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Analisi PEST

• Fattori economici

PIL: Nel 2019 il prodotto interno (pil) del nostro Paese resterà fermo, a fronte della
precedente previsione di una crescita dello 0,1%.
Tagliate da un +0,5% a un +0,4% anche le stime sul 2020 mentre nel 2021 si ipotizza un
aumento del pil dello 0,6%. "Ci aspettiamo che la crescita trimestrale resti compresa nel
range 0%-0,1% per il prossimo futuro", si legge nel Global Economic Outlook di Fitch.
(Ansa, Fitch Ratings)

In Italia è proseguita la fase di crescita lieve dei livelli complessivi di attività economica.
Secondo la stima preliminare, il Pil nel terzo trimestre è aumentato dello 0,1%
congiunturale, confermando la dinamica dei tre trimestri precedenti. L’incremento
tendenziale nel terzo trimestre è stato pari a +0,3% e la crescita acquisita per il 2019 si è
attestata al +0,2%. (Istat, ottobre 2019)

Inflazione: Si è confermata l’assenza di pressioni inflazionistiche nelle diverse fasi del


processo produttivo del sistema economico italiano e la dinamica dei prezzi al consumo si
è mantenuta inferiore a quella dell’area euro, con un CPI e HICP rispettivamente del
0,67% e 0,70%. (Istat, ottobre 2019)

Consumi privati: La spesa delle famiglie è prevista crescere poco nel 2019 - sebbene
con un profilo trimestrale crescente in corso d’anno - e frenare nel 2020. Nel 2019 è
previsto un aumento del reddito disponibile delle famiglie, anche grazie all’entrata in vigore
di Rdc e Quota 100. Nel 2020, viceversa, il forte aumento dell’IVA avrà, attraverso
l’aumento dei prezzi, ricadute sul potere d’acquisto, previsto in calo. (Confindustria)
Disoccupazione/Occupazione: Torna a scendere la disoccupazione. Ad agosto il tasso è
sceso al 9,5%, in diminuzione di 0,3 punti percentuali su base mensile, aggiornando così il
minimo dal novembre del 2011. In flessione anche il dato giovanile: la percentuale di chi
cerca un lavoro e non lo trova nella fascia 15-24 anni è calata di 1,3 punti percentuali su
base mensile, portandosi al 27,1%, al punto più basso dal 2010. Il calo del tasso di
disoccupazione e dei disoccupati (-87mila) è in parte mitigato da un aumento degli inattivi
(+73mila), coloro cioé che non hanno né cercano un impiego. Si conferma invece ai
massimi storici il tasso di occupazione, cioè il rapporto tra chi ha un impiego sul totale
della popolazione di riferimento, stabile al 59,2%. Un dato, questo, che resta comunque
sensibilmente più basso rispetto alla media europea. (Repubblica)

Reddito pro capite: Il reddito delle famiglie pro capite in termini reali, nell'Eurozona, è
salito dello 0,6% nel primo trimestre 2019, dopo un aumento di 0,4% nel trimestre
precedente. La media dell’Ue-28 è di 22.147 euro, l’Italia con 21.804 euro pro capite si
trova appena al di sotto di tale cifra. I consumi reali pro capite sono invece aumentati di
0,4% dopo l'aumento di 0,1% dei tre mesi precedenti. Nella Ue-28, il reddito pro capite è
salito di 0,3%, stesso aumento del trimestre procedente. I consumi sono invece rimasti
stabili, dopo un aumento di 0,2%. (Ansa)

• Politica

L’Italia non dà garanzie per quanto riguarda la stabilità del governo, negli ultimi 30 anni se
ne sono susseguiti 21. Questa facilità di incappare in crisi governative provoca una
situazione economico-politica costantemente insicura. Paesi con incertezza politica
maggiore hanno infatti meno investimenti, diminuisce la produttività delle imprese, del
capitale sociale di uno stato e della fiducia nelle istituzioni. Maggiore incertezza politica
significherebbe dunque minore crescita economica. 

La pressione fiscale per il secondo trimestre del 2019 è stata dello 40,5%, un aumento
dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dato il trend bisogna
considerare la possibilità che continui a crescere. 

Il diritto alla concorrenza è ritenuto essenziale alla realizzazione del mercato interno. Sono
vietati gli accordi e le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di
pregiudicare la concorrenza nel mercato e lo sfruttamento abusivo di posizione dominante.
I consumatori devono aver tutte le informazioni possibili e sono vietate pubblicità
comparative o ingannevoli. 

L’Italia segue le direttive europee per quanto riguarda la protezione ambientale. La politica
dell'Unione in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione, dell'azione
preventiva e della correzione dell'inquinamento alla fonte, nonché sul principio «chi
inquina paga». Sono previsti incentivi per chi lavora con soluzioni a risparmio energetico e
per le fonti rinnovabili. 
Il paese fa parte della Comunità Economica Europea, per cui grazie ad una serie di trattati
ha libertà di commerciare ed esportare in tutta Europa senza barriere. 
• Società

L’Italia ha una popolazione di 60,4 milioni di abitanti, di cui il 40% sotto i 40 anni. È il
paese europeo con il maggior consumo di frutta pro capite e il terzo per quanto riguarda la
verdura. La popolazione è particolarmente attenta a ciò che mangia, con una diffusa
avversione verso il fast food, soprattutto tra i più anziani. Le associazioni per i consumatori
sono attente e presenti e si sta diffondendo un’attenzione particolare per la tutela
dell’ambiente. 

 
 • Fattori tecnologici

Settori in evoluzione: Il triennio 2019-2021 sarà caratterizzato da una crescita


economica moderata sul mercato interno che è attesa per la produzione delle imprese
italiane, ed è stimata posizionarsi attorno al 2%. 
I settori top potranno trovare la via dello sviluppo non solo attraverso il lancio di nuovi
prodotti o la valorizzazione di nuove tecnologie, ma anche rafforzando la presenza di
nuovi mercati. I 7 più profittevoli risultano essere: vendite per corrispondenza via Internet,
settore corrieri espressi (consegne legate al commercio online), dall’ICT agli strumenti di
misurazione e orologi, produzione organi di trasmissione (automazione dei processi
industriali), latte e derivati (principalmente export sui mercati esteri) e attività ricreative
(beneficio dell’incremento dei flussi turistici nel nostro paese). (Prometeia)

Proprietà intellettuale: Secondo l’indice internazionale sulla tutela dei diritti della
proprietà intellettuale (IPRI – International Property Rights Index), la tutela della proprietà
intellettuale in Italia si posiziona solo al 50° posto nella classifica dei 125 paesi
rappresentati nella ricerca del 2018.
La top ten di questa speciale classifica vede in testa la Finlandia (che nel 2017 era
seconda), seguita da Nuova Zelanda, Svizzera, Norvegia, Singapore, Svezia, Australia,
Olanda, Lussemburgo, Canada.
Il grado di protezione dei diritti di proprietà intellettuale viene misurato monitorando, per
ogni nazione, il sistema politico e giuridico, tenendo conto di una serie di parametri che
vanno dal grado di indipendenza della magistratura, alla stabilità politica del paese, al
controllo sulla corruzione.

Investimenti R&S: Ciò che emerge dagli ultimi dati dell’Istat che rilevano quanto e,
soprattutto come, sia aumentata la spesa in ricerca e sviluppo, che sostanzialmente in
Italia è rivolta alle aziende private. Secondo le stime nel 2019, ricevono 15 miliardi e 373
milioni, contro i 3 miliardi e 198 milioni delle istituzioni pubbliche, e i 5,6 miliardi delle
università (dati del 2017). Risibile il contributo verso privati no profit, meno di mezzo
miliardo. Diminuisce anche la proporzione di stanziamenti pubblici che finiscono alle
imprese, dal 9% al 6,8% del totale. Mentre cresce quella che rimane allo Stato, dal 30,4%
al 32,8%, il quale si prende una porzione crescente, dal 5,7% si è passati al 12,3%, anche
di quanto stanziano le università.
Sono presenti anche notevoli squilibri tra Nord e Sud per quanto riguarda la ricerca, dove
a dominare è naturalmente il Nord, in particolare nella R&S più importante, quella delle
imprese. Quasi 11 miliardi dei 14,8 che arrivano alle aziende sono destinati (e in gran
parte generati) alle imprese del Nord. Molto più equilibrata la ricerca delle università, dove
anzi prevale leggermente il Centro. Centro, o per meglio dire Roma, che è campione della
ricerca pubblica.
Al di là dei dettagli, questi numeri dicono che l’Italia continua a spendere troppo poco per
l’innovazione. Quei 23,8 miliardi di euro sono infatti una quota pari all’1,38% del Pil, con un
miglioramento di 0,01 punti sul 2016. La percentuale è bassa sia rispetto alla media della
zona euro (2,15%) sia nel confronto diretto con le altre grandi economie industriali
d’Europa: in Germania la spesa per R&S ha raggiunto il 3% del Pil, in Francia il 2,2%. Gli
investimenti in innovazione sono considerati un motore fondamentale della crescita
economica di un Paese sviluppato e per questo già nel 2000, con l’Agenda di Lisbona,
l’Europa si era data l’obiettivo di portare la spesa per R&S al 3% del Pil europeo. L’Ue non
ci è riuscita e l’obiettivo del 3% è stato rimandato al 2020. Probabilmente sarà di nuovo
prorogato: le ultime stime di Eurostat dicono che per il 2017 eravamo appena sopra il 2%.

L’Italia è tra gli Stati che rallentano l’Ue da questo punto di vista. Roma con l’Agenda 2020
si era impegnata a portare le spese in R&S all’1,53% del Pil, ma i numeri di ieri
confermano che siamo distanti e difficilmente centreremo il traguardo fra due anni, anche
percHè le previsioni dell’Istat su 2018 e 2019 mostrano una frenata degli investimenti in
R&S da parte delle imprese (+2,8% nel 2018 e +0,8% nel 2019).

In uno studio pubblicato l’anno scorso, il Consiglio nazionale della ricerca ricordava
che nel mondo della R&S l’Italia è un’anomalia: è tra le principali nazioni industrializzate
pur investendo poco in ricerca e sviluppo, sia in valore assoluto che in rapporto al Pil.
Contare che questa anomalia possa durare ancora a lungo, aggiungeva però il Cnr,
«diventa oggi molto rischioso visti i processi crescenti di globalizzazione delle economie e
l’importanza della collaborazione internazionale su temi scientifico-tecnologici che
richiedono la mobilitazione di forti investimenti».

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