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Disuguaglianze, povertà, precarietà, marginalità sociale

Milano è una città ricca, ma la ricchezza è concentrata nelle mani di alcuni ceti cittadini ed è quindi
distribuita in modo gravemente diseguale. E’ significativo che a Milano il 4 percento della
popolazione generi 1/3 di tutto il reddito denunciato mentre il 42 percento dei lavoratori
percepisce un reddito imponibile inferiore a 15mila euro annui. L’entità delle disuguaglianze
reddituali è misurata dall’indice della povertà relativa che evidenzia che il 17,3% delle famiglie
milanesi dispongono di un reddito che è meno della metà di quello medio, un dato ben superiore a
quello nazionale, pari al 11,1 per cento. Questo accade perché a Milano i consumi medi sono
elevati, e pertanto mentre per l’Italia la soglia della povertà relativa per un nucleo di due individui è
a 986 euro mensili, tale soglia per Milano è a 1.400 euro. C’è una linea che spacca la comunità
cittadina praticamente in due gruppi: chi vive in condizioni ben sotto la media, e chi vive in
condizioni in media e anche molto molto al di sopra della media. Le disuguaglianze reddituali sono
a Milano fra le più elevate del nostro paese.
Povertà e disuguaglianza sono due fenomeni non sempre sovrapponibili ma comunque connessi.
C’è un altro indice della povertà, quello della povertà assoluta, che evidenzia quanti si trovano a
vivere una situazione reddituale che non consente una vita umanamente accettabile. Gli indici su
Milano ci dicono che la quantità di persone e famiglie in condizione di povertà assoluta è
abbastanza contenuta, ma che la condizione reddituale di molte di queste famiglie è
particolarmente seria, perché comporta l’impossibilità ad approvvigionarsi dei beni essenziali. La
povertà economica sopratutto in questi casi si combina con altre dimensioni di deprivazione, con
esiti umanamente e socialmente drammatici, che in questi anni si moltiplicano e si aggravano.
La crisi economica e sociale sta infatti coinvolgendo in problemi occupazionali e reddituali molti
milanesi, determina così processi diffusi di impoverimento, produce situazioni di precarietà e poi di
grave povertà anche per individui e famiglie che erano autosufficienti. Sono spesso persone che
hanno perso un lavoro e che vengono via via a trovarsi in una situazione priva del supporto di
qualsiasi ammortizzatore sociale, Parecchi hanno un’età oltre i 40 anni, che rende più difficile un
reinserimento lavorativo, altri sono anche più anziani ma non hanno la capacità di concludere i
versamenti per aver diritto a una pensione. Molti hanno storie lavorative di contratti a progetto, o a
termine non rinnovati, o anche di partite IVA, e quindi sono privi di coperture previdenziali
significative. Sono nuovi poveri, ai quali il nostro Welfare non offre risposte appropriate.
Parte di essi finisce per percorrere anche i tragitti tradizionali della povertà e dell’emarginazione
sociale. Quando su famiglie con numerosi figli, o con sovraccarico di oneri di cura, o di etnia
marginalizzata (Rom), e con reddito inadeguato, o su situazioni di fragilità personale, o su persone
di recente provenienza migratoria, intervengono eventi quali la mancanza o la perdita del lavoro, o
della casa, la nascita di ulteriori figli, la malattia fisica o psichica, la rottura di rapporti di coppia o
familiari, l’instaurarsi di una dipendenza da sostanze, si rompono allora equilibri, talora già precari,
talora anche soddisfacenti, con conseguenti processi di disorientamento, isolamento,
impoverimento, difficoltà crescenti di conduzione di una vita umanamente dignitosa. Anziani soli,
madri sole con figli, adolescenti e giovani iin difficoltà e senza lavoro, immigrati, malati psichici,
disoccupati over 40, homeless, tossici, sono presenze ben diverse fra loro, ma tutte dolorose e
inquietanti, che interrogano la città e la sua amministrazione. I punti di ascolto della nostra città
concordano tutti nel dire che incontrano con molta maggior frequenza del passato situazioni di tale
gravità alle quali incontrano grande difficoltà ad offrire risposte e soprattutto prospettive di
emersione e reinserimento sociale.

Gli attuali interventi pubblici


I sostegni monetari per gli individui e le famiglie più fragili presenti sono diversi (contributi, buoni,
voucher etc), eterogenei quanto a criteri e soglie di accesso, categoriali, destinati cioè a soggetti
appartenenti a categorie definite dalla posizione occupazionale della persona di riferimento, dal
tipo di configurazione familiare o da altre caratteristiche ancora.
Accanto alle misure di carattere nazionale e regionale il Comune di Milano eroga sussidi economici
emergenziali per famiglie, sussidi per adulti in difficoltà, buoni sociali per anziani assistiti a
domicilio. Come la Regione Lombardia anche il Comune di Milano non brilla certo per impegno nel
contrasto alla povertà. Il risultato è un insieme disomogeneo e incoerente di interventi, promossi da
livelli di governo diversi, con preminenza del livello nazionale, in alcuni casi con sovrapposizioni e
ridondanze, in altri con drammatici vuoti di protezione.

Cosa intendiamo fare


Dalla gravità dei problemi e dalla inadeguatezza degli interventi ora delineati emergono
chiaramente alcune esigenze cui il sistema dei servizi comunali deve rispondere..
! Una prima esigenza è di riconoscimento e ascolto dei tanti che vivono condizioni di
precarietà, povertà, marginalità, che risultano poco visibili e che non vengono presi in
considerazione nelle politiche nazionali, regionali e locali. Questa prima esigenza deve
trovare risposta in funzioni di ascolto attivate in ogni centro di quartiere, affidate a qualificati
professionisti che sappiano dialogare, orientare e sostenere in prima istanza. Tali centri
ovviamente sono a bassa soglia e aperti a tutti coloro che si trovano in condizione di
disagio o anche solo che necessitano di informazioni sulle risposte a problemi sociali.
! Un’esigenza complementare è quella di promuovere reti di solidarietà e supporto
vicinale e volontario per ridurre l’isolamento delle persone in difficoltà, e di sostenere e
valorizzare le iniziative di sostegno, di attivazione delle risorse, di inserimento sociale e
lavorativo che esse cercassero di assumere, promuovendo anche l’imprendività e
l’autorganizzazione ad esempio in forme associate e cooperative.
! Il Comune deve dialogare con le iniziative di advocacy e tutela che si attivano per la difesa
e promozione dei diritti dei pover e degli emarginati e deve in particolare riconoscere
come attori sociali le organizzazioni in cui chi condivide una situazione di precarietà e di
povertà riuscisse ad organizzarsi.
! Il Comune deve anche prevenire il determinarsi di situazioni di precarietà e
disoccupazione ad esempio verificando le forme contrattuali e in particolare le
collaborazioni occasionali o a progetto che esso o le aziende comunali gestiscono, e se
possibile sostituendole con forme più adeguate, e vigilando sulla correttezza contrattuale e
il favore alla continuità lavorativa delle cooperative e delle aziende cui esso affida lo
svolgimento di attività di pubblico servizio.
! Alle disuguaglianze nel reddito, corrispondono delle disparità negli stili di vita, questo in
connessione al fatto che per le fasce più basse di reddito, i beni primari (casa ed
alimentazione) assorbono gran parte (se non la totalità) delle risorse disponibili. Occorre
allora rivedere i criteri d’accesso e di compartecipazione ai costi per i servizi sociali
ed educativi, i trasporti, la casa, i servizi pubblici, i servizi di cura. Ma ciò non basta: in
una città nella quale i luoghi di incontro “gratuiti” (come piazze etc.) praticamente sono un
bene raro diviene essenziale una politica inclusiva anche sulle attività di svago (in
primo luogo lo sport e la cultura, che non possono essere considerati beni elitari). La
possibilità di accedere ai centri sportivi o ad attività ludiche per i ragazzi figli di famiglie
disagiate, ma anche per quei giovani adulti appena entrati nel mondo del lavoro, diviene
veicolo di inclusione e coesione sociale.
! Una ultima ma fondamentale esigenza è di assicurare a tutti un reddito per vivere, per
vivere umanamente. Quel reddito minimo garantito che il nostro sistema di protezione
sociale nazionale non assicura, diversamente da quasi tutti i paesi europei. Una tale misura
ridurrebbe molti dei problemi delle persone e famiglie di cui stiamo trattando, assicurando
un minimo reddituale proporzionato alla composizione delle singole famiglie. Difficilmente il
Comune di Milano avrà le risorse per garantirlo ai suoi cittadini, ma la sua azione può e
deve essere:
o da un lato di rivendicazione politica dell’introduzione di tale misura nei
confronti dello Stato e della Regione, e di contestuale rivendicazione del
trasferimento al livello comunale dei contributi monetari nazionali volti
all’integrazione del reddito, per riorganizzare questi interventi e renderli più
appropriati ai bisogni e più efficaci nell’affrontarli,
o dall’altro di revisione dei suoi interventi in una logica di reddito di inserimento, e
cioè di combinazione ottimale in ordine alle specifiche situazioni di un sostegno
economico con un’azione di promozione e inserimento, ovunque possibile
negoziando con i beneficiari i progetti e i relativi reciproci impegni. A tal fine
considerando anche l’attuale fase congiunturale (di simultanea crisi economica e
taglio delle risorse), occorre subito procedere alla revisione e razionalizzazione dei
contributi economici di varia natura attualmente erogati alle famiglie ed agli individui,
in connessione ad una attenta lettura dei bisogni emergenti nei diversi territori e dei
possibili vuoti di protezione tra le diverse tipologie di beneficiari.

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