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Manuali

corso di Intarsio su Legno

Mastro Santi del Sere


Biagio Ventura
Antonio Rubino

Indice
 La Storia
 La Tecnica
 Gli Utensili
 Le Essenza
 I Materiali
 I Metodi
 Intarsio a Buio
 Intarsio a Toppo
 Intarsio a Incastro
 Intarsio Pittorico
 Il Restauro dell'Intarsio
 Fuseruole e Filetti
 Intarsio Sorrentino
 Approfondimenti
 Il Legno
corso di Intarsio su legno

corso di Intarsio su Legno


La Storia

Aspetti generali della tecnica


L'INTARSIO è una tecnica di decorazione di superfici piane, curve o
lievemente accidentate di oggetti in legno. Con questo tipo di lavorazione
si personalizzano i mobili, poiché si ottengono degli effetti cromatici non
esistenti in natura. Esso si basa sul contrasto armonico di vari toni di
tasselli di legno di diverse qualità, ma anche lamine metalliche, argento,
scaglie di madreperla, avorio, tartaruga, ecc.

L'intarsio in genere è eseguito dall'intarsiatore ma anche da un ebanista


esperto nel disegno, i quali eseguono tagli con l'ausilio di seghetti
finissimi, seguendo tutte le sinuosità, le svolte e le morbidezze del disegno
ed ottenendone vari pezzi, detti "cavature", talora anche minutissimi, che,
a traforo finito, costituiscono le "tessere" per la ricostruzione del disegno
originale. In ciascun pacchetto di cavature poi, l'intarsiatore sceglie quella
che, per colore, gli occorre alla ricomposizione.

Tipi di intarsi Particolare di un secrètaire Luigi XVI, in boise


satinè e amaranto
 certosina: in cui vengono impiegate piccole tarsie di massello
con essenze chiare e scure applicate a toppa.

 marquetterie: è forse la tecnica più utilizzata, sovrapponendo fogli di varie essenze con uguale spessore e
dimensione, con una sola operazione di taglio si ottiene il negativo e il positivo del disegno.

 intarsio pirografato: è una tecnica di lavorazione che consiste nell'eseguire il disegno incidendo la superficie con una
punta arroventata, ciò naturalmente non si addice ad un mobile d'arte.

Particolare di uno scrittoio Luigi XIV lastronato in corno verde con intarsi
in rame, stagno cesellato e in madreperla

Gli strumenti

L'arte dell'intarsio è molto antica, la si fà risalire a circa 3000 anni fa nell'Egitto, dove la si realizzava corrodendo con acidi il
legno. La tecnica è molto migliorata nell'800 e '900 con l'uso di finissime lame e seghette azionate a mano o a pedale.

Oggi per fortuna, gli strumenti sono molto migliorati, quasi all'inverosimile, per cui a livello professionale si utilizzano macchine
traforatici alternative azionate a motore, con le quali è possibile ottenere una precisione elevatissima anche su grossi spessori di
legno, unita ad un'elevata velocità di esecuzione

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Seghetto a mano (traforo) Seghetto a pedali Moderna macchina traforatrice

Storia dell'arte dell'intarsio

Cos’è l’intarsio

Si dicono generalmente intarsi dall’arabo “Tarsi”, quelle opere ornamentali o figure ottenute commettendo sopra una superficie
piana elementi variamente sagomati di materia diversa (legno, marmo, avorio, pietre colorate, eccetera).
L’intarsio si applica alla decorazione di oggetti, mobili o alla architettura, rientrando nella più vasta categoria delle decorazioni
polimateriche ottenute per incastri, inserzioni, incastonature, eccetera.

Le origini dell’intarsio

La tecnica dell’intarsio ha origini antichissime.

In Egitto, intarsi in avorio e legno appaiono fin dal tempo della prima dinastia in cofanetti decorati con motivi geometrici
rinvenuti da molte tombe.

Già nella quarta dinastia, l’intarsio appare usato per i mobili come in alcune portantine ove a sua volta, l’ebano intarsiato con
geroglifici d’oro.

Nell’Asia Minore, invece, è più diffuso l’intarsio di pietre dure e conchiglie (madre perla) disposte in un letto di bitume, si
trovano, però, molti oggetti di uso comune con piccole decorazioni intarsiate di lavoro pregiato, come certe tavolette da giuoco,
alcuni strumenti musicali, mobili di lusso ed altro.

Nell’ambito del mondo cretese, si trovano preziose figurine con intarsio di cristallo di rocca, madre perla, legno e oro su steatite.

Nel mondo greco più antico, si trovano solo echi letterali di opere analoghe a queste ora descritte, in genere con riferimento ad
oggetti di importazione dall’oriente, ove, nel primo millennio, si mantiene la tradizione artigiana di questa produzione, come
documentano intarsi eburnei di Assur o quelli lignei di tasso e bosso di Gordion, appartenenti a mobili o arredamenti.

L’intarsio appare intorno al terzo secolo avanti Cristo nelle zone dell’Asia Minore e col passare del tempo si diffonde in Europa
ed in particolare in Italia, dove compare con il nome di “tarsia” al tempo dell’Impero romano.

Scatole, cofanetti, oggetti di legno erano generalmente coperti di stucco e di pittura.

L’impiego del legno al naturale era cosa nuova che esigeva l’opera di intarsiatori abili nel ritagliare sottili lamine e nel variare i
colori per mezzo dei legni diversi che si potevano rinvenire in Italia come l’ebano, il cipresso, il bosso ed il noce.

Alla fine del XV secolo si ricorse alla tintura. Inizialmente si sfruttò soprattutto il contrasto dei toni chiari, dati dalla fusaggine e
dal bosso, e di quelli scuri per i quali si usavano l’ebano ed il noce.

Le ombreggiature si ottenevano annerendo il legno col ferro rovente quando le lamine erano già applicate con il mastice.

L’invenzione di un procedimento che permetteva di tingere il legno per mezzo della bollitura sarebbe dovuta, secondo il Vasari,
a frà Giovanni da Verona, mentre altri attribuiscono la scoperta ai fratelli Lendinara.

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Inizialmente la tarsia venne detta “certosina” e consisteva in tasselli di essenze di legno, intarsiate con figure semplici e
stilizzate, inserite in un asse di massello con incastri tanto perfetti da essere bloccati senza l’uso della colla.

Per più di mille anni non si eseguirono più lavori ad intarsi, poi la tecnica tornò alla ribalta soprattutto in Toscana ove venivano
applicate nuove tecniche quali la “tarsia geometrica” che implica la copertura totale della struttura su cui si desiderava riportare
l’intarsio con parti di listra (l’impiallacciatura non era ancora stata scoperta) assemblate tra loro.

Solo nel ‘400 i grandi intarsiatori fiorentini cominciano ad impreziosire questa tecnica inserendo le prime regole di prospettiva ed
utilizzando delle ombreggiature che donano maggiore effetto a quelli che erano diventati veri e propri dipinti. Come è noto la
nuova visione prospettica ebbe un incremento decisivo verso il 1425÷1435 con le dimostrazioni del Brunelleschi e dell’Alberti
che traggono spunto dalle vedute delle città.

In questi casi particolare, il decrescere regolare delle mura laterali, simile a quinte teatrali, e le fughe dei lastricati possono
facilmente tradursi in strutture lineari.

L’intersezione delle linee di fuga e degli ortogonali, determinano un reticolato di figure semplici, facili da rendere ritagliando le
lamine lignee.

Le prospettive urbane non erano solo un esercizio caro agli intarsiatori, ma chiarivano anche la ragione d’essere della loro arte.

Parecchi in questo periodo sono i cassoni ornati con pannelli di questo genere.

Lo stesso Vasari descrive l’abilità di alcuni intarsiatori nell’arte di “combinare legni tinti di diversi colori per suscitarne
prospettive, viticci ed altri oggett6i di fantasia che eran stati introdotti al tempo di Filippo Brunelleschi e di Paolo Uccello”.

Nel ’500 le difficoltà aumentano: gli intarsi presentano decori costituiti da composizioni di forma geometrica continuamente
ripetute fatti con piccoli pezzi di legno tagliati ad uno ad uno cercando di ripetere la stessa forma e le stesse dimensioni.

E’ in questo secolo che, per semplificare il lavoro, si inventa la “tarsia a toppo”, ossia l’unione di varie bacchette di legno nelle
forme geometriche che si vogliono riprodurre: l’estremità di queste bacchette riportano esattamente il disegno di cui si ha
bisogno, quindi basta incollare tra loro i legni, scegliendo esattamente l’ordine in cui si vuole che appaiano nel decoro, e tagliarli
in piccoli strati per ottenere sempre il medesimo disegno con la stessa forma e lo stesso spessore; il lavoro così diventa molto
più semplice da eseguire.

Come per tutte le forme artistiche, anche nell’arte dell’intarsio, le evoluzioni portano una maggiore complessità dei soggetti
prescelti nei quali vengono introdotti paesaggi caratteristici e scene di vita dell’epoca.

Con il passare degli anni, diventa di moda la lastronatura degli stipi con essenze pregiate, come l’ebano, in modo da consentire
l’esecuzione di intagli a basso rilievo (potevano permettersi l’ebano solo committenti di alto rango, e quindi questo materiale
veniva spesso sostituito con del pero ebanizzato, cioè tinto di nero).

Altra innovazione del tempo è l’introduzione di seghetti che consentono di ottenere tessere con un taglio molto più preciso e
complesso.

All’inizio del ‘600 gli intarsiatori italiani lavorano in tutta Europa; in particolare il gruppo stabilitosi in Germania approfondisce
una nuova tecnica denominata a “foro e controforo”: si possono ottenere svariati intarsi con il medesimo disegno, ma allo
stesso tempo con diverse essenze di differenti colori.

Per creare un intarsio, secondo questa tecnica, basta prendere vari fogli di impiallacciatura e bloccarli all’interno di due spessori
di legno, abbastanza fini da consentire il taglio senza troppa fatica, e seguire il disegno prescelto.

Una volta terminato il traforo, si ricompone il disegno giocando con le varie essenze e seguendo le
venature ed i contrasti di chiaro-scuro.

Nel periodo tra il 1600 e 1700 spicca in modo particolare Andrè Charles Boulle (1642 – 1732) che,
pur non avendo creato la tecnica dell’intarsio a foro e controforo, diventa famoso per averla
perfezionata ai massimi livelli e per aver introdotto nuovi materiali come il metallo, il corallo, bois de
rose del Brasile, palissandro dell’India e amaranto della Guyana.

Con l’uso dei materiali quali ottone e madreperla per circa 50 anni, si ricavano mobili molto raffinati
adatti alla dimora del Re Sole ed oggi gelosamente custoditi presso il museo del Louvre a Parigi.

Con il ’700 si ricomincia ad usare il legno come materiale primario per questi capolavori.

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Molto ricercate sono le angolazione delle venature per gli sfondi assemblati a seconda del taglio del legno.

Gli intarsi che hanno raggiunto livelli di perfezione impensabili, vengono riquadrati da filettature come se fossero veri e propri
dipinti incorniciati; questi raffinati disegni sono addirittura progettati da famosi pittori e realizzati con contrasti molto meno
appariscenti di quelli del periodo precedente ma con particolari molto più dettagliati e precisi.

Il 13 novembre 1738 nasce in Italia Giuseppe Maggiolini, uno dei maggiori intarsiatori della storia. I suoi lavori di grandissima
precisione spiccano per la grande quantità di essenze lignee, tutte differenti tra loro; esistono ancora oggi documenti che
riportano le difficoltà incontrate per procurarsi più di ottanta tipi diversi di legno e
per ottenere quei sottili fogli che permettevano al “maestro” di dare vita a
fantastiche composizioni policrome.

Anche nell’ ‘800 la Francia è la culla di nuovi stili artistici che prendono il nome o da
un monarca o dal periodo storico che il Paese attraversa: in ondine temporale
troviamo lo stile Impero (inizia nel 1804 con l’ascesa in trono di Napoleone e
termina intorno al 1815 con il Congresso di Vienna), lo stile Carlo X, lo stile Luigi
Filippo e lo stile Napoleone III, che con breve intervallo di tempo, tra l’uno e l’altro,
influenzano l’arte variandone piccoli particolari.

In questo secolo i fastosi intarsi geometrici vengono accantonati per passare ad un decoro più lineare e sobrio.

Con Napoleone I l’arredo acquista strutture soprattutto rettilinee: spariscono


le smussature degli angoli e il mobile mantiene solo le linee essenziali, i bronzi
sostituiscono parte della marqueterie e vengono applicate al mobile, come già
nel ‘700, con piccole viti invisibili dall’esterno.

Alcuni ebanisti continuano comunque ad intarsiare i loro capolavori,


prediligendo motivi classici, come anfore e coppe, festoni, corone di alloro e
pregiati giochi di fondo ottenuti con differenti tipi di venature accostate tra
loro.

Con l’ascesa al trono di Carlo X, per esempio, è di moda l’uso di essenze di


legno con colori contrastanti: intarsi molto scuri si staccano completamente
dal colore chiaro di fondo.

Attorno al 1830 lo stile Luigi Filippo inverte completamente il gioco di chiaro-scuro del periodo precedente e riprende stili e
tecniche precedenti.

Nel 1852 entriamo nel regno di Napoleone III in cui rivivono tutti gli stili precedenti: si ripropongono gli arredamenti del passato
come mobili Boulle riprodotti seguendo attentamente le tecniche originali.

Per quanto riguarda i materiali di intarsio di inizio ottocento si può facilmente constatare che la qualità migliora col passare degli
anni. E’ verso la fine del secolo che cominciano ad operare quegli intarsiatori
che ci introdurranno alle tecniche decorative del nostro secolo; nasce infatti
una nuova idea architettonica che si rispecchia come sempre nell’arredamento:
l’art nouveau o modern style, presenta come novità il disegno composto da soli
elementi vegetali, caratterizzati da lunghi gambi che si intrecciano tra loro
quasi sempre riquadrati da composizioni scultoree alquanto fantasiose.

Anche il prezzo degli intarsi si abbassa perché i macchinari sono sempre più
sofisticati e consentono maggiori precisioni, rendendo il lavoro facile, veloce e
di ottimo risultato.
Approfondimento

Il termine "tarsia" deriva dall'arabo "tarsi" (decorazione preziosa o incrostazione) e fu dato ai primi lavori certosini in cui i
motivi ornamentali traevano ispirazione dagli intarsi marmorei mussulmani. Questa definizione deriva dai monaci certosini
dell'ordine di San Bruno che trassero questo stile dal "Mudejar" spagnolo, a sua volta derivante da stilemi arabi. L'uso della
tecnica , certosina o a toppo, si sviluppò soprattutto in Veneto e Lombardia grazie anche ai numerosi contatti commerciali che la
Serenissima aveva con il Medio Oriente.

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La tarsia dal Quattrocento al Seicento

Il Quattrocento fu il periodo di massimo splendore per la tarsia, dovuto, grazie agli studi e alle ricerche sulla prospettiva fatti da
grandi artisti, architetti e matematici dell'epoca come Brunelleshi, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti,
convalidati dagli studi matematici di Luca Pacioli, nel trattato "De Divina Proportione".

La tecnica più usata fra il 1440 e 1540 è l'intarsio pittorico, che consisteva nel prendere la
sagoma del cartone o progetto e nel riportarla nei vari tipi di listre di legno, di diverso colore o
tinte per le precedenti immersioni in soluzioni colorate. Con l’evoluzione delle tecniche di
tintura e dell’ombreggiatura, gli intarsiatori, dettero vita a motivi naturalistici e a complesse
scene figurate che permisero di ottenere degli effetti analoghi (anche se limitati) alla pittura.

La più alta espressione di questa tecnica è la tarsia pittorica-prospettica che riproduce


complesse vedute architettoniche strettamente legate con i contemporanei studi di
prospettiva lineare.

La produzione di tarsia fra la prima metà del quattrocento e i primi del cinquecento è segnata
dall'esigenza di un nuovo ordine geometrico e compositivo ispirato, come abbiamo già detto,
ai grandi architetti del tempo.

Qui forse insiste il maggior fascino della produzione intarsiata a soggetto urbano o
architettonico nel trasfigurare la città reale in forma ideale, come nell'anonima tavola dipinta
della città ideale a Urbino.

L'epicentro della produzione intarsiata fu Firenze; infatti dalle informazioni fornite da Benedetto Dei, intorno al 1470 vi erano 84
botteghe di legnaiolo di tarsia e intagliatori, tutte in via Tornabuoni e in via Larga dei legnaioli.

Gli esponenti maggiori di questa arte furono Giuliano e Benedetto da Majano,autori degli armadi della sagrestia Nuova di S.
Maria del Fiore; Baccio Pontelli che realizzò il celebre studiolo di Federigo da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, eseguito i
su disegni di Francesco di Giorgio Martini e del Botticelli; i Bencivenni, che intarsiarono gli stalli del coro di Todi e i pannelli del
Collegio Del Cambio a Perugia; I fratelli Canozzi da Lendinara, che come abbiamo già detto operarono tra Emilia e Veneto; i
senesi Ammannati e Antonio Barili; il veneto Fra Giovanni da Verona, che intarsiò il coro di Monte Oliveto Maggiore .

l declino di quest'arte giunse verso la metà del Cinquecento: i motivi sono da legare al venire meno degli interessi della
prospettiva lineare e a una nuova concezione dell'interpretazione di questa tecnica la quale voleva avvicinarsi sempre più ad
una maniera e verosimiglianza pittorica, cosa che invece la portò ad una banale produzione di opere di mero virtuosismo.

La tipologia della tarsia seicentesca consiste nell'adoperare materiali ed essenze diverse, come l'avorio, l'ebano, le pietre dure,
le lamine di metallo, di rame e ottone accostate a tartaruga e listrature di legni di radica (che comunemente era di legno di
noce).

L’uso di queste essenze preziose fu dovuto alle scoperte e agli scambi commerciali che introdussero nuovi materiali .

In questo secolo la tecnica più in auge è l'intaglio; uno dei massimi esponenti nell'area veneta, fu Andrea Brustolon che fu il
maggior artefice di questo esuberante stile decorativo.

In questo periodo il nome o la definizione dell'intarsiatore assume quello di ebanista, per la qualità dei materiali adoperati e il
tipo di lavoro ricercato distinguendo così il suo lavoro da quello del comune falegname.

Il nome di ebanista deriva da ebano legno scurissimo di colore nero, che fu usato moltissimo in questo secolo per far risaltare le
materie che gli venivano accostate, basti pensare alle tarsie eseguite con tartaruga e ottone, rame o argento da Charles Boulle,
grande ebanista alla corte di Luigi XIV.

Questo tipo di tarsia prende il nome dall'ebanista Boulle ma fu importato in Francia da artigiani italiani al servizio di Maria dei
Medici. A questo tipo di legno furono accostate anche le pietre dure con la tecnica del commesso, dando al mobile una
raffinatezza unica.

Questi accostamenti furono dovuti alla creazione dell'Opificio delle Pietre Dure istituito da Ferdinando I a Firenze, che in
collaborazione con gli ebanisti produsse splendidi esemplari di mobili come inginocchiatoi, piani di tavoli e stipi, mobili questi
ultimi che per la loro struttura e le loro funzioni meglio si prestavano ad accogliere questo tipo di decorazione.

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Mobile attribuito a Andrè Charles Boulle.

Cenni sulla tarsia settecentesca

Con l’inizio del settecento, lo stile Barocco, che fu lo stile predominante nel XVII sec., si trasforma nell’esaltazione delle forme
decorative nel Barocchetto o Rococò.

Nei primi anni del secolo il mobile perde la rigorosità nella struttura e assume forme slanciate e involute, grazie soprattutto ad
una decorazione che si basa su motivi di svolazzi, ghirigori, riccioli e conchiglie.

Nel primo settecento è ancora l’intaglio la tecnica predominante, ed arriva all’apogeo dell’eccesso e del virtuosismo in questo
periodo.
L’intarsio nel XVIII sec. compare nel mobile con legni pregiati e particolarmente raffinati come il
palissandro, il legno di rosa, il violetto, il noce d’india, ecc.

In questo periodo si perfeziona la tecnica del taglio del legname, con l’utilizzo di legni pregiati che
non potevano essere sprecati, sia per il costo che per la rarità; gli spessori dei piallacci potevano
variare da 1mm. ai 3 mm. a seconda della necessità.

Il tronco era segato manualmente e dovremo aspettare gli inizi del XIX sec. per ottenere
listrature più sottili, attraverso l’utilizzo dei primi macchinari per la
tranciatura del tronco.

La listratura si adattava benissimo al mobile settecentesco, che era costruito di un ossatura di


legno povero e possedeva forme mosse e molto accentuate poi rivestito con impiallacciature di
legni pregiati che si prestavano al meglio per le curve e le bombature del mobile. La tarsia
usufruiva dell’impiallacciatura usandola per ottenere delle policromie più complesse con la tecnica
dell’intarsio a incastro, oppure di tagli particolari dei legni (a fetta di salame o a lisca di pesce)
creando delle decorazioni, che caratterizzarono questo periodo storico.

Nel corso del settecento, con la fine dell’epoca del Rococò e l’avvento del Neoclassicismo lo stile dei
mobili (e di conseguenza la tarsia) cambia genere, passando dai motivi di ceste, riccioli, conchiglie
e ghirigori, alla riscoperta delle forme classiche.

I soggetti trattati in questo periodo riprendono scene mitologiche, fantasie architettoniche, tutti
temi che riprendevano spunto dal mondo classico, grazie all’interesse sul ritrovamento relativi agli
Piccolo tavolo tondo
scavi di Pompei.
attribuito a G. Maggiolini
Massimo esponente del gusto Neoclassico nell’ambito della produzione del mobile lombardo fu
Giuseppe Maggiolini che portò la tecnica della tarsia a eccezionali risultati sia per la bravura dell’esecuzione sia per la qualità del
disegno che gli era fornito dai più validi artisti del tempo attivi a Milano, come Andrea Appiani, Giocondo Albertolli e Giuseppe
Levati. Altra area geografica dove si ebbe un uso importante della tarsia, fu il napoletano, in special modo a Sorrento dove nel
corso del 1800, eccelsi intarsiatori riuscirono ad ottenere risultati, con l’ausilio di ritocchi acquerellati e a china, di considerevole
rilevanza. Con la fine del periodo Neoclassico non abbiamo più avuto un interesse specifico per la tarsia; questa tipo di arte,
anche se sempre usata, non ha trovato fino ad oggi un posto di rilievo nella decorazione in genere.

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La Tecnica

Le Tecniche della Tarsia Lignea


Intarsio a Buio

Nell'introduzione alle varie epoche non si è mai citato questa tecnica che forse è la più
emblematica dell'atto dell'intarsio; il perché dell'omissione è dovuto all'uso di questa tecnica
costantemente in tutti periodi citati.
In cosa consiste: secondo il disegno o la sagoma prestabilita si scava il legno di fondo per poi
inserirvi tessere di legno o di altro materiale quali:avorio, madreperla, pietre dure, o
metalli,che saranno uguali alla parte scavata sul piano da intarsiare.

La Tarsia a Secco

Una tecnica della tarsia è denominata a "secco", infatti anticamente l'intarsio poteva anche Pannello intarsiato Istituto
essere inserito a secco, senza l'uso delle colle. Questo tipo di tecnica fu usata per le tarsie a Statale D'Arte di Anghiari.

buio, perché solamente questo tipo di tecnica può essere adottata per un incollaggio a secco.
Visto e considerato gli inconvenienti di tenuta di una incrostazione a secco, io consiglio di usare sempre la colla anche se
otteniamo un intarsio preciso allo scasso, perché i legni usati per la tarsia, che devono essere diversi per policromia e quindi di
diverso tipo di legno, col passare del tempo avranno un ritiro diverso l'uno dall'altro provocando inevitabilmente il distacco, o
l'allentamento delle tessere nella sede.

La tarsia Certosina

L'uso della tecnica certosina ebbe la sua massima applicazione nel XIV e XV secolo. La definizione deriva dai monaci "Certosini"
dell'ordine di San Bruno, che trassero questo stile decorativo probabilmente dal "Mudejar" spagnolo, a sua volta derivante da
stilemi arabi e musulmani. L'uso di questa tecnica si sviluppo soprattutto in Veneto e Lombardia. Questo tipo di lavorazione era
stato a lungo praticato nei paesi islamici ed arrivò in Italia verso la fine del medioevo. Pare che sia stata eseguita per la prima
volta a Venezia che aveva appunto legami commerciali molto stretti con il Medio Oriente; infatti i disegni nell'imitazione italiana
mostrano evidenti caratteristiche arabe.
La decorazione certosina si ottiene con due sistemi:
il primo consiste nell’utilizzare materiali di vario tipo, come avorio, madreperla, o vari tipi di legno sagomati a forma geometrica
e presumibilmente incassati a secco (usando la tecnica a buio), nel piano interno, nel fronte e nei fianchi in genere di
cassapanche nuziali.
La seconda tecnica è quella denominata a "toppo", che consiste nel prendere listelli di legno di vario tipo tagliati a poliedro,
incollati, riuniti e costretti insieme da un cordino, a formare un parallelepipedo, il toppo, che veniva affettato in sottili lamine,
che servivano a decorare riquadrature, piani, o fasce dei mobili.

La realizzazione della tarsia certosina

Servono un’asse di legno massello su cui inserire l’intarsio ed una listra della essenza che si
preferisce.

Si riporta il disegno sulla listra con l’ausilio della carta da lucido e lo si ritaglia con un seghetto a
traforo, facendo attenzione a non inclinare la lama del seghetto: è indispensabile tenerla sempre
perfettamente perpendicolare al legno per evitare di ricavare dei tasselli imprecisi.

Realizzare tanti tasselli quante sono le tessere del disegno, li si riporta sull’asse di legno massello e se
ne tracciano i contorni con la matita.

Si prepara lo scasso che ospiterà i tasselli, con scalpelli e sgorbie, con la massima precisione: se il
lavoro viene eseguito bene non sarà necessario la colla per fissare le tessere di legno.

Terminato l’intarsio, rifinire nel modo che si ritiene più opportuno optando per la lucidatura a cera o a
tampone.

La Tarsia Geometrica

Venne studiata intorno al trecento per ricoprire completamente gli oggetti da decorare.
Con questa tecnica la listra viene tagliata pezzo per pezzo e assemblata in base al progetto disegnato.

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Il nome di tarsia geometrica deriva dal tipo di disegno ottenuto, che presenta decori molto squadrati e rettilinei

La realizzazione della Tarsia geometrica

Si riporta il disegno che si desidera riprodurre possibilmente in dimensioni reali su un foglio di carta.

Scelte le essenze ed individuata in ognuna la venatura migliore da seguire, si stabilisce come distribuirle
nel disegno per ottenere il giusto equilibrio dei colori e gli effetti chiaroscurali, che devono essere in
armonia con l’intero contesto.

Si riporta il disegno di ogni singolo pezzo sul legno aiutandosi con della carta da lucido. Per essere più
precisi nell’intaglio, può essere comodo attaccare sul retro del legno, soprattutto sulle essenza che
tendono a rompersi, una striscia di scotch di carta e, rigirato il legno con l’aiuto di un righello, passare più
volte il taglierino lungo i bordi della parte da staccare scalfendo piano le fibre fino a farle separare.

Una volta ritagliato il disegno, lo si ricompone bloccandolo con lo scotch e lo si incolla sull’oggetto
seguendo la normale procedura.

La Tarsia Prospettica

La tarsia prospettica-pittorica si potrebbe definire, “un mosaico di legni”, infatti si ottiene commettendo sagome di legno
ricavate da un disegno prestabilito (il cartone o progetto). Questo tipo di tecnica ebbe il suo massimo fulgore fra il 1440 e 1540
periodo che fu il più importante per l'arte della tarsia, grazie al suo impiego che si adattava perfettamente con gli studi e alla
teorizzazione della prospettiva e al gusto dell'epoca.
L'espansione e il successo della tarsia, non è solo un episodio della storia dell'arredamento; la nuova tecnica si pose all'incrocio
di tutte le arti perché, per la sua realizzazione, comprese la conoscenza della prospettiva e quindi della matematica riscattando
per innovazione la posizione delle arti meccaniche nel confronto delle arti liberali. Non a caso gli intarsiatori più illuminati del
quattrocento venivano chiamati “maestri di prospettiva“. Il perché di tale aggettivo, che sicuramente non è appropriato per tutti
gli intarsiatori rinascimentali ma sicuramente calzante per i caposcuola di questa tecnica, deriva dalla conoscenza del disegno
geometrico e della pittura.
E' bene specificare che i cartoni per le tarsie più note, come lo studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino, che si presume
intarsiato da Baccio Pontelli, o le tarsie eseguite dai Canozzi da Lendinara alla Basilica di S. Antonio a Padova, erano preparati
da pittori celebri quali: Bramante, Francesco di Giorgio Martini, Botticelli, Piero della Francesca e altri artisti del tempo.

Per riuscire a sintetizzare l'evoluzione dell'intarsio ho diviso in tre


periodi l'arco di tempo che coprì i cento anni della tarsia.

Il periodo quattrocentesco, legato maggiormente ai primi studi di


prospettiva lineare, si basa soprattutto su scorci prospettici. Oltre
l'aspetto iconografico, le tarsie di questo periodo si differenziano da
quelle successive per la mancanza di essenze colorate artificialmente.
L'epicentro principale si sviluppò in Firenze e Siena.

I massimi esponenti del periodo furono:

Il “Francione”, Giuliano e Benedetto da Maiano, Baccio Pontelli di


Firenze, il senese Barili, i Bencivenni, marchigiani di Mercatello sul
Metauro, Arduino da Baiso di Ferrara.

Per documentare il primo periodo, ho inserito appositamente una tarsia eseguita nel nord Italia a Ferrara, perché il maestro
Arduino da Baiso, intarsiatore veneto, lavorò e apprese l'arte della tarsia a Firenze, lavorando per la famiglia Strozzi.
Successivamente gli fu commissionato uno studiolo per Leonello D'Este a Belfiore in Ferrara, annoverando nella sua bottega
come aiutanti i fratelli Canozi di Lendinara, che diventarono i più famosi maestri di prospettiva dell'area veneta, i quali a suo
tempo ebbero legami di lavoro e influenzarono Pier Antonio degli Abbati al quale è stato attribuito il coro della chiesa di
Sant'Andrea a Ferrara. Questo riassunto storico serve a far capire l'evoluzione dell'arte nuova dall'epicentro di Firenze che ispirò
le altre parti dell'Italia; le quali scelsero la tarsia per rappresentare gli studioli umanistici e i cori delle cattedrali, della chiesa e
dei mecenati nel rinascimento.

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Tarsia dell'ordine superiore del Coro della Chiesa di Sant'Andrea a Ferrara,


attribuita a Pier Antonio degli Abbati alla fine del XV secolo. Museo Schifanoia.

Il secondo periodo collocabile nei primi anni del cinquecento, grazie all'applicazione della tintura dei legni e alla tecnica
dell’ombreggiatura, consentì agli intarsiatori di creare quadri più complicati sviluppando e inserendo nuovi temi naturalistici
collocati in scorci prospettici di vedute urbane e paesaggistiche.

I massimi esponenti di questo periodo furono la famiglia dei Canozi da Lendinara e Fra Giovanni da Verona.

Particolare del leggio intarsiato da Fra Raffaello da


Brescia a Monte Oliveto Maggiore, coro

Il terzo periodo si colloca alla metà del cinquecento con il venire meno per l'interesse della tarsia ai temi geometrici e di
innovazione, assomigliando sempre più a opere che volevano avvicinarsi, imitando la pittura. La causa fu dovuta essenzialmente
ai cambiamenti di gusto tendenti ad un virtuosismo tipico del barocco. L'esempio più importante viene da GianFrancesco
Capodiferro che riuscì ad ottenere risultati eccezionali, riproducendo in tarsie i cartoni con storie bibliche di Lorenzo Lotto nella
chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo.

Particolare dell'interno di anta ornata di una complessa tarsia pittorica eseguita da un intarsiatore tedesco; si può notare la
differenza di stile che denota al confronto dei due tipi d'intarsio in questa pagina. Non a caso è stata scelta una tarsia eseguita
da un tedesco per far notare la diversità dell'evoluzione della tarsia pittorica; infatti gli artigiani d'oltralpe furono allievi dei
maestri intarsiatori rinascimentali; ad esempio, alcuni di essi collaborarono con il maestro Arduino da Baiso per lo studiolo di
Belfiore a Ferrara. Altra considerazione: gli intarsiatori tedeschi arrivarono a risultati eccellenti proseguendo e diventando i
rappresentanti tecnicamente più qualificati del periodo seicentesco.

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corso di Intarsio su legno

Tarsia pittorica, tedesca della Cristoforo Canozi da


metà del XVI° secolo Lendinaraquadro prospettico.

Tarsia a Toppo

Permette di raffigurare gruppi di piccoli motivi geometrici sistemati sempre nello stesso ordine e con le medesime dimensioni
che formano veri e propri capolavori.
Guardandoli viene spontaneo chiedersi quanta pazienza occorra per riuscire a tagliare dei triangolini perfettamente identici nella
forma, ma di essenze differenti che solitamente formano una cornice all’interno di un mobile.
È nel ‘500 che viene studiato il metodo della “tarsia a toppo” per velocizzare e semplificare simili lavori.
Per ottenere una successione di elementi geometrici tutti uguali basta procurarsi delle bacchette delle essenze prescelte della
stessa forma del motivo da riprodurre:
per esempio, per i cerchietti si sceglie una bacchetta rotonda e la si taglia;
se tutte questa bacchette vengono incollate tra loro seguendo la successione da riportare sull’oggetto e segate tutte assieme, si
ottiene un intarsio con motivi ricorrenti perfettamente uguali.

La realizzazione della Tarsia a toppo

Le bacchette di legno si acquistano in un negozio specializzato; di forma triangolare e in due essenze


differenti, il loro numero varierà in base alle misure della superficie da decorare.

Si incollano tra loro le bacchette contrapponendo le due essenze in modo da creare un effetto di chiaro-
scuro.

Si taglia con una sega l’intera fila di bacchette nello spessore di qualche millimetro e, ottenute le stesse,
basta incollarle per poter mettere in opera l’intarsio.

Tarsia a Incastro o Foro e controforo

La tecnica dell'intarsio ad incastro, consiste nel sovrapporre due o più piallacci di legno o essenze diverse come avorio, ottone,
madreperla, tartaruga, che venivano fissate fra di loro e tagliate seguendo un disegno prestabilito incollato sulla superficie da
tagliare con il seghetto ad arco, il traforo, o come nella tradizione francese con il cavalletto da intarsiatore .
Dopo il taglio del pacchetto si passa a scambiare le essenze dando vita a giochi cromatici dati dai materiali impiegati.
Questa tipo di tecnica ha avuto la sua massima applicazione a partire dal XVII° sec in poi.
Presuppongo che un sistema primitivo simile alla tecnica ad incastro era già stato usato dagli intarsiatori in Italia nel corso del
Rinascimento, sicuramente era una tecnica più limitata, che sovrapponeva due o tre piallacci insieme.
I maestri più bravi furono tedeschi, che perfezionarono questa tecnica arrivando ad un virtuosismo eccezionale.
Altra definizione di tarsia è marqueterie, dal francese.
Il perché di questa nuova definizione e da collocare nel passaggio dell'interesse per quest'arte dall'Italia, alla corte di Francia di
Luigi XIV°.
Il massimo esponente della tecnica ad incastro nel seicento fu Andrè-Charle Boulle maestro ebanista alla corte di Luigi XIV° che
intarsiava i mobili con tartaruga , ottone, rame, e altri materiali che davano un effetto decorativo e un contrasto cromatico unico
alla tarsia.

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corso di Intarsio su legno
Altri esponenti da nominare che operarono in Francia nel 1700, sono Jean-François Oeben che morì mentre costruiva il celebre
scrittoio di Luigi XV che fu concluso da Jean Henri Riesener e David Roentegen il quale usò mirabilmente, la tecnica ad intarsio
conico.
In Italia, l'intarsio ad incastro, fu usato superbamente da Giuseppe Maggiolini che sicuramente fu l'esponente più alto di questa
arte nel XVIII° sec.

La realizzazione della Tarsia a foro e contro foro

Si preparano i materiali necessari: fogli di impiallacciatura, un seghetto a traforo, scotch carta, matita,
chiodi molto piccoli, bisturi e colla.

Si realizza il pacchetto (insieme dei fogli di impiallacciatura che verranno bloccati tra due strati di
compensato, che permetteranno di tagliare le essenze senza romperle), lo si blocca con chiodini molto
sottili posizionati su tutto il perimetro.

Si incolla una delle due copie del disegno sul compensato servendosi del martello, si buca la superficie
lungo tutto il contorno del disegno con un chiodo grosso almeno quanto la lama del seghetto, che potrà
entrare nei fori, lasciando intatto lo sfondo del lavoro.

Si comincia ad intagliare partendo dall’interno del disegno e si procede verso l’esterno, facilitando così il
lavoro. Se il seghetto scorre con difficoltà, si deve strofinarne la lama con della cera da candela.

Il taglio con il seghetto a traforo va eseguito in modo perfettamente perpendicolare al piano del pacchetto
per ottenere un taglio preciso il più possibile ed il minor numero di imperfezioni tra un materiale e l’altro.

Ogni qualvolta una tessera si stacca dal pacchetto, la si impacchetta con dello scotch carta, per bloccarne
gli strati ed evitare che vadano persi; sullo scotch di ogni pacchetto si scrive un numero che si riporta
sulla copia del disegno.

Terminato il lavoro di intaglio, si apre il paccchetto e se ne estraggono le essenze. Per dare maggior
risalto alla composizione, si giocherà sul differente colore delle essenze ma si potranno ottenere anche
delle ombreggiature, immergendo le tessere nella sabbia rovente e tenendovele più o meno a lungo a
seconda dell’intensità del colore desiderato.

Terminata la ricomposizione, si blocca il tutto con dello scotch in modo da non perdere i pezzi.

Bloccate le tessere, per incollare l’intarsio su una tavoletta di legno, lo si fissa alla struttura con delle
strisce di scotch; poi, con della colla di ossa, vi si fa aderire un foglio di giornale che lo ricopra
completamente.

Quando il giornale è asciutto, si stacca lo scotch che lo lega alla tavoletta e si spalma la colla di ossa sia
sull’intarsio che sulla tavoletta e li si unisce esercitando una forte pressione e battendo con la martellina,
per eliminare le bolle d’aria che si formano tra i due strati. Il tutto verrà pressato o sotto pressa o con
delle morse.

Seccata la colla, si passa sulla sull’intarsio una spugna inzuppata di acqua calda.

Stuccate le eventuali fessure, si procede alla lucidatura.

Essenze legnose usate nell’intarsio

Le essenze legnose prevalentemente usate per la realizzazione degli intarsi sono:

 Abete: tenero, di colore bianco con venature rossastre e di struttura grossolana;

Descrizione
E' un legno dolce di origine italiana (nazionale) che si distingue come Abete Bianco e Rosso. Quest' ultimo è stato
usato per la struttura di mobili che poi venivano placcati, laccati, dorati o dipinti..; gli ebanisti francesi se ne
servirono per lavori di intaglio e di ebanisteria, ora viene utilizzato per la costruzione di infissi.

Caratteristiche
Durezza: medio bassa
Resistenza all'urto: bassa
Segagione: difficoltosa se eseguita a mano, più agevole a macchina
Stagionatura: buona e se ben eseguita piuttosto stabile
Unione con chiodi e viti: non presenta difficoltà

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corso di Intarsio su legno
Unione a colla: discreta ma non particolarmente duratura
Piallatura: non particolarmente agevole
Finiture: non danno risultati non esteticamente soddisfacenti

Considerazioni
Legno molto versatile, utilizzato soprattutto per infissi. L' Abete Duglas ha caratteristiche migliori di quello nazionale,
che è stato usato in passato per mobili rustici di poco pregio.

 Acero: legno chiaro con specchiatura madreperlacea, di colore bianco tendente al rossiccio, rosato o bianco giallino; le
radici presentano marezzature apprezzate per il loro effetto decorativo.

Descrizione
E' un legno duro di colore rosastro con venature ondulate, ma lo si trova anche bianco giallastro a occhio d'uccello
(occhiolinato: piccole macchioline simili, appunto ad occhi d'uccello). Questa specie venne utilizzata per la tecnica
dell'intarsio durante il XVIII e XIX sec., soprattutto in America e nella Nuova Inghilterra, zone di grande produzione.

Caratteristiche
Provenienza: Legno nazionale, cresce spontaneamente nelle zone appenniniche fino a 1500 metri di altezza.
Aspetto: colore chiaro, lucentezza satinata, tessitura fine, fibre ravvicinate e talvolta ondulate
Durezza: media
Resistenza all'urto: media
Segagione: agevole
Stagionatura: buona e se eseguita lentamente, piuttosto stabile
Unione con chiodi e viti: agevole e di discreta tenuta
Unione a colla: non mostra problemi
Piallatura: agevole
Finiture: riceve ottimo pulimento e brillante lucidatura
Considerazioni
E' un legno dal quale si possono ricavare piallacci occhiolinati di particolare resa estetica ma è molto usato anche per
le parti in massello. Si ottengono mobili di lusso

 Ciliegio: compatto, rossiccio, facilmente attaccabile dai tarli e dall’umidità.

Descrizione
E' un legno medio duro (ciliegio dolce) molto usato in alcune zone d' Italia (Piemonte, Emilia) per costruire mobili in
massello, meno usato come impiallacciatura. usato molto dai tornitori per fare le gambe dei tavoli e caratteristico
anche dei mobili popolari francesi.

 Rovere: molto duro ma facilmente lavorabile, si presenta bruno con larghe venature. L’andamento delle fibre più diritto e
regolare presenta meno nodi.

Descrizione
Molto meno resistente della quercia (è sempre della famiglia della quercia) ma ha le stesse caratteristiche. Questo
legno, giallo con picchiettature scure , viene utilizzato per la costruzione dei mobili di pregio per un lunghissimo
periodo: dal Duecento al Quattrocento, mentre in Inghilterra resistette fino al Settecento. Viene poi prevalentemente
usato per la costruzione delle strutture interne. Un altro uso, poco attinente con l'ebanisteria, che si è fatto di questa
essenza e la costruzione delle toghe delle botti, che garantiscono un grande invecchiamaento ai vini rossi e ai
distillati

 Castagno: non molto duro ma di ottima resistenza, di colore bianco giallastro con venature più scure a specchiature che
lo rendono simile a legno di rovere .

Descrizione
Giallo fulvo, abbastanza duro, ma di buona conservazione e utilizzato per mobili modesti per pavimenti e persiane.

Caratteristiche
Provenienza: legno indigeno diffuso in tutta la fascia appenninica.
Aspetto: colore chiaro rosato, fibre solitamente diritte, a volte spiralate.Ha alto contenuto di tannino.
Durezza:media
Resistenza all'urto: mediocre
Segagione: agevole
Stagionatura: lenta per evitare fenditure e deformazioni
Unione con chiodi e viti: semplice da eseguire ma non di eccellente tenuta
Unione a colla: buona
Piallatura:agevole ma non di ottimi risultati
Finiture: la lucidatura ha buona resa estetica, ma necessita di una accurata chiusura dei pori

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corso di Intarsio su legno
Considerazioni
essendo un legno di ampia diffusione è utilizzato nelle nostre zone per svariati scopi.

 Noce: di due tipi, noce nazionale e noce Tanganika. Il primo a colore bruno più o meno chiaro, in rapporto all’età della
pianta, ha delle venature di colore più scuro ad andamento parallelo oppure ondulato. Entrambi poco resistenti agli
xilofagi.

Descrizione
Ha colore bruno con venature scure, qualche volta nere. Venne ed è considerato uno dei migliori legni, sia a livello
estetico sia per la sua duttilità. Sostituì la quercia nella composizione di mobili pregiati rimanendo in auge,
soprattutto in Italia per tutto il Rinascimento, mentre nel Seicento, venne preferito dai francesi e dagli inglesi che, in
seguito lo sostituirono col mogano.

Caratteristiche
Provenienza: Essenza indigene
Aspetto: colore variabile in tutta la gamma del bruno, tessitura media, fibre spesso ondulate
Durezza: media
Resistenza all'urto:medio - alta
Segagione:senza alcun problema
Stagionatura:agevole
Unione con chiodi e viti: agevole e di buona tenuta
Unione a colla: agevole e tenace
Piallatura:agevole e di buoni risultati
Finiture: eccellenti

Considerazioni
è stato l' assoluto protagonista della nostra ebanisteria nei secoli XV XVI; il Noce italiano è considerato il più pregiato
fra quelli europei.

 Mogano: legno duro di colorazione rossastra, tende a scurirsi con l’esposizione all’aria, ma resiste bene alle variazioni di
temperatura ed umidità ed è inattaccabile dai tarli.

Descrizione
E' un legno duro e resistente dal colore marrone rossiccio riccamente venato. ha grana fine ed uniforme, proprio per
la sua compattezza venne preferito al noce, in quanto particolarmente adatto per intagli e finiture raffinate. Utilizzato
fin dalla prima metà del XVIII sec. in Inghilterra e in particolare durante tutto il XIX sec.soprattutto dai francesi che,
con questa essenza diedero vita ad esemplari in stile Luigi XVI, Direttorio e Impero di notevole fattura. Questo legno
venne inizialmente importato da Cuba o dall' Honduras, ma in tempi più recenti, essendo il mogano cubano quasi
introvabile, e il secondo esageratamente costoso, venne fornito dall'Africa e dalle Filippine.Questi ultimi sono di
qualità assai inferiore e mancano di venature. Per distinguere il vero mogano, basta inumidire una parte non lucidata
(retro di un cassetto o il sotto di un piano) , questa assumerà una gradazione molto scura , mentre quello filippino
diventerà chiaro-rosato e l'africano si mostrerà di un colore intermedio.

Caratteristiche
Provenienza: America Centrale
Aspetto: colore giallo rosato che vira al rosso bruno dorato se esposto all' aria , tessitura variabile, fibre spesso
intrecciate o ondulate con particolare effetto decorativo
Durezza: medio
Resistenza all'urto:discreta
Segagione:agevole
Stagionatura: buona
Unione con chiodi e viti: agevole e di buona tenuta
Unione a colla: agevole
Piallatura: senza difficoltà,dà buoni risultati
Finiture: ottime

Considerazioni
Venne largamente impiegato nel corso del XVII secolo nell' ebanisteria inglese e nello stile Impero francese. Assai
spesso sostituì il più pregiato Mogano di Cuba, ormai quasi introvabile.

 Palissandro: legno esotico di cui esistono due varietà. Quello indiano, di colore rosso violaceo, molto pregiato, usato per
lavori di alta ebanisteria. Il palissandro Rio è di colore più scuro ed è immune dagli attacchi degli xilofagi.

Descrizione

Esistono due qualità di questo legno duro esotico. La più pregiata è quella brasiliana che ha una natura compatta e
una grana grossa e aperta. E' di colore marrone con striature nere. Il Palissandro è un legno ostinato e difficile da
lavorare Si scheggia facilmente e a causa della sua natura oleosa è difficile preparare le superfici all'incollatura. Nella
impiallacciatura , il palissandro tende a formare piccole crepe e a rompersi nelle sezioni dentellate. Per la
lucidatura,dopo aver chiuso bene i pori, si usano vernici a spirito come la gommalacca.

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corso di Intarsio su legno
 Ebano: legno molto duro e compatto, di colore nero, a volte con striature marroni. Difficilmente attaccabile dagli xilofagi.

Descrizione
E' un legno di colore nero intenso illuminato da riflessi rosso cupo , la cui origine può essere riferita all'Africa, India,
Cava e al Madagascar . Si screpola difficilmente, poiché la sua grana fine lo rende compatto e durissimo.
Considerato fin da tempi antichi (egizi e romani) un legno prezioso, venne quindi utilizzato per mobili o oggetti di
gran valore.

Caratteristiche
Provenienza: fascia tropico equatoriale dell'Asia; savane e steppe alberate dell'Africa Orientale.
Aspetto: colore dal nero al nero-rossastro, tessitura fine, fibre prevalentemente diritte.
Durezza: assai elevata
Resistenza all'urto: mediocre
Segagione: difficoltosa (rovina la lama delle seghe) meglio se effettuata quando il legno non è ancora stagionato
Stagionatura: lunga e difficile; sconsigliata l' essiccazione artificiale che può provocare fessurazioni.
Unione con chiodi e viti: assai ardua e di poca tenuta: preparare sempre la sede
Unione a colla: buona
Piallatura: difficoltosa ma di ottima resa estetica (attenzione, la segatura di ebano è irritante) ottima resa alla
tornitura
Finiture: l'ebano viene finito normalmente a cera e da ottimi risultati.

Considerazioni
Fra gli ebani asiatici, i più pregiati sono l'indiano, ed il Maccassar: quest' ultimo presenta evidenti marezzature. Fra
gli ebani africani quello di Zanzibar e del Senegal. L'ebano è usato per ebanisteria, tornitura ed impiallacciatura
decorativa.

Come tinteggiare il legno

La tinteggiatura del legno si può eseguire in due modi, ad immersione e a pennello.

Tinteggiatura ad immersione

Questo procedimento assicura grande uniformità di colore che viene applicato su interi fogli di impiallacciatura prima del
taglio.

Immerso nel bagno di colore, il legno infatti assorbe completamente la tinta.

E’ necessario, però, procedere preventivamente ad alcuni controlli, verificando che:

il colore della tinta preparata sia proprio quello della tinta desiderata.

A tale scopo si procede con delle prove su pezzettini di legno, onde evitare di rovinare l’intero foglio;

 il foglio sia della giusta misura, per evitare che, se troppo largo, si possa arrotolare, una volta bagnato.

Tinteggiatura a pennello

E’ una tecnica che permette di mettere in opera il legno, incollandolo, levigandolo a dovere e ritoccandolo nelle varie fasi del
restauro con il colore più adatto. Presenta però delle controindicazioni, perché il colore, spennellato sulla superficie, non
viene assorbito in profondità e con il tempo invecchierà in modo diverso da quello tinto per immersione.

E’ importante sapere inoltre che non tutte le essenze legnose hanno eguale caratteristica di assorbimento (assorbenza) del
colore con la stessa facilità. Quando l’assorbenza è scarsa, per non ripetere più volte l’operazione di tinteggiatura, si può
aggiungere al colore qualche goccia di ammoniaca.

Fissaggio dell’intarsio: le colle animali

La realizzazione di questi minuziosi lavori d’intarsio, prevede l’utilizzo di colle animali. Una volta realizzato il disegno
prescelto, e assemblate tra di loro le numerose tessere di impiallacci di essenze legnose diverse, il tutto deve essere fissato
su di un supporto rigido mediante sostanze ad alto potere adesivo; a tale scopo si usano appunto le colle animali.

Sono costituite da sostanze di natura prevalentemente proteica (collagene) e da quantità minori di sostanze di natura
organica ed inorganica.

Vengono estratte da cascame di pellame animale (colle animali), da ossa di mammiferi (colla di ossa), o da parti di pesci
(colla di pesce). La loro preparazione avviene lasciandole in acqua per circa ventiquattro ore, ottenendo così una soluzione
acquosa colloidale reversibile, questo perché si tratta di sostanze proteiche e quindi idrofile, cioè affini con l’acqua e a

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corso di Intarsio su legno
contatto con essa, ogni singola parte di colla forma delle “micelle”, cioè dei rigonfiamenti delle proteine costituite da una
parte interna idrofoba e una parte esterna idrofila che va a contatto con l’acqua.

La soluzione colloidale così ottenuta va sciolta a bagnomaria senza però portarla mai ad ebollizione, onde evitare la rottura
dei legami interni e la relativa perdita di potere adesivo. Questi tipi di colla assicurano un’ottima adesione ma allo stesso
tempo presentano degli svantaggi, sono infatti responsabili di fenomeni alterativi che con l’invecchiamento portano ad una
perdita di adesione.

In particolare si pensa che si verifichino tre tipi diversi di processi alterativi, tutti attribuiti all’azione della acqua:

 la variazione di umidità che è causa di ritiri e di rigonfiamenti,

 ’acqua agisce da reattivo per le reazioni degenerative nel materiale proteico delle cellule,

 l’umidità favorisce lo sviluppo di muffe e batteri.

Attenzioni nella realizzazione di un intarsio

Volendo iniziare un lavoro di intarsio, è necessario preparare e scegliere tutti i materiali in modo da avere tutto pronto prima
di cominciare.

Per le impiallacciature da usare si deve tener presente.

La venatura del legno che varierà a seconda del disegno da riportare;

Lo spessore di impiallacciatura, che varierà a seconda del tipo di intarsio che si vuole ottenere;

La scelta delle essenze, sia naturali che tinte, che sarà fondamentale per l’effetto finale.

Per quanto riguarda il legno da usare, basterà studiare, prima di cominciare il lavoro, il gioco di venature che meglio si
addice al tipo di disegno scelto, operazione che a volte risulta lunga e faticosa, ma di grande importanza.

Relativamente alle tinture delle essenze, bisognerà tenere conto dei vari aspetti che possono intralciare il lavoro.
L’impiallacciatura, per esempio, deve essere trattata con la carta vetrata per risultare dello stesso livello del resto del legno;
tale operazione deve essere necessariamente effettuata prima della tinteggiatura per evitare di rimuovere parte del colore.

L’uso di cere e di vernici può alterare, in fase di pulitura, il colore dei legni tinteggiati, perché la lucidatura tende ad
evidenziare le venature delle varie essenze. La stessa vernice spesso trasforma completamente la tinteggiatura artificiale
scurendo il colore più del dovuto. Quindi prima di tinteggiare il legno, è necessario fare dei saggi.

L’uso di materiali diversi dal legno

L’intarsio con materiali diversi dal legno non è né difficile né tanto diverso dalla tarsia lignea: il procedimento è lo stesso di
quello descritto per l’intarsio a foro e contro-foro a meno di qualche piccolo accorgimento da tener presente.

 Metalli: nell’intarsio si usano l’ottone, il rame, l’argento, lo stagno, ecc., che si possono trovare in commercio in fogli di
vario spessore.

 Tartaruga: esistono varie specie di tartarughe e per ognuna cambiano i colori, lo spessore della corazza e, quindi, il
pregio.

La distinzione riguarda, però, anche il guscio di cui vengono utilizzate sia la parte superiore che quella inferiore più
variopinta e pregiata.

Poiché i fogli di tartaruga sono di piccola dimensione, spesso se ne devono saldare due ad una temperatura di 140°C circa,
schiacciandoli, se necessario, per appiattirli.

La tartaruga è un materiale che si cambia facilmente.

 Madreperla: La si ricava dalle conchiglie e viene lavorata accuratamente da operai professionisti che la scelgono, la
tagliano e la preparano per l’uso.

Differente a seconda della specie da cui proviene, questo materiale si distingue anche per il colore ed i riflessi che lo
rendono più o meno pregiato.

Come il legno, può essere con delle anilina che permettono di colorarlo dopo averlo messo in opera.

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corso di Intarsio su legno
 Osso: E’ un materiale duro, ma molto fragile, facilmente scambiato per avorio che anticamente veniva ricavato soprattutto
da cavalli e montoni.

E’ possibile sbiancarlo con acqua ossigenata o colorarlo seguendo lo stesso procedimento che si usa per il legno. Avorio:
ricavato dalle zanne degli elefanti, ha un colore bianco giallastro che varia a seconda della zona da cui proviene.

Se ne usano piccoli pezzi. Può essere tagliato a mano, ma è necessario lubrificare il seghetto con del sapone per facilitare il
lavoro.

 Corno: i tipi più usati sono quelli di mucca e di bue, anche se spesso presentano delle irregolarità che obbligano a
scartarne una parte rilevante durante la lavorazione.

Presentano diverse colorazioni tra il bianco ed il giallastro.

Addirittura nero è il corno di bufalo.

Per l’intarsio si usano delle placche dello spessore di circa un millimetro tagliate secondo le necessita.

Gli utensili

Gli utensili usati nell'arte dell'intarsio

Che cosa occorre per l'arte dell'intarsio


Scalpelli, sgorbie, seghetto a traforo, pialletti e altri utensili che descriveremo e approfondiremo in seguito, vengono adoperati
per l'arte della tarsia.

Gli utensili devono essere sempre ben affilati e adoperati con maestria, per ottenere dei buoni risultati.

Il consiglio migliore è quello di non scoraggiarsi se ai primi tentativi non si ottengono risultati soddisfacenti, perché la buona
riuscita è relativa alle prove che l'operatore esercita

Utensili Manuali ed elettrici


Scalpelli e sgorbie: Gli scarpelli sono utensili d'acciaio di forma piatta, di diverse dimensioni di larghezza e sono usati per
incidere il legno nelle parti dove il disegno è rettilineo, per rettificare le listre dove hanno delle imperfezioni, per raddrizzare o
spianare qualunque difetto. Le sgorbie sono di forma curva, di vari tipi e dimensioni, si usano come gli scalpelli, ma verranno
usate nelle parti dove il disegno da incidere o da rettificare avrà delle curve o sagome rotonde.

Di questi utensili ce ne sono di vario tipo in commercio; consiglio di usare quelli professionali da intagliatore, che come acciaio e
tempra è notevolmente superiore e hanno una raffinatezza che il ferro più scadente non possiede

Arrotatura e affilatura: Come ho accennato nell'introduzione, l'affilatura di questi “arnesi” da lavoro è molto importante.
L'arrotatura può essere effettuata con una mola a smeriglio azionata con motore elettrico, o fatta funzionare manualmente. Per
quest'ultima occorrerà molta esercitazione, perché una mano dovrà far girare l'apposita manovella che fa girare la mola, e l'altra
mano far muovere il ferro correttamente.

Prima d'iniziare arrotature sarà opportuno usare la pietra apposita per ravvivare la mola, che permette di avere una mola
efficiente e non impastata dalle precedenti arrotature. Seguendo questo consiglio otterremo una affilatura corretta senza il
rischio di poter bruciare l'utensile, per il cattivo funzionamento di questa.

Per una buona arrotatura la pressione che si deve esercitare sull'utensile non deve essere mai forte e allo stesso tempo
costante. Osservando queste indicazioni otterremo una superficie di arrotatura piana, che chiameremo "scarpa" come dimostra
la (fig. 1). Se la scarpa non risulterà perfettamente piatta (fig.2) operare riuscirà faticoso perché l'utensile farà poca presa sul
pezzo da tagliare. L'arrotatura ha fine quando noi abbiamo ottenuto la “scarpa” desiderata e quando vediamo che nella parte
arrotata si è formato un filo sottilissimo che percorre tutta la superficie di taglio dell'utensile.

Il "filo" e la "scarpa" sono due definizioni che servono per specificare:

Il filo, l'avvenuta arrotatura; la scarpa, l'angolatura che abbiamo dato al ferro.Più acuto è l'angolo della scarpa più l'utensile si
indebolirà, però avremo una penetrazione più profonda e un taglio più netto nel legno; se la scarpa avrà un angolo più aperto
avremo l'effetto inverso. Fatte queste operazioni si passa all'affilatura, che si ottiene passando il ferro nella pietra per affilare.

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corso di Intarsio su legno

Per l'affilatura dei ferri da intaglio ci sono molte pietre in commercio da quelle sintetiche a quelle naturali, che sono le migliori.
Io uso e consiglio due tipi di pietre, la pietra di CANDIA e la pietra ARKANSAS. Questi tipi di pietre hanno una proprietà di grana
molto raffinata, al contrario di quelle sintetiche che sono di grana grossolana.

Come si adoperano: per prima cosa dovremo bagnare la pietra con dell'olio, buono è anche quello da cucina. Si prende
l'utensile e si appoggia la scarpa nella pietra, per poi “passarla” con un movimento orizzontale, alternando questo movimento
anche nell'altra faccia dell'utensile di forma piana (scalpello), stando attenti a non far battere solamente la punta o il tacco del
ferro. L'utensile dovrà appoggiare costantemente in tutta la sua superficie durante l'operazione, nella pietra, fino al completo
distacco del cosiddetto filo. Un comportamento quasi identico viene usato anche per affilare la sgorbia, che come ho già detto è
di forma curva; infatti dovremo passare la pietra sulla parte convessa e su quella concava del ferro per togliere il filo. Per la
parte convessa si potrà usare una pietra di forma piana, ma per la parte concava dovremo usare una pietra di forma curva che
mi permetta di toccare tutti i punti interni.

Il pialletto : Le operazioni di arrotatura e affilatura, che ho


sottolineato fino adesso, servono anche per il pialletto, altro
utensile indispensabile per la tarsia. Il pialletto viene usato
sia per far accostare precisamente due listre di legno fra di
loro, o raddrizzarle singolarmente, per spianare e portare la
tarsia al liscio del piano su cui l'abbiamo incassata.

Di pialletti, in vendita, ne troviamo di vari tipi e dimensioni:


ci sono di legno, di metallo e azionati a motore elettrico. È
bene averne di varie specie. Non trascurerei i pialletti di
metallo che hanno il ferro regolabile e che possono servire,
se vogliamo togliere più legno da una parte, per lasciare
intatta la parte opposta.

Ci sono anche pialletti metallici di piccole dimensioni che servono per piallare contro venatura o trasversalmente questa. Non è
un compito facile lavorare contro vena: adoperare un piccolo pialletto che tagli poca superficie di legno alla volta, limiterà le
possibili sgranature e gli strappi di venatura che si possono causare operando in questa circostanza.

Per ottenere più incisione di taglio del pialletto, dovremo agire nel ferro spingendolo con il martello verso la suola (indicazione
nel disegno freccia rossa).

Se vorremo avere l’effetto inverso, dovremo colpire con il martello il ceppo della pialla,( indicazione nel disegno freccia gialla).

Quando avremo ottenuto la regolazione voluta fisseremo con un colpo di martello il cuneo, ( indicazione nel disegno freccia
verde).

Utensili Elettrici: Altri utensili indispensabili sono la sega a nastro con motore elettrico o quella a traforo che può essere
elettrica anch'essa.
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corso di Intarsio su legno
Nel mio laboratorio ne possiedo di tre tipi: una grande a nastro che mi permette di fare listre di legno di varie altezze e spessori,
una più piccola che utilizzo per piccoli tagli e il seghetto a traforo elettrico macchina indispensabile per la tarsia.

Altre macchine da taglio sono la troncatrice e la sega a disco. La prima serve per ottenere tutti gli angoli possibili che si vogliono
ricavare. La sega a disco o circolare mi occorre per fare piccoli filetti e lavori che devono essere perfettamente paralleli o per
ottenere tagli ortogonali.

Non tutti potranno dotarsi di macchine elettriche; il bello di quest'arte è anche quello di poter supplire, nei limiti del possibile,
con gli utensili manuali. Chiaramente ci vorrà una esperienza maggiore e un esercizio notevole.

Le macchine da traforo: Lo strumento principe per la tarsia


applicata al mobile dal XVI secolo fino ai giorni nostri è il traforo.

Questa macchina ha avuto uno sviluppo tecnologico rilevante dai


suoi esordi che si presumono all’epoca di Luigi XIII. Certamente i
primi seghetti alternativi erano costruiti di legno e azionati a
pedale.

La tradizione francese conserva ed usa magistralmente ancora


oggi un tipo di macchina azionata manualmente: il cavalletto da
intarsiatore. Questo tipo di traforo è stato sicuramente inventato
e usato dai tempi di Boulle; quindi si può dedurre anche la data
della sua invenzione da individuare nel XVII secolo. In commercio
si trovano vari tipi di traforo alternativi di piccole dimensioni che
possono essere usati, senza voler ottenere troppo, da principianti
e hobbisti. Per gli operatori consiglio macchine più serie,
certamente molto più costose. Nel mio laboratorio ho una macchina professionale da traforo alternativa elettrica che, come
caratteristiche, si differenzia moltissimo da quelle che si trovano nelle ferramenta. Sarà opportuno, se vogliamo acquistare una
apparecchio professionale, consultare ditte specializzate per la vendita di macchinari per la lavorazione del legno.

Se non possediamo un traforo elettrico si può usare il traforo manuale che, se usato con maestria fornisce risultati identici, direi
migliori del seghetto alternativo elettrico.

Le seghette per il traforo: In commercio ci sono vari tipi di seghetta per traforo che si differenziano per grossezza della
lama e per le diverse dentature di taglio.

Le gradazioni relative alla grossezza si dividono da numeri che partono dallo zero, per le più sottili, al numero dodici per quelle
più grosse.

Le dentature delle seghette si differenziano dalla distanza che si interpone tra un


dente e l’altro. Se avremo scelto una lama con denti molto radi otterremo un
taglio più aggressivo e incisivo; se vogliamo un taglio più morbido adopereremo
una seghetta con denti ravvicinati.

La seghetta da adottare verrà scelta, per quanto riguarda la grossezza della


lama, dal numero di listre sovrapposte (pacchetto di legni) che vorremo tagliare
e per il tipo di dentatura dalla durezza relativa all’essenza di legno d’adoperare.

La fresatrice o pantografo. Altra macchina molto importante per la tarsia, in


special modo per quella a buio, è la fresatrice.

Questo utensile si trova in commercio corredato di frese di vario tipo e


dimensioni di diametro.

Comunemente la fresatrice si adopera per fare la sede ad un intarsio e per


riquadrare un piano con maccheroni e filetti.

Le macchine levigatrici: Di questo tipo di macchine in commercio ce ne sono di vario tipo. Quelle più adatte per la tarsia
sono due: la calibratrice e la levigatrice combinata.

La calibratrice è una macchina molto importante che ha la funzione di portarmi tutte le listre ad uno stesso spessore, ed è
indicata anche per la ripulitura finale di un piano intarsiato.

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La levigatrice combinata possiede un piano dove scorre un nastro e a lato della macchina un disco abrasivo; il nastro e il disco
possono variare di grandezza o di diametro a secondo della potenza della macchina.

Il piano della levigatrice serve per la maggior parte dei casi per spianare o aggiustare e far combaciare due listre o più insieme.

Il disco si adopera per ritoccare le tessere e per ottenere delle sagome rotondeggianti.

L'unica nota dolente sono i costi elevati di queste macchine, ma è altrettanto vero che servono moltissimo ed alleviano il lavoro
in maniera consistente.

Le Essenza

Le essenze usate nell'arte dell'intarsio

Dal massello alle impiallacciature


Il legno massello ha caratterizzato la produzione di mobili fino al
XVI secolo. Il costo elevato delle essenze più rare ha portato
l'artigiano a sviluppare la tecnica di taglio del legno.
Sicuramente è nella fine del rinascimento che si inizia a capire
l'importanza di risparmiare, non solamente per il costo ma anche
per non sprecare una particolare tavola che possedeva una
singolare venatura, un certo tipo di legno prezioso e con
proprietà decorative naturali le quali, se tagliato a piallacci,
poteva ricoprire tutto un mobile. Devo ricordare che è con il
mobile seicentesco che si inizia a ricoprire listrando i manufatti
con piallacci di radica, in particolare quella di noce.
Le listre anticamente si ottenevano tramite il segone a telaio, grossa sega che veniva azionata da due persone. Questa
operazione richiedeva un notevole affiatamento tra i due operatori ed era molto difficile da ottenere.
Il sistema di taglio delle tavole in listra fu usato fino alla fine del XVIII secolo. Con l'evolversi della tecnologia, inventando e
utilizzando macchinari meccanici tipo trance e sfogliatrici, si poté ottenere e si ottengono attualmente i tranciati e le
impiallacciature.

I diversi tipi di taglio


E' bene specificare le differenze tra listra, impiallacciatura e tranciati.
La listra è una fetta di legno che si ricava dalla tavola tagliata con la sega a nastro. Lo spessore può variare dai 2 ai 3 mm. a
seconda dell'esigenza. Questo tipo di taglio mantiene la listra piatta e non nervosa, se il legno tagliato è stagionato.
L'impiallacciatura e i tranciati si ottengono tramite bollitura delle tavole con il vapore; queste vengono successivamente sfogliate
con trance o macchine sfogliatrici.
La differenza tra l'impiallacciatura e i tranciati sta nello spessore del legno.
L'impiallacciatura è di spessore finissimo e varia dai 6/10 fino ai 3 mm del tranciato. Saper distinguere una lista da una
impiallacciatura, può servire anche a datare un mobile. Facendo un esempio, un mobile costruito con impiallacciature di 6/10
non sarà sicuramente un manufatto del XVIII secolo dato che il legno veniva tagliato manualmente fino al XIX secolo e le prime
macchine per tranciare a freddo risalgono all'inizio del 1800, per poi perfezionarsi fino ai giorni nostri.
I disegni illustrano due macchine relative a due sistemi di taglio per ottenere dei piallacci dalle tavole.
Nella prima illustrazione, macchina tranciatrice a sega, dove il legno viene tagliato a freddo.
Il vantaggio che apporta il taglio di tavole con questa macchina è legato al mantenimento del colore naturale, in particolare per
i legni chiari, ed alla possibilità di ottenere listre uniformi di spessore e piatte, non nervose, dato che il tronco non viene
immerso in acqua calda.
Lo svantaggio dell'uso di questo utensile è soprattutto inerente allo spreco notevole di legno provocato dai tagli della sega.
Al contrario la macchina sfogliatrice a caldo riesce ad ottenere dal tronco la massima produzione con il minor spreco di materia,
ottenendo impiallacciature sottilissime di spessore.
Questo è dovuto al sistema rotatorio di taglio abbinato all'immersione in acqua calda del tronco.
Le impiallacciature ottenute, nella maggioranza dei casi, risultano ondulate e necessitano di uno stiramento con il ferro da stiro,
per riportarle piatte, prima di essere usate per una tarsia.

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Macchina tranciatrice a sega macchina sfogliatrice a caldo

Si possono ottenere diversi effetti tagliando il tronco radialmente o longitudinalmente o di testa o prendendo la parte bassa del
tronco oppure la radica e parti sull'attaccatura dei rami.
Il taglio denominato “ rigatino” è un tipo di taglio che si ottiene sezionando la tavola lungo i raggi midollari ricavando una
venatura molto fitta e ben marcata denominata appunto rigatino.
Con il taglio della radica della pianta si ottengono effetti della venatura più stravaganti, che si possono trovare solamente in
questa parte della pianta. Forse è per questo che fu maggiormente usato nei mobili barocchi e successivamente sui manufatti
della prima metà del 1700.

Tipi di taglio del tronco della pianta per ottenere i vari tipi di piallacci.
Con il Taglio tangenziale si ricava una venatura molto ampia.

Il taglio radiale viene eseguito per ottenere una venatura molto


fitta, denominata a rigatino.

Sezionando la parte bassa del tronco otterremmo la piuma.

Con il taglio del ceppo della pianta ricaveremo la radica.

Le radiche: L'uso delle radiche ebbe il suo massimo fulgore nel


periodo barocco. L'applicazione più rilevante di questo tipo di
essenza ha riguardato nella maggior parte il mobilio;
successivamente è

stata sempre impiegata per manufatti di pregevole fattura e quadri


intarsiati.

Principalmente la radica è stata lavorata e incrostata come listatura


e abbinata, in special modo nel XVII secolo, su mobili decorati con
colonne sormontate da capitelli intagliati. La radica serviva alla
riquadratura dei cassetti, che in genere facevano da sfondo alle
fasce di cornici, o a figure virili intagliate nei mobili, che
caratterizzarono quest'epoca.

Le radiche più usate per decorare i mobili dal XVI secolo fino ai giorni nostri sono state le più svariate e si sono sempre distinte
per la tipologia e nazionalità del manufatto di provenienza.

Il mobile italiano generalmente veniva intarsiato con radiche di olivo e noce. Nel mobilio europeo, specialmente per quello
francese e inglese, si usavano oltre a radiche locali, anche essenze d'importazione come la tuja, ambonia e radiche di noce
provenienti dal sud America.

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Nella foto a fianco un esempio di un quadro francese eseguito con vari tipi di
radica, dove si può notare il grande effetto decorativo che può creare questa
materia.

Molti intarsiatori usano solamente vari tipi di radica per creare quadri
naturalistici e paesaggi, facendo meravigliare, forse più per la bellezza delle
radiche impiegate, che per il contenuto e la qualità della tarsia. Un
suggerimento che mi sento di esprimere è di adoperare con gusto senza
esagerare queste pregiatissime essenze, che possono dare al quadro un effetto
di grande stupore, ma può rendere la tarsia molto confusa se non usata
correttamente.

Nelle epoche precedenti, quattrocento e rinascimento, l'uso delle radiche era


riservato per decorare pannelli intarsiati con la funzione di imitare il finto
marmo, inserendo questa essenza nelle riquadrature delle colonne o nei
basamenti.

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I Materiali

I Materiali utilizzati nell'arte dell'intarsio

Le colle
Vari tipi di collanti sono stati adoperati nel corso della storia per attaccare le tarsie; generalmente, fino alla fine del periodo
rinascimentale, le colle più “antiche” venivano ricavate dalla caseina o dalla colla di pesce e da ossi e pelle di animale, la
cosiddetta colla forte.
Nelle epoche successive, fino alla metà del nostro secolo, la colla impiegata maggiormente è stata la colla forte. In questi ultimi
decenni la ricerca tecnologica si è evoluta considerevolmente riuscendo ad ottenere prodotti sempre più sofisticati con un
elevato potere adesivo come nel caso delle colle viniliche.

La colla forte e la vinilica pregi e difetti


La colla a caldo, “colla forte”, come già accennato, si ricava dalla bollitura di ossi e pelle di animale.
Questo tipo di colla si trova sotto forma di perline, sciolte in un recipiente contenente dell'acqua con una percentuale oscillante
fra il 70-80% del peso della colla riscaldata e sciolta a bagno maria.
La qualità della colla a caldo è l'immediatezza nell'incollaggio. Se usata in ambienti caldi (18-20°C), favorisce l'incollaggio di
impiallacciature e per incollare piccole tessere di legno, con la tecnica a “guazzo”, senza ricorrere a morsetti o chiodi. Un altro
pregio della colla a caldo è quello della sua reversibilità. Tale pregio è molto apprezzato e richiesto nel restauro, e va tenuto
conto che anche per le nuove creazione non sarebbe da sottovalutare. (ndr)
Il suo difetto, se si può definire così, è che necessita sempre di una temperatura costante per mantenerla a una giusta fluidità.
Le proprietà negative di questo adesivo, insieme alle colle a base di caseina e di pesce colle tradizionali, sono relative alla poca
resistenza alla umidità e al riscaldamento.
Basti pensare a tutti gli inconvenienti che portarono a Benedetto da Maiano questi tipi di colla nel periodo quattrocentesco.
L'artista eseguì delle casse intarsiate per il re di Ungheria Mattia Corvino ma, come scrive il Vasari nelle “Vite”,durante il
trasporto fluviale:
….“La onde cominciato a scassar le casse ed isdrucire gli incerati, vide Benedetto che l'umidità dell'acqua e il mucido del mare
aveva tutta fatta intenerire la colla e nello aprire gli incerati quasi tutti i pezzi, che erano nelle casse appiccicati, caddero in
terra….”.

La colla vinilica viene ricavata da resine sintetiche. Questo tipo di adesivo è più semplice da adoperare, si trova già pronto e
non ha l'inconveniente di essere riscaldato, perché si applica a freddo; quindi si può definire più pratico rispetto alla colla forte.
Le caratteristiche negative riguardano la poca reversibilità, per quanto concerne il suo impiego nel restauro.

Varie tecniche d'incollaggio.


In questo paragrafo descriverò tecniche d'incollaggio che uso correntemente adoperando i due tipi di adesivo.

ncollaggio con colla forte: Uso generalmente la colla forte quando devo intarsiare un mobile composto da molte tessere di
piccole dimensioni, come nel caso descritto nel capitolo
dedicato all'intarsio a incastro sulla riedizione di un tavolino
intarsiato alla maniera della bottega di Maggiolini.
Il sistema di applicazione con questo tipo di adesivo deve
essere molto veloce, prima che si raggrumi raffreddandosi,
quindi è consigliato per operatori esperti.
La colla forte ha una presa quasi immediata, infatti basterà
tenere pressati i pezzi per pochi minuti, con delle mollette da
rimuovere successivamente, dopo 10/15 minuti, quando la
colla avrà fatto presa. Questo tipo d'incollaggio consente di
non usare morsetti, chiodi o simili per tenere pressate le
piccole tessere.
La completa essiccazione della colla si aggira di norma nelle 24
ore, quindi prima di fare qualsiasi azione di ripulitura sarà
opportuno aspettare prudentemente un giorno dall'inizio del
lavoro d'incrostazione.

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Incollaggio con colla vinilica: Il procedimento che uso comunemente consiste nel preparare tutte le varie tessere che
compongono il motivo intarsiato, tenute unite con dello scotch.
Otterrò così tutta la sagoma della tarsia unita e pronta per essere
incollata.
Finita questa operazione passerò ad incollare la composizione sulla
ossatura della gamba, adoperando una tavoletta e dei morsetti che
mi presseranno sull’ossatura del mobile la composizione intarsiata,
ricordando di inserire un foglio di carta che mi isoli la tavoletta dalla
listra per evitare che si incolli il tutto.
È obbligatorio, per una buona riuscita di questo tipo di operazione,
che tutti i piallacci abbiano un eguale spessore, per consentire una
compressione uniforme.
Questa tecnica è consigliata per chi possiede una scartatrice
calibratrice che permette di ottenere delle listre tutte uguali di
spessore.
In molti casi, specialmente quando siamo agli inizi di una professione,
essere provvisti di macchine calibratrici, è molto difficile per l'elevato
costo. Se siamo impossibilitati ad avere piallacci uniformi di spessore
potremo usare una tecnica non proprio ortodossa, ma efficace, che
consiste nell'usare punte a spillo per pressare le tessere, inserendo
tra chiodo e tessera piccoli pezzi di compensato, rigirando la testa del
chiodo sul medesimo. A incollaggio avvenuto rimuoveremo le punte
insieme al compensato.
Altro sistema simile è quello di usare grappette metalliche al posto dei
chiodi, inserite con una magliettatrice pneumatica azionata ad aria
compressa. Questo sistema è efficace ma è bene limitarsi ad usarlo
su dei legni scuri evitando così che i fori provocati dalle punte non si
notino a fine lavoro.
Il sistema usato anticamente per incollare piallacci di grandi dimensioni, consisteva nel fermare le listre con dei piccoli perni
conici (le spine) di essenza uguale, che venivano inseriti nei fori praticati nelle tessere come fossero dei chiodi. Questa tecnica è
indicata per fermare delle superfici da listrare come piani o fianchi di mobili. È sconsigliata per legni chiari di colore e per tarsie
di tipo figurative.

I vari tipi di stucco


La stuccatura serve per nascondere le imperfezioni causate dall'operatore durante l'incasso o la connessione delle varie tessere
che compongono una tarsia. Meno stuccature ci sono, più il nostro lavoro sarà pregiato.
Di stucchi ce ne sono di vario tipo: da quello comune da rasatura che si compera in mesticheria già pronto per l'uso, agli stucchi
che si preparano in bottega mescolando colle e gesso da doratori.
I prodotti pronti all’uso si trovano già colorati con pigmenti prestabiliti, o neutri, formati dal solo composto bianco; questi
possono essere adoperati come base e mescolati aggiungendo delle terre o degli ossidi per ottenere la colorazione desiderata.
Questi tipi di stucco sono molto veloci e facili da adoperare ma non possiedono una buona tenuta, che si può ottenere, invece,
con dei composti preparati artigianalmente.
Per ottenere uno stucco più forte dovremo adoperare, come composto base, il gesso di Bologna di colore bianco chiamato
comunemente da doratore, da mescolare con della colla forte, oppure con colla di coniglio o vinilica, tingendo il tutto con le
terre per avere il colore voluto.
Da tenere in considerazione e da valutare, quando ci accingiamo a preparare il composto, che lo stucco schiarisce asciugandosi.
Il colore dello stucco è bene che sia di colore abbastanza scuro; io uso regolarmente la tinta bruno noce;, infatti questo colore
mi confonde molto bene le piccole imperfezioni anche su altri tipi di legno differenti dal noce. Certamente sarà opportuno fare
un colore uguale al legno di fondo quando si presentano “grosse” imperfezioni.

I coloranti
In questo capitolo indicherò i prodotti e i coloranti più comuni che servono a tingere sia superficialmente o in profondità il legno.

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Per eseguire una ripresa di colore superficiale si possono usare vari tipi di mordenti, aniline o colori concentrati, che si trovano
senza difficoltà nelle mesticherie specializzate di prodotti per il restauro, con colorazioni già prestabilite. I vari tipi di coloranti si
differenziano dal tipo di medium più o meno volatile con cui devono essere sciolti.
Questi prodotti si trovano generalmente commercializzati in concentrati da diluire con i rispettivi medium e, a secondo della loro
diluizione, otterremo una colorazione più chiara o più scura.
I coloranti più comuni sono i mordenti da diluire in acqua. Questi vengono forniti sotto forma di grani e devono essere sciolti in
acqua per diventare coloranti. Le tinture si possono ricavare tramite la bollitura di essenze naturali. Ad esempio, facendo bollire
in acqua del mallo di noce, si ottiene una colorazione bruno scura; oppure, adoperando decotti di cicoria, fondi di caffè o di tè,
si possono ottenere mordenti dello stesso colore più delicato.

I mordenti chimici: Un piccolo accenno su questa categoria di colorazioni che si ottengono tramite l’uso di sostanze chimiche.
I componenti più comuni da reperire ed adoperare sono il bicromato di potassio, il permanganato di potassio, ammoniaca.
Oppure si possono usare i solfati di rame o di ferro e i solfuri di sodio, calcio e ferro.
Il bicromato di potassio è ottenuto sotto forma di cristalli da sciogliere in acqua tiepida. La soluzione ottenuta, applicata al legno
di noce, da una colorazione unica e rende uniforme il passaggio di venatura tra l’alburno e il durame.
Il permanganato fornisce una colorazione rosso scura.
Per quanto concerne le tinture con i solfati si può prendere come esempio questo procedimento: Si sciolgono in un litro di acqua
50 g di solfato di rame insieme a 20 g. di arseniato di potassio ottenendo una colorazione azzurra. Sostituendo il solfato di rame
con quello di ferro otteniamo una colorazione verde.
I solfuri danno una tintura bruno scura e devono essere sciolti nella percentuale del 5% in un litro d’acqua a temperatura di 50
gradi, aiutando il potere penetrativo con l’aggiunta di acido acetico o aceto.
Un’altra sostanza che ha potere colorante è l’ammoniaca.

I prodotti per la verniciatura e finitura di una tarsia.


Le vernici e le tecniche di lucidatura, che si adoperano comunemente per finire un lavoro intarsiato, sono due:
la lucidatura a cera e quella stesa a tampone a base di gommalacca

lucidatura a cera o all'encausto: La lucidatura a cera è da considerare l'archetipo delle lucidature; infatti questo tipo di
tecnica è stata usata correntemente durante le varie epoche.
L'impiego degli encaustici risale alla civiltà greco-romana, dove per la sua particolare peculiarità di lasciare un lucido vellutato,
venne usata per finire mobili e sculture. La composizione delle cere antiche erano a base di cera d'api vergine che venivano
sciolte insieme ad acquaragia o essenza di trementina riscaldando il composto a bagnomaria. L'acquaragia ha lo scopo di
impedire la cristallizzazione della cera e inoltre, non evaporando completamente, rimane nello strato di cera sotto forma di
resina, accentuando la brillantezza della lucidatura.
Con la scoperta del nuovo mondo il composto si è avvalso di cere vegetali provenienti dal sud America , tipo la cera carnauba,
che adesso è usata comunemente per creare i composti artigianali.

Ricetta tipo:

Immergere in 100 g. di acqua ragia o essenza di trementina 10 g. di cera di carnauba e 15 g. di cera d'api. La vernice così
ottenuta verrà spalmata a pennello. Dopo che la cera stesa sarà asciutta, lucideremo con un panno di lana il manufatto.

Lucidatura a tampone: (vai all'approfondimento)La lucidatura a base di gomma lacca stesa a tampone risale alla metà del
XVIII sec. ai tempi di Luigi XV perciò si chiama anche lucidatrice alla francese.

Questo tipo di lucidatura è ineguagliabile al confronto di altri tipi di finitura e fa risaltare oltremodo le venature e il colore del
legno.
Per una applicazione corretta occorre molto tempo e buona pazienza; infatti la vernice da impiegare deve essere molto diluita,
risulterà fina di spessore e al tempo stesso coprirà il poro del legno.

Lucidature miste: (vai all'approfondimento)La lucidatura mista consiste nel preparare il fondo del mobile con la cera.
Successivamente il mobile verrà lucidato con gomma lacca stesa a tampone. Il sistema fornisce una lustratura non brillante,
tipica della lucidatura a tampone, che viene spenta e resa di aspetto vellutato, “caldo”, al mobile trattato con questo
procedimento.
Altro tipo di lucidatura mista è quella dell'aggiunta nella preparazione della vernice di gommalacca, della cosiddetta “vernicetta”,
che essendo un prodotto sintetico ha proprietà di chiudere il poro molto più coprenti e quindi risulterà più veloce l'operazione
della lustratura, al confronto della tradizionale vernice stesa solamente con gommalacca. Il composto per questo tipo di vernice
è formato dal 50% di vernice sintetica insieme a pari percentuali di gommalacca. Il procedimento e i materiali da usare per la
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lucidatura sono gli stessi; gli unici suggerimenti consistono nell’ adoperare un tampone più piccolo, circa la metà del tampone
impiegato per la verniciatura alla gommalacca.
Anche l'applicazione a tampone viene eseguita differentemente: questa dovrà essere effettuata facendo dei movimenti circolari
nel piano da lucidare, molto stretti e non ampi come si fa per la lustratura tradizionale.

La seppiatura: A volte si può verificare che la lucidatura di un mobile ( lucidato alla francese) si ossidi per l'esposizione diretta
della luce solare schiarendone la patina o si possa sporcare superficialmente con sostanze grasse facilmente rimovibili. I sistemi
per ridare il colore originario al mobile, i sistemi sono quelli che consistono nel rimuovere la vernice sporca e ossidata con il
decapante. Oppure consiglio di adottare il procedimento della seppiatura che non necessita di ripulitura e consente, per mezzo
di un panno di lino, pomice e olio paglierino, di rimuovere lo sporco, il grasso e l'ossidatura.

Il procedimento è il seguente:

Si stende a pennello la miscela composta di olio paglierino miscelato al 50% con petrolio bianco spalmato a pennello,
spolverizzando con della pomice; oppure si può usare lana d'acciaio finissima per far assorbire meglio il composto.
Quando il legno avrà ripreso il colore originario si potrà procedere di nuovo alla lucidatura a tampone.

I Metodi

Metodi e procedimenti per creare effetti pittorici nel legno

In questo capitolo verranno definite le tecniche e gli effetti che si possono ottenere mediante incisione, ombreggiatura,
coloritura e sistemi diversi per creare effetti simili all’arte pittorica applicate alla tarsia.

La tecnica dell'incisione dei particolari: Questo tipo di tecnica è usata sovente


per rifinire le tarsie. Si può arrivare con l'incisione a risultati eccezionali dando un
aspetto pittorico all'intarsio, evidenziando se necessita, le parti in ombra, come si
fa comunemente per un disegno. Gli strumenti usati per l'incisione possono essere
di vario tipo e cambiano, a secondo dell'effetto che si vuole raggiungere. E'
opportuno aprire una parentesi per specificare che l'intarsiatore è anche di regola
un buon intagliatore del legno; voglio sottolineare questo connubio di tecniche,
perché gli utensili impiegati hanno uno stretto rapporto di applicazione. Infatti gli
intarsiatori specie quelli del XV secolo, usavano per incidere le tessere incrostate
con sgorbie o cantoni di vario tipo e dimensione, per poi stuccare le rigature, con
composti di stucco nero.
La tecnica dell'incisione si può ottenere anche con ferri taglienti, sagomati al caso,
o si possono adoperare anche utensili come il bulino che è un arnese utilizzato
comunemente dagli incisori di metalli.
Devo fare una osservazione sull'uso di questo strumento. Il bulino, anche se è uno
strumento tagliente, deve essere usato solamente su legni o essenze molto dure,
tipo il bosso o avorio, per poter ottenere un buon risultato.

La rigatura esercitata su legni teneri risulterà sgranata, in quanto l'utensile non sarà abbastanza tagliente per tipi di legno
tenero. Altra tecnica d'incisione per la tarsia si può ottenere mediante la pirografia, che consiste nell'arroventare un ferro che, a
secondo del suo profilo, lascerà inciso nel legno la sua sagoma.

La colorazione dei legni: L'arte di colorire il legno risale ad un tempo molto lontano, infatti si ritiene che essa fosse
conosciuta dagli Egiziani ed anche dai Persiani. Con la nascita della tarsia pittorica, l'uso della tintura venne rivalutata dagli
intarsiatori rinascimentali per rendere le tarsie più vicine all'effetto pittorico. La coloritura si otteneva facendo bollire le tessere
che componevano la tarsia in speciali composizioni colorate. Questo procedimento fu sviluppato dai maestri intarsiatori
rinascimentali, che arrivarono a risultati eccezionali. Sicuramente il maestro più noto rimane fra Giovanni da Verona indicato da
Vasari ne “Le vite” quale inventore della tintura dei legni.

Il Vasari scrisse: “fra Giovanni Veronese, che in esse (le tarsie) fece gran frutto, largamente le migliorò, dando vari colori a'
legni con acque e con olii penetrativi, per avere di legname i chiari e gli scuri variati diversamente, come nell'arte della pittura”.
Questa interpretazione del Vasari è sicuramente erronea , in quanto furono i Canozi da Lendinara a riprendere per primi questa
tecnica usandola per gli intarsi del coro della Basilica di S. Antonio a Padova nel 1462.

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Purtroppo ricettari dei componenti delle soluzioni usate per le tinture non ci sono pervenute e quindi resta difficile decifrare
quali sostanze usassero gli intarsiatori rinascimentali. Sicuramente adoperavano vari prodotti vegetali o sostanze come gli
arsenici insieme a solfuro di ferro o rame che, combinati fra di loro reagivano dando origine alle colorazioni volute, ma che si
ignora la loro composizione. Le prime ricette descritte si hanno a partire “ Solo dal 1701, un certo Plumier di Lione pubblicò un
libro intorno (all'arte del tornitore) nel quale citò una formula per colorire il legno in nero”.

Da questo periodo in poi uscirono numerose pubblicazioni e ricettari di come si ottenevano le varie colorazioni.
I colori ad essere imitati maggiormente sono il verde, nero, blu, arancioni o tinture di tonalità accese che in natura il legno non
possiede. Nel rinascimento, il colore più usato è il verde. Per ottenere tale colorazione si possono usare diversi sistemi che
variano a seconda se vogliamo una tintura integrale dell'essenza o solamente una colorazione superficiale del legno.
Se vogliamo adoperare prodotti “naturali” per agire in profondità potremo usare questa ricetta per ottenere la colorazione
verde:

“ Si fanno bollire assieme per una mezz'ora circa le seguenti sostanze: verderame gr.30, aceto gr. 100, solfato di ferro gr.15,
acqua litri 1”.

Per la ricetta menzionata sarà opportuno tagliare a listre la tavola prima di immergere nell'infuso il legno, lasciandolo immerso
nella soluzione riscaldata (non continuamente) per 5 o 6 giorni, controllando di tanto in tanto, tagliando una piccola parte di
listra dove si potrà constatare a che punto la colorazione è arrivata.

Non starò ad elencare le varie ricette per ottenere le colorazioni di tutti i tipi di tinture, anche perché ci sono dei manuali
reperibili nelle librerie specializzateche sviluppano la materia in maniera dettagliata.

La quercia annegata: Un sistema di “coloritura” che si può definire


più correttamente una reazione chimica, riguarda il procedimento per
ottenere la quercia annegata, che è stata impiegata per i lavori
eseguiti per la descrizione della tecnica certosina e pittorica
prospettica. Fino alla metà del cinquecento in Italia era sconosciuto
l'ebano, legno come noto di colore nero.
Si adoperava per ovviare a questo colore la quercia annegata che si
trovava naturalmente nelle rive dei fiumi da tronchi di quercia rimasti
sotto il fango. Questo tipo di legno era molto raro da trovare
nell'antichità, adesso è quasi impossibile reperirlo.
Per ottenere un risultato analogo, uso della quercia e la annego in un
recipiente contenente ammoniaca, coprendolo con della plastica, che
mi terrà chiuso il recipiente; Per fare questa operazione è bene
munirsi di una buona maschera e di occhiali , che ci proteggeranno
dalle esalazioni dell'ammoniaca. Più passaggi di ammoniaca facciamo,
più la quercia diventerà nera; dopo alcuni giorni la toglieremo e la
lasceremo asciugare.
Tale reazione si ha perché l'ammoniaca reagisce con il tannino del
legno, prendendo la colorazione nera; è bene specificare che non tutti
i tipi di legno posseggono il tannino, i legni conosciuti maggiormente che hanno questa sostanza sono il castagno, la quercia il
noce il rovere, quindi sarà inutile immergere in ammoniaca essenze come, ad esempio l'acero, priva di tannino, perché tale
legno non diventerà mai nero.

La colorazione con l’acquerello: Altro tipo di tecnica di colorazione fu usata mirabilmente, nel periodo della metà
dell'ottocento in Italia meridionale a Sorrento. Fu Utilizzato dell’acquerello, insieme a ritocchi graffiati con il bulino o disegnati
con il pennino a china sull’essenza legnosa .
Queste combinazioni di tecniche caratterizzarono questo tipo di tarsia che prese il nome di “Sorrentina”.

La coloritura con l’acquerelli di zone ampie come ad esempio una chioma di un albero o di un ombra sarà opportuno eseguirla
prima della lucidatura.
Se vorremo tentare di disegnare particolari come volti o fronde di alberi, con il pennino a china, sarà opportuno disegnare la
tarsia dopo una prima lucidatura per avere il supporto in grado di recepire al meglio e con freschezza di esecuzione i particolari,
senza le sgranature che si verificherebbero inevitabilmente con l’essenza non trattata.
Chine ed acquerelli si reperiscono semplicemente in commercio.

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corso di Intarsio su legno
Chiaro scuro a caldo o Ombreggiatura della tarsia: La tecnica per ottenere effetti chiaroscurali, o dare rotondità alle
figure, sta nell'ombreggiare le tessere, con le seguenti tecniche:
il sistema più antico era quello di arroventare un ferro e passarlo dove si voleva ottenere l'effetto del chiaroscuro.
Un'altra tecnica consiste quella di usare della sabbia del mare e collocarla in un recipiente apposito e scaldarla usando un
fornello azionato a gas.

Quando la sabbia avrà raggiunto la temperatura desiderata, (che


verrà valutata immergendo prima una tessera di scarto per verificare
l'effetto che vogliamo ottenere), passeremo ad ombreggiare le
tessere della tarsia.
Con questo tipo di tecnica riusciremo a dare alla tarsia un risultato
molto bello ed una sfumatura graduata.
Gli utensili che occorrono, per l'ombreggiatura, con sabbia, non sono
molti.
Uso comunemente, per questa operazione, delle pinze che mi servono
per immergere le tessere di legno nella sabbia, oppure un cucchiaio
che adopero per contenere e deporre la sabbia rovente, qualora vorrò
ombreggiare le tessere nella parte concava. L'operazione necessita di
molta pazienza stando sempre attenti a non tenere la tessera a lungo
immersa nella sabbia arroventata, toglierla di tanto in tanto, per
vedere a che punto è arrivata l'ombreggiatura. L'operazione avrà fine,
quando avremo avuto l'effetto desiderato.
Un buon consiglio è di non ombreggiare molto le tessere di stare leggeri con questa tecnica per non rendere pesante e confusa
la tarsia.
Può essere superfluo ombreggiare delle figure geometriche o solidi, tipo cubi o prismi, l'ombreggiatura in questi casi
risulterebbe non appropriata, perché si può dare l'effetto tridimensionale usando i colori naturali dei legni . Sarà adoperata
invece in figure floreali, grottesche o disegni che presentino temi naturalistici o figure umane.

La tecnica dell'ombreggiatura arrivò a dei risultati eccezionali con Giuseppe Maggiolini, che sollevo lo stupore dei più, se è vero
che nel 1788 a proposito del piccolo quadro a tarsia mostrato ai giurati della società patriottica dovette raschiare la superficie
della tavola intarsiata per dimostrare come le delicate ombreggiature non fossero ottenute con una tecnica pittorica ma
risultassero dalle sfumature ottenute con sabbia arroventata” .

Il Finto Marmo: Una tecnica di decorazione delle tarsie


rinascimentali per creare l'effetto del marmo o di materiali
simili era quella di usare un composto di piccoli pezzi di
legno di vario tipo e colore mischiati con colla forte e terra
nera, ottenendo dello stucco tenace che univa l'agglomerato
e steso nei basamenti e riquadrature di architetture o per
decorare oggetti.

Questo tipo di ornamento fu usato in molte composizioni


intarsiate nel rinascimento, ne ho avuto riscontro a Urbino
nello studiolo del Duca di Montefeltro Federico Malatesta in
Palazzo Ducale, nel coro incrostato da Antonio Barili nella
cattedrale di Fano e infine negli stalli a Monte Oliveto
Maggiore intarsiati da fra Giovanni da Verona.

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corso di Intarsio su legno

Intarsio a Buio

Esperienze: Tecnica dell'intarsio a Buio


Come esempio per questa tecnica eseguirò delle tarsie riquadrate da
nastrini, nei fianchi e nel piano, su di un cassettone tipico dell'area tosco-
umbra del periodo che è tra la fine del settecento ai primi dell'ottocento.
Fra i vari disegni che ho accantonato e rilevato fino adesso ho scelto due tipi
di soggetto; il primo è un angelo che suona uno strumento a fiato racchiuso
da motivi floreali, ripreso da un disegno di Cherubino Alberti, pittore
rinascimentale nativo di Sansepolcro, che verrà incassato nel piano del
cassettone.
Il secondo rappresenta un cavallo circondato da foglie, che intarsierò nei
fianchi del cassettone.

Sarà opportuno prevedere in fase di progetto alle ombreggiature, scegliendo


una ipotetica direzione luminosa. Chiaramente le ombre dovranno essere
studiate in modo da dare un aspetto tridimensionale alle tarsie.
Occorrente per lo svolgimento del lavoro. Listre di acero di spessore di 3
mm.
Nastrini composti di acero e bois de rose (reperibili in commercio di
larghezza di 12 mm).

La giustificazione a riguardo dello spessore di almeno 3mm delle listre per le tarsie da incrostare riguarda il rispetto della
tipologia del mobile che si rifà allo stile Luigi XVI inquanto venivano usati solamente questi spessori.

Svolgimento dei procedimenti

Come prima operazione taglierò le listre di acero, che è un legno chiaro di colore bianco, il quale mi darà un contrasto cromatico
con il colore marrone del legno di noce, con cui è stato costruito il cassettone.
Con le listre di acero preparerò, oltre ha il legno che mi occorre per le tarsie dell’angelo e del cavallo, dei filetti di mm.1.5 di
larghezza, che mi serviranno per filettare le parti rotonde e i tralci che racchiudono l'incrostazioni.

Come si ottengono i filetti.

Il sistema, il più veloce, consiste di tagliare le listre con la sega circolare a disco, la quale mi permette, impostando la guida alla
misura voluta, di ottenere spessori tutti uguali;
La tecnica più arcaica è quella di tagliare la listra con la sega a nastro, ottenendo dei filetti, chiaramente irregolari, che vengono
rifilati con il pialluzzo fino allo spessore desiderato.
Sicuramente quest'ultimo metodo mi darà un risultato più approssimativo dei precedenti, ma darà un riuscita più naturale al
lavoro dandogli quelle incertezze che sono tipiche del lavoro fatto manualmente.

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corso di Intarsio su legno
Per ciò quello che riguarda il nastrino composto detto anche “maccherone” costituito da acero e bois de rose, se vorremo
costruirlo da noi, rimando al capitolo (Nastrini maccheroni e filetti) dedicato a questa decorazione, dove sono state trattate tutte
le varie fasi di lavorazione per ottenere questo tipo di motivo.

Preparazione delle tarsie per il taglio .

L'operazione di preparazione per il taglio delle tarsie, consiste nell'incollare i disegni ricavati dal cartone nelle listre. Sarà
opportuno incollare e fare più fotocopie del cartone, perché ci serviranno da riferimento per ricomporre le tarsie dopo il taglio.
Per quanto riguarda il cavallo, che è il motivo della tarsia dei fianchi, suggerisco di sovrapporre e fermare fra loro, due listre di
acero, ottenendo due intarsi logicamente uguali, con un solo taglio.

Se noi dovremo incrostare un cassettone di legno chiaro è bene usare delle listre o delle filettature di legno più scure, che si
differenzino per colore, al legno di fondo altrimenti non avremo il contrasto cromatico.

Il taglio con il traforo elettrico della tarsia.


Il seghetto manuale ad archetto con la tavoletta adibita da
supporto per il taglio a traforo.

Il taglio della tarsia si può effettuare sia con un traforo elettrico o manuale, oppure come nella tradizione francese con il
cavalletto da intarsiatore.
Sicuramente tagliare le tarsie con il traforo elettrico è il sistema più facile.
Se non possediamo un traforo elettrico o un cavalletto da intarsiatore, possiamo tranquillamente adoperare il seghetto a traforo
manuale, basta rispettare qualche suggerimento:
dovremo stare attenti a rimanere sempre perpendicolari al piano di lavoro e a non tagliare grossi spessori di listra.
Sarà opportuno lubrificare nel corso della operazione di taglio la seghetta con della cera di candela, o della paraffina.
Osservando questi consigli non staremo a cambiare continuamente la seghetta del traforo che inevitabilmente si romperà per
l'eccessivo attrito e relativo surriscaldamento della lama.
Prima di tagliare la tarsia dovremo scegliere il tipo di seghetta da adoperare.
Ci sono varie gradazioni e tipi di seghette per traforo, queste si dividono da numeri che partono dallo zero per le più sottili al
numero dodici per quelle più grosse. Dato che mi serve solamente la figura e devo scartare il contorno di essa, userò una
seghetta di media grandezza la n° 5 che mi consente di avere un taglio
abbastanza sottile e tagliare il disegno con più velocità rispetto ad una lama di
gradazione più piccola.

L'operazione di ricomposizione delle tessere della tarsia.

Fatto il taglio con il traforo del disegno prestabilito, passerò a ricomporre le


tessere sopra una copia del disegno.
Le tessere saranno tenute insieme con dello scotch. Per questa operazione
userò per aiutarmi un punteruolo ben appuntito, con il quale infilzerò
superficialmente le tessere per riportarle sopra il disegno.

Ultimata la ricostruzione, valorizzerò la tarsia con la tecnica dell'ombreggiatura.

Nei tempi passati per tenere uniti i vari pezzi si incollava su della carta velina le Ricomposizione delle tessere della tarsia.

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corso di Intarsio su legno
varie tessere con della colla a caldo.

Se vorremo utilizzare questa tecnica, sarà opportuno incollare la carta sulla parte che sarà a vista a fine lavoro, perché a
incollaggio avvenuto si potrà togliere con facilità, sia con la cartavetra o usando dell'acqua tiepida che mi farà rinvenire la colla.

Per ricomporre la tarsia, uso una mia tecnica particolare, che consiste nell'incollare le tessere una ad una tenendole unite per
pochi secondi insieme appoggiandole su di un piano di formica, dove la colla
non attacchi. A incollaggio avvenuto rimuoverò la tarsia con l'aiuto di una
spatola affilata.

Questo sistema mi permette di ottenere, la tarsia pulita, senza il fastidio della


carta che mi coprirebbe i contorni di essa eliminando anche il problema di
togliere questa a incollaggio ultimato.

La tecnica descritta è adatta per listre di almeno 2mm. di spessore, non certo
per le impiallacciature.

Operazione analoga ma sicuramente più appropriata, consiste nell'incollare


ricomponendo la tarsia in un piano di vetro, dove si potrà riscontrare la Ricomposizione e incollaggio delle tessere
posizione delle tessere nel disegno posto sotto il vetro. ombreggiate.

Incasso della tarsia.

Finito di preparare le tarsie mi resta soltanto di inserirle incassandole nel piano e nei fianchi del mobile.
Le tecniche che comunemente adotto, per portare le tessere della tarsia nel
piano dove vogliamo incassarla, sono due.
Per convenienza chiamerò metodo scolastico e sistema con i punti di
riferimento le due tecniche che andrò a descrivere.

Tecnica scolastica

Consiste nell'incollare sul piano il disegno della tarsia da incassare. Passeremo


ad intaccare i contorni del disegno sul piano con gli scarpelli e le sgorbie,
procedendo a togliere la parte interna dove verrà incassato l'intarsio .
L’operazione successiva riguarda il taglio della tarsia, riprendendo la forma
dello scasso con della carta lucida. Le tessere ottenute devono essere fedeli sia
allo scasso e al motivo da copiare. Infatti questo sistema è adatto per copie Il distacco della tarsia dal piano di formica
tramite la spatola affilata
filologiche o per reintegrazioni di restauro inquanto devono rispettare
precisamente la tarsia riedita o la parte reintegrata.

I punti di riferimento

La prima operazione riguarda il taglio del disegno incollato su una listra, ricavando le tessere
che compongono l’intarsio da incassare.
Si prende il lucido del disegno e lo mettiamo dove verrà incassata la tarsia; con la carta carbone tracceremo dei punti di
riferimento, che ci serviranno per riportare le tessere nella giusta posizione.
Passeremo a posizionare le tessere, che compongono la tarsia e ripassare i contorni con un lapis ben appuntito.
Questo sistema potrà risolvere le probabili imperfezioni che si sono avute durante il taglio con il traforo. L'importante è di non
stravolgere completamente il motivo del disegno, limitandosi a modificare piccole variazioni, se no sarà opportuno ritagliare le
tessere.
In tutti due i sistemi menzionati dovremo stare sempre attenti a non incidere il segno del disegno, stando sempre all'interno di
questo e a rispettare lo spessore delle tessere che deve corrispondere alla profondità dello scasso.
Per far si che l'operazione della intaccatura dia buoni risultati è opportuno arrotare i ferri in modo che abbiano una scarpa molto
lunga e non tozza, con questo sistema l’utensile entrerà più in profondità e si otterrà un taglio più netto, permettendomi di
arrivare più vicino possibile al segno tracciato.

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corso di Intarsio su legno

Il calco del disegno con l'utilizzo della carta carbone per tracciare i Posizionato le tessere nei punti di riferimento passiamo a
punti di riferimento. disegnare i contorni dell'intarsio.

L’intaccatura del piano con le sgorbie

Per togliere la parte interna dell'intaccatura potremo avvalerci anche della fresatrice che ci darà una profondità precisa allo
spessore della tarsia da incassare; è bene l'imitarne l'uso solamente per togliere delle parti molto ampie e ricorrere agli utensili
manuali per le parti più piccole.Per gli spazzi più angusti è bene adoperare gli utensili tradizionali per avere la massima
precisione. Se non abbiamo la fresatrice, per ottenere un alloggio piano per le tessere, dovremo cavare la parte interna
solamente con gli scarpelli Se la tarsia non entra nell'incasso dovrà essere ritoccata con le sgorbie e gli scarpelli fino
all'inserimento (foto).

Incollaggio della tarsia.

Scavato l'alloggio per la tarsia, proviamo ad inserirla e se combacia perfettamente, provvederemo ad incollarla incassandola con
forza, adoperando una tavoletta di legno piana, che mi farà da tramite, tra la percussione del martello e la tessera. Questo
sistema ovvierà al problema di ammaccare le tessere e a tenerle al liscio del piano.

L'uso delle punte a spillo per tenere ferma la tessera venuta lenta
nella sede.
Inserimento di una tessera, tramite una tavoletta piana

Sistemi per rimediare ad eventuali errori.

L'intarsio a “buio” non permette errori ma se avvenissero dovremmo trovare il modo per rimediarli. l'errore più comune è
l'errata incisione del legno, causata dall'intaccatura fuori dai limiti del disegno, con il relativo allentamento delle tessere che
andremo ad inserire nella sede. Può succedere anche di scavare più del necessario la parte dove dovremo incassare la tessera

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corso di Intarsio su legno
con il rispettivo sprofondamento di questa nel piano. Come supplire a questi inconvenienti. Se sbagliamo ad intaccare i contorni
del disegno, i rimedi sono:
rifare la tessera riprendendo la sagoma dello scasso, questa soluzione può essere praticata se la nuova tessera che dovremo
inserire non stravolgerà il motivo del disegno principale.
Se l'allentamento della tessera sarà irrilevante potremo usare delle punte a spillo (piccoli chiodi finissimi) che inseriremo tra la
tessera e l'intaccatura, ripiegandoli su di essa, stando attenti ad non intaccare la tarsia, o peggio a inchiodarla.
Altro errore comune è quello di scavare il piano più dello spessore della tessera. Per supplire a questo inconveniente potremo
usare un composto di colla e segatura finissima mischiata fra di loro ottenendo uno stucco che mi potrà ricostruire il legno
mancante tra il piano e la tessera.

La smussatura degli angoli dei filetti con il pialletto. Inserimento del filetto nella curvatura.

Sarà opportuno pressare il filetto con il martello.


L'uso del tondino arroventato per curvare il filetto inumidito

Inserimento della filettatura

Dopo aver inserito la tarsia centrale passeremo ad inserire il filetto e i tralci delle foglie, che racchiudono l'intarsio.
L'inserimento del filetto, dovrà essere effettuato lentamente, con molta calma, con il martello dando tempo al filetto di prendere
la forma curva.
Dove abbiamo delle curve molto strette, sarà opportuno preparare prima dell'inserimento il filetto avvolgendolo in un tondino di
ferro rovente, per dargli la forma curva. Altro suggerimento consiste nello smussare gli angoli dei filetti con il pialletto per
facilitarne l'inserimento nell'incasso del piano.
Se il filetto non ricoprirà tutta la lunghezza dell'incisione aggiungeremo un'altro filetto incastrandolo con un taglio a 45° l'uno
con l'altro.

L'inserimento del maccherone.

La descrizione successiva riguarda l'incrostazione del


“maccherone”
Il maccherone ha la funzione decorativa di riquadrare
il cassettone.

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corso di Intarsio su legno
Le misure della larghezza di questa decorazione potrà avere diverse dimensioni, sarà opportuno scegliere il tipo di nastrino
appropriato rispettando la tipologia del mobile dove verrà incassato.
Ricercando sui tipi di mobili originali dell'epoca del cassettone preso da
campione, la scelta, che mi è sembrata più idonea per il modello del
manufatto è un nastrino composto da legni di acero e bois de rose e avrà una
larghezza complessiva di cm.1,2 .
Come prima operazione formerò il blocco di legni costituito da due listre di
acero di 2 mm, che racchiudono al loro interno il legno di rosa che avrà una
larghezza di 8 mm. Ad incollaggio avvenuto provvedrò a tagliare il blocco a
listre di 2,5 mm di spessore, realizzando i maccheroni da incrostare nel piano.

Intaccatura il piano

Misure del blocco da comporre:

N° 2 listre di acero; 2 mm di spessore, 10 cm di altezza, lunghezza 50 cm.


Bois de rose; 8 mm di spessore, 10 cm di altezza, lunghezza 50 cm.

L'incasso

L'inserimento di questa decorazione, si può fare in due modi, manualmente


adoperando gli scarpelli o con l'ausilio della fresatrice, che con l'apposita guida
mi terrà la distanza sempre uguale nel procedimento della lavorazione.
Certamente usando una buona fresatrice faremo molto prima, e se usata in
maniera corretta, otterremo una precisione che con il sistema tradizionale
Sgrossatura dell'interno
lascerà sicuramente delle imperfezioni.

Inserimento

Tagliati i nastrini a misura, li inserirò nella sede con il martello, aiutandomi


con un pezzo di legno piano che mi consentirà di non ammaccarli e allo stesso
tempo di tenere al liscio del piano il maccherone. La congiunzione dei
maccheroni negli angoli dovrà essere eseguita con un taglio a 45 gradi

Il sistema tradizionale per ripulire la parte interna, si divide in tre fasi;

1) Intaccatura il piano.
2) Sgrossatura dell'interno dell'intaccatura con uno scarpello di dimensioni
rifinitura
grandi;
3) rifinitura che dovrà essere effettuata con uno scarpello di larghezza appropriata per pulire la parte interna dello scasso.

L’incasso con la fresatrice.

Il sistema che si usa correntemente per fare questo tipo di lavoro, è


l'applicazione della fresatrice. L'uso di queta macchina, ci facilita molto questa
operazione, l'importante è avere una fresa che abbia lo stesso taglio della
larghezza del nastrino e di stare attenti a tenere in guida la macchina.

Ripulitura della tarsia

A incollaggio ultimato, si passa a ripulire la tarsia. I sistemi generalmente sono

Incasso con la fresatrice


due, e si differenziano dall'uso degli utensili manuale o meccanici.
Gli utensili manuali adoperati per questa operazione sono normalmente il
pialletto di dimensioni piccole e lo scarpello.
I mezzi meccanici comunemente utilizzati sono, i vari tipi di scartatrici.
Sarà opportuno usare la scartatrice su lavori nuovi e non su restauri per non scartare anche la patina originale antica.
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corso di Intarsio su legno
La tecnica manuale

La prima operazione è la ripulitura del filetto, che potrà essere effettuata con lo scarpello, o con il pialletto.
Uso generalmente lo scarpello, perché questo utensile mi permette di accorgermi immediatamente se ripulisco il legno per il
senso giusto della venatura, senza correre il rischio di divellere la parte intarsiata.
Usando il pialletto, non avremo la sensibilità che ci avviserà di andare contro venatura, ma ce ne accorgeremo sicuramente,
dopo il passaggio della pialla sopra di esso, sperando di non aver rimosso il filetto.
L'operazione successiva è la ripulitura della tarsia centrale.
Se abbiamo molta maestria possiamo piallarla con il pialletto, stando sempre attenti al senso della venatura.
Un suggerimento per ovviare al problema della rimozione della tarsia, consiste nel piallare il legno di traverso alla venatura.
Importantissimo per la riuscita di questa operazione è l’affilatura dell'utensile che deve tagliare come un rasoio.

La ripulitura del filetto, utilizzando lo scarpello, ci permette, di


Uso del pialletto per ripulire la tarsia centrale.
accorgendosi immediatamente se operiamo contro venatura.

La ripulitura finale perfetta, si ottiene usando la rasiera.


Questo utensile permette di ottenere un piano liscio, toglie i solchi che
abbiamo creato inevitabilmente con il pialletto o con la cartavetra. La rasiera
va usata ben affilata, inumidendo la tarsia con una spugna. Per ottenere una
superficie ben levigata, si può usare del vetro rotto, in maniera tale da avere
una parte convessa tagliente. Questo sistema direi abbastanza pericoloso, ed
è indicato se si vuole “invecchiare” la tarsia.

Come ultima operazione questo tipo di tarsia per essere completata dovrà
essere incisa, con dei piccoli scarpelli e sgorbie per ottenere i particolari dei
capelli e degli occhi, che non si possono ottenere con il seghetto a traforo. Per
quanto concerne la finitura del mobile, nel capitolo dedicato ai materiali
Impiego della rasiera per ottenere una tarsia
perfettamente levigata troveremo le informazioni necessarie per le operazioni della stuccatura e
lucidatura del manufatto.

La stuccatura dell'incisione
L’operazione dell'incisione della tarsia, tramite scarpelli e sgorbie

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corso di Intarsio su legno

Intarsio a Toppo

Tecnica dell'intarsio Certosino a Toppo


Per illustrare questo tipo di tecnica eseguirò una riedizione di cassa nuziale certosina toscana del XIV° secolo, che mi servirà per
documentare tutti i vari passaggi, che si susseguiranno, per la sua costruzione, dalla scelta del legno alla realizzazione del
toppo, ai vari utensili impiegati per la lavorazione.

Il disegno a fianco, in scala reale, serve per evidenziare con i colori i relativi legni da impiegare e ci farà da guida per prendere
tutte le misure, per creare i componenti dei vari toppi che costituiscono la decorazione intarsiata.

Per realizzare i toppi della cassettina certosina utilizzerò le seguenti essenze (* E’ consigliabile sostituire l’essenza di "evonimo"
con il legno di cipresso, dato che questo tipo di essenza non è procurabile in commercio)

LA COSTRUZIONE DEL "TOPPO”

La prima operazione riguarda la costruzione della stella centrale, che è formata da 8 rombi. Per ottenere questi prismi dovremo
usare della listra di legno di bosso, che dovrà avere:
uno spessore di 3.5 mm.;
una lunghezza di 15 cm.;
e una altezza di 8 cm.

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corso di Intarsio su legno
Questa listra sarà tagliata a 45
gradi e ogni lato del rombo dovrà
misurare 4,5 mm.

Per ottenere una produzione più


consistente, uso il sistema di unire
più listre di legno di 3.5 mm. di
spessore, incollate con della colla a
contatto, che mi consentirà di
Più listre di bosso incollate con della colla a contatto tracciate per il taglio a 45°, che mi darà ad
tenerle unite durante l’operazione di
ogni sezione 3 rombi uguali.
taglio. Dopo averle tagliate alla
misura con un angolo di 45°, potrò staccare con facilità i rombi ottenuti.

Sarà opportuno tagliarne un numero doppio di questi rombi, perché ci serviranno in seguito per formare i satelliti della stella.

Ottenuti i listelli romboidali, incollerò questi sui lati e li costringerò per tenerli uniti insieme, legandoli con del cordino formando
la stella.( Disegno a fianco

L’operazione d’incollaggio di tutti i rombi, che formano la stella contemporaneamente non è semplice, consiglio per facilitare il
lavoro, di assemblare a coppie i listelli legandoli con del cordino e unire successivamente le 4 coppie di rombi per formare la
stella.

Composta la stella, passiamo a costruire il secondo motivo, che si tratta di un toppo a scacchi.
Di questi toppi a scacchi ne occorrono 8 e verranno inseriti nelle parti esterne della stella.

Come prima operazione dovremo tagliare tre listre di acero e tre di quercia annegata con le seguenti misure:

spessore. mm. 1.5


lunghezza. cm. 15
altezza. cm. 8

Uno degli otto toppini a scacchi dove dovrà essere


posizionato, nella stella.

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corso di Intarsio su legno
Per ottenere tali spessori dovremo munirci di una sega a nastro ben affilata, che la lama non abbia molta strada di taglio e di un
calibro che ci consentirà una più accurata misurazione. Usando una calibratrice, (vedi capitolo Gli Utensili) riusciremo ad
ottenere delle listre uguali di spessore con facilità.

Se non abbiamo questo tipo di macchina, dovremo arrangiarsi con della carta vetrata o con il pialletto, per arrivare più vicino
possibile alla misura che ci occorre.

Fatte le listre dovremo incollarle formando due pacchetti composti:

il primo sarà formato alternando acero, quercia annegata ed acero il secondo avvicendando, quercia annegata, acero e quercia
annegata.

Avremo realizzato due pacchetti di listre, che dovremo tagliare a fette di 1.5 cm. di spessore.

Per realizzare il motivo a scacchi dovremo incollare fra di loro le strisce ottenute, alternandole e costrette con un cordino.

Riuscire a creare degli elementi, in questo caso dei prismi a base quadrata perfetti con utensili manuali, direi che è quasi
impossibile, forse con macchine calibratrici si può arrivare vicino alla perfezione.

Io consiglio di non essere molto pignoli, rispettando più possibile le misure ed a non ostinarsi ad ottenere per forza la
perfezione, perché rischieremo di stancarci senza arrivare ad un risultato perfetto.

Altro aspetto a mio avviso importante e che usando gli utensili manuali si ottengono dei risultati imperfetti, che rendono più
naturale il lavoro, creando quelle incertezze tipiche del fatto a mano, dando nei limiti accettabili di rispetto delle dimensioni,
pregio al manufatto.

Il disegno (a fianco sopra) chiarisce l'assemblaggio delle tre strisce che mi


formeranno il toppo a scacchi, che dovrà avere le seguenti misure:

4,5 mm. per 4.5 mm. e una altezza di 8 cm

Nel disegno a fianco

La stella con gli otto toppetti a scacchi inseriti.

L’intervento successivo è relativo all'aggiunta dei rombi, che completeranno il


nucleo centrale del toppo.

Questi faranno da satellite al composto fino adesso, formando un prisma a


base ottagonale.

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corso di Intarsio su legno

Le operazioni si susseguiranno, incollando e legando i vari elementi, slegandoli quando si è asciugata la colla, aggiungendo
successivamente gli altri componenti che descriverò passo dopo passo, durante lo svolgimento della costruzione del toppo.

Dopo aver costruito il nostro toppo a forma di prisma potremo dire di aver concluso la prima parte del lavoro.

Ora passiamo ad usare pacchetti composti da legni diversi, costituiti sempre da tre listre.
I pacchetti saranno composti da due listre di cipresso e una di ciliegio, dove quest'ultima sarà incollata tra le due di cipresso .

È opportuno preparare almeno due pacchetti, con le seguenti misure:


Ogni singola listra dovrà avere uno spessore di: mm. 1,5
altezza cm. 8
lunghezza cm. 15
spessore complessivo del pacchetto composto dalle tre listre mm. 4,5

Per formare gli otto elementi, dovremo calcolare precisamente la lunghezza che ci occorre.
Per aiutarci taglieremo due pacchetti con un angolo a 45° e li posizioneremo come da disegno.
Tracceremo il segno che ci darà la misura esatta dell'elemento.

Per tagliare gli elementi del pacchetto, sarà opportuno, per non correre rischi di tagliarsi, usare una piccola sega a nastro.

Il taglio dovrà essere effettuato con il piano inclinato della macchina a 45 gradi.

Prima di incollare gli elementi dovremo fare i triangoli isosceli che completano il motivo del toppo. Questi saranno fatti con lo
stesso pacchetto sempre con un taglio di 45 gradi, e inseriti nella posizione prestabilita.

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corso di Intarsio su legno

Il taglio del pacchetto Incollaggio e l’inserimento dei piccoli triangoli isosceli, che completano l’operazione.

Il prisma durante i vari passaggi per l'assemblaggio degli elementi che formano il motivo.

La prossima operazione consiste nel tagliare una listra di bosso che avrà le seguenti dimensioni:
lunghezza 15 cm.
altezza 8 cm.
spessore 4 mm.

La listra ottenuta servirà per costruire i prossimi elementi da aggiungere al toppo saranno 16 e non più 8 come nelle precedenti
operazioni. Questi si differenziano, oltre al numero anche per il taglio. Infatti, i nuovi elementi dovranno essere tagliati da una
parte con un angolo di 45° e dalla parte opposta con un angolo di 22.5°.
Il disegni esemplificano come dovremo tagliare gli angoli di ogni singolo elemento e i 16 componenti aggiunti al toppo.

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corso di Intarsio su legno
Continueremo aggiungendo al toppo altri sedici elementi di quercia annegata, uguali come spessore e taglio degli angoli, però di
diversa lunghezza, dato dall'aumento del volume del toppo.

Proseguendo la costruzione del toppo, dovremo aggiungere altri 16 elementi, ricavati da un pacchetto di listre formato da legni
di acero sorbo e acero, sempre delle stesse dimensioni del pacchetto costruito precedentemente. I tagli degli elementi avranno
le stesse angolature di 45 gradi, da una parte e 22,5 gradi dall'altra, come i motivi precedenti

Per finire il toppo dovremo aggiungere altri 8 elementi di quercia annegata, tagliati a 45°. Il loro spessore potrà variare a
secondo della grandezza del blocco.
La misura di riferimento dello spessore la prenderemo dall'apice dell'ultima serie di elementi di quercia annegata.

Nel disegno viene illustrato uno degli otto elementi che mi completano il toppo.
Preparati gli 8 pezzi l’incolleremo e a incollaggio avvenuto taglieremo le punte del blocco.
A questo punto il toppo è completo, e potremo tagliarlo a fette con la sega, stando attenti ad adoperare un nastro con poca
strada, che ci consentirà di aver meno spreco possibile.

Nella foto:
l'incollaggio dei pezzi tramite delle molle di
acciaio e il taglio del toppo in listre sottili

Composizione del fianco della cassetta certosina.

Come dimostrazione prenderò ad esempio solamente il fianco della cassettina certosina, che sarà completata con tutti i
componenti . Infatti il fianco contiene tutti i motivi che servono per la conclusione del manufatto .

Fasi di lavoro.

Dopo aver tagliato a fette il toppo prenderò tre formelle e le unirò


con del nastro adesivo per formare il disegno centrale . Fatta questa
operazione passerò a costruire il motivo, che collocherò sopra e sotto
la decorazione.

Il nuovo toppo da costruire, lo chiamerò per convenienza, “scaletta”, sarà costituito da legni di: bosso, sorbo, quercia annegata.

E due pacchetti di listre di:

ciliegio e noce che mi costringeranno sopra e sotto i componenti del motivo, come un “sandwich”.

Nel disegno il nuovo motivo denominato “scaletta” come si presenterà a fine lavoro..

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corso di Intarsio su legno
La preparazione del toppo a scaletta.

Taglieremo delle listre di bosso, sorbo e quercia annegata che dovranno avere un'altezza di 8 cm., uno spessore di 4 mm. e una
lunghezza di 20 cm.
Preparate le listre le uniremo
con della colla a contatto e ne
taglieremo una decina per tipo,
a fette di 16 mm per l’elemento
più alto, a 8 mm. per il medio,
di 4 mm. per più piccolo della
scaletta.

Nel disegno ci sono riportate le


misure di ciascun elemento e le
iniziali dei legni che sono
identificati con le seguenti
lettere:
S, per il legno di sorbo
B, per il legno di bosso
QA, per la quercia annegata
N, per il legno di noce
C per il legno di ciliegio

Tagliati gli elementi cominceremo a montare il toppino, formando i moduli, che a incollaggio avvenuto, uniremo tutti insieme
montandoli tutti in fila e incollandoli sul pacchetto di noce e ciliegio che ci farà da base. Per concludere il blocco, aggiungeremo
le altre due listre di noce e ciliegio sistemate sopra e presseremo il tutto con morsetti, formando un toppo unico.

La tarsia del fianco con l’agginta del toppo a scaletta


Proseguirò a descrivere l'ultimo toppo che aggiungeremo al lavoro già svolto, per concludere il fianco intarsiato della cassetta
certosina.

Nel disegno il motivo come si presenterà alla fine.


Per costruire il nuovo toppo occorreranno le seguenti listre di legni:
N°1 listra di Quercia annegata,
che avrà uno spessore di 7 mm;
N°1 listra di pero, " " 1,5 mm.
N° 2 listre di cipresso, di spessore 1,5 mm;
N°1 listra di noce, " " 1,5 mm;Come prima
operazione si dovrà formare un pacchetto di 4,5
mm. di spessore in questo ordine: una listra di
noce racchiusa sopra e sotto da due rispettive
listre di cipresso.

La preparazione.

La prima operazione consiste, nel tagliare la listra

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corso di Intarsio su legno
di quercia annegata con un angolo di 45°per formare dei triangoli isosceli.
Per ottenere i piccoli triangoli ho usato la sega circolare a nastro inclinando il piano di lavoro a 45° , come documentato nel
disegno.

Fatto questo intervento, passerò a tagliare il pacchetto di cipresso, noce, cipresso (che avrò preparato antecedentemente)
tagliandolo a 45° riprendendo la misura che ci occorre da uno dei due lati uguali del triangolo isoscele.

Fatto questo intervento, passerò a tagliare il pacchetto di cipresso, noce,


cipresso (che avrò preparato antecedentemente) tagliandolo a 45°
riprendendo la misura che ci occorre da uno dei due lati uguali del triangolo
isoscele.

Fianco della cassettina certosina completo


Tagliati tutti i componenti che ci occorrono, cominceremo ad incollare insieme un triangolo e due pacchetti di legno, formando
dei piccoli toppi, costringendoli con il cordino. Dopo aver formato i toppini, a incollaggio ultimato, assembleremo il tutto con la
colla tra due listre di pero, stringendo fra due tavole piane con i morsetti.
A incollaggio avvenuto passeremo a tagliare il toppo ottenuto a fette sottilissime di 2 mm. circa, che riquadreranno il lavoro
fatto fino adesso.

Il Progetto

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corso di Intarsio su legno

Intarsio a Incastro

Tecnica dell'intarsio a Incastro


Per documentare e spiegare la tecnica a incastro prenderò come campione un tavolino sullo stile di mobili denominati, Bottega
di Maggiolini, dove farò vedere i vari passaggi dalla costruzione al taglio della tarsia, e tutto ciò che riguarda il compimento del
mobile.
Il mobile preso da campione non sarà una vera e propria copia, ma una riedizione che si avvarrà dei disegni presi dai mobili
lombardi Neoclassici e riprenderà lo stile di costruzione, le proporzioni e i legni usati dell'epoca.
Per poter realizzare il tavolino, dovremo avvalerci di un disegno di base, il rilievo.
Il progetto oltre che a darci le misure per la costruzione dell'ossatura, conterrà tutti i particolari dei disegni che saranno
intarsiati sul manufatto.

La scelta dei legni, relativi all’ossatura e alle tarsie

Per la costruzione dell'ossatura del tavolino, il legno impiegato per lo scheletro è l'abete, legno tenero e di buona resistenza,
questo tipo di essenza era usata comunemente da Maggiolini e dagli ebanisti lombardi per la costruzione dell'ossatura.

Il motivo dell'impiego del legno povero non è da imputare al risparmio sul materiale ma presumibilmente, ad un miglior
incollaggio della tarsia sullo scheletro, anche perché i mobili realizzati nell'epoca sono di notevole fattura.
Per quanto riguarda la listratura e le tarsie del mobile, sono state usate le essenze più adoperate per intarsiare questi tipi di
manufatti, del periodo neoclassico nell’area lombarda.
Molte varietà di essenze erano usate nel settecento, alcune di queste importate dalle indie e dall’africa, allargando la scelta degli
ebanisti per la composizione delle incrostazioni. Basti pensare che Giuseppe Maggiolini adoperava più di cento tipi di legno per
decorare i suoi capolavori.

Per poter realizzare il manufatto, dovremo avvalerci di un disegno di base, il rilievo.

Il disegno oltre che a darci le misure per la costruzione dell'ossatura, conterrà tutti i particolari dei disegni che saranno intarsiati
sul mobile e dei tipi di legno usati per le tarsie.

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corso di Intarsio su legno
Costruita l'ossatura del mobile, dovremo prendere singolarmente gli elementi del tavolino listrandoli e intarsiandoli come da
disegno.

Esploso del tavolino riguardante tutti gli elementi


dell'ossatura che verranno intarsiati successivamente.

L’INTARSIO DELLA GAMBA.

La prima operazione è la listratura con il legno di noce delle facce interne delle gambe; questa sarà montata con la venatura di
traverso.

Per ottenere un buon effetto è bene usare un legno di noce che possieda una venatura molto fitta denominata “ rigatino”.

La segnatura della listra dovrà essere numerata in modo che ogni sagoma tagliata successivamente sia individuabile e possa
essere collocata nel posto prestabilito.

Tagliato i pezzi passerò ad incollarli sulla gamba.

I sistemi per incollare le listre sono diversi e tutti efficaci, starà alla nostra dimestichezza con il tipo di colla e tecnica
d'incollaggio, che più si adatta alle nostre esigenze.

Nel capitolo dedicato ai materiali sono descritte le varie tecniche d'incollaggio usate correntemente.

Per incollare le varie listre e intarsi ho usato della colla forte.

La seconda operazione sarà quella di inserire della listra di bois de rose di 3 cm. di altezza che mi formerà la ”cravatta” o
“strozzatura” della gamba.

Questa decorazione tipica dei mobili stile Luigi XVI, serve a snellire le gambe di forma piramidale di tavoli e cassettoni.

Come penultima operazione da fare contemporaneamente alla strozzatura è l'incrostazione delle listre di noce di 2 cm di altezza,
che completeranno la riquadratura della parte alta della gamba esterna.

Descrizione dei passaggi.

A) Listratura di una delle due facce interne della gamba, con legno di noce a rigatino e strozzatura in bois de rose.
B) Prima riquadratura di una delle due facce esterne della gamba, che verrà successivamente decorata con la tarsia, con legno
di noce e bois de rose.
C) Sezione della gamba.

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corso di Intarsio su legno

L'ultima operazione riguarda l'aggiunta di un filetto composto di noce e acero che serve a riquadrare la gamba e a racchiudere
l'intarsio, che inserirò nelle fasi successive. Il filetto composto di noce e acero, sarà ricavato formando un pacchetto di legni
composto da una listra di noce di spessore 5 mm. dove verrà incollata una listra di acero di spessore di 2 mm.

Successivamente il pacchetto
verrà tagliato a strisce di
spessore di 3 mm.
Le strisce ottenute dal
pacchetto verranno tagliate a
misura, indicata nei disegni e
incollate sulla gamba formando
la riquadratura, dove successivamente inseriremo l'intarsio.

Nella foto a lato, le varie strisce ottenute e il sistema di taglio che sarà
effettuato con lo scarpello.

Per ottenere una incisione netta sarà opportuno usare il mazzuolo su una base
d'appoggio di legno molto duro.

Descrizione dei passaggi

C) Seconda riquadratura con noce e filetto di acero, che mi racchiuderanno


l’intarsio.

D) Gamba esterna pronta per essere intarsiata.

ntarsio della gamba

Riquadrate le gambe, siamo pronti per cominciare ad operare il primo intarsio,


che verrà inserito all'interno degli specchi della gamba.

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corso di Intarsio su legno
L'intarsio sarà realizzato con legni di palissandro per il fondo e di acero per il motivo del disegno principale.
Preparate le listre formerò un pacchetto, che sarà composto da due listre di acero e due di palissandro le unisco con della colla
a contatto, per via che rimangano unite durante il taglio con il traforo. Questo tipo di colla mi permette di tenere unite le listre e
staccarle con facilità dopo l'esecuzione del taglio.

La tecnica tradizionale per tenere unite le listre è quella di inchiodare con delle punte a spillo i piallacci, o incollare fra le listre
un foglio di carta finissima in modo da tenerle unite per l'operazione di taglio e poter agevolmente distaccarle a fine operazione.
Preparati i pacchetti di listre, dovremo incollare il disegno sopra la prima listra.
Sarà opportuno preparare il pacchetto di listre più grande della misura che ci necessita, ed incollare il disegno in maniera che
avrà dei margini che possono risolvere le imperfezioni che possono avvenire durante le operazioni di inserimento della tarsia..
Il primo pacchetto che taglierò sarà relativo all'intarsio posto nella parte alta della gamba.
Prima del taglio con il traforo è opportuno numerare tutti i pezzi, per poter agevolmente ricomporre la tarsia.
Un suggerimento, per non fare confusione con le varie tessere, consiste nel porre le tarsie numerate in una scatola divisa a celle
numerate corrispondenti alle tessere tagliate questo sistema vi permetterà di ritrovare con facilità tutti i pezzi dopo il taglio.
A questo punto siamo pronti per traforare i pacchetti.
Per tagliare la tarsia ho usato una seghetta da traforo molto sottile la n° 1.

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corso di Intarsio su legno
Tagliati gli elementi della tarsia dovremo staccarli e scambiarli, ottenendo così due tipi di tarsie denominate prima parte,
seconda parte, una sarà il positivo e l'altra combinazione il negativo della stessa tarsia.
Per staccare le listre l'una dall'altra, adopererò una spatola arrotata e la inserirò fra una listra e l'altra e con molta cautela
comincerò a staccare le varie tessere.
Ricomporremo tutti i pezzi dell'intarsio e una volta al suo posto, passeremo della colla, molto diluita sopra la tarsia.
Con questo sistema otterremo una tarsia (quando la colla avrà tirato) compatta, che potrà essere lavorata senza il pericolo che i
pezzi si stacchino potendo così aggiustare la tarsia agevolmente, nella riquadratura.

L'operazione del distacco delle tessere con la spatola arrotata, deve essere eseguita con molta calma, perché c'è il rischio di
tagliarsi e di rompere le tessere.
Oltre questo consiglio la tarsia ad incastro, mi permette di ottenere due tipi di tarsie identiche, una positiva e una negativa
dell'altra, quindi sarà opportuno non buttare l'ultima, perché potremo costruire un gemello (come usava nel 1700) del mobile,
usando gli stessi intarsi.

L'intarsio dei fianchi.

Le fasi di lavoro e le operazioni d'intarsio che riguardano i fianchi del tavolino, in sostanza sono le stesse effettuate per le
gambe, cambieranno solamente i motivi decorativi ad intarsio.
La prima operazione è la riquadratura del fianco eseguita con l'incollaggio di listre di noce disposte con venatura verticale a
rigatino, avente una altezza di 2 cm.
È sottinteso che tutte le operazioni che si susseguiranno necessitano di essere incollate nell’ossatura del fianco.
La seconda operazione consiste nell'aggiungere un filetto composto di ciliegio e acero che servirà per staccare la riquadratura di
noce dal successivo intarsio.
La terza operazione, riguarda la preparazione e il taglio con il traforo, di una decorazione intarsiata, che definirò per
convenzione “a greca”.
Ottenuto l'intarsio “a greca” passeremo ad inserirlo, contemporaneamente al filetto di acero di 2mm. di spessore che delimiterà
questa dall'intarsio centrale

questo punto siamo pronti per realizzare l'intarsio che deve essere collocato all'interno della riquadratura dei fianchi.
L'intarsio sarà composto da essenze di palissandro e di acero.

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corso di Intarsio su legno
Il disegno che verrà intarsiato nei fianchi del tavolino, dove potremo con l'ausilio della fotocopiatrice, riportarli alla scala
naturale.
Nel disegno ci sono riportati i suggerimenti per le sfumature che realizzerò con la sabbia rovente e i colori dei legni dell'intarsio.

Come prima operazione dovremo preparare tutte le listre di acero e palissandro che ci occorrono.
Il legno di palissandro verrà disposto con il senso della venatura verticale e dovrà essere incollato pezzo per pezzo componendo
una listra unica che dovrà coprire tutta la superficie dell'intarsio.
Per il legno di acero opterò per una venatura disposta in orizzontale. Formati i pacchetti usando gli stessi passaggi descritti in
precedenza, incollerò il disegno sopra di essi e li taglierò con il traforo.

Una volta tagliati i pezzi verranno staccati con una spatola affilata facendo molta attenzione. Mentre si ricompone l'intarsio, si
potranno contemporaneamente ombreggiare le parti come indicato, utilizzando sabbia rovente. Una volta ricomposto l'intarsio
verrà cosparso di colla molto diluita al fine di comporre una struttura molto compatta.
Dopo che la colla avrà fatto presa, rifileremo la fascia intarsiata e la inseriremo nella riquadratura del fianco.
Per facilitare quest'operazione ho usato una scartatrice a nastro, se non possediamo tale macchina potremo adoperare uno
scarpello oppure un pialletto bene affilato.
Passeremo ad incollare la fascia dopo avere provato l'intarsio all'interno della riquadratura del fianco.
la tecnica d'incollaggio che ho adottato consiste nel pressare la tarsia tramite la gomma piuma e una tavoletta di legno premuta
da morsetti.
La scelta della colla da usare, con questo sistema non è rilevante, potremo usare il tipo di colla che più c’è congeniale,
l’incollaggio può essere eseguito sia con della colla vinilica o con della colla a caldo.

L’intarsio del piano

Dopo aver completato l'intarsio dei fianchi e il frontale del cassetto, che ha le stesse dimensioni e proporzioni di un fianco lungo,
passeremo a preparare il piano da intarsiare. Il piano verrà intarsiato con legni di mandorlo, acero, noce e bois de rose. Il legno
di mandorlo mi ricoprirà i bordi del piano, il bois de rose la modanatura e il maccherone dell'intarsio centrale, l'acero la greca
che riquadra il piano, i filetti e le parti chiare dell'intarsio, il legno di noce la riquadratura a spina di pesce, l'intarsio centrale e le
specchiature del piano.( vedi progetto).

Fasi di lavoro

Prepareremo il piano del tavolino rispettando le dimensioni riprese dal progetto, e lo freseremo in tutti i quattro lati.
Il piano visto di profilo dove si può vedere la fresatura che dovrà essere effettuata per alloggiare il bois de rose che farà da
modanatura del piano.
Fatta la fresatura sul piano, passerò ad incollare i blocchetti di bois de rose nell’alloggio ottenuto. I pezzi dovranno essere
incollati per venatura di testa, con della colla forte ( a caldo ), perché questo tipo di adesivo mi permette una incollatura a
“guazzo.
Questo tipo di tecnica, consiste di far aderire solamente con la colla i pezzi senza l’ausilio di essere pressati con morsetti o
molle.

Nel disegno l'inserimento dei blocchetti di bois de rose nella fresatura.

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corso di Intarsio su legno

A incollaggio avvenuto, freseremo il bois de


rose, o lo arrotonderemo con il pialletto
dandogli la sagoma raffigurata nel disegno.

Ultimata la modanatura, passeremo ad


incollare la bordatura del piano con il
legno di mandorlo, che sarà disposto con
venatura verticale.

Dopo avere rifinito i bordi, del piano, comincerò a intarsiare la sua superficie.
L'intarsio del piano è costituito da vari tipi di decorazioni che si alterneranno tra giuochi di venatura e intarsi che
caratterizzeranno l'intarsio della superficie. Il primo motivo da incrostare, sarà la riquadrata con listre di legno di noce tagliate a
45° e disposte “a spina di pesce”. Successivamente passeremo ad inserire la filettatura composta di acero e ciliegio.
Mentre attendiamo che si incolli il filetto composto di acero e ciliegio, prepareremo un pacchetto di listre di acero tenute unite
con delle punte a spillo, che servirà per creare l’intarsio floreale che orna la riquadratura del piano.
Formato il pacchetto incolleremo sopra il disegno e lo taglieremo al traforo. Questa decorazione necessita dell'ombreggiatura
prima di essere incollata.
Sarà opportuno segnare il limite del motivo sul piano, che corrisponderà alla sua larghezza di 2.5 cm. Passeremo a ricomporre
l'intarsio floreale nel piano, prima dell’incollaggio, verificando la sua effettiva lunghezza.

Cominceremo a incollare, i pezzi della decorazione, utilizzando la tecnica d'incollaggio a guazzo ricomponendo il disegno senza
uscire dai limiti segnati sul piano.

Incollati tutti gli elementi che la compongono, aggiungeremo un altro filetto composto di acero e ciliegio che concluderanno il
motivo floreale. L’operazione successiva riguarda la preparazione del miscuglio di stucco nero ( vedi capitolo Materiali) formato
da gesso di Bologna, carbone tritato finemente e terra di colore nero che verrà inserito negli spazi lasciati vuoti dall’intarsio

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corso di Intarsio su legno

L'incollaggio mediante colla forte dei pezzi di bois de rose con la Con la tecnica a “guazzo”incolleremo anche la bordatura con il
tecnica a guazzo. legno di mandorlo.

La preparazione e incollatura della riquadratura a spina di pesce La ricomposizione dei pezzi che mi compongono la decorazione
del piano. floreale del piano.

L’intarsio floreale con l’aggiunta del filetto composto di acero e La stuccatura con il composto di stucco nero che conclude
ciliegio, che .completato l’intarsio. l’operazione

Per completare l'intarsio del piano passerò ad aggiungere le quattro listre di noce che formeranno le specchiature e la tarsia
centrale.

Fasi di lavoro

La prima operazione riguardante le specchiature del piano, consiste nel ricavare le quattro listre che ci occorrono da un'unica
tavola, scegliendola per la peculiarità della venatura. Ogni listra dovrà essere disposta in modo speculare l'una dall'altra,
creando un gioco di venature che caratterizzeranno il disegno del piano.

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corso di Intarsio su legno

La seconda fase si riferisce alla preparazione e al taglio dell'intarsio che sarà collocato nel centro del piano.

Non starò ad indicare le operazioni che si susseguono per creare la tarsia in quanto sono sempre le stesse impiegate e spiegate
nelle pagine precedenti.

Preparato l'intarsio centrale commetteremo le quattro specchiature e le aggiusteremo in modo che siano pronte per essere
inserite nel piano. Procederemo a segnare l'intarsio centrale sistemandolo al centro del piano e ne delimiteremo i contorni.

Dovremo tracciare ulteriormente con il compasso, puntando al centro del piano, lo spazio che ci necessita per il maccherone
composto di acero e bois de rose che costruiremo successivamente. La zona vuota da creare tra la tarsia centrale e le
specchiature sarà di 12 mm.

Il motivo dell’intarsio centrale da tagliare con il traforo

Il lavoro successivo riguarda la costruzione del maccherone, che orna l'intarsio centrale, formato da due filetti di acero che
racchiudono al suo interno il bois de rose.

L'operazione della costruzione del maccherone deve essere fatta in contemporanea con l'inserimento di tutti i pezzi che lo
compongono.

Il primo elemento che deve essere incollato è il filetto di acero che orna l'intarsio centrale, questo dovrà essere accostato
all’intarsio con delle punte a spillo.

Proseguiremo ad inserire il legno di rosa tagliato a piccole dimensioni e disposto con venatura perpendicolare al centro della
tarsia contemporaneamente all'altro filetto di acero sulla parte opposta.

Completato tutti gli interventi descritti ripulirò con una prima levigatura il mobile; rifinirò rigando con un ferro tagliente le foglie
e le parti come gli occhi degli uccelli posti nelle gambe del tavolino. La rigatura serve per completare il disegno dell'intarsio sulle
parti dove non è possibile arrivare con il taglio della seghetta a traforo.le operazioni successive riguardano la rifinitura, con
cartavetra fine, e la preparazione del mobile alla lucidatura.

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corso di Intarsio su legno
Fasi di lavoro

La rigatura permette di rifinire la tarsia, aggiungendo i


La costruzione del maccherone composto da filetti di acero e
particolari che non possono essere caratterizzati con il traforo.
piccoli pezzi di bois de rose, che adornano l’intarsio centrale.
Gli utensili da usare per questa operazione possono essere
diversi:
una lama ben arrotata, tipi di scarpelli o sgorbie, sono gli
arnesi che si usano più comunemente

Intarsio Pittorico

Tecnica dell'intarsio Pittorico o Prospettico


Per illustrare e documentare le fasi di lavorazione di questa tecnica, realizzerò un pannello intarsiato raffigurante oggetti ripresi
da tarsie del quattrocento, collocati in una veduta di città ideale tipica dell’iconografia rinascimentale.

Premessa

La tarsia prospettica pittorica è molto più complessa


degli altri tipi d'intarsio ed è da definirsi la più alta
espressione di rappresentazione lignea. Il sistema
assomiglia ad un mosaico di legni commessi
insieme, dando vita a scorci prospettici di città
ideali e di nature morte, che rese questa tecnica
prescelta per arredare e ornare cori delle cattedrali
e palazzi delle signorie più facoltose e illuminate del
Rinascimento.

Un aspetto da puntualizzare riguarda le doti e le


conoscenze che deve possedere l’artigiano per
riuscire a progettare ed eseguire la tarsia prospettica pittorica .
Le capacità indispensabili consistono nel conoscere la geometria descrittiva le regole della prospettiva, il disegno figurativo e di
conseguenza i chiaroscuri e i giochi delle ombre che occorrono per rendere un quadro, anche se di legno, “vicino” all'effetto di
rappresentazione pittorica.

Sicuramente è difficile possedere, per un artigiano, tutte queste proprietà.


Non a caso gli intarsiatori del quattrocento venivano chiamati “maestri di prospettiva“. Il perché di tale aggettivo, che
sicuramente non è appropriato per tutti gli intarsiatori rinascimentali ma sicuramente calzante per i caposcuola di questa
tecnica, deriva dalla conoscenza del disegno geometrico e della pittura.
Questi oltre ad essere abilissimi artigiani erano anche architetti e ingegneri, come Giuliano e Benedetto da Maiano, Baccio
D'Agnolo, Baccio Pontelli i Canozzi da Lendinara e altri artisti che conoscevano le regole della prospettiva e gli strumenti per la
lavorazione del legno in quanto si servivano di questa materia per costruire i modellini per i progetti di architettura. Infatti le
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corso di Intarsio su legno
“Botteghe” più importanti del periodo prerinascimentale erano laboratori poliedrici dove si praticavano tutte le Arti, senza
differenza tra le arti cosiddette minori a quelle maggiori, che solamente dopo con l'avvento del periodo rinascimentale, la
cultura intellettuale del tempo, volle scindere in due diverse branchie, Arti Minori e Arti Maggiori.
E' bene specificare che i cartoni per le tarsie più note, come lo studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino, che si presume
intarsiato da Baccio Pontelli o le tarsie eseguite dai Canozzi da Lendinara alla Basilica di S. Antonio a Padova, erano preparati da
pittori celebri come: Piero della Francesca, Bramante, Francesco di Giorgio Martini, Botticelli, e altri artisti del tempo.
Con questa puntualizzazione voglio riuscire a far capire le difficoltà insormontabili per chi voglia fare una tarsia prospettica non
conoscendo ne la prospettiva ne il disegno.
Altra considerazione è la caratteristica comune degli intarsiatori sulla conoscenza dell'intaglio ligneo. Infatti la maggior parte
delle opere intarsiate erano completate con questa tecnica.
Essere un buon intagliatore facilita chi vuole cimentarsi nella tarsia, dato che gli utensili impiegati sono in genere gli stessi.

E' inutile forse presuntuoso e senza alcun significato artistico scimmiottare o tradurre con il legno quadri di celebri pittori. Come
fu nel Rinascimento, il connubio “formale” tra i pittori che realizzavano i cartoni studiati per le tarsie e i maestri lignari
rinascimentali fu sempre basato sul rispetto delle possibilità cromatiche del legno conoscendone i limiti. È per questo che la
tarsia rinascimentale divenne una forma d'arte nuova, perché fu usata per i suoi giusti valori di rappresentazione, senza voler
assomigliare alla pittura.
La tarsia non può dare un effetto dinamico al quadro ma statico, sembra fermo nel tempo, sicuramente è anche per questo che
le forme geometriche i scorci prospettici e le nature morte si adattano perfettamente e sono stati prescelti per le tarsie
rinascimentali.

IL PROGETTO

Per descrivere questo tipo di tecnica è opportuno spiegare l'importanza del cartone, che non a caso è chiamato anche progetto.
Il progetto per una tarsia, non sarà un discorso solamente legato alla scelta delle essenze che verranno impiegate, ma
disegnare un cartone e riuscire a far rendere un buon risultato agli oggetti o alle vedute prospettiche architettoniche, implica,
come già accennato, la conoscenza del disegno e delle regole principali della prospettiva.
Nel cartone si studia e si annotano tutte le indicazioni che adotteremo per creare il quadro, dall’ accostamento dei colori che ci
ricondurranno ai tipi di legno da impiegare, a capire le parti da sottoporre alle tecniche dell’ombreggiatura e della tintura.
La preparazione del cartone o progetto per una tarsia.

La prima operazione consiste nel disegnare a matita su di una carta da spolvero lo schizzo del disegno.
Deciso e corretto lo spolvero viene ripassato con il rapido ad inchiostro su della carta lucida, che poi successivamente è stata
stampata su carta eliografica.

Le tre fasi di evoluzione del progetto; dal disegno su carta da spolvero alla definizione su carta lucida infine alla stampa eliografica.

La stampa eliografica mi permette di ottenere varie copie del disegno su di un cartoncino più spesso, che mi servirà per
annotare tutte le informazioni e riprendere le sagome che mi occorreranno per il compimento della tarsia.

Il cartone oltre alle misure riportate del pannello serve per riprendere le sagome di ogni singola tessera da intarsiare.
Chiaramente il disegno dovrà essere ingrandito con la fotocopiatrice fino alla grandezza reale

Non necessario ma sicuramente consigliabile riguarda la colorazione del cartone per verificare l’equilibrio dei colori e per
verificare l’effetto della profondità del quadro. Come prima operazione deciderò la provenienza della luce. La direzione luminosa
mi farà scegliere i tipi di legni, chiari e scuri, da impiegare per ottenere la tridimensionalità degli oggetti da rappresentare

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corso di Intarsio su legno

Colorato il cartone, passeremo a decidere il senso della venatura, che dovrà essere appropriata per la riuscita ottimale del
motivo da figurare.
Per indicare il senso della venatura, delle varie essenze dovremo basarci sull'orientamento della scrittura. Ad esempio il legno di
pero è scritto per verticale, quindi anche la direzione del legno riprenderà la stessa direzione. La scritta noce ha il senso
orizzontale, il legno di acero seguirà un orientamento obliquo, per dare l'effetto della profondità. Il legno di ciliegio avrà vari
orientamenti di venatura per far rendere la rotondità della cassa dello strumento. Per riuscire a spiegare e far capire con facilità
di lettura, tutte le informazioni da illustrare, dalla scelta dei legni al senso della venatura, dividerò il cartone in tre parti.

Le fasi delle lavorazioni.

La prima operazione sarà la scelta e il taglio delle tavole di legno, per ottenere le listre che mi occorreranno per la tarsia,
tramite la sega a nastro. Queste dovranno avere uno spessore di almeno 3 mm. Per raggiungere spessori tutti uguali è
consigliabile usare una macchina calibratrice (vedi capitolo utensili).
Le essenze utilizzate per il quadro intarsiato sono indicate nel progetto.

La conoscenza dei tipi di legno ed il colore peculiare di ogni essenza da usare per la tarsia è obbligatoria, quindi uno studio
preliminare dei vari tipi e colori di essenze legnose va constatato prima di cominciare un intarsio. Per la tarsia presa da
campione sono stati adoperati tutti legni locali dei nostri boschi italiani. Il motivo è da ricondursi per una corretta riedizione di
un opera che si rifà a un modello ben preciso, del periodo rinascimentale, dove si usavano solamente essenze indigene.
Sarebbe inopportuno usare altri tipi di essenze, come ebano o mogano, legni scoperti e importati in secoli successivi, perché
stravolgerebbero l'originalità del lavoro.
Prima d'iniziare l'intarsio riguardante la prima parte interna del quadro sarà opportuno costruire l'intelaiatura del pannello che
comprende le due colonne e le fasce che sono l'architrave e la base che completano la struttura della tarsia.

Le due colonne sono simmetriche dato che la


prospettiva della tarsia è di tipo centrale. Sarà
possibile usare la stessa sagoma incollandola su
delle listre unite con della colla a contatto, in
questo caso una listra di acero e una di cipresso,
per ottenere sia la parte più esposta alla luce
(acero) e quella sottoesposta che sarà di
(cipresso).

Le sagome rettilinee parallele potranno essere tagliate con la sega circolare, le forme che posseggono una andatura non
rettilinea con delle curve potremo usare il traforo. Ultimata l'operazione di taglio dei modelli, basterà scambiare i legni in questo
caso: cipresso, acero e ciliegio creando due colonne identiche ma con una diversa provenienza luminosa.
Costruito la parte esterna delle colonne dovrò inserire all'interno della radica di olivo che si adatta benissimo per rappresentare
il finto marmo.

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corso di Intarsio su legno
La parte interna della colonna è costituita da molti pezzi di radica. Questo è dovuto alle piccole quantità che si riescono ad
ottenere, dal ceppo dell'albero.
Per riuscire ad avere una listra che copra tutta la parte interna ho sovrapposto le radiche e tagliate in maniera da seguire
l'andamento della venatura propria di ogni listra con il sistema ad incastro. Usando questa tecnica ho ottenuto delle
congiunzioni non rilevantemente visibili.
Concluse le colonne passeremo ad inserirle nella parte laterale della riquadratura in legno di pero.

Sarà difficile ottenere sagome che si uniscono perfettamente insieme dopo il taglio;
per ritoccare e rendere precise le tessere fra di loro i metodi da usare sono nella maggior parte eseguite manualmente usando
utensili come, il pialluzzo o la lima, gli scarpelli e le sgorbie a secondo se la parte da ritoccare è rettilinea o curva. Una macchina
molto utile e la scartatrice da banco elettrica, se non c'è l'abbiamo, si può ricorrere per rifinire dei piccoli pezzi di tessera, ad
una tavoletta dove verrà incollata su di essa della carta vetrata, questa verrà usata sfregando il pezzo fino allo spessore o alla
sagoma voluta.

Finito di costruire la struttura del quadro siamo pronti per passare a descrivere e a realizzare la prima parte dell'intarsio interno,
che riguarda il primo palazzo, e il liuto.
Per realizzare questa porzione del quadro intarsiato, ho usato tre tipi di tecniche, ad accostamento, a incastro e a buio.

Di fatto ho incollato le listre dei vari tipi di legno, che compongono la tarsia, (bosso ciliegio) con della colla a contatto, sotto il
pezzo dove è stato incollato il disegno(acero). Preparato il pacchetto, taglierò al traforo il disegno e poi scambierò le diverse
essenze.

Per ottenere un buon risultato sarà opportuno usare una seghetta molto fina ad esempio la n° 1 per limitare lo stacco provocato
dallo spessore della lama, che comunque anche se irrilevante ci sarà sempre; per riuscire ad eliminare tale divisione ho
realizzato, con il sistema a buio e ad accostamento le parti interne di quercia annegata e gli stipiti delle finestre, adeguandoli
alle aperture. Questo sistema mi ha permesso di togliere lo stacco provocato dal taglio con il traforo

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corso di Intarsio su legno
Fasi di lavoro

l'incollaggio con colla vinilica della sagoma di cartoncino sulla listra di bosso che sarà la parte frontale del palazzo.

Passeremo a forare con una punta di diametro che consenta il passaggio della seghetta, e traforeremo le finestre poste in alto
del palazzo.

Tagliato con il traforo le aperture delle finestre passeremo a inserire con la tecnica ad accostamento le parti interne che
compongono le finestre.
Per gli archi sottostanti userò la tecnica a incastro, utilizzando in sovrapposizione i due tipi di legno che formeranno le arcate del
palazzo, questo sistema mi consentirà con un solo taglio di far combaciare perfettamente le parti rotonde degli archi con la
facciata dell’edificio.
foto in basso a di sinistra

Dopo aver segato i vari componenti, passerò a staccare con una spatola e a ricomporre i vari elementi che compongono la
tarsia del palazzo.

Il prossimo elemento da inserire nel pannello intarsiato, riguarda la costruzione dello strumento musicale.
La tecnica dell'intarsio ad incastro è stata prescelta per ottenere più
velocemente la cassa armonica della figura, per le altre parti sono
ricorso alla tecnica dell'accostamento.

Usare la tecnica ad incastro in un quadro rinascimentale sembrerà


improprio, dato che si presume che questo tipo di sistema non era
ancora stato inventato all'epoca.
Credo che un tipo rudimentale, tagliando in sovrapposizione al
massimo due listre alla volta fosse già usato nel periodo
rinascimentale.
Questa tecnica, se usata con gli accorgimenti che descriverò, non
farà notare la differenza da quella ad accostamento. Le accortezze
da osservare sono il rispetto del senso della venatura di ogni singola
tessera seguendo la venatura segnata nel disegno. Dovremo
incollare, sotto la prima listra di ciliegio dove è incollato il disegno,
tante listre di ciliegio con della colla a contatto per quante sono le
fasce che compongono la cassa dello strumento, ognuna con diverso
senso di venatura, per poi tagliare il pacchetto di legni seguendo il
disegno con il traforo.

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corso di Intarsio su legno
Nei disegni sono esemplificate le indicazioni dei vari tipi di legno da impiegare per l’intarsio, le direzioni delle venature dei legni,
le ombreggiature da creare e il particolare della cordiera che è la parte più complicata per la costruzione dell’oggetto intarsiato.

La prima parte della tarsia completata di tutti gli elementi descritti fino
adesso.
La foto della tarsia finita è stata inserita per renderci conto di come si
la ricomposizione delle tessere che compongono lo strumento
presenterà a lavoro ultimato. In realtà, non è possibile vedere
chiaramente l'evolversi della composizione, perché le varie tessere sono
coperte dalle sagome di cartone.

La seconda parte del quadro intarsiato, comprende la realizzazione di un palazzo, delle montagne sullo sfondo e di due vasi
diversi, il primo contiene dei frutti e il secondo dei fiori.

La realizzazione dei frutti contenuti nel vaso.


Per realizzare i frutti ho adottato un sistema misto per la rappresentazione.

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corso di Intarsio su legno
Di fatti ho adoperato della radica di erica, legni di pero e melo con particolari venature assemblati con la tecnica ad
accostamento.
Per creare gli altri frutti che sono composti da più essenze, ho usato la tecnica ad incastro; riprendendo lo spunto dalla maniera
di Fra Giovanni da Verona, suddividendo le parti con legni diversi, per le varie sfumature di colore, che mi diano l'effetto della
rotondità e della provenienza luminosa, abbinando le essenze di cipresso, bosso, ciliegio, acero e mandorlo, con venatura
regolare.

Accantonare legni con particolari venature e “scherzi della natura” può facilitare alla realizzazione degli oggetti che vogliamo
rappresentare. Le venature più strane e fuori dal comune si possono trovare nelle parti della pianta, tra la congiunzione del
fusto e il ramo, alla base, nel ceppo e in particolare vicino ai nodi del legno.

Per completare la composizione occorrerà tingere le tessere di colore verde,(vedi il capitolo la colorazione dei legni) riguardanti
le foglie e ombreggiare con la sabbia rovente le varie tessere che necessitano di questo procedimento.
La tinta di colore verde è stata ottenuta con un concentrato diluito con acetone dove sono state immerse per due giorni delle
listre di legno chiaro (acero e giuggiolo) per poi essere tagliate a secondo della sagoma.

Le ombre proprie e portate.

Per far rendere una tarsia più assomigliante ad una quadro dipinto potremo inserire le ombre proprie e quelle portate come un
trompe l'oeil. Per ottenere l'effetto delle ombre proprie di un'oggetto i sistemi possono essere diversi un graduale passaggio di
legni di diverso colore dal chiaro allo scuro, o più semplicemente ombreggiare con la sabbia rovente la zona in ombra.

Per l'ombra portata si possono usare più sistemi; quello più comune consiste nello
scegliere un legno di colore scuro, tagliarlo a secondo della forma dell'ombra e
inserirlo nella zona del cono d'ombra creato dall'oggetto. Altro sistema usato
magistralmente da Fra Giovanni da Verona, consiste nell'uso di ferri roventi per
ombreggiare dando un effetto graduale all'ombra, meno netto rispetto a quello
descritto precedentemente. Sempre dalle tarsie di Fra Giovanni ho appreso una
tecnica di estrema modernità molto bella che riguarda la creazione delle
lumeggiature; (le parti di un'oggetto più esposte alla luce) consiste nell'inserire dei
piccoli filetti di legno chiaro, presumibilmente acero riuscendo a far rendere
mirabilmente l’effetto della lumeggiatura.

La terza parte del pannello intarsiato.

D'ora in avanti, per la terza e ultima parte delle tarsia, non starò a
ripetermi sui procedimenti, perché non ho usato altri tipi di tecniche per
le fasi di lavorazione, che sono le stesse descritte precedentemente,
quindi mi limiterò a documentare graficamente e fotograficamente i vari
passaggi per la realizzazione dell’ultima parte del pannello intarsiato.

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corso di Intarsio su legno
La preparazione delle sagome che costituiranno il palazzo con le colonne e archi,
usando come tecnica l'intarsio ad incastro.

Per la costruzione del paese nella collina ho adoperato il sistema ad accostamento. Per
l'ultimo palazzo invece mi sono avvalso sia di quello ad incastro ad accostamento e a
buio.

La listra di frassino (il cielo) che è stata collocata sotto i motivi già intarsiati, per
prendere e segnare i contorni, per poi essere segata ed inserita, a concludere il
quadro intarsiato.

Il Restauro dell'intarsio

Metodologie di Restauro dell'Intarsio


Premessa

Le qualità specifiche di un artigiano che intende avvicinarsi alla professione del restauratore sono molte e tutte riguardano la
sensibilità per l'arte, la sua cognizione e una predisposizione naturale verso il disegno e la raffigurazione.

Credo profondamente che il bravo restauratore in fondo sia anche un eccellente artista, guai non lo fosse. Una grande perizia
tecnica e una conoscenza profonda della materia, dove vogliamo intervenire, sono la base per diventare ottimi restauratori. La
figura del restauratore ad hoc deve possedere una preparazione chimico scientifica e culturale accompagnata da una
formazione di scuola-bottega approfondita, da consentire una miscela di conoscenze e sensibilità che porta ad ottenere un
operatore capace di comprendere ed effettuare un intervento di restauro.

Conoscere aiuta a capire e quindi a rispettare qualsiasi opera d'arte, anche la più umile.

Questo capitolo dedicato al restauro della tarsia vuole fornire suggerimenti teorici e metodologie da applicare per un intervento
di restauro più corretto possibile.

Penso che sia appropriato usare il termine possibile in quanto nessun intervento può essere esente da critiche dimostrando in
assoluto un valido intervento di restauro.

La prerogativa del restauro è mirata a far prolungare più possibile nel tempo un'opera d'arte, accettando consapevolmente il
ciclo vitale di un’ opera.

Il restauro, nei secoli, ha seguito mode e scoperte scientifiche che modificano, anche adesso, le metodologie d'applicare alla
conservazione di opere.

Molti artisti e storici dell'arte si sono pronunciati nel corso delle epoche nel dare giuste indicazioni per la conservazione delle
opere d'arte dettando delle regole da osservare per questo tipo di “Arte”.

È solamente da pochi decenni che si parla di restauro come azione critica preoccupati di dare dei canoni, più corretti possibili,
da applicare ad un intervento di restauro; con l'intento di far leggere qualsiasi azione reintegrativa apportata ad un'opera per
non incorrere nel falso storico. In Italia questo problema per la conservazione di opere è stato codificato da una serie di Carte
del restauro che sono state redatte dagli anni 30 fino agli ultimi decenni (Carta di Venezia 1964, Carta del restauro 1972 e Carta
CNR 1987)

La prerogativa delle carte di restauro è mirata, oltre alla salvaguardia delle opere, alla riconoscibilità e alla reversibilità di un
qualsiasi intervento

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corso di Intarsio su legno
Il problema relativo ad una lettura visibile di restauro ha portato inevitabilmente a due linee di pensiero.

Il più nobile, da collocare sotto la tutela delle Soprintendenze ai Beni Culturali è mirato al recupero e alla conservazione di opere
che consentano alle generazioni che verranno, una lettura più corretta possibile dell'opera come si presentava originariamente.

I criteri suggeriti dalla carta del restauro, dovrebbero riguardare anche quando si opera in manufatti rivolti al mercato
dell'antiquariato.

Per i motivi commerciali e di destinazione ad abitazioni private, che sono diversi da un manufatto da collocare in un museo,
questi consigli non vengono generalmente attuati specialmente nel campo del restauro di mobili.

Con questo non voglio giustificare ne distinguere gli interventi di restauro da attuare per un qualsiasi valore, o distinguendo
manufatti tra arti minori e arti maggiori, perché ogni opera anche se di minore importanza ha dei valori storici e culturali da
salvaguardare.

Come tutti sanno il restauro commerciale privilegia il camuffamento delle parti ricostruite, quindi il valore di un buon restauro,
sta nella bravura dell'operatore a mascherare più possibile, nel caso dei mobili, le parti reintegrate, pur di ridare all'oggetto un
valore estetico e di uso.

Il mercato dell'antiquariato è sempre esistito ed ha seguito il gusto nelle varie epoche pur di ridare un valore mercantile ad un
manufatto, senza tenere conto, nella maggioranza dei casi, della riconoscibilità dell'intervento, cambiando a volte anche il valore
d'uso o peggio il significato ad un'opera figurativa.

Con questo non voglio demonizzare in assoluto il restauro eseguito a scopi commerciali, credo che in molti casi abbia contribuito
a salvare opere che sarebbero state abbandonate per incuria o per ignoranza. Non è da sottovalutare il restauro di queste opere
solamente perché rappresentano manufatti da destinare al mercato o per il semplice motivo della loro funzione di oggetti d'uso
e di estetica nelle abitazioni; ciò sarebbe riduttivo e molto pericoloso.

Giustificare un qualsiasi intervento, solamente per questi “valori”, può causare danni irreparabili ad un manufatto.

Affidare ad un restauratore sensibile e qualificato, un qualsiasi manufatto, sicuramente limita i traumi di un intervento di
restauro. Questi sicuramente saranno meno invasivi rispettando più possibile l'aspetto originario dell'oggetto.

La regola dei restauratori di una volta era quella nel dire “ meno si tocca un'opera e meglio è” in una piccola frase come questa,
si può capire il rispetto e l'amore nei confronti dell'opera d'arte rivolta alla sua conservazione.

Per essere dei capaci restauratori di mobili, bisogna essere in fondo anche dei bravi ebanisti. È impossibile immaginare un
restauratore di manufatti lignei che non conosca la storia del mobile, o che non sappia distinguere i vari tipi di legno e le
tecniche di costruzione.

Aggiungerei che un restauratore completo, oltre che ottimo ebanista, deve essere in grado di conoscere e di eseguire le varie
discipline decorative applicate in un mobile nel corso della sua storia. Non vorrei sembrare blasfemo, ma a mio avviso
un'eccellente “falsario” è in fondo anche un bravo restauratore, perché conosce approfonditamente tutte le tecniche decorative
e di costruzione di un'opera lignea dei tempi passati.

Aggiungerei che il restauratore moderno non si deve limitare ad utilizzare le tecniche e i prodotti usati nei tempi passati. Egli per
compiere un restauro conservativo atto a prolungare nel tempo l'opera d'Arte deve saper integrare servendosi dei nuovi prodotti
e strumenti di analisi innovativi

La scheda tecnica e il progetto di restauro

In questo paragrafo vorrei elencare dei consigli, frutto di insegnamenti derivati dalla scuola e successivamente da corsi di
formazione promossi dalla mia provincia dove ho appreso una condotta esemplare per affrontare un corretto intervento di
restauro.

Prima di iniziare un qualsiasi restauro l'operatore fa di regola una serie di considerazioni mentali che cercano di analizzare tutti
gli aspetti e i valori dell'oggetto da restaurare.

Valutare mentalmente un restauro non basta per capire profondamente tutti gli elementi che devono essere considerati in un
intervento.

Per valutare un’opera, prima di procedere, consiglio di compilare una scheda tecnica di restauro dove siano elencate tutte le
indicazioni scaturite da una prima analisi.

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corso di Intarsio su legno
Queste informazioni ricavate dall'oggetto, ci aiuteranno a redigere un progetto di restauro che contenga la descrizione della fase
esecutiva.

Scheda tecnica

 Analisi del mobile:

descrizione generale del mobile legno/i impiegati per l'ossatura; qualora il mobile si presentasse listrato o impiallacciato elencare
i tipi di essenza adoperate per la listratura del manufatto.
Esempio:
radiche, piume disposizione dei piallacci.
rilevamento delle misure, datazione e luogo di origine.

 Stato di conservazione:

serie di valutazioni di come si presenta l'oggetto


Esempio:
sconnessioni stato della superficie legnosa ritiri o crepe, se attaccato da insetti.
restauri precedenti.

 Descrizione dell'intarsio:

Delineazione del motivo, figurativo floreale geometrico. Se presenta colorazioni, tinture, ombreggiature o essenze diverse da
legno avorio madreperla ecc.. Tipi di piallacci impiegati indicandone lo spessore.

 Trattamento della superficie di finitura del mobile:

tipi di vernici, cere o resine impiegate.

Il progetto di restauro

Valore d'uso.

Considerare e valutare il valore d'uso ad un manufatto e conoscere la sua collocazione a fine intervento è la prima delle
osservazioni da analizzare.
Un mobile si può considerare una vera e propria architettura, considerato come una struttura sicura che deve reggersi su solide
“fondamenta” per essere usata adeguatamente, ripristinando, quando necessita, le sue funzioni d'uso quotidiane.
La ricostruzione di slitte di scorrimento, guide dei cassetti e interventi atti a ridare al mobile la sua funzione primaria, si devono
eseguire rispettando la tipologia di costruzione originaria.

Riconsolidamento

In molti casi il mobile presenta parti friabili sia nella struttura che nelle decorazioni intarsiate, provocati dalla umidità o
deteriorate da insetti xilofagi. È opportuno riconsolidare per imbibizione o per iniezione, questi vuoti, con resine acriliche o a
base di metacrilato tipo ( paraloid b72). Si può anche intervenire utilizzando il vecchio sistema dei bagni di colla forte molto
diluita per rinforzare riempiendo i vuoti provocati dai tarli e dagli agenti atmosferici.

Decapatura

Di norma, ma non sempre è necessario, si esegue la ripulitura di un mobile.


Questa operazione deve rispettare la patina del mobile e va eseguita utilizzando prodotti possibilmente non aggressivi che
possano essere inibiti con sostanze adatte a neutralizzare il loro potere corrosivo.
È sconsigliato operare con strumenti meccanici, tipo raschietti cartavetrata o simili, quindi limitarne l'uso solamente quando è
indispensabile.
Ad esempio, nel caso si usasse un decapante neutro è opportuno disattivare l'operazione di ripulitura con essenza di trementina
a fine intervento.
È sconsigliabile adoperare prodotti caustici o peggio acidi, che se usati con leggerezza, risultano molto pericolosi per l'operatore
e per l'opera. Di regola queste sostanze non si riescono a neutralizzare bene rimanendo attive per decenni con il loro potere
corrosivo attivo. Nelle tarsie la ripulitura è una operazione molto delicata e va valutato e analizzato con la massima accuratezza
se ci sono velature o colorazioni superficiali che possono essere tolte da sverniciatori non idonei. Molte volte anche l'uso di
semplici sgrassanti può compromettere seriamente una tarsia.
È opportuno procedere per gradi con qualsiasi tipo di ripulitore. Anche l'uso del comune decapante neutro può essere
pericoloso. Per rendere questo tipo di ripulitore meno aggressivo è opportuno diluirlo con alcol.
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corso di Intarsio su legno
Reintegrazioni

Quando si deve ripristinare un qualsiasi elemento si deve tenere conto della sua reversibilità.
Questo accorgimento è da considerare prioritario in special modo quando si reintegra una decorazione intarsiata.
Solamente nel caso di un mobile intarsiato che deve essere collocato in ambienti caldi, dove non viene mantenuta una costante
umidità come nelle abitazioni attuali, è consigliabile adoperare colle viniliche, che consentano di ostacolare il problema.
Negli ultimi decenni si sono perfezionati più sistemi d'intervento atti a rispondere al problema reintegrazione, che regolino
questa operazione per non incorrere in ricostruzioni arbitrarie o non riconoscibili.
Negli anni sessanta era consuetudine attuare un restauro neutro, (scientifico) lasciando la parte vuota o inserendo una materia
diversa, o come nel caso riguardante i manufatti lignei, ricostruire la parte mancante con un'essenza diversa da quella originale
per evidenziare la reintegrazione apportata.
Dalla metodologia purista le tecniche di reintegrazione si sono “evolute” forse è meglio usare il termine modificate, prendendo
esempio dalle metodologie d'intervento che si applicano per i quadri o tavole dipinte, dove si adopera per reintegrare le lacune
la tecnica della selezione cromatica, che consiste, nel ricostruire tramite del tratteggio con dei colori a vernice le zone
danneggiate.
Oppure intervenire con la tecnica denominata della anastilosi, che consiste nel ripristinare una raffigurazione intarsiata identica
all'originale, facendola distinguere con piccoli dettagli che la possono differenziare dalle parti originali riscontrabili solamente ad
occhi esperti.

Disinfestazione

La disinfestazione si può eseguire a pennello o per iniezione; ci sono in commercio validi prodotti a base di permetrina che sono
in grado di immunizzare e prevenire il tarlo.
Il trattamento più efficace rimane in assoluto quello a camera a gas, che va sempre e comunque accompagnato con un terapia
preventiva con i prodotti a base di permetrina.

Stuccatura

Un buon intervento di restauro deve limitare l'uso di stucchi o ripristino e riprese di materiale con questo tipo di prodotto.
È buona norma, per riprendere piccole crepe o chiudere i fori dei tarli, usare stucchi a base di colla di coniglio, gesso di Bologna
e terre colorate, oppure composti pronti, che si trovano nelle mesticherie specializzate già confezionati con varie gradazioni di
colore.
Se ci troviamo di fronte a reintegrazioni “consistenti” di materia sono da privilegiare stucchi a base di resine epossidiche, bi
componenti come l’araldide, che hanno una consistenza maggiore e sono reversibili.
Sconsiglierei gli stucchi bi componenti al poliestere per il motivo che sono molto duri e possono, esercitare dei punti di forza più
forti dell'essenza originaria, che nella maggioranza dei casi è molto debole. Altra considerazione negativa riguarda la loro non
reversibilità e l'aspetto estetico non molto edificante risultando, dopo qualche mese dall'opera di ripristino, la sembianza dello
stucco sintetico.
Altra sostanza che non provoca danni è lo stucco a cera. Questo tipo di composto se usato per piccole riprese, chiaramente
dello stesso tipo di colore del legno originale, da un buon risultato di amalgama con la parte originale.

Lucidatura

La lucidatura è l'ultima operazione da eseguire in un mobile intarsiato, Questa deve rispettare il tipo di lucidatura originaria,
ritrattando la superficie con la medesima vernice.
ad esempio spirito e gommalacca steso a tampone o con trattamento a cera, che sono le due tecniche maggiormente impiegate
nei mobili nel corso delle varie epoche.
Anche per la fase finale del restauro, ovvero la lucidatura, dovremo tenere un comportamento corretto atto a lucidare il mobile
con le stesse tecniche e operazioni con cui è stato finito originariamente, senza adoperare prodotti non adeguati, (es. vernicette
varie, vernici poliuretaniche turapori. )
La lucidatura dovrà essere effettuata con la stessa tecnica di lucidatura originaria, evitando di usare aerografi o macchine
lucidatrici che non erano usati nell'epoca di costruzione del manufatto. L'utilizzo di aerografi è giustificato quando si restaurano
mobili moderni dove la lucidatura era applicata anche con l'ausilio di questa tecnica.
È sempre opportuno documentare l'intervento di restauro con una scheda illustrativa e una adeguata documentazione
fotografica per consentire una riconduzione dell'oggetto prima e dopo l'intervento.

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corso di Intarsio su legno

Un precedente restauro male eseguito aveva eliminato


completamente la profondità del calice Qui lo studio per ridare al calice la sua originaria profondità

Questo intervento deve far pensare per la leggerezza di un restauro che può causare, come in questo caso, una lettura falsa,
che stravolge l'iconografia dell'oggetto.
In un'opera, dove prevale l'aspetto iconografico, il restauro deve tenere conto prioritariamente di questo. Può essere
giustificabile un intervento di ripristino sempre se abbiamo dei riferimenti certi e informazioni sicure da dove poter attingere
cercando di ridare una lettura corretta all'oggetto, ricostruendo il calice nella sua “giusta” posizione di raffigurazione. Oppure
forse è corretto lasciare la parte vuota senza ripristinare nessun elemento.
In molti casi per il committente è indispensabile ripristinare, per un valore estetico o di culto, l'opera danneggiata.
Sarà opportuno studiare attentamente, riprendendo almeno dei riferimenti da gli altri pannelli dello stesso coro che presentano
lo stesso oggetto, i tipi di legni usati la loro disposizione, i sistemi di sfumatura adottati nelle tarsie originali,
Sicuramente il restauratore che è intervenuto su questa tarsia aveva tutti questi elementi da valutare, che potevano essere
ricercati e studiati analizzando gli altri pannelli del coro dove si presentano scene analoghe a questa.

Esempio di intervento di restauro “estetico ” eseguito su mobili intarsiati

In questo paragrafo dedicato al restauro della tarsia, finalizzato al mercato dell'antiquariato dove le incrostazioni nella
maggioranza dei casi, sono legate al mobile come pura decorazione, ho inserito degli esempi, eseguiti nel mio laboratorio di tipi
di rappresentazione iconografica intarsiata, che sono state usate maggiormente nel corso delle epoche.
L'esempio riguarderà una grottesca intarsiata di una parasta;

Intervento di restauro di una grottesca intarsiata.

La tarsia rappresenta un mascherone da dove fuoriescono dalla bocca dei frutti che decorano una lesena del XVI secolo.
Il restauro riguarderà una parte della tarsia collocata nella sommità della colonna, che raffigura il mascherone, per il motivo che
è la parte più degradata dove è stato più significativo l'intervento di restauro.
L'intarsio è stato eseguito su massello di legno noce di 2 centimetri di spessore, con tessere e filettature di acero inserite con la
tecnica a buio.

L'intervento di restauro.

La parte originale dell'intarsio si presentava molto fragile, perché attaccata da insetti xilofagi che avevano provocato vuoti e
vesciche sotto la pelle del legno. Come prima operazione si è reso indispensabile il riconsolidamento della tarsia per imbibizione
a pennello con vari passaggi di resina, paraloid b72, diluito con metiletilchetone. La seconda fase dell'intervento riguarda la
ricostruzione della parte mancante del mascherone, dove non ci sono state difficoltà d'interpretazione, dato che l'iconografia
intarsiata originale era nella gran parte integra, da permettere una ricostruzione filologica della figura senza il problema di
incorrere in soluzioni arbitrarie.

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corso di Intarsio su legno
Per eseguire la ricostruzione è stato rilevato la parte integra originaria e i contorni della parte mancante dell'intarsio, utilizzando
un rapido a china su dell'acetato.

Il rilievo mi servirà per riprendere la sagoma della parte mancante e mi aiuterà da riferimento per riportare i segni dei particolari
sulla tessera da ricostruire.
L'intervento successivo riguarda la reintegrazione della tessera mancante che è stata ricostruita con legno di acero di uguale
spessore dell'originale e inserita perfettamente nella parte mancante dell'intarsio incollandola con colla forte.
Le incrostazioni originali presentavano rigature eseguite con ferri da intagliatore che creano i particolari delle figure. Quindi per
completare il ripristino della iconografia intarsiata, ho eseguito successivamente i particolari decorativi rigati con ferri da intaglio

Tintura e lucidatura della parte reintegrata

Per eseguire una ripresa di colore, si possono usare vari tipi sostanze coloranti dai semplici mordenti, alle aniline o colori
concentrati diluibili con vari medium (vedi capitolo dedicato ai materiali).
Scegliere un tipo di tintura rispetto ad un'altra sostanza colorante, deriva dalla nostra abilità pratica con il tipo di colore più
confacente dove abbiamo avuto riscontri positivi.
Vorrei suggerire per la tintura una tecnica che uso frequentemente dove ho riscontrato degli esiti a me congeniali.
Questa tecnica consiste nel passare sopra l'intarsio una prima mano leggerissima di gomma lacca per creare uno velatura
isolante di vernice che si interpone tra la parte nuda del legno e la ripresa di tintura eseguita con velature di colore preparato
all'anilina all'alcol.
Questo sistema di colorazione si può definire reversibile in quanto le velature di colore possono essere tolte semplicemente con
un passaggio di decapante neutro, riscoprendo qualora si voglia il colore naturale dell'essenza, prima del trattamento del colore,
dove si potrà riscontrare la parte originaria dalla parte reintegrata.
Infine la tarsia e stata lucidata con una finitura di cera d'api vergine.

Tecnica di taglio che consente di ottenere anche tessere piccolissime di dimensioni senza il problema che l’impiallaccitura si
possa sbriciolare

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corso di Intarsio su legno
Fuseruole e Filetti

Fuseruole, “Maccheroni” e Filetti


Mi sono sempre domandato da dove deriva l'origine del termine “maccherone” .
Il soprannome di questa decorazione, l'ho sempre sentito pronunciare da mio zio Gnaso, tipico artigiano di vecchio stampo che
sicuramente ha assegnato il nome a questo ornamento riferendosi alla forma somigliante a una tagliatella che, dalle nostre
parti, è chiamata comunemente maccherone. L'espressione di questo aggettivo è sicuramente calzante per alcuni tipi di
decorazione che si potrebbero identificare nei nastrini composti, ma sicuramente inadatta per le decorazioni tridimensionali
tipiche del periodo rinascimentale. Quindi è bene fare una precisazione.
La zona di Anghiari è collocata a poca distanza tra tre confini di
regione Romagna, Marche, Umbria e questo a portato a cambiare in
certi casi il significato di certe parole come appunto per i maccheroni,
che come noto nella Emilia Romagna non sono tagliatelle ma pasta
tipo rigatoni ed hanno proprio come motivo ornamentale la forma a
spirale che richiama le decorazioni intarsiate.
Il termine corretto è senza dubbio di fuseruole, anche perché dopo
una accurata ricerca ho riscontrato analogie e un filo logico legato a
questo termine con il tipo di pasta presa in questione.
Il nome di fuseruola deriva da un tipo di arbusto biancastro che
comunemente si chiama fusaggine. Il nome scientifico di questo
arbusto è di evonimo e si trova comunemente nelle nostre campagne.
Questo legno è stato usato oltre per motivi intarsiati anche per costruire i fusi per filare la lana o per ottenere i carboncini per
disegnare, da qui il nome volgare di fusaggine che ha generato il nome di fuseruola che ha dato il nome ai motivi geometrici
che usavano questo tipo di essenza.

Le fuseruole, sono decorazioni che formano una composizione geometrica tridimenzionale, dando l'effetto di girali o nastri che si
avvolgono su se stessi o altre diavolerie prospettiche che riquadravano pannelli intarsiati su mobili o stalli di cori.
Queste decorazioni si possono distinguere in due gruppi:
quelli composti all'interno con varie composizioni di venatura, che tecnicamente sono identificati con il nome di nastrini
composti, li chiamerò per convenienza “maccheroni”, e si differenziano come nel caso delle fuseruole formando dei motivi
tridimezionali.
Il sistema di costruzione in ambedue i casi consiste nel formare un insieme di legni, “il toppo o blocco”. Questo nella parte
esterna può essere costituito da due o più listre che, incollate tra loro, costringono all'interno essenze di legni diversi o
decorazioni geometriche con le quali si ottengono vari tipi di composizioni. Potremo giocare con la venatura delle essenze, che
saranno collocate, verticalmente, orizzontalmente, oppure sistemandole a diverse angolature di 30, 45 gradi ecc. Per una
composizione geometrica potremo sbizzarrirci inventando o riprendendo motivi ricorrenti nelle decorazioni intarsiate del passato.

Fuseruole.

Le fuseruole sono consigliate per riquadrare mobili lineari, perché la loro caratteristica non permette di seguire curve
accentuate. Se vogliamo incrostare una fuseruola in un cassettone mosso da forme curve, dobbiamo ricorrere alla tecnica ad
accostamento, aggiungendo elemento ad elemento e sagomandolo a secondo della curva che abbiamo scelto di eseguire, come
è esemplificato nel disegno sottostante.

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Piano intarsiato, formato con motivi geometrici, che seguono una andatura sia circolare e lineare. Per il cerchio intarsiato
dovremo inevitabilmente incrostare ogni elemento che lo compone sagomandolo seguendo la curvatura della decorazione
circolare.

Per ottenere dei nastrini di uguale spessore dal blocco, potremo adoperare una sega circolare, che io consiglio, ma che non uso
correntemente, perché il taglio del disco che è di 3 mm. di spessore, mi sciupa più della metà del blocco costruito. Per questa
operazione è opportuno usare la sega a nastro montando un nastro poco “stradato” per consentire il minor spreco.

Nei disegni (A, B e C) sono documentati i vari passaggi per la costruzione e il sistema di taglio dei blocchi, per ottenere dei tipi
di maccheroni composti con motivi geometrici.
Ogni nastrino ricavato dovrà avere 2 mm. di spessore.
Questo ornamento richiede molto tempo per la preparazione e quindi risulterà anche molto costoso. Se vorremo utilizzare dei
prodotti più convenienti, in commercio si trovano già nastrini confezionati già pronti per essere incrostati. La qualità dei
maccheroni preconfezionati è molto precisa come manifattura, però non è molto curata sulla scelta dei legni che la
compongono. Infatti molti tipi di legno pregiato come l'ebano, il bosso o palissandro sono sostituiti con essenze tinte per
ottenere le colorazioni tipiche di questi legni.
Il consiglio da dare è quello di usare questo tipo di nastrino per mobili ex novo, escludere l'uso di questi per riedizioni e restauro
di mobili che necessitano di una ricostruzione filologica corretta, o almeno coerente, adoperando i legni e motivi sulla tipologia
del mobile che vogliamo ricostruire o restaurare.

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corso di Intarsio su legno
Il nastrino può essere anche di forma non rettilinea. Nei mobili di tipologia settecentesca la “forma mossa” della struttura
richiedeva una decorazione che seguisse le curve del mobile. La tecnica ricorrente per formare “maccheroni” curvi consiste nel
comporre, in una sede scavata precedentemente, il nastrino composto inserendo prima un filetto e successivamente le tessere
interne che sono sagomate in modo da seguire la curva e infine racchiuse da un'altro filetto che completa il motivo. E'
opportuno usare il maccherone con venatura di traverso per filettare piani, fianchi e cassetti di mobili di “forma mossa”, perché
si adattano benissimo a tutte le sagome più strane.

Sistema di misurazione di un angolo.

Se dovremo riquadrare mobili con lati non retti dovremo calcolare gli angoli imposti dalla sagoma del manufatto.
Il sistema di calcolo degli angoli, si ottiene misurando l'angolo con il goniometro oppure semplicemente riprendendo la direzione
della bisettrice.

Un sistema artigianale ma molto efficace e preciso, consiste nel


sovrapporre i maccheroni, parzialmente inseriti dentro la sede uno
sopra l'altro, segnando la bisettrice che mi darà l'esatta angolatura di
taglio.

Nel disegno viene documentato a destra i nastrini composti, con


angolo retto, a sinistra il sistema di prendere la misura della
bisettrice sovrapponendo i due maccheroni inseriti parzialmente nella
sede.

I filetti

Il filetto ha la stessa funzione del maccherone, cioè quella di


riquadrare un piano, un fianco o cassetti di un mobile. Anch'esso può
essere adoperato per incrostazioni diritte o curve, a seconda della
tipologia del manufatto .
Il filetto si ricava dalla listra, che viene successivamente tagliata con
la sega a nastro, oppure con la sega circolare alla larghezza
desiderata. La sua larghezza può variare da 1 mm. a 8 mm; questa,
dovrà essere appropriata rispettando la curvatura più o meno ampia
che si vuole dare al motivo decorativo.

Nella foto incrostazione di filetti su una formella di una porta.

Se per una incrostazione rettilinea non ci sono consigli per la larghezza da adoperare, per la filettatura con andamento curvo,
dovremo procedere con larghezze molto sottili che non devono superare i 2 mm.

I motivi sono da imputare alla difficoltà di curvatura di un filetto, tanto questo è largo tanto è più difficile curvarlo. Altro aspetto
rilevante e il fattore estetico, che dovrà essere valutato dando al filetto una adeguata larghezza che non superi i 2 mm., per non
ottenere una incrostazione grossolana levando la delicatezza e la finezza all'intarsio.

Curvatura dei filetti

Per preparare i filetti alla curvatura, la prima operazione da eseguire è quella di prendere i nostri filetti, ricavati dalla listra, e di
immergerli in una bottiglia piena di acqua, lasciandoli ammorbidire. Dopo qualche ora toglieremo il legno immerso nella bottiglia
e noteremo il rigonfiamento di questi, che non entreranno più nell'incasso già realizzato.

Disegno A Disegno B
Quindi dovremo ricorrere a piallarli con il pialletto, dandogli una forma trapezoidale che ci consentirà di inserirli con più facilità.
Disegno B

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La tecnica per riuscire a piegare con curvature molto strette i filetti, consiste nell'arroventare un tondino di ferro e avvolgere il
filetto prima inumidito. Il contatto con il ferro rovente di forma rotonda, manterrà e prenderà la forma del tondino di ferro
Disegno A.

Fasce decorative ad intarsio

Questo tipo di decorazione deriva dalle cornici scolpite di marmo, che ornavano le architetture nell'epoca classica greco-romana.
Con l'evento del neoclassicismo e la riscoperta dei finimenti classici, questa decorazione scultorea fu ripresa e rivisitata per le
cornici che venivano intarsiate ed applicate ai mobili. Il massimo esponente del mobilio italiano neoclassico, G. Maggiolini, le usò
sapientemente per abbellire i suoi insuperabili manufatti.

Come si ottengono le fasce intarsiate.

Le fasce decorative ad intarsio non sono altro che delle cornici impiallacciate con vari motivi intarsiati. Per ottenere queste
decorazioni si possono usare diversi tipi di legno, a volte colorati, per dare degli effetti cromatici alle composizioni. Le
modanature devono essere non molto accentuate nelle curve, rispettando una forma dolce che permetta di incollare
agevolmente il motivo da incrostare.

La tecnica che uso comunemente per ottenere una fascia intarsiata è la seguente:

Scelto il disegno da incrostare, formerò un pacchetto di impiallacciature sovrapposte, della misura della fascia intarsiata che
voglio ricavare, e le terrò unite con dello scotch oppure incollando le impiallacciature, con colla forte, inserendo tra di esse della
carta che mi faccia da isolante. Passerò a tagliare il pacchetto con il seghetto a traforo seguendo il disegno incollato
precedentemente, nella prima impiallacciatura.

Per comporre il pacchetto e differenziarne i motivi, si possono usare impiallacciature di essenze diverse, o usare una sola
essenza dove una parte del motivo intarsiato verrà, (dopo il taglio con il traforo,) tinta con colore creando una variazione
cromatica, come si può notare nella foto sotto a sinistra.
Passerò a ricomporre il motivo tenendolo unito con dello scotch e lo incollerò con della colla a contatto, pressando
energicamente con un martello il motivo intarsiato nella sagoma della cornice.

Questo metodo non rispecchia la tecnica ne il tipo di colla, forte a caldo, che usavano gli ebanisti nel settecento. La tecnica
“antica” consisteva nell'incollare le fasce intarsiate con colla forte, usando il martello da impiallacciatore oppure una contro
sagoma, che comprimeva tramite morsetti o molle la fascia intarsiata sulla cornice da realizzare.
(foto sopra a destra).
Il sistema descritto precedentemente è più veloce e si possono applicare immediatamente le fasce intarsiate senza aspettare
che indurisca la colla a caldo, che come sappiamo impiega alcune ore prima che si asciughi.

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Intarsio sorrentino

Cenni storici

Parlare di tarsia a Sorrento, significa parlare della storia della città e della Penisola.

La tradizione popolare fa risalire l’origine dell’intarsio sorrentino all’epoca dei monaci Benedettini, tra il 6 ed il 7 secolo, residenti
presso il monastero di S.Agrippino in Sorrento.
Essi eseguivano lavori di intarsio ed intaglio presso il loro laboratorio usando specialmente legni di produzione locale quali il
noce, il limone, l’arancio.
Nel periodo in cui si comincio a sviluppare il movimento turistico, la Tarsia diventò uno dei pilastri portanti dell’economia locale
trasmettendo al mondo un messaggio d’arte , di gusto, di genialità e di operosità della nostra gente.
Le origini ed i primi maestri della “marqueterie” possono essere senz’altro considerati Antonino Damora e Luigi Gargiulo ed una
influenza certa Ë venuta dai vicini scavi di Pompei ed Ercolano e dalla pittura Napoletana dell’800.

Grazie a Damora e Gargiulo nella prima metà del IXX secolo l’intarsio divenne uno dei pilastri dell’economia locale; senza dubbio
una buona dose del successo è dovuta al fatto che , lavorando in un ben noto centro di villeggiatura , ebbero entrambi la
possibilità di sottoporre la loro produzione all’attenzione di una grande quantità di persone.

Intorno al 1845 la loro reputazione era già consolidata così come riportato da testimonianze dell’epoca, tanto che la loro fama
giunse sino alla casa Reale dei Borbone in Napoli.
Particolare apprezzamento fu manifestato dalla famiglia Reale che invitò a Napoli il Damora per il restauro del mobilio di corte.
Nel frattempo il Gargiulo andava articolando la lavorazione onde soddisfare la sempre più crescente domanda che veniva dal
movimento turistico.
Fu così che si sviluppò l’iniziativa di creare quei piccoli oggetti da scrittoio e “cassettini” in legno intarsiato con figure o mosaici
destinati a diventare prodotti caratteristici dell’artigianato sorrentino.

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Approfondimenti
il Legno

 Caratteristiche del legno


La sua duttilità lo ha reso il materiale preferito dai tempi più remoti. L'uomo, a qualsiasi popolazione appartenesse, lo utilizzò
per realizzare non solo mobili, ma abitazioni, oggetti di uso domestico, di carattere ornamentale, ludico.. ecc.

La struttura del legno è composta da :

50% di carbonio

42% di ossigeno

6% di idrogeno

2% di minerali,azoto,pigmenti

Esso, anche dopo il taglio, non è un materiale inerte, ma vive, quindi percepisce le variazioni climatiche. Si gonfia con l'umidità
e il calore, mentre di inverno, ritirandosi produce delle crepe.

I legni si possono dividere tra "legni duri" e "legni teneri"; fra i primi possiamo classificare ad esempio la quercia, il noce, il
bosso, il pero, il ciliegio; mentre tra i secondi sono il cirmolo, il pioppo, il il tiglio e l'abete.

Se osserviamo la sezione trasversale di un tronco, vi distinguiamo chiaramente una serie di anelli concentrici. Questi sono gli
anelli di accrescimento. Esiste una scienza (dendrocronologia) che oltre a definire l'età di una pianta sulla base del numero
degli anelli di accrescimento, riesce a risalire, studiandone la loro conformazione, agli eventi climatici ed alle patologie subite
dalla pianta.

La figura mostra le varie parti che


compongono il tronco:

Corteccia esterna: fisiologicamente è


morta, serve come protezione alla pianta e
consente gli scambi gassosi necessari alla
vita della pianta.

Corteccia interna: detta anche Alburno è


formata da cellule vive e costituiscono
l'apparato circolatorio della pianta
consentendo la conduzione dei sali minerali
dalle radici alle foglie. Si distingue
dall'interno durame dal colore più chiaro.

Libro: Contiene i vasi che conducono il


nutrimento sintetizzato delle foglie ad ogni
parte dell'albero.

Cambio: Strato sottile di tessuto responsabile della produzione di nuovo legno, sia verso l'esterno sia verso l'interno.

Durame: La parte più interna del tronco è formata da cellule morte e a livello commerciale è quella più pregiata, perchè
essendo la parte più vecchia della pianta è quella più stabile e meno soggetta agli attacchi di parassiti. Mano a mano che
l'albero cresce, l'Alburno diventa Durame.

Midollo: Parte centrale del tronco, generalmente poco differenziabile dal durame che lo contiene.

Taglio
Quando i tronchi vengono abbattuti, vengono privati dai rami e dalla corteccia. A questo punto il tronco può essere ridotto ad
assi secondo diversi schemi di taglio. L'ideale per ottenere assi di buona qualità, non soggette a imbarcatura, è il taglio
perpendicolare agli anelli di accrescimento.

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corso di Intarsio su legno
Questo tipo di taglio (nella figura chiamato a quarto di
ventaglio) è quello che economicamente è il più costoso in
quanto comporta un alto spreco di materiale. Il taglio più
economico è quello radiale col quale si ha un basso spreco di
legname ma solo le assi centrali saranno stabili, quelle più
vicine alla periferia saranno soggette a deformazioni.

Nella seguente figura sono rappresentate le possibili deformazioni dipendenti dal taglio utilizzato.

Stagionatura

Una volta tagliato, il legno perde velocemente circa il 30% di


acqua presente nelle cavità cellulari. Successivamente il legno
continuerà, ma più lentamente a perdere acqua, fino a
raggiungere l'equilibrio con l'ambiente circa il 17% - 23% di
umidità. Per ottenere questo, le assi devono essere stagionate
o essiccate. Il metodo naturale è quello che garantisce in futuro
una maggiore stabilità. La stagionatura naturale la si ottiene
accatastando le assi una sull'altra frapponendo dei listelli al fine
di permettere la circolazione dell'aria. Poiché per raggiungere i
risultati voluti sarebbe necessario molto tempo ( non inferiore
all'anno con climi favorevoli) , si fa ricorso a essiccazioni
artificiali in appositi ambienti (essicatoi) che sono veri e propri
forni con umidità e calore controllati.

Bisogna tener presente che il legno regolerà continuamente la sua umidità con quella dell'aria circostante; se viene portato in
un ambiente chiuso e dotato di riscaldamento centrale, il suo contenuto di umidità diminuirà lentamente fino a circa il 10%,
provocando ovviamente un maggior restringimento.

 difetti del Legno


Nel restauro del mobile, diventa utile saper conoscere bene la materia prima che ci passa fra le mani: il legno.

Il legno può presentare dei difetti che a volte dobbiamo andare a correggere. Di seguito voglio elencare quelli più frequenti e
nei quali è facile imbattersi. Nella sezione relativa agli interventi sulla struttura, si parlerà per esteso degli Interventi sulle
Deformazioni.

I difetti del legno si possono suddividere in due categorie:

difetti naturali del tronco: dovuti alla costituzione dei tessuti legnosi.

difetti indotti dalla lavorazione: si manifestano sulle assi già tagliate e dipendono dalla modalità del taglio adottate che
comportano un diverso ritiro del legno nelle tre direzioni (assiale, radiale e tangenziale). Questi difetti sono maggiormente
riscontrabili sui legni che hanno subito una rapida stagionatura. Durante una stagionatura naturale, i difetti possono essere in
parte corretti caricando, opportunamente, con pesi le cataste di assi.

Difetti Naturali:

Nodi: i nodi non sono atro che rami inglobati dal legno durante l'accrescimento della circonferenza del tronco; hanno una
massa volumetrica differente da quella del legno circostante, quindi si ritirano in modo diverso durante la stagionatura. Esistono
nodi superficiali e nodi passanti. E' molto frequente che i nodi passanti, durante l'essiccazione si distacchino lasciando un vero e
proprio buco.

Cipollatura: si tratta del distacco fra due anelli di crescita consecutivi, causato dal gelo o da una temperatura particolarmente
elevata. Questo difetto può evidenziarsi durante la stagionatura.

Stellatura: sono spaccature radiali causate dalle tensioni di crescita della pianta o dal maggior ritiro della parte centrale del
tronco rispetto a quella della periferia.

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corso di Intarsio su legno

Legni di reazione: sono quelle parti di legno in cui le fibre non seguono l'andamento longitudinale, ma assumono una
conformazione caotica. In questi punti la pianta ha subito o una lesione o un attacco di un parassita. tale difetto, se è
problematico quando si presenta su di un'asse, data la conseguente imprevedibilità di ritiro o di lavorazione, diventa un pregio
se presente su piallacci o lastroni, che si arricchiscono di un disegno particolarmente fantasioso.

Sacche di resina: anche queste fanno parte delle difese naturali dell'albero quando questo subisce una lesione. Dal momento
che le sacche di resina si trovano all'interno del tronco queste si manifestano solo durante la segagione.

Oltre a questi difetti, l'albero porta i segni dell'ambiente in cui vive. Deformazioni del tronco possono essere provocate da un
forte vento che soffia costantemente in una direzione, da neve o acqua che scende periodicamente lungo un pendio. Anche
l'albero colpito da un fulmine può continuare a vivere e a crescere, ma la ferita rimarginata lascerà il suo segno all'interno del
tronco.
Oltre agli agenti atmosferici, anche gli animali possono causare danni ai tronchi. Molti uccelli ed insetti ne forano lo spessore per
ricercare le larve o altro cibo.
Scavano nei tronchi lunghe gallerie per raggiungere i vasi linfatici più interni.
Alcuni roditori usano l’albero come tana o deposito per le provviste.
Varie specie di mammiferi sottopongono gli alberi ad urti più o meno volontari.

Difetti indotti dalla lavorazione:

I difetti indotti dalla lavorazione o da una cattiva stagionatura si possono riassumere in:

Imbarcatura trasversale: curvatura dell'asse nel senso della larghezza, cioè perpendicolarmente alle fibre.

Imbarcatura longitudinale: curvatura nel senso delle fibre

Svergolatura: deformazione torsionale dell'asse che subisce un'imbarcatura sia trasversale che longitudinale

Falcatura

Arcuatura

Essendo il legno costituito di materiale anitroso, le tavole nel ritirarsi, non solo diminuiscono di volume, ma subiscono a volte
profonde modificazioni che prendono il nome di: “Imbarcatura”, “Falcatura”, “Svergolatura” e “Arcuatura”.

Alla luce di quanto premesso, è evidente l’importanza che può assumere una corretta stagionatura, operazione durante la quale
si riduce gradualmente l’umidità per tutto lo spessore del legno fino a raggiungere il punto di equilibrio con l’umidità ambientale.
Tale stagionatura può essere effettuata in maniera naturale, tagliando i tronchi ed esponendoli in ambienti arieggiati
naturalmente al riparo dalla pioggia.
I tempi sono più lunghi, due o più anni, ma gli effetti sono sicuramente migliori rispetto ad una stagionatura artificiale che si
effettua in appositi capannoni chiusi ed arieggiati artificialmente.
In quest’ultimo caso i tempi sono più brevi, ma trattandosi di una stagionatura accelerata, “forzata”, presenta degli svantaggi
visibili nel tempo.

Altre cause di deterioramento del legno :


Le cause del deterioramento del legno, possono essere di varia natura.
I maggiori danni sono causati dagli agenti atmosferici quali l’umidità, sbalzi di temperatura ed esposizione al sole.
Esistono poi fenomeni di origine biologica quali l’attacco di funghi, alghe, licheni.
Non meno trascurabili sono gli attacchi da parte degli insetti xilofagi e i danni causati da alcune specie di roditori e uccelli.

 interventi sulle Deformazioni


Le deformazioni, imbarcature e svirgolamenti di piani e gambe dei mobili, mettono a dura prova l'abilità del restauratore non
solo dell' hobbysta, ma anche del professionista. La correzione delle deformazioni, devono porre rimedio ad una tensione
naturale e costante dovuta alla espansione o restringimento delle fibre del legno. Questo movimento del legno è dovuto
principalmente a:

 variazioni atmosferiche (umidità, riscaldamento ecc.)

 utilizzo di materiale scadente o non stagionato

 insufficienti cognizioni tecniche dell'artigiano che ha costruito il manufatto.

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corso di Intarsio su legno
Spesso le deformazioni dei piani sono da imputare al fatto che
essendo generalmente lucidati o lastronati solo dalla parte in vista,
avviene che l'azione degli agenti atmosferici (umidità aria ecc.)
agiscono differentemente sui due lati del piano.

La soluzione a problemi dovuti alla deformazione del legno, che si


evidenziano più frequentemente o su ampi piani in massello o sulle
ante e frontalini dei cassetti lunghi non sono certamente di facile
applicazione e nel contempo non garantiscono una durata nel lungo
periodo a meno di interventi che risultano essere invasivi.

Prima di decidere se intervenire o meno, occorre verificare se la


deformazione è tale da compromettere la funzionalità. Questo per
due semplici motivi: il primo, come si è detto per la difficoltà
dell'intervento, il secondo, è che lievi imperfezioni contribuiscono a
dare il fascino dell'antico . Se si ritiene di intervenire, facciamolo solo
se il mobile non è di valore, diversamente affidiamolo ad un
professionista.

Deformazione del piano di un tavolo: Se la deformazione interessa ad


esempio il piano di un tavolo o comunque un piano fissato ad una carcassa rigida,
si può intervenire come mostrato in figura: Con morsetti e con l'ausilio di un
travetto robusto, si porta in perfetta
planarità il piano. Si stringono
lentamente i morsetti per evitare di
spaccature. Eventualmente si bagna
il piano dalla parte grezza al fine di
ammorbidire le fibre e facilitare il
raddrizzamento della tavola. Una
volta messo in piano, si cerca di forzare la posizione in modo permanente con
l'ausilio di angolarini che verranno incollati tra piano e fasce. Questo metodo risulta
di semplice applicazione e moderatamente invasivo. Il risultato è il più delle volte
soddisfacente soprattutto se il piano non è di elevato spessore.

Metodo delle "virtù teologali" : Questo metodo è così definito in


un vecchio libro di restauro, e si spiega in quanto richiede molta
fede e speranza (la carità la si fa poi al restauratore se non riesce).
Implica l'azione mediante morsetti e robusti tutori rigidi e ben piani.
si bagna preventivamente il legno con acqua tiepida in modo che
attraverso i pori penetri nelle fibre ma senza eccedere ed asciugando
le eccedenze. il legno bagnato riacquista parzialmente elasticità.
quindi con morsetti e tutori (travetti diritti di robusto legno) si serra
progressivamente (qualche giro ogni due ore, tornando se del caso a
bagnare la superficie, sino a raggiungere piena planarità (a volte per
raggiungere il risultato ci vogliono anche due giorni con pochi giri di
vite ai morsetti ogni qualche ora). Non bisogna serrare troppo
violentemente perché si rischia di spaccare in due il piano del
tavolino e morsetti e tutori debbono essere usati in numero adeguato
alla superficie. Si lascia quindi chiuso il pezzo nei morsetti per una decina di giorni. Quindi con molta fede e speranza lo si toglie
dal serraggio e lo si rimonta. il nome del metodo deriva dal fatto che troppo spesso, dopo qualche tempo l'incurvatura ritorna,
ed il sistema è adatto ad eliminare piccole imbarcature non gravi.

Una variante al metodo, che aiuta molto la fede e la speranza, è quella di utilizzare un consolidante acrilico: una volta raggiunta
la planarità si applica a pennello sul lato grezzo della tavola, il Praloid B72, iniziando da una soluzione al 10% fino al 20% -
25% (con incrementi del 5%). Prima di passare alla successiva applicazione a concentrazione maggiore si lasciano passare 4 - 5

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corso di Intarsio su legno
giorni al fine di attendere la completa essiccazione della precedente applicazione. Anche dopo l'ultima applicazione attendete
almeno una settimana prima di togliere i morsetti. Questo metodo, avvalendosi dell'effetto del consolidante, dovrebbe garantire
una maggiore stabilità.

Sistema dei cunei: Il sistema descritto di


seguito, può essere usato quando la deformazione
è convessa rispetto la parte lucidata ovvero
quando la parte sulla quale si deve intervenire è
sul lato non a vista. Questo sistema è ben più
invasivo e delicato del precedente anche se
garantisce maggiori risultati. Occorre usare ogni
attenzione per evitare di spaccare la tavola. Si
consiglia di usare questo metodo solo su mobili di
poco valore se non si ha una esperienza ben
consolidata.

La procedura consiste nel praticare sul retro del piano da raddrizzare dei tagli paralleli a distanza tra 1,8 e 2,5 centimetri l'una
dall'altra nel senso della venatura del legno, fermandosi tre o quattro centimetri prima del bordo (a seconda delle dimensioni ci
si può fermare anche a un centimetro o andare fino in fondo se una volta montato il piano non si vede il bordo) i tagli debbono
avere profondità pari ai 2/3 dello spessore del piano da raddrizzare. Successivamente si usano morsetti e tutori come prima,
sempre bagnando e con ancora maggiore cautela nel serrare i morsetti (poco alla volta e lentamente). Quando il pezzo sarà
piano le fessure praticate si saranno un po' aperte. Si prendono allora dei cunei di legno della stessa essenza, di lunghezza
adeguata per chiudere le fessure, più profondi delle fessure da chiudere se ne possono usare anche due o più per fessura se i
tutori impediscono di vedere tutta la lunghezza della fessura. Per avere tutta la lunghezza della fessura a vista, possiamo
posizionare parallelamente alle fessure delle stecche sulle quali poggeremo le traverse da stringere con i morsetti (vedi figura).
A questo punto si cospargono le sfilze a cuneo e le fessure di colla garavella calda, quindi si infilano nelle fessure, forzando
leggermente con dolci colpetti. attenzione le sfilze a cuneo non hanno lo scopo di raddrizzare, ma di bloccare un eventuale
ritorno della svergolatura, quindi non vanno battuti come chiodi. Alla fine si pareggia la superficie eliminando l'eccesso di legno
dei cunei rispetto al piano. questo è il metodo che da più risultati ma è abbastanza delicato come intervento.

 patologie del Legno


Le patologie del legno.

Per comprendere appieno le patologie che possono affliggere i materiali lignei, dobbiamo pensare ad essi come ad organismi
viventi che, anche dopo secoli dall’abbattimento dall’albero e dalla loro messa in opera, continuano la loro evoluzione e hanno
reazioni ben precise di fronte all’ambiente esterno, sia per difendersi, sia per adattarsi a condizioni ambientali avverse o che,
comunque, possono variare per un’infinità di motivi. Quando queste capacità d’adattamento non sono sufficienti a fronteggiare
le aggressioni esterne, il legno sviluppa delle patologie che possono portarlo fino alla completa distruzione. Tali patologie
possono essere di tre tipi:

 Fisiche: disidratazione o marcescenza.


 Vegetali: parassitosi fungine.
 Animali: parassitosi da insetti xilofagi.

Le patologie di tipo fisico sono sempre alla base degli altri ammaloramenti. Un’ambiente troppo secco porta ad una progressiva
disidratazione del legno, e, quindi, ad una mancanza di elasticità che può provocare fessurazioni e spaccature a partire dalle
zone più prossime ai nodi; i pori tenderanno ad aprirsi per conferire al legno la maggior igroscopicità possibile, così quando le
condizioni dell’umidità dovessero cambiare, questo legno si troverebbe ad assorbire una quantità d’acqua che, oltre ad essere
eccessiva in assoluto, sarà oltremodo eccessiva anche nei confronti del nuovo stato fisico che si è venuto a creare al suo
interno. Tutto questo porterà a dilatazioni anomale e, quindi, a spaccature, e ad una ritenzione idrica che, anche se
momentanea, ripetuta nel tempo (pensiamo per esempio all’avvicendarsi delle stagioni) agevolerà la formazione di colonie di
parassiti e ad un progressivo degrado della cellulosa. Parimenti sarà un eccesso di acqua, magari ciclico, magari veicolante sali
provenienti da murature o da terra che tendono a depositarsi nei vasi, ricoprendone le pareti o addirittura intasandoli ed
ostacolandone le loro funzioni.

I componenti principali del legno sono: cellulosa (40-60% del peso secco), lignina (20-30%), maggiore è la quantità di lignina,
più duro e compatto è il legno, acqua ( 17-60%).

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L’acqua è suddivisa in acqua di costituzione combinata con la cellulosa e la lignina (essa viene allontanata soltanto con la
combustione), acqua di saturazione collegata alle pareti cellulari costituenti i vasi e le fibre, acqua di imbibizione o libera che
riempie le cavità cellulari e i pori.

In seguito al processo di essiccazione si ottiene una umidità di equilibrio oscillante fra il 10 e il 15% rispetto al peso del legno
secco. E’ da notare come gli attuali processi di essicazione in forno, portino ad una costituzione fisico-chimica del legno simile a
quella di un legno disidratato, cioè con poro troppo aperto e con i vasi talmente alterati da impedire la normale traspirazione. In
base ad un ormai classico meccanismo perverso, ciò porta a dover intervenire con disinfestazioni preventive che hanno
conseguenze inquinanti, cancerogene e, comunque, antigieniche notevoli. Si pensi soltanto all’enorme sviluppo delle allergie ed
alle patologie da inquinamento domestico. I prodotti usati per tali disinfestazioni (e poi, in seguito, i biocidi e gli antimuffa
mescolati alle vernici) hanno la proprietà di essere rilasciati gradatamente nell’ambiente, anche a distanza di anni e, quindi, di
venire a contatto dell’uomo. Alcuni di questi prodotti vengono gradatamente proibiti (per esempio il bromuri di etilene del quale
l’Italia era uno dei maggiori consumatori) grazie ad una tardiva normativa europea, ma essi vengono sostituiti da altri prodotti
del cui grado di tossicità si parlerà soltanto fra qualche anno.

Nelle forniture di legname è ammesso un tasso di umidità detto “normale” del 10-12%.

Tale normativa, tuttavia, fa riferimento al legname non invecchiato, bensì essiccato in forno.

Il legno invecchiato in modo tradizionale può essere considerato ben stagionato ed asciutto già con una umidità intorno al 17%.
Un aumento o un calo di qualche punto non comporterà variazioni rilevanti sul suo stato a differenza del legno essiccato, per cui
la differenza di due punti di umidità può determinare dilatazioni o restringimenti di notevole importanza.

Legno utilizzato in ambiente Grado di umidità


Saturo di umidità 30%

Esposto alle intemperie 18% - 22%

Esposto parzialmente (tettoie) 16% - 20%

Coperto non riscaldato 13% - 17%

Coperto riscaldato a stufa 10% - 12%

Coperto riscaldato a termosifone 8% - 10%

Si noti la grande differenza che intercorre fra l’umidità ritenuta da un legno conservato in un ambiente riscaldato a legna ed uno
con riscaldamento di tipo moderno. Quest’ultimo caso è una delle principali cause del degrado dei mobili antichi che arredano le
nostre case, anche perché si tratta di un degrado subdolo, che resta invisibile magari per anni, per manifestarsi all’improvviso,
quando un intervento di restauro non può più essere un normale ripristino, ma occorre un’opera di vero e proprio salvataggio
spesso assai problematica. Mi capita di sentir attribuire la causa di movimenti anomali e di spaccature del legno alla sua
locazione nei pressi di caloriferi; è un grosso errore di valutazione. Il legno sopporta molto bene le differenze e gli sbalzi di
temperatura, mentre non tollera l’aria troppo secca che abbiamo negli ambienti moderni e che, oltretutto, è dannosa anche per
l’uomo. In casi del genere spesso vengono effettuate operazioni tese unicamente a ridare un aspetto “piacevole” al mobile,
trascurando totalmente la sua conservazione. E’ frequente vedere incastri creati in modo da sopportare certi movimenti del
legno, ed ora precari per un suo ritiro abnorme dovuto a disidratazione, riempiti di colla, o di resina, o bloccati da spine per
ridare loro fermezza. Tali operazioni avranno un destino assai limitato nel tempo, e, quel che è peggio, causeranno rotture
irreversibili. Un intervento razionale dovrebbe innanzitutto consistere nel ripristinare condizioni ambientali favorevoli alla
conservazione dell’Oggetto, per esempio un riequilibrio dell’umidità ambientale seguito, dopo un certo periodo di tempo
sufficientemente lungo per dar modo al legno di riacquistare un certo equilibrio, dal restauro vero e proprio. Purtroppo di fronte
al ritmo ed alle esigenze del nostro tempo, spesso un tale approccio al restauro risulta anacronistico, ma è l’unico veramente
teso alla conservazione.

Si possono annoverare nelle patologie anche i fenomeni di imbarcamento, arcuatura, svergolamento che solitamente tendono
ad interessare soprattutto i legni moderni o quelli usati in manufatti poveri, dovuti ad un taglio delle tavole malfatto. Un tempo
si era soliti sezionare il tronco con il cosiddetto “taglio di quarto a ventaglio” che permetteva di avere tavole con venatura
perpendicolare. Tale sistema è stato abbandonato a causa della sua macchinosità ed è stato sostituito dal più veloce e meno
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costoso taglio radiale mediante il quale, ad esclusione delle due tavole centrali, si ottengono tavole con la vena obliqua
destinate a flessioni di vario genere.

Il legno
Taglio di quarto a ventaglio Taglio lineare

Sottoposto a condizioni ambientali avverse può subire alterazioni a causa dell’azione di:

1°) organismi vegetali quali funghi e muffe.

2°) organismi animali.

I funghi sono organismi vegetali inferiori privi di clorofilla che si nutrono a spese di materiali organici già elaborati. Questi
materiali possono essere residui di organismi un tempo viventi (ed allora i funghi sono detti Saprofiti), oppure parte integrante
di organismi in attività vitale (in questo caso i funghi vengono detti parassiti).

A causa dei fenomeni di distruzione e disgregazione del corpo legnoso che i funghi provocano, essi rivestono una grande
importanza nel campo del legno.

Funghi da carie del legno.

Per il loro sviluppo è necessaria una umidità del legno superiore al 20%.

Funghi Basidiomiceti da carie: questi funghi quando aggrediscono la cellulosa provocano una diminuzione del volume del legno
accompagnata da una fessurazione in prismi o cubetti privi di consistenza, tanto da poter essere schiacciati con le dita.

L’area di sviluppo del fungo assume colore bruno, da cui deriva il nome di carie bruna o distruttiva. Se l’attacco dei basidiomiceti
non si limita alla cellulosa ma coinvolge anche la lignina, il legno assume un colore più chiaro di quello del materiale sano e si
riduce addirittura ad una massa fibrosa biancastra (carie bianca o carie corrosiva).

Funghi Deuteromiceti da carie soffice: questi funghi provocano un tipo di carie caratterizzata da rammollimento superficiale del
legno, per quanto possano provocare anche carie in profondità. Richiedono un tasso di umidità del legno superiore rispetto a
quella necessaria ai basidiomiceti. Essi aggrediscono soprattutto il legno che si trova a contatto con il terreno o l’acqua.

Funghi da colorazione.

Tali funghi provocano un’alterazione cromatica delle superfici lignee; a volte possono provocare il degrado di rivestimenti
decorativi.

Funghi dell’azzurramento: provocano una colorazione dal blu al nero, di intensità e profondità variabili; aggrediscono
soprattutto l’alburno di certi legni. L’attacco di questi funghi non incide sulle proprietà meccaniche del legno, ma possono
aumentarne il grado di permeabilità.

Muffe.

Si tratta di funghi che si manifestano con macchie superficiali di vario colore su legno la cui umidità di superficie sia superiore al
20%. Tale condizione si verifica in presenza di elevata umidità relativa o alla condensazione di vapore acqueo.

La loro presenza non influisce sulle proprietà meccaniche del legno, ma piuttosto sulla sua estetica.

Rimedi.

In presenza di infestazione micotica occorre, innanzi tutto, eliminare le cause che l’hanno provocata ripristinando il giusto grado
di umidità. Solo in seguito è possibile intervenire sia meccanicamente per asportare le eventuali escrescenze fungine (con bisturi
o altro attrezzo idoneo), sia chimicamente con fungicidi.

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Sono reperibili sul mercato prodotti in polvere da diluire in acqua, o pronti per l’uso sotto forma di pasta. Sono preferibili quelli
in polvere poiché permettono di dosare la diluizione secondo le esigenze. Un battericida attualmente molto usato è il
benzalconio cloruro; si tratta di un sale quaternario molto efficace e facilmente eliminabile con un lavaggio con acqua
deionizzata.

L’acido ossalico è usato da sempre nella disinfezione del legno. Essendo un acido deve essere usato con la massima parsimonia,
e soltanto quando per inderogabili motivi estetici si deve ripristinare l’originale tinta del legno. Esso è particolarmente efficace
nei confronti delle muffe superficiali ed ha la proprietà di ripristinare l’originario colore naturale del legno. Dopo aver esplicato la
sua azione è, però, di difficile asportazione; occorre effettuare ripetuti lavaggi con acqua e spazzolature. E’ buona norma
intervenire con soluzioni molto blande che, all’occorrenza, andranno ripetute fino al raggiungimento della giusta colorazione del
legno.

Particolari problemi di restauro vengono spesso creati dalla carie bruna e dalla carie bianca. Le soluzioni sono molteplici e
devono essere studiate caso per caso. Esse possono andare dalla pura e semplice eliminazione delle parti ammalorate,
all’inserzione di tasselli di legno sano, alla conservazione delle parti degradate mediante consolidamento che dovrà essere
effettuato per impregnazione profonda con elioresine o con resina epossidica.

La resina epossidica ha la proprietà di conferire una maggiore durezza alla parte trattata e meno elasticità; ciò andrà tenuto
presente nel caso che il legno sottoposto a questo trattamento debba subire sbalzi di umidità. La resina deve penetrare sino alla
parte sana del legno, cosi che la zona risanata non subisca nel tempo distacchi dovuti a diversa dilatazione. A questo scopo,
quando l’aggressione fungina è molto profonda, si dovrà ricorrere ad una resina molto liquida e a catalizzazione molto lenta e
ad un’applicazione, magari, con il metodo della fleboclisi. Questo genere di resine conferisce al legno l’aspetto bagnato, fattore
che va tenuto in conto per non avere, a fine lavoro, differenti tonalizzazioni che sulla parte restaurata sono irreversibili se non
mediante mascheratura con colorazioni superficiali, anzi, pitturazioni, che difficilmente risulteranno invisibili. Tecnicamente
l’applicazione di oleoresine è simile, sebbene le difficoltà siano di gran lunga inferiori. Anch’esse devono penetrare alla massima
profondità possibile. A tal fine è buona norma procedere con una prima applicazione molto diluita e, a distanza di un certo
tempo (di solito un’ora) che non consenta la completa evaporazione del diluente, effettuare una seconda impregnazione con
prodotto puro. Il problema della colorazione con le oleoresine non sussiste, giacchè esiste una gamma completa che permette
di andare dalla completa invisibilità, passando dall’effetto bagnato, alle più svariate tonalizzazioni.

I consolidamenti di tipo acrilico sono, in linea di massima, da scartarsi, poiché, se da un lato offrono il vantaggio di una buona
elasticità, non sopportano l’umidità e non sono dotati di sufficiente traspirabilità e resistenza meccanica.

Anche le infestazioni da insetti xilofagi il più delle volte sono causati dall’incuria dell’uomo o da errate lavorazioni del legno.

In passato l’abbattimento degli alberi non veniva effettuato come avviene oggi, cioè con il profitto come unico fine, ma era
sottoposto a criteri ben precisi che portavano a scelte qualitative. Innanzi tutto non si operava assolutamente con la luna
crescente, esattamente come il contadino che in tale periodo non effettuava semine di vegetali che non dovessero fiorire. Da
prove che ho effettuato nell’arco di undici anni, ho riscontrato che effettivamente il legno degli alberi abbattuti durante il
periodo di luna nuova tarla nell’arco di tre o quattro anni, mentre il legno di alberi della stessa età e della stessa specie,
cresciuti nelle stesse condizioni dei primi, abbattuti con luna calante, non viene aggredito da tarli o da insetti analoghi. Questa è
soltanto una delle più importanti regole che venivano prese in considerazione. Vi era, poi, la posizione dell’albero, la direzione
dei rami, la loro dislocazione che determinavano la qualità del legno, per cui si stabiliva se una pianta era più adatta ad essere
trasformata in mobile o in infisso, in trave o in scultura.

Gli insetti xilofagi si dividono in due grandi categorie: coleotteri e isotteri.

I coleotteri sono insetti che volano e depositano le uova nelle screpolature e nelle fenditure del legno. I danni al legno sono
provocati dalle larve che scavano gallerie all’interno del materiale.

Gli isotteri: a questo ordine appartengono varie specie di insetti, fra cui le termiti.

Il tarlo dei mobili (anobium punctatum – orologio della morte): Lunghezza mm. 3,5. Colore da bruno scuro al
grigio. Con il capricorno delle case è il parassita più pericoloso. Ama il calore. L’umidità, il silenzio ed il buio.
L’attacco avviene preferibilmente su legno in opera, sia esso alburno o durame. Le larve, il cui ciclo vitale va da
uno a tre anni, scavano, all’interno del legno, gallerie del diametro di diametro di circa un millimetro fino a
distruggerne completamente la struttura lasciando pressoché inalterata la superficie esterna.

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Capricorno delle case (Hylotrupes bajulus): Lunghezza mm. 8 – 22. Colore da bruno scuro a nero.E’ il peggior
nemico ed il maggior distruttore del legno secco; predilige le conifere sia in interno che in esterno. Durante il
periodo dello farfallamento la femmina depone le sue uova nelle fessure del legno per mezzo di un
ovidepositore retrattile, in più gruppi o colonie che possono arrivare ad avere fino a trecento uova. Il periodo
di incubazione delle uova è di 5-9 giorni con una temperatura di 31,5 °C e umidità ambientale del 90-95%, oppure di 48 giorni
con temperatura di 16,6 °C e umidità ambientale del 18%. Il ciclo evolutivo è di 4-6 anni, ma talvolta può arrivare a 15 anni. Le
gallerie vengono riempite di una fine rasura che non viene assolutamente evacuata. Le larve vivono all’interno del legno,
invisibili dall’esterno. Nessun danno è rilevabile fino al momento in cui gli insetti escono dal legno attraverso un foro ovale del
diametro di mm. 6-10 e con i bordi frastagliati.

Lyctus (lyctus linearis Goeze – lyctus brunneus Stephens): Lunghezza mm. 2,5 – 5. Colore da giallo bruno a bruno
scuro.Questi due insetti nel passato hanno ricevuto scarsa attenzione, ma i danni da essi provocati sono ingenti;
aggrediscono praticamente tutte le essenze l essenze lignee, tranne, forse, quelle del pioppo, faggio e betulla.
Anche i legni tropicali teneri e gli eucalipti ne sono vittima. La deposizione delle uova avviene da maggio a giugno, ed
il ciclo vitale è di un anno. Le larve scavano le gallerie nel senso della venatura e, in attacchi particolarmente intensi, la massa
interna del legno si trasforma in un unico ammasso di rasura molto fine e compressa.

Hesperophanes: le larve di questo insetto presente nell’Europa centro-meridionale, vengono depositate quasi esclusivamente
nel legno in opera: travi, infissi, pavimenti. Esse possono causare danni molto gravi perché, difficilmente diagnosticabili,
danneggiano irreparabilmente la struttura del legno diminuendone la resistenza meccanica.

Xestobium rufovillosum: attacca quasi esclusivamente le strutture di vecchie costruzioni; predilige il legno di latifoglie.

Bostrice bordato: (Xiloterus lineatus): Lunghezza mm. 3; colore da giallo brunastro a bruno scuro. Aggredisce soltanto le
conifere con legno umido.

Longicorno blu-violetto (Callidium violaceum): Lunghezza mm. 11-15; colore blu metallico. Attacca sia conifere che latifoglie,
purché non ancora scortecciate.

Longicorno variabile (Phymatodes testaceus): lunghezza mm. 8-15; colore da giallo bruno a bruno scuro. Anch’esso attacca
soltanto il tronco non ancora scortecciato, ma soltanto di latifoglie.

Rimedi.

Come per tutte le affezioni del legno è di fondamentale importanza la prevenzione, poiché non esiste alcun rimedio che non
abbia controindicazioni. Soprattutto il comune tarlo dei mobili ed il capricorno difficilmente agiscono in presenza di luce, rumori
e normale umidità. E’ importante che i manufatti lignei si trovino in ambienti luminosi, ben aerati, immuni da eccessiva
secchezza o umidità, che vi siano rumori; insomma, ambienti sani, vissuti dall’uomo in modo sano.

Il primo rimedio contro le aggressioni di tali insetti è il risanamento dell’ambiente.

In passato per disinfestare i mobili veniva usato il petrolio che veniva iniettata nei buchi di sfarfallamento. In seguito sono state
usate altre sostanze più aggressive o dotate di azioni collaterali (per esempio il Paraloid B72 diluito in xilolo, ove la B72 aveva
effetto consolidante, il solvente effetto insetticida). Tuttora sono reperibili in commercio numerosi prodotti insetticidi iniettabili la
cui tossicità per l’uomo è relativamente bassa. Questo sistema, però, non sempre risulta efficace, poiché il più delle volte il
liquido insetticida non riesce a raggiungere le uova che sono sempre ben protette in anfratti delle gallerie; inoltre i tempi di
intervento sono piuttosto lunghi.

Sono stati messi a punto altri vari sistemi basati sulla fumigazione o camera a gas utilizzando diversi prodotti insetticidi quali la
formaldeide, il bromuro di etilene, vapori di cianuro, ossido di etilene, piretroidi e pesticidi di ogni genere. Il sistema consiste nel
creare una camera sigillata ermeticamente (di solito viene usati sacchi o bolle di polietilene; apparati del genere vengono
prodotti industrialmente in varie dimensioni), nelle quali viene posto l’oggetto da disinfestare ed immesso il biocida. I gas che
normalmente vengono impiegati , sono considerati per la legge italiana gas tossici e come tali sono soggetti al Regio Decreto N.
147 del 09-01-1927, che ne regola l’uso, la detenzione e l’acquisto. L’impiego dei suddetti gas, in base a tale legge, va
effettuato da aziende con personale abilitato e inoltre non è possibile il loro impiego in ogni luogo. Un grosso problema, inoltre,
è dato dal fattore inquinante della maggior parte di essi. Il bromuro di etilene, per esempio, che viene proposto da alcune ditte
italiane come “trattamento” ecologico, è considerato uno dei principali responsabili della formazione del buco dell’ozono ed è
altamente cancerogeno. Il legno impregnato con questo gas, ne rilascerà i residui nell’ambiente per vari anni, e lo stesso
discorso è valido anche per gli altri prodotti biocidi. Fortunatamente la Comunità Europea ha varato una legge che mette al
bando il bromuro di etilene (usato in modo massiccio nell’agricoltura italiana) dal 2002.

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Sistemi non basati su prodotti tossici sono stati messi a punto ultimamente; ne citerò due che risultano essere validi, anche se
suscettibili di miglioramenti (fra i quali un abbassamento dei costi che al momento sono abbastanza elevati): il primo si basa
sulle interazioni dei campi magnetici con i magnetosomi che regolano i ritmi biologici animali. Questo sistema è teso a provocare
una progressiva alterazione neurotica che si manifesta con mancanza di coordinamento motorio, perdita dell’appetito e
mancanza di interesse alla riproduzione.

Il secondo sistema consiste nella sostituzione temporanea dell’ossigeno con azoto; in tal modo viene provocata la morte degli
insetti, in qualunque stadio si trovino, per anossia nel giro di tre settimane.

Prima di giungere all’applicazione di sistemi così complessi e costosi, è bene procedere, come già detto, prima ad un
risanamento dell’ambiente eliminando le cause dell’infestazione, successivamente pensare ad una disinfestazione che non
sempre deve per forza essere chimica e, quindi, pericolosa anche per l’uomo. Mi è capitato spesso, in presenza di mobili posti in
ambienti molto silenziosi, di proporre rimedi tipo “sveglie rumorose poste all’interno del mobile stesso” destando lo scetticismo
del cliente. Di solito questo sistema sortisce effetti insperati.

Un’ultima breve annotazione su termiti e formiche.

In Italia sono presenti solo due specie di termiti: Reticulitermes lucifugus e Kalotermes flavicollis; si tratta di insetti simili alle
formiche sia per aspetto, sia come vita sociale. I danni che le termiti possono arrecare alle strutture lignee sono enormi; spesso
all’inizio dell’aggressione è facile pensare ad una infestazione di tarli e rendersi conto che si tratta di termiti soltanto quando
ormai è troppo tardi.

Anche le specie di formiche xilofaghe in Italia sono limitate. La più comune è detta “formica del legno” o “formica
carpentiera”(Camonotus herculaneus), lunghezza 10-17 mm.; più rare sono la Tetramorium caespitum, la Monomorium
pharaonis e la Iridomyrmex humilis, tutte della lunghezza di circa mm.2-3.

Una seria lotta contro questi parassiti può essere effettuata soltanto da ditte specializzate, mediante esche avvelenate.

 legno e Umidità
A differenza di altri materiali, come ad esempio i metalli, il legno è un materiale non direttamente sensibile alle variazioni di
temperatura mentre viceversa lo è alle variazioni di umidità.

Dopo l'abbattimento dell'albero il tronco viene ridotto in tavole e contiene in genere un'umidità pari a 1,8-2,5 volte il proprio
peso in massa legnosa secca.

Con il tempo il legno si secca per adeguarsi all’ambiente circostante cedendogli umidità fino a raggiungere un punto d'equilibrio
con esso. Questo punto corrisponde in genere ad un contenuto d'umidità nella tavola da 1/10 a 1/20 del proprio peso in massa
legnosa del tutto secca.

Tradizionalmente l’unico metodo usato per ottenere questo risultato è quello


della stagionatura. Esso prevede l’accatastamento ordinato delle tavole al riparo
dell’acqua piovana e dal i raggi diretti del sole e con l’inserimento tra una tavola
e l’altra sovrapposte di opportuni listelli distanziatori che determinano una libera
circolazione dell’aria responsabile della progressiva essiccazione del legname.

È un metodo ovviamente molto lento. Il tempo di essicazione varia tra specie e


specie, dipende dall’umidità di partenza, dallo spessore delle tavole e da altri
fattori. A titolo indicativo tradizionalmente si indicava come tempo necessario
per una buona essicazione un anno per ogni centimetro di spessore della tavola.

In genere però con questo metodo non si riesce a far scendere l’umidità
percentuale del legno al di sotto dei 12-15%. Se si vuole diminuire questi valori
il legname dovrà essere essicato in ambiente chiuso e non all’aperto.

A questo punto il legno è in 'equilibrio igroscopico' con l'ambiente circostante e non 'si muove' se viene mantenuto in condizioni
climatiche costanti e viceversa varia il suo contenuto di umidità se varia quello dell’ambiente dove esso è immerso. Il legno cioè
si comporta come una spugna che assorbe umidità in ambiente più umido e si asciuga in ambiente più secco rispetto al proprio
contenuto di umidità.

Ed è altrettanto vero che anche l’ambiente si comporta come una spugna che assorbe umidità dai corpi più umidi in esso
contenuti e deposita su di essi quella in eccesso in forma di condensa. Infatti il massimo di umidità che un ambiente può

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contenere ad una determinata temperatura coincide con il cosiddetto 'punto di saturazione' che corrisponde a quello detto di
condensa. Oltre questo punto l'umidità si trasforma in acqua.
È ovvio altresì che non ci possa essere quindi un’umidità ambientale superiore al 100% ma solo valori pari o inferiori. Questo
valore massimo di umidità non é però fisso ma cresce al crescere della temperatura e cala al calare di essa.

Da queste considerazioni teoriche conseguono importanti chiarificazioni pratiche. Se un ambiente chiuso viene raffreddato,
produce un innalzamento dell’umidità ambientale percentuale. Se questo raffreddamento produce un aumento oltre il limite del
100%, l’umidità in eccesso si condenserà come detto sui corpi solidi più freddi visto che questi sono quasi sempre più lenti a
scaldarsi e raffreddarsi dell’aria.

È da notare che l’ambiente tende ad avvicinarsi sempre al suo limite superiore di saturazione con velocità tanto maggiore
quanto più alta é la temperatura finale, prelevando dai corpi in esso presenti l’umidità. Se quindi l’ambiente viene riscaldato
senza immissione o prelievo di umidità dall’esterno si osserverà che l’umidità dei corpi tenderà a migrare nell’ambiente
seccandoli.

In definitiva si può dire che un ambiente più caldo tende velocemente ad assorbire l’ umidità dai corpi fino a giungere
all’equilibrio igroscopico con essi e viceversa un ambiente che diventa più freddo tende, anche se con minor velocità, a far
condensare umidità sui corpi solidi in esso contenuti.

Quindi le parti più fredde di un mobile che sono in genere quelle vicine al muro e al pavimento, come ad esempio la parte
esterna dello schienale e del fondo di un cassettone, sono quelle più soggette al deposito di eventuale condensa. Questi
elementi che in genere nei mobili antichi erano lasciati grezzi sono quindi i più soggetti al depositarsi della condensa, un'umidità
superficiale che penetra facilmente attraverso le porosità del legno. In casi estremi queste parti, assieme ai piedi, sono le più
soggette anche a muffe e attacchi di insetti xilofagi, delle
specie che prediligono ambienti umidi.

È ovvio che se invece un ambiente è provvisto di un sistema umidificatore-deumidificatore con regolazione automatica continua
dell’umidità tramite umidostato, le variazioni di temperatura che ci possono essere in ambiente interno non influenzano
minimamente il legno e nemmeno quindi i mobili antichi.
Questa è la condizione in cui vengono conservate le opere d’arte almeno nei grandi musei. Ma purtroppo non c’è in Italia una
grande tradizione e sensibilità nei confronti dei mobili antichi come patrimonio di pubblica fruizione. Forse la copiosità del
patrimonio artististico delle cosiddette arti maggiori ha posto in secondo piano le opere dell'arte cosiddetta decorativa, in una
concezione superata di divisione delle arti in maggiori e minori.

Al momento dell’abbattimento di un tronco tutte le cellule e le pareti cellulari del legno sono piene d’acqua.
Il legno dopo questo momento sia che rimanga in forma di tronco sia che venga ridotto in tavole o in un segato qualsiasi,
comincia a perdere umidità. Durante questa fase il legno si essica ma non varia le proprie dimensioni. Questo perdura fino a
giungere ad un contenuto di umidità mediamente pari a circa il 30% del proprio peso in massa legnosa secca.
Questo limite è detto punto di saturazione delle fibre (PSF) e corrisponde al momento nel processo di essicazione in cui è stata
estratta tutta l’acqua libera di scorrere all’interno del lume delle cellule della massa legnosa.
Il PSF può variare in dipendenza della temperatura e della specie legnosa. A temperatura normale (10-20°C) può comunque
variare di molto, come rappresentato nella tabella a fianco.

Sotto questo valore di umidità %, viene estratta l’acqua contenuta nelle insenature e cavità delle pareti cellulari. L’estrazione di
questo secondo tipo di umidità (acqua legata) produce complessi fenomeni di depressione che sforzano le pareti cellulari e ne
producono dei micromovimenti. A livello macroscopico tutto ciò significa che sotto il punto di saturazione delle fibre cominciano i
ritiri e le deformazioni del legno.
Tutti questi movimenti non avvengono in una sola direzione. In altre parole se il legno perde umidità si ritira, se la riacquista si
ridilata fino al massimo possibile rappresentato dalle dimensioni corrispondenti al PSF.

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Specie legnosa PSF % Specie legnosa PSF %


Conifere 32
Abete bianco 32
Abete rosso 32
Cirmolo 22
Larice 28
Pino silvestre 28
Tasso 22
Latifoglie
Acero 33
Betulla 33
Bosso 33
Castagno 24
Carpino 33
Ciliegio 25
Faggio 32
Frassino 23
Mogano 25
Noce 25
Olmo 24
Pero 32
Pioppo 32
Rovere 23
Teak 25
Tiglio 35
Siccome il legname grezzo viene commercializzato di solito a stagionatura avvenuta con valori che stanno tra il 10% e il 20% di
umidità del legno, si può capire che a questo punto le deformazioni sono già in atto.
Questo limite è comunque ben al di sopra dell’equilibrio con l’umidità normale di un interno domestico. A titolo esemplificativo in
un ambiente a 20ºC con umidità del 50-60 % (ambiente ottimale per l’uomo) il legno si adegua ad una umidità del 10-13%.

Ma se, a parità di temperatura, l’umidità dell’aria ambientale sale ad esempio fino a 80-85%, dopo un po’ di tempo ci può
essere un aumento dell’umidità del legno anche del 6-7%. E viceversa se l’umidità dell’aria cala fino ad esempio a 30-35%, il
legno si adeguerà progressivamente fino a valori prossimi al 5-7% circa (5-7% di peso dell'umidità rispetto al peso della massa
legnosa completamente secca).
Le tavole e i segati in genere sono ottenuti segandoli dal tronco quando l’umidità del legno è sicuramente superiore al PSF sotto
il quale si manifestano i “movimenti” del legno. Ma viceversa sono posti in commercio al cliente finale già almeno parzialmente
stagionati, quando il ritiro dimensionale con le relative deformazioni è già in atto.
Questo comporta che anche dopo che il legno é stato posto in opera, qualunque variazione positiva o negativa del suo
contenuto d'umidità si traduce in un cambiamento dimensionale. E non influisce molto il fatto che le superfici siano verniciate:
l’umidità verrà espulsa o assorbita attraverso le microporosità che comunque permarranno. Questo è il caso che piu interessa
un restauratore o chi in genere si interessa della manutenzione di un mobile antico.
Sono facilmente intuibili le relative conseguenze operative. Se si vuole che un manufatto conservi la sua stabilità dimensionale
nel tempo bisogna che l’ambiente in cui è inserito sia almeno ad umidità costante. Meglio sarebbe se oltre all’umidità si conservi
costante anche la temperatura: se eviterà cosí anche la formazione di pericolose condense.

Il legno o l'elemento in opera, quando la loro umidità è inferiore al loro PSF (punto di saturazione delle fibre) non si deforma in
modo omogeneo nelle tre direzioni ortogonali. Il legno infatti è un materiale con caratteristiche e coefficienti di ritiro e
rigonfiamento diversi a seconda che sia considerato nella sua sezione trasversale o invece nelle sezioni longitudinali: una che
passa attraverso un diametro qualsiasi, detta radiale, e l'altra che passa attraverso una corda detta tangenziale.

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corso di Intarsio su legno

Tabella dei coefficienti di ritiro ogni 1% di


Tabella dei coefficienti di ritiro massimo
variazione
(dal PSF a 0% di umidità del legno)

Coeff. ritiro Coeff. ritiro Coeff. ritiro tangenz.


Specie legnosa Ritiro radiale Ritiro tangenz.
assiale % radiale % %
Conifere
Abete bianco 0,07 3,9 9,6 0,12 0,30
Abete rosso 0,23 4,9 9,0 0,15 0,28
Cirmolo 0,24 2,5 5,1 0,11 0,23
Larice 0,24 4,0 8,2 0,14 0,29
Pino silvestre 0,24 4,5 8,2 0,16 0,29
Tasso 0,24 3,3 6,0 0,15 0,27
Latifoglie
Acero 0,24 2,8 4,3 0,15 0,26
Betulla 0,45 7,0 9,3 0,21 0,28
Bosso 0,53 6,3 13,2 0,19 0,40
Castagno 0,34 3,4 5,1 0,14 0,21
Carpino 0,38 8,6 11,6 0,26 0,35
Ciliegio 0,24 4,0 6,5 0,16 0,26
Faggio 0,23 6,4 13,2 0,20 0,41
Frassino 0,16 4,4 7,6 0,19 0,33
Mogano 0,24 2,8 4,3 0,11 0,17
Noce 0,40 4,8 6,8 0,19 0,27
Olmo 0,24 4,1 7,0 0,17 0,29
Pero 0,38 4,8 10,6 0,15 0,33
Pioppo 0,23 3,9 8,0 0,12 0,25
Rovere 0,33 4,2 7,6 0,18 0,33
Teak 0,24 3,5 6,3 0,14 0,25
Tiglio 0,22 7,0 0,501 0,20 0,30

Come si può osservare in tabella, se si prendono come valori di riferimento l’umidita del legno del 30% e dello 0%, una tavola
quando perde l’umidità si ritira, più o meno secondo le diverse specie legnose, dello 0,2-0,4% nella sua lunghezza, del 2,5-8%
nella direzione radiale e del 6-11% nella sezione tangenziale. Per il ritiro radiale si possono avere però punte per la quercia
rovere, pero e melo dell’8% e per il faggio del 9% .

E ancora nella sezione tangenziale si possono avere ritiri per la quercia rovere perfino del 14%, per il melo e il pero fino al 17%
e per il faggio addirittura del 20%. Questi sono ovviamente valori limite ma molto indicativi dell’andamento del fenomeno anche
nelle variazioni dimensionali corrispondenti alle oscillazioni normali di umidità del legno in ambienti interni con valori che stanno
in genere tra l’8% e il 15%. La differenza poi tra i coefficienti di ritiro tangenziale e radiale è un valore estremo. Di fatto il ritiro
tangenziale si avvicina sempre piú al valore indicato in tabella quanto più distante é la corda rispetto al centro del tronco. E
tanto più questa si avvicina al diametro tanto più quindi il ritiro tende a coincidere con quello radiale. È per questa differenza di
coefficiente di ritiro tra il centro e la periferia di un tronco che le tavole essicandosi tendono ad “imbarcarsi”, a curvarsi cioé
verso l’esterno. E tanto piú una tavola viene prelevata dalle porzioni piú esterne del tronco originario tanto piú si imbarcherà nel
processo di essicazione.

Da tenere presente infine che le tavole e i segati in genere sono ottenuti dal tronco quando il legno è ancor "fresco". A quel
punto l’umidità del legno è sicuramente superiore al PSF sotto il quale si manifestano i “movimenti” del legno. Questo processo
avviene però anche quando il legno è già in opera e questo è il caso che piu interessa un restauratore o chi in genere si
interessa della manutenzione di un mobile antico.

Se quindi un mobile è sistemato in un ambiente secco, come succede in case molto riscaldate e per di più, come spesso accade,
non provviste di appositi umidificatori, le giunzioni si possono scollare per il diverso ritiro delle due parti di legno a contatto
quando esse corrispondono a sezioni diverse del legno. Supponiamo di avere ad esempio il piano di un cassettone del tardo
Ottocento formato da tavole in abete o pioppo disposte parallelamente alla lunghezza, incollate lateralmente tra loro e sulle
quali viene sistemata la lastronatura come copertura. Questo piano sarà ‘massellato’ sui tre bordi in vista da tre cornici
sagomate in modo opportuno. Quelle laterali si ritireranno in lunghezza molto meno della corrispondente profondità del piano.

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corso di Intarsio su legno
La profondità del piano infatti non é altro che la sezione tangenziale o al limite radiale delle varie tavole incollate lateralmente
tra loro.

Questa presenta un forte percentuale di ritiro rispetto a quella minima della sezione longitudinale della cornice incollata sui due
bordi laterali. In definitiva le cornici laterali tenderanno a scollarsi e cadere e quasi sempre ‘spingeranno’ a scollarsi anche le due
estremità della cornice anteriore. In casi analoghi elementi in legno massiccio disposti parallelamente alla profondità del mobile
(cornici, fasce, zoccolature, cimase, ecc.) possono tenere cosí vincolato il legno da non permetterne i “movimenti” e provocare
delle spaccature anche sui fianchi. Un altro caso molto frequente è quello dei fondi dei cassetti costruiti dopo la metà
dell’Ottocento. Essi sono in genere formati da diverse tavolette incollate lateralmente tra loro, sono disposti con la fibra parallela
al fronte, sono inseriti dal retro in apposite scanalature laterali fin dentro la sede nel fronte e sono quindi inchiodati sul bordo
inferiore dello schienale del cassetto. Con il tempo è frequentissimo trovare i fondi fuoriusciti dalla sede nel fronte a causa del
vincolo rappresentato dai chiodi di fissaggio alla schiena da una parte e al ritiro del legno del fondo che non corrisponde al ritiro
longitudinale dei fianchi.

Se invece, come succede talvolta, la fibra è parallela ai fianchi, il fondo tenderà con il ritiro a fuoriuscire dai fianchi. E ancora è
frequente che una serie di cassetti, disposta con i fronti “a filo” o tra “catene”, presenti oggi delle fughe molto più ampie che in
origine. L’altezza del mobile é in genere rappresentata dalla direzione longitudinale dei fianchi del mobile stesso che presenta un
ritiro trascurabile. Invece le altezze dei fronti corrispondono in genere a sezioni trasversali con coefficienti di ritiro molto
significativi. È da ricordare però che man mano che una tavola o un mobile invecchiano, i processi di essicazione o di
rigonfiamento diventano sempre più lenti.

Non c'è una chiara spiegazione scientifica a ciò, è solo un dato empirico: si potrebbe dire che come una persona invecchiando
diventa più lenta nei movimenti, così il legno più è vecchio e più lentamente 'si muove'. Adegua cioé il proprio contenuto di
umidità a quella del suo ambiente con sempre maggior lentezza. È questo il motivo sostanziale per cui è preferibile nel restauro
adoperare legno vecchio, legno cioé che sia compatibile nei suoi movimenti con il resto del mobile. Oltre a ciò ovviamente
valgono motivazioni dettate dalla trasformazione nel tempo della superficie, del colore, della consistenza che complessivamente
definiscono la cosiddetta “patina del legno”.

 il legno nei Secoli


il fascino del legno: Ma ci siamo mai chiesti perché questo materiale ci ammalia e ci seduce ?
Forse perché è piacevole al tatto in quanto non assorbe il calore delle nostre mani come il
marmo o i metalli, perché affiancano l'uomo fin dagli albori della civiltà, perché è un materiale
che si trova ad ogni latitudine, perché accompagna l'uomo dalla culla, costruita tradizionalmente
in legno perché calda e accogliente, al cofano mortuario, costruito anch'esso nel medesimo
materiale.

Gli alberi: amici dell'uomo: Ma partiamo dall'inizio: non c'è storia del legno senza considerare
gli alberi. Essi sono gli autentici amici dell'uomo e sono stati definiti i veri abitanti del nostro
pianeta: mentre le piante potrebbero vivere benissimo (comunque meglio di quanto non facciano ora) senza l'uomo, l'uomo, al
contrario, non può vivere senza le piante: con la loro presenza silenziosa gli alberi sono gli unici esseri viventi che sanno fondere
l'energia solare con l'energia della terra, che con la sintesi clorofilliana depurano l'aria e la rendono respirabile per l'uomo

Per questo l'uomo dovrebbe riflettere prima di abbattere un albero. Queste considerazioni
rischiano, tuttavia, si sembrare contraddittorie: da un lato si sottolineano le virtù degli alberi,
dall' altro esalta la bellezza degli oggetti in legno di cui l'uomo si circonda e che ottiene solo a
costo di abbattere le piante. La contraddizione è solo apparente perché oggi l'uomo ha tutte
le notizie e tutti gli strumenti per attuare uno sviluppo ecocompatibile, per capire quando sta
per mettere in crisi l'equilibrio sottile tra consumo del legno e rigenerazione delle foreste, per
misurare la naturale produttività di una foresta discernendola da una deforestazione
selvaggia.

I tipi di legno: Ma forse non è corretto parlare genericamente di "legno", sarebbe più corretto trattare di legni: sono infatti
molti e diversi tra loro i tipi, le "essenze" del legno, tutti con una propria struttura, una diversa compattezza, un peso
caratteristico, un diverso comportamento nel tempo e nelle diverse condizioni climatiche, tanto che l'uomo ha imparato ad usare
i diversi legni per ciascuno degli oggetti che egli crea. In talune culture, come ad esempio nell'Africa centrale, l'uso dei vari legni
è ormai codificato da millenni ed un uso improprio del legno è ritenuto offensivo e sacrilego.

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corso di Intarsio su legno
I mastelli per bucato e le tinozze per il bagno erano costruiti tradizionalmente con l'ontano che non marcisce e si conserva
molto bene a contatto con l'acqua, mentre si degrada solo quando lo si lascia asciugare. Le botti sono costruite con il rovere
perché è un legno resinoso e impermeabile, sopporta la pressione causata dalla fermentazione e conferisce al vino e alla grappa
colore e sapore. Il sughero è leggero ed impermeabile ed è insostituibile per conservare correttamente il vino in bottiglia. Il
rovere, il larice e il cedro sono adatti alla costruzione di imbarcazioni, mentre la balsa, porosa, secca, leggera e facile da
lavorare è indicata per modellini.

Il clarino viene costruito con l'ebano compatto e lucente, mentre per la


viola e il violino sono necessari diversi legni: il duro ebano per la tastiera,
la mentoniera e la cordiera, l'acero facilmente curvabile per le pareti della
cassa, l'abete rosso per la tavola armonica: con le sua fibre che corrono
lunghe e parallele è tra i legni che mantengono a lungo le vibrazioni.

Il bambù che nelle nostre regioni utilizziamo per le canne da pesca, in


Oriente dove può crescere ad una velocità di oltre venticinque centimetri
al giorno, viene usato per strumenti musicali, tubazioni e macchine
idrauliche, vasi, coltelli, ventagli, impalcature per l'edilizia, mobili, pettini,
lampade, per citare solo gli usi più comuni.

La pipa è ricavata dalla radica dell'erica arborea, l'unico legno che


sopporta alte temperature senza prendere fuoco, gli utensili da cucina
sono normalmente in frassino o in faggio (...).

Non vi sarà difficile intuire come in questa trattazione sia impossibile descrivere la grande varietà degli usi dei diversi legni, sia
pura presunzione sperare di ricostruire la storia degli oggetti e dei mobili in legno, descrivere l'antica arte della doratura o
svelare i segreti di un restauratore dei mobili in legno; qui basterà accennare ad alcune utilizzazioni tradizionali del legno,
tracciando a grandi linee una breve storia di questo materiale a cominciare da come un albero si trasforma in un mobile.

Il legno che si trasforma in mobile: La lavorazione del legno e le tecnologie per ottenere
oggetti in legno, dopo essere rimaste per secoli sempre uguali a se stesse o aver subito poche
evoluzioni, si sono velocemente cambiate negli ultimi cent'anni, con l'introduzione di nuovi
macchinari, anche se rimane sempre insostituibile il lavoro manuale dell'artigiano, la sua
esperienze, il suo intuito nel saper "vedere" l'oggetto che deve costruire già prima di mettersi a
lavorare.

E' assolutamente affascinante guardare il falegname mentre sceglie le assi giuste da una
catasta, le soppesa, le accarezza, le sceglie o le scarta, valuta i nodi, le fessurazioni, l'elasticità della tavola, la stagionatura,
batte l'asse con le nocche delle dita per sentire come "suona" ed evitare che il legno presenti "cipollature" (cioè il distacco degli
anelli di accrescimento del legno), controlla che la fibra del legno sia lineare, diritta e uniforme; solo un'esperienza tramandata
di padre in figlio è in grado di far capire all'artigiano se quelle assi provengono da un albero abbattuto in un periodo propizio
(l'albero non deve essere né troppo giovane né troppo vecchio), se le assi sono state segate correttamente e stagionate in
modo appropriato, se il legno tenderà a incurvarsi o a "imbarcarsi", se non sono "malate". Alcuni tarli hanno un periodo di
riproduzione così lento che escono dal legno dopo molti anni durante i quali rimangono nascosti in legnami che solo in
apparenza risultano sani.

Per i lavori di intaglio il falegname scegliere il cirmolo, il pero, l'acero, il noce o l'ebano; per lavori al
tornio preferirà il bosso, il faggio e l'ulivo. Sceglierà il noce o il ciliegio per le parti visibili, l'abete per la
"schiena" del mobile ed i ripiani interni. Un artigiano provetto sa scegliere le assi giuste per le varie
parti del mobile ma non butta via nulla perché sa utilizzare anche il legno che reca in sé le vicende della
pianta dal quale deriva (ferite, cicatrici, presenza di parassiti) e utilizza per i diversi usi anche la seconda
o la terza "scelta" del legname, conservando anche il "cortame", i ritagli, ben sapendo che prima o poi
anch'essi verranno buoni. Una volta gli scarti del legname venivano usati per riscaldamento (questa
pratica è ancora in uso sulle nostre montagne e nei paesi nordici), mentre oggi vengono utilizzati a
livello industriale per la preparazione di semilavorati come i compensati e i truciolati.

La qualità delle assi è data dalla vicinanza o dalla distanza dal midollo, cioè dal centro del tronco stesso: la parte più interna,
detta "cuore" o "durame" è la più pregiata. Per questi motivi nel sezionare un tronco per ricavarne assi, si sono escogitati diversi

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corso di Intarsio su legno
schemi di taglio, in modo da distribuire pregi e difetti in parti uguali e ridurre gli sprechi. A seconda dei veri legni e dei diversi
usi si eseguono tagli paralleli, tagli a quartiere e tagli a raggiera.

Il Fascino del mobile antico: Ma veniamo al mobile. Tutti, prima o poi, abbiamo subito il
fascino di un mobile antico, tanto che ci siano piaciute le sue forme armoniose, quanto perché
esso costituisca un ricordo di famiglia appartenuto ai nostri avi, ovvero perché ha saputo adattarsi
anche alle case e agli arredi moderni. Qual è il segreto di un mobile antico? cosa si nasconde sotto
la patina che il tempo disegna sulla sua superficie? cosa si cela nelle venature che lo percorrono?

Cercheremo di dare risposte ad alcuni di questi interrogativi, anche se solo poche persone, senza
millanterie, possono dire di conoscere veramente tutti i segreti dei mobili antichi, pochi e ricercati
sono i lucidatori e pochissimi sono oggi gli artigiani che hanno padronanza dell'antica e nobilissima
arte della doratura. Non è scopo di questo trattazione studiare la storia del mobile, né si potrebbe farlo in poche pagine,
ripercorreremo, tuttavia, le principali tappe che hanno segnato l'evoluzione storica e artistica del mobile e delle decorazioni
lignee.

Il legno si trova in quasi tutte le parti del mondo e l'uomo ha cominciato a servirsi di questo materiale fin dai primordi della
civiltà: sebbene siano pochi gli oggetti in legno giunti fino a noi dall'antichità, perché il legno e le fibre tessili sono le più
soggette al degrado, è certo che il legno è stato usato nella fabbricazione di utensili, nella costruzione di abitazioni, nell'arredo e
nelle sepolture.

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