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Non ingannare

Michelangelo Merisi da Caravaggio, I bari, 1594, Fort Worth, Kimbell Art


Museum

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Caravaggio sceglieva per le sue opere il fotogramma più drammatico, non con la
cinepresa ma con l’occhio interiore. Solo la visione moderna della pittura ha fatto
giustizia, aiutato dal critico dell’arte più importante del Novecento, Roberto Longhi.
La fortuna di questo genio inizierà soltanto nell’Ottocento al tempo di Courbet, suo
degno erede. La pittura del Merisi è “anima e sangue” e noi diventiamo testimoni del
racconto, veri e propri spettatori della scena ed è ovvio che fece scandalo nella Roma
del tempo, dove era richiesta una pittura trascendente con delle figure auliche stile
Raffaello. I protagonisti di Caravaggio sono personaggi di strada e osteria, persone
comuni al servizio della pittura più vera. Era un personaggio particolare certo, rissoso
e amante delle bevute ma bisogna contestualizzare il tutto: la Roma del tempo era
violenta e il maestro non è altro che un uomo del suo tempo.
I bari è un esempio sublime della pittura del maestro: la scena ha come protagonisti
dei giocatori di carte, due dei quali sono d’accordo per battere, con l’imbroglio, il
giovane che si trova alla sinistra del dipinto. Stanno giocando a “zarro”
scommettendo alte cifre in denaro.
Il momento, come tipico dell’arte di Caravaggio, è quello cruciale: uno degli
imbroglioni spia le carte del malcapitato, per poi suggerirle al compagno e la scena
dipinta a tre quarti dà tensione alla scena e mostra la grande abilità nei “moti
dell’animo” del milanese.
Longhi, come sempre sublime, nel suo Caravaggio sostiene “nei due giovani
sottigliezze psichiche percepibili soltanto in quell’ora di luce chiara e trasparente,
come scricchiolii nel silenzio”.57
Nell’opera c’è una condanna ai vizi del gioco, ma anche una visione del mondo e
delle sue dissoluzioni. Il teatro caravaggesco racconta come gli esseri umani per
vincere sono disposti a tutto, anche a essere scorretti. Ma avendo questo
comportamento l’essere umano mente a se stesso non tenendo fede ai suoi valori,
rompendo quel rapporto di fedeltà a sé e alle proprie convinzioni.
Il giudice della tua vita sei tu e ricorda che puoi scappare da tutto, ma non puoi
scappare da te stesso.

57 Giovanni Previtali (a cura di), Roberto Longhi, Caravaggio, Editori riuniti, 1982, p. 22.

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