligure
il ministerio stesso mostrò di non avere assoluta fede
in codesta stima fatta in monte; poiché si riservò la
facoltà di rescindere il contratto, qualora nel mese do-
po la sanzione della legge si presentasse altro appalta-
tore, il quale offrisse una riduzione per lo meno del
cinque per cento sul prezzo convenuto. Nel che im-
plicitamente confessò la possibilità d'aver fatto un so-
verchio di stima, che importerebbe non meno di cinque
millioni.
Inoltre, nella ligure, se le pendenze non oltrepassa-
no la misura del dieci per mille il governo dovrà pa-
gare 294 mila franchi al chilometro; ma se mai « con-
venisse > accordare pendenze maggiori del dieci, li as-
suntori dovranno fare nel prezzo la riduzione di 24
mila franchi. Qui a prima giunta parrebbe che in ogni
tratto naturalmente piano e agevole l'opera debba es-
346 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ser pagata di più che non nei luoghi ingombri di rupi
e di abitati, dove i costruttori, dopo avere affrontato i
più ardui ostacoli, fossero costretti a rimostrare al go-
verno la convenienza di seguire un limite di penden-
za men rigoroso. La cosa si presenta dunque come se
il facile dovesse venir pagato più del diflicile. - Ma
forse noi abbiamo letto male, o almeno inteso male;
onde avremmo caro che alcuno di quei giornali che si
danno per meglio informati, chiarisse il nostro dubio.
Ad ogni modo nelle ferrovie liguri il governo, per gli
studj fatti già in varie occasioni, e per l'esperienza delle
porzioni di linea già compite, possedeva dati certi sul-
le difficoltà dei luoghi; e poteva per ciò riputarsi in
grado di stimar la spesa vera alla cifra media di 370
mila o 394 mila franchi. Ma ciò non si sarebbe potuto
fare in Sicilia, e dovunque il governo non avesse nem-
meno codesto mal sicuro modulo. Colà diveniva per-
ciò inevitabile la stima d'ogni parte d'opera; e perciò
la compita redazione e discussione dei progetti. I1 che,
per mano d'assuntori desiderosi di potere dar mano ai
lavori, doveva conseguirsi più sollecitamente; ed era
forse il solo modo possibile, quando tutta l'azienda go-
vernativa di quel regno era, e doveva essere per lungo
tempo, più o meno perturbata.

I1 progetto Adami e Lemmi non venne, come mol-


ti giornalisti supposero, improvisato in Napoli nel bre-
ve tempo in che il deputato Bertani vi tenne la firma
di secretario della dittatura, cioè nelle ultime tre set-
timane di settembre, tra l'ingresso di Garibaldi e la par-
tenza di Bertani pel parlamento.
Fin dal dì che Pilo e Crispi e i loro amici vollero
ad ogni costo chiamare alle armi la Sicilia, il governo
borbonico aveva sperato che le ferrovie potessero rie-
scire un bastevole allettamento per amicare i popoli. E
fin dal 28 aprile, aveva già promesso favore alle tre
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 347

grandi linee d'Apulia, Calabria e Sicilia; poiché quella


di Campania, cioè da Napoli al confine romano, era
già compiuta fino a Capua e incominciata nel rima-
nente. Il governo aveva affidato ad una commissione
poteri eccezionali per determinare sommariamente qual
fosse il migliore fra i tre modi di promovere l'impresa:
se I'annua sovvenzione, o l'assicurazione d'un minimo
d'interesse, o la diretta mano del governo. Si preferì
un minimo interesse del cinque per cento.
ben chiaro che Garibaldi, liberata la Sicilia, non
poteva volere che il popolo per amore delle strade fer-
rate avesse a desiderare il governo dei Borboni. Onde
sino dal 22 giugno, tre soli giorni dopo che le fortezze
di Palermo erano interamente abbandonate dai regi,
aveva già cordialmente accolto, e favorevolmente ap-
prezzato l'offerta della società toscana; e la sanciva
colla firma sua e di chi era allora suo secretano. Ber-
tani era ancora a Genova, a incalzare quei provedi-
menti senza cui la spedizione di Sicilia sarebbe per
mancanza d'alimento in breve svanita.
Garibaldi aveva caro anzi tutto di porgere lavoro
e sollievo al popolo. Inoltre i concessionarj gli avevano
proferto d'anteporre negli impieghi e appalti quelli
tra' suoi ch'egìi raccomandasse. Ed egli amava dire
che, appena compiuta la guerra, voleva andare co' suoi
soldati e con quanti volessero mostrar animo di cit-
tadini, a dare il primo colpo di zappa! - E lo avrebbe
fatto. Anche un appalto di strade, in sua mano, doveva
divenir poesia.
Non perciò egli fece di quella concessione uno
strumento di parte, a vantaggio e trionfo de' suoi fau-
tori. Testimonio non sospetto ne sia il giornale torinese
d'Arti e Industrie. «Per noi è di qualche peso che il
cavaliere Adami, quello medesimo che venne a de-
porre a' piedi del trono i voti per l'annessione della
Toscana, sia uno dei segnatarii del contratto » (Otto-
348 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
bre 10, N. 79). Quel giornale commenda anche il fat-
to che la società fosse italiana: « Le viste del gene-
rale Garibaldi furono evidentemente quelle di assicu-
rare almeno un avvenire di lavoro agli uomini che per
la patria esposero la loro vita, dacché a tutti non è
possibile di provedere con pensioni ed altri mezzi. A
quest'uopo, accettò le offerte d'una compagnia emi-
nentemente italiana .... È un concetto di nobilissimo
amor nazionale, difficile a compiersi con compagnie
varie, e sopratutto con compagnie straniere, che han-
no pure stranieri interessi .... Sono italiani, ai quali non
potrà mai rincrescere di dar pane e sostegno a braccia
italiane; e forse non ci svincoleremo da questa o da
quella dipendenza straniera, se prima non avremo im-
parato nelle grandi opere publiche a fare da noi, co-
me nelle militari e nella politica ». Ib.
A questo si può aggiungere che un governo trova
sempre maggior docilità e compiacenza ne' suoi cit-
tadini; e che nei protetti di superbe straniere potenze
i casi di legale conflitto talora vengono a bello studio
cercati; e talora non si risolvono senza grave contrasto
e pericolo e sacrificio d'alti interessi.
Ripresa dai Borboni in Napoli la farsa costituziona-
le, venne delegata altra commissione, la quale rediges-
se i patti per le concessioni di ferrovia. Essa compie-
va il suo lavoro il 24 luglio. < Ma (come uno scrittore
ebbe sin d'allora l'ardimento di stampare in Napoli)
sotto la pressura del potere esecutivo, che aveva fatto
della pronta e immediata formazione di una rete di
ferrovie ad ogni costo una necessità politica, non po-
teva evitare gli sconci che risultavano da tali impe-
riose circostanze e dalle condizioni del mercato finan-
ziero, le più sfavorevoli in questi ultimi trent'anni, se
viene eccettuato il periodo anormale del 1848. E ri-
teneva il principio dell'assicurazione del cinque per
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 349
cento, più il fondo d'ammortìmento ed un limite lar-
ghissimo della spesa di tanto a miglio » 1.
Delle tre grandi linee, la più fruttifera e la più
facile era quella che, oltre ad attraversare il cuore del
regno, costeggiava tutto il litorale dell'Adriatico. Que-
sta, il 24 agosto, venne improvisamente concessa ad
una società nella quale uno solo di nove soci era ita-
liano; nessuno aveva domicilio nello stato, e nessuno
aveva offerto alcun pegno di studj preliminari. Qui ci-
teremo di nuovo il giornal torinese: « Il governo bor-
bonico concedeva ai signori Lahante la costruzione
delle ferrovie, guarentendo ducati 135 mila per miglio,
mentre ci si scrive che due altre dimande a lui me-
desimo erano state dirette, e non mai ritirate, l'una
che chiedeva la guarantigia a soli ducati 85 mila per
miglio, e l'altra che la estendeva a ducati 105 mila.
- Noi non terremo conto di quanto corse in voce di
parecchi a Napoli sulle origini recondite del decreto
borbonico. Fu detto che ebbe a promulgarsi a favore
d'una compagnia estera, in vista dei servigi prestati da
persone che avrebbero preso poi parte agli interessi
dei concessionarii. Noi non asseriamo mai ciò che non
ci consta in modo positivo; d'altronde non troverem-
mo strano che un governo assoluto, nello stringere i
contratti, avesse anche in vista delle considerazioni
personali » (Novembre. N. 89).
Ma codesta concessione borbonica fu veramente
un atto compiuto e valido?
Se stiamo ai documenti, essa fu fatta dal ministro
degli esteri e delle opere publiche, De Martino, « salva
la ratifica delle camere legislative del regno » (art. 1).
Di qual regno e di quali camere si trattasse vien defi-

(V. La questione delle ferrovie nell'ltalia Meridionale,


considerazioni economiche di ENRICOFRANCO. Napoli, ago-
sto 1860, p. 25).
350 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nito nello stesso atto notarile di concessione, poiché
in fronte ad esso venne naturalmente invocato il no-
me di Francesco II re del regno delle Due Sicilie.
Ognuno converrà che in codesta futura ratifica delle
camere legislative del regno delle Due Sicilie, riservata
da un ministerio che professava d'esercitare poteri
meramente costituzionali, né i petenti, né i concedenti,
né il notajo, né il re in cui nome si stipulava, ebbero
di fatto, o poterono avere, legale e valido proposito
d'intendere le camere d'un altro parlamento, d'un par-
lamento nemico del re, e agli occhi suoi e alla lettera
della legge e della costituzione composto o di stranieri
o di ribelli, I contraenti non possono avere stipulato
ciò ch'essi all'unanimità non ebbero in mente di stipu-
lare, e letteralmente non dissero di stipulare. Resa
dagli avvenimenti giuridicamente impossibile la ra-
tifica dalle parti intesa e convenuta, la concessione ri-
mase tronca e morta di fatto, prima d'aver finito di
nascere.
Non crediamo che quell'atto venisse nemanco dato
alle stampe, e con ciò promulgato a forma di legge
in quanto potesse valere. Nondimeno errò chi per senso
d'amicizia intese doversi scusar Garibaldi d'averlo igno-
rato. Lo ignorasse o no, certo è che gli tolse di poter ve-
nire a esistere legalmente. La Sicilia, il 24 agosto, s'era
già levata tutta in nome dell'Italia; la ratifica delle ca-
mere del regno delle Due Sicilie era un edificio posato
sul vuoto. Per aver vigore, quella concessione doveva
dunque rinascere dal primo embrione, o per semplice e
assoluto atto dittatorio, finché la dittatura era un fatto;
ovvero passando per tutti i gradi e i riti della genesi
legislativa d'un'altra costituzione e d'un altro regno.

Aveva Garibaldi qualche ragione di publico bene


o di giustizia o di popolarità, per redimere dal nulla
quella concessione?
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 351

Ecco in qual modo ragionava il già citato scrittore


pochi giorni prima che Garibaldi entrasse in Napoli:
« Avendo lo stato, per fretta e negligenza inescusabile,
determinato di trasandare interamente tali studj pre-
liminari, né volendo le private compagnie aspiranti alle
concessioni incorrere in una spesa ingente col rischio
d'anticiparla inutilmente, n'è avvenuto che queste, coa-
lizzandosi fra di loro, si sono trincerate ne' limiti d'un
maximum di spesa che le mette al coperto di qualunque
eventualità; ... ed è di troppo oneroso allo stato (p. 25).
- Le condizioni finanziarie di tale concessione ci pajono
esorbitanti, e poco convenienti alla dignità e all'inte-
resse dello stato. Se siamo bene informati, non si sarebbe
solamente ritenuto per cifra il rnaximum di 135 mila #

ducati al miglio. Ma nell'articolo che riguarda le azioni


e obligazioni, si sono stabiliti articoli lesivi di ogni
retto sistema di finanza (p, 33). - Sentiamo che siasi
rilasciata l'autorizzazione di emettere tre quarti di
obligazioni contro un quarto di azioni, violando così
tutti i principj regolatori di simili intraprese. - Pare
che siasi ottenuto dal concessionario che l'interesse dei
titoli o azioni o obligazioni venga retribuito dallo stato
sin dal principio della loro emissione, mediante un
convenio col real tesoro, ed il versamento che ne fa-
rebbe il concessionario. Non solo sarebbe in questo modo
sorpresa la fede publica, ma gravissimo danno ne risul-
terebbe nel credito dello stato. Non è necessaria una
profonda conoscenza di materie finanziarie per iscor-
gere che tali misure si richieggono dal concessionario
per assimilare quant'è possibile i suoi titoli alle ren-
dite iscritte; - anzi ottenerne, a preferenza di questi
ultimi, lo smaltimento sulle borse d'Europa, aggiungen-
dovi, a parità d'interesse, l'ipoteca delle ferrovie ed un
aumento d'interesse (pagg. 34, 35).
Con più brevi parole, anche i direttori del Gior-
nale d'Arti e Industrie condannano i termini della con-
352 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
cessione. «Noi non sapremmo come conciliare il pro-
getto Lahante con quelle viste d'italianità, di risparmio,
di guarentigia, di saviezza insomma e prudenza che
debbonsi avere nelle grandi intraprese d'utilità publica.
E però non solo siamo lieti di saperlo inammissibile,
ma lo combatteremmo in nome della lesione enorme,
quando mai potesse avere il menomo valore » (Nov.
N. 89).

Or qui noi ci troviamo in dovere di porre i lettori


in grado di giudicare più intimamente quelle che a
Napoli parvero condizioni esorbitanti e a Torino par-
vero una lesione enorme. Il che faremo in via di para-
gone colle concessioni liguri e toscane.
La ferrovia Delahante doveva cominciare al fiume
Tronto, sul confine dell'Abruzzo colle Marche, ove si
doveva congiungere colla grande linea che dal Reno
e dal Gottardo per Milano, Bologna e Ancona tende
alla Grecia, alla Siria, all'Egitto. Dal Tronto, passando
per Foggia, si stendeva fino a Tàranto; e inoltre ab-
bracciava a sinistra le diramazioni di Tèrmoli, Barletta,
Brindisi, Bari, Lecce e Otranto; e a destra due passi
dagli Apennini alla volta di Napoli, anzi fino ad una
stazione in Napoli (art. 14); il primo lungo i fiumi
Biferno, Tàmmaro, Calore e Volturno, l'altro lungo
I'Offanto e il Sele. Il governo però riservossi d'esclu-
dere uno di questi due passaggi degli Apennini. E vera-
mente erano troppo fra loro vicini; e inoltre la con-
giunzione di Napoli con Tàranto, Brindisi, Lecce e
Otranto deve riuscire molto più breve e facile, se si
passerà l'Apennino fra Èboli e Potenza, come nelle
concessioni Adami e Lemmi.
Non avendo i petenti borbonici allegato alcun trac-
ciamente o altro studio, e non avendo il governo im-
posto su di ciò alcuna norma, noi non possiamo cal-
colare la precisa somma delle lunghezze. Una memoria,
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 353
fatta inserire dagli stessi concessionarj borbonici nel-
l'lride di Napoli del 24 e 25 settembre, asserisce che
il capitale «non si può valutare meno di trecentocin-
quanta millioni di franchi ». Or questa somma, in ra-
gione dei ducati 135 mila al miglio, valutando il ducato
al pari in franchi 4, 24 (V.Annuaire du bureau des
longitudes), supporrebbe una lunghezza totale di sei-
cento e più miglia (611), come ciascuno può facilmente
calcolare. Su questa somma la concessione assicurò l'in-
teresse del cinque, e l'ammortimento del capitale, oltre
al godimento delle ulteriori rendite dell'esercizio. Ma
l'interesse non era stabilito sulla spesa effettiva. La
concessione diceva all'articolo 50 : - a L'importo
totale della garentia di questa rendita netta risulterà
dalla lunghezza delle linee, senza che la maggiore O
minore spesa effettiva dia diritto all'una o all'altra
parte di chiedere aumento o riduzione della rendita
netta, garantita come sopra per ogni miglio napo-
letano ».
E che cosa è il miglio napolitano? - Questo è un
più oscuro problema che non si pensi. Non senza ra-
gione lo si lasciò indeterminato, quando in cose di mi-
nor momento si appose alle misure napoiitane l'equiva-
lente metrico (V. art. 11 e 12). Non essendo in grado
noi di risolverlo, abbiamo consultato persona esperta,
che ci favorì d'un prospetto di otto differenti valori di
questo miglio; i quali però si possono ridurre prossi-
mamente a due. L'uno, che il nostro amico reputa in-
digeno, sarebbe il miglio di settemila palmi, o mille
passi da sette palmi ciascuno, pari a metri 1845.69;
epperò ben poco minore del miglio geografico italiano
da sessanta al grado; sicché alcuni per uniformarlo al-
l'italiano, lo indicarono con cifre tonde in metri 1852.
L'altro equivarrebbe a mezza lega di Francia; e perciò
il nostro amico indurrebbe che fosse un'importazione
borbonica od anche angioina. Viene stimato in me-

23. - CATTANEO,
Scritti politici. II.
354 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tri 2,222.22; ma da alcuni un poco più (2,225.80) e da
altri molto meno (2,126.40).
È probabile che il ministro, nel garantire il valore
della ferrovia, pensasse al miglio più lungo, e il con-
cessionario mirasse al miglio più breve. Nel primo sup-
posto, la garanzia sarebbe riescita per ogni chilometro
in franchi 257,580; e nel secondo in franchi 310,127.
La differenza è grande: franchi 152,547 per ogni
chilometro
Le ferrovie d‘Apulia, per tre quarti delle loro lun-
ghezze, sono in terreno costantemente piano, asciutto e
facile; attraversano anche i vasti pascoli del Tavoliere.
Nel rimanente poi, cioè per un centinajo di miglia dal
Tronto al Biferno, e nelle strette degli Apennini non
sono più difficili, o almeno più costose, della ferrovia
di Maremma. Perocché questa, oltre ad essere quasi
sempre serrata tra i monti e il mare, attraversa molte
paludi dove i lavori sono sempre lunghi e incerti, e
l’aria insalubre incarisce la mano d’opera. Con tutto
ciò la ferrovia di Maremma, nella concessione Ricásoli
fu garantita con obligazioni dello stato in ragione di
33 millioni per 233 chilometri di lunghezza, compreso
il ramo sotto Volterra; il che riesce in ragione di
franchi 140 mila al chilometro (art. 10). E vero che le
opere di terra e d’arte devono colà essere a duplice
carriera solamente sopra un decimo della lunghezza,
e l’armamento solamente sopra un ventesimo (art. 1).
Ma i giudiziosi pratici, quando siano tenute in doppio
tutte le opere d’arte, non che l’area, valutano il per-

Questi dati vennero raccolti da buone fonti, come


I’Annuaire du bureau des longitudes del 1859, il Manuale
del Cadolini, l’ingénieur de poche, la Carta d’Italia del
Brup acher, la Carta del regno di Napoli del Vallardi, le
Tavop lee di confronto piacentine, il Dizionario geografico uni-
versale.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 355

fetto compimento della doppia rotaja a una differenza


di franchi 40 mila per chilometro 1; ma il valore assi-
curato alla ferrovia d'Apulia, risultando di fran-
chi 257,580 pel miglio di mezza lega, e di franchi
310,127 pel miglio di settemila palmi, la differenza di
garanzia tra la concessione Ricàsoli e la concessione
De-Martino, nel primo caso, sarebbe di franchi 57,580
per ogni chilometro; e nel secondo caso, di franchi
110,127. Epperò, sopra l'intera linea di miglia 611
napolitane che poteva variare da chilometri 1357 a chi-
lometri 1127, coeteris paribus, questo soprapiù di bor-
bonico favore poteva variare da settantotto a centoventi-
quattro rnillioni di franchi!
I concessionarj, giustificandosi nel Nazionale di Na-
poli del 22 novembre, scambiarono, in certi loro para-
goni con altre ferrovie, la cifra della spesa con quella
della garanzia. V'è una gran differenza; poiché questa
ha un'azione morale, che torna più a vantaggio del
concessionario che non del successivo azionista.
Inoltre i concessionari d'Apulia non avevano alcun
vincolo che togliesse loro di compiere a piacimento e
a preferenza tutte le linee più facili, anche quando
nell'esercizio fossero le meno fruttuose. La spesa quivi
sarebbe stata minima, ma la garanzia d'interesse sarebbe
stata pari a quella delle linee più difficili, ove la spesa
sarebbe stata massima. Perloché in effetto avrebbe
oltrepassato la misura del cinque per cento, ch'è il
valore medio di tutta la rete. Or dovendo questa esser
compiuta in dodici anni, la società poteva concentrare
in due o tre anni il veloce compimento delle linee piane
e facili; e riservarsi a compiere pur velocemente negli

Cet ajournement de la pose de la seconde voie, tout en


faisant pour deux voies les achats des terrains et les ouvrages
de toute sorte, diminuérait la dépense d'environ quarante
mille francs par kilomètre. Bineau, Chemins, ecc., p. 284.
356 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
ultimi due o tre anni del dodicennio le linee più mon-
tuose e difficili. Così avrebbe potuto sulle primizie del-
l'impresa assicurarsi per alcuni anni il godimento d'una
garanzia d'interessi effettivamente superiore al cinque
per cento. Questo soprapiù, in paragone alla ferrovia
Maremmana, verrebbe a risultare certamente dell'uno
per cento, probabilmente del due.
Or si aggiunga la facoltà, già qui sopra dal signor
Franco notata, di emettere tre quarti del capitale sotto
forma d'obligazioni, portanti semplice interesse. Tutto
il vantaggio della differenza tra il costo minimo e il
medio sarebbe venuto a condensarsi sopra quel quarto
di capitale che avrebbe forma di azioni. Queste sareb-
bero venute a conseguire non solo il cinque per cento
dell'interesse direttamente garantito, non solo un altro
uno o due per cento pel soprapiù procacciato mediante
la posticipazione delle linee più scabrose; ma avrebbero
adunato in sé anche il soprapiù che apparterrebbe ai
tre quarti di capitale coperti colle obligazioni. Così la
garanzia per le azioni sarebbe salita al nove per cento
(5 + + 1 3) se il soprapiiù fosse stato uno per cento.
Che se il soprapiù fosse stato di due, sarebbe salita al
tredici per cento (5 + + 2 6).
Noi lasceremo decidere agli esperti di borsa se in
tal caso sarebbe convenuto ai concessionari ritenersi
tutte le azioni e goderle per ammortire in parte il rela-
tivo capitale; ovvero se sarebbe convenuto approfit-
tare di sì alti interessi per adescare al gioco i privati.
In mano ai quali, le azioni avrebbero poi dovuto, come
al solito, venir decadendo per ragguagliarsi al valor
medio, mano mano che fosse necessario compiere an-
che le linee più costose.
La concessione borbonica si limitava a vaghe e ora-
torie ingiunzioni. a La ferrovia, con tutto il suo mate-
riale di locomozione e di trasporto, sarà eseguita secondo
i sistemi i più ricevuti dall'arte e dalla scienza, con
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 357

ogni solidità e con tutti gli accessorii al suo esercizio


e mantenimento e con le norme contenute nei seguenti
articoli » (art. 9). Ma codesti seguenti articoli non
determinavano alcuna forma d’efficace ingerenza e ispe-
zione, colla quale il governo potesse assicurare ai
futuri azionisti una paterna tutela dei loro interessi.
I1 deposito, a farsi dai concessionari, si presentava
col nominale apparato di tre millioni di franchi (720 mi-
la ducati), che non erano a costituirsi < che dopo I’aper-
tura totale delle linee di cui si compone la rete di
vie ferrate concedute col presente istrumento » (art. 37).
Ma tutto ciò poi si risolveva in una duodecima parte
di questa somma (60 mila ducati), da versarsi «nel-
l’atto della sottoscrizione del presente istrumento > e
in tre altri duodecimi da versarsi entro un anno e
mezzo. E per li altri due millioni, si sarebbe fatta una
ritenuta dei dieci per cento sulla, emissione delle obli-
gazioni e azioni, che la società poteva immantinente
negoziare; onde, anziché pagare, avrebbe potuto rice-
vere. E l’articolo 57 si compiva dicendo: « Nondi-
meno i concessionarj potranno ritirare la detta cau-
zione, a misura che potranno giustificare di avere com-
piuta ed aperta al traffico una lunghezza di via ferrata
di un valore doppio della cauzione. Questo diritto potrà
esercitarsi anche in parti. « Ebbene, il lettore potrà
molto agevolmente fare il conto, che quando la società
Delahante avesse compiuto un tronco di ferrovia di
miglia dieci e due terzi (102/3, in ragione di 135 mila
ducati al miglio, avrebbe appunto compiuto « una lun-
ghezza di via ferrata di un valore doppio della cau-
zione »; perché 135 moltiplicato per 10 2/3 fa 1,440,000;
che è appunto il doppio di 720 mila.
Ma nemmen questa era necessario, poiché il dì-
ritto poteva esercitarsi anche in parti!
Preghiamo il lettore che non si annoi se aggiungiamo
un altro dei molti punti di paragone che ancora po-
358 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tremmo fare tra le concessioni di Apulia e di Ma-
remma. E questo è, che, mentre la prima dava diritto
a tutto l'utile dell'esercizio, l'azionista toscano deve
dividerlo per metà col governo concedente.

Or quando il governo di Napoli doveva assicurare


il cinque per cento e l'ammortimento anche per capi-
tali non interamente versati, quando doveva soggiacere
ad ogni possibil perdita, meglio stava che si riservasse
anche ogni possibil vantaggio, e che inoltre tenesse
in suo pieno e libero possesso quelle ferrovie che rap-
presentavano il capitale ch'era da garantire e da estin-
guere. Ecco quindi presentarsi naturalmente l'idea duna
nuova allocazione d'opera, invece d'una concessione
centenaria di godimento. Ecco presentarsi in sostanza
il principio della concessione Adami e Lemmi.
La commissione regia avrebbe potuto, in aprile, rac-
comandare tanto più al governo borbonico questo con-
siglio, in quanto le rendite napolitane essendosi sino a
quel tempo sostenute incirca al pari, esso poteva con
eguali somme procacciarsi una quantità di lavoro in
ragione di cento, dove il governo piemontese avrebbe
potuto procacciarsene all'incirca in ragione solamente di
ottanta. Era un quarto d'opera di più, a pari emissione
di rendita.
E sebbene in agosto le carte napoiitane fossero già in
notevole declinazione, il già citato signor Franco scri-
veva: « Ed invero la cifra del nostro debito publico
è forse la più bassa in Europa, come le imposte, che
ne sono la base e la malleveria, sono le più ridotte.
- Né mai sì chiara rifulse la solidità del credito napo-
letano, come nei tempi presenti, dove smembrata per
militare occupazione una parte del reame, l'altra agitata
dalla laboriosa ristaurazione degli ordini rappresentativi,
ed il publico erario chiamato a far fronte a bisogni
urgenti e straordinari, pure la nostra rendita ha mo-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 359

strato una tenacità singolare a scendere sotto alla pari,


smentendo così le previsioni anche de’ più pratici ne’
maneggi di borsa. Una cifra di cento milioni di ducati, o
circa quattrocento millioni di franchi, può agevolmente
essere sostenuta dal nostro sistema finanziario, quando
ne sia colla necessaria prudenza ed in tempo oppor-
tuno regolata la emissione, e con apposita legge san-
zionato l‘investimento nella costruzione delle ferrovie.
E noi insistiamo particolarmente su l’ultima condizione,
perché da un lato un tale impronto differirebbe essen-
zialmente dai communi, destinati a coprire il vuoto di
spese straordinarie ed il più delle volte improduttive;
e dall’altra aprirebbe l’era nel nostro paese di una nuova
rendita speciale, rappresentante un capitale, non già
fittizio ed ideale, ma reale ed esistente nelle ferrovie,
che esso ha servito a costruire ».
Ecco a qual punto fossero in Napoli da un lato le
concessioni, dall’altra le libere illuminate opinioni,
quando Garibaldi vi entrò. E qual era il voto dei magi-
strati? Lasciamo la parola ai concessionarj borbonici.
Questi cosmopoliti si erano già con devota fede rivolti
al sol nascente; poiché credevano forse che avrebbe
avuto una più lunga giornata. Essi facevano publicare
un estratto e una raccomandazione del loro progetto;
e dopo avervi chiamato scimia di suo padre il re
Francesco, e cagnotti li altri immanissimi reggitori,
che avevano fatto loro la concessione delle seicento mi-
glia, biasimavano i nuovi ministri (che il dittatore, pur
troppo, aveva scelto tra li uomini dell‘ordine) ma che
non parevano disposti a rigenerare la concessione nata
morta. Speravano solo in Garibaldi, e ne’ suoi. Vole-
vano dividere fraternamente con essi i favori del re
Borbone. Scrivevano: « -Frattanto ci si dice, il ditta-
tore essere favorevole alla già fatta concessione. E ciò
noi presentiamo, sapendo bene come fosse nobilissimo il
SUO animo, e grande la sua perspicacia onde il bene
360 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
e onde il male derivi nelle cose che furono operate
o che operar si debbono nel nostro paese. Ci si dice pari-
menti, e di ciò neppur meravigliamo, il ministro dei
lavori publici osteggiare la concessione, voler rive-
derne il contratto, formare una commissione che lo
esamini. E noi sappiamo che siano le commissioni in un
paese in cui quinto elemento è l'avvocherìa. Però egli
è palese il ministro voler metter tempo in mezzo; e
chi sa quanto tempo; ed aggiornerà l'attuazione di que-
sta vitalissima intrapresa a quell'epoca che piacerà
a S.E. ed a chi gli succederà, dato che, per isventura
di questo infelicissimo paese, gli abbia a succeder per-
sona di simile pedanteria e di altrettanta meschinità.
I1 tempo che corre non è da dilazione. D'altronde non
sa codesto novello uomo di stato che il comitato del-
l'ordine improvisava, che i governi, quali si siano, hanno
per costume di riconoscere i contratti già fermi da chi
precedevali? - Il ministro dei lavori publici adunque,
nel temporeggiare che fa, e nell'avversare così l'esecu-
zione di questa suprema bisogna del paese nostro, che
altro fa se non seguire le tracce dei d'Urso, Scorza, Rocco
e Murena? Non ci è che dire; gli uomini non si svez-
zano mai affatto dai pregiudizii della scuola, e il
D'Afflitto, oggi liberalissimo, nella vecchia burocrazia
fu creato. Ma via, noi vogliamo prenderlo colle buone;
e preghiamolo che, dappoiché piacegli recitare la parte
di ministro del Garibaldi, la reciti pure. Ma non dimen-
tichi, che bisogna far presto e liberalmente, quando s'è
ai cenni dello eroe di Varese e di Milazzo ». (V. Iride
di Napoli 24 e 25 settembre).
Questa citazione prova molto. Prova che al nuovo
atto del dittatore precorse una consulta di ministri d'altra
opinione e d'altra setta; e ch'essi avversarono la con-
cessione precedente e la riputarono degna di rigido
sindacato; prova un'altra volta che il governo di Gari-
baldi non era governo di parte; prova un'altra volta
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 361

che s'ingannò chi suppose che il governo dittatorio aves-


se, per ignoranza o per incuria, calpestato diritti già sacri.
E il dittatore nella concessione di Sicilia aveva
già da tre mesi accettato e sancito il principio della
compagnia toscana, il principio di dare al lavoro e non
al gioco. Come poteva egli rinegare sopra una riva del
Faro ciò che aveva proclamato sull'altra? Poiché il
terreno giuridico delle concessioni era libero, poiché
non v'era alcun fatto compiuto che l'occupasse, egli
doveva estendere il principio del lavoro per conto e
interesse della nazione, così come alla Sicilia, anche
alla Calabria e all'Apulia. Ei sapeva che col concedere
agli uni non negava agli altri; poiché la società toscana
gli aveva già promesso d'accogliere nella sua ordinanza
quanti volessero dar braccio all'opera.
Inoltre, poiché il terreno era libero, noi crediamo
che non convenisse dividerlo tra compagnie rivali, che
con mire divergenti turbassero l'ordine generale dei la-
vori. Abbiamo visto infatti come la società Delahante
avesse prefisso di collegar Napoli e Tàranto per la
valle dell'Offanto; abbiamo visto come Adami e Lemmi
proponessero di collegarle per Éboli e Potenza. Or si
consideri che il divario non può essere minore di
settanta chilometri; e potrà forse riescir maggiore. Sif-
fatti disordini, nel sistema della locazione d'opera,
sono emendabili fino all'ultimo istante; poiché tanto fa
per li assuntori il lavorare in una o in altra linea. Ma
nel sistema delle concessioni centenarie sono inemen-
dabili, perché alle azioni gettate sul mercato non si
può mutare i patti da cui traggono valore, senza dar
ansa a infiniti lamenti e infiniti scompigli.
Per tutto ciò la concessione già sancita in Sicilia
venne ripresa in più matura considerazione, venne
ridutta a termini quanto più si poteva precisi, e anche
più prossimi alle consuete forme di concessione, per
eliminare tutto ciò che, avendo aspetto di superflua
362 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
novità, potesse dare appiglio alla vigile malevolenza.
E la nuova formula di concessione venne estesa ad ab-
bracciar tutto il regno. Noi la crediamo fermamente
un utile esempio che la nuova Italia porge alle altre
nazioni.

I1 giorno 25 settembre il dittatore sottoscrisse il


decreto.
E inutile il dire che coloro i quali avevano già
chiamato immunissimi cagnotti i ministri borbonici, e
meschini pedanti quegli altri « che il comitato del-
l'ordine aveva improvisati », diedero il segno d'allarme
contro Garibaldi e i suoi. L'onda artificiale si dilatò
per tutta Italia; lo spirito di setta vi soffiò a tutto po-
tere. Vi fu chi rimproverò Garibaldi e i suoi di aver
fatto troppo; e questi ebbero apparenza di parlar con
ragione. Ma vi fu chi li rimproverò al contrario di non
aver pensato (in tanto e sì lungo ozio!) a dar lavoro
al popolo.
Sì, abbiamo letto, e in giornali amici con amarezza
abbiamo letto, che «mentre si disputava a Palazzo
d'Angri e alla Foresteria, a Caserta e a Chiatamone,
non si udivano li operai che dimandavano lavoro; non
si udiva la plebe, numerosa, lacera, affamata che bat-
teva alle porte e dimandava pane, il pane del corpo
e quello dell'anima, il lavoro e l’educazione ».
A Palazzo d'Angri e a Caserta (alla Foresteria non
sappiamo) non si udirono mai grida di plebe afflitta,
ma evviva e canti di popolo giulivo; e l'eco li ripete
ancora. Né Garibaldi ambiva solamente di dare il
primo colpo di zappa; ma diede a Napoli dodici asili
d'infanzia; e a Palermo diede l'istituto feminile e il
battaglione degli adolescenti, e abolì a conforto dei
poveri studiosi il dazio dei libri, ch'è bene un dazio
sull'anima. E aveva due ministerii; e in ciascuno di essi
v'era un ministro dell'insegnamento, E infine il primo
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 363

pane dell’anima è la libertà; e a questo egli aveva ben


pensato.

Garibaldi desiderò che la società toscana si conci-


liasse colle altre che avevano aspirato alla concessione.
Erano tre, fondate tutte sul principio della concessione
d’esercizio e godimento, l’una straniera e favorita dai
Borboni, l’altra napolitana, l’altra genovese. Queste due
adottarono il principio del lavoro a provisione fissa, e si
congiunsero alla società toscana. Colla società borbonica
ogni prova fu vana. Allora i Toscani con risoluto consi-
glio scrissero al dittatore che le proposizioni della so-
cietà Delahante erano troppo umilianti; e ch‘essi, per
mostrare a lui la gratitudine loro, erano pronti a stral-
ciare, senza alcun compenso, dalla concessione loro e
rilasciare alla società Delahante le linee che i Borboni
le avevano promesse, qualora al dittatore ovvero al par-
lamento italiano piacesse, entro un anno dalla data del
futuro plebiscito, di ravvivare l’atto borbonico, ma colle
identiche condizioni, e non altrimenti!
In ciò essi fecero un generoso calcolo sulla morale
impossibilità che un parlamento italiano, in cui avreb-
bero avuto voce i deputati di Sicilia e Napoli, potesse
curvarsi a raccogliere dalla nullità e dall’odio il cadavere
d’una concessione che nessun sacrificio e nessun publico
vantaggio raccomandava, e che pareva aver voluto esclu-
dere dall’armamento della ferrovia l’industria nazionale.
Per richiamare poi a più ragionevoli modi quei gior-
nali, che, senza prendere alcuna notizia dei fatti, ave-
vano mutato la concessione dittatoria in un’arme di
parte, volontariamente si avvinsero a riformare, qualora
ai parlamento piacesse, le condizioni accordate dal dit-
tatore, accettando quelle delle ferrovie liguri, ovvero
quella della linea da Firenze a Ravenna, o d’Arezzo al
confine romano.
E con questo atto mostrarono d’avere unicamente
364 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
aspirato a - istituire un grandioso lavoro d'utilità pu-
blica, onestamente retribuito.

Le spontanee proferte dei Toscani, dal dittatore con


benevolenza accolte, e il 13 d'ottobre publicate, travol-
sero d'un tratto ad opposto pendio il cieco torrente del-
l'opinione.
I due ministerii di Napoli e Sicilia aderirono; Gari-
baldi accettò la presidenza onoraria. Noi crediamo che
il parlamento, anziché preferire la gravosa concessione
borbonica, anziché imporre la rischiosa concessione li-
gure, potrebbe applicare alle opere future, perfezionan-
do in quanto ulteriormente si possa, il modo di con-
cessione a premio fisso, che la firma del dittatore sancì
per Napoli e Sicilia.
È un passo avanti nella carriera del libero e illumi-
nato lavoro!
L'antico regno delle due Sicilie, pari in popolazione
ad un quarto dell'imperio francese, non aveva mezzo
milliardo di debito publico; la parca e virtuosa ammi-
nistrazione dittatoria, nulla ostante la guerra e la rivolu-
zione, non lo aggravò. Se per dotare prontamente e ri-
solutamente di ferrovie quelle belle contrade, si dovesse
anche duplicarlo d'un tratto, si verrebbe con una vana
apparenza di debito ad aumentare veramente il suo red-
dito e il suo credito. E il sollecito svolgimento delle
ferrovie non è solo questione d'economia publica e
privata, ma di militare difesa e di vera e non illusoria
unione.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 365

1861

Memoria in difesa della concessione


per la costruzione di una ferrovia
nell'italia meridionale *

Fin dai 22 giugno p.ps.° il Dittatore della Sicilia


stipulò con noi sottoscritti un contratto per la costruzio-
ne delle ferrovie dell'Isola; e ciò a condizioni molto si-
mili a quelle a cui nel precedente marzo il governo to-
scano aveva stipulato la costruzione delle due ferrovie
d'Arezzo al confine Romano 'e da Firenze a Ravenna con
una società della quale eravamo partecipi noi stessi.
Con quella forma di contratto noi assumevamo i se-
guenti doveri: Fare gli studj delle singole linee; - dopo
aver ottenuto la sanzione del governo sì per le relative
opere che per i prezzi, anticiparne le spese; a lavori
compiuti entro tempo prefisso, e approvati, ricevere
mano mano per le singole sezioni il rimborso in
carte dello Stato e valore di piazza; più una determi-
nata provvisione sul prezzo delle opere e sullo smer-
cio delle cartelle -
l'una e l'altra in misura, a giu-
dizio d'ogni imparzial persona, affatto discreta e con-
sueta.
Oltre al dovere urgente che aveva ogni nuovo e

* Con lo scritto « Sulla concessione delle ferrovie di


Napoli e Sicilia » C. aveva polemizzato pubblicamente con-
tro i moderati, suscitatori di campagna scandalistica contro
overno di Garibaldi. Lo scritto qui pubblicato, tratto
ilgodalle
al e carte di C., è verosimilmente una memoria predi-
sposta da C. in difesa degli interessi del gruppo concessio-
nario Adami-Lemmi. Lettere di C . sulla questione sono
pubblicate nell'Ep., vol. II.(Vedere per notizie sulla vi-
cenda, le note del Caddeo a pp. 409-411).Ms. M.R.M. Ar-
chivio Cattaneo, cart. 13, pl. VI, doc. 4 bis.
366 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
popolare governo di promuovere decisamente la pro-
sperità d'un paese tanto indegnamente finallora tra-
scurato, il Dittatore intendeva fornire in tutta l'Isola
pronto e largo lavoro al popolo in momenti di sospen-
sione e d'angustia, e di provvedere in seguito all'av-
venire de' suoi officiali che dopo la guerra dell'anno
precedente si erano visti rimanere subitamente senza
sostegno.
Due mesi dopo, cioè il 24 agosto, e quando il
Dittatore vittorioso già si avvicinava a Napoli, il
Governo borbonico entrando in parte, sebben troppo
tardi, negli stessi pensieri, convenì colla società De-
lahante sulle condizioni alle quali avrebbe proposto
in di lei favore alle future Camere di quel regno una
cessione centenaria per le ferrovie da Napoli agli
Abruzzi ed alle Apulie. Col quale atto quel governo, di-
venuto allora allora costituzionale, riconobbe egli stes-
so di non aver più i necessari poteri per siffatte con-
cessioni, confessò la natura affatto precaria di quei
concreti preliminari. Né le Camere si potevano omai
più costituire, per essere la maggior parte del regno già
perduta; laonde rimangono un ente imaginario. Essendo
perciò il terreno legalmente ancor libero e vacante, il
Dittatore, pochi giorni dopo essere entrato in Napoli,
estese in favor nostro a tutto il regno il contratto già
seconoi conchiuso per la Sicilia; e ciò in virtù dei pie-
ni poteri riconosciuti in lui dai popoli, e senza &-
serva ad alcun futuro Parlamento.
Cogli identici poteri, egli tre settimane più tardi,
chiamò i popoli stessi a vo[tare] quei Plebiscito, in
forza [di cui] venne annesso il regno delle due Si-
cilie al regno di Sardegna, e fu costituito il Parla-
mento italiano qual ora è.
Che avanti a codesto medesimo Parlamento si pos-
sano oggi rivocare in discussione per cosa oltremodo
minore e d'ordinaria amministrazione quei poteri dit-
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 387
tatorii che furono l'origine dell'origine della sua pro-
pria attual forma ed esistenza, è affatto illegale, anzi
affatto impossibile e assurdo. No, chi avanti all'Itaiia
e al mondo proclama legittima e valida i'autorità dit-
tatoria quando essa decreta una votazione che trasfe-
risce da un re ad un altro un regno, non può rimetter-
la in forse quando la stessa autorità stringe con una
società un contratto d'opere pubbliche, pienamente
conforme ad altri contratti che nessuno impugna. Qua-
lunque membro del Parlamento ammettesse discus-
sione sul titolo fondamentale dei nostri diritti, neghe-
rebbe sé stesso.
Noi siamo e dobbiamo essere uomini d'affari, non
facciamo questioni di politica o di morale. Noi perciò
non diremo se la coscienza del nostro popolo o il
giudizio delle altre nazioni civili possa approvare le op-
posizioni promosse contro l’uomo prode e virtuoso che
acquistò a sé ed alla sua patria l'ammirazione del mon-
do. Ma non siamo soli a desiderare che codesti dissa-
pori avessero finalmente tregua; e che non invadessero
almeno il campo degli interessi industriali e della fe-
de pubblica.
La Società borbonica delusa nelle sue speranze
aveva immantinente ricorso al poco lodevole ripiego
di spargere nella stampa e nel Parlamento vaghe e
sinistre prevenzioni contro la natura del nostro sem-
plicissimo e onestissimo contratto. Ciò nondimeno noi
abbiamo accolto con favore li uffici di conciliazione che
vennero per desiderio del generale interposti fra essa
e noi. Ma non potendo poi subire le condizioni troppo
umilianti ch'essa voleva dettarci, abbiamo preferito di
stralciare dal nostro contratto, senza verun compenso,
e in puro e doveroso omaggio al Dittatore, tutte le
linee degli Abruzzi e delle Apulie, purché il Parla-
mento del Regno Unito, entro il termine d'un anno dal-
l'imminente Plebiscito, ne facesse la concessione a
368 CATTANEO - SCRITTI POLITICI i II

quella medesima società colle identiche condizioni


ch'essa aveva concertata col Ministerio borbonico, « e
non altrimenti ». E in pari tempo ci siamo offerti,
qualora fosse piaciuto ai Dittatore stesso ovvero al
Parlamento, che si sostituisse alla forma di contratto già
sancita, quella qualunque forma che il Parlamento
stesso avrebbe preferita per le ferrovie della Liguria,
ovvero le medesime condizioni con che il Governo To-
scano aveva pattuito la costruzione delle già mento-
vate ferrovie Aretina e Ravennate, contro le quali nes-
suno aveva promosso eccezione. Codeste spontanee of-
ferte da noi fatte agli Articoli addizionali vennero da
lui accettate e sancite il 13 ottobre, cioè nel giorno
appunto nel quale egli deliberò anche la convocazione
dei popoli al plebiscito, e in segno di sodisfazione egli
acettò la presidenza della nostra Società.
Troncate così quelle vane dicerie, abbiamo trovato
sempre anche maggior fiducia presso ambo i consigli
di governo di Napoli e Palermo, e anche presso i loro
successori, dimodoché, compiuto ambo i parziali de-
positi della convenuta cauzione, abbiamo ottenuta la
nomina delle relative Commissioni Governative per
intraprendere con regolari accordi le prime operazio-
ni; il che ci condusse anche a incontrare impegni con
diverse onorevoli case.
Avendo adunque già dato principio al legale eser-
cizio del nostro contratto, noi abbiamo fatto e inten-
diamo ulteriormente fare il nostro dovere all'ombra
delle cauzioni regolarmente esibite e ricevute; e perciò
dobbiamo far valere i nostri diritti. Noi non dimandia-
mo risarcimenti e compensi; dimandiamo il compi-
mento d'un contratto. Non pretendiamo favori; diman-
diamo giustizia. Se, ciò che non possiamo credere, il
Ministero e il Parlamento giudicassero più convene-
vole allo Stato il contratto {parola incomprensibile]
aleatorio della Ferrovia Ligure, ovvero il contratto
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 369

tanto affine al nostro dell'Aretina e Ravennate, noi


siamo pronti sempre a subire questa modificazione di
contratto, in forza dei nostri Patti Addizionali 13 otto-
bre purché questa innovazione non intacchi la cer-
tezza dei nostri diritti a tutta l'estensione dei conve-
nuti lavori. Che se, ciò che pure non possiamo crede-
[re], il Parlamento troverà più convenevole al pub-
blico interesse la proposta Delahante benché general-
mente riprovata e sospetta, se esso giudicherà più de-
gna di favore una società in cui fra nove membri uno
solo è italiano che nei suoi articoli si mostra de-
cisa di valersi a preferenza di personale e materiale
straniero, duna società ch'ebbe i favori dell'Austria,
del Papa, dei Borboni, e di tutti i nemici della nostra
[patria] ci rassegneremo a perdere forzosamente que-
sta preziosa parte del nostro primitivo contratto, poiché
l'abbiamo promesso. Ma l'abbiamo promesso solamente
e puramente in quanto siffatta concessione venisse fat-
ta a quella società alle identiche condizioni che fu-
rono concertate col Ministero Borbonico, a e non altri-
menti >. chiaro che la minima alterazione la quale
ora o più tardi venisse introdotta in quella forma di
concessione dal Parlamento o dal Ministero farebbe
rivivere in favore nostro tutti gli effetti del contra[tto]
che abbiamo conchiuso col Dittatore, e ch'ebbe già
principio d'esecuzione, d'accordo coi due Consigli di
Governo e coi luogotenenti delegati del Regio Mini-
stero, dopo il compimento del Plebiscito e la succes-
siva accettazione ed annessione in nome del re e an-
che in sua presenza.
Non ostante tutto ciò, chiamati noi sulla fine di gen-
naio dal Ministero a conferenza in Tonno ci siamo
presentati al Ministro del Lavori Pubblici; e ci siamo
dichiarati lealmente disposti ad accogliere tutte le mo-
dificazioni benché alcune assai gravose, che in nome
del Ministero ci vennero signifi[ca]te dal Sig. C o m .

24. - Scritti politici. II.


CATTANEO.
370 . CATTANEO - SCRITTI POLITICI - 11
Mancini, il quale speriamo non vorrà negarci la ono-
rata sua testimonianza. Noi ci mostrammo non solo
disposti ad abbandonare senza alcuna riserva le linee
degli Abruzzi, delle Apulie e di Napoli a Foggia, ma
inoltre quella di Ceprano, e tutte le relative linee te-
legrafiche, nonché la grande stazione di Napoli; e per
tutte le linee che a noi rimanessero ci mostrammo ras-
segnati a entrare in diversi concerti, i quali potrebbero
avere anche l'effetto d'aprire a nostra esclusione, la
concorrenza d'altri intraprenditori sopra alcune altre
linee già dal nostro contratto a noi assicurate.
Ma la nostra attitudine per quanto fosse conciìia-
tiva e cedevole non ottenne la sperata contemplazio-
ne. Poiché ad un tratto colla partenza del commenda-
tore Mancini e colla dimissione del Ministro dei La-
vori Pubblici, noi trovammo interrotte le trattative.
E mentre ci si annunciava che verrebbero riprese, eb-
bimo non dal Ministero medesimo ma dal nostro pri-
vato carteggio da Parigi e dalla stampa, la novella
che la Società Borbonica aveva ottenuto dal Ministero
medesimo l'assicurazione d'una prima sezione di linea
non tra le più comparativamente facili, preludio evi-
dente d'altri favori, e ciò a patti notabilmente diversi
da quelli che si erano concertati col Governo Borbo-
nico. I1 che trasgredisce il limite indicato negli Atti
Addizionali sanciti il 13 ottobre; e perciò ferisce il
nostro contratto.
A datare dal 25 settembre cinque mesi, e a datare
dal 22 giugno sono già trascorsi otto mesi, dacché noi
restiamo esposti in questi difficili tempi a tutte le
conseguenze d'un contratto pendente; il quale viene
osteggiato per motivi che sono affatto estranii alie no-
stre persone, Pronti a continuare nel compimento sol-
lecito dei nostri doveri; rassegnati a transigere anche
con gravi sacrificii, noi siamo intanto costretti a di-
fendere coi supremi rimedii i nostri diritti, i nostri
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 371

impegni, e il nostro nome, siamo costretti a invocare


l'osservanza della pubblica fede. Al cospetto della no-
stra nazione e di tutte le nazioni civili che scrutano
con severo giudizio di quanto si fa o non si fa in
questa travagliata Italia, inanzi al Ministero, [al] Par-
lamento e ai Tribunali noi dimandiamo giustizia.
E sebbene la nostra cauzione fosse già deposta e
accettata e non si poteva quindi riclamare a nostro ca-
rico altra nuova garanzia e sebbene il nostro contratto
di semplice allocazione d'opera e per sua natura tem-
poraria e breve con limitata anticipazione rimborsa-
bile di tronco in tronco non richieda la medesima mas-
sa di capitale come una concessione con godimento
centenario, noi ci dichiarammo pronti a provare che la
nostra società disponeva di larghi capitali ben oltre
i nostri bisogni e i nostri impegni. E tutti sanno che
le più danarose società sogliono in fatto compiere le
opere col denaro degli azionisti e infine colle larghe ga-
ranzie d'un regno.

8 Dicembre 1861.

Sulla ferrovia Perugina *

All'illustre Municipio di Perugia.


ONOREVOLISIGNORI.
Molto gentilmente, due mesi sono, mi favoriste
d'un opuscolo sulla vostra ferrovia, aggiungendomi in-
vito a dirne una parola nel Politecnico *,

* Pubblicato in POL.,1862, XII, pp. 199-208.


Sulla prosecuzione della Ferrovia Aretina nei pressi di
Perugia fino ad Ancona. Perugia, 1861.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 371

impegni, e il nostro nome, siamo costretti a invocare


l'osservanza della pubblica fede. Al cospetto della no-
stra nazione e di tutte le nazioni civili che scrutano
con severo giudizio di quanto si fa o non si fa in
questa travagliata Italia, inanzi al Ministero, [al] Par-
lamento e ai Tribunali noi dimandiamo giustizia.
E sebbene la nostra cauzione fosse già deposta e
accettata e non si poteva quindi riclamare a nostro ca-
rico altra nuova garanzia e sebbene il nostro contratto
di semplice allocazione d'opera e per sua natura tem-
poraria e breve con limitata anticipazione rimborsa-
bile di tronco in tronco non richieda la medesima mas-
sa di capitale come una concessione con godimento
centenario, noi ci dichiarammo pronti a provare che la
nostra società disponeva di larghi capitali ben oltre
i nostri bisogni e i nostri impegni. E tutti sanno che
le più danarose società sogliono in fatto compiere le
opere col denaro degli azionisti e infine colle larghe ga-
ranzie d'un regno.

8 Dicembre 1861.

Sulla ferrovia Perugina *

All'illustre Municipio di Perugia.


ONOREVOLISIGNORI.
Molto gentilmente, due mesi sono, mi favoriste
d'un opuscolo sulla vostra ferrovia, aggiungendomi in-
vito a dirne una parola nel Politecnico *,

* Pubblicato in POL.,1862, XII, pp. 199-208.


Sulla prosecuzione della Ferrovia Aretina nei pressi di
Perugia fino ad Ancona. Perugia, 1861.
372 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

Avrei fatto prima d'ora, se non fossero stati altri


due impegni, e da ultimo, un repentino ed aspro ma-
lore che mi colse agli occhi non senza minaccia di
peggio.
Or vi dirò sinceramente e brevemente ciò che la
lettura del vostro libro mi suggerisce.
Per movere da idee ben certe e ben chiare, giova
vedere in una carta d'Italia a che si riducano nel loro
complesso codeste ferrovie dell'Italia Centrale.
Se prendiamo due punti verso il Mar Tirreno, cioè
Livorno e Civitavecchia, e due verso l'Adriatico, l'uno
dei quali può esser Ravenna o Rimini e l'altro è An-
cona, veniamo ad avere una figura prossima ad un
quadrato, tutta cinta di ferrovie. Tra Livorno e Civita-
vecchia abbiamo la linea maremmana; tra Livorno e
Ravenna abbiamo la duplice ferrovia fiorentina e i
passi dell'Apennino toscano; da quelle vicinanze ab-
biamo la litorale Adriatica fino ad Ancona e da Ancona
una quarta linea, che, attraversando la penisola, ri-
torna per Fuligno e Roma a Civitavecchia.
Senonché a compier l'edificio restano ancora due li-
nee. Provengono ambedue da Firenze. L'una, passando
per Empoli e Siena, tende a Roma; l'altra, passando
per Arezzo e Perugia, dovrebbe congiungersi in Fuli-
gno colla sopradetta quarta linea d'Ancona a Civita-
vecchia.
E chiaro che la ferrovia Senese, avendo a' suoi due
capi nientemeno che Firenze e Roma, è una linea so-
pra tutte le altre nazionale. In Firenze si collega a
tutta la conca del Po e dell'Adige; in Roma si colle-
ga a Napoli, a Otranto, al Faro, alla Sicilia.
Questo è nel fatto naturale e costante e nei destini
del futuro.
Ma pel momento, pel tristo e inglorioso momento,
la linea da Firenze a Roma è intercetta da una forza
straniera, intorno a cui si stringono tutte le forze ne-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 373

- miche all’Italia. Quella ferrovia non può dunque per


ora servire al supremo intento della nazionale difesa;
anzi non può nemmeno servire al libero e sicuro pas-
saggio di tutti i cittadini. Finché ciò duri, gli officii di
ferrovia nazionale si devolvono dunque alle due pros-
sime linee, la Perugina e l’Adriatica. Or, fra le due, la
Perugina avrebbe nella direzione da Firenze a Napoli
l’aperto vantaggio della brevità, solché venisse conti-
nuata per l’alta Sabina e la Marsica fino alla valle del
Liri. Essa potrebbe adunque essere per ora la linea
nazionale per eccellenza. - Ma fino a quando an-
cora codesta condizione fattizia le potrebb’essere as-
sicurata?

Miei Signori, ciò dipende dall’avvenire del napo-


leonismo; il quale, finché duri, avrà sempre in forza
sua di occupare anche queste due linee, come la Se-
nese e la Maremmana. Io non intendo far qui disser-
tazioni politiche o atti di profezia. Vi dirò solo, per-
ché concerne il destino e il valore della vostra ferrovia,
che in Italia la stampa e la diplomazia chiudono li
occhi alla luce del giorno quando affettano d’ignorare
il fenomeno chiaro e lampante del napoleonismo, osti-
nandosi a considerarlo, non come un’assoluta e im-
periosa ragione di stato che consulta e calcola solo sé
stessa ed ha una grande ed essenzial parte di sé in Ita-
lia, ma come una potenza sentimentale, che s’infervori
a proteggere il papa re, quasi per capriccio di corte che
dimani ben potrebbe mutarsi in altro contrario ca-
priccio. No, il napoleonismo è venuto, or son dodici e
più anni, in Italia assolutamente per suo proprio conto
e interesse; soltanto si vale, all’antica, di tutti gli am-
minicoli che trova. Ma Perugia ben si ricorda con che
pochi scrupoii il vecchio Napoleone la voltò di città
papale in città francese del dipartimento del Trasime-
no; ben sa che Luigi Napoleone, or son quasi dieci
374 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

anni, determinò d'intitolarsi Napoleone III, il che lo


annunciava erede di Napoleone II nato re di Roma;
ben sa infine che il napoleonismo, in ogni suo detto e
fatto, non mostrò di veder altro mai nel papa che il
supremo elemosiniere dell'imperio, né di stimarlo gran
fatto più che un patriarca bizantino od un primate
gallicano. È troppo evidente che nelle tradizioni di
sua casa un Napoleone qualsiasi non può trovare altro
precetto che quello di farsi in Italia un esercito ausi-
liare, confidato a più governi, o anche ad uno solo,
purché impopolare e debole, e di costituirvi una lunga
frontiera, atta a coprire I'imperio come le marche di
Carlomagno, ma inetta a fargli ostacolo.
Il conte Cavour pensò di aver fatto buon negozio
dando Savoja e Nizza per avere lo Stato di Milano. E
infatti, a numero di maschi e femmine, era un guada-
gno maggiore del cento per cento. Dando poi la Sar-
degna per aver la Venezia, egli avrebbe fatto un gros-
so guadagno del trecento per cento. Ma non fece conto
che in Savoja minava la Svizzera e demoliva l'unica
frontiera sicura che l'Italia avesse. Non pensò come
Nizza, l'antica via di Montenotte, la via che recide To-
rino e Milano dal corpo dellItalia, sarebbe stata in
mano al re di Roma una nuova stazione imperiosa e
offensiva; non pensò che i porti della Sardegna, in fac-
cia a Roma, a Napoli, a Palermo, stabilivano il bloc-
co perpetuo della penisola. Non s'avvide insomma che
a forza di far grande a quella maniera il suo padrone
disarmandolo alle spalle, lo riduceva alla condizione
d'un re Gioachino o d'un vicerè Beauharnais. La Fran-
cia, oltre all'aver diviso in Nizza le Alpi dagli Apen-
nini, può aff acciare alla costa d'Italia un'irresistibile
marina, appoggiata ad una vicina e continua base la
quale si prolunga da Nizza all'Africa, mentre un'avan-
guardia fortificata s'interna già nel cuore della peni-
sola, a destra e sinistra di Roma, sopra una linea di
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 375
cento e più miglia. Intorno a questo baluardo sta pro-
teso da Torino a Marsala il nuovo regno, in un arco di
novecento e più miglia, che solo in un pajo di luoghi
oltrepassa cento miglia di profondità. Un esercito dis-
seminato sopra sifatta fronte, assolutamente antistra-
tegica, può venire spezzato e intercetto in ogni punto.
V’è una sola maniera possibile di difesa. La Svizzera,
che ha solo una decima parte della popolazione del-
l’Italia, mostra come si possa costituire con modica spe-
sa un nodo di forze difensive, che anche le potenze
di primo ordine guardano con rispetto. Se l’Italia aves-
se dieci di siffatti nodi, tutti contigui, tutti ben con-
giunti da ferrovie, ciascuno dei quali valesse nulla più
di quanto valsero nel 1849 i difensori di Roma, di
Venezia, del Cadore, la Francia non avrebbe più co-
desta alta mano strategica su tutta l’Italia; poiché, per
poco che il contrasto si prolungasse, non sarebbe più
sicura della sua base maritima; e forzare la penisola
solamente da un capo sarebbe altra impresa. Ma voi
sapete, Signori, che l’armamento nazionale è reso im-
possibile dagli interessi della casta militare e dalle il-
lusioni della casta elettorale; ond’è forza che l’Italia
resti in arbitrio dello straniero. Scoperte così della ne-
cessaria difesa, anche le linee libere stanno sotto il
dominio del cannone francese di terra e di mare. La
vostra ferrovia può dunque divenir militare e nazionale
sol quanto e quando convenga agii interessi dell’imperio
francese; il quale, finché duri, comprende nell’inalte-
rabile e inesorabile sua geografia tutta l’Italia.

Or da questo malfermo e ruinoso pendio delle fer-


rovie militari, raccogliamoci sull’inconcusso terreno de-
gli interessi immediati.
Una ferrovia regionale non è un viscere necessario
alla vita della nazione, alla sua generale difesa, alla
sua continuità. Ma essa è come una possente arteria
376 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
che sgorga entro il braccio un caldo getto di sangue e
fa vibrare i polsi d'un popolo a tutte le opere della
vita.
L'Umbria, a cui capo sta Perugia, è in superficie
la metà della Lombardia (chilometri quadri 10,622).
E la gran valle del Tevere, valle spaziosa, alta sopra
la campagna romana e le maremme toscane, salubre,
ubertosa, protetta in tre parti dagli Apennini, fecon-
data con copiose piogge dai due mari. Essa è molto
simile nell'aspetto, nell'ampiezza, nel clima (benché
notabilmente più mite) nella feracità del terreno (ben-
ché notabilmente maggiore) e forse nell'indole degli
abitanti, all'alta Lombardia. Perugia è posta sopra un
colle come Bergamo; fu sempre bellicosa come Bre-
scia; Perugia sanguigna.
Ma v'è tra I'Umbria e l'Insubria, tra l'Umbria e
l'lnsumbria, una immane differenza. L'Umbria è colti-
vata solo per due quinti della sua superficie; e ciò fa
indurre che anche la parte coltivata nol sia quanto il
potrebbe. La popolazione appena compie mezzo millio-
ne d'anime (504,000); non fa cinquanta per chilo-
metro (47); e l'Insubria, benché in gran parte ingom-
bra dalle eccelse Alpi e Prealpi, ne ha quasi tre volte
tanto. Dorme dunque entro le glebe della vostra terra
il pane e il vino per un millione di viventi, per cento-
mila difensori della patria grande. Una ferrovia, colle-
gata in molti modi ad ambo i mari e a tutte le terre
d'Italia, darà improvviso valore ai grani, agli olii, ai
vini, ai bestiami dei vostri campi, ai legnami delle
selve apennine; darà un impeto di gioventù all'agricul-
tura come nelle vergini terre delle colonie trasmarine.

Perché codesta ferrovia non si farebbe come voi de-


siderate? Perché far contrasto ai voti e ai voleri delle
libere vostre popolazioni? Quando Caribaldi liberò il
Mezzodì e il contraccolpo delle sue vittorie ebbe reso
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 377

irrefrenabile il moto dell'Umbria, si sarebbe potuto


applicare ampiamente il principio della prima conces-
sione aretina; incaricare degli studii, dei lavori e di
misurate anticipazioni compagnie italiane, le quali
non avessero lucri se non a misura delle opere com-
piute.
Ma sopra ogni cosa era necessario far d'un solo trat-
to tutte quante le grandi concessioni : intraprendere
d'un colpo tutti gli studii e tutte le linee per compierle
tutte ad un tempo nel più vicino termine possibile,
salvo quelle opere che avessero materia1 necessità di
maggior tempo. Un sistema di ferrovie, solamente nel
simultaneo suo complesso, può avverare il sommo della
sua efficacia, sì per giovare alla popolazione, sì per re-
tribuire il capitale dei lavori. Tanto era trovare a tal
uopo cento millioni come trovarne mille. I popoli, in-
sieme col fausto grido della libertà e della fratellanza
italica, avrebbero veduto scendere d'ogni parte una
pioggia d'oro. Le fatiche larghe e largamente rimeri-
tate avrebbero resa impossibile la miseria, impossibile
il malcontento, assurdo ogni sogno di guerra civile. Al
compiersi delle ferrovie, dovevano poi per necessità
pullulare altre serie di lavori, principalmente d'alta
agricultura, Garibaldi, mente aperta e anima bene-
vola, accolse in Sicilia la feconda idea. Nei giorni di
sue meraviglie, non ancora sconsacrate da una stam-
pa indegna, gli giungevano offerte di denaro a patti
trionfali. Ma non appena Cavour n'ebbe avviso, disse
a' suoi che assolutamente non si poteva lasciar fare agli
avversari sì grandi cose; disfece e non fece; si mise a
discrezione delle compagnie straniere. Intanto alla poe-
sia dei volontarii succedeva la barbara prosa dei bri-
ganti; all'inveterata inerzia dei popoli s'aggiunse ogni
sorta di miserie, di lutti e d'atrocità; i1 credito del no-
vello regno precipitava; e Talabot voltava le spalle.
Se il troppo tardo prestito dei settecento millioni
378 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
si fosse fin da principio risolutamente dedicato a intra-
prendere di slancio tutte le maggiori linee, dando pe-
gno sulle linee stesse e sui demanii delle relative pro-
vincie e altre assicurazioni siffatte; non sarebbe stata
irragionevole la speranza d'ottenere il capitale a quel
corso medesimo, al quale tutti sanno come fosse pochi
mesi addietro il credito napolitano, al quale è tuttora
il debito francese, relativamente tanto maggiore del
nostro.
Ma, nel modo appassionato e improvido con cui si
spinge sempre ogni cosa, duecento millioni sono svaniti
anzi tratto; e dei rimanenti non si può dire quanti si
potranno togliere alla voragine della guerra civile, del-
la confusione amministrativa, degli imprevedibili casi,
per consolidarli in ferrovie. Mentre l'enorme monte
d'oro si va rastremando, tutte le popolazioni implora-
no lavoro, non più come arra d'alta e ideale prospe-
rità, ma come elemosina per le scioperate e fameliche
genti. Quindi è necessità distribuire un poco a tutte.
Quindi un breve tronco a Presenzano, uno al Tronto,
uno a Eboli, uno a Bagherìa. Sarà forza aspettare che
una serie sia compiuta, per poterne intraprendere con
sì circoscritti mezzi un'altra. Converrà favorir le linee
che siano continuazione di linee già compiute; pertan-
to le provincie estreme rimarranno defraudate; poco ve-
drà la Calabria; poco la Sicilia; nulla mai la Sardegna;
e il secolo XX arriverà prima che ogni popolo itaìia-
no abbia la giusta sua parte di quelle ferrovie che deb-
bono essere lo strumento supremo di sua sicurezza e
il più largo ristoro delle sue vene.

Or qui si offre un pensiero. Le singole regioni, an-


ziché correre in giostra per vincere nel favore degli
instabili ministerii una particella del prestito gene-
rale, che potrebbe frattanto venire da casi repentini in-
teramente sviato, dovrebbero studiare se non vi fosse
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 379

altro modo d'assicurarsi prontamente quella modica mi-


sura di capitali che si richiede per condurre le proprie
loro ferrovie. Per forza d'esempio tutte le regioni poi
verrebbero a fare altrettanto, anche senza appositi ac-
cordi. Onde, se tutte le vostre città convenissero a fare
un Comitato promotore per le ferrovie dell’Umbria,
son certo che l'esempio sarebbe salutare a quante parti
d'Italia non hanno ferrovie, né in altro modo sì presto
le avranno.
Sì, bisogna che le regioni si sveglino alla vita pu-
blica, che pongano man forte nei loro interessi, che al-
leggeriscano il governo centrale e la finanza commune
da un carico troppo maggiore delle forze. Tutte le re-
gioni hanno immense fonti d'attività, nei demanii non
ancora dissipati, nelle imperfette agriculture, nei com-
mercii ancora dissociati, nelle capacità personali oziose
e ignorate, nel credito assopito. La Sardegna stessa ha
immensi valori, improvidamente controversi dal go-
verno, i quali, con un soffio di buon volere e di buon
senso, il parlamento potrebbe tradurre in opere pu-
bliche 1. Ma bisogna che i popoli spingano il parla-
mento; né possono farlo, se prima non hanno ben de-
terminato la via. Pare che i popoli amino quasi d'aver
diritto di lagnarsi, di poter dire che sono malgovernati,
d' accusare l’ intemperante primogenitura piemontese.
Ma una forza che si espande indiscretamente non può
venir frenata se non dall'espansione d'altre forze, se
non dalla potenza morale, dalla coscienza del diritto,
dal genio della libertà. Tutto ciò che si fa in Italia di
bene o di male è opera infine di qualche centinajo
d'uomini; i quali nulla hanno in sé che chiunque al-
tro non abbia. Chiunque può fare quant'essi fanno. Di-

1 Vedi POLITECNICO, Vol. VIII, pa . 274: Semplice pro-


posta per un milioramento generale pag.del2l74:’isola di Sardegna.
380 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

ceva l'antico proverbio de' Fiorentini, quand'erano il


popolo più libero, e pertanto il primo popolo d'Euro-
pa: Tanto può altri quant’altri.
Sono in più luoghi del vostro libro parole amare,
parole che non avreste forse pensato d'aver sì presto a
dire; e ben vi stanno; le ferite dell'ingratitudine sono
crudeli. Ma io vorrei piuttosto udir da voi parole riso-
lute, che scaturissero da ben meditati propositi e mo-
strassero l'animo intraprendente. Nessun governo le-
gale potrebbe torvi di fare in casa vostra ciò che vi con-
venisse, se vi poneste con animo deliberato a far ciò
ch'è necessario per conseguire ciò che bramate.

Di che si tratta infine? Dal vostro libro non si rileva


se i capitali per la vostra ferrovia debbano venir for-
niti dall'erario o dai concessionarii. In un modo o nel-
l'altro, dal confine toscano di Cortona a Fuligno si
possono contare forse novanta chilometri; né vi sono
opere d'alta difficultà, poiché tali non sarebbero né il
sottopasso di Perugia né il ponte del Tevere. Si tratta
dunque di 20 a 25 millioni di capitale, si tratta d'assi-
curare un millione d'interessi o poco più. L'Umbria ha
immensi beni di mano morta, la dispersione dei quali
sarà severamente giudicata dai popoli, qualora non li
vedessero almeno in larga parte destinati al publico be-
ne. La possidenza tutta avrebbe poi manifesto interesse
a entrare essa medesima nell'acquisto d'azioni che fos-
sero in qualche misura assicurate o sull'erario naziona-
le o sui sopradetti demanii. O viceversa, potrebbe essa
contribuire ad assicurare una parte d',interessi alle azio-
ni assunte dai banchieri. Le combinazioni possibili sono
molte. Intanto supponiamo, a cagion d'esempio, che il
trasporto dei bestiami non bastasse a compiere un di-
videndo alle azioni. Ma quando, in luogo di più giorni
di viaggio sulle vie polverose, al sole ardente, male
abbeverati, mal pasciuti, facilmente guasti o infetti, i
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 381

bestiami potranno dall'alba a mezzodì, lanciati sulle


rotaje, pervenire pingui e freschi al loro destino, è
manifesto che a prezzo pari il loro valore ne avrebbe
aumento, io non oso dire, ma forse d'un quinto; il qua-
le ben compenserebbe al corpo dei possidenti il de-
bole reddito delle azioni. E altro simil vantaggio po-
trebbe esser particolare agli abitanti delle città. Le
popolazioni non s'avvedono della perpetua gravezza
onde è causa a loro la distanza tra le stazioni e il cuo-
re dell'abitato. È certo che, chi cammina a piedi, logora
tempo e spesso salute; chi va in vettura, paga in ragio-
ne delle distanze; se il tenere una carrozza pesa ad
una famiglia, il tenerne senza necessità parecchie ag-
grava nelle medesime proporzioni una città. Certo è
che se la stazione di Perugia dovesse veramente essere
lontana dalle sue mura lo sproposito di sette chilometri
e più, il che in andata e venuta sommerebbe dieci mi-
glia incirca, né ai poveri converrebbe più di andarvi
a piedi, né di pagare il tragitto; l'utilità della ferrovia
non si diffonderebbe a tutte le industrie; e pesereb-
be sulle classi ricche il peso d'una imposta perpetua,
come sul capitale della ferrovia il peso d'una perpetua
perdita.
Qui non si tratta nemmeno d'apportare offerte al-
la patria, ma di promovere i domestici interessi dei
ricchi e dei poveri. Proponete adunque, in qualche op-
portuno modo, al governo d'assumer voi parte de' suoi
pesi, se il carico delle opere incumbe ad esso. Fatelo
libero di rivolgere le inadequate sue forze a beneficio
di altre men fortunate popolazioni. E chiedete in com-
penso che il tracciamento delle vostre ferrovie venga
modificato giusta il vostro desiderio. Poiché, nello sta-
to normale delle cose, la vostra ferrovia è regionale;
né l'Italia tiene altro maggiore interesse sulla linea pe-
rugina che d'arrivare a Perugia.
382 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Né vedo che il parlamento abbia tanto a gloriarsi
di ciò che ha fatto, da potervi negare ogni modificazio-
ne della legge, salvo il diritto dei concessionarii. Fa
veramente stupore la forma al tutto negletta della
convenzione tra la società Fenzi e il conte Cavour,
quale venne incorporata poi nell’atto del parlamento.
Vi si parla d’una ferrovia - « da Firenze per Arezzo
ad Ancona e pressi di Perugia ». - Dunque chi altro
non sapesse, dovrebbe mettersi in capo quest’ordine :
1°’ Firenze; 2° Arezzo; 3° Ancona; 4° i pressi di Pe-
rugia. Avrebbe dunque a credere che Perugia fosse un
bel tratto oltre Ancona, sul monte Gargano forse, o
in terra di Bari.
Inoltre codesta concessione giunge, sì o no, fino ad
Ancona? Se in verità non vi giunge, le parole del con-
tratto involgono un vanto di Borsa, al quale non so
come i corpi legislativi abbiano potuto sovraporre I’au-
gusta loro sanzione.
Né questa grave irregolarità rimane corretta dalla
successiva clausula che la linea debba procedere -
« riunendosi alla ferrovia da Roma ad Ancona, prima
della traversa del colle di Fossato ». - Perocché la
condizione di doversi riunire alla ferrovia « da Roma ad
Ancona non cancella l’antecedente concessione della
ferrovia « da Firenze ad Ancona ». Solamente ne con-
segue che le ferrovie le quali vanno « ad Ancona ,
secondo la lettera del contratto Cavour, dovrebbero
essere due: l’una da Roma; l’altra da Firenze; e do-
vrebbero esser fra loro congiunte prima di un dato
luogo. La linea « da Firenze ad Ancona » dovrebbe, per
quanto vale questa condizione, non inoltrarsi più a
mezzodì della galleria che attraversi I’Apennino sotto
il colle di Fossato. Pertanto dovrebbe toccare, al più,
Città di Castello ed Eugubio, e via scampare per l’an-
golo più alto e alpestre della valle Tiberina. Or ciò
non è compatibile colla precedente concessione del pas-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 383

saggio pei pressi di Perugia. Altrimenti sarebbe neces-


sario dare a quel nuovo e strano vocabolo di pressi,
cioè di vicinanze, l'opposto senso di lontananza. No,
mai non si accumularono in atto pubblico tante incon-
gruenze; né fu mai tanto flagrante nei corpi legislativi
il dovere di ripararvi.
Quanto al modo d'emendare il tracciamento, io non
dubito che convenga mirar direttamente alla vostra
e a tutte le altre città vicine. Cortona, Perugia, Assisi,
Spello, Fuligno stanno già tutte lungo un asse retti-
lineo, o lievemente spezzato. Giacché la ferrovia d'An-
cona a Roma tocca già Fuligno, Trevi, Spoleto, Temi
e Narni, tutte quasi le città umbre si troverebbero rac-
colte in famiglia, con inapprezzabile vantaggio materia-
le e morale; sarebbero posti in commune tutti li affari,
i diporti) i voti pubiici; sarebbe adunato quanto avete
di ricchezze, d industria, d' intelligenza. Giustamente
fate conto anche sui visitatori che dalI’Italia e da tutto
il mondo civile verranno a contemplare i tesori della
vostra pittura soavemente sublime; e avreste potuto
aggiungere anche li edificii nei quali primamente si
svolse quell’architettura bramantesca che venne ad ab-
bellire le nostre città transpadane. Giustamente fate
conto anche sulle memorie del Trasimeno, sui monu-
menti delle origini italiche, sulle tradizioni proprie dei
vostri studii. Ma tutto ciò fa sempre più manifesta la
convenienza di concatenare quanto più direttamente si
possa tutte le vostre città.
Sulla mappa alquanto negletta che correda il vo-
stro libro, non è facile tentar calcoli; altrimenti oserei
proporvi di movere da Cortona, tenendovi quanto più
alto si potesse sulla spina dei colli fino a raggiunger
Perugia da settentrione; e viceversa nel partire, vi
consiglierei di rivolgervi ad Assisi, anche per diminuire
in parte la discesa, passando il Tevere alquanto so-
pra Ponte S. Giovanni.
384 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

Insomma, deliberatevi a fare uno studio compiuto


del vostro terreno, dei vostri bisogni, dei vantaggi ed
anche dei piaceri vostri, in quanto non turbino il su-
premo intento di congiungere nel modo più spedito
all'Italia tutte le vostre città. Ma prendete una forte
iniziativa; fate valere le ricchezze che avete, poiché
si tratta d'accrescerle.
Ciò facendo, avrete dato, come già in altre cose,
utile e generoso esempio agli altri popoli italiani. Con-
vien che da popolo a popolo si tenda la catena del-
l'esempio, che si susciti quel vitale fermento senza cui
l'Italia ben presto sarebbe di nuovo una grotta di dor-
menti.
Io vi rendo grazie d'avermi porto l'occasione d'as-
sociarmi ai giusti voti d'una città che a ragione stimo
e amo.
A voi,
Onorevoli Signori.

Ottobre 1862
Prolungamento
della ferrovia Aretina per Perugia *
In più luoghi della lettera del municipio di Peru-
gia e della relazione dell'ingegnere Tatti, s'accenna al-
l'importanza militare della ferrovia aretina, che con-
giunge il bacino dell'Arno con la valle Umbra. I
fatti confermano questa importanza; dei quali amia-

* Pubblicato con la firma « La Red » in POL., 1862, XV,


pp. 73-74. È il commento ad una lettera della Deputazione
munici ale di Perugia al direttore del Politecnico e ad
una replazione dell'ing. Tatti, collaboratore del Politecnico,
al Sindaco di Perugia.
384 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

Insomma, deliberatevi a fare uno studio compiuto


del vostro terreno, dei vostri bisogni, dei vantaggi ed
anche dei piaceri vostri, in quanto non turbino il su-
premo intento di congiungere nel modo più spedito
all'Italia tutte le vostre città. Ma prendete una forte
iniziativa; fate valere le ricchezze che avete, poiché
si tratta d'accrescerle.
Ciò facendo, avrete dato, come già in altre cose,
utile e generoso esempio agli altri popoli italiani. Con-
vien che da popolo a popolo si tenda la catena del-
l'esempio, che si susciti quel vitale fermento senza cui
l'Italia ben presto sarebbe di nuovo una grotta di dor-
menti.
Io vi rendo grazie d'avermi porto l'occasione d'as-
sociarmi ai giusti voti d'una città che a ragione stimo
e amo.
A voi,
Onorevoli Signori.

Ottobre 1862
Prolungamento
della ferrovia Aretina per Perugia *
In più luoghi della lettera del municipio di Peru-
gia e della relazione dell'ingegnere Tatti, s'accenna al-
l'importanza militare della ferrovia aretina, che con-
giunge il bacino dell'Arno con la valle Umbra. I
fatti confermano questa importanza; dei quali amia-

* Pubblicato con la firma « La Red » in POL., 1862, XV,


pp. 73-74. È il commento ad una lettera della Deputazione
munici ale di Perugia al direttore del Politecnico e ad
una replazione dell'ing. Tatti, collaboratore del Politecnico,
al Sindaco di Perugia.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 385

mo citare alcuni, avvertendo che anche la lettera del


dott. Carlo Cattaneo al municipio di Perugia 1 invo-
cava la rapida attuazione della linea in discorso per
gravissimi riguardi strategici.
Sin dalla prima metà del secolo scorso, l'infante
Carlo Borbone, movendo da Parma alla conquista del
reame di Napoli, radunò ad Arezzo, e quindi a Perugia,
le proprie truppe, di là spingendole inanzi all'ardua
impresa.
Sullo scorcio del 1798, Championnet intorno a Pe-
rugia coordinò le proprie forze, che poscia trionfa-
rono dell'esercito di Mack; sicché l'esito attestò che egli
avea scelta opportuna base di operazione.
Nel 1800 Napoleone, dopo Marengo, per l'Umbria
mandò Murat a punire il re di Napoli. Sei anni dopo,
Massena, da Spoleto calava nel napoletano e lo con-
quistava a beneficio di Giuseppe Bonaparte.
Nel 1815, Murat, vinto dalle truppe tedesche ac-
campate nell'umbria, perdeva il trono.
Fatti più recenti, e più dolorosi, attestano che mo-
vendo per la valle Umbra gli austriaci s'agevolarono
il possesso de' due versanti dell'Appenino, sboccando
contemporaneamente nella Toscana e nelle Marche.
Il nostro esercito, nel 1860, da queste posture ir-
ruppe contro i soldati di Lamoricière, il quale, trasan-
dando di custodire Fuligno, ebbe poscia impedita la ri-
tirata verso Roma; giacché Fuligno è i'obiettivo di qual-
siasi esercito che dalla linea del Po scenda ad inva-
dere ed occupare il cuore della penisola.
Un importante scritto che abbiamo sott'occhio,
publicato nel Giornale scientifico-agrario-letterario-ar-
tistico di Perugia (Nuova serie, vol. VII, pag. 281)
adduce chiare ed efficaci ragioni per dimostrare che il

vol. XII, pag. 199.


POLITECNICO,

25. . CATTANEO.
Scritti politici. II.
386 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tracciato pel Trasimeno è assai più opportuno, pei ri-
spetti militari, di quello per val di Pierle, ragioni che
aggiungono novella forza alle proposte dell’ingegnere
Tatti.

Marzo 1865
Sulla ferrovia dalle Alpi elvetiche
all’Europa centrale:
lettera ai Cittadini genovesi *

Cittadini genovesi!

Poiché il pensiero d’una ferrovia dai due mari


d‘Italia all’Europa centrale, oscurato già nei primordii
da troppo parziali intendimenti, ora soltanto, per matu-
rità spontanea di tempi, si spiega in tutta la nazio-
nale e internazionale sua grandezza, io m’indirizzo a
voi, volendo io dirvi che un’impreca la quale annuncia
un s ì fausto avvenire al vostro commercio, non do-
vrebbe più lungamente rimanere senza il vostro voto.
Oramai gli scrittori che assunsero la tutela dei vo-
stri interessi non si attengono più ai limitati calcoli
di vent’anni addietro. Sicché, avendo essi ampiamente
accettato le nuove premesse, il caso sarebbe che accet-
tassero anche le nuove conseguenze.
In un recente scritto, il signor Boccardo disse che
il compimento del canale di Suez poteva « quintupli-
care il vostro mercato (Luc. e Gott, p . 39) ». S’egli
sperasse anche solamente di duplicarlo, voi vedete che
sarebbe già un augurio ben lieto. Non è poco ima-
ginarsi un numero tale di navi nel vostro porto da po-

* Pubblicato in POL., 1865, XXIV, pp. 253-265,in opu-


scolo a Lugano, 1865,e ripubblicato in O.E,I., V, pp. 233-50.
386 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
tracciato pel Trasimeno è assai più opportuno, pei ri-
spetti militari, di quello per val di Pierle, ragioni che
aggiungono novella forza alle proposte dell’ingegnere
Tatti.

Marzo 1865
Sulla ferrovia dalle Alpi elvetiche
all’Europa centrale:
lettera ai Cittadini genovesi *

Cittadini genovesi!

Poiché il pensiero d’una ferrovia dai due mari


d‘Italia all’Europa centrale, oscurato già nei primordii
da troppo parziali intendimenti, ora soltanto, per matu-
rità spontanea di tempi, si spiega in tutta la nazio-
nale e internazionale sua grandezza, io m’indirizzo a
voi, volendo io dirvi che un’impreca la quale annuncia
un s ì fausto avvenire al vostro commercio, non do-
vrebbe più lungamente rimanere senza il vostro voto.
Oramai gli scrittori che assunsero la tutela dei vo-
stri interessi non si attengono più ai limitati calcoli
di vent’anni addietro. Sicché, avendo essi ampiamente
accettato le nuove premesse, il caso sarebbe che accet-
tassero anche le nuove conseguenze.
In un recente scritto, il signor Boccardo disse che
il compimento del canale di Suez poteva « quintupli-
care il vostro mercato (Luc. e Gott, p . 39) ». S’egli
sperasse anche solamente di duplicarlo, voi vedete che
sarebbe già un augurio ben lieto. Non è poco ima-
ginarsi un numero tale di navi nel vostro porto da po-

* Pubblicato in POL., 1865, XXIV, pp. 253-265,in opu-


scolo a Lugano, 1865,e ripubblicato in O.E,I., V, pp. 233-50.
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 387
terne fare una seconda Genova. Ma d'altra parte non
è poco aprire a Genova un nuovo mare, s'anco non
fosse il più ricco dei mari, e farla divenire quasi per
incanto un porto dell'oceano indiano. Che se dipen-
desse in parte anche da voi di poter più largamente at-
tingere alla corrente del commercio universale, sa-
rebbe d'uopo considerar prima d'onde questa viene e
dove va.

La nuova corrente verrà da Suez; questo è un


punto inalterabilmente prefisso dalla forma della terra.
E se pensiamo che in giro all'Oceano indiano sono i
dominii britannici dell'India e i porti della Malesia e
le nascenti colonie della Nuova Zelanda vaste più del-
l'ìtalia e quelle dell'Australia vaste quanto l'Europa,
voi vedete che all'estremo opposto quella corrente de-
ve tendere all'lnghilterra.
Or bene, prendiamo una carta geografica dell'Euro-
pa, un angolo della quale giunga fino a Suez. Se con
un filo, o col margine d'un foglio, congiungiamo Suez
e Londra, troviamo che questo asse rettilineo non si di-
rige propriamente all'Italia: ma passando tra Rodi e
Candia, tende aiia penisola greca e all’Illiria, poi
radendo a tergo Trieste raggiunge pel Tirolo il Reno,
alquanto a settentrione di Strasburgo e tocca il mare
a Calais. Siccome però non si potrebbe seguir dap-
presso la linea retta, se non salendo e scendendo gli
sproni d'una continua serie di montagne fino oltre il
Reno; e siccome lo stato squallido della parte turca
promette troppo scarso tributo ad una costosa rotaia,
così la prerogativa della più veloce corsa terrestre si
trasferisce in fatto pratico al vicino litorale italico, che
apre un varco piano e popoloso fino alle Alpi. Ma non
si ha la corsa maritima più breve; il rettilineo si spez-
za per passare a ponente di Candia e delle isole Jonie
e raggiungere il calcagno dell'Italia; poi tocca per ma-
388 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
re o per terra Ancona; e va pel centro, non più del
Tirolo ma della Svizzera, al Reno presso Basilea.
A questa linea di massima celerità, che scorre lun-
go tutta l'Italia e fende per mezzo la Svizzera, appar-
tengono necessariamente le corse postali, e come si
suol dire, la valigia delle Indie; epperò anche i viag-
giatori di più lunga e sollecita corsa.
Per ogni altro movimento, la bellezza delle regio-
ni che la linea percorre è tale, da doversi considerare
come rami viventi della stessa vita tutte le ferrovie
che collegano le città italiane, i cantoni elvetici, le
valli del Reno e del Meno, Parigi, il Belgio, l'Olanda
e l'Inghilterra. Quivi intorno, a destra, a sinistra, a
fronte, a tergo, si schierano a brevi distanze cento
millioni di popoli pensanti e operosi, appassionati pei
geniali viaggi, visitati ogni giorno più dagli altri po-
poli d'Europa per mille ragioni di commercio, di poli-
tica, di studii e di varia curiosità. il più rapido
vortice d'attività sociale che sia sul globo. I1 moto
assiduo delle persone contribuisce potentemente a pa-
gare i viadutti, i trafori, le duplici rotaje, dove poi pos-
sono scorrere a tenue nolo le merci. I1 che, siccome
sul rettilineo illirico non avverrebbe, costituisce una
prerogativa dell'asse italo-elvetico e della sua con-
tinuazione.
Che se verso questo capo della gran corrente ma-
ritima v'è l'Europa centrale, illuminata dalle scienze
vive e armata dell'infinita potenza delle machine, al-
l’ altro capo l’ Oceano abbraccia in vasto semicerchio
l’ Arabia, la Persia, l’ India, la China, il Giappone,
- seicento millioni d'uomini, - che vivono ancora di
lavoro manuale e di scienza morta, ma godono i doni
d'una prodiga natura. Il loro superfluo è il nostro
bisogno. Intercetti finora del nostro consorzio pei
rigori di gelose tradizioni, e per timori e sospetti pur
troppo non ingiusti, oramai si vedono per ogni parte
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 389

invasi dalla potenza del libero scambio, assorti ogni


giorno più nel diluvio del commercio universale.
un fatto senza esempio nell’istoria del genere umano;
e le sue conseguenze devono essere adeguate alla sua
grandezza.
Voi vedete che qui non si tratta solo di mutare la
via del commercio; non si tratta solo di seguire una
diversa corrente, ma d’aprir nuove e larghe fonti.
Ai cenni del telegrafo, una massa letteralmente inesau-
ribile di merci, finora quasi escluse dalla libera cir-
colazione, verrà consegnata al vapore e alla vela. Se
anco imaginassimo non potersi conservar navigabile
il canale dei due mari, se i turbini del deserto doves-
sero sepelirlo, se non si potesse avviar di nuovo al
mar Rosso un ramo del Nilo, basterebbe, non dico
la locomotiva, ma il carro de’ buoi, ma il camelo e
il giumento, a condurre per quel palmo di pianura
dai popolosi recessi del grande oceano valori im-
mensi, purché solamente il commercio abbia libertà!

Che se il pregio della massima celerità spetta alle


ferrovie, e perciò alle penisole che più s’inoltrano
entro mare, la vela conserva sempre il beneficio del
minor prezzo. Egli è che il vento non si paga; e il
piano del mare non si logora come il ferro delle ro-
taje. E perciò la massa dei grossi trasporti appartiene
per naturale convenienza ai golfi, o per lo meno ai
porti che più s’inoltrano nei continenti.
Sulla direzione da Suez all’Europa centrale, que-
sto vantaggio appare più evidente nei quattro porti di
Trieste, Venezia, Genova e Marsiglia, perché sono sfilati
tutti sopra una medesima linea; la quale, essendo obli-
qua al meridiano, taglia ad angolo retto l’asse di mas-
sima velocità e brevità.
In seconda linea, poche miglia indietro della prima,
stanno la Spezia e Fiume; poco più indietro è Livorno;
390 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
e alquanto più, benché alla medesima latitudine, An-
cona. La quale per ciò, fra tutti codesti porti, ha la
corsa terrestre relativamente più lunga della maritima;
e quindi ha in massimo grado il vantaggio della cele-
rità, e in minimo grado il vantaggio del prezzo. Onde
per ultimo effetto ha, dopo Taranto, Otranto e Brin-
disi, una naturale preminenza nei trasporti a vapore
per mare e per terra.
Ma se paragoniamo fra loro i quattro porti che
stanno in prima linea verso l'Europa centrale, trovia-
mo che il più vicino all'asse di massima celerità e
brevità è Venezia; Trieste e Genova ne sono incirca
a distanze eguali; ma la distanza di Marsiglia, in con-
fronto di Venezia, è quintupla!
Marsiglia è duecento miglia più a ponente di Ge-
nova. Quanta è l'opportunità ch'essa offre perciò SU-
gli arrivi di ponente, altrettanto debb'essere viceversa
il suo svantaggio sugli arrivi di levante, quando deb-
bano poi retrocedere più o meno verso le longitudini
onde sono venuti. È un prolungamento di navigazione
e di carreggio per lo meno inutile. Si ha bel dire che,
sotto vela, qualche giorno più o meno non si pone in
conto. Ma è impossibile che nella continuità del tempo
migliaja di noli in andata e ritorno non se ne risen-
tano. È un dazio perpetuo imposto dalla natura ai
porti che sono più o meno fuori di strada: e nessun
artificio legislativo può fare che non si paghi o dal
commercio o dalla nazione, se questa vuol premiare
le operazioni passive de' suoi bastimenti, anziché ap-
plicar le sue forze a imprese di maggior convenienza
naturale.
Nella posizione obliqua dei quattro porti v'è un'altra
disparità : perché Genova s'interna nel continente più
di Marsiglia; e Venezia più ancora; e Trieste più di
tutti. La latitudine di Trieste oltrepassa quella di
Marsiglia di gradi due e mezzo, che sapete, fanno

I
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 391

miglia 150. Marsiglia è più meridionale, non solo


della Spezia e di Fiume, ma benanche di Livorno e
d’Ancona! E perciò, in tutti i movimenti che parte-
cipano del settentrione, i porti italiani devono rispar-
miare più o meno la differenza tra le spese di naviga-
zione mercantile e le spese di trattura.
La posizione di Marsiglia è talmente inoltrata verso
mezzodì e ponente, che le spedizioni di Suez all’Eu-
ropa centrale, comprese alcune più industriose parti
della Francia stessa, non solamente pagheranno per
Marsiglia un più lungo giro maritimo, ma inoltre un
più lungo giro terrestre.

Ecco perché (come si vede nella tavola delle di-


stanze, posta in appendice alla relazione commerciale
del Comitato del Gottardo), tutte senza eccezione le
città svizzere e tutte senza eccezione le città renane
risultano notabilmente più vicine al mare per Genova
che non per Marsiglia. Ginevra stessa, ch‘è pur nella
valle del Rodano, risulta per la via del Cenisio ben
41 chilometri più vicina a Genova. Sulla distanza da
Marsiglia a Zurigo, ch’è di chilometri 802, Genova,
purché s’attenga alla diretta via del Gottardo, fa
l’enorme risparmio di chilometri 348, cioè quasi la
metà d’un lungo viaggio. E anche pel circuito deI
Lucomagno, le rimarrebbe sempre un risparmio di
283. Che più? Genova, ben inteso che s’attenga alla
diretta via del Gottardo, può offrire, fin dentro alla
frontiera francese, alla industre Mulhouse un decisivo
risparmio di 186 chilometri di ferrovia. E può dare
più o meno un simile vantaggio a Colmar, a Strasburgo,
a Metz, a Nancy, a Sédan, al di là dei Vogesi, in
fondo alle Ardenne!
Un fatto grande si compie inanzi a noi nel modo
più solenne. La dottrina del libero scambio viene og-
gidì dettando alle nazioni nuovi trattati di commercio,
392 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
nei quali alle tradizioni d'una ostile concorrenza suc-
cede sempre più il calcolo del commune risparmio
e della mutua convenienza. No, voi non potete pen-
sare che, quando il Gottardo fosse aperto, Mulhouse
p. e. potesse rimanere perpetuamente condannata a
pagare il nolo di 739 chilometri di ferrovia, per rice-
vere da Marsiglia ciò che potesse ricevere da Genova
pagando un nolo di 553. No, il lavoro utile non può
essere eternamente costretto a pagare una siffatta
enorme decima del 33 per cento a un lavoro meno
utile.

Ma si conceda pure la perpetua possibilità d'un tale


assurdo. Supponiamo pure che l'Alsazia e la Lorena
debbano soggiacere a questa angheria feudale verso
il porto di Marsiglia, simile alle antiche servitù del
molino e del forno; ovvero supponiamo che la na-
zione, con uno od altro artificio di finanza, debba
condannar sé medesima a darne un qualsiasi com-
penso a' suoi industrianti, affinché non dovessero la-
vorare a più sfavorevoli condizioni che quelli della
riva destra del Reno. Ancora, questo disordine avreb-
be fine alla frontiera. Il porto fluviale di Basilea sa-
rebbe libero; offrirebbe i diritti quasi maritimi della
navigazione del Reno; e Genova sarebbe, per inalte-
rabile fatto geografico, il suo più prossimo porto
di mare. Il commercio di Genova avrebbe sempre libero
l'adito dalla Svizzera alla lega daziaria in tutto l'inter-
vallo che si stende dalla riva francese del Reno alla
riva austriaca del lago di Costanza. Ora, in questo in-
tervallo, i due estremi accessibili alle ferrovie sono
Costanza e Basilea.
E qui è tempo d'avvertire che sotto il nome del lago
di Costanza si confondono troppo sovente due dire-
zioni assai diverse. L'una tende alla città badese di
Costanza, posta verso occidente, tra il lago alto e il
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 393

basso, poco lungi dal sito ove il Reno ne esce. L'altra


tende all'austriaca città di Bregenz posta nel Vorarlberg,
all'estremità orientale del lago, al di là dal sito ove il
Reno alpino vi entra. V'è da Bregenz a Costanza un
tragitto di 45 chilometri; ma poi v'è a settentrione di
Costanza un lungo golfo, dall'estremità del quale sino
a Bregenz la lunghezza rettilinea del lago giunge sin
oltre a 60 chilometri. Il fatto è che questo lago, il cui
nome vi si fa risonare all'orecchio da ben venti anni,
non è per la vostra ferrovia se non un grande ostacolo.
Trattandosi di ferrovie, parliamo dunque della città, e
lasciamo la giaculatoria del lago di Costanza; al quale
poi là in paese si dà un altro nome.
Ma v'è un fatto troppo più grande e grave. Se si
eccettua codesto intervallo navigabile da Bregenz a Co-
stanza e il successivo intervallo accessibile alle ferrovie
da Costanza a Basilea, tutta la lunghezza del nostro
continente, dall'ultima Siberia sino all'oceano atlantico,
è occupata per settemila miglia continue dall'uno o dai-
l'altro o dall'altro dei tre imperii militari, russo, austriaco
e francese. Tranne quell'intervallo centesimale, è una
barriera di settemila miglia, data in consegna all'arcano
volere di tre uomini!
Cittadini genovesi! Io vi parlo d'affari come si parla
a voi. Gli interessi della libertà sono i vostri. Ma non
vi farò parole sonore; lasciamo pure in disparte i colpi
di telegrafo e i repentini casi di guerra. Voi sapete che
i sistemi militari, anche quando per forza d'esempio
e per evidenza scientifica aprono i trattati di commercio
ai calcoli del libero scambio, restano pur sempre sulle
loro frontiere come in un campo di guerra, dove non
sono esenti mai da sospetto o da pretesti di sospetti le
persone, né i carteggi, né tampoco le parti di machina
e le balle di cotone. Io dico adunque che quando si
tratta di stabilire le più sicure e veloci relazioni dal-
l'Australia, dall'Italia, dalla Svizzera alla Lega Daziaria,
394 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
al Belgio, all' Olanda, all' Inghilterra, e a quant' altro
v'ha di libero o di prossimo alla libertà nelle tre o
quattro parti di questo nostro emisferio, la grande fer-
rovia delle genti deve porre la sua mira a quell'unico
intervallo : Costanza e Basilea.

Ebbene, riprendete ora un filo o il margine d'un


foglio; e fate sulla carta geografica un triangolo dal
Gottardo a Costanza e Basilea. Vedrete che la vostra
ferrovia, senza uscir mai da quel triangolo, raggiun-
gerà tutte le diramazioni che stanno già pronte per
unirla tanto a Basilea quanto a Costanza. Ma se fate
un triangolo dal Lucomagno a quelle due città, ve-
drete che non appena la ferrovia del Lucomagno esce
dal traforo alpino, esce anche dal suo triangolo; e non
vi rientra più fino a Costanza. Egli è come caricare le
merci fuori del bastimento.
Per effetto di ciò, anche tutte le città che stanno
dentro il triangolo del Lucomagno, riescono più vicine
al Gottardo, tranne Costanza, dove la vagante curva
del Lucomagno ritorna al suo triangolo. Ma quivi pure,
se Genova ottiene un apparente risparmio di 25 chilo-
metri, questo svanisce subito; poiché, oltrepassato ap-
pena il ponte di Costanza, si para inanzi una seconda
volta l'ostacolo del lago, nel prolungamento già men-
tovato.
Sul rimanente intervallo da Costanza a Basilea, il
Gottardo, in paragone del Lucomagno, vi dà un co-
stante risparmio e sempre crescente. A Sciaffusa, dove
appiè della gran cascata comincia la navigazione con-
tinua del Reno, vi acquista già chilometri 51; a Ba-
silea 102. Voi vedete che da questa parte, cioè lungo
l'intervallo libero, la via del Lucomagno non è la vostra.
Che se retrocedete verso la Baviera e oltrepassate il
lago di Costanza, sia per la frontiera badese, sia per
l'austriaca, tanto fa. Sempre, ad ogni altra circostanza
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 395
pari, Venezia sugli arrivi di levante ha in paragone
vostro un doppio risparmio. Ha la minor distanza ma-
ritima, per non doversi fare sulla linea veneta il cir-
cuito della penisola italiana; e ha la minor distanza
terrestre, ch‘è di chilometri 119 in Augusta e di 241 in
Monaco.
Cittadini genovesi, per gli arrivi di levante, anco
da questa parte, il Lucomagno non è la vostra strada.
Come? Vi fu detto che non potreste apportare i
vostri arrivi di levante a Basilea, dove, oltre alla navi-
gazione più breve, avete a fronte di Marsiglia l’enorme
risparmio di 251 chilometri di via terrestre. E poi do-
vreste apportarli vittoriosamente a Monaco, dove Ve-
nezia, oltre al più breve viaggio maritimo, ha l’enorme
risparmio di 241 chilometri di ferrovia! Voi vedete
che in questi due contrari ragionamenti vi si consi-
glia d’andarvi a procacciare il complessivo svantaggio
di quasi cinquecento chilometri.
E per ultimo, se la vittoria vostra fosse possibile,
sarebbe la distruzione del commercio naturale di Ve-
nezia!
No, abbandoniamo una volta per sempre questi vizii
dei nostri padri, questa falsa luce d’una barbara con-
correnza. È tempo d’appropriarci l’idea del secolo,
l’idea, vi ripeto, del commune risparmio e della conue-
nienza universale. La concorrenza ammette anche il
mutuo danno; ammette che i negozianti di due città
vicine debbano insidiarsi e distruggersi fra loro come
nemici in battaglia. A questi deliri non condurrà mai
l’accorto calcolo della convenienza, pel quale ognuno
sceglie il suo campo e attende a quello; e non disperde
tempo e forze a devastare il campo altrui.
I quattro porti sono quattro rami della corrente che
verrà dal grande Oceano a fecondare l’Europa centrale.
Purché tutto questo nuovo Egitto si abbeveri, nulla im-
porta da qual canale l’aqua del nuovo Nilo vi arrivi.
396 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
E certo che Marsiglia, nel versante del Rodano, ha
sopra Genova una invincibile prerogativa. Ma o voi
dovete dire che le ferrovie del Cenisio e del Sem-
pione vi saranno affatto inutili; o dovete sperare che
la minor distanza debba già sul lago di Ginevra farvi
in qualche grado partecipi a Marsiglia. I1 vantaggio
della minor distanza diviene evidente poi per Genova in
tutto il versante del Reno. Ma trapassa in favor di Ve-
nezia nel versante dell'alto Danubio; e quindi trapassa
mano mano a Trieste e a Fiume. E tutte le dlstanze
si pagano.
Senonché non si tratta qui di piantar termini di
confine e di tracciare privilegi esclusivi. Se Venezia è
già più vicina a Stuttgard e ad Ulma che non sia Ge-
nova, ciò potrà darle quivi una più costante sicurezza
pel commercio dell'Oriente; ma in quella medesima città
si conserverà sempre a Genova il suo vantaggio nel
commercio coll'America meridionale. Così vengono a
intrecciarsi fra loro le relazioni dei singoli porti, come
per lungo tratto alle foci dei grandi fiumi le aque
dolci si confondono colle aque marine.

Quando, or sono vent'anni, fu annunciata d'impro-


viso all'Italia la fede nel Lucomagno, pochi avevano
ancora udito codesto nome; nelle carte era modificato in
Lukmanier-Pass e Luco-Maniero; i vicini lo chiama-
vano per brevità il monte di Santa Maria, senza aggiun-
gervi di Lucomagno. Tanto meglio. Parve quasi una
scoperta, una montagna nuova, fatta per passare le
altre. E per verità si erano intraprese nelle finitime alpi
le strade del Sempione, del Gottardo, del Bernardino,
della Spluga, dello Stelvio. Ma il Lucomagno era sempre
rimaso, come tuttora è, un sentiero alpestre, quasi
solamente noto pel commercio dei bestiami, che al
cader dell'autunno scendono dalla romita valle del
Reno Latino alle pianure dell’Insubria. Tanto meglio.
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 397
Del Gottardo tutti avevano udito dir male; tutti sape-
vano che vi erano colassù le tormente e le vallanghe.
Forse nessuno scrittore di viaggi era capitato mai
d'inverno sul Lucomagno; e il sig. Boccardo ne de-
scrive ancora nell'ultimo suo libro le delizie. Ma le
piaghe inedite del Lucomagno vengono crudelmente
svelate dai promotori della Spluga e del Settimo: -
« Nei giri intorno a Olivone la ferrovia dovrà essere
coperta con galleria artificiale per difenderla dalle nevi
...
invernali e dalle vallanghe I1 Reno passa fra ter-
razze assai alte, formate di detriti mobilissimi ... Sa-
ranno a temersi frequenti dislocazioni nella ferrovia! ...
Sulla riva sinistra le difficoltà da superarsi saranno un-
cora maggiori, dovendosi fare gallerie più lunghe e
nel terreno instabile ( N . Progetti Vanotti e Finardi,
pagine 136, 137). » -
Il primo pensiero d'una ferrovia pel Lucomagno
venne ad un Rota-Vezzoli; il quale, da un volume di
Notizie su la Lombardia, offerto nel 1844 al Congresso
dei naturalisti in Milano, rilevò ch'era il meno elevato
fra i vicini passi. Anzi quel profilo delle nostre alpi
e prealpi e di tutti i nostri fiumi e canali navigabili
era una parte anonima di mia pazienza e fatica; e
mi spiace che fosse principio a voi d'un dannoso er-
rore.
Da quel prospetto era facile dedurre che il giogo
del Lucomagno era alto 80 metri meno del Bernardino;
149 meno del Sempione; 246 meno del Gottardo e
252 meno della Spluga; e tanto bastò ad accender la
mente del Rota-Vezzoli. Il quale immantinente propose
di condurre per quel monte una ferrovia dall'Itaiia alla
Lega Daziaria Germanica. E con vago calcolo divisò
d'aprire poco sotto al giogo (175 metri) una breve
galleria « di due chilometri o tre », avendo egli fiducia
che la rimanente pendice, sino a 1700 metri d'altitudine,
si potesse scalare da una rotaja colle tenui pendenze
398 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - 11
allora usitate e con lunghi giri per quei nevosi e fra-
nosi deserti.
Allora non erasi peranco applicata l’elettricità e
l’idraulica alla perforazione e ventilazione d‘enormi
lunghezze sotterranee, come poi fece, con vero lampo
di genio, Giambattista Piatti, troppo immeritatamente
ora negletto e nemmeno risarcito delle spese. Non pote-
vasi dunque antivedere che le alpi si dovessero trafo-
rare presso al piede, anziché presso alla sommità. E
pertanto non si poteva antivedere che per la forma
massiccia del Lucomagno, quivi si avrebbe appunto
la maggior lunghezza continua da perforare, epperò
la maggior difficoltà ed il più lento lavoro. Gli ultimi
progetti dei signori Beckh e Gervig hanno infatti
appiè del Lucomagno una galleria continua di tredici
chilometri (13,200); e appiè del Gottardo ne hanno
una di dieci (10,370); alla quale ne segue altra di
cinque, ma divisa dalla prima con pozzo di mediocre
profondità (233m). La massima altezza sul mare è in-
circa la medesima (1250m pel Lucomagno e 1284m
pel Gottardo); sicché la somma delle difficoltà è a
manifesto favore del Gottardo.
I primi studii del Lucomagno vennero intrapresi a
mezzo luglio del 1845; e prima che quelli del Gottardo
lo fossero, anzi prima che l’anno si chiudesse, usciva
l’opera del conte Petitti Delle strade ferrate italiane;
ove si leggeva che il Gottardo era « impossibile a ten-
tarsi (p. 616) ». Chi lo poteva dire? Chi lo sapeva?
Allora Venezia, Milano, Livorno, Napoli possedevano
già qualche breve saggio di ferrovia; ma il Piemonte
e la Liguria non ne avevano ancora un palmo! E il
governo, riprovando l’aggiotaggio e le controversie,
cioè la libera discussione d’ogni publico interesse, ap-
pena si arrendeva ad affidare i primi studii ad una
Commissione Regia; tantoché il conte Petitti ebbe a
stampare quel suo libro in Capolago e introdurlo nel
IiI - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 399
regno quasi di contrabando. E sì che lo aveva scritto
con gravità di magistrato; e citando con amicizia, in
fronte alla sua prefazione, i nostri lavori, aveva ripro-
vato poi con soverchio rigore le controversìe che già
da dieci anni, con toleranza del governo austriaco, si
erano, appunto in quei lavori, da noi promosse. Or, se
quelle controversie non fossero state, se la ferrovia
da Venezia a Milano si fosse incatenata ai primi pen-
samenti, anzi alle prime concessioni, ben certo è che
non avrebbe toccato né Padova, né Vicenza, né Verona,
né il lago di Garda, né Brescia! Si deve a questo ter-
rore delle controversie se la condanna inflitta al Got-
tardo, non contradetta in tempo, e trasmessa per eredità
in una nuova generazione, occupa tuttavia le vostre
menti, ed a vent’anni vi tiene infeudati a vieti interessi
di qualche privato; il quale, alla fine, avrebbe bene la
giusta sua parte anche nei veri e grandi interessi della
città e della nazione.

Intento solo alla minore altezza del giogo, lo sco-


pritore del Lucomagno non s’avvide poi, che, superata
quella catena, gli si parava a fronte una seconda fila
d’alpi, una seconda massa di ghiacciai, il Crispalto, le
Claride, il Tödi, la Calanda, che dividono la valle del
Reno Latino da Uri e da Glarona, lasciando solamente
a destra un lungo canale che conduce a Coira; cioè,
al punto stesso ove si giunge per la Spluga. E una
covergenza simile a quella del Sempione col Cenisio.
Queste opere monumentali costano troppo, perché si
possano fare anche dove hanno a riescire certamente
superflue, probabilmente infruttifere.
Dal Lucomagno a Coira, la valle, anziché secondare
il grande asse italo-renano, attraversa la corrente, tra-
passando inutilmente dal ramo di Genova al ramo di
Venezia. Tornate alla carta; e troverete che, se si pro-
lunga quella linea trasversale, si riesce verso Vienna.
400 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
E forse sulla linea da Suez a Vienna che sperate quin-
tuplicare il vostro mercato? Chi va da Suez a Vienna,
si volge a Trieste.
Alcuno potrà dire che facendo un angolo a Coira
per seguire la direzione della Spluga, e un altre a
Rheineck per entrare nella frontiera austriaca, e un altro
ancora a Bregenz per uscirne, si arriva alla Baviera.
Gli si può rispondere che tutta la Baviera è la decima
parte della Germania: e che quella non è tampoco
tutta la Baviera. E infine chi va da Suez alla Baviera,
va più diritto per la via di Venezia; e anche di Trieste.
Quella seconda catena d’alpi, che sbarra la discesa
del Lucomagno, non s’incontra sulla via del Gottardo.
Dal Gottardo si discende continuamente, attraversando
tutta la Germania. Non è necessario toccar l’Austria,
e nemmeno l’una o l’altra Prussia, e nemmeno, se
occorresse mai, l’una o l’altra Baviera. Da mezzo il
lago di Costanza, sin oltre Mannheim, per una lun-
ghezza maggiore che non da Torino all’Adriatico, la
riva destra del Reno appartiene sempre a Baden; poi
per le Assie e la città libera di Francoforte, radendo
il Wurtenberg e le Sassonie, si scende al regno di
Annover e ai porti delle tre città libere. Dalle Alpi
alle foci dell‘Elba, qui si comprende tutto ciò che v’ha
di più libero nei popoli di quella lingua.

Cittadini genovesi, parlando a voi, lasciate ch‘io


ritorni a questo pensiero della libertà. I1 Gottardo non
è solamente una ferrovia; non è solamente un fascio
di ferrovie, che si collegano per aprirsi un varco com-
mune. Il Gottardo è il centro militare della Svizzera;
e la fortezza della libertà. La sicurezza di quelle Alpi
è sicurezza nostra. Sinché l’Italia non sia forte sul mare,
sinché non sia forte più d’ogni altra potenza sul mare,
essa, ogni giorno e ogni notte, a un colpo di telegrafo,
può svegliarsi ferita in qualunque punto del suo con-
III - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 401

torno, tranne le Alpi elvetiche, dove un popolo forte


e avveduto serba tutte le armi e tutto il nervo della
guerra alla incolpabile sua difesa; ch'è altresì la sicurtà
de' suoi vicini.
Quando io miro la carta d'Italia e la ricorro atten-
tamente in giro, dal lago di Costanza al Montenegro, e
da Malta a Tunisi, alla Corsica, al lago di Ginevra,
sempre mi tornano in mente quelle figure di guerrieri
che si vedono sui monumenti dei nostri antichi, tutte
nude, con un elmo in fronte!
Perché non siamo, noi pure, armati tutti, a sicurtà
nostra e altrui? Costa ben meno. Ed è ben più savio
sperare nelle Alpi che nell'Apennino. Mezza la nazione
vive tra l'Apennino e le Alpi!
La ferrovia del Lucomagno farebbe parte della
difesa del Gottardo, e per la tenue distanza di sole
miglia dieci ch'è tra l'uno e l'altro monte, e perché
la somma valle del Reno venne a tal uopo congiunta
alle somme valli della Reuss e del Rodano con una
strada militare. Ma la rotaja, col deviare a destra
verso la Spluga, partecipa infine ai pericoli di questa;
e anche prima di toccare il terreno austriaco, corre
lungamente a tiro di cannone e d'ogni altr'arme, sulle
frontiere del Lichtenstein e del Vorarlberg, protetta, o
non protetta, dalla fiumana quivi non larga del Reno.
I pericoli della Spluga si ripetono poi di qua dalle
Alpi. La strada che costeggia a levante il lago di Corno,
tutti lo sanno o lo dovrebbero sapere, nacque col nome
di Via militare dello Stelvio! Era una grande speranza
della strategia austriaca, come il Sempione fu la gran-
de speranza della strategia napoleonica. L'insurrezione
del Vallese nel 1814 e l'eroica corsa di Garibaldi nel
1859 dissiparono il prestigio; ma non distrussero, per i
consueti casi di guerra, le regole dell'arte. Non senza
proposito, l'idea militare del Sempione oggi rivive!
Della Spluga, la Svizzera ha già quietamente detto

26. - Scritti politici.


CATTANEO. II.
- - .

402 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II


la sua parola. Anzi, v'è un trattato che l'esclude. E
tante sono le circostanze communi alla Spluga e al
Lucomagno, che la disapprovazione di quella rende
impossibile anche la fortuna di questo.
Poiché con una ferrovia non si possono servire
ambo le rive del lago come colla navigazione, la quale
serve inoltre anche ai tragitti, sarebbe meno pericolosa
la ferrovia lungo la riva di ponente la quale è anche
più frequentata per amenità. Non senza ragione l'Au-
stria non volle tolerarvi mai nemmeno una via postale!
Fatto è che, a fronte della navigazione a vapore
e a remo, i progetti d'ambo le rive del lago saranno
anche poco fruttiferi.

La linea prealpina di Brescia, Bergamo e Lecco,


acquista tutto il pratico e possibile suo valore se pel
Piano d'Erba si congiunge in Como alla ferrovia del
Gottardo. Le due città di Como e Lecco ne avrebbero
nuovo vicinale vantaggio, senza perderne alcuno; il
servigio delle industrie del lago sarebbe egregiamente
compiuto col carreggio e colla navigazione verso i due
approdi della ferrovia. A compimento di quei voti, che,
a ragione o a torto, Genova fece già per la linea d'Agno
e per altre egualmente inaccettabili, si potrebbe con
lieve sforzo prolungare fino al porto di Como anche la
ferrovia di Varese.
Sarebbe così compiuta la ferrovia dei lughi, da
Garda a Orta, epperò la ferrovia dei geniali viaggiatori
e dei villeggianti nell'estate e nel verno. E potrebbe
forse ricordare in qualche bel giorno ai nostri monta-
nari le antiche marcie offensive di Lecchi e di Gari-
baldi. Tutte le industrie delle alte valli sarebbero rac-
colte quasi in una famiglia; sarebbe, se si vuole, pel
commercio un compimento qualunque delle ferrovie del
Sempione e del Cenisio. E forse potrebbe rendere,
per quanto nel senso di levante e ponente sia possibile,
111 - COMUNICAZIONI E LAVORI PUBBLICI 403

qualche servizio internazionale tra i versanti del Basso


Danubio e .del Rodano; e forse aver qualche pregio
per le communicazioni terrestri da Costantinopoli a
Parigi. Ma di ciò poco importa a voi.
Fortunata Genova che in questo retaggio della na-
tura ebbe la più eletta parte; poiché tale è senza
dubio il libero intervallo da Costanza a Basilea e tutta
quasi la valle del Po e tutta la valle del Reno, con
quella lunga ordinanza di operose città, Zurigo, Stras-
burgo, Mannheim, Magonza, Francoforte, Coblenza,
Colonia, Elberfeld, Amsterdam, Rotterdam, Liegi, Bru-
xelles e infine Anversa e Ostenda, dove la più libera
corsa dall'Oriente per Brindisi, Ancona, Bologna, Mi-
lano, coi tributi di Napoli, di Livorno, di Firenze, di
Torino, di Venezia, di Genova, si compie nel più libero
tragitto all'hghilterra.
Il porto naturale della valle del Reno sul Mediter-
raneo è Genova; e quando l'industre Elvezia navi-
gherà i mari colla sua bandiera, Genova e Anversa
saranno i due porti a cui penseranno i naviganti quando
penseranno alla patria. Genova sarà precipua sede alle
operazioni della marina elvetica. E i nostri marinai
le saranno compagni nelle fatiche e nelle speranze.
IV
LA RIVOLUZIONE EUROPEA
17 Marzo 1848

Domande degli italiani di Lombardia *


1° Abolizione della vecchia Polizia, e nomina di
una nuova, soggetta alla Municipalità;
2° Abolizione delle leggi di sangue e istantanea
liberazione dei detenuti politici;
3° Reggenza provvisoria del Regno;
4° Libertà immediata della stampa;
5° Riunione dei Consigli comunali e dei convocati
perché eleggano deputati all'Assemblea Nazionale da
convocarsi nel più breve termine;
6° Guardia civica sotto gli ordini della Municipalità;
7° Neutralità e sussistenza garantita alle truppe
austriache.
Alle tre sulla Corsia de' Servi.
Ordine e fermezza.

Notte del 17 Marzo 1848


Programma del « Cisalpino » **
Viva Pio I X !
ll tempo ha vinto.
Ciò che pochi giorni addietro era meno che una
speranza, era un sogno, oggi è un fatto: un fatto splen-

* Pubblicato in S.P.E., I, p. 121.


** Pubblicato in S.P.E.,I, pp. 122-125 con la seguente
nota: « I1 giorno 17 marzo, il Cattaneo, saputo dell'insurre-
17 Marzo 1848

Domande degli italiani di Lombardia *


1° Abolizione della vecchia Polizia, e nomina di
una nuova, soggetta alla Municipalità;
2° Abolizione delle leggi di sangue e istantanea
liberazione dei detenuti politici;
3° Reggenza provvisoria del Regno;
4° Libertà immediata della stampa;
5° Riunione dei Consigli comunali e dei convocati
perché eleggano deputati all'Assemblea Nazionale da
convocarsi nel più breve termine;
6° Guardia civica sotto gli ordini della Municipalità;
7° Neutralità e sussistenza garantita alle truppe
austriache.
Alle tre sulla Corsia de' Servi.
Ordine e fermezza.

Notte del 17 Marzo 1848


Programma del « Cisalpino » **
Viva Pio I X !
ll tempo ha vinto.
Ciò che pochi giorni addietro era meno che una
speranza, era un sogno, oggi è un fatto: un fatto splen-

* Pubblicato in S.P.E., I, p. 121.


** Pubblicato in S.P.E.,I, pp. 122-125 con la seguente
nota: « I1 giorno 17 marzo, il Cattaneo, saputo dell'insurre-
408 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
dido, vasto, universale. Tutta l'Italia, tutta la Francia,
tutta la Germania, la Danimarca, la Boemia, si sono
trasformate ad occhio veggente in sessanta giorni.
I1 12 di gennaio, a mezzodì, andavano al palazzo del
viceré di Sicilia le donne palermitane vestite a bruno
a prendere la risposta fatale; e tornando repulse e do-
lenti, davano ai fratelli e agii sposi il segno del com-
battimento. Si combatteva e si vinceva tosto in Sicilia.
E, pochi giorni dopo, in Francia. E, pochi giorni dopo,
nell'antico e inviolato nido della schiavitù, in Vienna.
Si vinceva senza combattere, a Baden, a Stoccarda, a
Monaco, a Buda. Era una guerra sola, un solo nemico,
dovunque vigilante, dovunque armato, dovunque a fron-
te degli inermi; e il premio della vittoria era da per

zione di Vienna e dell'abolizione della censura, si risolveva


di pubblicare alla domane stessa un giornale. Diamo qui
quel primo programma di un giornale libero in Milano,
il quale si riassumeva in questi termini: " Armi e libertà per
tutte le nazioni dell'imperio, ognuno entro i suoi confini".
Questo programma, che intendevasi compendiato nel titolo
medesimo del giornale I l Cisalpino, fu steso la notte del 17,
ridotto la mattina del 18 a prova di stampa (che giace
presso l'Archivio); e quindi, per il séguito degli avveni-
menti, abbandonato. In esso, alla mera neutralità delle
truppe, prefissa nel programma antecedente, si soggiungeva
il totale allontanamento delle truppe straniere e un prov-
visorio patto di libertà fra tutte le nazioni dell'imperio.
Questo divario di opinioni si tradusse in atto il terzo giorno
del combattimento, quando i seguaci della prima opinione
mostrarono appagarsi dell'offerto armistizio e della ritirata
delle truppe nelle caserme, mentre i seguaci della seconda
instarono a nome del popolo perché le truppe non italiane
si ritirassero al confine delle Alpi e lasciassero il paese al
paese. il patto di libertà coi popoli era idea immatura;
e doveva parere assurda e vile a quanti erano ammaestrati
a gridare morte ai barbari, e creder
nel primato di qual-
siasi nazione: ora è idea che piglia vigore ogni giorno,
e guida i popoli a infallibil vittoria ».
Nota messa dal Cattaneo stesso al programma che egli
ristampò nel vol. ll dell'Archivio Triennale.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 409
tutto il medesimo: la libera parola; i giudizi in pub-
blico; le finanze palesi; la fede reciproca tra gover-
nanti e governati. Qua il principato ereditario, - colà
un comitato elettivo; lì chiamano la repubblica e il
regno; cose d‘opinione, di tradizione, di forma; ma, in
sostanza, la cosa pubblica per tutti e da per tutto.
Da per tutto ove il terremoto politico scoteva il
suolo, si vedevano, come talpe snidate, sbucare dai
loro nascondigli gesuiti, rosminiani, ignorantelli, pette-
gole del Sacro Cuore, abbandonando ai vittoriosi le
ricchezze male acquistate e le vestigia d’un’arcana
morale. Da per tutto le polizie si mostravano impo-
tenti, ignare, cieche, ostinate a cercar fra le tenebre
le cagioni di quel moto che veniva dall’universal luce
del sole; da per tutto la diplomazia restava confusa e
scornata; da per tutto cader le baionette, e svanire come
bolle di sapone e trastullo di ragazzi le bombe.
Senonché in questo conflitto di lingue, ogni po-
polo s’accorse d’avere la sua; ogni nazione colse la
coscienza di sé medesima; comprese il segreto del suo
essere; vide che la libertà delle altre era condizione
necessaria alla sua.
E allora, in tutte, un pari odio contro il vecchio
astuto, che col ministerio del bastone rimoveva quel-
l’immenso guazzabuglio di gente e di cose.
Onde, sulla piazza della Corte, a Vienna, si videro
nella folla Tedeschi e Polacchi, Italiani e Boemi, Ma-
giari e Dalmati muoversi allo stesso assalto, come se
avessero una sola patria; si udì vociferare nello stesso
tempo: Viva l’Italia e Viva la Polonia, Viva il Tirolo
e Viva l‘Ungheria. Ognuno voleva esser sé medesimo;
ognuno voleva serbare nitidi e vivaci i colori della sua
bandiera; ma non nel contrasto dell’odio e della reci-
proca servitù, bensì nella pura luce della libertà e del-
l’amore. Viva Pio IX, che fra le genti il segno
di questa pace!
. ...... .
.. . . ... . .

410 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll


Sì, ognuno abbia d'ora in poi la sua lingua, e secondo
la lingua abbia la sua bandiera, abbia la sua milizia:
guai agli inermi! Abbia la sua milizia; ma la rattenga
entro il sacro claustro della patria, affinché l'obbedienza
dei popoli sia spontanea e legittima, e quindi debba ser-
barsi legittimo e giusto il comando. Oltre al limite del
giusto non v'è più obbedienza.
Queste patrie tutte libere, tutte armate, possono
vivere l'una accanto all'altra, senza nuocersi, senza im-
pedirsi. Anzi, nel nome d'un principio comune a tutte,
possono avere un pegno di reciproca fede, un'assicura-
zione invincibile contro ogni forza che le minaccia.
Dio santo! Quale immensa colluvie d'eserciti co-
priva l'Europa! In molti luoghi, non l'uno, non il due,
ma il tre per cento delle popolazioni: erano più di due
milioni di soldati, divoranti in ozio forzato le fatiche
dei poveri fratelli; la più parte trasportati in terre stra-
niere, comandati in lingue altrui, per derisione armati,
prigioni carcerieri d'altri prigioni. Diecimila gendarmi,
nel solo regno di Napoli, spaventavano notte e giorno
i popoli; pattuglie zoccolanti la notte per le strade rom-
pevano i sonni del giusto; le madri e le spose spia-
vano alla finestra tremando se lo sciagurato drappello
oltrepassava la porta. Tutta irta di lance cosacche e
tartare l'inerme Polonia. Luigi Filippo aveva chiuso
Parigi in un cerchio di ferro; e, postasi la chiave in
tasca, attendeva a spartire tra i guardiani e i prevari-
catori la mercede della pubblica vergogna.
Tutte queste forze, tutte queste arti sono dileguate
come nebbia. I soldati erano maschere di nemici; non
erano pezzi di ferro fuso, erano uomini; erano parte
di popolo, parte centesimale di popolo; e, gettati come
gocce d'acqua sopra la tazza, vi si confusero, facen-
dola colma e traboccante.
Con quanta sapienza di geografia e di linguistica
non si erano trasposti i soldati italiani in Vienna, i
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 411

tedeschi in Ungheria, i tedeschi, i polacchi, gli ungheri,


tutti i popoli dell'impero, in Italia! In questo nodo gor-
diano, in questo intreccio d’odii nazionali, le nazioni
non si dovevano mai confondere, anzi dovevano provo-
carsi e attizzarsi a una vita di dispetto e di rabbia.
Alcuni accusarono a torto la politica metternichiana
d'aver voluto germanizzare l'Italia e la Polonia. Se per
una qualche magia l'impero si fosse potuto germaniz-
zare, ciò vuol dire che la lingua dei soldati e dei
popoli sarebbe divenuta una sola al di là e al di qua
delle Alpi e dei Carpati. E, allora, come porli a fronte?
come rendere insensibili i soldati all'amore e alle la-
grime dei popoli? Oh no; le nazionalità dovevano, come
fili di vario colore, intrecciarsi senza confondersi; do-
vevano accostarsi, per prendere nell'opposizione mag-
gior vigore e contrasto. I1 nome germanico non era
stato mai così odiato in Cracovia e in Venezia: la ger-
manizzazione diveniva ogni giorno più ripugnante e
impossibile. E poiché sotto il mantello officiale della
lingua latina in Ungheria le differenze delle genti rima-
nevano dissimulate, si promosse a poco a poco e con
affettata ritrosía che la lingua dei Magiari fosse imposta
come lingua officiale anche agli Slavi, ai Rumeni e ai
Sassoni. E quindi eccitate in seno all'Ungheria e alla
Transilvania discordi nazionalità; impedita per tanto
l'insensibile fusione che il commercio e il tempo tacita-
mente avrebbero addutto in quel caos di popoli, accoz-
zati e non associati ancora. Divide et impera.
Non si vedono nella Svizzera e nel Belgio diverse
lingue esistere senza odii, in una sola provincia, in un
sol cantone? Non già che questo associarsi, in qua-
lunque modo che i tempi vollero e predisposero, debba
dividerci da chi più ci somiglia; ma diremo che il
tempo potrà indurre pacifiche e volontarie combina-
zioni che rendano sempre più semplici le cose, e più
conformi alle preparazioni e ai decreti della natura.
412 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

Ma godiamo frattanto i doni del tempo presente, riser-


vando il futuro al futuro.
Intanto, consigli concordi e mani armate.
I l paese deve essere del paese.
Viva l’Italia! Viva Pio I X !

19 Marzo 1848
Proclami, discorsi e ordini
durante le cinque giornate *
Primo avviso del Consiglio di guerra scritto da
Cattaneo. - La bandiera italiana sventola sui portoni
di Porta Nuova. I cittadini vi si fortificano e fanno pro-
digi. Le truppe non osano avvicinarsi.
Costanti, saremo vincitori e liberi. Non vi stancate
di far barricate lungo il corso di Porta Nuova e di
Porta Orientale, siccome sono le posizioni che più
premono ai tedeschi. Fra un giorno o due i nostri ne-
mici lasceranno ai buoni Italiani questa sacra terra. Ogni
cittadino questa notte rimanga alla propria barricata,
la custodisca: e in questo modo conserveremo i van-
taggi di quest’oggi. Vigilanza e coraggio!
Prodi Cittadini! Conserviamo pura la nostra vitto-
ria. Non discendiamo a vendicarci nel sangue di quei
miserabili satelliti che il potere fuggitivo lasciò nelle
nostre mani. E’ vero che per trent’anni furono il flagello
delle nostre famiglie. Ma voi, siate generosi, come siete
prodi. Puniteli col vostro disprezzo.
Verbale del colloquio tra il parlamentario austriaco,
maggiore dei Croati Ottochan, e i Magistrati della
città.

* Pubblicato in S.P.E., i, , 144-155.Alcuni degli


ordini emanati da C. nel periodo rivoluzionario sono pub-
blicati in Ep., I e, pertanto, omessi nella presente raccolta.
412 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

Ma godiamo frattanto i doni del tempo presente, riser-


vando il futuro al futuro.
Intanto, consigli concordi e mani armate.
I l paese deve essere del paese.
Viva l’Italia! Viva Pio I X !

19 Marzo 1848
Proclami, discorsi e ordini
durante le cinque giornate *
Primo avviso del Consiglio di guerra scritto da
Cattaneo. - La bandiera italiana sventola sui portoni
di Porta Nuova. I cittadini vi si fortificano e fanno pro-
digi. Le truppe non osano avvicinarsi.
Costanti, saremo vincitori e liberi. Non vi stancate
di far barricate lungo il corso di Porta Nuova e di
Porta Orientale, siccome sono le posizioni che più
premono ai tedeschi. Fra un giorno o due i nostri ne-
mici lasceranno ai buoni Italiani questa sacra terra. Ogni
cittadino questa notte rimanga alla propria barricata,
la custodisca: e in questo modo conserveremo i van-
taggi di quest’oggi. Vigilanza e coraggio!
Prodi Cittadini! Conserviamo pura la nostra vitto-
ria. Non discendiamo a vendicarci nel sangue di quei
miserabili satelliti che il potere fuggitivo lasciò nelle
nostre mani. E’ vero che per trent’anni furono il flagello
delle nostre famiglie. Ma voi, siate generosi, come siete
prodi. Puniteli col vostro disprezzo.
Verbale del colloquio tra il parlamentario austriaco,
maggiore dei Croati Ottochan, e i Magistrati della
città.

* Pubblicato in S.P.E., i, , 144-155.Alcuni degli


ordini emanati da C. nel periodo rivoluzionario sono pub-
blicati in Ep., I e, pertanto, omessi nella presente raccolta.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 413

- Cattaneo si rivolse a Casati facendogli conside-


rare che non gli par già più possibile distaccare i com-
battenti dalle barricate.
Casati. « Lo si potrebbe ottenere a poco a poco. »
Cattaneo. « Dato il caso che lo si potesse, siamo ben
certi che la prima notte che avremmo dormito nei no-
stri letti, non, saremmo tutti sorpresi e impiccati? )>
I l Maggiore mostrandosi offeso: « Signore! Non con-
tate voi per niente l'onore militare? ))
Cattaneo. « Credete voi, signore, che l'onor militare
ci assicuri dalla polizia e dal giudizio statario? Chi può
dire che le ostilità sospese non vengano a ripigliarsi
da un momento all'altro, per fatto proprio d'un soldato
o d'un cittadino? Dopo aver provato le primizie della
vittoria è difficile che i cittadini si rassegnino a soffrire
più a lungo la presenza dei soldati stranieri. E’ già
il terzo giorno che il tocco delle nostre campane chia-
ma all'armi il paese intorno: il fragore del vostro can-
none deve essere udito fin dentro la frontiera svizzera
e piemontese. Senza dubbio, in questo istante i nostri
amici sono in via per soccorrerci: assediati come siamo
nel centro della città, non ne abbiamo certa notizia:
pure dall'alto dei campanili scorgiamo un moto insolito.
E’ ben certo ad ogni modo che il suono a martello de-
ve giungere, da un campanile all'altro, sino ai con-
fini del regno. Se, data la parola dell'armistizio, ve-
dessimo poi le vostre truppe approfittarsene per piom-
bare al di fuori sui nostri amici, noi non potremmo ri-
manere testimoni impassibili, senza essere chiamati
vili da loro, né potremmo uscire a soccorrerli, senza
essere chiamati perfidi da voi. Signor maggiore, una
delle due: o il combattimento deve continuare su tut-
ta la superficie del paese: o l'incendio si deve spegnere
allo stesso tempo dappertutto, col separare dappertutto i
due elementi nemici. Se il vostro maresciallo è vera-
mente mosso da senso d'umanità, una sola cosa può
414 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
fare: può lasciare nel regno i soldati italiani, che
formano una parte considerevole del suo esercito, e
condur fuori del confine tutti gli altri. I soldati ita-
liani, i gendarmi e le guardie civiche, sono ben più che
non bisogni a conservar l'ordine, sino a che arrivino
le nuove istruzioni da Vienna. »
ll Parlamentario. « Come: Signore? Volete che un
maresciallo con cavalleria e artiglieria si ritiri innanzi ai
cittadini? »
Cattaneo. « Mi pareva che
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 415

Essi ponno intercettare le gole dei monti, che senza il


loro aiuto in questa stagione non si passano: essi
ponno togliervi ogni ritirata e ogni soccorso. Al con-
trario, col separare i due elementi nazionali, già di-
venuti irreconciliabili, il vostro generalissimo potrà
vantarsi d'essere entrato nel nuovo ordine europeo, e
di conformarsi ad alte ragioni di Stato: e frattanto
in verità avrà salvato il suo esercito. »

23 marzo.
Esercito italiano! I cinque giorni sono compiuti,
e già Milano non ha più un sol nemico nel suo seno.
Da ogni parte accorrono con ansia dalle altre terre i
combattenti. E’ necessario raccorli e ordinarli in le-
gioni. D'ora in poi non basta il coraggio, bisogna inse-
guire con arte in aperta campagna un nemico che
può trar tutto il vantaggio dalla sua cavalleria, dai
cannoni, dalla mobilità delle sue forze. Ordiniamoci
dunque almeno in due parti: l'una rimanga, come fin
qui, a difendere colle barricate e con ogni varietà
d'armi la città; l'altra, provveduta completamente dar-
mi da fuoco e di qualche nerbo di cavalli, e appena
che si possa anche di artiglieria volante, esca audace-
mente dalle mura, e, aggiungendo al valore la mobilità
e la precisione, incalzi di terra in terra il nemico fug-
gente, lo raffreni nella rapina, lo rallenti nella fuga, gli
precluda lo scampo. Siccome la sua meta è di rag-
giungere, quanto più presto si può, la cima delle Alpi
e la futura frontiera che il dito di Dio fin dal principio
dei secoli segnò per l'Italia, noi la chiameremo Legione
prima, Esercito della frontiera, Esercito delle Alpi. I
difensori della città si chiameranno Legione seconda,
e per uniformarsi ai fratelli e compiere una grande isti-
tuzione italiana, Guardia civica. Valorosi, che accorrete
a noi da tutte le vicine e lontane terre, unitevi all'Eser-
416 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

cito e alla Guardia, secondo che l’imperfetto armamen-


to v’impone. Ma unitevi, ordinatevi, obbedite al co-
mando paterno. I vostri comandanti saranno eletti da
voi. Suvvia dunque, Viva l’Esercito delle Alpi! Viva
la Guardia della Città! - Pel Comitato di guerra
C. Cattaneo ec.

23 marzo.
N . 436. Circolare. Al Commissario del distretto di ...
prov. di Milano. - Si fa la più gran premura a tutti
i commissari distrettuali di mettere il distretto nel mi-
gliore stato di difesa, instituendo in ogni comune la
Guardia civica e indirizzando all’Officio di Arrola-
mento tutti quei giovani che fossero pronti ad entrare
nel nuovo esercito italiano. Si desidera di avere fre-
quenti notizie di tutto ciò che possa interessare la pub-
blica difesa. - Pel Comitato
Cattaneo.

Per memoria. - Legione mobile. Ordinare a Car-


nevali e Manara di formare immediatamente i quadri
della legione mobile, colla nomina provvisoria degli
ufficiali. - Armi. Incaricare Terzaghi Giuseppe di
procedere alla requisizione immediata di tutti i fu-
cili militari per armare la legione mobile. -
Trasporti.
Ordinare a tutti i comuni della Bassa di fornire carri
con cavalli e cavallanti pel momentaneo trasporto del-
la legione mobile, raccogliendosi quelli della provin-
cia di Pavia nel sobborgo di Porta Ticinese, quelli del-
la provincia di Milano e di Lodi a Porta Romana, e
notificandosi agli ispettori dei trasporti (da nominarsi
subito, anzi oggi), i quali risiederanno presso la rispet-
tiva ricevitoria dell’una o dell’altra Porta.
Cattaneo.
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 417

I signori Giuseppe Miani e Tomaso De Cristofo-


ris, già ufficiali d'artiglieria, sono messi a disposizione
del signor cavaliere Stampa, incaricato di tutto ciò
che ha riguardo all'artiglieria.
Cattaneo,

I1 signor Francesco conte Annoni è incaricato di


organizzare un corpo di cavalleria, formante parte del-
la Guardia civica. E pregato di tenerci in quotidiana no-
tizia dei progressi di detta istituzione.
Cattaneo.

23 marzo.
ll signor Giorgio Clerici è nominato capo dello sta-
to maggiore delle colonne mobili, e incaricato di sce-
gliere i capi di stato maggiore di ciascuna colonna o di
ciascuna sezione e di tenersi in costante comunicazio-
ne con ciascuno di essi, dandone sommaria notizia ogni
giorno a questo Comitato con indicazione anche della
forza giornaliera di ciascun corpo e sezione e del luo-
go in cui si trovano. Tutti i capi di colonna e di se-
zione saranno a cavallo ed avranno I'opportuno numero
di aiutanti per tenere le reciproche comunicazioni, i
quali saranno pure a cavallo e nei luoghi più esposti
anche con scorta. ll signor Clerici è pregato di pensare
a suggerire quanto occorre per l'attivazione di que-
sto ramo di servizio.
Cattaneo.

I signori ....
e ..,. sono incaricati di recarsi immedia-
tamente lungo la linea della strada ferrata di Trevi-
glio, con alquanti armati a loro giudizio, per raccoglie-

27. . CATTANEO.Scritti politici. ll.


418 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
re i tre pezzi di cannone che si dicono abbandonati e
le persone sbandate dall’esercito austriaco. Non esclu-
so qualunque comandante, devono essere consegnate
immediatamente nella caserma di San Francesco, di-
rigendosi al signor Massimiliano Mainoni per quanto
è del caso.
Cattaneo.

Concerto col signor ,... pei volontari armati che sì


trovano fuori di Porta Ticinese. - 1° Invito ai volon-
tari per formare immediatamente una colonna mobile
che si diriga per Marignano sulla strada mantovana,
raccogliendo, strada facendo, tutti gli individui di buo-
na volontà, e marciare rapidamente per raggiungere il
nemico fuggitivo e avvilupparlo nei suoi movimenti
tortuosi, per non dargli tempo di commettere disordini,
e incalzarlo in modo di accrescere il suo disordine;
2° Recar seco alcuni carri, che verranno somministrati
volentieri dagli abitanti, per potersi ad ogni caso ripa-
rare in qualche modo dalla cavalleria e artiglieria;
3° I mezzi necessari verranno momentaneamente for-
niti dallo zelo delle popolazioni. In ogni caso il co-
mandante è autorizzato a farsi somministrare, contro
ricevuta, le cose necessarie. E pregato nel medesimo
tempo di darne immediato avviso a questo Comitato,
col quale dovrebbe tenersi in comunicazione più volte
al giorno.
C. Cattaneo.

I1 signor .... è nominato commissario per attuare


in Monza la guardia civica e assicurare la difesa della
città. Esso prenderà sommaria intelligenza col signor
Giuseppe ..,. che a tal uopo si reca a Monza.
Cattaneo.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 419

Si ordina al signor .... di Saronno di sequestrare le


armi e le munizioni che l'esercito austriaco lasciò in
quel distretto, raccomandando a lui la pronta istitu-
zione della guardia civica e il possibile reclutamento
dei volontari, destinati ad entrare sollecitamente nel-
le colonne mobili.
Cattaneo.

Concerto col signor ..., comandante il corpo alla Ca-


scina de' Pomi. - lo Avviso a stampa per il buon
ordine e l'obbedienza al comandante e suoi capitani;
2° Invito ai volontari per formare immediatamente una
colonna mobile che si diriga in giornata sopra Brescia;
3° Col rimanente del corpo non oltrepassare l’Adda,
purgando a destra e a sinistra tutto il paese; 4° Im-
pedire con una catena di posti che si estenda dalla stra-
da comasca fino al Naviglio della Martesana, il pas-
saggio di paesani non completamente armati, e che
non riconoscano il suo comando e non s'aggreghino al-
la colonna mobile; 5° Raccogliere, strada facendo,
tutti gli uomini ch'egli giudicherà doversi aggregare
alla colonna mobile; 6° Dar opera, strada facendo, che
le persone zelanti del paese raccolgano a dritta ed a
sinistra tutti i mezzi di carreggio e di cavalcatura che
si potranno radunare per alleggerire alla colonna mo-
bile la fatica della marcia.
Cattaneo.

I1 signor Francesco Colombani è nominato com-


missario di questo Comitato, e si recherà a Pavia, e
quindi unendosi colla forza armata che troverà, e pas-
sando per le vicinanze di Belgioioso, si dirigerà verso
Lodi, procurando di attivare dappertutto l'armamento;
e dando disposizioni per assicurare con barricate sta-
420 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

bili i luoghi abitati, e con carri i corpi in marcia, in


modo di poter avere le barricate ambulanti, e premu-
nirsi contro la cavalleria e gli attacchi.
I1 signor Colombani potrà deferire i suoi poteri
ad altra persona di sua scelta, notificando con relazioni
sommarie e quotidiane il progresso delle cose a questo
Comitato.
Cattaneo.

Concerto col signor ..., di Pizzighettone. - 1° Riu-


nire in Milano quegli amici che crederà, e raccogliere,
strada facendo, tutti gli individui di buona volontà;
percorrere rapidamente la strada mantovana, approfit-
tando dei facilissimi mezzi di trasporto che il paese for-
nisce, per sollecitare la marcia a fine di non lasciare
tempo al nemico fuggitivo di commettere disordini, di
raccogliere tutti gli sviati e tardanti che si lascerà die-
tro, e di costringerlo con continuo incalzo a precipitare
la sua fuga pur disordinata; 2° In ciò fare abbia, ben
riguardo a non esporsi in campagna aperta, a troppo
libero urto della cavalleria e dell'artiglieria. A tal uopo
potrebbe trascinare dietro di sé un certo numero di
carri degli abitanti o abbandonati dal nemico, per
farsi un'improvvisa barricata e ripararsi di fronte o in
giro; 3° Cercherà strada facendo quelli che indubita-
bilmente incontrerà ed ugualmente risoluti, e con essi
si concerterà per avere un comando d'accordo, o sotto-
mettendosi a loro o prendendoli sotto la sua direzione;
4° I mezzi gli verranno forniti volontariamente dallo
zelo delle popolazioni; ma in ogni caso è autorizzato
a farsi amministrare, contro ricevuta, le cose necessarie;
è pregato nel medesimo tempo di darne immediato
quotidiano avviso a questo Comitato.

Cattaneo.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 421

24 marzo.
Italia libera - Viva Pio I X - Comitato di guer-
ra. - Luciano Manara comandante la sezione 1a (eser-
cito lombardo) invita i cittadini milanesi che vogliono
seguirlo, a farsi inscrivere al Broletto e portarsi poi
subito nel locale del Genio per ricevere gli ordini. -
ll Comitato di guerra Litta pres., Cattaneo, Cer-
nuschi.

I1 signor Enrico Cernuschi darà al signor ..., co-


mandante della colonna mobile di Lecco, lire 300 pei
momentanei bisogni; prenderà ricevuta in calce della
presente.
Cattaneo.

ll signor ..., capo dei volontari venuti da Lecco,


Val Sassina, Val Tellina e parte di Brianza, è indiriz-
zato al signor G. Clerici, capo dello stato maggiore che
gli darà I’ulterior direzione.
Cattaneo.

La Colonna Arcioni, composta di circa 1000 Tici-


nesi e Comaschi, è alloggiata a San Francesco Gran-
de. I1 signor Giacomo Ciani è incaricato di provvedere.
Gli albergatori provvedano agli alloggi degli ufficiali,
dandone avviso a questo Comitato che ne rimborserà
le spese.
Cattaneo

Nuova istruzione pei volontari svizzeri e comaschi


del comandante Arcioni. - Portarsi per la strada fer-
rata a Treviglio, indi verso Crema, onde proseguire
alla volta di Mantova, sempre inquietando il nemico,
422 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
animando in pari tempo tutte le popolazioni ad armar-
si, diffondendo la notizia della rivoluzione di Vienna
e della caduta della Casa d'Austria, interessando tut-
te le autorità locali a partecipare all'universale movi-
mento. Salute e fraternità.
Cattaneo.

I signori Terzaghi Giuseppe e Dell'Acqua, incari-


cati della distribuzione delle armi e munizioni, si com-
piaceranno, appena ricevute le armi, questa sera, dei
Croati fatti prigionieri a Cesano, di spedirle immedia-
tamente alla Casa dei Cadetti a San Celso, dirette al
signor Francesco Vimercati, addetto allo stato maggio-
re dei civici genovesi, dovendo dette armi servire a
quei Genovesi che non ne possedono. Vi uniranno an-
cora delle munizioni nella maggior quantità possibile.
Cattaneo.

I1 Signor .,.. è incaricato di attivare la difesa e


l'armamento nel distretto di Rosate e di propagare il
movimento anche nei vicini distretti, dando cura che
l'armamento e la difesa vi siano diretti parimente da
uomini probi, attivi e zelanti. Provveda alle spese
estemporanee che verranno immantinente rimborsate.
Mandi possibilmente ogni giorno notizie dello stato
del paese. Diriga gli uomini ben armati verso Mari-
gnano, dando loro un capo, il quale si metta a dispo-
sizione dei comandanti della prima colonna mobile che
incontrerà.
Cattaneo.

I Signori ....e .... di Lodi sono cordialmente rin-


graziati delle notizie che forniscono. Si risponde che
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 423

abbiamo ricevuto parecchie migliaia di ausiliari no-


stri, svizzeri e genovesi, con molte carabine ed al-
cuni cannoni. Parte dei genovesi è accorsa questa sera
a Binasco; parte si è già avviata colla colonna mobile
del signor Luciano Manara verso Melegnano : circa
200 carabinieri svizzeri sono andati per la strada ferra-
ta a Treviglio. Per dimani si annuncia l'arrivo d'arti-
glieria e cavalleria reale di Piemonte. Bisogna farsi
coraggio e confidare nella forza superiore e nell'ar-
dore che tutti hanno di combattere.
L'Ingegnere Paolo Iacini è incaricato di recarsi
immantinenti a Casalbuttano e metterlo in istato di
difesa.
ll signor .... è incaricato di recarsi a Cremona per
organizzare la difesa; e di mettersi in relazione cogli
altri commissari ....
e costituendo con loro e altri più
opportuni il Consiglio di guerra per la provincia cre-
monese. Bisogna far proclami per animare i popoli.
Cattaneo.

I1 signor Luigi Torelli è incaricato di recarsi im-


mediatamente nella Valtellina, impadronirsi del passo
dello Stelvio, procurarsi l'amicizia del popolo che vi-
ve al di là; penetrare per l'Aprica in Val Camonica,
assicurarsi del Monte Tonale e dar la mano agli amici
trentini, e fare ogni altro passo che il suo zelo gli
suggerisce per compiere la nostra vittoria. Egli istituirà
immediatamente Consigli di guerra, mettendosi in quo-
tidiana corrispondenza con questo Consiglio centrale.
Cattaneo.
424 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

Marzo 1848
Ordine del Consiglio di guerra n° 181 *
Italia Libera Pio IX.

CONSIGLIO DI GUERRA
Casa Vidiserti, Contrada de’ Bigli
Milano 24 marzo 1848
ll sig. Bianchi Giuseppe di Valle Lomellina è in-
caricato di recarsi nella sua patria per adunarvi soc-
corsi di fucili e cacciatori a compimento della vitto-
ria italiana, Milano, Pavia, Como, Bergamo, Brescia,
Cremona, tutta la montagna, tre quarti della Lombar-
dia sono in libertà.
La spada di Radetzki dopo 65 anni di servizio è
pensionata e appesa al fianco del sottoscritto.
Pel Consiglio
C. Cattaneo.

Italia ed Austria **
I negozianti e manifattori d’Austria e di Boemia,
riputando di loro interesse la conservazione delle pro-
vincie italiche, volevano armare contro di noi un cor-
po di volontari. Scrissi loro a tal proposito una circo-
lare :
5 aprile 1848.
« La guerra aver chiuso le porte delle Alpi; la pa-
ce sola poterle riaprire.

* Inedito, Ms. M.R.M. Archivio Cattaneo. Cart. 24, pl. 1,


doc. 3.
** Pubblicato in S.P.E., I, pp. 169-170.
424 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

Marzo 1848
Ordine del Consiglio di guerra n° 181 *
Italia Libera Pio IX.

CONSIGLIO DI GUERRA
Casa Vidiserti, Contrada de’ Bigli
Milano 24 marzo 1848
ll sig. Bianchi Giuseppe di Valle Lomellina è in-
caricato di recarsi nella sua patria per adunarvi soc-
corsi di fucili e cacciatori a compimento della vitto-
ria italiana, Milano, Pavia, Como, Bergamo, Brescia,
Cremona, tutta la montagna, tre quarti della Lombar-
dia sono in libertà.
La spada di Radetzki dopo 65 anni di servizio è
pensionata e appesa al fianco del sottoscritto.
Pel Consiglio
C. Cattaneo.

Italia ed Austria **
I negozianti e manifattori d’Austria e di Boemia,
riputando di loro interesse la conservazione delle pro-
vincie italiche, volevano armare contro di noi un cor-
po di volontari. Scrissi loro a tal proposito una circo-
lare :
5 aprile 1848.
« La guerra aver chiuso le porte delle Alpi; la pa-
ce sola poterle riaprire.

* Inedito, Ms. M.R.M. Archivio Cattaneo. Cart. 24, pl. 1,


doc. 3.
** Pubblicato in S.P.E., I, pp. 169-170.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 425

« Se l’Austria non facesse una pace volontaria e


pronta, ella sarebbe la sola terra per sempre e per giu-
sto castigo esclusa dal nostro commercio. Mai più en-
trerebbe in Italia un fiorino di sua mercanzia. Guai
alla Boemia e all’austria, se lanciassero contro l’Italia
una sola banda di volontari! Quanto al commercio ma-
rittimo, le numerose navi di tutti i lidi d’Italia rende-
rebbero impenetrabile l’Adriatico, finché durasse la guer-
ra. Mai non entrerebbe in Trieste e in Fiume una sola
nave, se prima non avesse posto sulla sua prora l’olivo
della pace. La questione della posta delle Indie era in
nostra mano : padroni dell’Adriatico noi potevamo pre-
scriverle di scegliere quel porto e quel passo delle
Alpi che ci parrebbe. I banchieri, i negozianti, i ma-
nifattori, i capitalisti d’Austria, Moravia e Boemia era-
no dunque in nostro potere per molti e grandi inte-
ressi del presente e del futuro. Se volevano gettare i
loro capitali nella voragine della guerra, tanto peggio
per loro. E intanto ogni commercio tra noi e loro
sarebbe per sempre troncato; e la plebe dei loro sob-
borghi o morrebbe di fame, o diverrebbe pei colpevoli
un terribile flagello di Dio. Precorrendo tutte le altre
nazioni in un trattato di pace e di commercio tra noi,
essi avrebbero i vantaggi d’una commerciale primo-
genitura. Se no, no! Dio ispirasse loro buoni consigli,
prima che fosse tardi. » . .
La plebe dei sobborghi di Vienna avverò, entro sei
mesi, la nostra minaccia; ma inutilmente per noi; poi-
ché le armi nostre erano già messe a terra dal re. E
anche quello scritto ebbe a partire colla firma di
Pompeo Litta e la mia, e come cosa che riguardasse i
volontari nemici e la guerra. Nessuno in governo ave-
va incarico d’affari esteri, anzi nessuno aveva portafo-
glio proprio, tranne Litta per la guerra; e anche egli
per fatto nostro. I1 Casati e il Durini stavano saldi al
principio austriaco della collegialità, affinché in questa
426 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

confusa promiscuità nessuno avesse a rispondere col


suo nome degli atti suoi. Dal quale principio venne in
molta parte la nostra ruina.

3 Luglio 1848
Dall'Italia del Popolo *
I1 23 marzo il nemico fuggiva. Quei cinque giorni
gli erano costati quattromila morti.
Per chi volesse sapere qualche cosa sul numero e
la condizione dei morti dalla parte del popolo, valga il
seguente scritto : Registro mortuario delle barricate di
Milano.
Le note mortuarie che sogliono pubblicarsi dalla
Municipalità di Milano, portano pei gloriosi giorni di
marzo tutto il pregio d'un monumento istorico.
I giornali della congrega patrizia arrogarono immo-
destamente e ingiustamente poco men che tutto a lei
il mento di quella battaglia di cinque giorni che mandò
rotto al Mincio l'esercito austriaco. Ebbene, qui ci sta
innanzi il registro funereo. Udiamo la testimonianza
che sorge dai sepolcri sincera come la morte:
Fino al 31 marzo si registrarono morti di ferite più
di trecento.
Attribuiti all'ordine dei possidenti ne riscontrammo
tre soli, e tutti popolani; un Ettore Zanaboni di Lodi,
giovane d'anni venticinque; e due vecchi, Antonio Co-
sta della cura di Sant'Eufemia e Antonio Grassi del
suburbio di Porta Ticinese. Qui non v'è orma di pa-
triziato. Non vogliamo per ciò dire che nessuno di
nobil famiglia offrisse il capo ai colpi nemici; e ben ci
ricorda d'averne ammirato alcuno e sempre tra i pri-

* Pubblicato in S.P.E.,I, pp. 138-141.


426 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

confusa promiscuità nessuno avesse a rispondere col


suo nome degli atti suoi. Dal quale principio venne in
molta parte la nostra ruina.

3 Luglio 1848
Dall'Italia del Popolo *
I1 23 marzo il nemico fuggiva. Quei cinque giorni
gli erano costati quattromila morti.
Per chi volesse sapere qualche cosa sul numero e
la condizione dei morti dalla parte del popolo, valga il
seguente scritto : Registro mortuario delle barricate di
Milano.
Le note mortuarie che sogliono pubblicarsi dalla
Municipalità di Milano, portano pei gloriosi giorni di
marzo tutto il pregio d'un monumento istorico.
I giornali della congrega patrizia arrogarono immo-
destamente e ingiustamente poco men che tutto a lei
il mento di quella battaglia di cinque giorni che mandò
rotto al Mincio l'esercito austriaco. Ebbene, qui ci sta
innanzi il registro funereo. Udiamo la testimonianza
che sorge dai sepolcri sincera come la morte:
Fino al 31 marzo si registrarono morti di ferite più
di trecento.
Attribuiti all'ordine dei possidenti ne riscontrammo
tre soli, e tutti popolani; un Ettore Zanaboni di Lodi,
giovane d'anni venticinque; e due vecchi, Antonio Co-
sta della cura di Sant'Eufemia e Antonio Grassi del
suburbio di Porta Ticinese. Qui non v'è orma di pa-
triziato. Non vogliamo per ciò dire che nessuno di
nobil famiglia offrisse il capo ai colpi nemici; e ben ci
ricorda d'averne ammirato alcuno e sempre tra i pri-

* Pubblicato in S.P.E.,I, pp. 138-141.


IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 427

mi al pericolo; ma non sono codesti generosi che ne-


gano al popolo il suo diritto. Ed è forza pur dirlo, era-
no ben pochi; e se così non fosse stato, i casi della
morte che colpirono gli altri non li avrebbero così per-
fettamente potuti risparmiare. Bene in grandissima mag-
gioranza erano i signori là dove si proponevano frat-
tanto gli armistizi colla casa d'Austria; e poi tosto e
nello stesso giorno le dedizioni senza patti alla casa
di Savoia; che per quel primo tentativo però non rie-
scirono. Ma, tornando a rimestare il cumulo dei ca-
daveri, vi ravvisiamo fra i più segnalati un Augusto
Anfossi già mercante e militare in Oriente e audacissi-
mo condottiere agli assalti. Vi troviamo tre giovani in-
gegneri, Luigi Stelzi, Carlo Carones e Andrea Cassa-
nini; l'istitutore Boselli e il prete Marco Lazzarini tru-
cidato nel presbiterio di San Bartolomeo. Troviamo
l'ispettore della strada ferrata di Monza, Gerolamo
Borgazzi, venuto con una squadra a soccorso della
città; troviamo il giovine ragioniere Tomaso Barzanò;
tre giovani studenti, Perimoli, Chiapponi e Campato;
due impiegati, Giacomo Caccia e Carlo De Ceppi; tre
scrivani; il cavallerizzo Fossati e il suggeritore teatra-
le Misdaris. I1 commercio è rappresentato da due mer-
canti, due mediatori e tre o quattro commessi, tra i
quali un Pedrolini ticinese. Tra codesti Ticinesi che
furono anche primi a rompere il confine per soccor-
rerci, e senz'altra mente che di soccorrerci, fu lodato
e compianto in quei giorni l'intrepido feritore Giusep-
pe Broggi. Soffersero gran numero di morti i com-
mercianti di cose bisognevoli alla vita, anco perché
più mescolati nei trivi col popolo combattente. Con-
tammo non meno di ventisei venditori di vino, d'olio,
di latte, di droghe, di salumi, di frutta, di pane. Ma la
maggior turba degli uccisi doveva ben essere fra gli
operai: le barricate e gli operai vanno insieme ormai
come il cavallo e il cavaliere. Il sacro mestiere de-
428 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
gli stampatori ebbe cinque morti, e troviamo fra i mor-
ti anche un legatore. Vi sono tre macchinisti, un inci-
sore, un cesellatore, un orefice. Dei lavoratori di fer-
ro e di bronzo morirono non meno di quindici, onde
pare che questa forte razza fosse tutta sulle barricate.
Ed è pur glorioso all'arte dei calzolai il numero di
tredici uccisi. Dei sarti caddero quattro; tre cappel-
lai; e venti tra verniciatori, doratori, sellai, tessitori,
filatori, guantai e anche un parrucchiere. V'ha una de-
cina di muratori, scarpellini di altre arti edilizie. L'a-
gricoltura ebbe le sue vittime nel fittuario Molteni, in
un giardiniere, un ortolano e sei contadini. Un ca-
davere diedero le guardie di finanza, e due i valorosi
pompieri. Abbiamo infine parecchi facchini e giornalie-
ri; e altri ignoti di mestiere e di nome: sine nomine
vulgus. L'unica relazione che forse potrebbero avere
questi registri col patriziato è una lista di circa di-
ciotto tra servitori e cocchieri, cuochi e portinai, al-
cuno dei quali sarà forse morto per procura dei suoi
padroni. Gloria e potenza a loro; e requie a lui!
Quei feriti che soggiacquero a morte più lenta
saranno nei registri d'aprile e maggio che ancora non
avemmo.
Grande più che non si crederebbe è il numero del-
le donne uccise; alcune lo saranno state per caso, ma
molte per coraggio e per amore; e alcune per fero-
cia dei nemici, che non solo imperversavano nelle par-
ti indifese della città; ma nascosti sopra le aguglie
del Duomo si piacevano ad avventare insidiosi colpi ai
balconi interni e alle finestre mal chiuse. Vediamo in-
dicata una levatrice, una ricamatrice, una modista, e
tra quelle che si dicono alla rinfusa cucitrici, alcune
giovinette. Quante storie di semplice affetto e d'inos-
servato dolore vi stanno riposte! O poeti, interrogate
questi sepolcri, e siate poeti della vostra gente!
Noi raccogliendo solo il sommario significato di
lV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 429

questi aridi ruoli, ripetiamo che il sangue dei cinque


giorni fu veramente versato dal popolo, e al popolo
se ne deve gratitudine e gloria. Fu questa la prima
vittoria dell'Italia contro l'oppressore; e, diciamolo pu-
re, fin qui è l'unica vittoria vera: gli altri sono fatti
d'arme, onorevoli quanto si vuole, ma senza vale-
vole acquisto di terreno; anzi con perdita dolorosa,
assidua, vasta, di provincie e di città.
Dio la cessi! Dio ne conceda capitani che ci con-
ducano una volta alle promesse Alpi! Alle Alpi, alle
Alpi chi vuol la pace! I patrizi si rammentino che
le paci di Campoformio non furono altro mai che fu-
gaci e perfide tregue e che il tributo dei milioni ri-
chiesti dal nemico gli darebbe solo lena e nervo a fa-
re a buon tempo più tremenda vendetta. I1 prezzo
della vittoria fu pagato dai poveri. La vendetta del
nemico cadrebbe sui ricchi!

25 Febbraio 1849

Corredo alla lettera di Gioberti:


« Della repubblica e del cristianesimo *

All'illustre Vincenzo Gioberti


li Editori
La Repubblica è sul Clivio Capitolino. La vitto-
ria divulgò l'arcano della Giovane Italia; la nuova
fede, come l'antica, uscì dalle catacombe al trionfo.

* Si tratta della prefazione ad una lettera di Vincenzo


Gioberti, ripubblicata dai repubblicani con intenti polemici
verso Gioberti, presidente del Consiglio dei Ministri del
re di Sardegna (al momento della pubblicazione dell'opu-
scolo Gioberti si era dimesso da ochi giorni). I1 Caddeo
in un articolo sul « Corriere della sera » ricorda come
lV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 429

questi aridi ruoli, ripetiamo che il sangue dei cinque


giorni fu veramente versato dal popolo, e al popolo
se ne deve gratitudine e gloria. Fu questa la prima
vittoria dell'Italia contro l'oppressore; e, diciamolo pu-
re, fin qui è l'unica vittoria vera: gli altri sono fatti
d'arme, onorevoli quanto si vuole, ma senza vale-
vole acquisto di terreno; anzi con perdita dolorosa,
assidua, vasta, di provincie e di città.
Dio la cessi! Dio ne conceda capitani che ci con-
ducano una volta alle promesse Alpi! Alle Alpi, alle
Alpi chi vuol la pace! I patrizi si rammentino che
le paci di Campoformio non furono altro mai che fu-
gaci e perfide tregue e che il tributo dei milioni ri-
chiesti dal nemico gli darebbe solo lena e nervo a fa-
re a buon tempo più tremenda vendetta. I1 prezzo
della vittoria fu pagato dai poveri. La vendetta del
nemico cadrebbe sui ricchi!

25 Febbraio 1849

Corredo alla lettera di Gioberti:


« Della repubblica e del cristianesimo *

All'illustre Vincenzo Gioberti


li Editori
La Repubblica è sul Clivio Capitolino. La vitto-
ria divulgò l'arcano della Giovane Italia; la nuova
fede, come l'antica, uscì dalle catacombe al trionfo.

* Si tratta della prefazione ad una lettera di Vincenzo


Gioberti, ripubblicata dai repubblicani con intenti polemici
verso Gioberti, presidente del Consiglio dei Ministri del
re di Sardegna (al momento della pubblicazione dell'opu-
scolo Gioberti si era dimesso da ochi giorni). I1 Caddeo
in un articolo sul « Corriere della sera » ricorda come
i

430 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

Quanti ne furono operosi campioni, levino pertanto la


visiera; e concedano che il popolo festoso li saluti a
nome.
E voi pure, illustre Vincenzo Gioberti, appartene-
ste alla sacra coorte. E ora che la scure del regio e del
pontificio carnefice fu conculcata dal dispregio del po-

la prefazione fosse stata attribuita al Mazzini: « Lo scan-


dalo fu enorme, e mentre l’opuscolo si diffondeva in Lombar-
dia, spedito dalla luganese Tipografia della Svizzera ita-
liana che lo avevastampatoalla macchia, in altre regioni
d’Italia le singole fazioni - la moderata (o municipale, co-
me il Gioberti la chiamava), la democratica e la cleri-
cale (cherchez ... il “ Giornale moderno ... ”) - ristampavano
a migliaia di copie il pamphlet. I1 pubblico, senza esitare,
attribuì al Maestro l’opuscolo smascheratore
pensando che
egli solo potesse possedere il segreto della personalità di
“Demofilo”. Lo stesso Gioberti lo credette. ...
Ma fu pro-
prio il Mazzini a pubblicare l’opuscolo antigiobertiano?
Molte ragioni che qui sarebbe troppo lungo esporre, mi fe-
cero sempre dubitare di tale paternità. La quale sono ora in
grado di attribuire, con la testimonianza di due lettere
inedite, la prima di Mauro Macchi e la seconda di Enrico
Cernuschi, a Carlo Cattaneo. Scriveva il Macchi, da Torino,
il 6 marzo 1849, al suo professore, di cui era devoto fino
al feticismo: “Ho letto iersera la sua stupenda prefazione
alla Lettera di Gioberti alla Giovine Italia. E’ un gran
diavolo per mettere in canzone il prossimo”.
a Un anno dopo, il 29 gennaio 1850, il Cernuschi scri-
vendo all’amico da Castel S. Angelo, dove i francesi lo
avevano processato e assolto, ma non ancora liberato, di-
ceva a un certo punto: a Roma i preti stampano
la tua prefazione alla lettera di Demofilo... Chi poi leggesse
con un o’ d’attenzione la detta prefazione, vi troverebbe
patente stile del Cattaneo, la sua caratteristica ortografia
e qualcuna delle sue idee fondamentali, come la federazione .
repubblicana, la fusione militare fra le varie regioni ita-
liane, ecc., concetti del tutto estranei alla mentalità del
Mazzini ” n.
La dimostrazione del Caddeo prosegue con altri dati
ed argomenti, ed è convincente, onde lo scritto figura nella
presente raccolta,
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 431

polo, e dal SUO perdono, noi possiamo, senza pericolo


del venerato vostro capo, solvere a voi pure il debito
della gratitudine nazionale, e palesare qual tesoro la
mente vostra conferisse nelle vittoriose dottrine del-
la Giovine Italia. E’ giusto che il mondo ammiri li alti
consigli e i conforti generosi che voi porgevate a quella
devota gioventù, la quale li seguiva a prezzo del suo
sangue. Ora che nei templi d'Italia si propiziano le
anime dei martiri, è ragione che tra le inferie espia-
trici non restino inonorati li apostoli. E sebbene ab-
biano solo segnata ai credenti la Via della Croce nelli
orridi antri di Spielbergo e di Fenestrelle e sulle rupi
di Calabria e di Savoia, è diritto che la gloria dei con-
fessori si riverberi sul volto dei loro padri spirituali.
E voi, nella serenità del filosofo, e nel candore
del prete, non vogliate ritorcere troppo modesta la
fronte alla sanguigna luce che dai Sette Colli viene a
sfolgorarvi sul sepolcreto di Superga, ove un popolo
v'impose ai voleri d'un re, e vi diede tanto arbitrio dei
nostri destini. Assenta dunque l'umiltà vostra, e in-
dulga all'ammirazione irresistibile e all'impaziente af-
fetto la sollecitudine nostra di ritrarre finalmente dai
penetrali della Giovine Italia una della potenti vo-
stre elucubrazioni. Egli è tempo che si vegga come
con efficace breviloquenza fin d'allora preludeste alle
dottrine che nel Primato d'ltalia e in altre di più
astrusa ragione, veniste poscia svolgendo, intorno alla
prestabilita e fatale grandezza della nostra patria, e
intorno alla innovazione ormai matura delle umane
sorti.
E sarà delizia ai repubblicani d'Italia l'udire co-
me allora li appellaste amici e fratelli, rincorati dalle
stesse speranze e destinati forse a soffrire lo stesso
martirio; e prometteste loro l’amore e le benedizioni
dei buoni, e l’ammirazione delli stranieri, e la vene-
razione dei posteri; anzi faceste risplendere ai pallidi
432 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
volti di quei martiri un premio più virile nell'odio dei
tristi, ch'è il maggior omaggio alla virtù. Oh qual santa
letizia era la vostra d'aver finalmente nel giornale della
Giovine Italia un interprete di quei secreti sensi, di
quelli amari sospiri che fervevano nell'animo vostro,
e che la trucolenza dei regii sgherri faceva privi d'ogni
conforto e d'ogni sfogo!
E ben a ragione sentenziaste che i filosofi dovevano
essere forieri dei liberatori, e predicare una filosofia po-
tente e generosa, e conforme ai progressi della pre-
sente età; né trascinarsi sulle orme delli stranieri; ma
precorrerli, secondo I'esempio dei nostri padri; e infer-
vorare e inebriare la gioventù, e inspirarle magnanime
risoluzioni. E dovevano disviarla da quei filosofi ch'e-
rano or lodatori, or maestri di tirannide, ora cortigiani,
ora sebbene fautori di migliore sentenza, come I'Elve-
zio, preparatori tuttavia, senza saperlo, di quelle esor-
bitanze che macchiarono la giustizia e lo splendore del-
la rivoluzione di Francia. E commendavate come pura
di tali eccessi, e giovevole alla Repubblica, la filosofia
pitagorica, rinnovata da quel Giordano Bruno che
morì vittima dei sacerdoti. E lodando quello stupendo
panteismo, ch'egli inventò molt'anni prima di Spinoza,
e due secoli prima di Schelling; e affermandolo fon-
dato in verità, e morale, e religioso, anzi sola e vera
filosofia, giubilavate di scorgerne nella Giovine Italia
u n presentimento e un'applicazione.
E perché religione è filosofia, e filosofia è libertà,
lodavate che i seguaci della Giovine Italia confortassero
i sacerdoti ad abbracciare la causa dei popoli; peroc-
ché, siccome l'organo destinato dalla natura alla di-
sposizione religiosa, secondo la frenologia, è situato alla
sommità del capo, così l’effetto religioso sede in cima
alle altre potenze. E quasi presago di quella breve glo-
ria ch'ebbe poscia il troppo incostante e troppo infe-
lice Pio Nono, invocavate un sacerdozio che sommo-
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 433

vesse li oppressi popoli. E vi dolevate col più austero


dei poeti, che una religione immedesimata colla civil-
tà mancasse ancora al mondo. E dal cristianesimo,
qual era stato fatto dalli uomini, vi appellavate al cri-
stianesimo primitivo, destinato ora a risurgere per du-
rare eterno, come l'eterna ragione. E gridavate ch'egli
era tempo di dimettere una squallida teologia di bolle,
di frati, di gesuiti, di scolastici, e far ritorno alla primi-
tiva tradizione; e penetrando fino al midollo con forti stu-
dii, e degni del senno italiano, convincere li intelletti
increduli, che il cristianesimo è pura filosofia, solo ve-
stita di forme piacenti all'imaginativa e al cuore; e
che la sua morale è libertà. La quale primamente è li-
bertà dell'animo; poi si diffonde nel mondo esteriore,
con le istituzioni di ben temperata Republica.
Cristo liberatore aveva dunque, a dottrina vostra,
la missione di preparare a questo sublime stato di Re-
publica tutto il genere umano. E se PARVE che non
parlasse appositamente di Repubblica, dò nacque per-
ché prima d'inalzare l'edificio faceva d'uopo gittare
le fondamenta. E prima d'annientare il regno della
forza, e di torre a Cesare la spada, riputò necessario
rivelare che tutti li uomini sono fratelli, eguali inanzi
alla ragione e a Dio, e aventi comunanza di diritti. La
redenzione delli uomini era u n passo necessario per
procedere alla redenzione dei popoli. Nella colleganza
generale delle nazioni sarà il regno di Dio sulla terra,
il regno della giustizia, della pace e della libertà, in
cui la forza, la guerra, la servitù saranno spente. E fu
chiaramente significato dalli scrittori apocalittici, che
antividero un lontano avvenire, nel quale il cristiane-
simo compiuto il suo corso morale e privato, si farebbe
liberatore dei popoli.
E qui voi, preclaro Gioberti, nuncio del nuovo cri-
stianesimo e, della universale e divina Republica, in-
fondete nelli animi nostri, e quasi nelle nostre vene,

28. . CATTANEO.
Scritti politici. ll.
434 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
un sacro raccapriccio, quando con imagine rapita alle
sacre carte, dipingete le nazioni che lacere e incada-
verite dai despoti, sì agitano cupamente e si arruolano,
siccome ossa accatastate nel sepolcro, frementi al suo-
lo della tromba che le richiama a vita. Quando depo-
nevate nelle perseguitate pagine della Giovine Italia
queste parole, non eravate conscio della terribile ve-
rità del concetto che vi balenava nella mente. Ma do-
po il memorando anno che ora si chiuse, non v'è chi
non raffiguri in quell'ossario commosso e crepitante, in
quei carcami che si levano in piede torvi e minaccie-
voli, scoperchiandosi delle dorate lapidi sulle quali sta
scritto il nome delle case regnanti, chi non raffiguri i
popoli che giacevano or ora prostrati sotto al trono del-
l'avaro francese, e ai sette troni della spezzata Italia,
e ai dieci troni che la Providenza, non senza disegno,
commise a un Cesare imbecille e ramingo, e poscia a
un Cesare fanciullo, attendato in un campo di carne-
fici, sulle ceneri delle sue città.
E voi rampognate i pontefici, perché hanno morto
la religione, spogliando i simboli delle loro idee, e
introducendo nella gerarchia il fasto, e facendone
scudo e strumento alli oppressori. E li sfidate a riporre
in seggio quella tradita religione; e sentenziate che
nessuna potenza è da tanto, nemmeno la potenza di
Dio; perocché Dio non opera contro la sua legge. E
insensati dite coloro che si credono coi cannoni e coi
gesuiti di puntellare la fede cadente. Se il pontefice
intende ridonarle il perduto imperio, la richiami a suoi
principii, e la ponga in accordo coll'uomo e col secolo;
poiché il secolo è filosofo; e non rinega la ragione
per cenni d'estrinseca autorità. E il libero esame, in-
terdetto già dai catolici, e abusato dai protestanti, è
ora, nonché permesso, prescritto; perché l'umanità,
uscita dì tutela, vuole affissarsi nell'idea senza velo.
Senonché, nella santa fiducia che la coscienza della ve-
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 435

rità v'inspira, voi non obliate i deboli che non sanno le-
vare a tanto diluvio di luce le ciglia; e promettete che
i veggenti e i forti rispetteranno quei simboli, i quali
abbelliscono la religione alli ignari, ai fanciulli, alle
donne. E aggiungete sicurtà, pronunciando, che, se il
dominio della verità sull'intelletto dev'essere libero,
egli è perché la libera indagine non nuoce al vero;
conciossiaché LA VERITÀ È ETERNA.
Rendiamo dunque sociale la religione, voi dite. E
alle nazioni sia voce d'unità, di libertà, d'eguaglianza;
e ai tiranni sia voce di condanna e d'anatema E DI
TERRORE E DI VENDETTA DIVINA PER MANO DEI POPOLI.
Così, LA RELIGIONE RIFIORIRÀ; ALTRIMENTI, ELLA MORRÀ.
Che anzi, nella sua medesima Chiesa, diede Cristo
il modello dell'unità, dell'eguaglianza, della libertà; co-
stituendola. Una, con ordini perfettamente popolani;
cassandone ogni ombra di forza e di dominazione; ren-
dendo i suoi capi elettivi; e delle Elezioni facendo re-
gola la capacità delli eletti, e principio l'autorità del
Popolo; e riducendo il suo reggimento alla forma di
Repubblica Rappresentativa. Poiché volle interpreti
della Legge, non uno o pochi, ma Tutti, congregati e
rappresentati nell'universale Concilio.
E qui voi palesate come nell'Evangelio di Cristo
abbiano radice quelle sociali dottrine che vengono og-
gidì si popolarmente agitate. La carità evangelica è
l'amore del popolo; e non già dei popolani grassi e niti-
di ma dei più infelici, per indigenza, per debolezza, per
abiezione eziandio per delitto; poiché Cristo amava i
peccatori, e non li scribi e i farisei, ministri e prelati del
SUO tempo; e a conforto della redentrice agonia desiderò
i ladroni e le maddalene; poiché sapeva come i delitti
procedono da ignoranza, e povertà e avvilimento; epperò
i peccati de' popoli sono peccati dei principi; i quali
coll'assoluto dominio, colle inique leggi, colle brame
immoderate loro e dei tristi satelliti, e colla sete della
436 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
roba e del sangue, e l'odio del progresso, suggerito
dall'ambizione e dalla paura di perdere l'ingiusta ed
eccessiva potenza, rendono i popoli, a propria imagi-
ne, ignoranti, corrotti, abietti. Onde non è a dirsi,
quali fogne di malvagità e di bruttura siano le corti
dei re, e quanta sia la nequizia dei magnati; razza cor-
rotta e perversa, che sotto li sfoggiati abiti e i modi
gentileschi e leziosi, copre ogni ribalderia; e pasce la
superba ignavia coi sudori d'un immenso popolo, che
si agita fra duri stenti per morire nel disprezzo.
E vi accendete d'un santo sdegno, accennando a
questa povera Italia, guasta, doma, lacera, conculcata
da tanti despoti interni e forestieri, e strappate la ma-
schera ai principi, che con bestemmia nefanda osano
chiamarsi cristiani; e sopratutto a Colui che sedeva a
capo della Chiesa, e s'intitolava Vicario di Cristo. E
gridavate: si paragoni il papa a Cristo; onde si veda
qual divario sia dal sublime Redentore delle genti a
quel vigliacco oppressore dei popoli, che non contento
a tiranneggiare e trucidare i suoi, benedice tutti i de-
spoti; sfolgora colli anatemi tutti li oppressi, adora un
principe eretico, grondante del sangue d'un popolo
catolico e generoso; santifica la tirannide come un di-
ritto; impone la schiavitù come un dovere; e condanna
la libertà come u n misfatto.
E da quelli ipocriti insanguinati, vi volgevate con
affettuoso fervore ai fondatori della Giovine Italia, di-
cendo: Non così voi che scrivete sulla bandiera ita-
liana DIOE IL POPOLO. Io vi saluto, precursori della
nuova Legge, primi Apostoli del rinovato Evangelio!
E prenuncio fausto successo alla vostra impresa, ch'è
giusta, e pietosa, e santa, essendo quella del Popolo,
e quella di Dio. La forma antica del cristianesimo di-
ceva: DIO E IL PROSSIMO; la nuova dice: DIO E a
POPOLO. Perocché Dio, dopo nuova confusione delle
lingue e dispersione e cattività lunghissima, sta per
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 437

riunire le tribù dissipate, e fondare una novella cri-


stianità. I l nuovo evangelio ha, come il primo, la sua
missione, le sue persecuzioni, i suoi martiri; e avrà
il tempio aperto, e l'altare eretto. E Dio allora nuova-
mente scenderà sulla terra; non come apparizione in-
dividuale fatta nella ragione d'un uomo; ma universale,
nella ragione di tutti. E siccome la sua legge, abbrac-
ciando tutto il consorzio umano, non avrà più contrario
Cesare, cioè la forza, perciò non avrà per compimen-
to la Croce, ma il regno, la pace, la gloria. E voi,
preclaro Gioberti, vi fate credente, vi fate popolo, giu-
randovi come un povero soldato alla Giovine Italia, e
dicendo alli antesignani: Noi ci stringeremo alla DO-
stra bandiera, e grideremo DIO E IL POPOLO; e ci stu-
dieremo di propagar questo grido. Se nonché, conscio
forse e presago dell'incostanza e fragilità delli uomini
pervenuti alla potenza e alli onori, giurate di combat-
tere coloro, che facendo le rivoluzioni, intendono solo a
traslocare il potere in sé medesimi, divisi dal Popolo?
Tale era la scienza che allora instillavate ai ge-
nerosi e credenti giovani, i quali la sacrarono colla
vita. Né potevate averne una per loro, e un'altra per
voi. E questa è la sola che abbia assonanza all'intero
concerto della vostra filosofia. Né il completamento d'un
opera d'arte può essere d'altra natura che l'opera stes-
sa. E voi non vorrete ora, che la dottrina vostra appaia
alle genti simile alli idoli mostruosi del prisco Egitto,
nei quali sovra le umane forme s'innestavano i teschi
delle belve. Al matronale simulacro, in cui da tanti an-
ni veniste effigiando e intagliando quell'unica ima-
gine che il filosofo ha sempre inanzi alla secreta men-
te, voi non potete ora, con repentino estro, di schiavo
della gleba, imporre l'orrido ringhio e li irti velli del
leone feudale, che dorme nelle polverose tenebre d'Al-
tacomba.
Come? i seguaci della vostra fede, quei che pensa-
I- - -----

438 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll


rono morire per l'Unità d'Italia, anzi per la Repubbli-
ca universale preparata dall'Evangelio di Cristo, non
dovevano dal sangue loro mietere altra messe che
l'Atto d'Unione dei Torinesi coi Milanesi e coi Vicen-
tini e con altri non so quali dei Cisalpini e dei Veneti?
essendoché i Veronesi non ci sono, ch'io sappia, né i
Trentini, o i Mantovani, o i Friulani, o i Bolognesi. E
il nome d'Italia doveva, per altre non so quante genera-
zioni, aver termine là dove pei nostri gloriosi padri ap-
pena aveva principio? Ma codesto Atto d'Unione, che
interruppe il patto della guerra, e fiaccò le ali della
vittoria, non fu dettato egli dalla perfidia e dalla cu-
pidigia? non fu imposto dalla servilità e dalla paura?
E può egli dirsi un Patto, quando ha per condizione
non si sa quale altro Statuto e Patto, che si farà non
si sa quando? né dove? e non ancora per la Repub-
blica Una d'Italia, né per la Republica Universale
d'Europa, ma per un regno? e non per un regno che
si levi glorioso ai quattro venti d'Italia; ma per il re-
gno boreale, frammento e incerta caparra di più vasto
regno e più remotamente futuro? ll quale Statuto,
che non è, né forse sarà mai, sarebbe delitto il rom-
pere? ll quale imaginario regno sarebbe sceleratezza
l'annullare? E voi, savio ragionatore, sperate, ancora
un'altra volta, ogni salute nostra in cosa già caduta, e
troppo indegnamente e troppo lungamente calpestata
da quel nemico, che fuggiva inanzi al popolo inerme?
E credete veramente che sia per essere unico propu-
gnacolo di forza o di vittoria, quando sinora fu cam-
po di tradimento e di fuga, e calvario d'ignominia?
Per trentacinque anni, l'Italia non lasciò mai d'a-
spettare dal Principato la salute e l'onore. E non li
ebbe. E per sé stesso, e non per bontà di principe, si
liberò il popolo in Palermo, in Milano, in Piacenza, in
Modena, in Venezia, nel Cadore, in Palma Nova. Le
concessioni principesche di Torino e di Napoli fu-
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 439

rono estorte da necessità; e durarono, o dureranno,


quanto la necessità. I sette principati d'Italia doveva-
no, colle forze di 25 milioni di sudditi volonterosi,
compiere la cacciata di soli 42 mila stranieri, che ri-
manevano, al 31 di marzo 1848, e rotti e svergognati
in Italia. Non lo fecero; non vollero far la guerra; e
non seppero darci l'onore e la pace. E il popolo d'Italia,
indarno sanguinante, è ancora entro le Forche Caudine;
e deve soffrire sentenziate le sue sorti in un consesso
d'insolenti stranieri, ove non avranno adito li eletti
suoi. Confessatelo, illustre Gioberti; era tempo e ne-
cessità che il popolo cercasse salute per altra via.
Voi diceste, il 10 febbraio in Parlamento che ogni
rivoluzione ha un segno, oltre il quale non può tra-
scorrere. Altro è dire che il segno vi sia; altro è de-
cretare qual sia. E intanto, anche la pazienza dei po-
poli ha il suo segno!
Il popolo è semplice; il popolo si volge ora alla
Republica, come già si volse al Principato; egli la in-
voca come mezzo, non come fine. Egli vuol solamente
uscir di mano ai fiacchi e ai perfidi; e venire in mani
fedeli e forti, che lo scorgano a onore e libertà.
Voi diceste non voler voi trascorrere oltre i ter-
mini della federazione e dell'indipendenza. Ebbene;
perché non ci avete dato l'indipendenza? e perché ci
avete turbato la federazione? Perché avete rotto il
santo patto di guerra vinta; e avete posto la fusione
inanzi all'indipendenza? Perché colla vostra perfidia
avete disunito la schietta federazione militare, che la
combattente Milano convocò sul campo della guerra?
Nò; il principato non ha la forza di redimere l'Ita-
lia, perché non ne ha la voglia. ll principato italiano
figlio e pupillo del dominio straniero. Un principe
era di razza francese; due, di razza non so se fran-
cese o spagnuola; tre di razza tra spagnuola e tedesca;
l'unico italiano, e non sempre, era eletto col voto e
440 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
col veto di straniere e nemiche potenze. ll principato
ci tenne servi, nulli e dispregiati nel mondo. Fu così
finora, e sarà sempre così. Non fatevi illusione; poiché,
come voi dite, chi fabrica sulle idee sole, non sulla
realtà, s'inganna, e scambia la politica colle utopie.
Non è vero che la Republica Spegne affatto li vi-
riti provinciali e municipali. La Republica non li ha
mai spenti in Grecia; li conservò immortali in Italia
e Svizzera e America. Le ambizioni dei municipii so-
no disarmate, quando un patto d'armi li stringe, e
quando la maggioranza delle forze sanziona, ciò che la
maggioranza dei voti decreta. Che se la Republica
pare a voi cosa tanto meno matura e perfetta che il
Principato Costituzionale, sicché nell'altezza del vo-
stro concetto i fautori della Republica paiono retro-
gradi, noi ammiriamo la sublimità vostra. Ma siamo nel
nostro desiderio sì miti e modesti, che ci rassegniamo
per ora alla cosa meno perfetta; poiché ogni rivoluzio-
ne ha u n segno oltre il quale non può trascorrere; e qui
si comprende tutto ciò che vi ha di ragionevole e di
effettuabile nei nostri voti e nelle nostre speranze; e il
resto nelli ordini presenti è utopia. E noi facciamo
verace stima del paese e del secolo, prefiggendogli il
detto termine. Poiché solo la Republica può darci
le due cose che voi ci consentite, cioè la federazione
e l'indipendenza. E se non ci potesse dare, come il
vostro Principato Costituzionale, l'unità e la forza, e
il credito, e la prosperità tanto a noi cara, e la quiete
sopra ogni cosa carissima, basta bene per ora che ci
apporti, col sacrificio d'ogni altro bene, l'indipendenza
e l'onore. Che se poi tutti i popoli d'Europa doves-
sero veramente, come voi temete, aver gelosia e spa-
vento, tal sia di loro. Meglio far gelosia e spavento
coll'imperfetta nostra Republica, che col perfetto vo-
stro Monarcato fare, per altro indefinito tempo, di-
sprezzo e pietà!
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 441

Ma non solo voi non volete che la Republica ab-


bia alcun asilo in Italia; come se non vi avesse già
tanti anni abitato in buona vicinanza colla vostra
medesima millenaria monarchia; ma non volete che
si aduni il Congresso Italico in Roma. Conciossiacosaché
avrebbe avversi i principi, e nemico il pontefice. Ma
sarebbe forse colpa sua? E vorreste voi forse, che
dopo tanti mortali pericoli e tante dolorose fatiche
per raccorre le sparse membra dell'immortale fami-
glia, noi dovessimo rifuggire dallo stringerla final-
mente in un Patto, perché potrebbe non essere accetto
a coloro, i quali, a detta vostra, colle inique leggi, e
colla sete della roba e del sangue, e la superba igna-
via, e la nequizia e bruttura delle loro corti, fecero
povera e guasta e lacera e vilipesa l'Italia? E vorre-
ste forse che la nuova Legge si scrivesse a dettato
di colui che benedice a tutti i despoti, e maledice a
tutti li oppressi, e f a della servitù un dovere, e della
libertà un misfatto?
Su via, sacerdote e filosofo, abbiate vergogna e
pietà del vostro nome. Tornate una sola notte dalle
abbaglianti aule della reggia alla solitaria stanza del
pensatore. Ridate una veloce corsa alli scritti vostri;
considerate qual divario sia tra l'intemerato esposi-
tore del vero, e l'immorale facendiero dell'espediente
e del falso. Poi fate onorata e magnanima risoluzione.
Raccogliete il fardello della coscienza vostra e della
vostra filosofia; scuotete la polve delle vestimenta;
levatevi di mezzo ai disertori della guerra d'Italia, e
ai disprezzatori e traditori del popolo. E con irrevo-
cabili passi, avviatevi peregrino e penitente al Clivo
Capitolino; ove l'Italia, pericolante e impavida, rico-
noscendo il vostro ingegno, e ricordando quale foste
un tempo, e obliando quale vi faceste poi, vi assentirà
il bacio del perdono, nel nome del Popolo e di Dio.
Fratellanza e salute.
442 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
Senza data
La rivoluzione di Francia ed Austria *
Di che si tratta?
Un mezzo secolo fa, i re vollero impedire la rivo-
luzione di Francia; i Francesi, tirati per forza dalle
loro intestine contese ai campi di battaglia, vinsero
tutti i re, invasero tutti i regni, e provocarono una
reazione che li ricacciò entro i loro confini. Tutti gli
avvenimenti ch‘ebbero luogo in quell’intervallo pre-
sero colore e nome dalla rivoluzione di Francia.
E adesso di che si tratta?
Adesso la rivoluzione è un affare fatto. Quella re-
pubblica francese che ai nostri padri parve una stra-
nezza, un delitto, un terremoto morale che doveva di-
sfare la società, abolire la religione e sterminare il ge-
nere umano, è ritornata a Parigi un bel giorno quando
nessuno l’aspettava e nessuno pensava ch‘ella fosse
ancora al mondo.
Ha dato un calcio alla vecchia ghigliottina; ha messo
in luogo del sanguinoso berretto frigio, un berretto
bianco di cotone; ha preso fra le braccia il nipote del
terribil zio, che l’aveva scacciata di Francia, lo ha
messo a sedere sul banco presidenziale; e gli ha detto:
distruggi mo’ la republica, se tu puoi!
E il bamboccio presidenziale, si provò a menar
piedi e mani per disfare la republica. E i due sicarj
Bugeand e Changarnier gridarono: chi vuol la repu-
blica noi l’ammazzeremo. E nessuno disse nemanco di
volerla o non volerla; e ognuno attese ai fatti suoi. E
la republica rimase; né alcun re d’Europa sembra
farvi più mente. E la republica in Francia starà, perché

* Frammento inedito M.R.M. Archivio Cattaneo, cart. 13,


pl. IX, doc. 2.
i
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 443

quando una piramide di quella mole è seduta sulla


sua base, chi la piglierà in piano per configger sulla
punta?
Di che si tratta dunque e perché tutta l'Europa è
in sì gran subbuglio?
Si tratta d'un'altra rivoluzione; della rivoluzione
d'Austria. Tutti gli altri avvenimenti di cui si parla
in Europa avranno colore e nome da questo.
E che divario vi è tra la rivoluzione di Francia e
quella d'Austria?
Le due rivoluzioni tendono egualmente all'egua-
glianza e alla libertà. Ma vi è questo divario che in
Francia era un popolo solo, e in Austria sono molti
popoli. E così quando si trattò di adunarsi in un'assem-
blea per intendersi, tutti potevano parlare ma nessuno
poteva intendere. Laonde i popoli ebbero a fare come
fecero quelli che fabbricarono la Torre di Babele;
invano starsi a gridare in quella confusione, ognuno ebbe
ad uscire, volse le spalle a Babele e strada facendo
s'incontrò con quelli che parlavano la stessa lingua, e
si fermò secoloro alla prima osteria; e quivi ognuno
potrà parlare, e ognuno potrà intendere.
Intanto questa facenda così semplice mette a sosso-
pra tutta l'Europa. La casa d'Austria aveva un brano
d'Italia, un brano di Germania, un brano di Polonia, e
altri brani parecchi; e non voleva rimetterli al loro
luogo. Dunque non voleva che vi fosse una Italia, né
una Germania, né una Polonia, perché raccozzate quelle
Nazioni sarebbero venute a riprendere quei brani che
ella si era appropriati. L'Austria era dunque un in-
ciampo generale a tutte le Nazioni, e nell'accomodare
le cose loro e il suo sfacelo lascia andare ogni Nazione
al SUO posto naturale. La Germania può essere Ger-
mania, l'Italia può essere Italia, l'Ungheria si ricorda
le antiche sue grandezze; gli Slavi, i Romeni possono
essere una volta ciò che Dio li ha fatti.
444 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

E tutte queste Nazioni quando si saranno disvilup-


pate della babele austriaca che cosa faranno?
Accomoderanno le loro cose, ciascuna in sua casa,
come ha fatto la Francia.
Perocché la rivoluzione di Francia e quella d'Au-
stria tendono egualmente all'eguaglianza colla libertà.
E vi è solo questo divario che in Francia era un popolo
solo, e in Austria i popoli sono molti.

19 Giugno 1849

Al redattore del Repubblicano *


Fece stupore a molti, a molti sdegno che il di-
scorso del Sig. avv. Padrazzini intorno ... siasi inserto
nelle colonne del Repubblicano. ll suo posto naturale
era nella Gazzetta di Zurigo. I1 Repubblicano, avendo
promesso d'essere l'interprete dei principj giusti e ge-
nerosi, non deve mai farsi ricettatore d'un iniquo e
imbelle opportunismo.
Svizzeri e Francesi hanno più volte predicato agli
Italiani che chi vuole la libertà, Ia meriti! Se gli
Italiani abbiano merito veruno di libertà lo attestino
le giornate di Palermo, di Milano, di Genova, di Livorno,
d'Ancona, le tre lotte di Vicenza, le due lotte di Bolo-
gna, i quattordici mesi di Venezia, la funerea dispera-
zione di Brescia, la trionfale disperazione di Roma.
Gli Italiani costretti da un'indegna sorte a inter-
rompere la guerra, coi loro sette tiranni per imbrattarsi
di sangue francese a Roma, di sangue Svizzero a Na-
poli, a Messina, a Catania, a Velletri, sono attoniti a
vedere come in seno alle nazioni libere domini un sì

* Inedito. ll ms. porta la firma « Un emigrato ». M.R.M.


Archivio Cattaneo. Cart. 13, pl. ll, doc. 5.
444 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

E tutte queste Nazioni quando si saranno disvilup-


pate della babele austriaca che cosa faranno?
Accomoderanno le loro cose, ciascuna in sua casa,
come ha fatto la Francia.
Perocché la rivoluzione di Francia e quella d'Au-
stria tendono egualmente all'eguaglianza colla libertà.
E vi è solo questo divario che in Francia era un popolo
solo, e in Austria i popoli sono molti.

19 Giugno 1849

Al redattore del Repubblicano *


Fece stupore a molti, a molti sdegno che il di-
scorso del Sig. avv. Padrazzini intorno ... siasi inserto
nelle colonne del Repubblicano. ll suo posto naturale
era nella Gazzetta di Zurigo. I1 Repubblicano, avendo
promesso d'essere l'interprete dei principj giusti e ge-
nerosi, non deve mai farsi ricettatore d'un iniquo e
imbelle opportunismo.
Svizzeri e Francesi hanno più volte predicato agli
Italiani che chi vuole la libertà, Ia meriti! Se gli
Italiani abbiano merito veruno di libertà lo attestino
le giornate di Palermo, di Milano, di Genova, di Livorno,
d'Ancona, le tre lotte di Vicenza, le due lotte di Bolo-
gna, i quattordici mesi di Venezia, la funerea dispera-
zione di Brescia, la trionfale disperazione di Roma.
Gli Italiani costretti da un'indegna sorte a inter-
rompere la guerra, coi loro sette tiranni per imbrattarsi
di sangue francese a Roma, di sangue Svizzero a Na-
poli, a Messina, a Catania, a Velletri, sono attoniti a
vedere come in seno alle nazioni libere domini un sì

* Inedito. ll ms. porta la firma « Un emigrato ». M.R.M.


Archivio Cattaneo. Cart. 13, pl. ll, doc. 5.
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 445

sacrilego culto di venali interessi e possono ormai


rispondere alla volta loro: la libertà è u n caso, e Dio
la getta a chi meno la merita.
Nel primo volume della storia svizzera sta la poesia
di Guglielmo Tell; nel secondo, la storia della capitola-
zione napolitana, e delle quotidiane e interminabili
umiliazioni inflitte agli esuli italiani. NÒ non è vero che
l'un volume sia la continuazione dell'altro. Concediamo
pure che la dottrina del primo possa avere, a gusto
di italiani, il SUO pregio. Certo è però che essa rinega
e insulta tutto ciò che s'insegna nel primo.
Vinta o vittoriosa, l'Italia con orgoglio confronterà
questi sanguinosi annali suoi con quelli dei suoi vi-
cini. E potrà rimeritare a dovizia i maggiori cittadini
della Svizzera moderna, solamente opponendo ai loro
nomi nel Dizionario Biografico, questa nota: - pensa-
rono continuare Tell e Wiutrebrice, scacciando dalla
terra svizzera Mazzini e Garibaldi; i quali chi fossero,
vedi nella Storia di Francia, anno domini 1849.

Roma, 1° Luglio 1849.


Circolare contro il commercio francese *

Popoli d'Italia!
ll popolo francese, dopo aver aizzato tutti gli altri
ad armarsi per la causa della libertà universale, non
solo nel dì della battaglia mancò alla parola del sol-
dato; ma rivolse le armi in soccorso al perfido pontefice,
capo degli oppressori d'ogni lingua e d'ogni religione.
La Francia non si vergognò di rinnegare le pro-

* Pubblicato in S.P.E., ll, pp. 11-14; ripubblicato da


Carducci in « Letture del Risorgimento
pp. 348-350.
italiano
», 1897,
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 445

sacrilego culto di venali interessi e possono ormai


rispondere alla volta loro: la libertà è u n caso, e Dio
la getta a chi meno la merita.
Nel primo volume della storia svizzera sta la poesia
di Guglielmo Tell; nel secondo, la storia della capitola-
zione napolitana, e delle quotidiane e interminabili
umiliazioni inflitte agli esuli italiani. NÒ non è vero che
l'un volume sia la continuazione dell'altro. Concediamo
pure che la dottrina del primo possa avere, a gusto
di italiani, il SUO pregio. Certo è però che essa rinega
e insulta tutto ciò che s'insegna nel primo.
Vinta o vittoriosa, l'Italia con orgoglio confronterà
questi sanguinosi annali suoi con quelli dei suoi vi-
cini. E potrà rimeritare a dovizia i maggiori cittadini
della Svizzera moderna, solamente opponendo ai loro
nomi nel Dizionario Biografico, questa nota: - pensa-
rono continuare Tell e Wiutrebrice, scacciando dalla
terra svizzera Mazzini e Garibaldi; i quali chi fossero,
vedi nella Storia di Francia, anno domini 1849.

Roma, 1° Luglio 1849.


Circolare contro il commercio francese *

Popoli d'Italia!
ll popolo francese, dopo aver aizzato tutti gli altri
ad armarsi per la causa della libertà universale, non
solo nel dì della battaglia mancò alla parola del sol-
dato; ma rivolse le armi in soccorso al perfido pontefice,
capo degli oppressori d'ogni lingua e d'ogni religione.
La Francia non si vergognò di rinnegare le pro-

* Pubblicato in S.P.E., ll, pp. 11-14; ripubblicato da


Carducci in « Letture del Risorgimento
pp. 348-350.
italiano
», 1897,
. . .. . . .

446 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll


prie leggi da pochi giorni promulgate, per opprimere
colle forze di trentacinque milioni d'uomini un popolo
dodici volte men numeroso, un popolo che libero ap-
pena da ottanta giorni, in terra desolata da imbelle
e stolto governo, non aveva esercito regolare, né mate-
riali da guerra, né finanze atte a sostenere l'ineguale
assalto.
La codarda guerra cominciò colle calunnie dei
giornali e delle tribune, colle imposture degli inviati,
colle menzogne dei militari, cogli armistizi violati,
colle posizioni carpite. Invano il popolo romano oppose
a tanta abiezione l'antica sua magnanimità; invano largì
un abbraccio fraterno ai prigioni, fraterne cure ai feriti.
I prigioni romani sorpresi nella fede d'una tregua, erano
viceversa martoriati con carcere penoso nelle ferriere
della Corsica. Aperta infine con lunga arte la breccia
nelle vetuste muraglie di Roma, la degenere soldatesca
non osò penetrarvi; non osò affrontare tra le barricate
un popolo che col coltello in pugno aspettava imper-
territo le sue baionette. Dall'alto dei monti ella arse
impunemente le case dei cittadini; uccise donzelle e
vecchi; avventò una tempesta di ferro e di fuoco so-
pra monumenti venerati dal genere umano; infranse i
marmi superstiti alla brutalità dei Vandali; distrusse
capi d'arte d'inapprezzabile bellezza. E con questa
tortura stancheggiò i cittadini, che sentendo nel pro-
fondo animo le ferite arrecate alle reliquie dei padri,
prefersero in fine la propria sventura al più lungo spet- ,
tacolo di tanta barbarie.
Qual danno aveva fatto il popolo romano alla Fran-
cia? Aveva ella almeno la scusa di cercare nelle altrui
ristoro alle sue sventure? No, per sopperire alla ma-
lefica impresa, ella prodigò i tesori emunti ai famelici
e ammorbati operai.
Era delirio feroce di pochi. Ma l'esercito francese
e il popolo francese lo tollerarono. L'impudenza dei
lV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 447

governanti riposava sulla volubilità e servilità dei go-


vernati.
Tutta la Francia è responsabile della barbarie del
suo governo.
Popoli tutti della vasta Italia e delle isole sorelle,
voi che in Roma poneste il vessillo della vostra nazio-
nalità e libertà, voi che colle vostre simpatie porgeste
tributo all'industria della Francia, alla sua navigazione,
all'agricoltura, alle lettere, rompete ogni commercio
con quella terra di rinnegati.
Respingete dalle vostre mense, dai vostri arredi,
dalle vostre persone, ogni cosa che di là provenga.
Siate virili; sdegnate le inezie del lusso straniero.
Sublime vostro lusso siano nella pace, le avite vostre
arti. E finché non sia vinta la santa guerra, deponete
i fiori della vita sull'ara della patria libera ed una.
Che v'importa dei nastri di Francia e delle sue cuffie
e de' suoi romanzi? Quei vostri antichi che fondavano
l'onnipotenza di Roma, non temevano le armi del-
l'Asia, e non curavano le sue porpore e i suoi profumi.
E quando i loro posteri ne divennero vaghi, perdettero
l'onore e la libertà.
Punite la Francia col solo castigo a cui, nella abietta
sua venalità, ella è accessibile; feritela entro la pro-
fonda piaga de' suoi materiali interessi. Allora si vedrà
se il plauso della Borsa onorerà li assassini dei popoli.
Carcerieri i Francesi di Pio VIl e sgherri di
Pio IX; apostoli ieri dell'empietà e oggi soldati del
papa, sempre liberi nelle parole e sempre schiavi
nelle opere, sempre tumultuanti e sempre incatenati,
mossi come macchine a colpi di telegrafo, divorati da
quattrocentomila pretoriani, lacerati dall'insatollabilità
dei ricchi e dalla disperazione de' poveri, sono ormai
trascinati da mani ipocrite in un abisso di sangue civile.
Già il patibolo è divenuto la più fida speranza dei legi-
slatori di Francia.
448 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Aiutate quella gente a levarsi dal suo letamaio;
illuminatela col vostro diprezzo. s i i mostratele che una
nazione potente può essere disprezzata, perché immora-
le. S'ella vuol riavere la stima del mondo, marci al
campo della sacra battaglia, redima il giuramento di
sangue ch'ella fece tante volte alla Polonia. E prima
di tutto, restituisca in intero la romana libertà.
Fino a quel giorno, sia maledetta e infame!
Che se volesse giacersi nel fondo delle sue brutture,
tal sia di lei.
Altri popoli vi sono che Dio chiama al posto d'onore
ch'essa ha perduto. La legge di Cristo Redentore e
Liberatore si compirà in Europa, colla Francia, e senza
la Francia.

Militarismo e centralizzazione in Francia *

ll più grave ostacolo al progresso dell'umanità è


l'esercito francese, che da cinquant'anni combatte inter-
minabilmente, senza bruciare una miccia per la libertà.
Egli accetta li ordini-del-giorno da chichessia, da Napo-
leone e dal duca d'Augoulême; da Napoleone o da
Cavaignac; tamquam cadaver : Dio, toglie all'uomo
mezza l'anima quel dì che lo fa schiavo, e gli toglie
tutta l’anima quel dì che lo fa soldato; perché al sol-
dato non è nemmen lecito lagnarsi delle infamie che gli
fanno commettere. Lo schiavo può aver la ragione e
la coscienza; può avere anche i lamenti e le maledi-
zioni; il soldato non ha che l'onore e l'ordine-del-giorno.
Giammai la coscienza umana si lasciò abusare e de-
gradare più che nel soldato francese, perché in nessun
luogo esca la pagina coll'eco più illuminata.

* Inedito, senza data. Ms. M.R.M. Archivio Cattaneo.


Cart. 13, pl. IX, doc. 3.
448 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Aiutate quella gente a levarsi dal suo letamaio;
illuminatela col vostro diprezzo. s i i mostratele che una
nazione potente può essere disprezzata, perché immora-
le. S'ella vuol riavere la stima del mondo, marci al
campo della sacra battaglia, redima il giuramento di
sangue ch'ella fece tante volte alla Polonia. E prima
di tutto, restituisca in intero la romana libertà.
Fino a quel giorno, sia maledetta e infame!
Che se volesse giacersi nel fondo delle sue brutture,
tal sia di lei.
Altri popoli vi sono che Dio chiama al posto d'onore
ch'essa ha perduto. La legge di Cristo Redentore e
Liberatore si compirà in Europa, colla Francia, e senza
la Francia.

Militarismo e centralizzazione in Francia *

ll più grave ostacolo al progresso dell'umanità è


l'esercito francese, che da cinquant'anni combatte inter-
minabilmente, senza bruciare una miccia per la libertà.
Egli accetta li ordini-del-giorno da chichessia, da Napo-
leone e dal duca d'Augoulême; da Napoleone o da
Cavaignac; tamquam cadaver : Dio, toglie all'uomo
mezza l'anima quel dì che lo fa schiavo, e gli toglie
tutta l’anima quel dì che lo fa soldato; perché al sol-
dato non è nemmen lecito lagnarsi delle infamie che gli
fanno commettere. Lo schiavo può aver la ragione e
la coscienza; può avere anche i lamenti e le maledi-
zioni; il soldato non ha che l'onore e l'ordine-del-giorno.
Giammai la coscienza umana si lasciò abusare e de-
gradare più che nel soldato francese, perché in nessun
luogo esca la pagina coll'eco più illuminata.

* Inedito, senza data. Ms. M.R.M. Archivio Cattaneo.


Cart. 13, pl. IX, doc. 3.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 449

, Intanto la Francia coll'eterna sua rivoluzione e coi


suo esercito per eternamente soffocarla,porge un pretesto
a tutte le nazioni, anzi impone loro una necessita, di
tenere altrettanti eserciti, a onnipotenza dei ciambel-
lani e ruina dei popoli.
All'ombra del capestro e della gendarmeria il go-
verno prefettizio della Francia che a colpi di tele-
grafo sa manovrare 86 teatrini di 400 mila marionette
cadauno. Finché i dipartimenti non si trasformano in
cantoni con amministrazioni proprie, la libertà in Fran-
cia sarà sempre un assurdo; perché chi aspetta li ordini
da Parigi non è libero a Versailles. 11 più profondo o
fatale pregiudicio dei Francesi è quello di credere
che l'unità della nazione dipenda da queste stringhe
amministrative. Come? Nel secolo delle nazionalità,
nel momento che una forza magica fa uscire dal caos
delle conquiste e delle religioni li Slavi e i Teutoni, i
Magjari e li Elleni, nel momento in cui la Germania
viene come un avaro a ridimandare alla Danimarca
le sabbie di Schleswick, temere che la primogenita
delle nazioni si dissolva faute de préfets. Che stupidi!
Non sanno dunque che le nazioni stanno insieme per
forza inorganica come li astri nello spazio. Ma, smem-
brare la Francia sarebbe come tagliare a pezzi l'atmo-
sfera. Chi può imprimere un moto divergente ai mil-
liardi di gocce che fanno una marea?
La Francia crede di non poter dormire una notte
se non ha quattrocentomila soldati in pronto contro
l'Europa.
Ma la Svizzera dorme tranquilla senza soldati; le
basta a capo del letto la sua carabina. Come? ll pig-
meo che non osa sorprendere la Svizzera, si farà @-
gante per lottare colla Francia! La prima cosa ch'io
farei, se avessi al mio comando i quattrocentomila sol-
dati francesi sarebbe di rimandarne a lavorare e stu-
diare una metà; e imprestare l'altra metà a tutte le

29. - CATTANEO.
Scritti politici. ll.
450 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
nazioni che volessero liberarsi dai loro oppressori. Di-
pennate dal Budget le centinaia di milioni che l'eser-
cito, questo lazzarone colossale, vi divora in un ozio,
che non gli concedete utilizzare nemmeno colla let-
tura. Lasciate tutto quel denaro al povero lavoratore,
lasciategli bere solamente per tre mesi in pace e a
buon mercato il suo vino e la sua acqua zuccherata,
e poi venga pure la Santa Alleanza. I1 popolo, saprà
ben difendere, anche solo a colpi di bottiglie vuote,
quelle leggi che hanno consolato la sua miseria e rea-
lizzato una volta finalmente la sua libertà.

Senza data
La resa di Vienna *

I1 popolo di Vienna è vinto; è vinto come il popolo


di Milano. Da questo momento in poi la supremazia
della minorità germanica dell'impero è abolita. Non
vi è più in esso alcuna stirpe che possa sognare
d'essere conquistatrice; principale strumento alla vit-
toria del despotismo militare furono i Croati, la più
misera e più calpestata di tutte le razze. Un solo li-
vello adegua tutti i popoli della vasta monarchia; una
sola è la sorte di quaranta milioni d'uomini. Oggi solo
ha principio la loro fratellanza. La guerra muta natura;
essa è la guerra di tutti i popoli dell'impero contro
una congrega di decrepiti marescialli che tengono cap-
tivo l'impero e l'imperatore. La guerra non è più tra
stirpe e stirpe; essa diviene intestina, civile, rivoluzio-
naria, generale.
I soldati trionfarono in virtù dell'unità; i popoli
furono vinti perché disuniti. I1 Tedesco e il Magiaro,

* Inedito, senza data, M.R.M. Archivio Cattaneo. Cart.


13, pl. ll, doc. 4 bis (a. 1844-49).
450 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
nazioni che volessero liberarsi dai loro oppressori. Di-
pennate dal Budget le centinaia di milioni che l'eser-
cito, questo lazzarone colossale, vi divora in un ozio,
che non gli concedete utilizzare nemmeno colla let-
tura. Lasciate tutto quel denaro al povero lavoratore,
lasciategli bere solamente per tre mesi in pace e a
buon mercato il suo vino e la sua acqua zuccherata,
e poi venga pure la Santa Alleanza. I1 popolo, saprà
ben difendere, anche solo a colpi di bottiglie vuote,
quelle leggi che hanno consolato la sua miseria e rea-
lizzato una volta finalmente la sua libertà.

Senza data
La resa di Vienna *

I1 popolo di Vienna è vinto; è vinto come il popolo


di Milano. Da questo momento in poi la supremazia
della minorità germanica dell'impero è abolita. Non
vi è più in esso alcuna stirpe che possa sognare
d'essere conquistatrice; principale strumento alla vit-
toria del despotismo militare furono i Croati, la più
misera e più calpestata di tutte le razze. Un solo li-
vello adegua tutti i popoli della vasta monarchia; una
sola è la sorte di quaranta milioni d'uomini. Oggi solo
ha principio la loro fratellanza. La guerra muta natura;
essa è la guerra di tutti i popoli dell'impero contro
una congrega di decrepiti marescialli che tengono cap-
tivo l'impero e l'imperatore. La guerra non è più tra
stirpe e stirpe; essa diviene intestina, civile, rivoluzio-
naria, generale.
I soldati trionfarono in virtù dell'unità; i popoli
furono vinti perché disuniti. I1 Tedesco e il Magiaro,

* Inedito, senza data, M.R.M. Archivio Cattaneo. Cart.


13, pl. ll, doc. 4 bis (a. 1844-49).
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 451
dimenticando la loro debolezza numerica, ebbero la
folle smania di opprimere li Slavi e i Latini. Quegli
scrittori che da Francoforte, da Monaco e perfino da
Berna e da Strasburgo, aizzavano i Viennesi e i Tiro-
lesi contro Milano e Venezia in nome della gran pa-
tria teutonica, ora vedano quanto stolta fosse la loro
infratema dottrina, quelli scrittori che da Tonno gri-
davano all'Italia di fare da sé.
Oramai v'è in Europa una sola patria, una sola na-
zione; essa è quella degli uomini liberi. E li uomini
liberi hanno tutti un solo e medesimo nemico; il dispo-
tismo militare. Uomini della Germania, che pretendete
essere da più di quelli della Polonia e dell'Italia, comin-
ciate ad essere liberi, cominciate ad essere uomini!
L'unità che diede forza al soldato, ora, nella com-
munanza della lotta, darà forza ai popoli. I popoli del-
l'impero austriaco si riconoscano eguali, si riconoscano
fratelli; si promettano a vicenda la libertà, la libertà
intera e armata; mandino i loro capi a tenere un co-
mune consiglio in Venezia, con uno sforzo ben facile
a quaranta milioni d'uomini, sostengano nell'inviola-
bile loro asilo i difensori della laguna. Al momentaneo
e vano trionfo delli uomini del passato in Vienna, fac-
ciano succedere l'infallibile e perpetua vittoria delli
uomini dell'avvenire in Venezia. I1 despotismo è una
reliquia del passato; l'avvenire appartiene alla libertà.

E’ già più di un anno che nel regno Lombardo-


Veneto cominciò lo spargimento del sangue e il regno
della licenza militare, di cui furono naturali effetti l'in-
degnazione del popolo, l'insurrezione generale, l'espul-
sione dell'esercito austriaco, e quindi la chiamata del
re di Sardegna, il quale, da alleato fattosi padrone,
alla prima avversità rimise tosto ogni cosa in mano
all'Austria. ll governo imperiale non fu reso saggio dal-
l'esperienza, non approfittò del ritorno della fortuna
452 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

per riconciliare i popoli; non assentì loro alcuna di


quelle riforme che la forza del tempo dettò a tutte le
nazioni civili; non concesse nemanco il minimo sollievo
materiale: anzi abbandonò del tutto il paese alla rapa-
cità e brutalità dei soldati. La maggioranza delle fa-
miglie benestanti si sottrasse alli insulti con l’esilio;
le altre rimasero nella più profonda desolazione.
A questo abuso della vittoria si credeva che avesse
posto termine la mediazione di due grandi potenze.
Ma dopo tre mesi di inutile aspettativa sarebbe imbe-
cillità il conservarne la lusinga.
Le popolazioni lombardo venete, sempre più irritate,
non poterono rattenersi da nuovi atti d‘indegnazione e
di rivolta. La bandiera tricolore inalzata da Dolzino in
Chiavenna, da Brenta in valle Intelvi, da Alborghetti
sul monte Albenza, da Daverio sul Lago Maggiore, da
Medici sul Lago di Como; nelle città il popolo vien
raffrenato con supplizi continui; intorno a Venezia si
incomincia il combattimento. Noi dimandiamo alle po-
tenze mediatrici se l’Austria si ride di loro, - o se
esse si ridono di noi, - e di se medesime.
Quando questo strazio avrà fine? Tutto l’impero
austriaco è nel medesimo disordine. Una politica che
non si sosteneva se non mettendo gente contra gente,
ora non ha altro appoggio che l’odio reciproco ch‘ella
ha messo fra i popoli. Li Slavi della Boemia, solo per
odio alla superbia tedesca, si cangiano da ribelli in soste-
nitori del governo. L’odio solo spinge i Croati a com-
battere li insorti in Austria e in Ungheria. La ribel-
lione non si è sedata in Galizia che per rinascere in
Boemia, in Italia, in Ungheria e per cacciare dalla sua
capitale il sovrano. Ieri trionfava il popolo, oggi trion-
fano i soldati; nessuno può dire ciò che avverrà domani;
il dispotismo ha ceduto il campo all’anarchia.
L’anarchia è l’opera finale d’una sapienza di stato
altrettanto falsa quanto crudele. Già da molti anni il
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 453

suo più immorale e ostinato apostolo aveva detto:


aprés moi le déluge. E il diluvio è venuto.
Li effetti di questo disordine dell'impero austriaco
ricadono sui popoli che hanno la disgrazia di essere
suoi vicini. ll transito delle merci fu turbato; le poste
furono sospese; le corrispondenze abbandonate per la
fuga delle famiglie, per la rapina, per li incendi, per
il blocco illegale e improvviso dei confini. Paesi di
montagna già naturalmente non ricchi, come i Gri-
gioni e il Ticino, vengono da un'ora all'altra inondati
da migliaia di donne, di vecchi e di fanciulli che fug-
gendo dal fuoco e dallo stupro dimandano a gente
cristiana e libera un ricovero. ll sacro confine della
patria elvetica venne violato dalle bajonette imperiali.
Migliaia di famiglie svizzere vennero espulse dal pa-
cifico domicilio che all'ombra del diritto delle genti,
avevano stabilito nei territorj vicini. I1 ritorno violento
di queste famiglie sconcertate in tutti i loro mezzi d'in-
dustria e di sussistenza, è un mezzo d'operare un'al-
tra iniquità. Si spera di gettare per tal maniera nel no-
stro Cantone la face della discordia. Non è la stessa
mano che pochi mesi fa mandava qui armi e polvere
e officiali per alimentare e dirigere la guerra civile,
e spargere il sangue del nostro popolo?
L'Austria non ha mai rispettato il diritto delle genti;
essa fu sempre il tormento dei vicini e l'incubo della
libertà. Rimane a vedere fino a quando noi dobbiamo
tollerare le molestie di questa mala vicinanza. Rimane
a vedere se non ci sia rimedio ai danni gravissimi che
la nostra patria ne soffre.
Noi non intendiamo di mettere inanzi alcuna dot-
trina nuova e inedita. intendiamo solo di dimandare
che cosa l'Austria farebbe, qualora si credesse nel no-
stro caso? Che cosa faceva ella, quando ne aveva la
forza, anche sotto i più frivoli e più falsi pretesti?
Anche senza tonare indietro fìno alle guerre disastro-
454 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
sissime da essa incontrate sotto pretesto d'arrestare i
disordini della rivoluzione francese, riapriamo sola-
mente le colonne dell'Osservatore Austriaco dal 1821
in poi. Sotto qual titolo andò l'esercito austriaco a farsi
mantenere a Napoli, in Piemonte, a Parma, a Modena,
a Bologna, a Cracovia? Sotto il titolo che i suoi popoli
risentivano li effetti del disordine che a detta sua
regnava in quei paesi!
A quel diritto delle genti si riferivano quei proto-
colli di cui l'Austria tempestò la Svizzera ai tempi del
Souderbund?
Sarebbe tempo di applicare al medico i suoi clisterj.
Sarebbe tempo che i capi della Confederazione Svizzera
si ricordassero dei doveri che hanno verso l'interesse
e la tranquillità del loro paese. Sarebbe tempo che si
cessasse d'avvilire e deturpare la rappresentanza del
popolo sovrano, facendola divenire coadjutrice e manu-
tengola dei ladroni Croati, e degli avventurieri mili-
tari che fucilano sotto i nostri occhi i padri di fami-
glia, i preti e le donne. Sarebbe tempo che la rap-
presentanza federale rigenerata facesse un primo e
solenne atto di maestà, dichiarando ch'essa vuole che
si stabilisca immantinente e si assicuri per sempre nel
regno lombardo veneto un ordine di cose meno molesto
e meno ruinoso ai membri della federazione svizzera.
Noi non parliamo di conquista; noi parliamo d'un
atto che agisca sull'opinione, perché sappiamo quanto
efficace e poderosa sia la forza dell'opinione. La Con-
federazione Svizzera dichiari che l'attuale anarchia del-
l'impero austriaco si è ormai tollerata troppo lunga-
mente; che i popoli vicini non debbono e non vogliono
sopportarne più lungamente il disturbo e il danno; che
il governo imperiale deve porvi immediato rimedio
facendo ai popoli quelle concessioni che il più comune
buon senso suggerisce; che a questo si deve prefig-
gere un termine breve e perentorio; che i confederati
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 455

svizzeri invitano le potenze mediatrici in caso di reni-


tenza o dilazione per parte del governo imperiale, a
procedere d'accordo alla mediazione armata e all'occu-
pazione militare del territorio lombardo veneto, giusta
i principi ,medesimi che l'Austria ha sempre seguito
e che le altre potenze le hanno sempre permesso di
seguire. Se le potenze mediatrici non aderiranno ri-
marrà sempre al popolo svizzero l'onore di aver fatto
il giusto e generoso invito; gli rimarrà sempre un titolo
alla gratitudine del popolo italiano e alla stima di tutti
i popoli.

1850
Manifesto alle « Considerazioni
sulle cose d'Italia nel 1848 » *
Gli uomini e i governi comince-
ranno sempre col fare; e finiranno
col pensare e collo scrivere, per
far di nuovo meglio di quello
che prima fecero.
Romagnosi, Scienza delle Co-
stituzioni

Pubblicammo, fin dal 1° giugno dello scorso anno


(1849),il manifesto dei Documenti della Guerra Santa,
che combattevasi ancora di quei giorni in Roma, in
Ancona, in Venezia. Doveva ogni quaderno in parte
abbracciare le cose contemporanee, in parte illustrare
le già compiute.
Essendosi nel seguente agosto sospesa in Italia
ogni opera d'armi, la nostra raccolta rimase circoscritta

* Pubblicato in S.P.E., i, pp. 215-230, ripubblicato


da Carducci in Letture del Risorgimento italiano, 1897,
pp. 364-368.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 455

svizzeri invitano le potenze mediatrici in caso di reni-


tenza o dilazione per parte del governo imperiale, a
procedere d'accordo alla mediazione armata e all'occu-
pazione militare del territorio lombardo veneto, giusta
i principi ,medesimi che l'Austria ha sempre seguito
e che le altre potenze le hanno sempre permesso di
seguire. Se le potenze mediatrici non aderiranno ri-
marrà sempre al popolo svizzero l'onore di aver fatto
il giusto e generoso invito; gli rimarrà sempre un titolo
alla gratitudine del popolo italiano e alla stima di tutti
i popoli.

1850
Manifesto alle « Considerazioni
sulle cose d'Italia nel 1848 » *
Gli uomini e i governi comince-
ranno sempre col fare; e finiranno
col pensare e collo scrivere, per
far di nuovo meglio di quello
che prima fecero.
Romagnosi, Scienza delle Co-
stituzioni

Pubblicammo, fin dal 1° giugno dello scorso anno


(1849),il manifesto dei Documenti della Guerra Santa,
che combattevasi ancora di quei giorni in Roma, in
Ancona, in Venezia. Doveva ogni quaderno in parte
abbracciare le cose contemporanee, in parte illustrare
le già compiute.
Essendosi nel seguente agosto sospesa in Italia
ogni opera d'armi, la nostra raccolta rimase circoscritta

* Pubblicato in S.P.E., i, pp. 215-230, ripubblicato


da Carducci in Letture del Risorgimento italiano, 1897,
pp. 364-368.
456 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

alle cose passate, e divenne una collana d'opuscoli nar-


rativi e documentati. Di questo modo abbiamo dato
alla luce l'Assedio di Roma di Delvecchio, la Missione
in Lombardia di Gabrio Camozzi, l'Undici agosto a
Venezia di Francesco Dall'Ongaro, gli Atti del Comi-
tato di Brescia del Cassola, e quelli del Comitato di
Como. E ora siamo per dare il Portafogli del generale
Ramorino, la Memoria del Rovani intorno a Daniele
Manin, l'Assedio di Marghera del Girardi, e del me-
desimo Delvecchio la Cronaca di Bologna in
mag-
gio 1849.
Sennonché, questi lavori dettati i più nell'esilio e
in seno a tarda riflessione, se sono più sobrii testimoni
del fatto, non possono però riverberare la viva imma-
gine di quel tempo in cui le calde speranze e le tante
illusioni intorno agli uomini e alle cose abbagliavano
tutte in Italia anco le più assennate menti. E ora il
tempo e le lontananze e le morti e l'arte indefessa
dei nemici della libertà, e anco il pentimento in alcuni
dei più illusi e il pudore dei sofferti inganni, involano
ogni giorno le memorie di quel moto unanime dei po-
poli d'Italia che durò all'incirca anni tre, quanti ne
corsero dall'avvenimento di Pio I X all'abbandono di
Venezia. L'Austriaco, rientrando in Venezia, vietava
che di là uscisse stampa alcuna che mettesse luce sin-
cera sulle vicende della rinchiusa città. La curia ro-
mana fu sempre cauta occultatrice dei documenti con-
trari alle sue cupidigie mondane. In ciò gli avversari
nostri ci sono ammonitori. Perocché, ciò che loro tanto
cale adulterare e distruggere, altrettanto giova a noi
diffondere e conservare. E’ la naturale contrarietà tra
la causa delle tenebre e quella della luce. Non avvi-
luppò forse la diplomazia con una rete di calunnie la
libera Roma, prima di vibrarle in seno il ferro e il
fuoco?
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 457

Giacciono sparse ancora in mani private le prove


delle pratiche colle quali primamente l'Italia quasi
inerme venne sospinta a repentino conflitto, affinché i
cortigiani avessero l'arbitrio dell'armi e la gloria e la
mercede, e il vivo timore dello straniero la distogliesse
dai pensieri di libertà e d'eguaglianza. E poi venne
precipitata in dolorosa pace, prima che si fosse bene
avvista come all'indipendenza non potesse pervenire
se non seguendo gli uomini della libertà.
Molti congetturano e vanno dicendo; ma nessuno
appuntò autenticamente i vari modi con che la guerra
d'Italia fu resa piccola e vana; con che i generali to-
rinesi, fatti ministri in Milano, elusero l'impeto di
quella prode gioventù; con che la marina ligure fu
resa inoffensiva, e la veneta affatto inoperosa; e i
due Durando, e il Della Marmora, e lo Zucchi, e
I'Allemandi, e Carlo Alberto medesimo, sembrarono im-
piombati sul terreno; e la gioventù toscana, anche dopo
il sangue di Curtatone, fu fatta apparire torpida e
svogliata; e la Sicilia trovossi più debole dopo la
vittoria, che prima. Nessuno additò da chi, e quando,
e come, venisse ripulso nell'opportuno momento l'aiuto
di quelle forze straniere che furono più tardi strumento
di ruina. Poiché, certo, le armi elvetiche, che com-
battevano per la libertà a Stenico e a Vicenza, non
avrebbero combattuto per la servitù a Napoli e in
Sicilia, se l'alleanza svizzera, già per sé troppo tardi
offerta, non fosse stata per principeschi timori e per
servili rispetti ripudiata. Né l'Europa avrebbe avuto
solamente nemici per l'Italia, se questa fin da prin-
cipio le avesse appiccato l'incendio della sua guerra.
E nessuno chiarì ancora per documenti che la diplo-
mazia, se abborriva la repubblica una, poco meno
riprovava l'improvviso regno, quantunque agli occhi
di lei avesse il pregio di lasciare l'italia disunita.
Che più? I documenti dimostrano come coll'opera stessa
458 CATTANEO - SCRlTTI POLITICI - ll
tutelare e quasi privata dei consoli, e in Venezia, e in
Messina, e in Genova, e in Roma, e altrove, a nulla
pervenne mai la diplomazia che a porgere tempo e
lena agli oppressori. Nei giorni di marzo scriveva da
Milano il maresciallo austriaco al Ficquelmont d'avere
introdotto pratiche d'armistizio coi consoli solamente
per procacciare tre giorni di respiro agii esausti soldati,
e agio a meglio accerchiare la ribelle città. Ma la let-
tera, intercetta dai contadini e apportata al governo
provvisorio, veniva riposta fra le carte secrete. Ed era
perché i membri di quella improvvida congrega, essendo
stati contro il volere universale fautori dell'armistizio,
non potevano farne pubblico rimprovero al nemico,
senza dare anche misero conto di sé medesimi.
E altre ben notevoli cose si chiariscono per le carte
allora intercette. - Si udì nel più inverecondo modo
ripetere come l'Austriaco avesse occhi ed orecchi do-
vunque, e insinuasse dovunque i rivi dell'oro, sicché
smarriti quasi fra un popolo venale e perfido, non
potessero i generali di Savoia portare a termine disegno
alcuno. Ora, i documenti dimostrano il contrario. Non
appena divampò il moto popolare, e il condottiere au-
striaco non seppe più nemmeno ove fosse il direttore
della polizia; tutto quel famoso edificio metternichiano
s'era dileguato in un'ora. ll maresciallo non ebbe più
nuova delle provincie, né della città medesima, e nem-
manco ben sapeva ciò che avvenisse de' suoi battaglioni
qua e là disseminati. Così poco egli intendeva i gene-
rosi spiriti del popolo, ch'ei tenne famelica la soldatesca
per sospetto che i viveri non fossero avvelenati. Im-
maginava difese dai cittadini non sappiamo quali bar-
ricate presso Ie mura al di là del palazzo del gover-
natore, quando i cittadini n'erano già trionfalmente
partiti, traendo seco negli interni rioni il preside pri-
gioniero. Faceva atterrare con grossi cannoni le porte
del palazzo municipale, perché imaginava vi sedesse
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 459

già un governo provvisorio, volendo, come egli scriveva,


« recidere quel nervo primario della ribellione ». Poi,
non trovandolo colà, se lo sognava rinato subitamente
(bald wieder organisiert) in una casa privata nella
parte occidentale della città, appunto quando il quar-
tier generale dei combattenti veniva costituendosi nella
parte orientale. Ora, se i suoi colpi cadevano così alla
cieca in Milano, ove da sei mesi egli si era preparato
alla pugna, ove da trenta e più anni erano tesi tutti
i lacci della polizia e accese tutte le sue lanterne, quali
non dovrebbero essere state le sue tenebre fra le rare
genti della campagna, e fra le improvvise evoluzioni
degli eserciti, sì ardue a seguirsi, a estimarsi, a raggua-
gliarsi da chi non sia dell’arte? Codeste involontarie
testimonianze del nemico rimovono adunque una delle
precipue scuse che i generali di corte tessevano alla
loro ignavia; e astergono una delle più codarde ca-
lunnie ch’essi gettassero in viso al popolo italiano. -
Infinite, inaspettate, luminose, possono essere le illa-
zioni alle quali per simil modo daranno poi materia
i documenti. Ma, innanzi tutto, necessita averli.
Si palesa parimenti per essi come Carlo Alberto,
prima ancora di varcare campione gratuito d’Italia il
Ticino, avesse già in Alessandria, patteggiandosi l’acqui-
sto di Piacenza, ripulsi dalla lega italica i Borboni, in
cui mano giaceva pure una terza parte delle forze
d‘Italia. Si palesa com’egli, l’egemone della inviolata
autonomia, s’inimicasse anche Pio IX, maneggiandosi
a torgli di soppiatto Bologna. Onde, ancora il 16 lu-
glio, pochi dì avanti l’inviluppo di Custoza, insinuavasi
da Tonno al governo provvisorio di Milano di congedar
tosto in Bologna i volontari del Rigotti, affinché potes-
sero servire all’uopo, copertamente, e senza aggiungere
« nuove collisioni ».
Fu disputato assai, se, fuggitivo da Custoza, ebbe
Carlo Alberto veramente in animo di far salva Milano.
460 CATTANEO - SCRITTl POLITICI - ll
A favore di ciò stanno le molte promesse e alcuni fatti;
e primamente quello di aver dato in preda a volon-
tario incendio le case suburbane, per un valsente di
quasi tre milioni; il che in altro caso sarebbe stato
scellerata follia. Sta in contrario l'aver egli sottratte
le artiglierie ch'erano sulle mura dopo averne sviate
altre in Peschiera e Piacenza; l'aver fatto condurre ai
di là del Po i battaglioni degli studenti milanesi; l'aver
trattenuto in ozio o in eccentrici sforzi molte migliaia
di volontari a Brescia, a Bergamo, sui laghi di Garda
e d'Idro; l'aver pattuita coll'Austriaco la consegna delle
porte della città. I carteggi inediti ora aggiungono:
l'aver egli in quel frangente, e certo omai dell'insuffì-
cienza sua, inculcato tuttavia al governo provvisorio di
non interporre aiuti d'altra potenza; l'aver egli voluto
che la ritirata dei battaglioni lombardi ch'erano seco,
non venisse indiritta verso Milano, anzi l'aver egli in-
giunto al governo provvisorio di spedire dalla peri-
colante Milano a Brescia quante più truppe potesse e
la parte mobile della guardia cittadina. E codesto
inesplicabile comando veniva trasmesso dal governo
provvisorio al generale Lechi il 1° agosto, quando gli
Austriaci avevano già superata l'Adda, e i loro fochi
potevansi omai riscernere dai culmini della città. E la
difficoltà si aggrava, quando si vedono in quel supremo
istante le pratiche del governo provvisorio coi ministri
del re per deportare in una fortezza del Piemonte i
mormoratori, i quali avrebbero potuto dissigillare l'in-
telletto agli ammaliati cittadini. Tanto in poche set-
timane era quel governo costituzionale divenuto simile
all'antico, che già trovavasi al passo d'ingiungere silen-
zio col carcere e colla deportadone. E i maneggiatori
più fervidi della fusione vedonsi affaccendati di quei
giorni in Torino a vincere i fastidiosi cavilli coi quali
colà si affettava superbamente di non curare oramai
i' acquisto della bella Milano, con quell'indecoroso
IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 461

mercimonio, bruttamente esibita, e più bruttamente ri-


fiutata!
Ad una ad una siffatte testimonianze non danno
molto lume. Ma tratte fuori d'ogni parte, e poste in
fila per luoghi e per tempi, sono come le pedate nella
neve, che guidano senza fallo al covile della fiera, Anzi
talora bastò a rischiarare l'orizzonte un solitario ba-
leno. Ognuno ricorda le arcane cifre intercette in Mi-
lano al Nuncio Papale di Baviera; e la lettera del
generale Deasarta caduta in mano al popolo genovese;
e le note telegrafiche onde si mostrò qual fede fosse
nell'uomo che comandava sul campo di Novara.
Se l'istoria debb'essere veramente testimone dei tem-
pi e maestra del vivere, come la volevano i savi antichi,
è mestieri che immantinente le si disserrino tutte code-
ste occulte fonti; è mestieri che la verità sgorghi e tra-
bocchi d'ogni parte, sicché la menzogna disperi di trarsi
fra tante onde a salvamento. Egli è perciò che noi, già
ben certi del potente aiuto di molti, e invocando la
cooperazione di quanti hanno cara la verità, e rammen-
tando a tutti il dovere che ha l'uomo onesto di pro-
moverla e vendicarla, prendiamo a raccogliere le carte
edite e inedite sì dei governi principeschi che dei prov-
visorii, nonché dei comitati e degli inviati diploma-
tici, e di quanti anche di secreto misero la mano sul-
l'altare della patria. Codeste memorie sono cose della
nazione, sono gli atti d'un solenne tribunale, in cui ella
siede giudice di sé. Chi le trafuga o le occulta alcuna
prova, si fa complice dei colpevoli e insidiatore dei
virtuosi.
Altri potrà dire che sia temerità; ma certo in noi
vive intera e inconcussa la fiducia che il cumulo delle
testimonianze non possa non riescire sommariamente
favorevole alla causa più giusta. Noi prestiamo intera
credenza a quell'antico detto: omnis historia bona.
Più ancora, teniamo essere la verità la migliore arme
462 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
di siffatta guerra; e abbiamo fino dall'adolescenza im-
presso nella mente il precetto d'Ugo Foscolo: perse-
guitate colla verità i vostri persecutori! Anzi non inten-
diamo celare nemmanco gli atti che palesassero gli
errori e le colpe degli 'amici della libertà; e vorremmo
bene che stessero sempre loro innanzi agli occhi, a
profitto del futuro. Né parimenti ci cale riescire anco
ministri di lode agli uomini servili, citando i loro scritti
e i fatti quali furono. ll cuor nostro agogna alla luce
aperta e meridiana; perché fidiamo nella giustizia; e
perché, a credenza nostra, la verità concorda sempre
colla verità. No, non ci sentiamo simili a coloro che,
per sacrilego timore del vero, osano registrare fra
i libri pericolosi alla fede anche l'evangelio di Cristo.
Pertanto solennemente professiamo essere noi deside-
rosi di far luogo in questa collezione a tutti i docu-
menti che ci venissero rivelati da uomini di qualsiasi
parte, Speriamo anzi che molti non vorranno trasan-
dare l'opportunità di far espiazione dei loro falli,
deponendo al cospetto dell'Italia gli atti di questo giu-
dicio, fosse anche solamente in quanto prestasse alle
persone loro alcuna discolpa. Dimandiamo per unica
condizione di avverare la genuina provenienza delle
carte, per poterne ad ogni caso fare autentica profes-
sione, Su questo punto, non possiamo né vogliamo tran-
sigere.
Non vorremmo però si credesse che ogni documento
debba avere solenne e isolata importanza. Non si può
dire quanto preziosa possa riescire a compiere una
serie, o anche ad istituirla, una sola lettera, un pro-
clama, un'ordinanza. Poiché le date dei tempi memo-
rabili sono simili alle collezioni di cose naturali, ove
un guscio d'ostrica ha lo stesso momento scientifico
della più ammirata gemma. Aggiungeremo che se al-
cuno volesse riavere gli originali che ci fornisse, o inten-
desse che ne facessimo levare a spesa nostra le copie,
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 463

faremo ogni opera per renderlo sodisfatto, non inten-


dendo noi di guastare per lievi risparmi una grande
impresa. Ci offriamo anche a custodirli nella nostra
collezione, che per patto sociale non deve essere di-
spersa mai, ma conservata a uso perpetuo della istoria.
Ci offriamo, ove lo si desideri, anche ad accomandarli
alla cura di pubblici notai, in questa unica parte d'Ita-
lia ove le leggi siano rispettate anche da quei che
le fanno.
Di codesti che chiameremo Atti e carteggi, daremo
uno o più volumi per ogni regione d'Italia, sicché il più
modesto cittadino possa avere con minimo dispendio la
notizia almeno delle cose sue prossime e municipali.

Ma conquesta prima serie lo studio del memorando


triennio non può dirsi compiuto. Non meno dei decreti
e dei carteggi, sono monumento della rivoluzione i gior-
nali. I1 solo fatto della loro nascita e del loro tramonto
non è senza istorica significanza. I1 12 maggio 1848,
cedendo il governo provvisorio di Milano alle cor-
ruttele del più avido alleato, rompeva la pattuita neutra-
lità; e pressava i popoli a sottoporsi immantinente al
suo scettro. Appunto il dì seguente 13 maggio, due
adolescenti gettavano fra il popolo il primo numero
dell'Operaio; che, inosservato in sulle prime, venne
poi, per opera dell'imperterrito Enrico Cernuschi, a
formidabile popolarità. E non appena trascorsa una set-
timana, annunciavasi pel 20 maggio con più nota e
autorevol voce l'ltalia del Popolo. E così la fazione
regia, collo sleale suo decreto, riescì solo a provocare
la manifestazione di quella fede repubblicana alla quale
erasi lusingata di preoccupare il campo. Il diario dei
giornali, raffrontato a quello della guerra, basta a
dimostrar mendace l'accusa che la stampa libera avesse
disanimato l'esercito; poiché questo era caduto in pro-
fonda inerzia, e aveva indegnamente e stoltamente

i
464 CATTANEO - SCRlTTI POLITICI - ll
abbandonato alla diplomazia il Friuli, il Tirolo e l a
Venezia, prima che quei giornali fossero nati, o avessero
acquistato alcuna voga. Dacché poi nacquero, si vedrà
ch'essi non fecero che ripetere in mille forme il grido
d'allarme; e provocare gli avari e molli ciambellani a
trarre d'ogni parte denari ed armi, a fare grossa e
popolare e impetuosa la guerra.
Se veniamo scrutando di questo passo la stampa
giornaliera, troviamo uscita nella Gazzetta di Roma
del seguente novembre la superba sfida che Pellegrino
Rossi avventò alla fazione la quale, vaneggiando di
dare a una sola famiglia tutta Italia da Rivoli a Lilibèo,
rompeva ogni lega fra i principi italiani, e minava e
sventava in Roma l'ordinamento di qualsiasi efficace
amministrazione. Alla guerra degli scritti seguiva, come
fulmine al lampo, la morte del temuto federalista; poi
l'efimero avvenimento della fazione regia al ministerio,
poi la fuga di Pio IX. Poscia, in meno di tre mesi, le
tre discordi ambizioni, prelatesca, dottrinale, principesca,
svanivano come nebbia innanzi alla maestosa apparizione
della romana libertà. Certo nella immensa selva della
stampa quotidiana si possono additare in simil maniera
molte delle tortuose vie per le quali ebbero adito i
fatti.
Pensammo adunque di raccogliere con improba
fatica dai giornali di tutta Italia, a tal uopo qui teso-
reggiati, ed anche da taluno di quei giornali stranieri
che dalI’ltalia traevano secreto alimento, gli articoli
che porgono più evidente vestigio del corso delle opi-
nioni; e per lo meno i programmi, i quali sono quasi
sempre professioni e simboli di fede politica, nonché
i discorsi più notevoli che si tennero nei parlamenti
e in altri pubblici convegni. Aggregheremo a questa
classe i più notevoli indirizzi e appelli che i privati, non
avendo accesso ai giornali, affiggevano nei più decisivi
momenti ai canti delle vie. E perché il lettore possa
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 465

meglio intendere e apprezzare, additeremo con brevi


rote il nesso di tutti codesti scritti cogli avvenimenti.
E’ siccome studieremo a comprendervi tutto ciò che
appare dettato con più forte polso di dottrina e di
stile, così riesciremo ad offrirvi ai giovani anco le pri-
mizie dell'eloquenza civile in Italia; vanto eziandio
questo, per barbarie delle corti, prima di questo tempo
all'Italia negato. L'intera congerie dei giornali rimarrà
poi sempre in opportuno ordine presso noi disposta a
uso perpetuo degli scrittori.
Codesta seconda serie dell'Archivio triennale por-
terà per titolo Articoli e discorsi; e sarà indipendente
affatto dalla prima; e ordinata parimenti per luoghi o
per tempi.
A compiere l'opera, istituiremo finalmente una terza
serie. E sarà di Opuscoli sì narrativi che polemici, cioè
di quelli soprattutto che, qua e là comparendo, rimasero
spesso ignoti al maggior numero, o non uscirono dalle
provincie ove vennero alla luce, o per dominante pre-
venzione non furono allora degnamente apprezzati. Che
anzi alcuni non entrarono tampoco nel commercio li-
brario, perché riservati a dono amichevole, o a comu-
nicazione officiale, o a carpire in secreto la benevo-
lenza dei potenti senza i pericoli della pubblicità; O fu-
rono tosto per maneggio degli avversari, o per disap-
provazione dei partigiani, o finalmente per diserzione
dell'autore, soppressi. Ben poco, a cagion d'esempio,
è tuttavia noto quello che, uscito in pochi esemplari
dalla regia stamperia di Torino, fu chiamato in Pie-
monte il libro del re; dettato per lo meno da persona
a lui molto vicina; la quale con tanto amare parole
rimeritò la cieca devozione de' suoi seguaci in Lom-
bardia. Tutta Italia fu ben chiamata a udire e applau-
dire le scaltrezze colle quali il Balbo, l’Azeglio, il
Durando, il Gioberti snervavano e snaturavano, fin dalle
origini, la rivoluzione d'Italia, sicché trascorse con s ì poco
466 CATTANEO - SCRITTI POLlTlCI - II
frutto per lei quella grande e secolare opportunità della
caduta di Metternich e di Luigi Filippo. Ma l'Italia
ben poco udì e per nulla applaudì le risposte che uomini
liberi e giudiziosi fecero fin d'allora a quegli scritti,
e in Romagna e in Piemonte: e non conobbe tampoco
le obiezioni che alcuni degli stessi servitori del re mo-
vevan contro la fusione, essendoché, a parer loro,
sospingesse a troppo giovanile cimento il vetusto regno.
Di codesti opuscoli, se per la mole loro o per
l'ineguale tenore della materia non potranno darsi
per intero, si daranno i brani di maggior significato, o
il sommario, o anche solo il titolo, massime se apparten-
gono a scrittori già molto divulgati. E le date della loro
pubblicazione costituiscono già per sé un fatto istorico
non dispregevole. Di forse quattrocento siffatti libercoli
che ci vennero fin qui alla mano, e che abbiamo ordinati
per argomenti e per tempi, ne troviamo usciti nei primi
due mesi della guerra parecchi, che, contro il pubblico
patto, versano intorno alla forma di governo. Ne abbiamo
del dotto Ottavio Castiglioni e dell'Enrico Martini, del
Possenti, del Corbellini, del Nagalli, del Pagani, del
Baggiolini, di Carlo Robecchi, di Caterina Ferrucci, di
Cristina Trivulzio Belgioioso e d'altri; e son tutti in
favore del governo regio e della sollecita fusione.
E dove sono i libelli con cui la parte opposta disviava
i pensieri della guerra? Speriamo discoprirli tutti; ma
fin qui fortuna volle che appena taluno ce ne venisse
alla mano. E anche questo fedele silenzio della parte
repubblicana, in quei primi tempi, è fatto non privo
d'istorico momento.
Abbiamo per tal maniera delineato le tre distinte
serie del nostro Archivio triennale delle cose d’ltalia
dall'avvenimento di Pio I X all'abbandono di Venezla;
la prima comprendendo Atti e carteggi; la seconda
Articoli e discorsi; la terza Opuscoli.
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 467

Potrà l’Italia, dopo questa nostra fatica, e innanzi


all’ordinato armamentario dei documenti, meditare i
fatti del procelloso triennio; nel quale pur troppo ven-
nero a incarnarsi quei pensieri e non più, con che la
maggioranza degli scrittori avea preoccupato le menti
della nazione. Ad altri pensieri altri fatti.
Asperse quasi del sangue di tanti caramente diletti
e ammirati, saranno queste carte un funebre tributo
alla memoria loro. Ma quando pure ciò non fosse,
quando alcuno potesse farsi gelido scrutatore dei mo-
numenti che raffigurano quel tempo, esso sarebbe an-
cora, a chi ben considera, il più memorabile di tutta
l’istoria d’Italia.
E vaglia il vero. In quei gloriosi giorni del marzo
e dell’aprile 1848, per la prima ed unica volta, i popoli
d‘Italia, desti dal grido d’una città combattente, sur-
sero per concorde impulso tutti contro un medesimo
nemico. Costretti quasi da invisibile e sovrumana po-
tenza i principi raccomandavano le altiere insegne al
vessillo della nazione che avevano fino a quel giorno
perseguitato a morte. Quell’unanimità dei popoli era
senza esempio. In pugno a Napoleone medesimo il
tricolore italico non aveva tocchi i lidi di Sicilia e di
Sardegna, non guidava i battaglioni del Piemonte, di
Genova, di Toscana, di Napoli, di Roma; ché anzi,
tutti i principi dapprima, e poscia molti popoli spon-
taneamente, avevano inalzato contrario stendardo.
Che se guardiamo ai secoli anteriori, la fratellanza
delle genti d’Italia ci appare sempre più vaga, e ap-
pena nascente.
La lega di Pontida non solo non abbracciò la To-
scana, né I’Apulia, né le isole; ma, sul campo mede-
simo di Legnano, ella fu solo una magnanima guerra
civile. Poiché l’una parte allegava i diritti dell’imperio
che riputavasi ancora romano e sacro; né l’altra parte
li negava, ma solo volevali fermi in certo confine.
468 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
E in quella perpetua discordia tra il gran Prete e lo
straniero ch'egli ungeva e coronava duce della sua
milizia, chi dicesse italiana e cittadina la dottrina
cosmopolitica di papa Ildebrando, dovrà poi dire per
non minore diritto italiana e cittadina la dottrina cesa-
rea di Dante.
Che se consideriamo i secoli ancora più remoti,
guerra civile fu parimenti la lega italica contro la
repubblica romana; guerra civile fu anco la cartagi-
nese; poiché contro Roma stettero allora Capua e Sira-
cusa; e a Canne metà dell'esercito d'Annibale era di
Cisalpini, e cisalpina era la lancia che aveva trafitto
sul Trasimeno il console romano. E se ben si osserva,
appena era il nome d'Italia giunto allora al Rubicone;
e colà pure dov'era giunto, dinotava piuttosto la terra
che la gente, e non designava ancora una nazione
d'uno stesso labbro; ma Etruschi, e Latini, e Greci,
a altri assai, tutti ignoti fra loro di lingua e d'intendi-
menti. La madre della nazione, la madre dell'Italia
una, fu Roma. E ciò che da lei venne, ora manifesta-
mente ritorna a lei.
Questa unità nazionale fu impossibile finché l'opi-
nione dei popoli stette pel regno mondano dei pontefici.
Per costoro, infatti, l'Italia era una provincia dell'orbe
cristiano; anzi non v'era altro popolo agli occhi loro che
il cattolico; e anche questo era infeudato ai concistori
dei cardinali e ai concili dei vescovi, mero scheletro del
corpo della chiesa, senza cerebro e senza voce. Per
i pontefici nessuna terra era strana, nessuna gente era
barbara, purché, negra o bianca, vestita o nuda, s'in-
curvasse al sacro piede. Né parvero mai forestieri a
loro i Franchi, o i Sassoni, o gli Angioini, o gli Ara-
gonesi, o i Borboni, o i Savoiardi, o i Lorenesi, o i
Castigliani. E in Giulio ll non si giudicò delitto l'aver
chiamato da Cambrai tutta l'Europa a desolare la pa-
tria. E ai nostri giorni parve santo il papa Chiaramonti,
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 469
che pure tradiva l'Italia alla profana alleanza dei Bri-
tanni, dei Teutoni e dei Russi.
Con questo fatale fermento nelle vene, l'Italia trasse
quindici secoli di vita febbrile e convulsa, sentendosi
nazione in fatto e in diritto, pur non potendo mai racca-
pezzarsi a un moto unico dalle estreme sue membra,
confitte quasi su diversi patiboli.
Maturò finalmente il giorno in cui la parola del
pontefice, troppo inadeguata alla pienezza de' tempi,
più non ebbe virtù d'affascinare i popoli. E venutogli
omai meno anche il sanguinoso patrocinio dei re, vacil-
lanti tutti nel vasto terremoto popolare, gli fu forza
rassegnarsi al volere della provvidenza e al diritto
della nazione. E questa, da tanti anni oppressa e mar-
toriata, si riscosse un giorno, e non trovossi più sotto
l'iracondo piede del prelato, ma raccolta e confor-
tata quasi tra braccia paterne. Ella perdonò e obliò;
tutto pur troppo obliò; e nella sua guerra lasciossi
reggere la mano da coloro che avevano regnato e in-
crudelito all'ombra degli stranieri, e ora affettavano
sì repentina e generosa brama di cacciarli.
Ma intanto era quella la prima volta che l'Italia,
per voto universale de' suoi popoli, spiegava il ves-
sillo d'Italia. Era un momento preparato dalle vi-
cende di tremila anni, nei quali erasi elaborata di
venti popoli una nazione. Qual altra pagina delle pas-
sate istorie potrà paragonarsi a questa?
Al cimento del ferro e del foco, ciò ch'era sincero
e forte, tenne la prova; ciò ch'era mendace e spurio,
segregossi come scoria da rovente metallo. Ogni arte si
logorò; ogni essere ricomparve nella sua natura. Un re
dietro l'altro si rifece re. E infine la mano senile del
papato tornò ai vizio antico, e ritorse in seno alla patria
il coltello straniero.
E così codesto memorabile triennio si chiuse con
auspicii contrari a quelli con che si era aperto. Quando
470 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
avverrà che la nazione, omai troppo conscia della sua
vita, mova con tutte le forze a nuovo cimento, ella
non si leverà più con equivoche e adulatone grida,
ma nelI'unico nome della libertà. E quei poteri che già
questa volta si prosternarono innanzi al vessillo na-
zionale, cederanno alla necessità medesima un'altra
volta.
La fallace concordia con la quale inaugurossi il
passato triennio, « venne qual vero, e sparve qual
sogno ». Pure in quei sogno sta I'imagine deI futuro
che ci aspetta. Nella indomita unanimità della nazione,
ogni dissenso particolare rimarrà sommerso e smarrito.
E pare a noi che il triennio sia stato memorabile
eziandio per altro e nuovo aspetto.
Né la curia pontificale, né il mostruoso imperio
romano-germanico da essa instituito distinguevano o
riconoscevano nazioni. E a similitudine loro erano fatti
gli altri regni del barbaro evo; i quali gettati dalla
sorte dell'armi sovra i popoli, se ne contesero poi sem-
pre con promiscua cupidine i brani. La stessa libertà
ungherese, sotto il manto pria della favella latina, e
in ultimo della magiarica, dissimulava la presenza di
sei genti inimiche. La Polonia accoglieva nel lacero seno
la patria di tre lingue. L'Europa fu sinora come un
pascolo indiviso. Iddio, che sortì un pensiero a ogni
secolo, commise al nostro di effettuare che ogni na-
zione abbia una terra sua, e collochi i termini sacri
della sua patria là dove muore il suono della sua lin-
gua. E nel segnare questo limite di ragione agli stranieri,
ogni popolo troverassi avere inconsciamente imposto
un limite a sé medesimo, e scritto sul campo delle pri-
sche battaglie il patto della pace e della fraternità.
Come l'agricoltura primamente nacque allorché le
famiglie posero i termini ai campi, onde chi seminava
fu certo di mietere ed ebbe fine la vita eslege delle
selve, così la civiltà moderna prefiggendo i termini
IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 47 1

alle nazioni, interromperà la perenne guerra dell'equi-


librio europeo. Abolite le armi stanziali, che dovettero
fin qui vegliare all'eterna controversia dei confini, ca-
drà pure l'arroganza dei loro condottieri al di dentro.
E i cittadini, con ordine e con pace, potranno comporre
secondo l'animo loro le cose dello stato. Lo stato sarà
finalmente civile società.
A questa meta si volgono i popoli tutti. Vienna e
Parigi maledissero alle vittorie dei loro soldati, e fre-
mettero sulle sventure dei popoli vinti. L'italiano, che
reputava solo ostacolo alla sua libertà e all'onor suo
le futili armi straniere, ora comprende che affatto
interno e domestico è il misterio della sua servitù. ll
prossimo moto dell'Europa riescirà un generale e
contemporaneo insurgimento d'ogni nazione contro gli
intestini oppressori; il che fatto, ognuna di esse chiamerà
al suo parlamento i popoli della sua parola; e ogni
popolo pronuncerà con libero e spontaneo voto in quale
dei parlamenti nazionali gli piaccia aver sede.
A questo li preparò la lagrimosa esperienza della
fatale loro dissociazione nel memorando triennio, il
quale, se appare unico nelle istorie d'Italia, unico
apparirà pure nelle istorie d'Europa; atrio d'un'èra no-
vella; non più di regni fortuiti e tumultuari, ma delle
perpetue nazioni e della universale società.
I fatti di questo intervallo racchiudono dunque i
presagi del futuro. E’ mestieri raccoglierne tutte le me-
morie prima che il tempo le sperda: colligite frag-
menta ne pereant. Apporti ciascuno il suo lume, e ri-
schiari la via del secolo. Dalla scienza del passato
scaturisce la divinazione del futuro.
472 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

Senza data

Cartelle triumvirali
o prestito ai triumviri romani
per i preparativi della prossima guerra *

Italia e Roma.
Saranno in carta con tutti i segnali di riconosci-
mento per le ordinane banconote; ma, siccome questi
segnali non possono essere notificati agli acquirenti
senza render possibile la contraffazione, sarà necessario
aggiungervi un contrassegno notorio e verificabile. Sa-
ranno contrassegnati a sinistra con lettera progressiva
della serie e numero parimente progressivo. Ciò è per
avere un controllo pubblico delle quantità concesse,
affinché il triumvirato possa a maturo tempo darne
conto. Saranno contrassegnate a destra da lettere e
numero convenzionale, i quali verranno indicati anche
nella matrice e serviranno di controllo alle sopraddette
falsificazioni: l’incaricato dei triumviri, presso il quale
sarà la matrice, avrà il suo indirizzo presso un banchiere
di Londra, uno in Parigi o Marsiglia (non francese per
renderlo più indipendente dalla polizia), in Ginevra e
in Malta. I nomi dei banchieri saranno indicati in piè
alla cartella medesima. Chi avrà una cartella di dubbia
provenienza, prima di porla in giro ulteriore potrà fare
interrogare per mezzo del banchiere l’incaricato secreto
se esista la cartella con tal lettera e numero progres-
sivo e tal lettera e numero fortuito. Le cartelle saranno
segnate a mano dai triumviri. Per tal modo bisogne-
rebbe per falsificare una cartella copiarla individual-
mente. Saranno di cento franchi. Porteranno interesse

* Pubblicato in S.P.E., ll, pp. 23-25.


IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 473

di mezzo per cento al mese, a contare dalla data del-


l'emissione nel viglietto stesso indicata. Chi si troverà
avere questi viglietti, procurerà sempre di farli accet-
tare ad altra persona idonea, sostituendone altri presso
sé medesimo, ossia chiamandoli dalla medesima fonte
da cui ebbe i primi. Qualora, per sottrarsi a inquisizione
o rapina, alcuno fosse costretto a distruggere una car-
tella, egli avrà perpetuo diritto di far valere a Roma
libera la sua ragione. I triumviri per i soliti mezzi di
pubblicità dichiareranno estinta la prima cartella agli
indicati numeri, e sostituiranno altra cartella d'altra
serie e d'altro numero. Chi volesse far sacrificio asso-
luto alla patria di piccola somma, per esempio di lire
cento, potrebbe procurare alla causa il prestito di lire
mille facendo acquisto di dieci cartelle al pari, metten-
dole in ulteriore giro al 90, cioè perdendo sopra di esse,
a cagion d'esempio, il decimo del valore. Potrebbe così
indurre più facilmente ad acquistarle anche quelli ai
quali l'incentivo d'un migliore impiego di denaro non
è indifferente, perché collocherebbero il denaro in tal
caso al 6,60 per cento: con poca maggior perdita si
potrebbero interessarli ancora più. Questa sarebbe cosa
da raccomandare ai ricchi generosi per interessare col
loro mezzo anche il concorso dei meno generosi.
La cartella dovrebbe in ristretto indicare anche
questi suggerimenti. Presso le casse indicate all'estero
dovrebbe concertarsi di collocare un fondo, affinché
le cartelle che quivi per caso capitassero in mano di
esuli o negozianti fornitori venissero possibilmente accet-
tate. Ciò servirebbe con poca perdita a dar loro un
corso universale. S'indicherebbe che le cartelle sono
ipotecate sui beni nazionali in tutta Italia e le isole.
I triumviri provvedono per diritto dittatorio e in tenore
agii ultimi atti della Repubblica Romana, che conser-
vano tutti i diritti alla rappresentanza del popolo, la
quale si è solamente ritirata innanzi a forza maggiore.
474 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
Agosto 1851

Au comité démocratique français,


espagnol, italien *

Frontières d'ltalie, 24 Août 1851.


Citoyens. Nous venons de lire votre Manifeste, nous
l'avons médité; nous sommes à vous. Merci de l'initiative
que vous avez prise; merci d'avoir rappelé que la France
veille sur les destinées de l'Europe, d'avoir rappelé le
véritable principe de la révolution.
L'Italie doit revenir de ses illusions: le mouvement
révolutionnaire doit partir d'en bas: plus de pontifes
rédempteurs, plus de rois libérateurs: pas même de
dictateurs qui seraient bientôt forcés de jouer le rôle
de pontifes et de rois. I1 faut que dans chaque état
de l'Italie le peuple, en s'insurgeant, proclame immé-
diatement sa souveraineté, qu'il nomme son assemblée,
qu'il la surveille, qu'il organise lui-meme sa propre
liberté. Comme vous, nous croyons à la république de
Rome, à celle de Venise, à l'avénement des autres
républiques qui formeront le faisceau des Etats-Unis
de l'Italie. Dans chaque état le peuple, toujours et
immédiatement souverain, a le droit d'être libre, sans
consulter la puissance ou l'impuissance des états qui
l'entourent; il a le droit d'être républicain, sans con-
sulter la liberté ou la servitude des autres états. Fidèles
à ce principe de la révolution que vous avez rappelé,
nous le poursuivrons jusqu'au bout; nous l'arracherons
au piége qu'on lui tend en bornant la révolution à une
unité sans liberté, en la concentrant dans un travail
mystérieux qui s'accomplirait loin de chaque état, loin

* Pubblicato in S.P.E., ll, pp. 30-31.


IV - L A RIVOLUZIONE EUROPEA 475

de chaque peuple. C’est par de faux détours qu’on


trompe la liberté; c’est toujours en parlant de gran-
deur, de gloire, de suprématie qu’on fait oublier le droit.
Fidèles à l’idée de la souveraineté du peuple et de la
république, nous nous méfions de l’idée d‘improviser
l’unité italienne, si elle fait ajourner la révolution, si elle
la rend provisoire dans chaque état, si elle impose
l’obéissance, si elle répète I‘histoire de Charles-Albert,
si elle ouvre la voie à la contrerévolution.
Vous avez momentanément limité les efforts de
votre Comité aux nations latines. Votre pensée répond
à la prétention de l’Autriche, qui veut entrer avec tous
ses états dans la confédération germanique. Votre pen-
sée oppose au despotisme allemand trois nations homo-
gènes par la langue, réunies sur une immense pénin-
sule que défend la ligne unique du Rhin, de la Suisse
et des Alpes Juliennes. Votre pensée oppose au nord
une masse de quatre-vingts millions d’hommes, que la
nature a doués du génie de la guerre et de la paix.
Vous avez compris que, si le drapeau de la répu-
blique n’est pas arboré à Naples et à Madrid, la vieille
monarchie de Louis XIV n’est pas complètement démo-
lie, et les débris de l’ancienne tradition se renouent sans
cesse.
ll y a plus: ce n’est pas seulement la monarchie de
Louis XIV que nous avons à déraciner; c’est l’oeuvre
de Charlemagne; c’est la vieille unité pontificale, qui
pèse encore sur l’Italie et sur l’Espagne, et qui arrête
l’essor de la France. I1 faut que la révolution s’achève
matériellement et spirituellement, en proclamant le
règne de la science libre et de la fraternité uni-
verselle.
476 CATTANEO - SCRlTTI POLlTICI - ll
1853
Progetto di invito alla istituzione
di una biblioteca politica italiana *
Le scritture e le stampe che ricordano le ultime
vicende d'Italia giacciono in gran parte disperse, in
parte vennero già per sistematico vandalismo distrutte.
E noto come i nemici della nazione, non appena il
poterono, inflissero immani violenze a chiunque, anche
solo per caso, avesse presso di sé alcuna carta che
accennasse ai recenti fatti o ai comuni interessi italiani.
In questo naufragio delle nostre memorie, non
mancarono vigili cittadini all'opera del salvamento, per
quanto private cure e spese valessero; e non sempre
senza gravi pericoli.
I libri, i giornali, le ordinanze, i manifesti, i pro-
clami, i carteggi, i processi, per tal modo sottratti al-
l'esterminio e trafugati in terra libera, fanno già un
ingente ammasso. Di molti giornali e opuscoli, e sopra-
tutto dei veneti, vi si conserva forse l'unico esemplare
superstite; di molte carte siciliane si ottenne il diritto
di custodia; di altri documenti si poté almeno aver
copia.
Nel raccogliere non si badò a predilizione veruna
di municipio, o di provincia, o di parte. Tutto ciò che
apparteneva all'Italia fu tenuto egualmente sacro. La
penisola e le isole, la repubblica e la monarchia, vi si
trovano come il caso volle, egualmente interessate.
Si radunarono alcune opere e giornali stranieri che si
riferiscono alle cose nostre, come le collezioni parla-
mentari inglesi, le pubblicazioni militari austriache,
parecchi libri francesi. Insieme alle cose recenti venne

* Pubblicato in S.P.E., lll, pp. 298-300.


IV - LA RIVOLUZIONE EUROPEA 477

a mano qualche libro raro spettante ad altri intervalli


dell'istoria nostra; il che potrebbe poi fare avviamento
a più vasta collezione che tutta abbracciasse la politica
italiana.
Delle cure, delle fatiche, dei pericoli nessuno chiede
compenso. Ma le materiali spese non è giusto che re-
stino perpetuamente ad aggravio privato; e non è nem-
meno possibile. Codesto carico vuol essere diviso; e
perché sostenuto fin qui a onore e servigio di tutta la
nazione; e perché diviso è lieve; e ingratamente indi-
viso addurrebbe presto o tardi insopportabile stanchezza.
Hanno adunque deliberato alcuni zelatori del nome
italiano di dare a questo spontaneo tentativo privato la
perpetuità d'una pubblica istituzione. Si vuol fondare
(per ora nel luogo stesso ove questa prima collezione
trovò ricovero) una Libreria politica italiana d'apparte-
nenza e d'uso nazionale. Si vuole anzi tutto por mano
a pubblicare un catalogo che faccia conoscere quanto
v'è già di salvato e raccolto, e quanto rimane a fare.
Sarà intanto guida allo studio particolare ed intimo delle
cose nostre, e testimonio dell'ingente lavoro che l'intelli-
genza nazionale sostenne, tra le fitte tenebre della po-
litica, in questi primordii della nostra restaurazione, i
quali perlomeno attuarono in tutti la coscienza di una
vita comune.
I1 rimborso delle spese, il trasporto dei materiali an-
cora giacenti in. diversi luoghi, il compimento delle
legature indispensabili alle centinaia dei giornali e
agli innumerevoli opuscoli e fogli volanti, l'appresta-
mento delle cartelle necessarie ai manoscritti, e degli
scaffali, quanto pur si vogliano semplici, senza cui l'or-
dinamento e l'uso di tanto materiale non è possibile, e
infine il lavoro del catalogo interno e del pubblico si
sono valutati non potersi compiere sufficientemente se
non colla somma di franchi venticinque mila.
478 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
Con questo civico contributo si può dar fondamento
ed assetto a un’istituzione onorevole e utile all’Italia,
e doverosa per noi al cospetto dei posteri e dei viventi,
e a fronte d’un’ingenerosa ostilità. Questa somma si
vorrebbe dividere in 250 azioni di 100 franchi ciascuna.
Chi assumerà sopra dì sé o sopra gli amici suoi il
collocamento di cinque azioni al meno sarà scritto tra i
conservatori; e sarà personalmente partecipe di tutte
le deliberazioni, massime nel caso che tornasse oppor-
tuno trasportare altrove il prezioso deposito, o se ne
potesse promuovere, come speriamo bene, l’ulteriore
ampliazione. Si registreranno onorevolmente presso la
Biblioteca, quando non vi sia necessità di riguardo, an-
che i nomi di quei men facoltosi cittadini che avessero
potuto conferire solo in parte all’acquisto di un’azione.
Per incarico degli amici si fanno garanti della ve-
rità delle cose qui esposte dell’uso delle azioni da loro
incassate, i sottoscritti, i quali a suo tempo daranno
ai conservatori piena satisfazione di quanto avranno
conchiuso e operato.
V

AGLI INGLESI
SULLE COSE D’ITALIA
Settembre 1857
Italy *

After the fall of old Napoleon, Italy might have


been settled in any way the English thought most
convenient for their own interests. They could have
established there a constitutional government, a free
press and a free trade, so that no Italian could ever
feel an interest to look to France for help. The Austrians
took possession of Milan only four weeks after the
entrance of the allies in Paris. The English had had
time enough to take their measures in Italy. The very
first thing the Austrians did, was to shut up their italian
possessions against the English trade. It was not very
civil on their side. And it was not very clever on the
side of the English. The English protestants and En-
glish free-thinkers combined in bringing back to Italy
the Pope and the bigots of Bourbon and Savoy with a
train of gesuits and inquisitors to stunt the rising gen-
eration and to crush the old one.
Really it was strange for us to see English pro-
testants and English free thinkers combining in bring-
ing back to Italy the old Pope and the old folks of
Bourbon and Savoy with a life guard of gesuits and
nuns, with the slavery of the press and the inquisition,
although the material burning of writers and patriots
was kept in reserve for bitter days. They made up now
and then the deficiencies with hangings and shootings.

* Inedito. M,R.M. Ms.Archivio Cattaneo. Cart. 13, pl. lll,


doc. 7.

31. - CATTANEO. Scritti politici. ll.


482 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
During 40 years the English have suffered for three
different times the soppression of constitutional govern-
ment in Sicily, a country they had an interest to keep
under their influente and principles. Now they may
have their share in the consequences. Never a Sicilian
or a Calabrian would fight for a king Murat, if anything
supportable to a man of feeling had been left in their
fate.
Once a Venitian could be perfectly satisfied with
being a Venitian and have no idea of being benefitted
in a general change of Italian affairs. But all his feel-
ings and interests have been crossed by foreign in-
truders, he was carried by force into the general draft
towards independence. Surely no diplomatist in Europe
and no poet moping on the ruins of Venice had
espected to see that city rising so suddenly in March
1848 and when the poor king of Piedmont had already
given up the contest in August holding up a gallant
defence for a long year of poverty needs and solitude.
There is in Italy at this moment a strong feeling for
liberty. The wish for materia1 progress at any condi-
tion is still more generally prevalent; and the feeling
for national honour and independence may be said to
have grown general even with bigots and idiots. But
there is another feeling much stronger: that of revenge
against the Austrians. They ..... have been used so
generously even by the lowest orders of our nation .....
Honest women have been subjected to public fustigation
for having done their duty towards their sons and
brothers.
I do not think the Italians are so vindicative as
they are fancied to be, but I see in the English papers
how keenly you feel your own injuries when they
are of this kind.
Another illusion is still prevailing since the famous
Memorandum of 1831. People suppose that such gov-
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 483

ernments as that of the Pope may be brought to


any reasonable transaction and that we are wrong in
not asking it in a friendly way. True Jolly! The griefs
are just the same as they were in the brief light
of the middle ages. Read their [illeg.] you will justly
far [illeg.] dreaming of tying down old England into
the laps of the Romish church! They want very in
the number of triple chapels built up of late on the
English first.

12 Gennaio 1859
Prima lettera al Direttore del Times *

To the editor of the Times.


Sir, The sudden rising of a Russian naval establish-
ment on the coasts of Italy strikes everybody with
surprise. The most sanguine and passionate hail it
with unreflecting joy, as a sign which portends something
hostile to Austria. It is enough for them. The more intel-
ligent go further, and see something in it that is meant
not so much against Austria as against England. While
on one side they wonder at the unexpected associa-
tion of constitutional Piedmont with autocratical Russia,
they look on the other side with heartfelt disappoint-
ment at the untoward fatality which threatens to bind
together again the freemen of England with those Aus-
trian intruders whose presence in Italy is a standing
calamity for the country and a perpetua1 danger for
Europe. Men who have been brought up in the love of

* La lettera fu pubblicata anonima nel Times, del 12 gen-


naio 1859, con quaIche differenza rispetto al testo del
manoscritto qui pubblicato. Ripubblicata tradotta in S.P.E.
ll, pp. 126-131. M.R.M. Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13,
pl. V, doc. 1.
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 483

ernments as that of the Pope may be brought to


any reasonable transaction and that we are wrong in
not asking it in a friendly way. True Jolly! The griefs
are just the same as they were in the brief light
of the middle ages. Read their [illeg.] you will justly
far [illeg.] dreaming of tying down old England into
the laps of the Romish church! They want very in
the number of triple chapels built up of late on the
English first.

12 Gennaio 1859
Prima lettera al Direttore del Times *

To the editor of the Times.


Sir, The sudden rising of a Russian naval establish-
ment on the coasts of Italy strikes everybody with
surprise. The most sanguine and passionate hail it
with unreflecting joy, as a sign which portends something
hostile to Austria. It is enough for them. The more intel-
ligent go further, and see something in it that is meant
not so much against Austria as against England. While
on one side they wonder at the unexpected associa-
tion of constitutional Piedmont with autocratical Russia,
they look on the other side with heartfelt disappoint-
ment at the untoward fatality which threatens to bind
together again the freemen of England with those Aus-
trian intruders whose presence in Italy is a standing
calamity for the country and a perpetua1 danger for
Europe. Men who have been brought up in the love of

* La lettera fu pubblicata anonima nel Times, del 12 gen-


naio 1859, con quaIche differenza rispetto al testo del
manoscritto qui pubblicato. Ripubblicata tradotta in S.P.E.
ll, pp. 126-131. M.R.M. Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13,
pl. V, doc. 1.
484 CATTANEO - SCRlTTl POLITICI - II
liberty, and in respect for the national principle, ask
with bitter amazement : « Are we now to turn our admi-
ration and our hopes from England to Russia? Are we
now to extend that hatred we cherish for Austrian despot-
ism to its occasiona1 British supporters? ». The heart of
libera1 minded men struggles against the unnatural
feelings, as well of aversion as of sympathy, which the
blind combination of events is forcing upon them. They
have been constantly preaching to their younger friends
and popular adherents that English principles and
English patronage are for them the only unerring guides
toward gradual reform and final independence. Now
they may be shortly compelled to unlearn the lesson
and to adopt the very opposite one - that despositism
alone, earnest and silent despotism, can keep the
promises it makes, and realize those prospects that
parliamentary discussion puts forward only as subjects
for retorica1 amplification and peroration. In this ebb
and flow, in this eterna1 pro and con., Italy is dragged
backwards and forwards, till the most clever and
conscientious of her sons appear to the world as a com-
plet fool. For many a generation, Italy, the seat of
Papacy, and therefore the eddying whirlpool of all
religious and politica1 plots and counterplots, has off er-
ed to the world a sad comedy of errors, in which every
christian nation, willingly or unwillingly has played a
deceitful part. Instead of repeating those crude and
frivolous verdicts which many are passing daily upon
the unpractical and fantastic Italians, as they delight in
calling them, a practical and sensible Englishman ought
to appreciate the immense complication, and conse-
quent obscurity and difficulty, of Italian politics. In
this central labyrinth of European intrigue, Machiavel
himself lost the che, and at the close of his life stood
hesitating and wavering between the comparative expe-
diency of liberty or tyranny, for the sake of independ-
V - AGLI lNGLESI SULLE COSE D’ITALIA 485

ence. English diplomacy, it must be confessed, has been


at work these 50 or 60 years, to what visible increase of
English influence in Italy we would desire to know -
certainly not to any real satisfaction of reasonable Ital-
ians. And now a new Russian co-efficient is coming in to
disturb and alter all former calculation, and to undo,
if possible, everything that the several English ministries
could flatter themselves to have accomplished.
There is a fact which those who hold the reins
of government in England ought to take into serious con-
sideration. It is evident that Russia is constantly en-
larging the circle of her moral influence. By her
form of religion she throws a secret spell over all the
Christian communities of the Turkish empire, amount
ing to not less than 13.000.000 souls. By a new
ethnological theory, Panslavism, she spreads the feeling;
of a common origin over a compact mass of 70.000.000
of credulous, obsequious tribes - the double of the
population of France. However much alienated by
difference of religion and the memory of ancient feuds
and recent injuries, they are gradually Ied to acknowl-
edge themselves as the members of an immense military
brotherhood, predestined to march from the distant
strongholds of the North to the conquest of the East
and the West. The Polish youth are regularly trained
to behold Russia as their natura1 mother and careful
guardian, striving to prepare for all her united children
a heritage of boundless extent. Besides the recognized
weapons of Orthodoxy and Panslavism, the autocrat is
now employing a new series of political devices. By
conformity of principle and priority of action he fasci-
nates and allures the new French dynasty. He lavishes
on her those flattering courtesies which his proud
father so unwisely withheld. He encourages her to
assume a half hostile countenance towards England.
By the manifestation of a strong resentment against
486 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - Il

Austria he gains the warmest sympathies of all those


nations whom this improvident Government is steadfastly
goading into disaffection and revolt. He sustains by
his condesceding patronage an aspiring Italian State
which Austria would willingly reduce into its former
insignificance; through the agency of this State he insin-
uates himself into the profoundest mysteries of Italian
party politics.
After the hurried flight of the Austrian police from
Venice in 1848 there were found among the papers
they left behind curious proofs that at the time of the
Greek war of Independence Austria watched with the
same anxious jealousy both England and Russia. The
Englishman whom they honoured with their particular
suspicion was Lord Byron. Up to the present time events
have justified us in declaring that the generous instinct
of the poet would have been for English politics of those
days a far more sagacious guide than the calculating
shrewdness of Lord Castlereagh.
It is a hard and melancholy truth that at the same
rate at which Russia has been, gaining ground En-
gland has been losing it. Her diplomacy indulged in
an inconsiderate attachment for the individuals them-
selves who wielded despotic power. She forwarded
everywhere the interest of kings and Pontiffs. She dis-
dained the broad easy path of popularity; and neglected
the rights of nations. She affected a scornful ignorance
of their existence as moral beings, perfectly distinct from
their accidental Governments. Nationality, the most
eminent moral fact of our age, seems to be stili for
statesmen a terra incognita, or an unknown sea, on
which they dare not venture. English agents, in obscure
corners, picked up paltry quarrels, such as Don Pa-
cifico’s, and for such insignificant concerns they over-
looked the more important interests of their country,
and wounded the sensitive feelings of nations rising in-
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 487

to existence. Greeks, Illyrians, Hungarians, Rumanians,


Armenians would not have bowed to the Siberian au-
tocrat and conqueror of nations if their rights had found
a steady protection from another quarter. Meanwhile
Russia was cautiously and carefully cherishing what
England was proudly disregarding. Russia now begins
to retrace the same path which she followed in Italy
till 1820, and unwisely abandoned after the Congress
of Laybach. She seems now disposed to take a leading
part in Italian interests, while France, by the protection
she engaged to lend to an unmanageable. theocracy that
stands in the way of any reasonable reform, has been
raising up against herself artificial difficulties.
It is a matter of fact that the first symptoms of
Russian interference have given a strong impulse to
public spirit throughout Italy. The people begin to
turn on the Austrian garrisons the same looks of defiance
as in 1848, and with much fiercer feelings of retaliation
and revenge. The first effective commotion will propa-
gate itself from the Alps to Sicily. The moral barriers
which Prince Murat has not yet been able to remove
will be thrown down. The resources of Italy, which,
in the hands of the Pope, the Austrians, and the Bour-
bons, are slumbering in passive inefficiency, will be put
into energetic action when a strong popular outbreak
throws them into the mighty hands of France. Be it only
for a moment it will be sufficient for those who are
to profit by it.
It is now a statistical fact that Italy equals the
British Islands in population. What her inhabitants,
skilfully guided, are able to do may be read in many
a book of many an age. All this strength, if France
and Russia only know how to get hold of the living
principle that pervades it, could be easily turned
against England in the Mediterranean, and against
her allies there, and everywhere, by land and by
i

488 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

sea. The opinion of thinking Italians is, that it would


be wise for England not to oppose any scheme that
any other power may put forth to encourage the
hopes and win the confidence of such a gifted and
high- spirited nation; and that it would be still wiser for
England and very perplexing to the rival powers did
she herself lead the way, and exert the most vigorous
pressure upon the resisting Governments. Down the
stream of reform and freedom England can sail far
more swiftly that any absolute Power.
, The Italian question is preminently an English
question.
AN ITALIAN

17 Gennaio 1859
Seconda lettera al Direttore del Times

To the editor of the Times.


Sir, The common English notion of Austria is
widely different from that which the Italians have
formed through hard experience, and by close obser-
vation; it is rather derived from former recollections,
than from actual facts. Old Austria, the mercenary ally
and souffredouleur of England in the French wars, was
essentially a German Power, although she had posses-
sions elsewhere. Through the imperial title she was
the fountainhead, of all the German nobility in the
several states. By her possession of Flanders she was
a near neighbour to England, and the only state through
which a British force could be brought to bear upon

* La lettera fu pubblicata anonima nel Times del


17 gennaio 1859. C'è qualche differenza tra l'originale qui
ricostruito dal manoscritto e la pubblicazione del Times.
Ripubblicata tradotta in S.P.E.,11, pp. 131-136. M.R.M.
Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 2 .
i

488 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

sea. The opinion of thinking Italians is, that it would


be wise for England not to oppose any scheme that
any other power may put forth to encourage the
hopes and win the confidence of such a gifted and
high- spirited nation; and that it would be still wiser for
England and very perplexing to the rival powers did
she herself lead the way, and exert the most vigorous
pressure upon the resisting Governments. Down the
stream of reform and freedom England can sail far
more swiftly that any absolute Power.
, The Italian question is preminently an English
question.
AN ITALIAN

17 Gennaio 1859
Seconda lettera al Direttore del Times

To the editor of the Times.


Sir, The common English notion of Austria is
widely different from that which the Italians have
formed through hard experience, and by close obser-
vation; it is rather derived from former recollections,
than from actual facts. Old Austria, the mercenary ally
and souffredouleur of England in the French wars, was
essentially a German Power, although she had posses-
sions elsewhere. Through the imperial title she was
the fountainhead, of all the German nobility in the
several states. By her possession of Flanders she was
a near neighbour to England, and the only state through
which a British force could be brought to bear upon

* La lettera fu pubblicata anonima nel Times del


17 gennaio 1859. C'è qualche differenza tra l'originale qui
ricostruito dal manoscritto e la pubblicazione del Times.
Ripubblicata tradotta in S.P.E.,11, pp. 131-136. M.R.M.
Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 2 .
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 489
the continent. All this order of things has been over-
thrown by the French Revolutions and the partition of
Poland. Belgium has taken the place of Austria on the
Scheldt, and Protestant Prussia in the Catholic Rhenish
prelacies. The frontiers of Austria have been thrown
back 500 miles, from the lowest marshes of the Rhine
to its uppermost valleys beyond Switzerland. The parti-
tion of Poland has enormously increased the proportion
of her Slavonic subjects; they now amount to 15.000.000
of souls - double the number of the real Austrian
Germans. These last form a mere fraction - exactly
one fifth part - of the population of the empire.
Austria may now, therefore, be more justly called a
Slavonic than a German state; and she i s falling every
day more and more under the moral weight of Russia.
It is high time for the English to perceive that the
partition of Poland has been for Russia only the first
step to a further line of conquests.
When Austria saw the dark phantom of Panslavism,
conjured up at first by Bohemian grammarians, pass
into the hands of Russian statesmen, she doubled her
efforts for the propagation of Germanism. It was then
that Metternich accomplished the two last acts of
his Ministry - the appropriation of Cracow and the
massacres in Galicia. The German language was
forced upon the University of Cracow the hoIy city of
old PoIish history and literature. It was the keenest
injury that could be inflicted on an intelligent nation.
When a foreign language is made the exclusive vehicle
of scientific education the native language is thenceforth
irremissibly doomed to be the vehicle of ignorance.
The Polish nobility were the jealous guardians of the
national honour, and therefore it was that their best
blood imbrued the hands of drunken clowns, urged on
by German emissaries of police. Acts of such a na-
ture cannot easily be forgotten, they can never be
490 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

forgiven. The same praiseworthy efforts would have


been made to germanize Hungary, but in the heart
of that country there was still the free race of the
Magyars, independent from the direct German ad-
ministration, and keeping under the control of their
constitution the German colonists and the Rumanic
and Slavonic bondsmen. At the same rate that Austria
was striving for Germanism, the Hungarians were
striving for Magyarism. The very family names of
individuals were often translated from their original
tongue to swell unfairly the numbers in the statistical
tables. The poor soldiery and rural tribes were rudely
drilled in the practice of the two languages and thus
learnt to hate them both, and to prefer their own
language to either. The Slavonians began to turn their
eyes towards Russia, and to consider her power and
glory as their own. Russia has this advantage - that
while it costs Austria much trouble and hard blows
to manufacture her new Germans, the Slavonians are
a race ready made, and are becoming every day more
alien to a German Government.
Meanwhile the peasants of the Rumanic race, though
inclined by community of religion towards Russia, be-
gan to be aware that the majority of their own nation
in the adjoining principalities were already in possession
of a kind of independence, and were striving to obtain
self government.
In 1848 all the nations of the empire rose against
the two aspiring minorities - the Germans and the
Magyars - just at the time when these were passing
from old rivality into open enmity, and the Germans
in Vienna were fighting among themselves. All the
provinces fall into the utmost confusion; cross alliances
were entered into by the several races. Austria sought
her safety by exaggerating that self same spirit of
nationality which her tyrannical decrees and vexations
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 491

imposts had awakened, and she knew no longer how


to restrain.
When her impotence to reduce her own subjects to
obedience was clearly proved, Russia came in, no more
a mere ally, as at Austerlitz, but a superior protecting
Power. Panslavism, till then a mere literary abstraction,
appeared to the astonished people as a living thing,
embodied in a victorious army. The Slavonians saw in
the events of the day the opening of a new era, and
they were right!
The evident interest of Russia thenceforth was to
keep the affair of Austria in such a condition as might
afford her opportunities for fresh intervention. It is the
same plane that she pursued in Poland and Livonia,
and, up to the present time, in Turkey; she is a ready
physician for all her sick neighbours; and the case
of Austria is worse than that of any other; the Mus-
sulmans, at least are not a minority in their own
empire.
Austria, yielding to the just claims of the several
provinces, might have granted to each of them the
right of being governed by their own chiefs, in their
own language, and according to their own usages. She
might have established a kind of monarchical Switzer-
land with a population 15 times larger, and with an
enormous defensive power. She gave the preference
to a system which combines offensive ambition with
defensive weakness.
She was only anxious to secure unity; that is to say,
the ascendency of the German fraction. She abolished
the ancient Hungarian constitution, dissolved that king-
dom, reduced the Magyar to the lowest level of subjec-
tion, treated with ungrateful contempt those very na-
tions which had assisted her the most in subduing them.
Such was not the cause for which those brave men had
shed their blood. Now, the German minority have
492 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

drowned upon themselves alone all that hatred they


formerly shared with the Hungarians. Austria has thrown
off the only redeeming quality her government could
boast of since the time of Maria Theresa and her philo-
sophical lovers and counsellors; for though her Princes
had not granted religious liberty, they yet exercised a
severe control over the catholic priesthood, and bestowed
upon scientific inquirers a rude soldierly neglect which
might easily be mistaken for liberty, and accepted as its
substitute. But since 1848 the Jesuits with their mani-
fold affiliations have invaded the offices, the schools,
the hospitals, impeding the advancement of manly
independent soldiers, spying into the actions of every-
body, making every confession-chair a sentry box for the
police, vexing the Protestants in their marriages, in the
education of their children - in their very tombs.
The Archbishop of Vienna was created a Cardinal and
also chief of the Papal Inquisition for the whole Cath-
olic world. Are such the men upon whom free Brit-
ons should rely? Meanwhile the several provinces,
and above all Italy and Hungary, lay abandoned for
a course of years in the hands of greedy and vindictive
generals. Daily floggings, hangings, and shootings were
witnessed in all directions; not any satisfaction made
for reasonable claims or urgent necessities. Military
contributions, forced loans and a double taxation, ab-
sorbed by an increasing debt, by peculation, by pro-
digality towards spies and monks are not adequate to
keep up the enormous garrisons and build fortifications
on all the frontiers and in the heart of the cities. The
troops levied in one province do not suffice to overawe
the population of another. The soldiers of the several
nations when meeting in camps fight occasionally with
each other; they fire sometimes upon their own
Generals, if belonging to a hostile race. Such is the
peace establishment.
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 493

Austria, in her present state, could perhaps sup-


port a mere mechanical war, on her most distant fron-
tier, such as was supported by Russia in Crimea and
Finland. On that occasion the principal object of
France was to make a display of her strength and
enterprise, in order to punish the pride of her enemy,
to force his esteem, and secure his future alliance. It
was a guerre courtoise, such as of your knight errants
fought to constrain into love some warlike damsel.
The romantic plot had a wonderful success.
England has lost her French ally; she is now
afraid of him; she fortified her coasts. Well then, in
an earnest fierce war, in a duel for life or death, such
as a war between England and France united with
Russia would certainly be, Austria will neither have
the courage nor the power to make herself a real
obstacle in the way of the two mighty Emperors.
Did Russia, by an act of deference towards France,
restore to the Kingdom of Poland any national form
of administration, did she only send to battle those
brave fellows under the cherished national colours,
all Galicia would, in a few days, rise to demand a
union with Poland.
Russia could exert nearly the same power upon
the Magyars, the Roumanians, the Illyrians, thus reach
the Adriatic, and seize once for ever the whole litorale
from Pola to Montenegro. There she would come in
contact with the Italian provinces of Austria, rising in
insurrection at the first hint of protection from France.
It is to be hoped that we may live long without
witnessing a dreadful, stern war between England
and the two allied Emperors, one of whom may in length
of time be found to be only a passing meteor. But if
the English admit in any way the abstract possibility
of such a war, as they really do by the mere act of
fortifying their coast, then they may rely upon one
494 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
inavoidable consequence of the alliance of the two
Emperors. Austria would shortly be the third in the
party. Austria knows too well that in a serious war,
in which her enemies could be forced to make use not
only of physical force but of every moral power, she
could no more trust her large agglomerate armies than
England her Sepoys.
England may again pour into Austria subsidies
enough to provide for any number of troops, but no
money will quench the deadly hatred that lies deep and
inveterate in the souls of the sensitive Italian, the
proud Magyar, the devoted Pole, and the Illyrian,
aspiring to be the vanguard of his sacred Panslavia on
the Adriatic sea.
The English will never have to fight the two
Emperors alone. Austria and the minor Powers must
follow in the train. Austria would join in any project of
partition, regarding frinend or foe as she did in 1797,
at the expense of Venice, her former ally. We shall
see no war, or we shall see against England a new
League of Cambray! All the strenght of Italy, all
the strenght of 27,000,000 of people will then be put
in the balance against England.
The Italian question is for England a vital question.
AN ITALIAN
24 Gennaio 1859

Terza lettera al Direttore del Times *


To the Editor of the Times
Sir, Many Englishmen are under the mistaken im-
pression that Austria holds her Italian provinces by

* La lettera è stata pubblicata anonima nel Times del


24 gennaio 1859. Ripubblicata tradotta in S.P.E.., 11, pp. 140-
145. M.R.M.Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 3.
494 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
inavoidable consequence of the alliance of the two
Emperors. Austria would shortly be the third in the
party. Austria knows too well that in a serious war,
in which her enemies could be forced to make use not
only of physical force but of every moral power, she
could no more trust her large agglomerate armies than
England her Sepoys.
England may again pour into Austria subsidies
enough to provide for any number of troops, but no
money will quench the deadly hatred that lies deep and
inveterate in the souls of the sensitive Italian, the
proud Magyar, the devoted Pole, and the Illyrian,
aspiring to be the vanguard of his sacred Panslavia on
the Adriatic sea.
The English will never have to fight the two
Emperors alone. Austria and the minor Powers must
follow in the train. Austria would join in any project of
partition, regarding frinend or foe as she did in 1797,
at the expense of Venice, her former ally. We shall
see no war, or we shall see against England a new
League of Cambray! All the strenght of Italy, all
the strenght of 27,000,000 of people will then be put
in the balance against England.
The Italian question is for England a vital question.
AN ITALIAN
24 Gennaio 1859

Terza lettera al Direttore del Times *


To the Editor of the Times
Sir, Many Englishmen are under the mistaken im-
pression that Austria holds her Italian provinces by

* La lettera è stata pubblicata anonima nel Times del


24 gennaio 1859. Ripubblicata tradotta in S.P.E.., 11, pp. 140-
145. M.R.M.Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 3.
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 495

some venerable hereditary right. They go so far as


to fancy that Prussia, as well as every other German
Power, is not only justified but bound by uninterrupted
tradition to secure to Austria the dominion of those
countries. I will not enter upon the question of the
rights of the houses of Orleans and Gonzaga to the
Duchies of Milan and of Mantua, rights which the
old dynasty of Austria (not the actual Lorraine family)
had in the first instance not very legally appropriated,
and had Iong ago made over in great part to the
house of Savoy. These obsolete questions were set quite
at rest by the abolition of the old empire.
I would, therefore, only observe that two-thirds
of the Italian subjects of Austria are quite a modern
acquisition. Nearly four million belong to the late
Venetian State, including not only the actual Vene-
tian kingdom, but also the country extending to the
west of it, from the Adige to the upper Adda, as well
as the original Venetian dependencies on the eastern
coast of the Adriatic (Istria, Dalmatia, Ragusa and
Cattaro), where the Italians have always lived in friend-
ly brotherhood with a brave Slavonic race, the descen-
dants of refugees from the Turkish dominions. Besides
these, Austria received through the Treaty of Vienna,
the late episcopal free state of Trento in the Tyrol, the
Valtelline, formerly belonging to the Swiss Confeder-
ation, and some papal districts to the left of the Po,
forming altogether a population of nearly half a million.
The spontaneous dedition of the kingdom of Dal-
matia to the Venitian republic took place many years
before the advent of your WilIiam the Conqueror. As for
the provinces actually forming the Venitian posses-
sions in Lombardy, they were already acquired in 1547,
more than three centuries ago, and far from militating
against the security of Germany, this gallant
republic had contributed as well as Poland to make
496 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
a standing diversion against the inroads of the Turks,
who more than once broke victoriously through the
Austrian State and besieged Vienna.
Venice was such an effectual bulwark for the
ungrateful Austrians that, till her fall in 1797, no
French’ army had ever occupied Vienna, an event that
has since occurred twice - in 1805 when Austria was
mistress of Venice, and again in 1809. The Austrians,
then, cannot deny that their capita1 was safer when
vanguarded by the Venitian Republic than after the
destruction of the latter when they attempted to
defend themselves.
The way in which Venice, the oldest self-constituted
State in Europe, suddenly passed, 60 years ago, from
being the ally of Austria against the French, to be
her prey and victim, is one of the most shabby trans-
actions in modern history. The responsibility of this
unprincipled act, the final consequences of which
are yet unknown, weighs heavily on Austria for having
supplanted the Venitian aristocracy compromised in her
cause; on France for having betrayed the young en-
thusiasts who had opened their gates to an auxiliary
force of pretended friends, for the purpose of securing
a democratic reform; and also upon England for
having received in the Jonian Islands, under the name
of protection, a portion of the spoils of a kindred
State!
« The Ocean Queen should not
« Abandon ocean’s children ».

Had England followed the counsels of some of her


high-minded citizens, such as the venerable Lord
Guildford, she might have really exercised the noblest
and wisest kind of protection upon the two fine races
of men who inhabit the Italo-Grecian islands. The
Greeks would not have now been sighing for the fa-
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 497

vours of a Northern despot, and the Jonians would


not have made that most reproachful request to be
relieved from her protection. Continental Greece, Thes-
saly and Candia would have felt the same sympathy
for the powerful English protector of their freedom
and their regeneration in Corfù that they showed for
Venice during the Candian war, and that they are now
displaying for an impotent Bavarian gentleman at
Athens.
Oh that the English daily press would frankly and
manfully discuss this question!
From 1797 Venice was for eight years under the
benumbing sway of the Austrians, to the utter de-
struction of her commerce, her industry, and her wealth.
By the failure of the National Bank and other estab-
lishments most of her nobility, bearing names re-
nowned in history, and tracing up their origin to an
earlier period than that of any other in Christendom,
were suddenly reduced to beggary. In 1805 Napoleon
retook Venice from the Austrians, but by a natural
consequence of his system of centralization he could
only make her a provincia1 prefecture in his kingdom
of Italy. Venice excluded by the continental system
from her ancient commerce in the East, had but a
lingering existence. On April 20th, 1814, three weeks
after the capitulation of Paris, Venice was given up
by the order of Eugene Beauharnais to the Austrian
forces, supported by Admiral Fremantle. A week later
the Austrians entered Milan. The English had already
occupied Leghorn and Genoa. They took a responsible
and a leading part in all these events, and joined in
all the promises of independence that were then SO-
lemnly made to the italians in the name of all the
Allied Powers. On giving up Italy soon afterwards
to the Pope and to the old Popish dynasties, England,
even with the sole view of preserving her legitimate

32. . CATTANEO.Scritti politici. ll.


498 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
influence, might easily have insured to the ltalians,
through treaties, independence of foreign rule, a free
press, liberty of conscience, and the maintenance of the
representative form of government, at least such as
it had been preserved by Napoleon.
But in Italy the triumph of England, paid for by
her treasures and the best blood of her sons, was the
triumph of Popery, espionnage, and the Inquisition.
The spectre of Jesuitism broke forth again from his
filthy tomb, to corrupt Italy and to infect the wide
world. The best and wisest men saw with dismay to
what a wretched disgraceful life they were condemned
by the irresistible decree of all Europe. They measured
with an indignant eye the wide difference that lay
between the frank military rule of Napoleon and the
debasing hypocrisy and effeminacy of an irresponsible
despotism that had nothing to fear from the conse-
quences of its own perversity. The first free govern-
ments which Bonaparte had set up in Milan, Genoa,
Rome, Naples and elsewhere, under various classica1
and somewhat theatrical names, such as the Partheno-
pean Republic, ec., have been as loudly decried by
the friends of liberty as by the upholders of slavery
and superstition, and this last circumstance is much in
their favour. The fact is that the old Italian States,
trasformed by Bonaparte into democratic republics,
having Parliamentary representation, attained at once
such a large measure of freedom of speech, of the
press, and of daily life, as would have sufficed in the
shortest time to overthrow Popery, monachism and
clear away every sort of abuse, corruption, and effem-
inacy. Sudden popularity and active influence were
acquired by the most intelligent young men of the
middle classes, who, 60 years ago, were more numerous
in the Italian towns than in the rest of Europe. Italy
has seen nothing resembling real popular liberty since
v . AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 499

the fall of Florence. It was renewing the Italian life


and the Italian nature of the earliest ages. But after
some time Napoleon, seduced by principles very differ-
ent from those that had laid the foundation of his
power, turned aside from the onward path of progress,
fell back on his own individuality, and sought his
purpose through mere mechanical force. It was his
first voluntary abdication.
Napoleon had aroused in Italy the old warlike
spirit. Soldiers such as Massena rose from the ranks
of the new armies as by magic. Young lawyers and
engineers in a few months became captains, colonels,
generals. Natura1 talent was developed in the best
school that the world had ever witnessed. Most of
those brave fellows died for their chiefs in Germany,
in Spain, and in Russia. They were all faithful to him,
and after his fall they did not abandon his stepson till
they had first been deserted by him.
The greatest and more durable benefit conferred
by Napoleon on his native race was the revival of the
name of Italy as a rallying point and a watchword
for the whole nation. He bestowed upon the Italians
the inestimable, the ever-enduring gift of a national
banner. It was at first the banner of his small Cisalpine
Republic, then of a larger Italian one, then of his
kingdom of Italy, which yet amounted to only a third
part of the Peninsula; but after his fall it became the
visible emblem of the Italian unity, for which many
generous young men marched boldly to death in the
field and on the scaffold.
It seems strange that Napoleon, when he had all
continental Italy under his sway, and well knew how
glorious it would have been to raise her to full indepen-
dence, should have suddenly stopped in his career and
acted in open contradiction to himself. He annexed
to France, and depressed into mere French prefectures,
500 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
not only Turin, Genoa, Parma, but also Florence, the
sanctuary of Italian literature, and Rome, the sacred
land of Italian history. Perhaps he understood better
than any one the nature of his own countrymen, and
having removed from Italy the Papal throne, the in-
curable source of anarchy and weakness, he feared to
call into existence a national life that he could not
hope to keep for any period of time, however short,
under the contro1 of a foreign nation. The spirit of
Napoleon is rising again upon Italy. France does not
need to cross again the Alps; she is quartered in the
heart of the country. She seems to apprehend that her
mission is to fulfil the first generous and holy purposes
of her great Emperor. Will not England join her in
this unselfish work, and win our respect, our gratitude,
and our love, by aiding us to put an end to the suffer-
ring caused by the crimes and follies of Austrians and
Papal misrule during the last 44 years?
The strength of England is in this, - that she has
nothing to ask from a worn-out foreign priesthood -
she has nothing to fear from a powerful free Italy.
The Italian question is a best weapon in her hands.
AN ITALIAN

15 Gennaio 1859
Prima lettera al Direttore del Daily News *

To the editor of the Daily News.


Sir, - A distasteful truth, too much overlooked
by the English, weighs heavily on the minds of think-
--
* Questa e le seguenti lettere al direttore del Daily
News erano state scritte come seguito alle lettere all'editore
del Times. I1 ms. porta l'indicazione « spedita il 15 ».
Pubblicata tradotta in S.P.E., ll, 145-149. M.R.M.
Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V,doc.4.
500 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
not only Turin, Genoa, Parma, but also Florence, the
sanctuary of Italian literature, and Rome, the sacred
land of Italian history. Perhaps he understood better
than any one the nature of his own countrymen, and
having removed from Italy the Papal throne, the in-
curable source of anarchy and weakness, he feared to
call into existence a national life that he could not
hope to keep for any period of time, however short,
under the contro1 of a foreign nation. The spirit of
Napoleon is rising again upon Italy. France does not
need to cross again the Alps; she is quartered in the
heart of the country. She seems to apprehend that her
mission is to fulfil the first generous and holy purposes
of her great Emperor. Will not England join her in
this unselfish work, and win our respect, our gratitude,
and our love, by aiding us to put an end to the suffer-
ring caused by the crimes and follies of Austrians and
Papal misrule during the last 44 years?
The strength of England is in this, - that she has
nothing to ask from a worn-out foreign priesthood -
she has nothing to fear from a powerful free Italy.
The Italian question is a best weapon in her hands.
AN ITALIAN

15 Gennaio 1859
Prima lettera al Direttore del Daily News *

To the editor of the Daily News.


Sir, - A distasteful truth, too much overlooked
by the English, weighs heavily on the minds of think-
--
* Questa e le seguenti lettere al direttore del Daily
News erano state scritte come seguito alle lettere all'editore
del Times. I1 ms. porta l'indicazione « spedita il 15 ».
Pubblicata tradotta in S.P.E., ll, 145-149. M.R.M.
Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V,doc.4.
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 501
ing Italians. The state of Italy, as it now is, was
so settled by the consent of all Europe. i t was her
work and her will. It was so settled when England
was victorious, and her mighty word was the prevailing
rule. In consequence, she is in the highest degree
responsible for it. Can the English even allege that
the state of Italy was ordered in accordance with
their own principles and their own interests? After
the English had defeated the great continental system
of commercia1 exclusion, they took no measure against
its immediate revival in those same rich Italian prov-
inces which their diplomacy , their proclamations, and
their naval forces had but just ensured to Austria.
Strict prohibition, or heavy duties amounting even to
70 per cent, together with all kinds of vexations formal-
ities, excluded all foreign manufactures from those
Austrian states which were not protected by the
Hungarian constitution. No exception was made in
favour of English commerce by the chosen friend and
ally of England. The privilege of a free port was re-
served to Trieste, and to the Hungarian dependency
of Fiume. On the opposite shore of the Adriatic, Venice
was doomed to sit in squalid loneliness on the deserted
sea, during the twenty years that her unrelenting
enemy and tyrant, the Emperor Francis, lived. Only
under his successor, and fatally too late, a free port
was granted to Venice, but at the same time Trieste
received the exclusive concession of a steam navigation
company with large subsidies from government, so
that the Venetians could not have speedy communi-
cation with foreign ports, except under the condi-
tion of going first to Trieste. Besides this, the free
port dues were so regulated that the former traffic
with the neighbouring continental provinces was con-
siderably injured, to the profit of Trieste.
The English admirals and generals having in their
502 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

proclamations represented the government of Napoleon


as mere despotism and tyranny, had pledged England
to give to Italy something better in its stead; at least
nothing worse. The kingdom of Italy, comprehending
Milan, Venice, Modena, a part of Piedmont and Tyrol,
and all the Roman provinces on the Adriatic, had been
organised as a petty model of the French Empire. It
had an army and a navy, both completely Italian,
men, officers, and banners. There was a Senate, a min-
istry, public courts of justice, affording a brilliant
career for men of knowledge and eloquence, separate
finances, a very moderate debt, and very large na-
tional domains, such as the oId navaI forests of the Ve-
netian Republic, and the lands belonging to the monastic
communities which Napoleon had wisely abolished.
Not only in the kingdom, but throughout the whole of
the Peninsula, the French civil and commercia1 code,
and the French currency, weights and measures, had
replaced the manifold ancient and confused laws, stat-
utes and usages.
All this rational order of things was wickedly
broken down by Austria and the kindred governments,
who hated every trace of a national life, and every-
thing that might become a future element of union
between the several parts of Italy. In this work of
destruction there was something that deserves the
appellation of fiendish. Every improvement and ben-
efit arising from twenty years of wars and revolutions
were perversely torn from the people who had so
dearly paid for them.
Austria dissolved the Italian army, carried o% the
matériel to the value of nearly five millions of English
pounds sterling, pulled down the national colours, re-
tained the laws of conscription, but reduced a fine
complete army to some regiments of the line and one
of cavalry, all of them disguised in white Austrian
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 503
uniforms, having Austrian names, Austrian officers and
the Austrian discipline of the cudgel. Young men of
honour considered it a disgrace to enter into such a
service. The artillery, the engineers, and the other
scientific branches of the service, so suitable to a
quick, intelligent race, were suppressed. The Topo-
graphical-office where the fine maps of the Adriatic
Sea and the kingdom of Italy had been made, was
transferred to Vienna, and its former works are sold
under the name of the Austrian staff.
The courts of justice were reduced to secret pro-
ceedings. No public nor even private defence was
permitted by Austrian law. One and the same law offi-
cer was first to frame the formal points of accusation,
then he was to find out by himself the several points
of defence, and finally to pronounce the sentence,
everything in the darkness of his own individua1 con-
science. Political offences were judged by a select
committee of eager partisans and needy adventurers
- a foreign Star Chamber. Such men could send any
one, of whatever rank, by secret accusation and pro-
ceedings, to the secret dungeons of Spielberg. All
Europe knows the truth of this through the publication
of a simple narrative.
Many Germans and Slavonians form part of these
tribunals; they are men professing to detest the country
and entertaining the most ignorant and ridiculous no-
tions about it. Milan more than 600 years ago originat-
ed and perfected the system of canal navigation and
irrigation; there the very first ideas of high farming
with large capita1 and on rational priciples were de-
veloped, and from thence they were imported by sa-
gacious travellers some sixty or seventy years ago,
first into Norfolk and Suffolk, and then into the rest
of Great Britain. The canals of irrigation are a property
of great value on which that of landed property often
504 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll

depends. The quantity of running water is measured


according to the size and form of the opening, and
under a certain pressure by a kind of square inches
that in the country are called ounces, as one may see
in Captain Baird Smith's « Italian Irrigation ». One
of those learned judges just arrived from some feudal
corner of Austria, on looking over a bill of complaint
that had been laid before him concerning a canal prop-
erty of the value of many thousand pounds sterling,
said to his clerk, « Your Italians must be a very
troublesome, quarrelsome set; how can they go to
law for a few ounces of water? ». Such stories occurred
daily. The only consolation left to the Italians was
a very bitter laugh. But in the course of time this
worrying interference and oppression bv a pragmatic
race inferior both in knowledge and civilisation to those
they rule, has inspired that stern feeling of aversion
and contempt against which Austria is now vainly
striving.
In the short-lived kingdom of Italy there were such
men as Volta and Galvani; they have left their names
to new branches of knowledge, as Columbus and Amer-
icus did to new countries. Can it be believed that
unknown arrogant pedants were sent from Vienna to
reform the University where Volta was a professor?
The ancient institutions founded by Greek, Jew,
Illyrian or Armenian refugees in the hospitable Vene-
tian islands were dissolved, or transferred to other prov-
inces. No collegian was permitted to possess or to
read an entire copy of Livy or of Virgil (his ancient
country men); only short scraps of these authors min-
gled up in Austrian made anthologies, with Eutropius
and Aurelius Victor, were permitted to him to culti-
vate his taste. In fact, all the traditions of classica1
lore, from the days of Vidas and Fracsatorius, are
nearly extinct in the present generation.
V - AGLI INGLESI S U L L E C O S E D’ITALIA 505

Religion was turned to servile politica1 purposes.


School-boys were taught that Emperor Francis the
First of Austria, late Emperor Francis the Second of
Germany, was the sole master of their lives and prop-
erty. The glorious history of Venice was the object
of great jealousy for the Austrian Père Loriquets. Daru’s
history, though not written in very favourable terms, was
rigorously prohibited. The few people who had per-
mission to read the English reviews, under the strict
order not to lend them to their friends, found very
often, with heartburning indignation, the most im-
portant historical or moral articles mutilated or cut
entirely out by the scissors of the Austrian censorship.
The Journal des Débats was prohibited; Milton was
prohibited by the church and Bentham was prohibited
by the state. There was no grace shown to German
writers; even some of Schiller’s tragedies were not
licensed, either for reading or for translation. When
a man died, a complete catalogue of all his books
was to be forwarded to the censors by his heirs, and
the police came and took away all the prohibited
books, however costly and rare, of course without
paying for them.

Gennaio 1859
Seconda lettera al Direttore del Daily News *
TO the editor of the Daily News.
Sir, - it is very absurd to ask whether Venice, the
only city in the world that has been independent
for more than a thousand years, from her foundation
to our very days, has a right to independence. On the

* Pubblicata tradotta in S.P.E., ll, pp. 149-153.M.R.M.


Ms.Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 5.
V - AGLI INGLESI S U L L E C O S E D’ITALIA 505

Religion was turned to servile politica1 purposes.


School-boys were taught that Emperor Francis the
First of Austria, late Emperor Francis the Second of
Germany, was the sole master of their lives and prop-
erty. The glorious history of Venice was the object
of great jealousy for the Austrian Père Loriquets. Daru’s
history, though not written in very favourable terms, was
rigorously prohibited. The few people who had per-
mission to read the English reviews, under the strict
order not to lend them to their friends, found very
often, with heartburning indignation, the most im-
portant historical or moral articles mutilated or cut
entirely out by the scissors of the Austrian censorship.
The Journal des Débats was prohibited; Milton was
prohibited by the church and Bentham was prohibited
by the state. There was no grace shown to German
writers; even some of Schiller’s tragedies were not
licensed, either for reading or for translation. When
a man died, a complete catalogue of all his books
was to be forwarded to the censors by his heirs, and
the police came and took away all the prohibited
books, however costly and rare, of course without
paying for them.

Gennaio 1859
Seconda lettera al Direttore del Daily News *
TO the editor of the Daily News.
Sir, - it is very absurd to ask whether Venice, the
only city in the world that has been independent
for more than a thousand years, from her foundation
to our very days, has a right to independence. On the

* Pubblicata tradotta in S.P.E., ll, pp. 149-153.M.R.M.


Ms.Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 5.
506 CATTANEO - SCRITTlPOLITICI - ll
contrary, we may ask, who gave Austria a right over
Venice? And if the answer be, she was ceded to her
by the other Powers; we ask again, who were these
Powers, and from whom did they hold such a right?
The Powers had as much right over Venice as over
London.
But for some Englishmen the question is not
whether the Italians have a right to independence, but
whether they deserve it. Deserving in the strict sense
means fighting for it, and getting the upper hand. As
the state of things in Italy has been fixed by all the
Powers, the said principle implies the consequence
that Italy alone is to fight all Europe - an inference,
we will venture to say, very unfair and un-English.
And the question wears also another aspect. Indepen-
dence had been promised before hand, by solemn pro-
clamations.
Nations who inflict a wrong upon another portion
of their fellow-men are prone to think that those who
suffer ought to suffer. They abuse their victims in
order to excuse themselves. It may be a specific for
conscience, but it is neither a redress for wrongs nor
a remedy for those impending dangers which justice
and good faith might have averted.
The majority of the twenty-seven millions of Ital-
ians at home are nearly the same positive church-
and-state sort of people as any other Christian nation.
It was but natural that the clergy, gentry, and peas-
antry should not have had a great liking for the
French revolution, nor for some of the consequences
which it brought upon’ Italy, such as civil and foreign
wars, conscription, new laws, and new taxes. The
merchants and sea-faring people had been much vex-
ed by the continental system, and some of the think-
ing progressive men remembered that Maria Theresa
and her sons, in order to counter-act the still existing
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 507

influence of the Spanish branch of the house of


Austria, had granted a leading position in the gov-
ernment of their states of Milan, Mantua and Tus-
cany, to some of the most intelligent men of the
country, who were also amongst the most distinguished
men in Europe, such as Beccaria. All these classes in
1814 honestly believed in the promises of the Holy
Alliance. Many of them died in loyal expectation, But
many others began, from year to year, to perceive
that they had been most completely overreached. They
would have gratefully accepted independence and self-
government, with a prince of the Austrian family at
I
their head. But they had no notion that their native
country was to become a part of Austria, and that
they were to be called Austrians - that is to say, no
more Italians but Germans, as the word implies. It
appeared to them down right imposture, and the gross-
est insult that could be offered to a nation. The affront
was most keenly felt by the army, who saw their career
barred without hope, and their colours trampled upon.
When Napoleon returned from Elba, they sent envoys to
him and prepared for action. After his defeat they
were treated by Austria as base malefactors, although
they were not yet bound to her by any oath, or
duty of allegiance, the country not having yet been
finally disposed of by the Congress of Vienna. They
had been ready to show their fidelity to their general
and sovereign: they were neither subjects nor prisoners
of war.
Practical men, seeing they had really to deal with
all Europe, and being convinced there was no proba-
bility of success for them but in a general change,
hailed with hope every symptom of a revolution
anywhere. The first signal came from Spain. They
thought it the best plan to follow the example of
another nation, in order to meet with some support,
508 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
and to have their conduct justified by the common
success.
In 1821, all the three peninsulas of the Mediter-
ranean had hoisted the banner of political and religious
liberty. England had an admirable opportunity for
exercising over them an honourable influence, and en-
suring her own interests. She had only to protect those
countries from any foreign interference. But being
capriciously engaged in the Congress of Laybach,
against their own principle of contistutional govern-
ment she allowed the Austrians to go to Naples and
even to Sicily a country considered till then to be
under her exclusive patronage, and permitted a French
army to intrude again into Spanish affairs. In Italy, the
majority, seeing the Austrians formally supported by
all Europe, thought it folly to venture their fortunes
in such a desperate game. The Jesuits, the foreign di-
plomatists, and the Italian courts, tampering shame-
fully with their own armies, arranged beforehand
everything for the triumphal progress of an Austrian
cavalcade. From that moment every abuse in the differ-
ent native Italian governments was laid to the account
of Austria, who protected them, and even encouraged
them to appear always more tyrannical and despotic
than herself. It was by their crimes that she sought to
obtain commendation. But it failed with the Italians,
she became the principle of all evil in their eyes; and
making herself the common object of their hatred, she
strengthened that national feeling she intended to sup-
press.
In 1830, the accession of Louis Philippe and the
rising of Belgium and Poland, aroused again the most
unhappy, viz., the subjects of the Pope, to a new
attempt rather for local reform than for genera1 inde-
pendence. But England permitted twice the hostile
interference of Austria, and afterwards the useless and
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 509

senseless expedition of Louis Philippe to Ancona. She


went herself no farther than the writing a benevolent
memorandum.
When the most eager saw that there was nothing
to hope from constitutional France, they began to
associate themselves with the republican party. It is
a prominent feature of Italian politics that the ques-
tion of form of government has always been subser-
vient to the question of independence. They call it
the principle of opportunity, but in practice it becomes
the principle of contradiction. The advocacy of the
republican cause met with general success, but some
attempts at a rising in its favour, were hurried on
with such insufficient means, and in such insuitable
parts of the country, that they failed totally, and popu-
larity was lost. Nevertheless the House of Savoy began
to see the rising danger, and resolved to lend a myste-
rious hand to the national agitation in order that it
should not turn against herself. Louis Philippe took
the same view of the matter, and sent Rossi to Rome,
where he promoted the election of Pius IX and a gen-
eral amnesty. The new Pope was represented to the
nation as the willing dispenser of a lawful and godly
reform; but the unexpected proclamation of a French
Republic gave a violent impulse to men’s minds. Met-
ternich had said: « Après moi le déluge ». The vain,
mischievous coxcomb lived long enough to see that he
was but a poor obstacle to the deluge.
Then, only then, at the last hour, nay after it,
all the Italian governments lavished on their disaffected
subjects those liberal constitutions they had hitherto
so pertinaciously withheld. Italy believed she was no
more under the control of united Europe, and had
thence forth to deal with Austria alone; she thought she
had at last fair play. Nearly without preparation, cer-
tainly without any previous concert, Venice and Milan
510 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
rose on the same day, March 18, at the first notice of
the disturbances in Vienna. The Venetians proclaimed on
the spot the same form of government with which they
had been powerful and happy for many hundred years.
The people of Milan only thought how to expel the
foreign intruder. At the first outbreak in Milan, Ra-
detzky wrote to the old Imperial municipality, absurdly
ordering them to disarm the citizens within the night.
« Otherwise », he wrote, « I shall be forced to bombard
the town. I keep in reserve the sacking of it, and all
the means in my power to subdue a rebel city. I shall
find it easy, having at my disposal a veteran army of
one hundred thousand soldiers, and two hundred
cannons ». This declaration ought to be taken into
serious consideration by those English statesmen who
may think the presence of 130.000 Austrians in Italy
such an imposing fact. All these troops, most of them
wholly strangers to the country, including three thou-
sand artillery men and nearly six thousand cavalry,
were on the alert. They had already made use of their
arms, some months before, against an unarmed and
inoffensive crowd. They had ten fortresses, amongst
which were Verona, Mantua and Venice; and many
fortified Castles, one of them in Milan; and General
Hess, in one of his intercepted letters, absurdly rejoiced
that General Mengervein had been sent to Milan to
build sixteen forts, all around the town. The Austrians
could not say that they had been surprised. After
five days of fighting, during which twenty thousand
men of the garrison, and of the nearest stations, occu-
pied the castle, and all the public buildings, and all
the bastions, so that the inhabitants could send out
no notice but by means of air-balloons, the old marshal
was forced to make a disorderly retreat in the dead of
the night. He had vainly made two attempts to entrap
the citizens into an armistice. In an intercepted letter to
V - AGLI lNGLESI SULLE COSE D’ITALIA 511
Count Fiquelmont he said: « We spoke to-day with the
foreign consuls about an armistice for three days? My
troops want to repose after their more than human ef-
forts. I shall be enabled in that time to put the town
in complete blockade ». Those lines speak volumes on
the soldier and the man. We would willingly call the
attention of the English to the humanity shown towards
the prisoners and wounded by a confused mass of citi-
zens within the town and of country people around it.
In direct contrast, we can produce many foreigners,
eyewitnesses of the enormities indulged in by the sol-
diers in the true Sepoy style. Houses along the road were
set on fire to secure the retreat, and the inhabitants of
them, both male and female, purposely burnt alive; mu-
tilatedfemale hands with gold rings were found in the
pockets of dead soldiers; babies were fixed on bayonets.
These scenes of fire and blood cannot be denied; and at
this very moment, the Austrian journals openly menace
Italy with the renewal of the same horrors, « to hew in
pieces the rebels, and give them no quarter They are
so deeply engraved in the minds of the people who have
witnessed them, that any hope of reconciliation would
be mere foIIy. This point should be kept in view by
those English statesmen who have fancied that the
innocent smiles of a Belgian princess might win again
hearts so deepIy wounded. Austria has forfeited Italy
for ever.
Many Englishmen want to know what the real griev-
ances of the Italians are, hoping, perhaps, that Austria
will be at last induced to redress them. It is an idle ques-
tion. When men have been hating each other SO long
and so fiercely, the only wise plan is to break asunder
the unhappy chain that Iinks them together.
On the 26th, four days after Radetzky’s retreat
from Milan, a Sardinian garrison entered the town. It
would be too long a story to explain the events that
512 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
followed. King Charles Albert was a broken down
old man; he was afraid of the revolution he had to
lead and to control. W h o has no will, has no way.
Let his ashes repose in peace.
Milan and Venice confided entirely their fate to
him, and subjected themselves willingly to his sovereign-
ty. On the first day of misfortune the king retired
to his country and signed a hasty peace. The garrison
he had uselessly put in Venice was ordered to surrender
the city, but the citizens gloriously refused their con-
sent; they proclamed again their old republic, and
entrusted the government to Daniel Manin. During
a siege of thirteen months the devoted city supported
bombardment, famine, pestilence, and, what was worse,
the cold indifference of mankind. What she then en-
dured should suffice to impose silence upon those who
think the rights of nations come only from their
behaviour in times of danger. Let them show a more
heroic page in the annuals of their own country. It
seemed as if Venice had risen from an untimely tomb
to die again as it became her glorious life. But she
is not dead. Italy is not at the close of a successful career;
she is at the opening of it. Ça ira.
The Austrians were repulsed from Bologna. i n the
following spring, Brescia, not knowing the issue of
the battle of Novara, rose again in insurrection. The
unarmed citizens, knife in hand, stormed the batteries.
At the final taking of the town there were horried
scenes of cruelty. A citizen whom the soldiers had
besmeared with turpentine and set on fire, made a
wild spring from the place of his torture upon one of
his enemies, clasped him in his arms and held him till
they died together. Another dreadful massacre was made
by D'Aspre in Leghorn. The generous youths who had
spared the lives of Austrian prisoners, were given over
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 513
to the hangman. Radetzky left his name to a new
hanging machine.
The fall of Italy was again the work of Europe.
Russia had overpowered victorious Hungary : an English
ship was sent to summon Genoa, not to oppose the
disgraceful peace succeeded the battle of Novara.
The Swiss attacked Messina, Oudinot bombarded Rome,
Don Quixote came from Spain to show himself again
to Italy, who certainly had not given him any offence.
Italy is again the prisoner of Europe. She is like the
pestiferous captive in the middle of a crowded camp,
she is like poison in the entrails of Europe.
AN ITALIAN

Gennaio 1859

Terza lettera al Direttore del Daily News *


To the editor of the Daily News.
Sir, - Most grateful to Mr. Roebuck are all free-
minded Italians for the friendly sentiments he so
eloquently expressed at the Sheffield meeting in favour
of their independence. But the honourable member,
when saying that Napoleon lll only wants to replace
the Austrian eagle by his own, confounded together
under the same image two very different facts. Na-
poleon’s eagles, adorned with the Italian tricolor, pre-
sided over the formation of a national army, the hope
and pride of the country; whereas the Austrian eagle
never appeared but upon its funeral yellow and black
banner, to frown on the dissolution of that same army,
to spread over the patriots despondency and disgrace,
and to preside over the dungeon and the gallows.

* Pubblicata tradotta in S.P:E., ll, pp. 154-155.M.R.M.


Ms.Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 6.

33. . CATTANEO.
Scritti politici. ll.
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 513
to the hangman. Radetzky left his name to a new
hanging machine.
The fall of Italy was again the work of Europe.
Russia had overpowered victorious Hungary : an English
ship was sent to summon Genoa, not to oppose the
disgraceful peace succeeded the battle of Novara.
The Swiss attacked Messina, Oudinot bombarded Rome,
Don Quixote came from Spain to show himself again
to Italy, who certainly had not given him any offence.
Italy is again the prisoner of Europe. She is like the
pestiferous captive in the middle of a crowded camp,
she is like poison in the entrails of Europe.
AN ITALIAN

Gennaio 1859

Terza lettera al Direttore del Daily News *


To the editor of the Daily News.
Sir, - Most grateful to Mr. Roebuck are all free-
minded Italians for the friendly sentiments he so
eloquently expressed at the Sheffield meeting in favour
of their independence. But the honourable member,
when saying that Napoleon lll only wants to replace
the Austrian eagle by his own, confounded together
under the same image two very different facts. Na-
poleon’s eagles, adorned with the Italian tricolor, pre-
sided over the formation of a national army, the hope
and pride of the country; whereas the Austrian eagle
never appeared but upon its funeral yellow and black
banner, to frown on the dissolution of that same army,
to spread over the patriots despondency and disgrace,
and to preside over the dungeon and the gallows.

* Pubblicata tradotta in S.P:E., ll, pp. 154-155.M.R.M.


Ms.Archivio Cattaneo, cart. 13, pl. V, doc. 6.

33. . CATTANEO.
Scritti politici. ll.
514 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - ll
The italians, by sad experience, know that their
property, their peace, their honour, their very ex-
istence as a nation, wholly depend on their having an
army. To be or not to be? Have not the British people
the same conviction? Do they not, in this eventful
moment, devote their whole attention to increasing the
efficiency of their army and navy? This is the simple
reason why those same Italians who ten years ago
fought before the walls of Rome against the French,
are now rallying their young friends in the hope of
forming, together with the Sardinians, the vanguard
of a French army against Austria. If the English,
whilst looking on the two opposite emblems, should
think it indifferent for the cause of universal freedom
whether they were to side with the one eagle or with
the other, they should make a most fatal mistake, and
in the one case act contrary to their own intention. The
Italians, in a war against Austria, would undoubtedly
rejoice to find favourable to them that same French
army which in 1848 was opposed to their cause. It is
much better to wrestle with one enemy than with two,
and it is still better to turn an enemy into an ally. The
Italians would rejoice still more could they see at
their side the army of another free nation. But most
grevious would it be to them were they to behold free
England feeding again with her treasures their oppres-
sors and spoilers. It is nearly twelve years since the
Austrians, in 1847, sallying forth from the citadel of
Ferrara, occupied the town. In 1849 they marched as far
as Ancona, 200 miles from their frontiers. ls England
bound by any treaty to look complacently on such an
irregular state of things, the pretext and cause for the
presence of other foreign armies in Italy, against the
interests of England? Should all the nations of Europe
claim the right of sending their troops t w o hundred
miles into the neighbouring countries, would it not bring
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 515

back Europe to the times of the Goths and Vandals?


Austria has no more business than any other power in
Europe to intermeddle, at her own caprice, in the
government of other countries. How many years more is
such a public nuisance to be endured and encouraged
by nations who are strong in their sense of intemational
right and wrong? Will ten or twelve years more change
the nature of the Pontifica1 government? Is this disorder
to last, then, to eternity? And if it is to be put an
end to, why not instantly? Why should not the evacuation
of the Papal States begin from that same quarter
whence the invasion began? Would it cost England much
to send one of her unemployed squadrons, nay, one of
her ships, to Trieste, to solicit the Austrians, to retire
directly within their frontiers? What would be the con-
sequences? The Papal government, reduced to its own
despicable means, would be forced to comply with the
imposing will of the majority of its subjects. It would
open the way to a general reform proceeding from
Romagna to Tuscany, to Parma, and to Modena. There
would be within a few months in Italy another national
anny as strong as the Sardinian. All this, and more,
could be done by national means, by the weight of
large majorities, by force of imitation and emulation,
without any disturbance to Europe and to general com-
merce. Italy wants only self-government. And should she
still be unhappy, as some very odd people like to fancy,
she would be so in her own way, at her own expense,
and without the responsibility of any other Christian
nation. But what man of sense, looking on Piedmont
as it is, or on the old Venetian Republic and on the
revival of the Republic in 1848, could in good faith
evince any doubt about the italians being ready to do
honour to the principle of seif-government. Should
France on the retreat of the Austrian proceed to
replace them in Ancona a n d Bologna, in order to
516 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II

uphold there the Papal government, she would im-


mediately forfeit, wholly to the advantage of England,
that halo of popularity she is now courting for higher
purposes. The forced departure of the Austrians would
hardly be of any profit to France. In the present state
of affairs France can equally drive the Austrians out
of Ancona by sea and by land any day she likes, to the
satisfaction of the inhabitants, and with their most active
support. The question only is, whether Italy should
be indebted to England or to France for this benefit,
or to them both? Their joint action would in this
case bring into play those principles of freedom which
France left wholly to herself, might be apt to overlook
and postpone. The pressure from England would be an
excuse for her in the eyes of the clergy. The eagle might
be tamed to any degree entirely to the credit of Eng-
land, and to the increase of her moral influence. But
should England show the least partiality for Austria,
or for the Pope, it would draw a just reproach upon
the English name. However light may be the opinion
the English entertain of continental nations, we think
and hope that there are many of them who could not
remain indifferent to a judgement pronounced against
them by all Italy. Everything that relates to the Papacy
will be a stumbling block to the Italians, till the prog-
ress of the Bible societies, and of positive science
all over the world shall have reduced this institution
to its evangelica1 modesty and innocence.
Here we cannot but mention the fact, that if
Europe assumes a kind of feudal supremacy over Italy,
it is owing to the presence of Papacy in the country.
Count Montalembert, at the time of the unhappy French
expedition against Rome, brought the matter to the
very extreme of logical consequence. Italy, in his
theory, is not the peculiar native country of the inhab-
itants; she belongs to all the Catholic nations except
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 517

the Catholic Italians. Such arguments are more easily


turned against Popedom than against Italy. They will
be at last quite fatal to those who invoke them in their
own favour. On this question we are entitled to say,
that the interests of England and Italy are closely
blended together. Although Popish agression appears
no more so formidable as it did to England, papacy
has been gaining ground through more artful and insin-
uating means. As long as the Catholic community is.
thought to have a right to keep the residence of their
high priest in Rome, even against the evident will
of the inhabitants, the papal establishment should, at
least, be surrounded by such precautions and guaran-
tees that an institution, made for the benefit of all the
Catholic nations, should not be injurious to the mo-
rality and the intelligence of those that live most under
its influence. The common sanctuary of so many nations
should be their model in every respect; it should be
so in their own opinion. Ali the abuse that foreign
nations delight in lavishing on the Roman people
redounds to the discredit of the most prominent moral
institution of the country. It is the practical confutation
of its doctrines. The Papal State should never be a
country without industry and commerce, ill cultivated,
thinly inhabited, and unwholesome, over-run by un-
punished highwaymen while its horrid prisons are filled
with honest people, disgraced by spies and inquisitors,
shut up against books, and intolerable to the best and
wisest of its citizens, without fixed laws or guarantees
for justice, invaded at intervals or permanently occu-
pied by foreign armies, a perpetual danger to the peace
of Europe. Some people, not very deeply conversant with
Italian history, ascribe great antiquity to the pontifica1
government. They do not know that the best provinces,
as Bologna and Ferrara, formed, not long ago,
independent republics and principalities. They were
518 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
formally acknowledged as such by the Pope, so that
to this very day the prelates who there represent his
power in the most despotic manner call themselves
merely legates - that is, ambassadors, as formerly in
England. Their title is a proof of its o w n illegitimate
and intrusive nature. If a religious congregation, com-
posed of different races, want what no other similar
body claims, namely, the exclusive possession of a whole
country for the residence of their priesthood, with the
right of use and abuse, it should be a land materially
disjointed from any other country, so that no near
neighbour might have there an engrossing influence.
Never should such a privileged spot be chosen just
in the centre of one of the most numerous nations in
the world. The high priest might well have churches,
palaces, and villas, but it is not necessary to mortgage
for the security of his wordly establishment the peace
and prosperity of all Italy, containing a hundred
thousand square miles, the finest and most interesting
country in the world, inhabited by a race to whom
the world is indebted for some of the brightest examples
of virtue and genius.
England has for a long while considered all these
questions as estraneous and accessory. What is the
final result of such a system? England is suddenly
compelled to fortify her coasts, and to count anxiously
over and over again her steamers, and to think not
without terror of the mere possibility that the despotic
powers may one day succeed in bringing together, at
a given moment, a larger number of ships and cannons
than herself. He who can have a hundred of them
can have a thousand.
To those who prudently recommended the fortifica-
tion of the English coast, a manly voice from the fleet
answered: « Be strong on the sea! ». There is another
plan, wiser than the first, and bolder than the second:
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 519

Be strong on the opposite shore; be friend, loyal active


friend to the free-minded men who live there; assist
them into freedom. The liberty of the Continent, and
the mutual independence of all the continental nations,
is the best line of defence for England.
Reform at home has been for many years the
preeminent object of attention to British freemen. But
it is high time to acknowledge that the reform of their
foreign affairs is a far more imperious necessity.
English principles are the best security for English
interests as well at home as abroad. British freemen
should form a national association for the radica1 reform
of their foreign affairs.
An ITALIAN

29 Novembre 1860

Sugli avvenimenti d’Italia *


London, Thursday, November 29, 1860.
The eyes of ali Europe are turned at this moment
to the court of Turin. It has the power and it has the
responsibility. Whatever Italy may owe to this or
that man, and to one man it owes all that any one
man could do, it has no choice but to repose on the
prudence and courage of the Sovereign whom it has
accepted by the universal acclamation. It depends on
the power and it awaits the counsels of VICTOR EM-
MANUEL, and it accordingly devolves on that Prince
t o do all that the situation requires. The least short-
coming would be a misfortune to Italy and an eternal

* Pubblicato anonimo sul Times, datato: Londra,


29 novembre 1860. M.R.M. Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13,
pl. VI, doc. 2.
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 519

Be strong on the opposite shore; be friend, loyal active


friend to the free-minded men who live there; assist
them into freedom. The liberty of the Continent, and
the mutual independence of all the continental nations,
is the best line of defence for England.
Reform at home has been for many years the
preeminent object of attention to British freemen. But
it is high time to acknowledge that the reform of their
foreign affairs is a far more imperious necessity.
English principles are the best security for English
interests as well at home as abroad. British freemen
should form a national association for the radica1 reform
of their foreign affairs.
An ITALIAN

29 Novembre 1860

Sugli avvenimenti d’Italia *


London, Thursday, November 29, 1860.
The eyes of ali Europe are turned at this moment
to the court of Turin. It has the power and it has the
responsibility. Whatever Italy may owe to this or
that man, and to one man it owes all that any one
man could do, it has no choice but to repose on the
prudence and courage of the Sovereign whom it has
accepted by the universal acclamation. It depends on
the power and it awaits the counsels of VICTOR EM-
MANUEL, and it accordingly devolves on that Prince
t o do all that the situation requires. The least short-
coming would be a misfortune to Italy and an eternal

* Pubblicato anonimo sul Times, datato: Londra,


29 novembre 1860. M.R.M. Ms. Archivio Cattaneo, cart. 13,
pl. VI, doc. 2.
520 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
reproach to the man who had undertaken the task.
Ten thousand churches would sing Te Deums over
the rash adventurer who had accepted the allegiance
of the Italian race, and lost the high prize, or damaged
it in the handling. Nor can there be any doubt that this
great affair does absolutely rest with the king of Sar-
DINIA. Had Southern Italy simply surrendered itself
to GARIBALDI, or insisted on independence, in that
case it would have been responsible for its own future
disasters, which would not have been inconsiderable.
But it gave itself up to VICTOREMMANEL and GARI-
BALDI himself, with every man of patriotism and sense
about him, knew that there was no other alternative.
All honour is due to the Dictator, who has been proof
against allurements that would have dazzled and upset
a less noble nature or a less steady judgment; but the
deed is done, as it only could be done, and VICTOREM-
MANUEL is now virtually king of Italy. If the work be
left incomplete, or if the unfinished vase breaks in the
annealing, it is now his fault. If anarchy creeps in
between one rule and another it is his fault. If a state
of things should arise to suggest an ill comparison
with the old BOURBONrule, it is his fault. All hangs on
Turin; and the larger or fairer or more famous cities
of the Peninsula must remember that if, for the present,
their own glory seems eclipsed, it is the condition of
that unity and independence they have sought, and the
common contribution of Italy to its new lord.
Such were the considerations which pressed heav-
ily, but not more than the occasion demanded, on
VICTOREMMANUEL and his advisers when they found
themselves in actual possession of the two Sicilies.
They had to deal with a mass of difficulties, which we
can but faintly imagine. In addition to all the evils that
have ever existed, and that constitud, in fact, the case
for interference, there were now two armies in the
v - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 521
process of dissolution, besides a civil service in almost
the same case, and a legion of candidates for everything
which their new masters had at their disposal. This
we all knew: it was to be anticipated; and it has been
described by the pens of many able and impartial
spectators. What it may take more mental effort to
apprehend is the position of VICTOREMMANUEL with
the gallant man who had crowned their noble deeds
by laying half Italy at his feet. It was impossibile
not to feel for them unbounded admiration and grat-
itude. But it was Italy, not GARIBALDI, that was in
question. In so great an affair the work-man must yield
to his work, and the donor submit to be measured
by his gift. We believe there is very little doubt that
GARIBALDI himself felt as a hero would feel on the
occasion, and could see the crisis as VICTOREMMANUEL
was compelled to see it. But he had pledged himself deep
in word and in affection to his lieutenants, who, as
they will receive only a reflected share of glory, desired
something substantial in the shape of power and
patronage. No doubt they, too, had largely engaged
themselves, and done much which was not likely to
stand the scrutiny of more regular and experienced
rulers. So there is no doubt that when GARIBALDI met
VICTOR EMMANUELhe was made the mouthpiece of
a demand which would simply have added a year of
revolution to centuries of division, and plunged South-
ern Italy into a night of anarchy, with but the hope
of a dawn. The proposition that CARIBALDI was to
be a lieutenant General of the two Sicilies, with full
powers, for a twelve month, simply meant that CRISPI
was to reign at Naples, BERTANIat Palermo, and MAZ-
ZINIto make the best use of that year’s law at both places.
It also meant the sanction and permanent recognition
not only of the Army of Southern Italy, and, in a
general way. of its ranks and commissions, but of every
522 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
separate appointment, whatever the object and under
whatever circumstances made. Such an arrangement
would have been incompatible with safety, with regular
government, with the administration of the Piedmontese
army, and with the finances at the command of the new
king of Italy. We must distinguish between the men
who did the work and the men who stepped in when
the work was done, or who only appeared in the
front to co-operate with the regular Piedmontese troops,
if even then. For several weeks the Garibaldians very
properly confined themselves to the defensive, but
that was the period of the largest and most indiscrim-
inate levies. The chief had no other alternative but
to accept the services of all who offered; it was impol-
itic, if not dangerous, to refuse, and in the crowd
that did offer it was not easy to sift the claims of
men who demanded rank in the service. It is now said
that many of the officers were such as could not bear
rank in any regular service, and that the attempt to
put them on a par with the officers who had fought
their way up to rank in the Crimea, at Magenta, at
Castelfidardo and Ancona would produce great and just
dissatisfaction. A considerable portion of the Army of
South Italy was enlisted by BERTANIafter GARIBALDI
had crossed the Straits and was on his way to Naples.
Of course, the Piedmontese chiefs desire to recognize
all these services for as much as they have been worth;
but to have left the matter entirely in GARIBALDI'S hands
would have been to leave it in the hands of his lieuten-
ants - the men who drew so largely on the authority
and resources which they supposed to be vested in
them, and who would probably consider their honour
pledged not to withdraw one title of what they had
once granted.
For some time it was generaliy believed in this coun-
try, as elsewhere, that the point on which GARIBALDI
V - AGLI INGLESI SULLE COSE D’ITALIA 523

had withdrawn to his Patmos was his failure to obtain


a general recognition of the acts of his Dictatorship.
It now appears that his friends had engaged to make
larger demands, which would in effect have ren-
dered the submission of the t w o Sicilies to VICTOR
EMMANUELan idle form, meaning nothing for the
present, which in this case is everything. They who
prompted this demand either did not want a real
Italian unity or wished to substitute some other form
of unity for a kingdom, or had some game of their own.
It is essential to a unity that every part should give
as well as take, should consent to merge its o w n im-
portante, and even what it may imagine to be its
own interests, and at all events should give up all
idea of absolute self-government. How have we gone
to work? We have grown from a Heptarchy into one
kingdom, from three kingdoms, into one, and have
recently made another large Empire a department of
the State. At every stage we have to encounter difficulties
which cannot be said yet to have passed away; but
the true jnterest of the whole has always been found
on the side of a thorough amalgamation. Already
it is said that GARIBALDI’Slieutenants have been SO
lavish in their promises that neither the army nor the
civil service nor the revenues of the Two Sicilies will
be sufficient to redeem them, and that discontent is inev-
itable. These men appear to have drawn on an infinity
of money and power, involved in the single idea of
Italian unity. Naples and Sicily, and every service, and
every class of liberals, and every individual, were to
be suddendly enriched by the charm. But how is
such a unity, so prolific of wealth and place, to be
realized? The question is not easily answered, but it
most certainly is not answered at all by leaving Naples
and Sicily in the hands of two sub-dictators, ready to
promise everything, give everything, and borrow every-
524 CATTANEO - SCRITTI POLITICI - II
thing, but wholly unable to make either province lar-
ger or more populous or richer than it is. The very
opinion that a great stride has been taken and a new
era entered upon must rest on a definite change, which
can be no other than the foundation of one Costitution-
al kingdom far all Italy.
I N D I C E

Nota . . . . . . . . . . . . . . Pag. VII

III
POLITICA DELLE COMUNICAZIONI
E DEI LAVORI PUBBLICI
Delucidazioni attorno alle « Ricerche » . . . . . 3
Strada ferrata Ferdinandea da Vienna a Bochnia . . 7
Strade a rotaie di ferro , . . . . . , , . . 11
Tre nuovi progetti per la strada ferrata da Milano
a Venezia . . . . . . , . . . , . , . 12
Di una nuova linea per la strada ferrata Lombardo-
Veneta . . . . . , .
# . . . , . , . 16
Opinione sulla linea da preferirsi nel tracciamento
generale della strada ferrata da Venezia a Milano 26
Strada ferrata Lombardo-Veneta . . . . . . . . 50
Di varj scritti intorno alla strada ferrata da Milano
a Venezia . . . . . . . . . . . . , . 52
Sui progetti di strade ferrate in Piemonte . . . . 133
Replica del Dottor C. Cattaneo alla risposta del-
l'Ingegnere Giovanni Milani . . . . . . . . 152
Spesa approssimativa di nuovi canali navigabili da
proporsi nelle provincie lombarde . . . . 248
Cenni sui progetto della strada ferrata LigurePie-
montese, ec. . . . . . . . . . . . . . 251
Del transito sul lago Maggiore , . . . . . . 260
Di un nuovo progetto di canale dell'Alto Milanese 268
Al Conte di Cavour (per la Municipalità di Lugano) 289
526 INDICE

Pel Municipio di Lugano al Conte di Cavour . . . 290


La ferrovia di Como . , . . . . . . . . . 296
Sulla ferrovia delle Riviere Liguri e principalmente
sul suo accesso al golfo della Spezia . .
. . . 307
Delle ferrovie per le Alpi . . , . . . . . . . 322
Ferrovia da Locamo a Bellinzona . . . . . . . 334
Memoriale del Governo di Lucerna al Consiglio Fe-
derale sul miglioramento della via carrozzabile del
Gottardo . , . . . , . . . . . . , . 335
Sulla concessione delle ferrovie di Napoli e Sicilia 344
Memoria in difesa della concessione per la costruzione
di una ferrovia nell'Italia meridionale . . . . . 365
Sulla ferrovia Perugina , , , . , . . . . . 37 1
Prolungamento della ferrovia Aretina per Perugia . . 384
Sulla ferrovia dalle Alpi elvetiche all'Europa centrale;
lettera ai Cittadini genovesi . , . . . . . . 386

IV

LA RIVOLUZIONE EUROPEA

Domande degli italiani di Lombardia , . . . . . 407


Programma del Cisalpino . . . . . . . . . . 407
Proclami, discorsi ed ordini durante le cinque giornate 412
Ordine del Consiglio di guerra n.° 181 . . . . . 424
Italia ed Austria . . , . . . . . . . . . . 424
Dall'Italia del Popolo . . . . . . . . . . . 426
Corredo alla lettera di Gioberti : « Della repubblica
e del cristianesimo» . . . . . . . . . . 429
La rivoluzione di Francia ed Austria . . . . . . 442
Al redattore del Repubblicano . . . . . . . . 444
Circolare contro il commercio francese . . . . . . 445
Militarismo e centralizzazione in Francia . . . . . 448
La resa di Vienna . . . . . . . . . . . . 450
Manifesto alle « Considerazioni sulle cose d'Italia nel
1848 » . . . , . , . , , , . . . . . 455
Cartelle triumvirali o prestito ai triumviri romani per
i preparativi della prossima guerra . . . .
. . 472
INDICE 527

AU comité démocratique fraçnais, espagnol, italien , . 474


Progetto di invito alla istituzione di una biblioteca
politica italiana . . . . . . . . . . . 476 .
V
AGLI INGLESI SULLE COSE D'ITALIA

Italy . . . . . . . . . , . . . . . . . 481
Prima lettera al Direttore del Times . . . , . . 483
Seconda lettera al Direttore del Times , . . . . . 488
Terza lettera al Direttore del Times . , , , . , 494
Prima lettera al Direttore del Daily News . , . . 500
Seconda lettera al Direttore del Daily News . . . . 505
Terza lettera al Direttore del Daily News . . . . 513
Sugli avvenimenti d'Italia , . . , . . . , . . 519
...

STAMPATO
CON I TIPI DELLA CARTOGRAFICA S. P. A.
VIA DELLE CASINE, II- FIRENZE
FELICE LE MONNIER
CASA EDITRICE - FiRENZE

BIBLIOTECA NAZIONALE
EDIZIONE DELLE O P E R E D I
CARLO CATTANEO
a cura del Comitato Italo-Svizzero

CARLO CATTANEO.Scritti economici,a cura di ALBERTOB E R -


TOLINO.

- Scritti storici e geografici, a cura di GAETANO


SALVEMINI
e di ERNESTO
SESTAN.
Vol. I : pp. XII-436.
V O I . II: pp. IV-440.
VOI. I I I : pp. IV-376.
VOI. Iv: pp. IV-556

- Scrìtti filosofici, a cura di N. BOBBIO.


Vol. I : pp. LXX-498.
VOI. I I : pp. IV-384.
VOI. I I I : pp. IV-4-46.

- Scritti politici, a cura di MARIO Boneschi.


VOI. I: pp. XXIV-448.
Vol. 11: pp. VIII-528.
Vol. III: pp. IV-388.
Vol. IV (in corso di stampa).

Di prossima pubblicazione:
- Scritti Ietterari, artistici e linguistici. Nuova edizione
a cura di MARIO

Ca Casa Ed. F. Le Monnier

Prezzo L. 5.000
[I.V.A. compresa]

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