Sei sulla pagina 1di 7

«Il carattere della Roma antica è tutto in un inevitabile equivoco […] Non ci sono incertezze né

ambiguità se diciamo «storia di Parigi», o di Londra, o di qualunque altra città del mondo. Ma se
diciamo «storia di Roma», non sappiamo bene di quale storia esattamente si tratti: se della città
intesa in senso stretto, o anche di quella parte cospicua della superficie e della popolazione terrestre
che per molti secoli fu sottoposta al suo dominio»

(Andrea Giardina, Roma antica, 2000[1])


La storia romana, o storia di Roma antica, espone le vicende storiche che videro protagonista la città di Roma, dalle origini
dell'Urbe (nel 753 a.C.) fino alla costruzione ed alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (nel 476, anno in cui si colloca
convenzionalmente l'inizio dell'epoca medievale.

Indice

• 1 Fondazione di Roma

• 1.1 Anno di fondazione

• 1.2 Testimonianze archeologiche

• 1.3 Territorio

• 2 Età regia o monarchica

• 2.1 I primi quattro re

• 2.2 I re etruschi

• 3 Età repubblicana

• 3.1 Il conflitto tra patrizi e plebei e la conquista della penisola italica

• 3.2 L'espansione nel Mediterraneo

• 3.2.1 Il contatto con la cultura ellenistica

• 3.3 La crisi della Repubblica

• 3.3.1 La crisi della piccola proprietà terriera

• 4 Età imperiale

• 4.1 Alto Impero (31 a.C. - 284 d.C.)

• 4.2 Tardo Impero (284-476 d.C.)

• 5 Fine dell'Impero romano d'Occidente

• 6 Note

• 7 Bibliografia

• 8 Discografia

• 9 Voci correlate

• 10 Altri progetti

• 11 Collegamenti esterni

Fondazione di Roma[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Fondazione di Roma e Roma quadrata.
Anno di fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Pieter Paul Rubens, Romolo e Remo, 1615-16 (Roma, Pinacoteca Capitolina)

Secondo la leggenda, la fondazione di Roma a metà dell'VIII secolo a.C. si deve ai fratelli Romolo e Remo, nonostante il
prevalere del primo sul secondo. La data ufficiale, 21 aprile del 753 a.C., venne stabilita da Marco Terenzio Varrone calcolando a
ritroso i periodi di regno dei re capitolini (35 anni circa per ogni re[2]). Altre fonti in realtà riportano date diverse: Quinto Ennio nei
suoi Annales colloca la fondazione nell'875 a.C., lo storico greco Timeo di Tauromenio nell'814 a.C. (contemporaneamente,
quindi, alla fondazione di Cartagine), Fabio Pittore all'anno 748 a.C. e Lucio Cincio Alimento nel 729 a.C.[3] La datazione di
Varrone - quella tradizionalmente celebrata - è considerata sia troppo alta (in relazione alla prima unificazione degli abitati,
avvenuta presumibilmente nella metà dell'VIII secolo) sia troppo tarda (i primi insediamenti risalgono al II millennio a.C.).

Testimonianze archeologiche[modifica | modifica wikitesto]


Dal punto di vista archeologico nella zona del Latium si sono osservate alcune tracce di pastorizia (suini, ovini, meno i bovini) e di
modesta agricoltura (soprattutto farro, spelta ed orzo, per quanto fosse permesso dall'area paludosa). Con le prime operazioni di
bonifica intorno all'età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) si sviluppano anche le prime coltivazioni di frumento, vite ed olivo. Si hanno
alcune tombe ad incinerazione, sostituite poi nel IX secolo dalle prime sepolture; alcune tombe arcaiche mostrano poche offerte,
segno di una società omogenea, ed alcuni oggetti preziosi dal secolo successivo.

Ma la vera e propria città si venne formando attraverso un fenomeno di sinecismo durato vari secoli e culminato appunto alla
metà dell'VIII secolo a.C. In analogia a quanto accadeva in tutta l'Italia centrale, le origini della città si devono ad una progressiva
riunione in un vero e proprio centro urbano dei villaggi sorti sui tradizionali sette colli: si trattava di insediamenti dell'antica
popolazione dei Latini, di stirpe indoeuropea (gruppo latino-falisco), già presenti dal X secolo, cui si aggiunsero genti sabine (pure
di stirpe indoeuropea e appartenenti al gruppo osco-umbro), provenienti dalle montagne dell'alto Lazio, e nuclei di mercanti ed
artigiani etruschi[4].

Territorio[modifica | modifica wikitesto]
«[…] Ma se l'Italia era la regione media dell'ecumene, Roma sorgeva nella regione media dell'Italia.
La mens divina aveva voluto che Roma fosse il centro del centro.»

(Andrea Giardina, Roma antica, 2000[5])


La località presentava ampie zone pianeggianti presso il Tevere, che tuttavia erano in parte occupate da paludi e stagni. Le
colline che si affacciavano sul fiume erano inoltre ricche di acque e controllavano il guado del fiume presso l'isola Tiberina, al
punto di intersezione di due importanti direttrici commerciali. La prima direttrice commerciale andava dalla costa alle zone interne
della Sabina lungo la valle del Tevere, ed era utilizzata per l'approvvigionamento del sale indispensabile per le economie agricolo-
pastorali: corrisponde alla via Salaria di epoca storica. La seconda era rappresentata dall'itinerario che andava
dall'Etruria alla Campania, su cui transitavano altre due preziose merci: il ferro e gli schiavi. Inoltre, il Tevere stesso era una via
commerciale, utilizzata per il trasporto del legname proveniente dall'alta valle tiberina. Alla base della futura espansione di Roma,
quindi, c'è anche la sua posizione strategica che già in età arcaica la rendeva un importante emporio commerciale.[6]

Età regia o monarchica[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Età regia di Roma.
I primi quattro re[modifica | modifica wikitesto]

Il ratto delle sabine nel dipinto di Jacques-Louis David

Lo stesso argomento in dettaglio:  Prima monarchia di Roma.


I primi re di Roma sono generalmente considerati come figure prettamente mitologiche, poiché la datazione proposta
da Varrone - che considera un totale di 244 anni per i sette monarchi - è molto probabilmente troppo breve. La tradizione
attribuisce ad ogni sovrano un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-
politico dell'Urbe. Il primo re e fondatore fu Romolo, che avrebbe dotato la città delle prime istituzioni politiche, militari e
giuridiche.[7] Morì in modo misterioso e si disse che fu accolto tra gli dèi col nome di Quirino.[8]
Numa Pompilio, il secondo re, che regnò dal 716 al 673 a.C., è un nome tipicamente italico, di origine osco-umbra. La leggenda
lo vuole creatore delle principali istituzioni religiose, tra cui i collegi sacerdotali delle vestali, dei flàmini, dei pontefici, e
degli àuguri; istituì anche la carica di pontefice massimo (pontifex maximus), nonché la suddivisione dell'anno in dieci mesi e la
precisa regolamentazione di tutte le feste e le celebrazioni, precisando i giorni fasti e nefasti.

Il terzo re, Tullo Ostilio, succeduto subito al precedente, sedette al trono fino al 641, sconfiggendo i Sabini e conquistando Alba
Longa, con una iniziale espansione territoriale nel Lazio. Da un punto di vista storico si tratta di un fatto possibile, poiché alla
metà del VII secolo a.C. si è osservato un abbandono dei villaggi limitrofi. Al re venne attribuita anche la prima pavimentazione
del Foro.

Il successore Anco Marzio - dal 640 al 617 a.C. - ne proseguì l'opera fondando la prima delle colonie, ossia Ostia (traducibile
in latino come foci);[9] la costruzione della nuova città era dovuta probabilmente alla necessità di controllare la zona meridionale
del Tevere.

I re etruschi[modifica | modifica wikitesto]

Plastico della Roma dei Tarquini presso il museo della Civiltà Romana all'EUR

Lo stesso argomento in dettaglio:  Tarquini.


L'esistenza storica in particolare degli ultimi tre re pare essere accertata, sebbene sia possibile che i due Tarquini siano una
duplicazione di uno stesso personaggio. Sotto questi sovrani, la città entrò nell'orbita etrusca ed ebbe una straordinaria fioritura
oltre che una forte espansione territoriale.[10] Tarquinio Prisco, regnante dal 616 per una generazione, effettuò diversi lavori
pubblici, come il drenaggio delle zone pianeggianti attraverso la Cloaca Massima. Istituì anche un esercito guidato da tre ufficiali,
i tribuni militari (tribuni militum), a capo di 3.000 fanti e 300 cavalieri. Viene organizzato anche il sistema elettorale attraverso le
curie (dal latino per co-viria, intendendo una riunione di uomini).
Il sesto re, Servio Tullio, riorganizzò l'esercito nella nuova falange oplitica, con una divisione dei cittadini in classi secondo il
censo (comizi centuriati),[11] e in tribù secondo la residenza (comizi tributi); le tribù erano divise in quattro urbane (Suburbana,
Palatina, Esquilina, Collina) e 17 rurali (poi divenute 31 dal V secolo a.C.). Servio Tullio effettuò anche un primo censimento e la
tradizione lo vuole costruttore del tempio di Diana sull'Aventino. Venne introdotto anche l'aes signatum, ossia pani
di bronzo contrassegnati.
L'ultimo re, Tarquinio il Superbo, venne cacciato nel 509 a.C., secondo la tradizione a causa dei suoi atteggiamenti arroganti e
del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane:[12] si tratta probabilmente delle conseguenze del decadere
della potenza etrusca, della quale Roma approfittò per conquistarsi una maggiore autonomia.[13]

Età repubblicana[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Repubblica romana.
Il conflitto tra patrizi e plebei e la conquista della penisola
italica[modifica | modifica wikitesto]

Lucio Giunio Bruto è uno dei fondatori della Repubblica romana nel 509 a.C.

Lo stesso argomento in dettaglio:  Storia della Repubblica romana (509-264 a.C.) e Conflitto


degli ordini.
I rapporti internazionali di Roma, testimoniati dal primo trattato con Cartagine del 508 a.C., furono bloccati temporaneamente per
le tensioni e le guerre con i popoli confinanti quali gli Etruschi guidati da Porsenna,[14] i Latini (che furono sconfitti dai Romani
nel 496 a.C. presso il lago Regillo), e varie popolazioni unite come Ernici, Equi, Volsci e Sabini, che i romani sconfissero nel 431
a.C. sul monte Algido.
Inoltre, proprio in questo periodo cominciò il conflitto degli ordini, conflitto politico-sociale tra il ceto dei patrizi e quello dei plebei,
che erano privi dei diritti politici e civili dei patrizi e mal sopportavano i privilegi economici degli aristocratici. Dopo una serie
di secessioni, la plebe ottenne i suoi rappresentanti politici (tribuni) e l'accesso definitivo a tutte le magistrature (metà del IV
secolo a.C.).

Nel frattempo, dopo la guerra contro Veio (per il controllo della valle del Tevere),[15] Roma venne saccheggiata e danneggiata
nel 390 a.C. da un incendio appiccato dai Galli guidati dal re Brenno, che con successo avevano già invaso parte dell'Etruria.
[16] L'intensità di quella vergogna verrà superata solo dal sacco di Roma nel 410 d.C. Superato lo choc del sacco ad opera dei
celti di Brenno, i Romani avviarono una vigorosa espansione nell'Italia centromeridionale, favorita anche dalla necessità di
trovare nuove terre da distribuire alla plebe romana e a una città sovrappopolata.[17] Dapprima i Romani si scontrarono con le
tribù dei Sanniti (343-295 a.C.) e poi contro i Tarantini aiutati da Pirro (re dell'Epiro), che vennero sconfitti nel 275 a.C. a
Maleventum (che da quel momento fu ribattezzato Beneventum). Nel 270 a.C., con la vittoria sui Bruzi che detenevano fino a
quel momento il controllo di molte città della Magna Grecia della Calabria centrosettentrionale, anche le poleis greche vennero
annesse al territorio romano. Roma si ritrovò così a controllare un territorio che andava dallo Stretto di Messina a sud al
fiume Rubicone, presso Rimini, a nord.

L'espansione nel Mediterraneo[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Storia della Repubblica romana (264-146 a.C.).
Le guerre contro le diverse popolazioni italiche, contro i Galli, i Cartaginesi e i Macedoni, porteranno a consolidare il dominio
sull'Italia e a iniziare l'espansione in Spagna, in Macedonia e in Africa. Data simbolo di questa espansione nel Mediterraneo è
il 146 a.C., anno in cui, dopo un assedio durato tre anni e altrettante guerre combattute nell'arco di più di un secolo contro Roma,
cadde definitivamente Cartagine, la quale venne completamente rasa al suolo e cosparsa di sale dalle truppe romane comandate
da Publio Cornelio Scipione Emiliano. Anche Corinto, città simbolo della resistenza greca alla politica di espansione romana,
venne conquistata e distrutta. Con queste due grandi vittorie, Roma abbandonò il ruolo di potenza regionale nel Mediterraneo
Occidentale per assurgere a superpotenza incontrastata di tutto il bacino,[18] il quale d'ora in poi, non a caso, verrà
rinominato mare nostrum.
I problemi connessi ad una espansione così grande e repentina[19] che la Repubblica dovette affrontare furono enormi e di vario
genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare un piccolo Stato; adesso le province (paragonabili
alle colonie degli stati moderni, da non confondere con le colonie romane propriamente dette, le quali erano stanziamenti di
cittadini romani a pieno titolo, cives optimo iure in territori extracittadini soggetti all'amministrazione e organizzazione diretta dello
Stato romano) si stendevano dall'Iberia, all'Africa, alla Grecia, all'Asia Minore.

Il contatto con la cultura ellenistica[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Storia della Repubblica romana (146-31 a.C.).
Anche la struttura originale della famiglia, delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti: il
contatto con la civiltà greca e l'arrivo nella città di moltissimi schiavi ellenici (in molti casi più colti e istruiti dei loro stessi padroni)
generò nel popolo romano, specialmente tra la classe dirigente, sentimenti e passioni ambivalenti: i Romani si divisero tra chi
voleva conservare e chi invece desiderava innovare i costumi rurali romani - mos maiorum -, introducendo usanze e conoscenze
provenienti dall'Oriente. L'accettazione della cultura ellenistica fece sì effettivamente che il livello culturale dei Romani, almeno
dei patrizi, crescesse significativamente - basti pensare all'introduzione della filosofia, della retorica, della letteratura e
della scienza greca. Tutto ciò naturalmente non accadde senza provocare una strenua opposizione e resistenza da parte degli
ambienti più conservatori, reazionari e anche retrivi della comunità romana.

Costoro si scagliarono contro le culture extra-romane, tacciate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità, di sacrilegio
nei confronti delle abitudini religiose romane. Questi due opposti schieramenti furono ben rappresentati da due gruppi di potere di
eguale importanza, ma di radicalmente opposta visione: il circolo culturale degli Scipioni, che diede a Roma alcuni tra i più dotati
comandanti militari della storia (l'Africano su tutti), e il circolo di Catone, il quale lottò accanitamente contro l'ellenizzazione del
modo di vivere romano con una tenacia e un vigore che diventarono leggendarie (o famigerate a seconda dei punti di vista), tutto
a favore del ripristino del più antico, genuino ed originale mos maiorum, quell'insieme di costumi e usanze tipiche della Roma
arcaica che, secondo Catone, avevano permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità, di sconfiggere ogni
sorta di nemico, di piegare il mondo al proprio volere.

Questo scontro tra nuovo e antico, come è facile immaginare, non si placò fino alla fine della repubblica, anzi possiamo dire che
questo scontro tra "conservatorismo" e "progressismo" è stato presente in tutta la storia romana, anche nel periodo imperiale, a
testimonianza di quale trauma deve essere stato la scoperta, il contatto e il confronto con civiltà al di fuori dei brulli
paesaggi laziali.

Gaio Mario, un homo novus e generale che riformò drasticamente l'esercito romano

La crisi della Repubblica[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Guerre civili (storia romana).
La crisi della piccola proprietà terriera[modifica | modifica wikitesto]

Le continue guerre in patria e all'estero, inoltre, immisero sul "mercato" una quantità enorme di schiavi, i quali vennero
usualmente impiegati nelle aziende agricole dei patrizi romani, con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano. Infatti la
piccola proprietà terriera andò rapidamente in crisi a causa della maggior competitività dei latifondi schiavistici (che ovviamente
producevano praticamente a costo zero).[20] L'impoverimento della classe dei piccoli proprietari provocò da una parte la
concentrazione dei terreni coltivabili in poche mani[21] e una grande quantità di merci a buon mercato,[22] dall'altra generò la
nascita del cosiddetto sottoproletariato urbano: tutte quelle famiglie costrette a lasciare le campagne si rifugiarono a Roma, dove
non avevano un lavoro, una casa e di che sfamarsi, dando origine a pericolose tensioni sociali (tentativi di riforme democratiche
da parte dei fratelli Gracchi) abilmente sfruttate dai politici più scaltri.[23]
Strumento delle nuove conquiste, ma anche delle violente guerre civili, fu la nuova, formidabile organizzazione dell'esercito
progressivamente sviluppatasi, poi sancita dai provvedimenti di Gaio Mario intorno al 107 a.C..[24] A differenza di quello
precedente, formato da cittadini-contadini ansiosi di tornare ai propri campi una volta finite le campagne belliche, questo era un
esercito stanziale e permanente di volontari arruolati con ferma quasi ventennale, ovvero un esercito di professionisti attratti non
solo dal salario, ma anche dal miraggio del bottino e dalla promessa di una terra alla fine del servizio. I proletari ed i nullatenenti
vi si arruolarono in massa. Non era tanto un esercito di cittadini motivati dal senso del dovere, ma piuttosto di militari legati dallo
spirito di corpo e dalla fedeltà al capo.[25]
Nel I secolo a.C. la Repubblica cominciò a cedere: si affermarono, infatti, forti poteri personali dei personaggi politici più influenti
che, facendosi interpreti dei bisogni delle masse meno favorite (fazione dei populares) o della necessità di mantenere il controllo
nelle mani delle principali e più ricche gentes che controllavano il Senato (fazione degli optimates), porteranno a diverse guerre
civili: Mario contro Silla, Cesare contro Pompeo, Ottaviano contro Marco Antonio.
Nonostante le fortissime tensioni politiche interne, arriveranno comunque altre conquiste: la Numidia grazie alla campagna
di Mario contro Giugurta; la Bitinia, il Ponto, l'isola di Creta, la Cilicia e la Siria con le campagne militari di Pompeo contro i pirati
e Mitridate VI del Ponto; la Gallia con le legioni guidate da Giulio Cesare.

La Repubblica dovette affrontare anche un grande tentativo di invasione da parte di tribù germaniche (guerre cimbriche), gravi
rivolte di schiavi in Sicilia e nel Sud Italia (guerre servili e, soprattutto, la guerra sociale (90-88 a.C.) contro una coalizione
di Italici, che si concluse con la vittoria romana, ma nello stesso tempo con la concessione della cittadinanza romana a tutti i
popoli della penisola italica.

Età imperiale[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Impero Romano.

L'impero romano raggiunse la sua massima estensione nel 117


«Anche se spietati in guerra, nella sottomissione delle nazioni vinte e nella repressione delle rivolte,
non c'è stato dominio nella storia che abbia saputo legare a se stesso tanta parte della cultura e della
classe dirigente dei sudditi: con il consenso, e non solo con la violenza»

(Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, 2004[26])


La tesi secondo cui il dominio di Roma ormai si estendesse su un territorio troppo vasto e fosse troppo complicato per le strutture
della Repubblica gestirlo,[27] provocando così la nascita del Principato, è ancora valida.[28] Le ragioni dell'ascesa di un modello
di governo centrale su base sempre più spiccatamente personale si devono ricercare, tuttavia, anche nel declino del
governo senatoriale della Repubblica Romana, il cui primo atto va riallacciato alla figura emblematica di Scipione Emiliano. La
diffusione di un sempre più marcato senso individualistico a Roma ha sicuramente traccia nella diffusione di effigi
monetali ritraenti non più solo il più rappresentativo degli antenati del magistrato in carica, ma spesso il magistrato medesimo.
Questo processo si manifestò in concomitanza con la penetrazione dei valori della civiltà ellenistica, favorita indubbiamente dalla
conquista romana delle pòleis elleniche sulle coste della Magna Grecia (Italia meridionale) e della Sicilia, e sospinta dalla
conquista romana della Macedonia, della Grecia e di gran parte del mondo ellenistico, ad eccezione dell'Egitto dominato dalla
dinastia Tolemaica (l'Egitto venne comunque sottoposto a un sempre più pressante protettorato).
Il ricorso sempre più assiduo al mandato della dittatura iniziato con Gaio Mario, stravolse poi la portata costituzionale della
magistratura dittatoriale, prevista dall'ordinamento repubblicano, fino all'esito della dittatura sillana, intesa come mandato a
restaurare lo Stato romano in senso conservatore-oligarchico (a favore degli optimates) e non pervenuta ad un esito monarchico
per l'esclusiva volontà di Silla. La dittatura cesariana (46-44 a.C.) riprese in pieno il modello sillano, seppur partendo da un
campo politico opposto (quello dei populares, gli oligarchi più propensi ad usare la demagogia sul popolino, il vulgus, per
assumere il potere) e formalizzò il rifiuto di un esito monarchico naturale adducendo la ragione del rifiuto culturale della Romanità
per l'istituto monarchico ufficiale.

Alto Impero (31 a.C. - 284 d.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Il centro di Roma al tempo dell'Impero Romano

Lo stesso argomento in dettaglio:  Alto Impero romano.


L'ascesa di Augusto (44-30) attraverso la partecipazione ad un istituto apertamente sovversivo come il "secondo" Triumvirato, si
formalizzò nel 27 a.C. nella rinuncia ai poteri dittatoriali ormai estesissimi in cambio di un cooptato riconoscimento senatoriale di
un "bisogno dello Stato romano" ad una figura di guida e di ispirazione politica del governo: con l'appellativo di
Augusto, Ottaviano inaugurò così quel particolare istituto costituzionale romano noto come principato (da princeps senatus,
presidente del Senato), erroneamente talvolta chiamato "impero" per l'appellativo di imperator assunto da Augusto, dimenticando
che tale termine nella Repubblica non designava altro che il generale vittorioso e che la creazione di un'amministrazione
decentrata attraverso la creazione di provinciae risaliva già al 237 a.C., con la conquista della Sicilia.

L'abilità di Augusto, in sostanza, risiede nel fatto che seppe imporre un governo personale, dotato di poteri amplissimi (imperium
proconsolare maius et infinitum, cioè un comando superiore a quello dei proconsoli su tutte le province e gli eserciti; tribunicia
potestas, ovvero l'inviolabilità, il diritto di veto e la facoltà di proporre e fare approvare le leggi; carica di pontifex maximus, che
poneva sotto il diretto controllo anche la religione), camuffandolo da Repubblica restaurata, tramite la rinuncia formale alle
cariche eccezionali tipiche della dittatura (rinuncia al consolato a vita, alla dittatura, ai titoli di re o di signore-dominus), non
urtando così la suscettibilità della classe aristocratica, che aveva accettato il compromesso della cessione del potere politico e
militare in cambio della garanzia dei propri privilegi sociali ed economici.

Per tutto il primo secolo continuò l'accrescimento territoriale dell'Impero (nuove


province: Rezia, Norico, Pannonia, Mesia, Galazia, Egitto, Cappadocia, Britannia) sotto le dinastie dei Giulio-Claudii, e dei Flavi.
Sotto Traiano, con la conquista della Dacia e di nuovi territori in Oriente, l'Impero raggiunge la sua massima estensione (117
d.C.). Sotto la dinastia degli Antonini si ebbe un periodo di pace e prosperità, sebbene verso la fine cominciò ad essere sempre
più pressante il compito di difendere i confini dell'impero dalla pressione dei nemici esterni.

La crisi del principato, avviatasi già alla morte di Marco Aurelio, si concretizzò nell'ascesa di Settimio Severo (193-211) e nella
riforma dell'istituto del principato, ormai estraneo alle dinamiche dell'ambito senatoriale e dominato da quelle dell'esercito. La
monarchia militare severiana (193-235), seppure ripescò talvolta la necessità di una legittimazione senatoria, fu il preludio
dell'avvento del dominato (285-641), dopo la fase assai dinamica dell'anarchia militare (235-285). Dopo la dinastia dei Severi, per
tutto il III secolo saranno infatti le legioni a proclamare imperatori che spesso regneranno solo per brevi periodi e saranno
perennemente impegnati in campagne militari di difesa dei confini dalle penetrazioni barbariche e di mantenimento del proprio
potere dai rivali interni. La crisi economica fu anche crisi ideale e si diffuse il Cristianesimo, in parte combattuto ed in parte
tollerato.

Tardo Impero (284-476 d.C.)[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio:  Tardo Impero romano.
Con la Tetrarchia voluta da Diocleziano cominciò la divisione dell'Impero e vennero avviate profonde riforme nel tentativo di
fissare lo status quo. Roma finì per perdere il suo ruolo di sede imperiale a favore di metropoli più vicine alle frontiere da
difendere. Inoltre, in Oriente venne fondata da Costantino I sul sito della città di Bisanzio la "Nuova Roma", Costantinopoli.

La progressiva adozione della religione cristiana (che di converso si istituzionalizzò a contatto con lo Stato romano,
assumendone tratti organizzativi e alcuni modelli iconografici) avviata da Costantino (306-337), si concluse, dopo periodi di
oscillazione tra scelte protoereticali (Costanzo II,337-361) e tentativi di restaurazione dei culti tradizionali, mediante
l'organizzazione di un'istituzione ecclesiale parallela a quella civile (Giuliano, 361-363), con l'adozione ufficiale del culto cristiano
(Teodosio I, 379-395). Nel successivo IV secolo il cristianesimo divenne progressivamente l'unica religione.

Nel IV secolo, l'Impero romano, piegato da una inarrestabile crisi politica ed economica ed incapace di respingerne le invasioni,
fu costretto ad accettare sempre più frequentemente lo stanziamento di popoli germanici ("barbari") nei suoi territori.

Potrebbero piacerti anche