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Scrivere e Parlare Litaliano Teoria Eser PDF
Scrivere e Parlare Litaliano Teoria Eser PDF
«Il bambino che amerà viaggiare comincia a sei anni a guardare i mappamondi e le carte
geografiche. Inginocchiato nella sua stanza, indifferente a qualsiasi richiamo della madre e del padre,
segna col dito la strada lunghissima che lo conduce per mare e per terra da Roma a Pechino, da
Mosca a Città del Capo, lungo gli andirivieni dei continenti e l’azzurro scuro e chiaro degli oceani.
Sfoglia le carte: si innamora del nome di Bogotà o di Valparaiso, immagina di violare foreste
tropicali e deserti, di scalare l’Everest e il Kilimangiàro, come gli eroi dei suoi libri d’avventura. Così
l’infinito del mondo diventa famigliare e a portata di mano…».
Scrivere e parlare
l’italiano
Teoria - Esercizi
Breve presentazione
Questo volume è costituito di due parti : la prima dedicata alle regole della grammatica
italiana ; la seconda, ad attività di lettura, comprensione e espressione orale e scritta.
La prima sezione del manuale è divisa in otto capitoli, ciascuno dedicato a un argomento
grammaticale : Fonetica e ortografia, Articoli, Sostantivi e aggettivi, Pronomi, Preposizioni,
Verbi, Avverbi, Congiunzioni e avverbi. Gli esempi che illustrano le regole sono tradotti in
francese per facilitarne la comprensione. Ogni capitolo è seguito da esercizi specifici, tra i
quali anche esercizi di traduzione. In alcuni capitoli, sono presenti anche parti dedicate al
confronto tra l’italiano e il francese. Alla fine della sezione, si trova un capitolo di esercizi
dedicato alla ricapitolazione di tutte le regole imparate.
La seconda parte del manuale è composta di 14 unità che hanno come obiettivo l’acquisizione
di competenze di lettura, comprensione e espressione orale e scritta: lo studente imparerà a
presentarsi, a parlare di sé, della sua vita personale e delle sue abitudini, dei suoi gusti nella
moda, nel cibo, nelle vacanze, e a chiedere le stesse informazioni ai compagni di corso e, in
futuro, forse, agli amici italiani. Ogni unità contiene brani riguardanti l’Italia e le sue
tradizioni culturali, letterarie, gastronomiche, ... che permetteranno allo studente di conoscere
meglio il paese di cui studia la lingua. Le unità sono divise in 3 parti: 1. Leggi e comprendi, 2.
Parliamo insieme , 3. Alla scoperta della lingua italiana. La prima rubrica introduce
l’argomento dell’unità, la seconda contiene testi, immagini e esercizi che permetteranno allo
studente di acquisire il lessico necessario per esprimersi sull’argomento trattato nell’unità sia
all’orale (dialoghi a tu per tu, al telefono...) che allo scritto (riassunto, tema, articolo
giornalistico...), la terza contiene un promemoria della grammatica di base. Ogni unità
contiene anche una rubrica di approfondimento che sarà utilizzata soprattutto per arricchire la
conoscenza lessicale. All’inizio di ogni unità sono riportati gli elementi comunicativi, lessicali
e grammaticali che lo studente scoprirà nelle varie attività contenute nell’unità.
Questo manuale copre ampiamente i livelli A1 e A2 del Quadro europeo delle lingue.
Sabina Gola
Parte I
Grammatica italiana
Teoria - Esercizi
I. FONETICA E ORTOGRAFIA
1. L’ALFABETO ITALIANO
a, b, c, d, e , f , g , h , i , l , m , n , o , p , q , r , s , t, u , v , z
Il genere delle lettere può variare a seconda del sostantivo che si sottintende : il suono/il segno
la lettera è maschile (il ‘k’), lettera la lettera è femminile (la ‘k’). La ‘z’ è sempre
femminile.
Si dice:
« dalla a alla zeta »
« mettere i puntini sulle i [o sugli i] »
I suoni vocalici
/a/
/e/ (e chiusa) o /ɛ/ (e aperta)
/i/ o /j/ (semivocale)
/o/ (o chiusa) o /ɔ/ (o aperta)
/u/ o /w/ (semivocale)
I suoni consonantici
/b/, /k/, /t∫/, /d/, /f/, /g/o /dʒ/, /l/, /m/, /n/, /p/, /k(w)/, /r/, /s/o /z/, /t/, /v/, /ts/ o /dz/
Le lettere straniere
1. J (i lunga) /i/, /ʒ/, /dʒ/: Jesolo /ˈjezolo/ , abat-jour /aˈbaˈʒur/, jeans /dʒins/
2. K (kappa, cappa): /k/: kaki (cachi), kimono (chimono), gymkana (gimcana), kamikaze,
karatè, folklore (folclore), mazurka (mazurca), km (chilometro), kg (chilogrammo)
3. W (vu doppia, vu doppio) [v], [w], : wafer /ˈvafer/, Wanda /’vanda/, whisky /ˈwiski/
4. X (ics): /ks/: extra, uxoricidio (parole di origine latina), xenofobo (parole di origine
greca), taxi (tassì), box (parole di origine straniera), xilografia (silografia), lo xilofono
(il silofono)
5. Y (ipsilon, i greco): /i/: yogurt /ˈjɔgurt/
DITTONGO E TRITTONGO
1. precedono le vocali a, e, o (dittongo ascendente : ia, ie, io, ua, ue, uo)
lieto (content), il fiore (la fleur), il fiume (le fleuve), guasto (gâté, en panne), la guerra
(la guerre), buono (bon), la guida (le guide)
In questo caso i e u sono considerate semiconsonanti.
Si parla di trittongo quando le vocali i e u si trovano insieme a un’altra vocale (uoi, uai,
iuo) :
a
vuoi (2 persona del verbo « volere », tu vuoi/tu veux), i guai (les dégâts), il figliuolo (le petit,
mon fils, fiston), premiai (passato remoto del verbo « premiare »/recompenser), miei
(aggettivo possessivo, maschile plurale, mes)
IATO
2. ACCENTO TONICO
In ogni parola, che sia costituita da una sillaba, due, tre o più, c’è una sillaba pronunciata in
modo più intenso rispetto alle altre. Su questa sillaba, chiamata sillaba tonica, cade l’accento
tonico.
In italiano è obbligatorio esprimere graficamente l’accento tonico quando cade sulla vocale
finale della prima sillaba (le sillabe si contano dalla fine della parola): es. città (ville), virtù
(vertu), popolarità (popularité), già (déjà), lì (là), là (là) (con accento grave) ... perché
(pourquoi/parce que), quarantatré (quarante-trois) (con accento acuto).
In alcuni casi la presenza dell’accento grafico può aiutarci a distinguere due parole che hanno
la stessa forma ma due significati diversi:
a
- è (3 persona del verbo «essere»)/ e (congiunzione)
- né (negazione)/ne (pronome)
Giulia non ama né la pasta né il pane. (Giulia n’aime ni les pâtes ni le pain.)
Il bambino ne vuole un po’. (L’enfant en veut un peu.)
- sé (pronome)/se (congiunzione)
Il professore porta con sé i quaderni degli studenti. (Le professeur porte les cahiers des
étudiants avec lui.)
Se piove, Marco non esce. (S’il pleut, Marc ne sort pas.)
Il museo si trova lì, vicino alla stazione. (Le musée se trouve là, près de la gare.)
La ragazza non li vede. (La jeune fille ne les voit pas.)
- tè (nome)/te (pronome)
- sì (avverbio)/si (pronome)
Per dividere una parola in sillabe, si deve tener conto dei seguenti casi:
3. una consonante doppia si divide: l’una appartiene alla sillaba che precede, l’altra alla
sillaba che segue:
pal-lo-ne; tor-re; soq-qua-dro; ac-qua
4. gruppi di due o più consonanti all’inizio di una parola si uniscono con la vocale che
segue per formare una sillaba:
tra-gi-co; pra-ti-ca; stra-da
5. la “s” impura (“s” seguita da una o più consonanti) appartiene sempre alla sillaba che
segue:
a-stro; pa-sco-la-re
6. i gruppi di due o tre consonanti che non si trovano all’inizio di parola si dividono così:
la prima consonante si unisce alla vocale che precede; l’altra, o le altre, con la vocale
della sillaba che segue.
om-brel-lo, en-tra-ta; pol-tro, na
9. gruppi di due o tre lettere usati per trascrivere un solo suono (digrammi o trigrammi)
non si dividono mai:
fi-gli, le-gno, chie-sa, a-mi-che, la-ghi, ghe-par-do , sci-mi-tar-ra, a-sce-ta, ca-mi- cia,
cioc-co, ciu-co, giac-ca, gio-co, giu-ra-to, lu-glio; scia-re
4. USO DELL’APOSTROFO
- gli articoli determinativi “lo” (maschile singolare), “la” (femminile singolare) : lo asino
l’asino (l’âne) ; la acqua l’acqua (l’eau)
- l’articolo indeterminativo “una” : una ape un’ape (une abeille)
- gli aggettivi dimostrativi “questo/a” (ce, cet, cette) “quello/a” (ce, cet, cette): questa opera
quest’opera (cette oeuvre), quello anno quell’anno (cette année là)
- le preposizioni articolate (con l’articolo determinativo « lo ») : lo insetto l’insetto
dell’insetto (de l’insect)
- gli aggettivi “bello/a”(bel/belle/beau) e “santo/a” (saint/sainte) : un bello appartamento un
bell’appartamento (un bel appartement) ; una bella immagine una bell’immagine (sono
corrette entrambe le forme) (une belle image), Santo Ambrogio Sant’Ambrogio, Santa
Agata Sant’Agata
- la particella « ci » davanti alle forme del verbo « essere » (être) che iniziano per « e »: c’era
una volta (il était une fois), non c’è più (Il n’est plus là).
L ́apostrofo non si deve mettere con:
- il plurale dell’articolo determinativo « le » (femminile plurale):
le aquile (les aigles)
- il plurale dell’aggettivo dimostrativo « questo » - questi questi asini (ces ânes)
- il plurale dell’ aggettivo « santo »: Santi Angelo e Tommaso
- i pronomi personali complemento oggetto alla forma plurale « li » e « le » : (Io) li amo (Je
les aime), (Tu) li ammiri (Tu les admires).
- la preposizione « da » (tranne in espressioni come d’altronde/d’ailleurs, d’ora in poi/à
partir de maintenant, d’accordo/d’accord, d’altra parte/d’autre part)
- gli articoli determinativi « lo » (maschile singolare), « la » (femminile singolare) : quando
la parola inizia con un dittongo ascendente: lo iodio (l’iode), la iena (la hyène), ma l’uomo
(l’homme), l’uovo (l’œuf)
- l’articolo indeterminativo « una » quando la parola inizia con un dittongo ascendente: « una
iena (une hyène).
- parole tronche come « un », « tal », « qual » :
L’apostrofo è facoltativo con :
- la congiunzione « anche » : Anch’io/anche io (Moi aussi)
5. ELISIONE E TRONCAMENTO
Elisione: caduta della vocale atona (non accentata) a fine parola quando la parola successiva
inizia per vocale. Al posto della vocale si mette l’apostrofo.
L’elisione si ha con:
- gli articoli determinativi « la » e « lo » (e anche con le preposizioni che contengono questi
articoli) : l’erba (l’herbe), l’amo (l’hameçon), l’imbuto (l’entonnoir), dell’uomo (de
l’homme), nell’acqua (dans l’eau)
- gli aggettivi dimostrativi « questo/a », « quello/a »
- gli aggettivi « bello/a » e « santo/a »
- i pronomi complemento oggetto al singolare « la » (femminile) e « lo » (maschile), seguiti
dal verbo « avere » : L’ho visto. (Je l’ai vu.), L’abbiamo guardata. (Nous l’avons regardée.)
Troncamento: soppressione dell’ultima vocale o sillaba (se non è accentata o si trova alla
fine della frase) di un verbo o di un sostantivo. La vocale che cade deve essere preceduta da
/l/, /r/, /m/ o /n/. La vocale non deve essere /a/ (eccezione nella parola « suora » seguita da
nome proprio e l’avverbio « ora » e i suoi composti), né /i/ se indica un plurale.
- gli aggettivi bello (bel), quello (quel), grande (gran), santo (san): un bel paesaggio (un beau
paysage), quel ragazzo (ce garçon là), un gran buffone (un grand pitre)
- l’articolo indeterminativo « un »: un accento (un accent)
- gli aggettivi indefiniti « nessun », « ciascun », « alcun » (che si comportano come l’articolo
indeterminativo maschile « un »): nessun articolo (aucun article), ciascun
candidato (chaque
candidat), alcun difetto (aucun défaut)
- il pronome interrogativo « quale » (invariabile al maschile e femminile singolare) : Qual è il
tuo parere? (Quelle est ton opinion?)
- l’aggettivo buono: buon appetito (bon appétit), buon giorno (bonjour)
- le parole « frate » e « suora » : fra Cristoforo (frère), suor Cecilia (sœur)
Il troncamento non viene indicato con nessun segno grafico, tranne per « poco » po’ (peu),
e gli imperativi va’(va), da’(donne), sta’(reste), di’(dis), fa’(fais).
2. « g » non raddoppia nelle parole che terminano per « -ione » : « prigione »/prison,
« guarnigione »/garnison
7. LA LETTERA MAIUSCOLA
3. nomi propri di animali : Rex, Xanto e Balio (cavalli immortali della mitologia greca)
11. dei corpi celesti : Venere, Saturno, (Terra, Sole solo in ambito astronomico)
19. punti cardinali : L’Italia del Nord-Est; L’America del Sud (quando indicano una
zona geografica precisa)
22. i titoli dei libri o delle opere d’arte : I Promessi Sposi, La Divina Commedia
Con i nomi dei popoli si usa la minuscola se sono aggettivi (« italiani », « americani ») o se si
riferiscono a un solo individuo (« l’italiano »). La lettera maiuscola si usa per distinguere i
popoli antichi da quelli moderni (« i Romani »/gli antichi romani, « i romani »)
8. LE VOCALI
LE VOCALI « E » - « O »
melanzana /melanˈdzana/
terremoto /terreˈmɔto/
secondo /seˈkondo/
VOCALE + M, N
entrata /enˈtrata/
importante /imporˈtante/
interessante /interesˈsante/
ombra /ˈombra/
unghia /ˈungja/
9. LE CONSONANTI
toc toc
tic tac
bloc notes
9.2.2. ce/cie
le camicie (les chemises), il cieco (l’aveugle), il cielo (le ciel), la crociera (la croisière),
efficiente (efficace), la società (la société), la/le specie (l’espèce), sufficiente (suffisant), la
superficie (la superficie)
9.2.3. ge/gie
DIGRAMMI2
la china (l’encre)
che (qui/que)
Eccezioni: /gl/: la glicerina (la glycérine), la glicemia (la glycémie), il geroglifico (le
hiéroglyphe), negligente (négligent), il glicine (la glycine), anglicano (anglican)
9.3.6. gl /gl/+ o, a, u, e
il sogno (le rêve), la legna (le bois), l’agnello (l’agneau), ogni (chaque)
verbi in -gnare: sognare/rêver, insegnare/enseigner ...: sogniamo, insegniamo (indicativo
pres.), insegniate (congiuntivo pres.)
la scimmia (le singe), la scena (la scène), la scia (le sillage, l’effluve)
TRIGRAMMI
la maglia (le jersey), l’aglio (l’ail), sbagliare (se tromper), l’asciugamano (la serviette), sciare
(skier), lascio (je laisse), sciupare (abîmer, gaspiller)
«Q[U]»
Q + U + a, e, i, o (sempre)
qua (ici), la quercia (le chêne), qui (ici), la quota (altitude, participation, cotisation)
QQ - soQQUadro
- serve per dare suono gutturale a ‘c’ e ‘g’ (chi /ki/, ghi /gi/, che /ke/, ghe /ge/):
la chiesa (l’église), la
ghirlanda (la couronne)
a a a a
- in alcune voci del verbo «avere»/avoir: ho, hai, ha (1 , 2 , 3 , p. sing.) hanno (3 p. plur.)
- nelle esclamazioni: oh!, ahi!, eh!, uh!
10. ESERCIZI
LEGGERE
La barca (le bateau) L’europeo Il pulcino (le Trenta (trente) L’acqua (l’eau)
(l’européen) poussin)
Il figlio (le fils) Lunghi (longs) La chiesa (l’église) La cozza (la moule) La mamma
(maman)
Guardare (regarder) La squadra La crosta (la croûte) Questo (ce) Il collo (le cou, le
(l’équipe) col)
La paglia (la paille) L’aurora (le lever du Chianti Il sangue (le sang) La zucca (le
soleil) potiron)
Il quotidiano (le La città (la ville) Pizza La schiena (le dos) La sala (la salle)
quotidien)
La notizia (la Il bacio (le baiser) Margherita Lo sciame Il pazzo (le fou)
nouvelle) (l’essaim)
Autobus I tuoi (les tiens) La cifra (le chiffre) La moglie (l’épouse, La zampa (la patte)
la femme)
L’aiuola (le Lo zucchero (le Certo (sûr) Il chirurgo (le Quindi (donc)
parterre) sucre) chirurgien)
La neurologia Cento (cent) La cena (le souper) La chitarra (la La rosa (la rose)
guitare)
Cauto (prudent) Qualche (quelques) La scena (la scène) La legge (la lois) La zanzara (le
moustique)
Il gufo (le hibou) Lo scienziato (le La marca (la Chiaro (clair) Pensare (penser)
scientifique) marque)
Il portafoglio (le La famiglia (la La marcia (la Il quadro (la Lo sdegno (le
portefeuil) famille) marche) peinture) dédain)
Tanto (beaucoup) Lo scioglilingua Lo schema (le Ghiotto (gourmand) Il giorno (le jour)
(exercice de diction) schéma)
Lo schermo Il pesce (le poisson) La scema (stupide) La quota (la part) Scegliere (choisir)
(l’écran)
Nascosto (caché) Sciare (skier) Il gallo (le coq) Declamare (réciter) La nascita (la
naissance)
Chiacchierare Giostra (le manège) Giallo (jaune) Acceso (allumé) Sciupare (abîmer)
(bavarder)
DETTATI
a. Mio padre e l’alcol. Un argomento che non si poteva toccare. Da bambino lo vedevo
bere un bicchiere di vino dietro l’altro e volevo imitarlo. Il vino è per i grandi, diceva
mia madre, sporcando appena l’acqua con un po’ di colore. Soltanto qualche anno
dopo ho capito che il vino non era per tutti i grandi, ma per pochi. Quei pochi erano
come le auto, invece di andare avanti a benzina andavano ad alcol.
La mattina mentre mangiavo il pane con il caffellatte, lui versava nella sua tazza le
stesse proporzioni di caffè nero e grappa. Alle otto di sera, non era quasi mai a casa.
Mia madre mi mandava a chiamarlo. Trovarlo era facile, i bar e le osterie che
frequentava non erano più di tre o quattro. Dentro di me speravo sempre che non ci
fosse ; che avesse avuto un incidente. Invece, ogni volta, lo trovavo. Vedevo la sua
schiena massiccia, era seduto a un tavolino con gli amici. Parlava a voce alta,
gesticolava. I suoi amici erano come lui, lo trovavano divertente. In effetti mio padre a
loro raccontava un mucchio di cose, era molto diverso, era molto diverso : a casa non
diceva una sola parola...
Dopo cena si metteva in poltrona. Il più delle volte si addormentava davanti alla
televisione. Quando il sonno non arrivava, si metteva a commentare i programmi a
voce alta, una specie di continuo borbottio.
Io avevo un sacro terrore dell’alcol. Lo vedevo come qualcosa che entrava dentro e
guastava le persone.
(Susanna Tamaro, Anima Mundi, 1997)
b. Verso mezzogiorno la piccola casa aveva cominciato a riempirsi di gente. Prima era
arrivata la sorella Natalia, con suo marito e i tre figli, poi la zia Pastora e due dei suoi
nipotini. Insieme a loro, era arrivata un’altra sua sorella con il marito, quattro bambini
e tre compagni del giornale di Francesco.
Le donne avevano portato del formaggio fresco, mais cotto e anche un polletto vivo.
Qualcuno aveva tirato fuori bottiglie di birra e coca cola. Mentre gli adulti si
salutavano e chiacchieravano, i bambini si erano messi a giocare con gli animali. Uno
di loro cercava di tirar giù dal tetto a scopate il pappagallo. Un altro era scoppiato a
piangere, perché era stato graffiato dal gatto mentre cercava di afferrarlo per la coda. Il
felino era fuggito verso i campi di caffé, il pappagallo non aveva avuto tanta fortuna.
Alle due avevano pranzato. Avevano dovuto attendere che il pollo venisse sacrificato e
cotto, perché la dozzina di pesci non era sufficiente a sfamare tutto quel reggimento. -
Ci vorrebbe un santo, in questa casa, per fare qualche miracolo - si era lamentata la
madre.
Alla fine del pranzo erano passati in terrazza, si erano seduti e si erano messi a parlare
del più e del meno. La madre aveva cominciato a informarsi sui parenti che non erano
venuti, mentre gli ospiti facevano domande a Francesco che rispondeva per
monosillabi.
(adattamento da Carlos Rodriguez, Il volo dei pappagalli)
c. La città dei gatti e la città degli uomini stanno l’una dentro l’altra, ma non sono la
medesima città. Pochi gatti ricordano il tempo in cui non c’era differenza : le strade e
le piazze degli uomini erano anche strade e piazze dei gatti, e i prati, e i cortili, e i
balconi, e le fontane : si viveva in uno spazio largo e vario. Ma già ormai da più
generazioni i felini domestici sono prigionieri di una città inabitabile […].
Marcovaldo, certe volte, per passare il tempo, seguiva un gatto. Era l’intervallo del
lavoro tra la mezza e le tre, quando, tranne Marcovaldo, tutto il personale andava a
casa a mangiare, e lui – che si portava la colazione nella borsa – apparecchiava tra le
casse del magazzino, masticava il suo boccone, fumava un mezzo toscano […]. Aveva
fatto amicizia con un soriano, ben pasciuto, fiocco celeste al collo, certamente
alloggiato presso qualche famiglia benestante. Questo soriano aveva in comune con
Marcovaldo l’abitudine della passeggiata di primo dopopranzo : ne nacque
naturalmente un’amicizia. […].
[…] E un giorno fu proprio il soriano a guidarlo alla scoperta del grande Ristorante
Biarritz. Chi voleva vedere il Ristorante Biarritz non aveva che da assumere la statura
d’un gatto, … Gatto e uomo in questo modo camminavano intorno a una specie di
cupola, ai cui piedi davano certi bassi finestrini rettangolari. […].Ma più che i
finestrini della sala erano quelli sulle cucine a interessare il gatto […] ed era appunto
dalla parte delle cucine che il soriano voleva guidare Marcovaldo, o per un gesto
d’amicizia disinteressata o perché piuttosto sperava nell’aiuto dell’uomo per una delle
sue incursioni.
(Il giardino dei gatti ostinati, da Marcovaldo di Italo Calvino, 1963)
d. Una donna che si chiamava Adriana si alzò nella sua casa nuova. Nevicava. Quel
giorno era il suo compleanno. Aveva quarantatré anni. La casa era in aperta campagna.
In distanza si vedeva il paese, situato su una collinetta. Il paese era a due chilometri.
La città era a quindici chilometri. Essa abitava da dieci giorni in quella casa. Infilò una
vestaglia di velo color tabacco. ... Scese in cucina e si fece una tazza di orzo Bimbo, e
ci inzuppò diversi biscotti. Sul tavolo c’erano delle bucce di mela e le radunò in un
giornale destinandole a dei conigli, che non aveva ancora ma aspettava perché glieli
aveva promessi il lattaio. Poi andò nel soggiorno e spalancò le imposte. Nello
specchio che era dietro il divano salutò e contemplò la sua alta persona, i suoi corti e
ondulati capelli colore del rame, la testa piccola e il collo lungo e forte, gli occhi verdi
larghi e tristi. Poi sedette alla scrivania e scrisse una lettera al suo unico figlio
maschio.
« Caro Michele » scrisse. « Ti scrivo soprattutto per dirti che tuo padre sta male. Vai a
trovarlo. Dice che non ti vede da molti giorni. Io ci sono andata ieri. Era il primo
giovedì del mese. Lo aspettavo da Canova e lì mi ha telefonato il cameriere che lui
stava male. Così sono salita su. Era a letto. Mi è sembrato molto sciupato. Ha le borse
sotto gli occhi e un brutto colore. Ha dolori alla bocca dello stomaco. Non mangia più
niente. Naturalmente continua a fumare.
e. La pianta (così, semplicemente, essa era chiamata, come se ogni nome più preciso
fosse inutile in un ambiente in cui a essa sola toccava di rappresentare il regno
vegetale) era entrata nella vita di Marcovaldo tanto da dominare i suoi pensieri in ogni
ora del giorno e della notte. Lo sguardo con cui egli guardava il cielo non era più
quello del cittadino che si domanda se deve o no prendere l’ombrello, ma quello
dell’agricoltore che di giorno in giorno aspetta la fine della siccità. E appena, alzando
il capo dal lavoro, vedeva controluce, fuori della finestrella del magazzino, la cortina
di pioggia che aveva cominciato a scendere fitta e silenziosa, lasciava lì tutto, correva
alla pianta, prendeva in braccio il vaso e lo posava fuori, in cortile.
La pianta, a sentir l’acqua che le scorreva per le foglie, pareva espandersi per offrire
più superficie possibile alle gocce, e dalla gioia colorarsi del suo verde più brillante : o
almeno così sembrava a Marcovaldo che si fermava a contemplarla dimenticandosi di
mettersi al riparo.
Restavano lì in cortile, uomo e pianta, l’uno di fronte all’altra, l’uomo quasi provando
sensazioni da pianta sotto la pioggia, la pianta – disabituata all’aria aperta e ai
fenomeni della natura – sbalordita quasi quanto un uomo che si trovi improvvisamente
bagnato dalla testa ai piedi e coi vestiti zuppi. Marcovaldo, a naso in su, assaporava
l’odore della pioggia, un odore – per lui – già di boschi e di prati, e andava inseguendo
con la mente dei ricordi indistinti.
(La pioggia e le foglie, da Marcovaldo di Italo Calvino, 1963)
g. 22 dicembre
Oggi, dopo la colazione, sono andata in salotto e ho cominciato ad allestire il presepe
al solito posto, vicino al camino. Per prima cosa ho sistemato la carta verde, poi i
pezzetti di muschio secco, le palme, la capanna con dentro San Giuseppe e la
Madonna, il bue e l’asinello e sparsa intorno la folla di pastori, le donne con le oche, i
suonatori, i maiali, i pescatori, i galli e le galline, le pecor e i caproni. Con il nastro
adesivo, sopra il paesaggio, ho sistemato la carta blu del cielo ; la stella cometa l’ho
messa nella tasca destra della vestaglia, in quella sinistra i Re Magi ; poi sono andata
dall’altro lato della stanza e ho appeso la stella sulla credenza ; sotto un po’ distante,
ho disposto la fila dei Re e dei cammelli.
Ti ricordi ? Quand’eri piccola, con il furore di coerenza che contraddistingue i
bambini, non sopportavi che la stella e i tre Re stessero fin dall’inizio vicino al
presepe. Dovevano stare lontano e avanzare piano piano, la stella un po’ avanti e i tre
Re subito dietro. Allo stesso modo non sopportavi che Gesù Bambino stesse prima del
tempo nella greppia e così dal cielo lo facevamo planare nella stalla alla mezzanotte in
punto del ventiquattro. Mentre sistemavo le pecore sul loro tappetino verde mi è
tornata in mente un’altra cosa che amavi fare con il presepe, un gioco che avevi
inventato tu e non ti stufavi mai di ripetere. Per farlo, all’inizio, credo che tu ti sia
ispirata alla Pasqua. Per Pasqua, infatti, avevo l’abitudine di nasconderti le uova
colorate nel giardino. Per Natale invece delle uova tu nascondevi le pecorelle, quando
io non vedevo ne prendevi una dal gregge e la mettevi nei luoghi più impensati, poi mi
raggiungevi dov’ero e cominciavi a belare con voce disperata. Allora iniziava la
ricerca, lasciavo ciò che stavo facendo e con te dietro che ridevi e belavi giravo per la
casa dicendo : « Dove sei pecorella smarrita ? Fatti trovare che ti porto in salvo ».
(Susanna Tamaro, Va’ dove ti porta il cuore, 1994)
i. Malpelo se li lisciava sulle gambe quei calzoni di fustagno quasi nuovi, e gli pareva
che fossero dolci e lisci come le mani del babbo che solevano accarezzargli i capelli,
così ruvidi e rossi com’erano. Quelle scarpe le aveva appese ad un chiodo, sul
saccone, quasi fossero state le pantofole del papa, e la domenica se le pigliava in
mano, le lustrava e se le provava; poi le metteva per terra, l’una accanto all’altra, e
stava a contemplarsele coi gomiti sui ginocchi, e il mento nelle palme per delle ore
intere, rimuginando chi sa quali idee in quel cervallo strano.
Egli aveva delle idee strane. Malpelo! Siccome aveva ereditato anche il piccone e la
zappa del padre, se ne serviva, quantunque fossero troppo pesanti per l’età sua; e
quando gli avevano chiesto di venderli, e di pagarglieli come nuovi, egli aveva
risposto no. Che suo padre li ha resi così lisci e lucenti nel manico colle sue mani, ed
egli non avrebbe potuto farsene degli altri più lisci e lucenti di quelli, se ci avesse
lavorato cento e poi cento anni.
(Giovanni Verga, Rosso Malpelo, 1880)
L’articolo maschile « il » (plurale « i ») si usa davanti ai nomi maschili che iniziano per
consonante tranne nei casi seguenti, per i quali l’articolo da usare è « lo » al singolare e «gli »
al plurale:
L’articolo « lo » davanti ai nomi maschili che iniziano per vocale si elide : l’oro/l’or.
L’articolo maschile plurale ‘gli’ si può elidere unicamente davanti alle parole che iniziano per
‘i’ : gl’italiani/les Italiens, ma non è obbligatorio.
L’articolo femminile ‘la’ (plurale ‘le’) si usa davanti ai nomi femminili che iniziano per
consonante : la tazza/le tazze (la tasse/les tasses).
Quando un nome inizia per vocale, l’articolo ‘la’ si elide e diventa ‘l’’ : l’ape/l’abeille. Il
plurale rimane ‘le’ e non si apostrofa : le api/les abeilles.
il gatto/le chat
la casa/la maison
Gli articoli indeterminativi maschili e femminili, al singolare, seguono le stesse regole degli
articoli determinativi, tranne nel caso di ‘un’ che davanti a un nome maschile che inizia per
vocale non si apostrofa : un artista/un artiste. Si apostrofa però al femminile un’artista/une
artiste.
un bicchiere/un verre
una mela/une pomme
Di solito, davanti ai nomi stranieri, l’articolo viene scelto in base alla pronuncia della parola
straniera e si segue la regola dei nomi italiani : lo yogurt (pronunciato come lo iodio), lo
chalet (pronunciato come lo scialle), il jogging (pronunciato come il gioco), il chador
(pronunciato come il cianuro).
l’habitué/un habitué (la ‘h’ è muta) quindi è come se il sostantivo cominciasse per ‘a’ ; l’/un
hamburger, l’/un harem, l’/un hotel
se la ‘w’ si pronuncia [v] come in wafer /ˈvafer/, l’articolo che precede è ‘il’ o
-
‘un’
- se la ‘w’ si pronuncia [u] come in whisky /ˈwiski/, l’articolo determinativo che
precede può essere ‘il’ (la u è considerata semiconsonate), ‘lo’o ‘l’’ (la u è
considerata come vocale). L’articolo indeterminativo è invece sempre ‘un’.
Ma sempre ‘il/un week-end’.
5. L’ARTICOLO PARTITIVO
Singolare
Plurale
L’articolo partitivo, al singolare e al plurale, è usato per esprimere una quantità indeterminata:
Se il soggetto della frase è al singolare e precede il gruppo verbale (ad esempio nella frase
passiva) l’articolo partitivo è obbligatorio:
- il sostantivo è al plurale
- negli elenchi
Ma viene sempre omesso nelle espressioni : ho sete/j’ai soif, ho fame/j’ai faim, ho sonno/J’ai
sommeil, ho paura/j’ai peur
- Vado al cinema con degli amici. (partitivo)/Je vais au cinéma avec des amis.
- Vado al cinema con alcuni amici. (pochi amici/peu d’amis, pas un grand groupe)
- Vado al cinema con certi amici. (si sottintende un certo tipo di amici/doute sur la qualité
des amis)
oppure omesso :
6. ESERCIZI
...... piede (m.s.) ; ...... banana (f.s.); ...... torre (f.s.) ; ...... disegno (m.s.) ; ...... capacità
(f.s.) ; ...... ghirlande (f.p.) ; ...... fiore (m.s.) ; ...... ragni (m.p.) ; ...... naso (m.s.) ; ......
problema (m.s.); ...... città (f.s.); ...... amiche (f.p.); ...... cielo (m.s.); ...... piazza (f.s.); ......
letti (m.p.); ...... mare (m.s.); ...... zeri (m.p.); ...... uomo (m.s.); ...... mani (f.p.); ...... medici
(m.p.).
- ...... ...... schermo (m.s.) ; b. ...... ...... ambasciata (f.s.) ; c. ...... ...... cifra (f.s.) ; d. ......
...... stracci (m.p.) ; e. ...... ...... americano (m.s.) ; f. ...... ...... mattone (m.s.) ; g. ...... ......
nascita (f.s.) ; h. ...... ...... ...... ...... giornalista (f/m s.) ; i. ...... ...... amici (m.p.) ; l. ...... ......
medico (m.s.)
1. IL GENERE
Per gli oggetti, il genere grammaticale è stabilito sulla base di una convenzione linguistica:
1. i nomi dei colori : il rosso (le rouge), il verde (le vert), il giallo (le jaune)
2. i nomi degli alberi : il ciliegio (le cérisier), il melo (le pommier), l’albicocco
(l’abricotier)
3. i nomi dei metalli : il ferro (le fer), l’argent (l’argent), l’oro (l’or)
4. i nomi dei mesi e dei giorni della settimana : agosto (août), marzo (mars), settembre
(septembre), il lunedì (le lundi), il giovedì (le jeudi), ma la domenica (le dimanche)
5. i nomi dei mari, delle montagne, dei laghi, dei fiumi : il Mediterraneo (la
Méditerranée),
il Monte Bianco (le Mont Blanc), il Garda (le lac de Garde), il
Tevere (le Tibre)
7. i nomi dei punti cardinali : il nord (le nord), il sud (le sud), l’est (l’est), l’ovest (l’ouest)
1. I nomi dei frutti : la ciliegia (la cerise), la mela (la pomme), l’albicocca (l’abricot)
2. I nomi delle scienze e dei concetti astratti : la filosofia (la philosophie), la matematica
(les mathématiques), la linguistica (la linguistique), la speranza (l’espoir), la libertà (la
liberté), l’illusione (l’illusion)
3. I nomi delle attività militari : la guardia (le garde), la sentinella (la sentinelle), l’armata
(l’armée)
4. I nomi delle città, delle isole, delle regioni, delle nazioni, dei continenti : la Roma
papale
(La Rome des papes), la Firenze rinascimentale (La Florence de la
Renaissance), la Sardegna (la Sardègne), la Sicilia (la Sicile), la Lombardia (la
Lombardie), la Francia (La France), la Danimarca (le Danemark), l’America
(l’Amérique), l’Asia (l’Asie)
• Se la parola è piana (l’accento tonico cade sulla penultima sillaba), la desinenza del
plurale è -chi/-ghi:
il te/de/s-co (l’allemand)1 i te/de/s- chi (les allemands)
l’a/go (l’aiguille) gli a/ghi (les aiguilles)
il fuoco (le feu) → i fuochi (les feux)
il dittongo (le diphtongue) → i dittonghi (les diphtongues)
Eccezioni :
l’amico (l’ami)→ gli amici (les amis) ; il greco (le grec)→ i greci (les grecs) ; il porco (le
cochon) →i porci (les cochons)
• Se la parola è sdrucciola (l’accento tonico cade sulla terzultima sillaba), la desinenza del
plurale è –ci.
il me/di/-co (le médecin) i me/di/-ci (les médecins)
l’a/spa/ra/go (l’aspèrge) gli a/spa/ra/gi (les asperges)
Eccezioni :
1 La lineetta (-) sotto la parola indica la sillaba sulla quale cade l’accento tonico.
Ma :
- il plurale di « arma » (arme) è « armi »
- il plurale di « ala » (aile) è « ali ».
In questi nomi la ‘i’ della desinenza è solo grafica ; le desinenze plurali -ce/-ge e -cie, -gie si
pronunciano nello stesso modo.
la col-f (la collaboratrice familiare) (la femme d’ouvrage) le colf (les femmes d’ouvrage)
la fame (la faim), la sete (la soif), la pietà (la pitié), la pazienza (la patience), la sapienza (la
sagesse/le savoir), l’umiltà (l’humilité), la superbia (l’orgueil), la malaria (le paludisme), il
vaiolo (la variole), il sangue (le sang), il pepe (le poivre), il coraggio (le courage), il grano (le
blé), l’ossigeno (l’oxygène), il latte (le lait) ...
i pantaloni (le pantalon), gli occhiali (les lunettes), le forbici (les ciseaux), le manette (les
menottes), le fondamenta (les fondations), le nozze (les noces), le dimissioni (la démission), le
ferie (les congés), le spezie (les épices), gli spiccioli (la monnaie), i posteri (les descendants),
i viveri (les vivres) ...
l’uovo (l’oeuf) → le uova, il centinaio (une centaine) → le centinaia, il carcere (la prison) →
le carceri, il migliaio (un millier) → le migliaia, il miglio (un mille) → le miglia, il paio (la
paire) → le paia, il riso (le rire) → le risa
• il grido (le cri) → i gridi/le grida : al maschile sono degli animali, al femminile degli
uomini
• l’urlo (le hurlement) → gli urli/le urla : al maschile sono degli animali, al femminile
degli uomini
• il lenzuolo (le drap de lit) → i lenzuoli/le lenzuola : al maschile quando sono presi uno
per uno ; al femminile quando si considera il paio di lenzuola
• l’osso (l’os) → gli ossi, le ossa → al maschile quando sono presi uno per uno ; al
femminile quando si considerano tutte le ossa del corpo
• il dito (le doigt) →le dita /i diti: al maschile quando sono presi uno per uno ; al
femminile quando si considerano tutte le dita della mano
Non c’è variazione di significato per il ginocchio (le genou) → i ginocchi/le ginocchia, il
vestigio (les vestiges) → i vestigi/le vestigia
4.1.1. Sostantivi
4.1.2. Aggettivi
Dolce: sucré/doux
Anche se ha una macchina ancora nuova, vuole comprarne una nuova (un’altra).
Même s’il a une voiture encore neuve, il veut en acheter une nouvelle (une autre).
SOSTANTIVO + SOSTANTIVO
SOSTANTIVO + AGGETTIVO
Il caposaldo i capisaldi
La cassaforte le casseforti
Il palcoscenico i palcoscenici (eccezione)
AGGETTIVO + SOSTANTIVO
Il francobollo i francobolli
Il mezzogiorno i mezzogiorni
La mezzanotte le mezzenotti (eccezione)
La mezzaluna le mezzelune (eccezione)
L’altoforno gli altiforni (eccezione)
Il purosangue i purosangue (eccezione)
VERBO + SOSTANTIVO
VERBO + VERBO
VERBO + AVVERBIO
Il viavai i viavai
Il doposcuola i doposcuola
Il sottoscala i sottoscala
Il sottopassaggio i sottopassaggi
La sottoveste le sottovesti
Eccezione: Pomodoro pomodori pomidori (pop.), pomidoro (reg.)
6. GLI AGGETTIVI
1. gli aggettivi che finiscono per « a/o » al femminile e al maschile singolare e per « e/i »
al femminile e al maschile plurale (es. piccolo/piccola, piccoli/piccole –
petit/petite, petits/petites) ;
2. quelli che finiscono per « e » al femminile e al maschile singolare e per « i » al plurale
(grande/grandi - grand/grande – grands/grandes) ;
3. quelli che finiscono per « a » al femminile e al maschile singolare e per « i/e » al
femminile o al maschile plurale (ottimista/ottimisti, ottimiste –
optimiste/optimistes).
Gli aggettivi che al singolare finiscono per « co/ca », « go/ga », « io/ia », « cia/gia » (solo al
femminile) seguono per la formazione del plurale le stesse regole dei nomi.
altri sono invariabili nel genere e nel numero (blu/bleu, rosa/rose, lilla/lilas, viola/violet-
violette, fucsia/fuchsia).
Arancione/orange, marrone/brun et verde/vert sono invariabili nel genere ma non nel numero.
m.s.: Il maglione è arancione, marrone e verde./Le pull est orange, brun et vert.
m.p.: I maglioni sono arancioni, marroni e verdi./ Les pulls sont orange, bruns et verts.
f.s.: La gonna è arancione, marrone e verde./La jupe est orange, brune et verte.
f.p.: Les gonne sono arancioni, marroni e verdi./ Les jupes sont orange, brunes et vertes.
Sono tutti invariabili nel genere e nel numero se sono seguiti da un altro aggettivo :
LA SUFFISSAZIONE (CENNI)
-ezza (debole→debolezza)
-ìa (codardo→codardìa)
-izia (pigro→pigrizia)
-itudine (inetto→inettitudine)
-anza (arrogante→arroganza)
-enza (paziente→pazienza)
-ismo (ateo→ateismo)
-esimo (umano→umanesimo)
-ato (sfortuna→sfortunato)
-uto (baffi→baffuto)
-are (spettacolo→spettacolare)
-ale (musica→musicale)
-igno (sangue→sanguigno)
-ile (giovane→giovanile)
-evole (amico→amichevole)
-istico (arte→artistico)
-astico (entusiasmo→entusiastico)
-ifico (pace→pacifico)
-orio (illusione→illusorio)
-oso (noia→noioso)
L’aggettivo «quello» (masc.) subisce delle trasformazioni fonetiche che seguono le stesse
regole dell’articolo determinativo.
“Questo” indica un essere animato o un oggetto vicino a chi parla; “quello” indica un essere
animato o un oggetto lontano da chi parla e da chi ascolta.
6.3.1. Questo/quello
Questo Questi
Quel Quei
Quell’ Quegli
Quello Quegli
Questa Queste
Quella Quelle
Quell’ Quelle
Si accordano in genere e numero con il nome cui si riferiscono e che indica la cosa posseduta,
ma sono determinati dal soggetto.
Gli studenti (3a p. plur.) devono firmare la loro (degli studenti) domanda d’iscrizione
(domanda: nome femminile singolare).
Les étudiants doivent signer leur demande d’inscription.
o un oggetto :
La casa si trova all’angolo della strada, le sue finestre sono grandi e hanno le persiane verdi.
La maison se trouve au coin de la rue, ses fenêtres sont grandes et ont les volets verts.
L’aggettivo possessivo può anche essere preceduto dagli aggettivi dimostrativi (al singolare o
al plurale) :
a) Nomi di parentela
b) Proprio e altrui
Ci sono altri due aggettivi possessivi che si possono usare per esprimere il possesso:
“proprio” /propre e “altrui” /d’autrui.
On utilise proprio :
4. per rafforzare:
Mario ha parlato con Gianni nel proprio ufficio. (C’est à dire dans le bureau de Mario,
parce qu’il se réfère au sujet = possesseur)
Mario a parlé avec Gianni dans son bureau.
Altrui (di altri, degli altri) è invariabile, si pone dopo il nome a cui si riferisce, e indica un
possessore indefinito:
Sono invariabili, tranne l’aggettivo “uno” (m. sing.) e “una” (f. sing.) che seguono le stesse
regole degli articoli determinativi:
Dopo una lunga attesa davanti al teatro abbiamo visto solo un’attrice.
Après une longue attente en face du théâtre, nous n’avons vu qu’une actrice.
Quando « uno » è composto con un altro numero è soggetto al troncamento - quarantun anni –
ma anche quarantuno arie d’opera.
Il numero “tre” (3) non ha l’accento, ma nei composti sì: ventitré, trentatré...
Per esprimere il numero del mese si usa il numerale cardinale, tranne che per il primo giorno
del mese per il quale si usa il numerale ordinale: “il due agosto” ma “il 1° (primo) agosto”.
Diciassette/diciotto/diciannove Dix-sept/dix-huit/dix-neuf
Ventuno Vingt et un
Duecento Deux cents
Duecentouno Deux cent un
Nei numeri composti in cui le decine sono seguite da uno (1), l’elisione è obbligatoria:
Il numero cento (100) composto con uno (1), otto (8) e undici (11) si scrive: “centouno”,
“centootto”, “centoundici”, ma “centoottanta” o “centottanta” (180).
I composti che iniziano con “cento” e “mille” si possono scrivere anche staccati con la
congiunzione “e”: centodue/cento e due, milleuno/mille e uno. I numeri composti con “uno”
si accordano con il sostantivo a cui si riferiscono: centouno volte ma cento e una volta.
Nei composti con « uno » seguiti da un sostantivo, si può usare la forma apocopata :
Primo/premier
Secondo/deuxième
Terzo/troisième
Quarto/quatrième
Quinto/cinquième
Sesto/sixième
Settimo/septième
Ottavo/huitième
Nono/neuvième
Decimo/dixième
Gli aggettivi ordinali, dal numero undici in poi, si formano aggiungendo il suffisso –esimo:
undicesimo, dodicesimo ... (venti→ventesimo, ventiquattro→ventiquattresimo, trentatré →
trentatreesimo, trentotto →trentottesimo)
Un anno può essere espresso con le ultime due cifre: ’64 (1964):
Solo per esprimere lo stile di mobili si usa il numerale cardinale: stile Luigi XIV (quattordici).
I NUMERI E LE PREPOSIZIONI
Si aggiungono:
1. i numerali distributivi (es. uno per uno; doppio, triplo, quadruplo ...),
2. i numerali moltiplicativi (duplice, triplice, ...)
3. i numerali collettivi (entrambi/e, paio/paia, trio, decina, ventina, biennio, triennio,
centinaio, migliaio, centenario, millenario, bimillenario ...)
L’ora è sempre seguita dalla congiunzione « e » per indicare i minuti dopo l’ora, il quarto
d’ora e la mezz’ora:
Sono le tre meno un quarto./Il est trois heures moins (le) quart.
Oppure :
Nella lingua scritta amministrativa o nelle conversazioni formali le ore possono essere
espresse usando i numeri dal 12 al 24.
Solo in questi tre casi l’ora è al singolare. « Mezzogiorno » e « mezzanotte » non sono
preceduti dall’articolo, ma l’ « una » sì.
Per indicare a che ora si svolge un determinato avvenimento si usa la preposizione articolata :
Le lezioni cominciano alle nove./Les cours commencent à neuf heures.
Ma:
Adesso/Maintenant
Subito/Tout de suite
Puntuale/À l’heure
Presto Tôt/bientôt/vite
Non lo vedo dall’anno scorso. (indicativo presente)/Je ne l’ai plus vu depuis l’année
dernière. (passato prossimo)
Ho finito di studiare due anni fa./J’ai terminé mes études il y a deux ans.
Sono due anni che ho finito di studiare./Il y a deux ans que j’ai terminé mes études.
7. ESERCIZI
a. la scuola ..............................
b. l’uovo ..............................
c. la signorina ..............................
d. il viaggio ..............................
e. la città ..............................
f. lo specchio ..............................
g. il mare ..............................
h. lo zio ..............................
i. la banca ..............................
l. la segreteria ..............................
m. il biglietto ..............................
n. il film ..............................
o. il tedesco ..............................
p. la ciliegia ..............................
q. la discoteca ..............................
1. La scuola materna
2. il viaggio lungo
3. il treno rapido
4. il panorama lontano
5. il libro interessante
6. la casa grande
7. il centro spaziale
8. la lingua europea
9. il lavoro duro
10. la vacanza corta
a. i benefici ..............................
b. i problemi ..............................
c. i templi ..............................
d. le gru ..............................
e. le ginocchia ..............................
f. le schegge ..............................
g. le superfici ..............................
h. le specie ..............................
i. le serie ..............................
l. le guance ..............................
m. i chirurghi ..............................
n. i tacchi ..............................
o. i maschi ..............................
p. gli uomini ..............................
q. le strisce ..............................
7.2.2. Ricapitoliamo
a) Mettete al femminile
1. Il re tirannico
2. Il maschio aggressivo
3. L’ultimo imperatore cinese
4. Il vecchio celibe
5. L’elefante solitario
6. Il poeta islandese
7. Il cantante famoso
8. Il cane fedele
9. Il professore chiacchierone
10. Il topo grigio
11. Il traduttore competente
12. Il signore impaziente
13. Il genero premuroso
14. Il duca piemontese
15. Il soldato valoroso
i capelli
la bottiglia
il campione
le passeggiate
i guanti
la stagione
gli uccelli
lo spettacolo
il vaso
lo specchio
il paese
l’aperitivo
il cane
il sorriso
le ragazze
la cucina
gli studenti
i caffè
la televisione
il tempo
1. Quale uomo?
2. Quale campione?
3. Quale stagione?
4. Quali studenti?
5. Quali vacanze?
6. Quale aperitivo?
7. Quale stanza?
8. Quale telefono?
9. Quale foglio?
10. Quale animale?
1. Com’è il romanzo?
2. Come sono i quadri?
3. Com’è la conferenza?
4. Come sono le aule?
5. Come sono i mobili?
6. Come sono gli alberi?
7. Come sono i fiori?
8. Com’è il giardino?
9. Com’è la città?
10. Come sono i colori?
11. Com’è il vaso?
12. Come sono gli uccelli?
13. Come sono i disegni?
14. Com’è il film?
15. Come sono i vestiti?
1. il bicchiere (noi)
2. le poltrone (io)
3. il vino (loro)
4. le stanze (tu)
5. la camera (loro)
6. il posto (loro)
7. l’idea (voi)
8. le macchine (noi)
9. i gioielli (io)
10. i prati (voi)
11. Laverò .................... (2ps) camicia quando i tecnici avranno riparato ....................
(1ps) lavatrice.
12. Se ....................(1pp) madre ci impedisce di partire con .................... (1pp) amici, ci
ribelliamo!
13. .................... (2pp) genitori avranno il tempo di arrivare allo stadio prima che la
.................... (2pp) partita sia finita?
14. Il .................... (3ps) quadro non sta bene in .................... (1ps) camera da letto.
15. Ho messo .................... (2ps) libri su .................... (2ps) scrivania.
16. ........................................................ (3p.s.) occhi sono neri.
17. ........................................................ marito (1p.s.) cambierà lavoro nei prossimi
mesi.
18. ........................................................ (2p.s.) pantaloni hanno una macchia (tache) sul
ginocchio.
19. Ho incontrato ........................................................ (3p.p.) genitori all’uscita della
scuola.
20. I mobili nuovi di ........................................................ (2p.p.) casa di campagna mi
piacciono molto.
TRADURRE
a) 1.
1. Le journaliste sportif.
2. Des conversations idiotes.
3. L'écrivain réaliste.
4. Les programmes intéressants.
5. Le pilote habile.
6. Le problème difficile.
7. Les thèmes éternels.
8. Le gentil collègue.
9. Une artiste célèbre.
10. Les pianistes russes.
b) 2.
1. Les bœufs sont doux et patients, même quand ils portent de lourdes charges.
2. Cette fermière vend toujours des œufs très frais.
3. Ce volume contient cinq récits fantastiques d'êtres mystérieux venus de planètes
lointaines.
4. Sous les vieux murs de la ville, les archéologues ont découvert des armes anciennes,
des sarcophages avec des os humains, et des statues de dieux et de déesses.
5. Platon et Aristote étaient de célèbres philosophes grecs, qui ont inspiré des milliers de
penseurs, d'écrivains et de poètes.
6. Attention, ne t'approche pas: quand les lamas se fâchent, ils crachent.
7. Le Zwin est un des parcs naturels belges: il abrite plusieurs espèces rares d'oiseaux
aquatiques et autres.
8. Les chirurgiens ont recousu soigneusement les bords de l'incision.
9. Les moines de cette abbaye fabriquent du fromage et de la bière.
10. Toutes les radios ont été confisquées par le régime.
c) 3.
1. Ta valise.
2. Ma cravate
3. Nos chambres.
4. Votre adresse.
5. Ta tante.
6. Mes cousins.
7. Ma demande.
8. Ses livres.
9. Leurs opinions.
10. Sa chemise.
11. Vos sœurs
IV. I PRONOMI
1a sing. m./f. io me mi mi mi
2a sing. m./f. tu te ti ti ti
1a p. sing. io - je
2a p. sing. tu - tu
3a p. sing.
lui (m.)/lei (f.)
egli (m.)/ella (f.) - il/elle
esso (m.)/essa (f.)
Lei (m./f.) - Vous
3a p. plur.
loro - ils/elles
essi (m.)/esse (f.)
Loro (m./f.) - Vous
I pronomi «egli» e «ella» sono usati soprattutto nella lingua scritta formale per indicare degli
individui ; «esso/essa», «essi/esse» per indicare degli oggetti. «Essa» può anche essere usato
per designare una persona, ma è una forma letteraria o regionale.
In generale, i pronomi personali non vengono espressi poiché le desinenze del verbo indicano
il soggetto.
(Io) Scrivo una lunga lettera a mia sorella. (scrivere: scriv-o, -i, -e, -iamo, -ete, -ono)
(Tu) Hai fatto un eccellente lavoro. (avere: ho, hai, ha, abbiamo, avete, hanno)
Tu as fait un travail excellent.
(Lui/Lei) Parla veramente bene. (parlare: parl-o, -i, -a, -iamo, -ate-, -ano)
Il/Elle parle vraiment bien.
(Noi) Conosciamo già questa vecchia storia. (conoscere: cono- sco, -sci, -sce, -sciamo, -scete,
-scono )Nous connaissons déjà cette vieille histoire.
(Loro) Dormono tranquillamente nella loro stanza. (dormire: dorm-o, -i, -e, -iamo, -ite, -ono)
Ils/Elles dorment tranquillement dans leur chambre.
Quando il verbo è usato alla forma impersonale (3a p.s.) , il soggetto non è espresso:
Fa freddo.
Il fait froid.
Bisogna partire.
Il faut partir.
I pronomi personali soggetto vengono espressi quando sono necessari per mettere in risalto
un’opposizione:
Lui non si fa mai vedere, lei invece mi viene a trovare una volta alla settimana.
Lui, il ne se montre jamais, elle, par contre, elle vient me voir une fois par semaine.
I pronomi allocutivi sono ‘lei’ per il singolare maschile e femminile e ‘loro’ per il plurale
maschile e femminile.
Lei ha un appuntamento ?
Vous avez un rendez-vous ?
Io parlo italiano, lei parla inglese. Moi, je parle italien ; elle, elle parle anglais.
Il pronome ‘te’, nell’espressione ‘io e te’/ ‘moi et toi’, viene usato come soggetto.
Il pronome ‘sé’ alla terza persona singolare e plurale si usa quando si riferisce al soggetto
della proposizione principale:
Nella lingua parlata, per gli animali, si può usare anche ‘lui’/ ‘lei’/ ‘loro’.
‘Esso’/ ‘essa’ possono essere usati solo come complementi indiretti preceduti da preposizione,
mai come complementi diretti (complemento oggetto). Per sostituire un complemento diretto
si deve usare la forma atona del pronome :
Vendo l’auto perché non funziona più. La vendo perché non funziona più.
Je vends la voiture parce qu’elle ne marche plus. Je la vends parce qu’elle ne marche plus.
Plurale
1a p. ci nous
2a p. vi vous
3a p. li (masc.) les
le (fem.)
Con i verbi servili potere/pouvoir, dovere/devoir, volere/vouloir le forme atone dei pronomi
seguono il verbo all’infinito e diventano enclitici (si uniscono al verbo formando una sola
parola) :
‘mi’, ‘ti’, ‘lo’, ‘la’, ‘vi’, ‘si’, si apostrofano davanti a “vocale” o “h”:
‘Lo’ e ‘la’, che hanno la stessa forma dell’articolo determinativo, si possono apostrofare, ma
si preferisce mantenere la vocale finale quando potrebbero esserci delle ambiguità:
‘ci’ e’gli’ si apostrofano soltanto quando la parola che segue comincia per ‘i’: ‘c’è’/il y a;
‘gl’indicano la strada’/ils lui montrent le chemin.
‘Lo’ sostituisce:
c.Un’intera frase:
Plurale
1a p. ci nous
2a p. vi vous
3a p. gli/loro (masc./fem.) leur
Ho chiesto loro di venire con noi/Je leur ai demandé de venir avec nous.
In alcuni casi può trovarsi tra due verbi : Fa’ loro capire che sbagliano./ Fais leur savoir qu’ils
se trompent.
Nella lingua parlata e sempre più spesso anche nella lingua scritta, il pronome ‘loro’ viene
sostituito da ‘gli’, sia per il maschile che per il femminile.
5. I PRONOMI RIFLESSIVI
Plurale
1a p. ci nous
2a p. vi vous
3a p. si (masc./fem.) se
O seguono il verbo all’infinito e diventano enclitici (formano con il verbo un’unica parola) :
6. IL PRONOME ‘NE’
Di solito incontravo Marco in palestra; da un mese però non ne (di lui) ho più notizie.
D’habitude, je rencontrais Marco à la salle de gym ; mais depuis un mois, je n’ai plus de
nouvelles de lui.
7. IL PRONOME ‘CI’
AVVERBIO DI LUOGO
“Ci” e il suo sinonimo “vi” (ma usato più raramente) può essere avverbio di luogo:
Non c’entra (non ha niente a che vedere con) niente con quello di cui stiamo parlando.
Cela n’a rien à voir avec ce dont nous parlons.
Farcela (y arriver), restarci male (être vexé), avercela con qualcuno (en vouloir à quelqu’un) ,
pensarci (y penser), crederci (y croire), contarci (compter sur quelqu’un/sur quelque chose),
riuscirci (y arriver).
Mi Me lo Me la Me li Me le Me ne
Ti Te lo Te la Te li Te le Te ne
Gli/le Glielo Gliela Glieli Gliele Gliene
(a lui, a lei)
Ci Ce lo Ce la Ce li Ce le Ce ne
Vi Ve lo Ve la Ve li Ve le Ve ne
Gli Glielo Gliela Glieli Gliele Gliene
(a loro)
Si Se lo Se la Se li Se le Se ne
(rifl.)
ATTENZIONE!!!
Quando le forme atone (complemento di termine) MI, TI, CI, VI, SI si combinano con la
forma atona (complemento oggetto) LO, LA, LI, LE e con il pronome NE, diventano ME, TE,
CE, VE, SE.
Quando il pronome atono complemento di termine di terza persona singolare e plurale GLI si
combina con il pronome complemento oggetto diventa GLIE. ATTENZIONE !!! In questo
caso i pronomi si uniscono e formano una sola parola. In tutti gli altri casi i due pronomi
rimangono separati.
o passivante:
Le forme atone complemento oggetto MI, TI, VI precedono sempre l’avverbio di luogo “ci”:
Con i verbi servili ‘potere’, ‘dovere’, ‘volere’ i pronomi complemento oggetto possono
collocarsi prima dell’ausiliare o dopo il verbo servile. Nel secondo caso essi diventano
enclitici (si uniscono al verbo formando una parola unica).
La stessa regola vale anche con il verbo “sapere” (savoir) seguito da un infinito:
Le porto i fiori.
Je lui apporte les fleurs.
Con i verbi servili valgono le stesse regole dei pronomi complemento oggetto :
Quando le devo saper dire se vengo ?/ Quando devo saperle dire se vengo ?
Quand est-ce que je dois vous faire savoir si je viendrai?
Quando le due forme atone dei pronomi sono combinate la forma indiretta (complemento di
termine) precede sempre quella diretta (complemento oggetto):
Prendimelo.
Prendime(c.i.)lo (c.d.)
Prends-le moi.
Con l’imperativo e i verbi servili, i pronomi si uniscono se enclitici anche quando non sono
alla terza persona singolare:
Se il verbo servile è seguito da due infiniti i pronomi si uniscono al primo dei due:
‘restituire’ ‘restituirmeli’
‘fare’ ‘farcela’
I PRONOMI POSSESSIVI
I pronomi possessivi hanno la stessa forma degli aggettivi possessivi, ma sono sempre
preceduti dall’articolo.
Anche ‘proprio’ e ‘altrui’ hanno la stessa forma dell’aggettivo possessivo e sono sempre
preceduti dall’articolo:
I libri sono sparsi sui banchi. Ognuno deve pensare a riordinare i propri.
Les livres sont éparpillés sur les bancs. Chacun doit penser à ranger les siens.
In genere i pronomi possessivi sono anaforici (il pronome si riferisce a un elemento citato in
precedenza), ma possono essere anche cataforici (precedono l’elemento a cui si riferiscono) :
I PRONOMI DIMOSTRATIVI
Tale Tali
a) Questo e quello
• ‘Quello’ si riferisce a una cosa lontana sia da chi parla che da chi ascolta :
Esiste anche il pronome dimostrativo ‘codesto/a – i/e’, per indicare una cosa vicina alla
persona che ascolta ma l’uso è limitato alla Toscana o alla letteratura.
‘Questo’ e ‘quello’ al maschile singolare possono avere valore neutro e sostituire questa
cosa/quella cosa (ceci/cela/ça) :
Tra tutte queste case, preferisco quella costruita (+ participe passé) in mezzo al giardino.
Parmi toutes ces maisons, je préfère celle qui a été construite au milieu du jardin.
b) Stesso
‘Stesso’ (sinonimo ‘medesimo’, ma meno frequente) può avere valore neutro e sostituire
l’espressione ‘la stessa cosa’ :
c) Tale
1. ‘questi’ (si riferisce a una persona vicina) e ‘quegli’ (si riferisce a una persona lontana)
che hanno solo il maschile singolare e possono essere usati solo come soggetto
della frase ;
2. ‘costui’/ ‘costei’ (masc./fem. sing.), ‘costoro’ (masc./fem. plur.), (sostituiti in generale
da ‘questo’ e ‘quello’) che hanno un’accezione negativa e si riferiscono solo a
individui e possono essere usati sia come soggetto che come complemento;
3. ‘colui’/ ‘colei’ (masc./fem. sing.), ‘coloro’ (masc./fem. plur.), seguiti in generale dal
pronome relativo ‘che’ ;
4. ‘ciò’, invariabile e neutro che corrisponde a ‘questa cosa’, ‘quella cosa’ e può essere
usato sia come soggetto che come complemento.
1. chiunque (quiconque)
2. niente/nulla (rien)
3. qualcosa (quelque chose)
1. ognuno/a (chacun/chacune)
2. qualcuno/a (quelqu’un)
I PRONOMI INTERROGATIVI
8.9.1. ‘Chi’
Chi : è un pronome interrogativo invariabile. Si utilizza per indicare persone o esseri animati.
‘CHI’ può essere soggetto o complemento oggetto e questo può creare ambiguità:
O completare la frase :
8.9.2. ‘Che’
Che : è un pronome interrogativo invariabile utilizzato unicamente per indicare delle cose.
Che cosa ti ha portato tua sorella dall’Italia ? Qu’est-ce que ta soeur t’a apporté de
l’Italie ?
Che cosa ti ha regalato Carlo? Qu’est-ce que Charles t’a offert?
8.9.3. Quale
Quale : è un pronome interrogativo variabile (‘quale’ m./f. – ‘quali’ m./f.). Si usa per
informarsi su quantità di cose o persone.
Quali dei tuoi amici ti verranno a trovare ? Lesquels de tes amis iront te voir ?
Quale dei due vestiti scegliere? Lequel des deux vêtements choisir ?
Quale delle tue cugine è più bella ? Laquelle de tes cousines est la plus belle ?
Se viene espresso, precede il pronome interrogativo o si trova alla fine della frase:
Tu, quale delle lingue preferisci ? Toi, laquelle des langues préfères-tu ?
Quale delle lingue preferisci tu ? Toi, laquelle des langues préfères-tu ?
Quale delle materie ha già studiato Chiara ? Laquelle des matières Claire a-t-elle déjà
étudiées ?
8.9.4. Quanto
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Gli spettatori che hanno già comprato il biglietto possono passare da qui.
Les spectateurs qui ont déjà acheté leur billet peuvent passer par ici.
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9. ESERCIZI
1. Mando la lettera.
2. Riceviamo nostra zia.
3. Chiamiamo il cameriere.
4. Guardiamo le fotografie.
5. Portiamo la valigia.
6. Prendo i libri.
7. Salutiamo le ragazze.
8. Osservate la torre.
9. Visitiamo il museo.
10. Guido prepara bene gli spaghetti.
11. Non conosco i signori.
12. Compro la macchina.
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a) Trasformate le frasi usando le forme toniche dei pronomi (‘me’, ‘te’, ‘lui’, ‘lei’,
‘noi’, ‘voi’, ‘loro’)
1. Mi parli?
2. Vi mando questa lettera.
3. Il professor Rossi ci ha insegnato il greco, e vi ha insegnato il latino.
4. Carlo le ha dato un bellissimo libro.
5. Ti lascio la chiave dell'appartamento.
6. Gli (singolare) rispondete?
7. Non mi dici mai nulla.
8. Gli (plurale) scrivo ogni settimana.
9. Ti chiedo in prestito la bicicletta.
10. Mi piace la carne; gli (singolare) piace il pesce.
11. Carlo ci sembra invecchiato.
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1. Vi portiamo il pane.
2. Domando questa informazione alla professoressa.
3. Il cameriere ci dà il resto.
4. Compero i fiori per te.
5. Ti do un bicchiere di vino?
6. Carlo dà i biglietti ai suoi compagni.
7. Non presto volentieri i miei libri a Guido.
8. Ci porterà le bottiglie.
9. Guido non si ricorda mai le date.
10. Ci fai visitare la tua casa?
11. Ti dico questo gentilmente.
12. Ci dai la zuppiera d'insalata?
13. Comunico la notizia a tua sorella.
14. Abbiamo indicato la strada a Natalia.
15. Mario mi offre quei bellissimi fiori.
16. Pietro offre il suo aiuto al nonno.
17. Vi mando la cartolina.
18. Ti offro il telefonino per il tuo compleanno.
Prendi l'autobus? - (1) No, non voglio prenderlo. - (2) No, non lo voglio prendere.
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b) Rispondete usando il verbo servile “dovere”. Attenzione alla forma del verbo e
alla posizione dei pronomi.
1. Te li restituisco?
2. Ve lo ripeto?
3. Te ne parlo?
4. Ve le mostro?
5. Glielo domando?
6. Te lo porto?
7. Ve la faccio vedere?
1. Ce li presti?
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RICAPITOLIAMO
1.
In Inghilterra, vi sono certi ristoranti dove il cameriere usa questo piccolo cerimoniale:
versare al cliente qualche dito di vino nel bicchiere, perché senta se è di suo gusto. Lui odiava
questo piccolo cerimoniale; e ogni volta impediva al cameriere di compier..........,
togliendo.......... di mano la bottiglia. Io .......... rimproveravo, facendo.......... osservare che a
ognuno dev’essere consentito di assolvere alle propria incombenze. Così al cinematografo,
non vuol mai che la maschera .......... accompagni al posto. .......... dà subito la mancia, ma
fugge in posti sempre diversi da quelli che la maschera, col lume, .......... viene indicando.
(da Natalia GINZBURG, Le piccole virtù, 1962)
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2.
Al momento di separarsi, Stefano .......... disse: “.......... ho portato una poesia” e .......... diede
un foglio ripiegato in quattro. Mara lesse la poesia prima di andare a letto. Era scritta a
macchina, in caratteri turchini...
Mara si chiedeva che cosa provava per Stefano. .......... piacevano l’intensità dello sguardo, la
fermezza del profilo, la calma dei gesti. Ma il suo modo di fare, quei lunghi discorsi, quei
lunghi silenzi, .......... mettevano a disagio.
Ella era in questo stato d’animo quando, ai primi di marzo, .......... arrivò una lettera di Bube.
(da Carlo CASSOLA, La ragazza di Bube, 1960)
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Lui ed io
Lui ha sempre caldo ; io sempre freddo. D’estate quando è veramente caldo, non fa che
lamentar.……… del gran caldo che ha.
Lui sa parlare bene alcune lingue ; io non .……… parlo bene nessuna.
Lui ama le biblioteche e io .……… odio.
Lui ama il teatro e la pittura e la musica ; io non capisco nulla di musica, .……… importa
poco della pittura e .……… annoio a teatro.
.……… seguo tuttavia in molti viaggi. .……… seguo nei musei, nelle chiese, all’opera.
.……… seguo anche ai concerti e .……… addormento.
Siccome conosce dei direttori d’orchestra, dei cantanti, .……… piace andare, dopo lo
spettacolo, a salutar.………, e congratular.……… con loro, .……… seguo per i lunghi
corridoi, .……… ascolto parlare con persone vestite da cardinali e da re.
Qualche volta.………ho visto timido. Coi poliziotti, quando .……… avvicinano alla nostra
macchina.
Io, l’autorità costituita, .……… temo, e lui no. Lui .……… ha rispetto. E’ diverso. Io, se vedo
un poliziotto avvicinar.……… per dar.……… una multa, penso subito che vorrà
portar.……… in prigione.
Lui alla prigione non pensa, ma diventa, per rispetto, timido e gentile.
A lui piacciono le tagliatelle, l’abbacchio, le ciliegie, il vino rosso ; a .……… piace il
minestrone, la frittata, gli erbaggi. Al ristorante .……… informa a lungo sui vini ; .……… fa
portare due o tre bottiglie, .……… osserva e riflette, carezzando.……… la barba pian piano.
(Natalia Ginsburg, Le piccole virtù, 1962)
TRADURRE
a) 1.
C'est moi que les touristes interviewent, pas toi. - I turisti intervistano me, non te.
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b) 2.
c) 3.
1. Je n'ai pas pu parler à ta collègue, mais je lui ai envoyé une longue lettre; toutefois,
elle ne m'a encore donné aucune réponse.
2. Les clients ne nous ont pas encore téléphoné; demain je veux leur envoyer une lettre.
3. As-tu vu Carla? — Oui, je la rencontre tous les jours et lui donne toutes les indications
nécessaires.
4. Hier, monsieur Rossi m'a parlé des problèmes dans son service; je l'ai rassuré et luiai
donné quelques conseils.
5. Je vous transmets les salutations de Pietro. Vous vous souvenez? Il nous a prêté sa
maison l'été dernier.
6. Nous vous avons apporté du vin et des gâteaux.
7. Je vous demande de signer ici.
8. Nous ne vous avons rien promis.
d) 4.
1. Quand je vais en ville, j'achète les journaux pour mon frère; arrivé à la maison, je les
lui donne; malheureusement, il oublie parfois de me les payer.
2. Je n'ai pas encore fini ton livre; je promets de te le rendre demain.
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3. Maria ne connaît pas l'itinéraire pour venir chez nous demain; il faut le lui expliquer
soigneusement.
4. C'est un secret, même pour mes amis: je refuse de le leur dire.
5. Nous avons beaucoup de fruits dans le jardin: pourquoi ne nous en demandez-vous
jamais?
6. Je ne connais pas encore la décision du directeur: je vous la communique le plus vite
possible.
a) 1
1. Chaque année, je reçois la visite de mon ami d'enfance, qui vit aux Etats -Unis.
2. Nous avons passé quelques jours à Florence, mais pas assez pour admirer chacune de
ses beautés.
3. Chaque jour, je te demande de m'apporter quelques livres, et chaque fois tu oublies!
4. Tout métier a ses avantages et ses inconvénients.
5. Pendant notre voyage, nous avons rencontré quelques dirigeants importants.
6. Tous les mardis, j'achète un hebdomadaire et quelques journaux.
7. Ce livre m'a à peine coûté quelques lires.
8. Je suis né et ai grandi dans ce quartier; avec quelques autres habitants, j'en connais
chaque rue, chaque maison,...
9. Pendant la conférence, quelques personnes sont sorties pour aller boire un verre!
10. Tout travailleur a droit à un salaire décent.
c) 3.
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d) 4.
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V. LE PREPOSIZIONI
di (de, en, à)
a (à, chez)
da (de, chez, à, par)
in (dans, en, à)
con (avec, à, en)
su (sur, à)
per (par, à, pour, pendant)
tra/ fra (entre, parmi, dans, à travers)
Le preposizioni possono essere seguite dagli articoli determinativi. Alcune di esse (di, a, da,
in, con, su) si combinano con gli articoli e danno luogo alle seguenti forme:
Di + il, lo, l’, i, gli, la, le → del dello dell’ dei degli della delle
A + il, lo, l’, i, gli, la, le → al allo all’ ai agli alla alle
Da + il, lo, l’, i, gli, la, le → dal dallo dall’ dai dagli dalla dalle
In + il, lo, l’, i, gli, la, le → nel nello nell’ nei negli nella nelle
Con + il, lo, l’, i, gli, la, le → col collo coll’ coi cogli colla colle
con il con lo con l’ con i con gli con la con le
Su + il, lo, l’, i, gli, la, le → sul sullo sull’ sui sugli sulla sulle
Per + il, lo, l’, i, gli, la, le → per il per lo per l’ per i per gli per la per le
Tra + il, lo, l’, i, gli, la, le → tra il tra lo tra l’ tra i tra gli tra la tra le
Fra + il, lo, l’, i, gli, la, le → fra il fra lo fra l’ fra i fra gli fra la fra le
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1. Specificazione
La sorella di Gianni è partita ieri. (Di chi?: di Gianni)
La soeur de Gianni est partie hier.
2. Appartenenza
Di chi è questo libro? È mio. (A chi appartiene?)
À qui est ce livre? C’est à moi.
3. Origine
Mio padre è di Milano. (Di dov’è? di Milano)
Mon père est de Milan.
MA anche
Mio padre viene da Milano. (Da dove viene?)
Mon père vient de Milan.
4. Argomento
Leggo i libri di avventure. (Di quale argomento? di avventure)
Je lis des livres d’aventures.
5. Materia
La bottiglia è di plastica. (Di quale materiale? di plastica)
La bouteille est en plastique.
6. Tempo (durata)
Sono andato a una conferenza di due ore. (Di quanto tempo? di due ore)
Je suis allé à une conférence de deux heures.
7. Qualità
Leonardo da Vinci fu un uomo di grande ingegno.
Léonard de Vinci fut un homme de génie.
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1. Un complemento indiretto
Scrivo a mia madre. (A chi?)
J’écris à ma mère.
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La stessa regola vale per altri verbi di movimento : correre/courir, entrare/entrer, uscire/sortir,
venire/venir, salire/monter…
1. Il movimento da un luogo
È arrivato ieri da Parigi. (Da dove viene ?)
Il est arrivé hier de Paris.
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1. Uno stato
Siamo in casa.
Nous sommes à la maison.
Una nazione
3. Un complemento di materia
L’artista ha scolpito una statua in/di marmo.
L’artiste a sculpté une statue en marbre.
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3. Un complemento di mezzo
Con l’auto posso viaggiare senza fatica.
En voiture, je peux voyager facilement.
4. Un complemento di modo
Ti scrivo con piacere.
Je t’écris avec plaisir.
La preposizione ‘su’
Il bambino è sull’altalena.
L’enfant est sur la balançoire.
2. Un complemento di argomento
Ho letto un libro sulla storia di Roma.
J’ai lu un livre sur l’histoire de Rome.
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4. Una causa
Abbiamo comprato le palline per decorare l’albero di Natale.
Nous avons acheté les boules de Noël pour décorer le sapin.
Le preposizioni ‘tra’/ ‘fra’ hanno lo stesso significato. La scelta è legata unicamente alla
fonetica. Se la parola che segue ‘tra’ comincia per « t » si preferirà usare ‘fra’, Se la parola
che segue ‘fra’ comincia per « f », si userà ‘tra’. Si usano per esprimere:
1. Una situazione
Tra me e Gianni è tutto finito.
Entre moi et Gianni tout est fini.
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2. ESERCIZI
a. La nave/ il porto.
b. Il dolce/ il forno.
c. I soldi/ il portafoglio.
d. Il lupo/ la foresta.
e. Le scarpe/ la scatola.
f. Il libro/ la cartella.
g. Il dizionario/ la biblioteca.
h. La risposta/ il libro.
i. Il vino/ la bottiglia.
j. Le foto/ l'album.
k. I pesci/ il mare.
l. I fogli/ la busta.
m. I viaggiatori/ il treno.
n. I bambini/ Il cortile.
o. I quadri/ il museo.
p. Il canarino/ la gabbia.
q. I dischetti/ la scatola.
r. Le piante/ il giardino.
1. sedia – cuscino
2. mare (masc.) - nave (fém.)
3. tavolino – vaso
4. poltrona – gatto
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Paolo è un ragazzo italiano. Suo padre è .................... Firenze e sua madre è inglese. Paolo
parla italiano e inglese molto bene. Abita .................... Firenze in una casa molto grande e
antica. Suo padre è dottore e sua madre è commessa in un negozio .................... scarpe.
Paolo ha una passione : viaggiare. Tutti gli anni va .................... Inghilterra a trovare gli amici
della mamma e .................... visitare Londra. Quando finisce l’università vuole fare
l’interprete per poter continuare .................... viaggiare.
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VI. I VERBI
1. MODI FINITI
Indicativo/ Indicatif
Congiuntivo/Subjonctif
Condizionale Conditionnel
2. MODI INDEFINITI
Imperativo/Impératif
Infinito/ Infinitif
Participio/Participe
Gerundio/ Gérondif
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3. ‘ESSERE’ E ‘AVERE’
INDICATIVO
3.1.1. Presente
essere avere
(io) sono [o] ho
(tu) sei [ɛ] hai
(lui/lei) è ha
(noi) siamo abbiamo
(voi) siete avete [e]
(loro) sono hanno
3.1.2. Imperfetto
essere avere
(io) ero [ɛ] avevo [e]
(tu) eri avevi
(lui/lei) era aveva
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essere avere
(io) sono stato/a ho avuto
(tu) sei stato/a hai avuto
(lui/lei) è stato/a ha avuto
(noi) siamo stati/e abbiamo avuto
(voi) siete stati/e avete avuto
(loro) sono stati/e hanno avuto
essere avere
(io) fui ebbi [ɛ]
(tu) fosti [o] avesti [e]
(lui/lei) fu ebbe [ɛ]
(noi) fummo avemmo
(voi) foste [o] aveste
(loro) furono ebbero [ɛ]
essere avere
(io) ero stato/a avevo avuto
(tu) eri stato/a avevi avuto
(lui/lei) era stato/a aveva avuto
(noi) eravamo stati/eavevamo avuto
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Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
essere avere
(io) fui stato/a ebbi avuto
(tu) fosti stato/a avesti avuto
(lui/lei) fu stato/a ebbe avuto
(noi) fummo stati/e avemmo avuto
(voi) foste stati/e aveste avuto
(loro) furono stati/e ebbero avuto
essere avere
(io) sarò avrò
(tu) sarai avrai
(lui/lei) sarà avrà
(noi) saremo avremo
(voi) sarete avrete
(loro) saranno avranno
essere avere
(io) sarò stato/a avrò avuto
(tu) sarai stato/a avrai avuto
(lui/lei) sarà stato/a avrà avuto
(noi) saremo stati/e avremo avuto
(voi) sarete stati/e avrete avuto
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3.2.1. Presente
essere avere
che (io) sia abbia
che (tu) sia abbia
che (lui/lei) sia abbia
che (noi) siamo abbiamo
che (voi) siate abbiate
che (loro) siano abbiano
3.2.2. Imperfetto
essere avere
che (io) fossi avessi
che (tu) fossi avessi
che (lui/lei) fosse avesse
che (noi) fossimo avessimo
che (voi) foste aveste
che (loro) fossero avessero
3.2.3. Passato
essere avere
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essere avere
che (io) fossi stato/a avessi avuto
che (tu) fossi stato/a avessi avuto
che (lui/lei) fosse stato/a avesse avuto
che (noi) fossimo stati/e avessimo avuto
che (voi) foste stati/e aveste avuto
che (loro) fossero stati/e avessero avuto
essere avere
(io) sarei [ɛ] avrei [ɛ]
(tu) saresti [e] avresti [e]
(lui/lei) sarebbe [ɛ] avrebbe [ɛ]
(noi) saremmo [e] avremmo [e]
(voi) sareste [e] avreste [e]
(loro) sarebbero [ɛ] avrebbero [ɛ]
essere avere
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3.4.1. Presente
essere avere
sii (tu) abbi (tu)
sia (lui/lei) abbia (lui/lei)
siamo (noi) abbiamo (noi)
siate (voi) abbiate (voi)
siano (loro) abbiano (loro)
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Il film è interessante.
Le film est intéressant.
Avevo letto che per quell’attore non era stato facile affermarsi nel mondo del cinema.
J’avais lu qu’il n’avait pas été facile pour cet acteur-là de s’imposer dans le monde du cinéma.
Avranno capito che non mi è piaciuto il loro commento sul mio vestito!
Ils auront compris que je n’ai pas aimé leur commentaire sur ma robe !
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• i verbi intransitivi
es. : i verbi di cambiamento: diventare/devenir, morire/mourir, nascere/naître,
invecchiare/vieillir, iniziare/commencer, finire/finir
i verbi di movimento: andare/aller, venire/venir, arrivare/arriver, partire/partir,
tornare/revenir, entrare/entrer, uscire/sortir, cadere/tomber)
Lo spettacolo è iniziato.
Le spectacle a commencé.
Si sono lavati.
Ils se sont lavés.
Ce ne siamo andati.
Nous sommes partis.
È bastato.
Il a suffi.
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ATTENZIONE!: I verbi ‘essere’ e ‘stare’ (être, rester) hanno lo stesso participio passato:
‘stato’
L’AUSILIARE ‘AVERE’
Ho mangiato un gelato.
J’ai mangé une glace.
Ogni verbo è formato da una radice e da una desinenza : es. parl = radice, are = desinenza →
il verbo ‘parlare’.
1a coniugazione – are
2a coniugazione – ere
3a coniugazione – ire
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INDICATIVO
4.1.1. Presente
a) Verbi regolari
L’indicativo presente dei verbi regolari si forma sostituendo alla desinenza dell’infinito:
Alla terza coniugazione appartengono due tipi di verbi, quelli che alla prima persona
dell’indicativo hanno la desinenza –o (la maggioranza) e quelli che finiscono per –isc + o, i, e
alle prime tre persone singolari e –ono alla terza persona plurale. ATTENZIONE : La prima e
la seconda persona del plurale mantengono le stesse desinenze degli altri verbi appartenenti
alla stessa coniugazione : - iamo, - ite.
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I verbi che terminano in –care e –gare, per mantenere il suono velare, aggiungono una ‘h’ alle
persone che hanno come desinenza le vocali ‘i’ o ‘e’ :
I verbi che terminano per –ciare e –giare conservano la ‘i’ della radice:
Mangiare ➔ mangio, mangi, mangia, mangiamo (solo una ‘i’), mangiate, mangiano
Lanciare ➔ lancio, lanci, lancia, lanciamo (solo una ‘i’), lanciate, lanciano
e) I verbi in –iare
Quando la ‘i’ è atona, essa cade davanti alla ‘i’ della desinenza dell’inidicativo :
Studiare➔ studio, studi, studia, studiamo, studiate, studiano
f) I verbi in –gnare/-gnere
I verbi che terminano in –gnare mantengono la ‘i’ della desinenza alla 1 a persona plurale,
anche se ai fini della pronuncia non sarebbe necessaria :
g) I verbi in –sciare
Lasciare ➔ lascio, lasci (solo una ‘i’), lascia, lasciamo, lasciate, lasciano
Sciare ➔ scio, scii (due ‘i’ quando l’accento tonico della 1a p. s. cade sulla ‘i’), scia, sciamo,
sciate, sciano
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h) I verbi in –scere/-gere
Crescere ➔ cresco /k/, cresci /∫/, cresce /∫/, cresciamo /∫/, crescete /∫/, crescono /k/
Porgere ➔ porgo /g/, porgi / ʤ/, porge /ʤ/, porgiamo /ʤ/, porgete /ʤ/, porgono /g/
4.1.2. Imperfetto
a) Verbi regolari
All’imperfetto i verbi appartenenti allo stesso gruppo di finire/finir si comportano come gli
altri verbi della 3a coniugazione: fin-ivo, fin-ivi, fin-iva, fin-ivamo, fin-ivate, fin-ivano.
fare/faire dire/dire
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Il passato prossimo si forma con l’ausiliare ‘essere’ o ‘avere’ al presente seguiti dal
participio passato del verbo principale.
Il participio passato dei verbi regolari si forma sostituendo le desinenze dell’infinito (-are, -
ere, -ire) con :
- ato (1a coniugazione)
- uto (2a coniugazione)
- ito (3a coniugazione)
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La mia migliore amica è partita per gli Stati Uniti con tutta ) la sua famiglia. (femminile
singolare)
Ma meilleure amie est partie aux Etats-Unis avec toute sa famille.
Siamo ingrassati a causa del nostro lavoro troppo sedentario. (maschile plurale)
Nous avons grossi à cause de notre travail trop sédentaire.
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Siamo al verde! Sul conto sono rimasti solo i soldi per pagare la bolletta della luce.
Nous n’avons plus un sou ! Sur notre compte, il reste seulement l’argent pour payer la
facture de l’électricité.
Siamo stati in casa tutto il giorno ad aspettarvi e voi non siete venuti.
Nous avons été (sommes restés) à la maison toute la journée pour vous attendre et
vous n’êtes pas venus.
ATTENZIONE ! : In italiano l’ausiliare del verbo ‘stare’ e del verbo ‘essere’ è ‘essere’.
Per lo spettacolo di fine anno, le ragazze si sono vestite con vecchi abiti teatrali.
Pour le spectacle de fin d’année, les jeunes filles se sont habillées avec de vieux habits
de théâtre.
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Quando un verbo riflessivo è seguito da un complemento oggetto, l’accordo può essere fatto:
con il soggetto
I bambini si sono lavati le mani. (accordo al maschile plurale, come “i bambini”)
Les enfants se sont lavé les mains.
1. Non accordo
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Il participio passato resta al maschile singolare anche quando l’ausiliare ‘avere’ è preceduto
da :
1. un pronome alla forma debole (complemento indiretto) “mi”, “ti”, “gli/le”, “ci”, “vi”
“gli/loro”)
2. il pronome « ne » con il significato di “di lei”, “di lui”, “di loro”, “di ciò”
Ho incontrato Giuseppe due mesi fa e non ne (di lui) ho più avuto notizie.
J’ai rencontré Joseph il y deux mois et je n’ai plus de ses nouvelles.
L’ho detto ai poliziotti che non ne (di ciò) ho mai saputo niente.
Je l’ai dit aux policiers que je n’en ai jamais rien su.
2. Accordo obbligatorio
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3. Accordo facoltativo
Le nuove case che hanno costruite/o nel quartiere sono tutte di legno.
Les nouvelles maisons qu’on a construites dans le quartier sont entièrement en bois.
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Non trovo più filtri di tè. Scusami, ne ho bevute cinque tazze oggi.
Je ne trouve plus de sachets de thé. Désolé, j’en ai bu cinq tasses aujourd’hui.
PASSATO REMOTO
Il passato remoto dei verbi regolari si forma sostituendo le desinenze dell’infinito con:
La 1a persona del singolare e la 3a del singolare e del plurale dei verbi della 2 a coniugazione
hanno due forme. Sono equivalenti e si scelgono su base fonetica in relazione alle parole che
precedono o che seguono il verbo per evitare la ripetizione di suoni simili.
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Molti verbi, soprattutto quelli appartenenti alla 2a coniugazione, hanno un passato remoto
irregolare. Le irregolarità si presentano alla 1a e alla 3a persona singolare e alla 3a persona del
plurale.
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Ex. : bere (du latin bevere) → bevvi, bevesti, bevve, bevemmo, beveste, bevvero; cadere →
caddi, cadesti, cadde, cademmo, cadeste, caddero
Può esserci anche un cambiamento di vocale:
rompere → ruppi, rompesti, ruppe, rompemmo, rompeste, ruppero; sapere → seppi,
sapesti, seppe, sapemmo, sapeste, seppero
8. Alcuni verbi hanno una doppia forma al passato remoto: apparire/apparaître (apparsi,
apparvi), aprire/ouvrir (aprii, apersi), coprire/couvrir (coprii, copersi).
Il verbo comparire/apparaître, comparaître (comparii, comparsi, comparvi) può vaere tre
forme diverse.
FUTURO SEMPLICE
a) Alcune eccezioni
andare/aller vedere/voir
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andrai vedrai
andrà vedrà
andremo vedremo
andrete vedrete
andranno vedranno
Si comportano nello stesso modo i verbi composti con andare e venire e alcuni verbi della 2a
coniugazione e i loro composti : cadere, dovere, potere, sapere, vivere.
2. Per il verbo venire, la n della radice sparisce, la i della desinenza del futuro
scompare e la r raddoppia:
venire/venir
verrò
verrai
verrà
verremo
verrete
verranno
Si comportano nello stesso modo i verbi composti con venire e i verbi della 2a coniugazione
rimanere, tenere, valere, volere e tutti i loro composti.
3. Per i verbi fare, dare et stare, della 1a coniugazione, la vocale della desinenza
del futuro resta la a dell’infinito (-arò), per le tre forme del singolare e per la 3a
del plurale:
Si comportano nello stesso modo i verbi composti con fare, dare et stare.
bere/boir
berrò
berrai
berrà
berremo
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berrete
berranno
TRAPASSATO PROSSIMO
Il trapassato prossimo si forma con l’ausiliare « essere » o « avere » all’imperfetto seguiti dal
participio passato del verbo principale.
TRAPASSATO REMOTO
Il trapassato remoto si forma con l’ausiliare « essere » o « avere » al passato remoto seguito
dal participio passato del verbo principale.
FUTURO ANTERIORE
Il futuro anteriore si forma con l’ausiliare « essere » o « avere » al futuro semplice seguito
dal participio passato del verbo principale.
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CONGIUNTIVO
a) Verbi regolari
Il congiuntivo presente dei verbi regolari si forma sostituendo le desinenze dell’infinito con:
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dare/donner stare/rester
dia stia
dia stia
dia stia
diamo stiamo
diate stiate
diano stiano
Attenzione all’accento tonico! (la vocale sulla quale cade l’accento tonico è stata
sottolineata)
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Attenzione all’accento tonico! (la vocale sulla quale cade l’accento tonico è stata
sottolineata)
a) Verbi regolari
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Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
1. verbi d’opinione o di percezione: penso che … (je pense que...), credo che (je crois
que...), immagino che (j’imagine que ...)
2. verbi che esprimono volontà, desiderio, paura : vorrei che… (je voudrais que …),
desidero che … (je souhaite que …), temo che … (je crains que …)
3. verbi che esprimono speranza e attesa: spero che (j’espère que ...), aspetto che ...
(j’attends que ...), mi auguro che ... (je souhaite que …)
4. verbi alla forma impersonale : si dice che (on dit que …), bisogna che/occorre che …
(il faut que …)
5. alcune forme impersonali : è opportuno che (il est opportun que …), è meglio che ... (il
est mieux que …)
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CONDIZIONALE
a) Verbi regolari
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IMPERATIVO
Le forme dell’imperativo della 3a persona del singolare e della 3a persona del plurale (in
grassetto) coincidono con le forme del congiuntivo presente. Si usano nella forma di cortesia.
La 3a persona del plurale si usa solo in occasioni molto formali.
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I verbi andare, fare, stare e dire hanno una doppia forma di imperativo alla 2a persona del
singolare: va’/vai, fa’/fai, sta’/stai, da’/dai.
I verbi della 3a coniugazione come finire formano la 2a persona del singolare dell’imperativo
partendo dalla 1a persona dell’indicativo: finisco →finisci. Per la 2a persona del plurale
seguono la regola generale : fin-ite.
Il verbo venire e tutti i suoi composti, alla 2a persona singolare dell’imperativo, fanno vieni.
Se la forma atona del pronome (mi, ti, le, ci) o un avverbio di luogo (ci) seguono i verbi
andare, fare, dare, stare e dire alla 2a persona del singolare dell’imperativo, essi formano con
il verbo una sola parola (enclitici) e raddoppiano la consonante iniziale:
Stammi vicino !
Reste près de moi !
Vacci subito!
Vas-y tout de suite!
Attenzione! : In questi casi, si può usare solo la forma fa, di, da, sta, va senza l’apostrofo.
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Per la 2a persona del singolare, l’imperativo negativo è formato dall’avverbio non seguito
dall’infinito del verbo :
Per le altre persone, è formato dall’avverbio non seguito dal verbo all’imperativo :
Non parlate !
Ne parlez pas !
I pronomi dei verbi riflessivi seguono il verbo all’imperativo e sono enclitici (formano una
sola parola: lavati !, vestiamoci !, sedetevi ! …) eccetto nella forma di cortesia (si lavi !, si
vesta !, si sieda !, …).
Nella forma negativa dell’imperativo, i pronomi seguono i verbi e formano con essi una sola
parola (non lavarti, non facciamoci illusioni, non sedetevi …), eccetto nella forma di cortesia
(non si sieda !).
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L’INFINITO
I verbi italiani appartengono a tre gruppi (le coniugazioni) che hanno tre desinenze diverse:
1a coniugazione – are
2a coniugazione – ere
3a coniugazione – ire
L’infinito passato si forma con l’infinito degli ausiliari, avere/avoir o essere/être, seguiti dal
participio passato del verbo principale : essere andato/être allé, avere bevuto/avoir bu.
PARTICIPIO
Il participio presente si forma sostituendo le desinenze dell’infinito (-are, -ere, -ire) con :
- ante (1a coniugazione)
- ente (2a coniugazione)
- ente (3a coniugazione)
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Fare/faire → facente
cuocere/cuire → cocente
muovere/bouger, se dépêcher → movente
porre/mettre → ponente
dire/dire → dicente
offrire/offrir → offerente
venire/venir → veniente
Il participio passato dei verbi regolari si forma sostituendo le desinenze dell’infinito (-are, -
ere, -ire) con :
- ato (1a coniugazione)
- uto (2a coniugazione)
- ito (3a coniugazione)
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GERUNDIO
Il gerundio presente si forma sostituendo alla desinenza dell’infinito la desinenza – ando, per
i verbi della prima coniugazione (-are), e – endo, per i verbi della seconda e della terza
coniugazione (-ere, -ire):
I VERBI RIFLESSIVI
Lavarsi/se laver: mi lavo, ti lavi, si lava, ci laviamo, vi lavate, si lavano (presente indicativo)
mi sono lavato/a, ti sei lavato/a, si è lavato/a, ci siamo lavati/e, vi siete lavati/e, si sono
lavati/e (passato prossimo)
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Nei verbi riflessivi il pronome “si” è complemento oggetto e si riferisce al soggetto che
compie l’azione.
Sono riflessivi indiretti i verbi come tagliarsi/se couper, rompersi/se casser, pulirsi la
giacca/se nettoyer la veste… per i quali il “si” indica una parte del corpo del soggetto della
frase o un oggetto che gli appartiene.
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Sono usati soprattutto nella lingua parlata, per rendere il discorso più personale.
Verbi con
3. la: contarla, farla (la fa a tutti), farla franca, finirla, piantarla, spuntarla
4. le: buscarle, prenderle, suonarle
5. ne: andarne, farne (farne di tutti i colori), volerne
6. -cela: avercela (con), farcela
7. -cene: corrercene, volercene
8. -sela: cavarsela, cercarsela, contarsela, darsela (darsela a gambe), farsela (con)
filarsela, godersela, intendersela, passarsela, prendersela (con) ridersela, sbrigarsela,
spassarsela, svignarsela, tirarsela
9. -sene: andarsene, fregarsene, intendersene, restarsene, rimanersene, starsene,
tornarsene, venirsene (venirsene a casa)
10. darci dentro, dormirci sopra, mettercela tutta, venirne fuori, prenderci gusto, farsela
sotto, vedersela brutta, venirsene fuori
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4.14.1. Infinito
4.14.2. Indicativo
a) Presente
b) Imperfetto
c) Futuro semplice
d) Futuro anteriore
avrò potuto/voluto/dovuto
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e) Passato prossimo
ho potuto/voluto/dovuto
f) Trapassato prossimo
avevo potuto/voluto/dovuto
g) Passato remoto
h) Trapassato remoto
ebbi potuto/voluto/dovuto
4.14.3. Participio
a) Participio presente
potente/volente/-
b) Participio passato
potuto/voluto/dovuto
4.14.4. Congiuntivo
a) Congiuntivo presente
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b) Congiuntivo imperfetto
c) Congiuntivo passato
abbia potuto/voluto/dovuto
d) Congiuntivo trapassato
avessi potuto/voluto/dovuto
4.14.5. Condizionale
a) Condizionale presente
b) Condizionale passato
avrei potuto/voluto/dovuto
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4.14.6. Gerundio
a) Gerundio presente
b) Gerundio passato
Al passato prossimo, così come agli altri tempi composti, i verbi “dovere”, “potere” e
“volere” possono essere accompagnati dall’ausiliare ‘essere’ o dall’ausiliare ‘avere’. La scelta
dell’ausiliare dipende dal verbo che li segue :
Non è tornato a casa →Non è potuto tornare a casa (‘tornare’ è usato con l’ausiliare ‘essere’)
Il n’est pas rentré. Il n’a pas pu rentrer.
Abbiamo parlato molto → Abbiamo dovuto parlare molto (‘parlare’ è usato con l’ausiliare
‘avere’).
Nous avons beaucoup parlé. Nous avons dû beaucoup parler.
Se il verbo servile è seguito dal verbo ‘essere’ l’ausiliare sarà sempre ‘avere’ :
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Mio padre non è potuto venire a trovarmi. (1) /Mio padre non ha potuto venire a trovarmi (2).
Mon père n’a pas pu venir me voir.
L’impiegata è dovuta andare via perché stava male. (1)/L’impiegata ha dovuto andare via
perché stava male. (2)
L’employée a dû partir parce qu’elle allait mal.
Sono voluti rimanere anche se la cerimonia era molto triste. (1) Hanno voluto rimanere anche
se la cerimonia era triste. (2)
Ils ont voulu rester même si la cérémonie était très triste.
Se il verbo all’infinito ha l’ausiliare ‘avere’, anche i verbi modali sono preceduti dall’ausiliare
avere”. Non è possibile nessun’altra alternativa.
ATTENZIONE alla posizione del pronome! : Se il verbo principale è alla forma riflessiva e
il pronome segue l’infinito, si deve usare l’ausiliare ‘avere’ e quindi il participio passato
rimane al maschile singolare.
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L’accordo del participio passato dei verbi servili segue le stesse regole degli altri verbi.
Accordo obbligatorio
Accordo facoltativo
Non accordo
Il participio passato dei verbi modali resta al maschile singolare se l’ausiliare ‘avere’ è
preceduto da :
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• il pronome partitivo « ne » con il significato “di lei”, “di lui”, “di loro”, “di ciò”
Ho incontrato Giuseppe due mesi fa e non ne (di lui) ho voluto più avere notizie.
J’ai rencontré Joseph il y deux mois et je n’ai plus voulu avoir de ses nouvelles.
Sua figlia è partita e non ne (di lei) ha più voluto sentire parlare.
Sa fille est partie et il n’en a plus voulu entendre parler.
L’ho detto ai poliziotti che non ne (di ciò) ho mai potuto sapere niente.
Je l’ai dit aux policiers que je n’en ai jamais pu rien savoir.
Gli hai dovuto prestare delle matite? Sì, gliene ho dovute prestare due.
Tu as dû lui prêter des crayons? Oui, j’ai dû lui en prêter deux.
Abbiamo dimenticato molte parole nuove, ma ne abbiamo già potute ricordare molte.
Nous avons oublié beaucoup de nouveaux mots, mais nous avons déjà pu nous en rappeler
beaucoup.
Non trovo più filtri di tè. Scusami, ne ho dovute bere cinque tazze oggi.
Je ne trouve plus de sachets de thé. Désolé, j’en ai dû boire cinq tasses aujourd’hui.
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Se il ‘ne’ si unisce al verbo all’infinito, il participio passato non deve più essere accordato e
resta al maschile singolare :
Gli hai dovuto prestare delle matite? Sì, ho dovuto prestargliene due.
Abbiamo dimenticato molte parole nuove, ma abbiamo già potuto ricordarne molte.
Nella forma impersonale, il participio passato non si accorda (mantiene quindi la desinenza
maschile singolare) quando i verbi hanno l’ausiliare ‘avere’ :
Si è mangiato bene.
On a bien mangé.
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Si usa la forma impersonale SI + verbo alla 3a persona singolare per esprimere azioni
comuni a più persone:
D’estate si va in vacanza/En été, on va en vacances, per esprimere che “tutti” (tous) vanno
in vacanza, “tutta la gente” (tout le monde).
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VERBI
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IL VERBO « STARE »
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IL VERBO « ANDARE»
Nelle frasi passive, il verbo « andare » è seguito dal participio passato di verbi come
« perdere, smarrire, sprecare / perdre »
Il verbo « andare » seguito dal participio passato di un altro verbo esprime l’idea di necessità:
IL VERBO «VENIRE»
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Un verbo di movimento è seguito dalla preposizione “a”, se è in relazione con un altro verbo:
Alcuni esempi :
Aspettarsi di, cercare di, consistere in, divertirsi a, rifiutarsi di, pensare a/S’attendre à,
chercher à, consister à, se plaire à, se refuser à, songer à
Sfidare a, sbrigarsi a, essere obbligato a, fare bene/male a, fare meglio a, provare a, basta
a/Défier de, se dépêcher de, se hâter de, s’empresser de, être obligé de, bien (mal) faire de,
faire mieux de, tâcher de, suffire de
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6. ESERCIZI
IL PRESENTE INDICATIVO
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d) Trasformare
1. Comincio domani.
2. Sbuccio la mela.
3. Spio il vicino di casa.
4. Allevio i loro dolori.
5. Sorveglio la casa.
6. Scio tutto il giorno.
7. Amplio la casa.
8. Mangio poco.
9. Pronuncio male.
10. Passeggio molto.
11. Ringrazio tutti.
12. Copio il documento.
13. Avvio il motore.
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1. C’è un romanzo.
2. Ci sono due scrittori.
3. Ci sono tre errori.
4. C’è una porta.
5. Ci sono quattro finestre
6. C’è un giardino.
7. C’è un quadro.
8. C’è il gatto.
9. Ci sono due colori.
10. Ci sono tre coltelli.
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1. Mando la lettera.
2. Aspettiamo l'autobus.
3. Spolveri i libri.
4. I ragazzi tornano dalla gita.
5. Il professore comincia la lezione.
6. Queste ragazze vanno al cinema.
7. Il viaggiatore sale sulla torre.
8. Bevo il caffè molto caldo.
9. Il macellaio taglia la carne.
10. Pagate il conto senza protestare.
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……………………………………………………………………………………………….
……………………………………………………………………………………………….
Maria va all’università e studia l’italiano.
Qualche anno fa …………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………….
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Perché non sei venuto? - Perché non sono potuto (voluto/dovuto) venire!
Perché non hai letto quel libro? – Perché non ho potuto leggerlo!
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Esempio: - Perché non mi hai aiutato? (potere) - Risposta: Perché non potevo.
- Perché non hai mangiato? (il medico: volere) - Risposta: Perché il medico non voleva.
1. Senti la musica?
2. Ti restituisco il tuo libro.
3. Vuoi sempre comandare tu!
4. Posso venire a portarti quel documento?
5. Certo, puoi venire quando vuoi!
6. Tu parli sempre delle tue qualità, ma non pensi mai ai tuoi difetti: ti rimprovero
questo!
7. Ti prego di non gridare quando discuti con le persone.
8. Hai sempre ragione, tu!
9. Tu pensi soltanto ai tuoi problemi.
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10. Ogni volta che ti incontro, ti saluto gentilmente, ma tu non mi saluti mai: forse sei
assorto nei tuoi problemi.
11. Hai ricevuto i tuoi giornali?
12. Da quanto tempo aspetti tua moglie?
13. Non ti ho visto alla riunione, ieri.
14. Ti parlo seriamente del tuo futuro: che cosa vuoi fare più tardi?
Carlo uscì di casa dopo che si era messo il cappello → Messosi il cappello, Carlo uscì di casa.
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b) Combinare le due frasi seguendo l’ordine indicato usando il futuro semplice (2)
e il futuro anteriore(1)
(1) Scrivo la lettera. (2) La metto nella busta. →Quando avrò scritto la lettera, la metterò nella
busta.
6.1.10. Il condizionale
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1. Vi riposate?
2. Vi incontrate?
3. Ti fermi?
4. Patrizia si pettina?
5. I bambini si lavano?
6. Ti nascondi?
7. Vi divertite?
8. Vi riconoscete?
9. Il maestro si arrabbia?
10. Pietro si scusa?
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b) Trasformare
Non mi sono accorto di questo. - 1) Non ho voluto accorgermi di questo. - 2) Non mi sono
voluto accorgere di questo.
6.1.14. L’imperativo
a) Rispondere
Leggo?—Sì, leggi!
Leggiamo?— Sì, leggete!
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1. Vengo?
2. Serviamo?
3. Me ne vado?
4. Dormiamo?
5. Bevo?
6. Lascio?
7. Lavoriamo?
8. Finiamo?
9. Studio?
10. Canto?
11. Rispondo?
12. Preparo?
13. Saliamo?
14. Esco?
15. Proseguiamo?
16. Registriamo?
17. Metto?
18. Firmiamo?
19. Rivedo?
20. Ripetiamo?
21. Leggo?
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• Scrivo la lettera?
• Parliamo a Marco?
• Leggo il giornale?
• Mangiamo la verdura?
• Comunico le informazioni?
• Mi riposo qui?
• Finisco il testo?
• Guido la tua macchina?
• Taglio la carne?
• Laviamo il pavimento?
• Ascoltiamo la canzone?
• Ti presto il libro?
• Mando il pacco a Carlo?
• Chiamiamo il medico?
• Faccio il bagno?
• Pago subito?
• Ci alziamo presto?
• Partiamo ora?
• Serviamo il pranzo?
a) Trasformare
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7. TRADURRE
a) L’indicativo presente
1.
2.
3.
1.- J'ai un livre et deux cahiers. 7.- Nous sommes des étudiants.
2.- Je suis très calme. 8.- As-tu une plume?
3.- Tu es pâle aujourd'hui. 9.- Pietro est un garçon courageux.
4.- Carla a une voiture. 10.- Vous n'êtes pas gentils.
5.- Nous avons peur. 11.- Carla est une jeune fille intelligente mais paresseuse.
6.- Vous avez tort. 12.- Nous n'avons pas toujours raison.
4.
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5.- Pendant les prochaines vacances, mes cousins veulent passer quinze jours sous la tente, en
Afrique.
6.- Où voulez-vous aller ce soir? au cinéma? au théâtre? ou préférez-vous aller manger une
pizza?
7.- Ces personnes partent contempler le paysage.
5.
b) È/ sono/C’è/Ci sono
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c) La forma di cortesia
e) Il condizionale
f) I verbi riflessivi
1.
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4.- Je me réjouis.
5.- Elle se coiffe.
6.- Nous nous amusons.
7.- Maria se fiance.
8.- Les chats se lavent.
9.- Les enfants se salissent.
10.- Tu te défends.
11.- Tu te trouves belle.
12.- Ces jeunes filles se contentent. de peu
13.- Nous nous fatiguons.
14.- Tu t'habilles.
15.- Elles se cachent.
g) I verbi servili
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h) L’imperfetto
1.- Quand j'étais enfant et que j'allais à l'école, à la campagne, je devais faire quatre
kilomètres à pied: c'était très dur (molto faticoso), surtout (soprattutto) en hiver.
2. – Pendant (durante) les vacances, les enfants jouaient (giocare) toute la journée sur la plage
(spiaggia); ainsi, les parents étaient tranquilles et pouvaient profiter (godersi + COD) du
soleil.
3.- Quand nous habitions (abitare) en ville, nous allions souvent au théâtre, car nous
préférions le théâtre au cinéma.
i) L’imperativo
1.
2.
1.- Soyez le bienvenu! Entrez, fermez la porte et asseyez-vous! Ne vous préoccupez pas et
expliquez-moi votre problème.
2.- Prenez cette lettre et lisez-la attentivement, puis dites-moi votre avis.
3.- Mademoiselle, apportez-moi le dossier Rossi, faites une copie des deux premiers
documents et envoyez-les à mon collègue Fabbri.
4.- Parlez-moi de vos cousins; soyez certain que leurs visites me font toujours plaisir.
5.- Ouvrez cette boîte et regardez bien: au fond, il y a une bague: c'est un cadeau pour vous!
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VII. L’AVVERBIO
1. POSIZIONE DELL’AVVERBIO
I vari tipi di avverbio (modo, luogo, tempo, quantità… ), di solito, precedono l’elemento che
modificano.
Ho mangiato troppo.
J’ai trop mangé.
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Lo stesso avverbio può avere un significato diverso a seconda della posizione occupata nella
frase:
2. ESERCIZI
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1. CONGIUNZIONI DI COORDINAZIONE
In frasi affermative :
e , ed (quando “e” è seguito da un nome che comincia per “e” o, più raramente, con un’altra
vocale, “u”, “i”, “a”, “o”)/et
e anche/et ... aussi
e pure/ et ... aussi
e inoltre (rinforza la congiunzione “e”)/et de plus
In frasi negative :
o/oppure/ou
ma, però/mais
anzi/au contraire, même, mieux
tuttavia/toutefois
eppure/ (et) pourtant
invece (avverbio)/mais, au contraire
dunque/donc
quindi/donc
pertanto/par conséquent, c’est pourquoi
perciò/donc
sicché/si bien que
ebbene/eh bien, eh alors
allora (dunque, ebbene)/alors
così (avverbio)/ainsi.
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Per spiegare:
infatti,difatti/en effet
Avverbi:
cioè (vale a dire)/ à savoir
ad esempio, per esempio/par exemple
e...e/ et … et
né...né/ni…ni
o...o/ou...ou
sia...sia/comme ...; soit ...soit
tanto...quanto/aussi bien que
così...come/ à … comme ; de même que… de même
non solo... ma anche/non seulement ... mais aussi
ora...ora/soit... soit ; tantôt … tantôt
1.1.1. Anche
La congiunzione anche precede l’elemento sul quale si vuole attirare l’attenzione, quindi il
significato può variare. Attenzione alla posizione di « anche » rispetto a « aussi » :
Anche domani andiamo in piscina. (Ci siamo andati oggi e ci andremo anche domani)
Demain aussi, nous allons à la piscine.
Domani andiamo anche in piscina. (Domani andremo in piscina, ma faremo anche altre cose)
Demain, nous irons aussi à la piscine.
Stasera mi incollo allo schermo perché c’è un film con Mastroianni, il mio attore preferito.
Anch’io! Lo adoro!
Ce soir je me colle devant l’écran parce qu’il y a un film avec Mastroianni, mon acteur
préféré. Moi aussi ! Je l’adore !
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Con il verbo piacere (aimer) e i verbi servili (potere, dovere, volere), anche, di solito, si trova
davanti al verbo all’infinito:
Questa settimana voglio leggere il nuovo romanzo di Ammaniti, ma devo anche prepararmi
per gli esami.
Cette semaine, je veux lire le dernier roman de Ammaniti, mais je dois aussi me préparer pour
les examens.
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IX. APPROFONDIMENTI
Centinaia di aerei avevano volato a lungo nella notte per raggiungere .............................
piccola città. Dentro a ciascun aereo c’era ............................. equipaggio, ogni uomo col suo
compito. Piloti, osservatori, radiotelegrafisti, armieri. Personale bene addestrato, di sicuro
rendimento.
............................. uomini pensano, volando ne............................. notte. Sotto c’è
............................. terra, e ............................. stelle aiutano a pensare. Così volando nella
notte quegli uomini hanno pensieri di cose lontane. Paesi che sono in un’altra parte
de............................. terra, ai quali essi appartengono, e ai quali sperano di tornare un giorno.
Vi è in essi ............................. inesauribile ansia di tornare a casa, che li rende un po’
malinconici, ma che è anche il loro rifugio contro ............................. difficoltà della vita.
Sempre, nella noia o ne............................. dolore, essi pensano di tornare a casa.
Avvicinandosi a............................. città, ............................. uomini abbandonano i loro
pensieri di cose lontane. ............................. aerei si dispongono per il bombardamento.
Formazione, quota, direzione di lancio. Tutti sono tranquilli perché è .............................
azione facile, che non toglierà a nessuno ............................. possibilità di tornare a casa. ...
............................. osservatori guardano in basso e riconoscono ............................. luoghi
che hanno studiato sulle carte, durante ............................. preparazione per il volo. Ora
seguono ............................. linea ferroviaria. Avanti si scorge ............................. stazione,
grande come ............................. pacchetto di sigarette, con i fasci dei binari e il cavalcavia.
Poco più in là ci dev’essere ............................. ponte di ferro su............................. fiume.
Pronti. Tutti a bordo hanno un attimo di tensione. ............................. apparecchi sono
sull’obiettivo.
............................. obiettivo è una stazione, un cavalcavia, un ponte, dei fasci di binari. Così
dall’alto sembrano giocattoli per bambini. Quelle cose si devono colpire, perché
............................. nemico se ne serve per ............................. sua guerra. Ma intorno e
vicino ad esse ci sono de............................. altre cose, egualmente piccole come giocattoli
per bambini. Sono ............................. case della città, che su............................. carte non
sono segnate con i segni speciali che mettono in risalto l’obiettivo.Perciò si trascurano, come
se non ci fossero.
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E si trascura anche che dentro ............................. case vive ............................. gente, molta
gente. Forse ............................. piccola città ha più di centomila abitanti, ora che tanti
profughi vi si sono rifugiati da............................. città vicine. Più di centomila persone
cadute nel terrore. Hanno visto ............................. luci e sentito i motori, e hanno capito.
(Giuseppe BERTO, Il cielo è rosso)
L’estratto è alla prima persona singolare. La persona che ricorda è una donna.
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Non salutare, stare sempre al cellulare, non offrire mai una bevanda (une boisson) ai colleghi.
I peggiori sono ............................... australiani.
Non salutare, non offrire una bevanda ............................... ospiti, parlare a voce alta, dire
parolacce, stare continuamente al cellulare. Ma anche fare troppe domande
............................... la vita privata e utilizzare cancelleria (crayon, gomme, stylo...) senza
chiedere permesso: questi sono ............................... atteggiamenti che danno più noia in
ufficio secondo ............................... ricerca effettuata su 700 lavoratori di 13 paesi.
Alla fine ............................... lavoratori più maleducati sono risultati proprio gli australiani.
Un quarto ............................... loro impreca (insulter et pester) in ufficio (o lo ritiene
accettabile) e la maggior parte non avrebbe problemi a chiamare il proprio capo (le chef)
............................... nome, incurante delle gerarchie. Parlano al telefono ad alta voce e
tendono a fare domande molto private ............................... i colleghi. Negli uffici o durante
gli incontri di lavoro gli australiani si confermano dunque ............................... popolo un po’
selvaggio, con pregi e difetti annessi. Si tratta di gente priva di sovrastrutture e molto genuina,
ma al tempo stesso dimostra gravi carenze ............................... buona educazione. Per contro
tendono a non offendersi con facilità, a parte in una circostanza: quando gli uomini d’affari
non offrono ............................... bere o non accettano di bere gli australiani ci rimangono
molto male.
Le etnie maggiormente rispettose e sensibili si dimostrano invece inglesi e americani. Ma
sono anche i più permalosi. Mentre ............................... orientali si piazzano comunque bene
nella classifica ............................... l’educazione in ufficio, segnalandosi soprattutto per
l’attenzione che hanno verso ............................... gerarchie (per loro è inammissibile
chiamare per nome ............................... superiore). Gli italiani non sono contemplati
............................... la ricerca, che in tutti i casi può essere molto utile, soprattutto per
............................... lavoratori nomadi, a cui capita di avere a che fare con colleghi di tutte le
nazioni: conoscere le regole ............................... civiltà (tacite e meno tacite) paese per paese
può aiutare a concludere qualche contratto ............................... più. Così come violare
l’etichetta in alcuni casi può costare molto caro.
(Adattato da Emanuela Di Pasqua, Corriere della Sera online, 15 gennaio 2009)
i i i i gli l’ le
a a a con di di di di in
Sono .......... ultimi giorni di scuola. .......... vacanze sono alle porte e le valigie sono quasi
ultimate (faites). Ogni anno, alla fine .......... la scuola, io e mia sorella partiamo per le vacanze
con .......... nonni; andiamo nella loro casa .......... Santa Maria di Leuca, una grande casa
.......... il mare con un immenso giardino .......... ulivi. Aspettiamo .......... ansia la partenza: i
nonni sono adorabili e laggiù (là-bas) ci aspettano molti amici. Ormai conosciamo tutti ..........
bambini della zona e non abbiamo tempo .......... annoiarci (s’ennuyer). La mattina ci
svegliamo .......... le 9.00; dopo un’abbondante colazione andiamo .......... spiaggia. ..........
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nostri amici di solito sono già arrivati e hanno già cominciato .......... nuotare. .......... acqua è
trasparente e si possono vedere anche .......... pesci.
[...] Dovete dunque sapere che la Contessa Maria ( ............................... brava donna che io ho
conosciut............................... benissimo, come conosco voi) era rimasta vedova (veuve)
...............................tre figl...............................: due maschi e una bambina.
Il maggiore, ............................... nome Luigino, poteva avere fra ............................... otto e i
nove ann...............................: Alberto, ............................... secondo, ne finiva sette, e l'Ada, la
minore ............................... tutti, era entrata appena ne' sei anni, sebbene ...............................
occhio ne dimostrasse ............................... più, a causa della sua personcina (le physisque)
alt..............................., sottile e veramente aggraziata.
La contessa passava molti mes............................... all'anno nella ............................... villa: e
non lo faceva già per divertimento, ma ............................... amore de' (dei) ...............................
figlioletti, che erano gracilissimi e di una salute (santé) molto delicat................................ .
Finita ............................... ora della lezione, il più gran divertimento ...............................
Luigino era quello di cavalcare un magnifico cavallo sauro; ...............................animale pieno
di vita e di sentimento, che sarebbe stato capace ............................... fare cento chilometri in
...............................giorno se non avesse avuto fin dalla nascita ............................... piccolo
difetto: il difetto, cioè, di essere un cavallo di legno! [...]
Alberto, ............................... fratello minore, aveva ............................... altra passione. La sua
passione era tutta per un bellissimo Pulcinella, che, tirando certi fili, moveva
............................... molta sveltezza (rapidité) gli occh..............................., la bocca, le
bracci............................... e le gambe, tale e quale come potrebbe fare un uomo vero: e
...............................essere un uomo vero, non gli mancava che una sol...............................
cosa: il parlare.
(Carlo Collodi, La festa di Natale)
Cara Gisella,
quando leggerai queste righe il ................................ papà non sarà più. Il
................................ papà che ................................ ha tanto amata malgrado i suoi bruschi
modi e la ................................ grossa voce che in verità non ................................ ha mai
spaventata (effrayée). Il ................................ papà è stato condannato a morte per le
................................ idee di Giustizia e di Uguaglianza. Oggi sei troppo piccola per
comprendere perfettamente queste cose, ma quando sarai più grande sarai orgogliosa di
................................ padre e ................................ amerai ancora di più, se lo puoi, perché so
che già ................................ ami molto.
Non piangere, cara Gisellina, asciuga i ................................ occhi, tesoro mio, consola
................................ mamma, da vera donnina che sei.
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Anche quest’anno Natale sta per arrivare. ....................... città è piena di luci, .......................
alberi di Natale hanno trovato ....................... loro solito posto al centro ....................... tutte le
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piazze della città, anche ....................... quelle più piccole. Babbo Natale si sta preparando a
consegnare ....................... regali, felice di poter accontentare ....................... suoi cari bambini
che ormai conosce tutti uno ....................... uno. Babbo Natale però non sa ancora che
quest’anno sarà diverso ....................... altri ! Una lettera, tra quelle che aveva ricevuto,
....................... aveva colpito. « Caro Babbo Natale, mi piacerebbe conoscer....................... .
Ho deciso che non andrò ....................... letto la notte di Natale e ....................... aspetterò ». I
bimbi curiosi ....................... avevano sempre creato dei problemi, ma fino a quel momento
era sempre riuscito a cavarsela. Doveva trovare ....................... soluzione. Sentiva però che
....................... solo non ce l’avrebbe fatta. L’amica Polvere di Stelle ....................... avrebbe
sicuramente aiutato. ....................... mamme e i papà conoscono bene Polvere di Stelle che
abita sulla stella più luminosa ....................... cielo e fa addormentare i bambini soprattutto
....................... momenti più difficili
Era partita con .................... cuore leggero. Ora avrebbe guadagnato .................... pane da
sola e .................... qualche sacrificio avrebbe inviato .................... suoi riparmi ....................
padre. Ma poi, quando Praia a Mare e l’Isola di Dino sfilarono davanti .................... finestrino
del treno, sentì un magone lacerar.................... il petto. Un giorno .................... agosto era
stata in gita su quel tratto .................... mare insieme ai suoi amici .................... Roccalba.
Con la barca avevano fatto il giro .................... minuscola Isola di Dino, sostando
.................... Grotta azzurra e nella Grotta del Leone, dove avevano urlato come pazzi
.................... loro nomi. Poi attraverso l’Arco Magno erano entrati .................... paradiso. Era
una spiaggetta solitaria, .................... sabbia nera finissima e acqua turchese. Sopra l’arco
.................... roccia si intravedeva la strada ciottolosa costruita dai Romani e in alto, nella
cupola .................... cielo, brillava .................... sole sconfinato. Nell'acqua fredda che
.................... ripagava della lunga andata .................... viaggio si fecero una promessa
romantica, un conto senza l'oste: « Noi, questa terra non .................... dobbiamo abbandonare
mai, è la più bella .................... mondo ».
Uno dopo l’altro erano partiti .................... suoi amici della gita, e anche .................... altri
coetanei erano partiti, chi al Nord Italia, chi .................... Germania. Per lavoro. Ora toccava a
lei. Un mese e venticinque giorni .................... supplenza in un corso d’italiano ....................
Amburgo...
(tratto da Carmine ABATE, Tra due mari, 2002)
Dopo .................... ultimo arrivederci, non ho staccato .................... telefono. Eppure non
voglio altre telefonate, desidero solo un po’ .................... silenzio, chiudere ....................
occhi, ascoltare i rumori lontani .................... città, restare nella penombra ....................
pomeriggio, sapere che il telefono, per qualche ora, non potrà suonare. È .................... difesa.
Lo so, le mie nipoti mi rimproverano questa abitudine di staccarlo, e anche Rosa, la donna
.................... pulizie, sostiene che le dà ansia .................... suono insistito dell’occupato per
ore, sapendomi .................... casa. Eppure è una difesa, mi concede questa sensazione
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.................... solitudine, di lontananza, quasi di non esistenza. Lo so, non dovrei, soprattutto
.................... questi giorni, eppure è più forte di me .................... bisogno di sottrarmi anche
all’affetto .................... altri.
Questa stanza, .................... penombra, sembra più grande, profonda. Socchiudo gli
occhi, cerco di respirare, .................... liberarmi di questa sensazione di fastidio. ....................
tre giorni compirò otant’anni, e io provo solo .................... sensazione di non appartenenza,
mentre .................... mie nipoti stanno organizzando .................... festa e già .................... paio
di allievi hanno ricordato, chissà come, .................... data.
(dal racconto Gli inviti, in Le Attese di Carla FORNO)
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Mi girai stupito. Era il professor Ermanno, appunto, che, tutto contento ………. avermi fatto
trasalire, sorrideva bonario. Mi prese con delicatezza per un braccio, quindi, molto
lentamente, tenendoci sempre ben discosti dalla rete metallica di recinzione e ogni tanto
fermandoci, cominciammo ………. camminare attorno al campo di tennis. Compimmo un
giro quasi completo, ………. poi, alla fine, tornare sui nostri passi. Avanti e indietro. Nel buio
che via via cresceva, ripetemmo la memoria varie volte. Frattanto parlavamo : o meglio
parlava in prevalenza lui, il professore.
Cominciò ………. chiedermi come giudicassi il campo di tennis, se lo trovavo davvero così
indecente. Micol non aveva dubbi : ………. darle retta, si sarebbe dovuto ………. rifarlo da
capo a fondo, con criteri moderni. Lui invece rimaneva incerto. Forse, al solito, il suo « caro
terremoto » esagerava, forse non sarebbe stato indispensabile ……….buttare all’aria tutto
quanto come lei pretendeva.
« In ogni caso », aggiunse, « tra qualche giorno comincerà ………. piovere, inutile ……….
illudersi. Meglio ………. rimandare ogni eventuale iniziativa all’anno prossimo, non pare
anche a te ? »
Ciò detto, passò ………. domandarmi che cosa stessi facendo, che cosa avevo intenzione
………. fare nell’immediato futuro. E come stavano i miei genitori.
(Giorgio BASSANI, Il giardino dei Finzi-Contini, 1962)
VERBI
a) Coniugate i verbi ai tempi opportuni (è una bambina che parla alla prima
persona)
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Mio nonno mi racconta che, quando lui aveva la mia età, cioè 10 anni, non
................................... (esistere) i supermercati. La sua mamma lo mandava a comprare il
pane, il latte e le uova ogni giorno nella piccola drogheria che ...................................
(trovarsi) sull’angolo della via in cui abitavano. Di questo negozio è rimasto solo il nome
sulla facciata; ora ................................... (diventare) un appartamento ma i proprietari che
l’hanno trasformato non hanno voluto far cancellare la scritta “Drogheria da Elvira”.
Ora i negozietti sono rari. Tutti ................................... (preferire) andare al supermercato
perché ci sono molti prodotti, si possono usare i buoni sconto, e si ...................................
(uscire) con il carrello pienissimo. “Che soddisfazione” dice mio padre, ogni volta che
................................... (contemplare) il suo. Per lui, andare a fare la spesa è un’attività
importante. ................................... (Partire) da casa dicendo: “non abbiamo bisogno di molte
cose, vero?” e mia madre ................................... (rispondere): “No, ci sono appena andata io
al supermercato”, ben sapendo che il marito ................................... (tornare) con almeno
quattro borse piene di roba.
Mio nonno non sopporta mio padre e quando ................................... (incontrarsi) gli chiede
sempre come mai sente il bisogno di riempire così tanto il frigorifero. La risposta è sempre
uguale: “Non si sa mai!”.
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La signora Guglielmina solleva sulla fronte i grossi occhiali (les lunettes) e ..............................
(1. avvicinare) il viso alla vetrinetta che contiene la lista del giorno. Difficilmente
.............................. (2. riuscire) a distinguere i cinque diversi menù offerti a prezzo fisso dal
suo ristorantino preferito. Dopo aver fatto mentalmente i calcoli, si decide per il numero 4, il
meno costoso, che .............................. (3. comprendere) una minestra, una fettina di carne
(une petite tranche de viande) con contorno e un’insalata. Per lei, che ..............................
ormai .............................. (4. superare) gli ottant’anni, era anche troppo.
Il ristorante .............................. (5. essere) pieno di gente. Guglielmina si mette in coda e
aspetta con il vassoio in mano. Trovato finalmente un posto a sedere, .............................. (6.
rendersi) conto di aver dimenticato di prendere da bere. Decide di lasciare il vassoio (le
plateau) e la borsetta (sac à main) e .............................. (7. dirigersi) verso il distributore
dell’acqua.
Riempito il bicchiere, ritorna al suo tavolo, ma con grande sorpresa .............................. (8.
vedere) che al suo posto c’è un ragazzo dalla pelle scura che sta mangiando la sua minestra.
Lo .............................. (9. guardare) meravigliata e lui, imbarazzato, decide di
.............................. (10. dividere) a metà la fettina di carne e la verdura e molto gentilmente li
offre a Guglielmina. L’anziana signora si impone la calma e .............................. (11
continuare) a guardare con sorpresa il giovane che divide il suo pezzo (morceau) di pane in
due e glielo .............................. (12. offrire).
Guglielmina non .............................. (13. volere) prendere quel pezzo di pane toccato da delle
mani nere, ma alla fine decide di accettare. Alla fine del pasto, il giovane negro si alza e
.............................. (14. andare) a prendere due tazzine di caffè, una per lui e l’altra per la sua
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compagna di tavolo. In silenzio beve il suo caffè e poi .............................. (15. uscire) dal
ristorante.
In quel momento Guglielmina si rende conto di non avere più la sua borsetta e il suo primo
pensiero .............................. (16. andare) al giovane negro e a tutti quegli immigrati
profittatori e ladri. Si sente molto fragile e vorrebbe chiamare la polizia. ..............................
(17. Alzarsi) e incamminandosi (en marchant) verso la cassa vede un vassoio con un menù
numero quattro ancora integro : la minestra, la carne e la verdura, e anche una borsetta, la sua.
Anche il giovane .............................. (18. stare) mangiando lo stesso menù e per questo si era
confusa.
Guglielmina si precipita fuori dal ristorante ma ormai il giovane non c’.............................. (19.
essere) più, ma ce n’erano tanti altri che forse .............................. (20. stare) pensando che i
loro fratelli bianchi erano davvero strani.
(Ispirato al racconto Il ladro di Attilia Fiorenza Venturini)
1.
“ … Andiamo sulle automobili ?”
“ .................................. (volere) andarci anche Lei ?” disse dopo un po’ Stefano. “Dove ?”
fece Mara, che s’.................................. (essere) distratta. “No, non ne ho voglia.”
“Mi sbaglio … o .................................. (avere) qualcosa, stasera ?”
“Sono di cattivo umore : ecco tutto.”
“Anch’io .................................. (essere) di cattivo umore” disse il giovane. “O per dir meglio,
sono inquieto... Ieri .................................. (ricevere) una lettera di quella ragazza.”
“E che cosa le ha scritto?” fece Mara, subitamente interessata. “Oh, ma se non vuol dirmelo ...
scusi anzi se .................................. (essere) così indiscreta da chiederglielo...”
“Glielo dico volentieri, invece. Mi .................................. (scrivere) le solite cose: si dice
pentita, implora il mio perdono...”
“Ma le .................................. (scrivere) spesso?”
“Anche due volte la settimana.”
“E lei le .................................. (rispondere)?”
“Le rispondo, sì... ma per dirle che non credo nella sincerità del suo pentimento, né dei suoi
buoni propositi per l’avvenire. Mi .................................. (dispiacere) solo per la famiglia”
aggiunse dopo un po’. “Non .................................. (meritarsi) una figlia così. Pensi, le sorelle
sono portate a esempio: due ragazze serie, che non .................................. (avere) mai una
chiacchera... Ma si vede che la malerba nasce dappertutto. Io, quando penso a lei,
.................................. (fare) proprio il paragone con la malerba. L’altra sera ho scritto una
novella: e l’.................................. (intitolare) così: La Malerba.”
(da Carlo CASSOLA, La ragazza di Bube (1960)
2.
“Imparate l’inglese!”. Mio padre non .................... (stancarsi) mai di ripetere questa frase
ogni volta che .................... (parlare) con i suoi dipendenti o con i suoi amici. “Volete fare
carriera?” “.................... (volere) viaggiare?” “Imparate l’inglese!”. Io e i miei fratelli
sorridiamo e con discrezione .................... (lasciare) a nostro padre il compito di intrattenere
i suoi interlocutori con numeri e statistiche.
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3.
Le vacanze non mi ...................... (piacere) e, a dire il vero, non mi sono mai piaciute. Mi
ricordo che quando ...................... (essere) piccolo e mio padre entrando in casa alla fine
dell’ultimo giorno di lavoro, diceva “Domani ...................... (partire), finalmente”, io mi
mettevo a piangere e nessuno ...................... (capire) il perché. Anch’io non ne conoscevo la
ragione; il fatto era che non ...................... (riuscire) a trattenermi. La mamma interveniva
subito: “...................... (venire) Giulio, andiamo a giocare nella tua cameretta. Tra poco
...................... (arrivare) i nonni”. Il pensiero dei nonni mi distraeva e così, nonostante la mia
inspiegata tristezza, mi ...................... (addormentare) tranquillo. Che confusione in casa:
“Prendi la valigia da sotto il letto, Martina”, “e tu Vittorio ...................... (prendere) quella
sull’armadio perché è troppo in alto per me”; “Non ...................... (volere) prendere quel
cappello, è troppo grande e ridicolo”; “non vorrai ...”. Io avevo la fortuna di non sentire
niente. Ero così nervoso per la partenza che mi ...................... (tappare) le orecchie e
chiudevo gli occhi stretti stretti nell’illusione di ...................... (rimanere) a casa. Una volta
mi sono ammalato la mattina della partenza. Mi ...................... (venire) la febbre a 40. La
mamma ...................... (chiamare) il dottore che si è precipitato a casa nostra. Mio padre era
arrabbiatissimo, ma ...................... (essere) anche contento che non fosse niente di grave.
Solo un banale mal di gola.
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Esercizio 1.
amici - animali - case - grande - padroni - soccorrere - sensibili
Esercizio 2.
alzata - davanti - detestano - dormendo - facendo - farlo - leggevo - notte - passeggiata -
preferirebbero - ricordarlo - riflesse - sentimenti - stanza
Esercizio 3.
Così una mattina, mentre ....................................... colazione, hai detto: «Voglio una rosa».
Davanti alla mia obiezione che ne avevamo già tante hai risposto: «Ne voglio una che sia mia
......................................., voglio curarla, farla diventare grande. Naturalmente, oltre alla rosa,
volevi una ....................................... . Con la furbizia dei bambini avevi messo il
....................................... semplice davanti a quello quasi impossibile. Come potevo negarti la
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Esercizio 4.
bocca – capanna – castello – città – corona – iscrizione – danari – figlia – giorno – musica –
palazzo – storia – testa – uomo – violino
C’era una volta un Principe ricco come il mare. Gli viene voglia di farsi un palazzo proprio in
faccia a quello del Re, ma più bello ancora di quello del Re. Finito il
………………………………….. ci fa scrivere sulla facciata questa scritta: Il denaro fa tutto.
Il Re esce, vede quella scritta e legge. Fa subito chiamare il Principe, che, essendo nuovo
della ………………………………….., non era ancora stato a Corte.
– Bravo – gli dice, – ti sei fatto un palazzo che è una meraviglia. Al confronto, casa mia pare
una…………………………………..! Bravo. E di’, sei tu che hai fatto scrivere che il denaro
può tutto?
Il Principe comincia a capire che forse era stato troppo ambizioso.
– Signorsì, – risponde, – ma se a Vostra Maestà non piace, ci vuol poco a farla levare ...
– No, non pretendo tanto; volevo solo sentire da te cosa volevi dire con
quell’…………………………………... Crederesti di potere, coi tuoi danari, farmi
ammazzare?
Il principe capì che le cose si mettevano male per lui.
– Oh, Maestà, mi perdoni ... Faccio subito cancellare quella scritta! E se non le piace il
palazzo, me lo dica e lo riduco in briciole.
– E io ti dico di no.... lasciala stare. Però visto che dici che coi
…………………………………..si può tutto, dimostramelo. Ti do tre giorni di tempo per
riuscire a parlare con mia figlia. Se riesci a parlarle, bene, te la sposi... Se non ci riesci, ti
faccio tagliare la …………………………………... Siamo d’accordo?
Il Principe viene preso dall’angoscia; non mangiava più, non beveva, non dormiva; pensava
solo, notte e ………………………………….., al modo di salvarsi. Il secondo giorno, certo
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ormai di non riuscire a trovare una soluzione, si decide a far testamento. Non c’era più
speranza: la ………………………………….. del Re l’avevano chiusa in un castello, con
cento guardie intorno.
Il Principe pallido s’era rassegnato a morire. Venne a trovarlo la sua balia, una vecchia che lo
aveva allattato quand’era bambino, e che lui teneva ancora a suo servizio. A vederlo così
magro, la vecchia gli domanda cosa abbia e lui le racconta la
…………………………………...
– Ebbene? – disse la balia. – Ti vuoi dare per perso? Certamente no! Ci penso io!
La vecchia corre dall’orefice (artigiano che fa gioielli) della città e gli comanda un’oca tutta
d’argento che apra e chiuda il becco, ma grande quanto un …………………………………..,
e vuota dentro. – Per domani deve essere pronta.
Per domani? Siete matta! – esclama l’orefice.
Ho detto per domani! – e la vecchia tira fuori un sacco di monete d’oro. – Pensateci: questa è
la caparra; e domani a consegna vi do il resto.
L’orefice era rimasto a …………………………………..aperta. – Allora è un’altra storia, –
dice, – Si può provare.
E il giorno dopo l’oca era pronta: una meraviglia.
La vecchia dice al Principe: – Prendi il tuo ………………………………….., e entra nell’oca.
E appena siamo in strada, mettiti a suonare.
Presero a andare per la città: la vecchia si tirava dietro l’oca d’argento con una corda; il
Principe dentro suonava il violino. La gente guardava a bocca aperta. Tutti correvano a
vederla. Corre la voce fino al ………………………………….. in cui era rinchiusa la figlia
del Re, e lei domanda a suo padre il permesso di vedere lo spettacolo. Il Re dice: – Domani è
scaduto il termine per quel fanfarone del Principe, e tu potrai uscire a vedere l’oca.
Ma la figlia aveva sentito dire che la vecchia con l’oca avrebbe lasciato la città il giorno dopo,
e il Re allora dà il permesso che l’oca sia portata nel castello perché la figlia possa vederla.
Era quel che aspettava la vecchia. Quando la Principessa fu sola con l’oca d’argento, mentre
stava a sentire incantata quella ………………………………….. che usciva dal suo becco,
vede improvvisamente l’oca aprirsi, e saltarne fuori un uomo.
Non abbiate paura, – disse l’uomo. – Sono il Principe che deve potervi parlare per non essere
decapitato da vostro padre domattina. Voi potrete dire d’avermi parlato e salvarmi.
Il giorno dopo, il Re fa chiamare il Principe: – Allora, t’è servito il tuo danaro per parlare a
mia figlia?
Sì Maestà, – risponde il Principe.
Come? Vuoi dire che le hai parlato?
Domandateglielo.
E la figlia, chiamata, dice come il Principe era nell’oca d’argento che il Re stesso le aveva
fatto portare nel castello.
Il Re allora si leva dal capo la ………………………………….. e la mette in testa al Principe:
– Vuol dire che non hai solo il denaro ma anche il cervello fino! Stà contento, perché ti do
mia figlia in sposa.
(Il denaro (i soldi) fa tutto, adattato da Fiabe Italiane, raccolte e trascritte da Italo CALVINO,
Einaudi, p. 25-27, vol. 1)
Esercizio 5.
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Khady Mbaye si sveglia ogni mattina nella sua .............................. di fango e lamiera a Darou
Salam Diouf - villaggio di 402 .............................., 150 chilometri a nord-est di Dakar, nel
Senegal - e la prima domanda che le risuona in .............................. è sempre la stessa: riuscirò
a sopravvivere oggi? E mentre attraversa l’unica .............................. di casa con un letto a
rete, due sedie, cinque ciotole di metallo, qualche tazza sbeccata e un cesto di
.............................. da lavare, ecco arrivare, in .............................., tutte le altre: come farò a
vestire e dar da mangiare a mia figlia? E a comprare il .............................. per la capra e i
polli? Potrò mai saldare il debito col vicino che mi ha venduto tre .............................. ? Tre,
una per mese, perché anche nel .............................. devo stare attenta a non usare troppa
schiuma.
Eppure Khady Mbaye non è ............................... . Lavora otto ore al giorno per raccogliere
.............................. e, quando ha fortuna, la sera torna a casa con un dollaro: «Mi pagano 20
centesimi al .............................., ma ci sono giorni in cui non c’è lavoro e sono costretta ad
andare a letto a .............................. vuoto».
Un tempo le cose andavano meglio. Subito dopo le .............................. con uno studente di
religione, Khady Mbaye si era messa a lavorare la terra .............................. al marito dal
governo, in cambio della sua opera a favore dell’Islam, come .............................. in tante
comunità senegalesi. Ma due anni fa suo marito si è .............................. ed è morto. E per
pagare il funerale e la .............................., la famiglia di lui - secondo la legge musulmana la
sola erede legale dei suoi averi - vendette per 70 dollari la .............................. dell’acqua che
l’uomo usava per .............................. i suoi campi. Da allora Khady Mbaye ha dovuto
abbandonare la terra, sempre più .............................., e si è messa a lavorare per altri.
Stipendiata a cottimo, 20 centesimi per ogni cesto di .............................. raccolta. Lavoratrice,
eppure condannata ad una vita senza ............................... Troppo povera anche per aspirare ad
un «microcredito» dello Stato che possa consentirle di comprare un’altra pompa dell’acqua.
.............................. di pomodori , con la stessa domanda tutte le mattine .
Esercizio 6.
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Parte II
Parlare e scrivere in italiano
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UNITÀ 1 : MI PRESENTO
3. LEGGI E COMPRENDI
CIAO, MI PRESENTO...
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4. PARLIAMO INSIEME
MI INFORMO...
fare da mangiare
leggere (lire)
andare (aller) al cinema
fare sport
camminare (marcher)
guardare (regarder) la televisione
navigare su internet
disegnare (dessiner)
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Io sono ho abit –o
Tu sei hai abit –i
Lei/lui è ha abit- a
Noi siamo abbiamo abit –iamo
Voi siete avete abit –ate
Loro sono hanno abit –ano
IL VERBO “CHIAMARSI”
Io mi chiamo
Tu ti chiami
Lei/Lui si chiama
Noi ci chiamiamo
Voi vi chiamate
Loro si chiamano
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6. LEGGI E COMPRENDI
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(Gianni Rodari)
Gli stracci
Gli italiani
Gli abissini
Gli inglesi
Gli americani
I russi
I francesi
7. PARLIAMO INSIEME
Da dove vieni? (ci diamo del tu) Di dove sei? Di che nazionalità sei?
Lei, da dove viene? (forma di cortesia) Lei di dov’è? Di che nazionalità è?
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http://www.treccani.it/enciclopedia/unione-europea/
7.1.2. Le capitali
Completa
Atene è la capitale della .........................................
Berlino è la capitale della .........................................
Copenaghen è la capitale della .........................................
Dublino è la capitale dell’ .........................................
Lisbona è la capitale del .............................................
Londra è la capitale dell’ .........................................
Praga è la capitale della .........................................
Roma è la capitale dell’ .........................................
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ARTICOLI DETERMINATIVI
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I continenti
Europa europeo/a
Asia asiatico/a
Africa africano/a
America americano/a
Australia australiano/a
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Elementi grammaticali: Le tre coniugazioni dei verbi regolari e irregolari (-are, -ere, -ire)
I verbi preferire, conoscere
I sostantivi e gli aggettivi derivati
Le doppie consonanti
9. LEGGI E COMPRENDI
11
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Molto sbrigativi, possono essere egoisti e dimostrarsi privi di tatto nei confronti degli altri,
anche se difficilmente se ne rendono conto.
L'Ariete generalmente gode di buona salute, ma anche se è dotato di grande energia può
soffrire per i propri entusiasmi ed eccessi.
Rappresentanti importanti di questo segno:
Leonardo da Vinci, Giacomo Casanova, Vincent van Gogh, Charles Baudelaire, Claudia
Cardinale.
Colore da portare: il rosso in tutte le sue sfumature.
Pietra portafortuna: corallo rosso o rubino.
Metallo: il ferro che appartiene a Marte.
Giorno favorevole: il martedì, dominato da Marte.
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Rappresentanti importanti di questo segno sono: François Voltaire, Pablo Picasso, Indira
Gandhi, Leonardo Di Caprio, Julia Roberts, Bill Gates.
Colore da portare: il viola che aiuta lo Scorpione nelle sue meditazioni.
Pietra portafortuna: il rubino o l'agata.
Metallo: il Ferro in quanto domina Marte, governatore dello Scorpione.
Giorno Favorevole: il martedì, giorno di Marte.
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Sono ambiziosi, hanno molta pazienza e per raggiungere le mete prefissate possono percorrere
cammini molto faticosi; desiderosi di raggiungere il vertice sociale sanno anche come
coltivare le persone giuste che li aiutino a realizzare i loro scopi.
Non amano le forme di esibizionismo troppo accentuate; lavorano molto e desiderano sempre
credere in un potere più alto, perché una volta raggiunto un traguardo, se non trovano una
nuova meta da prefissarsi, hanno bisogno di un periodo di introspezione. A volte possono
dimostrarsi troppo testardi, ma solo perché sono concentrati a perseguire i loro obiettivi.
Saturno governa il segno e dato che tale pianeta domina le ossa, possono soffrire di
reumatismi o artrosi. La costituzione fisica di solito si irrobustisce con il passare degli anni.
Rappresentanti importanti di questo segno sono: Mel Gibson, Mao Tse-tung, Ricky Martin,
Marlene Dietrich, David Bowie, Manuela Arcuri.
Colore da portare: il nero, appartiene a Saturno ed è l'invisibile, la notte, esprime al meglio
l'animo capricorniano.
Pietra portafortuna: l'onice
Metallo: il piombo.
Giorno favorevole: il sabato.
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CONOSCIAMOCI MEGLIO
12 http://www.laboo.biz/articoli/arte
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Sono ... spaventato, intelligente, introverso, estroverso, mite, deciso, impacciato, timido,
generoso, triste, felice, coraggioso, dolce, curioso, audace, isolato, buono,
affettuoso, misterioso, sognatore, vergognoso, imprevedibile, seducente,
affascinante, giusto, sorridente, valoroso, umano, altruista, sincero, cattivo,
egoista, falso, bugiardo, violento, ingiusto, presuntuoso, malvagio, crudele, astuto,
antipatico, prepotente, allegro, burlone, divertente, giocherellone, scherzoso,
simpatico, sorridente, freddo, brontolone, incoraggiante
a) I numerali cardinali
21 Ventuno Quaranta
22 Ventidue Cinquanta
23 Ventitré Sessanta
24 Ventiquattro Settanta
25 Venticinque Ottanta
26 Ventisei Novanta
27 Ventisette Cento
28 Ventotto Centouno
29 Ventinove Mille
30 Trenta Duemila
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b) I mesi dell’anno
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
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A LUGLIO si va al mare
tanti giochi si possono fare
col secchiello e la paletta
costruiamo una casetta.
Ad AGOSTO in campagna
per il caldo ci si lagna
tutti cercano uno stagno
per potersi fare un bagno.
A SETTEMBRE si fa il vino
ne beviamo un bicchierino
poi a scuola ritorniamo
e con i compiti ricominciamo.
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c) I numerali ordinali
LA SUFFISSAZIONE (CENNI)
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11.2.1. Presente
I verbi regolari
È giunta ................
si spengono i rumori
si spegne anche l'insegna di quell'ultimo ................
le strade son deserte
deserte e ................
un’ ultima ................ cigolando se ne va
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Bonne nuit, bonne nuit, bonne nuit, Bonne nuit, Buona notte
va dicendo ad ogni cosa
ai fanali ................
ad un gatto ................
che randagio se ne va
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Domenico Modugno è considerato il padre dei cantautori italiani e come autore interprete è tra i più grandi
d'Europa.
È nato il 9 gennaio 1928 a Polignano a Mare (Bari, Puglia), un paesino dalle case bianche a picco sul mare.
Dal padre Cosimo [...], ha imparato fin da piccolo a suonare la chitarra e la fisarmonica ed ha ereditato una
grande passione per la musica, componendo la sua prima canzone a 15 anni.
Nel 1958 ha partecipato al festival della Canzone Italiana a Sanremo con "NEL BLU DIPINTO DI BLU",
coautore Franco Migliacci, che ha vinto il primo premio e ha rivoluzionato la canzone italiana e ha dato inizio al
boom della vendita discografica italiana fino ad allora molto bassa.
"Volare" è stata tradotta in tutte le lingue, è stata in testa alle classifiche di tutto il mondo, anche in America del
Nord, in cui si sono venduti milioni e milioni di copie tanto che nel 1958 gli sono stati assegnati due Grammy
Awards, uno come disco dell'anno e uno come canzone dell'anno 1958.
Anche il Cash Box Bilboard gli ha conferito l'Oscar per la migliore canzone dell'anno e ha ricevuto in dono dalle
industrie musicali tre dischi d'oro, uno per il migliore cantante, uno per la migliore canzone e uno per il disco più
venduto.
Nel corso di una tournée gli sono state offerte le chiavi di Washington e la stella di sceriffo di Atlantic City. Per
quattro mesi ininterrottamente gli altoparlanti di Broadway e le stazioni radio hanno suonato le originali note di
"VOLARE".
Muore a Lampedusa il 6 Agosto 1994 nella sua casa davanti al mare 13.
13 http://www.domenicomodugno.it
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1. L’anno scorso sono andato per la prima volta a Bologna a trovare degli amici conosciuti
in vacanza. Mi sono divertito molto e, soprattutto, ho mangiato benissimo: pizze a
volontà, pasta per tutti i gusti e gelati deliziosi. Ho passato una settimana fantastica.
3. Giovanni e Claudia si sono sposati tre anni fa. Ieri mattina sono andati dal medico e
hanno avuto la bella notizia che tra 9 mesi diventeranno mamma e papà. Quando il
dottore ha annunciato il lieto evento, Claudia ha cominciato a piangere e Giovanni ha
iniziato a cantare. Il dottore ha stretto la mano a Giovanni e ha abbracciato Claudia.
Sicuramente gli altri pazienti in sala d’attesa hanno capito e non hanno protestato!
4. Due anni fa ho avuto un grave incidente sugli sci e mi sono rotto una gamba. Sono
rimasto all’ospedale per 5 settimane e ho dovuto rimanere ingessato per due mesi. Non
ho ancora dimenticato questo brutto periodo e quando sono stanco sogno l’incidente e
mi sveglio di soprassalto. L’altro ieri ho spaventato mio fratello che dorme con me.
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RACCONTA
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Ho andato ! Ho andato ! Ecco di nuovo il benedetto vizio di tanti italiani del Sud di
usare il verbo avere al posto del verbo essere. Non vi hanno insegnato a scuola che si dice
« sono andato » ?
Gli emigranti tacquero (tacere), pieni di rispetto per quel signore tanto perbene, con i
capelli bianchi che gli uscivano di sotto il cappello nero.
Il vebo andare, - continuò (“continuare”) il professor Grammaticus, - è un verbo intransitivo,
e come tale vuole l’ausiliare essere.
Gli emigranti sospirarono. Poi uno di loro tossì (tossire)16 per farsi coraggio e disse
(p.r. del verbo “ dire”) :
Sarà come lei dice, signore. Lei deve aver studiato molto. Io ho fatto la seconda
elementare, ma già allora dovevo guardare più alle pecore che ai libri. Il verbo andare sarà
anche quella cosa che dice lei.
Un verbo intransitivo.
Ecco, sarà un verbo intransitivo, una cosa importantissima, non discuto. Ma a me
sembra un verbo triste. Andare a cercar lavoro in casa d’altri … Lasciare la famiglia, i
bambini.
Il professor Grammaticus cominciò (cominciare) a balbettare.
Certo... Veramente...Insomma, pero’... Comunque si dice sono andato, non ho andato.
Ci vuole il verbo “essere”: io sono, tu sei, egli è ...
Eh, - disse l’emigrante, sorridendo con gentilezza, - io sono, noi siamo!... Lo sa dove
siamo noi, con tutto il verbo essere e con tutto il cuore? Siamo sempre al paese, anche se
abbiamo andato in Germania e in Francia. Siamo sempre là, e là che vorremmo restare, e
avere belle fabbriche per lavorare, e belle case per abitare.
E guardava il professor Grammaticus con i suoi occhi buoni e puliti. E il professor
Grammaticus aveva una gran voglia di darsi dei pugni in testa. E intanto borbottava tra sé: -
Stupido! Stupido che non sono altro. Vado a cercare gli errori nei verbi... Ma gli errori più
grossi sono nelle cose!
Gianni RODARI, da Il libro degli errori, Einaudi tascabili, 1995, p. 324-325.
• Sottolinea anche gli altri verbi e trasformali al passato prossimo. Attenzione alla scelta
dell’ausiliare!!!
16 Terza persona del passato remoto dei verbi della terza coniugazione: desinenza “ì”
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IL PARTICIPIO PASSATO
IL PASSATO PROSSIMO
Essere Avere
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17
Marco, Giovanni e Sofia, Franca e Massimo, e Sara abitano nello stesso condominio.
17 http://www.fotosearch.it/clipart/orologio.html
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Giovanni e Sofia Benvenuti sono sposati da due mesi. Giovanni ha 26 anni e lavora in una
farmacia del centro città; Sofia ha 24 anni, è maestra e da poco
insegna in una scuola elementare vicino a casa. La mattina si
svegliano alle 7.30, fanno colazione e poi escono per andare a
lavorare. La farmacia apre alle 9.00 e la scuola inizia alle 8.30.
Sofia va a lavorare a piedi, Giovanni invece va in auto anche se
spesso rimane bloccato a causa del traffico. Non sopporta
l’autobus perché è sempre troppo affollato soprattutto al
mattino. Sofia rientra alle 13.00 e passa il pomeriggio a casa a
preparare le lezioni per i suoi alunni. Suona anche il pianoforte o
esce a passeggiare con le amiche. Anche Giovanni rientra per il
pranzo. La farmacia riapre alle 16.00 e chiude alle 20.00. Tutti e
due sono appassionati di teatro. Il fine settimana quando
possono vanno a teatro o all’opera. Uno dei passatempi preferiti
di Giovanni è cucinare. Sofia si considera una donna molto
fortunata ad avere come marito un cuoco provetto!
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Sara
Giovanni e
Sofia
Franca e
Massimo
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1. Descrivi ora la tua giornata tipo. Poi rivolgi al tuo compagno le seguenti domande: A
che ora ti alzi? A che ora vai all’università? Cosa fai nel tempo libero? ...
2. I nostri personaggi hanno una vita così intensa che raramente si incontrano con i loro
coinquilini. Immagina un dialogo tra due di loro mentre aspettano l’ascensore.
Buongiorno, Signora .../ Buonasera Signor...
I VERBI RIFLESSIVI
Alzarsi
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Gianni Rodari
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(Gianni Rodari)
6. Operaio/i
7. Fornaio/i: panettiere
9. Imbianchino/i
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ESERCIZI
- il tribunale
- il ristorante
- l’ufficio
- la redazione radio-televisiva
- l’ospedale
- la scuola
- l’ufficio postale
- la macchina fotografica
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- le forbici
- il computer
- il cellulare
- il metro
- il tessuto
- i libri
- la matita
- il filo
- lo stetoscopio
- le medicine
- le pentole
- la carta
- la ventiquattrore
- il telefono
- le lettere
tagliare, misurare, scrivere, telefonare, fotografare, disegnare, cucire, curare, cucinare, portare
i documenti
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IN CERCA DI UN LAVORO
Carlo: 25 anni, neolaureato in lingue, estroverso, simpatico, serio, ottime relazioni con
gli altri, esperienza come animatore di gruppi giovanili
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- Per azienda cliente operante nel settore turismo / ristorazione cerchiamo 2 CUOCHI /
AIUTO CUOCHI per mensa.
Profilo del candidato/della candidata/Prerequisiti
• Richiesta minima precedente esperienza nella mansione
• Disponibilità al lavoro su turni dalle 07.30 alle 21.00
• Durata contratto: 1 mese
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- CENTRALINISTA
(per sostituzione maternità – 9/12 mesi)
Profilo del candidato/della candidata/Prerequisiti
10. Età compresa tra 20/25 anni
11. Diploma di scuola media superiore
12. Gradevole presenza
1. Buon eloquio
2. Capacità organizzative
3. Precisione e puntualità
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C) PROPOSTA DI COLLABORAZIONE
1. sono convinta/o di riuscire, nell’ambito della Vostra azienda, ad esprimere al massimo le mie capacità
e valorizzare la mia esperienza;
2. certa/o di potervi offrire una valida collaborazione;
3. ritengo di possedere capacità ed esperienza per un proficuo inserimento nella Vostra organizzazione;
4. altro.
18 Da “Orientalavoro” n.12, luglio ’92 - Provincia Autonoma di Trento. Al testo originale sono state
apportate alcune modifiche a fini didattici.
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6. Riscrivete le offerte di lavoro in forma più estesa e discorsiva (“il candidato deve
essere in possesso di”, “si dovrà occupare di + verbo all’infinito”, dovrà essere capace
di + verbo all’infinito”, “si prega il candidato di + verbo all’infinito ...) servendovi
anche del “si” passivante (“si richiede”)
L’INDICATIVO FUTURO
Essere Avere
Sarò avrò
sarai avrai
sarà avrà
saremo avremo
sarete avrete
saranno avranno
Presente
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Imperfetto
Futuro
Condizionale presente
Participio passato
IL « SI » PASSIVANTE
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HO VISTO UN PRATO
Ho visto un prato
Verde verde verde
Coperto d’erba
Verde verde verde
Sul prato c’era un albero
Verde verde verde
E nel nido un uccello
Verde verde verde
Ha fatto un uovo
Bianco bianco bianco
Ha fatto un uovo
Bianco bianco bianco
Ho visto un cielo
Azzurro azzurro azzurro
E sotto un mare
Azzurro azzurro azzurro
Nel mare c’è una barca
Azzurra azzurra azzurra
E sulla barca un berretto
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Ho visto un paese
Bianco bianco bianco
Con tante case
Bianche bianche bianche
In cima a un monte bianco
Bianco bianco bianco
E su e giù per la strada
Bianca bianca bianca
Corre un bambino
Bianco bianco bianco
Con un aquilone
Rosso rosso rosso
Con un aquilone
Rosso rosso rosso
Con un aquilone
Rosso rosso rosso
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[...]
[...]
[...]
Sostantivi invariabili
Il landò
Il caffè
Il bignè
L’oblò
Il comò
Avverbi di luogo
lassù – quaggiù
lì – qui
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andare a piedi
andare a cavallo
Tanto tempo fa, il pappagallo non aveva colori; era tutto grigio, le sue piume erano
corte come quelle di una gallina bagnata. [...] Gli Dei litigavano sempre; litigavano perché il
mondo era assai noioso con due soli colori [...]: uno era il nero che comandava la notte, l'altro
era il bianco che camminava di giorno, il terzo non era un colore, era il grigio che dipingeva
sere e mattine affinché non si scontrassero troppo.
[...] Uno degli Dei ha cominciato a camminare per pensare meglio, e tanto pensava,
che ha sbattuto contro una pietra ferendosi la testa da dove ne è uscito sangue. Il dio ha
guardato il suo sangue e ha visto che era di un altro colore, diverso dai due colori e è andato
dagli altri Dei, mostrando loro il nuovo colore che chiamarono "rosso", era il terzo che
nasceva. Un altro degli Dei cercava un colore per dipingere la speranza. L’ha trovato dopo un
bel pezzo e l’ha mostrato all'assemblea degli Dei che gli hanno messo il nome "verde" , era il
quarto che nasceva. Un altro ha cominciato a grattare forte a terra. "Che fai?" gli hanno
chiesto gli altri Dei. "Cerco il cuore della terra" ha risposto rivoltando la terra da ogni lato.
Dopo un po' ha trovato il cuore della terra, l’ha mostrato agli altri dei che l’hanno chiamato
"caffè", era il quinto colore. Un altro dio è salito in alto. "Vado a guardare il colore del
mondo" ha detto, e si è messo a scalare e scalare fino alla cima. Quando è arrivato ben in alto,
ha guardato in giù e ha visto il colore del mondo, ma non sapeva come fare a portarlo. Allora
è rimasto a guardare per un bel po', finché il colore non gli si è attaccato agli occhi. [...]
"Porto nei miei occhi il colore del mondo", e "azzurro" chiamarono il sesto colore. Un altro
dio stava cercando colori quando ha sentito che un bambino rideva; si è avvicinato con
cautela e gli ha preso la risata, lasciandolo piangente. [...] Il dio ha portato la risata del
bambino e hanno messo nome "giallo" al settimo colore. A quel punto gli dei che erano ormai
stanchi, sono andati a dormire, lasciando i colori in una cassetta buttata sotto un albero.
La cassetta non era chiusa bene e i colori sono usciti, cominciando a far chiasso e
festa. Così sono nati tanti nuovi colori. Quando sono tornati gli Dei si sono accorti che i
colori non erano più sette, ma molti di più [...]. "Tu hai partorito i colori, tu ne avrai cura ,
così dipingeremo il mondo". E sono saliti sulla cima del monte, e da lì hanno cominciato a
lanciare i colori, così l'azzurro è rimasto parte nell'acqua e parte nel cielo, il verde è caduto
sugli alberi e sulle piante, il caffè, che era il più pesante, è caduto sulla terra, il giallo, che era
un risata di bambino, è volato fino a tingere il sole, il rosso è giunto sulla bocca degli uomini
e degli animali che lo hanno mangiato, colorandosi così di rosso. Il bianco e il nero già
esistevano. Gli dei lanciavano i colori senza fare attenzione a dove finivano, ed alcuni di essi
hanno spruzzato gli uomini[...].
Allora, gli Dei, per non dimenticarsi dei colori e perché non si perdessero, hanno
cercato un modo per conservarli; stavano pensando come fare quando hanno visto il
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pappagallo. Lo hanno preso e gli hanno attaccato i colori e gli hanno allungato le piume
affinché ci stessero tutti. [...]19
L’ARTICOLO INDETERMINATIVO
Maschile Femminile
del della
dello delle
dei
degli
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L’INDICATIVO IMPERFETTO
Essere Avere
Ero Avevo
eri avevi
era aveva
eravamo avevamo
eravate avevate
erano avevano
I verbi regolari
Altri verbi
I PRONOMI
Singolare Plurale
Mi Ci
Ti Vi
Lo/la/l’ Li/le
Singolare Plurale
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Mi Ci
Ti Vi
gli/le gli/loro
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LA MIA CASA
Ciao, sono Monica. Abito in un appartamento che si trova all’ultimo piano di una palazzina di
quattro appartamenti in via Romero, nella periferia di Perugia. L’appartamento è abbastanza
grande: ci sono tre camere da letto (una per me, una per mio fratello e l’altra per i miei
genitori), una cucina, una grande sala da pranzo e due bagni. La finestra della mia camera dà
sul parco che si trova dietro casa nostra, così quando non ho più voglia di studiare mi riposo
guardando le persone che passeggiano.
Pietro è un uomo d’affari di successo. Abita in una villa circondata da un grande parco. Vive
con tutta la sua famiglia (la moglie e tre figli) e con i genitori. C’è spazio per tutti, anche per
gli amici che spesso lo vengono a trovare. La villa ha 15 stanze!!! Fortunatamente si possono
permettere una colf per le pulizie e un giardiniere per il parco.
PUB Cours-Librairie, av. P. Héger 42, B-1000 Bruxelles – Tél. 02-649 97 80 279
Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
Francesco vive in un monolocale nel centro di Roma. È uno studente e purtroppo non si può
permettere un appartamento più grande. Il letto, l’armadio, la libreria, il tavolo (che usa anche
come scrivania per studiare) e l’angolo cottura (una piccola dispensa e un piano cottura) si
trovano tutti nella stessa stanza. All’inizio è stato difficile, adesso si è abituato a vivere in uno
spazio così ridotto.
La cucina20 Il soggiorno21
La sala da pranzo22
20 http://www.windoweb.it/desktop_foto/foto_abitazioni.htm
21 http://www.windoweb.it/desktop_foto/foto_abitazioni.htm
22 http://www.decofinder.com/df/it/produits/1718/Sala-Da-Pranzo.html
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24.2.1. Esercizi
23 http://www.windoweb.it/desktop_foto/foto_abitazioni.htm
24 http://www.windoweb.it/desktop_foto/foto_abitazioni.htm
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13. Fare la spesa 14. Caricare la lavastoviglie 15. Lavare i vetri 16. Fare da mangiare
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Indossare guanti in plastica o lattice per evitare allergie, polvere ed irritazioni dovute ai
detersivi.
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Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
Quando si fanno le pulizie è bene usare acqua calda. Se a questa si aggiunge un po’ d’alcool
si otterrà un detergente migliore di qualsiasi detersivo.
Pulire le spugne regolarmente per ragioni igieniche.
Scegliere colori diversi per stracci, spugne e bacinelle di bagno e cucina, in modo da essere
sicuri di non scambiarli.
E’ buona norma limitare il consumo di detersivi tutte le volte che si può usare aceto o
bicarbonato di sodio.
Sciacquare sempre bene ed arieggiare le stanze dopo aver usato detersivi.
Esistono prodotti destinati alla pulizia dei sanitari e delle stoviglie. Si raccomanda molta
cautela nell'uso, evitando l'eccessiva frequenza e le dosi troppo abbondanti, risciacquando
abbondantemente.
Lavare di tanto in tanto pentole, rubinetterie, bicchieri e sanitari con l'aceto, con il limone se
sono di plastica, ed asciugare accuratamente rallenterà la formazione del medesimo.
Per eliminare la polvere anche dai posti più difficili usare se possibile un pennello.
Prima della pulizia di elettrodomestici come frigo, forno, piani di cottura staccare la spina
dalla presa.
Uno dei modi migliori per pulire i vetri è usare la carta di giornale. Non lavorare mai al sole:
lascia degli aloni sui vetri. Se il vetro è molto sporco, passarlo una prima volta con acqua
tiepida ed una seconda volta con acqua pulita sempre tiepida con l’aggiunta di un cucchiaino
d’alcol denaturato e una goccia di detersivo per i piatti.
Spolverare i mobili con uno straccio.
Per far durare a lungo gli stracci utilizzarli sempre per lo stesso lavoro.
Pulire lo schermo del televisore con un panno morbido per non rigarlo. La griglia esterna
posteriore pulirla invece con un pennello.
Una volta la settimana pulire a fondo il secchio della spazzatura.25
25 http://www.aquino.it/ricette/pulizie.htm; http://www.lacasalingaideale.it/utility/pulizie.htm
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a) Esercizi
1. Sottolineate i verbi all’infinito e trasformateli in “si deve ...”, “si devono ...”
1.
Contratto.: Vendita
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ed ultimo piano composto da ingresso soggiorno con angolo cottura disimpegno, bagno con
doccia finestrato, camera da letto ed ampio terrazzo. Molto arioso e luminoso. Di pertinenza
posto auto esclusivo in garage condominiale. Tel. ... Cell. ... EMail ...26
2.
Contratto.: Affitto
Categoria.: Residenziale
Tipologia.: Appartamento
Data Inserimento
Piano.: Secondo
Vani.: 3
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Condizioni.: Buone
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Cap.:
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Indirizzo.:
Prezzo.: 750 € trattabili (Richiedi un Prestito)
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5.
Leggete gli annunci immobiliari e, a turno, fate l’agente immobiliare o il cliente. Il dialogo
deve avvenire in un primo tempo per telefono. Iniziate così:
mio miei
tuo tuoi
suo suoi
nostro nostri
vostro vostri
loro loro
mia mie
tua tue
sua sue
nostra nostre
vostra vostre
loro loro
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I PRONOMI POSSESSIVI
Il mio I miei
Il tuo I tuoi
Il suo I suoi
Il nostro I nostri
Il vostro I vostri
Il loro I loro
La mia Le mie
La tua Le tue
La sua Le sue
La nostra Le nostre
La vostra Le vostre
La loro Le loro
IL GERUNDIO
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IL CARNEVALE DI VENEZIA
Carlo Goldoni
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tipico cappello nero a tre punte (tricorno) e sul volto veniva indossata una maschera bianca
dal labbro superiore allargato e sporgente sotto un naso minuto che faceva cambiare il timbro
della voce, rendendo quindi irriconoscibile chi la indossava.
I Veneziani usavano moltissimo questa maschera e per queste erano disposti a spendere
moltissimo pur di avere i merletti più pregiati ed i tessuti più raffinati. A questa forma di
spreco, nel 1742 il Magistrato alle Pompe tentò con diversi decreti di arginare questa forma di
follia: i Veneziani aggirarono questo decreto utilizzando il tabarro, che era molto apprezzato
sia da uomini che da donne perchè permetteva di nascondere vestiti sontuosi e gioielli
preziosi.
La bauta era utilizzata sia da uomini che da donne: era d'obbligo alle donne che si
recavano a teatro mentre era proibita alle fanciulle in attesa del matrimonio.
Durante il Carnevale i Veneziani si concedevano qualsiasi trasgressione e la bauta era
utilizzata per tenere l'anonimato e quindi consentire qualsiasi svago, sia da parte di uomini
che da parte di donne. Si narra che anche i preti e le monache utilizzassero la bauta per coprire
qualche loro fuga amorosa...
Il tabarro aiutava a nascondere le trasgressioni alla legge, che venivano compiute nel
periodo del carnevale. Era composto da una mantellina che raddoppiava sopra le spalle,
poteva essere di panno o di seta secondo le stagioni, bianco o turchino, scarlatto per
un'occasione di gala, a volte decorato con fronzoli, frange e fiocco "alla militare". Era molto
usato anche dalle donne, scuro d'inverno e bianco d'estate 27.
IL CARNEVALE DI VIAREGGIO
A Viareggio la tradizione del Carnevale ha superato ormai i 130 anni. La sua prima edizione
risale infatti al 1873, quando un gruppo di giovani rampolli dell'alta società viareggina
organizza la prima sfilata delle carrozze, trainate da buoi e addobbate da fiori. Di lì a poco
questa idea avrebbe preso piede nella città al punto di diventarne uno dei simboli. Già a fine
secolo, infatti, le carrozze vengono sostituite dai carri trionfali, montati dagli operai dei
cantieri navali e addobbati e decorati da scultori locali.
Altra caratteristica che fin da subito si fa protagonista del Carnevale è l'allegoria dei
carri, in chiave satirica. La sfilata dei carri, con a bordo ragazzi in costume che lanciano
coriandoli, stelle filanti e caramelle, diventa così anche l'occasione di prendersi gioco di
politici, usi e costumi e fatti della vita italiana, sfogando i malumori popolari con il consenso
delle autorità e dei governanti. È una particolarità, questa, che si mantiene ancora intatta nel
tempo.
Nel 1930 nasce anche il Burlamacco, la maschera ufficiale del Carnevale viareggino,
ideata dal pittore Uberto Bonetti sulla base della grande tradizione dei protagonisti della
Commedia dell'Arte28.
27 (tratto da http://www.carnivalofvenice.com/argomento.asp?cat=1)
28 (http://www.toscanaviva.com/Viareggio/storia_del_carnevale.htm)
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http://www.viaggiscoop.it/foto/29958/italia/burlamacco-trionfante.ashx
Matrimonio all’italiana
http://www.viareggino.com/viareggino/mascherategruppo.asp
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Arlecchino è un servo di
Bergamo, lazzarone e truffaldino, in perenne litigio col suo
padrone.
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Pulcinella: Larghi pantaloni di lucida seta bianca, lunga casacca guarnita di grossi
bottoni neri, ampio colletto, papalina sul capo, volto pallido e un'espressione triste: questo è Pierrot,
l’innamorato malinconico e dolce.
Finalmente è carnevale
Ogni scherzo adesso vale,
sono giorni d'allegria
tutto è gioia e simpatia.
C'è letizia dentro i cuori
tutti i bimbi vanno fuori,
delle maschere è la festa
Arlecchino sempre in testa.
Più degli altri poverello
ma il vestito suo è il più bello,
di colori e luce pieno
sembra sia l'arcobaleno.
E' da sempre squattrinato
ma in amore fortunato,
ama quella mascherina
che si chiama Colombina.
E felice lui saltella
abbracciato alla sua stella,
è l'amico dei bambini
al suo cuor sempre vicini.
Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell'allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate.
Non servono infermieri
perchè i feriti guariscono
con una caramella.
Guida l'assalto, a passo di tarantella,
il generale in capo Pulcinella.
Cessata la battaglia, tutti a nanna.
Sul guanciale
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Lessico
27.3.2. Esercizi
1. Scrivete una storia che abbia come personaggi le tre maschere presentate
2. Inseritevi anche un dialogo
30 www.filastrocche.it/carnevale
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27.4.1. Il Presepio31
Il presepio come lo vediamo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal
desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme, con
personaggi reali, pastori, contadini, frati e nobili tutti coinvolti nella rievocazione che ebbe
luogo a Greccio la notte di Natale del 1223; episodio poi magistralmente dipinto da Giotto
nell'affresco della Basilica Superiore di Assisi.
Primo esempio di presepe inanimato, a noi pervenuto, è invece quello che Arnolfo di Cambio
scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della
Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti
modellano statue di legno o terracotta che sistemano davanti a un fondale pitturato
riproducente un paesaggio che fa da sfondo alla scena della Natività; il presepe è esposto
all'interno delle chiese nel periodo natalizio. (testo ispirato da http://www.presepi.it/)
Lessico
- La nascita
- Scolpirà (indicativo futuro) (infinito: scolpire, incidere un materiale duro)
- Lo sfondo (sinonimo: il fondale, scenario che si colloca sul fondo della scena nelle
rappresentazioni teatrali)
- Pitturato (infinito: pitturare, dipingere)
- Riproducente (participio presente), che riproduce (infinito: riprodurre)
- La chiesa/le chiese: edificio consacrato in cui si celebra la liturgia cristiana
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Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
I pastori
Gli animali: il bue, l’asino, le pecore (la pecora)
Materiali: terracotta (per il viso), legno, sughero, gesso, muschio (per le scenografie)
Seta, merletti, pelle (per i vestiti)
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(Italo CALVINO, I Figli di Babbo Natale , in Marcovaldo ovvero le stagioni in città, 1966)
2. Tre bambini, tre regali, tre capi ufficio: questa scelta dell’autore può avere, secondo
voi, un significato particolare?
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I CONNETTIVI TESTUALI
Temporali
anteriorità: prima, qualche giorno fa, allora, una volta, allora ...
contemporaneità: ora, adesso, mentre, in questo momento ...
posteriorità: alla fine, successivamente, poi, quindi.
spaziali
giù, di sotto, di sopra, qui, qua, lì, là, a destra, a sinistra
di opposizione
ma, al contrario ...
esplicativi
cioè, in effetti, infatti ...
conclusivi
dunque, così ...
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Tanto gli orari quanto la composizione dei pasti sono in Italia molto diversi da quelli dei paesi
anglosassoni. La cena, ad esempio, non è mai prevista prima delle otto di sera. I pasti per gli
italiani sono quattro, due principali (il pranzo e la cena) e due più leggeri (la colazione e,
soprattutto per i bambini, la merenda) e ciascuno ha una sua fisionomia particolare. I pasti
principali, specialmente la cena, sono un momento d'incontro (a volte l'unico) per tutti i
membri della famiglia.
LA COLAZIONE
La colazione è il primo pasto della giornata e di solito si consuma tra le sette e le otto del
mattino.
Tradizionalmente la colazione italiana è composta da una bevanda calda (caffé, latte, tè)
accompagnata da qualcosa di dolce (biscotti, pane burro e marmellata, brioches, fresche o
32 http://www.italica.rai.it/principali/lingua/culture/pasti.htm#_blank
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Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
confezionate). Molto diffusa è anche l'abitudine di fare colazione fuori casa, al bar, ma gli
ingredienti sono pressoché identici. Sono guardati ancora con sospetto prodotti come i cereali
che, anche se pubblicizzati e disponibili nei supermercati, restano scarsamente diffusi.
IL PRANZO
L'ora del pranzo è intorno all'una. Anche se molti italiani costretti dall'orario di lavoro lo
consumano in fretta fuori casa, mangiando un panino, il pranzo tradizionale è un pasto
sostanzioso. Chi pranza a casa di solito mangia un primo piatto di pastasciutta, un secondo a
base di carne, pesce o uova con un contorno di verdura, la frutta e per finire il caffè. In
particolari occasioni (la domenica, per esempio), con il caffè del dopo-pranzo si mangiano
anche dei dolci: paste o torte, a volte cucinate in casa, e gelati.
LA MERENDA
La merenda è il momento della giornata più atteso dai bambini. Intorno alle cinque, infatti, i
bambini interrompono i giochi per fare uno spuntino (un panino, un gelato, etc). Un alimento
adatto per la merenda e tipicamente italiano è la Nutella, una crema di cioccolato e nocciole,
che viene spalmata sul pane. La Nutella è l'equivalente, sotto certi aspetti, del burro di
arachidi americano, un prodotto che gli italiani non mangiano.
Oltre alla Nutella vanno molto di moda le merendine, piccoli dolci confezionati, di vario tipo:
crostatine, plumcakes, sfogliatine, etc.
LA CENA
La cena è un momento fondamentale per la vita degli italiani. Tutti i membri della famiglia,
infatti, al termine della giornata di lavoro, si riuniscono intorno al tavolo e, senza fretta,
conversando, consumano il pasto principale della giornata. Le portate sono le stesse del
pranzo solo in particolari occasioni; di solito si consumano cose più leggere come affettati e
formaggi, verdura e frutta.
1. asciutta
2. in brodo
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affettati)
di maiale (le porc) la sogliola (la sole) uovo sodo il prosciutto cotto (le
jambon)
di vitello (le veaux) il salmone uovo bazzotto / alla il prosciutto crudo
cocque
di manzo (le boeuf) l'aragosta (la uovo al tegamino la mortadella
langouste)
di coniglio (le lapin) il granchio (le crabe) uovo strapazzato il salame
di lepre (le lièvre) i gamberetti (les frittata la salsiccia
la lepre crevettes)
di cinghiale (le il polpo la pancetta
sanglier)
di pollo (le poulet)
di agnello (l’agneau)
di cavallo (le cheval)
La frutta
l'albicocca il mandarino (la I frutti di bosco
(l’abricot) mandarine)
l'ananas la mela (la pomme) la mora (la mûre)
l'arancia (l’orange) il melone il lampone (la
framboise)
la banana la noce di cocco il mirtillo (le mirtille)
la ciliegia (la cerise) la pera il ribes (la groseille)
il cocomero (le la pesca (la pèche)
pastec)
il caco (le kaki) il pompelmo la macedonia (la
salade de fruits)
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I dolci
la torta
i biscotti
i pasticcini
il gelato
le paste
Verbi utili
tagliare (couper)
fare a spicchi
(quartier)
spremere (presser)
sgusciare (égrener)
sbucciare (éplucher)
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Farina:
La farina è la base dell'impasto della pizza. Essa è il risultato della macinazione del grano e in
Italia vengono considerate quattro tipologie di farina di grano tenero che sono:
1. zero
2. doppio zero
3. uno
4. integrale
Generalmente, per la pizza, viene usata maggiormente la doppio zero essendo questa più
comodamente lavorabile. L'impasto ne risulta così soffice ed elastico.
Acqua:
L'acqua è uno degli ingredienti principali per l'impasto della pizza. Ha un forte potere
solvente e secondo la natura del terreno che attraversa, si arricchisce di sali e sostanze
differenti e quindi secondo le località ha una composizione chimica diversa.
L'acqua impiegata per l'impasto della pizza deve essere potabile. Quindi avere una
temperatura costante, tra i 6 e i 12 gradi, non avere sapori sgradevoli né alcun odore.
La temperatura è importante perché influenza la velocità di lievitazione. Un'acqua troppo
fredda, soprattutto d'inverno frena la lievitazione e provoca un indurimento delle palline della
pizza che quando vengono cotte rimangono piatte e rigide.
Al contrario, un'acqua troppo calda, provoca un’eccessiva velocità di maturazione e fa perdere
elasticità all'impasto, rompendone la maglia glutinica. Bisogna tenere presente che d'inverno
l'ideale sarebbe una temperatura di 22 gradi, mentre d'estate sui 18 gradi.
Lievito
ll lievito è un microrganismo vivente.
Nel mondo della panificazione sono presenti tre tipi di lievito: naturale, industriale, chimico.
In pizzeria in genere si usa quello industriale. Il lievito impastato assieme alla farina e
all'acqua, trasforma gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, provocando il
gonfiamento della pasta e quindi la lievitazione.
Olio
L'olio va aggiunto verso la fine, quando l'impasto è quasi pronto, mentre con le farine di
scarsa qualità è preferibile metterlo direttamente nell'acqua in quanto la sua emulsione
provoca il fenomeno di legamento delle proteine consentendo la formazione di un glutine più
33 Tratto da http://www.cookaround.com/cucina/pizza/ingredienti.php
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omogeneo.
Va tenuto presente però, che esso frena la lievitazione e colorisce di più la pasta, quindi è
importante non abusarne nelle quantità.
Anche un filo d'olio d'oliva extravergine crudo, sulla pizza appena sfornata, ne esalta la bontà.
Disponi la farina con un incavo sul tavolo, dopo aggiungi l'acqua, il lievito e gli altri
ingredienti. Incomincia ad impastare, lavorando la pasta con le mani fino a quando l'impasto
diventa liscio e morbido. A questo punto coprilo con un panno umido e lascialo lievitare fino
a quando non avrà raddoppiato il suo volume. Preriscalda il forno prima di infornare la pizza.
Mentre il forno si riscalda, stendi la pasta in una teglia unta con dell'olio, guarniscila e se vuoi
ottenere una pizza croccante infornala subito; mentre se desideri una pizza più alta e più
morbida lasciala lievitare in teglia coperta con un panno umido ancora per un’ora circa di
tempo.
Nel forno di casa, che purtroppo non raggiunge alte temperature, la pizza richiede una cottura
di 20 minuti totali ed è opportuno farla cuocere dapprima col solo pomodoro e dopo 15 minuti
circa, sfornarla ed aggiungere la mozzarella, la farcitura che si desidera e rimettere il tutto in
forno per completarne la cottura.
34 http://www.cookaround.com/cucina/pizza/ingredienti.php
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31.3.1. Esercizi
1. La cucina di Ischia35
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pezzi oppure passati per essere sempre pronti alle utilizzazioni più varie, alla famosa conserva
in cui il pomodoro viene stracotto fino a diventare una crema cupa e vellutata. Pomodori
freschi e sugosi si adagiano sulla pizza perché il loro sapore si unisca in stupendo accordo a
quello della mozzarella. La pizza, la creazione più celebre di tutta la cucina napoletana, è una
invenzione molto più remota dell'epoca del pomodoro, anzi è tra le più antiche in assoluto. Un
primo tipo di pizza si faceva in epoca romana, ed era una specie di focaccia di grano. Ma la
pizza per antonomasia ha poco più di duecento anni. Diventò presto popolarissima presso il
popolino, ma anche presso baroni e principi: dominava i ricevimenti dei Borboni, che ne
erano ghiotti, e Ferdinando IV arrivò a farla cuocere nei forni di Capodimonte, gli stessi dai
quali uscivano le preziose ceramiche artistiche. Anche i sovrani piemontesi si lasciarono
conquistare da questo umile cibo meridionale: fu per Margherita di Savoia che nel 1889 il
pizzaiolo Raffaele Esposito creò la patriottica pizza tricolore in cui bianco, rosso e verde
erano costituiti da mozzarella, pomodoro e basilico e che da allora si chiama appunto pizza
Margherita. Esistono numerose varietà di pizze: ai quattro formaggi, ai frutti di mare, alle
olive, alla marinara, ma la presenza del pomodoro, almeno a Napoli, è pressoché fissa.
Oggi, pizza e pizzeria sono dovunque nomi magici: all'estero spesso sono le insegne di locali
dove si cerca di ricostruire l'idea o l'illusione, pittoresca e oleografica, dell'Italia lontana. Ma
non solo il pomodoro fece evolvere la tradizione culinaria campana, questi nuovi ingredienti,
con i loro particolari aromi, contribuirono a modificare radicalmente la caratteristica
dominante agrodolce che aveva contraddistinto, fino ad allora, la gastronomia partenopea. Era
quello il tempo in cui i napoletani, che erano stati individuati fino ad allora come i "mangia
foglie", cominciarono a essere chiamati "mangia maccheroni": le difficoltà di rifornire centri
abitati in forte espansione di verdura e frutta, facilmente deperibili, indussero a cambiare
ancora la cucina napoletana introducendo una larga diffusione della pasta. Nell'800 la cucina
napoletana, tanto nella versione borghese che in quella popolare, assimilò nuove mode, pur
integrandole nella sua secolare tradizione e conservando gelosamente la sua identità. Iniziava
l'epoca della lavorazione industriale della mozzarella di bufala e della diffusione
internazionale degli spaghetti, mentre Napoli nel 1833 inaugurava il primo stabilimento per la
fabbricazione industriale della pasta La varietà delle paste alimentari napoletane è tale che
giustificherebbe un capitolo a parte. La pasta non è stata inventata a Napoli, ma certo qui è
stata portata ai massimi gradi di perfezione e qui, per la precisione a Gragnano, a soli pochi
chilometri dal capoluogo, si è trovato il modo di essiccarla e conservarla, dando origine così
alla produzione industriale dell'alimento più italiano che ci sia. Poiché la materia prima è il
grano duro, molto difficile da impastare e lavorare, i napoletani si affidano con la massima
fiducia alle loro paste industriali e non ritengono affatto - come in altre regioni - che la pasta
per essere buona debba essere fatta in casa. In realtà la pasta a Napoli è straordinaria sia per la
qualità sia per la perfezione della cottura, che deve essere giustamente al dente, e del
condimento. Dalla classica pummarola al semplicissimo aglio e olio fino a tutta la rassegna
dei sughi con accompagnamento di verdure o di frutti di mare e all'apoteosi del ragù, la
creatività meridionale dà qui una smagliante prova di sé. (Testo adattato)
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1. Dividere il testo in paragrafi (almeno 8). Utilizzare il simbolo “//” per indicare la fine
di un paragrafo e l’inizio dell’altro.
2. Dare un titolo ad ogni paragrafo
3. Rispondere alle seguenti domande:
1.
Il 1615 è considerata la data in cui il caffè fece la sua comparsa in Europa grazie ai
commercianti veneziani seguendo le rotte marittime che univano l'Oriente con Venezia e
Napoli ed il merito di averlo introdotto spetta al botanico Prospero Albini che era stato
medico del console di Venezia in Egitto, a G.Francesco Morosini, a Pietro della Valle ed a
Fausto Nairone.
2.
Il caffè è giunto fino a noi seguendo le rotte delle navi, quelle stesse rotte che hanno portato in
Europa tanti altri prodotti e cibi sconosciuti e come sempre succede in questi casi, la
tradizione popolare e le leggende si intrecciano con la realtà narrando storie più o meno
veritiere intorno alle origini ed alla diffusione di questa bevanda.
Per alcuni studiosi esisteva già ai tempi di Omero e lo si beveva a Troia. Questa è soltanto una
delle tante tesi legate all'origine del caffè, se volessimo seguire le varie storie ci perderemmo
in una grande quantità di storie conosciute.
3.
La storia del caffè è davvero lunga. Si parla di un cammino iniziato intorno al 900-1000 d.C. e
continua ancora oggi con il caffè divenuto fenomeno di costume, simbolo della socialità ( e
noi italiani che amiamo consumarlo in compagnia lo sappiamo bene) e bevanda che desta un
grande interesse scientifico.
4.
Secondo alcuni racconti il caffè stimolando l'intelligenza, la creatività e la fantasia era visto
positivamente dalla religione islamica che lo contrapponeva al vino che con le sue proprietà
considerate negative era ritenuto responsabile di provocare sonnolenza e distrazione.
36 http://www.chococlub.com/caffe/storia.html
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5.
Venezia fu la prima città italiana che conobbe l'aroma del caffè, per poi diffondersi in tutta la
Penisola e divenire punto di riferimento per mercanti non solo italiani, ma anche provenienti
da altri Paesi specialmente del centro-nord Europa.
6.
Anche a Costantinopoli la diffusione di questa bevanda vide nascere un gran numero di Caffè
alcuni estremamente sfarzosi che servivano sia come luogo d'incontro e di svago sia come
luogo di dibattito politico.
Per quale motivo i Caffè avevano raggiunto un livello di tale popolarità sia in Medio Oriente,
sia in Europa? Sicuramente il fatto che fossero locali nuovi, mai esistiti prima dove era
possibile berlo in compagnia e tranquillità, caratteristiche che è possibile riscontrare tutt' ora
nei caffè, nei salotti o nei bar.
7.
Possiamo affermare che già a partire dal 1454 nell'odierno Yemen era consuetudine
sorseggiare il caffè ed il governo ne approvò il consumo lodando le sue qualità corroboranti
contrapposte a quelle soporifere del qat o kat, bevanda diffusa su tutto il territorio nazionale.
Da qui partì una vera e propria diffusione che toccò le coste del Mar Rosso, La Mecca e
Medina fino a d arrivare al Cairo incontrando un ampio favore dei popoli arabi favorito anche
dal divieto del Corano di bere vino che trovò immediata sostituzione proprio con il caffè
assumendo l'appellativo ancora oggi valido di "Vino dell'Islam".
8.
A far conoscere il caffè in Europa contribuirono i molti viaggiatori, commercianti ed
avventurieri che seguirono le rotte delle navi, ma anche studiosi, medici a disegnatori. A
queste persone il caffè si presentò come una novità di rilievo ed assoluta e gli diedero una tale
importanza da compilare pagine e pagine di scritti o disegni, ancora oggi possiamo vedere
diverse riproduzioni o miniature dell'epoca inerenti a questo tema. Tra i tanti autori che ci
hanno lasciato una testimonianza vale la pena ricordare Prospero Albini detto Albus medico e
botanico dell'Università di Pavia, Leonhard Rauwolf medico di Ausburg, suo è uno dei primi
libri che parlano di caffè, Antoine de Galland e Jean Thévenot.
Se non è il caso di soffermarci sulla storia di questi personaggi, ben più interessante è vedere
come il caffè sia giunto in Italia ed in altre parti d'Europa.
9.
A partire dal 1683 i caffè in Italia si moltiplicarono e sebbene Venezia fosse la città dove essi
erano più numerosi, presto altre città della Penisola. Giorgio Quadri nel 1775 fu il primo a far
assaporare ai propri clienti l'autentico caffè alla turca.
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Non solo a Venezia, ma anche in altre città fiorirono eleganti "Caffetterie" dette anche "Caffè
Storici" ( Caffè Greco a Roma, Pedrocchi a Padova, San Carlo a Torino e numerosi altri).
Il nome di questi locali nel corso dei secoli è stato legato a persone note della società
(scrittori, politici, filosofi) che ne erano abituali frequentatori, conferendo così un ulteriore
valore e prestigio a queste "Caffetterie".
10.
Prima di essere consumato come semplice bevanda, il caffè veniva anche bevuto per sfruttare
alcune sue proprietà medicamentose e digestive e per questo motivo il suo prezzo era
piuttosto elevato. Nel momento in cui si capì che la diffusione del caffè era tale da poter
riempire le casse dello Stato nacquero le prime "Botteghe del Caffè", la più antica d'Europa, il
Caffè Florian, si trova tutt'ora sotto i portici di Piazza San Marco a Venezia, per battere la
concorrenza, un caffettiere fece pubblicare e distribuire un libretto che descriveva ed esaltava
le proprietà di questo elisir d'oriente.
11.
L'affermarsi del caffè come nel mondo musulmano, incontrò qualche problema, uno in
particolare è importante da ricordare perché legato alla religione: alcuni sacerdoti si
mostrarono contrari alla diffusione di questa bevanda e ne proposero la scomunica ritenendola
una "bevanda del diavolo" e fecero pressione su Papa Clemente VIII affinché ne vietasse
l'uso. A questo punto, il Pontefice, prima d'interdirla volle provarla di persona e ne rimase
talmente colpito in positivo che non solo decise di non mettere il caffè al bando, ma
addirittura lo volle battezzare rendendolo una "bevanda cristiana".
12.
In Italia il caffè divenne presto dono da offrire in talune circostanze ed offerto come dono
d'amicizia ed amore; era abitudine che i corteggiatori inviassero alle proprie innamorate
vassoi colmi di caffè e cioccolata.
a. Nel sud della penisola arabica il caffè era considerato una bevanda soporifera
b. Nella religione islamica il “vino dell’Islam” era vietato
c. Selim primo conquistò Costantinopoli
d. Il caffè fu diffuso a Costantinopoli all’inizio del XVI secolo
e. Prospero Albini fu il primo a scrivere un libro sul caffè
f. Ai veneziani si deve l’introduzione del caffè in Europa
g. Il caffè era considerato nocivo per la salute
h. Il Caffè Florian , la più antica bottega del caffè in Europa, non esiste più
i. Alla fine del XVIII secolo fiorirono molte caffetterie
l. Il Caffè Pedrocchi si trova a Torino
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3. Scrivere un breve riassunto della storia del caffè (non più di tre paragrafi)
L’IMPERATIVO
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L’operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. Per
rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in tram nei
mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, cioè alle volte un po’
prima alle volte un po’ dopo che suonasse la sveglia della moglie, Elide.
Spesso i due rumori: il suono della sveglia e il passo di lui che entrava si
sovrapponevano nella mente di Elide, raggiungendola in fondo al sonno compatto della
mattina presto che lei cercava di spremere ancora per qualche secondo col viso affondato nel
guanciale. Poi si tirava su dal letto di strappo e già infilava le braccia alla cieca nella vestaglia,
coi capelli sugli occhi. Gli appariva così, in cucina, dove Arturo stava tirando fuori i recipienti
vuoti dalla borsa che si portava con sé sul lavoro: il portavivande, il termos, e li posava
sull’acquaio. Aveva già acceso il fornello e aveva messo su il caffé. Appena lui la guardava, a
Elide veniva da passarsi una mano sui capelli, da spalancare a forza gli occhi, come se ogni
volta si vergognasse un po’ di questa prima immagine che il marito aveva di lei entrando in
casa, sempre così in disordine, con la faccia mezz’addormentata. Quando due hanno dormito
insieme è un’altra cosa, ci si ritrova al mattino a riaffiorare entrambi dallo stesso sonno, si è
pari.
Alle volte invece era lui che entrava in camera a destarla, con la tazzina del caffé, un
minuto prima che la sveglia suonasse; allora tutto era più naturale, la smorfia per uscire dal
sonno prendeva una specie di dolcezza pigra, le braccia che s’alzavano per stirarsi, nude,
finivano per cingere il collo di lui. S’abbracciavano. Arturo aveva indosso il giaccone
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impermeabile; a sentirselo vicino lei capiva il tempo che faceva; se pioveva o faceva nebbia o
c’era neve, a secondo di com’era umido e freddo. Ma gli diceva lo stesso: - Che tempo fa? – e
lui attaccava il suo solito brontolamento mezzo ironico, passando in rassegna gli
inconvenienti che gli erano occorsi, cominciando dalla fine: il percorso in bici, il tempo
trovato uscendo di fabbrica, diverso da quello di quando c’era entrato la sera prima, e le
grane, sul lavoro, le voci che correvano nel reparto, e così via.
A quell’ora, la casa era sempre non scaldata, ma Elide s’era tutta spogliata, un po’
rabbrividendo, e si lavava anche lui, nello stanzino da bagno. Dietro veniva lui, più con
calma, si spogliava e si lavava anche lui, lentamente si toglieva di dosso la polvere e l’unto
dell’officina. Così stando tutti e due intorno allo stesso lavabo, mezzo nudi, un po’ intirizziti,
ogni tanto dandosi delle spinte, togliendosi di mano il sapone, il dentifricio e continuando a
dire le cose che avevano da dirsi, veniva il momento della confidenza, e alle volte, magari
aiutandosi a vicenda a strofinarsi la schiena, s’insinuava una carezza, e si trovavano
abbracciati.
Ma tutt’a un tratto Elide: - Dio! Che ora è già! – e correva a infilarsi il reggicalze, la
gonna, tutto in fretta, in piedi, e con la spazzola già andava su e giù per i capelli, e sporgeva il
viso allo specchio del comò, con le mollette strette tra le labbra. Arturo le veniva dietro, aveva
acceso una sigaretta, e la guardava stando in piedi, fumando, e ogni volta pareva un po’
impacciato, di dover stare lì senza poter fare nulla. Elide era pronta, infilava il cappotto nel
corridoio, si davano un bacio, apriva la porta e già la sentiva correre giù per le scale.
Arturo restava solo. Seguiva il rumore dei tacchi di Elide giù per i gradini, e quando non la
sentiva più continuava a seguirla col pensiero, quel trotterellare veloce per il cortile, il
portone, il marciapiede, fino alla fermata del tram. Il tram lo sentiva bene, invece, stridere,
fermarsi, e lo sbattere della pedana a ogni persona che saliva. “Ecco, l’ha preso”, pensava, e
vedeva sua moglie aggrappata in mezzo alla folla d’operai sull’”undici”, che la portava in
fabbrica come tutti i giorni. Spegneva la cicca (resto di sigaretta fumata), chiudeva gli
sportelli della finestra, faceva buio, entrava in letto.
Il letto era come l’aveva lasciato Elide alzandosi, ma dalla parte sua, di Arturo, era
quasi intatto, come se fosse stato rifatto allora. Lui si coricava dalla propria parte, per bene,
ma dopo allungava una gamba in là, dov’era rimasto il calore di sua moglie, poi ci allungava
anche l’altra gamba, e così poco a poco si spostava tutto dalla parte di Elide, in quella nicchia
di tepore che conservava ancora la forma del corpo di lei, e affondava il viso nel suo
guanciale, nel suo profumo, e s’addormentava.
Quando Elide tornava, alla sera, Arturo già da un po’ girava per le stanze: aveva
acceso la stufa, messo qualcosa a cuocere. Certi lavori li faceva lui, in quelle ore prima di
cena, come rifare il letto, spazzare un po’, anche mettere a bagno la roba da lavare. Elide poi
trovava tutto malfatto, ma lui a dir la verità non ci metteva nessun impegno in più: quello che
lui faceva era solo una specie di rituale per aspettare lei, quasi un venirle incontro pur
restando tra le pareti di casa, mentre fuori s’accendevano le luci e lei passava per le botteghe
in mezzo a quell’animazione fuori tempo dei quartieri dove ci sono tante donne che fanno la
spesa alla sera.
Alla fine sentiva il passo per la scala, tutto diverso da quello della mattina, adesso
appesantito, perché Elide saliva stanca dalla giornata di lavoro e carica della spesa. Arturo
usciva sul pianerottolo, le prendeva di mano la sporta, entravano parlando. Lei si buttava su
una sedia, in cucina, senza togliersi il cappotto, intanto che lui levava la roba dalla sporta. Poi:
- Su, diamoci un addrizzo (muoviamoci), - lei diceva, e s’alzava, si toglieva il cappotto, si
metteva in veste da casa. Cominciavano a preparare da mangiare: cena per tutt’e due, poi la
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merenda che si portava lui in fabbrica per l’intervallo dell’una di notte, la colazione che
doveva portarsi in fabbrica lei l’indomani, e quella da lasciare pronta per quando lui
l’indomani si sarebbe svegliato.
Lei un po’ sfaccendava (fare lavori domestici) un po’ si sedeva sulla seggiola di paglia
e diceva a lui cosa doveva fare. Lui invece era l’ora in cui era riposato, si dava attorno, anzi
voleva far tutto lui, ma sempre un po’ distratto, con la testa già ad altro. In quei momenti lì,
alle volte arrivano sul punto di urtarsi, di dirsi qualche parola brutta, perché lei lo avrebbe
voluto più attento a quello che faceva, che ci mettesse più impegno, oppure che fosse più
attaccato a lei, le stesse più vicino, le desse più consolazione. Invece lui, dopo il primo
entusiasmo perché lei era tornata, stava già con la testa fuori di casa, fissato nel pensiero di far
presto perché doveva andare.
Apparecchiata la tavola, messa tutta la roba pronta a portata di mano per non doversi
più alzare, allora c’era il momento dello struggimento che li pigliava tutti e due d’avere così
poco tempo per stare insieme, e quasi non riuscivano a portarsi il cucchiaio alla bocca, dalla
voglia che avevano di star lì a tenersi per mano.
Ma non era ancora passato tutto il caffé e già lui era dietro la bicicletta a vedere se
ogni cosa era in ordine. S’abbracciavano. Arturo sembrava che solo allora capisse com’era
morbida e tiepida la sua sposa. Ma si caricava sulla spalla la canna della bici e scendeva
attento le scale.
Elide lavava i piatti, riguardava la casa da cima a fondo, le cose che aveva fatto il
marito, scuotendo il capo. Ora lui correva le strade buie, tra i radi fanali, forse era già dopo il
gasometro. Elide andava a letto, spegneva la luce. Dalla propria parte, coricata, strisciava un
piede verso il posto di suo marito, per cercare il calore di lui, ma ogni volta s’accorgeva che
dove dormiva lei era più caldo, segno che anche Arturo aveva dormito lì, e ne provava una
grande tenerezza.
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LA FAMIGLIA
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a) L’albero genealogico37
https://it.wikiversity.org/wiki/Albero_genealogico
37 http://it.wikiversity.org/wiki/Immagine:Giulio-Claudia.png#file
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Si era sposata a ventinove anni e a trentuno era rimasta incinta. Vivevano ancora a
Mestre e per lei Giancarlo era ancora il principe azzurro, l'uomo a cui aveva giurato amore
eterno ed eterna fedeltà davanti al prete e a tutti i parenti schierati in lacrime. Sì, quel giorno
si era sentita viva, straordinariamente viva. Ricordava perfettamente ogni istante: la gioia,
l'eccitazione, la sensazione luminosa di essere una prescelta. Il parrucchiere, la vestizione con
quell'abito sontuoso e candido, la lista dei regali, le bomboniere — che avevano scelto
insieme, mano nella mano — il sentimento di gratitudine verso il Cielo per averle fatto
incontrare l'uomo più meraviglioso del mondo. A quel tempo era ancora in buoni rapporti con
38 15 agosto
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l'Abitante del mondo superiore e così ogni mattina, a mani giunte, ripeteva «Grazie, Signore,
ti ringrazio di avermi fatto incontrare Giancarlo». Il giorno prima delle nozze, aveva ricevuto
da lui un regalo avvolto in una carta coi gigli di Firenze. Non era un banale anello, il dono che
ogni fidanzato senza fantasia fa alla sua promessa sposa, ma un quadernetto con la copertina
rigida al cui interno erano state scritte, con la stilografica, delle poesie a mano.
La scrittura era quella stretta e spigolosa di Giancarlo. Uscendo al suo braccio dalla
penombra della chiesa accompagnata dalle note della marcia nuziale, gli aveva bisbigliato
nell'orecchio: «Sono meravigliose! Le hai scritte tu?». Giancarlo si era girato appena,
sorridendo: «Non avrei mai potuto farlo se, accanto, non avessi avuto una splendida musa».
Negli anni seguenti aveva spesso ripensato a quei pochi metri fatti a braccetto. All'esterno
brillava un implacabile sole estivo — penombra dentro, luce abbacinante fuori. In quel
percorso apparentemente interminabile, le erano tornate in mente le parole di una persona
uscita dal coma. Raccontava di come si fosse sentita trasportare dal buio verso una grande
luce che la aspettava alla fine di un buco nero; quella luce era lo spazio sereno ed eterno della
morte, una sensazione di pace che non aveva mai provato prima: era tornata a malincuore
indietro, richiamata dalla voce dei suoi cari e dei rianimatori. Ecco, lei, in quel preciso
momento, si sentiva nella stessa condizione: lasciava alle spalle la penombra incerta della
giovinezza per entrare nella luce piena della maturità. All'uscita, dopo i soliti baci di rito, era
salita in macchina con Giancarlo, seguita da un corteo di macchine strombazzanti. Intorno a
loro, il grano era stato tagliato da poco, tra il giallo intenso delle stoppie si aggiravano
cornacchie e piccioni, sembrava che le mietitrebbia avessero sparso della polvere luminosa su
tutto il paesaggio, ogni cosa pareva bagnata, immersa nello splendore dell'oro. Il rinfresco era
stato organizzato nella cascina di certi parenti della madre di Giancarlo. Un suonatore di
fisarmonica piuttosto grasso, seduto su un minuscolo sgabello, tentava di allietare le lunghe
tavolate degli invitati.
Ad Anselma scoppiò subito un terribile mal di testa, peggiorato dalla qualità scadente
del prosecco che continuavano a versarle. Di tutto quell'interminabile pranzo non ricordava
altro che il viso di sua suocera che, con un cappellino non molto diverso da una coppetta di
gelato, parlava, parlava e straparlava. L'argomento, naturalmente, era suo figlio, quel ragazzo
che aveva mostrato di essere un uomo straordinario già nella sua pancia, dal modo deciso in
cui scalciava. Per non sciupare inutilmente i soldi, il viaggio di nozze si limitò a qualche gita
nei dintorni. Il primo giorno a Venezia, a dar da mangiare ai piccioni di piazza San Marco, il
secondo all'abbazia di Pomposa per collaudare la Ottocentocinquanta nuova di zecca dello
zio. Il terzo (ed era stato quello più impegnativo) in battello sul Brenta, a visitare le ville
venete. La prima notte di nozze, nel lettone preparato dalla mamma con la trapunta rosa fucsia
e i cuscinoni all'uncinetto, Giancarlo aveva fatto cilecca. «La stanchezza fa dei brutti scherzi»
aveva bisbigliato prima di cadere in un sonno rumorosissimo. Anselma aveva sorriso, in
fondo si era sentita sollevata, era troppo frastornata per affrontare un evento così importante.
Ma non era riuscita a prendere sonno. Zanzare grandi come elicotteri giravano voraci intorno
al letto, il materasso era corto e alto, dal modo sinistro in cui cigolava doveva essere
appartenuto almeno ai bisnonni o ai trisavoli. L'unico neo della giornata fu l'assenza di
Luisita. Le aveva telefonato la mattina stessa per dirle che le dispiaceva molto, ma che aveva
dovuto mettersi a letto per una brutta influenza estiva.
Per Anselma fu un vero dispiacere: avendo perso da poco entrambi i genitori, unica
rappresentante del suo passato rimaneva l'amica. Si chiese se la malattia non fosse una scusa.
Non aveva mai condiviso la sua gioia, anzi, ogni volta che le aveva parlato con entusiasmo di
Giancarlo, si era rivelata sospettosa. «Sei sicura» non faceva che ripetere «sei davvero sicura
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che sia la persona giusta?» Anselma non capiva i suoi dubbi. «Ti perderò» le disse l'ultima
volta che si erano viste. «Ti prometto di no. Sei, e sarai per sempre, la mia amica più cara.»
Anche se poi non aveva tenuto fede a quella promessa, in quel momento era sicura della verità
di quelle parole: niente e nessuno mai avrebbe potuto scalfire il sentimento che, da quando
erano ragazze, provava per Luisita.
... Continuate voi le storie (almeno 100 parole), inserendo nel vostro racconto le parole:
tradimento, divorzio, figli, vestito, amore.
c) Ritratto di famiglia
Siete stati incaricati dal redattore del giornale per cui lavorate di scrivere un breve articolo
sulla famiglia italiana. Redigete l’articolo basandovi sulle statistiche riportate qui sotto .
Inserite le seguenti parole nell’ordine che desiderate : paghetta, cordone ombelicale,
violenza, ingrato, fannullone, irriconoscente, arrangiarsi, parità dei sessi, trasformazione,
famiglia, ceffone, educazione.
Ecco i dati sul rapporto tra genitori e figli contenuti nell’indagine dell’Istat presentata ieri. Il
campione comprende oltre 20.000 famiglie.
Autonomia
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Lo studio
Svaghi
Mia madre
(la stessa cosa per nonno, figlio, zio, zia, cugino, cugina, nipote, suocero, suocera, genero,
nuora)
Ma ...
La mia mamma
Il mio fratellino
La mia nonnina
Il vostro cuginetto
Il mio bisnonno
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Proprio: solo se riferito al soggetto della frase, con le frasi impersonali (obbligatorio) ,
evita equivoci
Figlio mio!
Mamma mia!
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Milano, 19 maggio 2004 – Dove fanno shopping gli italiani? Cosa comprano e quanto
spendono? Dove si ispirano nella scelta dei capi del proprio guardaroba? Quali fibre
preferiscono indossare? Sono solo alcuni dei quesiti rivolti nel mese di novembre 2003 a un
campione di 500 italiani di età compresa tra i 15 e i 55 anni da Synovate, società di ricerche di
mercato tra le più prestigiose nel mondo. [...] La ricerca è stata effettuata nei principali paesi
del mondo con interessanti risultati che svelano le abitudini dei consumatori nei confronti
dello shopping, delle fibre e dei tessuti che preferiscono indossare e dell’abbigliamento.
“I risultati sono davvero sorprendenti” [...] “In Italia, per esempio, uomini e donne amano allo
stesso modo fare shopping e gli uomini preferiscono, molto più delle donne, indossare capi
realizzati con fibre naturali come il cotone con i quali si sentono più a proprio agio”.
La qualità delle fibre e dei tessuti infatti, è l’elemento che condiziona le scelte di uomini e
donne italiane nello shopping così come dalla ricerca è emerso che le T-Shirt, seguite da jeans
e biancheria intima sono i capi di abbigliamento che gli italiani comprano di più.
39
http://www.bpress.it/bpsito.nsf/compercorpo2/C1256AE700486E16C1256E99005C3A12?opend
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shopping l’84% degli italiani, contro il 78% del 1999. L’aumento si è registrato anche per i
negozi di articoli sportivi - nel 1999 il 50% degli italiani vi si recava a fare acquisti, nel 2003
la percentuale è salita al 70% - mentre il 60 % contro il 43% del 1999 fa shopping nelle
catene e nei negozi specializzati. È aumentata la popolarità dei mercatini rionali dove oltre la
metà delle donne intervistate compra più vestiti: il 60% nel 2003 contro il 20% del ’99.
La selezione e la varietà di capi disponibili, seguita dalla qualità dei vestiti e dalla competenza
del venditore sono le ragioni principali che spingono il consumatore italiano a diventare un
cliente abituale; seguono la convenienza dei prezzi, l’atmosfera e la facilità di fare shopping.
Uomini e donne italiani amano lo shopping, una percentuale che nelle donne è pari al 83% e
negli uomini al 65%.
Ma quanto spendono gli italiani negli acquisti di capi d’abbigliamento? Nei tre mesi
precedenti alla ricerca gli italiani avevano speso 350 €, l’equivalente di 678.000 di vecchie
lire italiane contro i 211 €, pari a 409.000 delle vecchie lire del 1999. Il 44% del campione
intervistato ha dichiarato tuttavia di comprare i vestiti approfittando dei saldi o delle vendite
promozionali.
Cosa comprano? Generalmente le preferenze degli italiani sono per l’acquisto di capi di
abbigliamento di base per il guardaroba, i giovani sono più influenzati dalla moda rispetto al
campione più adulto e comprano vestiti in linea con le tendenze del momento.
T-Shirt (70%), jeans (63%) e biancheria intima (60%) sono i capi più comprati dagli italiani,
seguiti dalle camicie (53%) e dalle giacche (42%). Sono gli uomini a comprare più t-shirt e
jeans, mentre le donne preferiscono acquistare più pantaloni e biancheria da letto.
Come si ispirano gli italiani, dove trovano le idee? L’87% è influenzato dai display
all’interno dei negozi, il 74% tende a seguire il proprio stile e il 42% dai giornali. Amici e
colleghi (39%), persone che passeggiano per strada (36%), Internet e personaggi famosi sono
gli altri fattori che influenzano gli italiani nella scelta dei vestiti.
Qualità (99%), colore (93%), rifiniture (92%), fibre (92%) e stile (91%) sono i fattori che
principalmente motivano l’acquisto; il prezzo è un fattore determinante per l’89% del
campione intervistato.
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Il 90% crede che il comfort sia il fattore più importante nell’abbigliamento, per il comfort è
disposto infatti a rinunciare ai vestiti più di moda.
Gli abiti moderni sono impossibili da indossare e l'industria della moda è stata deturpata dai
grandi giri di affari e dal nudo. Lo ha detto il leggendario stilista Pierre Cardin
In un'intervista a Reuters nei suoi uffici che si affacciano sul palazzo presidenziale francese,
Cardin ha detto che la vera "haute couture" - espressione francese che indica i prodotti più
esclusivi delle grandi case di moda - è scomparsa.
Gli abiti di haute couture sono cuciti a mano e su misura per il cliente, assicurando un
risultato unico, l'esatto contrario dei prodotti di massa pronti da indossare.
"Non si vede più la costruzione di una vera silhouette. Prima c'erano Balenciaga, Chanel,
Courreges, Cardin ... Di tutti questi nomi, d'accordo Dior esiste ancora, ma è spettacolo. E'
uno spettacolo superbo, ma è sempre spettacolo", ha detto l'82enne Cardin, una delle ultime
grandi icone della moda francese.
"Non si può andare in giro davvero con quelle scarpe o con quei cappelli - per andare dove?
Se vai a cena, hai bisogno di tre sedie solo per sederti", ha detto Cardin, che è entrato
nell'atelier di Dior nel 1946 e ha raggiunto la fama con il suo "vestito a bolla" nel 1954.
"Al giorno d'oggi, le donne intelligenti lavorano, guidano automobili, e le automobili sono
sempre più piccole, mentre gli abiti di Dior sono sempre più grandi. È tutto molto bello, ma
non è moda - è qualcos'altro. Sono costumi".
Cardin ha parlato con Reuters dei suoi 65 anni nella moda mentre sta valutando offerte per il
suo impero da 1 miliardo di euro, che ha recentemente messo in vendita.
Ambasciatore di pace per le nazioni Unite, e anche unico stilista a far parte del prestigioso
Istituto per la tutela della cultura francese, Cardin ha riflettuto sulla sua carriera.
"Sono stato fortunato, ho vissuto nel periodo dopo la guerra quando tutto doveva essere
rifatto. Le donne volevano andare alle feste, ballare, divertirsi, c'era un aspetto sensuale (in
tutto questo). Ma ora il nudo è ovunque, il sesso è ovunque", ha detto.
"Noi non vestiamo più gli uomini e le donne, li spogliamo".
(Fonte: Reuters del 14 gennaio 2005)
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Chef e pasticceri lavorano fianco a fianco con disegnatori per dipingere gli «abiti»
direttamente sul corpo delle modelle
NEW YORK - Passerella golosa a New York. Modelle vestite soltanto di capi dolci,
dolcissimi, sfilano al «Fashion Chocolate Show», la più importante rassegna interamente
dedicata alla sublime leccornia che si svolge nella Grande Mela due settimane prima del
giorno del ringraziamento, quasi un preludio alle prelibatezze del periodo natalizio.
Chef e pasticceri lavorano fianco a fianco con disegnatori per dipingere abiti assolutamente
«tailor made» direttamente sul corpo delle modelle.
Di cioccolato è fatto quasi tutto: dagli abiti con cui hanno sfilato alcune modelle, al
padiglione-pagoda utilizzato come bar, alle sculture esposte. In programma anche giochi e
soprese a base di cacao. Un paradiso per gli occhi e per il palato degli amanti del genere, di
qualunque età.
Corriere della Sera, 12 novembre 2005
Terminologia specialistica
L’abito/gli abiti
Il capo/i capi d’abbigliamento
Il disegnatore/i disegnatori
La modella/le modelle
40 http://www.alfemminile.com/m/moda/moda.html
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La passerella/le passerelle
Dipingere
Sfilano (infinito: sfilare); la sfilata/le sfilate
Vestite (infinito: vestire)
Lessico
ISABELLE BALLU, è energia ! Cerniere, riferimenti ai codici della Formula 1, come la coppa
di champagne, stemmi sportivi, colori tonici : giallo, verde, blu. Giochi di effetti bicolori,
pantaloncini, camicie a quadri, completi a righe. La donna Ballu è fresca, dinamica, sexi, e
speciale. Una stilista francese da seguire.
Per l'estate, BERNHARD WILLHEM presenta una moda energica, con abiti fluidi e liberi, che
sfilano sulle musiche tecno delle discoteche della fine degli anni '90. I colori vivaci (giallo,
rosso, blu), sembrano usciti dal guardaroba di Superman ! Ma si tratta piuttosto di una
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parodia del supereroe, con la famosa S circondata da frange o scritta con colore
sgocciolante... Una moda gioiosa e colorata, ricca di tessuti e materie, per tutte le "donne-
Superman" un po' fuori di testa, con un'anima da adolescente.
Ci aspettavamo un altro show alla Galliano, e l'irriverenza del creatore ha stupito ancora una
volta la platea. Per lui la moda dell'estate sarà "Nuda". JOHN GALLIANO (Dior) presenta una
collezione in cui il vero protagonista è il color carne. Un ritorno alla base, al corpo, su cui lo
stilista compone le sue creazioni.
Top, vestiti, giacche, gonne, tutto aderisce e si fonde con la pelle per un effetto ultra sexi.
Anche se Galliano sembra aver rinunciato ai colori potenti e alla ricchezza dello stile con cui
si era imposto sulla scena internazionale, l'essenza rimane : volumi "a palla" o "trapezio",
denim, cuoio, nodi…
Il pret-a-porter non è la Haute Couture, e il minimalismo è la parola d'ordine di Dior per la
prossima stagione.
CHANEL, è la giovinezza eterna ! E per l'estate Coco incontra James Dean, morto a 24 anni.
Ritroviamo i codici della maison, come le giacche di tweed (lampone, pistacchio o, più
classico, bianco e nero) portate con bermuda aderenti, per una nuova silhouette tailleur.
Anche i jeans fasciano le gambe delle modelle e gli stivaletti sono allacciati alla caviglia con
un nastro. I vestiti da sera giocano con le trasparenze (velo, pizzo…). In Chanel, tutto è
permesso !
Per l'estate 2006 il creatore interpreta lo spirito Ungaro proponendo modelli rigorosi o
fantasiosi perfettamente interpretati. I colori sono neutri o pastello. Le linee sono ben definite
e perfettamente controllate. Tornano i famosi volant "alla Ungaro " ! Una collezione dal tocco
retro' reinterpretato con note anni '70 : le clienti della marca non rimarranno di certo
indifferenti !
Terminologia specialistica
Il completo/i completi (capi di abbigliamento dello stesso tessuto fatti per essere portati
insieme)
Il bottone/i bottoni
La camicia/le camicie
La cerniera/le cerniere
La frangia/le frange
Il nastro/i nastri
La gonna/ le gonne
I pantaloni
I pantaloncini
La spilla/le spille
Lo stivale/gli stivali
Lo stivaletto/gli stivaletti
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Fasciare
Il velo
Il pizzo/ i pizzi
A righe
A quadri/a quadretti
A palla
A trapezio
Lessico
Fuori di testa/pazzo/folle
Sgocciolante (infinito: sgocciolare, le gocce cadute e la traccia da esse lasciata)
Valentino
Atmosfera
Il grande stilista italiano, come sempre, rappresenta l’anima della Haute Couture. I tessuti e i
modelli scolpiscono la donna, la padronanza della tecnica è irreprensibile. I colori sono
contemporanei e facili da portare : avorio, bianco, bronzo, prugna, oro; contrastano e
completano il nero. Anche Valentino mette l’accento sui vestiti da sera, che sottolineano i
fianchi e svelano il decolleté. Un abito evoca il rosso Valentino, colore emblematico dello
stilista, e quasi dappertutto ritroviamo il « nodo », simbolo favorito dello stilista, fatto di
strass, o sotto forma di fiocco. Alla fine dello show lo stilista ha reso omaggio a una delle
clienti più fedeli della haute couture, Nan Kempner, deceduta la settimana scorsa negli Stati
Uniti. (da http://www.alfemminile.com/)
Terminologia specialistica
Il fiocco/i fiocchi
Il modello/i modelli
Lo stilista/la stilista
Il tessuto/i tessuti; la materia/le materie
Il vestito da sera/i vestiti da sera
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Lessico
La padronanza/la competenza
Irreprensibile (che non puo’ essere criticato)
1. Leggi i passaggi ai paragrafi 2.1 e 2.2. Quale potrebbe essere il tuo stilista preferito?
Spiegane le ragioni.
Vale la pena notare che il costume e la moda sia nei tempi antichi che in quelli moderni,
serve a comunicare esteriormente delle cose su chi li indossa, questo lo si vede molto bene nei
costumi teatrali, dove, grazie ad essi, si accentua il carattere e l'umore dei vari personaggi.
Sembra che, in seguito, siano stati proprio i greci a concepire l'abito come
manifestazione individuale di raffinatezza ed eleganza, essi amavano colori brillanti. Infatti, a
dispetto di quanto si è sempre creduto, si è scoperto recentemente che non era vero usassero
solo il colore bianco, i ricchi avevano, a differenza delle classi sociali basse a cui non era
concesso, la possibilità di scelta dei colori; il preferito era il rosso, colore peraltro usato solo
dai sacerdoti, dai regnanti e solo dalle donne più nobili. Seguivano il viola e il verde.
Nell'epoca classica gli abiti greci sono di linea molto essenziale e di colore
prevalentemente bianco ed è pressoché scomparso qualsiasi tipo di ornamento usato in
precedenza, al di fuori di un semplice motivo geometrico colorato. I colori brillanti tornano
nel periodo ellenistico, dovuto anche al commercio con i persiani. Arrivano anche la seta e il
cotone, e con essi i colori pastello e le tinte oro.
Tra il 1400 e il 900 a.c. molto prima che Roma diventasse potente, c'erano gli etruschi,
civiltà misteriosa che arriva dall'Asia. Il loro costume è un misto fra quello orientale, il greco
e cretese miceneo; infatti gli etruschi vestivano abiti tagliati e cuciti, che seguivano la linea
del corpo. L'abito femminile è lungo e aderente con maniche che arrivano al gomito ed ha un
cappuccio, in alcuni casi è scollato sulla schiena, e viene portato senza cintura.
L'abito poteva essere anche in due pezzi, cioè una lunga gonna aderente oppure
vaporosa, e sopra un bolero, tutte e due i capi erano molto ricamati e avevano disegni
geometrici; i tessuti usati erano la lana e il cotone, le calzature consistevano in stivali alti che
lasciavano le dita scoperte, ed erano chiusi da lacci. Il materiale era il feltro, usato anche per i
cappelli. Il costume etrusco declina con l'impero romano il quale, impone il suo stile di vita.
Il costume romano mantiene nel corso della storia lo stesso stile (100 a.c. al 476 d.c.
Caduta dell'impero). L'abito romano discendeva da quello greco ed etrusco, era di linea sobria
e semplice; l'abbigliamento era protetto da leggi che lo regolavano, per impedire l'involgarirsi
della loro moda di vestire.
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riguardo l'abbigliamento, per non correre il rischio di essere confuso con un ceto
sociale più basso41.
Dite se le seguenti affermazioni sono vere o false. Quando sono false, scrivete la risposta
corretta.
3. Gli abiti delle donne etrusche erano a tinta unita (di un solo colore)
8. La posizione della cintura nella moda femminile romana indicava se una donna era
vergine, sposata o incinta.
9. Costantino instaura la moda dei colori vivi e delle tuniche corte per le donne.
41 http://www.mitopositano.it/storia_tessuti_moda.htm
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CONDIZIONALE PRESENTE
Essere Avere
Sarei Avrei
saresti avresti
sarebbe avrebbe
saremmo avremmo
sareste avreste
sarebbero avrebbero
CONGIUNTIVO PRESENTE
Essere Avere
Sia Abbia
sia abbia
sia abbia
siamo abbiamo
siate abbiate
siano abbiano
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CONGIUNTIVO IMPERFETTO
Essere Avere
Fossi Avessi
fossi avessi
fosse avesse
fossimo avessimo
foste aveste
fossero avessero
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Elementi grammaticali Penso che + congiuntivo presente /Pensavo che + congiuntivo imperfetto
È meglio che/ È meglio + infinito
Sarebbe meglio + infinito
Ricapitolazione
Nella nostra famiglia il problema di dove andare in vacanza d’estate non si pone:
siamo tutti appassionati di mare. Da quando sono nato mio padre mi porta in barca a vela,
anzi dice che sono nato sulla barca a vela visto che lui e la mamma si sono conosciuti a un
corso di vela a Santa Maria di Leuca 30 anni fa. Mio fratello invece è appassionato di pesca
subacquea. Mia sorella, anche se ha solo 10 anni, è un’abile nuotatrice. Anche a lei piace
andare in barca a vela e penso che seguirà le mie orme e quelle di papà.
La nonna, che vive con noi, ci prende sempre in giro ogni volta che ci prepariamo per
le vacanze. Al nostro camper che è già abbastanza grosso si aggiunge il carrello per
trasportare la barca a vela. Inoltre, per l’equipaggiamento di mio fratello occorre tanto spazio:
così lui e mia madre vengono con il fuoristrada di papà.
Mio fratello non vuole dormire in camper; così nel fuoristrada di papà oltre alle valigie
si deve trovare il posto per una tenda, da tre posti naturalmente, per ospitare gli amici che
ogni anno lo vengono a trovare.
Insomma, per noi, partire per le vacanze è una spedizione vera e propria. L’unico anno
che siamo andati in montagna è stato un disastro: solo pioggia, vestiti umidi, rifugi troppo
affollati. L’unico che si è divertito è il nostro cane che per una volta non ha sofferto il caldo
torrido dell’estate pugliese.
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FINALMENTE IN FERIE
Al mare
Sulla spiaggia: il/la bagnante, l’ombrellone, l’asciugamano, la sedia a sdraio, la sabbia,
la cabina
Prendere il sole, abbronzarsi, asciugarsi
Nell’acqua: il bagno, il bagnino, la barca, la nave, lo scoglio, la scogliera
Tuffarsi, fare un tuffo, fare il bagno, nuotare, affogare annegare
Che tempo farà? Soleggiato, caldo, freddo, nuvoloso, incerto, il temporale, la burrasca, la
tempesta, la pioggia, il vento
39.1.2. Esercizi
Carlo e Giovanna sono marito e moglie. Hanno tre figli, Luca, Saverio e Anna di 14, 12 e 10
anni. Ogni anno decidono insieme dove passare le vacanze. La scelta non è mai facile perché i
membri della famiglia hanno gusti molto diversi.
- Descrivi il carattere e i gusti di ogni membro della famiglia. Usa almeno 3 aggettivi
per ciascuno per la descrizione del carattere.
Inoltre, la nonna li accompagna ormai da molti anni e anche lei naturalmente vuole
esprimere il suo parere. Quest’anno vuole assolutamente andare a Venezia.
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Alcuni suggerimenti: mare, montagna, lago, gite culturali, visite a monumenti storici,
gastronomia (pizza, pasta, verdura, frutta, vegetariano, ...) abbigliamento, luoghi molto
affollati, luoghi poco frequentati, immersione nella natura, ...
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Hotel Excelsior
VENEZIA
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importante dell’anno e la Regata Storica, sfilata delle imbarcazioni – fra cui le splendide
gondole – che hanno fatto la storia della città 42.
PROGETTI DI VACANZE
a)
Siete i proprietari di un agriturismo che si trova in Toscana nel cuore della Maremma, vicino
a Grosseto.
La vostra fattoria è una vecchia casa in cui non c’è né elettricità né acqua corrente.
Oltre ad accogliere turisti desiderosi di trascorrere una vacanza nel verde e lontano dalle
comodità quotidiane, avete un allevamento di bovini e di equini di razza maremmana. I turisti
vi aiutano nel vostro lavoro, in cambio di vitto e alloggio gratuiti.
Preparatevi a descrivere le vostre attività a un gruppo di turisti che arrivano da voi.
Ispiratevi alle foto e al passaggio che segue 43.
42 http://www.paesionline.it/venezia/comune_venezia.asp
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44 acuto/forte
45 strumento usato per aprire le bottiglie di vino
46 ferro ricurvo fatto per sostenere
47 respirare con affanno
48 vaso di legno con manico usato per trasportare l’acqua
49 toilette
50 Vedi camerino
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b)
Presentazione52
51 http://www.tenutadipaganico.it
52 La presentazione è stata estratta da una versione precedente del sito.
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e dove vengono allevati allo stato brado bovini ed equini di razza maremmana e pecore per la
produzione di carne e di latte.
La Tenuta Paganico offre la possibilità di passeggiate lunghe o brevi, a piedi o in
bicicletta, sulle rive del pescoso fiume ombrone oppure lungo i sentieri che si inoltrano negli
oltre mille ettari di bosco e di macchia mediterranea che circondano i terreni a coltura
agricola. La splendida campagna maremmana è ricca inoltre di fauna selvatica: fagiani, lepri,
cinghiali, daini, caprioli, uccelli acquatici.
In una splendida cornice vi attende l’antico podere maremmano che, recentemente
restaurato, conserva tutto il suo fascino e la sua armonia, per offrirvi un’indimenticabile
vacanza nel verde. La soluzione ideale per chi vuole gustare intensamente la vita in
campagna, alla riscoperta delle tradizioni contadine, a due passi dai vicini centri ricchi di arte
e di storia.
• In auto: Strada Statale 223 Siena Grosseto (uscita Paganico). Proseguire per due
km in direzione Monte Amiata, osservando la segnaletica: Il Centro Aziendale è a
100 metri dalla stazione ferroviaria.
• In treno: Linea ferroviaria Firenze – Empoli – Siena – Grosseto – Orbetello.
Scendete alla stazione di Civitella Paganico.
• Bus diretto: da Firenze, Siena o Grosseto, per Paganico
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c)
Dopo una lunga conversazione, decidete di prenotare dei posti nell’agriturismo che vi
propone l’agenzia. Partite alla data stabilita, seguite le istruzioni alla lettera e vi ritrovate ....
Attenzione alle sorprese !!! L’agenzia non è stata informata che l’agriturismo in questione ha
dovuto chiudere per fallimento. Siete quindi costretti, sul posto, ad arrangiarvi da soli e a
trovare un altro agriturismo.
In Toscana, nel lembo più incontaminato della Maremma, Agriturismo Podere Isonzo. Aperto
tutto l’anno.
Nella Maremma toscana, nel cuore del Parco Regionale dell’Uccellina, un antico casolare
adibito ad agriturismo, vi accoglierà per le vostre vacanze.
54 http://www.podereisonzo.it/
55 http://www.podereisonzo.it/ La presentazione è stata estratta da una versione precedente del sito.
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Visitando la Toscana56
Città come Firenze, Siena e Pisa, insieme a quelle più piccole come Lucca, Cortona ed
Arezzo, conservano alcuni dei più importanti tesori artistici d’Italia: mentre paesini medievali
come San Gimignano, con le sue famose torri, o Pienza, gioiello rinascimentale, si trovano nel
cuore della pittoresca campagna, per la quale la Toscana è altrettanto ammirata. Altri
suggestivi paesaggi si estendono dai monti alle Alpi Apuane alle colline del Chianti.
Da vedere:
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Sabina Gola Scrivere e parlare l’italiano
Siete pronti a partire per le vacanze? Ricordatevi che, per non avere sorprese, bisogna essere
intelligentemente organizzati. Ecco una mini guida per evitare disguidi a chi ha deciso di
viaggiare in auto, in aereo o in treno.
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Se partite in aereo, occhio a queste semplici regole. Innanzitutto, prenotare in tempo il volo e
confermare sempre le prenotazioni (sia all’andata che al ritorno).
Operazione check-in: recarsi in aeroporto sempre con almeno due ore d’anticipo sul volo.
Soprattutto in periodo di vacanza, quando le operazioni di check-in sono più lunghe.
Occhio ai bagagli: per evitare “stress da ritiro bagagli” ecco qualche suggerimento: chiuderli
bene e personalizzarli con nastri e adesivi colorati, con nome e recapito telefonico; conservare
i ticket-bagagli incollati sul biglietto nel caso di denuncia di smarrimento; individuare, tra gli
oggetti contenuti, un elemento distintivo (il titolo di un libro, la marca di un rasoio) che possa
servire al riconoscimento.
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d)
Siete i proprietari di un lussuoso albergo, l’Hotel Antico Pozzo57, nel centro storico di San
Gimignano in Toscana. Avete a vostra disposizione un foglio con le caratteristiche del vostro
hotel e una cartina su cui è indicato dove si trova.
57 http://it.venere.com/hotel_san_gimignano/centro/hotel_l_antico_pozzo.html
58 Idem. Anche le immagini provengono dallo stesso sito.
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e)
Quest’anno decidete di passare qualche giorno in Toscana. Discutete con i vostri amici su
dove è meglio andare, ma alla fine vi lasciate consigliare dall’agenzia turistica alla quale vi
rivolgete.
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Cosa mangiare
Una cena all’aperto in una tiepida serata estiva può essere una piacevolissima esperienza. In
Toscana i ristoranti servono quasi esclusivamente cibi locali, o comunque nazionali.
L’orario del pranzo è intorno alle 13.00, mentre quello della cena è alle 20.00.
Nei ristoranti toscani si consiglia di iniziare il pranzo o la cena con gli antipasti, che in questa
regione sono particolarmente gustosi e comprendono salumi misti, fra cui l’ottima
finocchiona, un salame aromatizzato all’aglio e ai semi di finocchio, i crostini con una specie
di patè di fegatini di pollo, o con una pasta di olive o di acciughe, e la bruschetta, pane
abbrustolito, strofinato con l’aglio e bagnato con il saporito olio toscano. Si prosegue con i
primi (zuppe, pasta o riso) e con i secondi, tra cui la famosa bistecca alla fiorentina,
accompagnati da verdure o insalata. I formaggi locali sono esclusivamente di latte di pecora ;
il pecorono toscano, ben diverso da quello romano, è morbido e gustoso. I dolci includono in
genere la torta della nonna (un involucro di pasta frolla ripieno di crema gialla) e il tiramisù. Il
pasto si chiude quasi sempre con vin santo e cantucci, cioè un vino da dessert nel quale si
inzuppano i cantucci, biscottini secchi alle mandorle. Nei ristoranti più alla buona il menù è
scritto di frequente su una lavagna, in molti altri invece è il cameriere che informa i clienti su
cosa è disponibile.
LETTERA DI RECLAMO 59
(da inviare entro 10 giorni lavorativi dal rientro alla località di partenza)
Raccomandata con avviso di ricevimento
Luogo e data ................
Oggetto: Reclamo per i seguenti disservizi e inadempienze da me riscontrati nel corso
del viaggio/soggiorno (Specificare tutte le possibili indicazioni che valgano ad identificare il
viaggio: destinazione, date di inizio e fine ecc.)
59 www.federconsumatoriarezzo.it/documenti/moduli/contratto%20di%20viaggio.doc
Al modello sono state apportate modifiche per una migliore corrispondenza con gli obiettivi didattici
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X. LEGGIAMO E SCRIVIAMO…
1. STUDIO E PROFESSIONE
Iscriversi alla facoltà preferita o a quella che sembra offrire maggiori opportunità di
lavoro ? Gli esperti concordano : mai rinunciare a ciò che piace davvero.
Divisi tra i propri desideri e la necessità di trovare presto un lavoro. Tra le sirene della
new economy e una passione sfrenata per l’archeologia. In agosto si aprono le iscrizioni
all’università e migliaia di studenti dovranno scegliere il corso di laurea, perplessi e indecisi
come qualunque matricola in qualunque anno. Perché la vocazione è roba per pochi. Molto
più numerosi i ragazzi frastornati dai consigli dei genitori o influenzati dalle scelte degli
amici ; o quelli che una passione magari ce l’hanno, ma talmente nascosta o in apparenza così
poco spendibile sul mercato che è come se non ci fosse. E così si ritrovano tra mille patemi a
sfogliare guide universitarie, leggere programmi di studio, azzardare previsioni su quali
saranno le professioni più richieste tra quattro, cinque anni.
« In realtà basterebbe scegliere ciò che piace » dice Piero Bertolini, docente di
Pedagogia all’Università di Bologna. « Il problema è che i ragazzi non sanno cosa sia. Non
conoscono se stessi. Dovrebbero essere aiutati a chiarirsi le idee prima, e non arrivare al
momento della decisione così confusi. Ma nelle scuole superiori non si fa orientamento,
nessuno li aiuta a capire quale sia la loro vocazione. D’altra parte scegliere in base alle
opportunità di lavoro è inutile : gli scenari cambiano così in fretta che è quasi impossibile
prevedere che cosa succederà tra alcuni anni ». D’accordo anche Alessandro Amadori,
psicologo del lavoro all’Istituto di ricerche del Cirm : « Non esiste un titolo di studio che
garantisca il posto o la disoccupazione. Molto dipende » da quanta passione si mette in ciò
che si studia, dalla fantasia, dalla capacità di inventarsi un lavoro dopo la laurea ».
I servizi di orientamento ormai esistono in quasi tutte le università e danno informazioni
pratiche sui corsi di laurea, diplomi, indirizzi. Ma non hanno ancora supporti psico-
pedagogici che aiutino nella scelta, anche se alcuni atenei, per esempio Milano, si stanno
attrezzando per fornirli. Intanto chi proprio non ce la fa da solo a capire che cosa vuole può
rivolgersi a uno dei numerosi centri che svolgono servizi di orientamento, attraverso test
psico-attitudinali a uno o due colloqui. « Il questionario serve per valutare le attitudini e gli
interessi del ragazzo ; attraverso il colloquio si approfondiscono gli aspetti pratici come le
necessità economiche o le disponibilità a trasferirsi se il corso di laurea scelto non è nella
propria città » spiega Christian Elevati della società Alpha test. « E si aiuta il ragazzo a
valutare i pro e i contro delle sue decisioni : studiare lettere per passione, per esempio,
significa sì aspettare più tempo rispetto ad altri laureati prima di trovare un lavoro e magari
anche guadagnare meno per un po’ ; ma rinunciarvi per qualcos’altro, magari una facoltà per
cui non si è affatto portati , è un suicidio ».
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« Il lavoro occupa uno spazio ampio della nostra vita : dedicarsi a ciò che non amiamo
significa andare incontro non solo a frustrazioni, ma anche a maggiori difficoltà nella ricerca
di un posto » riprende Amadori. « Le aziende guardano soprattutto alla motivazione dei
candidati. Un neolaureato che odia le materie studiate e il lavoro conseguente non ha molte
probabilità di assunzione : nei colloqui non si riesce a fingere più di tanto ».
Al contrario, scegliere ciò che piace sembra dare maggiori garanzie di
successo : « L’entusiasmo e la passione aiutano a studiare meglio e a sfruttare le opportunità
offerte dall’università » sostiene Bertolini. « Il futuro dipende anche dalla capacità di
adattamento, dalla grinta, da una competenza acquisita non solo attraverso lo studio dei
programmi d’esame. E questo richiede un impegno e un’attenzione difficili da dedicare a
qualcosa che non si ama ».
(Anna Maria Speroni, Io donna. Il femminile del Corriere della Sera, p. 135. Luglio 2000)
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www.corriere.it/alberoni, 16/02/04
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www.corriere.it/alberoni, 1/03/04
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Ci sono persone leali, che mantengono le promesse, che tengono fede alla parola data e
che, anche in caso di competizione, rispettano le regole del gioco. Altre che non lo fanno. Da
bambino sono rimasto molto colpito, studiando la storia di Roma, dall'episodio di Attilio
Regolo. Caduto prigioniero dei cartaginesi, è stato rimandato a Roma per proporre la pace
dopo aver dato la sua parola che sarebbe ritornato a Cartagine. Il console non fece la pace ma
rispettò la parola data: tornò a Cartagine dove venne ucciso in modo atroce. E sono stato
molto colpito dal comportamento dei turchi che, nell'assedio di Famagosta, hanno promesso
agli eroici difensori veneziani gli onori militari e la libertà. Ma quando il comandante
Marcantonio Bragadin è uscito dalla fortezza lo hanno preso, lo hanno scuoiato vivo e fatto
morire fra i dolori più spaventosi. Ho fatto questi due esempi della storia che veniva insegnata
ai piccoli per mostrare come siano profondi, nella tradizione dell'Occidente, il valore della
lealtà e il disprezzo per il tradimento della parola data. Durante tutto il Medioevo l'orrore della
guerra è stato temperato dalle regole dell'onore cavalleresco e, in mancanza di un sistema
giuridico e di un apparato statale, l'economia ha funzionato soltanto sulla base della fiducia e
del credito.
Ma anche oggi, in presenza di un consolidato apparato statale e giudiziario, la società
non potrebbe funzionare se i singoli individui non avessero profondamente interiorizzato i
principi morali. La legge può colpire il disonesto, ma non può insegnare la lealtà, la sincerità,
il rispetto della parola data, la buonafede. Sono cose che il bambino impara da sua madre e
suo padre che sono sinceri con lui, non lo ingannano, mantengono le promesse e pretendono
che egli faccia altrettanto. Le impara nei rapporti con gli amici, con chi ama.
E' questo substrato etico che fa funzionare la società. Però il consenso etico di base, nel secolo
scorso, è stato insidiato dalla diffusione di ideologie che non riconoscono l'autonomia della
morale, ma la subordinano alla politica. Tutto è lecito se politicamente utile. L'ideologia crea
una comunità invisibile di attivisti che vivono nella società civile senza condividerne i valori.
Naturalmente, per agire, hanno bisogno di adeguarvisi almeno nel comportamento esterno.
Molti di loro, a poco a poco, sviluppano un vero e proprio sdoppiamento della personalità:
come il Dottor Jekyll e Mister Hyde. La prima metà è in tutto e per tutto come la gente
comune. L'altra metà è diversa, immorale, spietata.
Uno sdoppiamento simile si verifica nei membri della delinquenza organizzata, nelle
spie, nei terroristi. Può capitarvi allora di trovarvi in rapporto professionale con una di queste
persone non sapendo chi sia. E' gentile, amichevole, vi dimostra stima, simpatia, amicizia,
prende impegni, vi fa promesse. Ma, al suo interno, l'altra personalità sa benissimo che si
tratta solo di una messa in scena strumentale. Sa benissimo che non rispetterà le promesse, gli
impegni presi. Le servono solo per tenervi buoni, per poter manovrare indisturbata, e poi
colpirvi alle spalle quando meno ve l'aspettate.
www.corriere.it/alberoni, 8/02/04
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Dobbiamo perdonare. Il cristianesimo ci dice di farlo non sette volte, ma settanta volte
sette. La mentalità del perdono è tanto diffusa che nelle chiese, quando si celebra il funerale
della vittima di un delitto, spesso un familiare dice che perdona all'uccisore. Ma è giusto? Non
dobbiamo domandarci cos'ha fatto per meritare il perdono? Qualcuno dice che bisogna
perdonare sempre e comunque. Ma se si perdona sempre e comunque che senso ha
distinguere il bene dal male, il merito dal demerito? Io ritengo che chi ha fatto del male, deve
fare qualcosa. Deve perlomeno chiedere perdono. Ma chiedere perdono non è una frase.
Significa interrogare se stessi, capire l'altro, ammettere la propria colpa in modo aperto. E
farlo prima di essere braccato e preso. Vuol dire provare rimorso, mettersi in balia dell'offeso
e riconoscergli il diritto di colpirti, di punirti. E' così che il bambino chiede perdono a sua
madre, a suo padre. E' così che il credente chiede perdono a Dio. Riconosce la colpa, accetta
la pena, e si rimette alla capacità di amare dell'offeso. Il perdono è frutto di questa capacità di
amare.
La maggior parte della gente non chiede perdono. Dice «scusami, mi spiace» come se ti
avesse pestato involontariamente un piede. Involontariamente, cioè senza colpa, senza
responsabilità.
Abbiamo promesso aiuto a un amico. Poi abbiamo saputo che era nei guai, ma avevamo
altre cose a cui pensare. Rivedendolo ci dice che ci aveva cercato a lungo, con angoscia. E
noi: «Ero occupato, scusami, mi spiace». Scusarsi è un chiedere perdono debolmente, quasi
giustificandosi, dichiarandosi non colpevole.
Ma c'è anche chi non chiede nemmeno scusa. Lo fanno soprattutto coloro che sono
abituati alla lotta, come nel campo degli affari o nella politica. E si giustificano dicendo che
non è una questione personale. «Nulla di personale, è solo businisse » dicono, nel film «Il
Padrino», i mafiosi quando hanno ammazzato a qualcuno il figlio, il fratello, l'amico. Chi
agisce in questo modo è pronto a colpirvi non sette, ma settanta volte sette.
C'è poi chi non perdona perché vuole vendetta. La vendetta ci inchioda a un passato che
dobbiamo tenere vivo per trovarvi l'odio che ci spinge a studiare come colpire, in modo
atroce, chi ci ha fatto del male. La vendetta è un lavoro, riempie la vita. Vi sono individui e
gruppi che vivono di vendetta, godono a essere spietati giustizieri. Ma, senza il perdono, la
vendetta non ha mai fine. E' una malattia della società e dello spirito.
C'è infine chi non si vendica e non perdona, dimentica. Quel che è stato è stato. E' un
atteggiamento accomodante, che consente di vivere senza ricordi sgradevoli, guardare avanti.
Il perdono come oblio. E' frequente nelle persone generose, forti. Quando riguarda piccole
cose è saggio. Ma per quelle molto gravi è giusto? Non è un atto di pigrizia morale e
spirituale? Non è meglio ricordare che c'è stata un’ingiustizia che esige la richiesta di perdono
e l'atto cosciente di perdonare? E' una strada più difficile, che però fa crescere entrambi.
Perché obbliga vittima e colpevole a riflettere su loro stessi e fa appello ai loro sentimenti più
nobili.
www.corriere.it/alberoni, 2/2/04
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3. NUOVE TENDENZE
Un bambino battezzato come un programma per computer. Come forse avete letto sul
Corriere di ieri, è accaduto nel Michigan: il signor Jon Blake Cusack ha chiamato il
primogenito «Jon Blake Cusack 2.0». Interessante. Un tempo i prodotti si chiamavano come
le persone: Ava (detersivo), Giulietta (auto), Enrico C. (nave), Tre Marie (panettone). Oggi le
persone si chiamano come i prodotti. Il prossimo passo sarà la sponsorizzazione a vita.
Qualcuno chiederà alla Fiat: se chiamo mio figlio Stilo, cosa mi date? Perché
l’innocente 2.0 è stato marchiato così? Perché il padre ha il pallino dell’informatica, come
molti americani. E i nomi dei bambini riflettono sempre le aspirazioni dei genitori (anche
perché i piccoli, che sono i diretti interessati, non possono essere consultati). Quindi studiamo
i neonati: impareremo qualcosa sui genitori.
Restiamo agli Stati Uniti. Se trecento piccole americane si chiamano Armani - non è
uno scherzo: è vero - cosa possiamo pensare? Che i genitori sognassero un mondo elegante
che probabilmente non avevano mai conosciuto. Se due bambini, uno in Michigan e l’altro in
Texas, si chiamano ESPN come il canale televisivo sportivo, cosa dobbiamo concludere? Che
ai genitori piaceva lo sport (oppure piaceva a uno, e l’altro non ha saputo opporsi).
Certo, alcuni nomi vengono scelti solo perché suonano bene, o per mancanza di
fantasia. I genitori dei sei piccoli americani che si chiamano Courvoisier probabilmente hanno
ragionato davanti a un cognac (e al momento della decisione la bottiglia era vuota). Le
famiglie delle ventidue Infiniti e dei cinquantacinque Chevy forse si sono ispirati in garage, e
quelle dei sette Denim hanno trovato il nome nell’armadio. Ma i papà e le mamme dei
quarantanove Canon, cos’avevano per la testa? Pensavano che con un nome del genere i figli
sarebbero venuti meglio nelle foto? Cleveland Evans, un professore di psicologia presso la
Bellevue University in Nebraska, ha studiato i nomi degli americani per 25 anni, e sostiene
che anche quest’ultima moda - il nome di largo consumo - ha una spiegazione antica: alcuni
genitori vogliono che i figli si distinguano. Be’, se li chiamano L’Oreal o Timberland, accade
di sicuro.
E in Italia? Se lo scopo fosse quello di farsi notare, basterebbe il calendario (in
febbraio: Verdiana, Apollonia, Scolastica, Eulalia, Eleuterio, Policarpo, Eliberto, Claudiano,
Bisanzio). Oppure la televisione (l’antico Suellen, il nuovo Fedro). O il calcio (Alex!). O il
cinema. Mi hanno raccontato di un bambino che si chiama Matt (come Dillon): nome
impeccabile per definire la salute mentale dei genitori.
Invece, da sempre, esistono altri moventi. L’operaio romagnolo di nome Sciopero che
per i suoi tre figli ha scelto Scintilla, Ordigno e Avanti voleva scrivere una dichiarazione
politica, e ha approfittato dell’anagrafe. Leggo, nel sito della provincia di Rimini
(www.newsrimini.it ), che un sammarinese, appassionato di scienza, ha battezzato il
primogenito Atomo, mentre un idraulico di cognome Fontana per i due figli ha scelto
Vascadella e Zampillodi. Se voleva inserire i figli in azienda, c’erano modi meno cruenti.
Ma non occorre arrivare all’eccentricità. Anche chi chiama il figlio come un nonno o uno zio -
la maggioranza degli italiani, credo - manifesta un’aspirazione: continuare la tradizione di
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famiglia. Così si spiegano parecchi Manfredi, diverse Ginevra, alcuni Galeazzo. Ma non tutti.
La scelta di certi nomi è diventata un tentativo di scalata sociale. Maldestro: perché non si
capisce bene cosa ci sia da scalare; perché la via è troppo battuta; e perché non viene
interpellato lo scalatore (la vita è già abbastanza complicata senza chiamarsi Alviero).
Attenzione, quindi, italici genitori. I nomi di battesimo sono come i biglietti da visita, le
partecipazioni di matrimonio e i capelli degli uomini: evitare di fare gli spiritosi. Meglio
andar sul classico e sull’essenziale (un nome basta e avanza: eviterete discussioni con uffici
pubblici e notai). Ogni sovrabbondanza, stranezza e florilegio rivela qualcosa di voi. E spesso
non è quello che volete raccontare.
(Beppe Severgnini, www.corriere.it/severgnini Italians, 2003)
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«Serve anche a rinfrescare la pelle» Noi e l’acqua, ora si beve camminando Arrivano le «bottigliette da borsetta»
Sempre più piccole e dalla forma ricercata. «Il simbolo di un nuovo stile di vita».
Madonna ne beve una che promette di «ripulire l’anima» e che si chiama «acqua di
montagna Kabbalah»: tre euro a bottiglietta (da mezzo litro), che fa arrivare direttamente dalle
montagne dell’Ontario. Sembra che non esca di casa senza averne almeno una in borsa. Non è
l’unica. Tempo fa, Richard Gere raccontava di aver detto addio ad alcolici e bibite per
purificarsi solo con acqua. Normale quindi vederlo oggi con in mano una bottiglietta di
plastica più che con un drink. E anche la star di «Friends», e ormai ex moglie di Brad Pitt,
Jennifer Aniston fece la cura dell’acqua per dimagrire: 14 chili in meno solo bevendo
minerale. Negli Stati Uniti la bottiglietta di plastica che spunta dalla borsa non è più una
novità. Se prima era un vezzo solo di modelle o sportivi di corsa in Central Park, oggi non c’è
attore, cantante o starlette che non ostenti nel borsone o tra le mani una bottiglietta da mezzo
litro di acqua, se poi è di design è anche meglio. Tanto basta per diventare una moda. Al di là
dell’oceano, con il rapper Puff Daddy che ostenta la sua bottiglia di Fiji water avvolta da fiori
esotici. Ma anche al di qua dell’Atlantico, con la top model Kate Moss che beve acqua Evian
nella confezione a forma di goccia.
In Italia, c’è Sabrina Ferilli che di minerali in borsa ne porta addirittura due, «una per
bere, l’altra con vaporizzatore per rinfrescare la pelle». È il nuovo fenomeno: la bottiglietta da
borsetta. Già al primo posto mondiale con dieci miliardi di litri imbottigliati ogni anno e un
consumo pro capite di 182 litri, solo nel 2004 sono stati venduti in Italia oltre 900 milioni di
bottiglie d’acqua da mezzo litro, cioè la confezione più piccola, quella che sta ovunque, in
borsa come nella tasca di un cappotto. Un mercato sempre più in espansione, tanto che
designer e stilisti si divertono a immaginare bottiglie di nuove forme e materiali per rendere la
minerale da borsa più vezzosa e maneggevole. Un fermento innovativo celebrato ieri anche
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dalla prima pagina del Wall Street Journal che scriveva: «Gli italiani sono i maggiori
consumatori di acqua, ma non a passeggio». Ed ecco allora che le aziende (in pole position la
Nestlé), si sono date da fare per riuscire a vendere anche lì: fra i camminatori.
Lo dice anche Ettore Fortuna, il presidente di Mineracqua, la federazione dei
produttori di acqua minerali: «Il consumo da passeggio è in crescita: ormai la minerale è una
moda, in giro si vedono sempre più persone, soprattutto donne, con il mezzo litro in mano».
In palestra, negli uffici, ma anche semplicemente per strada, in metrò o nelle stazioni
ferroviarie dove si stanno diffondendo sempre più gli acqua store , punti vendita con piccole
minerali da tutto il mondo. «Per gli italiani - continua Fortuna -, l’acqua non si consuma più
solo nelle stagioni calde, ma durante tutto l’anno e sempre più fuori dai pasti». E le aziende,
naturalmente, cavalcano il fenomeno. Tempo fa un produttore fece disegnare ad alcuni stilisti
una bottiglia per «acqua-à-porter», da borsetta, proprio come le modelle. Da poco è stata
lanciata anche una confezione piccola e rotondetta, sembra una borraccia, con il nuovo tappo
a «ciuccio»: l’acqua esce solo premendo la «pancia», senza rischio «alluvione» in borsa.
Tutto perché, riflette ancora Fortuna, «anche in Italia l’acqua non è più solo un prodotto per
togliere la sete, ma uno strumento di benessere, il simbolo di uno stile di vita, come a dire "io
sto attento alla mia salute"». La pensa così l’attrice Isabella Ferrari, «da sempre ne bevo molta
perché fa bene, con me ne ho sempre una bottiglia da mezzo litro». Anche la presentatrice e
«turista per caso» Syusy Blady si porta dietro la sua, «ne tengo una in macchina, ma la
riempio alle fontanelle, perché spesso l’acqua del rubinetto è più buona». La «iena» Victoria
Cabello invece confessa: «Potrei stare una giornata intera senza bere, ma sono stata male e ora
ho imparato ad avere sempre una bottiglia in borsa». Ride, «il punto è che proprio non mi
piace il sapore dell’acqua... perciò l’allungo, magari con del tè verde».
Beve acqua anche l’ex miss Italia e attuale signorina del meteo del Tg4 Eleonora
Pedron, «in palestra non posso farne a meno», ma si dice «più attenta alle proprietà - leggo
sempre le etichette - che alla confezione». Per molti «bevitori» invece «l’abito» è importante.
Gran parte del successo dell’acqua gallese Ty Nant, ad esempio, si deve al suo design: tra
artisti e fashion-victim la sinuosa bottiglia blu elettrico è diventata un oggetto di culto, tanto
che ora è nata una versione rosso fuoco. «È l’unica bottiglia colorata che mi piace - ammette
la Cabello -, mi divertono i diversi packaging della minerale, ma odio le bottiglie rosa o verdi,
sembrano bagni schiuma!, Meglio le trasparenti, tanto poi le coloro io».
(Claudia Voltattorni, Corriere della Sera, 26/05/05)
Nel 2003 il sorpasso dei pc nelle vendite. Siamo usciti dall’infanzia informatica
Ormai si vendono più computer che televisori. Nel 2003, 3.658.000 contro 3.529.000.
Lo ha annunciato soddisfatto il ministro Stanca. Questo non fa dell'Italia un Paese che
rinuncia alla tv (in questo caso sarebbe soddisfatto il ministro, ma preoccupato il presidente
del Consiglio). Ma il dato dimostra che stiamo uscendo dalla pubertà informatica: comincia,
finalmente, la gioventù. Nel 1996, tra Usa e Canada, gli utenti Internet erano 37 milioni. In
Italia, centomila. Solo undici famiglie su cento avevano in casa un computer. A Milano -
ricordo con orrore - c'era chi si faceva bello a cena citando le dimensioni del proprio disco
rigido. Chi lo facesse oggi si sentirebbe stupido, come se descrivesse il diametro del cestello
della lavatrice.
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Sembra passato un secolo, ma sono trascorsi solo otto anni. I bambini del XX secolo
sono diventati adolescenti del XXI: all’alfabetizzazione informatica della nazione hanno
pensato loro. Sono anche previsti - e finanziati, particolare importante, perché di soldi il
ministero dell’Innovazione finora ne ha visti pochi - centri di formazione nelle biblioteche;
accessi pubblici a internet; e corsi di formazione per l’uso dell’informatica nella didattica.
Questa, tra tutte, sembra la necessità più urgente.
Perché lo spettacolo di certi insegnanti delle medie, costretti a elemosinare
informazioni tra gli allievi, è francamente penoso. Certo, il sorpasso del computer sul
televisore dimostra la velocità di chi supera, ma anche la lentezza di chi viene superato. Il
mercato dei televisori sembra saturo: ormai spuntano apparecchi in soggiorno, in camera, in
cucina (resiste il bagno: ma per poco). Le uniche novità, agli occhi del consumatore,
sembrano essere i grandi schermi al plasma: ma non sempre ci stanno (nei salotti e nei budget
degli italiani). I computer invece hanno prezzi che scendono e prestazioni che salgono. La
tentazione di cambiar macchina, quindi, è forte; anche perché, a differenza dell’altra con le
ruote, non è difficile parcheggiarla.
Che dire? La famiglia italiana va ad appuntare un’altra medaglia al gonfalone. Un
tempo era ospizio, infermeria e confessionale. Poi è diventata albergo, ristorante e lavanderia.
Oggi è consultorio, tavola calda, residence, assicurazione e banca (con un vantaggio: non
cerca di piazzare bond, ma offre aiuto quando serve).
Domani - un domani molto vicino - la famiglia sarà anche una sofisticata stazione
tecnologica. Un centro di controllo e raccolta delle informazioni. Mi sembra di vederlo, il
sorriso di certe nonne, mentre finiscono quest’articolo e accarezzano il mouse.
(Beppe SEVERGNINI www.corriere.it/severgnini , 12/02/04)
Gabbie ampie, diete e divieto di fumo: nuove regole per il benessere degli animali
Tutela della maternità anche allo zoo, con sale parto e nursery dedicate alle femmine e ai loro
cuccioli. E’ una delle novità previste dal decreto del Ministero dell’Ambiente che ha ricevuto
ieri il primo via libera da parte del Consiglio dei ministri. Sulla carta si tratta di una vera
rivoluzione: il «benessere animale» balza al primo posto, lo «spettacolo» viene dopo. Vietato
dunque far assumere agli animali «atteggiamenti innaturali a beneficio del pubblico», vietato
abbandonarli al loro destino quando gli affari cominciano ad andare male. Dentro il recinto
tutto dovrà essere studiato per far vivere decentemente gli «ospiti». Sale parto e nursery,
dunque, per salvaguardare la biodiversità e «allevare i cuccioli evitando ogni situazione di
stress o sofferenza». Diete personalizzate, «con cibi e bevande che devono rispondere, sia dal
punto di vista nutritivo che quantitativo, alle esigenze di ogni singola specie»; esercizio fisico,
che vuol dire gabbie e vasche più ampie, areate, pulite, «arredate» con rami, tane, nidi, piante
per ricreare l’habitat naturale degli animali, o almeno provarci. Ultimo: niente fumo vicino ai
recinti e durante la fase di preparazione del cibo. Zoo «a cinque stelle»: questo l’intento.
Anche se non sarà facile, vista la realtà di partenza. «Vanno bene le norme che migliorano il
benessere nei giardini zoologici, ma chi ama gli animali spera nella chiusura definitiva di ogni
forma di carcere, seppure autorizzato dal ministero», commentano scettici Lega
antivivisezione e Enpa.
Accanto alle norme che impongono una cura più attenta degli animali - comprensive di check-
up veterinari per diagnosticare i disturbi da stress -, il testo prevede una seconda parte
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dedicata ai vincoli burocratici per chi gestisce i parchi. Obbligo dunque di «licenza»
(concessa dal ministero dell’Ambiente e revocabile se vengono rilevate carenze strutturali)
per il titolare dello zoo. Obbligo di sottoscrizione di una garanzia finanziaria che assicuri il
mantenimento degli animali o il loro trasferimento ad altra struttura, in caso di chiusura del
giardino. Infine, creazione di un registro dei giardini zoologici.
Ora il testo del decreto - che riprende principi contenuti in una direttiva europea del 1999 -
passa all’esame delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato. «Finalmente abbiamo
introdotto una disciplina organica in materia di giardini zoologici», è il commento del
ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli. Ma dalla teoria alla pratica la strada sembra tutta in
salita. Ambientalisti e ministero non si trovano d’accordo neppure sul numero dei parchi
faunistici esistenti in Italia: 57 per il ministero, il doppio per la Lav. Duro anche il Wwf:
«Possiamo tollerare solo gli zoo che rispondano a rigidi criteri, che non ci sembra siano stati
recepiti nel decreto».
(R.I. , Corriere della Sera, 30/04/04)
4. INVENZIONI
Un bell’equivoco si aggira nel nostro senso comune: che le tecnologie siano figlie lineari della
scoperte scientifiche e che esse «impattino» in maniera diretta sulle nostre vite, singole e
collettive, determinando modifiche immediate. Le cose non vanno esattamente così e spesso
capita addirittura il contrario. Esistono infatti scoperte della scienza che per una infinità di
motivi non diventano mai tecnologia quotidiana, o lo diventano in misura insignificante
rispetto alle loro potenzialità. È il caso per esempio dell’olografia, geniale sistema per
trasmettere tutta l’informazione tridimensionale in un oggetto visuale (un ologramma) che da
ogni angolo di vista apparirà diverso: escogitata dall’ungherese Dennis Gabor nel 1948,
premiato con il Nobel nel 1971, la si usa solo nei loghi delle carte di credito, ma avrebbe ben
altre positive possibilità. Anche i tempi di introduzione sul mercato delle scoperte non sono
determinati né facilmente prevedibili: se il transistor si infilò da subito nelle radio portatili,
poi miniaturizzandosi a dismisura nei chip dei computer, la cosiddetta rivoluzione internet che
ora stiamo vivendo impiegò 25 anni a dispiegarsi pienamente (1969-’94) così come ne
servirono 15 all’umile ma geniale mouse per essere adottato nei personal computer (Apple
Macintosh, 1984).
Due comunque sono i fenomeni socialmente più interessanti nell’incrocio tra le tecnologie e
la vita quotidiana: gli oggetti e scoperte che hanno cambiato il mondo senza che nessuno lo
prevedesse, nemmeno i suoi inventori, e il peso che i comportamenti collettivi hanno nel
determinare, talora misteriosamente, il successo o la crisi di alcuni di loro.
Nel primo filone il pensiero corre ad umili oggetti e tecniche che ci appaiono così ovvii da
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non dedicare più loro l’attenzione e l’applauso che si meritano: la penna a sfera, la lametta dei
rasoi, il nylon delle calze, la cerniera lampo e il nastro adesivo sono i più rilevanti, che ci
portiamo addosso o che usiamo tutti i giorni senza riflettere sulla loro utilità e persino
bellezza. Sono «cose» di tale universale successo che quasi ci si dimentica che i loro nomi
sono sovente di persone o di aziende, poi diluitisi in parole d’uso generico: Bic come
l’omonimo barone della penna, ma anche «biro» come il giornalista ungherese Laszlo Biro
che la realizzò nel 1938, il rasoio di sicurezza brevettato nel 1903 da King Camp Gillette, lo
Zip, il Velcro e lo Scotch, nastro gommoso della 3M, cui si deve anche il Post-it, marchio
tanto registrato quanto ormai parola comune. Il successo delle tecnologie è sempre
rispecchiato dalle parole che generano, come quando l’espressione latina facies simile si fa
verbo «faxare» o quando si comincia a dire «faccio un Google».
E poi ci sono gli usi deviati: le bombolette spray contenenti smalti colorati vennero
commercializzate per pitturare porte e armadietti del bagno, ma oggi vengono usate
specialmente per decorare (o deturpare) muri di città e carrozze ferroviarie: nascono dunque
«utili» e vengono piegate a un uso comunicativo all’interno di linguaggi di gruppo giovanili.
Viceversa il videotelefono, proposto al mercato dalla At&t nel 1974, non ha mai avuto
successo. Solo perché era assai rudimentale? O non anche perché ci piace di più parlare a
voce senza far vedere dove siamo e che espressioni facciamo? Malgrado le speranze degli
operatori di telefonia mobile, sembra che la videotelefonata, oggi così facile e possibile, non
stia dilagando: ostinatamente la gran parte di noi telefonatori continua a usare il cellulare per
parlare a distanza (80 per cento del traffico) e per scrivere messaggini (15 per cento).
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XI. TEMI
1. Un imprevisto non ti permette di andare a prendere una tua amica alla stazione.
Scrivi un biglietto al tuo compagno/alla tua compagna di appartamento e
pregalo/la di andare a prendere la tua amica. Dai informazioni su come
riconoscerla e dove incontrarla.
2. La tua amica/il tuo amico del cuore si trasferisce all’estero. Scrivile/gli una lettera
in cui le/gli spieghi quanto ti manchi e come sono cambiate le tue abitu dini da
quando è partita/o.
3. Hai trascorso un bel fine settimana a casa di amici. Scrivi una lettera di
ringraziamento nella quale ricordi i momenti passati insieme.
4. Decidi di frequentare un corso estivo di italiano a Firenze. Vuoi chiedere a un tuo
amico di accompagnarti. Scrivigli una lettera in cui gli proponi di venire con te.
5. Inventa una storia che abbia questo finale : « Dopo tante peripezie, almeno era
riuscito a giungere in Italia ».
6. Quali sono i tuoi passatempi preferiti? Raccontalo al tuo nuovo amico/alla tua
nuova amica.
7. Quest’estate ti piacerebbe recarti a Roma per visitare la città e per andare a trovare
alcuni amici che da molto tempo non vedi. Non hai molti soldi e quindi decidi di
andarvi in auto e di dividere le spese con altri due amici che si sono offerti di
partire con te. Scrivi una lettera ai tuoi genitori nella quale racconti il viaggio
(qualche contrattempo c’è stato) e ciò che hai fatto i primi giorni nella città eterna.
Scrivi una lettera anche ai tuoi amici romani per ringraziarli dell’ospitalità e della
loro disponibilità. Ogni lettera deve contenere almeno due congiuntivi, due
condizionali e due futuri.
8. Hai intervistato alcuni amici sui loro gusti in fatto di letture. Scrivi un breve
riassunto delle risposte che ti hanno dato. I tuoi amici hanno risposto alle seguenti
domande : Ti piace leggere ? ; Che cosa leggi ? ; Qual è il primo libro che hai
letto ? ; Che tipo di libri preferisci ? ; Ti piacerebbe scrivere ?
9. Un tuo amico ti chiede di passare tre mesi in Italia con lui. Scrivi ai tuoi genitori,
che si trovano lontani da casa per lavoro, e chiedi loro il permesso di partire,
spiegando quali potrebbero essere i benefici di questa permanenza in Italia per voi
e per i vostri studi.
10. Domenica non sei potuto andare al cinema con il solito gruppo di amici. I tuoi
genitori, con tuo gran dispiacere, ti hanno chiesto di andare con loro a trovare dei
parenti venuti apposta dal Canada a trovarvi. Scrivi una lettera a un
amico/un’amica per spiegargli/le le ragioni della vostra assenza.
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1. INDICE
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5. Esercizi ............................................................................................................................... 34
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1.4. Natale con i tuoi ... Pasqua con chi vuoi ............................................................................. 297
2. Parliamo insieme............................................................................................................... 298
2.1. I figli di Babbo Natale .......................................................................................................... 298
3. Alla scoperta della lingua italiana ...................................................................................... 300
3.1. I Connettivi testuali............................................................................................................. 300
XX. UnitÀ 10: Cosa bolle in pentola? .............................................................................. 301
1. Leggi e comprendi ............................................................................................................. 301
1.1. I pasti degli italiani .............................................................................................................. 301
2. Parliamo insieme............................................................................................................... 302
2.1. Sono un buongustaio? Mi piace ... ..................................................................................... 302
2.2. Gli ingredienti per una buona pizza .................................................................................... 305
2.3. La pizza fatta in casa ........................................................................................................... 306
2.4. Approfondimenti : storia della tradizione culinaria italiana ........................................ 307
3. Alla scoperta della lingua italiana ...................................................................................... 312
3.1. L’imperativo ........................................................................................................................ 312
XXI. UnitÀ 11 : affari di famiglia ..................................................................................... 313
1. leggi e comprendi .............................................................................................................. 313
1.1. L’avventura di due sposi ..................................................................................................... 313
2. Parliamo insieme............................................................................................................... 316
2.1. La famiglia ........................................................................................................................... 316
2.2. Approfondimenti: Figli, amore e tradimenti ...................................................................... 318
3. Alla scoperta della lingua italiana ...................................................................................... 321
3.1. Gli aggettivi possessivi con i nomi di parentela .................................................................. 321
3.2. I connettivi (2a parte) ......................................................................................................... 322
XXII. UnitÀ 12 : l’abito non fa il monaco......................................................................... 323
1. Leggi e comprendi ............................................................................................................. 323
1.1. Shopping, fibre, abbigliamento e tessuti: le tendenze degli italiani... ............................... 323
1.2. Reuters: Pierre Cardin, vestiti moderni impossibili da indossare ...................................... 325
1.3. In passerella vestite solo di cioccolato ......................................................................... 326
2. Parliamo insieme............................................................................................................... 327
2.1. Cosa ne pensi della moda? ................................................................................................. 327
2.2. Approfondimenti: storia della moda .................................................................................. 330
3. Alla scoperta della lingua italiana ...................................................................................... 333
3.1. Condizionale presente ........................................................................................................ 333
3.2. Congiuntivo presente ......................................................................................................... 333
3.3. Congiuntivo imperfetto ...................................................................................................... 334
XXIII. UnitÀ 13: vacanze a modo mio ............................................................................. 335
1. leggi e comprendi .............................................................................................................. 335
1.1. Finalmente in ferie .............................................................................................................. 336
2. Parliamo insieme............................................................................................................... 339
2.1. Progetti di vacanze ............................................................................................................. 339
2.2. Approfondimenti: scrivere una lettera di reclamo ............................................................. 349
3. Alla scoperta della lingua italiana ...................................................................................... 350
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LONDRA — Un quarto dei britannici è obeso e le proiezioni dicono che entro il 2050 nove
adulti su dieci e tre quarti dei bambini del Regno Unito saranno patologicamente sovrappeso.
Per invertire la tendenza il governo sta sfornando (sfornare: proposer) una serie
impressionante di idee creative: dai corsi di cucina per i bambini delle elementari al rifiuto di
cure a carico del servizio sanitario nazionale per i troppo grassi, all'assegnazione di premi a
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chi dimagrisce (quest'ultimo non è uno scherzo, sono stati messi in bilancio premi e incentivi
per 75 milioni di sterline).
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6. La “slim city” deve avere quartieri senza piste ciclabili per lasciare più posto
alle auto
7. Per dimagrire è sufficiente fare attività fisica solo una volta alla settimana
8. Oslo è una “città magra”
9. Solo i norvegesi mangiano bene
10. I londinesi hanno cominciato a usare di più la bicicletta
Non basta dire birra. Serve il bicchiere giusto, una schiuma alta due dita e ben
compatta, una spillatura in due fasi. E ci sono regole precise per la temperatura, le
caratteristiche del vetro, la conservazione. Tanto da meritare una vera e propria Carta del
servizio. E i Jeunes restaurateurs d’Europe l’hanno ufficialmente adottata facendo fare un
altro passo in avanti alla loro collaborazione con Assobirra.
I giovani chef più creativi, riuniti nella prestigiosa associazione, ormai da qualche
anno hanno infatti scelto di portare la cultura della birra nell’alta ristorazione. Il primo passo è
stato l’adozione della Carta delle birre, poi la sperimentazione di nuovi abbinamenti, come
quello con il pesce e con i crudi di tendenza.
Quest’anno anche qui fanno un passo avanti in collaborazione con Negroni e
propongono l’abbinamento gourmet con il Culatello di Zibello. La birra dunque al posto delle
bollicine o del più tradizionale Lambrusco, puntando sulle tipologie più quotidiane, ovvero
lager e pils che rappresentano l’80% dei consumi.
La birra – spinta dall’alleanza di Assobirra con i giovani chef e con aziende leader
della gastronomia – conquista insomma sempre più spazio nei ristoranti. Tanto che anche le
guide gastronomiche, a cominciare dall’Espresso, hanno iniziato a segnalare i locali che
hanno una specifica carta. E almeno 4 grandi ristoranti su 10, secondo un’indagine di
Assobirra, oggi ce l’hanno. Ma anche la birra provando a farsi grande e competere con il vino
vuole le sue regole di servizio, richiede una cultura e una preparazione magari meno
sofisticata ma comunque forte.
E allora ecco appunto la Carta della birra – presentata in occasione del Congresso
europeo dei Jeunes restaurateurs in programma a Firenze dal 15 al 17 marzo – costruita
intorno a sette regole.
Punto uno, la schiuma: deve essere alta due dita e ben compatta, così da esaltare gli
aromi e proteggerla dall’ossidazione. Perché si crei in modo adeguato è indispensabile spillare
la birra in due fasi: prima versandola lentamente, tenendo il bicchiere leggermente inclinato,
poi, dopo averlo raddrizzato, più velocemente.
Eccoci al bicchiere. La Carta del servizio sfata il “mito” del boccale buono per ogni
occasione. In verità, ogni birra avrebbe bisogno del suo bicchiere. Se però si ricorre al boccale
è fondamentale che sia in vetro, sempre pulito e eventualmente bagnato con acqua fredda, per
abbassarne la temperatura e favorire la formazione e la tenuta della schiuma.
La temperatura è appunto l’altra condizione importante: la classica “chiara”
(soprattutto Lager e Pils) va servita a temperatura di frigorifero, tra i 3 ed i 6 gradi. Più una
birra è corposa e alcolica, più sale la temperatura a cui berla.
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Infine, le regole per conservarla: la birra, va tenuta in luogo fresco e al riparo dalla
luce, evitando l’umidità delle cantine. E, a differenza del vino, va bevuta “giovane”, perché
più è fresca, più mantiene integri sapore e gusto.
(15 marzo 2009)
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(http://guide.supereva.it/italiano/interventi/2002/07/113071.shtml)
Eravamo il primo Paese ad attirare stranieri. Oggi siamo precipitati al quinto posto
Diceva lo scrittore Henry Miller che la destinazione di un viaggio «non è mai una
località ma piuttosto un modo di vedere le cose». Ecco, come modo di vedere le cose, l'Italia
non piace più come una volta. Nel 1970 eravamo il primo Paese al mondo per numero di
turisti stranieri. Da molti anni siamo ormai scivolati al quinto posto, dietro Francia, Spagna,
Stati Uniti e Cina. E nel 2020, secondo le previsioni dell'Organizzazione mondiale del
turismo, perderemo altre due posizioni, finendo dietro anche a Gran Bretagna e Hong Kong.
Un declino che sembra inarrestabile ..., dà lavoro a due milioni di persone e muove ogni anno
90 miliardi di euro. Non è solo una questione di orgoglio nazionale, dunque. Ma un serio
problema economico che in tempo di crisi potrebbe avere conseguenze devastanti. Perché
stiamo scivolando indietro? In parte, ma solo in parte, non dipende da noi. È tutta l'Europa ad
essere in declino: negli anni '80 copriva i 2/3 delle destinazioni mondiali fra una decina di
anni scenderà al 40 per cento.
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... Altra mancanza ... è la scarsa attenzione a settori specifici che in tempo di crisi
possono garantire la sopravvivenza, come il low cost e i giovani. In Italia praticamente non
esistono i cosiddetti budget hotel, le catene con servizi spartani e tariffe contenute, che vanno
forte in Francia e Spagna. Così come sono una rarità gli ostelli della gioventù, che magari non
porteranno soldi a palate ma formano i viaggiatori di domani, quei ragazzotti che oggi girano
con lo zaino in spalla e tra qualche anno potrebbero tornare con moglie, figli, e un portafoglio
pieno di carte di credito. Siamo indietro, dunque. ...
Lo studio sottolinea come l'Italia spenda per la promozione più o meno la stessa cifra
degli altri Paesi del Vecchio continente: 160 milioni di euro l'anno contro i 180 della Francia e
170 della Spagna. Solo che più della metà di questa somma viene assorbita dagli stipendi e
dalle consulenze delle strutture che di questo si occupano. Così come manca, sempre secondo
la ricerca, un coordinamento reale che promuova il marchio Italia, magari unendo gli sforzi di
città d'arte, mare e montagna che oggi corrono ognuno per conto proprio e invece potrebbero
finire facilmente nelle stesse campagne e negli stessi pacchetti...
(Lorenzo Salvia, Corriere della Sera, 8 febbraio 2009)
1. L’Italia non è più la meta preferita dei turisti provenienti da altri paesi
2. Tra circa una decina di anni più turisti andranno in Gran Bretagna che in Italia
3. I turisti continuano a preferire le vacanze culturali, ma non in Europa
4. Le strutture alberghiere italiane sono le migliori del vecchio continente
5. L’industria turistica italiana usa soprattutto Internet per rifarsi dei turisti perduti
6. Il turismo giovanile dovrebbe essere preso più in considerazione dagli operatori
italiani del settore
7. La promozione è un fattore importante del mercato del turismo
8. I prezzi degli alloggi sono piuttosto bassi in Italia
9. Alcune località turistiche italiane si sono messe insieme per promuovere il turismo
nella loro regione
10. Il futuro del turismo in Italia non sembra molto roseo
e) Il futuro? Discografico o attore i giovani confusi sul lavoro (di Federico PACE)
Smarriti, concentrati sul presente e insistentemente ingenui. Ai giovani non piace il mestiere
di insegnante o di magistrato e vagamente ipotizzano un futuro da manager discografico o da
attrice. Ma per lo più, quando si tratta di parlare di mestieri, professioni o di occupazione
futura, hanno difficoltà a mettere a fuoco quello a cui tengono davvero.
Secondo i dati dell'indagine realizzata dall'Istituto Cattaneo, che ha interrogato un campione
di 4 mila e 500 studenti delle scuole medie superiori, arriva al 42% la quota di ragazzi e
ragazze che non ha alcuna idea precisa di quello che sarà il loro lavoro. Tra loro sono
soprattutto le ragazze a non avere le idee chiare (48 per cento) mentre i ragazzi (36 %)
sembrano meno indecisi. Sono invece gli studenti degli istituti tecnici e professionali (oltre il
65%) ad avere un'idea dettagliata di quello che li aspetta fuori dalle aule scolastiche.
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Disincanto. A destare qualche preoccupazione sono le aspettative degli studenti degli istituti
tecnici e professionali che rappresentano il 56% degli alunni della scuola secondaria. Pochi di
loro infatti credono alla possibilità di autorealizzarsi e per lo più pensano che a determinare o
meno il successo di una ricerca di lavoro siano soprattutto i contatti giusti o la fortuna.
Quello che conta. Quando si pensa al lavoro, quando ci si riesce, per la gran parte degli
studenti in vetta alle priorità c'è la sicurezza del posto del lavoro, la possibilità di far carriera e
i buoni rapporti con i superiori. In particolare sono gli uomini a sembrare più legati agli
aspetti retributivi. L'autorealizzazione compare ai primi posti degli aspetti importanti per la
futura attività lavorativa solo per i liceali (ovvero circa il 31 per cento degli studenti).
Il mestiere più desiderato. Più si scende nel dettaglio e più i due milioni e mezzo di giovani
seduti dietro ai banchi di scuola provano una certa insofferenza. Come se provassero distacco
da un mondo come quello del lavoro oggi meno capace di sedurre e stimolare le loro migliori
qualità. Per loro diventa più facile dire quello che intendono rifiutare che individuare quello
che desiderano in cuor loro. Quelli che si salvano agli occhi degli studenti sono i mestieri
dell'industria culturale: in testa alla classifica troviamo il produttore discografico seguito
dall'attore o attrice di teatro e cinema e il regista televisivo.
Sorprende in qualche modo la valutazione negativa fatta dai giovani nei confronti di
professioni caratterizzate da consolidata stima sociale nel mondo degli adulti come
l'ingegnere, l'agente di borsa, l'assicuratore o il pilota d'aereo.
Meriterebbero qualche riflessione anche le scarse simpatie riscontrate per quelle figure che
rimandano all'area dell'amministrazione pubblica come il magistrato (solo 4,3 come voto di
desiderabilità) o il funzionario comunale (3,8).
Questioni di genere. Tra i mestieri preferiti dalle donne spiccano la stilista di moda, la
direttrice di villaggio turistico e l'interprete di lingue straniere presso l'Onu. Più tecnologici e
pragmatici sembrano i sogni professionali dei ragazzi che invece preferiscono l'esperto di
grafica computerizzata (primo posto con 6,2), il progettista di siti internet (secondo posto con
6,2) e ingegnere nelle telecomunicazioni (settimo posto con 5,6).
(La Repubblica 15 novembre 2005)
a. Circa il 60% degli studenti delle scuole medie superiori hanno le idee chiare sul loro
futuro professionale.
VERO □ FALSO □
b. L’insegnamento fa parte delle professioni più amate dai giovani.
VERO □ FALSO □
c. Le ragazze sono più indecise dei ragazzi riguardo al loro mestiere futuro.
VERO □ FALSO □
d. Gli studenti degli istituti tecnici e professionali conoscono bene le varie possibilità
professionali che offre il mercato.
VERO □ FALSO □
e. La sicurezza del posto di lavoro non fa parte delle priorità degli studenti.
VERO □ FALSO □
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f. Per gli studenti degli istituti tecnici e professionali la fortuna è una componente
importante nella ricerca di un lavoro.
VERO □ FALSO □
g. Le ragazze danno importanza soprattutto allo stipendio (le salaire).
VERO □ FALSO □
h. Giovani e adulti mostrano di avere la stessa visione delle diverse professioni.
VERO □ FALSO □
i. Ai giovani piacerebbe diventare funzionari comunali per avere un posto sicuro.
VERO □ FALSO □
l. Insegnare le lingue straniere è tra le professioni preferite dalle ragazze.
VERO □ FALSO □
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XII. RACCONTA
1.
Un’agenzia turistica cerca un animatore/un’animatrice per un nuovo villaggio turistico in
Toscana. Decidete di inviare la vostra candidatura per il posto. Scrivete una lettera al
direttore nella quale spiegate:
2.
Un tuo amico straniero che non vedi da tanto tempo, conosciuto quando hai frequentato il
corso di italiano a Roma, viene a trovarti. La sera del suo arrivo decidi di portarlo in un
ristorante italiano per ricordare i vecchi tempi. Ma... mentre state parlando succede qualcosa
di strano.
• Descrivi brevemente il tuo amico (fisico, carattere, ...)
• Descrivi il ristorante in cui mangiate
• Scrivi un dialogo nel quale ricordate i vecchi tempi, parlate del vostro lavoro e delle
vostre famiglie.
3.
Ti piace la birra? Quali sono le tue bevande preferite? Racconta a un amico quali sono i tuoi
gusti culinari
• Scrivi un dialogo nel quale tu e il tuo amico parlate delle vostre vacanze e delle vostre
scoperte gastronomiche
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4.
Come si mangiava nel tuo paese? Come si mangia adesso?
5.
La vostra famiglia ha deciso di cambiare casa. La redazione deve contenere:
- Un’introduzione contenente le informazioni seguenti:
I. la descrizione della casa in cui abitate
attualmente
II. la descrizione dei membri della vostra famiglia
(almeno tre persone di sesso diverso da
definire con almeno tre aggettivi ciascuno
riguardanti l’aspetto fisico, il carattere, la
professione. (Scrivete almeno 100 parole)
- Un breve dialogo con l’agente immobiliare (Scrivete almeno 100 parole)
- Un dialogo tra i membri della vostra famiglia sulle caratteristiche della vostra nuova
casa (Scrivete almeno 100 parole)
La redazione e il dialogo devono contenere almeno due verbi al passato prossimo, due
al futuro, due all’imperfetto, due all’imperativo e due al condizionale (facoltativi i
verbi al condizionale).
Alcuni suggerimenti: un appartamento, una villa, le stanze, un prestito (prêt), l’affitto (loyer),
il giardino, vicino a/lontano da ... (in centro città, in campagna, in periferia, ...), nuovo,
vecchio, grande, piccolo, i vicini di casa, il traffico, il rumore (bruit), mi piacerebbe una casa
con ..., mi dispiace ma ...
6.
Quest’anno avete deciso che lavorerete durante i mesi estivi. Trovate un annuncio interessante
per il posto di animatore per ragazzi dai 10 ai 12 anni. Scrivete una lettera di presentazione
per candidarvi al posto, descrivendo il vostro carattere e specificando le vostre disponibilità.
Nella lettera di presentazione devono comparire almeno 3 aggettivi riguardanti il vostro
carattere, 2 verbi al passato prossimo e 3 verbi al futuro.
7.
Degli amici italiani sono venuti a trovarvi a Bruxelles durante la vacanze di Pasqua.
Raccontate un viaggio/una gita che avete fatto insieme per fargli conoscere il vostro paese. Il
racconto deve contenere:
Un’introduzione contenente le informazioni seguenti: dove siete stati, con chi (almeno due
persone di sesso diverso da definire con almeno tre aggettivi ciascuno riguardanti l’aspetto
fisico, il carattere, la professione), per quanto tempo, dove avete alloggiato (le type de
logement), cosa avete fatto, cosa avete mangiato) se vi siete divertiti, cosa ne pensano i tuoi
amici dell’accoglienza degli abitanti, qualche imprevisto simpatico e ridicolo. (Scrivete
almeno 150 parole)
Un dialogo con gli amici sul viaggio appena fatto. (Scrivete almeno 150 parole)
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La redazione e il dialogo devono contenere almeno due verbi al passato prossimo, due al
futuro, due all’imperfetto, due all’imperativo e due al condizionale (facoltativi i verbi al
condizionale).
Alcuni suggerimenti (suggestions): mare, montagna, lago, campagna, gite culturali, visite a
monumenti storici, musei, gastronomia (pizza, pasta, verdura, frutta, vegetariano, ...)
abbigliamento, luoghi molto affollati (avec beaucoup de monde), luoghi poco frequentati,
immersione nella natura, ...; divertirsi (s’amuser), annoiarsi, stancarsi (se fatiguer), visitare la
città, prendere l’aereo, perdere il treno, fare la spesa, mangiare in albergo/pensione/casa
privata, scegliere il ristorante, leggere la guida turistica (le livre), seguire la guida (la
personne), orientarsi, specialità del luogo (birra, vino, piatti tipici), noleggiare un’auto,
affittare un appartamento/casa ...
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III. BIBLIOGRAFIA
SERIANNI Luca, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Torino, Utet,
2016 (1a edizione 1989)
Dizionario italiano Sabatini Coletti (vedi infra indicato con DISC), Firenze, Giunti, 1997
www.itg-rondani.it/dida/italiano/FONOLOGIA/14.htm
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6. Esercizi ........................................................................................................................... 34
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5. I pronomi riflessivi.......................................................................................................... 86
6. il pronome ‘ne’............................................................................................................... 87
6.1. ‘NE’ avverbio di luogo ...................................................................................................... 87
7. Il pronome ‘Ci’................................................................................................................ 88
7.1. Avverbio di luogo.............................................................................................................. 88
7.2. “Ci” + verbo essere (= esiste) ........................................................................................... 88
7.3. “Ci”: pronome dimostrativo con valore neutro ............................................................... 89
7.4. “Ci” con valore rafforzativo (uso pleonastico) ................................................................. 89
8. Forme accoppiate di pronomi atoni ................................................................................ 90
8.1. Pronome atono + “si” impersonale .................................................................................. 90
8.2. Pronome atono + “ci” avverbio di luogo .......................................................................... 91
8.3. Pronomi atoni complemento oggetto con i verbi servili ................................................. 91
8.4. I pronomi atoni (complemento di termine): posizione nella frase .................................. 92
8.5. L’ordine dei pronomi ........................................................................................................ 92
8.6. I pronomi possessivi ......................................................................................................... 94
8.7. I pronomi dimostrativi ...................................................................................................... 95
8.8. I pronomi indefiniti (aggettivi e pronomi)........................................................................ 97
8.9. i pronomi interrogativi ..................................................................................................... 98
8.10. Il pronome relativo « che » ............................................................................................ 101
9. Esercizi .......................................................................................................................... 102
9.1. Pronomi : forme atone (complemento oggetto) ........................................................... 102
9.2. I pronomi: forme atone (complemento di termine) ...................................................... 103
9.3. I pronomi: forme toniche ............................................................................................... 103
9.4. I pronomi: forme accoppiate di pronomi atoni ............................................................. 104
9.5. I verbi servili con i pronomi ............................................................................................ 104
9.6. Il pronome partitivo ‘ne’ ................................................................................................ 106
9.7. Ricapitoliamo .................................................................................................................. 106
9.8. Tradurre .......................................................................................................................... 110
V. LE PREPOSIZIONI ....................................................................................................... 114
1.1. Le preposizioni semplici e articolate .............................................................................. 114
2. Esercizi .......................................................................................................................... 122
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