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Marta

Fassina
Portfolio
febbraio, 2020
Con inconclusa dissolutezza vago sui margini
attraverso i giorni in un mondo piccolo dai parcheggi stretti.
Rivesto il nulla qualsiasi rendendo ogni posto altrove
assonnata d’assenza inseguo gli interpreti delle mia visione.

Statement
Ho deciso di non specializzarmi in un mezzo. Cambio materiale e tecnica a
seconda delle possibilità, dei limiti reali che si vengono a creare, dell’interazione
con le persone e del contesto in cui sono chiamata a operare. Tuttavia prediligo
il linguaggio fotografico e video che medio attraverso un approccio concettuale.
Dopo un anno di studi trascorsi a Bogotà in Colombia indago gli aspetti che mi
determinano in quanto bianca, privilegiata e occidentale.
Ho intrapreso un percorso come educatrice sessuale indagando la sessualità, il
genere e i meccanismi attraverso cui si generano pregiudizi e stigmatizzazioni in
ambito sociale.
Statement

Lavori selezionati
Ea boca no se straca se no sa da vaca - 2020
Cambio - 2020
After (Effects) Sex - 2019
Merli rossi - 2018
Piante esotiche per persone emotive - 2018
Archivi - 2018
Da bambina andavo a sbattere le cose - 2018
Dime algo - 2018
Atracadora mentirosa - 2018
Triangolo nero - 2017
Studio su presenza - 2016
Smetto quando voglio - 2016
Fallimento romantico - 2015
Resistenza a distanza - 2015
Occupazione momentanea - 2014

Progetti curatoriali
Ormeggi #0 - 2015
Fac Museum - 2015
Flea Market- 2015

Cv
Contatti
Ea boca no se straca se no sa da vaca abitudini alimentari ancora dominanti. Il dialetto riecheggia l’abbon-
Stampa su metallo in rilievo danza e la presunta necessità di un alimento “materno”, derivato
30cm x 1,75cm, 0,4cm appunto dalla femmina di un’altra specie. La frase significa che non
installazione a parete ci si puo sentire sazi, quindi davvero soddisfatti se la bocca non sa
2020 di vacca. Mi sembra sia presente un’aspirazione di eterna giovinezza
nel far uso di latte per tutto il corso della vita e non solo durante i
Un privilegio raro che non si pensa con frequenza è quello di non primi anni di vita.
essere mangiati da nessuno. Cosa significherebbe sentirsi mangiati La nostra cultura millenaria diffonde l’idea fallace per definizione,
e non mangianti? Questo lavoro nasce delle considerazioni espressa che che se si è sempre agito in un certo modo, ci saranno delle buo-
dall’antispecismo. Il modo in cui si mangia e ci si veste, i prodotti ne ragioni per continuare a farlo. Anche Mark Fisher diceva “Una
che si consumano, in generale non descrivono solo le nostre abitu- cultura che si limita a preservare se stessa non è una cultura”. Il mio
dini, ma raccontano come interpretiamo il nostro ruolo nel mondo. obiettivo è innescare delle problematicità rispetto a queste scelte.
Dove normalmente vediamo un limite si aprono nuove possibilità,
non mangiare questa mucca puo significare infatti sforzarsi di com-
prendere che tipo di individuo è, cosa puoi fare con lui, quanto puoi
imparare da questa forma di vita. Cercando di esulare dalla retorica
e il senso di colpa, sto cercando di sviluppare dei lavori, (questo il
primo) che trattino in diversi modi le istanze cardine di questa cor-
rente di pensiero. Le sue radici affondano nella visione antropocen-
trica e specista in cui si attribuisce un diverso valore e status morale
agli esseri umani rispetto alle altre specie animali.
La scritta recita un proverbio che mi ricorda alcuni momenti a
tavola passati con mio padre e i nonni. La frase si puo dire incarni le
Ea boca no se straca se no sa da vaca, 2020, vista video istallazione frontale
Cambio
In corso - corto documentario
2020

Durante la XVI edizione del Lago Film Festival (TV), insieme a Michela Fontana
e Francesca Artiglia, ci siamo avvicinate agli abitanti di Lago per capire come
quest’evento abbia modificato o alterato le loro vite. Il borgo è da sempre una
realtà a se stante, contenuta e intima. Il Festival è riuscito nel tempo a stravolger-
ne i ritmi facendosi apprezzare a molti e cadendo in disgrazia ai più irremovibili
e all’antica. Quest’anno è stata un’eccezione: a causa delle norme preventive per il
Covid 19, l’edizione è stata limitata quindi molti elementi caratteristici come lo
schermo sul lago, le performance all’interno dei borgi e i workshop sono spariti.
Partendo da questi elementi ci siamo interrogate sull’assenza del Festival e di
come questa venisse più o meno percepita dai suoi abitanti.

Cambio, 2020, alcuni frame delle riprese presso Lago (TV)


Cambio, 2020, alcuni frame delle interviste a Lago (TV)
After (Effects) SeX
01:45, 1080x1080,
2019

Uno dei domini più comuni dove poder godere di contenuti pornografici è l’or-
mai noto sito .xxx. La forma corretta da pronunciare è ”dot triple-X”. La sigla xxx
infatti viene associata alla pornografia perché sembra che letto in inglese “ecsec-
secs” risuoni “sexsexsex”. Secondo Wikipedia, .xxx è un dominio usato da una
classe particolare di aziende o organizzazioni che sono registrato dalla ICM Re-
gistry e che gestisce i domini patrocinati (sTLD) come anche.porn, .sex e .adult,
per i siti che trattano di erotismo o pornografia. In realtà XXX ha un significato
in tantissimi ambiti, tra cui la semplice messaggistica inglese, in cui si usa XXX a
fine messaggio per dire “baci baci baci”.
Mi concentro sui cliché che ruotano attorno al mito romantico dell’amore, al
tabù del sesso e alla sessualizzazione dei corpi. Il porno e specialmente la iper
sessualizzazione del corpo femminile, rientra in un’immagine saturata di ovvietà.
L’immaginario che ne deriva propone principalmente contenuti standardizzati
ed eteronormati in cui corpi, pratiche e narrazioni sono ripetitive, fallocentriche,
sessiste e spesso violente. Il lavoro alterna immagini d’archivio di note porno
star, i primi spogliarelli di inizio Ottocento fino ai passaggi che utilizzano emoti-
After (Effects) SeX, 2019, 1080x1080, 01:45, still da video
Mappatura su un cubo 15x15 con l’elemento centrale della X estruso. con e visualizzazioni da smartphone.

Il mini mapping è stato concepito durante il Corso di Video Mapping Specialist


Under 35, presso Cescot, Padova grazie al coordinamento con Andrea Gion,
Lorenzo Beccaro e Davide Gianese.
After (Effects) SeX, 2019, 1080x1080, 01:45, still da video
Merli Rossi scrivere qualunque cosa si ha voglia di scrivere. Escogiteremo delle
Workshop per bambini (dai 7-12 anni) tecniche per rimuovere la responsabilità dalla personalità. “Quando
con Isabella Nardon agisci o parli spontaneamente sveli il tuo vero io, che è il contrario
Traffic - Festival delle Anime Gentili, San Lorenzo del Campo (PU) dell’io che sei stato addestrato a presentare”.
2019 Chi fa l’esperienza di immaginare qualcosa “senza sforzo” e “senza
scegliere” dovrebbe capire attraverso questo gioco che non deve
Si è preso spunto da un un workshop con Jon Rafman e dagli fare niente per immaginare, né ha bisogno di fare qualcosa per rilas-
esercizi che adotta per l’ideazione dei suoi lavori. Sulla scia delle sarsi o percepire. Il nonsense deriva da un processo di distorsione e
suggestioni che questo laboratorio ha lasciato, sono stati riadattati richiede tempo. Bisogna considerare il proprio pensiero, decidere se
alcuni esercizi, senza alcun fine, credendo sia possibile permettersi la ci svela, e poi distorcerlo o rimpiazzarlo con qualcos’altro. Il cervello
libertà di farlo. costruisce l’universo per noi, com’è possibile rimanere bloccati per
un’idea? Le persone che si prestano a giocare esitano non perché
Merli rossi decide di concentrarsi sul nonsense servendosi di manua- non hanno un’idea, ma per celare quelle inappropriate che arrivano
li provenienti dall’ambito del teatro e nello specifico dell’improvvisa- inaspettatamente. In qualche modo si tratta di annientare la scelta
zione. in quanto delimita cosa può uscire da noi, come una sorta di filtro.
Ci è interessato favorire la sperimentazione del linguaggio nonché Lavorare sulla spontaneità, l’improvvisazione e la dissoluzione del
una momentanea dissoluzione di senso e giudizio. Non crediamo giudizio ci svela, permette di accedere più facilmente alla nostra
questo sia un metodo per produrre una grande letteratura ma si pos- identità e in qualche modo tornare a casa, in noi.
sono far inventare storie anche a persone che prima affermavano di Gli esercizi in forma di giochi vengono trasformati in racconti e
non riuscire a pensarne nessuna. Quello su cui lavoriamo è favorire disegni. Il secondo giorno si sono svolti altri esercizi in luoghi diversi
“libere associazioni”. Per questo bisogna creare un ambiente in cui del paese, luoghi suggeriti che per loro sono importanti. Si cerca di
non si sarà puniti o ritenuti responsabili per le cose che capire quanta influenza rivesta il luogo che ci circonda sulla libera
l’immaginazione fornirà ad ognuno. È importante incoraggiare a immaginazione.
Workshop con Merli Rossi, 2019, particolare,
Biblioteca Comunale, San Lorenzo del Campo, (PU),
Traffic - Festival delle Anime Gentili
Workshop con Merli Rossi, 2019, terza giornata conclusiva con l’attività “La città immaginaria”
Piante esotiche per persone emotive
Screen recording di video preferiti
06:25, 750 × 1334
installazione a parete, dimensioni variabili
2018

Mi colloco in alto affinchè nessuno mi possa vedere. Prendo le scale mobili.


Mi servo delle foglie di anturie per nascondermi in modo scenografico. Non
devo comprare nulla e mi metto ad osservare chi anima il centro commerciale
El Retiro a Bogotà. Le piante in questo contesto vengono utilizzate come orna-
mento decorativo. Io con loro sono presente senza essere vista. Imito lo sguardo
del voyer conferendo a un non luogo un atmosfera sensuale, sfumata di rosa,
costruita da un respiro di pause e appuntamenti. Mi approprio del tempo rimo-
dellando una situazione reale intimamente dal mio cellulare. Un tempo libero
senza montaggio e costruzioni posteriori che contempla gli errori e combina
frammenti cercando i tratti comuni visivi e di senso.

Piante esotiche per persone emotive, 2018,


render, vista frontale da smartphone
Archivos
10:11, 720 × 480
video installazione
dimensioni variabili
2018

Ho lavorato servendomi degli hard disk esterni di alcuni compagni con cui
seguivo il corso di video sperimentale con Maario Opazo durante il mio inter-
cambio presso l’Universidad Nacional de Colombia a Bogotà. William, Jhon e
Marco. Mi sono appropriata di immagini, video/foto fatti dal cellulare, appunti e
tracce sonore.
Il risultato è una playlist ambientata a Bogotà, tra la periferia, le serate e il
tempo libero con amici, le sfilate del carnevale e la vita all’interno della Ciudad
Universitaria.

Archivos, 2018, 10:11, 720 × 480, still da video


Da bambina andavo a sbattere alle cose di un gruppo composto da persone relazionali e intersoggettive. Un
06:32, 720x480 altro aspetto su cui ho deciso di concentrarmi in questa fase della
video installazione mia ricerca è la questione della conservazione e della raccolta. Ri-
dimensioni variabili fiutandomi di produrre artefatti, ho deciso di concentrarmi su alcuni
2018 aspetti della questione. Analizzo la contraddizione tra individualità
e scambio, cioè cerco di capire il rapporto tra intersoggettività e
Il concetto principale che ho sviluppato è un flusso di coscienza rizo- indifferenza, tra conflitto e cooperazione, tra ospitalità e ostilità, tra
matico e frammentario che ci costituisce come “essere” in relazione conformità e innovazione.
alla nostra maniera di informarci, reperire informazioni e comunicar- Un altro aspetto che mi interessa è quello della solitudine: chi è solo
le. Utilizzo principalmente materiali registrati dal mio smartphone, è solo, ma mi sembra che oggi siamo soli in un modo che è estraneo
file che ho ricevuto da amici e familiari che condividono con me e al passato. Ma questa è l’illusione di una vera intimità: i nostri profili
conseguentemente fanno parte del mio rullino fotografico. Mi appro- online esistono in base al numero di contatti, oggetti inanimati e
prio attraverso “screenshot” e “screenrecording”di ciò che mi colpi- intercambiabili che intensificano il senso di solitudine. Cos’è un vero
sce nelle reti sociali: immagini, riferimenti a fatti recenti, videoclip e rapporto umano? È l’epoca dell’”Antropocene”, quando si scopre
conversazioni. Faccio lo stesso dalla scrivania del mio computer. che la possibile evoluzione può essere principalmente culturale; tutti
Rifletto sugli aspetti temporali della nostra attuale esistenza per met- resistono a sentirsi più soli mentre si interrogano sul futuro dell’uma-
tere in discussione i nostri punti di riferimento. Si passa da una crisi nità al pianoforte. Nella sua discussione sulla modernità globalizzata,
all’altra, in un continuum di traumi e disturbi. Discuto le categorie di Eriksen collega la solitudine a tre crisi interconnesse: ambientale,
pensiero esistenti e cerco di aprire una nuova lettura di oggetti e im- economica e identitaria. Se è vero che queste crisi sono globali,
magini, gesti e situazioni. Cerco di dare significati alternativi a quelli appaiono ma sono percepite e sofferte a livello locale, e sorgono un
che prendiamo come dati di fatto, proponendo modi diversi di gran numero di contraddizioni tra le forze unificanti dell’era dell’in-
metterli in relazione tra loro e di contestualizzarli. Invito le persone formazione del capitalismo globale e la natura socialmente stratifi-
a contemplare opzioni e punti di vista sconosciuti, e a comprendere cata della vita individuale. Queste contraddizioni spesso diventano
che “l’ordine” è diventato la presenza simultanea di ordini diversi. solitarie, inoltre e forse soprattutto quando si cerca di affermare
Sono abbastanza sicuro che il principio che sta alla base della mia una differenza individuale, magari controcorrente. La solitudine si
ricerca sia quello di non credere nella autorialità e di non dare trop- colloca tra il bisogno di autonomia e l’intersoggettività che ci sostie-
pa importanza alla propria individualità. Cerco di utilizzare linguaggi ne. Non ci liberiamo mai degli altri, anche in loro assenza, sia essa
e riferimenti culturali facilmente riconoscibili, in cui l’individuo può provvisoria o definitiva. Avere un sé significa contenere tanti altri,
non solo trovarsi, ma anche vedersi come parte di una comunità, cioè essere uno, nessuno o centomila, come Pirandello aveva intuito.
Da bambina andavo a sbattere alle cose, 2018, 06:32, 720 × 480, still da video
Dime algo
carta adesiva nera 30x2,50, 30x3,50
installazione
2018

L’edificio delle Arti Plastiche diventa il luogo dove risiedono alcuni


messaggi. Attualmente in disuso a causa di problemi strutturali, l’a-
zione è volta a ripristinare quei processi tipici di un’istituzione che
mira a formare competenze sulle problematiche artistiche contem-
poranee.
I tre messaggi posti sul perimetro dell’edificio possono essere letti
da tutta la fauna che abita l’Universidad Nacional de Colombia
Queste frasi vorrebbero essere più educate da un graffito su un
muro, ricordando la segnalazione temporanea tipica di una mostra
in un museo. Non si sa chi parla, il soggetto non viene esercitato e
non è chiaro. Sono messaggi modificati che appaiono automatica-
mente per dire qualcosa di se stessi su Facebook e Instagram. Qui
vengono riletti attraverso l’uscita del loro luogo di partenza e quin-
di attivano nuove funzioni e domande sul nostro modo di comu-
nicare. La rete intraprende un viaggio fatto di decisioni e pensieri.
Ogni decisione stabilisce la possibilità di tornare indietro.
Dime algo, 2018, foto frontale installazione, 1/3 Dime algo, 2018, foto frontale installazione, 2/3
Dime algo, 2018, foto frontale installazione, 3/3
Atracadora mentirosa
performance e fotografie
2018

Bogotà è la capitale della Colombia e conta una popolazione di quasi sette


milioni e mezzo di abitanti. Conoscerla e percorrerla in un primo momen-
to non è stato facile. Ho così conosciuto Picap, un applicazione a paga-
mento uguale al servizio di Uber in cui il passaggio viene offerto in moto
anziché in macchina. L’ho utilizzata spesso per muovermi da un punto a
un altro della città quando i mezzi pubblici (in determinate fasce orarie)
erano congestionati dal traffico. Per circa sei mesi ho percorso Bogotá in
moto per raggiungere più rapidamente le mie destinazioni. Trovandola
una soluzione ideale per schivare il traffico ma allo stesso tempo entra-
re dal vivo nella vita urbana della città, mi sono servita della macchina
fotografica per mostrare cosa il mio sguardo toccasse in quei tragitti. Mi
sono accordata con alcuni guidatori conosciuti durante i miei spostamenti
e ho chiesto loro di avvicinarci il più possibile alle persone che animano le
strade della città. Il tragitto e i luoghi in un primo momento non sono stati
importanti. Tirare fuori la macchina fotografica per strada mi faceva senti-
re troppo esposta, mi costringeva spesso a essere vista o comunque a non
potermi dileguare in caso di necessità. La scelta della moto come mezzo
è stata determinante in quanto a facilità di dileguarsi in qualsiasi contesto.
L’unico episodio spiacevole che ho vissuto è stato una delle prime uscite,
quando per errore siamo passati per il Barrio di Santa Fè e siamo stati
aggrediti. L’oggetto macchina fotografica è scomodo e innervosisce un
quartiere di tolleranza dove al suo interno c’è un agglomerato di prostitu-
zione, spaccio e ladri. In ogni caso le mie spedizioni sono continuate. Il
mio motto è stato fin dal primo momento: “scattare è scappare” (la pratica
è stata letterale). Se non in rare occasioni non ho l’occasione e il tempo di
fermarmi per chiedere il permesso di scattare la foto.
Se si guarda la gente troppo a lungo si finisce per non comprendere più’ niente
03:39, 1920x1080
video installazione
dimensioni variabili
2018

Nella storia la lavanda dei piedi è sempre stata considerata un’umiliazione.


Nell’antica Roma era infatti compito degli schiavi lavare i piedi dei loro padro-
ni. La podofilia è la forma più comune di feticismo sessuale legato a una parte
del corpo umano. Questa avversione é indagata avvicinandosi il più possibile
nella scena. Lo sguardo scansiona e affetta le immagini finché il soggetto rav-
vicinato non scompare nella grana della risoluzione. Un osservazione pedante
che non lascia spazio a un effettiva comprensione.
Bisogna lasciar vivere la gente. L’isolamento dei gesti porta a non
comprenderne le motivazioni. Più ci si avvicina per capire, più non si vede
niente e non si sa dove ci si trova.
I piedi sono la parte del corpo che ci sostiene e che più ci disgusta.
Se si guarda la gente a lungo si finisce per non comprendere piu niente, 2018, still da video
Triangolo nero
02:20, 720x576
video installazione
dimensioni variabili
2017

Un brano cantato da un padre superiore in un monastero armeno conci-


lia l’aria di tracotanza di una gallina che cambia posizione mentre le sue
piume vengono mosse dal vento.
Se la realtà è continuamente addomesticata dall’uso del linguaggio, il
lavoro mostra in una visione ironica la totale indifferenza da parte dell’a-
nimale. E’ in questa stessa dimensione di inconsapevolezza che non può
fare a meno di esistere l’intensità, la propensione a qualcosa. L’assonan-
za visiva tra i due corpi non crea un’effettiva corrispondenza di intenti.
L’intensità esiste solo se controbilanciata dalla leggerezza: i due soggetti
attraverso un richiamo lontano sembra si sostengano a vicenda ignoran-
dosi.
Traingolo nero, 2017, vista video istallazione
Studio su presenza
02:36, 1440x1080
video installazione
dimensioni variabili
2017

Due inquadrature coabitano la stessa scena: una donna anziana seduta e una
tenda di una finestra aperta.
Lo sguardo della donna si perde fuori campo. La tenda mossa dal vento
avvolge e delinea i contorni di ciò che la circonda. Da una fonte sonora non
visibile si diffonde una telecronaca sportiva.

Studio su presenza. Osservo una situazione di inconsapevolezza da parte del


soggetto, cerco di fissarne l’estensione del tempo. Il ritratto della donna è
definito da movimenti inconsistenti e ripetuti. L’atmosfera si innesca nell’inti-
mità di una sicurezza domestica. La voce della telecronaca sportiva è l’unico
dispositivo temporale: fissa e definisce lo stato di presenza. Il tempo si dilata
in un dialogo visivo mentre l’audio ne scandisce una durata precisa.
Studio su presenza, 2017, vista video istallazione
Studio su presenza, 2017, still da video
Smetto quando voglio
15:01, 1280x720
video istallazione
dimensioni variabile
2017

So cosa mi nascondevi, ti ho tradito per eccesso d’amore.


Voglio che resti il tuo ricordo imperfetto.

Il segreto di mio padre è sicuramente legato a una dissimulazione,


un inganno che può generare libertà. Ho nascosto una telecamera
nello studio di mio padre per smascherare una promessa infranta.
La ripresa si attiva nello spazio e nel tempo dell’attesa. Minuti in-
terminabili prima che qualcosa accada, minuti colmi di incertezza
e irritazione a spiare l’imminenza di un avvenimento previsto ma
non certo. Infine eccola lì, la prova.
Da poco tempo la sua insostituibile identità è sparita, nessuno più
Mio padre nel suo studio, 2014, foto archivio personale
abita quell’immagine.
Smetto quando voglio, 2017, vista video istallazione frontale
Smetto quando voglio, 2017, still da video
Fallimento romantico
digital print,
30x50, 40x60 cm
2015

In origine, due fotografie ricevute, testimoniano momenti trascorsi lontani.


La moda dei filtri per la modifica delle immagini digitali è l’interlocutore di un
gioco di imitazione. Ma il gioco è serio: per cancellare quello spazio vissuto, il
codice sorgente delle immagini, il dna delle fotografie digitali, viene alterato.
L’immagine muta: ora appartiene ad un’estetica controllata, che si fa specchio
rivelatore di un “decorativismo” glitch. La conciliazione di esperienze del vissuto
e del fare artistico, gli oggetti testimoniano fallimenti incerti.
Fallimento romantico, 2015, digital print, 30x50, 40x60 cm
Resistenza a distanza
video documentazione performance
07:17, 1920 × 1080
2015

La resistenza fisica di due giovani insegnanti di Hip Hop è messa alla prova
da un elastico a dimensione umana in cauciù.
Un gioco di forze e equilibri si sprigiona in una danza fatta di passi, salti e
spinte. La distanza che le unisce e divide, è dilatata. Se si avvicinano troppo
perdono il contatto con l’elastico e si disperdono nello spazio, se si allontana-
no devono opporre resistenza.

Banda elastica di caucciù, 5x85 cm


Resistenza a distanza, 2015, San Servolo, Accademia di Belle Arti, Venezia
Resistenza a distanza, alcuni still da video della performance
Occupazione momentanea
all’interno del lavoro collettivo In bilico - Spostamenti del linguaggio
azione
05:46, 1920x1080
2013

L’azione porta ventiquattro venditori ambulanti all’interno di un’istituzione uni-


versitaria. Qui occupano una sala adibita alle esposizioni e mostrano gli oggetti
che normalmente vendono per le strade della città.
I soggetti sono persone bengalesi che frequentano le nostra città occidentali ma
che non si osservano mai. Con l’azione sono sradicati una seconda volta e intro-
dotti in un ambiente altro: l’azione è uno sconfinamento tra ambiti diversi.
Nicolas Bourriaud sostiene che nel XXI secolo il fenomeno sociologico che
passa più inosservato è la generalizzazione dell’usa e getta. Come per gli oggetti,
anche la vita sociale appare fragile come i legami che la compongono. I con-
tratti che regolano il mercato del lavoro riflettono questa precarietà. Lo spazio
è continuamente riattualizzato e riformattato, il momentaneo prende il soprav-
vento sul lungo termine. Dietro l’azione vi è un accordo informale e contrattuale
stipulato verbalmente con i partecipanti. Occupazione Momentanea gioca su un
duplice significato: l’effettiva occupazione di uno spazio dialoga con la mancan-
za di un lavoro. La soluzione è di assoluta precarietà.
Occupazione momentanea, 2013, foto della traversata in barca dall’imbarcadero di S. Zaccaria all’isola di San Servolo
Occupazione momentanea, 2013, digital print, 23 fotografie 15x30cm
#0 Ormeggi - Temporary Stop
2015
ciclo di incontri pianificazione e organizzazzione, pubbliche relazioni, ricerca
fondi, comunicazione, grafica locandina con Stefania Bertoldo.
Relatori: Chiara Bertola, Daniele Capra, Filippomaria Pontani, Mariateresa

Sartori, Salvatore Settis


Palazzo Mora, Venezia, IT

Ormeggiare è “sostare senza far ricorso ad ancore; muoversi sospesi nello stesso
metrocubo d’acqua, cercando stabilità”.
È un #0. Il primo ciclo di appuntamenti galleggianti a Venezia dedicato all’arte
contemporanea e al diritto alla città. I due incontri creano un evento flash, tran-
sitorio nella sua totale manifestazione.

ormeggitalks@gmail.com
www.facebook.com/ormeggi/
ormeggitemporarystop.tumblr.com
#0 Ormeggi - Temporary Stop, 2015, primo incontro, Palazzo Mora, Venezia, IT
Fac Museum
2015
Ideazione del progetto curatoriale, realizzazione e pianificazione del

progetto espositivo disegnato dai curatori e dai commercianti del quartiere,

responsabile dei testi critici curatoriali, stesura del testo critico del lavoro

video Quartiere Sacra Famiglia, Padova di Francesco Piva


artisti: Francesco Piva, Samir Sayed Abdellattef, Stefania Bertoldo,
Fusion Art Center - Ex Fornace Carotta e Fac Satellite, Padova, IT

Il FAC Museum è un’iniziativa promossa da F.A.C. acronimo di FUSION ART


CENTER, un nascente network di associazioni con differenti competenze del
camppo delle arti visive. Il progetto è coordinato da Lo Stato dell’Arte e nello
specifico da Marta Fassina e Giovanna Maroccolo. Il FAC MUSEUM vuole con-
frontarsi con le metodologie tradizionali delle esposizioni d’arte. Lo scopo è far
emergere i problemi del display espositivo contemporaneo.
La sfida è quella di pensare ad un centro di arte in continua transizione all’inter-
no di una comunità di negozianti che, giorno dopo giorno, cambia i suoi criteri di
visualizzazione e di relazione con e nello spazio urbano.
La mostra è inoltre concepita come “collezione” da collezionare, da usare e cer-
care, invece di un percorso da guardare. L’idea è quello di raccogliere esperienze
reali che cercano di risolvere un possibile modello di spazio per l’arte contempo-
ranea come parte integrante di un quartiere.
Quartiere Sacra Famiglia Padova, 2016, screenshot

Francesco Piva, Quartiera Sacra Famiglia, Padova, https://www.youtube.com/watch?v=Xse0uDCZOyU


Flea Market

Organizzazione, allesstimento e pianificazione di ROB PRUITT’S FLEA

MARKET, assistente di Reiner Ghanal in Selling my Library: 1980-2000

AplusA - Venice, IT

Dal 5 all’8 maggio 2015, in occasione delle giornate di anteprima della Biennale
Arte, l’artista americano Rob Pruitt (1964) presenta, per la prima volta a Vene-
zia, il suo celebre progetto “ROB PRUITT’S FLEA MARKET”.
Con questo lavoro Rob Pruitt invita la comunità artistica internazionale a col-
laborare conartisti locali nella creazione di un mercatino delle pulci dove la
dimensione artistica e commerciale si fondono nella vivace atmosfera tipica
deimercati all’aperto.
Il “Rob Pruitt’s Flea Market” è un inusuale “bazar d’artista” in cui gli artisti,
invitati personalmente da Pruitt, sono liberi di dare piena espressione alla pro-
pria creatività, coinvolgendo attivamente i visitatori. L’interazione spontanea tra
artisti e pubblico darà luogo ogni giorno dell’evento a una situazione diversa e
imprevedibile.
Il progetto di Pruitt intende ridurre il confine esistente tra opera d’arte e oggetto
d’uso comune e, ricreando un vero e proprio flea market in un contesto diverso,
offre una chiave di comprensione delle logiche del mercato dell’arte contempo-
ranea.
CONTATTI
+39 345 0822557
marta.fassina92@gmail.com

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