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Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte,

7 (1988), pp. 43-53.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA

I. ALESSANDRIA, loc. Cascina Chiappona. Saggio di accertamento in area di insediamento


di età preistorica (tavv. XIII-XIV).

Nel mese di luglio 1986 la Soprintendenza Archeologica del Piemonte ha effettuato


un breve saggio di accertamento ad Alessandria, loc. Cascina Chiappona dove arature
condotte in profondità avevano portato in superficie zolle di terreno bruno-carbonioso,
inglobanti materiale litico e ceramico di età preistorica (segnalazione dotto R. Oberti,
ottobre 1984). Il sito è ubicato sulla destra idrografica del fiume Tanaro, sulla superficie
di un terrazzo fluviale su cui è stata edificata anche la città di Alessandria, costituito
in maggioranza da sabbie ben selezionate da medie a limose, mediamente alterate.
L'asportazione dello strato di coltivo, effettuata con un mezzo meccanico per una
profondità di circa cm 40 e per una superficie approssimativamente di 55 mq, portava
all'individuazione di un ampia lente antropizzata (US 2), di cui si sono definiti i limiti
solo in direzione EW, all'interno della quale è stato praticato un limitato saggio di scavo
che ha evidenziato la seguente successione stratigrafico-pedologica:
us 2: Strato franco limoso, di colore 5Y 5/2 (olive gray); aggregazione poliedrica angola-
re da media a minuta, mediamente espressa; pori medi, comuni; screziature scar-
se, piccole; noduli e patine Fe - Mn; noduli e patine argillose comuni (40-85 cm).
US}: Strato limoso-argilloso, di colore 5Y 5/1 (gray); aggregazione poliedrica subango-
lare media espressa; pori medi, abbondanti; screziature da comuni ad abbondan-
ti; carbone e ceramica molto scarsi, al contatto con us 2; limite inferiore netto
(85-1°5 cm).
us 4: Strato franco sabbioso, di colore 2.5Y 5/4 (light olive brown); aggregazione polie-
drica subangolare media espressa; screziature abbondanti; sterile; caratteri da pseu-
dogley (105 cm - limite inferiore non osservato).

Date la natura e le caratteristiche di us 2, che si presentava uniforme ed omogenea,


senza alcuna stratificazione interna, lo scavo è stato effettuato per tagli successivi di
cm IO, per una profondità complessiva di cm 50-55; il materiale archeologico recupera-
to, scarso nei primi due tagli, diventava più numeroso a partire dal terzo, con dimensio-
ni maggiori ed una disposizione concordante con il piano di stratificazione. I carboni
erano piccoli e scarsi nei primi tagli, comuni nella porzione inferiore. Verso il fondo si
notava la presenza di piccole zolle di terreno di colore giallastro, sterile, riferibile ad
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US 3, particolarmente frequenti nell'ultimo taglio, indizio di un parziale rimaneggiamento


dell'unità sottostante ad opera di us 2, in presenza di acqua.
Le caratteristiche stratigrafico-pedologiche di us 2, la sua estensione uniforme, sen-
za soluzioni di continuità, e la sua gradualità nel passaggio laterale ad altre unità, l'anda-
mento e la potenza, accertati per mezzo di carotaggi effettuati con una sonda da pedolo-
go, la giacitura e le condizioni dei materiali, in particolare di quello ceramico che mostra
chiari indizi di fluitazione, indicherebbero un' origine naturale dell'unità, a seguito di
fenomeni di deposito in un antico bacino idrico o canale da parte di acqua con scarsissi-
ma capacità di trasporto, probabilmente in seguito al taglio di un meandro fluviale, con
rimaneggiamento di materiale antropico certamente eroso da una sede primaria non an-
cora individuata ma da ricercarsi con ogni probabilità nelle immediate vicinanze (Con-
sulenza sedimentologica C. Ottomano e O. Da Rold, Università di Milano).
Nonostante le ridotte dimensioni del saggio di scavo si è recuperata una discreta quan-
tità di materiale fittile e litico che permette un inquadramento preliminare del sito, in
attesa di prossime più estese indagini.
La ceramica presenta due classi di impasto, l'una grossolana, con frequenti inclusi
di quarzite e mica, a superfici opache, irregolari e lisciate, di colore prevalentemente
rosso-brunastro, l'altra fine e/o semifine, a degrassante minuto, con superfici regolari,
accuratamente lisciate, di colore esternamente bruno-nerastro, rosso in fruttura; in im-
pasto grossolano sono prodotti vasi con orlo arrotondato decorato da una fila orizzonta-
le di tubercoli e scodelle troncoconiche con sottili tacche sull'orlo (tav. XIII, II-I2, 5-IO),
mentre vasi globulari, tazze carenate, talvolta con bugne subcircolari perforate orizzon-
talmente, tazze troncoconiche sono confezionate in impasto più fine (tav. XIII, 1-4,
13,15). Si sono recuperati anche numerosi grumi informi di concotto.
L'industria litica comprende scarti di lavorazione, alcuni con tracce dell' azione del
fuoco, e strumenti, tra cui una lama-raschiatoio a ritocco inverso (tav. XIV, 3) ed una
cuspide a ritocco foliato con tozzo peduncolo triangolare (tav. XIV, I), in selce beige
e bruno-grigiastra con impurezze, lamelle di ossidiana, talvolta con lieve ritocco inverso
(tav. XIV, 4-6), ed alcuni elementi di industria su quarzo ialino tra cui un nucleo per
piccole lamelle ed un dorso-troncatura (tav. XIV, 7-8).
Anche se limitato quantitativamente, il materiale recuperato durante il saggio di sca-
vo è estremamente significativo e permette in via preliminare un primo inquadramento
cronologico e culturale del sito in un ambito compreso tra la fine del IV e gli inizi del
III millennio a. C., in cronologia non calibrata. La ceramica in particolare mostra una
precisa caratterizzazione del quadro tipologico, evidenziando puntuali confronti con con-
testi chasseani della Francia meridionale, soprattutto nelle scodelle carenate (VAQUER,
1975, fig. 43,30) e nei vasi globulari (VAQUER, 1975, fig. 62, 4-5), mentre in ambito ita-
liano raffronti sembrano possibili a Chiomonte, La Maddalena, in Valle di Susa, dove
sono attestate, tra l'altro, forme cilindriche con serie di tubercoli sotto l'orlo (BERTONE
et al., 1986, p. 9) probabilmente affini agli esemplari alessandrini.
Ancora interessante la compresenza nell'industria litica di tipi litologici differenti,
quali la selce, l'ossidiana (forse di provenienza liparota) ed il quarzo, che prospettano
diverse modalità di approvvigionamento probabilmente nell' ambito di commerci e di
scambi a vasto raggio.
Marica Venturino Gambari
NOTIZIARIO 45

Bibliografia citata:

Archeologia preistorica dell'Alta Valle di Susa:


A. BERTONE - F. CARRARO - L. FOZZATI - A. PEROTTO, 1986.
Chiomonte - La Maddalena, in Segusium, 22, pp. 3-36.
J. VAQUER, 1975. La ceramique chasséenne du Languedoc, Atacina, 8, Carcassonne.

2. ALESSANDRIA, fraz. Castelceriolo, loc. Rio Sambuy. Insediamento preistorico


e romano (tavv. XV-XVI).

Nel giugno 1986 veniva segnalata alla Soprintendenza Archeologica del Piemonte
una consistente presenza di materiale archeologico di età preistorica e romana, affioran-
te in superficie a seguito di attività agricole condotte in profondità (segnalazione R. Oberti,
C. Torriani, E. Capra, Alessandria).
Ricognizioni e raccolte di superficie, finalizzate al recupero di materiale diagnostico
per un inquadramento preliminare del sito, permettevano di localizzare un'area di circa
2 ettari interessata dalle presenze archeologiche e ubicata su un ampio terrazzo fluviale
sulla sponda destra del fiume Bormida, in prossimità della sua confluenza in Tanaro;
le aree di affioramento del materiale preistorico e di quello di età romana erano vicine
tra di loro ma non coincidenti.
Particolarmente interessante il complesso dei materiali di età preistorica, costituito
da fittili in impasto a superfici lisciate e di colore prevalentemente rossastro o bruno,
che documenta una frequentazione del sito dall'età del Bronzo medio-recente fino all'e-
tà del Ferro, con una localizzazione dell' area insediativa in pianura ed in prossimità di
corsi d'acqua, come frequentemente attestato nell' Alessandrino in particolare in una fa-
se avanzata dell' età del Bronzo.
Non meno significativa la localizzazione dell'insediamento romano che appare situa-
to lungo il percorso di un asse decumano della centuriazione di Tortona.
La Soprintendenza ha in programma una serie di saggi e di indagini volti ad accerta-
re natura e potenzialità dei depositi archeologici, anche per la predisposizione di oppor-
tune misure di tutela.
Silvana Finocchi - Marica Venturino Gambari

3. ALESSANDRIA, fraz. Villa del Foro. Scavi nell'area dell'abitato della prima età del Ferro
(tavv. XVII-XX).

Nell'estate 1985 e 1986 la Soprintendenza Archeologica del Piemonte ha effettuato


a Villa del Foro un primo intervento di scavo in estensione nell'area dell'abitato proto-
storico, dopo le operazioni preliminari (raccolte sistematiche di superficie, prospezioni
magnetometriche, carotaggi e limitati saggi stratigrafici), realizzate a partire dal 1980
(Notiziario, 1982, pp. 144-145; 1983, p. 146; 1984, p. 249).
Lo scavo, effettuato con il personale della Società Lombarda di Archeologia, ha inte-
ressato diversi settori, dove si erano riscontrate maggiori presenze di reperti in superfi-
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cie, concentrandosi in particolare nell'area SE, dove arature condotte a minore profon-
dità lasciavano supporre la presenza di strutture e depositi meglio conservati. In tale
area al di sotto dello strato agrario si è riscontrata l'esistenza di numerose buche di palo,
alcune semplici, altre con fossa di fondazione, e di strutture in negativo, di varia forma
e profondità ma purtroppo decapitate del piano di frequentazione, con riempimenti an-
tropizzati indicanti un utilizzo secondario delle medesime come zone di scarico di rifiu-
ti. La struttura sicuramente più interessante e complessa si è rivelata l'us 1083, un poz-
zo di forma subcircolare, a profilo trococonico e fondo piatto, solo parzialmente intacca-
to dai lavori agricoli; sulla base di una prima valutazione di scavo ed in attesa dei risulta-
ti delle analisi sedimentologiche ancora in corso, la funzione primaria della struttura sem-
bra essere stata quella della raccolta e della conservazione di acqua, come sembrerebbe
suggerire, tra l'altro, la natura del fondo del pozzo che ha raggiunto uno strato di argilla
compatta ed impermeabile (tav. XVII, a). Segue un riempimento piuttosto spesso, scuro
e carbonioso (us 1186) con molto materiale fittile, prevalentemente anelloni e frammen-
ti di piastre di fornello in concotto, vasi frammentati ma ricomponibili - in gran parte
scarti di cottura di vasi di impasto -, verificato si certamente in un momento in cui la
struttura non assolveva più la sua funzione originaria. Si alternano poi una serie di riem-
pimenti sabbiosi di colore giallastro, dove è praticamente assente il materiale archeolo-
gico, con altri carboniosi, di colore bruno, con lievi rimaneggiamenti al contatto, che
sembrano corrispondere a momenti di nuova e diversa utilizzazione del pozzo, forse con-
nessa a processi di decantazione di argilla per la fabbricazione della ceramica (si atten-
dono i risultati delle analisi per avere conferma di tali ipotesi), alternati a episodi di di-
suso della struttura con conseguente caduta di materiale antropico all'interno. Chiude
la sequenza dei riempimenti, che mostrano nella parte centrale del pozzo un parziale
reciproco rimescolamento per la presenza forse dell' acqua impiegata nei processi di de-
cantazione, l'us I I 26, che costituisce l'ultimo e finale utilizzo con funzione di scarico
e livellamento della depressione. Si è in attesa di conoscere i risultati delle analisi, ed
in particolare di quelle palinologiche, per verificare se è possibile cogliere una frequenza
stagionale nell'utilizzo della struttura.
Un altro pozzo di forma subcircolare è stato individuato a circa 150 m più a N; esso
presenta un diametro di l,IO m ed una profondità di m 0,90, fino a raggiungere uno
strato sabbioso, molto sciolto, sterile. Questa struttura era circondata sul lato SE da
tre buche di palo, di forma cilindrica e piuttosto profonde; interessante la dinamica dei
riempimenti, in parte legati a crolli di parete, in parte connessi allo scarico di materiali
all'interno del pozzo, una volta cessata la sua funzione primaria.
Un limitato saggio di scavo è stato effettuato anche all'interno di un «fossato» indi-
viduato nell'area più a S nel 1984, con orientamento EW e per una lunghezza di circa
17 m; nel corso del sondaggio all'interno della struttura si sono riscontrati riempimenti
legati alla fase di utilizzo, con fenomeni di degrado e di crollo delle pareti, ed al suo
riuso con la colmatura di materiali di scarico (tav. XVII, b). Il «fossato» per il breve
tratto esplorato presenta una larghezza di circa m 1,20 ed un profilo triangolare, abba-
stanza regolare.
Il materiale recuperato nel corso degli scavi appare ad una prima analisi omogeneo
sul piano tipologico e tecnologico, pur rimarcando una netta prevalenza delle forme in
impasto grossolano (in rapporto a quelle fini o tornite), meglio rappresentate in quella
che sembra sempre di più caratterizzarsi quale area «artigianale», con ogni probabilità
connessa alla lavorazione dell' argilla ed alla produzione di vasi in impasto, come sem-
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brerebbe indicare la presenza dei pozzi, di basi in concotto per forni, di elementi di
fornello, di scarti di cottura etc.
Elementi interessanti per una definizione dell'ultima fase di insediamento del sito,
probabilmente nell' ambito della prima metà del v secolo a. C., sembrano suggeriti dalla
presenza di tipologie ceramiche particolari, come per esempio i vasi situliformi decorati
sul diametro massimo da file orizzontali di profonde impressioni triangolari, rinvenuti
nei riempimenti del fossato (tav. XVIII-XIX), che sostituiscono quelli con decorazioni
ad impressioni digitali, mentre scompaiono le scodelle ed i bicchieri carenati nel caratte-
ristico impasto bruno-nerastro ad imitazione delle analoghe forme tornite in bucchero.
Indizi sulla presenza di un tale orizzonte cronologico erano del resto forniti da alcu-
ni manufatti metallici, quali i pendagli a secchiello a fondo arrotondato o a terminazione
profilata, caratteristici del Golasecca III A (DE MARINIS, I98I, pp. 229-232), recuperati
durante le raccolte non sistematiche effettuate sul sito prima dell'intervento della So-
printendenza Archeologica (GAMBARI - VENTURINO GAMBARI, I987).
Marica Venturino Gambari

Bibliografia citata:

Notiziario, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Pì"émonte, I.


1982.
Notiziario, Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 2.
1983.
Notiziario,1984. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 3.
DE MARINIS R., 198r. Ilperiodo Golasecca m A in Lombardia, in Studi Archeologici, I, Bergamo, pp. 43-303.
GAMBARI F. M. - VENTURINO GAMBARI M., 1987. Alessandria, fraz. Villa del Foro, in Scavi e Scoperte a
cura di G. Colonna, SE, LIII, 1985 (1987), pp. 421-425.

4. ALESSANDRIA, fraz. Villa del Foro. Abitato romano di Forum Fulvii


(tavv. XXI-XXII).

Due sono stati in via della Rocca i principali obiettivi della ricerca nella campagna
settembre-ottobre '86: da un lato le dimensioni dell'isolato a E della strada cardinale,
dall' altro la migliore definizione della stessa quale si era venuto in precedenza delinean-
do con andamento da NE a SW.
Gli scarsi resti in muratura rimasti in un settore molto sconvolto da precedenti in-
terventi non consentivano, anche per la scomparsa totale del lastricato, di restituirne
un'immagine leggibile nel quadro di un contesto che comincia a configurarsi con suffi-
ciente ampiezza.
I guasti prodotti dal gelo, per quanto notevoli, non hanno fortunatamente alterato
il disegno planimetrico dell'impianto anche per le misure prontamente adottate di rin-
calzi in terra battuta e di riempimento dei saggi effettuati in profondità al centro della
sede stradale.
Aperti per verificare la presenza di un collettore sotto il piano di pavimentazione,
gli scavi avevano rivelato l'andamento di alcuni condotti che anzichè sfociare in una
sottostante fognatura muovevano in direzione SW.
L'orientamento e la pendenza erano analoghe a quelle del canale che, nell'isolato a
levante dell' asse stradale, attraversa in senso longitudinale un cortile a pianta rettango-
lare che lo scavo ha delimitato per tre lati.
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Questa osservazione induceva a ritenere che gli scarichi fognari non avvenissero in
direzione del Tanaro, come si poteva supporre, ma del Belbo e per averne conferma si
riprendeva lo scavo verso S del condotto, in muratura di pietrame, che risultava radical-
mente saccheggiato e spogliato del rivestimento originario e della copertura.
Solo in un punto il canale appariva intatto con il mattone che lo sigillava, posato
sugli sporti ricavati nei laterizi del paramento.
Non perfettamente rettilineo, il manufatto muoveva con qualche sinuosità appena
accennata sotto un terreno che appariva per oltre due metri profondamente sconvolto.
In due brevi tratti il canale risultava coperto da resti disgregati di muratura, forse demo-
lita indiscriminatamente anche in epoca recente, a giudicare dal livello di partenza dello
strato intaccato.
La ricerca non ha portato alla scoperta del collettore in cui il manufatto si immette-
va. Il venir meno delle risorse non ne ha consentito il completamento anche se la note-
vole lunghezza del tratto liberato fa suporre non lontano lo sbocco del canale. Ciò signi-
fica che un altro dato importante è stato comunque conseguito e riguarda lo sviluppo
dell'isolato la cui estensione da N a S già sembra in buona misura superare la soglia dei
60 m.
All'indicazione emersa dal percorso dello scarico va infatti aggiunta la fascia liberata
del fabbricato, che si estende.1ungo via della Rocca e di cui si intuisce il prolungamento
al di là della sede stradale.
Di questo edificio, che presenta due grandi ambienti con ipocausto e appare caratte-
rizzato da consistenti resti murari, stratificazioni strutturali e impianti per 1'adduzione
e lo smaltimento di notevole quantità di acqua (canale), è stato individuato un sistema
di drenaggio e più profondamente indagato il settore a S del cortile che nella precedente
campagna aveva restituito, a I m circa dal piano di pavimentazione più recente (docu-
mentato dal mosaico del vano che a E vi si affacciava), numerosi frammenti di anfore
del I sec. d. C.
Lo scavo, scendendo fino alla terra vergine, ha definito 1'estensione e la profondità
del deposito riportando in luce altri spezzoni appartenenti alle forme 6 e 29 della classi-
ficazione di Dressel.
Risalenti al tempo in cui, rialzato il livello del suolo, il cortile fu attraversato in sen-
so longitudinale dal canale, le anfore (abbandonate già incrinate e mutile), risultavano
ricoperte da uno strato compatto di argilla misto a frammenti vascolari e resti di combu-
stione. L'andamento a scivolo del terreno fa supporre un salto di quota, un dislivello
non spiegabile allo stato attuale per la presenza dellacerto musivo che sovrasta la trin-
cea di scavo.
Sempre nel cortile è stato anche individuato uno scarico realizzato con anfore sega-
te, ricavato in margine alla strada immediatamente sotto il presumibile livello della pavi-
mentazione antica. Qui l'asportazione del selciato in tempi successivi trova una spiega-
zione nell'eseguità dell'interro ed è singolare come questo e altri sconvolgimenti succes-
sivi, riscontrati anche in profondità in questa zona, abbiano risparmiato la fascia con
i reperti, allineati e accostati, mancanti della bocca e con il collo inserito nel foro ricava-
to all' attaccatura del fittone, segato alla base.
Lo scavo ha rivelato che le anfore erano accostate a un muro dell' altezza conservata
di 35 cm, costruito con frammenti laterizi legati con argilla.
Il manufatto, che si presentava in pessime condizioni di conservazione, sembrava
avere uno spessore di poco superiore ai 50 cm e correva con leggera inclinazione in dire-
zione NE.
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Non risultando quindi coerente all'andamento del muro perimetrale del fabbricato,
si può supporre che la struttura appartenesse a un rifacimento successivo o più verosi-
milmente allo stesso sistema di drenaggio, ricavato al di sotto del piano di calpestio del
cortile e passante sotto il muro di affacciamento oggi scomparso. Di quest'ultimo resta-
no oggi, nel tratto verso via della Rocca, due esigui tronchi, uno dei quali presenta basi
aggettanti di lesene all'interno e all' esterno verso strada.
Sul lato opposto, in prosecuzione del muro rinvenuto nelle precedenti campagne, è
invece emerso un segmento di fondazione della lunghezza di tre metri. Delimitante l'i-
solato che fiancheggiava a W l'asse cardinale, la struttura, dello spessore di m 0,70, ha
le stesse caratteristiche dei muri più recenti, che in via della Rocca mostrano il genera-
lizzato impiego di materiali laterizi di recupero.
La definizione dei muri di affacciamento consente oggi una più evidente configura-
zione dell' asse cardinale, il cui percorso, individuato per una lunghezza di complessivi
20 m, corre perpendicolare alla via decumana riportata in luce a NW di via della Rocca
nell'area antistante la chiesa secentesca di S. Damiano. Qui l'estendersi delle indagini
trova la sua ragione in un saggio preliminare, che sul finire della precedente campagna
era stato effettuato in base a calcoli dedotti da osservazioni topografiche e indizi di su-
perficie.
Foto aeree scattate successivamente dall'Alifoto di Torino hanno evidenziato una
traccia di colore scuro, incisiva e continua, quasi perfettamente ortogonale ai resti di
acciottolato individuati nella più settentrionale delle trincee aperte nell'85. Sulla base
di questi indizi, le indagini hanno toccato due punti del tracciato.
Partendo da questi caposaldi sono state picchettate due aree rispettivamente di IO
e 25 mq, nella prima delle quali l'intervento si è arrestato all'iniziale affioramento dello
strato di abbandono.
Più a E, a 30 m dal primo, il secondo scavo ha interessato una fascia di 5 m x 20,
ortogonale al saggio dell'ottobre dell'85, dove uno strato di crollo profondo ed estesa-
mente intaccato dall' aratro si mescola ai resti di un' acciottolato quasi ovunque scalzato
e sconvolto.
Negli strati sotto stanti i materiali (per lo più anfore in frammenti minuti) appariva-
no frammentati e schiacciati. In due punti tuttavia il selciato risultava conservato o ad-
dirittura intatto, all' estremità orientale e occidentale dell' area.
Più a N questa pavimentazione spariva e subentrava, sotto lo strato più o meno alto
di aratura, un terreno argilloso di colore giallo chiaro di grande compattezza e durezza
intaccato qua e là e inglobante frammenti numerosi di anfore, la cui tipologia riportava
al I e II sec. dell'Impero.
Sotto, lo scavo ha evidenziato una pavimentazione per largo tratto intatta, costituita
da ciottoli inseriti nel senso della maggiore lunghezza in un letto di argilla mista a minu-
ti frammenti laterizi.
Il lastricato, evidentemente stradale, presenta la caratteristica)orma a schiena d'asi-
no, ha un'ampiezza di m 9,20 misurata nel punto di maggiore conservazione della car-
reggiata e appare tagliato (lato settentrionale) dai resti di un muro in grossi ciottoli, di
cui rimane l'ultimo filare.
Il muro, che segue da NW a SE, segna un restringimento della sede stradale che
sul lato opposto trova riscontro nella pavimentazione più superficiale rinvenuta sopra
la carreggiata.
Appartenente al cortile del fabbricato costruito in fregio al tracciato, il selciato è
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indicativo della trasformazione avvenuta col rialzo del suolo e l'avanzamento verso la
strada, dove solo incerte tracce sembrano segnalare il limite di affacciamento.
Un saggio effettuato nella parte mancante del lastricato superficiale ha riportato in
luce, sotto un terreno ricco di frammenti di anfore, ceramica comune e rara sigillata,
un alto strato di terra scura ricca di scorie ferrose.
Qui lo scavo si è arrestato a 40 cm sotto il piano strada. A N è stato esteso invece
a una stretta fascia a fianco del muro delimitante la carreggiata, mettendo in evidenza
lo strato gettato a coprirne la parte marginale al tempo della costruzione dell'edificio
venuto ad invaderne parzialmente la sede.
Quattro colli d'anfora appena sporgenti dal terreno è quanto resta di un dispositivo
di drenaggio e di un piano di calpestio di cui restano pochi altri segni. Mentre il muro
perimetrale è la struttura che meglio documenta 1'andamento della strada, non sono an-
cora stati individuati i margini originari del tracciato che i materiali restituiti dallo scavo
fanno risalire al I sec. a. C.
Caratteri, posizione e cronologia del contesto costituiscono elementi di particolare
interesse 'per la conoscenza dell'abitato, di cui emergono, nel confronto con via della
Rocca, aspetti e tratti significativamente indicativi.
Silvana Finocchi

5. BRlGNANO FRASCATA. Scarico di fornace di età romana.

Nel settembre 1986 l'indagine condotta a cura della Soprintendenza Archeologica


del Piemonte con la collaborazione scientifica dell'Istituto di Archeologia dell'Universi-
tà degli Studi di Milano (Cattedra Archeologia II Prof. G. Sena Chiesa), ha consentito
di chiarire la situazione di crollo evidenziatasi nell' area adiacente a quella già scavata
negli anni precedenti (Notiziario, 1983; 1984; 1985; 1986).
T ali esplorazioni avevano messo in luce i resti di un edificio rustico a carattere mani-
fatturiero' una fornace d'anfore Dressel2/4, due piccoli forni, depositi di materiale an-
forario e vasi adibiti ad uso agricolo.
Durante la campagna di scavo 1986 è stata individuata una vasta area destinata allo
scarico della fornace: su un'estensione di m 8 x 8 ca., sotto uno strato di tegole e lateri-
zi, sono stati recuperati frammenti di anfore Dressel2/4, vasi troncoconici, grossi fittili
(mortaria), tubuli e laterizi provenienti dalla vicina fornace, alcuni con evidenti tracce
della combustione.
Giuliana Facchini

Bibliografia citata:

Notiziario, 1983. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 2, pp. 149-15°.
Notiziario, 1984. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 3, pp. 250-251.
Notiziario, 1985. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 4, p. 1 l.
Notiziario, 1986. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 5, pp. 195-196, tav. LVI.
NOTIZIARIO 51

6. ACQUI TERME, centro urbano. Siti pluristratificati nell' area


dell'antica Aquae Statiellae (tav. XXIII).

Tra il mese di agosto e il novembre 1986 hanno avuto luogo estesi lavori di scavo
per la posa di un complesso sistema di tubazioni dell'impianto di teleriscaldamento cit-
tadino. L'attraversamento di gran parte del centro storico ha portato al ritrovamento,
in più punti, di importanti emergenze archeologiche; particolarmente notevoli sono sta-
ti i siti di piazza della Bollente, Corso Roma, piazza San Guido e dell'Istituto d'Arte
«J. Ottolenghi».
A seguito di questi lavori la Soprintendenza Archeologica del Piemonte è stata parti-
colarmente impegnata nella conduzione scientifica di indagini di emergenza e, a più am-
pio raggio, alla impostazione di prospettive di ricerca per la conoscenza dello sviluppo
storico ed urbanistico della romana Aquae Statiellae fino alle trasformazioni medievali
e moderne, dati questi che ancora oggi ci sono scarsamente noti.
Pur nella comprensibile difficoltà del cantiere urbano e dell'emergenza sono stati
condotti interventi di scavo stratigrafico per lo più destinati ad essere proseguiti da in-
dagini programmate per il prossimo anno; è questo il caso in particolare di piazza della
Bollente, nella quale sono emerse strutture dell'impianto di sfruttamento delle acque
termali di età romana e medievale, di cui è necessaria ancora un' attenta verifica.
Analogamente per quanto riguarda la sommità di piazza San Guido, dove si sono
rinvenute cospicue tracce di una strutturà muraria di grandi dimensioni, e per 1'area an-
tistante !'Istituto d'Arte «J. Ottolenghi», in cui è stata recuperata una tomba romana
a cassetta di tegole con corredo costituito da coppette ceramiche, bottiglie ed unguenta-
ri vitrei, attualmente in fase di restauro presso il Laboratorio del Museo di Antichità
di Torino, si sono programmate ulteriori ricerche, che potranno fornire maggiori dati
per la conoscenza di questo settore della città antica.

Corso Roma. Edificio di età romana e cimitero medievale.

Lo scavo di una profonda trincea lungo la via, parallelamente alla facciata della ex-
Caserma «c. Battisti», ha portato all'individuazione di una complessa stratigrafia di vi-
cende urbanistiche tra l'Ottocento e l'età romana.
Pur nella scarsa estensione dello scavo, è stato possibile individuare strutture verosi-
milmente relative ad un edificio privato di età romana. Esso si articolava, per quanto
è stato possibile verificare, in quattro ambienti, la cui ultima fase vedeva due di questi
dotati di un impianto di riscaldamento, di cui restano, poggiate su un piano di cocciope-
sto, delle suspensurae tonde, il cui andamento è stato possibile ricostruire dalle impronte
sulla malta.
Un altro vano, più ampio, presentava una pavimentazione di un certo impegno con
un battuto cementizio di malta biancastra decorato con l'inserimento di lastrine, di for-
ma per lo piùromboidale, in marmo bianco e in qualche caso colorato.
L'abbandono dell' edificio romano portò alla rasatura dei muri ed alla formazione
di un ricarico di terreno scuro, piuttosto potente. In questo terreno vennero successiva-
mente ricavate tombe terragne che si possono per ora solo genericamente attribuire al
medioevo sulla base di un'osservazione preliminare della tipologia di sepoltura. Queste
quattro tombe potrebbero essere messe in relazione con un'area cimiteriale dell'antica
ecclesia Sancti Johannis, la cui esatta collocazione non è stata ancora individuata.
52 NOTIZIARIO

Ad epoca certamente più recente, ed alle strutture della chiesa di S. Giuseppe, ap-
parteneva invece una grossa fondazione che attraversava diagonalmente la trincea di scavo
tagliando le strutture più antiche. La chiesa, ancora utilizzata all'inizio di questo secolo,
venne demolita per la risistemazione di questo tratto della viabilità urbana.

Piazza della Bollente. Edificio pubblico di età romana e case d'abitazione post-medievali.

Il sito, che prende il nome dalla fonte da cui già in epoca romana provenivano le
aquae calidae (PUN., Nat. Hist., XXXI 2, 4), risultava già noto per i ritrovamenti avve-
nuti durante le sistemazioni ottoc~ntesche della piazza (D'ANDRADE - TARAMELU, 1899).
L'intervento di scavo, determinato dalla necessità di collocare nuove vasche di rac-
colta delle acque calde, è stato in una prima fase diretto a verificare le emergenze visibili
in uno sbancamento, eseguito sul fianco della fontana a due bocche prima dell'interven-
to della Soprintendenza Archeologica. Successivamente è stato condotto lo scavo di una
trincea che ha attraversato la piazza, tra la fontana e la medievale torre dell'Orologio.
Sono state in tal modo individuate diverse fasi d'uso della piazza a partire dalla pre-
senza di un edificio di età romana, legato verosimilmente allo sfruttamento della sorgen-
te termale.
Si sono infatti riconosciute strutture murarie (us 45, 46) che delineano ambienti di-
versi, di cui uno pavimentato con un mosaico (us 39) a tessere marmoree bianche e de-
corato con un semplice.fregio a «can corrente» entro fasce di tessere nere. Tale decora-
zione metteva in rilievo una struttura dall'andamento circolare (us 47), la cui funzione
per il breve tratto individuato non è stata ancora chiarita.
Il momento del definitivo abbandono dell'edificio romano è segnato dal massiccio
intervento di costruzione in epoca sensibilmente più tarda, sicuramente medievale, di
edifici di abitazione e di una vasta piscina in muratura di pietre, caratterizzata, almeno
per un lato, dalla presenza di gradoni, discendenti verso il fondo.
L'abbandono di quest'ultima, con la realizzazione di un ricarico di terreno, si può
collocare nel XV-XVI secolo, come appare confermato dal materiale ceramico (graffite ra-
mina e ferraccia) ritrovato nel riempimento.
Gli edifici dell'area, che a partire dal 1713 diventa Ghetto degli Ebrei (BIORCI, 1818,
p. 2 16), vennero definitivamente abbattuti per la realizzazione della piazza ottocentesca
e della fontana monumentale.
Alberto Crosetto

Bibliografia citata:

BIORCI G., 1818. Antichità e prerogative d'Acqui Staziella, Tortona.


D'ANDRADE A.- TARAMELLI A., 1899. Acqui - Edificio romano scoperto presso la fonte detta «la Bo/len-
te», in NSc, pp. 419-428.
NOTIZIARIO 53

7. BRIGNANO FRASCATA, fraz. S.Giorgio, loc. Chiesa vecchia. Resti di abitato


di età tardo antica e fabbricato rurale del xv secolo.

La presenza di materiale archeologico affiorato a seguito di lavori agricoli nell'area


localmente indicata come «chiesa vecchia» era già stata segnalata fin dal 1974 dall'ing.
A. Nebiacolombo, attivo collaboratore della Soprintendenza Archeologica del Piemon-
te. Le ricerche di superficie da questi condotte negli anni successivi portarono alla loca-
lizzazione di due distinte aree di occupazione nello stesso mappale. La più estesa (A),
ubicata su un leggero rilievo lungo la strada statale Viguzzolo-S. Sebastiano Curone, era
caratterizzata dalla presenza nell'arativo di ceneri e materiali ceramici di età tardo anti-
ca; l'altra (B), assai più circoscritta, localizzata verso la strada per Martinasco, aveva
restituito scarsi materiali di età rinascimentale.
A. Lo scavo condotto in quattro saggi per un'area complessiva di 170 mq è risultato
estremamente impegnativo per la quasi totale scomparsa di strutture e livelli d'uso. Si
sono tuttavia riconosciute tracce di una prima occupazione di età imperiale testimoniata
dalla presenza di trincee di asporto e labili resti di strutture murarie in ciottoli e pietre
legate da malta.
In un momento successivo l'area fu occupata estesamente da un abitato la cui fine
repentina fu segnata da un incendio distruttivo. In seguito, in un momento forse ancora
prossimo all' abbandono, la zona fu bonificata con la rimozione sistematica delle macerie
che vennero concentrate in ampi accumuli: !'indagine di uno di questi ha consentito il
recupero di una notevole quantità di materiali soprattutto ceramici, databili indicativa-
mente a partire dalla tarda antichità, materiali da costruzione con resti di strutture in
crudo combuste dall'incendio. Da quanto rinvenuto e dai pochi resti in giacitura prima-
ria, sembra plausibile ipotizzare l'originaria presenza di unità abitative realizzate in ar-
gilla cruda con intelaiatura lignea portante e cannicciato interno, impostate su zoccoli
in ciottoli legati da argilla.
B. Nell'area, indagata in un unico saggio di 120 mq, è stata rinvenuta una abitazione
di carattere agricolo a pianta rettangolare ripartita in cinque vani paralleli affiancati in
tempi successivi, realizzati in pietra e ciottoli legati da malta. Anche in questo caso le
strutture murarie si presentavano in gran parte spoliate, per ampi tratti fino in fondazio-
ne. Il piano di calpestio dei vani era costituito da acciottolati posati in varie tessiture,
analogamente all'ultima sistemazione esterna verso il fronte del fabbricato.
Un sommario esame dei materiali in contesto indica come probabile !'impianto del
primo nucleo di abitazione intorno alla metà del xv secolo ed il definitivo abbandono
poco più di un secolo dopo; sondaggi condotti in profondità hanno escluso la presenza
di livelli di occupazione precedenti.
Gabriella Pantò

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