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SON IA EMANUELA CAMPUS


S O N I A EMANU EL A CAMP US

SERGIO CAMPUS
SERGIO CAMPUS

Civiltà Agropastprale della Sardegna


Piante tra Natura e Tradizione nella
Arbures Matas Erbas -

Arbures Matas Erbas


LA MADDALENA
Piante tra Natura e Tradizione nella
ARCIPELAGO DA SOGNARE
Civiltà Agropastprale della Sardegna

www.sardegnaweb.it
www.sardegnablu.net
E D I T R I C E A R C H I V I O F OT O G R A F I C O S A R D O
25,00
SERGIO CAMPUS . EMANUELA CAMPUS
COLLABORAZIONE DI COSTANTINA FRAU

FOTOGRAFIE
DI SERGIO CAMPUS E SALVATORE COLOMO

EDITRICE ARCHIVIO FOTOGRAFICO SARDO . NUORO


Arbures Molas Erbas - Piante tra Natura e Tradizione
nella Civiltà Agropastorale della Sardegna

Collana «Viaggio in Sardegna»

Testi e didascalie di Sergio Campus e Emanuela Campus, con la collaborazione


di Ottavio Campus, Costantina Frau, Salvatore Colomo
Fotografie di Sergio Campus e Salvatore Colomo
Editing e coordinamento Salvatore Colomo I N T E R N E T editrice archivio
Revisione scientifica Ignazio Camarda fotografico sardo

© by Editrice Archivio Fotografico Sardo, Nuoro


www.sardegnablu.net
Collana «Viaggio in Sardegna»
www.sardegnaweb.it
© Photograph and text copyright by Ed. A.F.S.
© 2008 by Editrice Archivio Fotografico Sardo s.a.s. - Nuoro, via Foscolo 45, per il volume
«ARBURES MOLAS ERBAS PIANTE TRA NATURA E TRADIZIONE NELLA CIVILTÀ
AGROPASTORALE DELLA SARDEGNA», XVIII della Collana «Viaggio in Sardegna».
1° edizione - 2008
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in
alcuna forma e con alcun mezzo, elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema,
radio, televisione, internet, compact disk, senza autorizzazione scritta dell’editore.

Selezioni: Grafica Francesco Curreli, Nuoro.


Progetto Grafico: Salvatore Colomo Si ringraziano per i preziosi contributi forniti: Alda Con-
RINGRAZIAMENTI
gera, Giuseppina Corronca, Francesco Frau, Mariassunta
Frau, Domenico Cabiddu, Gesualda Lino, Anna Rita
Mele, Mena e Tonino Miscali, e in modo particolare
il professor Ignazio Camarda per i preziosi consigli.
In copertina: i frutti del corbezzolo e i fiori della

Gli arnesi riprodotti fanno parte delle collezioni etnogra-


lavanda; sullo sfondo, i frutti del castagno.
fiche di Antonello Frau, Vittoria e Michele Manca, Mena
Foto di Salvatore Colomo e Ninni Marras.
Pes, Luca Schirra. Attrezzi e reperti per la lavorazione
del lino sono stati fotografati da S. Campus al Museo del
Lino di Busachi (OR). Le foto relative alla lavorazione
del lino sono di proprietà di Giovanni Battista Mele.
I dolci di sapa sono della Pro Loco di Abbasanta.

SOMMARIO
PRESENTAZIONE, 3 LA COLTIVAZIONE DEL LINO NELLA
INTRODUZIONE, 4 MEDIA VALLE DEL TIRSO, 244
Alberi - Arbures o Matas, 8 APPENDICE, 250
Arbusti - Molas, 84 BIBLIOGRAFIA, 253
Erbe - Erbas, 118 INDICE, 256
Erbe coltivate - Erbas pastinadas, 230

s.a.s. di S. Colomo, via Foscolo 45, 08100 NUORO - tel. e fax 0784/257121
EDITRICE ARCHIVIO FOTOGRAFICO SARDO
Presentazione
e specie vegetali di cui si parla in questo libro sono solo alcune tra quelle presenti
L nel nostro territorio. Sono comunque le più significative che, per millenni e fino agli anni
cinquanta-sessanta del secolo XX, hanno caratterizzato l’economia, la vita, le tradizioni, e
in definitiva la Cultura stessa della Sardegna, permeando indelebilmente il mondo straordinario
della nostra Civiltà Agropastorale.
Tutto sommato sono le stesse che hanno cantato i poeti, dipinto i pittori, studiato e descritto i bo-
tanici e i naturalisti, sperimentato i medici e gli erboristi, difeso e valorizzato gli ambientalisti.
Spesso maltrattate da coloro che le sfruttano per propria utilità o le annientano con disboscamenti
selvaggi e col fuoco. Ignorando che distruggendo la Natura, fanno del male a se stessi.
Ignorando che anche i vegetali, oltre a nascere, crescere e morire, come ogni essere vivente, se ven-
gono maltrattati, soffrono.
Ignorando quanto di buono e di utile hanno dato le piante quando il mondo non era meccaniz-
zato e computerizzato come ora, e quanto potrebbero dare ancora, per la sua salute e nella sua e-
conomia.
Dunque si parlerà in queste pagine della stretta correlazione tra le piante e la gente che ha abita-
to i nostri villaggi e paesi nell’epoca premoderna.
Per fare ciò ci siamo serviti dell’aiuto di nonne e nonni, che hanno trascorso gli anni della giovi-
nezza e della maturità quando la terra si arava con l’aratro a buoi, quando si filavano e si tessevano
le fibre vegetali con attrezzi di legno, ci si svagava con strumenti di canna e di ferula, si curavano i
disturbi con decotti e impacchi fatti con le erbe delle nostre campagne. Che poi sono le stesse che
utilizzavano nell’alimentazione, quando si badava veramente alla qualità del cibo, anche perché a
causa della povera economia era difficile ottenere anche la quantità.

Presentassione - Sos vezetales chi muntovamos in custu libru sunt ebbia calecunos de cussos chi cre-
schent in logos nostros, mancari sos prus de importu de sa Cultura e de sas Usantzias de sa Tzivilidade de
sos Pastores e Massaios, chi po millennios sunt bivios de su chi zaiat sa terra e su bestiamene, finas a sos an-
nos chimbanta e sessanta de su 1900.
De su restu, sunt sos matessi chi ant cantau sos poetas, pinturau sos pintores, istudiau, e relatau sos botà-
nicos e sos naturalistas, ispirimentau sos méigos e sos butecàrios, amparau e balorizau sos ambientalistas.
Medas bortas trataos male dae chie abbadiat solu a su torracontu suu, o dae chie che ddos isperdet, se-
gandecheddos dae fundu o ponìndebis fogu.
Custa zente no si abbizat, no si cheret abbizare, chi isperdìndeche sa Natura faet male a issa e totu.
No ischit ca matas, molas e erbas naschent creschent e morint comente totus sos chi bivent in custu mun-
du, ma patint puru si ddas tratant male.
No ischit su bene e sa utilidade chi sos vezetales ant zau a s’òmine, e zant, in salude e in azudu, mesca-
mente cando su tribballu no fut mecanizau e computerizau comente como.
E duncas est de sa dipendéntzia paribari, de sas matas e de sa zente chi est bìvia in custas biddas in s’ò-
peca premoderna, chi amos a faeddare in custas pazinas.
Po cussu amos pediu s’azudu de mamais e babbais chi dae pitzinnos a mannos ant bisu sos òmines arande
sa terra cun s’arau tirau dae sos boes, sas feminas filande e tessinde su filu e sa lana cun sas ainas de lin-
na. Cando piticos e mannos s’ispelegaiant cun zoghitos de canna e de ferula. Cando totugantos curaiant
sos istrobbos cun brou e impiastros fatos cun sas erbas chi agataiant in su sartu, sas matessi chi impitaiant
in su papare. Cando a malaoza contaiat prus sa calidade de sa cantidade de su màndigu.

Gli autori – Sos autores

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INTRODUZIONE

L a storia delle piante che descriviamo in


questo volume è anche la storia di ciò
che mangiavano le popolazioni dei cen-
tri minori (ma non solo quelli), sparsi nelle cam-
menta, l’aglio, il basilico, la cipolla, la salvia, il
rosmarino, l’alloro ecc.; sappiamo poi che alcu-
ne di queste si usava bruciarle nelle funzioni re-
ligiose e in determinate festività. Molte erbe,
pagne sarde, quando ci si nutriva per vivere e drupe e bacche venivano consumate crude, più
non sempre si aveva il cosiddetto “necessario”. saporite e con le proprietà integre, altre le cuci-
Un ruolo importante nell’alimentazione dei navano, dopo averle pulite e lavate.
nostri parenti più anziani e dei nostri antenati lo Certamente, per poterle cogliere, i nostri non-
avevano i vegetali: le erbe, con le loro foglie, ni e bisnonni e le nostre nonne e bisnonne co-
steli, tuberi, radici; gli arbusti e gli alberi con i noscevano bene bietole, cicorie, cardi, finoc-
loro frutti ricchi di vitamine e di sali minerali. chietti, crescione, borragine, rafano, per citare
Le diverse parti delle piante avevano tempi di le più comuni, sapevano dove cercarle e quali
cottura maggiori o minori: semplificando, 10-20 parti adoperare in cucina o a scopo medica-
minuti per foglie e fiori, 20-30 minuti per tuberi mentoso.
e radici. Non mancavano mai in cucina le erbe In particolare erano le donne che conosceva-
aromatiche, che oltre a rendere più saporito il ci- no le dosi occorrenti per curare, o alleviare, il di-
bo, erano apprezzate per le numerose proprietà sturbo di cui si soffriva. In molti casi, a secon-
medicamentose atte a prevenire molti disturbi fi- da del bisogno, erano di giovamento solo alcu-
sici e mentali. Possiamo ricordare almeno la ne parti: le radici, il tronco, la corteccia, le fo-
glie, i fiori o i frutti.
Conoscevano

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INTRODUZIONE

l’importanza di prendere delicatamente ciò che sità di sopravvivere, mentre ora potrebbe essere
serviva, senza mai eccedere, usando il rispetto utilissimo allo spirito stanco a causa della vita fre-
che si deve a tutti gli esseri viventi. netica e tumultuosa di oggi, complicata ancora di
Esse ci hanno insegnato che niente è più salu- più dai cibi preconfezionati surgelati e conserva-
tare di una bella passeggiata in campagna, e que- ti in barattoli, provenienti chissà da dove.
sto ben prima delle mode “ecologiche”: immer- Dal loro esempio e dalle loro parole, ma anche
gersi nel verde e nel silenzio della Natura, ascol- da ciò che abbiamo visto e letto, abbiamo ap-
tare il canto delle piante fatto di suoni lievi ed e- preso che l’alimentazione è un fatto naturale
terni, nati dal vento e dal fruscio delle foglie, co- il cui significato trascende l’aspetto nutriziona-
me parole che ci raccontano storie infinite. E poi le. Essa è un sistema di comunicazione di im-
fare ritorno a casa con il cuore più sereno, i maz- magini e di comportamenti, un patrimonio di sa-
zi di erbe e i frutti di stagione tra le mani, utili al peri da trasmettere a tutti noi. L’alimentazione
benessere del nostro corpo. Un tempo l’amore passa attraverso i sensi, che suscitano piacere
per la natura dipendeva anche dalla pura neces- quando mangiamo cibi genuini. Quando in es-
In queste pagine, erbe coltivate e spontanee della nostra isola. Sotto, basilico, prezzemolo, aglio e cipolla sono ancora
diffusamente presenti nei nostri orti e utilizzati in tutti i piatti della gastronomia tipica e nei pasti di tutti i gior-
ni. Nella pagina a lato: accanto al prezzemolo si notano salvia, rosmarino e timo.

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INTRODUZIONE

sa si trovano i sapori e i saperi, allora c’è la no- mai l’acqua dove si cuociono le verdure, perché
stra cultura, c’è la nostra identità, c’è il nostro be- in essa sono contenute preziose sostanze nutri-
nessere. Salvaguardare la nostra cucina tipica è tive (ora sappiamo trattasi di sali minerali), da u-
salvaguardare la nostra storia, per poterla tra- tilizzare per le minestre.
smettere ai nostri figli. Nella preparazione delle erbe selvatiche si do-
Cucinare ciò che la terra ci dà spontaneamen- vrebbe ridurre all’indispensabile l’uso del sale,
te, è conoscerla e valorizzarla, è star bene con noi che pure gli antichi consideravano simbolo di
e con gli altri. Dopotutto la preparazione dei saggezza, tanto che i preti mettevano un gra-
frutti e delle erbe selvatiche non richiede più nello di sale nella bocca dei battezzandi, ac-
tempo di quelle coltivate, o di certe pietanze e- compagnando il gesto con la frase: “Ricevi il
laborate che hanno perso le virtù salutari. È suf- sale della sapienza”. I romani lo usavano per e-
ficiente lavarle, tagliarle a pezzi, lessarle e con- liminare l’amaro di alcune erbe, da cui la paro-
dirle con olio, oppure saltarle in padella, farci le la insalata, ma anche per salvaguardare il cibo
torte salate e le frittate, e il minestrone. dal deterioramento. Leggiamo poi che essi, per
Con i frutti di alberi e arbusti, come le rosacee insaporire i cibi, utilizzavano le bacche di alcu-
o le mirtacee, si fanno squisite e sostanziose ni arbusti, insieme alle erbe aromatiche, come i
marmellate da conservare, liquori gradevoli e finocchietti, i porri, gli asparagi e tante altre, e
digestivi. con esse preparavano le salse. Perché non pro-
I cuochi dell’antica Roma, quelli dei monaste- vare anche noi a condire con esse la pasta e il ri-
ri del Medioevo ma anche nell’età moderna, ci so, o a metterle nel minestrone? Sentiremo allora
hanno trasmesso questi saperi nei libri di cuci- profumi e sapori che dal gusto e dall’olfatto ar-
na, le nostre nonne e le nostre mamme ce le riveranno al cervello e vi resteranno.
hanno tramandate con la scuola della loro vita Questi profumi e questi sapori inebrieranno il
semplice e frugale. Nel libro De re coquinaria (I cuore e la mente con dolci e ancestrali “melodie
sec. d.C.) Apicio raccomanda di non buttare gastronomiche”, le stesse che con ogni proba-
bilità erano apprezzate dall’anti-
co popolo nuragico.

Il mandorlo è uno degli


alberi coltivati più diffu-
si. I suoi frutti si utilizza-
no per la preparazione di
tantissimi dolci tipici.

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INTRODUZIONE

Introduzione - S’istoria de sos mannos, est fintzas s’istoria de su chi papaiant, cando papaiant po
bivere, e no sempere teniant su chi bis bisonzaiat.
De importu mannu in su màndigu funt sos vezetales: sas erbas, cun sas fozas sos chimos e sas raighinas,
sas molas e sas matas, cun su frutu ricu de vitaminas e de sales minerales. No mancaiant in coghina sas
erbas de fragu bellu ricas de propiedades meighinosas, chi faiant prus saboriu s’ite papare e curaiant pa-
ritzos istrobbos de sa carena e de sa mente. Innoghe amentamos s’azu, s’afràbbica, sa menta, sa chibud-
da, su pedrusèmene, sa salvia, su romasinu, su lauru etz. Ischimos puru ca calecuna de custas ddas bru-
siaiant in sas funtziones relizosas e in sas festas. Ischimos puru ca b’aiat erbas chi papaiant cruas, prus
saborias e cun sas propriedades intreas, ateras ddas coghiant, apustis ddas aere innetiadas e samunadas.
De seguru a impitare sas diferentes calidades vezetales, beda, iaparau, cardu, frenugu, limbuda nastrutzu,
muntovande sas prus connotas, tocaiat a ddas connoschere, a ischire inue ddas cricare, cale parte impi-
tare in coghina e in sas meghinas, e sa cantidade zusta a curare, o a illebiare, s’istrobbu de sa carena.
Mamais nostras ischiant ca a segunda de su bisonzu faiat bene una o prus partes: sa raighina, su trun-
cu, s’iscorza, sas fozas, sos frores e sos frutos, cun tempus differente de cottura, 10-20 minutos frores e fo-
zas, 20-30 minutos sas raighinas.
Issas ischiant s’importàntzia de impitare su chi serbiat cun delicadesa, chena esagerare e cun su respetu
chi si depet zare a sos chi bivent, amentande de nde lassare a sos benidores, poite s’ambiente est de totus.
Issas nos ant imparau ca no b’at nudda de prus sanu comente una bella passizada in su sartu, in mesu
de una natura birde e silente, iscurtande su cantu de sas matas fatu de paraulas eternas, chi contant un’i-
stòria chena fine, posca recuire a domo cun duos matzuleddos de erbas, calecunu frutu de istajone, de u-
tilidade a su corpus, ma fintzas a sa selenidade de s’animu istracu de sa vida baticollosa de oe. Istracos
de papare mandigos zai prontos, surzelaos e regortos in botos, chi bae e crica dae inue benint.
Dae s’esempru e de sas paraulas de mamais nostras, e dae su chi amos leziu, amos imparau ca s’ali-
mentatzione est unu fatu naturale e su sinnificu est prus importante de su nutrimentu. Est unu sistema
de imazine e de cumportamentu, una richesa de connoschéntzias chi tocat a imparare.
Est cun piaghere chi papamos alimentos sanos, e cando in custos bi sunt sos sabores e sas connoschéntzias
antigas, tando bi est sa cultura nostra, bi est s’identidade e su benistare nostru. A imparare su modu de
coghinare de sos mannos est a amparare s’istoria nostra, po dda imparare posca a fizos nostros.
A coghinare su chi sa terra nos zat debbadas est una manera de dda connòschere, de dda balorizare e de
istare bene cun nois e cun sos àteros. De su restu a aprontare sas erbas e su frutu de sas matas de sartu no
bi cheret prus tempus de su chi bi ponimos a aprontare cussas comporadas, a fàere calecunu màndigu is-
siminzosu chi ch’at perdiu sas propiedades bonas a sa salude. Abbastat a ddas samunare, a ddas segare a
cantos, a ddas còghere a buddiu, a ddas cundire cun ozuermanu, a ddas frìere, a fàere tzìpulas e trutas
e minestrone. Cun su frutu de sas matas e de sas molas podimos fàere cufeturas sustantziosas po ddas co-
stoire e licores chi faent dizerire.
Sos coghineris de Roma antiga, cussos de sos monasteros de su medioevo e de s’epoca moderna, nos ant las-
sau custas connoschentzias in sos libbros de coghina, mamais e mamas nostra cun s’imparu de onnia die,
cun sa vida issoro sempritze e moderada. In su libbru De re coquinaria de Apicio, in su primu seculu a-
pustis de Cristu, lezimos a no che fuliare s’abba inue coghimos sas birduras, ma a dd’impitare a fàere sa
minestra. In s’aprontadura de sas erbas de sartu si diat dépere impitare sale pagu, mancari sos antigos
ddu cussideraiant sinnu de sabiore, ( sos peidres poniant unu ranu de sale in buca de sos pitzinnos can-
do ddos funt batiande, nande “retzi su sale de su sabiore”). Sos romanos ddu impitaiant po che trantzi-
re s’arranchidore de calecuna erba, (de cue sa paraula issalada) e po no s’impudire s’ite papare. Lezimos
fintzas ca issos impitaiant sas meligheddas de calecuna mola a fàere prus saboriu s’ite papare, e poniant
a cundire fintzas su frenugu, s’isparau, s’azu areste e àteras erbas.
Poite no ddas ponimos nois puru a cundire sos macarrones, s’arrosu e a faere su minestrone?
Tando amos a nuscare fragos bellos, amos a assazare sabores bonos chi dae sa buca e dae su nasu ch’ant
arribbare a sa mente e bi ant arreare. Custos fragos e custos sabores nos ant allergare su coro de melodias
antigas, sas matessi chi allergaiant su populu de sos nuràzicos.

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ALBERI
spontanei e coltivati
ARBURES o MATAS
arestes e pastinadas

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Agrifoglio
Olostrighe
Ilex aquifolium (Aquifoliaceae)

Habitat e descrizione eccezionali può raggiungere anche i venti. Le sue


L’agrifoglio è albero di alture e di luoghi om- foglie sono lucide, coriacee e pungenti, i fiori
brosi; cresce bene in terreni freschi e profondi, maschili e femminili sono portati da piante di-
ricchi di sostanza organica e di minerali. stinte, sono bianchi e sbocciano in aprile e in
Presenta portamento arboreo o arbustivo: la maggio. I frutti, piccoli, si colorano di rosso vi-
sua altezza va dai quattro ai dieci metri, in casi vo in inverno.

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ALBERI - ARBURES

Proprietà e impiego
Il tronco, non molto grosso ma facile da lavo- Sos logos inue creschet e sa descritzione
rare, viene utilizzato per costruire mobili. Seb- S’olostrighe est mata de artura e de logos um-
bene sia un albero protetto dalla legge, con i brosos, creschet bene in terrinos arenosos, chi b’a-
rami si ornano le case nel periodo natalizio. pet ladàmene e minerales.
Il brodo ottenuto dalle foglie, bollite nell’acqua Bi nd’at a mola e a mata, arta dae sos bàtoro a
per qualche minuto, fa bene alle coliche; gli im- sos deghe metros, podet arribbare finas a sos bin-
pacchi ai dolori reumatici e ai gonfiori; quello ti. Sas fozas sunt lùghidas, corriatzas e ispinosas,
fatto con le radici è diuretico. Grazie all’ilicina sos frores, masculinos e femininos, sunt presentes in
contenuta nelle foglie il decotto fatto con esse ab- matas diferentes, sunt biancos e ispraghent in ar-
bassa la febbre, mentre quello fatto con la cor- bile e in maju; sos frutos, piticos, si tinghent de
teccia è efficace per la cura del fegato. ruju lughente in s’ierru.
Dalla scorza e dalle foglie si ricava l’acido gli-
colico, che pulisce la pelle rendendola liscia. Le Propiedades e impitu
bacche sono da evitare perché tossiche. Su truncu, pagu russu ma fàtzile a ddu trib-
ballare, dd’impitant a fàere mobilia. Mancari
L’agrifoglio è un albero particolarmente gradevole e
sa leze brivet de che segare sos chimos, a Paschi-
ornamentale nei giardini. Nella pagina accanto: le
sue magnifiche bacche rosse. ghedda ddos ponent a addobbare sas domos.
Su brou de sas fozas, iscotadas in s’abba po cale-
cunu minutu, faet bene a sas còlicas, sos impacos
a sos dolores ’e sos ossos e a sas ufraduras. Cussu fa-
tu cun sas raighinas faet pissiare.
Po more de sa ilicina chi est in sas fozas, su brou
abbassat sa callentura, cussu de s’iscorza azuat
a curare su fìgadu. Dae sa corza e dae sas fozas
fàent s’àcidu glicòlicu, chi serbit a innetiare e
apraniare sa pedde. Tocat no papare su frutu ca
est felenosu

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Alloro
Làuru, Laure, Lavru
Làurus nobilis (Lauraceae)

Habitat e descrizione malati per ottenerne la guarigione. Gli indovi-


L’alloro è un tipico albero, o anche arbusto, ni predicevano il futuro dopo averne bruciato le
dell’area mediterranea. È originario dell’Asia foglie. Nel santuario di Delfi la Pizia era inco-
Minore e in Sardegna lo si trova, allo stato spon- ronata con fronde d’alloro, sacro ad Apollo, il
taneo, nei luoghi ombrosi e umidi, ma non mol- dio che proteggeva l’arte e la poesia.
to freddi. Sia nelle pianure come nelle monta- Pianta simbolo di onore, di gloria e di vittoria,
gne di media altitudine, vegeta spesso verso i la si piantava nei luoghi sacri. I romani, con le
bordi dei boschi di leccio e di roverella. sue fronde, facevano delle corone per i poeti,
È una pianta sempreverde e può innalzarsi dai per gli eroi e per i generali vittoriosi. Credeva-
sei ai dieci metri. Le foglie sono verde scuro e no anche che i fulmini non avessero potere su
coriacee; se sfregate emanano un aroma molto quest’albero, in quanto pianta sacra a Giove. A
intenso. I fiori sbocciano in alberi separati, tra proposito si racconta che Tiberio, durante i tem-
marzo e aprile; i frutti sono piccole drupe che porali, si cingesse il capo con fronde d’alloro.
diventano nere e lucide in autunno, quando rag- Pare che la corona di Napoleone fosse di fron-
giungono la piena maturazione. de d’alloro e con esse ancora oggi s’adornano i
laureati.
Mitologia e Storia
Si pensa che il nome làurus derivi dal latino Proprietà e impiego
laudo. Il mito greco raccontava che Dafne, fug- Viene utilizzato come siepe e frangivento, in-
gendo da Apollo che voleva possederla, fu tra- torno alle case e agli orti. Esso contiene alcuni
mutata in alloro da Gea. I greci usavano ap- composti, tra cui oli essenziali, sostanze grasse,
pendere ai rami di questo albero gli abiti dei tannino, amido, zucchero ed altre sostanze utili.

I fiori dell’alloro e, nelle altre foto, viste ravvicinate


dei rami. Le foglie, molto profumate, sono utilizzate
come condimento in numerosi piatti tipici sardi.

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ALBERI - ARBURES

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ALBERI - ARBURES

Le drupe ridotte in poltiglia si applicano sulle le carni, i pesci, le conserve di verdure (funghi,
parti dolenti per via dei reumatismi. I decotti cardi, carciofi, melanzane), alcuni frutti come i
delle foglie alleviano alcuni disturbi dello sto- fichi secchi che s’infilzano nello spago alternati
maco, aiutano a digerire, decongestionano i a foglie d’alloro. C’è chi ne mette in mezzo al-
bronchi, calmano la tosse e il mal di testa. Se ne l’uva passa. Sarebbe meglio usarle un po’ appas-
fa bollire un pugno in un litro d’acqua per un site, perché perdono il sapore amaro e l’odore
quarto d’ora; il brodo ottenuto si lascia riposa- troppo forte. Le drupe ben mature si lasciano un
re, quindi se ne beve una tazza dopo pranzo ed mese a macerare nell’alcool; si aggiunge poi una
un’altra prima di andare a letto. Versato nella va- quantità più o meno uguale di acqua bollita con
sca da bagno profuma l’acqua. Gli impacchi eli- una dose a piacere di zucchero, si filtra e si spre-
minano i brutti odori e alleviano i gonfiori del- me il tutto ottendendo il liquore d’alloro, ottimo
la pelle. Le foglie vengono usate per insaporire come digestivo.

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ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Su làuru, mata sèmpere birde, ma fintzas mola, de sos logos a inghìriu
de su Mediterraneu, nos benit dae s’Asia Minore. In Sardinna est a-
reste e bi nd’at meda in logos umbrosos de sos paris e de sas arturas, i-
nue bi proet, ma no b’at fritu meda. Sos prus sunt a lacana de buscos
de èlighe e de crecu. S’artesa podet andare dae ses a deghe metros. Sas
fozas sunt lùghidas, corriatzas e birde-iscuru. Sos frores ispraghent in
matas diferentes, tra martzu e arbile, su frùture est una melighedda
e cando est cota, in s’atonzu, si faet niedda e lùghida.

Mitolozia e Istòria
Fortzis su lùmene de su làuru benit dae su latinu laudo. Sos gre-
cos contaiant ca Dafne, fuìndesi dae Apollo chi dda cheriat a ma-
laoza, si est mudada in làuru. Issos etotu acostumaiant de apicare
in sos chimos de custa mata sos bistimentos de sos malaidos po coi-
tare a che sanare. Sos devinos leziant su tempus benidore apustis n-
de àere brusiau sas fozas. In su santuàriu de Delfi sa Pizia zughiat
una corona de chimos de làuru, sagru a Apollo, su deus chi ampa-
raiat s’arte e sa poesia. In cantu mata sinnu de onore, de groria e
de vitoria, dda pastinaiant in logos sagraos.
Fintzas sos romanos cun sos chimos suos faiant coronas a sos poetas,
a sos eroes e a sos zenerales vitoriosos. Creiant fintzas ca sos lampos In alto e nella pagina a lato: la
no teniant perunu podere suba su lauru, poite fut una mata sagrada pianta con i caratteristici frutti ne-
a Zove. Contant ca Tiberiu, cando lampaiat e tronaiat, si poniat ri. Sotto: con il legno dell’ alloro si
facevano pale e tridenti (palas e
in conca chimos de làuru.
triutzos).
Nachi sa corona de Napoleone fut de chimos de làuru e, como chi est
como, ddos ponent in conca a sos laureaos.

Propiedades e impitu
Su làuru ddu impitant a faere cresuras de domos e de ortos, e po am-
paru dae su bentu. In mesu de sas propiedades chi ddu cumponet b’at
ozu de importu, sustàntzias rassas, tannino, midone etz. Cun sas
méligheddas faent un’impastu chi faet bene a sos dolores reumaticos.
Fainde buddire unu punzu de fozas in d-unu litru de abba, su brou
illebiat sos istrobbos de s’istògomo, azuat a dizerire, a iscatarrare,
allenat su tùssiu e su dolore de conca. Tocat a nde bufare unu tzi-
cherone apustis papau e unu innanti de si che crocare. Betàndeddu
a sa bartza de su bannu, zat unu fragu bellu a s’abba. Sos impacos
che trantzint su fragu malu e allenant s’ufrore de sa pedde.
Sas fozas ddas impitamos a fàere saboria sa petza, su pische, sas bir-
duras in botos (antunna, cardu, cartzofa, perdinzanu), e sa frù-
ture. Ponimos una foza de làuru tra una figu sicada e s’àtera, in-
tradas in s’ispau. B’at zente chi nde améschiat a sa pabassa.
Diat a èssere menzus de impitare sas fozas unu pagu sicas, po bi che
faere pérdere su sabore forte e arrànchiu.
Cun sas méligheddas bene cotas e postas in àrcolo nessi unu me-
se, azunghindebi posca abba pesada a buddire cun su tzùcaru
(sa cantidade est a piaghere) faent unu licore po dizerire.

15
Bagolaro
Suzarga, Surzaga
Celtis australis (Ulmaceae)

Habitat e descrizione
Il bagolaro preferisce terreni freschi, acidi, ric-
chi di sostanze organiche, ma poiché le sue ra- Sos logos inue creschet e sa descritzione
dici scavano in profondità, cresce anche nei ter- Sa surzaga cheret de prus terrinos friscos e nied-
reni aridi e rocciosi (da cui il secondo nome i- dos, ma dae su mamentu chi sas raighinas iscor-
taliano, spaccasassi). Non teme né il caldo né la rovant in profundidade, creschet fintzas in terri-
siccità, tanto che lo si trova facilmente in colli- nos lanzos e cun rochile. No timet ne caentu ne si-
ne soleggiate. canna e po custu bi nd’at medas in montigos so-
I bagolari sono alberi longevi, spesso secolari, lianos. Est una mata seculare, bi nd’at de chimbe-
e se ne possono trovare di cinque-seicento an- seschentos annos e podet artziare finas a binti-bin-
ni. Possono raggiungere i venti-venticinque me- tighimbe metros. Su truncu arribbat a medire u-
tri di altezza. Il tronco arriva a misurare un me- nu metru de diametru, sa corza est colore de chi-
tro di diametro, la corteccia è grigio cenere, ab- sina, sas fozas sunt birde-iscuru in su chirru ’e su-
bastanza chiara, le foglie sono verde scuro nel- su, colore ’e chisina in suta, che arruent in atonzu.
la parte superiore, grigie in quella inferiore, e ca- Sos frores biddastros ispraghent cando bessint sas
dono in autunno. I fiori verdastri sbocciano in fozas, in arbile-maju. Su frutu est una melighed-
contemporanea alla fogliazione, in aprile-mag- da pitica, sos latinos dda mutiant faba siriaca.
gio. Il frutto è una piccola drupa non più gran- Cando est cota si tinghet a nieddu ed est druche.
de di un cece, detta in latino faba siriaca. Quan-
do è matura si colora di nero e ha un sapore Impitu
dolciastro. In sos tempos colaos, cun sa linna de surzaga sos
massaios faiant mànigas de istrale, de
Impiego cavana, de marrone e àteras ainas
Nel passato, col legno di bagolaro i contadini de tribballu e sos craboneris dda
costruivano i manici per scuri, roncole, zappe faiant a crabone. Cun sa corza sas
e per altri utensili da lavoro; i carbonai con féminas faiant una tinta groga.
i rami facevano il carbone, le donne con la Sos pitzinnos pigaiant a sa mata a
corteccia una tintura gialla. boddire sas méligheddas, a si ddas
I ragazzini si arrampicavano sull’albero papare, ma fintzas a zogare, si ddas
per cogliere le drupe e mangiarle, ma an- tiraiant pari pari cun s’isticarolu
che per giocarci “sparandole” con le cer- de saucu.
bottane di sambuco. In certe zone del- In sartos nostros de custas matas bi
la Sardegna questi alberi sono presenti nd’at mescamente a probe de sos mo-
soprattutto nelle vicinanze dei monu- numentos archeolozicos, ma nde podi-
menti archeologici, in altre un po’ o- mos bìere in sas biddas, poite si arran-
vunque ma soprattutto in territori sel- zat a calesisiat terrinu e zat umbra.
vaggi, ma ne vediamo anche negli abi-
tati per il facile adattamento ai diversi Con il legno del bagolaro si facevano
tipi di suolo e per la loro ombra. i manici delle falci per trebbiare il
grano (sas fraches).

16
ALBERI - ARBURES

FAGACEAE

Esempi di Faga-
cee: le ghiande
del leccio e, nel
disegno, ghiande
e foglie di rove-
rella.

Generalità - Gli alberi di questa importan-


te famiglia risalgono a più di cento milioni di an- Descritzione - Sas matas de custa famìllia
ni fa, come testimoniano i fossili. In autunno sunt antigas dae sos chentu e prus miliones de an-
perdono le foglie; i fiori, maschili e femminili, nos, comente distimonzant sos fossiles. Sas fozas si che
verdi o giallognoli, sbocciano nella medesima bolant in s’atonzu, sos frores birdes o grogatzos, ma-
pianta. I frutti, ghiande e castagne, sono più o sculinos e femininos, ispraghent in sa matessi ma-
meno piccoli e marroni. ta, su frutu, lande e castanza, est piticu e colore de
Il nome Castanea pare provenga dalla città di terra. Sa paràula Castanea amentat una bidda
Kastanis nella Lidia, ricca di boschi di castagni. de sa Tessaglia rica de litos de Castanza, cussa de
Il nome Quercus potrebbe essere celtico, Cuer Quercus podet bènnere dae su tzerticu Cuer = ma-
= albero, o Quer= bello. Entrambe le voci signi- ta, o Quer = bellu. Ambas paràulas ispricant sa
ficano la vera natura di queste piante, simbolo natura de custas matas, sinnu de possanza e de bel-
di potenza e di bellezza. Esse sopportano il tem- lesa. Issas subbecant sas traschias, fritu, abba e ben-
po inclemente, freddo, pioggia e vento, ma an- tu, ma fintzas su caentu e sa sicanna. Sos chimos
che il caldo e la siccità, e sono molto longeve. I russos e fortes si trochent ma no si truncant. Apu-
robusti rami si piegano ma non si spezzano. Do- stis chi ddas brusiant sas matigheddas torrant a
po gli incendi le pianticelle rinascono dalla ba- nàschere dae fundu de su truncu.
se del fusto. In Sardinna ch’at siat matas de Castanza siat
In Sardegna sono presenti sia il genere Casta- ratzas diferentes de Crecu.
nea sia diverse specie di Quercus.

17
Castagno
Castanza
Castanea sativa (Fagaceae)

Habitat e descrizione che, cadono in autunno, dopo la maturazione


Il castagno è albero di montagna non molto dei frutti, e spuntano nuovamente tra aprile e
alta, ma dal clima temperato e piovoso. Ha biso- maggio; i fiori sbocciano tra giugno e metà lu-
gno di terreni fertili, profondi, sciolti e leggeri, ric- glio.
chi di potassio e di fosforo. In Sardegna i casta- I frutti sono degli acheni marroni contenuti
gneti più vasti vegetano nel versante occidentale nei tipici ricci spinosi, prima verdi e chiusi, poi
del Gennargentu, tra Desulo, Aritzo, Tiana, To- giallastri e spesso aperti almeno in parte, quan-
nara e Sorgono; sono diffusi, anche se meno, in do vengono raccolti, da settembre a novembre.
Gallura, Guilcieri, Barigadu e Montiferru.
È un albero maestoso e longevo, che può su- Storia
perare i cinquecento anni: ne esistono di mille- La pianta è originaria dell’Asia occidentale. Le
nari. L’altezza media è di venti metri, in via ec- fonti letterarie che testimoniano la bontà del
cezionale può raggiungere i trenta-trentacin- suo frutto sono molte, dalle Bucoliche di Virgilio
que metri; il tronco può superare i quattro me- alla Storia Naturale di Plinio, fino alle opere di
tri di diametro. tanti scrittori e poeti moderni e contempora-
La corteccia forma dei cordoni longitudinali; nei, che ne esaltarono la bontà e chiamarono il
le foglie, lunghe ed ellitti- castagno albero del pane.

18
L’infiorescenza del castagno.
Nella pagina a lato:
i ricci ancora verdi e, nella
foto piccola, un albero fiorito.
ALBERI - ARBURES

Un tempo il legno del castagno si utilizzava intensamente per produrre ogni genere di oggetti. In queste foto:
arcolai (sos ghindalos); un carretto per i bambini (su carrutzu); una vecchia cassapanca (sa cassia).

Le cassapanche sarde venivano In queste foto, una cassapanca vista Contenitori per lavorare il formag-
usate per riporre svariati oggetti. chiusa e aperta. gio(iscos de faere su casu).

La culla(su brassolu). Macinini per il caffè (sos molinetes). Tavolo per fare il pane (mesa de
faere su pane).

Oggetti per lavorare e marcare il Setacci per la farina (sedatzos). Tavolino e seggiole (mesighedda e
pane (trastes po su pane). iscannitos).

Proprietà e impiego to ricche di glucidi, di sali minerali, di vitamine


Il legno, resistente e semiduro, viene utilizzato B e C e di tannino. Sono buone anche secche e
per fare mobili di tutti i tipi, travi, porte e finestre tuttora rientrano nella preparazione di squisite
e, in passato, per realizzare le sponde del carro. pietanze e di dolci.
Le castagne si raccolgono da terra dopo aver- Per avere capelli lucidi e lisci si sciacquano in
le liberate dai ricci, che si fanno cadere dall’al- un litro d’acqua dove sono state bollite una
bero colpendoli con bastoni. Un tempo, in mol- manciata di foglie di castagno, colte prima del-
ti paesi, mangiate crude, arrostite o bollite, sop- la fioritura. Questo decotto fa bene anche per ca-
perivano alla mancanza di altri alimenti, in quan- tarro e tosse.

20
ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Sa castanza, est mata de monte pagu artu, inue
bi proet ma no b’at fritu meda. Tenet bisonzu de
terra niedda, lebia e prufunda, rica de potassiu
e de fosforo. Che nd’at pagas in su Guilcieri, ma
medas in Barigadu e in sos montes a probe.
Est una mata maestosa e de vida longa, podet
Mestoli per fare il formaggio e la ricotta (frucones po bìvere finas a chimbighentos e prus annos, paret
faere su casu e su soru).
chi si nd’agatat millenarias. S’artesa media est
de binti metros, ma capitat de arribbare a sos
trinta-trintaghimbe, e su diametro de su trun-
cu a bàtoro metros e prus. S’iscorza est sinnada
dae artu in bassu dae cordones; sas fozas, longas
e ovales, che arruent in s’atonzu, apustis de cò-
ghere su frutu, torrant a bogare dae arbile a
maju; sos frores ispraghent dae sa fine de làm-
padas a sa metade de trìulas. Su frutu est ain-
tro de s’eritzu ispinosu, prima birde, posca gro-
gatzu. Che ddu regollint in sos meses de cabu-
Anche il falegname realizzava i suoi strumenti in danni e de santandria
castagno. Ecco le pialle (pranas), che si potevano fare
anche in olivastro.
Istòria
In sos tempos prus antigos b’aiat matas de castan-
za in s’Asia otzidentale. Medas sunt sos paperis in s’i-
stòria literaria chi distimonzant sa bontade de cu-
stu frutu, dae sas Bucolicas de Virzilio a sa Història
Naturalis de Plinio, finas a sas operas de sos iscrito-
res e de sos poetas modernos e de oe, chi dd’ant ban-
tau e ant tzirriau sa castanza sa mata de su pane.

Propiedades e impitu
Cun sa linna de castanza, meda resistente,
faent dònnia zenia de mobìlia, petzos, zennas e
fentanas. In sos annos colaos faiant sas zerdas
de su carru.
Su frutu che ddu collint de terra e che ddu bo-
gant dae s’eritzu chi che iscudent de sa mata cun
d-unu fuste. In medas biddas papaiant sa castan-
za, crua, arrustia o cota a buddiu, a su postu de à-
teros alimentos, poite b’at in cantidade glucidi, sa-
les minerales, vitamina B e C e tannino. Dda po-
diant fintzas sicare. Ancora oe b’at chie cun sa ca-
stanza faet màndigos saborios e druches.
Po illughidare e allìsiare sos pilos ddos sàmunant
in d-unu litru de abba pesada a buddire cun d-
Qui sopra: uno degli utilizzi più noti di questo legno
sono i taglieri (sos trazzeris), i mestoloni (sos truddo- una zunta de fozas de castanza, boddias innan-
nes) e i mestoli (sa terudda, nella foto piccola). A de- tis de ispraghere sos frores, custu brou faet bene
stra: pale del forno, per cuocere il pane (palas de su fintzas a chie est tussiu e acatarrau.
furru).

21
Cotogno
Mela chidonza
Cydonia vulgaris (Rosaceae)

Habitat e descrizione tarono a Roma i cotogni, che là vegetavano in


Il cotogno proviene dall’Asia occidentale e abbondanza. Di vero c’è che la cotogna era un
centrale, ma lo si coltiva nell’area mediterranea frutto assai apprezzato nel mondo antico. In
da tempi molto antichi. Attecchisce in terreni Grecia era offerto agli dei nei riti religiosi; do-
freschi e ricchi di humus, in pianura e nei mon- nato da un uomo a una donna era pegno di a-
ti, nei climi caldi e freddi. Si può innalzare per more e le spose, prima di entrare nella camera
alcuni metri. Le foglie, ovali e di colore verde- nuziale, dovevano mangiare una mela cotogna.
lucido, cadono a fine autunno, rispuntando in Forse fu uno di questi frutti a provocare la di-
primavera insieme ai fiori, che sono bianchi e scordia tra Giunone, Atena e Venere.
rosa. I frutti maturano in autunno, sono di co-
lore giallognolo, ricoperti da peluria. Hanno sa- Proprietà e impiego
pore asprigno e caratteristico; si possono con- È risaputo che i medici greci e romani ne co-
servare per gran parte dell’inverno. noscevano le proprietà alimentari e salutari.
Grazie alle sostanze contenute (glucosio, mu-
Mitologia e Storia cillagini, amido, enzimi, oli, tannino ecc.), la
Dice una leggenda che i romani, dopo aver mela cotogna fa bene all’acidità
conquistato la città cretese di Cidonia, por- di s t o m a c o , a i d o -
l o r i reumatici,
alle infiam-
mazio-

Un cotogno e, nella
pagina a lato, il frut-
to. Nella foto piccola,
una giovane mela co-
togna, come si presen-
ta al principio dell’e-
state.

22
ALBERI - ARBURES

ni delle vie urinarie e intestinali e alla diarrea, an-


che a quelle delle bestie. La polpa si cuoce a Sos logos inue creschet e sa descritzione
fuoco basso con poco zucchero, o anche senza, Sa chidonza benit dae s’Asia otzidentale e de
ed acqua a piacere; dopo aver filtrato il liquido mesu, ma in sos logos a inghìriu a su Mediterra-
se ne può bere una tazza all’ora di pranzo e u- neu dda pàstinant dae s’antighidade. Creschet
na all’ora di cena. in terrinos friscos e ricos de humus, in paris e in
Le nostre mamme usavano mettere le coto- montes, cun tempus fritu e caente. Est arta ses
gne, dal profumo forte e gradevole, tra la bian- metros e prus. Sas fozas, ovales e de colore birde-lù-
cheria. Oggi il cotogno è presente in molti giar- ghidu, si che bolant in s’ierru e torrant a bessire
dini anche per la bellezza dei fiori. in beranu, paris cun sos frores biancos e de colore
La confettura è ottima, molto durevole e si rosa. Su frutu coghet in atonzu, si podet collire
può ottenere anche terminando di cuocere la parte manna de s’ierru. Sa corza est piluda e gro-
polpa utilizzata per l’infuso (vedi la ricetta, di se- gatza, su sabore est arghionzu.
guito).
Mitologia e Istòria
Contant ca sos romanos, apustis àere binchiu sos
de sa tzitade cretese de Cidonia, che ant leau ma-
tas de melachidonza a Roma. De seguru b’at ca
fut unu frutu chi aggradaiat in totu su mundu
antigu. In Gretzia ddu oferiant in sos ritos reli-
zosos, e a sas féminas, comente sinzale de amore. Is-
sas nde depiant papare unu innanti de intrare a
s’aposentu de crocare.
Fortzis fut una chidonza a intzitare Giunone, A-
tena e Venere a brigare.

Propiedades e impitu
De beru b’at puru ca sos méigos de cussu tempus
nde connoschiant sas propiedades alimentares e
meighinosas. Difatis sa chidonza faet bene a s’ar-
ghiore de s’istògomo, a s’iscardidura de sas bias
urinarias e de s’istentina, a s’iscurrenziadura,
fintzas a cussa de su bestiamene. Tocat de dda cò-
ghere cun pagu tzùcaru, o sentza, e de nde papa-
re unu tzicherone a s’ora de bustare e unu a che-
nare. Po more ’e su fragu bellu sas massaias nde
poniant calecuna in mesu de sa pannia.
Oe sa chidonza, po sa bellesa de sos frores, est u-
na mata de ortos.
Bona meda est fintzas sa cufetura.

23
ALBERI - ARBURES

La confettura Sa cufetura
Ingredienti: mele cotogne, zucchero e limone Su chi bi cheret: melachidonza a piaghere, tzù-
a piacere. caru e limone tretegau
Preparazione: si privano le cotogne del torso- Comente si faet: tocat de dda impitare chena
lo, si lavano e, senza sbucciarle, si tagliano a pez- su tenaghe e cun sa corza. Dda segamos a can-
zi grossi; quindi si pesano e si mettono a cuocere tos, dda pesamos e dda ponimos a còghere in d-
in una casseruola antiaderente, mescolando con- una cassarola chi no s’atacat, sèmpere mori-
tinuamente. Quando la mela è cotta, si frulla il gande. Cando est cota che istudamos su fur-
composto e si rimette la pentola sul fornello; reddu e dda molimos, posca bi azunghimos su
quindi si aggiunge lo zucchero, da 250 a 500 g tzucaru, 500 gr. po unu chilu de melachidon-
per ogni chilo di mele. Si continua a cuocere fi- za, e dda lassamos in su fogu finas a si caza-
no a quando il composto non si addensa bene. re. Innanti de che dd’istudare bi azunghimos
Prima di spegnere il fornello si aggiunge la buc- sa corza tretegada de su limone. Po ùrtimu,
cia grattugiata del limone, si riempiono i barat- sende sa cufetura ancora buddia, prenimos sos
toli di vetro, si chiudono e si la- botos e ddos ponimos a ifritare issuta de una
sciano raffreddare sotto u- manta.
na coperta. Vassoio con mele cotogne in primo pia-
no e, dietro, melagrane e mele, che si
utilizzano per l’ottima confettu-
ra della pagina a lato. In
alto: l’utilizzo più fre-
quente per questa
confettura è
la crostata.

24
Fico
Figu, Ficu, Carriga, Figga
Ficus carica (Moraceae)

Habitat e descrizione settembre-ottobre, a seconda delle zone e del-


Del fico esiste la varietà selvatica, il caprifico, le diverse varietà. I veri frutti sono i semi e la pol-
a carattere arbustivo, e quella coltivata che può pa è formata da ciò che resta del fiore.
raggiungere uno sviluppo di dieci metri. En- In molti casi i frutti maturano due volte al-
trambe crescono anche nei terreni sassosi, pia- l’anno sullo stesso albero, all’inizio e alla fine
neggianti e collinari, purché soleggiati. Quanto dell’estate.
più la terra è magra e asciutta, più i frutti sono
ricchi di zucchero, di proteine e di vitamine. Mitologia e storia
Il legno del tronco è leggero, la chioma mol- Proveniente dal Medio Oriente, dove era te-
to ampia, le foglie larghe e a forma di cuore. nuto in grande considerazione ed era alla base
I fiori, maschili e femminili, si trovano in pian- dell’alimentazione di quei popoli, il fico si è dif-
te separate, sono numerosi e molto piccoli e fio- fuso in tutta l’Asia, nel Nord Africa, in Europa
riscono in inverno. Quello che noi chiamiamo e successivamente in America. Il nome deriva
frutto è in realtà un’infruttescenza, detta soro- dalla radice fik = succo; nessun frutto è infatti
sio, che matura in estate, succulento come il fico. Il nome scien-
a partire da giugno- tifico carica si riferisce alla Ca-
luglio e fino a ria, regione dell’Asia Mi-
nore, oggi Turchia,
specializzata
nella sua
coltiva-
zione.

26
ALBERI - ARBURES

Nella Bibbia leggiamo che Adamo ed Eva, do- Gli scrittori greci e latini parlano di frequente
po aver mangiato il frutto proibito, si accorse- di quest’albero. Platone scrive che il frutto del
ro delle proprie nudità e le coprirono con foglie fico è dei filosofi. Lo descrivono Teofrasto (IV
di fico. Altrove si legge che la vite e il fico, sim- secolo a.C.) e Plinio (I secolo d.C.). Ne parla-
bolo quest’ultimo d’Israele, erano segni di pro- no Ovidio nelle Metamorfosi e Apicio nella sua
sperità. Ai tempi di Salomone “ciascuno sta sot- De re coquinaria. Egli consiglia di cucinare nel
to la propria vite e il proprio fico”. Ai tempi di Da- brodo di fichi e di alloro il prosciutto delle scro-
vide c’erano i sovrintendenti per gli olivi e per fe, ingrassate con fichi secchi.
i fichi, tanto diffusi e necessari agli uomini che Nei primi secoli dell’Era Cristiana alcuni Padri
nei Salmi leggiamo come Dio, irato per i loro della Chiesa considerarono il fico simbolo del
peccati, li abbia distrutti assieme alle viti. peccato, ma S. Agostino scorgeva in quest’al-
Presso molti popoli, qui ricordiamo quelli del- bero la misericordia divina, e S. Girolamo ne
l’Egitto e dell’India, l’Albero della Vita era raf- considerava il frutto come un dono dello Spiri-
figurato dal fico, che i buddisti chiamano an- to Santo.
che Albero della Saggezza, perché Buddha eb- Nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni, il fi-
be quest’ultima mentre era seduto accanto a un co ha ispirato molti poeti. García Lorca scrive-
albero di fico. Comunque questo era specie di- va “il fico mi tende le braccia…- il fico mi urla
versa da quella diffusa nell’area mediterranea. e m’assale - tremendo e moltiplicato…”
Nel mito greco il fico è simbolo di vita fecon-
da, ma anche di morte. Si racconta che Dioni- Proprietà e impiego
so avesse piantato un fico all’ingresso dell’Ade. Ciò che conta è che il fico si mangia perché
Nelle feste a lui dedicate si portava in proces- buono, saporito, nutriente ed energetico per il
sione, insieme alle anfore di vino, alla vite e al ca- corpo e per la mente. Possiede inoltre molte
pro, un cestino di fichi secchi. Le donne usava- proprietà salutari, vitamine, sali minerali, pro-
no appendere collane di fichi selvatici tra gli al- teine, zuccheri ecc. Fa andare di corpo, aiuta la
beri del proprio orto. digestione e scioglie il catarro.
In Grecia, oltre a mangiare i fichi, freschi e sec- Un fico fresco, tagliato a metà e posto sugli
chi, li arrostivano. occhi per 15-20 minuti, ne elimina il gonfiore.
A Roma il fico era sacro a Saturno, dio della fer- Il decotto ottenuto facendo bollire per quindi-
tilità al pari di Dioniso. Sarà forse perché il frut- ci minuti tre fichi secchi in un quarto di latte, be-
to, se aperto, ricorda i genitali femminili, men- vuto caldo porta giovamento ai disturbi delle
tre se è chiuso rassomiglia a quelli maschili. I vie respiratorie.
latini avevano in grande considerazione il fico, Il lattice che fuoriesce dal frutto appena colto
tanto che un albero secolare si trovava nel Fo- veniva utilizzato per curare i calli, i porri e i
ro romano. Era chiamato Ficus Ruminalis, da morsi delle bestie, insetti compresi e, da qualche
rumen-mammella, perché si credeva che alla sua pastore, per cagliare il latte.
ombra la lupa avesse allattato Romolo e Remo. I diabetici e gli obesi dovrebbero evitare di man-
In realtà, non era proprio quello “originario”: giare fichi per gli zuccheri, presenti in notevole
infatti, quando si seccava, lo sostituivano con quantità.
un altro di uguali dimensioni. Con i fichi si fanno ottime confetture.
Vassoio con fi-
chi maturi a
buccia verde e
a buccia vio-
letta. A lato, i
rami di un
albero carico
di frutti. Nel-
la pagina ac-
canto, una
pianta.

27
ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Sas matas de figu, s’areste, tzirriada cabrufigu, chi si faet a mola, e sa pastinada, creschent
fintzas in terrinos pedrosos, abbastet chi sient solianos.
Cantu prus sa terra est lanza e lebia, tantu prus su frutu est ricu de propiedades.
Sos chimos de sa figu si allargant, ma podent artziare finas a deghe metros, sa linna de su
truncu est lebia, sas fozas sunt mannas a froma de coro. Sos frores, masculinos e femininos,
arreant piticheddeddos e ispraghent in matas diferentes. Sunt cussos chi nois connoschimos co-
mente su frutu, mentras custu est su sèmene chi est ameschiau a sa prupa, su chi arreat de
su frore.
Sa figu coghet duas bortas a s’annu, a comintzu e a urtimu de istiu.

Mitolozia e Istòria
Dae su Medioriente, inue fut unu màndigu de importu, sa figu dd’ant pastinada in totu s’A-
sia, in su Nord Africa e in Europa, apustis in America.
In sa Bibbia lezimos ca Adamo e Eva, apustis de àere papau sa frùture preubbia, si sunt ab-
bizaos de èssere nuos e si ant ammuntau sa natura cun fozas de figu. Lezimos puru ca sa bide
e sa figu, sinnu custu de Israele, funt sinnales de abbundantzia.
Medas pòpulos, innoghe ammentamos sos de s’Ezitu e de s’India, cussideraiant sa figu s’Ar-
bure de sa Vida e sos buddistas dda tzirriaiant Arbure de Sabiore, su chi fut beniu a Buddha
tzetziu acanta a una ratza de figu, mancari esseret diferente de cussas chi creschent in sos lo-
gos a probe de su Mediterraneu.
In sa Mitolozia greca sa figu est sinnu de vida fèrtile, ma fintzas de morte. Nachi Dionisu
nde aiat pastinau una mata in s’intrada de s’Ade. Sas féminas apicaiant coronas de figu a-
reste in sas matas de s’ortu. In Gretzia papaiant sa figu frisca, sicada e fintzas arrustia.
In Roma sa figu fut sagrada a Saturno, deus de sa fertilidade che Dionisu. At a èssere po cu-
stu chi su frutu, cando est isperrau, est sinnu de sa natura de sas féminas, de sa ’e sos omines
cando est serrau. A dònnia modu sos latinos dda teniant in contivizu si est beru chi in su Fo-
ru romanu b’aiat una mata de figu seculare, sa Ficus Ruminalis, dae rumen – tita, ca in su-
ta de s’umbra sua, nachi, sa lupa aiat allatau Romolo e Remo. Cando si che sicaiat nde pa-
stinaiant luego un’àtera mata.
De sa figu faeddant fitianu iscritores grecos e romanos: po Platone fut su frutu de sos filosofos,
mentras Teofrasto e Plinio nde ant ispricau sa natura. Dd’ant muntovada Ovidio in sas Me-
tamorfosi e Apicio in su libbru suu de coghina.
In sos primos sèculos de su Cristianesimu calecunu Padre at iscritu ca custa mata fut sin-
nu de pecau.
Ma S. Austinu in sa figu bidiat sa misericordia de Deus e S. Zirolamu iscridiat ca su frutu
fut un’istrina de s’Ispiridu Santu.

Propiedades e impitu
Su chi contat est ca papamos sa figu ca est bona, saboria, sustantziosa e zat fortza a sa care-
na e a sa mente. Zughet vitaminas, proteinas, sales minerales, tzùcaru etz. Est meighinosa, faet
andare de corpus, azuat a dizerire e a iscatarrare. Sa figu isperrada e posta in sos ogos che trant-
zit s’ufrore. Su brou de tres figos sicas postas a buddire in d-unu quartu de abba po bindighi
minutos e bufau caente faet bene a sos istrobbos respiratorios.
Su late chi bogat su frutu cando ddu boddimos faet bene a sos pirinzones e a sa mossicadura
de onni zenia de bobboi, calecunu pastore dd’impitaiat a cazare su late.
Po s’abbundantzia de tzucaru diat a essere menzus a no nde papare sos diabeticos e sos rassos.
Cun sa figu podimos fàere sa cufetura bona meda.

28
ALBERI - ARBURES

La confettura mettono in una teglia che s’infila nel forno cal-


Ingredienti: per 1 kg di fichi ben maturi, con do, ma spento. Per ultimo si bucano con l’ago
la buccia, sono sufficienti 300 grammi di zuc- su cui è inserito lo spago, alternando i fichi con
chero e un limone. foglie d’alloro, o con gambi di finocchietto sel-
Preparazione: si mette un tegame largo sul for- vatico. La corona così fatta si ripone in dispen-
nello con 1 dl d’acqua, il succo del limone, lo sa, in soffitta o in cantina, comunque in un luo-
zucchero e, quando bolle, si versano i fichi con go fresco, appesa a un chiodo di legno.
la buccia, tagliati in quattro. Si fanno cuocere a A Sedilo e nei paesi vicini si offrivano fichi sec-
fiamma bassa, schiumando il liquido di tanto in chi ai bambini che andavano di casa in casa a
tanto, finché non si condensa. Quindi vi si ag- chiedere frutta autunnale, fresca e secca, dicen-
giunge la buccia grattugiata del limone e si riem- do “Per le anime del Purgatorio”. Era facile ac-
piono i vasetti di vetro, si chiudono bene e si si- contentarli perché in tutte le case i cestini era-
stemano coperti di panni pesanti, perché raf- no colmi di melagrane, mele cotogne, castagne,
freddino gradatamente. noci, mandorle e, appunto, fichi secchi.

I fichi secchi
Si colgono dall’albero quelli sani, ben maturi Sa cufetura
e possibilmente già un po’ secchi, si sistemano Su chi bi cheret: po 1 kg de figu bene cota ab-
su una tavola e si espongono al sole, avendo cu- bastat 300 gramos de tzùcaru e 1 limone.
ra di girarli ogni tanto. Quando sono pronti si Comente si faet: ponimos una cassarola larga
in su furreddu, una tassita de abba, su sutzu de
su limone e su tzùcaru, ddu lassamos buddire e
che betamos sa figu chena ispuligare, segada a ba-
toro cantos. Dda faimos còghere a fogu lenu, i-
sprumande su sutzu de pagu in pagu. Cando e-
st cazau azunghimos sa corza tretegada de su
limone e prenimos sos botos. Ddos tuponamos e
ddos ammuntamos cun d-una manta po ifrita-
re a bellu a bellu.

Sa figu sicada - cariga - figardu


Comente si faet: boddimos sa figu sana, bene cota e
unu pagu sica e dda assetiamos in susu de una taula,
lassandedda in su sole finas chi est sica de su totu. Po-
sca dda ifurramos in d-una lama po unu tantu de mi-
nutos a furru istudau. A ùrtimu dda istampolamos
una po una cun s’agu ifilada a una cordiola e in me-
su bi ponimos fozas de làuru, o de finugu. Sa corona
gasi fata dd’apicamos a unu rocu fichiu in su muru.
A Sedilo, e in sas biddas a probe, istrinaiant sa figu
sicada a sos pitzinnos cando, po sos mortos, andaiant
de domo in domo a pedire frùture atonzina, frisca e si-
ca, nande “Animas de Prugadoriu Ave Maria”. In
dònnia domo bi aiat pischedditas prenas de fruture
sica e de cariga.

La confettura di fichi.
Leccio
Ilighe, Élighe
Quercus ilex (Fagaceae)

Habitat e descrizione Purtroppo nel corso dei secoli le hanno quasi


Il leccio non ha preferenze in fatto di terreni: distrutte i vari dominatori che si sono succedu-
è resistente al freddo, al calore del sole, agli sbal- ti nell’isola, dai cartaginesi ai romani, che ave-
zi di temperatura, anche se cresce meglio nei vano bisogno di grano per sfamare gli eserciti,
climi temperati, in pianura e in montagna. ai piemontesi e al governo italiano dopo l’U-
È un albero molto longevo, può raggiungere nità, che vendette estesi boschi a società senza
un’età che va dai cinquecento ai mille anni e scrupoli per trarne carbone e traversine per i bi-
un’altezza fino ai venti metri. Più di un metro nari.
è il diametro del tronco, con legno rosso-bru-
no, duro e resistente. I rami sono fitti, le foglie Proprietà e impiego
verde scuro di sopra, grigiastre sotto. La fiori- Nel bosco di lecci pascolano greggi di pecore
tura si ha nella tarda primavera. I frutti sono le (per il fogliame) e soprattutto branchi di maia-
ghiande, di color castano e di dimensione va- li che divorano le ghiande sulla terra priva di er-
riabile. ba. Spesso la pianta è colpita dai bruchi di un Le-
pidottero, Lymantria dispar, che si mangia le
Storia foglie e condiziona lo sviluppo della chioma;
In Sardegna le foreste di lecci, che si riprodu- talvolta la quantità di ghiande diventa insuffi-
cono in modo spontaneo, erano molto estese. ciente a sfamare il bestiame.

In queste pagine: le ghiande del leccio e un


ramo fiorito.

30
ALBERI - ARBURES

Con il tronco di leccio si facevano le travi dei


tetti, i telai, le maciulle per il lino, i gioghi dei Sos logos inue creschet e sa descritzione
buoi, gli aratri e i carri. I carbonai con i rami S’élighe no tenet preferèntzia de terrinu, subbe-
grossi facevano il carbone, i fini venivano uti- cat su fritu, su calore de su sole, sa mudadura de
lizzati nelle case per accendere il fuoco e il for- su tempus, ma creschet menzus inue su crima est
no. Col tannino contenuto nella corteccia si a mesu témpera, in paris e in montigos.
conciavano le pelli. Con le galle, strutture sfe- Est una mata seculare, podet arribbare a lòmpere
riche destinate alla deposizione delle uova e ge- chimbe, e fintzas deghe, sèculos e a créschere in ar-
nerate da insetti della stessa famiglia delle ve- tesa binti metros, su truncu medit prus de unu
spe, si faceva una specie di inchiostro, ed inol- metro de diametro. Sos chimos sunt cracos, sas fo-
tre i ragazzini ci giocavano a biglie. zas de colore birde iscuru in su chirru de susu, co-
lore de chisina iscuru in suta sos frores, ispraghent
a urtimos de beranu. Su frutu est cussu chi mu-
timos lande, colore de castanza e de mannesa di-
ferente s’unu dae s’àteru.

Istòria
In Sardinna sos litos de élighe, chi naschet solu so-
lu, funt mannos e possentes. Male po nois sos do-
minadores che ddos ant isperdios, comintzande
dae sos cartazinesos e sos romanos chi teniant bi-
sonzu de trigu a isfamigare sos esertzitos, finas a
sos piemontesos e a su guvernu italianu chi, apu-
stis s’Unidade, at béndiu buscos intreos a sotzie-
dades de malasintrannas, a fàere crabone e bi-
narios.

Propiedades e impitu
In su buscu de élighes paschent arbeghes e procos
chi si che unturzant su lande in su terrinu chena
erba. Cando sa ruga impestat sa mata, si che pa-
pat sas fozas, e su pagu lande no isfamigat su be-
stiamene.
In sos tempos colaos, cun su truncu de elighe
faiant sos petzos de sas crabeturas, sos telarzos,
sas àrganas, sos zuales, sos araos e sos carros. Cun
sos chimos russos sos crabonajos faiant su crabo-
ne, mentras sos chimos fines ddos impitaiant in
sas domos a allumare su fogu e su furru. Cun su
tanninu de s’iscorza contziant sas peddes. Cun
sa làddara fata dae sos bobbois de sa matessi
famìllia de su espru, sas féminas faiant una ze-
nia de tinta po iscriere. Sos pitzinnos bi zoghiant
a brìllias.

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ALBERI - ARBURES

Su cafè de lande
Finas a sos annos chimbanta de su sèculu XX
sas massaias ispuligaiant su lande, ddu turraiant,
ddu mòliant e faiant una zenia de cafè.

Su pane de lande
Ancora in sas primas deghinas de su Noighentos
in calecuna bidda faiant su pane de lande. Ddu
poniant a modde paritzas dies, posca dd’ispuli-
gaiant e ddu poniant a còghere in d-una paded-
da manna cun abba e lunzana. Ddu lassaiant cò-
ghere nessi oto oras, posca che ddu sucutaiant, d-
du mòliant e ddu impastaiant cun abba ame-
schiada a chisina de sermentu, a urtimu bi a-
Qui sopra e in basso a destra (foto piccole): alcune
zunghiant ozu de lardu. Cun custu impastu
parti degli antichi telai per tessere erano fatti con le-
gno di leccio, così come le selle per gli asini e soprat- faiant panes mannos chi assetiaiant in fozas de
tutto i carri a buoi. Nella pagina a lato: i giovani fragu bellu e ddu ifurraiant. Cando fu dorau
tronchi dei lecci crescono spesso strettamente affianca- che ddu bogaiant dae su furru e ddu segaiant a
ti, quasi a sembrare una sola pianta. fitas. Nachi su sapore fut unu pagu arghionzu,
ma in annos de fàmene ddu papaiant cun gana.
Tocat a nàrrere ca fut sustantziosu. Su tannino
Il caffè di ghiande chi est in su lande est tonicu e istringhet, in sa
Fino agli anni Cinquanta del secolo XX le ca- lunzana b’at medas sales minerales, ferru, cal-
salinghe sarde e non solo sbucciavano le ghian- cio, magnesio, fosforo, sodio etz. In prus faet bene
de, le tostavano e le macinavano per fare il sur- a sas istentinas e a sas ulceras.
rogato del caffè.

Il pane di ghiande
Ancora nei primi decenni del 1900 in alcuni
paesi si faceva il pane di ghiande. Le mettevano
a bagno in acqua fredda per qualche giorno,
quindi le sbucciavano e le cuocevano in una ca-
piente pentola con acqua e argilla, per almeno ot-
to ore. Quindi le scolavano, le macinavano e le
impastavano con acqua mischiata a cenere di sar-
mento. A questo impasto mischiavano un po’
di strutto e confezionavano dei grossi pani che
cuocevano nel forno su foglie di erba aromati-
ca. Quando erano dorati, li sfornavano e li ta-
gliavano a fette.
Dicono che il sapore fosse un po’ agro, ma ne-
gli anni in cui c’era grande fame si mangiavano
volentieri. Questo pane era nutriente: il tannino
che abbonda nelle ghiande ha proprietà toniche
e astringenti, l’argilla contiene minerali come il
ferro, il calcio, il magnesio, il sodio e tanti altri.
Inoltre può favorire il superamento di patologie
come disturbi intestinali e ulcere.

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Mandorlo
Mèndula
Amygdalus communis - Prunus dulcis
(Rosaceae)

Habitat e descrizione fascinati dal suo mantello di fiori bianchi e ro-


Il mandorlo, proveniente dall’Asia sud occi- sati che non temono i rigori dell’inverno, e so-
dentale e dai Balcani, cresce ovunque nelle zo- no i primi ad annunciare la primavera.
ne a clima mediterraneo, dalla pianura alla mon- Sarà perché può sopportare il freddo che anche
tagna. Non teme i freddi, ma preferisce i luoghi la religione cristiana considerò il mandorlo mi-
riparati. racoloso. In Abruzzo c’e l’usanza di lasciare a
In altezza può raggiungere i nove metri. Le Natale la tavola imbandita e la porta aperta per
foglie, strette, un po’ allargate verso la parte ricordare Gesù Giuseppe e Maria che, scappan-
centrale, cadono in autunno e rispuntano (tra do dalle guardie di Erode, trovarono riparo sot-
marzo e aprile) dopo i fiori, che sono ermafro- to un mandorlo, che nascose la Sacra Famiglia
diti. I frutti hanno la scorza verde-grigiastra che sotto un manto di fiori bianchi, sbocciati anzi
avvolge uno strato coriaceo con dentro il seme, tempo.
ossia la mandorla. Esistono oltre seicento va- Di esso hanno scritto pagine bellissime i poeti
rietà di mandorli, che tra l’altro si utilizzano per nordici, come W. Goethe e Rainer Maria Rilke;
innestare il prugno, l’albicocco e il pesco. lo hanno dipinto molti pittori, tra cui Van Gogh.

Mitologia e Storia Proprietà e impiego


Il mandorlo, sacro nell’antica Grecia, è stato Le mandorle maturano d’estate e si lasciano
considerato un albero che ha del prodigioso. seccare sull’albero, quindi si colgono, o si rac-
Lo hanno cantato i poeti e dipinto i pittori, af- colgono dal terreno. Si pestano con il martello

34
ALBERI - ARBURES

per togliere il seme, che è la parte commestibi-


le. Contengono vitamine, proteine, sali minerali, Sos logos inue creschet e sa descritzione
zuccheri, oli vari, che ne fanno un alimento di Sa mèndula benit dae s’Asia sud-otzidentale e
elevato valore nutritivo, energetico, antianemi- dae sos Balcanos. A inghìriu de su Mediterraneu
co. Il decotto di fiori, foglie, semi e guscio è di- creschet in totue, dae sos paris a sos montes, no ti-
gestivo, sedativo, emolliente e lassativo. I semi met su fritu, ma bi aggradat de prus sos logos
fatti a sciroppo apportano sollievo alla tosse. Il cuerraos. Podet artziare fintzas a noe metros. Sas
latte di mandorla rinfresca gli intestini. fozas sunt istrintas, allargadas acanteddu in me-
Con le mandorle sbiancate e macinate si fa u- su, si che bolant in s’atonzu e torrant a bogare a-
na salsa per condire i maccheroni. Lasciate intere pustis sos frores, tra martzu e arbile. Sos frutos zu-
si possono coprire di cioccolata o di glassa di ghent sa corza birdastra, custa imboligat unu pi-
zucchero; spezzate o macinate, si usano per fa- zu corriatzu, aintro bi est su sèmene, chi mutimos
re torte e molti dolci tipici. mèndula. In custa mata faet a b’innestare sa pru-
na, su barracoco e su péssighe.
In queste pagine: un mandorlo durante la tipica e
spettacolare fioritura invernale, l’albero con le foglie
(foto piccola) e i frutti pronti per essere raccolti, an- Mitolozia e Istòria
cora all’interno del guscio verde. Sa mèndula dd’ant cussiderada una mata me-
ravizosa, dd’ant cantada sos poetas e pinturada sos
pintores, ispantaos de su mantu de frores biancos e
de colore rosa chi no timent a su fritu de s’ierru e
sunt sos primos a annuntziare a beranu.
At a èssere ca podet subbecare su fritu chi puru sa re-
lizone cristiana dd’at cussiderada meraculosa. In A-
bruzzo b’est s’usantzia de lassare a Paschighedda sa
mesa aparitzada e sa zenna aperta po ammentare
Zesus, Zusepe e Maria chi, fuindesi dae sas gardias de
Erode, ant atzapau aparu in suta de una mata de
mèndula. Issa at cuau sa Famìllia Sagrada in suta
de unu mantu de frores biancos, ispartos innanti de
su tempus, a riscu de s’astrore de s’ierru. De sa men-
dula ant iscritu pazinas bellas meda sos poetas de su
nord, comente W. Goethe e R. Maria Rilke, dd’ant
pinturada paritzos pintores, Van Gogh.in mesu.

Propiedades e impitu
Sa mèndula, sagra in sa Gretzia antiga, est bona
a papare in s’istiu, ma dda lassant sicare in sa ma-
ta, posca dda boddint, o che dda collint dae terra. D-
da pistant cun su martzeddu e bi che bogant su chiu.
Zughet vitaminas, proteinas, sales minerales, ozos, e
po cussu est un’alimentu sustantziosu chi zat fortza
e salude. Su brou de sos frores, de sas fozas, de su chiu
e de sa corza allenat sos nérbios e faet dizerire. S’is-
siropo de su chiu illebiat su tussiu, su late ’e mendula
ifriscat sas intestinas. B’at chie ponet sa mèndula, fa-
ta in biancu e mòlia, a cundire sos macarrones, las-
sandedda intrea dda imbestit cun su tzuculate, o
cun sa capa de tzùcaru; afitada o mòlia, dda ponent
in sas trutas e in medas calidades de druches.

35
ALBERI - ARBURES

Lo sciroppo
Si fa con un etto di mandorle sgusciate, sbian- S’issiropo
cate e macinate, che si fanno bollire in due litri Ponimos a buddire in duos litros de abba cun
d’acqua con un etto di zucchero fino a con- tres untzas de tzùcaru, tres untzas de mèndula, i-
densarsi. Si lascia riposare e se ne bevono tre spuligada, fata in biancu e mòlia, e dda lassa-
bicchierini al giorno. La stessa quantità, mesco- mos fintzas a si cazare. Apustis chi at pasau nde
lata a latte o ad acqua termale, rende liscia la bufamos tres tassitas a sa die. Sa matessi cantidade,
pelle e spiana le rughe del viso. amischiada a su late, o a s’abba termale, allìsiat
sas pinnigas de sa pedde.
I germini
Ingredienti: 400 g di mandorle sgusciate, sbol- Sos Zerminos
lentate nell’acqua per togliere la pellicina e ta- Su chi bi cheret: 400 g de mèndula ispuligada, fa-
gliate fini, oppure anche tostate, 400 g di zuc- ta in abba buddia e segada a fine, o fintzas tur-
chero, la scorza di un limone. rada, 400 g de tzùcaru, una corza de limone.
Preparazione: si versa lo zucchero nel tegame Comente si faet: in d-una cassarola cun mesu
con mezzo bicchiere d’acqua e la buccia del li- tassa de abba ponimos a buddire po 20 minutos su
mone, e si fa bollire per 20 minuti. Si aggiun- tzùcaru e sa corza de limone. Cando est tirau a
gono le mandorle e si rigirano finché assorbono puntu che betamos sa mèndula, morigàndedda
l’acqua e diventano bianche. Volendo si può ag- sèmpere, finas chi su tzùcaru che dda suspit e si e-
giungere un bicchiere di liquore. Quando il com- st fata bianca. Cherinde podimos azùnghere u-
posto si è raffreddato si formano i fiori della na tassa de licore. Cando s’impastu si ch’est ifri-
grandezza che si desidera. tau faimos sos frores de sa mannesa chi cherimos.

I sospiri
Ingredienti: 1 kg di mandorle sbiancate e ma-
cinate, 1 kg di zucchero, mezzo bicchiere d’ac-
qua, un bicchiere di liquore (anice o sambuca),
la scorza grattugiata di tre o quattro limoni.
Preparazione: in un tegame si versa lo zucche-
ro con mezzo bicchiere d’acqua e si mette sul
fornello a fiamma bassa per farlo sciroppare, poi
si aggiungono le mandorle e il limone rimestan-
do continuamente fino ad amalgamare bene il
composto, che si deve attaccare al tegame. Si spe-
gne il fornello e si fanno le palline della grandez-
za di una noce, inumidendosi di tanto in tanto le
mani nel liquore: così facendo l’impasto non si ap-
piccica e i dolci sono più buoni. Per ultimo si fan-
no rotolare le palline nello zucchero e si lasciano
asciugare. Il giorno successivo s’incartano nella
carta velina, intagliata con le forbici.

Qui a lato: i sospiri (in basso, quelli già confezionati


nella carta velina). Nella pagina a lato: in alto, le
mandorle ancora con il guscio e un piatto con i frut-
ti già sgusciati e “sbiancati”, cioè privati della buc-
cia. Nella foto grande, i germini fatti con le man-
dorle tostate (a fianco, una ciotola con un po’ di
mandorle ancora con la buccia). Questi dolcetti si
possono fare anche con le mandorle solamente sbol-
lentate.

36
ALBERI - ARBURES

Sos Suspiros
Su chi bi cheret: 1 kg de mèndula mòlia, 1 kg de tzùcaru, mesu tassa de abba, una tassa de licore, sa cor-
za tretegada de tres-bàtoro limones. Comente si faet: che betamos su tzùcaru a sa cassarola cun s’abba, d-
du faimos tirare a puntu in su furreddu a fogu lenu. Posca bi che azunghimos sa corza de limone e sa mèn-
dula, morigande sèmpere finas chi s’impastu si cazat e si atacat a sa cassarola. Ch’istudamos su fogu e n-
de atundamos una pitzigada de sa mannesa de una nughe. De tretu in tretu tocat de nos ifundere sas
manos in su licore, po no s’apitzigare s’impastu, ma fintzas ca sos suspiros sunt prus bonos. Po ùrtimu d-
dos faimos troulare in su tzùcaru. Ddos lassamos assutare e s’incras ddos imboligamos in sos paperis.

37
ALBERI - ARBURES

I ravioli di mandorle
Ingredienti per la pasta: 500 g di semola, 50 g Sos culurzones de mèndula
di strutto, acqua. Su chi bi cheret po sa pasta violada: 500 g de
Ingredienti per l’impasto: 250 di mandorle sìmbula, 50 g de ozu de lardu.
sgusciate sbiancate e macinate, 250 g di zuc- Su chi bi cheret po s’impastu: 250 g de mèndula
chero, la buccia grattugiata di 1 limone, 1 bic- ispuligada, fata in biancu e mòlia, 250 g de tzù-
chierino di liquore bianco, zucchero a velo, o- caru, sa corza tretegada de unu limone, una tas-
lio per friggere. sita de licore, tzùcaru a velo, ozu a friere.
Preparazione: si impasta la farina con acqua Comente si faet: impastamos sa sìmbula cun ab-
tiepida, si apre l’impasto e vi si spalma lo strut- ba tebia, dda cariamos finas a dd’ apraniare, po-
to, si continua a lavorare fino al suo completo sca a su cumassu apertu bi unghimos s’ozu de pro-
assorbimento. Si lascia riposare e nel mentre si cu, iscarassandeddu bene po che ddu suspire, finas
prepara l’impasto delle mandorle con gli altri a cando est corriatzu e modde. Tando ddu lassa-
ingredienti. Quindi si prende un pezzo di pasta mos pasare un’iscuta, e istantonis ameschiamos a
e lo si spiana col matterello, si riempie metà sfo- sa mèndula totu s’àtera cosa. Posca segamos unu
glia con il composto, il tanto di un cucchiaino, piculu de su cumassu, ddu illadiamos e in sa me-
e si copre con l’altra metà sfoglia, pressando i tade de su pizu bi ponimos a cotzerinos s’impa-
bordi con le dita. A questo punto si ritagliano i stu, dd’ammuntamos cun s’àtera metade, caria-
ravioli a forma di quadrati o di rombi, e si frig- mos a inghìriu cun sos poddighes e cun sa rodantza
gono in olio bollente; per finire si spolverano sestamos cuadros e rombos, chi fridimos in ozu
con lo zucchero a velo. buddiu. A ùrtimu pispiamos a susu acanteddu
de tzùcaru.
Nelle foto: la preparazione dei ravioli di mandorle.

38
I ravioli di man-
dorle già pronti e
zuccherati, con
gli ingredienti
principali.
Melo
Mela
Malus communis (Rosaceae)

Habitat e descrizione Adamo, come si desume dalla Genesi e dalla let-


La famiglia del melo comprende numerose teratura cristiana.
specie e varietà coltivate, diffuse ovunque. Quel- Non così per gli scrittori greci e romani, che la
le del melo selvatico sono poche decine, pre- consideravano il frutto dell’amore. Saffo scrisse
senti dal Caucaso alle foreste dell’Asia centrale “la dolce mela rosseggia \ alta sul ramo \ alta sul
e sud orientale. ramo più alto: \ Non l’hanno vista i coglitori \ oh
Il melo coltivato può raggiungere gli otto me- sì l’hanno vista \ ma non hanno potuto raggiun-
tri d’altezza, ha le foglie caduche e dentate ai gerla”.
margini e i fiori, bianchi e rosa, che sbocciano Simbolo dell’amore fu anche per gli scrittori ri-
in primavera. Il falso frutto è un pomo carnoso, nascimentali fino ai contemporanei. Ariosto ne
dai tanti sapori, asprigno in quello delle mele parla nell’Orlando Furioso, Goethe nel Faust,
selvatiche. Il torsolo contiene i semi. Nel no- García Lorca e Neruda nelle loro poesie, Calvi-
stro territorio maturano a fine estate. no nelle favole, Pavese nei romanzi.

Mitologia e Storia Proprietà e impiego


Fin dai tempi più antichi, lungo la via della se- Le mele, ricche di vitamine e sali minerali, si
ta, molte specie e varietà di meli si incrociarono consumano crude ma anche cotte; abbassano il
e diedero origine ad altre che, selezionate dagli colesterolo e la pressione alta, calmano i nervi,
uomini, vennero coltivate, prima nei territori regolano l’attività intestinale e, se mangiate a
più vicini, poi gradualmente in tutta l’Asia O- digiuno, determinano grandi benefici per lo sto-
rientale e nei paesi attorno al Mediterraneo, da maco. Una mela al giorno toglie il medico di tor-
dove si diffusero in Europa e nel mondo. no, dice la saggezza popolare. Con le mele si
Al tempo di Roma pare se ne coltivassero deci- fanno squisite torte e ottime confetture.
ne di specie: Plinio ne aveva individuato ventitre. Il procedimento di preparazione della confet-
La mela fu considerata simbolo di disubbi- tura è lo stesso descritto per le cotogne, mentre
dienza e di peccato, in quanto Eva l’aveva col- per quanto riguarda le torte si può dare molto
ta, nonostante il divieto divino, e poi offerta ad spazio alla fantasia.

40
ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


In sa famillia de sa mela b’at medas ratzas chi
agatamos in totue. Cussas de sa mela areste sunt
una deghina, a probe de su Caucaso e in sos bu-
scos de s’Asia de mesu e de sud-est.
Sa mela chi pastinant podet artziare finas a
sos oto metros, che iscudent sas fozas a ùrtimu de
atonzu; sos frores, biancos e colore de rosa, fro-
rint in beranu, su frutu frassu est tundatzu,
mudat sabore segundu sa calidade, s’areste est
aspronzu. In su tenaghe b’est su sèmene.
In logos nostros coghet a urtimos de s’istiu.

Mitolozia e Istòria
Dae s’antighidade, sighinde su caminu de sa se-
da, si est ameschiau su sèmene de medas melas, at
tzurulau e nde at fatu nàschere àteras, chi sos o-
mines ant seberau po ddas pastinare, prima in
cussos logos, posca manu manu a inghìriu de su
Mediterraneu, e sighinde in Europa e in totu su
mundu. Nachi sos romanos nde connoschiant duas
deghinas, segundu Plinio bintitres.
Sa mela dd’ant cussiderada sinnu de su pecau o-
rizinale poite Eva dd’at boddia chena pònnere in
mente a Deus, posca dd’at zada a Adamo, co-
mente lezimos in sa Genesi e in sa literadura de
su cristianesimu.
Imbetze sos grecos e sos romanos dda cussideraiant
In queste pagine: un melo fiorito e un magnifico frutu de s’amore. Saffo at iscritu: “sa mela dru-
“grappolo” di frutti (nella foto qui sotto). Nella pa- che est ruja \ arta in su chimu \ arta in su chimu
gina a lato, due mele sull’albero e un ramo fiorito di prus artu \ no dd’ant bisa sos boddidores \ emo
melo selvatico; nella foto piccola in alto, vista totale dd’ant bisa \ ma no bi sunt arribbaos”.
di una pianta.
Sinzale de amore fut fintzas po sos iscritores de su
Rinassimentu, finas a dies de oe. Ariosto nde al-
legat in s’Orlando Furioso, W. Goethe in su Fau-
st, García Lorca e Pablo Neruda in sas poesias is-
soro, Italo Calvino in sas Paristorias, Cesare Pa-
vese in sos romanzos.

Propiedades e impitu
Sa mela est rica de vitaminas e de sales minera-
les, dda papamos crua e cota, fata a cufetura, pa-
gu prus a mancu comente sa chidonza, in sas tru-
tas donniunu a piaghere suu. Amentamos ca u-
na mela a sa die che istesiat sos mèigos, abbassat
su colesterolo e sa pressione, allenat sos nérbios, re-
gulat sas istentinas e, papada a sa zauna, faet
bene meda a s’istògomo.

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Melograno
Melarenada
Punica granatum (Punicaceae)

Habitat e descrizione succosi, dolci o asprigni, di colore rosa o rosso,


Il melograno è pervenuto nei paesi dell’area sono contenuti in specie di logge separate da u-
mediterranea dall’Asia occidentale: pare che in na pellicola, bianca o gialla, e aderente.
questi territori siano stati ritrovati i reperti fos- Columella, nel suo De Rustica, dà consigli per-
sili, risalenti al Pliocene. La pianta è diffusa nel- ché non si spacchino sull’albero, e per una buo-
le alture come nelle pianure. na conservazione dopo averle colte.
Nei terreni più assolati può arrivare fino ai sei
metri d’altezza, ma tende a conservare il carat- Mitologia e Storia
tere arbustivo, perché i rami spinosi, se non po- Il melograno, sacro presso tutti i popoli anti-
tati, si estendono anche in larghezza, e altre pian- chi, è tra gli alberi più citati nei secoli passati. I
tine germogliano alla base del tronco. Le foglie greci chiamavano la pianta e il frutto roià, o
sono piccole, di forma allungata e color verde roiè, e ne cantavano la bellezza. I romani, dato
lucido, su cui spiccano i fiori rossi, singoli o a che Plinio nella sua Naturalis Historia lo chia-
mazzetti. All’inizio dell’autunno, quando ma- ma Malum Punicum, dovevano averlo portato
turano i frutti, cominciano a cadere le foglie. Il a Roma dal Nord Africa, allora sotto Cartagine,
frutto ha forma di una mela ma termina in bas- della cui biblioteca pare si fosse salvato solo un
so con una coroncina: i botanici lo chiamato ba- trattato agronomico scritto da Magone. Nel de-
laùstio. La buccia, coriacea, quando è ben matura serto africano il succo acidulo e rinfrescante do-
diventa rossastra. All’interno i numerosi semi veva essere un toccasana per le arsure causate
dall’eccessivo caldo, mentre in Persia ancora og-
gi è considerato la bevanda nazionale: le spose,
prima di entrare nella nuova casa, pestano una
melagrana con i piedi.
Gli studiosi biblici pensano che l’Albero della
Vita fosse il Melograno. Per gli ebrei il suo frut-
to era simbolo del peccato, come il fico. Tutta-
via, in certe parti del Vecchio Testamento, en-
trambi i frutti erano considerati segno di pro-
sperità e la melagrana era una benedizione divina
per l’abbondanza dei semi. Salomone la consi-
derava simbolo di regalità per la coroncina po-
sta sul vertice inferiore, ma anche di femminilità,
come si può leggere nel Cantico dei Cantici,
dove si paragona ad essa la bellezza delle gote
dell’amata (i tuoi germogli sono un giardino di
melegrane \ con i frutti più squisiti). I disegni di
esse ornavano i paramenti dei sacerdoti ebrei.
Per i cristiani sono simbolo della Chiesa, spo-
sa di Cristo: i semi sono i fedeli, il succo è il san-
gue dei martiri.

42
ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Sa melarenada in sos logos a inghìriu de su Mediterraneu che dd’ant batia dae s’Asia otzidentale, i-
nue nachi ant agatau fossiles de su Pliocene. De melarenada bi nd’at in paris e in montes.
In terrinos solianos creschet finas a ses metros de artesa, ma arreat a mola, ca sos chimos ispinosos si al-
largant e àteras matigheddas puzonant dae sas raighinas. Sas fozas sunt piticas, longhitas e de unu bir-
de lùghidu. Sos frores sunt rujos, a unu a unu o a matzuleddos. A comintzu de s’atonzu, cando coghet su
frutu, si che bolant sas fozas. Su frutu est a froma de mela chi che finit a corona. Sos botanicos ddu ant
tzirriau balaùstio; sa corza est corriatza, cando sa renada est bene cota, si faet rujastra. Su sèmene sut-
zosu, druche o arghionzu, de colore rosa o ruju, istat in tzelleddas biancas, aintro de sa corza.
Columella at zau cussizos bonos po no s’aperrere in sa mata e po ddas regòllere in domo.

Mitolozia e Istòria
Totu sos pòpulos antigos ant cussiderau sagra sa melarenada, ed est puru una de sas matas chi ant mun-
tovau de prus in sos sèculos. Sos grecos tzirriaiant sa mata e su frutu roià, o roiè, e nde cantaiant sa bel-
lesa. Plinio dd’at tzirriada Malum Punicum e duncas sos romanos che dda depiant àere leada a Roma
dae su Nord Africa, tando suta su dominiu de Cartagine.
Contant ca in sa bibbrioteca de custa tzitade ant sarvau solu su libbru de agronomia de Magone.
In Persia cussideraiant su sutzu de custa mela de importu meda e sas isposas, innanti de intrare a sa
domo noa, pistaiant cun sos pes un’arenada.
Sos chi istudiant sa Bibbia pentzant chi custa mata èsseret s’Arbure de sa Vida. Difatis su frutu fut sin-
nu de su pecau, comente sa figu. Però in àteras pazinas de sa Bibbia, lezimos ca ambos frutos ddos cussi-
deraiant sinnu de prosperidade e sa melarenada fut una beneditzione de Deus po s’abbundantzia de su
sèmene. Po Salomone sa corona fut sinnu de regalidade, ma fintzas de feminilidade, comente podimos le-
zere in su Cantigu de sos Cantigos, inue assimbizat sa bellesa de s’isposa a custa mela. Sinnu de sa Cre-
sia e isposa de Cristu po sos cristianos, sos fideles sunt su sèmene, su sutzu est su sàmbene de sos martires.

In queste pagine: un fiore non ancora aperto e i frut-


ti maturi del melograno.
ALBERI - ARBURES

Le melograne vengono citate nella mitologia


delle antiche civiltà. In Egitto erano dipinte nel- Sa melarenada fut sinnu de vida e de morte,
le tombe e alcune vennero deposte nella tomba ma puru de fertilidade. In sa mitolozia de sas t-
di Ramsete IV. Il nome di Iside indicava sia la zivilidades antigas, dae s’Ezitu, inue dd’ant pin-
vulva, sida, sia la melagrana, side. Nella Fenicia turada in sas tumbas (a Ramsete IV che ddu ant
e nella Grecia, il melograno simboleggiava la interrau cun sas melarenadas) e inue su lùmene
morte e la vita, come anche la fecondità e l’a- de Iride inditaiat sa natura de sa femina, e fint-
more. Era sacro alla dea Madre Mediterranea, ad zas sa melarenada, sighinde cun sa Fenitzia e sa
Astarte, alla pronuba Giunone, ad Atena e a Ve- Gretzia,
nere, dea della bellezza. Pare che in Grecia le In cantu sinnu de fertilidade e de amore, fut
spose facessero cadere una melagrana per terra sagrada a sa Dea Mamma Mediterranea, a A-
per sapere, dal numero dei grani fuorusciti dal starte, a Zunone chi amparaiat sas isposas, a Ve-
frutto, quanti figli sarebbero nati. Simbolo di nere, dea de sa bellesa. Nachi in Gretzia sas cojua-
vita dunque, ma anche di morte, in quanto era das a nou, che imbolaiant a terra una melare-
sacro a Demetra e alla figlia Persefone che, a- nada po intzertare sos fizos chi bis diant nàsche-
vendo mangiato sette chicchi del frutto dell’al- re dae sos ranos chi che bessiant dae custu frutu.
bero che cresceva nell’Ade, fu costretta a passa- Comente frutu chi creschiat in s’Ade, fut sinnu
re l’inverno nel mondo dei morti. de morte, e duncas sagrau a Demetra e a sa fiza
Questi simboli di vita e di morte sono presen- Persefone, chi po nde àere papau sete ranos, dd’ant
ti anche nell’iconografia medioevale, rinasci- obbrigada a che colare s’ierru in su mundu de sos
mentale e moderna, fino ai nostri giorni, ac- mortos. Custos sinnos de vida e de morte, accan-
canto a quelli della bellezza, della castità, della ta a sos de sa bellesa, de sa castidade, de sa fideli-
fedeltà e dell’unità della chiesa: così, il Botti- dade e de s’unidade de sa cresia, torrant in sas
celli dipinse un melograno accanto alla Vergine. pinturas e in sa poesia, dae su Medioevu a su Ri-
Molti poeti moderni, dell’Europa e dell’Asia, nassimentu, finas a dies de oe. Medas poetas, eu-
cantarono la bellezza del melograno: ricordiamo ropeos e asiaticos, nde ant cantau sa bellesa de sa
il greco G. Seferirs e il giapponese O. Hosai. mata e de su frutu, amentamos su grecu G. Sefe-
rirs e su zaponesu O. Hosai.

Una melagrana matura e un particolare con i fiori


aperti. Nella pagina accanto: un vassoio con melagra-
ne raccolte.

44
ALBERI - ARBURES

Proprietà e impiego
Fin dall’antichità se ne conoscono le virtù salu- Propiedades e impitu
tari, descritte anche nel Papiro di Ebers. Dae s’antighidade connoschiant sas propiedades
I medici del lontano passato, tra cui Galeno ed meighinosas de sa melarenada, comente podimos
Aezio, usavano frutti e fiori per curare le malattie lezere fintzas in su Papiru de Ebers.
del corpo. Con i decotti ottenuti dalle radici, o Sos mèigos, comente Galeno e Aetzio, impitaiant
anche dalla scorza, in quanto gli alcaloidi volatili frutos e frores a curare sos istrobbos de sa carena.
si trovano in tutta la pianta, curavano le infiam- Cun su brou fatu cun sas raighinas curaiant ca-
mazioni, la diarrea e la tenia; le foglie e i fiori so- lesisiat iscardidura, s’iscurrentziadura e sa ma-
no depurativi. ladia de sos bremes. Impitaiant fintzas sa corza,
Le bacche, ricche di vitamina A e B e di ferro, ca sos alcaloides bolatiles sunt in totu sa mata. Sas
contengono delle sostanze antitumorali, come i fozas e sos frores sunt depurativos.
flavonoidi, indicati per prevenire i tumori al se- Sos ranos, ricos de vitamina A e B e de ferru,
no. Il succo è rinfrescante, astringente, cardio- zughent sustàntzias chi curant sos tumores, co-
tonico e calma la tosse. La scorza veniva impie- mente sos flavonoidos, difatis ddos cussizant con-
gata per tingere i tessuti. Si faceva bollire per tra su cancru a sas titas. Su sutzu infriscat, i-
un’ora buona, si filtrava e nel liquido s’immer- stringhet, faet bene a su coro e allenat su tussiu. Sa
geva la stoffa, che diventava di un bel giallo. Per corza dda impitaiant a tìnghere sa pannia de
ottenere il nero si mescolava a questo stesso li- tramas vezetales o de animale; dda faiant bud-
quido un po’ di solfato di rame. dire un’ora bona, colaiant su brou e poniant a
modde sa pannia chi si faiat de colore grogu. Po
La confettura si faere niedda bi ammeschiaiant surfure de ra-
Ingredienti: il succo della melagrana, mescolato mene.
ad altri tipi di mela, come le renette e le cotogne.
Le dosi sono in parti uguali, zucchero compreso, Sa cufetura
più la buccia grattugiata di tre limoni. Su chi bi cheret: su sutzu de s’arenada amme-
Preparazione: si sgrana la melagrana, si frulla- schiau a àteras melas, comente sas renetas e sa chi-
no i chicchi e si filtrano, quindi si versa il liqui- donza. Sas cantidades de totas tres calidades sunt
do in una capiente pentola antiaderente; si ta- su matessi, gasi su tzùcaru, in prus sa corza trete-
gliano a pezzi grossi, senza sbucciarle, le altre gada de tres limones.
mele private del torsolo, si mescola il tutto e si Comente si faet: ispruniamos sa melarenada, dda
fa cuocere a fiamma moderata, rigirando di fre- molimos, dda colamos de su sèmene e che betamos
quente con il mestolo di legno. su sutzu in d-una padedda chi no s’atacat, bi a-
Quando le mele sono ben cotte, si spegne il zunghimos sas àteras melas a cantos mannos, chena
fornello e si frulla il composto. tenaghe e chena ispuligare. Alluimos su furreddu a
Quindi si versa lo zucchero e il limone grattu- fogu lenu e morigamos de continu cun sa terudda
giato. Si rimette la casseruola sul fuoco e si con- de linna finas a cando sa mela est bene cota.
tinua a cuocere rimestando fin Tando che dda calamos de su furreddu, dda mo-
quando il composto risulta limos e dda sighimos a còghere paris cun su
condensato e resta attacca- tzùcaru e su limone tretegau.
to al mestolo. Ancora bol- Dda lassamos còghere su tantu de si
lente, lo si versa nei ba- cazare e finas a cando sa cufetura
rattoli di vetro che, s’atacat a sa terudda. Po urtimu
ben chiusi, vanno prenimos sos botos de bidru chi e-
messi a raf freddare st ancora buddia, ddos serramos e
lentamente sotto una ddos ammuntamos cun d-una
coperta pesante. Si fauna, lassàndeddos a ifritare a
conservano in luogo bellu a bellu. Si depent costoire in
fresco. logu de friscura.

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Noce
Nughe
Juglans regia (Juglandaceae)

Habitat e descrizione Mitologia e Storia


Il noce è un albero di collina e di bassa mon- I giardini di noce sono citati nella Bibbia, nel
tagna. È originario dell’Asia centroccidentale, Cantico dei Cantici. Presso i greci era tanto ap-
dove cresce spontaneo, mentre da noi è coltivato prezzato da essere chiamato albero regale. Se-
e si trova anche in pianura, nelle vigne e negli or- condo la mitologia fu sacro ad Artemide Caria-
ti. In terreni profondi, fertili e freschi può rag- tide, che aveva portato la notizia agli spartani
giungere anche venticinque-trenta metri di al- della morte della ninfa Caria, amata da Dioni-
tezza. Ha il tronco lungo, eretto e resistente, so e da lui trasformata in noce. Gli spartani si ser-
anche di due metri di diametro; la corteccia è gri- virono del suo legno per fare le colonne di for-
gio-biancastra, più o meno screpolata. I rami, ma femminile del tempio dedicato alla dea.
grossi e nodosi, formano una vasta chioma ro- I romani lo chiamavano Jovis glans, ghianda di
tondeggiante; quelli di normale grossezza ven- Giove, da cui il nome scientifico.
gono usati per fare il fuoco. Le foglie, lunghe e Per i primi cristiani il noce era simbolo della Tri-
alterne, cadono in autunno per ricomparire in nità, ma successivamente, fino al Medioevo, lo
primavera. I fiori, piccoli e poco appariscenti, consideravano un albero dannoso e se ne abban-
sono bianchi e sbocciano tra aprile e maggio. I donò la coltura e, di conseguenza, il consumo.
frutti hanno una buccia verde e carnosa che co- Tale decisione fu presa per le affermazioni del
stituisce il mallo; questo avvolge due valve che medico alessandrino Dioscoride, che aveva at-
a maturità diventano legnose e contengono il tribuito alle noci dolori al capo, bolle in bocca
seme, detto gheriglio. e perdita dei denti. I medici salernitani consi-

Le foglie del noce. In alto: i fiori; nella pagina a lato:


una vista dell’albero intero.

46
ALBERI - ARBURES

gliavano di mangiarne una sola, perché già la


seconda era dannosa e la terza dava la morte, a Sos logos inue creschet e sa descritzione
meno che non le si innaffiasse di buon vino. Sa nughe est una mata de montigos e de montes pa-
Forse queste errate e assurde convinzioni furo- gu artos. Benit dae s’Asia de mesu e otzidentale, inue
no determinate dal fatto che le radici dell’albe- est areste, mentras in logos nostros dda pastinant fint-
ro sono tossiche, e l’ampia chioma opprime e fa zas in sos paris, in binzas e in ortos. In terra russa,
quasi scomparire la vegetazione sottostante. niedda e frisca podet crèschere finas a bintighimbe-
Nel Medioevo era chiamato albero delle stre- trinta metros. Su truncu longu, eretu e resistente po-
ghe e tale credenza ha alimentato non poche leg- det medire duos metros de diametru, sa corza andat
gende, soprattutto nell’Italia meridionale. dae su biancu a su colore de chisina, a zassos est fre-
Il noce, presente nella letteratura e nei pro- sada. Sos chimos russos e prenos de noos ddos ponent a
verbi fin dai tempi delle Favole di Esopo, è ci- su fogu. Sas fozas longas si che bolant in s’atonzu, tor-
tato da molti autori tra cui Boccaccio, Manzo- rant a bessire in beranu, paris cun sos frore piticos e
ni (nel miracolo riferito da fra’ Galdino), Calvi- biancos. Sa corza de su frutu, partziu in duos, est
no in “Il barone rampante”, ed ancora il poeta birde e modde, aintro bi est su chiu.
francese Apollinaire, che scrisse: “Io sono nato sot-
to il segno della costellazione d’autunno \ e per- Mitolozia e Istòria
ciò amo i frutti e detesto i fiori \ i baci che do li Sa Bibbia, in sos Cantigu de sos Cantigos, muntovat
rimpiango uno per uno \ noce bacchiato che dice sos ortos de nughe. In Gretzia zaiant unu balore gasi
al vento i suoi dolori”. mannu a sa nughe chi dda mutiant regale. Su mitu
Infine, si credeva che il noce non venisse col- narat ca sa mata fut sagrada a Artemide Cariatide
pito dai fulmini. chi aiat fatu ischire a sos ispartanos sa morte de Caria,
istimada dae Dioniso, chi dda at mudada in nughe.
Sos ispartanos nde ant impitau sa linna a fàere sas
culunnas de su tempru de sa dea, a froma de femina.
Sos romanos mutiant sa nughe Jovis glans, lande de
Zove, chi poi est su lùmene issentificu. Plinio at iscritu
ca sos romanos che dd’ant batia dae sa Gretzia. Po sos
primos cristianos fut sinnu de sa Trinidade. Ma zai in
sos primos sèculos de s’opeca nostra, finas a totu su Me-
dioevo, cussideraiant sa nughe una mata dannosa e ant
lassau a pérdere de dda pastinare, fintzas de dda im-
pitare e de dda papare. Teninde contu de su chi aiat
iscritu su méigu alessandrinu Dioscoride, “ca sa nughe
faiat bènnere su dolore de conca, sas bubbullicas in bu-
ca e che bogaiat sas dentes”, sos mèigos salernitanos cus-
sizaiant de nde papare una ebbia, ca sa segunda faiat
male e sa tertza batiat a mortu. Custu no capitaiat si
ddas acumpanzaiant cun binu bonu. Fortzis naraiant
gasi ca sas raighinas de custa mata sunt felenosas e sa
coma larga faet morrere sas matigheddas a probe de is-
sa. In su Medioevo dda tzirriaiant mata de sas istrias
e custa credentzia dd’agatamos in medas paristòrias,
mescamente de s’Italia meridionale. De sa nughe nde
faeddant sos iscritores, a comintzare dae Esopo, ifatu
Boccaccio, Manzoni, in su meraculu de frà Caldino,
Calvino in su Barone Rampante, e àteros, in mesu de
issos su poeta frantzesu Apollinaire. Meda creiant chi
a sa mata de sa nughe no bi feriat sos lampos.

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ALBERI - ARBURES

Il braciere, su brasieri, era in rame, ma poggiava su un supporto protettivo


in noce. A destra, un vassoio da portata dipinto e dorato, sa sufata.

L’imbuto per versare il grano nella Pale e sassole, sas palas e sas tzicador- Nella foto a lato: in molte vecchie
mola, s’imbudeddu pro sa mola. zas, si realizzavano in noce o castagno. case si trovano ancora bellissimi
mobili in noce sardo, come questa
credenza da cucina, sa credenza.

Il matterello, su canneddu, per fa- Tagliere, trazeri, per la carne.


re la pasta.

La squadra, s’isquadra, strumento Quando non c’erano stoviglie di cerami- I marchi, sos sinnos, per marchiare
di muratori e falegnami. ca, si usava il piatto in noce, su pratu. il bestiame, con manico in noce.

Proprietà e impiego go e febbrifugo. Ne traggono beneficio i piedi


Il legno del noce è compatto, facile da lavorare sudati, stanchi e sofferenti, e anche i geloni. Ver-
e pregiato. Lasciato stagionare, lo si usa per fare sandone in quantità nell’acqua del bagno, dà e-
ogni genere di oggetti, dai mobili alle armi, dalla nergia a tutto il corpo. L’infuso, ricco di tannino,
pavimentazione a oggetti artistici e per l’arreda- lo si usa per fare i gargarismi.
mento. Le noci contengono vitamine A, B1, B2, C, PP,
Il decotto delle foglie, che si raccolgono da mag- oli, una molteplicità di sali minerali e di altre so-
gio ad agosto e vanno bollite 12 minuti nell’acqua, stanze salutari che fanno bene al fegato, al pancreas
è depurativo, antianemico, astringente, vermifu- e allo stomaco. Sono buone da mangiare a giugno,

48
ALBERI - ARBURES

Propiedades e impitu
Sa linna de nughe est consistente e tenet balore
meda. Lassada a imbetzare una pariga de annos
dda impitant a fàere onnia zenia de trastes, dae
sos mobiles a sas armas a sos panimentos.
Su brou de sas fozas, chi boddint dae maju a a
austu, postas a buddire in abba doighi minutos,
faet bene a sos anèmicos, depurat su sàmbene, ab-
bassat sa frebbe e bochit sos bremes.
Poninde a modde sos pes sueraos faet bene fint-
zas a sos pirinzones, betándeddu in cantidade a
s’abba de su bannu, zat fortza a totu sa carena.
In sa nughe b’at vitaminas A, B1, B2, C, PP, o-
zu, medas sales minerales e àteras sustàntzias mei-
ghinosas chi faghent bene a su fìgadu, a su pan-
creas e a s’istogomo.
Est bona a papare a làmpadas, cando est frisca e
sa corza est modde. Su prus dda lassant sicare in sa
mata e che dda boddint in atonzu, cando sa corza
est linnosa, oburu che dda regollint dae terra.
Cun sa nughe frisca e de sapore dìligu, faent u-
nu licore, apustis ddu àere lassau in mesu de s’àr-
colo nessi unu mese. Ddu faent a su matessi mo-
du de su licore de murta.
In alto: un altro tagliere, su trazeri, che si realizzava- Sa nughe sica dda pistant cun su martzeddu, o
no anche in castagno (come questo nella foto) e servi- cun su seganughe.
vano da “piatto di portata” per la carne. Vengono u-
sati ancora, grazie alla loro praticità, nelle cene fami-
Sa corza innantis dda poniant a contzare sas
liari e con gli amici, e in tutti gli agriturismo della peddes. Faíndedda buddire paris cun sas fozas,
Sardegna. Qui sopra: una valigia in noce, sa valisa, cun su brou sas feminas si tinghiant sos pilos.
certamente uno degli usi più curiosi e inaspettati del Po faere màndigos e druches tocat de che trant-
legno di questa utilissima pianta. zire sa napa a su chiu, poníndedda a modde in ab-
ba buddia. In biddas nostras ponent sa nughe in
ancora fresche e col guscio tenero. Ma per lo più sos pabassinos chi faent po sos mortos.
si lasciano seccare sull’albero e si colgono in au- A Sedilo ddos faent po S. Antoni de su fogu. Su
tunno, quando il guscio è legnoso. manzanu de sa die innanti sos pitzinnos andant
Il guscio lo si faceva bollire con le foglie e le don- de domo in domo a ddos pedire, sas féminas nan-
ne usavano il decotto per tingersi i capelli. de “sa fita mia ca mi naro Maria”, sos omines
Il sapore delle noci fresche ha un gusto delicato, “su tureddu meu ca mi naro Antoneddu”.
con esse si fa un liquore detto nocino. Vengono
messe a macerare nell’alcool almeno un mese. Il
procedimento e gli ingredienti sono simili a quel- Tra i dolci a base di noci più diffusi nei nostri
li per fare il liquore di bacche di mirto, di cui si par- paesi ci sono i papassini. Li fanno per i morti,
la nella parte dedicata agli Arbusti. mentre a Sedilo vengono fatti per S. Antonio del
Le noci secche si schiacciano col martello, o con fuoco (a gennaio) e offerti ai bambini che, la mat-
lo schiaccianoci, e si mangia il gheriglio. Le buc- tina della vigilia, vanno di casa in casa dicendo, le
ce le usavano per conciare le pelli. femminucce, “(datemi) una fetta (di dolce) che
Per utilizzare le noci in cucina, ai gherigli biso- mi chiamo Maria”, mentre i maschietti dicono
gna togliere la pellicina, immergendoli per alcuni “(datemi) la pagnotta di sapa di fico d’India che
minuti nell’acqua bollente. mi chiamo Antonino”.

49
ALBERI - ARBURES

I papassini
Ingredienti: 1 kg di fior di farina, 400 g di noci
mescolate alle mandorle, sbucciate e sbiancate,
frantumate o macinate, 400 g di uva passa,
400 g di zucchero, 400 g di strutto, 6 uo-
va, la scorza di 1 o più limoni grattugiati,
1 bicchiere di liquore, 2 bustine di lievito,
1 di vanillina.
Preparazione: si versa la farina in un
grande catino di terracotta e la s’impa-
sta con le uova e con lo strutto sciolto a
bagnomaria. Poi gradatamente si ag-
giungono tutti gli ingredienti, per ultimo
il lievito e la vanillina. Si amalgama l’im-
pasto e si lascia riposare, quindi se ne
prende un pezzo, lo si allunga sul tavolo,
portandolo a uno spessore di due cm, e lo si
taglia a rombi della grandezza che si desidera. In-
fine si sistemano i papassini nelle teglie che
s’infornano, a fuoco medio, lasciandoli cuocere
finché sono dorati. Si levano dal forno e, se si
vuole mettere la cappa, si lasciano raffreddare.
Con o anche senza cappa, si possono sempre
decorare con sa traggea (i diavolini, palline co-
lorate).
Qui a lato (in alto): le noci da sgusciare e, sotto, i ghe-
rigli “sbiancati” e pronti per l’uso. Nella foto grande,
un vassoio di papassini di noci; nella foto piccola a de-
stra, i papassini all’interno del forno, mentre cuociono.

50
ALBERI - ARBURES

Sos pabassinos
Su chi bi cheret: 1 kg de de farina de tzichi, 400
g de nughe amischiada a mèndula, ispuligada,
segada a fine o mòlia, 400 g de pabassa, 400 g de
tzùcaru, 6 oso, 400 g de ozu de lardu, 1 tassa de
licore, 2 bustinas de lievitu, 1 de vanillina, 1, o
fintzas de prus, corzas de limone tretegadas.
Comente si faet: betamos sa farina a su tianu,
dd’impastamos cun sos oso e cun s’ozu de lardu i-
scazau a bannomaria. Posca, a bellu a bellu, a-
zunghimos totu s’àtera cosa, a ùrtimu su lievitu
e sa vanillina. Tribballamos bene su cumassu e a-
pustis ddu aere lassau pasare un’iscuta nde leamos
unu cantu, dd’illonghiamos in sa mesa de sui-
ghere, dd’illadiamos de s’artesa de unu tzm e d-
du segamos a rombos de sa mannesa chi cherimos.
Ddos assetiamos in sas lamas e ddas ifurramos a
calore mediu. Che ddas bogamos de su furru can-
do sos pabassinos sunt doraos, si ddo cherimos ca-
pare, tocat de ddos lassare ifritare, cherinde bi pi-
spiamos unu pagu de trazea.
Olivastro
Ozastru, Orzastru
Olea oleaster (Oleaceae)

Habitat e descrizione vastro venivano spremute in spremitoi fatti con la


L’olivastro è un albero sempreverde, molto pietra basaltica e mossi da un asino. Quelle di o-
diffuso nelle nostre campagne, dove solitamen- livastro contengono poco olio, che ha proprietà
te è presente insieme alla macchia di lentisco. lassative. Il brodo delle foglie, bollite per alcuni
Può raggiungere anche i sei metri d’altezza. minuti, è disinfettante e astringente, fa bene alla
La corteccia del tronco è grigia e liscia, i rami du- pressione e cicatrizza le ferite.
ri, contorti e spinosi, le foglie ovali e verdi nel- Le frasche alimentavano il bestiame, soprat-
la parte superiore, argentate nella inferiore. tutto in tempi siccitosi; quando erano secche si
I fiori sono piccoli, biancastri e riuniti in grup- portavano a casa per il fuoco.
petti, i frutti drupe ovoidali, prima verdi poi ne- Negli anni passati, col legno di olivastro si fa-
ri-rossastri, con dimensioni minori rispetto alle cevano birilli e trottole, per il divertimento dei
olive. bambini e dei ragazzi; con i rami adatti si pre-
paravano sas furchiddas delle fionde.
Proprietà e impiego
In Sardegna, fin dal Medioevo, gli olivastri ve- Sotto: le foglie dell’olivastro adulto, più verde chiaro
nivano innestati a olivi. Anche le drupe dell’oli- rispetto a quelle dell’olivo, che inoltre le presenta leg-
germente tomentose nella pagina inferiore.

52
ALBERI - ARBURES

Vista totale di una pianta.


Nella foto piccola: gli oliva-
stri molto giovani hanno fo-
glie di dimensioni ridotte,
verde scuro.

Sos logos inue creschet e sa descritzione


S’ozastru est una mata sémpere birde, in sos sar-
tos de chirros nostros bi nd’at in totue, mescamente
inue b’at molas de chessa.
Est una mata seculare, podet bìvere finas a sos
chimbe-deghe sèculos e artziare finas a ses metros,
mancari a bellu a bellu. Su truncu est colore de
chisina e lisiu, sos chimos trotos e ispinosos, sas fo-
zas ovales e birdes in su chirru de susu, colore de
prata in suta. Sos frores sunt biancos e piticos, su
frutu, a froma de ou, innantis birde, posca nied-
du-rujastru, est prus minudu de s’olia.

Propiedades e impitu
In Sardinna, ant comintzau dae su Medioevo a
innestare sos ozastros a olia e ispremiant su frutu
de s’una e de s’àtera mata in sas molas de pedra.
Dae s’ozastru bessit pagu ozu, ma faet andare de
corpus. Su brou de sas fozas, iscotadas pagos mi-
nutos, est disifetante, faet bene a sa pressione, i-
stringhet e che faet sanare becos e trincos. Sos pa-
stores zaiant sa sida a su bestiamene, mescamen-
te in annadas malas, sos chimos sicos che ddos car-
raiant a domo a fàere fogu.
Cun sa linna de ozastru faiant birillos e bardù-
fulas, a ispelegu de pitzinnos e de mannos; cun sos
chimos bonos si faghiant sas furchiddas po su tire-
lasticu.

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ALBERI - ARBURES

Bulini e lesine, sos suales. La carriola, sa carretta, realizzata in Contenitori per fare il formaggio,
olivastro, oppure in castagno o in olmo. discos de faere su casu.

La culletta per i neonati, su brasso- Macchina per gramolare la pasta, sa Macchina per fare i maccheroni, sa
lu. machina po cariare sa pasta. machina po faghere sos macarrones.

I pettini per la lana, sos petenes po sa Le spole, sas ispolas, per tessere nel
lana. telaio.

La sega, sa serra, fra gli strumen- La scure, s’istrale, sa sigure. Il piantone per il telaio del carro,
ti più conosciuti, usata da fale- su rocu de su carru.
gnami, taglialegna e muratori. Altri esempi di seghe per legno, sas ser-
Sotto: raschietto, su raschiolu. ras, di varie dimensioni. Le sponde del carro, sas zerdas.

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ALBERI - ARBURES

Sa bardufula
Po dda fàere segaiant unu cantu de ozastru, d-
du atundaiant a froma de pira cun d-unu t-
zumbu in artu po bi pònnere su poddighe in su
mamentu de dda tirare, e bi che fichiant una
puntza chena conca. Cun s’isgubbia e una resor-
za arrodada bi faiant sas rigas inue imboligare
sa cordiola, innantis de dda tirare a terra.

Una trottola (sa bardufula), se ben costruita in le-


gno di olivastro e abilmente lanciata su una superfi-
cie liscia e regolare, continua a girare per parecchio
Il banchetto per tagliare la carne, su banchitu po se- tempo.
gare sa petza, usato un tempo da tutti i macellai.

La cavezza , su crabistu, per gli asini.

La trottola
Per costruire una trottola si prendeva un ramo
di olivastro di opportuno spessore, e lo si lavo-
rava con sa leppa fino a dargli la forma regola-
re, come una pera rovesciata, con un piolo cor-
to e largo nella parte superiore, che serviva per
appoggiarvi l’indice all’atto del lancio.
Quando la trottola era ben rifinita, si conficca-
va un chiodo a cui era stata segata la testa nella
punta inferiore. Infine, con la sgorbia e un col-
tello a serramanico ben affilato, s’intagliavano
le scanalature dove avvolgere lo spago prima di
lanciarla a terra.

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Olivo
Olia
Olea europaea (Oleaceae)

Habitat e descrizione re (comunque la colorazione dipende dalle va-


Gli storici pensano che l’ulivo provenga dalla rietà). Si colgono dal tardo autunno all’inverno.
Mezzaluna fertile, l’attuale Iraq, e che si sia dif-
fuso in tutta l’area mediterranea dal 6000 avanti Mitologia e Storia
Cristo. In Sardegna non mancano oliveti molto L’ulivo è l’albero più citato nelle opere reli-
estesi, talvolta in parte inselvatichiti verso i mar- giose e letterarie, dall’antichità ai nostri giorni.
gini, dalla pianura ai monti di media altezza. Il Papiro di Ebers parla dell’olio d’oliva mi-
In terreni fertili e ben drenati questa pianta, schiato ad altre bacche per la salute e la bellez-
sempreverde e resistente all’aridità, raggiunge za della pelle. In alcune tombe vicino a Tebe
in media i cinque metri di altezza, talvolta di hanno trovato rami e semi di oliva.
più. Le foglie sono piccole, oblunghe e coriacee, Il re babilonese Hamurabi, nel suo Codice, ne
verde scuro e lucenti sopra, grigio argenteo sot- regolava il commercio.
to; i fiori biancastri, anch’essi piccoli e riuniti a Nella Genesi (8, 11) è scritto che “la colomba
gruppetti, sbocciano da maggio a giugno. Le tornò a lui (Noè) sul far della sera; ecco, essa ave-
drupe, ossia le olive, sono ovali e di varia di- va nel becco un ramo scelto di olivo…”. Ancora
mensione, prima verdi, poi rossastre, infine ne- nella Bibbia leggiamo che i patriarchi venivano

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ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Sos istoricos pentzant chi s’olia benit dae sa Me-
suluna fèrtile e chi posca dd’ant pastinada in sos
logos a inghìriu de su Mediterraneu semila annos
innanti de nàschere Deus.
In Sardinna tenimos ortos mannos de olia, a-
bortas in sas lacanas bi nd’at fintzas arestes.
In terrinos rassos e assutos, custa mata sèmpere
birde e resistente a sas sicannas, arribbat fintzas
a ses metros de artesa. Sas fozas sunt piticas, lon-
ghitas e corriatzas, de colore bird’iscuru in su
chirru de susu, de colore de chisina e de prata in
suta. Sos frores, a matzuleddos, biancatzos e issos
puru piticos, ispraghent dae maju a làmpadas. Su
frutu ddu mutimos olia comente sa mata, est bir-
de, posca si tinghet a rujastru e a ùrtimu a nied-
du. Dda boddimos dae urtimos de s’atonzu a
s’ierru.

Mitolozia e Istòria
Dae s’antighidade a oe, s’olia est sa mata chi prus
muntovant in sas operas relizosas e literarias.
Su Papiru de Ebers faeddat de s’ozu de olia ame-
schiau a àteras méligheddas po sa salude e sa belle-
sa de sa pedde. In calecuna tumba a probe a Tebe
ant agatau chimos e sèmene de olia.
Su re babilonesu Hamurabi nde regulaiat su cu-
mertziu cun sas lezes iscritas in su Coditze suu.

L’olivo costituisce parte integran-


te del paesaggio agricolo sardo. In
questa foto e nella pagina a lato,
due piante con i frutti; sempre
nella pagina a lato, in alto, par-
ticolare dei frutti maturi. In
questa pagina, a lato e in alto, la
fioritura primaverile.

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ALBERI - ARBURES

consacrati con l’olio d’oliva “Samuele prese allo- di Nausicaa, in segno di pace, ungono Ulisse
ra l’ampolla dell’olio e gliela versò sulla testa, poi con l’olio d’oliva.
baciò Saul dicendo: ecco il Signore ti ha unto capo Si pensa che siano stati i greci a portare l’ulivo
sopra Israele, suo popolo” (Samuele 10,1). “E il nella penisola italica, Lazio compreso, dove i
Signore disse a Samuele: riempi d’olio il tuo corno romani lo utilizzavano nella cucina e nella co-
e parti” (Samuele 16,1). “Era fulvo, con begli oc- smesi. Pare che in Sardegna l’abbiano portato i
chi e gentile d’aspetto. Disse il Signore (a Samue- fenici. Successivamente dalle coste si è diffuso o-
le): alzati e ungilo, è lui! Samuele prese il corno del- vunque, in pianura e in montagna. Per altri, co-
l’olio e lo consacrò (Davide)” (Samuele 16, 12,13). me il Lamarmora, la coltura dell’ulivo risalireb-
Dell’olivo parlano gli Evangelisti: “Quando si be al Medioevo, forse introdotto dai genovesi e
avvicinarono a Gerusalemme presso il monte de- dai pisani, soprattutto dai benedettini.
gli Ulivi…” (Marco 11, 1,). Citano l’olio d’oli- Il Cherchi Paba scrive che nel periodo giudi-
va anche Matteo (25,1) e Giacomo (5, 14). cale, in alcuni paesi vicini ad Oristano, erano
Sull’ulivo c’è stata una vastissima letteratura, in presenti ulivi pluricentenari e venivano chiama-
prosa e in poesia, da riempire un’antologia. Par- ti “olia de is pisanis”.
tendo dalla mitologia ricordiamo quella greca, Nella prima metà del Trecento ne favorirono
la lite di Poseidone e di Atena che volevano cia- la coltivazione anche gli aragonesi. Gli spagno-
scuno per sé la costruzione di un tempio sul- li obbligarono i sardi ad innestare ad ulivo al-
l’Acropoli. Giove promise che l’avrebbe avuto meno dieci olivastri per anno e, per far ciò, fe-
chi dei due avesse ideato qualcosa di utile per gli cero venire nell’isola degli esperti innestatori.
uomini. Poseidone ha inventato il cavallo, Ate- Nei secoli successivi si può dire che l’ulivo era
na l’ulivo. Giove le consegnò la palma della vit- diffuso in quasi tutta l’isola, le regioni più den-
toria e da allora l’ulivo è sacro alla dea. Si narra samente coltivate erano la Nurra e il Turritano.
anche che sotto un ulivo Latona avesse partori- Ora lo sono anche altre regioni quali il Monti-
to Apollo, simbolo del sole, e Artemide, simbolo ferru, la Planargia, il Marghine e tutt’intorno al
della luna. L’ulivo rappresenta la fecondità, la sa- lago Omodeo.
lute, la pace, come si desume dai passi del Vec- A Seneghe è nato il Concorso Nazionale Mon-
chio e del Nuovo Testamento succitati. Ma an- tiferru con l’obiettivo di far conoscere l’oliva e
che da alcuni episodi dell’Odissea. Le compagne il suo olio nell’isola e nel continente.

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Nella foto, le olive dopo la
raccolta, pronte per la In sa Bibbia nde allegant fatu fatu in sa Genesi,
spremitura dell’olio. Nella a prepositu de Noè, e in sos libbros de Samuele. Fint-
pagina a lato, vista dei
rami di una pianta cari- zas sos evanzelistas faeddant de s’ozuermanu.
ca di frutti, verso il prin- De s’olia nde lezimos in gasi medas contos e poe-
cipio dell’autunno. sias chi b’est su tantu de nde fàere un’antolozia.
Comintzamos dae su mitu grecu, dae sa briga de
Poseidone e de Atena chi cheriant cadaunu su
fraigu de unu tempru in s’Acropoli. Giove bis at
promitiu de ddu fraigare a chie diat àere im-
bentau calecuna cosa de utile a sos omines. Posei-
done at imbentau su caddu, Atena s’olia. Giove
bi at itregau sa prama de sa vitoria e de tando s’o-
lia est sagrada a sa dea. Contant puru ca in su-
ta de una mata de olia Latona at parturiu A-
pollo, deus de su sole e Artemide dea de sa luna.
S’olia est sinnu de fertilidade, de salude e de pa-
ghe, de su chi lezimos in sa Bibbia e in ateros lib-
bros antigos. In s’Odissea lezimos ca sas cumpan-
zas de Nautica, in sinnu de paghe, unghent a U-
lisse cun s’ozu de olia.
A su chi contant sunt istaos sos grecos a che lea-
re s’olia in sa penisula italica, cumpresu su Lat-
ziu, inue sos romanos dda impitaiant in coghina
e in sa cosmesi.
Nachi in Sardinna ch’ant batiu s’olia sos fenit-
zios, poscas dae sa costera sa mata ch’est revertia
a paris e a montes. Calecunu, comente Lamar-
mora, no est de acordu. Segundu issu ant co-
mintzau a dda pastinare in su Medioevo, ca fort-
zis dd’ant fata connòschere sos zenovesos e sos pi-
sanos, mescamente sos paras benedetinos. Cherchi
Paba at iscritu ca in s’opeca zudicale, in calecu-
na bidda a probe de Aristanis, b’aiat olias de me-
das sèculos e ddas mutiant “ulivi dei pisani”.
In sa prima metade de su 1300 fintzas sos ara-
gonesos ant incorazau a ddas pastinare. Sos i-
spannolos ant obbrigau sos sardos a innestare a o-
lia assumancus deghe ozastros a s’annu, po cussu
ant fatu bènnere zente esperta dae s’Ispanna.
In sos sèculos ifatu si podet nàrrere chi b’aiat
matas de olia azumai in totue, mescamente in sa
Nurra e in su Turritanu. Como bi nd’at meda
fintzas in àteros logos, comente in su Montiferru,
in sa Planargia, in su Marghine e a inghìriu de
su lagu Omodeo.
In Seneghe est naschiu su Cuncursu Nazionale
Montiferru cun s’iscopu de fàere connòschere s’o-
lia e s’ozuermanu in s’isola e in continente.
ALBERI - ARBURES

Proprietà e impiego rare molti disturbi, dai dolori alle ossa, ai tendini
L’ulivo necessita di tre S: il Sole per crescere; la attorcigliati, dalla foruncolosi al prurito, alle scre-
Scure per tagliare il legno, che serviva per co- polature e al gonfiore della pelle.
struire le travi del tetto, i carri, i gioghi, i pali di Nella tradizione sarda si usava pronunciare del-
recinzione, i manici per utensili, le pertiche etc, le preghiere e altre parole magiche, mentre si
mentre i rami si usavano come legna da ardere; in- massaggiavano le parti dolenti. Si credeva di gua-
fine il Sale per addolcire il frutto. rire l’orzaiolo posando l’occhio sul collo di una
Le foglie e soprattutto le drupe contengono tan- bottiglia piena d’olio. Ancora oggi c’è chi crede
tissime proprietà, che sarebbe troppo lungo elen- di scacciare il malocchio facendo cadere delle
care. Possiamo ricordare le vitamine A, C, E, mol- gocce di olio d’oliva in un bicchiere d’acqua.
ti sali minerali, o ancora oli e sostanze azotate. Il Colei che fa la magia recita le preghiere fram-
brodo delle foglie bollite in acqua per una venti- miste a delle formule che solo lei conosce e nel
na di minuti (un pugno di foglie in un litro d’ac- mentre intinge le dita della mano destra nell’ac-
qua) abbassa la pressione, mitiga i disturbi in- qua, quindi fa segni di croce sulle parti del cor-
fluenzali, tra cui la febbre, è diuretico e gli impac- po della vittima del sortilegio, che poi dovrà be-
chi fanno bene alle emorroidi. re il contenuto del bicchiere. A prescindere dai
Le olive più grandi, ancora verdi, si fanno ad- riti magici, l’olio lo si impiega in alcuni momenti
dolcire con l’acqua e il sale, con aggiunta di can- importanti della vita dell’uomo, dal rito del bat-
ne, o semi di finocchietti, foglie di alloro e spezie. tesimo e della cresima a quello dell’ordinazione
Le altre si colgono quando cominciano a cam- dei preti fino all’ora della morte quando gli stes-
biare colore, che non siano molto mature, e si si danno l’estrema unzione ai moribondi.
conservano in cassette prima di portarle al frantoio.
Diversamente l’olio si inacidisce. Se mischiate ai se- Ricette per la bellezza della pelle
mi si ottiene l’olio di sansa, usato per friggere. Si sbatte un cucchiaio di olio d’oliva, uno di fa-
L’olio d’oliva è ricco di vitamine, sali minerali, a- rina e un cucchiaino di succo di limone, si spal-
cidi grassi saturi e insaturi, in particolare gli acidi ma l’emulsione sul viso e si lascia mezz’ora.
linolenico e linoleico, con funzioni antinfiamma- Oppure si frulla un cucchiaio di olio d’oliva, uno
torie e vasostimolanti, importanti per il metabo- di mele grattugiate e il rosso di un uovo, si spalma
lismo e per la rigenerazione delle cellule. Esso ha l’emulsione sul viso e si lascia per mezz’ora.
proprietà lassative, antianemiche, ricostituenti, Ricetta per i capelli: l’emulsione ottenuta da
diuretiche, energetiche, protegge le mucose ga- cinque cucchiai d’olio sbattuto con il succo di
striche, e previene l’arteriosclerosi. un limone, o con il rosso dell’uovo, e messa per
Dolce o amarognolo, sempre gradevole al gusto, un’ora sui capelli, li rende più forti e più belli.
lo si usa nelle insalate e in ogni tipo di pietanza. Versato in una ciotola e tenendovi immerse le di-
Nel passato era considerato benestante chi face- ta rafforza le unghie. Infine, spalmato sul corpo
va una buona provvista di olio d’oliva. Il miglior favorisce l’abbronzatura e previene le scottature.
dono che si potesse fare era quello di una botti-
glia piena d’olio, con la frase “è per i bambini”. Nella foto, i fiori dell’olivo. Nella pagina a lato, olive
Veniva impiegato, e tuttora lo si impiega, per cu- confettate e condite con semi di finocchietto selvatico.
Propiedades e impitu
S’olia tenet bisonzu de tres S: su Sole po crèschere; sa Sigure po segare sa linna chi impitaiant a fàere pet-
zos, carros, zuales, palos, manigas de ainas, frucones, bértigas, sos chimos fines ddos poniant in su fogu; su
Sale po addrucare su frutu. In sas fozas, ma mescamente in su frutu, b’at tantas propiedades, innoghe a-
mentamos sas vitaminas A e C, ozos, sustàntzias azotadas e medas de sos sales minerales chi bi sunt in sos
alimentos. Su brou de sas fozas, chi faent buddire in abba una bintina de minutos (unu punzu de fozas
in d-unu litru de abba), abbassat sa pressione arta, illebiat sos istrobbos de su remadiu, sa frebbe, e faet
pissiare; sos impacos che sanant sas murenas.
S’olia madura dd’indrucant in abba e sale, cun cantos de canna de frenugu, o de sèmene, fozas de làuru
e ispetzias. Dda molent cando comintzat a mudare colore, chi no siet cota meda e, innanti de che dda lea-
re a su mólinu, dda regollint una pariga de dies in cassetas, po no si arghiare s’ozu. Si dd’améschiant a su
sèmene faent s’ozu de sansa, impitau a friere. S’ozu, ricu de vitaminas, de sabore arranchidorzu o druche,
sèmpere lichitosu a sa buca, ddu impitant cruu in s’issalada e in dònnia zenia de màndigu. In tempos co-
laos chie si faiat sa provista de ozuermanu ddu cussideraiant benestante. Sa menzus istrina chi podiant fàe-
re fu cussa de zare un’ampulla de ozu nande “est po sos pitzinnos”. Ddu impitaiant, oe chi est oe ddu im-
pitant, a curare istrobbos meda, dae sos dolores a sos ossos, a sos nérbios acordiolaos, dae sas fruscheddas a su
papinzu, a sas fresaduras e a s’ufrore de sa pedde. In Sardinna fut usanza de nàrrere pregadorias e berbos
in su mentras ch’ifrigatzaiant su zassu chi doliat. Creiant de che sanare s’azarolu poninde s’ogu in sa bu-
ca de un’ampulla prena de ozuermanu. In dies de oe b’at ancora chie creet de che istesiare s’ogu leau betande
butios de ozuermanu in d-una tassa de abba. Cussa chi faet sa meghina de s’ogu narat pregadorias ami-
schiadas a sos berbos chi issa ebbia ischit e in su mentras s’ifundet sos poddighes de sa manu estra in s’abba e
faet rughes in totu sa carena de su chi ant orghiau, chi posca si che depet bufare su chi est in sa tassa. A par-
te sas maias, s’ozu ddu impitant in sos mamentos prus importantes de sa vida de s’omine, dae su batiare a
sa cresima, a cando cantant missa sos peidres, finas a s’ora de sa morte cun s’ozu santu.

Meghinas po sa bellesa de sa pedde


Abbatare una cullera de ozuermanu, una de farina e unu cotzerinu de sutzu de limone, apustis friga-
re s’impastu in cara lassandeddu po mesora. Si podet peri abbatare una cullera de ozuermanu, una de
mela tretegada, un’oideddu, apustis frigare s’impastu in cara lassándeddu mesora.
Meghina po sos pilos: s’impastu fatu cun chimbe culleras de ozu abbatau cun su sutzu de unu limone, o
cun d-unu oideddu, e postu po un’ora in conca, afòrtigat sos pilos e ddos faet pru bellos. Betau in d-una
iscu e postos a moddes sos poddighes afòrtigat sas ungras.
S’ozuermanu ifrigatzau in totu sa carena, dda faet innieddigare a su sole, chena si brusiare.

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Olmo
Ulimu, Lumu, Umbulu
Ulmus minor (Ulmaceae)

Habitat e descrizione foglie variano da una pianta all’altra, anche nel-


Come le specie simili, Ulmus procera e Ulmus la medesima pianta, per lo più sono ellitiche e o-
canescens, viene chiamato campestre. Delle tre vali, i fiori di color rosso scuro sbocciano tra
specie è quella più diffusa nelle nostre campagne, febbraio e marzo, i frutti, detti samare, sono
negli abitati, negli orti e lungo i viali. Se la ter- giallastri.
ra è profonda e fertile, crescono bene esposti al
sole, ma anche in ombra. Mitologia e Storia
È un albero longevo, arriva fino a cinque secoli, Risale a tempi antichissimi: pare che che siano
cresce in fretta e può avere grandi dimensioni: stati trovati resti fossili del Miocene inferiore.
un’altezza di trenta-quaranta metri e un dia- Il mito greco racconta che le divinità trasfor-
metro fino a due metri. Può restare anche ar- marono in olmo la ninfa Aretusa, la stessa che,
busto. insieme alle compagne, custodiva i pomi delle E-
Ha il tronco dritto, la corteccia giallo scuro e speridi sottratti da Ercole.
screpolata, la chioma ampia e rotondeggiante. Le Per greci e romani l’olmo era un albero sepol-

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ALBERI - ARBURES

crale, per cui lo piantavano accanto alle tombe.


Per noi è simbolo dell’affetto dei nonni, nei Sos logos inue creschet e sa descritzione
cui orti non mancava mai quest’albero rigo- S’Ulmus minor, comente su Ulmus procera e
glioso e possente, sotto la cui ombra, nei po- su Ulmus canescens ddu tzìrriant campestre..
meriggi assolati dell’estate, essi ci raccontavano De sas tres ratzas est cussu chi creschet in totue, in
le antiche leggende e le difficoltà della loro vi- sos sartos, in sos ortos e in sos istradones, abbastet
ta, quando vivevano di ciò che dava la terra. E- chi sa terra siat prufunda e niedda. Creschet be-
ra bello vedere gli olmi svettare e i nonni rac- ne a su sole, ma fintzas in s’umbra.
contare! Durat fintzas a chimbe sèculos e podet arribba-
re a trinta, baranta metros de artesa e a duos me-
tros de diametro, oburu arreat a mola. Su trun-
Proprietà e impiego cu est deretu cun s’iscorza groga e fresada, sa co-
Il legno d’olmo è resistente, di buon valore e ma larga e tunda, sas fozas, su prus, sunt elliti-
facile da lavorare. Con esso i contadini fabbri- cas e ovales, diferentes de mata in mata, fintzas
cavano i gioghi dei buoi e gli aratri. Tuttora vie- in sa matessi. Si che bolant in atonzu. Sos frores de
ne usato per fare mobili e parquet. colore ruju iscuru ispraghent dae frearzu a mart-
Le varie parti della pianta hanno proprietà me- zu, su frutu est grogatzu.
dicinali. Il decotto della corteccia depura il san-
gue, i gargarismi leniscono le infiammazioni del- Mitologia e Istòria
la bocca e della gola, gli impacchi fanno bene al- Nachi ant agatau fossiles de ùlimu de su Miocene
le emorroidi. I frutti venivano utilizzati per fa- inferiore.
re la marmellata, il cui procedimento era simile Su mitu grecu contat ca sas divinidades ant mu-
a quello delle bacche di altri alberi e arbusti. dau in ulimu sa ninfa Aretusa, chi costoiat sas
melas de sas Esperides, (cussas chi ch’aiat furau Er-
cole). Po grecos e romanos s’ulimu fut mata de
Nella foto, i fiori dell’olmo. Nella pagina a lato, vista
di un ramo; nella foto piccola, un bocciolo.
campusantu e dda pastinaiant acanta a sas tum-
bas. Po nois est sinnu de s’istima de mamais e bab-
bais chi, in sos bortaeddies de s’istiu, suta a s’um-
bra de su lumu de s’ortu, nos contaiant contos an-
tigos e sas peleas de sa vida issoro, cando biviant
de su tribballu de su sartu. Cantu fut bellu a bìe-
re sas comas artas e mannas de sos lumos e inten-
dere sos contos de babbais e mamais!
ALBERI - ARBURES

Le falci, sas fraches, di olmo, bagola- Sopra e qui sotto: gioghi per i buoi (zua- Sopra e qui sotto: la mensola per le
ro o noce. Sotto: carriola, sa carretta. les); accanto, ceste (pischezones) di giunco. stoviglie, sa taula de sas padeddas.

Nella foto qui sotto, un ramo con le tipiche foglie a margine seghettato.

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ALBERI - ARBURES

Propiedades e impitu
Sa linna de lumu est de calidade bona, resisten-
te e fatzile a dda tribballare. Cun issa sos massaios
faiant zuales e araos, ancora oe faent sos mobiles
e sos panimentos.
Corza e fozas sunt meighinosas, su brou de sa
corza, posta a buddire in abba, purificat su sàm-
bene, pigau a cuncos che faet passare s’iscardidu-
ra a sa buca e a su bùturu, sos impacos faent be-
ne a sas murenas.
L’aratro, s’arau, realizzato soprattutto con il legno di Su frutu sas feminas ddu impitaiant a fàere sa
olmo. Nella foto grande, le foglie prima di cadere in cufetura, comente faiant cun sas ateras meli-
autunno, quando assumono un bel colore giallo. Nella gheddas.
foto piccola in basso, i frutti, chiamati samare.
Ontano nero
Alinu
Alnus glutinosa (Betulaceae)

Habitat e descrizione Mitologia


L’ontano nero cresce lungo i corsi d’acqua Il tronco di questa pianta, se intagliato, si tinge
dalla pianura alle alture, in terreni molto umidi, di arancio sangue, da cui la nomea di albero del
ricchi di torba ed esposti alla luce solare. male. Gli antichi la consideravano anche una pian-
Può raggiungere in modo rapido un’altezza di ta apotropaica: c’è chi tuttora la considera tale.
venticinque-trenta metri, ma raramente supera
il secolo. Il tronco è dritto, la corteccia liscia va Proprietà e impiego
dal grigio scuro al nerastro. La chioma è, per- Le foglie e la corteccia contengono sostanze
lopiù, a piramide, i rametti sono vischiosi, così grasse, tannino e sali minerali. Si fanno bollire
le foglie caduche, verdi e lucide, i fiori, maschi- per quindici minuti e si usa il brodo per fare i
li e femminili, sbocciano tra febbraio e marzo, pediluvi: infatti toglie la stanchezza e il sudore
prima della fogliazione. dai piedi.

Un ramo di ontano con fiori e frutti. Nella pagina a


lato: vista del fogliame e, nella foto piccola, un folto bo-
schetto.

66
Sos logos inue creschet e sa descritzione
S’àlinu creschet ororu de frùmene e de sos rios, in
paris e in montigos, in terrinos ùmidos e inue bi
calat su sole.
Podet arribbare impresse a un’artesa de binti-
ghimbe-trinta metros, ma no sèmpere che colat u-
nu sèculu. Su truncu est deretu, s’iscorza lìsia an-
dat dae su colore chisina iscura a su nieddastru.
Sa coma est pagu prus a mancu a piramide, sos chi-
migheddos apitzigaditzos, gasi sas fozas birdes e lù-
ghidas, sos frores, masculinos e femininos, frorint in
frearzu e in martzu, innanti de ispuntare sas fozas.

Mitolozia
Si segamos su truncu de custa mata si tinghet de co-
lore de aranzu chi paret sàmbene, po cussu sos anti-
gos cussideraiant s’àlinu sinnu de male e de morte.

Propiedades e impitu
In sas fozas e in s’iscorza b’at sustàntzias ozosas,
tannino e sales minerales. Faíndeddas buddire bín-
dighi minutos, e ponindenos a modde sos pes in su
brou, no che trantzit s’istrachidudine e su suore.
Perastro
Pirastu, Pirastru
Pyrus amygaliformis
(Rosaceae)

Habitat e descrizione maggio, dopo i fiori, che sono di color bianco,


Il perastro mandorlino, spontaneo in Euro- striati di rosso. Il frutto è piccolo, tondeggian-
pa e nell’Asia occidentale, è una specie rustica, te e di sapore asprigno.
di pianura e di media montagna, che vegeta fi-
no ai mille metri. Si adatta a suoli differenti, fre- Mitologia
schi e asciutti, sopporta il freddo, meno le esta- Era una pianta sacra a Demetra e alla Luna.
ti molto calde. Può restare allo stato arbustivo,
o svilupparsi in forma arborea. La sua altezza Impiego
varia dai tre-quattro metri ai quindici-venti me- Il perastro è usato per innestarvi diversi alberi
tri. Lo si trova sporadico o a piccoli gruppi, in da frutto, tra cui il pero, e per fare le siepi. Nel
mezzo ad altri alberi. passato con questo legno si costruivano mobi-
Da giovane ha la corteccia liscia e verdastra, li, soprattutto quelli da intagliare, da intarsiare,
poi diventa grigio-bruna e solcata. Le foglie, o- e da lavorare col tornio, come le statue, le ma-
vali o tonde, sono verde-scuro nella parte su- schere di carnevale, alcuni strumenti musicali, o
periore, più chiare sotto, spuntano da aprile a parti di essi.
Il perastro è un albero co-
munissimo, spontaneo o in-
trodotto in tutti i pascoli
della Sardegna.

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Nella foto grande, il pera-
stro fiorito è una delle com-
ponenti principali del pae-
saggio primaverile sardo.
Qui sopra: un ramo fiorito;
al centro e in basso, i frutti
degli alberi innestati e, a
destra, quelli dell’albero
ancora selvatico. Il legno di perastro viene utilizzato
per fare le maschere del carnevale
barbaricino(biseras o mascaras).

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Su pirastru, areste in s’Europa e in s’Asia otzi-
dentale, est una zenia rustica, de paris e de mon-
tes pagu artos, no prus de milli metros. Creschet be-
ne in terrinos friscos e assutos, subbecat su fritu,
prus pagu su calore meda de s’istiu.
Podet arreare a mola o si fàere a mata, s’artesa
andat dae tres-bàtoro metros a bindighi- binti.
Nde agatamos de zassu in zassu, e in mesu de à-
teras calidades de matas. A pitzinnu zughet s’i-
scorza lìsia e birdastra, posca si faet colore de chi-
sina iscura e a surcos. Sas fozas, ovales o tundas,
sunt birde iscuru in susu, de colore prus craru in
suta, bessint dae arbile a maju, apustis sos frores,
de colore biancu cun rigas rujas. Su frutu est pi-
ticu e tundatzu, de sabore aspru.

Mitologia
Fut una mata sagrada a Demetra e a sa Luna.

Impitu
Su pirastru ddu impitant po b’innestare medas
matas de frùture, primu ’e totus sa pira, e a fae-
re cresuras. In sos annos colaos cun custa linna
faiant mobìlia, mescamente cussa de pintare e
cussa chi tribballaiant cun su tòrrunu, comente sas
istatuas, sas mascaras de carrasegare, sonetes, o
partes de custos.

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Pero
Pira
Pyrus communis (Rosaceae)

Habitat e descrizione moderna che gli scrittori e i pittori cantano i


Il pero, è un albero da frutto coltivato in tut- pregi e la bontà che il frutto si merita. Il pitto-
ta Europa e nell’area mediterranea, dove tutta- re naturalista Bartolomeo Bimbi ne dipinge 115
via risente del caldo intenso. Si adatta ai terre- varietà. In Francia, nel secolo dei Lumi, si co-
ni freschi e a quelli asciutti. noscevano mille e più varietà di pere. Gli intel-
Può raggiungere i quindici metri di altezza, il lettuali dissertarono sull’essenza del frutto, con-
tronco è grigioscuro, i rami spinosi, le foglie ca- siderato categoria filosofica da Marx e da Engels.
duche sono verdescuro nella parte superiore,
sotto più chiare e bluastre, i fiori a grappoli so- Proprietà e impiego
no bianchi e sbocciano in primavera. Il frutto è Le pere contengono zuccheri, vitamine, tan-
conico allungato alla base. nino, che ha azione astringente.
Ne esistono più di mille varietà, per forma e per Calmano i nervi, depurano il sangue, regolano
sapore. Anche la maturazione avviene in diver- la pressione. Facendo bollire le foglie in acqua,
si mesi dell’anno, dall’estate all’inverno. gli impacchi del decotto disinfettano la vescica
infiammata e la prostata.
Storia Si possono consumare crude e cotte, sciroppate e
I romani, più dei greci, apprezzarono le pere frullate, fatte a marmellata o messe nelle tor-
ottenendo da esse bevande e confettu- te, usando lo stesso proce-
re. Ne parlano molti poeti, tra cui dimento delle
Ovidio nelle Metamorfosi. mele.
Ma è nell’età

70
Il pero con i frutti non an-
cora maturi, in primavera. Sos logos inue creschet e sa descritzione
Nella pagina a lato: la sua Sa pira est una mata chi pastinant in totu s’Eu-
spettacolare chioma duran-
te la fioritura. ropa, e in sos logos a probe de su Mediterraneu, i-
nue però patit su calore meda. Creschet in terri-
nos friscos e assutos.
Podet arribbare a bindighi metros de artesa. Su
truncu est colore de chisina iscura, sos chimos ispi-
nosos che perdent sas fozas, chi sunt bird’iscuru in
su chirru de susu, prus craras e biaitonzas in su-
ta; sos frores, a matzuleddos, sunt biancos e ispra-
ghent in beranu. Su frutu est a froma de cono il-
longhiau a sa base, bi nd’at prus de milli calida-
des de froma e de sabore, coghet in diferentes me-
ses de s’annu, dae s’istiu a s’ierru.

Istòria
Sos romanos prus de sos grecos ant tentu in cus-
sideru sa pira e cun issa faiant su sutzu e sa cu-
fetura. Nde allegant medas poetas, tra issos Ovi-
dio in sa Metamorfosi.
Ma est in s’òpeca moderna chi iscritores e poetas
cantant sa virtude e sa bontade chi custu frutu
meressit. Su pitore naturalista Bartolomeu Bimbi
nde at pinturau 115 calidades. In Frantzia, in su
sèculu de sa Resone, connoschiant prus de milli rat-
zas de pira e nde ant resonau sos istudiaos e sos fi-
losofos Marx e Engels.

Propiedades e impitu
In sa pira b’at tzùcaru, vitaminas, tannino etz., pro-
piedades chi isorbent sos nérbios, innetiant su sàmbene,
regulant sa pressione. Cun su brou de sas fozas postas
a buddire in abba si podent faere impacos a sa busica
iscardia. Sa pira est bona crua e cota, in sas trutas e fa-
ta a cufetura, aprontandedda comente amos nau a
prepositu de sa mela.
Pioppo bianco
Fustiarbu, Fusteàrbure
Populus alba (Salicaceae)

Habitat e descrizione pra, quasi bianca sotto; i fiori sbocciano a feb-


Il pioppo bianco è molto diffuso negli am- braio-marzo.
bienti umidi delle zone pianeggianti e montane,
fino a mille metri d’altitudine, in terreni freschi Impiego
e fertili, esposti alla luce e al calore del sole. Nel Il legno del pioppo bianco è molto leggero,
nostro territorio lo si trova lungo i corsi d’acqua per cui è un mediocre combustibile. Più adatto
e nelle vicinanze del lago. a fare mobili, cassette, imballaggi, fiammiferi e
È una specie longeva, può vivere anche tre- cellulosa nelle industrie cartarie.
cento anni, e può raggiungere un’altezza di tren- Il decotto della corteccia, quaranta grammi fat-
ta-trentacinque metri, con un diametro di ol- ti bollire in due litri d’acqua per mezz’ora, fa
tre il metro e mezzo. bene ai reumatismi e all’artrite. Il liquido si la-
Il fusto è dritto e slanciato, la corteccia liscia, scia riposare e poi si filtra, se ne bevono due, o
bianca e lucente, la foglia di un verde intenso so- tre tazze al giorno.

Il pioppo bianco è molto comune


lungo i corsi d’acqua e nei punti
umidi del territorio. Si riconosce
anche per il colore biancastro
della corteccia. Nelle foto, viste
panoramiche della pianta e un
particolare delle foglie.

72
Sos logos inue creschet e sa descritzione
De fustiarbu bi nd’at meda in logos ùmidos de
paris e de arturas finas a milli metros de artitu-
dine, in terrinos friscos e nieddos, e cara a sole. In
logos nostros creschet ororu a frùmene, a sos rios e
a su lagu.
Est una mata seculare, podet durare finas a tre-
ghentos annos e crèschere trinta-trintaghimbe me-
tros in artesa, su diametru de su truncu podet
medire prus de unu metro e mesu, est deretu e cun
s’iscorza bianca, lughida e lìsia. Sas fozas sunt de
unu birde forte, sos frores ispraghent in frearzu-
martzu.

Impitu
Sa linna de su fustiarbu est lebia meda, e dun-
cas serbit pagu a dda pònnere in su fogu. Mentras
dda impitant in sos mobbiles, in sas cassetas, in
sos luminos e in in sas fabbricas de paperi, a fàe-
re sa cellulosa. Su brou de baranta gramos de i-
scorza, posta a buddire in duos litros de abba, po
mes’ora, faet bene a sos dolores reumaticos e a s’ar-
trite. Apustis chi at pasau che colamos su brou e n-
de bufamos duos, o tres, tzicherones a sa die.
Roverella
Crecu
Quercus pubescens (Fagaceae)

Habitat e descrizione Le ghiande sono ovali e brune, cadono tra l’au-


La roverella è diffusa in ambienti diversi, nel- tunno e l’inverno.
le pianure, nelle colline e nei pendii caldi e so-
leggiati delle montagne, fino a 1.500 m di alti- Proprietà e impiego
tudine. Il legno di roverella è di difficile lavorazione.
È un albero secolare che può raggiungere e Fino al secolo scorso lo si utilizzava per fare i te-
superare i venti metri di altezza. Il tronco può lai, le scale dei carri, le travi dei tetti, i sottotetti,
avere un diametro di oltre due metri, la cortec- le traversine ferroviarie, e tanti altri oggetti ne-
cia è grigio-bruna, i rami sono assai grossi, le cessari al lavoro del contadino-pastore. I grossi ra-
foglie, verdi sopra, grigiastre o biancastre sotto, mi sono ottimi come legna da ardere e per fare il
hanno forma variabile e cadono a fine autun- carbone. Con la corteccia i conciatori conciava-
no-inizio inverno, e rispuntano in primavera. no le pelli. Le donne la mescolavano alle foglie,
le facevano bollire e col brodo tingevano le stof-
fe di colore marrone scuro. Le facevano macera-
re anche per ammorbidire i tessuti
di lana grossa che lasciavano a
mollo per alcuni giorni.
Raschiavano quella te-
nera dei rami per far-
la bollire e col bro-
do facevano le la-
vande vaginali.
Bastavano po-

74
ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


De matas de crecu bi nd’at in logos diferentes in
paris, in montigos e in sos tremenes solianos de sos
Le ghiande della roverella. Nella pagina a lato, in basso montes, finas a 1.500 metros.
una pianta in primavera-estate; a sinistra, un esemplare Est una mata seculare, creschet arta finas a prus
secolare in inverno avanzato, quando perde le foglie. Nel- de binti metros e su truncu podet superare sos duos
la foto piccola: in autunno il fogliame si tinge di rossastro. metros de diametru. S’iscorza est colore de chisina
iscura, sos chimos sunt russos meda, sas fozas, bir-
che gocce di estratto di liquido della pianta per cu- des in susu, dae su colore ’e chisina a su biancastru
rare la diarrea e per abbassare la febbre. in suta, mudant de froma e si che bolant a urti-
In alcuni paesi usavano fare il pane anche con mos de atonzu e a comintzu de ierru, torrant a i-
le ghiande di roverella, macinate e mescolate al- spuntare in beranu. Su lande est ovale e niedda-
l’argilla. Era un buon nutrimento per chi aveva stru, issu puru che arruet tra atonzu e beranu.
mancanza di ferro, ma soprattutto per gli ani-
mali, come pecore e maiali da ingrasso. Propiedades e impitu
Con le galle si faceva una specie d’inchiostro. Sa linna de crecu est mala a tribballare. Finas a
I bambini ci giocavano a biglie nelle vie polve- su sèculu colau dda impitaiant a fàere sos telarzos,
rose dei paesi. sas iscalas de su carru, sos petzos de sas crabeturas,
sos isostros, sas traversinas de sos binarios e meda à-
Una macchina per
teras ainas utiles a massaios e pastores. Sos chimos rus-
fare i maccheroni, sa
machina po faere sos faent brasia e crabone bellu, ddos poniant in su
sos macarro- fogu e a inchéndere su furru a còghere su pane. Cun
nes. Sotto, a s’iscorza sos contzadores contzaiant sas peddes.
sinistra: la Sas féminas dd’amischiaiant a sas fozas, ddas po-
maciulla per niant a buddire e cun su brou tinghiant sa pannia
il lino, s’iscar-
da. In basso e in al- de colore castanza iscuru. Lassàndeddas pudriga-
to a destra: l’utilizzo re una pariga de dies, paris cun su tessinzu de la-
più frequente del le- na russa, custa si faiat prus modde. Rasigaiant sa
gno di roverella era corza frisca de sos chimos, dda poniant a buddire
per botti e botticelle, in abba e cun su brou curaiant sa natura iscardia.
bariles e barilotos. Abbastaiant pagos butios de estratu de sa mata a
curare s’iscurrentziadura e a abbassare sa frebbe.
B’aiat biddas inue faiant su pane fintzas cun su
lande de crecu, mòliu e amischiau a sa lunzana.
Fut bonu nutrimentu a chie zughiat pagu ferru,
a sas arbeghes e a sos mannales.
Cun sas làddaras o luretas faiant una zenia de
tinta a iscrìere. Sos pitzinnos zogaiant a bìllias, in
sas carrelas prenas de proine.

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Salice
Pitighe
Salix alba - Salix atrocinerea - Salix purpurea
(Salicaceae)

Habitat e descrizione Proprietà e impiego


Esistono centinaia di specie di Salicaceae, ma Nel passato, con i rami grossi del salice si fa-
quelle più diffuse nel nostro territorio sono su cevano pali e bastoni, con quelli più fini, resi-
pitighe (Salix purpurea), con le foglie verdi, e sa stenti e flessibili, ceste e cestini. I conciatori u-
tzoa (Salix atrocinerea), con le foglie color ce- tilizzavano la corteccia nella concia delle pelli.
nere. I fiori, le foglie e la scorza dei rami giovani,
Si trovano in luoghi umidi e lungo i corsi d’ac- ricche di tannino, resina, zucchero, gomma, sa-
qua. Hanno il tronco cespuglioso, i rami rossi- li minerali, tra cui il calcio, si facevano bollire in
ci o gialli e perdono le foglie in autunno, che ri- acqua e si beveva il brodo per calmare i dolori
spuntano in primavera, insieme ai fiori femmi- alle ossa e allo stomaco.
nili e maschili, di colore porporino-scuro. Lo si usava anche per per calmare i nervi, con-
tro l’insonnia e il raffreddore, e per abbassare la
Storia febbre. È noto che l’acido salicilico è alla base
Il nome salix pare derivi dal latino salire, per la dell’aspirina. Il decotto, versato nella vasca da ba-
rapidità con cui questa pianta cresce. Ippocrate, gno, porta benefici alla pelle arrossata e all’ec-
medico greco del 400 a.C., e altri noti cessivo sudore del corpo.
medici dell’antichità, ne men-
zionano le tante Nelle foto, vedute di alcune piante di salice e partico-
virtù salutari. lare delle foglie. Nella foto piccola, l’infiorescenza.

76
Sos logos inue creschet e sa descritzione
S’agatant chentinas de ratzas de Salicaceae, ma
in logos nostros ch’at de prus matas de pitighe, cun
sas fozas birdes, e de tzoa, cun sas fozas colore de
chisina. Creschent in sas iscras e a probe de frù-
menes e rios.
Zughent su truncu totu chimos dae su grogu a su
ruju. Sas fozas si che bolant in atonzu e torrant
a ispuntare in beranu, paris cun sos frores femi-
ninos e masculinos, de colore porporinu-iscuru.

Istòria
Su lùmene salix nachi benit dae su latinu sali-
re, ca custa mata creschet impresse. Ippocrate, méi-
gu grecu de su 400 a.C., e àteros mèigos antigos n-
de muntovant sas virtudes meighinosas.

Propiedades e impitu
In sos tempos passaos, cun sos chimos russos faiant
palos e bértigas, cun sos fines resistentes e bonos a
ddos trochere, pischezones mannos e piticos.
Sos contzadores impitaiant s’iscorza a contzare sas
peddes. Sos frores, sas fozas e s’iscorza, ricas de tan-
nino, resina, tzùcaru, sales minerales, mescamente
calcio, ddas poniant a buddire e bufaiant su brou
po illebiare sos dolores a sos ossos e a s’istògomo. Ddu
bufaiant fintzas a asseliare sos nérbios, a dromire,
a curare su remadiu e a abbassare sa frebbe. Ischi-
mus ca in s’aspirina b’at atzidu salitzidicu.
Betándeche su brou a sa barza inue nos samu-
namos, nde tenet benefitziu sa pedde iscardia e
sa carena suerada.
Sambuco
Saucu
Sambucus nigra (Caprifoliaceae)

Habitat e descrizione Proprietà e impiego


Il sambuco è una pianta molto comune, la si Fiori e frutti hanno vitamina C e P, sali mine-
trova in pianura e nelle alture, soprattutto in rali, tannino, acidi, oli e diverse altre proprietà
luoghi ricchi di humus e di umidità. Cresce sel- terapeutiche, note nell’antichità, dato che del
vatico nei boschi, nelle macchie, lungo le siepi loro impiego ne hanno parlato gli scrittori gre-
e nei terreni incolti. Può raggiungere i dieci me- ci e latini. Il decotto di fiori è espettorante, fa be-
tri d’altezza, ma più di frequente rimane ce- ne alle infiammazioni, specialmente a quelle del-
spuglioso. In autunno perde le foglie che han- l’apparato respiratorio, ai dolori reumatici, alla
no un odore sgradevole. I fiori sono grandi, lombaggine, alle scottature e abbassa la febbre.
bianchi e molto profumati, sbocciano da aprile Si fanno bollire cinque grammi di fiori in una
a giugno. I frutti sono bacche di color rosso-ne- tazza d’acqua, se ne beve un bicchiere tre vol-
rastro, quando sono mature. te al giorno. Per gli impacchi si mette un tanti-
no in più di fiori, questi portano a maturazione
Storia le pustole e ne mitigano il gonfiore. Il decotto
Il nome del sambuco pare derivi da Sambuca, ottenuto facendo bollire i frutti, e bevuto tre
uno strumento musicale a corde in uso presso i volte al giorno è efficace contro il mal di testa
greci e i romani, e nei secoli successivi, fino al e di denti, è diuretico e fa andare di corpo.
Medioevo. Per fare lo sciroppo si fanno bol-
lire i frutti per mezzora, si
scolano e il brodo si ri-
mette sulla fiamma
fino a addensarsi.
Si conserva

78
ALBERI - ARBURES

Sos logos inue creschet e sa descritzione


De saucu bi nd’at in totue, in paris e in arturas,
mescamente in terrinos nieddos e ùmidos. Est una
mata areste de buscos e de terrinos bìnnidos. Dda
ponent a faere cresuras, poite su prus arreat a mo-
la, ma podet artziare finas a deghe metros. In a-
tonzu che arruent sas fozas chi sunt de fragu feu,
imbetze sos frores, mannos e biancos, sunt de fragu
bellu meda, ispraghent dae arbile a làmpadas. Su
frutu, cando coghet, est ruju e nieddastru.

Istòria
Su lùmene de su saucu nachi benit dae Sambuca,
unu sonete a cordas chi soniant sos grecos e sos ro-
manos, ddu sonaiant finas a su Medioevo.

Propiedades e impitu
Sa linna de su saucu est bona a fàere trastes cun
su tòrrunu, surbiolos e sonetes. Sos frores e su frutu
tenent vitamina C e P, sales minerales, tannino,
àtzidos, ozos e àteras sustàntzias connotas fintzas
in s’antighidade. De s’impitu issoro nde ant allegau
sos iscritores grecos e latinos. Su brou faet bene a sos
dolores reumaticos, a sas brusiaduras, a sas iscar-
diduras, a su tussiu e a su remadiu, faet iscatarrare,
faet còghere sas fruscheddas e illebiat s’ufrore. Che
faet calare sa callentura. Si ponent a buddire chim-
be gramos de frores in d-unu tzicherone de abba,
tocat a nde bufare una tassa tres bortas a sa die. Po
sos impacos si ponet acantigheddu de frores in prus.
Su brou de su frutu, bufau tres bortas a sa die, che
Qui sopra, l’infiorescenza del sambuco. Nella pagina faet passare su dolore de conca e de sas dentes, faet
a lato: una pianta e, nella foto piccola, i frutti.
pissiare e andare de corpus. S’issiropo si faet lassande
buddire su frutu po mesora, posca sucutau, si torrat
a ponnere su brou in su furreddu finas a si che cazare,
in una bottiglia e se ne beve un cucchiaio me- si costoit in d-una ampullita e, a s’ocorrentzia, si n-
scolato all’acqua. de bufat una cullera ammischiau a s’abba.
Il romano Apicio nel suo “De re coquinaria” Su romanu Apicio, in su libru “De re coquinaria”
parla di un intingolo fatto con le bacche di sam- faeddat de una sartza fata de su frutu de saucu.
buco. Si lavavano e si facevano bollire in acqua, Ddu samunaiant e ddu poniant a buddire in s’ab-
quindi si scolavano e si mettevano ad asciugare ba, posca che ddu sucutaiant e ddu lassaiant assu-
per un bel po’. Per ultimo si soffriggevano nella tande un’iscuta bona. A ùrtimu ddu fridiant in
padella con un po’ d’olio, aromi e spezie varie, d-una sartània cun ozu, erbas de fragu bellu e i-
rimescolando di frequente e aggiungendovi del spetzias, morigande de tantu in tantu e azunghìn-
vino. Con questo intingolo si condivano le pie- debi binu. Cun custa sartza cunfetaiant sa petza e
tanze, dalla carne al pesce, dai legumi alle verdure. su pische, sos legumenes e sas birduras. Sos pitzinnos
I ragazzini, con la canna di sambuco, reciden- cun sa canna de saucu, segàndedda de unu nou a
dola da un nodo all’altro, costruivano le cer- s’àteru, faiant sos ischitzarolos, (isticarolos). Bi che i-
bottane, utilizzando come proiettili le drupe di stichiant su sísulu e si ddu tiraiant pari pari.
bagolaro e tirandosele l’un l’altro.

79
Sughera
Suerzu
Quercur suber (Fagaceae)

Habitat e descrizione Storia


La quercia da sughero è tipica dell’area medi- La storia del sughero in Sardegna meriterebbe
terranea e dei terreni derivanti dalle rocce silicee. un capitolo a parte, tanta è l’importanza che ha
Può raggiungere trecento anni e oltre, cresce- avuto nella millenaria civiltà pastorale, quando
re fino ai 20 metri in altezza; il tronco può mi- non c’era oggetto utilizzato dal contadino-pa-
surare un metro e mezzo di diametro. Il fusto store e dalle casalinghe che non fosse di legno,
è molto ramificato, la corteccia, prima liscia e gri- o di sughero, dai piccoli utensili di uso comu-
giastra, dopo diventa spessa, spugnosa e scre- ne come ciotole per bere e recipienti dove met-
polata. Le foglie sono ovali, coriacee, color ver- tere il cibo cotto e crudo (carni e verdure), al-
de glauco sopra, bianco grigiastro sotto, i fiori le seggiole, agli sgabelli, ai carretti per i bambi-
sbocciano tra maggio e giugno, ma anche tra ni, e a tanti altri giocattoli e sopramobili.
settembre e ottobre. Le ghiande sono a grup- Qui sotto, le ghiande della sughera e, nella foto piccola,
petti, di forma ovale, grandi e piccole. la pianta in primavera, con la chioma verdeggiante.

80
Sos logos inue creschet e sa descritzione
Su suerzu dd’agatamos mescamente in sos logos
a inghìriu de su Mediterraneu, in terrinos de roc-
cas de silicio. Podet durare a sos treghentos annos
e prus, artziare a binti metros, e su truncu ar-
ribbare a medire unu metru e mesu de diametru.
Su truncu est totu chimos, s’iscorza, innanti lì-
sia e colore de chisina, posca si faet russa, ispunzosa
e fresada. Sas fozas sunt ovales, corriatzas, de u-
nu birde-chelu in susu, de unu biancu-chisina in
suta, sos frores ispraghent dae maju a làmpadas,
ma fintzas a cabudanni-santuaini. Su lande, de
froma ovale, mannu e piticu, est a matzuleddos.

Istòria
S’istòria de s’ortigu in Sardinna diat merèsse-
re unu capìtulu intreu, tantu fut de importu in
sa tzivilidade pastorale, cando no b’aiat traste
chi massàias e massàios manizaiant chi no fut de
linna, o de ortigu, dae sas trobias, mannas e pi-
ticas, a sos banchitos, a sos tzimpeddos, a sos i-
scannos, a sos carrutzulos e ateros zogos de pit-
zinnos e trastes po domo.

Molte sughere, agli inizi dell’estate,


subiscono spesso l’attacco degli inset-
ti defoliatori, come l’esemplare della
foto, per cui appaiono per qualche
tempo “secche”, ma per fortuna solo
apparentemente.
mente lo tolgono
ogni nove-dieci anni, an-
che dieci, quando ha rag-
giunto una consistenza ottimale, è
leggero e poroso. Lo chiamano sughero fem-
mina, o gentile, e si utilizza per ogni sorta di
Proprietà e impiego oggetti, dai tappi delle bottiglie alle suole delle
La spessa corteccia, chiamata sughero, preser- scarpe, dalle cornici agli isolanti delle abitazio-
va la quercia da ogni intemperie, ma non dalla ni. Di recente, anche per confezionare abiti.
Lymantria dispar, il lepidottero che la spoglia di La scorza tenera, raschiata dal tronco della gio-
tutte le foglie, lasciando nudi i rami. vane sughera, si fa bollire in acqua, un etto in un
Il sughero maschio viene estratto dall’albero litro, il brodo ridotto alla metà, filtrato e me-
dopo venticinque-trent’anni di vita. Successiva- scolato con miele, è efficace contro il mal di go-
la e la bronchite. Bisogna berne un bicchiere
tre volte al giorno.

Con il sughero, s’ortigu, da secoli, si ricavano un nu-


mero notevolissimo di oggetti, soprattutto contenitori e,
più recentemente, anche soprammobili, oltre ovvia-
mente ai tappi per le bottiglie di vino e di altre bevan-
de: ecco alcuni esempi. In alto, il vassoio per la carne,
sa trobia; qui sotto, una forma simile può essere anche
un tagliere, sa trobia (sempre per carne, salsiccia, pro-
sciutto, formaggio ecc.); qui a lato, un contenitore, su
moiu, destinato per esempio al grano.
Nella pagina a lato, una serie di contenitori di sughe-
ro (sos trastes de ortigu) e, sotto, un tipico sgabellino,
su tzimpeddu.

82
ALBERI - ARBURES

Propiedades e impitu
S’iscorza russa, chi mutimos ortigu, defendet
su suerzu dae onnia traschia, ma no de sa ruga
chi dda ispozat de totu sas fozas, lassàndebi sos
chimos nuos.
S’ortigu mascru, mancari balet pagu, che ddu
trantzint de sa mata a sos bintighimbe-trint’an-
nos de vida. Posca de noe in noe annos, fintzas de
deghe in deghe, cando est bellu, lebiu e ispunzo-
su. Custu ddu mutint ortigu femina e ddu im-
pitant a faere onnia zenia de traste, dae sos tu-
pones de sas ampullas a sos fundos de sos botinos,
dae s’isolante de sas domos a sos supramobiles etz.
Como fintzas a fàere bestires.
S’iscorza modde, rasigada dae su truncu de su
suerzu pitzinnu, dda ponent a buddire in abba,
tres untzas in d-unu litru, su brou torrau a me-
tade, colau e ameschiau a su mele, faet bene a su
dolore de bùturu e a sa bronchite. Tocat de nde
bufare una tassa tres bortas a sa die.

83
ARBUSTI
MOLAS
Alaterno
Làuru Areste, Laure Areste, Lavru Areste
Rhamnus alaternus (Rhamnaceae)

Habitat e descrizione si presentano con varie tonalità di verde; le dru-


L’alaterno è un arbusto che preferisce terreni pe somigliano al frutto dell’olivastro.
fertili, luoghi caldi e clima temperato. Lo si tro-
va insieme al lentisco e al corbezzolo, e spesso Proprietà e impiego
lo usano nelle recinzioni, perché si presta ad ac- Le diverse parti della pianta venivano bollite
cogliere le piante rampicanti. per tingere le stoffe che assumevano colori di-
Alto da uno a più metri, ha il legno del tron- versi. Le impiegavano anche per scopi terapeu-
co scuro, che cambia colore a seconda delle sta- tici, soprattutto per i disturbi al fegato e alla ci-
gioni; le foglie, somiglianti a quelle dell’alloro, stifellea. Le drupe sono lassative.

86
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Su làuru areste est una mola chi cheret terra
rassa, logos de artura, chi no b’apet fritu meda.
Ddu agatamos inue b’at chessa, lidone, e medas
bortas ddu ponent a tancare ortos e cunzaos, poi-
te bi che atacant sas erbas apitzigosas.
Est artu dae unu a prus metros, su truncu est
iscuru, ma mudat colore segundu su tempus de
s’annu, sas fozas sunt birdes de medas tonalida-
des e si assimbizant a sas de su làuru, su frutu e-
st nieddu comente su de s’ozastru.

Propiedades e impitu
Poniant a buddire in abba onnia parte de sa
mata, a tìnghere pannia cun diferentes tonali-
dades.
Dda impitaiant puru a curare medas istrobbos,
mescamente de su fìgadu e de su fele.
Su frutu faet andare de corpus.

Nelle foto, alcune piante di alaterno, un particolare


con i fiori (nella foto piccola) e la vista di un ramo,
con i tipici frutti rossi.
Assenzio
Tzentzu
Artemisia arborescens (Compositae)

Habitat e descrizione andava di moda fare un liquore, esaltato dai più


L’assenzio è un piccolo arbusto che predilige famosi artisti e poeti del secolo XIX, e anche di
i terreni magri, rocciosi e soleggiati. quello successivo.
Può raggiungere due metri in altezza, le fo-
glie sempre verdi sono coperte di peluria ar- Proprietà e impiego
gentea, i fiori sono gialli e molto profumati. L’assenzio possiede dei principi attivi che ne
fanno un ottimo rimedio per la cura e la bel-
Mitologia e storia lezza della pelle. Per il sapore amaro veniva u-
Si pensa che il nome scientifico derivi dalla dea sato contro i parassiti intestinali e i contadini ne
Artemide, dea della fertilità, forse perché il de- utilizzavano i rami per sterminare gli insetti che
cotto fatto con le foglie calma i dolori mestruali. divoravano ciò che loro seminavano.
Le virtù terapeutiche di questa pianta sono ci- Fino a poco tempo fa le nostre nonne li usa-
tate nel Papiro di Ebers, sono conosciute dai vano per alleviare i dolori del corpo e per leni-
greci, dai romani, dai celti, dagli arabi e dai mo- re il gonfiore della pelle. Mettevano i ramoscel-
naci e medici del Medioevo. li in un catino di ferrosmalto, li coprivano con
Nella prima metà del 1800, le truppe francesi delle brace, mettevano sopra un altro strato di
alla conquista dell’Algeria, curarono tifo e colera rami, avvolgevano il catino con un panno e lo ca-
con i decotti di assenzio. Con le foglie e i fiori povolgevano sulla parte dolorante, lasciando-

88
ARBUSTI - MOLAS

velo fino a sopportarlo. Sulle parti doloranti e


gonfie erano efficaci anche gli impacchi col de- Sos logos inue creschet e sa descritzione
cotto di foglie, massime sulle ginocchia. Su tzentzu est una mola chi creschet mesca-
Ci hanno detto che adoperavano le foglie an- mente in terrinos lanzos e solianos.
che per pulire gli occhiali. Podet arribbare fintzas a duos metros, sas fo-
Per il Corpus Domini era usanza spargere le zas sèmpere birdes sunt piludas, sos frores sunt
vie dove passava la processione rami d’assenzio, grogos e de fragu forte e bellu meda.
insieme a quelli di mirto, di pervinca e di la-
vanda, fiori di cui si cibano le api, che trasmet- Mitologia e istòria
tono al miele i profumi e i sapori di essi, tra cui Nachi su lùmene issentificu benit dae Artemi-
quello amaro dell’assenzio. de, dea de sa fertilidade, fortzis ca su brou de sas
fozas illebiat sos dolores de sas féminas cando te-
Immagini di rami fioriti nent sas règulas issoro.
dell’artemisia, all’inizio Sas virtudes meighinosas de custa mola ddas le-
della primavera (qui sotto e zimos in su Papiru de Ebers.
nella foto piccola della pa-
gina a lato). Sempre nella Ddas connoschiant sos grecos, sos romanos, sos t-
pagina a lato, in basso, la zelticos, sos arabos, sos paras e sos mèigos de su
pianta in inverno. Medioevo.
In sa prima metade de su1800, sos sordaos frant-
zesos chi funt conchistande s’Algeria, ant curau ti-
fu e colera cun su brou de tzentzu. Cun frores e fo-
zas fut usàntzia a fàere unu licore, laudau dae
artistas e poetas de su sèculu, e de cussu infatu.

Propiedades e impitu
Su tzentzu tenet propiedades chi curant sa ped-
de e dda faent prana e bella.
Su brou sende arrànchiu bochit sos bremes e po
cust’arranchidore sos massaios impitaiant sos chi-
mos a che ispérdere sos bobbois chi si ch’untur-
zaiant su chi pastinaiant.
Fintzas a pagu tempus faet mamais nostras d-
dos impitaiant a illebiare sos dolores de sa carena
e s’ufrore de sa pedde. Poniant sos chimos in d-u-
nu lavamaneddu de ferrismartu, ddos amun-
taiant cun brasias, posca bi poniant un’àteru pi-
zu de chimos, imboligaiant su lavamanu cun d-
unu pannigheddu e ddu tovecaiant in susu de su
zassu chi doliat o chi fut ufrau, mescamente sos
brenugos, bi ddu lassaiant finas a ddu subbecare.
A sos dolores e ufrores faiant bene fintzas sos im-
pacos cun su brou de sas fozas cotas a buddiu.
Nachi cun sas fozas innetiaiant sos atzales. A
Corpus Domini fut usantzia a ispartzinare in sas
carrelas, inue passaiat sa cufessone, chimos de t-
zentzu paris cun murta, proinca e ispicu.
Custos frores ddos sutzant sas abes, duncas su
mele tenet su sabore e su fragu issoro, in mesu bi
est fintzas cussu arrànchiu de su tzentzu.

89
Biancospino
Calàvrighe, Calàrvinu
Crataegus monogyna (Rosaceae)

Habitat e descrizione Storia


Il biancospino è un arbusto diffuso ovunque, I romani usavano il biancospino controi sorti-
dai piani ai monti, nel sottobosco, lungo i ruscelli legi. Con gli aculei hanno fatto la Corona a Cri-
e i muretti di recinzione. sto Crocefisso.
Può innalzarsi dai due ai quattro metri, for-
mando un groviglio di rami scuri e squamosi, Proprietà e impiego
molto spinosi, in grado di tenere lontano chiun- Le bacche e i fiori di quest’arbusto contengo-
que desideri attraversarli: i lunghi aculei, se si no vitamina C, tannino e altre sostanze che fan-
conficcano nella carne, fanno molto male. Le no bene a chi soffre di cuore, di pressione alta
foglioline sono verdi e ovali; i fiori bianchi sboc- e di arteriosclerosi. Il decotto dei fiori, un pu-
ciano in primavera. gno in un quarto d’acqua, abbassa la febbre e la
I frutti, piccoli quanto la nocciola, sono pri- pressione, fa orinare, previene i disturbi al cuo-
ma rossi poi neri, quando in autunno giungo- re, calma i nervi, per cui è indicato agli stressa-
no a maturazione. ti, a chi ha disturbi di menopausa e soffre d’in-
Può capitare che restino sulla pianta fino alla sonnia. Bastano un pugno per un quarto d’ac-
primavera. qua, se ne beve una tazzina due volte al giorno.

90
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


De calàvrighe bi nd’at in totue, in paris e in
montes, in sos litos, ororu sos rios e sos muros chi
tancant sos cunzaos. Podet crescere in artesa dae
sos duos a sos batoro metros, fainde unu trumu
de chimos iscuros e iscatosos, gasi ispinosos chi che
faent istesiare chie diat chérrere brincare a s’à-
teru chirru, (sas ispinas longas, si intrant in sa
carre, sunt dolorosas). Sas fozigheddas sunt bir-
des e ovales, sos frores biancos ispraghent in be-
ranu. Su frutu est piticu cantu una nutzola, in-
nanti ruju, cando est cotu, in s’atonzu, si tinghet
a nieddu. A bortas abbarrat atacau a sa mata
finas a beranu.

Storia
Sos romanos impitaiant su calàvrighe contra a
sas maias.
In questa pagina, la pianta carica di frutti e un par- Cun sas ispinas ant fatu sa Corona a Zesusu
ticolare dei rami. Nella pagina a lato, un biancospino crutzifissu.
in primavera, con la vistosa fioritura e, nella foto pic-
cola, le tipiche bacche rosse.
Propiedades e impitu
In sa mélighedda e in su frore de custa mola
b’at vitamina C, tannino e àteras sustàntzias
chi faent bene a chie sufrit a su coro, a chie zu-
ghet su sàmbene forte e s’arteriosclerosi.
Fainde buddire unu punzu de frores in d-unu
quartu de abba, e bufànde duas tzícheras a sa die
de su brou, che faet abbassare sa frebbe e sa pres-
sione, faet pissiare, faet bene a su coro, allenat sos
nérbios; po totu custu ddu inditant a chie tenet
pistighinzos de calesisiat zenia, a chie sufrit de
menopausa e no renessit a dromire.
Cisto marino
Murdegu, Mudregu
Cistus monspeliensis (Cistaceae)

Habitat e descrizione
Il cisto è una pianta cespugliosa diffusa ovun- In queste pagine, la pianta carica di fiori in primave-
que, dalla pianura ai luoghi alti, nei terreni ma- ra, quando vivacizza grandi distese di pascoli aridi in
gri, pietrosi o sabbiosi. Vegeta soprattutto nel tutta la Sardegna.
bruciato, grazie alla capacità che hanno i semi di
resistere ad alte temperature. Può elevarsi fino a
due metri. I rami superiori risultano appiccico-
si, le foglie sempreverdi, i fiori bianchi, mentre
altre specie hanno diversi colori che vanno dal
bianco al rosa, al giallo al celeste.

Impiego
In annate siccitose i rami freschi di alcune spe-
cie di cisto venivano dati alle bestie, anche se al-
cuni li rifiutavano per l’odore, come il Cisto
monspeliensis.
Questo, come anche le altre specie, è invece
ottimo come legna da ardere, nel fuoco e nel
forno. Venivano fatte le fascine, che si traspor-
tavano nelle case per la provvista invernale.

92
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Molas de murdegu bi nd’at in totue, dae sos paris a sos montigos, in terras lanzas, pedrosas e arenosas.
Torrat a nàschere impresse inue b’est colau su fogu, ca su semene subbecat su calore. Podet arribbare fi-
nas a duos metros de artesa. Sos chimos de su monspeliensis sunt apitzigosos, sas fozas sèmpere birdes, sos
frores biancos. In sas ateras zenias sunt de colores diferentes, dae su biancu a su grogu e a sos colores de
rosa e de chelu.

Impitu
In annos de sicanna sos pastores zaiant sos chimos friscos de calecuna zenia de murdegu a sos anima-
les, ma issos revudaiant sa ratza monspeliensis, po su fragu feu. Sos massaios cumponiant a fasche totu
sas ratzas de murdegu e che ddas carraiant a domo po sa provista de s’ierru, a fàere su fogu e a inchendere
su furru.
Corbezzolo
Lidone
Arbutus unedo (Ericaceae)

Habitat e descrizione ne non eccedere nel mangiarne.


Il corbezzolo è un arbusto molto ramificato, Secondo gli studiosi “unedo” in latino stareb-
diffuso in pianura e in collina, in luoghi caldi e be a significare “(ne mangio) uno solo”. Altri
riparati dai venti. Spesso lo si trova insieme agli pensano che Arbutus venga dal celtico, Ar = a-
altri arbusti tipici della flora mediterranea, mir- spro, Butus = arbusto.
to, lentisco, cisto etc. In tutti i casi, se mangiati con moderazione, i
Può trovarsi in forma arborea e raggiungere an- frutti fanno bene alle infiammazioni dell’intesti-
che i dieci metri. La corteccia è rossastra, le foglie no, della vescica e dei reni. Così anche il decot-
sempreverdi coriacee. I fiori bianchi, rosati o ros- to fatto con le foglie; se ne fanno bollire un pu-
sastri, sbocciano in autunno, insieme ai frutti gial- gno in mezzo quarto d’acqua, si lascia riposare il
lo-verdi nati dai fiori dell’anno precedente. brodo e se ne beve un bicchiere tre volte al gior-
no. Il tronco e i rami sono usati come legna da
Proprietà e impiego ardere. Il miele di corbezzolo è molto apprezza-
Questa pianta, dal legno duro, resistente agli in- to per il gusto intenso, aspro e amarognolo.
cendi estivi, è da sempre considerata simbolo Nelle foto grandi, i frutti del corbezzolo, all’inizio della
dell’ospitalità. La si pianta spesso negli orti e maturazione autunnale. Nella piccole, la fioritura
nei giardini. Contiene tannino e acidi; i frutti estiva, con le tipiche corolle biancastre e la contempora-
sono diuretici e astringenti, per cui sarebbe be- nea presenza di frutti ancora verdi e immaturi.

94
Sos logos inue creschet e sa descritzione
Su lidone est una mola chi agatamos in paris
e in montigos, in logos caentes e chi no bi ferzet
bentos fritos. Bi nd’at paris cun sas àteras molas
chi creschent in sos logos a probe de su Mediter-
raneu, comente sa murta, sa chessa e su mudre-
gu.Podet fàere a mata arta finas a deghe me-
tros, totu chimos. S’iscorza est rujastra, sas fozas
sèmpere birdes e corriatzas, sos frores biancos, co-
lore de rosa e rujos, ispraghent in s’atonzu, paris
cun su frutu grogu e ruju, de su frore de s’annu
innanti.

Propiedades e impitu
A custa mata, resistente a su fogu fuiu, dda
cussiderant sinnu de ospitalidade, po cussu dda
pastinant fitianu in sos ortos de sas biddas. Zu-
ghet àtzidos e tannino, su frutu faet pissiare e a
istringhidura de matza, duncas diat tocare de n-
de papare cun moderatzione. A intendere sos i-
studiaos Unedo in latinu diat chérrere nàrrere
“nde papo unu ebbia”. Àteros pentzant chi Ar-
butus benit dae su tzèlticu, Ar = Aspru, Butus =
Arbustu (mola).
A dònnia modu, papàndende pagu, su frutu
faet bene a s’iscardidura de sa matza, de sa bu-
sica e de sos runzones. Gasi fintzas su brou de sas
fozas: nde ponimos a buddire unu punzu in me-
su quartu de abba, ddu lassamos pasare e nde
bufamos una tassita tres bortas sa die.
Su truncu e sos chimos ddos ponent a su fogu.
Su mele de lidone est istimau po su sabore, ma
est caru che fogu.
ARBUSTI - MOLAS

La confettura
Ingredienti: bacche di corbezzolo, zucchero,
buccia grattugiata di uno, o più limoni.
Preparazione: si mettono a cuocere i frutti in un
ampio tegame antiaderente, quindi si filtra il
succo, lo si pesa e vi si aggiunge la stessa quan-
tità di zucchero.
Si rimette il tegame sul fuoco fino a condensarsi,
mescolando di continuo, quindi vi si spruzza il
limone, in base alla quantità del succo. Quando
il composto resta attaccato al mestolo lo si tra-
vasa ancora bollente nei barattoli di vetro che,
chiusi ermeticamente, si mettono a raffreddare
sotto una pesante coperta.

Sopra, i frutti del corbezzolo, ormai maturi, in au-


tunno. Sotto, barattoli di confettura.

96
Biancospino
Calàvrighe, Calàrvinu
Crataegus monogyna (Rosaceae)

Habitat e descrizione Storia


Il biancospino è un arbusto diffuso ovunque, I romani usavano il biancospino contro i sor-
dai piani ai monti, nel sottobosco, lungo i ruscelli tilegi. Con gli aculei hanno fatto la Corona a
e i muretti di recinzione. Cristo Crocifisso.
Può innalzarsi dai due ai quattro metri, for-
mando un groviglio di rami scuri e squamosi, Proprietà e impiego
molto spinosi, in grado di tenere lontano chiun- Le bacche e i fiori di quest’arbusto contengo-
que desideri attraversarli: i lunghi aculei, se si no vitamina C, tannino e altre sostanze che fan-
conficcano o graffiano la carne, fanno molto no bene a chi soffre di cuore, di pressione alta
male. Le foglioline sono divise in tre lobi, talvolta e di arteriosclerosi. Il decotto dei fiori, un pu-
quattro; i fiori bianchi sbocciano in primavera, gno in un quarto d’acqua, abbassa la febbre e la
e sono molto densi e numerosi. pressione, fa orinare, previene i disturbi al cuo-
I piccoli frutti sono prima gialli, poi rossi, quan- re, calma i nervi, per cui è indicato agli stressa-
do in autunno giungono a maturazione. Può ti, a chi ha disturbi di menopausa e soffre d’in-
capitare che permangano sulla pianta fino alla sonnia. Bastano un pugno per un quarto d’ac-
primavera successiva. qua, se ne beve una tazzina due volte al giorno.

90
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


De calàvrighe bi nd’at in totue, in paris e in
montes, in sos litos, ororu sos rios e sos muros chi
tancant sos cunzaos. Podet crescere in artesa dae
sos duos a sos batoro metros, fainde unu trumu
de chimos iscuros e iscatosos, gasi ispinosos chi che
faent istesiare chie diat chérrere brincare a s’à-
teru chirru, (sas ispinas longas, si intrant in sa
carre, sunt dolorosas). Sas fozigheddas sunt bir-
des e ovales, sos frores biancos ispraghent in be-
ranu. Su frutu est piticu cantu una nutzola, in-
nanti ruju, cando est cotu, in s’atonzu, si tinghet
a nieddu. A bortas abbarrat atacau a sa mata
finas a beranu.

Storia
Sos romanos impitaiant su calàvrighe contra a
In questa pagina, la pianta carica di frutti maturi e sas maias.
un particolare delle drupe, intensamente rosse. Nella Cun sas ispinas ant fatu sa Corona a Zesusu
pagina a lato, un biancospino in primavera, con la crutzifissu.
vistosa fioritura e, nella foto piccola, le tipiche bacche
ancora gialle.
Propiedades e impitu
In sa mélighedda e in su frore de custa mola
b’at vitamina C, tannino e àteras sustàntzias
chi faent bene a chie sufrit a su coro, a chie zu-
ghet su sàmbene forte e s’arteriosclerosi.
Fainde buddire unu punzu de frores in d-unu
quartu de abba, e bufànde duas tzícheras a sa die
de su brou, che faet abbassare sa frebbe e sa pres-
sione, faet pissiare, faet bene a su coro, allenat sos
nérbios; po totu custu ddu inditant a chie tenet
pistighinzos de calesisiat zenia, a chie sufrit de
menopausa e no renessit a dromire.
ARBUSTI - MOLAS

Sa cufetura
Su chi bi cheret: lidone, tzùcaru, corza tretega-
da de unu, o prus limones
Comente si faet: ponimos a còghere su lidone in
d-una cassarola chi no s’atacat, che colamos su sè-
mene, pesamos su sutzu e bi azunghimos atere-
tantu de tzùcaru. Torramos a pònnere sa cassa-
rola in su fogu finas a si che cazare, sèmpere mo-
rigande, posca bi pispiamos sa corza de limone, a
segundu sa cantidade de su sutzu. Cando sa cu-
fetura s’atacat a sa terudda prenimos sos botos de
bidru, ddos serramos e ddos ponimos a ifritare
ammuntaos cun d-una manta.

Sopra, primo piano di un grappolo di fiori.


Sotto: vista del folto fogliame.
Fillirea
Alaverru, Aladerru, Arrudellu, Aliderru
Phyllirea latifolia
Phyllirea angustifolia (Oleaceae)

Habitat e descrizione Mitologia


Troviamo la fillirea ovunque ci siano i tipici ar- Il mito greco dice che in quest’arbusto venne
busti della macchia mediterranea, soprattutto trasformata dagli dei una ninfa del mare molto
lecci, sollevandosi a volte alla loro altezza. E u- bella, di cui si era invaghito Cronos.
na pianta sempreverde e resistente agli incendi
estivi, in seguito ai quali ricaccia presto nuovi Impiego
polloni. Le foglie sono ovali con margini se- Con la legna del tronco, assai duro, facevano
ghettati, i fiori, bianco-verdognoli, fioriscono oggetti al tornio, ma la mettevano anche al fuo-
in aprile-maggio, le drupe maturano in autun- co, essendo un ottimo combustibile. La cor-
no e diventano di colore nero-bluastro. teccia la si usava per tinger le stoffe di lana e di
altre fibre vegetali.

A lato e nella foto piccola in alto, la fillirea a foglie


larghe, particolare dei rami e delle foglie. Nella foto in
basso, la fillirea a foglie strette, con i rami fioriti.

Sos logos inue creschet e sa descritzione


De alaverru bi nd’at in totue b’at molas e ma-
tas mediterraneas, mescamente ilighe e, a bortas,
faet artu cantu ’e custu. Subbecat sos fogos de
s’istiu, tzurulande matigheddas dae bassu.
Sas fozas sunt sèmpere birdes, ovales e cun sos o-
ros a bicos, sos frores de colore biancu-birde i-
spraghent in arbile-maju, su frutu coghet in s’a-
tonzu e si faet de colore nieddu-bluastru.

Mitolozia
Su mitu grecu contat ca in custa mola sas di-
vinidades ant mudau una ninfa de mare bella
meda chi istimaiat Cronos.

Propiedades e impitu
Cun sa linna, càdria meda, faiant ainas cun
su tòrrinu, dda poniant fintzas a su fogu e a in-
chendere su furru, poite faiat brasia bella. Cun
s’iscorza tinghiant pannia de lana e de ateras
tramas.

98
Lavanda
Ispicu
Lavandula stoechas (Labiatae)

Habitat e descrizione
La lavanda è una piantina cespugliosa tipica
delle alture, diffusa nei terreni aridi, ai margini
dei sentieri e nei boschi dove gli alberi sono di-
radati.
La sua altezza può raggiungere anche 1 metro.
Ha radice e fusto legnosi, i rami sono lunghi e
ciascuno di essi, in primavera, porta il fiore, ce-
leste o bruno porpora, molto profumato.

Proprietà e impiego
I fiori di lavanda contengono oli essenziali e
sostanze resinose che fanno si che l’estratto ven-
ga usato in profumeria, e il decotto per curare
alcuni disturbi alle vie respiratorie, dello sto- Nelle foto, la pianta fiorita, a metà primavera.
maco, degli intestini e della pelle.
Si fanno bollire 10 grammi di fiori in mezzo
quarto di acqua, e col decotto si disinfettano le Sos logos inue creschet e sa descritzione
ustioni, le ferite, i lividi e le punture d’insetto, S’ispicu est una molighedda de logos artos. Bi
bevuto è calmante del mal di testa, dell’asma e nde at in sos terrinos assutos, ororu de sos caminos
della bronchite. de sartu, in buscos cun pagas matas.
I fiori della lavanda sono tra i prediletti dalle a- Podet artziare finas a unu metro, sas raighinas
pi, ma anche dalle donne che, dopo averli es- e sos chimos sunt linnosos e cadaunu de custos, in
siccati, li mettono nei cassetti e negli armadi. beranu, zughet sos frores biaitos o porporinos, de
fragu bellu meda

Propiedades e impitu
In sos frores b’at ozos de importu e sustàntzias
resinosas, tantu chi su sutzu ddu impitant a fàe-
re su profumu, e su brou a curare istrobbos de sa
respiratzione, de s’istògomo, de sas istentinas e de
sa pedde.
Si ponet a buddire deghe gramos de frores in me-
su quartu de abba, cun custu brou meigant bru-
siaduras, segadas, marcos biaitos e punturas de
bobbois; bufándeddu, illebiat s’asma e sa bron-
chite. Sos frores de ispicu ddos sutzant sas abes.
Sas féminas ddos boddint a ddos sicare, po ddos
ponnere in sos cadassos e in sos armadios.

99
Lentisco
Chessa, Mudditza
Pistacia lentiscus (Anacardiaceae)

Habitat e descrizione Storia


Il lentisco, arbusto tipico della flora mediter- Qualcuno pensa che il nome lentisco derivi da
ranea, è diffuso in tutta la Sardegna, nelle pia- dentiscus, in riferimento alla resina che si usava
nure e nelle colline di media altezza. per sbiancare i denti, come facevano nell’antica
Solitamente è cespuglioso, ma può raggiun- Grecia.
gere anche tre, quattro metri di altezza. A Roma con i frutti condivano le salse e insa-
Le foglie sono sempreverdi, i fiori hanno varie porivano carni e pesci.
tonalità di rosso e sbocciano a fine primavera; il Sotto, i frutti del lentisco. Nella foto piccola in alto,
frutto, prima rosso poi nero, matura in inverno. spesso le nuove foglioline assumono un’intensa colora-
zione rossastra. Nella pagina a lato: vista del folto fo-
gliame di questa diffusissima pianta.

100
ARBUSTI - MOLAS

Proprietà e impiego
La pianta e i frutti di lentisco, ricchi di olio, Sos logos inue creschet e sa descritzione
tannino e resina, sono stati protagonisti della ci- Sa chessa, est de importu mannu in sa vezetat-
viltà agropastorale. Il tronco, i rami e le radici, zione mediterranea. In Sardinna che nd’at in to-
venivano utilizzate per alimentare il fuoco. tue, in sos paris e in sos montigos.
Quando qualcuno, mentre tagliava legna, si Su prus est a mola, ma podet crèschere finas a
procurava una ferita, fermava il sangue con la medas metros, a bortas prus de chimbe. Sos chimos
scorza raschiata dal tronco, o dai rami. Se ma- sunt trotos meda, s’iscorza est colore de chisina o
sticata rafforzava le gengive, se inserita nei den- rujastra. Sas fozas sunt sèmpere birdes, piticas e
ti cariati, calmava il mal di denti. Efficace per corriatzas, in beranu ispraghent sos frores, in ma-
questi disturbi era anche il decotto di foglie. tas diferentes, sos masculinos grogos- porporinos, sos
Le bacche venivano colte per spremervi l’olio, femininos rujastros, su frutu, su lestinchinu, in-
usato per lo più per friggere. Fino alla metà del nantis ruju, posca nieddu, coghet in s’ierru.
1900, e anche oltre, erano le donne che dalla
mattina presto fino a sera tardi andavano a co- Istòria
glierle e con esse riempivano i sacchi che gli uo- Calecunu pentzat chi su lùmene lestínchinu
mini trasportavano col carro nel frantoio più vi- benzat dae dentiscus, poite in sa Gretzia antiga
cino. Quando l’olio era bollente ci buttavano impitaiant sa resina a innetiare e imbianchire
della mollica di pane per eliminare il sapore a- sas dentes.
maro e l’odore forte. Lo usavano per massaggiare Sos romanos cun custu frutu faiant sartzas a
le parti del corpo colpite da dolori di varia na- cundire sa petza e su pische.
tura, tra cui quelli artritici e il torcicollo.
Serviva inoltre per alimentare le lampade, quan- Propiedades e impitu
do non c’era l’energia elettrica. Sa chessa e su lestínchinu, ricos de ozu, tanni-
In annate siccitose si davano al bestiame i rami no e resina, sunt istaos sos protagonistas de sa t-
verdi. Con essi si facevano anche delle ceste di zivilidade agropastorale. Su truncu, sos chimos e
varie dimensioni. sa cotzighina, ddos impitaiant a fàere su fogu e
a inchendere su furru, inue coghiant su pane.
Si calecunu, segande linna, si faiat una sega-
da, frimaiat su sàmbene cun sa rasigadura de su
truncu, o de sos chimos. Matzigandedda, afor-
tigaiat sas ghinghias, poníndedda in sas dentes
mantzadas faiat passare su dolore. A custos i-
strobbos faiat bene fintzas su brou de sas fozas.
Su lestínchinu ddu frigaiant po fàere s’ozu de
friere. Finas a sa metade de su 1900, apustis pu-
ru, sas féminas che essiant a s’impuddiles a friga-
re, recuiant a s’imurrinadorzu, lassande a sos ò-
mines sos sacos prenos a che leare a su mòlinu prus
a probe. Innantis de ddu impitare, a s’ozu buddiu
bi betaiant unu cantu de matza de pane a bi che
trantzire su sabore arrànchiu e su fragu forte.
Ddu isfrigatzaiant a sa carena crupia de do-
lores de ònnia zenia, comente sos de s’artrosi.
Cando no che fut s’eletritzidade, ddu poniant
in sas lantìas.
In sas annadas de sicanna aprondeaiant su be-
stiàmene cun sos chimos birdes, cun issos faiant
puru pischeddas mannas e piticas.

101
Mirto
Murta
Myrtus communis (Myrtaceae)

Habitat e descrizione Mitologia e Storia


Il mirto è un arbusto caratteristico della flora Dai tempi più antichi il mirto è tra gli arbusti
mediterranea, diffuso vicino al mare e anche più noti e menzionati.
nell’entroterra, ma fino alle medie altitudini. Il mito greco narrava che Mirsine, fanciulla
Non teme tanto i rigori dell’inverno quanto i dell’Attica, venne uccisa da un giovane da lei
venti impetuosi. Per esempio, nel territorio del battuto in una gara: per questo Atena la tra-
Guilceri (Sardegna centro-occidentale) predili- sformò in una pianta, perché vivesse in eterno.
ge per lo più i terreni freschi, come quelli intorno In Egitto usavano ornare i capelli e gli abiti
al lago Omodeo e lungo l’una e l’altra sponda con fronde di mirto.
del Tirso. Per gli ebrei era simbolo di pace, per i greci e
Raramente supera i due metri, le foglie sono per i romani simbolo di gloria, di bellezza e di
sempreverdi e in primavera iniziano a spuntare amore. Nei matrimoni erano sempre presenti le
i fiori bianchi o appena rosati. Il loro profumo fronde di mirto, cantato dai poeti a cominciare
si spande tutt’intorno. Le drupe di mirto, pic- da Virgilio.
cole e tonde, quando maturano si tingono di
Sotto, i frutti non ancora maturi del mirto; a sinistra,
nero, di solito accade nelle ultime settimane del- la fioritura tardo-primaverile; nella foto piccola, un
l’autunno. Si colgono fino a tutto gennaio. ramo con i frutti neri e maturi. Nella pagina a lato: i
rami carichi di drupe, dopo la raccolta.

102
Sos logos inue creschet e sa descritzione
Sa murta est una mola de importu mannu in
mesu de sas matas a inghìriu de su Mediterra-
neu. Bi nd’at a probe e atesu de su mare, ma no
in montes meda artos. No timet tantu su fritu
de s’ierru cantu sos bento malos. In logos de su
Guilceri istat menzus in terrinos friscos, comen-
te cussos a inghìriu de su lagu Omodeo e in am-
bos chirros de su Tirsu.
Sas prus sunt artas duos metros, zughent sas fo-
zas sèmpere birdes e in beranu comintzant a i-
spuntare sos frores biancos e colore rosa. Su fra-
gu bellu nde prenet totu su logu. Su frutu, piti-
cu e tundu, coghet a urtimos de atonzu e si tin-
ghet a nieddu. Nde podimos boddire finas a to-
tu su mese de bennarzu.

Mitolozia e Istòria
Dae s’antighidade sa murta est una de sas mo-
las prus connotas e muntovadas.
Su mitu grecu contaiat ca Atena aiat mudau
in mata a Mirsine, una pitzoca de s’Atica, mor-
ta dae unu pitzocu chi issa aiat bínchiu.
In s’Ezitu bi fut s’usantzia de mudare sos pilos
e sos bestires cun chimos de murta. Po sos ebreos fut
sinnu de paghe, po sos grecos e sos romanos sinnu
de groria, de bellesa e de amore.
Inue b’aiat isposos noos no podiat mancare sa
murta chi sos poetas de onnia tempus ant cantau,
comintzande dae Virziliu.
Proprietà e impiego
Il mirto, dal legno duro e omogeneo, contie-
ne oli, tannino, acidi, vitamina C e altre sostan-
ze medicinali e aromatiche, come il mirtolo, u-
sato in medicina. I medici arabi consigliavano il
mirto per curare la tosse, i disturbi allo stoma-
co, la diarrea e l’amenorrea.
Facendo bollire in mezzo quarto d’acqua un
pugno di foglie, il decotto aiuta a digerire e a e-
liminare il catarro. Bisogna berne un bicchiere tre
volte al dì. Gli sciacqui in bocca per alcuni minuti
sono indicati per l’infiammazione delle gengive.
Gli impacchi con un panno imbevuto di que-
sto decotto accelerano la guarigione delle feri-
te, massaggiato sui capelli, li fortifica ed elimi-

104
ARBUSTI - MOLAS

na la forfora. Con le foglie di mirto, messe a


macerare nel vino nero un paio di ore, si fa uno Propiedades e impitu
sciroppo indicato per curare i disturbi succitati. In custa mola de linna bella b’at ozos, àtzidos,
Nei nostri paesi era usanza avvolgere con rami tannino, vitamina C e àteras sustàntzias mei-
di mirto maialetti, agnelli e pecore arrostite, ma ghinosas, de sabore e fragu bellu, comente su mir-
anche bollite, appena tolte dal fuoco. Anche og- tolo impitau in sas meighinas. Sos mèigos arabos
gi impieghiamo le foglie per insaporire le carni cussizaiant sa murta po curare su tùssiu, sos i-
arrosto, ma anche altri cibi. C’è chi le fa mace- strobbos a s’istògomo, sa iscurrentziadura e sas
rare nell’alcool a 90°, per fare un liquore. perditas de sàmbene de sas féminas.
Tuttavia quello più noto lo si fa con le drupe. Fainde buddire sas fozas in abba, unu punzu
È una ricetta semplice e testata da diversi de- in mesu quartu, su brou azuat a dizerire e a
cenni, quando non si faceva a livello industriale ispetorrare. Tocat de nde bufare una tassita tres
e c’era ancora chi lo otteneva bollendole in ac- bortas a sa die. Pigau a cuncos e lassau in buca
qua e zucchero, “a ogu”, con aggiunta di ac- un’iscuta bona faet bene a sas ghinghias iscardias.
quavite, sapendo che a far digerire non era l’al- Sos impacos de custu brou che faet sanare prus
cool, ma il mirto. impresse sas segadas, isfrigatzàndeddu in sos pi-
los, ddos afòrtigat e che trantzit sa forfora.
Il liquore di mirto Cun sas fozas de murta postas in binu nieddu
Ingredienti: 1 litro di alcool, 1,75 litri d’acqua una pariga de oras, faimos un’ issiropo chi faet
(se piace più alcolico, è sufficiente un litro e bene a sos istrobbos muntovaos. In logos nostros
mezzo), 500-600 g di zucchero, una quantità di che fut s’usantzia de imboligare cun chimos de
drupe a piacere, ma che siano ben coperte dal- murta anzones e arbeghes arrustias ancora caen-
l’alcool, aggiungendone quando viene assorbito. tes, ma fintzas cotas a buddiu. Oe chi est oe im-
Preparazione: Dopo aver lasciato le bacche a preamos sas fozas a issaborire sa petza ma fint-
macerare nell’alcool per un mese, si fa bollire zas àteros màndigos. B’at chie ddas ponet in s’àr-
l’acqua con lo zucchero, in una pentola capien- colo a 90°, e faet unu licore. Su prus connotu e-
te. Nel frattempo si scola il mirto, lo si versa nel- st cussu fatu cun su frutu, chi in sos tempos colaos
l’acqua zuccherata e la si la- faiant buddire in abba e tzucaru.
scia raffreddare. Quindi
si scolano le bacche e Su licore de murta
si pigiano dentro un Su chi bi cheret: 1 litru de àrcolo, 500 o 600, gra-
panno in modo che mos de tzucaru in d-unu litru e tres cuartos de ab-
ne fuoriesca il suc- ba(si aggradat prus forte, abbastat unu litru e
co; infine si me- mesu). Sa cantidade de murta est a piaghere, su
scola l’alcool al chi contat est a ddas ammuntare bene cun s’arcolo,
liquido e si azunghindebinde cando che ddu suspit.
riempiono le Comente si faet: apustis aere lassau sa murta in
bottiglie. mes’e s’àrcolo unu mese, ponimos a buddire in
d-una padedda larga s’abba cun su tzùcaru. I-
stantonis che sucutamos sa murta dae s’àrcolo,
che dda ameschiamos a s’abba cun su tzùcaru e
dda lassamos ifritare. A ùrtimu dd’ispremimos
cun d-unu pannigheddu, che ameschiamos s’àr-
colo a su brou e prenimos sas ampullas.

A lato, il liquore di mirto già pronto; la


spremitura si faceva un tempo con il tra-
dizionale pestello di legno raffigurato.
Nella foto piccola, le drupe mentre mace-
rano all’interno di un vaso di vetro, im-
merse nell’alcol.

105
Prugnolo
Prunitza, Pronitza
Prunus spinosa (Rosaceae)

Habitat e descrizione Il liquore con drupe di prugnolo


Il prugnolo è un arbusto di media altezza, è Si tratta di un liquore ottimo.
diffuso ovunque, in pianura e in collina. Ingredienti: alcool, acqua, zucchero.
I rami sono assai spinosi, perdono le foglie in Dosi e preparazione: la quantità delle drupe è
autunno per ricacciarle in primavera, stagione facoltativa. Si mettono in un barattolo di vetro
in cui sbocciano i fiori di color bianco. I frutti a macerare in alcool per almeno un mese, anche
maturano in autunno. di più, dopodiché si scolano, avendo cura di
premerle bene con un canovaccio. Si misura l’es-
Proprietà e impiego senza così ottenuta e, per ogni litro, si mette a
I frutti hanno un sapore asprigno, ma grade- bollire un litro e mezzo d’acqua con 500 - 600
vole, tanto che i bambini, ma anche gli adulti, grammi di zucchero. Quando questo sciroppo
non temevano la puntura dei lunghi aculei per si è raffreddato, si mescola all’essenza e si riem-
coglierli e mangiarli cammin facendo. Ne por- piono le bottiglie.
tavano a casa per fare la marmellata, o un li-
Un ramo di prugnolo carico di drupe e, nella foto pic-
quore altamente digestivo. cola, particolare di questi frutti, dal bel colore bluastro.

106
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Sa prunitza non est arta meda, ma bi nd’at in
totue, in paris e in montigos.
Sos chimos sunt ispinosos, sas fozas che arruent
in s’atonzu e torrant a essire in beranu, cando i-
spraghent sos frores biancos. Su frutu coghet in a-
tonzu.

Propiedades e impitu
Sa prunischedda est de sapore arghionzu, ma
faet piaghere a dda papare. Sos pitzinnos, fint-
zas sos mannos, no timiant a si punghere cun sas
ispinas longas boddindende a si dda paparee in
Sotto, i folti rami carichi di fiori, in primavera. Sopra,
caminu. Che nde leaiant fintzas a domo a fae-
vista di un ramo della pianta, in estate.
re sa cufetura e unu licore chi faet dizerire.

Su licore de prunischedda
Est bonu meda. Su chi bi cheret: àrcolo, abba,
tzùcaru.
Cantidade e aprontadura: sa cantidade est a
piaghere. Ponimos sa prunischedda in d-unu bo-
tu de bidru e dd’amuntamos cun s’àrcolo, nessi
po unu mese e prus, apustis si che sucutat, i-
spremìndedda bene cun d-unu pannu, e si medit
s’essentzia: po unu litru de custa faimos buddi-
re 1 litru e mesu de abba e 500-600 gramos de
tzucaru, dda lassamos ifritare e che ameschia-
mos su totu. A ùrtimu prenimos sas ampullas.
Rosa canina
Orrù cràbinu, Ruu cràbinu
Rosa canina (Rosaceae)

Habitat e descrizione Proprietà e impiego


La rosa canina è un arbusto presente ovunque Il nome scientifico deriva dal greco, perché si cre-
nelle nostre campagne, nel sottobosco, nelle sie- deva che con le radici si poteva curare la rabbia dei
pi, nei sentieri, in pianura e nelle alture. cani. Di vero c’è che mescolando i frutti al cibo li
Il nome sardo significa “rovo campestre”. libera dal verme solitario. Le bacche contengono vi-
Può superare i due metri di altezza, ha il fusto tamina C, E e K, acidi, zucchero e tannino. Il de-
eretto, i rami spinosi e inclinati, le foglie com- cotto fatto con esse e con i fiori è diuretico, astrin-
poste da più foglioline che risultano caduche. gente, tonico e calmante della tosse, aiuta a curare
I fiori bianchi e rosa sbocciano nella tarda pri- la diarrea e la gastrite.
mavera, i frutti si tingono di rosso in autunno. Con le bacche le donne facevano la confettuta,
particolarmente salutare per gli anemici. Il proce-
Vista totale di una pianta fiorita; nella foto piccola, dimento è lo stesso di quello da seguire con le bac-
un fiore di rosa canina. che di altri arbusti.

108
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Orrù Cràbinu in sardu cheret nàrrere areste.
Nde agatamos in totue, in litos, in cunzaos e in
caminos de sartu.
Puru sos chimos de custa mola sunt ispinosos me-
da, sas fozas che arruent in s’atonzu. Sos frores
biancos e de colore ’e rosa ispraghent in beranu, su
frutu si tinghet de ruju a ùrtimu de s’istiu.

Propiedades e impitu
Su lùmene issentificu benit dae su grecu, poite
in s’antighidade creiant ca cun sas raighinas po-
diant curare sos canes arrajolaos. Sa beridade e-
st ca ameschiande su frutu a s’ite papare a sos
canes bi bochit sos bremes in sas istentinas.
In sas meligheddas b’at vitaminas C, E e K,
àtzidos, tzùcaru e tannino. Faíndeddas buddi-
re in abba ameschiadas a sos frores, su brou faet
pissiare e faet bene a chie est tussiu, a sa gastri-
te e a sa diarrea.
Sas féminas faiant sa cufetura, meighinosa po
sos anèmicos. Dd’aprontaiant comente sa cufe-
tura de sas méligheddas de àteras molas de sa
matessi famìllia.

Vista ravvicinata di un ramo fiorito; sopra, il frutto


della rosa canina, intensamente rosso a maturità, si
chiama cinorrodio.
Rosmarino
Romasinu, Ramasinu, Romatzinu, Tzispiri
Rosmarinus officinalis (Lamiaceae)

Habitat e descrizione la cura dell’emicrania, dei disturbi al sistema


Il rosmarino è una pianta sempreverde e ce- nervoso e all’intestino, dei dolori muscolari e
spugliosa, dall’intenso profumo. È spontanea reumatici, delle malattie del cuore, dello sto-
nei terreni sabbiosi delle zone vicino al mare. maco, del fegato, della cistifellea, dell’apparato
Oggi la si trova facilmente nelle siepi dei giardini respiratorio (i suffumigi con un rametto messo
pubblici e di quelli privati. nell’acqua bollente leniscono il raffreddore, co-
Il fusto, legnoso, può raggiungere anche i due sì anche le foglie secche messe sulle braci, aspi-
metri d’altezza. Ha le foglie filiformi, verde-scu- randone il fumo, sciolgono il catarro). Per con-
ro nella pagina superiore, verde-chiaro in quel- cludere il rosmarino è benefico per tutti gli or-
la inferiore; i fiori, disposti in piccole spighe in gani del nostro corpo, comprese le infiamma-
cima ai rami, hanno tutte le sfumature del rosa zioni degli occhi, della pelle e le ferite, che si
e dell’azzurro, e spuntano da marzo a giugno. curano con gli impacchi del decotto. Questo si
ottiene facendo bollire un rametto di rosmari-
Mitologia e Storia no in un quarto d’acqua per quindici minuti.
La parola rosmarino significa rugiada mari- Si consiglia di berne tre bicchieri al giorno.
na, in quanto le foglie bagnate dalla notte luc- Il decotto versato nella vasca da bagno profu-
cicano al levarsi del sole. In alcune varianti del- ma l’acqua e rende la pelle più elastica e riposa-
la lingua sarda si è conservato il termine tzipi- ta. Bagnandoci la spazzola si toglie il lucido da-
ri, dal cartaginese zibbir. Una leggenda cristia- gli abiti di lana scura.
na dice che i suoi fiori presero i colori del man- Il rosmarino è usato in cucina, soprattutto nel-
to che la Madonna stese su di essa, perché a- le pietanze a base di pesce e di carne, nelle pa-
sciugasse. tate arrosto e al verde, nelle salse e nelle mine-
Il rosmarino era sacro a Venere. Gli egiziani lo stre. È una pianta molto ricercata dalle api: il
usavano per curare i disturbi gastro-intestinali. miele che si ottiene risulta assai pregiato.
Ippocrate e gli altri medici dell’età antica e me-
dioevale, lo consigliavano per le tante virtù che
avrebbero tenuto lontano i malanni fisici e psi-
chici. I popoli antichi cospargevano le salme con
i suoi rami. Diffusa era l’usanza di metterne nel-
le culle dei neonati e di bruciarli per scacciare gli
spiriti cattivi. Nel Medioevo lo bruciavano in-
sieme all’alloro al posto dell’incenso.
Certamente il profumo che emana tiene lon-
tano gli insetti, soprattutto le zanzare, e purifi-
ca l’aria.

Proprietà e impiego
Dunque questa pianta terapeutica, nota dai
tempi più antichi, contiene tannino, sostanze a-
mare, oli essenziali e altre proprietà efficaci nel-

110
ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


Su romasinu est una molighedda linnosa e sèmpere birde.
Cheret terrinos arenosos e in sos oros de mare podet crèschere
fintzas a duos metros de artesa. In dies de oe bi nd’at meda in
sos zardinos pubbricos e in sos ortos de sas domos.
De fragu bellu e forte, zughet sas fozas fines; sos frores, a ispi-
gas in sos chimos, ispraghent dae martzu a làmpadas, andant
dae su colore rosa a su biaitu.

Mitolozia e Istòria
Sa paràula romasinu cheret nàrrere lentore de mare, poite sas
fozas ifustas in sa note lughent a s’artziada de su sole. In cale-
cunu limbazu de su sardu ddu tzìrriant tzìpiri dae su carta-
zinesu zibbir. Una paristòria cristiana contat ca custa mati-
ghedda zughet in sos frores sos colores de su mantu chi sa Ma-
donna at ispartu in susu de issa po assutare.
Su romasinu fut sagrau a Venere. Sos ezitzianos ddu impi-
taiant a curare sos istrobbos de sas istentinas e de s’istògomo.
Ippocrate e sos àteros mèigos antigos, e de su Medioevo, ddu cus-
sizaiant poite teniat sas virtudes de che istesiare sas maladias
de sa carena e de sa mente.
Sos pòpulos antigos amuntaiant sos mortos cun sos chimos. Nde
poniant fintzas in sos brassolos, e ddos brusiaiant a che catzare
sas animas malas. In su Medioevo ddu brusiaiant paris cun su
làuru imbetze de s’incensu. De seguru su fragu bellu che istesiat
sos bobbois, mescamente sa tzìntzula, in prus innétiat s’aera.

Propiedades e impitu
Duncas custa matighedda meighinosa fu connota dae s’anti-
ghidade. Medas sunt sos ozos de importu e sas propiedades chi
azuant a curare su dolore ’e conca, sos istrobbos a sos nérbios e
a sas istentinas, s’artrosi e su reumatismu. Faet bene a chie est
malàdiu a su coro, a s’istògomo, a su fìgadu, a su fele, a chie su-
frit de probremas de respiratzione (su fumu de sas fozas sicas
brusiadas in sa brasia ch’iscazat su catarru, fintzas s’ispopo-
radura de s’abba buddinde inue b’at unu chimu de romasinu).
Po che dda serrare su romasinu faet bene a totu sa carena, fint-
zas a su rujore de sos ogos e a sas fertas de sa pedde, chi che sa-
nant cun sos impacos de su brou.
Tocat a pònnere a buddire unu chimigheddu de cust’erba in d-
unu quartu de abba, po bindighi minutos. Su cussizu est a nde bu-
fare tres tassitas a sa die o a fàere sos impacos medas bortas. Su brou
Un rametto di betau a sa bartza zat fragu bellu a s’abba e faet sa pedde lìsia.
rosmarino appe-
na raccolto. Nella S’ispatzula ifusta in custu brou che trantzit su lughidore a sos
pagina accanto, bestires de lana iscura. In dies de oe su romasino ddu impita-
una pianta fiori- mos in sos màndigos de petza e de pische, in sa patata arrustia
ta e, nella foto e fata in birde, in sas sartzas e in sa minestra. Su mele de sas
piccola, un parti- abes chi sutzant su romasinu est bonu e balorosu.
colare dei fiori.

111
Rovo
Orrù, Ruu
Rubus ulmifolius (Rosaceae)

Habitat e descrizione Proprietà e impiego


Gli arbusti di rovo sono diffusi ovunque, nei Le bacche mature, mangiate appena colte, so-
muretti a secco delle nostre campagne e lungo no ottime al gusto, oltre che ricche di vitamina
tutte le strade, nei terreni incolti, destinati al C, proprietà che i bambini e gli adulti ignora-
pascolati o no, nella boscaglia, ma anche negli vano, quando, rientrando dalla campagna, le
spiazzi dei paesi. Hanno i fusti lignificati alla coglievano per mangiarle cammin facendo e per
base, con quelli superiori ascendenti. portarle a casa.
I rami sono arcuati verso il basso e molto spi- Le nonne invece erano al corrente che tutte le
nosi in ogni parte, anche vicino alle foglie sem- parti della pianta erano medicamentose. Il de-
preverdi e ai fiori, che sbocciano da maggio ad cotto delle radici è diuretico, quello fatto con le
agosto. Il loro colore va dal bianco al rosa e le foglie fa passare la diarrea. Lo si usava per fare
bacche, dette more, in estate diventano nere. i gargarismi contro le infiammazioni della boc-
ca e della gola. Il decotto ottenuto facendo bol-
Sotto, un ramo di rovo fiorito, nella tarda primavera;
nella foto piccola: particolare di un fiore. Nella pagi-
lire qualsiasi parte della pianta aiuta a digerire.
na a lato, panorama della tipica campagna sarda (in Il rovo lo si impiegava anche per tingere le
questo caso, l’Altopiano di Abbasanta nel Guilceri), stoffe, a freddo o con la bollitura: in base alla
sempre molto ricca di cespugli di rovo. parte che si utilizzava, si avevano colori diversi.

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ARBUSTI - MOLAS

Sos logos inue creschet e sa descritzione


De molas de orrù bi nd’at in totue, mescamen-
te ororu sos muros burdos de su sartu, in sos terrinos
inue no ant semenau o lassaos a pastura, in sos
litos e fintzas in carrelas de sas biddas.
In sos chimos longos e incrubeddaos b’at ispinas
in dònnia parte ’e logu, puru in sas fozas sèmpe-
re birdes e in sos frores chi ispraghent dae maju a
su mese de austu, su colore issoro andat dae su
biancu a su rosa. Su frutu, chi mutimos mura, o
murena, in s’istiu si tinghet de colore nieddu.

Propiedades e impitu
Sa mura, cando est bene cota, boddinde e pa-
pande, est bona meda. Mancari pitzinnos e man-
nos no ischiant ca est rica de vitamina C, recuinde
de su sartu, si frimaiant a nde boddire, a dda
papare in caminu e a che dda leare a domo. Sas
betzas però ischiant ca totu sa mata est meighinosa.
Su brou de sas raighinas faet pissiare, cussu fatu
cun sas fozas che fàet passare s’iscurrentziadura,
bufau a cuncos e lassau in buca su tantu de ddu
subbecare, faet bene a su rujore de sa buca e de su
bùturu. Su brou fatu cun calesisiat parte de sa
mola azuat a dizerire.
Su ruu ddu impitaiant fintzas a tìnghere pan-
nia, cun tintas diferentes a segunda de sas partes
de sa mata, faíndeddas buddire o nono.
ARBUSTI - MOLAS

La marmellata Il liquore di more


Quella che si ottiene dalle more è veramente ot- Dosi e preparazione: in un barattolo di vetro
tima. si mette a macerare in alcool la quantità di mo-
Ingredienti: le more, lo zucchero, la buccia re raccolte e vi si lasciano almeno un mese. Do-
grattugiata di uno o più limoni. podiché, per un litro di essenza, si fa bollire un
Preparazione: in un’ampia casseruola antiade- litro e mezzo di acqua con mezzo chilo di zuc-
rente si mette a cuocere la quantità di more che chero, si lascia raffreddare e vi si mescola l’es-
si desidera, si cola il succo dai semi, si pesa e si senza ottenuta dalle more spremute con un ca-
aggiunge la stessa quantità di zucchero. Si ri- novaccio. Infine si riempiono le bottiglie.
mette il recipiente sul fornello a fuoco basso e,
rimestando in continuazione, lo si lascia fino ad Sotto, un ramo carico di more mature. Nella pagina a
lato: particolare delle foglie e, nelle foto piccole, le more
addensarsi il liquido. Quindi vi si spruzza il li- appena raccolte e la squisita confettura già pronta.
mone e, quando la marmellata è ancora bollen-
te, si riempiono i barattoli che si chiudono er-
meticamente. Si mettono a raffreddare sotto u-
na coperta.

Cufetura
Cun sa mura si nde podet fàere una bona meda.
Su chi bi cheret: sa mura, su tzùcaru, corza tre-
tegada de limone
Comente si faet: in d-una cassarola chi no s’a-
tacat ponimos a còghere sa cantidade de mura
chi cherimos, che sucutamos su sutzu dae su sème-
ne, ddu pesamos e bi azunghimos ateretantu de