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14 Pagina 1
Spedizione in abb. postale art. 2 - comma 20/C - L. 662/P6 - Filiale Varese autunno 2002
75
C-autunno2002-N.75 13 12 2002 10:38 Pagina 1
IL QUADERNO MONTESSORI
per i genitori • per gli educatori • per i bambini
03 editoriale la salute
40 Il latte di riso
spazio dei lettori Paolo Pigozzi
04 “Rispettiamoli anche in ospedale” 43 Frutti d’autunno: cachi e castagne
cose d’oggi educazione e pace
05 Scuola: pubblica o privata? 45 La collana “Partenze” de
Oppure: pubblica non statalizzata? La Meridiana
Francesco Codello
costruiamo insieme
un argomento per stagione 48 Scatola a quattro forme
08 Il bambino candido d’un tempo 51 Perchè questa rubrica?
Arno Stern
15 Gli ateliers di pittura Stern in famiglia
52 Nonni e nipoti
cronaca di normale violenza Grazia Honegger Fresco
16 Appello!
progetto nascere meglio
segreti del mestiere 56 I vent’anni del “Melograno”
17 Il “filo” di Verona
genitori come frammenti poetici
21 Le parolacce 58 T’ho vista andare...
Carla Levi Leopoldo Verona
DIREZIONE
Grazia Honegger Fresco
Lia De Pra Cavalleri (responsabile)
REDAZIONE
salute: Gudrun Dalla Via
prima infanzia: Mariuccia Poroli, Mariangela Gianni
immagini, cultura: Lia De Pra Cavalleri
pedagogia, esperienze e studi montessoriani: Grazia Honegger Fresco
Hanno inoltre collaborato alla realizzazione di questo numero anche con foto e disegni: Elena
Balsamo, Francesco Codello, Maria Rosa Crescenti, Camillo Grazzini, Fulvio Honegger, Walter
Kostner, Flaminia Guidi, Paolo Pigozzi, Franca Russi, Mirella Sala, Leopoldo Verona e l’asilo ni-
do “Speranza” di Busto Arsizio (Va)
Fotografie: asilo nido di Germignaga (Va), la Maison des Enfants di Champagne en Valromey, la
Scuola Montessori di via Lemonia a Roma, la “Scuoletta di Cartabbia” a Varese, Archivio “Fon-
dazione CISM” di Bergamo, Archivio “Grazia Honegger Fresco”
Anno XIX, numero 75, autunno 2002. La rivista è stata stampata in 1.000 copie
Archivio, pubblicità e amministrazione: Mariangela Colognesi
Direzione, redazione, amministrazione: IL QUADERNO MONTESSORI, via E. Dandolo 2, 21053 Castellanza (Va)
tel. 0331/50.39.51 (preferibilmente il lunedì e il martedì dalle 15 alle 19)
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Stampa: Tipografia G. Tremolada - Lonate Pozzolo (Va)
Autorizzazione: n. 6/84 del 18/12/1984 - Tribunale di Busto Arsizio
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Un numero arretrato si può richiedere inviando l’indirizzo e francobolli per € 5,00.
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oppure tramite banca sul C.C. n. 10/2777 Istituto Bancario San Paolo di Torino, cod. ABI 1025,
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© Copyright by IL QUADERNO MONTESSORI
editoriale
Cari Amici,
Questo numero d’autunno - che esce purtroppo con
un grave ritardo di cui ci scusiamo - comincia con
due contributi (il primo di Francesco Codello, il
secondo di Arno Stern) che vi segnaliamo per la loro
incisività e chiarezza. Ci aiutano a riflettere sulla scuola
in genere e sul ruolo del bambino in quanto allievo o
“studente”: persona o valore economico? E in tal
caso, per chi? A quale prezzo?
La Redazione
cose d’oggi
Scuola:
pubblica o privata?
Oppure: pubblica non statalizzata?
L’Autore, direttore didattico a Treviso, presenta qui una significativa altra via rispetto alle diatribe
politiche che continuano a ignorare bambini e ragazzi nella loro vera realtà. Da tutt’altro angolo
di visuale, ciò che propone coincide in modo significativo con le dolorose riflessioni di Arno Stern
pubblicate a p.5 e con le idee, non meno contro corrente, di Maria Montessori.
Riflessioni di un grande educatore che ha contribuito come pochi altri nel no-
stro tempo ad ascoltare e a rispettare l’infanzia: possono sembrare apocalit-
tiche e senza soluzione. Eppure essa è ancora a portata di mano: in un mo-
do più naturale di nascere, nel rispetto dei primi anni, un’altra scuola, un al-
tro modo di concepire le attività espressive e il tutto dalla parte dei bambini.
L’Autore ci introduce a un concetto insolito cui è giunto attraverso un’espe-
rienza di mezzo secolo e non solo a Parigi, ma in zone non occidentalizzate
della Terra, tra i nomadi della Mauritania o in Afghanistan, in Perù e in Etio-
pia, in Messico come in Nuova Guinea. Ovunque sia andato, quel fenomeno
che egli ha chiamato Formulation (il significato corrispondente in italiano non
esprime affatto la ricchezza e la complessità del concetto) si è riproposto: è
la traccia naturale, la possibilità espressiva della memoria organica 1 . Dice
Stern: “Quando il foglio che accoglie la traccia non viene considerato come
un oggetto che altri guardano e giudicano, l’espressione è liberata da ogni
speculazione e il bambino conosce la vera serenità”.
Davvero una grande scuola!
* L’articoloè tratto da Recto-versau, rivista che si pubblica a Friburgo (Svizzera), aprile 1997.
Le note sono redazionali.
Etiopia Etiopia
(3) Per chi non conosca la modalità di conduzione nel Closlieu, va detto che c’è un solo adulto
presente e che questi si limita a indicare l’uso dei pennelli, del colore, aiuta a mettere il grande
foglio a muro in orizzontale o in verticale come il bambino chiede, sorride e dice pochissime pa-
role. Nessun osservatore è consentito. I presenti sono il più possibile di età mescolate: da po-
chi anni agli adulti, dai più brillanti ai ragazzi con difficoltà. Il Closlieu è un luogo di forte espe-
rienza espressiva proprio perché è libero da ogni forma di giudizio e, quindi, di competizione.
Peru
Nuova Guinea
Messico Niger
(5) Di recente, da più parti, si è sentito dire: ”Non importa come si insegna, ma che cosa e quan-
to si insegna”. D’accordo con Stern noi pensiamo esattamente il contrario.
Appello!
Il “filo”
Ognuno fa come vuole: camminare o no con gli oggetti, con una grande at-
tenzione al passo e quindi lentamente. La maestra preparerà altre sfide inte-
ressanti: una pallina in un cucchiaio da non far cadere, una bandierina da te-
nere ben diritta, una candelina accesa la cui fiamma non deve oscillare, un
bicchiere con acqua colorata da non versare…
Può darsi che dopo molte esperienze, per accendere nuovo interesse o per
sostenere i passi lenti dei bambini si metta una musica lenta, a basso volu-
me: un ulteriore aiuto all’attenzione, ma nulla più.
Per favore, non confondiamo le cose. L’attività sul filo non è “far musica”, ma
solo un mettersi alla prova liberamente per raggiungere un più raffinato con-
trollo dei movimenti.
Le foto sono della Maison des Enfants di Champagne en Valromey di cui abbiamo parlato nel
Quaderno n. 74.
genitori come
Le parolacce
Non occorre essere adulti per gu- D’altro canto noi adulti, che non ri-
stare il piacere del proibito. I bam- sparmiamo improperi e impreca-
bini lo scoprono prestissimo. zioni, se non addirittura bestem-
Dite a un bimbetto di 18-20 mesi: mie - ad esempio alla guida dell’au-
”Non toccare i libri” o “Non tirare to o guardando alla TV una partita,
fuori la terra dal vaso” e si può es- un resoconto politico – siamo i mae-
sere certi che comincerà a ripetere stri dei nostri figli, maestri anche in
l’azione proibita con grandissimo ipocrisia, perché ci vergognamo
gusto, senza capire il senso del NO, se in pubblico un figlio dice le no-
ma giusto per il piacere di provo- stre stesse parolacce e lo sgridia-
care l’intervento dell’adulto. mo sonoramente. Nel chiuso
dell’appartamento invece lasciamo
Le parolacce sono molto “interes- correre!
santi”: insolite, sonore, suscitano
reazioni; le dicono i grandi, ma ai In compenso ci sembra una perdi-
bambini sono vietate. Tutte buone ta di tempo ascoltarlo quando vuo-
ragioni - dal punto di vista infantile le raccontarci qualcosa o fare una
- per farne uso, per insegnarsele re- chiacchierata, s’intende alla pari,
ciprocamente, anche a costo di pu- nel senso che non parliamo solo
nizioni. noi.
Siamo troppo presi da noi stessi
La passione per le parolacce si evi- per cogliere il gusto che molti bam-
denzia specialmente tra i 3 e i 7 bini manifestano a giocare con le
anni. parole, a trasformarle con diminu-
Se in casa non si usano, il bambino tivi e accrescitivi, creando rime, in-
che le impara dai compagni di scuo- dovinelli ed altri effetti sonori.
la a poco a poco le lascia cadere, I bambini sono sempre in cerca di
purché gli adulti non facciano un attenzione affettuosa e basta poco
sobbalzo ogni volta che ne sento- per calamitare il loro interesse, per
no una uscire dalla bocca “inno- alimentare la loro curiosità verso
cente” del figlio. Infatti il suo desi- lidi positivi, mentre la lotta, la con-
derio è di rendersi interessante fi- trapposizione non funzionano mai.
no alla provocazione. Dunque non
vale la pena sgridarlo. Carla Levi
Che cosa si può fare? Qualcuno ad esempio può suonare per loro, al piano
o al flauto, con un violino o una chitarra, semplici melodie a 2 o a 4 tempi, la
cui velocità potrà suggerire il piacere di correre o di marciare, dando ai bam-
bini tutto il tempo - spesso vari giorni - per arrivare a rispondere in modo cor-
retto a ciò che il brano suonato suggerisce: passi lenti, camminare più spe-
dito, correre, saltellare. La musica, se suonata bene, parla direttamente ai
bambini.
Chi non sa suonare alcuno strumento, può ricorrere al canto o - alla peggio -
alla musica registrata. Occorre comunque un buon lavoro di ricerca per la
scelta dei brani.
La canzone non è delle più semplici: bisogna fare gesti che imitano il suonatore
dello strumento ai pi ri pi pi o frin frin o pum pum pum, ma anche ricordare
nell’ordine gli strumenti comprati, concludendo sempre con il pifferello. Del
tutto inadatta ai primi due anni di vita, anche perché piuttosto animata e ve-
loce, è però apprezzatissima dai quattro, cinque anni in su.
Qualcuno chiede: “Ma è tanto carina, perché non darla anche prima, male non
fa di sicuro!”. Il problema è la capacità di organizzarsi un repertorio di qua-
lità, che risponda alle varie età dei bambini, senza anticipare a casaccio o pro-
porre, in mancanza d’altro, canzoni dubbie sul piano musicale e volgari co-
me testo (tipo ad esempio, diffusissima, “La macchina del capo ha un buco
nella gomma”) o stupidamente sentimentali prese dal vecchio repertorio del-
le scuole materne, tipo la celebre Ninna Nanna di Brahms, in fondo così po-
co brahmsiana!
Nella tradizione italiana non mancano certo giochi cantati in cui il canto si
unisce al camminare più o meno veloce, ad esempio:
i girotondi più semplici e quelli con qualcuno al centro a indovinello (“Ho per-
so una pecorella, logi e logià” ); a scelta voluta (“Dai un bacio a chi vuoi tu!”)
o casuale come in “Mamma mamma Pollaiola”; quelli con due gruppi che si
fronteggiano come nelle antiche ballate (“E’ arrivato l’ambasciatore”) o gira-
no in due cerchi (“O mio bel castello, marcondiro, dirondella”); i giochi in fi-
la tipo “Com’è bella la lunga tela” in cui si finisce tutti intrecciati e giochi di grup-
po a gesti come “Chianta la fava, la bella villana”.
Le diverse tipologie di questi antichi giochi non finiscono qui: per secoli nutri-
mento dell’infanzia, nei cortili, per le strade, nelle piazze sono stati quasi del tut-
to spazzati via dal traffico e dalla televisione. I bambini oggi sono sempre più
fermi, poco abituati a correre, a camminare, a ballare negli stessi luoghi dove
danzavano gli adulti e si pretende di rimpiazzare una tale ricchezza di espe-
rienze con le sedute settimanali di psicomotricità che avvengono comunque sot-
to il controllo di uno o più adulti e costituiscono un’attività del tutto diversa.
I giochi della tradizione popolare erano e sono esperienze musicali di prima qua-
lità: nel nostro paese solo i CEMEA - Centri di Esercitazione ai Metodi dell’Edu-
cazione Attiva - e pochi altri gruppi si preoccupano ancora di diffonderli, que-
stione sconosciuta in passato quando erano i bambini stessi a conservarli e a
trasmetterli attraverso le generazioni.
Ciò che offriamo ai bambini deve essere di qualità e la fonte migliore è in ogni
caso l’autentica tradizione popolare che risponde sempre alle esigenze - emo-
tive, linguistiche, sonore - dei più giovani.
L’esperienza musicale con i bambini tra i 3 e i 6-7 anni può essere attuata se-
condo filoni diversi che portino sempre alle loro risposte spontanee basate an-
zitutto sulle reazioni motorie:
1) il repertorio tradizionale di filastrocche (parlate o cantate) e di giochi cantati
2) musica strumentale - un unico strumento - suonata davanti ai bambini o
alla peggio riprodotta tramite dischi, nastri ecc.
3) accompagnamento di canti con piccoli strumenti ritmici
4) esperienza di invenzioni ritmiche con le mani, la voce, il canto, piccoli stru-
menti a percussione
5) musica strumentale a più strumenti (registrata) cui rispondere con il mo-
vimento
La musica eseguita o creata personalmente - con la voce, battendo le mani,
con due bacchette di legno, con un tamburo - è sempre più importante del-
la musica registrata o quanto meno l’una non sostituisce l’altra.
Si dice che non si può fare se l’adulto non è preparato musicalmente. Certo,
una certa preparazione e sensibilità musicale sono necessarie, ma non me-
no essenziale è che chi fa musica sia sensibile nei loro confronti, sappia crea-
re le condizioni per un’interpretazione personale di ciò che viene offerto alle
loro orecchie, inclusa la possibilità di non muoversi del tutto. Un tale clima di
libertà è realizzabile se si sente come prioritario il fatto che ogni bambino ri-
sponda a suo modo, come può; se si rispetta al massimo l’interiorità di cia-
scuno.
B.F.
giochi e canti
Variante delle Tre sorelle con pesca dell’anello, tratta dal volumetto di canti popolari
pubblicato da Suvini e Zerboni, 1935.
Montessori in Italia
Esiste ancora a Roma quella bella scuola, creata da Flaminia Guidi al quar-
tiere Tuscolano, di cui abbiamo lungamente parlato nel n.38 del 1993?
Esiste eccome ed è ancor più significativa sotto certi aspetti.
La sede è cambiata: si trova ora in via Lemonia, proprio a ridosso del Parco
dell’Appia Antica, non lontano da Cinecittà1. La scuola, con molto verde at-
torno e tutta a piano terra, si snoda in tre fabbricati moderni, connessi tra lo-
ro: il primo è la Casa dei Bambini, il secondo accoglie le cinque classi ele-
mentari, il terzo la cucina e le stanze da pranzo.
“Se la scuola esiste ancora, è merito - racconta Flaminia - dei genitori che
non si fecero intimidire dalle difficoltà quando la sede di viale Spartaco, inau-
gurata il 6 gennaio 1957, nel ’95 venne dichiarata inabitabile. La scuola di
via Lemonia, malgrado fosse recente, era già stata rovinata da un incendio
e non faceva bene sperare…I genitori la occuparono, dormendoci a turno
anche con le brande, decisi a non perdere una scuola di qualità per i loro fi-
gli, unica nel suo genere. Vinsero la loro battaglia e nell’ottobre ‘96 la Scuo-
la Montessori del Tuscolano riaprì i battenti”.
Siamo così arrivati all’oggi: circa 100 i bambini dai tre ai sei anni, 125 i ragazzini
dai sei agli undici. Due le maestre per classe per coprire l’orario che va dal-
le 8,30 alle 16,30. La preside è la dottoressa Rita Caruso che con intelligen-
te attenzione capisce il valore di questa esperienza, unica in Italia nell’ambi-
to delle scuole statali. In ogni caso la libertà e l’unicità di questa esperienza
sono giorno per giorno riconquistate alla diffidenza di genitori e di colleghi di
altri sedi che, non vivendola, non riescono forse a coglierne la ricchezza e le
esigenze.
Le bambine stanno preparando una divisione: un numero di perle - non sappiamo quale - sarà
diviso per sette o “tra sette” personaggi, rappresentati da altrettanti coni verdi (il colore delle unità).
La distribuzione avverrà in parti rigorosamente uguali e il risultato sarà dato da ciò che avrà ri-
cevuto ciascuna delle unità.
La scuola - che fa parte del plesso scolastico “Don Filippo Rinaldi” del 101°
Circolo - non è grandissima. Pensata come al solito per ragazzini tenuti fer-
mi nei banchi o per liceali sedentari, corrisponde poco a questi bambini at-
tivi, spesso in movimento: un po’ di spazio in più non avrebbe guastato. Ep-
pure sembra che i suoi abitanti non ne soffrano troppo, abituati come sono a
un genuino, quotidiano controllo dei loro movimenti per rispettare persone e
cose, a cominciare dai più piccoli .
Una bambina di circa 4 anni ha disposto in due lunghe file sul pavimento nu-
merose cornici di legno (incastri piani) e ha messo le piastrelle corrispon-
denti su un tavolo lontano: con molta calma e concentrazione compie un non
facile appaiamento a distanza senza distrarsi, malgrado le tante attività intorno.
Molti bambini vanno e vengono, ma nessuno urta gli oggetti a terra: scaval-
cano la doppia fila o percorrono incuriositi la “stradina” al suo interno…
Dalla Casa dei Bambini alle Elementari tutti gli ambienti sono aperti e comu-
nicanti tra loro: davanti a una delle classi dei piccoli c’è un gruppetto di set-
te-otto anni in ammirazione di un modellino di castello medioevale, fatto a ca-
sa da uno di loro. Anche qualcuno più piccolo è lì a osservare attento e ad
Dopo aver fatto esperimenti, visto immagini e filmati, i bambini vogliono rappresentare l’idea che
si sono fatta dei vulcani.
ascoltare le spiegazioni che il “costruttore” dà del suo lavoro. Alla fine uno di-
ce, tutto contento: ”Grazie, grazie!” e se ne torna in classe.
Flaminia Guidi, seduta in mezzo a loro, mi accoglie con il consueto calore: sem-
bra dimenticare i suoi 97 anni, di cui più della metà trascorsi con i bambini
del Tuscolano, quartiere popolare e sovraffollato. Anche se il passo si è fat-
to più lento e la vista più incerta, la mente è lucidissima e vigile come un tem-
po a ogni sfumatura di comportamento. Una bimba delle più grandi le si av-
vicina poco dopo per dirle: ”Come sono contenta quando viene a trovarci!”.
I bambini avvertono con precisione chi li ascolta e li aiuta e qui, abituati ad
essere rispettati, sanno esprimere con spontaneità e naturalezza i loro sen-
timenti.
Entro con Flaminia nella parte elementare. Le pareti del corridoio sono occupate
quasi completamente dagli scaffali della biblioteca che conserva tutte le ca-
ratteristiche di quella di viale Spartaco. Intorno alle 9,30 un bambino gira per
le classi con un campanello e un cartello per annunciarne l’apertura, mentre
il bibliotecario si installa in attesa dei clienti. Il turno, il registro, la pulizia e il
riordino dei libri sono svolti con responsabilità settimanale dai vari gruppi
classe come in passato2 .
(2) Nel n. 76 verrà presentato un racconto più dettagliato relativo all’organizzazione di questa bi-
blioteca.
A sinistra del corridoio i bambini dai 6 agli 8 anni, a destra i grandi dai 9
agli 11.
Non ci sono porte. All’interno alcune mensole con materiali, piante, scaffala-
ture di libri suddividono e creano zone di ulteriore tranquillità. Le aule tra-
boccano di lavoro: ci sono anche testi scritti in esposizione, calcoli lunghis-
simi e racconti, poesie e documenti fotografici.
Nel corridoio spicca un enorme sole (1m o forse più di diametro) su cui ap-
pare di fianco, a confronto, “la nostra Terra”: una biglia bianco-azzurra, fis-
sata con nastro adesivo trasparente. Un bambino che ha in mano la catena
della potenza di 9 è lì fermo a guardare. Dopo un po’ allunga un indice per
sfiorare la Terra, poi riparte verso il corridoio per stendere la sua catena.
Nelle classi si vedono in contemporanea le attività più diverse: in una delle clas-
si 3-6 anni grande fervore intorno alle lettere. Le adoperano in molti: smeri-
gliate o con l’alfabetario mobile, sono particolarmente grandi, quindi molto
evidenti e più interessanti per questa età. Il materiale sensoriale è in uso un
po’ ovunque e in modo vivace; così pure la “vita pratica”.
Nella Casa dei Bambini ciascuna delle due aule ha i servizi annessi, che - ga-
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L’angolo dei libri nella classe dei piccoli. Per favorire l’ordine i libri sono suddi-
visi per grandezza e per formato. Un’indicazione scritta facilita il lavoro agli adul-
ti e ai bambini che già sanno leggere.
Così dal Nido alla Scuola Superiore. In Italia è raro trovare vari ordini di scuo-
la in sequenza. Vige anzi una rigida normativa di separazione: nella Scuola
di via Lemonia si possono osservare i frutti di un’educazione libera e indiretta
tra i tre e gli undici anni circa. Un bel lasso di tempo!
In queste aule i bambini svolgono tante attività individuali ma scoprono an-
che il piacere di lavorare a coppie o forse in più, con l’impegno a farlo in mo-
do responsabile: le maestre li aiutano a concretizzare, intervenendo il me-
no possibile.
Flaminia osserva: Vedi questa scuola com’è bella? E’ passata interamente nel-
le mani dei bambini. Le maestre li seguono, ma se qualcuna tra loro non ha
capito del tutto il senso di questo guidare senza imporre, senza correggere,
i bambini sono più forti, perché il clima generale di libertà consente loro di rea-
gire con pazienza alle incertezze e alle ansie degli adulti. La situazione è ro-
vesciata.
E’ passato tanto tempo da quando cominciai a vedere questi fenomeni, que-
sto ”periodo sensitivo della cultura” per esempio, che esplode dopo i sei-set-
te anni. In tutti i bambini del mondo si verifica una scadenza simile, alimen-
tata dal gruppo umano in cui vivono. Perché questo periodo sensitivo? La
sensibilità al linguaggio e al movimento che si osserva nei primi anni porta
a conquistare la parola e la capacità di muoversi, di agire, ma questa?
Secondo me, è un fenomeno biologico, oltreché psichico, una sorta di DNA
a un diverso livello che porta alla formazione di nuovi “organi psichici”, alla
comprensione del tempo e dello spazio, dei grandi numeri come del cammino
dell’umanità . Bisognerebbe ristudiare a fondo il 3° capitolo di Come educa-
re il potenziale umano dove Maria Montessori 3 parla dell’inconscio, di come
si sviluppano - e in modo tanto straordinario - le capacità intellettuali dei bam-
bini nella loro seconda infanzia. Ho cominciato sessant’anni fa e nonostante
i mutamenti ambientali la risposta dei ragazzini è sempre la stessa.
Rispondere a ogni età con il cibo - fisico e psichico - di cui l’essere umano
ha bisogno: è questo il segreto di una buona crescita, di uno sviluppo equi-
librato, come lo ha indicato Maria Montessori. Vederlo realizzato con tanto
entusiasmo e con risultati positivi - esempio più che raro nel nostro paese -
fa comunque bene sperare.
G.H.F.
“Apprendere significa svolgere un lungo lavoro. Vi sono ragazzi (nelle nostre scuole) che fan-
no operazioni aritmetiche gigantesche perché spinti da un reale interesse”. Maria Montessori in
Educazione e pace, 1937, p.124.
Questa moltiplicazione è opera di Daniele e di Marco, circa 8 anni, Scuola di via Lemonia.
il lato femminile
Essere donne
in paesi diversi dal nostro
la salute
IL LATTE DI RISO
UN ALIMENTO INTERESSANTE PER I PICCOLI
(E I LORO GENITORI)
In collaborazione con “Il Melograno” di Verona
Molti bambini e numerosi adulti - che alcune stime dicono essere più del
50% della popolazione mondiale - non possono consumare il latte vaccino.
Il latte, infatti, è in questi soggetti spesso causa di fenomeni di intolleranza o
di vera e propria allergia. Studi recenti affermano che l’eccessivo consumo
di latte e dei suoi derivati (o semplicemente la loro introduzione troppo pre-
coce nell’alimentazione del bambino al di sotto dell’anno di età) può favori-
re, nei soggetti predisposti, la successiva insorgenza di aterosclerosi, di in-
sufficienza renale e di altre malattie metaboliche come il diabete.
In Italia la maggioranza della popolazione presenta una qualche forma di in-
tolleranza al latte vaccino.
• I grassi (7 g/l) sono per l’80% insaturi con una netta prevalenza
(70%) dei polinsaturi acidi linolenico e linoleico, indispensa-
bili per il corretto sviluppo delle strutture nervose.
Paolo Pigozzi, medico e giornalista, vive e lavora a Verona. Perfezionatsio in nutrizione clinica e
dietetica presso l’Università di Siena, insegna nei corsi regionali di formazione per Operatori So-
cio Sanitari. E’ consulente presso “Il Melograno - Centri Informazione Maternità e Nascita” di Ve-
rona e di Gallarate. Utilizza professionalmente l’alimentazione terapeutica, la fitoterapia, le tec-
niche idrofangoterapiche secondo il sistema Kneipp e l’omeopatia. Collabora con varie riviste su-
gli stessi temi. E’ autore di numerosi manuali sull’impiego terapeutico dell’alimentazione e delle
piante medicinali. Ha cucinato per tre anni in un ristorante vegetariano e ancora oggi ama traf-
ficare quotidianamente tra i fornelli.
Frutti d’autunno
Si scrive anche Kaki: frutto dorato che fa pensare per il suo aspetto al
mitico pomo delle Esperidi, è originario del Giappone e della Cina. Agli
inizi del ‘900 si è cominciato a coltivarlo in Spagna - regione di Valen-
cia - e di lì si è diffuso in Europa. Oggi è coltivato abbondantemente an-
che da noi. E’ un piacevole frutto zuccherino, profumato, tra il mango
e la pesca, ma deve essere perfettamente maturo, altrimenti, se acer-
bo, contiene tannino per cui è astringente e ben poco gradevole. Tra
ottobre e novembre matura: da giallo assume un colore arancio scu-
ro, diventa molto morbido e lo si mangia , dopo averlo sgusciato dal-
la pelle sottile, con un cucchiaino. C’è chi vi aggiunge, per ravvivarne
il sapore, qualche goccia di grappa o lo consuma insieme a crema o
a gelato (più adatti per i bambini, ovviamente!).
educazione e pace
La collana “Partenze”
de La Meridiana
Alcuni testi sono dedicati in modo specifico alla soluzione dei conflitti, ad
esempio Guerra e pace nella stanza dei bambini della tedesca Verena Som-
merfeld. La bella prefazione di Anna Oliverio Ferraris evidenzia come le pro-
gressive immobilità e passività, imposte oggi di fatto ai bambini, riescano a
scatenare tante loro risposte oppositive e come le soluzioni si trovino spes-
so nella modalità più semplice e diretta: quella del gioco.
In questa collana sono usciti anche alcuni libri di Grazia Honegger Fresco, de-
stinati - come sempre nello stile di quest’autrice - a genitori e a educatori dei
più piccoli: Un Nido per amico sulla qualità che tale servizio dovrebbe avere,
ma anche su temi come la separazione, il bisogno di continuità, l’attenzione
ai particolari che un piccolino esige per star bene lontano dai suoi; Faccia-
moci un dono con tanti suggerimenti di semplici giochi da vivere con i figli e
Senza parole che riunisce in breve tutte le esperienze del Centro Nascita
Montessori di Roma per i cruciali primi tre mesi di vita.
La collana ha molti altri titoli di grande interesse che sarebbe lungo ricorda-
re: la raccomandiamo in toto ai nostri lettori. Per concludere citiamo la si-
gnificativa antologia curata da Daniele Novara (che è anche il responsabile
della collana) di una serie di testi sulla condizione infantile nel mondo attua-
le, tra passato recente e accadimenti attuali, troppo spesso dimenticati se
non occultati. La pace ha invece bisogno di ricordi e più ancora di un’edu-
cazione alla memoria storica. Fra gli autori Frediano Sessi, Andrea Caneva-
ro, Riccardo Luccio, Mario Lodi, Silvia Mantovani. Il titolo è Bambini ma non
troppo / L’infanzia smarrita in un mondo senza memoria e riporta le testimo-
nianze dell’omonimo Convegno tenutosi a Carpi a fine novembre 1999.
Chiara Comberti
costruiamo insieme
ESECUZIONE:
a) carteggiare con molta cura tutti i pezzi di com-
pensato, smussando leggermente anche gli spigoli.
Giorgia, 24 mesi
costruiamo insieme
La Redazione
in famiglia
Nonni e nipoti
Creare legami
Oggi si dà priorità al lavoro, al denaro, alle comodità, alla carriera, insomma
alla sicurezza materiale e molto meno al dialogo e all’attenzione reciproca, tra-
smettendo ai figli l’idea che gli oggetti siano più importanti delle relazioni.
La parola in casa viene usata per sollecitare, esortare, rimproverare, molto me-
no per spiegare con pazienza, per raccontare di sé, del presente come del
passato. Ecco, tutto questo può essere - in parte - salvato dai nonni, se so-
no persone che vivono bene il loro tempo, se ne accettano di buon umore gli
svantaggi, scoprendo l’oro dei molti vantaggi, non ultimo l’amore incantato e
la felicità che vengono dai nipotini.
Sono infatti i più piccoli, presi nella magia dei loro pensieri e della loro fresca
creatività, ad essere i più generosi verso i nonni con la loro tenera e inesau-
ribile ammirazione. Poi, crescendo, cambiano: diventano - giustamente - più
critici verso gli adulti o, nell’adolescenza, talvolta insofferenti, se abituati agli
egoismi dell’avere e del primeggiare a ogni costo.
Allora sarà troppo tardi per intessere legami. Nell’oggi, anche non facile, non
conviene perdere i rapporti dei primi anni e, pur senza soffocare con una
continua presenza la nuova famiglia, offrire con discrezione e buon senso il
proprio aiuto.
Occorre dire che, a sessant’anni e più, molti anziani si ritrovano ad accudire
a tempo pieno bambini pesanti da prendere su e giù, vivacissimi e per que-
sto occasione di contrasto con i loro genitori circa abitudini, cibi, Tv e altro an-
cora. Accade anche che il tutto venga “preso” senza neanche un grazie o qual-
che tangibile segno di riconoscenza. Oppure si affidano i figli agli anziani,
ma con mille critiche. I nonni, pur efficienti, vengono considerati a volte anti-
quati, incompetenti e tali finiscono per sentirsi, quando scienza e conoscen-
za dei bambini sembrano essere solo del pediatra, dello psicologo, dell’edu-
catrice o della maestra. Così, al minimo guaio, tutti “vanno in ansia”, come usa
dire: si consulta l’esperto e si diventa ciechi davanti alle soluzioni più semplici,
ai vecchi rimedi (incluso il bacio sul ginocchio ammaccato per consolare)
che gli anziani conoscono bene, ma che sentono del tutto svalutati.
Immagini dai Ricordi di Mirella, stampato in proprio nel corso di quest’anno. E’ un libro di affet-
tuose memorie scritto da Mirella Sala per Luisa, l’amata sorellina molto più piccola di lei. Una vi-
ta di famiglia, prima della seconda guerra mondiale, che sa ancora di quiete, di campagna co-
me di teneri affetti, di piatti semplici di cui s’indovina il profumo. Mirella racconta - dei nonni, de-
gli zii, della mamma perduta così presto - alla bimba di allora che di queste persone e cose ha
sentito solo parlare.
…Nelle tasche del nonno c’erano tante cose interessanti e utili: un temperino che serviva a fare
la punta alle matite e a costruire gli stuzzicadenti con i rami di pino, e una piccola lente di in-
grandimento, in ottone. Per fare le passeggiate indossava gli stivaletti di cuoio con i chiodi sul-
la suola e una chiusura composta di tanti piccoli ganci (…) Lo accompagnavamo nei boschi. Cam-
minava con passo lento, cadenzato. Il bastone con la punta di ferro ritmava il suo passo, tintin-
nando sui sassi. Si fermava spesso per richiamare la nostra attenzione, per farci odorare il pro-
fumo della legna appena tagliata e della resina”.
Ecco come un bambino guarda e fissa nella mente particolari, grazie ai quali i ricordi diventano
sostegno, legame, nostalgia. La memoria vi si alimenta e aiuta a capire la vita. Beato chi ha sem-
plici ricordi come questi e può mantenerli vivi!
[Ringraziamo Mirella Sala, sorella della nostra amica Maria Luisa che ha saputo animare scuole Montessori
a Vicenza e dintorni, per il libro che ha voluto donarci.]
Il “Melograno” di Verona
ha compiuto vent’anni
* Si trova a:
VERONA, via Villa 12 - tel. 045 8300908
GALLARATE, via Giusti 10 - tel. 0331 701542
ROMA, via Saturnia 4/a - tel. 06 70475606
ANCONA, v.le della Vittoria 48 - tel. 071 35333
VICENZA, tel. 320 0888671 - 347 2373120
TREVISO, via Benzi 84 - tel. 0422 402828
Una curiosa pubblicità del 1904: a sinistra re Vittorio Emanuele III e sua moglie Elena, a destra
lo zar Nicola II e la zarina Alessandra reclamizzano il latte “maternizzato” Defas, “venduto da per
tutto”. In alto la scritta assicura Un milione di guarigioni ottenute ogni anno in Francia.
Autore dell’affiche (120 x160 cm) Eugène Ogé (1861 - 1936).
Come si vede, la lotta al latte materno viene di lontano: se oggi la tendenza si è un po’ modifi-
cata e si valorizza maggiormente l’allattamento al seno a partire dai bambini prematuri è merito
anche dei gruppi “nascita” diffusi sul territorio nazionale - in prima fila i Melograni - animati da
donne decise a far valere i diritti del neonato per il benessere insostituibile delle nuove famiglie.
frammenti poetici
LEOPOLDO VERONA
Nelle parole del poeta la bellezza e l’incanto per l’amore di una madre
verso il suo piccolo.
notizie da...
FIRENZE
E’ stata fondata l’Associazione Tutteletà al fine di pro-
muovere un nuovo modello di case “per” anziani,
che non siano più di “riposo” forzato, di noia e di
solitudine, dominate dalle cure mediche, ma “attive”,
allargate anche ad altre età, con spazi comuni e al-
tri privati, inserite nel tessuto sociale con una ge-
niale forma di conduzione.
Chi è interessato può rivolgersi alla Segreteria pres-
so Clara Erede, Sdrucciolo de’ Pitti 5, 50125 Firen-
ze, tel 055. 291.034; E-mail clarerede@yahoo.it.
studi montessoriani
Educazione interculturale:
e Maria Montessori ?
(1) Essenziali furono i contributi del figlio Mario Montesano Montessori e di una sua allieva, Lina
Wikramaratne. Vedi la loro testimonianza in Montessori, perché no? Franco Angeli, Milano 2000,
a cura di Grazia Honegger Fresco.
(2) In Dall’infanzia all’adolescenza, Garzanti, Milano 1970.
(3) Vedi Educazione e pace (che raccoglie conferenze sul tema dal 1932 al ‘39), Garzanti, 1964,
p. 31.
gressivo, di scoprire, esplorare, spe- Molti altri sono i punti di contatto non
rimentare. E’ la base indispensabi- ancora esplorati tra pensiero mon-
le perché si sviluppino in seguito la tessoriano e prassi educativa delle
conoscenza, il senso di meraviglia culture tradizionali di ogni conti-
e di ammirazione. nente, tanto che meriterebbero
Questa è anche la strada migliore un’indagine più approfondita, indi-
per evitare che il disagio sociale e spensabile dato il contesto cultura-
culturale di chi si sente estraneo in le in cui viviamo.
un mondo che non gli appartiene si E’ urgente riscoprire e riproporre,
trasformi in fallimento scolastico, di- anche da nuove angolazioni, il mes-
sturbi psichici, razzismo, aggressi- saggio di Maria Montessori, por-
vità, violenza. tando avanti l’opera cui dedicò l’in-
In un’ottica di ascolto individualiz- tera sua esistenza : educazione co-
zato quale è quella montessoriana, me aiuto alla vita .
si può immaginare e realizzare la Il suo pensiero, lungi dall’essere ob-
scuola - ha ipotizzato Marie-Rose soleto, è più attuale che mai. Le sue
Moro4 - come una struttura meticcia proposte di approccio al bambino
in cui tutti hanno un posto. In essa il potrebbero darci la chiave per ri-
bambino arrivato dal Maghreb, dal solvere tanti problemi che affliggo-
Ghana o dal Bangladesh può sentirsi no la società odierna.
accolto come un ospite portatore di E’ venuto il momento di ascoltare la
doni e di ricchezza, unico e specia- sua voce. Con umiltà. Per il bene
le nella sua diversità, al pari di ogni dei nostri figli, dei nipoti, dei bambini
bambino che viene al mondo. di oggi e di domani, di qui e d’al-
trove.
L’impostazione Montessori ci pare
quanto mai adatta a favorire l’inte-
grazione di bambini di culture di-
verse: attraverso l’approccio sen- Elena Balsamo
soriale o le attività di “vita pratica” in
cui l’utilizzo del linguaggio verbale Pediatra a Bologna ha fondato l’Associazio-
ne Bambarán che accoglie mamme e bam-
è ridotto al minimo indispensabile, il bini di etnie diverse.
contatto tra coetanei è immediato. Di lei si veda il libro, bello e molto efficace,
L’imparare facendo è poi metodo- su bambini immigrati e modi di cura dal tito-
lo Mille modi di crescere, FrancoAngeli, Mi-
logia tipica dei sistemi educativi tra- lano 2002. Un altro suo contributo è appar-
dizionali di tutti i popoli. so sul Quaderno n.64, p.56.
(4) Marie-Rose Moro, psichiatra infantile e docente universitaria in psicologia transculturale, la-
vora a Parigi. Suo il bellissimo Enfants d’ici, venus d’ailleurs / Naître et grandir en France, Ed. La
Découverte, Paris 2002, p. 32.
1) Nina si veste scegliendo gli indumenti tra altri oggetti dello stesso
colore. Per giocare insieme ai suoi amici di pezza e al gattino, la
calzamaglia diventa un berretto, il maglione, un pantaloncino. Il re-
sto…è tutto da scoprire !
2) Un boccone per Nina : Nina questa volta si diverte con il cibo, in-
sieme al suo coniglio di stoffa e al gattino. Per scoprire che cosa ab-
bia scelto per sé e per i suoi amici, bisogna aprire le finestrelle del-
la pagina e controllare se hai indovinato i gusti di Nina.
La nostra opinione: Sono due libri cartonati con le pagine animate da finestre
che, una volta aperte, non rivelano tanto un oggetto nascosto quanto cambiano
completamente l’immagine originaria. L’unico difetto è la scarsa consistenza
del cartone. D’altro canto è necessario aprire completamente le finestre per
avere un’immagine che si sovrapponga in modo corretto. Si rischia però il di-
stacco della finestrella. E’ un peccato: consigliamo di rinforzare la parte pie-
ghevole con plastica adesiva trasparente.
Una buona disposizione dei libri ad altezza dei bambini invita di per sé alla scelta diretta e al pia-
cere di guardare. Dalla rivista VEN (“Vers L’éducation nouvelle”) dei CEMEA francesi, n.456, autunno 1992.
Ma non basta una libreria invitante: occorre un posto gradevole per sedersi e
per guardare secondo il proprio personale interesse (foto dalla miniscuola di
via Bertini a Varese, oggi trasferitasi in zona Cartabbia).
un libro da conoscere
Raniero Regni
Geopedagogia. L’educazione tra
globalizzazione, tecnologia e consumo
Armando Editore, Roma 2002
Geopedagogia: una nuova invenzione? Piuttosto una riflessione, nello stile brillante
e insieme ricco di riferimenti che è proprio di questo Autore, su una semplice do-
manda: dove si situano oggi la pedagogia, l’educazione nel momento in cui si stan-
no verificando cambiamenti epocali accelerati al massimo, dei quali la maggioran-
za di noi non ha alcuna consapevolezza? Li subiamo, ma non li conosciamo.
Parole come mondializzazione, globalizzazione ci risuonano intorno di continuo,
ma in realtà ne ignoriamo i tanti significati e le ricadute che esse assumono nel-
la vita d’ogni giorno. E non è solo una questione economica quella che divide il
mondo dei pochi ricchissimi dai milioni e milioni di poverissimi.
La globalizzazione , dice Regni, l’abbiamo scoperta con Chernobyl. Le distanze
vengono annullate, ma se ne avvertono altre non meno minacciose. Ieri i cam-
biamenti erano lenti e locali, oggi immediati e globali. La tecnologia invade ogni
aspetto della nostra quotidianità, ci colma di informazioni, ma non di cultura uma-
nistica, rispettosa dell’individuo. Scienze relativamente nuove come l’ecologia e l’eto-
logia mettono ancor più in crisi saperi e certezze. Stiamo andando verso la “Na-
zione Unica” che aveva preconizzato in positivo Maria Montessori o cominciamo
a temere un mondo tutto americanizzato oppure è altro ancora che ci minaccia?
Regni si chiede il senso di tanta omologazione che tocca la scuola in modo al-
larmante: ovunque - da Londra a Quito, da Nairobi a Roma, da Parigi a Hong
Kong - vige lo stesso modello pedagogico: vacuo quanto oppressivo, un model-
lo che ignora l’individuo per addomesticarlo a fini produttivi e di non-pensiero.
La sfida che abbiamo davanti è quella di reagire con una educazione nuova, plu-
riculturale e interculturale, che tenga conto delle nuove esigenze ambientali , ma
anche dei rischi cui sono esposti i più giovani, indeboliti dalla passività del con-
tinuo gioco e dello spettacolo banale, incapaci di sostenere l’incertezza, di imparare
da essa, di assimilarla come strumento di rottura e di apertura al nuovo.
E’ urgente riscoprire le connessioni possibili tra ambiente e cultura, tra passato
e futuro, tra spazio culturale e luogo geografico, tra filosofia e politica, non per
uno sterile dissertare, ma per rifondare uno sviluppo umano che si basi su
un’ecologia dell’educazione.
Un secolo fa l’Ufficio Internazionale dell’Educazione, il prestigioso BIE di Gine-
vra, lanciava un vasto progetto per l’educazione nuova. Oggi, su uno scenario
completamente modificato e con analoghe, ancor più pericolose minacce di
guerra, urge ricominciare daccapo per un’educazione nuova, utopia concreta
per il terzo millennio.
G.H.F.
DOCUMENTO
– XXXVII –
Camillo Grazzini
Di certo, anche la morte di tifo della sua piccola Milena, di non ancora nove
anni avvenuta nel 1939, induce Eleonora Caprotti sposata a Paolo Honegger
a trovare sollievo al dolore, aiutando i bambini - altri bambini.
Vive con la sua famiglia - ha altri due figli maschi maggiori di Milena - a Tor-
re Boldone (paese alle porte di Bergamo, sulla direttrice per la Valle Seriana).
Qui ha sede il Cotonificio Reich, di cui il marito dirige la filatura come pure
la tessitura che, invece, è dislocata in città. La famiglia Honegger abita nella
villa adiacente all’opificio e qui ospita, negli anni più difficili della II Guerra
mondiale (1939-1945), una numerosa famiglia amica. Poi, nel 1946, accoglie
una ventina di bambini, sfollati da Torino duramente bombardata.
è a Celle Ligure, piccolo comune contiguo a quello più grande di Varazze, en-
trambi in provincia di Savona, nella riviera di ponente, sulla linea Genova-
Ventimiglia. La colonia montana è a Piazzatorre, comune bergamasco a una cin-
quantina di chilometri dal capoluogo, in valle Brembana, ad un’altitudine di
900 metri.
(1) Fondo don Agostino Vismara. (Faldone 1, busta ‘e’, fascicolo 4: Corrispondenza inviata dalla signora
Eleonora Honegger Caprotti); custodito presso l’Istituto Bergamasco per la Storia della Resistenza e dell’Età
Contemporanea.
Si ringrazia l’ISREC per la consultazione di questi documenti privati e per aver concesso la riproduzione
di parte di essi.
Eleonora Honegger Caprotti e Rosy Joosten Chotzen, allora Segretaria Generale dell’AMI - Association
Montessori Internationale.
Foto scattate nel 1967 a Noordwijk aan Zee, sul Mare del Nord e nella provincia Zuid-Holland (Olanda me-
ridionale), al centro della zona dei tulipani.
Ne “Het Huis aan Zee” (La casa al mare) - allora proprietà della famiglia Pierson - morì Maria Montesso-
ri (6 maggio 1952) e nel 1965, vi vennero girate scene di “La spia che venne dal freddo”, film inglese con
Richard Burton.
Nel 1948 anche Antonia Trezzi, giovane maestra, entra a far parte del gruppo
di volontari che lavorano nell’Opera bergamasca, e qui incontra l’energica
Eleonora “che, con altri, - scrive don Vismara - ha fondato il ‘corpo delle vi-
gilatrici volontarie’”.
Un mattino entrambe informano l’ufficio che, nello stesso pomeriggio, hanno
un impegno a cui non possono sottrarsi. E Trezzi e Honegger si incontrano, con
sorpresa reciproca, all’inaugurazione di quel corso Montessori che segnerà la
loro vita per il successivo quarantennio.
Così, nell’estate del 1949, entrambe frequentano in Bergamo il corso nazionale
Montessori - il primo nell’Italia del dopoguerra - diretto da Giuliana Sorge, al-
lieva e collaboratrice illustre di Maria Montessori.
Eleonora Honegger ha più volte raccontato dell’entusiasmo che tale corso di
Sorge suscitò in lei e nella sua compagna e come questo l’avesse spinta a crea-
re una scuola nuova e, inoltre, quanto fosse stato importante per lei, libera pen-
satrice, l’apprezzamento favorevole e il sostegno costante di don Vismara an-
che in questo.
(2) Ved. ne Il Quaderno n. 57/1998 il Documento XXVII La Casa dei Bambini di Sombreno e l’opera di
Myriam Agliardi Gallarati Scotti, a cura di Camillo Grazzini.
Cinque anni più tardi - è il settembre 1954 - la Scuola si trasferisce nel nuo-
vo edificio al 31/A di viale Vittorio Emanuele II alla cui erezione, insieme con
altri soci, Honegger ha contribuito con proprio patrimonio personale.
(3) Sul CISM di Bergamo è apparso un documentato articolo di Camillo Grazzini ne Il Quaderno n.65/2000,
p. 55 e seguenti.
Scuola che ama soprattutto per gli uomini liberi e responsabili che sarebbero
diventati, sia gli studenti del “suo” Centro che vuole abili suscitatori di entu-
siasmo.
Non è sempre agevole lavorare per e con lei: di sera non le si può riferire nul-
la di sgradevole o di preoccupante, perché ti dice che altrimenti non può dor-
mire; ma di giorno, se tenti di discutere problemi relativi alla scuola o al cor-
so, ti dice che non ricorda nulla e che è confusa e che, infine, poichè è fatta co-
sì, bisogna prenderla com’è. Ecco un’Eleonora Honegger maestra anche in quel-
la collaudata e potente tecnica di sopravvivenza che consiste nell’usare le pro-
prie debolezze (presunte o reali) come decisivo strumento di forza.
Come quando - e sono esempi lievi - decide di non vedere che, al termine del-
la festa di Natale, alcuni studenti del corso sottraggono bottiglie e panettoni
non aperti e da lei personalmente offerti. Come quando acquista indumenti a
quegli studenti che la informano di non averne altri e di partecipare alla con-
segna dei diplomi nella sala consiliare del Comune di Bergamo, indossando jeans
tagliati e sfilacciati al ginocchio...
Come quando una studentessa italiana del corso contesta la decisione di Ho-
negger di negarle il diploma per non aver tenuto in alcun conto la nota di re-
golamento (relativa al numero delle assenze consentite) perchè espressa sol-
tanto verbalmente, invece che per iscritto. Honegger esce dalla stanza, sbat-
tendo la porta: per lei la faccenda è definitivamente conclusa. La studentessa,
invece, ricorre all’autorità scolastica e il Centro le deve rilasciare il diploma!
Per concludere
I. F. - studentessa inglese (ma di origine greca) del corso internazionale svol-
tosi nell’anno 1981/82 - in occasione della morte di Eleonora Honegger ci ha
scritto:
“La ricordo in maniera vivida e con grande affetto perchè, durante
il mio anno in Bergamo, la signora Honegger fece lezione fre-
quentemente. Alcuni giorni entrava nell’aula, apparendo fragile
e stanca. Tutti noi ci domandavamo se sarebbe stata capace di im-
partire la lezione. Comunque, bastavano dieci minuti nell’argo-
mento, perchè si illuminasse e pronunciasse le sue parole con ta-
le forza, convinzione ed entusiasmo che, alla fine, eravamo noi stu-
denti a sentirci fragili e stanchi, mentre la cara Signora avrebbe
potuto continuare per ore! Si dava interamente al lavoro e tra-
smetteva con chiarezza e appassionatamente il suo amore per il
Montessori. Ho molte ragioni per ringraziarla e la ricorderò sem-
pre con stima e gratitudine.”
Per tutti noi Eleonora Honegger è stata una pioniera: con le generosità, talora
le ambiguità, i sogni, le impazienze, gli slanci e le semplificazioni talvolta ro-
vinose che accompagnano chi si fa scopritore e promotore di nuove possibi-
lità di vita per l’essere umano. La sua terra sconosciuta era il Movimento Mon-
tessori che vedeva come ‘aiuto alla vita’, come scuola moderna ‘dalle porte
aperte’, con alunni raggruppati per interessi, invece che per età.
© Camillo Grazzini
Ricordiamo che di Eleonora Honegger Caprotti abbiamo brevemente parlato su Il Quaderno in più occasioni:
• sul n.31-32 (1991-2), p.86 e 95 nei ricordi di Ursula Thrush
• sul n. 45 (1995), p. 111 e 120, Documento XX.
Eleonora era speciale: dal momento che non aveva alcun titolo
di studio ufficiale ed era di modi semplici, modesta nei rapporti
con le persone, non sempre era considerata da coloro che la cir-
condavano come sarebbe stato giusto. Forse non ci si rendeva con-
to che era un essere umano fuori del comune, la personificazio-
ne di un maestro elementare quale lo aveva immaginato Maria
Montessori.
Nel pomeriggio lavorava con noi adulti sugli stessi temi e il ri-
sultato era davvero affascinante.
(4) Ursula, mancata purtroppo quest’anno, è molto nota nel movimento Montessori per
aver fatto conoscere il progetto di educazione cosmica come strumento di formazione a
sentimenti di pace. La ricorderemo più diffusamente nel prossimo numero.
Anche nella sua vita privata Eleonora H. agiva con il cuore. Di-
cevano che avrebbe voluto avere una sua casa nella riviera ligu-
re, ma che dopo la morte del marito (nel 1952) che pure le ave-
va lasciato denaro sufficiente per realizzare il suo sogno, avesse
preferito sostenere la costruzione della Scuola Montessori di Ber-
gamo, eccezionale palestra di osservazione per gli allievi dei cor-
si venuti da ogni dove, come me. Senza la sua generosità non ci
sarebbe stato un così diretto tirocinio, un così preciso addestra-
mento al lavoro Montessori, quello che appunto da allora ha per-
messo nelle scuole elementari sparse sul pianeta la diffusione
dell’educazione cosmica , porta d’ingresso alla pace.
Grazie Eleonora. ConoscerVi è stata un’esperienza deliziosa. La
vostra integrità e le vostre azioni hanno testimoniato un amore in
ciò che credevate più forte di qualunque discorso.