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«Je dis qu'il faut être voyant, se faire «Io dico che bisogna essere veggente, farsi
voyant. Le Poète se fait voyant par un long, veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso
immense et raisonné dérèglement de tous una lunga, immensa e ragionata
les sens.» sregolatezza di tutti i sensi.»
(A. Rimbaud, lettera a Paul Demeny, 15 maggio 1871, in Oeuvres, 1969, p. 346)
Indice
Arthur Rimbaud in una foto di
Biografia Étienne Carjat (dicembre 1871)
La famiglia
Gli studi
Le prime fughe
«Il veggente»
A Parigi
I due fuggiaschi Firma di Rimbaud
Derniers vers
Il ferimento di Rimbaud
Une saison en enfer
Nuovi viaggi
In Africa
La morte
La fortuna critica di Rimbaud
Rimbaud nel cinema, nella musica e nel teatro
Opere
Edizioni francesi
Edizioni italiane
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Biografia
La famiglia
(A. Rimbaud, Une Saison en enfer. Mauvais sang, in Oeuvres, 1960, pp.
213-214)
Sposati l'8 febbraio 1853, ebbero cinque figli: Frédéric (1853-1911), Arthur,
Victorine (1857, vissuta solo un mese), Vitalie (1858-1875) e Isabelle (1860-1917). Dopo la nascita dell'ultima
figlia, Frédéric Rimbaud, già poco presente a causa dei suoi doveri militari, abbandonò la famiglia ritirandosi a
Digione.[3]
Dopo la partenza del marito Vitalie prese a firmarsi «la vedova Rimbaud» e visse con i figli in una modesta
casa di rue de Bourbon, in un quartiere popolare di Charleville. Molto rigida e severa, le principali
preoccupazioni erano la cura della rendita delle terre, l'educazione dei figli e la rispettabilità sociale. Proibiva ai
bambini di giocare in strada con i figli di operai e tutte le domeniche la si poteva vedere, «busto eretto, corsetto
nero e guanti di filaticcio», chiudere la fila della famiglia diretta in chiesa: «davanti le due bambine che si
tenevano per mano, poi i due maschietti, Frédéric e Arthur, ciascuno con un ombrello di cotone blu».[4]
Gli studi
«I libri degli esercizi senza alcuna macchia, i compiti straordinariamente corretti, i voti
scolastici impeccabili [...] era uno di quei piccoli mostri esemplari, perfetti, un ottimo
esemplare di animale da premio. Questa era la faccia che mostrava sempre in classe»
Nella realtà Arthur era un allievo modello: nei tre anni passati Arthur e Frédéric Rimbaud, il terzo e
all'Istituto Rossat vinse tredici premi e ottenne undici note di merito.[6] il quarto in prima fila a partire da
Nella primavera del 1865 Madame Rimbaud, che nel frattempo aveva sinistra, all'Istituto Rossat nel 1864
[7]
trovato una nuova casa nel rispettabile cours d'Orléans, decise di
trasferire i due ragazzi al Collegio di Charleville. Arthur fu iscritto alla
settima classe, e in ottobre era già in sesta. L'anno dopo fu autorizzato a frequentare la quarta classe.[8]
Nel 1869 il «Moniteur de l'Enseignement secondaire» pubblicò tre suoi componimenti in latino, Ver erat,
L'Ange et l'enfant e il Jugurtha che ottenne il primo premio al Concorso accademico. Il 2 gennaio 1870 nella
«Revue pour tous» comparvero i suoi primi versi francesi, Les Étrennes des orphelins, che rammentano
L'Ange et l'enfant di Jean Reboul e Les Enfants trouvés di François Coppée. Jules Desdouets, il preside del
collegio, diceva allora di lui: «In questa testa non germina niente di ordinario. Diventerà il genio del Male o il
genio del Bene»,[9] mentre uno dei suoi insegnanti, M. Pérette, era più netto: «farà una brutta fine».[10]
Da gennaio venne a insegnare nel collegio Georges Izambard, un giovane professore di retorica. Aveva solo
cinque anni più di Rimbaud: ne divenne il confidente e gli fece conoscere Rabelais, Hugo, Banville e i
parnassiani. Ora Rimbaud ha «tre dèi: Leconte de Lisle, Banville, Gautier»,[11] e la sua Invocation à Venus,
traduzione del prologo lucreziano del De rerum natura stampata il 15 aprile dal «Bulletin de l'Académie de
Douai», è un plagio di versi recenti di Sully Prudhomme.[12]
La passione per la poesia spinse Rimbaud, il 24 maggio 1870, a scrivere a Banville, «un discendente di
Ronsard, un fratello dei nostri maestri del 1830», inviandogli tre poesie, Ophélie, Sensation e Soleil et chair,[15]
sperando, con il suo appoggio, di vederle pubblicate nel mensile «Le Parnasse contemporain» dell'editore
Lemerre. Si attribuisce 17 anni, «l'età delle speranze e delle chimere», dichiara di amare «tutti i poeti, tutti i
buoni Parnassiani - poiché il poeta è un Parnassiano» e di adorare due dèe, «Musa e Libertà».[16] Non si
conosce la risposta di Banville, ma i suoi versi non furono pubblicati.
Ora i Rimbaud abitavano nel quai de la Madeleine.[19] Il 19 luglio 1870 Napoleone III dichiarò guerra alla
Prussia e Frédéric Rimbaud si arruolò volontario, disapprovato dal fratello, che aveva già giudicato
l'imperatore «meritevole di galera».[20] Alla retorica patriottica che si diffuse in Francia, che evocava anche le
glorie degli eserciti repubblicani della Rivoluzione, Rimbaud rispose col sonetto Morts de Quatre-vingt-douze
et de Quatre-vingt-treize, dove - scrive - «noi, curvi sotto i re come sotto un randello» lasciavamo dormire sotto
la Repubblica i morti di Valmy, di Fleurus e d'Italia, e ora i corifei del bonapartismo osano rievocare questi
soldati «pallidi del bacio forte della libertà».[21]
Il 6 agosto Rimbaud concluse l'anno scolastico guadagnando un nuovo premio. Il 13 agosto apparve sulla
rivista satirica «La Charge» la sua poesia Première soirée, una satira dell'amore lezioso, come la successiva
Les Reparties de Nina.[22] Il 25 agosto scrisse a Izambard, in vacanza a Douai dalle zie, lamentando la propria
condizione a Charleville. Era «spaventoso» vedere «i droghieri in pensione mettersi l'uniforme», vedere «tutte
quelle pance» pattugliare la cittadina «con uno chassepot sul cuore», vedere «la patria in piedi». Lui,
Rimbaud, preferiva «vederla seduta», senza muovere gli stivali.[23]
Le prime fughe
Non ci rimase a lungo. L'8 ottobre era nuovamente in viaggio, parte a piedi e parte in treno, diretto a Charleroi,
in Belgio. Qui si presentò alla redazione del «Journal de Charleroi», diretto dal padre di un suo compagno di
scuola, il senatore Louis-Xavier des Essarts, offrendo la sua collaborazione. Invitato a cena, scandalizzò il
senatore con la sua maleducazione e con le sue convinzioni politiche, e fu cacciato di casa.[28]
Non pare, però, che si sia perso d'animo. Le poesie di questo periodo, Rêvé pour l'hiver, Au Cabaret-Vert, La
Maline, Ma Bohème, raccontano della felicità del poeta vagabondo, il cui «albergo è all'Orsa maggiore» e le
stelle fanno «un dolce frou-frou»:[29]
Da Charleroi raggiunse a piedi Bruxelles, dove fu ospitato per due giorni da Paul Durand, un amico
d'Izambard. Da Bruxelles raggiunse in treno Douai presentandosi il 20 ottobre dalle zie d'Izambard, dove
scrisse altri sette sonetti per l'editore Demeny, finché giunse una lettera di Mme Rimbaud che ingiungeva il
riaccompagnamento forzato del figlio a casa e il 30 ottobre due gendarmi riportarono Arthur a Charleville. Il 2
novembre Rimbaud scrisse a Izambard promettendogli di non scappare più di casa «per meritare il suo
affetto», pur dichiarando di «decomporsi nello squallore, nella malvagità, nel grigiore».[30]
Alla Comune Rimbaud dedicò tre poesie, Chant de guerre parisien, L'Orgie parisienne ou Paris se repeuple e
Les Mains de Jeanne-Marie. Nell'Orgie parisienne, i borghesi che avevano abbandonato Parigi nei giorni della
Comune sono tornati da vincitori e dopo i massacri della Semaine sanglante festeggiano a modo loro nella città
stremata:[35]
«Il veggente»
Dopo i Greci, vi sono stati soltanto letterati e versificatori, e Racine, il «divino sciocco», è il loro più puro
rappresentante. I primi romantici sono stati veggenti senza rendersene conto, «molto veggenti» i romantici
della seconda generazione e Baudelaire è il primo veggente, «un vero Dio», ma la sua forma è «meschina»: la
nuova poesia che va alla scoperta dell'ignoto «esige forme nuove». La scuola parnassiana «ha due veggenti,
Albert Mérat e Paul Verlaine, un vero poeta».[38]
In un'altra lettera inviata a Demeny il 10 giugno, Rimbaud allegò due nuove poesie, Les Poètes de sept ans e
Les Pauvres à l'église, e gli chiese di bruciare le venticinque poesie che gli aveva spedito fino all'ottobre
scorso. Demeny non gli diede retta, non già perché attribuisse gran valore a quei componimenti, ma perché
quelle «sue prime elucubrazioni» gli sembravano «abbastanza curiose da meritare di essere conservate».[39]
La madre di Arthur, ormai rassegnata a non vederlo continuare gli studi, premeva perché almeno si trovasse un
lavoro, gli negava anche gli spiccioli e minacciava di cacciarlo di casa. Lui frequentava la biblioteca pubblica e
il caffè, fumando la pipa e facendosi offrire birra e tabacco in cambio della sua conversazione e delle sue
poesie. Al café Dutherme conobbe un certo Charles Bretagne, che gli parlò di Verlaine, incontrato tempo
prima nella casa del poeta a Fampoux, e gli consigliò di scrivergli, offrendo la propria raccomandazione.[40]
Ai primi di settembre Rimbaud scrisse a Verlaine,[41] spedendogli le poesie Les Effarés, Les Assis, Les
Douaniers, Accroupissements e Le Coeur volé. Verlaine rimase entusiasta e gli rispose, offrendogli la propria
ospitalità e inviandogli un biglietto ferroviario per Parigi. Rimbaud partì con in tasca le visioni del suo
capolavoro, Le Bateau ivre:[42]
J'ai vu fermenter les marais énormes, nasses
Où pourrit dans les joncs tout un Léviathan!
Des écroulements d'eaux au milieu des bonaces,
Et les lointains vers les gouffres cataractant!
Arthur Rimbaud Tra i frequentatori dei Vilains Bonshommes era il fotografo Étienne Carjat,
immortalato da Étienne che gli fece due ritratti. Come a voler mettere in rilievo la controversa
Carjat nell'ottobre 1871 (la personalità del giovanissimo poeta, in uno - il più noto dell'iconografia -
foto viene da taluni datata al Carjat presenta un Rimbaud dall'aspetto già adulto, i cui occhi chiarissimi
1869) guardano l'orizzonte, mentre nell'altro rivela un Rimbaud dall'aspetto ancora
infantile, che guarda quasi imbronciato l'obiettivo.
L'autorevole Théodore de Banville, l'autore del Petit traité de poésie française, al quale Rimbaud aveva
ricordato le insufficienze del verso alessandrino, gli mise a disposizione una soffitta quando l'imminente arrivo
del suocero fece ritenere più prudente a Verlaine allontanarlo da casa: già suo cognato Charles de Sivry aveva
trovato Rimbaud «un ignobile, vizioso, disgustoso, indecente piccolo scolaro».[44] Non si comportò meglio da
Banville e a metà ottobre si trasferì dal poeta e fotografo Charles Cros, altro amico di Verlaine, ma dopo due
settimane, proprio quando era nato Georges, il figlio di Verlaine, scomparve.[45]
Passò diversi giorni di vagabondaggio solitario per le strade di Parigi, cercando di mantenersi vendendo
portachiavi agli angoli delle vie e offrendo ai giornali articoli che gli furono rifiutati.[46] Poi si sistemò all'Hôtel
des Etrangers, in boulevard Saint-Michel, dove un gruppo di artisti bohémiens aveva affittato uno stanzone.
Chiamati Zutistes,[47] mettevano in ridicolo le poesie dei parnassiani. Di questi poeti resta un album al quale
collaborò anche Rimbaud, l'Album zutique, che raccoglie disegni satirici e poesie scherzose e oscene,
soprattutto parodie di versi di Coppée. Tra gli Zutistes, vi era anche il musicista Ernest Cabaner, che si
guadagnava da vivere suonando il pianoforte in un café. La sua teoria, secondo la quale alle note musicali
corrispondevano una vocale e un colore particolare, fu utilizzata da Rimbaud nella poesia Voyelles:
Una relazione colore-musica era già stata indicata da Voltaire nel 1738 nei suoi Éléments de la philosophie de
Newton e dal padre Castel nel 1740 nell'Optique des couleurs, mentre Baudelaire nel Salon de 1846 aveva
affrontato l'analogia tra colori, suoni e profumi, ripresa ancora nel sonetto Correspondances. Ma Rimbaud si
limita a indicare una corrispondenza tra vocali e colori, che potrebbe essergli stata semplicemente suggerita
dagli abecedari del tempo, che illustravano le lettere dell'alfabeto con diversi colori[48] e, secondo la
testimonianza di Verlaine, nella realtà Rimbaud «se ne infischiava se A fosse rossa o verde».[49]
I due poeti non nascondevano la loro relazione e Rimbaud ne Henri Fantin-Latour Coin de table Da
descriveva pubblicamente i particolari.[52] Un'esplicita dichiarazione è sinistra, seduti: Paul Verlaine, Arthur
anche il Sonnet du trou du cul, scritto a due mani da Verlaine e Rimbaud, Léon Valade, Ernest
Rimbaud parodiando L'Idole di Albert Mérat. Quest'ultimo rifiutò di d'Hervilly e Camille Pelletan. In piedi:
comparire con loro nel quadro di Fantin-Latour che li ritrae con altri Elzéar Bonnier, Emile Blémont e
poeti, e il pittore lo sostituì con un vaso di fiori. Jean Aicard
Chiuso il circolo degli Zutistes, nel gennaio del 1872 Rimbaud andò
ad abitare insieme con il giovane pittore Jean-Louis Forain in una soffitta di rue Campagne-Première, a
Montparnasse.[53] Quell'inverno Rimbaud accompagnò spesso al Louvre il pittore che vi copiava i capolavori,
non perché fosse interessato alla pittura, ma semplicemente perché il museo era ben riscaldato.[54] Infatti, come
riferisce Forain, Rimbaud non nascondeva il suo disprezzo per la pittura figurativa, e si augurava una sua
completa trasformazione nel senso dell'astrazione: «Noi strapperemo la pittura alla sua vecchia abitudine di
ricopiare e le conferiremo sovranità. Il mondo materiale non sarà nient'altro che un mezzo per evocare
impressioni estetiche. I pittori non replicheranno più oggetti. Le emozioni saranno create con linee, colori e
schemi presi dal mondo fisico, semplificato e sottomesso».[55] Rimbaud stesso conferma di aver trovato «degne
di derisione le celebrità della pittura e della poesia moderna».[56]
Verlaine e Rimbaud continuarono a frequentarsi, spesso ubriachi. Il 2 marzo 1872, in uno dei consueti pranzi
dei Vilains Bonshommes seguiti dalla lettura delle poesie dei convitati, Rimbaud prese a deridere Auguste
Creissels mentre questi recitava il suo Sonnet du combat. Invitato a smetterla da Carjat, aggredì il fotografo con
una canne-epée, un bastone munito di una lama, senza tuttavia ferirlo. Fu messo al bando dal circolo e fece
ritorno a Charleville.[57]
Forse qui scrisse una delle sue più belle e complesse poesie, Mémoire. Davanti alla Mosa, «corrente d'oro in
cammino» che «muove le braccia d'erba nere, grevi e molli», scorrono e si sovrappongono le immagini del
passato. Sulla riva è ritta una signora, dei bambini leggono un libro nel verde fiorito, «lui» - il padre, il poeta
stesso, il sole? - «come mille angeli bianchi che si separano sulla strada», s'allontana oltre la montagna e
l'acqua del fiume - o la donna? - corre «fredda e nera dopo la partenza dell'uomo».
Lui, Rimbaud, vittima di quell'«occhio d'acqua cupa», non può scegliere e non può evadere. Diversamente dal
Bateau ivre, egli è una barca immobile, ancorata a chissà quale fondo di fango:[58]
I due fuggiaschi
Sempre sorvegliati dalla polizia, entrarono a far parte del socialista Cercle d'Études sociales, dove conobbero,
tra gli altri, Camille Barrère, Lissagaray e Jules Andrieu, due protagonisti e storici della Comune, e si
mantennero traducendo in francese lettere commerciali per conto di quotidiani americani. Verlaine era molto
impegnato a una nuova raccolta di poesie, Rimbaud scoprì l'opera di Poe. A Rimbaud, Londra piaceva: città
moderna, «salvata da tutto il gusto ritrito negli addobbi», non vi si trovava «traccia di monumenti alla
superstizione» e tanto la morale quanto la lingua erano «ridotte alla loro più semplice espressione».[62]
A metà dicembre Rimbaud tornò in Francia per passare le feste di Natale con la famiglia. Verlaine, depresso
per la lontananza dell'amico-amante, si ammalò e fu raggiunto dalla madre, che spedì a Rimbaud il denaro per
il viaggio di ritorno in Inghilterra. A metà gennaio Rimbaud era di nuovo a Londra. Il 25 marzo 1873,
dichiarando di avere 21 anni, ottenne la tessera d'ingresso alla biblioteca del British Museum e divenne un
assiduo frequentatore della sala di lettura del Museo.[63]
Per pochi giorni, però: il 3 aprile Verlaine partì improvvisamente per stabilirsi da una zia a Jehonville, in
Belgio, e trovare un accordo con la moglie Mathilde. Qualche giorno dopo anche Rimbaud lasciò Londra e
l'11 aprile, venerdì di Pasqua, si presentò a Roche, nella fattoria di Mme Rimbaud: «La giornata passò
nell'intimità della famiglia» - ricorda la sorella Vitalie - «e a visitare la proprietà che Arthur non conosceva
quasi per nulla». In questo periodo iniziò a scrivere Une saison en enfer.[64]
Rimbaud fu raggiunto da una lettera di Verlaine che il 18 maggio, da Bouillon, chiedeva d'incontrarlo, dopo
che i suoi tentativi di riconciliarsi con la moglie erano falliti. Così, il 26 maggio, i due poeti s'imbarcarono
nuovamente da Anversa per l'Inghilterra. A Londra si stabilirono in un appartamento di Great College street,
nel quartiere di Camden Town, dove diedero qualche lezione privata di francese.[65]
Derniers vers
Con il titolo di Derniers vers (Ultimi versi) si raccolgono diciannove poesie scritte da Rimbaud nel suoi diversi
periodi di associazione con Verlaine, praticando il metodo della voyance e coltivando le «allucinazioni»,
secondo quanto egli stesso c'informa nella Saison en enfer. Dodici di esse furono composte dal maggio
all'agosto 1872, le altre non sono datate e dovrebbero essere successive.
Una parte dei Derniers vers segnano una rottura con l'opera precedente.
Come scrive Verlaine, Rimbaud lavorò «nel naïf, nell'espressione
semplicissima, usando solo assonanze, parole vaghe, frasi infantili o popolari.
Compì così prodigi di tenuità, di vero sfumato, di un delizioso quasi
inapprezzabile a forza di essere gracile ed esile».[66] Un esempio evidente è
L'Éternité:[67]
«Ô saisons, ô châteaux!
Quelle âme est sans defauts?
La critica è divisa su chi attribuire il merito di aver aperto la strada a questo genere di poesia che i due poeti
coltivarono nello stesso periodo. Le Romances sans paroles di Verlaine furono pubblicate nel 1874 ma già nel
1872 egli aveva scritto le Ariettes oubliées. Certamente il verso semplice e musicale è più congeniale a
Verlaine e può darsi che Rimbaud ne abbia preso ispirazione nella sua ricerca di nuove forme espressive. Del
resto, nella Saison en enfer, tra gli «errori» che Rimbaud denuncia essergli stati «sussurrati all'orecchio»,
figurano anche «le musiche ingenue».[69]
Il ferimento di Rimbaud
La loro convivenza, costellata da continui litigi, si fece insostenibile. Il 3 luglio 1873 Verlaine abbandonò
improvvisamente Londra per il Belgio, lasciando Rimbaud senza un soldo. Scrisse a Rimbaud, all'amico
Lepelletier e a Mme Rimbaud di essere deciso a uccidersi se sua moglie non fosse tornata con lui. L'8 luglio fu
raggiunto da Rimbaud nell'albergo di Bruxelles dove si era stabilito con la madre. La mattina del 9 luglio
Verlaine acquistò pistola e munizioni e in piena notte, quando Rimbaud lo informò di voler partire per Parigi,
scoppiò un nuovo alterco. Presa la pistola, Verlaine sparò due colpi contro Rimbaud, che fu ferito da un
proiettile al polso sinistro.[70]
Accompagnato dai Verlaine, Rimbaud si fece medicare in ospedale.
Tornati poi in albergo, Rimbaud fece i bagagli e a sera tutti
s'incamminarono verso la stazione. Improvvisamente Verlaine, che
non smetteva di implorare Rimbaud di restare, sembrò voler afferrare
nuovamente l'arma. Rimbaud fuggì via: trovato un poliziotto, fece
arrestare Verlaine.[71]
Così Rimbaud si trova precipitato nell'inferno: «Credo di essere in inferno, dunque ci sono. È l'adempimento
del catechismo. Sono schiavo del mio battesimo».[77] Egli si separa dal cristianesimo: «non sarei più capace di
chiedere il conforto d'una legnata. Non credo di essermi imbarcato per uno sposalizio, con Gesù Cristo per
suocero»,[78] ma questo non significa ancora l'uscita dall'inferno, tanto più che monsieur Proudhomme – il
borghese conformista e filisteo – «è nato insieme a Cristo».[79]
Alla sua stagione infernale appartiene anche «lo strano ménage» vissuto con
Verlaine, definito «la Vergine folle» dall'«esistenza scialba e vile»,[80] al quale
Rimbaud fa dire la propria volontà di evasione dalla realtà e la ricerca dei
«segreti» che possono «cambiare la vita».[81] Non esisteva però nessun
segreto, ma si trattava d'inventare un nuovo linguaggio, con il quale
rappresentare un mondo diverso. Era questo un ulteriore tentativo di uscire
dall'«inferno», modificando la realtà mediante il linguaggio.
Tutta la sua poetica del veggente è ora ripudiata: «È finita. Oggi so salutare la bellezza», ossia la poesia di
Baudelaire e dei parnassiani. Nell'abbozzo della Saison Rimbaud è ancora più esplicito: «Ora odio gli slanci
mistici e le bizzarrie di stile. Ora posso dire che l'arte è una sciocchezza», che non è però un addio alla
letteratura, ma a quella forma di letteratura.[82]
Il «malessere» di Rimbaud proviene dal suo vivere in una società occidentale, e dalle «paludi dell'Occidente»
non si esce mutando linguaggio o fingendo di vivere altrove, in un Oriente puramente mentale.[79] È inutile
sognare «amori mostruosi e universi fantastici, lagnandoci e disapprovando le apparenze del mondo»,[83] è
stato inutile «inventare nuovi fiori, nuovi astri, carni nuove, lingue nuove», illudersi di «poter acquisire poteri
soprannaturali».[84] Forse un giorno si potrà «salutare la nascita del nuovo lavoro, la saggezza nuova, la fuga
dei tiranni e dei demoni, la fine della superstizione».[85]
Preso atto della «rugosa realtà», lasciati alle spalle ricordi, rimpianti e vecchie menzogne, consapevole che
«bisogna essere assolutamente moderni», Rimbaud può guardare e procedere in avanti, senza intonare
«cantici» e mantenendo «il passo conquistato», in solitudine e certo di «possedere la verità in un'anima e un
corpo».[84]
Nuovi viaggi
A novembre, Rimbaud fu a Parigi dove, conoscendo lo scandalo di Bruxelles, tutti i vecchi conoscenti gli
voltarono le spalle, tranne Germain Nouveau, un giovane poeta suo ammiratore. Si accordarono per partire
insieme per Londra nella primavera successiva. Rimbaud passò l'inverno a Charleville, poi alla fine del marzo
del 1874 si stabilì con Nouveau a pensione dalla famiglia Stephens, in Stamford Street.[86] Frequentarono la
sala di lettura del British Museum, lavorarono per un mese come operai di una fabbrica di scatole di cartone,
cercarono di insegnare francese. In giugno, Nouveau preferì tornare in Francia. Ammalatosi, Rimbaud chiese
alla madre di raggiungerlo e il 6 luglio Madame Rimbaud e la sorella Vitalie si stabilirono con lui in una
pensione di Argyle square.[87]
I suoi familiari tornarono a Charleville il 31 luglio, quando egli sembrò aver trovato
lavoro fuori Londra, forse a Scarborough. A novembre era a Reading, insegnante di
francese in una scuola privata, ma già il 29 dicembre Rimbaud faceva ritorno a
Charleville. Il 13 febbraio 1875, intenzionato ad apprendere il tedesco, partì a piedi
per Stoccarda, dove alla fine di febbraio ricevette la visita di Verlaine: «Verlaine è
arrivato qui l'altro giorno» - scrisse a Delahaye - «con un rosario tra le dita. Tre ore
dopo aveva rinnegato il suo dio e fatto sanguinare le 98 piaghe di N. S. È rimasto
due giorni e mezzo, molto ragionevole, e alle mie rimostranze se ne è tornato a
Parigi».[88] Fu il loro ultimo incontro, durante il quale Rimbaud consegnò a Verlaine
i manoscritti delle Illuminations, i poemetti in prosa che sono la sua ultima fatica
letteraria. Saranno pubblicati a sua insaputa nel 1886.
Vitalie Rimbaud,
In maggio era nuovamente in viaggio. Partito da Stoccarda, attraversò in treno la 1873
Svizzera, poi a piedi si diresse in Italia e valicando il San Gottardo raggiunse
Milano, dove fu ospite per qualche settimana in casa di una vedova a piazza del
Duomo.[89] Si diresse poi, sempre a piedi, in Toscana e a Livorno lavorò come scaricatore al porto. A giugno,
mentre era in cammino verso Siena, ebbe un malore a causa di un'insolazione, e il 15 giugno il console
francese a Livorno provvide a rispedirlo in Francia. A Marsiglia fu ancora ricoverato in ospedale e poi si offrì
volontario tra le truppe carliste, probabilmente al solo scopo di raggiungere la Spagna, ma cambiò idea e in
ottobre era a Charleville. Qui, il 18 dicembre, morì a soli 17 anni la sorella Vitalie.[90]
Con l'arrivo della bella stagione, Rimbaud si sentì pronto per nuovi viaggi. Questa volta aveva per meta
Vienna, da dove avrebbe proseguito per il Mar Nero. Raggiunse la capitale austriaca ai primi di aprile del
1876, ma fu derubato e avendo denunciato alla polizia di essere rimasto senza denaro, fu espulso come
vagabondo. Passò in Baviera e di qui raggiunse Strasburgo, poi a piedi percorse i 300 chilometri che lo
separavano da Charleville.[91]
A maggio partì per il Belgio e presso il consolato olandese di Bruxelles fece domanda di entrare per sei anni
nelle milizie coloniali destinate all'isola di Giava. Giudicato idoneo, fu arruolato ad Harderwijk.[92] Il 10
giugno la nave con più di duecento reclute salpò da Den Helder, toccando Southampton, Gibilterra, Napoli,
Aden, Sumatra e attraccando finalmente il 20 luglio a Batavia. Il 3 agosto il reggimento di Rimbaud
raggiungeva Salatiga, località situata nel centro dell'isola, nel mezzo della foresta tropicale. Il 15 agosto
Rimbaud disertò. Eluse le ricerche, il 30 agosto s'imbarcò sotto falso nome a Samarang in un mercantile
britannico diretto a Queenstown, in Irlanda, doppiando il Capo di Buona Speranza. Il 6 dicembre Rimbaud
sbarcò a Queenstown e via Liverpool, Londra, Dieppe e Parigi, il 9 dicembre era nuovamente a casa.[93]
I primi mesi del 1878 furono passati a studiare matematica nella nuova casa che la madre aveva comprato a
Saint-Laurent, con l'intenzione di prendere il baccalauréat in scienze,[97] mentre l'estate fu trascorsa nei lavori
dei campi a Roche. Poi, il 20 ottobre, appena compiuti 24 anni, l'homme aux semelles de vent, come lo
chiamava Verlaine,[98] si rimise in viaggio verso sud. Passò per Nancy e attraversò i Vosgi, superò la frontiera
svizzera e a piedi valicò il San Gottardo, dove erano in corso i lavori per il traforo, raggiunse Lugano e
costeggiò il lago di Como, dirigendosi a Milano e poi a Genova. Da qui spedì il 17 novembre - quel giorno
moriva suo padre a Digione - una lettera ai famigliari con il resoconto del suo viaggio. Il 18 novembre salpò
per Alessandria d'Egitto.[99]
Ad Alessandria s'impiegò in un'impresa di costruzioni inglese che il 16 dicembre lo inviò a Cipro, quale
responsabile dei lavori in una cava di pietre presso il villaggio di Potamos. Il 28 maggio 1879 contrasse la
febbre tifoide e fece ritorno a Roche. All'amico Delahaye che lo visitò e gli chiese se scrivesse ancora,
Rimbaud diede la celebre e semplice risposta: «io non penso più a questo».[100] Tornato a Cipro nell'aprile del
1880, ottenne dalle autorità inglesi l'incarico di sorvegliante dei lavori di costruzione della nuova residenza del
governatore sui monti Troodos. A giugno, a causa di un oscuro incidente sul lavoro, che costò la vita a un
operaio, abbandonò precipitosamente il cantiere e s'imbarcò per l'Egitto.[101]
In Africa
(FR) (IT)
Aveva vitto e alloggio, ma la paga era misera: «siccome sono l'unico impiegato un po' intelligente di Aden, alla
fine del mio secondo mese qui, il 16 ottobre, se non mi danno duecento franchi al mese, oltre a tutte le spese,
me ne andrò. Preferisco partire che farmi sfruttare» - si lamentava con la famiglia il 28 settembre 1880. Anche
il luogo era inospitale: «Non c'è neanche un albero qui, nemmeno secco, nessun filo d'erba [...] nemmeno una
goccia d'acqua dolce. Aden è un cratere di vulcano spento e riempito sul fondo dalla sabbia del mare».[103]
L'occasione di lasciare Aden e di guadagnare compensi più elevati si offrì presto. Il 10 novembre Rimbaud
firmò un contratto di nove anni, col quale otteneva 150 rupie al mese e l'un per cento dei profitti dell'agenzia
che la società aveva costituito ad Harar, in Abissinia. A metà mese, accompagnato da un impiegato, il greco
Konstantinos Righas, Rimbaud sbarcò a Zeila, in Somalia, da dove una carovana di cammellieri lo condusse
ad Harar.[104] Il 13 dicembre scrisse alla famiglia: «I prodotti commerciali del paese sono il caffè, l'avorio, le
pelli ecc. Il paese è elevato, ma non sterile. Il clima è fresco ma non malsano. Qui si importa ogni genere di
prodotto dall'Europa per mezzo di cammelli».
Due mesi dopo cercava di rassicurare che il paese non era «interamente selvaggio. Abbiamo l'esercito,
artiglieria e cavalleria, egiziano, e la loro amministrazione. Il tutto identico a quello che esiste in Europa», ma
poi aggiungeva che si trattava di «un mucchio di cani e banditi». I pericoli che aspettavano viaggiatori e
commercianti erano noti, ma non spaventavano Rimbaud. Il 4 maggio 1881 scriveva di aver l'intenzione «di
lasciare tra breve questa città per andare a trafficare o esplorare per mio conto nell'ignoto. C'è un grande lago a
qualche giorno da qui, ed è in un paese ricco d'avorio». In effetti, in giugno fu
protagonista di una spedizione da Harar fino al villaggio di Bubassa, nella
zona ancora inesplorata dell'Ogaden. Aveva messo qualche soldo da parte:
«Nel caso le cose si mettessero male e ci lasciassi la pelle, vi avverto che ho
una somma di 7 volte 150 rupie di mia proprietà depositata all'agenzia di
Aden».[105]
Dalla relazione di viaggio di Sotiro Rimbaud trasse il 10 dicembre 1883 un Rapporto su l'Ogaden[108] che
inviò a Bardey il quale lo trasmise alla Société de Géographie di Parigi che lo pubblicò nel febbraio 1884. In
uno stile asciutto e sintetico, Rimbaud vi riportò informazioni sulle tribù presenti nella regione, sui loro
costumi, le loro attività lavorative, le strade percorribili, le caratteristiche orografiche e climatiche dell'Ogaden,
la sua fauna e i suoi fiumi. A conclusione del rapporto, Rimbaud rilevava la possibilità di stabilire favorevoli
relazioni commerciali. Il geografo austriaco Philipp Paulitschke, professore all'Università di Vienna e autore di
due studi sulla regione dell'Harar, lo lodò: «Egli è il primo europeo ad aver raccontato l'Ogadina attraverso
un'esperienza personale e le sue osservazioni sono estremamente interessanti».[109] La Societé de Géographie
lo contattò chiedendogli una breve autobiografia, ma Rimbaud non rispose.[110]
Quando gli Inglesi, che dal 1882 avevano di fatto trasformato l'Egitto in un loro protettorato ed erano
impegnati nella guerra contro i dervisci del Mahdi, decisero di sgomberare l'Harar alla fine del 1883, l'agenzia
di Bardey dovette chiudere e trasferirsi ad Aden. Da qui Rimbaud scrisse alla famiglia il 5 maggio 1884 in
termini pessimistici: «sto per arrivare a trent'anni (la metà della vita!) e mi sono molto affaticato a girare il
mondo, senza risultato».[111] Nella casa presa in affitto vicino all'ufficio, Rimbaud viveva con il giovanissimo
domestico Djami Wadai e una giovane donna abissina di religione cattolica, di nome Mariam, alta, magra e
piuttosto bella. A dire di Bardey, Rimbaud si sarebbe molto affezionato a lei e avrebbe anche pensato di
sposarla.[112] In realtà Rimbaud se ne liberò senza tanti complimenti nel settembre del 1886.[113]
Per più di un anno Rimbaud rimase ad Aden, scontento del suo lavoro, finché
nel settembre del 1885 conobbe Pierre Labatut, un avventuriero francese
stabilitosi sette anni prima in Abissinia, dove si era sposato e praticava il
commercio delle armi. In quel periodo il re dello Scioà Menelik II perseguiva
il progetto di unificare la regione assoggettando le diverse tribù. La
prospettiva di un facile arricchimento convinse Rimbaud ad associarsi con
Labatut rompendo il contratto che lo legava a Bardey.[114]
Labatut rimase ad Aden per organizzare la spedizione delle armi, vecchi fucili
Remington non più in uso in Europa da quarant'anni: il loro valore non
superava gli otto franchi, ma si sperava di venderli a quaranta. Rimbaud si
trasferì sulla sponda opposta, a Tagiura, dove era ancora fiorente la tratta degli
schiavi. A fine gennaio 1886 sbarcarono a Tagiura 2.040 fucili e 60.000
munizioni. La carovana con le armi era pronta ad aprile per la partenza, Mariam, convivente di
quando Gran Bretagna e Francia firmarono un accordo per vietare nella Rimbaud
regione l'importazione delle armi. Allora Rimbaud scrisse il 15 aprile al
ministero degli Esteri francese per ottenere una deroga, che a giugno gli fu
segretamente accordata.[115]
Al Cairo si trattenne due mesi e per «Le Bosphore égyptien», il quotidiano in lingua francese diretto da Octave
Borelli, fratello di Jules, scrisse un lungo articolo, apparso il 25 e il 27 agosto, nel quale raccontava delle
difficoltà di estrarre il sale dal lago Assal, della natura del fiume Auasc e dell'esistenza di una favorevole via
commerciale che poteva congiungere lo Scioà a Gibuti, un porto allora trascurato a favore di quello di Zeila. In
ottobre fece ritorno ad Aden.[118]
Nel febbraio del 1888 Rimbaud tornò ad Harar per organizzare una carovana di cammelli che avrebbero
dovuto trasportare le armi lasciate a Tagiura da Paul Soleillet e rilevate da un altro trafficante d'armi, il parigino
Armand Savouré. Il tentativo però non riuscì per qualche oscura ragione e Rimbaud dovette far ritorno ad
Aden il 14 marzo 1888.[119] Tornò tuttavia in maggio ad Harar, mantenuta indipendente grazie a un accordo
franco-inglese, e vi si stabilì aprendo una casa di commercio per le merci più diverse, dal caffè alla gomma,
dalle pelli al cotone, all'oro e all'avorio.
A questo periodo risale la diceria di un Rimbaud mercante di schiavi. Un rapporto del console italiano ad
Aden, Antonio Cecchi, riferiva il 22 maggio 1888 che una carovana di avorio e di schiavi, guidata da un noto
mercante del luogo e da un certo «Rembau», qualificato di agente del governo francese, era stata avvistata ad
Ambos, nello Scioà, il 10 maggio 1888. Analoghe informazioni erano
riportate in un rapporto inglese di giugno, che riferiva di «un francese di nome
Rambon». In realtà, è stato provato che Rimbaud, certamente ad Harar nella
prima metà di maggio, non poteva trovarsi ad Ambos.[120]
La morte
Dimesso il 23 luglio, si stabilì a Roche. Per distrarsi, ogni pomeriggio usciva di casa in carrozza e la domenica
amava sostare nei luoghi più frequentati del paese. Con i primi freddi decise di ripartire per Marsiglia,
accompagnato dalla sorella Isabelle, e fu ricoverato in ospedale il 24 agosto. Se fosse stato bene, pensava,
sarebbe potuto ripartire per l'Africa, ma i dolori alla gamba non erano cessati e le sue braccia perdevano
vitalità. In ottobre l'uso del braccio destro era completamente perduto, il sinistro semi-paralizzato e i medici gli
davano pochi mesi di vita.[125]
Il 20 ottobre Rimbaud compì trentasette anni. Magrissimo, soffriva d'insonnia, e per lenire i dolori ogni sera gli
veniva somministrata una dose di morfina. Sapeva di dover presto morire: «Andrò sottoterra» - disse un giorno
a Isabelle - «e tu camminerai nel sole». Dispose un lascito di 3.000 franchi per il suo servitore Djami e per un
momento espresse il desiderio di essere sepolto ad Aden, vicino al mare. A volte delirava. Il 9 novembre dettò
alla sorella una lettera. Rivolgendosi a un imprecisato «Direttore», immaginava d'imbarcarsi per Suez da un
porto sconosciuto chiamato Aphinar: «sono completamente paralizzato, desidero perciò trovarmi a bordo
molto presto».
Morì il giorno dopo, 10 novembre, alle dieci del mattino. Il 14 novembre la bara con il corpo di Rimbaud
giunse a Charleville e il poeta, accompagnato soltanto dalla madre e dalla sorella Isabelle, fu sepolto nella
tomba di famiglia accanto al nonno materno e a Vitalie Rimbaud.[126]
Opere
Premières proses
Poésies
Lettre du baron Petdechèvre
Lettre du Voyant
Derniers vers
Les déserts de l'amour
Proses évangéliques
Une saison en enfer
Illuminations
Album Zutique
Les Stupra
Lettres
Edizioni francesi
Oeuvres, introduction, notices et notes par Suzanne Bernard, Paris, Garnier, 1969
Edizioni italiane
Poemi in prosa : I deserti dell'amore, Le illuminazioni, Una stagione all'inferno, traduzione di
Oreste Ferrari, Sonzogno, Milano, 1919
Poesie, traduzione di Clemente Fusero, Dall'Oglio, Milano, 1941
Poesie. Una stagione all'inferno, traduzione di Vittorio Lori, Editoriale italiana, Milano, 1945
Una stagione all'inferno, a cura di Alessandro Parronchi, Fussi, Firenze, 1949; poi Sansoni,
Firenze, 1991
Una stagione all'inferno e lettere, traduzione di Orsola Nemi, Longanesi, Milano, 1951
Illuminations, traduzione di Mario Matucci, Sansoni, Firenze, 1952
Une saison en enfer, traduzione di Mario Matucci, Sansoni, Firenze, 1955
Le illuminazioni e Una stagione all'inferno, traduzione di A. L. Zazo, Rizzoli, Milano, 1961
Poesie; Illuminazioni; Una stagione all'Inferno, traduzione di Cesare Vivaldi, Guanda, Parma,
1961
Opere, a cura di Ivos Margoni, Feltrinelli, Milano, 1964
Poesie, a cura di Ruggero Jacobbi, Nuova Accademia, Milano, 1967
Poesie, traduzione di Laura Mazza, Newton Compton, Roma, 1972
Poesie, traduzione di Gian Piero Bona, Einaudi, Torino, 1973
Opere, a cura di Diana Grange Fiori, I Meridiani Mondadori, Milanho, 1975
Poesie, traduzione di Dario Bellezza, Garzanti, Milano, 1977
Poemi in prosa, traduzione di Cesare Vivaldi, Guanda, Parma, 1978
Illuminazioni, a cura di Ivos Margoni e Cesare Colletta, Rizzoli, Milano, 1981
Una stagione in inferno, a cura di Ivos Margoni e Cesare Colletta, Rizzoli, Milano, 1984
Illuminazioni, traduzione di Cosimo Ortesta, SE, Milano, 1986
Poesie, traduzione di Cosimo Ortesta, Guanda, Parma, 1978
Opere in versi e in prosa, traduzione di Dario Bellezza, Garzanti, Milano, 1989
Opere complete, a cura di A. Adam, traduzione di Mario Richter, Torino-Parigi, Einaudi-
Gallimard, 1992
Primi versi seguiti da lettere, prose e versi di scuola, a cura di Marica Larocchi, Mondadori,
Milano, 1992
Illuminazioni e Una stagione all'inferno, traduzione di Alessandro Quattrone, Demetra,
Bussolengo, 1996
Il Battello ebbro e altri versi, traduzione di Alessandro Quattrone, Demetra, Bussolengo, 1997
Una stagione all'inferno, a cura di Davide Rondoni, Guaraldi, Rimini, 1995; Rizzoli, Milano,
2012
Una stagione all'inferno, traduzione di Cosimo Ortesta, SE, Milano, 1999
Poesie e prose, a cura di Paola Ricciulli, traduzione di Bianca Lamanna, Salerno, Roma, 2011
Nuovi versi con un'appendice di lettere e documenti, a cura di Marica Larocchi, SE, Milano,
2004
Non sono venuto qui per essere felice : corrispondenza (1870-1891), 2 voll., a cura di Vito
Sorbello, Aragno, Torino, 2014
Libro pagano, a cura di Antonio Castronuovo, Stampa alternativa, Viterbo, 2014
Opere, a cura di Olivier Bivort, traduzione di Ornella Tajani, Marsilio, Venezia, 2019.
Note
1 Hugo Friedrich, La struttura della lirica moderna, Garzanti, Milano, 1971, p. 63
Bibliografia
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aprile 2015.
(FR) Arthur Rimbaud, Illuminations, Paris, Éditions de la Banderole, 1922. URL consultato il 14
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Jean-Jacques Lefrère, Arthur Rimbaud, Paris, Fayard, 2001 ISBN 2-213-60691-9
Graham Robb, Rimbaud. Vita e opere di un poeta maledetto, Roma, Carocci editore, 2002
ISBN 88-430-2087-0
Elio Ria, Il ragazzo dalla faccia pulita. Saggio su Rimbaud, Villaggio Maori edizioni, Catania
2014 ISBN 978-88-981193-3-2
Tito Lucrezio Caro/Arthur Rimbaud, Alma Venus/Invocation à Vénus, Introduzione di Sandro
Naglia, Roma, IkonaLíber, 2014 ISBN 9788897778301
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