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RELAZIONE
I ragazzi non accettano più di imparare dagli adulti. Fare entrare le nuove tecnologie digitali nella
scuola, sostituendo gli insegnanti con sistemi tecnologici per l’apprendimento dei contenuti
permetterebbe in qualche modo di aggirare questo problema. Gli insegnanti non apparirebbero più
ai ragazzi come la fonte delle conoscenze, e le modalità di apprendimento somiglierebbero di più
alle modalità di comunicare e di interagire a cui i ragazzi sono abituati fuori della scuola. Forse
allora la scuola apparirebbe ai ragazzi meno estranea di adesso. “Parisi D.)
1
A. Fini, M.E.Cicognini Web 2.0 e social networking, in “I quaderni di Form@re” n.9, Erikson,
Trento, 2009
2
Cfr Pepe D. e Parisi D. La simulazione nella formazione a distanza: modelli di apprendimento
nella Knowledge society. Roma, ISFOL, 2005, pag 116
3
Bisognerebbe stabilire anzitutto chi sia effettivamente e realmente “in rete” ; una veloce e
simpatica statistica è stata effettuata da Roberto Venturini in “Il peso della rete in Italia”
-http://www.apogeonline.com/webzine/2010/10/29/il-peso-della-rete-in-italia-tutta-la-mezza-verita
inoltre messo in luce dati contrastanti riguardo ad una correlazione positiva tra
utilizzo delle tecnologie informatiche e performance degli alunni.4
Del resto, se è vero in parte che “se ci si affida alle lezioni orali a alla lettura di
libri non si va molto avanti”5ed è necessario utilizzare rappresentazioni
iconiche, animate, per poter “agire” su ciò che si vede, e comprendere quanto
si apprende, appare doveroso sottolineare il rischio di una nuova
“analfabetizzazione”.
L’uomo, nel corso dei secoli, ha reso degno sé stesso, grazie alla produzione di
testi memorabili … L’avanguardia tecnologica consente di consultare un libro
senza averlo tra le mani, abdicando il fascino indescrivibile della lettura… Ciò
che temo è che le nuove generazioni, con questa infinita “portabilità” e
fruibilità della conoscenza, appiattiranno ogni contenuto, senza alcun
discernimento critico, poiché nel web, in fondo, Manzoni e Zalone sono uguali
…
Ma è soprattutto un altro l’aspetto su cui vorrei porre l’accento e che, a mio
avviso, restituisce valore insostituibile ed unico all’ “antica arte d’insegnare”:
mi riferisco alla relazione emotiva ed empatica che viene a stabilirsi tra
docente e discente, feconda di risultati quanto e più di un mero apprendimento
nozionistico.
Credo che appartenga all’esperienza di ciascuno di noi aver conosciuto,
nell’arco della vita “scolastica”, un insegnante che abbia “lasciato il segno”,
non tanto e non solo per ciò che insegnava, ma per “come” lo insegnava, per
l’esempio che trasmetteva, per l’ “umanità” che dimostrava…
Ricordo, a tal proposito, il mio professore di filosofia, Don Manfredonia: ricordo
le appassionanti lezioni di Storia della Filosofia, ricordo ancor più le
indimenticabili lezioni di “Filosofia della vita”, come le definiva lui. Noi ragazzi
eravamo catturati dal fascino di quegli insegnamenti, dalla grandiosità di
quell’anima che era davanti a noi, che ci istruiva non al sapere, ma alla vita ….
Non è un caso che io stessa sia diventata un’insegnante di Filosofia: stesso
metodo, stessa passione, differente, ahimè, solo l’immensa umanità.
Provo dunque un profondo disagio quando leggo che i giovani, non avendo più
valori, non accettano neanche più insegnamenti dagli adulti. Al contrario
ritengo che in una realtà come quella attuale, creare spazi “emotivamente”
coinvolgenti e stimolanti sia essenziale, ma spazi reali, genuini, in cui
condividere un “sentire comune”.
La nuova generazione vive in una realtà “cognitivamente avanzata”, ma di
contro, in uno stato di “analfabetismo” emotivo. Ecco perché spesso rifiutano
di farsi educare, come sostiene Parisi, cercando stimoli ed input solo dai pari.
L’apprendimento si basa sulla comunicazione, ma attraverso il filtro emotivo ed
affettivo; lo stesso Gadamer sottolinea giustamente che ogni relazione
comunicativa è una relazione umana, e come tale basata sull’attaccamento,
sull’”affettività”. L’insegnamento dunque, fa leva proprio su quella dimensione
affettiva che la “rete”, per sua stessa costituzione, è impossibilitata ad offrire.
Accade, ed accade così da sempre: il bambino apprende dalla madre, poichè
“lei sa”, ma apprende anche perché “ama” sua madre, riconosce in lei
qualcuno di cui fidarsi, a cui abbandonarsi.
4
Cfr http://www.dfes.gov.uk/research/data/uploadfiles/RR816.pdf.
5
Cfr Parisi D. Nuove tecnologie per nuovi cittadini in SCENARI E ESPERIENZE PER L'E-
LEARNING. Milano, Guerini in corso di stampa.
Per questo ritengo che la sfida dell’insegnamento non sia persa, ma anzi, possa
essere ancora vinta dagli stessi insegnanti, visti come depositari di valori (non
più unicamente saperi) ed esempi che le giovani generazioni ancora cercano.
L’onestà, l’attaccamento al lavoro ed agli allievi, l’impegno e la passione, sono
cose che i ragazzi avvertono ed apprezzano, e le gratificazioni che possono
ricevere da simili persone li aiutano a crescere e maturare…
In un saggio intenso ed appassionato: “La credibilità dell’insegnante”, Guido
Gili sottolinea come ogni rapporto educativo sia anzitutto un rapporto
personale tra due persone (non tra una persona ed un pc…) in cui l’allievo
percepisce l’insegnante non solo come una macchina parlante, un dispensatore
di conoscenze, ma come un modello affascinante e persuasivo di umanità e di
sapere “perché le due cose nel nostro mestiere sono inesorabilmente
intrecciate”.
Da sempre, infatti, le materie che risultano maggiormente gradite ai ragazzi
sono quelle in cui i docenti privilegiano il dialogo, un legame affettivo che si
manifesta anche fuori dallo stesso ambiente scolastico.
Lo stesso spazio “fisico” della scuola, si configura per i giovani come spazio
emotivo, in cui confrontarsi, crescere, sbagliare, maturare … in una realtà tutta
immanente e non virtuale.
Sostengo semplicemente che la nuova sfida dell’insegnamento è quella di
conciliare la nuova realtà tecnologica, con il valore insostituibile della relazione
emotiva ed affettiva, e ciò è tanto più valido se pensiamo agli alunni
diversamente abili, in cui l’apprendimento va necessariamente strutturato,
veicolato, attraverso il canale empatico che si stabilisce tra alunno e docente,
spesso proprio il “suo” docente di sostegno.
La scuola, come sostiene Rogers, non è solo il luogo dove si impara, ma anche
l’ambiente in cui far entrare le proprie emozioni, il proprio vissuto, le proprie
esperienze reali e concrete.
Si tratta dunque di ripensare alla didattica in termini nuovi e non sterili; si
tratta di ripensare ad una didattica che sappia rispondere ai bisogni diversi
degli alunni, perchè tutti gli alunni sono portatori di preziose diversità.
Si tratta di proporre dunque una didattica coinvolgente, che appassioni i
giovani, li entusiasmi, li interessi … li motivi. Una didattica che usi e si adegui
al loro linguaggio, al loro modo di fare e pensare, al loro mondo, fatto di blog e
wiki, di realtà virtuale e interattività, una didattica che intrecci operatività ed
emotività, per progettare realmente il futuro. Si tratta di sfruttare in tutti i modi
le potenzialità dei nuovi media, proporre i nuovi possibili scenari agli alunni,
per cui questa stessa riflessione è stata di stimolo per una lezione aprendo un
confronto con gli alunni, fecondo di spunti e riflessioni.
Si tratta, infine, di passare dall’”educazione ai media” ad una educazione “con
“, “attraverso” i media, dove l’insegnante non è più al centro della relazione
didattica strutturata in un rapporto gerarchico, ma coopera al fianco di nuove
figure professionali, esperti e tutor, sfruttando, non lasciandosi sostituire,
dalle tecnologie digitali.
Il compito che si profila è dunque arduo, soprattutto in un momento in cui la
professione docente è mortificata su più fronti, ma siamo all’inizio di una nuova
era che esige flessibilità, apertura, competenza.
Quello dell’insegnamento è un valore immenso, che resiste sempre, ogni
giorno; un valore fatto di impegno, dedizione e passione, ma è un valore
basato sul più nobile degli scopi, formare concretamente il “cittadino del
futuro”.
Corsista: Prof.ssa Antimina Mea