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DI BOLOGNA
FORMULARIO DI COSTRUZIONI
DI MACCHINE M
DOCENTE:
Prof. Dario Croccolo
Prof. Massimiliano De Agostinis
Anno Accademico
2015/16
I
INDICE
BOMBOLA ........................................................................................................................... 5
SILOS .................................................................................................................................... 7
TUBAZIONI ........................................................................................................................ 10
Perni .................................................................................................................................................. 33
II
Spine .................................................................................................................................................. 39
Molle .................................................................................................................................................. 42
Presetting ............................................................................................................................. 74
IV
Teoria membranale
CONVENZIONE PRESSIONI
Il prof ritiene positiva se la pressione interna è maggiore di quella esterna (pentola a vapore),
mentre la ritiene negativa se la pressione esterna è maggiore di quella interna (sommergibile)
Nel caso in cui il nostro elemento sarà soggetto a pressioni esterne, sarà soggetto a tensioni
negative. Se sarà soggetto a pressioni esterne, avremo tensioni positive.
Dove:
= pressione agente sul superficie media della membrana
= spessore della membrana
, = tensione meridiana e tangenziale
, = raggio mediano e tangenziale
Questa equazione da sola non ci basta perché abbiamo due incognite. Necessito di una equazione
che mi esprima la in funzione (tranne nel caso di problemi simmetrici in cui basta porre
= ). Questa relazione è ottenibile facendo l’equilibrio nella direzione verticale dell’elemento.
Si ottiene la seguente relazione:
Dove:
= è il peso del fluido soprastante alla sezione in cui viene effettuato l’equilibrio
1
= rappresenta le reazioni vincolari, vedremo poi quando aggiungerle
= ????
Questa equazione rappresenta il caso più generale possibile. Nel caso in cui il recipiente contenga
solo gas, si può ritenere che:
Il peso del fluido sia trascurabile
La pressione assuma un valore costante all’interno del reicipiente
Ipotizzando di fare l’equilibrio sopra la posizione degli appoggi si ottiene la seguente l’equazione
(forma più semplice):
Se il recipiente contiene del liquido, allora il peso del fluido non è più trascurabile e il diagramma
delle pressioni non è più costante e si modifica nel seguente modo:
Dove:
: è la pressione all’interfaccia
: è il peso specifico del fluido
: è la generica altezza della colonna di fluido
NB: se il peso specifico del fluido è espresso in , è necessario moltiplicare per per
Supponendo la pressione all’interfaccia nulla i.d. il fluido è a contatto con la pressione atmosferica,
è possibile ricondurre il calcolo delle tensione meridiana a un problema di volumi:
Dove:
: è il volume di fluido soprastante la sezione di equilibrio, è il contributo legato alla
pressione alla generica sezione
: è il volume di fluido complessivo soprastante la sezione di equilibrio
2
Questi due volumi coincidono solo nel caso in cui il recipiente sia cilindrico. Per spiegare meglio la
differenza tra questi si guardi il seguente disegno.
3
I vincoli dovranno esercitare una forza uguale e contraria al peso del fluido (è possibile considerare
anche il peso dello struttura) per poter equilibrare staticamente la struttura, quindi nel calcolo
dell’equilibrio nella sezione sottostante ai vincoli è necessario considerare una forza pari al peso
complessivo del fluido contenuto nel recipiente.
Considerando ora le varie forze presenti con i rispettivi segni, si ottiene che la sezione è sollecitata
da un volume pari a:
4
L’equazione di equilibrio risulta la seguente:
ATTENZIONE: quando eseguiamo l’equilibrio di una sezione sottostante la posizione dei vincoli,
NON DOBBIAMO CONSIDERARE SEMPRE come unico contributo il volume totale del fluido
(peso) presente! Bisogna considerare un volume che dipende dalla forma del recipiente.
BOMBOLA
NB: c’è una discontinuità del valore delle tensioni tangenziale nel passaggio cilindro-sfera! Dal
punto di vista costruttivo, lo spessore del guscio nella zona cilindrica è doppio rispetta quello della
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calotta sferica per ottenere delle tensioni uniformi (a parità di materiale). La variazione dello
spessore deve avvenire in modo graduale, iniziando sulla parte sferica.
6
SILOS
7
RECIPIENTE SFERICO (fluido)
Al posto della variabile h usiamo la variabile θ definita come:
risulta:
La posizione migliore per gli appoggi è la seguente h = R. Abbassando gli appoggi, oltre ad avere
problemi di stabilità, la tensione meridiana può risultare nulla o addirittura negativa perché esisterà
sicuramente una altezza h per cui i due volumi sono coincidenti. Sotto gli appoggi queste
considerazioni non valgono più.
8
Il problema passa allora attraverso la determinazione del volume liquido contenuto nella sfera
(volume verde), esprimibile attraverso l’utilizzo del seguente integrale:
Ora, inserendo gli opportuni estremi di integrazione, è possibile calcolare il volume della sfera. Le
tensioni meridiana risultano pari a :
La spiegazione del motivo per cui nel caso il contributore del volume sferico (peso del
fluido) si somma è la seguente:
9
TUBAZIONI
Trascuriamo il peso della struttura: in questa condizione la tubazione è come se fosse caricata da un
carico uniformemente distribuito.
Per cui la tensione tangenziale risulta costante qualsiasi sezione facciamo, essa dipende solo da .
Come ricaviamo l’espressione di ? Facendo l’equilibrio in direzione tangenziale e svolgendo la
derivata di si ottiene:
10
CC: , per cui (il sdr è stato posizionato nella centro della trave)
Ora facendo l’equilibrio in direzione meridiana e svolgendo la derivata della si ottiene:
ESTREMITÀ APERTE:
ESTREMITÀ CHIUSE:
Ricavo
11
Teoria dei gusci
Prendiamo un disco di spessore unitario. Supponiamo che, oltre ad un pressione esterna e ad una
interna sia anche messo in rotazione con una velocità .
Ipotesi:
Materiali isotropi
Massa uniformante distribuita
Trascurare infinitesimi di ordine superiore
Dove aver eseguito l’equilibrio in direzione radiale (in direzione tangenziale è automaticamente
soddisfatto), si perviene al seguente sistema di equazioni fondamentali:
12
Dove:
Dove:
Le tensioni, sia tangenziale che radiale, seguono un andamento iperbolico del secondo
ordine. Inoltre la tensione perché è il prodotto di tutti termini positivi mentre sarà
sicuramente negativa perché l’ultimo termine è negativo visto che . Dove la tensione è
13
maggiore? Sul raggio interno, perché è un iperbole, dove Q è più piccolo, la tensione è più
grande.
Noi siamo interessanti alla differenza di tensione tangenziale tra esterno e interno:
Dove:
La tensione risulta essere negativa perché è il prodotto di tutti termini positivi precuduti
da un segno meno mentre parte da zero (diametro interno) e diminuisce fino al valore
della pressione esterna.
La differenza di tensione tangenziale tra esterno e interno risulta essere pari a:
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Gli andamenti delle tensioni risultano i seguenti:
Nel caso di albero pieno le tensioni radiali e tangenziali risultano costanti e pari a .
Attenzione! Se facciamo un piccolo foro sull'albero (dovuto alla lavorazione meccanica per
farlo tornire per esempio), le formule precedenti tornano ad essere valide tensione
tangenziale sul raggio interno assumono un valore molto elevato, tende a un valore doppio
rispetto al caso di albero pieno!
Se voglio alleggerire l’albero è opportuno fare un foro grande, altrimenti stresso troppo il
materiale.
15
GENERICO ELEMENTO X con soggetto a PRESSIONE INTERNA ed ESTERNA
16
La situazione peggiore è “MOZZO CON PRESSIONE INTERNA” perché ci troviamo ad avere le
due tensioni principali una positiva e l'altra negativa. Applicando il criterio più cautelativo
possibile, ovvero il criterio di Tresca del massima tensione tangenziale, siccome ci troviamo nel
secondo/quarto quadrante, devo applicare la differenza algebrica tra le due tensioni quindi in pratica
sommo le due tensioni e quella sarà la tensione ideale. Dobbiamo aspettarci una rottura che parta
dal diametro interno, la pratica ci dice che la rottura in un accoppiamento avviene solitamente
sull'albero, ma ciò è dovuto al fatto che esso non è soggetto solo alla pressione di accoppiamento,
ma anche a tensioni flettenti, torsionali, ecc..
La teoria ci dice che il mozzo può raggiungere lo snervamento in quel punto, superarlo e a quel
punto non si possono più accoppiare albero e mozzo perché il materiale si è plasticizzato. Entrando
in plasticità le leggi di Hooke e le equazioni di Lamè non valgono più.
Supponiamo che i materiali che costituiscono l’albero e il mozzo siano isotropia ma differenti:
Dove è il modulo di elasticità normale e è il coefficiente di Poisson. I raggi iniziali dei due
elementi sono differenti dal raggio finale di accoppiamento , perché quando li accoppio l'albero
viene compresso mentre il mozzo si dilata. I due elementi subiscono una spostamento radiale pari a:
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Sommando algebricamente questi due spostamenti otteniamo lo spostamento totale radiale:
Se è espresso in GPa bisogna moltiplicare per per avere MPa. Nel caso in cui:
Albero e mozzo sono dello stesso materiale
L’albero è pieno
Otteniamo la seguente formula semplificata:
18
Il momento torcente trasmissibile vale:
NB: questa formula vale nel caso di albero e mozzo dello stesso materiale e albero pieno! Nel caso
questa condizione non sia rispettata devo utilizzare l’espressione più generale di .
19
Il valore massimo dell’interferenza specifica è calcolabile imponendo che il materiale non
raggiunga mai lo snervamento ovvero:
Per calcolare queste tensioni ci mettiamo nel punto più sollecitato, ovvero sul raggio interno del
mozzo. Considerando le formule che abbiamo ricavato quando consideriamo il generico elemento X
e imponendo che e si ottiene:
NB: questa formula vale nel caso di albero e mozzo dello stesso materiale e albero pieno! Nel caso
questa condizione non sia rispetta devo utilizzare l’espressione più generale di .
reale U. Prima però è necessario introdurre un termine legato alla rugosità dei componenti perché,
nel momento in cui andiamo ad accoppiare i due elementi, le creste che caratterizzano le superfici
dei componenti vengono appiattite, in questo modo l’interferenza reale diminuisce. Esistono varie
formule che tengono conto di questo fenomeno.
20
Dove:
: differenza tra la cresta più alta e avvallamento più basso
: rugosità assoluta, integrale delle y in modulo, è l'equivalente edita di un'altezza delle creste.
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Siccome le tensioni radiali sono nulle ai due raggi estremi esisterà un punto in cui la tensione sarà
massima. Annullando la derivata si ottiene che la condizione per cui la tensione è nulla è:
Si noti come le costanti C, D siano già note e il loro rapporto risulti costante:
Per avere C e D in MPa, se esprimo il raggio in mm e la densità in kg/m 3, dobbiamo dividere tutto
per .
La differenza di tensione tangenziale tra esterno e interno risulta essere pari a:
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Solitamente negli accoppiamenti albero-mozzo si ha la contemporanea presenza di pressione e
velocità relativa. Come calcoliamo le tensioni in questo caso? Abbiamo due possibili soluzioni:
Applicare il PSE, sommando il termine dovuto alla pressione al contributo dovuto alla
velocità di rotazione
Considerare entrambe contemporaneamente, imponendo le CC
Entrambe le soluzioni forniscono lo stesso risultato, solo che il secondo caso è leggermente più
complicato da risolvere. In definita LE TENSIONI TANGENZIALI E RADIALI NEL CASO DI
CONTEMPORANEA PRESENZA DI PRESSIONE E VELOCITÀ ANGOLARE valgono:
VELOCITÀ LIMITE
Esiste una velocità angolare limite per cui albero e mozzo si disaccoppiano per via della forza
centrifuga.
CASO 1) Per trovare questo particolare mettiamoci in una condizione precisa, ovvero:
Albero pieno
Mozzo e albero dello stesso materiale
Oppure come:
Nota la velocità limite posso calcolare il momento trasmissibile come il momento trasmissibile alla
generica velocità n:
CASO 2) Supponiamo che i materiali siano costituiti ora di materiali differenti e che l’albero
non sia pieno. Per via dell’interferenza specifica (considero l’accoppiamento immobile) nasce una
pressione pari a:
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Nel caso in cui ci trovassimo alla velocità limite risulterebbe:
Se non ci troviamo alla velocità limite, si crea una pressione differente da , che chiameremo
effettiva, che va a compensare la perdita di pressione dovuta all’aumento di velocità di rotazione:
è sempre calcolabile come , dove in questo caso non si annulla nessuna tensione.
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Accoppiamenti di attrito
Barra di trazione
È un sistema utilizzato per movimentare le barre nelle lavorazioni meccaniche. L’applicazione della
forza genera una distribuzione di pressione di contatto triangolare; le risultanti di queste
distribuzioni devono creare un momento che si oppone a quello creato della forza da noi imposta
. Ipotizzando che queste forze siano poste a una distanza pari a , eseguendo l’equilibrio dei
momenti rispetto all’asse dell’albero risulta:
Unendo questa condizione all’equazione precedente è possibile ottenere la condizione per cui la
barra è trascinabile in funzione delle caratteristiche geometriche dell’accoppiamento.
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Accoppiamento conico
Il vantaggio rispetto ad un accoppiamento cilindrico è che genero una interferenza di
accoppiamento controllabile attraverso una forza assiale (vite). È facilmente smontabile. Sono
realizzati generalmente con angoli molti piccoli , per cui devono essere realizzati con
buona precisione (costi elevati).
Problema: come determino ? Dobbiamo trovare un’altra strada per ricavare il valore della
pressione media. Abbiamo due possibili casi, possiamo considerare che la distribuzione delle
pressioni sia:
1. Concentrata: considero come area su agisce la pressione
media la proiezione della superficie cilindrica
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Entrambe le ipotesi sono corrette ma sta a noi giustificarle. Se l’albero è realizzato con particolare
cure e tolleranze strette allora posso ipotizzare una distribuzione di pressione distribuita. NOI
CONSIDERIAMO UNA DISTRIBUZIONE UNIFORME. Perché il sistema risulti in equilibrio,
devo esercitare una forza tramite le vite che mi chiuda il poligono delle forze. Essa risulta pari a:
Ricavando il valore della pressione media da questa espressione e eguagliandola al valore della
precedentemente calcolata, è possibile ricavare il valore della forza :
Quindi nota l’interferenza specifica riesco a calcolare lo spostamento del mozzo in modo che
l’accoppiamento non esca dal mozzo.
NOTA: il fatto di considerare che nell’accoppiamento agisce una pressione su una superficie
cilindrica avente diametro comporta un errore dello 0,06 %.
Una soluzione più economica è quella di realizzare albero e mozzo cilindrici e utilizzare degli
inserti conici. Il momento trasmissibile risulta pari a:
Dove:
C: costante che dipende dal numero di coppie di inserti utilizzati
: momento base, dipende dagli elementi conici (vedi tabella)
: pressione che riesco a generare attraverso la vite di serraggio
n 1 2 3 4 5
C 1 1.55 1.88 2 Inutile
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La forza di serraggio da creare con la vite vale:
Dove
: è la forza iniziale che devo applicare per mettere a pacco gli elementi conici
: tabella
Sapendo il momento che voglio trasmettere, scelgo il numero elementi di elementi n, ricavo il
momento base dalle tabelle (noto l’accoppiamento scelto) e ricavo il valore di pressione necessario
dalla formule precedenti per trasmettere questo momento. Nota la pressione posso calcolare la forza
di serraggio necessaria. È necessario verificare che la pressione di accoppiamento non porti a
rottura l’albero o il mozzo (Tresca, ecc…).
Linguette e chiavette
Chiavetta: è un prisma cuneiforme, a sezione rettangolare, con la superficie superiore con
un’inclinazione di 1:100, posizionata in una cava eseguita parte sull’albero e parte sul mozzo. La
trasmissione del moto è assicurata dalla forza di attrito generata dal collegamento forzato tra le
superfici di contatto superiore e inferiore. La chiavetta lavora quindi senza contatto sui fianchi
(teoricamente). È un sistema di trasmissione misto, metà di forma, metà d’attrito.
Linguetta: è un prisma, a sezione rettangolare,con facce parallele a due a due, posizionata in una
cava eseguita parte sull’albero e parte sul mozzo. La linguetta lavora sui finachi senza pressione
radiale e la trasmissione del moto è assicurata dalla forze che si scambiano le superfici laterali a
contatto.
Entrambi queste elementi devono essere verificati alla pressione superficiale:
Dove è il diametro di accoppiamento e è la lunghezza utile; tale grandezza puo assumere due
valori diversi:
Se la cava è realizzata con una fresa a candela: ( si ricava da tabella)
Se la cava è realizzata con una fresa circolare:
30
Come valori delle assumiamo 90 MPa se l’elemento è in acciaio, mentre prendiamo 50 MPa
se è in ghisa. Da queste relazione posso calcolare la lunghezza dell’elemento per poter trasmettere il
momento torcente voluto.
Alberi scanalati
La nascita di queste elementi nasce dal fatto che, qualora il momento torcente da trasmettere sia
molto elevato, sarebbe necessario utilizzare delle linguette molto lunghe, aumentando così gli
ingombri assiali. Per ovviare a questo problema sono nati gli alberi scanalati, in cui è come se
lavorassero più linguette contemporaneamente. Il momento torcente trasmissibile vale:
Dove:
: coefficiente di utilizzazione della superficie di contatto sui fianchi, dipende dalla natura delle
superfici e dagli accoppiamenti. Noi assumiamo pari a 0.75 (pag. I-36 manuale Hoepli)
: numero di scanalature
: altezza utile totale, h = (D – d)/2
: lunghezza scanalatura
31
FORCELLA-PERNO-BARRA
BARRA
Libero: H11/d10
FORCELLA Libero/stretto: H7/g6
Bloccato: H7/m6
l larghezza della barra Non è lo spazio interno alla forcella! C'è del gioco tra barra e forcella
DN =2d
33
Le equazioni dimensionanti per questi componenti tengono conto dei 4 effetti più gravosi per i materiali,
ovvero:
Le 4 verifiche indicate, inoltre, sono da effettuarsi in maniera differente a seconda che l'accoppiamento
perno/forcella sia:
EQUAZIONI DIMENSIONANTI
l l
N.B. Per un dimensionamento occorre imporre prima i rapporti dimensionali corretti e
d b
34
1-a) FLESSIONE PERNO (LIBERO)
considerando il perno come una trave appoggiata di lunghezza = (l+b) e sollecitata in mezzeria con il carico F
si perviene a (DISEGNO)
Mf_max
Wf
= 32 F lb
d3 4
= 8 Fdlb
3
b
con
considerando il perno come una trave doppiamente incastrata di lunghezza = l e sollecitata con carico uniforme-
F
mente distribuito di intensità q = si perviene a (DISEGNO)
l
Mf_max
Wf
= 32 F l
d 3 12
= 8dF3 l3 b
con
35
1-a/b) FLESSIONE PERNO (CONDIZIONE DI ACCOPPIAMENTO NON NOTA/DIMENSIONA-
MENTO DI MASSIMA)
In questo caso ci si pone con Mf_max ad un valore intermedio tra quelli dei casi 1-a ed 1-b
Mf_max
Wf
= 32 F l
d3 8
= 4Fd 3l b
con
2 ) TAGLIO PERNO
Si effettua un calcolo tenendo conto del taglio medio siccome i valori di confronto ab tengono implicitamente
conto di queste approssimazioni
p = = d 2 ab
F 1 2F
2 A
con
36
3-a) PRESSIONE DI CONTATTO FORCELLA (LIBERO)
Per questa verifica si considera l'area proiettata dalla forcella per un calcolo della pressione di contattto perno-
forcella. Tale area è bd , sulla quale si scarica una forza di intensità pari ad F/2
pmax = pm = F2 1
bd
pamm
con
Per questa verifica si considera il perno incastrato, quindi è necessario tener conto del momento che la forcella
fornisce al perno mediante la sua condizione vincolare (DISEGNO).
Si modella quindi il contatto perno-forcella come monolatero: il momento d'incastro sarà pertanto dato dalla
risultante di due pressioni di contatto triangolari.
Oltre alla pressione legata al momento d'incastro di cui sopra occorre aggiungere la pressione media già trattata
al punto 3-a
pmax = pm + pmax_N= F
l
2bd b
4 pamm
con
Per questa verifica si considera l'area proiettata dalla barra per un calcolo della pressione di contattto perno-
forcella. Tale area è l d , sulla quale si scarica una forza di intensità pari ad F (DISEGNO)
pb = lFd pamm
con
37
TABELLE PER I DATI b e pmax
38
SPINE
Le equazioni dimensionanti per questi componenti tengono conto dei 3 effetti più gravosi per i materiali,
ovvero:
39
1) FLESSIONE SPINA
Il calcolo si effettua tenendo conto del momento massimo in una trave incastrata soggetta a carico F concen-
trato a distanza h dall’appoggio stesso
Mf_max
= Fh
= 32 F
b
h
Wf Wf d3
con
2 ) TAGLIO SPINA
Si effettua un calcolo tenendo conto del taglio medio siccome i valori di confronto ab tengono implicitamente
conto di queste approssimazioni
s = F 1
A
= 4 Fd 2 ab
con
40
3-b) PRESSIONE DI CONTATTO PIASTRA INCASTRATA
Per questa verifica si tiene conto dell’incastro della spina rispetto alla piastra inferiore.
Risulta quindi necessario tener conto del momento che suddetta piastra fornisce alla spina per mezzo della sua
condizione vincolare (DISEGNO).
Si modella quindi il contatto spina-piastra inferiore come monolatero: il momento d’incastro sarà pertanto dato
dalla risultante di due pressioni di contatto triangolari.
Oltre alla pressione legata al momento d’incastro di cui sopra occorre aggiungere la pressione media (la cui
risultante fornirà la forza trasmissibile F)
pmax = pm + pmax_N= F
6h
s2 d s2
4 pamm
con
MATERIALI
Per quanto concerne i materiali, ed in particolare alle tabelle contenenti i dati di b , ab , e pamm è possibile
far riferimento a quelle inerenti le spine
41
MOLLE A LAMINA - COPPIA CONCENTRATA
Le molle a lamina possono essere modellate come travi di sezione rettangolare incastrate ad una estremità,
come mostrato nella figura sottostante
Di seguito sono riportate le equazioni che permettono il dimensionamento di tale molla, considerando la con-
dizione di caricamento della stessa oltre alla geometria mostrata in figura
MOMENTO DI INERZIA : I
b0 h0 3
12
Data la condizione di caricamento, è possibile comprendere (disegnando i diagrammi delle sollecitazioni) che la
molla è sollecitata a momento flettente costante di intensità pari ad M.
Si ricava quindi la tensione massima max agente all’estradosso della stessa in ogni sezione
42
3) STATO DEFORMATIVO DELLA MOLLA
Mediante la scrittura dell’equazione della line elastica è possibile pervenire alla freccia massima (all’estremità
libera) di suddetta molla.
Definendo la coordinata x con origine all’incastro e con verso positivo a destra ed indicando con v(x) la freccia al
variare dellla coordinata x , con M il momento (in questo caso costante con la coordinata x), si ha :
EI (v(x)) = M
x2
Integrando ambo i membri dell’equazione e ricordando la condizione di rotazione nulla all’incastro è possibile
pervenire all’espressione della rotazione (x) in funzione della coordinata x
E I v x x M x
x2
0 0
0 0
x M x C1
1
EI
0 0
x
Mx
EI
C1 0
Con passagi analoghi, ricordando che x x = v (x) ed imponendo v(0)=0 (ovvero freccia nulla all’estremità
incastrata) è possibile ricavare l’espressione v(x) della freccia in funzione della coordinata x , che risulterà
v x
M x2
2EI
43
ENERGIA ELASTICA IMMAGAZZINATA DALLA MOLLA
k= M
= M EI
M l0
= EI
l0
Indicando con L l’energia elastica immagazzinata dalla molla, si ha che (laddove V rappresenta il volume della
molla)
2
L= 1
2
k 2 = 1 EI
2 l0
ME lI0 = M 2 l0
2EI
= ... = 1 max
6 E
V
E’ possibile ricavare l’efficienza della molla, definita come la capacità di immagazzinare energia per unità di
volume, come
1 max
= = .... =
L
(ADIMENSIONALE)
V max 6 E
Importante notare come l’efficienza sia solamente funzione del TIPO di molla oltre che E e max (parametri del
materiale)
44
MOLLE A LAMINA - FORZA CONCENTRATA
Le molle a lamina possono essere modellate come travi di sezione rettangolare incastrate ad una estremità,
come mostrato nella figura sottostante
Di seguito sono riportate le equazioni che permettono il dimensionamento di tale molla, considerando la con-
dizione di caricamento della stessa oltre alla geometria mostrata in figura
MOMENTO DI INERZIA : I
b0 h0 3
12
45
2) CATATTERISTICHE TENSIONALI DELLA MOLLA
Data la condizione di caricamento, è possibile comprendere (disegnando i diagrammi delle sollecitazioni) che la
molla è sollecitata a momento che decresce linearmente dall’incastro (dove vale F l0 ) sino all’estremo libero
(dove è nullo).
Assumento l’origine delle x come mostrato in figura è possibile scrivere l’andamento dei momenti come
M x F x
Da tali relazioni è possibile comprendere che in questo caso (al contrario del caso analogo ma con coppia concen-
trata all’estremità) il materiale non presenta un profilo isoresistente alla deformazione siccome la massima
tensione max è presente unicamente all’incastro, decrescendo linearmente sino ad essere nulla all’estremo libero.
Mediante la scrittura dell’equazione della line elastica è possibile pervenire alla freccia massima (all’estremità
libera) di suddetta molla.
Definendo la coordinata x come in figura ed indicando con v(x) la freccia al variare dellla coordinata x , con M(x)
il momento (in questo caso variabile con la coordinata x), si ha :
v x M x
EI
x2
M x F x
Integrando ambo i membri dell’equazione e ricordando la condizione di rotazione nulla all’incastro (x=l0 ) è
possibile pervenire all’espressione della rotazione (x) in funzione della coordinata x
E I v x x M x x
x2
l 0 0
v x x F x x
E I x2
l 0 0
l 0 0
x C1
1 x2
EI
F 2
l 0 0
46
x
1 x2 F l0 2
EI
F 2 2
C1
F l0 2
2
Con passagi analoghi, ricordando che x x = v (x) ed imponendo v(l0 )=0 (ovvero freccia nulla all'estremità
incastrata) è possibile ricavare l'espressione v(x) della freccia in funzione della coordinata x
x x E I F x v x
1 x2 F l0 2
2 2
v l 0 0
x v x x C2
1 x2 F l0 2 1 x3 F l0 2
EI F 2 2 EI
F 6 2
v l 0 0
v x x
1 x3 F l0 2 F l0 3
EI
F 6 2 3
C2
F l0 3
3
E’ possibile scrivere l’energia elastica immagazzinata da tali molle in funzione ancora di max considerando il
seguente sistema.
La prima equazione dello stesso è data dall’ugualianza tra (*) e (**) mentra la seconda introduce L, ovvero
l’energia elastica immagazzinata dalla molla.
max F max
6Fx x b0 h0 2
b0 h0 2 l0 6 l0
L 1
2
F f
1 max
L= 1
2
F f = (introduco f) = F 2 l0 3
6EI
= (introduco F ricavato sopra) (esplicito I)= ... = 18 E
V
E’ possibile ricavare l’efficienza della molla, definita come la capacità di immagazzinare energia per unità di
volume, come
47
1 max
= = .... =
L
(ADIMENSIONALE)
V max 18 E
Importante notare come tale resistenza sia inferiore a quella della molla analoga caricata con coppia concentrata,
siccome il profilo non è isoresistente nei confronti della sollecitazione applicata
48
MOLLE A LAMINA - FORZA CONCENTRATA (PROFILO VARIABILE)
Le molle a lamina possono essere modellate come travi di sezione rettangolare incastrate ad una estremità,
come mostrato nella figura sottostante. In questo caso la larghezza varia con legge lineare e vale b0 all’incas-
tro e 0 all’estremo libero
Di seguito sono riportate le equazioni che permettono il dimensionamento di tale molla, considerando la con-
dizione di caricamento della stessa oltre alla geometria mostrata in figura
In questo caso anche le caratteristiche geometriche sono variabili con la coordinata x (mostrata in figura).
E’ utile pertanto riportare la legge con cui la larghezza b(x) varia in funzione della coordinata x, ovvero
x
b(x) = b0 l
0
MOMENTO DI INERZIA : I x
b x h x3 b0 h0 3
l0
12 12
x
6 6
49
2) CATATTERISTICHE TENSIONALI DELLA MOLLA
Data la condizione di caricamento, è possibile comprendere (disegnando i diagrammi delle sollecitazioni) che la
molla è sollecitata a momento che decresce linearmente dall’incastro (dove vale F l0 ) sino all’estremo libero
(dove è nullo).
Assumento l’origine delle x come mostrato in figura è possibile scrivere l’andamento dei momenti come
M x F x
Mediante la scrittura dell’equazione della line elastica è possibile pervenire alla freccia massima (all’estremità
libera) di suddetta molla.
Definendo la coordinata x come in figura ed indicando con v(x) la freccia al variare dellla coordinata x , con M(x)
il momento (in questo caso variabile con la coordinata x), si ha :
v x M x
E I x
x2
M x F x
v x
1
E I x
M x
x2
M x F x
Integrando ambo i membri dell’equazione e ricordando la condizione di rotazione nulla all’incastro (x=l0 ) è
possibile pervenire all’espressione della rotazione (x) in funzione della coordinata x
l 0 0
x F x C1
1 l0 12
E
b0 h0 3
l 0 0
x F x F l0 x l0
1 l0 12 l0 12 12 F l0
E
E
b0 h0 3 b0 h0 3 b0 h0 3
C1
l0 12
F l0
b0 h0 3
50
Con passagi analoghi, ricordando che x x = v (x) ed imponendo v(l0 )=0 (ovvero freccia nulla all'estremità
incastrata) è possibile ricavare l'espressione v(x) della freccia in funzione della coordinata x
x x x l0 x v x
12 F l0
E b0 h0 3
v l 0 0
x l 0 x v x 2 l0 x C2
12 F l0 12 F l0 x2
E b0 h0 3 E b0 h0 3
v l 0 0
v x 2 l0 x
12 F l0 x2 l0 2
E 2
b0 h0 3
C2
l0 2
2
E’ possibile scrivere l’energia elastica immagazzinata da tali molle in funzione ancora di max considerando il
seguente sistema.
La prima equazione dello stesso è data dalla relazione (**) riscritta in funzione di 0
6 F l0
.
b0 h0 2
La seconda consta nell’invertire la relazione (*) al fine di esplicare anche F in funzione di 0
f 0 l0 2
E h0
b0 h0 2 0
0 F
6 F l0
b0 h0 2 6 l0
L 1
2
F f
1 0
L= 1
2
F f = (introduco f e F, ricordo che volume V= b0 h0 2 l0
2
) = F 2 l0 3
6EI
= ....= ... = 6 E
V
E’ possibile notare che l’efficienza è analoga a quella della molla a lamina caricata con coppia concentrata
siccome il materiale presenta un profilo isoresistente. All’estremo libero il taglio diventa non più trasurabile nella
sezione, motivo per cui si tende a rimuovere la punta s spigolo vivo
51
MOLLE A LAMINA - FORZA CONCENTRATA (PROFILO VARIABILE)
Le molle a lamina possono essere modellate come travi di sezione rettangolare incastrate ad una estremità,
come mostrato nella figura sottostante. In questo caso l’altezza del profilo varia con legge quadratica da 0
all’estremo libero ad h0 all’incastro.
Di seguito sono riportate le equazioni che permettono il dimensionamento di tale molla, considerando la con-
dizione di caricamento della stessa oltre alla geometria mostrata in figura
In questo caso anche le caratteristiche geometriche sono variabili con la coordinata x (che ha origine nell’estremo
libero e punta verso l’incastro).
E’ utile pertanto riportare la legge con cui lo spessore h(x) varia in funzione della coordinata x, ovvero
x
h(x) = h0 l
0
3
x
MOMENTO DI INERZIA : I x
b0 h x3 b0 h0 3 2
l0
12 12
x
6 6
52
2) CATATTERISTICHE TENSIONALI DELLA MOLLA
Data la condizione di caricamento, è possibile comprendere (disegnando i diagrammi delle sollecitazioni) che la
molla è sollecitata a momento che decresce linearmente dall’incastro (dove vale F l0 ) sino all’estremo libero
(dove è nullo).
Assumento l’origine delle x come mostrato in figura è possibile scrivere l’andamento dei momenti come
M x F x
E’ immediato pertanto concludere che l’efficienza di tale molla sarà identica a quella della molla con larghezza
variabile linearmente
53
MOLLE A BALESTRA
Le molle a balestra nascono per l’esigenza di sfruttare un profilo di molla a larghezza variabile (trattato in
precedenza) con la possibilità di impiegare tale soluzione in maniera compatta.
Il disegno sottostante mostra come è possibile compattare una molla a larghezza variabile dando origine ad una
molla a balestra.
In entrambi i casi gli elementi lavorano in parallelo.
Per tenere assieme le lamine si applica una fasciatura a caldo, il profilo risultatnte delle molle è di terzo ordine:
ciò garantisce una curvatura costante e le lamine rimangono sempre in contatto per tale motivo.
54
CARATTERISTICA DELLA MOLLA
La costruzione di tale curva, in entrambi i casi, è eseguita secondo normativa: la figura sottostante mostra un
estratto della normativa che fornisce indicazioni in merito alla procedura da adottare per costruirle
Si noti che nella fase di compressione occorre compiere lavoro vincere la rigidezza delle lamine in parallelo oltre
all’attrito tra le stesse; in fase di estensione, invece, la componente legata all’attrito “frena” l’estesione della
molla, ovvero si sottrae alla forza che la molla fornisce all’esterno (la rigidezza risulta pertanto inferiore).
Nasce quindi un diagramma che presenta un ciclo di isteresi; più è alto l’attrito e più il divario tra le due curve è
ampio.
La normativa indica, una volta nota Fd (forza di progetto-design), di fare delle prove con carico pari al 70% e al
130% di Fd e fare la media tra gli spostamenti ottenuti in fase di compressione ed estensione.
La rigidezza (indicata con R) si ottiene quindi come pendenza della curva passante per i punti medi appena
individuati.
55
CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
Sono previsti degli occhi sulle estremità che permettono di collegare tale molla al telaio e in mezzeria un ele-
mento di collegamento che permette di tenere a pacco le lamine per farle lavorare correttamente.
La normativa ISO18137 mostra le caratteristiche costruttive delle molle, in particolare indica gli accorgimenti per
ottenere molle a caratteristica lineare anzichè progressiva (impiegata sopratutto nei veicoli).
Le molle a caratteristica progressiva sono ottenibili da molle a balestra in cui alcune lamine iniziano a lavorare in
parallelo alle altre solo ad un certo livello di deformazione, come mostrato dalla figura sottostante
Da tale figura si evince che le ultime due lamine contribuiscono alla rigidezza della molla solo in caso la cur-
vatura delle prime 6 si annulli, ovvero si deformino al punto da risultare rettilinee garantendo il contatto anche
con le ultime 2.
Per quanto concerne il collegamento centrale può avere fasciatura oppure elemento filettato che attraversa le
lamine (non positivo per comportamento a fatica)
MATERIALI MOLLA
Si usano acciai da bonifica siccome occorrono limiti di snervamento molto alti, al fine di massimizzare il rapporto
E
.
Tali acciai sono solitamente anche molto fragili (snervamento vicino alla rottura).
In generale la molla lavora a fatica e bisogna evitare fattori di concentrazione delle tensioni (come ad esempio
fori), oltre che evitare la decarburazione superficiale (la norma ci indica il max spessore decarburato). Le tensioni
residue superficiali sono preferibili di compressione.
VANTAGGI/SVANTAGGI
Vantaggi: nel caso impiegate in campo automobilistico distribuiscono uniformemetne la forza al telaio e fungono
da guida longitutinale per le ruote posteriori.
Svantaggi : ingomro elevato, dissipazioni per attrito, caratteristica che varia nel tempo con tendenza delle due
curve a divergere a cause del lubrificante che se ne va.
56
MOLLE ELICOIDALI DI COMPRESSIONE
Alle estremità della molla il filo avvolto può subire due tipi di trattamento: una chiusura oppure una schiusura e
molatura (la seconda garantisce una maggior uniformità nel contatto con l’elemento che trasmette il carico).
In entrambi i casi l’ultima spira è portata a pacco, in particolare nella figura sopra è mostrata una soluzione che
prevede chiusura e molatura.
I parametri geometrici di tali molle sono i seguenti
D diametro di avvolgimento
d diametro filo avvolto
p passo
p
angolo d ' elica angolo d ' avvolgimento tan1 2 D
F carico nominale a cui è sottoposta la molla
spostamento dell ' estremo della molla dettato dal carico F
Una menzione particolare è da riservare al parametro , chiamato rapporto di avvolgimento, definito come segue
I limiti indicati sopra sono legati a considerazioni di natura tecnologica (realizzare molle con inferiore a 5 è
possibile ma difficoltoso) e avranno ripercussioni sulle approssimazioni che si faranno di seguito. Se appartiene
al range indicato (o eventualmente maggiore) la molla è chiamata snella.
57
TENSIONI IN CAMPO STATICO (CICLI < 104)
Al fine di valutare le tensioni nella generica sezione della molla occorre considerate l’equilibrio della generica
spira, scomponendo la forza F in due componenti: una normale alla sezione (N) ed una tagliante rispetto alla
stessa (T). Una rappresentazione di tale operazione è riportata di seguito
N F sin 0
T F cos F
Si possono ora ricavare le tensioni taglianti sulla sezione legate al momento torcente Mt ed al taglio T
Mt F Mt con Wt
D Mt d3
2 Wt 16
d2
T F T_m con A
F
A 4
Dalle ultime considerazioni è immediato ricavare la a cui sarà soggetta la sezione, sommando semplicemente i
due termini ricavati, come
58
Nell'ultima espressione mostrata è stato introdotto un Ks (coefficiente statico) il cui andamento rispetto ad è
1
mostrato nel grafico sottostante, si noti che il contributo legato al taglio è quindi legato a , motivo per cui
2
viene trascurato nel caso di "usuali" (molle snelle).
L'andamento delle tensioni taglianti sulla sezione generica, nel caso di molle snelle, è mostrato nella figura
seguente
59
TENSIONI IN CAMPO CICLICO (CICLI > 104), viene considerata la fatica
Questo tipo di trattazione vuole invece mettere in luce gli aspetti che incrementano la legati alla geometria delle
molle in esame.
Nel caso statico si sono infatti trascurati gli aspetti legati alla curvatura del filo che forma la molla: si è infatti
modellato il problema considerando il filo come una barra di torsione.
Nella realtà, come noto dalla sdc, una trave curva soggetta a momento torcente puro ha andamento iperbolico
delle tensioni taglianti, con picchi che superano la max individuata nel caso statico dove l’andamento individu-
ato era lineare.
La curvatura gioca un ruolo tanto più importante quanto è piccolo .
Gli aspetti geometrici di questo modello sono riportati nei disegni seguenti
Il disegno sulla sinistra mostra come, a causa della rotazione dell’estremo libero , gli spostamenti angolari interni
ed esterni saranno uguali, ergo i=e=.
Il disegno sulla destra, invece,vuole mettere in luce come lo scorrimento angolare interno i sia differente da
quello esterno e secondo le seguanti considerazioni:
i i
ri
r
(siccome i=e ma ri<re)
1
r e e
re
Lo scorrimento angolare per sua definizione, è legato alla tensione tagliante dal modulo di elasticità tangen-
ziale G secondo la seguente relazione
i G i
= G i > e siccome i > e
e G e
Tali considerazioni permettono di comprendere che l'andamento qualitativo delle tensioni taglianti sarà come
quello riportato in figura
60
Al fine di poter tenere conto di tale effetto vengono introdotti dei coefficienti moltiplicativi, disponibili in
letteratura, quali quello di Wahl (Kw) o di Bergstrasser (Kb), definiti come segue:
'max Kw
8FD
Kw
4 1 0.615
4
coefficiente di Wahl d3
E da usare nei calcoli a fatica, come
Kb 'max Kb
4 2 8FD
4 3
coefficiente di Bergstrasser
d3
Per quanto concerne il coefficiente di Wahl il primo termine è legato alla curvatura, mentre il secondo termine è
1
legato al taglio medio (infatti è proporzionale a
).
Nel grafico sottostante è mostrata una comparazione tra i due coefficienti, eseguita al variare del parametro
Occorre precisare che i K appena illustrati non sono dei veri e propri coefficienti di concentrazione delle tensioni
siccome tangono conto anche di altri effetti come , ad esempio, il taglio medio.
Inoltre, questi K non vanno mai usati in campo statico siccome in quel campo le fibre sottoposte alla max si
plasticizzano garantendo una redistribuzione delle tensioni che preserva il materiale
61
SPOSTAMENTO - RIGIDEZZA k
Le molle sono elementi elastici a cedimento controllato, pertanto ne voglio determinare la rigidezza k mediante la
determinazione dello spostamento prodotto da un carico F.
A tal fine considero, per la generica spira lo spostamento in mezzeria i come indicato in figura seguente
Esistono due teorie al fine di determinare i, e se ne può adottare una anzichè l’altra a seconda che si tratti di una
molla con basso (teoria che considera il taglio) oppure con alto (teoria che trascura taglio).
In questa teoria si assimila la generica spira ad una barra di torsione rettiliea sottoposta ad un momento torcente
Mt, come mostrato in figura:
Jp
d
momento di inerzia polare
4
32
l D lunghezza generica spira
G modulo elasticità tangenziale
Mt
FD
2
momento torcente legato al carico F
= 16 F D2
G d4
Tenendo conto quindi del fatto che valutiamo lo spostamento in corrispondenza di metà della spira, lo stesso sarà
definito come
i = D
= 8GFdD4
3
Per ottenere quindi il tot occorre moltiplicare i per il numero di spire tensionalmene attive i, ovvero
tot = i i = 8GFdD4 i
3
La rigidezza complessiva della molla sarà pertanto data da NB: se il numero di spire aumenta, la rigidezza diminuisce
k= F
tot
= G d4
8 D3 i
62
Teoria pseudo-completa ( consideriamo effetto taglio)
Per piccoli non è più possibile trascurare gli effetti legati al taglio nella sezione, al fine di considerare tale
effetto si procede applicando un approccio di tipo energetico al problema, in particolare si impiega il terorema di
Castigliano:
"Se un generico sistema elastico è sollecitato da forze Fi esse provocheranno spostamenti i (nei punti di appli-
cazione delle forze), tra forze e spostamenti vale la seguente relazione i =
U
Fi
"
Il termine U sopra mostrato è denominato "energia di deformazione" ed è valutabile mediante il teorema di
Clapeyron come
EA s
1 l N2 T2 Mt 2 Mf 2
U= 2 0 GA G Jp EI
(dove si è indicata con s l'ascissa curvilinea della trave e con l la
lunghezza della stessa).
Considerando quindi il sistema molla oggetto della trattazione di scriverà il lavoro della sollecitazione tagliante
come:
L = 21 F =(....)= 1 F2 l
2 AG
F
A
sollecitazione tagliante
L = 21 Mt =(considera = Mt l
G Jp
)= 1 Mt 2 l
2 G Jp
U= 21 F2 l
AG
+ 1 Mt 2 l
2 G Jp
= (ricordando che A d2
4
e che l= D i) (....) = 1 F2
2G
4dD2 i D2
4
32 D i
d4
63
Determinando quindi lo spostamento per mezzo del teorema di castigliano si perviene a
U
F
.... 8 F D3
G d4
i k
Il termine k tiene conto degli effetti del taglio rispetto alla freccia, ergo anche rispetto alla rigidezza. Il suo
andamento rispetto al parametro è mostrato dal seguente grafico
64
DIAGRAMMMI PER CALCOLI A FATICA DI MOLLE ELICOIDALI DI COMPRESSIONE
GENERALITA’
Lo studio dei carichi affaticanti sui componenti meccanici inizia con lo studio delle curve di Whoeler che
mostrano l’andamento della sollecitazione massima ammissibile al variare del numero di cicli.
Tale valore è ricavato con una macchina a flessione rotante, ogni punto del bordo del provino subisce un ciclo
alterno simmetrico delle tensioni.
Tuttavia tale andamento delle tensioni non è l’ unico riscontrabile su compontenti in esercizio, si possono individ-
uare infatti 2 ulteriori categorie di cicli di pulsazione delle tensioni:
Come è possibile evincere dalle figure, inoltre, ciascun ciclo pulsante sarà caratterizzato da una max, min,
maxmin maxmin
a (tensione alterna) e m (tensione media).
2 2
Occorrerebbe quindi ripetere una molteplicità di prove di Whoeler per vari valori di m e a, tuttavia non è la
strada seguita: si è notato infatti che PER UN FISSATO NUMERO DI CICLI è possibile costruire delle curve
limite (Haigh oppure Goodmann Smidth) che interpolano i dati sperimentali egregiamente, un esempio (Haigh) è
mostrato nella figura sottostante.
65
DIAGRAMMA DI HAIGH
Come precedentemente anticipato, una delle modalità di rappresentazione del limite di fatica per un ciclo pulsante
generico è il diagramma di Haigh, esso consente infatti PER UN FISSATO NUMERO DI CICLI di esprimire il
limite di fatica del materiale al variare delle caretteristiche del ciclo affaticante stesso.
Nello specifico, sulle ascisse sono riportate le m mentre sulle ordinate le a; la costruzione del diagramma di
Haigh è mostrato nella figura sottostante
(2*106 CICLI)
Sy carico di snervamento
con Sn limite di fatica ricavabile da curve Whoeler
Su carico di rotturea
DIAGRAMMA DI GOODMAN-SMIDTH
Informazioni analoghe a quelle individuabili sulle curve di Whoeler sono riportate anche sui diagrmmi di Good-
man-Smidth, questa volta sulle ascisse poniamo la m, mentre sulle ordinate si individuano le max e min.
Si noti dal disegno seguente che è possibile rappresentare nelle vicinanze dell grafico il ciclo con i relativi limiti
massimi e minimi; inoltre anche questo grafico è per un numero fissato di cicli)
Dallo stesso grafico è possibile anche notare che più aumenta la m e meno a ho a disposizione nel possibile
ciclo di tensioni pulsanti
(nostro caso)
(2*106 CICLI)
Sy carico di snervamento
con Sn limite di fatica ricavabile da curve Whoeler
Su carico di rotturea
66
DIAGRAMMI PER MOLLE ELICOIDALI DI COMPRESSIONE: GOODMAN SMIDTH-MODIFI-
CATO
Di seguito è rappresentata la retta F- di una molla elicoidale di compressione, nel caso ci ponessimo in campo
lineare elastico
La relazione sopra scritta permette di comprendere che non si avranno mai tensioni massime o minimenegative
siccome il ciclo non si inverte mai essendo le molle elicoidali di compressione, ergo essendo semrpre e solo in
un senso (ricorda che l'analisi è condotta in un ben determinato punto della sezione resistente, nel caso specifico
delle molle elicoidali di compressione in corrispodenza del raggio interno).
Per la ragione appena citata, per queste molle si impiegano dei diagrammi di Goodman-Smidth modificati, in
quanto si riporta sulle ascisse la u mentre sulle ordinate la o , di modo che la pendenza R di una generica retta
passante per l'origine sia rappresentativa proprio della rigidezza della molla stessa.
Il diagramma modificato in parola è rappresentato di seguito (ancora a numero fissato di cicli)
(2*106 CICLI PER MOLLE AVVOLTE A FREDDO , 107 CICLI PER MOLLE AVVOLTE A CALDO )
67
Valgono inoltre le seguenti considerazioni:
Un grafico più accurato analogo a quello sopra estratto dal Niemann-Winter è riportato di seguito
τams
68
VIBRAZIONI LIBERE / FREQUENZE DI RISONANZA
Come ogni sistema meccanico anche le molle possono essere analizzate dal punto di vista della vibrazioni,
studiando le frequenze proprie del sistema “molla incastrata”.
Devo pertanto essere certo, onde evitare risonanza, che la frequenza con la quale la molla è sollecitata sia sufficien-
temente lontana dal primo modo della molla stessa.
Occorre pertanto condurre uno studio che permetta di esprimere il primo modo di vibrare (assialmente) della
molla stessa.
Il modello in esame della molla studiata è rappresentato nella figura seguente
B, C estremità incastro
dS elemento infinitesimo di ascissa curvilinea
x coordinata dell ' elemento di ascissa curviliea generico
con y spostamento dell ' elemento di ascissa curvilinea generico
l lunghezza libera della molla
d diametro filo
D diametro di avvolgimento
Forza d’inerzia Fa
d2
m
d2
4
dS = 4 g
dS
2 y d2 2 y
Fa= m 2 = 4 g dS
t t2
69
Forza elastica Fb
Occorre ora definire la relazione che intercorre tra la variazione della coordinata y e quella dell'ascissa curvilinea s
y dy y y
dy = dS per una spira ? y = D
S dS S D S
P k y
k con i 1 1 spira P =
G d4
G d4 y
8 D3 i
8 D2 S
y
y D
S
P G d4 y
2
Fb = dS = dS
S 8D 2
S 2
Forza dissipativa Fd
Introducendo il termine c' = (forza dissipativa per unità di lunghezza per unità di velocità) si ha
Fd c ' v dS
y
y Fd = c' dS
v velocità x
x
Equilibrio
L'equilibrio dell'elementino infinitesimo (considerando che il termine dissipativo entra nel bilancio sempre come
resistente) porterà ad avere
Fa = Fb - Fd
2 y G d 4 2 y y
4d dS = dS - c' dS
2
g t2 8 D2 S 2 x
d2 G d4 y
c'
2 y 4g 2
y
t2 8 D2 S 2 x
Di Di
s l
x dS l
dx correlazione x s
70
Ci si pone quindi in assenza di smorzamento (b=0), si separano le variabili t,x e si ponw i due membri uguali ad
una costante dal valore di -2
71
INSTABILITA’ A CARICO DI PUNTA
Esistono diagrammi in letteratura che, in funzione del tipo di vincolamento, esprimono un limite in termini di
corsa critica lunghezza libera
lunghezza libera
al variare del rapporto .
D
Un esempio è riportato di seguito
ex: se leggo un valore di 0.2 su tali diagrammi vorrà dire che la mia corsa, per non incorrere in fenomeni di
instabilità a carico di punta, dovrà essere inferiore al 20% della lunghezza libera della molla stessa.
72
MOLLE ELICOIDALI: MATERIALI- PROPRIETA' TECNOLOGICHE
Le molle sono costituite con acciai altolegati aventi limite di snervamento molto prossimo a quello di rottura,
entrambi molto alti (acciai per molle)
Le massime ammissibili dai vari materiali variano con il diametro del filo per ragioni tecnologiche quali le
inclusioni, un andamento tipico è riportato di seguito
Per piccoli i problemi di natura tecnologica sono legati all'eccessivo incrudimento mentre per grandi ad un
aggrovigliamento.
Fino a d=10mm si riesce ad avvolgere la molla a freddo, oltre si avvolge a caldo
Per le stesse ragioni anche il grafico, già mostrato, delle affaticanti ammissibili varia al variare di d
73
IL PRESETTING
Il presetting è catalogabile in quella gamma di procedimenti tecnologici che hanno il fine di lasciare tensioni
residue che possano migliorare il comportamento del componente se sottoposto a cicli affaticanti.
In particolare, le tensioni residue di compressione sulla pelle del materiale giovano a questo aspetto.
Il presetting è svolto quasi su tutte le molle: consiste nell’avvolgere la molla con passo maggiore di quello
desiderato e comprimerla a pacco.
Come mostrato dai grafici sottostanti, sarà possibile trovare tensioni residue sulla sezione del materiale.
Il materiale, infatti, durante il presetting si snerva e si deforma plasticamente ed in seguito avrà ha tensioni residue
contrarie a quelle di lavoro.
A partire dallo stato tensionale in esercizio che avrei (al netto di Kw) avrò quindi un “aiuto” da parte delle
tensioni residue.
74
MOLLE ELICOIDALI DI TRAZIONE
CARATTERISTICHE
Il filo lavora a torsione come nelle molle elicoidali di compressioni, ad eccizione delle terminazioni dove le
tensioni dipendono dalla forma delle stesse.
Queste molle hanno tutte p=d (ciò equivale a dire che sono chiuse) , sono avvolte a freddo e naturalmente precari-
cate (non possibile il preset).
Un’altra peculiarità delle molle in oggetto è non avere un finecorsa naturale (nel caso delle molle di compressione
il finecorsa è rappresentato dalla posizione a pacco); ciò rende necessario progettare un finecorsa esterno alla
molla stessa.
Le geometrie più comuni sono:
- full loop
- half loop
- hal loop (lungo)
Queste geometrie sono riquadrate nella figura sottostante:
75
ANDAMENTO DELLE TENSIONI
Le tensioni in questo tipo di molle hanno andamento differente rispetto all'andamento riscontrato nelle molle
elicoidali di compressione siccome, in prossimità delle terminazioni, le curvature sono più di una.
In particolare una delle due curvature è quella legata all'avvolgimento, mentre l'altra è quella legata alla modifica
della forma al fine di ottenere le terminazioni.
Si analizzano quindi le due sezioni maggiormente sollecitate: le sezioni A ed A'.
Sezione A'
Questa sezione è posta in corrispondenza della fine della curvatura della terminazione e prima dell'inizio della
curvatura del'avvolgimento. come mostrato nelle figure seguenti
Come noto dalla sdc, nella sezione A' l'andamento delle tensioni legate al Mf in A' è iperbolico con raggio neutro
spostato verso il raggio interno. Tuttavia, ai fini di questa trattazione, consideriamo il massimo di tali tensioni
(sempre al raggio interno) con la teoria della trave rettilinea andando ad incrementare il risultato ottenuto per
mezzo di un coefficiente moltiplicativo K1 .
I contributi alle tensioni in A' saranno pertanto:
Mf 16 F D
K1 con K1 f d , r2
tot Mf N
d3 16 F D
K1 + 4F
N con A
F d2 d3 d2
A 4
76
Sezione A
La sezione A, invece, si trova all'inizio della parte elicoidale e risentirà del raggio di curvatura r1 , come mostrato
nelle seguenti figure
Come è possibile notare dalle figure mostrate sopra, in corrispondenza del massimo del momento torcente
(massimo nella parte interna del raggio di curvatura) si ha un annullamento della tensione tagliante.
Questa particolarità è legata al fatto che in questa zona la curvatura è quella dell'occhiello e non quella di avvolgi-
mento della molla (ovvero ad angolo retto rispetto a piano di avvolgimento)
Il momento torcente, inoltre ha andamento iperbolico legato alla curvatura r1 , si terrà quindi conto di questo
effetto per mezzo di un nuovo rapporto di aspetto della molla 1 definito come segue
1 =
2 r1
d
Anche in questo caso si sfrutterà un coefficiente di concentrazione delle tensioni K2 (concettualmente analogo a
quello di Wahl o Bergstrasser).
Sarà quindi possibile, in analogia con le molle elicoidali di compressione, valutare il massimo delle tensioni
legate al momento torcente come:
Mt 8F D
d3
K2 con K2 4 1 1
4 1 4
T 0 non dappertutto, solo dove Mt ha valore mostrato sopra
Uno degli espedienti attuato per ridurre le tensioni nelle sezioni A ed A' è quello di modificare la geometria delle
terminazioni "avvicinandole" alla forza, riducendo in tale maniera il braccio che provoca sia il Mt che il Mf (nelle
D
formule mostrate sopra tale braccio è sempre stato assunto pari a 2
.
Uno degli espedienti in parola è mostrato nella seguente figura (estremità rastremate).
77
IL NUMERO DI SPIRE ATTIVA E' i
FRECCIA
Per quanto concerne il calcolo della freccia valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per le molle elicoidali
di compressione, la freccia sarà pertanto data da
= 8 F D3
G d4
i F = k k = F
= G d4
8 D3 i
In questo calcolo si considera il termine i (che nelle molle di compressione indicava le spire tensionalmente
attive) differente a seconda della geometria delle terminazioni. Alcuni esempi del termine i sono riportati nella
figura seguente (dove con i' si indicano le spire comprese tra le terminazioni stesse).
PRECARICO
Il precarico è realizzato avvolgendo le molle con passo p minore del diametro di filo d: tale procedura (siccome
comporterebbe compenetrazione) garantisce un precarico alla molla.
Occorre quindi una forza (indicata con F1 ) per "sbloccare" la molla dalla sua posizione iniziale, come mostrato
dal grafico seguente
F1 = 1 d3
8D
= 1 d2
8
78
Il fattore 1 è reperibile in letteratura, tabulato in funzione di , un esempio è mostrato di
seguito:
TENSIONI DI LAVORO
Carichi statici
E' possibile pervenire alle amm per molle elicoidali di trazione riferendosi alle medesime tabelle delle molle
elicoidali di compressione, decurtando i valori del 20% (a causa delle concentrazioni di tensioni nelle termi-
nazioni.
In alternativa, se la geometria delle terminazioni è completamente nota e si esegue un calcolo preciso che tenga
conto di tutti gli effetti è possibile far riferimento ai medesimi valori delle molle elicoidali di compressione.
Esistono anche, reperibili in letteratura, dei diagrammi analoghi a quelli per la amm per le molle elicoidali di
compressione riferiti, questa volta, alle molle elicoidali di trazione, come mostrato nella figura sottostante
Questi valori di tensione sono da confrontare con i valori ottenuti senza coefficienti di concentrazione delle
tensioni
79
Carichi affaticanti
Come nel caso sopra si adottando diagrammi di Goodman con tensioni diminuite del 25% rispetto a ai valori per
le molle di compressione (estremità avvolte a giro completo).
Il calcolo si esegue considerando i vari coefficienti di concentrazione delle tensioni.
80
Si ricorda che il rendimento e il lavoro di
un filo a sezione quadrata o rettangolare è
lo stesso:
b
h
81
82
MOLLE A TAZZA (BELLEVILLE)
CARATTERISTICHE
Questo tipo di molle sono molto compatte (in grado digarantire molta rigidezza in poco ingombro e larorano
essenzialmente come piastre inflesse. Delle rappresentazioni di molle, con i principali parametri indicati, oltre che
disposizioni in serie ed in parallelo sono riportate di seguito
R raggio esterno
r raggio interno
con
t spessore
h altezza parte centrale rispetto ad appoggi
1.5 caratteristica con plateau in una porzione la forza rimane costante
h
t
Queste molle presentano inoltre la necessità di essere guidate e sopportare grandi carichi (si potrebbe entrare nel
campo dell’instabilità).
L’ultimo aspetto al quale prestare attenzione è la distribuzione delle tensioni nella molla stessa che non presenta
andamento regolare.
83
IMPIEGO COMUNE : ROSETTA ANTISVITAMENTO
RIGIDEZZA
L'andamento delle tensioni, come accennato in precedenza, non è costante nella molla, ma subisce variazioni
all'interno della stessa, per illustrare questi aspetti si riporta di seguito una rappresentazione della molla con i vari
parametri di interesse
84
La caratteristica elastica della molla è riportata di seguito, dove è stato introdotto anche il parametro =
R
r
.
Dalle formule riportate è possibile notare che la funzione che lega P a è cubica, ecco da dove nasce la possibilità
di avere flessi nella curva P- . La rigidezza K a sua volta sarà una funzione di , questa volta quadratica
Facendo ancora riferimento al disegno riportato sopra, è possibile notare che per effetto dell'abbassamento della
molla ciascun tratto subirà una rotazione oltre che un "perdita di curvatura".
Al fine di valutare entrambi questi effetti si introducono due tensioni circonferenziali (agenti entrambe sulla
superficie indicata precedentemente con A) e le si indica con ' e '' .
Tali tensioni verranno poi sommati per concorrere nella tensione = ' + '' che potrà essere di trazione o
compressione a seconda del posizionamento radiale dell'elementino e che varierà anche con la coordinata lungo lo
spessore (nello specifico assumerà valori differenti tra estradosso ed intradosso).
Una rappresentazione dell'elementino generico in esame è riportata di seguito
85
TENSIONE DOVUTA ALLA ROTAZIONE DELL'ELEMENTINO '
La rotazione dei vari elementini circonferenziali provoca un abbassamento della molla stessa.
Le fibre circonferenziali più esterne della molla (r R) tenderanno a subire un allungamento, mentre quelle
più interne (r r) tenderanno a subire un raccorciamento.
Conseguentemente ' sarà trattiva per r R e compressiva per r r
L'andamento della tensione ' sarà quindi variabile con la coordinata r ma costante tra intradosso ed estradosso
dell'elementino generico, come mostrato in figura
Vi sarà inoltre una coordinata radiale, che si indicherà con c del ecntro di rotazione, ovvero quel punto dove le
fibre circonferenziali non subiscono ne elongazioni ne accorciamenti ovvero si avrà un punto in cui la ' si
annullerà
Rr
c= R
Ln
r
La perdita della curvatura dell'elementino generico introduce una componente di natura flettente delle tensioni,
che verrà indicata con ''.
Questa volta si avrà il caratteristico andamento a farfalla sullo spessore dell'elementino (compressione ell'estra-
dosso e trazione all'intradosso) e si riscontrerà una debole dipendenza con il parametro r .
L'andamento qualitatvo di tale tensione sull'elementino generico è mostrato nella seguente figura
86
ANDAMENTI
con
Con riferimento alle formule indicate sopra è possibile graficare gli andamenti delle tensioni
87
MOLLE AD ANELLI
Le molle ad anelli sono molle ed elevata rigidezza, con caratteristica elastica circa lineare.
Si contraddistinguono per il piccolo ingombro in relazione alla capacità di supportare carico, per l’elevata effi-
cienza e per il buon scmorzamento.
Necessitano inoltre di essere guidate (gioco piccolo), e di una adeguata lubrificazione.
Un elemento che fornisce, come si vedrà in seguito, una caratteristica elastica della molla differente in estensione
rispetto alla compressione è rappresentato dalla componente di attrito: la stessa genererà un caratteristica con
isteresi della molla stessa.
Di seguito è rappresentata una molla ad anelli con tutti i parametri geometrici che la contraddistinguono
Nel seguito si ricavano tutte le grandezze in caso di accorciamento della molla per compressione, al termine della
trattazione si riporteranno anche le medesime formule ricavate nel caso di allungamento della molla per dimin-
uzione del carico P.
88
TENSIONI CIRCONFERENZIALI
Al fine di calcolare il valore di tensioni circonferenziali negli anelli interni ed esterni si adotta l'ipotesi di teoria
membranale (si considerano dunque gli anelli come sottili).
Come primo passaggio si esegue l'equilibrio globale dell'anello interno generico mostrato in figura
Proiettando le forze in direzione radiale (r) si perviene alla risultante radiale Fr, ovvero
Volendo correlare N a P si esegue l'equilibrio assiale del primo anello interno (mostrato nella figura seguente). A
tal proposito è utile ricordare che gli anelli sono tutti in serie: sono sottoposti quindi al medesimo carico subendo
spostamenti differenti dipendenti dalla rigidezza
N sin() + F cos() = P
Da cui N =
P
sin cos
Ora che si è ricavata la risultante radiale in funzione del carico P si esegue l'equilibrio dell'elementino infinites-
imo di anello interno, al fine di ricavare _I .
- 2 _I d
2
Ai = Fr
2
d
89
E' ora possibile scrivere
_I
Fr
_I
2 Ai P cos sin P 1 tan
=
Fr 2 cos sin
P Ai sin cos Ai tan
sin cos
P tan
_I = Ai C
Mediante analogo ragionamento si potrà ricavare la tensione _E agente, questa volta, sull'anello esterno (quindi
trattiva)
_E =
P tan
Ae C
Per quanto riguarda le tensioni radiali occorre premettere una analisi dello stato tensionale che si avrà negli
elementi interni ed esterni.
Anelli INTERNI
Anelli ESTERNI
Questa analisi fornisce una valida ragione per verificare (con il criterio della massima tensione tangenziale
siccome ho tensioni di segno differente) solamente il generico anello esterno: le componenti trattive sono sempre
più dannose per il materiale.
L'unica tensione radiale di interesse sarà quindi la r_E , che viene pertanto ricavata di seguito in funzione di
_E già nota.
A tal fine si esegue l'equilibrio del generico anello esterno
90
Eseguendo ancora l'equilibrio di un elementino circonferenziale infinitesimo di anello esterno si ha
2 _E d
2
Ae = Fr
2
d
Da cui _E =
Fr
2 Ae
Al fine di scrivere la tensione radiale sarà necessario definire l'area sulla quale agirà la N, per un generico anello
esterno, che sarà pari a quella mostrata in figura e avrà valore di
A = 2 rm
b
cos
r_E
N
A
_E Ae
A 2 rm r_E =
b
cos 2 b rm 1 tan
_E Ae
N cos sin
_E Ae
eq_E = _E - r_E =
Fr
+
2 Ae 2 b rm 1 tan
91
SPOSTAMENTI E RIGIDEZZA
Si ipotizza in primo luogo che solamente l’n-esimo anello INTERNO si deformi radialmente e si calcola lo
spostamento verticale dell’n-esimo anello ESTERNO dovuto a tale deformazione.
Considerando la seguente figura
u spostamento radiale
con
I_n spostamento vericale di anello esterno dovuto alla u dell ' anello interno
Dalla sdc, si ha
u
rm _I rm
_I u =
E
E
I_n = 2u
tan
E’ ora possibile ricondurre la I_n a _I che è una grandezza nota, ricavata precedentemente, ovvero
I_n 2u
tan
_I rm
u I_n m 2P r
E E Ai C
_I A C
P tan
i
In maniera completamente analoga si avrà, laddove si ipotizzi deformazione dei soli anelli esterni
E 2 P rm
n
E Ae C e
n
Assumendo come ulteriore ipotesi che ne = ni = 2
, si avrà
= I + E = P rm
E Ai C
n ( 1+ AAi )
e
E A i Ae
K= P
= n Ai Ae
C
rm
92
ESTENSIONE E ISTERESI
Le formule presentate sino ad ora valgolo nell’ipotesi che la forza F tangenziale alle superfici dei vari anelli sia
diretta in opposizione al moto relativo delle stesse.
Pertanto l’unico parametro che varia in estensione e C, che diverrà C’, ovvero
tan tan
C’ = 1 tan
Le caratteristiche di isteresi di queste molle saranno legate proprio alla differenza tra C e C’, mostrata nel grafico
seguente (dove si esprime C e C’ al variare di in ascisse e parametrizzato al variare di )
Si noti inoltre che, come era lecito attendersi, i due coefficienti divergono sempre maggiormente per più alti (
più attritopiù dissipazionepiù isteresi)
Quanto esposto sopra si evince ancora più chiaramente dal grafico forza/corsa riportato di seguito
93
MATERIALI COMPOSITI
Materiali convenzionali: sono materiali isotropi (costanti elastiche che non devo pendono dalla direzione); a questa categoria appartengono metalli,
polimeri (plastiche) e ceramici. Stiamo parlando di materiali strutturali, che quindi devono avere buone proprietà meccaniche; inoltre devono essere
facilmente lavorabili. Le proprietà chimico fisiche che devono avere sono le solite e in generale possono essere determinate anche per via analitica.
Un materiale duttile può anche rompersi in maniera fragile (bassa temperatura o incrudito)
I materiali convenzionali tipicamente non riescono a combinare le proprietà che ci servono come rigidezza e leggerezza
Pensiamo a un materiale composito che unisca la rigidezza di un materiale ceramico (rinforzo) con i vantaggi di una matrice polimerica. A seconda
della percentuali di matrice e rinforzo cambiano le proprietà del composito. A seconda della rigidezza desiderata entro nei diagrammi e trovo la
composizione che il composito deve avere per soddisfare le esigenze.
Il composito non è propriamente un materiale ma una struttura; riesce ad unire i vantaggi dei materiali di cui è composto.
94
95
96
97
Torniamo nel diagramma visto all'inizio e completiamolo
di El e Et sul grafico.
I due andamenti individuano un'area all'interno della quale si trovano i punti che descrivono il comportamento del composito. Con questi grafici
posso determinare i volumi di fibra e matrice che mi servono per avere le proprietà desiderate, entrando ad esempio con un indice di merito e
trovando le intersezioni con tale retta.
Il diagramma riportato descrive il comportamento di un materiale leggero (ρ) e rigido (E), ma posso fare lo stesso ad esempio anche per materiali
leggeri e resistenti (S), etc...
Per ora abbiamo definito solo i parametri elastici, ora dobbiamo capire come il composito si rompe
La fibra di vetro si rompe dopo rispetto alla matrice (ε maggiori), quindi ho una
prima rottura (vuoti nella matrice e fibra intatta) e poi una rottura completa. Dopo la
prima rottura cambia la pendenza.
Nel caso in cui ci sia fibra di carbonio si rompe prima la fibra (rigida) rispetto alla matrice, quindi ho la fibra che si spezzetta; il materiale composito
reagisce come se la matrice non esistesse: una volta raggiunta la rottura della fibra il materiale è completamente rotto.
98
Calcoliamo la matrice costitutiva
Materiale ortotropo
La differenza tra le due matrici è legata al fatto che misuriamo gli scorrimenti
99
Analizziamo gli andamenti qualitativi dei parametri
Per far lavorare bene la lamina (avere una buona resistenza) il carico deve essere applicato in direzione
Se si ha uno sforzo di torsione o di taglio conviene che le fibre siano orientate a 45°
per avere rigidezza maggiore (Gmax). Questo discorso è legato solamente alla
Vediamo meglio come lavora la lamina (valutiamo l'effetto dei parametri appena analizzati)
Lamina con fibre genericamente orientate soggetta a forze di taglio (es: recipiente soggetto a torsione)
100
Recipiente in pressione
-> uso due lamine sovrapposte per avere un irrigidimento in entrambe le direzioni
CRITERI DI RESISTENZA
Criteri statici (materiali isotropi) • Tensioni: Tresca, Rankine
Ciascuno dei termini deve essere minore del termine corrispondente, a trazione o
compressione
101
Massima deformazione (SV)
rispetto un altro
(Con questo criterio si ottengono tre curve molto simili alle precedenti)
Questa equazione va applicata quadrante per quadrante, quindi si ottengono 4 rami di ellisse
In questo caso ho il vantaggio di avere un'unica equazione, non devo distinguere i casi.
La presenza dei termini lineari σl e σt indica che sto ragionando sull'energia totale e non solo su quella di distorsione (Beltrami)
Questo criterio fornisce un'unica ellisse che interseca gli assi nei punti trovati con il criterio
della massima tensione. La differenza principale rispetto al criterio precedente si ha nel III
quadrante (negli altri molto simile). Nel III quadrante questo criterio non è conservativo,
quindi è una zona critica: servono prove sperimentali per verificarne la validità.
Dalle prove sperimentali risulta che nel caso della fibra di carbonio è più preciso il risultato derivante dal criterio di Tsai-Hill, mentre per la fibra di
vetro è più adatto il criterio di Tsai-Wu.
Quanto visto finora si riferisce a un caso statico. Nei casi dinamici in cui viene coinvolta la fatica non ci sono criteri per la verifica delle strutture, ci
si affida a prove e dati sperimentali.
102
MACROMECCANICA
Supponiamo lamine di spessore costante e dello stesso materiale; l'unica variabile è l'angolo di orientamento θ
Come vanno orientate le lamine? Dipende dal tipo di carico, in base al quale si può ottimizzare la disposizione degli strati.
Le lamine sono incollate l'una all'altra, quindi supponiamo non ci sia possibilità di scorrimento: possiamo considerarle come molle in parallelo.
Possiamo considerarle come molle in parallelo perché si fa la solita ipotesi (come nelle travi di Eulero o nella lastra di Kirchoff) che le sezioni
normali all'asse neutro restino normali alla linea elatica deformata, quindi le lamine hanno tutte la stessa deformazione e la stessa curvatura.
Le lamine sono come molle in parallelo -> si sommano le rigidezze (la rigidezza del laminato è la somma delle rigidezze delle lamine)
Il laminato lavora in maniera tale che ci può essere accoppiamento tra le varie sollecitazioni: anche se sollecito un laminato a trazione, questo può
reagire con deformazioni di tipo torsionale, quindi dovremo lavorare con tutte le componenti di deformazione, cioè quelle normali e quelle
flessionali
103
-> questa situazione porta a delle tensioni discontinue nelle 3 lamine, come se fossero 3 materiali diversi anche se il materiale è lo stesso (i moduli
di Young sono diversi), quindi abbiamo una deformazione continua ma uno stato di tensione discontinuo
PRINCIPALI LAMINATI
Unico caso in cui posso studiare separatamente effetto membranale (nel piano) e flessionale (fuori dal piano)
I laminati simmetrici possono avere un numero di lamine sia pari che dispari.
Se il n° di lamine è dispari, di solito al centro si mette una lamina a 90° perché normalmente è la lamina più scarica e in questo modo lavorano
lungo la direzione t che è la più debole (inserita come "riempimento").
Un esempio è dato da una lamina di fibra di vetro (con fibre corte) inserita come riempitivo tra due lamine in fibra di carbonio (all'esterno si
mettono le lamine che hanno maggiore resistenza).
Quasi impossibile ottenere laminati piani a causa del raffreddamento (l'effetto termico comporta distorsioni fuori dal piano e tensioni residue),
quindi si cerca di farli simmetrici e raffreddarli lentamente per minimizzare la distorsioni
Ogni laminato è individuato da una formula (per ogni laminato la formula può essere scritta in forme diverse)
104
Laminato quasi isotropo (molto frequente)
Ha un comportamento isotropo quando lavora a trazione, ma non ce l'ha quando lavora a flessione.
• L'angolo tra due lamine consecutive deve essere costante (lamine angolarmente equispaziate)
Laminato antisimmetrico
Qualche volta può essere comodo costruire un laminato di questo tipo per compensare le distorsioni
È un laminato nel quale sono presenti coppie di lamine di uguale spessore (e materiale) con angoli opposti (se c'è θ allora c'è anche -θ).
Il tessuto è meno costoso, ma ha caratteristiche meccaniche molto inferiori, sia in termini di rigidezza che di resistenza in quanto le fibre lavorano
anche a flessione nel caso di sforzo solo di trazione (quindi è più cedevole).
105
COME SI PROGETTA O VERIFICA UN MATERIALE COMPOSITO?
1)
La prima cosa da fare è il calcolo della matrice costitutiva C. Non la calcolo direttamente ma invertendo la matrice D più semplice da calcolare.
Calcolo D come somma di quello di ogni lamina (poiché abbiamo detto che lavorano come molle in parallelo quindi le rigidezze si sommano)
2)
4)
Quale applico? Se non so quale applicare li provo tutti e poi considero quello che mi fornisce il CS minore (quello più conservativo)
Mettiamo delle fibre a 0° e 90° per resistere alle tensioni generate dalla pressione (z e
θ), poi siccome potrebbe flettersi un pochino aggiungiamo delle fibre a 45°.
Abbiamo una struttura quasi isotropa molto adatta per i recipienti in pressione:
abbiamo lungo z e θ fibre che lavorano secondo le tensioni e nelle altre due direzioni
Oppure conoscendo il componente e la pressione si può calcolare il coefficiente di sicurezza a ogni lamina e
106
Le Ruote Dentate
Definizioni generali
Le ruote dentate sono organi delle macchine utilizzati per la trasmissione di elevate coppie e
potenze fra assi paralleli, concorrenti o sghembi. Sono caratterizzate da una serie di elementi, i
denti, disposti sulla periferia. Essi garantiscono la trasmissione del moto tra una ruota e l’altra.
I denti devono avere i fianchi di una forma opportuna alla trasmissione regolare del moto tra
movente e cedente. Per questo motivo (e per la relativa semplicità costruttiva) è largamente impie-
gato come profilo del dente l’evolvente di cerchio.
L’evolvente di cerchio può essere geometricamente definita in diverse maniere. E’ il luogo dei punti
tali per cui l’inviluppo delle normali a tali punti forma una circonferenza, detta Circonferenza di Base
o Evoluta. Alternativamente: la circonferenza di base è il luogo dei centri di curvatura dell’evolvente,
ovvero presa la tangente ad ogni punto della circonferenza di base e il segmento di estremi il punto
di tangenza e un punto dell’evolvente, non solo tale tangente sarà normale all’evolvente ma il
segmento sarà il raggio di curvatura locale dell’evolvente.
rb
OP =
cos(θ)
Se ora si considera che, per proprietà dell’evolvente, il segmento PB deve avere la stessa
lunghezza dell’arco AB, si può anche definire ϕ:
AB PB rb tan(θ)
ϕ = AOB - θ = -θ = -θ = - θ = tan(θ) - θ = evθ = invθ
rb rb rb
107
Due ruote dentate a denti ad evolvente che ingranano tra di loro hanno due circonferenze impor-
tanti dal punto di vista cinematico: la prima è la circonferenza base, da cui è definita l’evolvente
stessa, di raggio rb , la seconda è la circonferenza primitiva di funzionamento di raggio R, quella che
realizzerebbe lo stesso rapporto di trasmissione τ se si impiegassero ruote di frizione invece che
dentate.
L’angolo α è detto angolo di pressione. Tale angolo è importante poichè definisce la retta d’azione,
ovvero il segmento lungo il quale avviene il contatto tra i denti. Si può notare che a causa della
presenza dei denti le ruote si trasmettono forze sia tangenziali che radiali proprio come succedeva
nelle ruote di frizione.
Per quanto detto, si ha:
Per la conservazione della potenza, si può considerare che M1 = T21 R1 , M2 = T12 R2 e visto che
T12 = T21 si ha come ci si aspettava :
ω2 R1 M1
τ = = = Il rapporto di ingranamento t è definto come:
ω1 R2 M2
Detto z il numero di denti di una ruota, questo sarà anche la metà del numero di volte in cui sono
suddivise sia la circonferenza di base che la circonferenza primitiva (la metà perchè c’è il pieno e il
vano). Risulta quindi utile definire il passo (su entrambe le cfr) e il modulo delle ruote dentate come
:
108
2 π rb 2 π Rcos α
pb = = = p cos α
Z Z
2π R
p=
Z
p 2R
m= =
π Z
Z1
Da cui deriva immediatamente, considerando R1 , R2 , Z1 , Z2 , τ = .
Z2
Dal punto di vista costruttivo ogni dente è limitato lateralmente da due evolventi di cerchio, in modo
che possa trasmettere il moto in ogni direzione di rotazione. Visto che l’evolvente di cerchio non
esiste all’interno del cerchio di base, se il dente risulta più profondo di essa il suo profilo continua
con un puro raccordo che non sarà però coniugato a nulla in particolare. La circonferenza in cor-
rispondenza della quale il dente termina inferiormente è detta circonferenza di piede, di raggio r p ,
quella di termine superiore è detta circonferenza di testa, di raggio r t .
La distanza radiale tra la cfr primitiva e quella di testa è detta addendum ha , mentre la distanza
radiale tra la cfr primitiva e quella di piede è detta dedendum hd . L’altezza complessiva del dente
sarà ovviamente h = ha + hd .
Per quanto riguarda il proporzionamento dei denti, si dice che il proporzionamento è normale
quando addendum e dedendum per due ruote coniugate sono uguali e valgono rispettivamente:
ha = m hd = 1.25 m
Lo strisciamento
E’ molto importante notare che per ogni punto dell’evolvente per cui OP ≠ R si ha strisciamento di
una ruota sull’altra. Infatti si può decomporre la velocità assoluta di ogni ruota nella sua compo-
nente secondo quella che abbiamo chiamato la retta d’azione, ovvero il luogo dei punti di contatto
dei profili coniugati, e la sua normale. La velocità nella direzione d’azione è uguale per le due ruote,
infatti i denti non si compenetrano, mentre la velocità normale è diversa, ovvero c’è moto relativo in
tale relazione. Tale moto relativo è causa di usura superficiale tanto più consistente quanto elevata
è la velocità di funzionamento. Più ci si allontana dalla condizione di strisciamento nullo più l’usura
è severa ed è per questo che solitamente le parti terminali e iniziali dei denti delle ruote sono
escluse dalla trasmissione, poichè l’usura sarebbe eccessiva e porterebbe a prematura rottura.
109
Grandezze geometriche notevoli
Retta, Segmento, Arco d’azione
Come già anticipato i profili dei denti si toccano lungo quella che abbiamo chiamato retta d’azione,
ovvero la tangente comune alle circonferenze di base. Si chiama segmento d’azione il tratto di tale
retta compreso tra il punto di ingranamento di due denti e il punto di stacco dei tali. Tale segmento
è individuato dall’intersezione delle circonferenze di testa delle due rette con la retta d’azione.
Si chiama invece arco d’azione l’arco di cui le circonferenze primitive rotolano senza strisciare l’una
sull’altra. Arco e segmento d’azione si possono dividere in accesso, da A a C, e recesso, da C a E.
m Z1 m Z2
R1 = R2 =
2 2
110
Z1 Z2
rt1 = R1 + ha = m1 + r t2 = R2 + ha = m1 +
2 2
Z1 m Z1
rb1 = rt1 cosαA = m1 + cos αA = R1 cos α = cosα
2 2
Z2 m Z2
rb2 = rt2 cosαE = m1 + cos αE = R2 cos α = cosα
2 2
da cui si ricava:
Z1 Z2
cos αA = cos α cos αE = cos α
Z1 +2 Z2 +2
sen αA 1-cos 2 αA 1 Z1 + 2 2
tan αA = = = -1 = -1
cos αA cos αA cos2 αA Z1 cos α
sen αE 1-cos 2 αE 1 Z2 + 2 2
tan αE = = = 2
-1 = -1
cos αE cos αE cos αE Z2 cos α
e infine :
m Z1 cosα Z1 + 2 2 m Z2 cosα Z2 + 2 2
AE = - 1 - tan α + - 1 - tan α =
2 Z1 cos α 2 Z2 cos α
m cos α Z1 + 2 2 Z +2 2
= - Z1 2 + 2 - Z2 2 - (Z1 + Z2 ) tan α
2 cos α cos α
Si può infine valutare il numero di denti in presa contemporanea rapportando il segmento d’azione
al passo base comune alle due ruote, pb = m π cos α, ottenendo :
1 Z1 + 2 2 Z2 + 2 2
ϵ = - Z1 2 + - Z2 2 - (Z1 + Z2 ) tan α
2π cos α cos α
ϵ può anche considerarsi come il coefficiente di ripartizione del carico nella verifica a pitting delle
ruote.
111
Considerando la figura, si deduce immediatamente che:
s1 = r 1 η s2 = r2 (η - 2 (ϕ2 - ϕ1 ))
s2 s1 s1
= - 2 (ϕ2 - ϕ1 ) = - 2 (ev θ2 - ev θ1 )
r2 r1 r1
Se si considera ora il punto V come P2 , per cui sV = 0 e ϕV = ev γ si ha che per il generico punto
P1 vale :
s1
0= - 2 (ev γ - ev θ1 ) ⇒ s1 = 2 r1 (ev γ - ev θ1 )
r1
Per determinare il valore di ev γ basta notare che lo spessore sulla circonferenza primitiva vale la
p 2π R πR
metà del passo, ovvero in PP si ha sP = = = e ϕP = ev α con α sempre l’angolo di
2 2Z Z
pressione.
πR π
sP = = 2 R (evγ - ev α) ⇒ ev γ = ev α +
Z 2Z
sb
sb = 2 rb (ev γ - ev 0) = 2 rb ev γ ⇒ ev γ =
2 rb
sb π
= ev α +
2 rb 2Z
Il profilo del dente definito analiticamente in tale maniera non può ovviamente estendersi all’interno
del cerchio di base, poichè l’evolvente non è definita. Affinchè questa condizione sia rispettata,
deve sussistere la relazione:
Ovvero la distanza tra la primitiva di funzionamento e il cerchio base deve essere maggiore o
112
uguale all’altezza del dedendum, che per definizione è la distanza tra la primitiva di funzionamento
e la circonferenza di piede. Tale relazione si può esplicitare meglio considerando le definizioni
associate a R, rb ed m.
2R 5 2R
rb = R cos α , m = ⇒ R(1 - cos α) ⩾
Z 4 Z
Ottenendo infine una relazione che fornisce il numero di denti minimo affinchè tutto il profilo sia
esterno alla circonferenza di base :
5
Z ⩾ = 41.45 → 42 (nel proporzionamento normale)
2 (1 - cos α)
Quando il numero di denti fosse minore (stragrande maggioranza dei casi) risulta quindi necessario
utilizzare profili differenti in prossimità e oltre il cerchio di base, che fungono da puro raccordo tra un
dente e l’altro e sono di norma esclusi dal contatto. Come già visto infatti si ha uno strisciamento
consistente in queste porzioni e il fatto che i profili non siano più tra loro coniugati (i raccordi pos-
sono essere epicicloidali o circolari) aggrava ulteriormente la situazione.
113
Condizioni di interferenza
Interferenza di funzionamento
Prima di tutto bisogna considerare che le circonferenze di testa di due ruote coniugate non possono
essere comunque grandi. Ciò vuol dire fondamentalmente porre un limite superiore al modulo e
quindi al numero di denti di una ruota.
Due profili che siano in contatto lungo la retta d’azione non possono mantenersi coniugati oltre ai
punti limite K1 e K2 ed è quindi necessario che il segmento d’azione N1 N2 , individuato dall’inter-
sezione delle circonferenze di testa delle due ruote e la retta d’azione stessa, sia compreso entro
K1 K2 . Per calcolare il numero minimo di denti necessari perchè questo avvenga mettiamoci nella
condizione limite in cui N1 ≡ K1 .
△
Sul triangolo O1 O2 N1 si consideri che :
rb1 sen α 2
sen2 θN =
R2 + k m
R1 + R2 - rb1 cos α 2
cos2 θN =
R2 + k m
114
(R2 + k m)2 = R1 2 cos 2 α sen 2 α + R1 2 sen 4 α + R2 2 + 2 R1 R2 sen2 α =
= R1 2 sen2 α cos2 α + sen2 α + R2 2 + 2 R1 R2 sen2 α =
= R1 (R1 + 2 R2 ) sen2 α + R2 2
2
Quindi infine dividendo tutto per R2 2 ed estraendo la radice quadrata ( si ricordi
m
= oppure
R2 Z2
mτ 2τ
identicamente = ):
R1 Z1
2k
1 + τ(τ + 2) sen2 α = 1 +
km
=1 +
R2 Z2
k mτ 2k τ
1 + τ(τ + 2) sen2 α = 1 + =1 +
R1 Z1
2k τ 2k
Z1 ≥ , Z2 ≥
2
-1 + 1 + τ(τ +2) sen α -1 + 1 + τ(τ +2) sen2 α
Si noti come all’aumentare di α il numero minimo di denti diminuisce. Questa strategia non è però
spesso adottata quando si necessita di pochi denti, ma si preferisce la correzione delle ruote stesse.
Interferenza di taglio
Discorso analogo può farsi tra ruota e dentiera anche se in questo caso le condizioni geometriche
sono più immediate. Basti considerare l’estremo K 1 di una ruota e la retta di testa della dentiera,
che al limite potrà intersecare il punto K 1 proprio come accadeva per due ruote considerando la
circonferenza di testa. Affinche il punto N1 di contatto della retta di testa della dentiera con la retta
d’azione sia compreso entro K1 C (si riduce a questo la condizione di non interferenza) deve sussis-
tere la relazione :
2R 2
R - R cos2 α > ⇒ Z >
Z sen2 α
Si ha quindi un limite inferiore sul numero di denti che è possibile tagliare per angolo di pressione
stabilito con un proporzionamento normale.
Per questo e altri motivi che analizzeremo in seguito si può ricorrere quindi alla correzione delle
ruote dentate, che dal punto di vista della fabbricazione consiste nello spostamento della primitiva
di taglio della dentiera rispetto a quella di funzionamento della ruota.
115
La correzione del profilo
Onde evitare confusione rispetto alla trattazione fin’ora impostata tutte le grandezze “corrette”
verranno denotate con un ulteriore pedice c, da aggiungersi agli altri eventuali che indicano ad
esempio la cfr base, primitiva ecc... Infatti come si vedrà cambiano il modulo, lo spessore, il numero
di denti ecc.. che diventeranno ad esempio mc , sc , Zc ecc..
L’esigenza della correzione nasce come visto dal bisogno di tagliare una ruota con un determinato
numero di denti, minore di quello limite imposto dall’angolo di pressione. Oltre a questo motivo la
correzione permette di variare l’interasse tra due ruote dentate, ovvero la distanza tra i centri di
rotazione delle suddette, che potrebbe essere necessario per esigenze progettuali. Altro motivo non
meno importante è che la correzione induce una variazione dello spessore del dentre e alcuni tipi di
correzione vano ad inspessire il dente alla base dove le sollecitazioni flessionali sono molto severe.
Anche le sollecitazioni hertziane vengono a diminuire quando viene ridotta la curvatura del profilo
nei punti più svantaggiati (testa e piede); tale riduzione di curvatura è un altro effetto della cor-
rezione.
Come accennato, dal punto di vista della fabbricazione la correzione si realizza cambiando la
primitiva di taglio della dentiera, ovvero traslando la primitiva originale di una quantità x m lontano
dalla circonferenza di base della ruota (allora la correzione è detta POSITIVA) o in direzione della
circonferenza di base della ruota (allora la correzione è detta NEGATIVA, poichè x<0).
Questo fatto risulta in una nuova condizione geometrica di non interferenza di taglio, che sarà al
limite :
R - rb cos α = m(1 - x)
2R
R - R cos2 α = (1 - x)
Zc
sen2 α 1 1
= = (1 - x)
2 Z Zc
Zc
x = 1-
Z
Questa relazione permette di ricavare la correzione da imporre per numero di denti assegnato Zc
rispetto al numero di denti minimo originale Z.
E’ ora da notare che, sulla nuova primitiva di taglio della dentiera, lo spessore del suo vano spc , che
equivale allo spessore del dente in corrispondenza della primitiva di funzionamento originaria, ha
valore :
116
p π
spc = + 2 m x tg α = 2 m + x tg α
2 4
Imponendo correzioni uguali e opposti su due ruote si riesce a garantire un corretto ingranamento
ovvero nessuna interferenza ne di taglio ne di lavoro, senza bisogno di variare l’interasse.
Per garantire l’ingranamento con interasse d corretto occorre che il passo corretto equivalga alla
somma degli spessori corretti dei denti (presi in corrispondenza della circonferenza primitiva cor-
retta) più un eventuale gioco assegnato.
π mc = sp1c + sp2c + g
R1 c + R2 c = d c
Dal punto di vista geometrico ciò che comunque non cambia sono le circonferenze di base. Vale la
relazione:
cos α
rb1 = R1 cos α = R1 c cos αc ⇒ R1 c = R1
cos αc
cos α
rb2 = R2 cos α = R2 c cos αc ⇒ R2 c = R2
cos αc
117
Da cui deriva che :
2 Rc 2 R cos α cos α
mc = = =m
Z Z cos αc cos αc
avendo considerato una ruota generica tra le due, tanto è uguale. Il passo corretto sarà quindi:
cos α
pc = π mc = π m
cos αc
Si passa ora alla determinazione degli spessori in corrispondenza della primitiva di funzionamento
corretta.
Per quanto visto nella sezione sullo spessore dei denti, sappiamo che, in corrispondenza della
primitiva di taglio, che è la circonferenza primitiva di funzionamento per le ruote non corrette, gli
spessori sono:
Queste relazioni rimangono valide anche per ruote corrette, perchè riguardano semplicemente la
geometria di una curva. Ciò che sarà invece differente, come evidenziato, sarà ev γ, infatti denotato
con ev γc
Per quanto visto invece nella sezione riguardante la condizione di non interferenza di taglio, si ha
inoltre che :
π π
sp1c = 2 m + x1 tg α , sp2c = 2 m + x2 tg α
4 4
Uguagliando i due termini, che indicano la stessa quantità ma ricavata per vie differenti, si ottiene:
π
Z1 m (evγ1 c - ev α) = 2 m + x1 tg α
4
π
Z2 m (evγ2 c - ev α) = 2 m + x2 tg α
4
2 π
evγ1 c = ev α + + x1 tg α
Z1 4
2 π
evγ2 c = ev α + + x2 tg α
Z2 4
π mc = Z1 mc (evγ1 c - ev αc ) + Z2 mc (evγ2 c - ev αc ) + g
2 π 2 π g
π = Z1 ev α + + x1 tg α - ev αc + Z2 ev α + + x2 tg α - ev αc +
Z1 4 Z2 4 mc
g
0 = 2 tg α (x1 + x2 ) + ev α (Z1 + Z2 ) - (Z1 + Z2 ) ev αc +
mc
118
Ricavo il valore della correzione x1+x2 totale (posso ipotizzare gioco g
(x1 +x2 ) g nullo). Posso scegliere di correggere entrambe le ruote delle stessa
ev αc = ev α + 2 tg α + quantità, oppure di correggerne solo una ma NON posso correggere
(Z1 +Z2 ) mc (Z1 +Z2 )
in modo uguale e contrario le ruote (altrimenti non correggo niente)
Ora nota ev αc è possibile calcolare i nuovi raggi primitivi, la cui somma fornisce la lunghezza
dell’interasse:
Nel dimensionamento delle ruote dentate quindi manca da stabilire l’addendum e il dedendum.
Per effetto della correzione, rispetto ai valori normali, bisogna aggiungere all’addendum e togliere al
dedendum il valore della correzione. Questo fatto deriva dall’allontanamento della primitiva di taglio
da quella di funzionamento originaria della ruota. Se la correzione è positiva ad esempio il dente
della dentiera penetra di meno dentro la circonferenza primitiva, andando di fatto a scavare un
dedendum minore. Essendosi però allontanato può scavare un addendum più grande.
Bisogna poi considerare che spostando l’interasse si sposta la primitiva di funzionamento delle due
ruote di una quantità:
m Z1 cos α
c1 = R 1 c - R 1 = - 1
2 cos αc
m Z2 cos α
c2 = R 2 c - R 2 = - 1
2 cos αc
m Z1 cos α Z1 cos α
h 'ac1 = hac - c1 = m + x1 m - - 1 = m 1 + x1 - - 1
2 cos αc 2 cos αc
m Z1 cos α Z1 cos α
h 'dc1 = hdc + c1 = 1.25 m - x1 m + - 1 = m 1.25 - x1 + - 1
2 cos αc 2 cos αc
m Z2 cos α Z2 cos α
h 'ac2 = hac - c2 = m + x2 m - - 1 = m 1 + x2 - - 1
2 cos αc 2 cos αc
m Z2 cos α Z2 cos α
h 'dc2 = hdc + c2 = 1.25 m - x2 m + - 1 = m 1.25 - x2 + - 1
2 cos αc 2 cos αc
Un altro problema che si riscontra nella correzione delle ruote riguarda il fatto che, per effetto di tale
processo, può essere ridotta l’altezza del dedendum (la si riduce SICURAMENTE se non si sposta
l’interasse e si corregge positivamente, si veda hdc ). Bisogna quindi limitare l’altezza degli adden-
dum per evitare problemi di interferenza radiale. Posto un gioco radiale minimo di 0.25 m per
entrambe le ruote, ovvero la distanza radiale tra la circonferenza di testa di una ruota e quella di
piede dell’altra, geometricamente risulta che l’addendum limite per ciascuna ruota sarà:
Z2 cos α
h 'alim1 = h 'dc2 - 0.25 m = m 1 - x2 + - 1
2 cos αc
Z1 cos α
h 'alim2 = h 'dc1 - 0.25 m = m 1 - x1 + - 1
2 cos αc
Per cui bisognerà modificare l’altezza dell’addendum di entrambe le ruote di una quantità :
119
Z1 +Z2 cos α
Δ ha = h 'ac1 - h 'alim1 = h 'ac2 - h 'alim2 = m x1 + x2 - - 1
2 cos αc
La modifica è assolutamente necessaria nel caso sia Δ ha > 0, pena la compenetrazione delle
ruote. Nel caso contrario potrebbe essere necessario per estendere il segmento d’azione che
altrimenti risulterebbe troppo corto. Se questo diventasse minore di un passo si avrebbe funziona-
mento intermittente e urti diffusi a causa del fatto che ci sono istanti di funzionamento in cui nessun
dente è in presa.
F/cos(α)
Sia ζ l’angolo che la forza che viene trasmessa tra le ruote forma con l’orizzontale nel punto di
braccio massimo.
Il taglio a cui il dente è sollecitato sarà:
F
T = cos ζ
cos α
F
N = sen ζ
cos α
Lo sforzo normale complessivo che il dente dovrà sopportare, nella sua generica sezione s, sarà
quindi dovuto alla flessione e alla compressione. Trascurando l’effetto della compressione che
tende ad aiutare il dente, cautelativamente consideriamo solamente lo sforzo flettente :
F 6 6F z
σM = cos ζ z = a vantaggio di sicurezza
cos α b s2 b s2
120
s2
Tale sforzo è costante lungo linee paraboliche di equazione C = . Lo sforzo massimo, in analogia
z
con la teoria della trave, si trova nella sezione di coordinata z tale per cui il profilo del dente risulta
tangente alla curva isotensionale parabolica.
Detti s* e z* i valori per cui questo accade, si definisce il coefficiente di Lewis come:
s*2 F
y = ⇒ σM =
6 m z* bmy
F Zm
Considerando poi la forza F prodotta dalla trasmissione di momento torcente MT = , da cui
2
2 MT
F = , si ottiene :
Zm
2 MT
σM =
Z b m2 y
2 MT
Sostituendo anche b = λ m si ha infine σM = . Si può notare come una piccola variazione di
Z λ m3 y
m porta a grosse variazioni di σM !
2
Definito poi il coefficiente k = 3 si ottiene che, in base alla tensione ammissibile del materiale
Zy
3
MT
m=k 3
λ σamm
Verifica a pitting
Per ingranaggi che lavorano ad alta velocità e trasmettono coppie non elevatissime la condizione
più gravosa è quella dovuta all’usura superficiale provocata dallo strisciamento, peggiorata dal
contatto intermittente che affatica il dente. La tensione massima sopportabile dal dente è calcolabile
con la relazione
F Eeq ρ
σM = 0.417
b cos α
2
Eeq = 1 1
è l’inverso della media delle cedevolezze delle ruote.
+
E1 E2
121
1 1 (R1 +R2 ) sen α
ρ= + = è la curvatura relativa dei profili, ovvero la somma delle
T1 M T2 M (R1 sen α + δ) (R2 sen α -δ)
curvature nei punti di contatto; si può dimostrare che la condizione più sfavorevole si ha per δ = 0
R1 +R2
ovvero per ρ = per cui con le solite sostituzioni:
R1 R2 sen α
In cui si ha:
◼ F forza tangenziale tramessa
◼ q coefficiente di forma delle dentature che dipende dal tipo di correzione e dal numero di denti, è
un valore tabulato
◼ b = λ m come al solito
◼ ϵ coefficiente di ripartizione del carico tra tra i denti delle ruote, che ha valore 1.25 ÷1.75 ma può
essere valutato come visto per il numero di denti in presa contemporanea
◼ ηd è un coefficiente di precisione che dipende da velocità di funzionamento e appunto dalla
precisione costruttiva, ha valore calcolabile
◼ σamm è tabulato a seconda del materiale
Calcolo a pitting
F 1 1 2 MT 1 1
± ± 2.5 Hd
bm Z1 Z2 λ Z m3 Z1 Z2
pM = f f ≤ pamm =
ηd ηE ηd ηE 6
nh
0.35
f =
0.5
1
E1
+
E2
1
sen α cos α Si usa il segno + per le dentature esterne,
il - per le dentature interne
In cui si ha:
◼ ηd quello di prima, comunque coefficiente per la vita a fatica
◼ ηE coefficiente che tiene conto dello stato di lubrificazione il cui valore è 0.7 ÷1.3,
approssimativamente può considerarsi 1
122
◼ f = 473 o 385 o 335 per α = 20 ° rispettivamente per Acciaio su Acciaio, Acciaio su Ghisa, Ghisa
su Ghisa, comunque calcolabile
◼ Hd durezza Brinnel del materiale, tabulata
◼ h ore di funzionamento (vedi pagina 126)
◼ n velocità di rotazione espressa in giri al minuto
Essendo la velocità della ruota motrice moderatamente elevata con ogni probabilità la condizione
più gravosa sarà quella a pitting.
La relazione per la determinazione del modulo della coppia di ruote dentate dovrà essere quindi :
F 1 1 2 MT 1 1
± ± 2.5 Hd
bm Z1 Z2 λ Z m3 Z1 Z2
pM = f =f ≤ pamm =
ηd ηE ηd ηE 6
nh
0.35
f = 1 1
= 473
0.5 + sen α cos α
E1 E2
n1
n2 = = 666.7 rpm
t
Z2 = t Z1 = 60
60 P
MT1 = = 9.549 Nm
2 π n1
MT2 = t MT1 = 28.65 Nm
Scelgo poi λ = 10 poichè non specificato, h = 15 000 poichè valore consigliato per macchine a
lavoro intermittente durante il giorno.
Da tabella determino Hd = 6400 per acciai da cementazione al carbonio allo stato cementato.
Per ingranaggi di buona esecuzione si può prendere cautelativamente ηd = 1 /1.3 per una velocità
periferica fino 20 m/s.
2.5 * 6400
pamm = 6
= 907.7 MPa
2000 * 15 000
Quindi infine:
123
1 1
2 f 2 MT ±
m=
Z1 Z2
3 =
λ Z1 ηd ηE pamm 2
1 1
= 1.3 * 2 * 4732 * 9.549 * 103 * + 10 * 20 * 1 * 907.72 ^(1 /3) =
20 60
1.31 → 1.5 modulo unificato
q = 3.37
1 Z1 + 2 2 Z2 + 2 2
ϵ = - Z1 2 + - Z2 2 - (Z1 + Z2 ) tan α = 1.67
2π cos α cos α
Si può inoltre fare la verifica di velocità periferica per vedere se il coefficiente ηd è stato valutato
cautelativamente :
Z1 m 2 π n1
v = = π m/s
2 60
Con ogni probabilità si sarebbe potuto prendere ηd = 1, con minime differenze nel risultato.
Infine si determinano i parametri caratteristici delle due ruote:
b = 15 mm
Z1 m Z2 m
R1 = = 15 mm , R2 = = 45 mm
2 2
rp1 = 13.125 mm , rp2 = 43.125 mm
rt1 = 16.5 mm , rt2 = 46.5 mm
d = 60 mm
Scelta la coppia di ruote potrebbe essere utile verificare che tali ruote non abbiano interferenza di
funzionamento (quella di taglio sappiamo già che per α = 20 ° non è problematica), ovvero andare
a controllare che:
2k τ 2k
Z1 ≥ , Z2 ≥
2
-1 + 1 + τ(τ +2) sen α -1 + 1 + τ(τ +2) sen2 α
1
2*1*
20 ≥ 3
= 14.98 ⇒ OK !!
1 1
-1 + 1+ +2 sen2 20 °
3 3
2*1
60 ≥ = 44.94 ⇒ OK !!
1 1
-1 + 1+ +2 sen2 20 °
3 3
124
125
126