Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ceramica
applicata
Volume II
Copyright 2003 SACMI IMOLA s.c. a r.l.
Via Selice Provinciale 17/A - 40026 Imola (BO) Italy
Tel. 0542/607111 - Fax 0542/642354
www.sacmi.com
e-mail: sacmi@sacmi.it
II Edizione
ISBN 88-88108-29-7
Editrice La Mandragora s.r.l.
Via Selice 92 - Cas. Post. 117 - 40026 Imola (Bo) Italy
Tel. 0542/642747 - Fax 0542/647314
e-mail: info@editricelamandragora.it
INDICE
Introduzione ................................................................................................................................ 13
Evoluzione delle tecnologie produttive nel settore delle Piastrelle ceramiche .......... 13
Evoluzione dellimpiantistica per la produzione di Piastrelle ......................................... 16
La macinazione ........................................................................................................................... 17
La pressatura ............................................................................................................................... 19
Il Grès Porcellanato e le innovazioni di linea ..................................................................... 22
La cottura..................................................................................................................................... 25
INTRODUZIONE
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, il settore produttivo dei ma-
teriali ceramici tradizionali (Laterizi, Igienico-Sanitari, Stoviglieria e Piastrelle) ha
conosciuto uno sviluppo realmente forte, e, per le piastrelle ceramiche in particola-
re, è possibile parlare di una vera e propria rivoluzione produttiva e di mercato,
indotta, da una parte, dallincremento del mercato delledilizia residenziale ed indu-
striale e, dallaltra, dagli sforzi continui per laumento dei livelli produttivi, non
disgiunto dal miglioramento della qualità di vita degli operatori del settore.
Da unorganizzazione poco più che artigianale, (fig. 1) con grande predominanza
di lavoro manuale, si è passati, progressivamente, ma rapidamente, allo sviluppo
della meccanizzazione, per evitare la pesantezza del lavoro fisico, e da qui, attraverso
la razionalizzazione del lavoro, alla graduale sostituzione anche di un complesso di
attività di controllo ed organizzative, tramite lapplicazione di opportuni sistemi di
automazione elettronica delle linee di produzione.
Lo scopo, o se vogliamo, la conseguenza di tali operazioni di aggiornamento
delle tecniche produttive sono stati, genericamente parlando, la uniformità di produ-
zione e la trasformazione del ruolo umano, risultato essenzialmente di supervisione e
controllo di processi altamente automatizzati, se non, in taluni casi, robotizzati.
Allinterno di questa standardizzazione produttiva ha, quindi, potuto svilupparsi
una maggiore attenzione per nuove forme, nuovi decori, nuovi prodotti, che hanno
ORGANIZZAZIONE ARTIGIANALE
MECCANIZZAZIONE
RAZIONALIZZAZIONE AUTOMAZIONE
UNIFORMITÀ DI PRODUZIONE
Fig. 1.
13
Tecnologia ceramica applicata
contrastato il possibile appiattimento del prodotto finito ed hanno, anzi, indotto una
forte ripresa del circolo virtuoso dello sviluppo tecnologico, inducendo sempre
nuove e più complesse richieste ai progettisti ed ai realizzatori di macchine, di im-
pianti e di prodotti.
In questo senso i tre fattori che si sono dimostrati critici agli effetti dellotteni-
mento di nuovi traguardi tecnologici ed estetici, quindi, in buona sostanza, alleffet-
to di uno sviluppo della commercializzazione dei prodotti finiti, possono essere con-
siderati (fig. 2):
Le macchine, che si sono adeguate alle richieste di tolleranza, automazione e pre-
stazioni dei via via nuovi obiettivi di produzione.
Le materie prime, che si è dovuto selezionare in funzione delle richieste sempre
più sofisticate provenienti dalle nuove macchine e dalle caratteristiche tecnologi-
che dei sempre più prestanti prodotti finiti.
Gli uomini, il cui ruolo, con il diminuire del numero totale di addetti per unità di
produzione, a causa dellincrementata automazione, è stato radicalmente modifi-
cato: oltre ad essere richiesta una preparazione sempre più tecnicamente appro-
fondita e specialistica, specialmente nel settore dellelettronica di processo, su di
essi è incrementata la pressione progettuale, che richiede uno sforzo continuo
allindividuazione di nuove soluzioni tecnologiche e, soprattutto al giorno dog-
gi, la differenziazione qualitativa dei prodotti, tramite laffinamento continuo della
ricerca estetica e funzionale sui prodotti stessi.
Fig. 2.
14
Introduzione
ITALIA AZIENDE
ADDETTI
190
7.200
FATTURATO 3.100 miliardi
EXPORT 65%
Stoviglieria
Laterizi Sanitari 0,8
10,3 2,5 Refrattari
0,3 Piastrelle
85,5
Fig. 3.
15
Tecnologia ceramica applicata
Come è stato accennato, le piastrelle ceramiche hanno acquisito una diffusione par-
ticolare su scala mondiale non solo perché le materie prime sono più o meno reperibili
in ogni parte del mondo e perché il processo di fabbricazione è considerabile relativa-
mente semplice, ma soprattutto grazie allaffermarsi di tecnologie basate su macchine
affidabili ed in grado di proporre prodotti di elevati standard qualitativi.
Ha, quindi, avuto sempre grande importanza la dinamicità del settore, che ha
permesso una continua evoluzione del processo e del prodotto. Cominciando ad
esaminare la situazione generale a partire dalla fine degli anni 70 od 80 (a secon-
da della Nazione e del periodo di maturazione industriale - fig. 4) si è assistito al
passaggio dalla bicottura tradizionale alle bicotture e monocotture rapide, con-
temporaneamente ad una affermazione della macinazione ad umido ed alla realiz-
zazione di formati sempre più grandi e di valore estetico e decorativo maggiore,
che hanno richiesto importanti adeguamenti dei mulini, delle presse e della linea
di smaltatura.
16
Introduzione
ITALIA 632
SPAGNA 620
TURCHIA 150
GERMANIA 65
PORTOGALLO 60
FRANCIA 50
REP. CECA 31
POLONIA 30
RUSSIA 20
Fig. 4.
La macinazione
17
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 5.
MACINAZIONE MACINAZIONE
DISCONTINUA CONTINUA
Fig. 6.
18
Introduzione
La pressatura
19
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 7.
Fig. 8.
Tutto ciò è stato reso possibile dal sollecito adeguamento delle presse e degli
stampi alle richieste dei produttori.
Attualmente, le presse per la produzione di piastrelle di grande formato espri-
mono carichi estremamente elevati (sino a 7.000 ton - fig. 9), con alveoli che stanno
rapidamente arrivando a dimensioni di mm 1.000 × 2.000. I parametri costruttivi
debbono, quindi, tener conto della richiesta di rigidezza e precisione di allineamenti,
mancanza di torsioni ecc. di strutture di questo tipo: ciò è stato ottenuto tramite
varie prerogative costruttive che permettono lottenimento di strutture non saldate
ed opportunamente pre-caricate.
20
Introduzione
Fig. 9.
Unaltra importante evoluzione è stata quella dei sistemi di caricamento, che ora
permettono un gran numero di operazioni multiple ed unottima omogeneità di ca-
ricamento, anche su alveoli di dimensioni veramente particolari.
Per ciò che riguarda la pressatura, infine, è senzaltro da citare lintroduzione
degli stampi a compensazione di pressione, detti isostatici (fig. 10), nei quali un
fluido incomprimibile viene posto, allinterno dello stampo, fra una parte rigida ed
una deformabile a contatto con la polvere da pressare: questo, durante la pressatura,
compensa le differenze di densità dovute alla non uniformità della carica soffice.
STAMPI ISOSTATICI
Fig. 10.
21
Tecnologia ceramica applicata
I vantaggi che in questo semplice modo, mutuato dalla produzione dei materiali
ceramici tecnici, si sono ottenuti, soprattutto nel caso di piastrelle di grande forma-
to, sono, fra laltro, una drastica riduzione dei calibri, la scomparsa di svariati altri
difetti dimensionali delle piastrelle, spesso evidenziabili soltanto dopo cottura, e
laumento dei rendimenti alle presse.
MONOPOROSA O
B III > 10
BICOTTURA RAPIDA
MONOCOTTURA
B II b 6 ÷ 10 (SEMIGRÈS)
MONOCOTTURA
B II a 3÷6
GREIFICATA
MONOCOTTURA
BIb 0,5 ÷ 3
ANTIGELIVA
BIa < 0,5 GRÈS PORCELLANATO
Fig. 11.
22
Introduzione
Fig. 12.
23
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 13.
rare anche lutilizzo delle linee di smaltatura, ma concepite per nuovi tipi di applica-
zione.
Considerando la possibilità e lopportunità, come spesso capita nei prodotti a
tutta massa, come il Grès Porcellanato, di procedere ad una levigatura dopo cottura,
per incrementare le prerogative estetiche del prodotto, hanno così preso corpo deco-
razioni ottenute tramite lapplicazione e la decorazione con sostanze pigmentanti
disperse in opportuni veicoli (acqua, glicoli, PEG, acidi policarbossilici ecc.), fatte
assorbire selettivamente ai semi-lavorati (piastrelle pressate ed essiccate, o anche
pre-biscottate a 900 - 1.000 °C), ed esplicanti lazione colorante entro limpasto stes-
so. Ciò ha creato la possibilità di ottenere una forte rivalutazione estetica dei pro-
dotti, rendendo, ad esempio, nuovamente utilizzabile la decorazione serigrafica (fig.
14), senza alterare le caratteristiche massive e, soprattutto, superficiali del materia-
le. Leventuale operazione di levigatura finale ha potuto, inoltre, essere progettata
in funzione della profondità di assorbimento dei pigmenti da parte del corpo cera-
mico e della necessità di ottenere una stonalizzazione dei decori che aumentasse
laspetto naturale del prodotto finito.
Tutte queste nuove esigenze, finalizzate al ricupero dellesteticità del prodotto,
hanno indotto la realizzazione di una grande innovazione delle macchine accessorie,
coprendo le più svariate esigenze di granulazione, rigranulazione, micronizzazione,
caricamento multiplo in pressa, applicazione, decorazione, ed inducendo, pure, un
grosso sforzo di ricerca nel campo dei precursori, delle materie prime, dei pigmenti,
dei sali pigmentanti solubili ecc. (fig. 15).
La sempre forte richiesta di differenziazione e di performances estetiche ha, negli
ultimissimi anni, anche recuperato largamente lutilizzo di tecniche di smaltatura
delle superfici di materiale tipo Grès Porcellanato, tramite lutilizzo di vetri o vetro-
ceramici particolari, aventi ottime caratteristiche di resistenza agli attacchi chimici,
alla macchia e di resistenza meccanica; il recupero di tali possibilità di decorazione,
moltiplicate dalla fantasia e dalla genialità dei progettisti e degli applicatori, è anda-
24
Introduzione
GRÈS PORCELLANATO
DECORATO CON SALI
Fig. 14.
Fig. 15.
to di pari passo con laffermarsi del Grès Porcellanato quale materiale per il rivesti-
mento prestigioso, ad esempio di locali pubblici, in interno, ed, allesterno, di interi
edifici, eventualmente tramite la realizzazione di pareti autoventilanti per le quali il
Grès Porcellanato, grazie alle sue proprietà tecniche ed alle prerogative geometri-
che, che lo vedono spesso calibrato, bisellato ecc., è da considerarsi estremamente
idoneo.
La cottura
25
Tecnologia ceramica applicata
BRUCIATORI INNOVATIVI
Fig. 16.
26
Introduzione
Fig. 17.
Fig. 18.
27
Tecnologia ceramica applicata
Niente si è detto delle principali innovazioni nel campo della smaltatura e della
decorazione serigrafica, oggi disponibile anche tramite sistemi non intermittenti,
come nulla è stato citato sullenorme sforzo di adeguamento a normative ambientali
che, specie nei distretti ad alta concentrazione industriale, rappresentano un vincolo
non indifferente con cui confrontarsi per la progettazione di un nuovo prodotto od
una nuova linea di produzione.
Il presente volume, affrontando le varie fasi della produzione di una piastrella
ceramica, dalla macinazione alla scelta ed al confezionamento, cercherà di chiarire
ed illustrare in maniera sintetica, ma aggiornata ed esaustiva, la tecnologia di tale
produzione, integrando le informazioni preliminari sulle materie, i prodotti e le rea-
zioni fornite nel primo volume.
28
Macinazione
Capitolo I
MACINAZIONE
29
Tecnologia ceramica applicata
f) Umidità ed igroscopicità
Esercitano un effetto importante sullefficienza della macinazione in quanto ri-
ducono il rendimento delle apparecchiature.
Con laumento dellumidità diminuisce la capacità produttiva di macinazione, na-
turalmente a parità del grado di finezza da raggiungere.
g) Tendenza allagglomerazione (od alla flocculazione)
Determina anchessa una riduzione del rendimento di macinazione.
Altri fattori che possono fortemente influenzare la macinazione, particolarmente
a crudo, degli impasti ceramici sono riportati in fig. 1.
30
Macinazione
ARGILLE
NATURA MINERALOGICA
PLASTICITÀ
INTERAZIONE ELETTROSTATICA CON L’ACQUA
31
Tecnologia ceramica applicata
MACINAZIONE: IN OUT
5-10 mm < 50 µmm
PUÒ ESSERE SUDDIVISA IN:
- MACINAZIONE PRIMARIA ~ 0.5 mm
- MACINAZIONE SECONDARIA (FINE) 20-100 µm
- MICRONIZZAZIONE < 50 µm
Nel caso particolare (che ci interessa più da vicino), cioè macinazione di materie
prime per impasti per piastrelle ceramiche, bisogna tenere presente che general-
mente si utilizzano materie prime spesso molto disomogenee, sia sotto laspetto mi-
neralogico che fisico. Bisogna, quindi, tenere presente alcune necessità quali:
dispersione pressoché perfetta dei vari componenti largilla o la miscela;
grado di macinazione differenziato fra alcuni dei componenti mineralogici della
miscela;
eliminazione di alcune impurezze contenute nelle materie prime, che devono es-
sere allontanate dalla miscela prima di procedere alla sua macinazione.
La macinazione delle materie prime componenti gli impasti ceramici può essere
eseguita per via secca o con una tecnologia ad umido.
In linea generale si può affermare che la macinazione ad umido viene scelta per
una riduzione granulometrica molto spinta dei materiali componenti le miscele e
per una migliore omogeneizzazione, mentre la tecnologia di macinazione a secco
può essere utilizzata quando si dispone di materie prime molto omogenee sotto il
profilo morfologico e della durezza o quando si devono produrre materiali di qualità
non eccessivamente elevata o bicottura in genere.
Con la macinazione ad umido le materie prime vengono macinate disperse in una
sospensione di solidi in acqua, chiamata barbottina, in modo da permettere unulte-
riore riduzione delle particelle naturali. Lutilizzo di prodotti chimici deflocculanti,
che permettono di ridurre, tra laltro, la quantità di acqua nelle barbottine con i
32
Macinazione
33
Tecnologia ceramica applicata
34
Macinazione
Prefrantumatori
FRANGIZOLLE AD ASPI
Frantumatori
FRANTOI A MASCELLE
MULINO AD IMPATTO A CORAZZE OSCILLANTI
MULINO A MARTELLI
Mulini raffinatori
MULINO A PIOLI
MULINO AD ANELLO ROTANTE
MULINO PENDOLARE
MULINO VERTICALE A RULLI
35
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 4. Granulometrie dei semilavorati nel caso della macinazione a secco e ad umido.
W = κk lg (D/d)
dove
W = lavoro richiesto
κk = costante che dipende dal tipo del materiale
D = dimensione media delle particelle prima della macinazione
d = dimensione media delle particelle dopo la macinazione
Questo significa che la quantità di energia richiesta per sminuzzare un dato peso
di materiale ad esempio dalla pezzatura di 1 cm3 alla pezzatura di 0.5 cm3 è uguale
allenergia necessaria per sminuzzare lo stesso peso di materiale da una pezzatura di
0.5 cm3 a 0.25 cm3 e così via.
36
Macinazione
b) Legge di Rittinger. Si basa sullipotesi che il lavoro speso per ridurre le dimen-
sioni delle particelle sia proporzionale alla nuova superficie prodotta. La legge si
può esprimere con la formula:
W = κr (1/d - 1/D)
dove
W = lavoro richiesto
κr = una costante che dipende dalla forma delle particelle e del lavoro per unità di
superficie
d = lato medio delle particelle del materiale dopo la macinazione
D = lato medio delle particelle del materiale prima della macinazione
In tempi più recenti è stata elaborata unulteriore teoria, da Bond, la quale osser-
va che il lavoro necessario per ridurre un materiale da una dimensione d0 iniziale ad
una dimensione d1 finale è dato dalla differenza fra i quantitativi totali di energia
necessari per passare da una dimensione teorica infinita alle dimensioni d0 e d1 ri-
spettivamente. Tale valutazione dà luogo allindividuazione di un indice di lavorabi-
lità (Work Index), di cui si porta un esempio di valori ottenuti semi-sperimental-
mente:
37
Tecnologia ceramica applicata
v = (π/60) D n = metri/sec.
38
Macinazione
fc = m v2 (D/2) = mgsen α
v = (π/60) D n metri/sec
39
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 6.
Fig. 7.
40
Macinazione
Tempo di
macinazione
Fig. 8.
La fig. 9 riporta i valori critici ed i valori corretti della velocità in funzione del
diametro interno del mulino.
Tutti i mulini che girano secondo i dati del grafico precedente sviluppano unac-
celerazione centripeta costante = 50 ÷ 75% dellaccelerazione di gravità g.
È stato però verificato che non è opportuno dare a mulini di grande diametro la
stessa accelerazione data a mulini di piccolo diametro; i mulini a grande diametro
hanno un rendimento maggiore, pertanto si può ridurre un poco laccelerazione
centripeta a beneficio della durata del rivestimento e dei corpi macinanti (sottoposti
a maggiore sollecitazione che nel caso di mulini di piccolo diametro). Si usa, così, far
girare i mulini, anziché ad una accelerazione centripeta costante, ad una velocità
periferica costante o al massimo variabile entro limiti ristretti, ad esempio:
41
Tecnologia ceramica applicata
Giri metri
min’ min’
130 180
120 170
110 160 _
1 Vc = 133 √D m/min
100 150
90 140 2 Vk = 75% Vc
80 130 3 Vk = 50% Vc
70 120 _
4 nc = 42,3/√D
60 110
5 nk = 75% nc
50 100
40 90 6 nk = 50% nc
30 80
20 70
10 60
Fig. 9.
42
Macinazione
Giri metri
min’ min’
130 130
Vk = 125 m/min
120 120
110 110
100 100
Vk = 96 m/min
90 90
Vk = 85 m/min
80 80 _
1 nk = 42,3/√D giri min
70 70
_
60 60 2 nk = 40/√D giri min
_
50 50 3 nk = 30/√D giri min
_
40 40
4 nk = 27/√D giri min
30 30
A Porcellana-steatite
20 20 (densità 2,4+2,75 gr/cm 3)
10 10 B Allumina sinterizzata
(densità 3,4+ gr/cm3)
0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Diametro utile del Mulino in metri
Fig. 10.
scata dei corpi, ma provoca anche tutta una serie di rotazioni reciproche fra gli
stessi.
Queste rotazioni sono particolarmente efficaci ai fini della macinazione se i corpi
macinanti sono biglie sferiche o cilindretti.
Molto meno efficienti sono invece i ciottoli di silice data la loro forma irregolare
che non permette un rotolamento continuo ed uniforme (fig. 11).
43
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 11.
specifico dei corpi e il peso specifico del prodotto. Maggiore è tale differenza, mag-
giore sarà lazione macinante; nella fig. 12 si mostra linfluenza del peso specifico dei
corpi macinanti sul tempo di macinazione.
c) Carica di corpi macinati (biglie)
La carica di biglie influenza fortemente il tempo di macinazione; se si aumenta
progressivamente la carica di biglie nel mulino, il tempo di macinazione dapprima
diminuisce, raggiunge un minimo quando il livello delle biglie è circa a metà muli-
no, poi torna nuovamente ad aumentare.
Reciprocamente la potenza assorbita dapprima aumenta, raggiunge un massimo
con il livello delle sfere fino a metà mulino, poi diminuisce (fig. 13).
Secondo il P.E.I. il tempo di macinazione minimo corrisponde ad una carica di
biglie contenuta in circa il 60% del volume del mulino. In pratica si consiglia di
caricare da 50 a 55% di biglie, cioè di mettere un volume apparente di biglie uguale
al 50-55% del volume del mulino.
% di Residuo a 10.000
Maglie/cm3
100
90
1 Porcellana normale (densità = 2,4)
80 Residuo = 0 dopo 24 ore
2 Steatite (densità = 2,6-2,7)
70
Residuo = 0 dopo 20 ore
60 3 Porcellana ad alto contenuto
di Allumina (densità = 2,7-2,76)
50 Residuo = 0 dopo 16 ore
40
30
20
10
2 4 6 8 10 12 14 16
Tempo di macinazione in Ore
Fig. 12. Influenza del peso specifico dei corpi macinanti sul tempo di macinazione.
44
Macinazione
Nota n. 1
Langolo tra le due tangenti ai punti di contatto delle biglie con le particelle si
dice angolo di presa; esso dipende dai diametri S e p delle biglie e delle particelle
(fig. 15).
Il calcolo dimostra che il valore ottimale dellangolo di presa è uguale a circa 17°
cioè il diametro delle biglie dovrebbe essere 90 volte il diametro medio delle parti-
celle; ad esempio per particelle aventi il diametro medio iniziale di 0,7 mm le biglie
dovrebbero essere di circa 60 mm di diametro.
Tuttavia dopo un breve tempo di macinazione esse non dovrebbero essere più
efficaci.
È consigliato, pertanto, di tenere un certo assortimento di biglie: quelle grandi
servono per macinare le particelle più grosse, quelle piccole per affinare la macina-
zione. In ogni caso le biglie non dovrebbero avere diametro superiore a 60-70 mm.
Il volume reale di carica di biglie che riempie tutto il mulino è mediamente circa
il 60% del volume di questo, il rimanente 40% è costituito dai vuoti tra le biglie.
Nota n. 2
45
Tecnologia ceramica applicata
Tab. 1.
b)
a)
54% D
46
Macinazione
Fig. 15.
Pertanto per una carica di biglie che occupa il 50% del volume del mulino, il
volume reale delle biglie è circa 50 × 0,6 = 30% ed il volume dei vuoti tra le biglie
circa 50 × 0,4 = 20% del volume del mulino.
Schematicamente:
Volume apparente Volume reale Volume dei vuoti Volume libero
50% 30% 20% 50%
55% 33% 22% 45%
Il volume apparente, il volume reale delle biglie ed il livello delle sfere sono tra
loro collegati secondo la fig. 16.
Fig. 16.
47
Tecnologia ceramica applicata
Noto il volume di carico occupato dalle biglie è facile calcolare il peso per unità di
volume cioè il cosiddetto rapporto di carico.
Per una carica dal 50 al 55% del volume del mulino a seconda del peso specifico
delle biglie si hanno i seguenti rapporti di carico:
Fig. 17.
Questi rapporti di carico non sono sempre rispettati, spesso si trovano mulini
caricati con rapporti molto più bassi ad es. uguali a 500 kg/m3 secondo la nota
regola: carica di sfere in kg/m3 = volume del mulino in litri/2. Questo rapporto è
decisamente troppo basso perché anche nel caso della porcellana a bassa densità
porta ad un volume reale di biglie
questo significa un volume apparente uguale a circa 35% (contro 50%) ed un livello
uguale a circa 37% del diametro del mulino (13% al di sotto della mezzeria).
Questo rapporto (che è ancora più sfavorevole alle biglie a media ed alta densità),
comporta tempi di macinazione più lunghi e maggiore usura sia delle biglie che del
rivestimento. Le dimensioni e lassortimento delle biglie devono essere scelti in re-
lazione ai seguenti fattori:
a) Dimensione del mulino: mulini di piccolo volume devono essere caricati con un
assortimento di biglie più piccole che i mulini di maggiori dimensioni. In genera-
le si tiene un assortimento di tre misure di sfere così ripartite:
45 - 50% di sfere del diametro inferiore;
25 - 30% di sfere del diametro intermedio;
25 - 30% di sfere del diametro superiore.
b) Granulometria della sostanza da macinare e della sostanza macinata: una sostanza da
macinare costituita da particelle grosse richiede biglie a maggior diametro, se
essa deve essere macinata finemente occorrono biglie a piccolo diametro perché
48
Macinazione
così si aumentano i punti di contatto come pure la superficie totale delle stesse.
La tabella 2 riporta questi dati per biglie di differente diametro.
c) Peso specifico della sostanza da macinare (a liquido): nella macinazione a umido se
il peso specifico del prodotto è grande (es. maggiore di 2,5 g/cm3) si devono usare
biglie ad alta densità; allora la differenza 3,4 - 2,5 = 0,9 è dello stesso ordine es. di
quella tra biglia a peso specifico 2,4 ed una sostanza a peso specifico = 1,5.
d) Carica del prodotto
Anche per la carica di prodotto da introdurre nel mulino non ci sono regole
generali, ma piuttosto indicazioni di massima. Il prodotto da macinare (a umido o a
secco) deve essere almeno tanto da ricoprire completamente le biglie. Quantità mi-
nori verrebbero macinate in un tempo troppo breve con pericolo di surriscaldamen-
to, inoltre ci sarebbe un forte consumo di biglie e rivestimento. Il limite inferiore
della carica del prodotto è dunque dato dal volume di vuoti tra le biglie; ad esempio
per una carica di biglie = 50% del volume mulino il prodotto dovrà essere almeno di
20% del volume del mulino cioè (20/100) 1000 = 200 litri per m3.
È consigliabile però tenere un certo eccesso di prodotto in modo che faccia da
cuscino alle biglie che cadono in cascata. Naturalmente più alto è leccesso di pro-
dotto, più lungo sarà il tempo di macinazione.
La fig. 18 mostra landamento del tempo di macinazione in funzione della carica
di prodotto P espressa come percentuale del volume del mulino.
Il limite superiore della carica di prodotto è dato dallo spazio libero minimo che
si può lasciare nel mulino, tale spazio rappresenta circa il 25% del volume del tam-
buro perciò il limite superiore è circa 20 + 25 = 45% del volume del mulino.
Naturalmente con un così alto riempimento del mulino il tempo di macinazione
risulta più lungo e la potenzialità di macinazione (kg di prodotto macinati in unora)
diminuisce.
In certi casi però non interessa tanto la massima potenzialità di macinazione
quanto il fatto che il mulino debba girare per un determinato periodo di tempo o
perché lo richiede il prodotto o perché in certe ore non si dispone del personale che
possa vuotare e ricaricare il mulino, e quindi si sfrutta maggiormente il volume utile
disponibile.
1) Calcolato per volume reale = 60% del volume apparente, che rappresenta un fattore di carica pratica,
dovuto alla media fra impaccamento migliore e peggiore possibile.
2) Calcolato per impilamento tetraedrico (con 6 contatti per biglia).
Tab. 2.
49
Tecnologia ceramica applicata
Tempo di macinazione
Fig. 18.
f) Conclusioni
È forse opportuno a questo punto riassumere brevemente i concetti finora esposti.
I principali fattori che influiscono sulla macinazione sono:
la velocità del mulino;
50
Macinazione
La carica di prodotto dovrebbe essere almeno tale da riempire i vuoti tra le biglie
(20-22% del volume del mulino): è senzaltro meglio mettere un eccesso di pro-
dotto fino ad un massimo del 25% rispetto al volume del mulino.
Per il calcolo esatto del carico delle materie prime di un mulino è importante
conoscere alcuni dati, in parte ricavabili dal manuale distruzione del mulino e in
parte dalle prove di laboratorio eseguite in precedenza.
Questi dati sono:
1. Capacità utile del mulino è lo spazio a disposizione delle materie prime, dellacqua
e dei corpi macinanti; questo spazio è espresso in litri.
2. Densità della barbottina che si andrà a preparare nel mulino, viene espressa in
kg/l.
3. Percentuale del materiale solido presente nella barbottina; si esprime in percen-
tuale.
51
Tecnologia ceramica applicata
dove
Vu = volume utile del mulino
d = densità barbottina kg/l
y = % secco nella barbottina
0,55 = coefficiente di riempimento mulini con corpi macinanti in silice
0,67 = coefficiente di riempimento mulini con corpi macinanti in allumina
Poiché raramente le materie prime stoccate in fabbrica sono secche, sarà necessa-
rio determinarne il contenuto di umidità, e tenerne conto nel dosaggio, tramite la
proporzione
Effettuato tale calcolo si otterrà la somma dei pesi delle singole materie prime
che, in funzione del contenuto di umidità delle stesse, supererà anche grandemente
52
Macinazione
il peso teorico calcolato come capacità del mulino: infatti, caricando le materie prime
umide si caricherà anche acqua, e di questo si dovrà tenere conto nel computo del-
lacqua di macinazione. Essa, quindi, verrà individuata tramite la
36 (% H2O) : 64 (% materie prime) = Z (litri=kg teorici da caricare) : 13.500
quindi:
Z [(Ytot Peso totale materie umide) (Xtot Peso totale materie secche)]
= litri kg H2O
Gli additivi reologici, deflocculanti, vengono normalmente aggiunti assieme al-
lacqua, in ragione dellopportuno quantitativo, calcolato da studi di laboratorio, come
visto nel primo volume; il quantitativo, in ogni caso, rappresenta una piccola percen-
tuale (0.2 0.4%) riferita al peso totale delle materie prime secche.
53
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 19.
di luce che ha il compito di arrestare eventuali corpi solidi grossolani (es. piccoli
ciottoli) ed una batteria di setacci di cernita della barbottina.
Il residuo di setacciatura viene trasportato dallacqua predosata destinata al mu-
lino, mentre la barbottina viene inviata ad una vasca (in agitazione) di raccolta, dalla
quale può essere direttamente pompata allatomizzatore oppure destinata al proces-
so di colorazione.
Generalmente al silo di precarica e in seguito al mulino vengono inviate tutte le
materie prime, argillose e non, che costituiscono limpasto.
Tuttavia, in alcuni casi si può prevedere la scioglitura di una parte dellargilla
(generalmente la frazione più umida e a maggiore plasticità) ed eventualmente dello
scarto crudo incolore in un turbomiscelatore.
Le possibili configurazioni dimpianto legate a questa scelta (fig. 19) sono essen-
zialmente:
configurazione con by-pass del mulino da parte di una frazione dei componenti
argillosi e alimentazione del mulino con una miscela arricchita di componenti
duri rispetto alla formulazione dellimpasto, che conservi una certa percentuale
di materie prime argillose con funzione sospensivante;
configurazione con scioglitura preliminare delle materie prime argillose (ed even-
tualmente di scarti crudi) da destinare successivamente al mulino previa misce-
lazione della barbottina così ottenuta agli altri componenti dimpasto.
Queste soluzioni si rivelano particolarmente interessanti soprattutto nei casi in
cui limpasto sia costituito da una frazione rilevante di argille fortemente plastiche a
forte umidità (superiore al 15÷20%), le quali manifestano una scarsa attitudine ad
54
Macinazione
essere miscelate con gli altri componenti dellimpasto e possono causare fenomeni
di aggregazione che riducono lefficienza di macinazione.
Dal punto di vista tecnologico i vantaggi più immediati sulla qualità del prodotto
sono:
maggiore costanza delle caratteristiche della barbottina, grazie ad una gestione
automatizzata delle portate dei diversi materiali alimentati al mulino (compo-
nenti dellimpasto, acqua e deflocculante), molto più affidabile delle procedure
manuali gestite dalloperatore;
maggiore efficienza nellazione dei corpi macinanti, grazie allottimizzazione del-
lassortimento dimensionale dei corpi nelle diverse camere e ad un rapporto in
peso tra corpi macinanti e carica di almeno (2,5:1) (per un mulino a 3 camere in
silice - silice - allumina) a fronte di valori massimi di (1:1) per mulini discontinui
con corpi ad alta densità in allumina;
tempi di macinazione drasticamente ridotti, per i motivi anzi detti: per gli impa-
sti di grès porcellanato, che contengono una frazione consistente di materiali
duri resistenti alla comminuzione, si registrano tempi di permanenza medi della
barbottina nel mulino variabili da 2 a 3÷4 h (a seconda che i corpi impiegati per
la fase di raffinazione siano di allumina o di silice) a fronte di tempi superiori alle
10 h usuali per i mulini discontinui (fino a 25÷30 h per mulini a corpi in silice);
migliori caratteristiche reologiche della barbottina, che ne agevolano la setaccia-
tura anche qualora si aumenti la densità e si riduca del 2÷3% il contenuto dac-
qua della barbottina, poiché questultima può essere setacciata direttamente allo
scarico del mulino, senza che si interrompa lo stato di agitazione e che fenomeni
di tissotropia intervengano ad ostacolare loperazione; inoltre, la temperatura di
scarico della barbottina, mediamente superiore di 20÷30 °C rispetto al caso dei
mulini discontinui, contribuisce a mantenere la viscosità entro i limiti tollerati
(circa 3 °E) ed assicura una buona fluidità della sospensione.
55
Tecnologia ceramica applicata
56
Macinazione
57
Tecnologia ceramica applicata
58
Macinazione
Fig. 21. Disegno schematico di un mulino continuo con tamburo cilindrico e rivestimento classificante
elicoidale.
vi è maggiore necessità di corpi macinanti grossi. Tali mulini non hanno separatori
allinterno e permettono di introdurre tutti i corpi macinanti assieme alla carica da
macinare.
Il principio di funzionamento del tamburo conico si basa invece sul fatto che i
corpi macinanti di grosse dimensioni, per effetto della forza di gravità del rotola-
mento e dellazione centrifuga, tendono a portarsi nella zona a diametro maggiore
(carico materiale). Linconveniente maggiore di questo mulino è che nella parte di
raffinazione finale del mulino, per la diminuzione del diametro, lefficacia della maci-
nazione è minore.
59
Tecnologia ceramica applicata
DIMENSIONAMENTO MULINO
Produttività mulino
a) Dimensionamento
Il dimensionamento e la produttività dei mulini continui sono funzioni di un
coefficiente Ks che dipende dal tipo di impasto da macinare e che è definito speri-
mentalmente di volta in volta.
Tale coefficiente può essere assunto come inversamente proporzionale al tempo
di macinazione dellimpasto in esame in un mulino discontinuo standard.
Ne deriva che le formule per la Produttività Oraria (P.O.) e la dimensione (volu-
me utile Vu) del mulino sono le seguenti:
P.O. = Vu × d × s × Ks/ TP
dove
Vu = volume utile in litri
P.O. = produzione oraria in kg/h
d = densità barbottina in kg/l
s = % di materiale secco nella barbottina
Ks = coefficiente
TP = tempo di macinazione in mulino discontinuo standard da cui matematica-
mente si ha che:
P.O. × TP
Vu =
d × s × Ks
b) Tempo di macinazione TM
Il tempo impiegato dallimpasto per raggiungere il residuo voluto coincide logi-
camente con il tempo di permanenza del materiale nel mulino.
Tale tempo è dato da:
Vu × d × s × Kr
TM =
P.O.
dove
TM = tempo di permanenza nel mulino espresso in ore
Vu = volume utile in litri
d = densità barbottina in kg/l
Kr = coefficiente di riempimento (rapporto)
P.O. = produzione oraria in kg/h
Come si è già visto per i mulini Alsing, anche per i mulini continui esistono
alcuni principi e regole di buon funzionamento quali:
60
Macinazione
a) Velocità di rotazione
Per determinare il corretto numero di giri a cui deve lavorare un mulino conti-
nuo valgono le stesse regole e formule già viste per i mulini discontinui.
Fig. 23. Schematizzazione dellinterno di un mulino continuo (in particolare è visibile il diaframma
delle due camere), a destra sono visibili i profili dei sollevatori chiamati lifter.
61
Tecnologia ceramica applicata
d) Corpi macinanti
Ricordiamo che gli impasti ceramici si dividono in due grandi categorie: cuocenti
bianco e colorati.
Gli impasti bianchi non possono essere inquinati da sostanze coloranti, mentre
non esiste questo problema per gli impasti colorati. Di qui nasce una scelta del
materiale dei corpi macinanti, il cui peso specifico e la resistenza allabrasione devo-
no essere i più elevati possibile. Ci si indirizza verso due possibili soluzioni:
1) Impasti bianchi: corpi macinanti in allumina o silice.
2) Impasti colorati: corpi macinanti in silice (o ferro).
Per gli impasti colorati si potrebbe utilizzare anche corpi macinanti in ferro, che
assicurerebbero unaltissima resa in macinazione. Da prove sperimentali si è osser-
vato che solo le frazioni di ferro sotto i 100 micron non creano problemi di inquina-
mento per cui lutilizzo di tale materiale diventa possibile solo quando si dispone di
attrezzature valide per eliminare le particelle ferrose più grossolane.
Per quanto riguarda i rivestimenti viene preferita la soluzione della gomma a
profili diversi per motivi di resistenza allabrasione e di smorzamento della rumoro-
sità in macinazione.
62
Macinazione
a) Granulometria (residuo)
È di importanza fondamentale, poiché rappresenta il parametro ultimo per la
verifica dellefficienza del processo.
La granulometria di un impasto ceramico influenza drasticamente il comporta-
mento in cottura:
superficie specifica e reattività;
curve ritiro-greificazione;
deformazioni;
assorbimento dacqua;
cuore nero;
difetti dovuti ad inquinamenti.
Generalmente si determina setacciando su reti di riferimento un campione di
barbottina corrispondente ad una quantità di secco nota e rilevando il valore cumu-
lativo del residuo secco sui setacci.
Un solo setaccio non è sufficiente per indicare la granulometria di un impasto.
Spesso si scelgono come riferimento i residui percentuali su due setacci di luce netta
63 µm (230 mesh, 10000 maglie/cm²) e 45 µm (320 mesh, 16000 maglie/cm²). Tut-
tavia, se non cambiano le caratteristiche delle materie prime o le condizioni operati-
ve di macinazione, il residuo % a 63 µm costituisce un valido parametro di controllo
operativo.
63
Tecnologia ceramica applicata
c) Viscosità (e tissotropia)
Viscosità troppo scarse possono causare:
sedimentazione della barbottina;
eccessiva quantità dacqua;
eccessiva finezza dellatomizzato;
viscosità eccessive causano invece:
incremento del tempo di macinazione;
difficoltà allo scarico mulino;
difficoltà di setacciatura;
eccessiva grossolanità dellatomizzato.
La natura dellimpasto, la granulometria delle particelle (in particolare quelle
argillose), la densità, la temperatura e il pH influenzano sensibilmente la viscosità.
Valori ottimali di viscosità sono: 2.5÷3 °E (250÷400 cP).
Frequenza del controllo: 1÷2 volte/turno; ogni mulino.
d) Temperatura
Influenza la viscosità della barbottina e spesso ne migliora le caratteristiche reo-
logiche. Quando è eccessiva può causare:
forti fenomeni tissotropici;
danni ai rivestimenti in gomma.
Le temperature ottimali sono di 50÷60 °C per i mulini discontinui, di 70÷80 °C
per i mulini continui.
Frequenza del controllo: 1÷2 volte/dì ogni mulino.
64
Macinazione
Esempi:
acqua olio d'oliva barbottina
viscosità mPa s 120° 100 300
densità g/l 10004° 918 1700
°Gallenkamp
Corrispondono ai gradi di rotazione di ritorno di un cilindro immerso nella barbot-
tina ruotato di 360° tramite torsione del filo metallico di sostegno.
È utilizzato spesso per le barbottine da colaggio (sanitari).
Es.: viscosità barbottina = 320 °G
cPoise (Brookfield)
È una misura di viscosità effettuata con un viscosimetro rotazionale a velocità fissa.
Es.: viscosità barbottina = 300 cP
1 centiPoise (cP) = 1 milliPascal secondo (mPa s)
65
Tecnologia ceramica applicata
APPENDICE
66
Macinazione
La fluidificazione della barbottina può avvenire per mezzo di additivi solidi come
i polifosfati di sodio, introdotti in percentuali dello 0.3÷0.4% rispetto allimpasto
secco, oppure, per gli impasti che lo consentono, per mezzo di miscele liquide, in
genere a base di sostanze organiche e silicati di sodio, introdotte in percentuali leg-
germente superiori (circa 0.4÷0.5%).
Le miscele liquide possono essere adattate in modo specifico allimpasto e hanno
azione più rapida, grazie alla facilità con cui vengono disperse nel mezzo acquoso;
inoltre i dispositivi di dosaggio sono, generalmente, più affidabili.
Il contenuto dacqua delle barbottine varia generalmente dal 31 al 34%, tenendo
presente che:
tendenzialmente, a parità di deflocculante impiegato, un più elevato contenuto di
argille nellimpasto aumenta la quantità di acqua necessaria a sciogliere il mate-
riale;
un elevato grado di plasticità dei componenti argillosi dellimpasto (es. argille
montmorillonitiche) determina un innalzamento della viscosità, la quale deve
essere controllata aumentando il contenuto dacqua o di fluidificante (in questo
senso sugli impasti bianchi, in genere costituiti di una maggior percentuale di
componenti duri complementari, ma anche di una frazione argillosa di maggiore
plasticità, si esercitano i due effetti contrastanti dovuti alla plasticità delle argille
ed alla loro percentuale nellimpasto);
limpiego di acqua di riciclo che ha subìto trattamenti chimico-fisici di chiarifloc-
culazione e, di conseguenza, si è arricchita di sostanze ioniche flocculanti, può
contrastare lazione del fluidificante ed incrementare il contenuto dacqua richie-
sto;
limpiego di un maggior quantitativo di deflocculante permette di ridurre il con-
tenuto dacqua e quindi il consumo di energia termica per lessiccamento a spruzzo,
ma aumenta sensibilmente i costi di impasto;
il raggiungimento di un elevato grado di raffinazione dellimpasto determina
una consistente dissipazione dellenergia meccanica in calore, così che la barbot-
tina esce dal mulino ad alta temperatura (spesso superiore ai 70 °C), che favorisce
il mantenimento di una bassa viscosità.
La densità delle barbottine varia da 1690 a 1740 g/l alla temperatura ambiente
(alla temperatura di scarico mulino si misurano densità sensibilmente inferiori): i
valori più bassi si osservano, generalmente, per gli impasti di base incolore, quelli
più elevati per i bianchi.
I valori di viscosità più frequenti nella pratica sono 2.5÷3 °E, anche se non di
rado si osservano barbottine con valori differenti che tuttavia consentono unagevo-
le setacciatura. Infatti la fluidità della sospensione è da porre in relazione anche al
suo limite di scorrimento ed alla sua tissotropia.
In ogni caso una buona fluidità permette una setacciatura accurata a maglie fini
(luce netta 130÷160 µm) indispensabile ad assicurare la qualità dellimpasto e ad
evitare spiacevoli inconvenienti (buchi, puntinature, ...) evidenti a cottura ultimata.
Al controllo effettuato in produzione, naturalmente, si accompagnano le deter-
67
Tecnologia ceramica applicata
minazioni granulometriche di laboratorio, che nella maggior parte dei casi consisto-
no nellanalisi dei residui ai setacci. I riferimenti usualmente adottati per il grès
porcellanato sono:
0.7÷1% di residuo sul setaccio a luce netta 63 µm;
2.5÷4% di residuo sul setaccio a luce netta 45 µm.
Unanalisi più accurata ed affidabile, ottenibile con limpiego del granulometro a
diffrazione di luce laser, permette di valutare le curve cumulative e i diametri medi
numerici dei campioni. I risultati sono, tipicamente:
diametro medio numerico delle particelle: 17÷20 µm;
percentuale di particelle passanti a 20 µm: 70÷75%.
I consumi elettrici specifici rilevati sui mulini a regime nelle industrie che produ-
cono grès porcellanato si attestano intorno a 50÷70 kWh per tonnellata di impasto
secco macinato.
Pertanto, a parità di volume lordo dei mulini e di corpi macinanti sono necessari
almeno 4.2 mulini discontinui per ogni mulino continuo. Allo stesso modo, a parità
di volume lordo complessivo dei mulini e di corpi macinanti, la produttività dei
mulini continui è di circa 4.2 volte superiore a quella dei mulini discontinui.
La natura dei corpi macinanti influenza sensibilmente lefficienza della macina-
zione: i corpi in allumina sinterizzata consentono di innalzare la produttività delle
68
Macinazione
macchine ma, allo stesso tempo, determinano un incremento dei costi di lavorazio-
ne. Per mediare queste esigenze, tenendo conto del fatto che la fase che maggior-
mente risente dellefficienza dei corpi è quella di raffinazione, allatto pratico risulta
conveniente sfruttare le opportunità offerte dal mulino continuo, impiegando i corpi
in allumina sinterizzata solo nella zona del mulino in cui ha luogo la raffinazione del
materiale.
In questo modo, senza penalizzare eccessivamente la produttività, si realizzano
forti economie di esercizio sul reintegro dei corpi macinanti.
69
Tecnologia ceramica applicata
70
Essiccazione
Capitolo II
Fig. 1. Confronto delle fasi di lavorazione tra diversi processi: atomizzazione e filtro-pressatura.
71
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 2.
72
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
73
Tecnologia ceramica applicata
Schema di funzionamento
74
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
La polvere più fine presente allinterno della camera dellatomizzatore viene ab-
battuta in un primo momento dai cicloni e poi da un abbattitore e infine i fumi
fuoriescono dal camino.
Ciclo di atomizzazione
75
Tecnologia ceramica applicata
stributrice di circa 30 m/sec, tale da vincere la bassa viscosità (circa 3° Engler) del
fluido, per strapparlo in gocce minute e dirigerlo verso lalto.
Lo spruzzo a forma conica sale in modo spiraleggiante secondo il movimento
rotativo impresso da elementi interni, gli ugelli, le chiocciole o spirali di diverse
forme e dimensioni. Una semplificazione del ciclo di funzionamento dellatomizza-
tore può essere descritta come segue (fig. 6): la barbottina viene pompata, a pressio-
ne costante dalla pompa (1), attraverso i filtri (2), allanello distributore (3) posto
allinterno della torre di essiccamento (4). Il getto di barbottina, finemente nebuliz-
zato, viene investito nella torre di essiccamento da un vortice daria calda prodotta
dal bruciatore in vena daria (7) con gas naturale o GPL (oppure da un bruciatore a
combustione diretta con combustibile liquido).
Laria è convogliata alla parte superiore della torre attraverso la condotta in ac-
ciaio isolata termicamente (9) e messa in rotazione dal distributore anulare (10). Le
polveri essiccate, attraverso la valvola di tenuta (5), vengono scaricate su un nastro
13
9
10
8
12
11 4
3
7
1 5
2
76
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
77
Tecnologia ceramica applicata
Ugelli di nebulizzazione
Gli ugelli impiegati generalmente sono del tipo cosiddetto a chiocciola in cui
un dispositivo a spirale impartisce al fluido, sotto lazione della pressione a monte, il
moto rotatorio necessario per la dispersione del getto allimpatto con laria esterna.
I diversi elementi che costituiscono un ugello sono riportati nella fig. 11.
Oltre alle spirali un altro elemento fondamentale nella costruzione dellugello
sono le pasticche forate.
La fig. 11 nel riquadro riporta i tipi di altezze delle stesse e il diametro delle
pasticche forate.
78
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Fig. 10. Disegni schematici delle sezioni e piante di due atomizzatori, a) corona con ugelli nebulizza-
tori, b) con lance.
Altri componenti fondamentali del ugello oltre alle spirali e le placchette di cui si
è già accennato, sono:
1. Testata
13. Placchetta senza foro
14. Distributore
15. Contenitore con attacco
79
Tecnologia ceramica applicata
Le placchette con foro possono essere di tungsteno o diamantate forate con luce
di passaggio calibrata. Le placchette forate più usate generalmente hanno un orifizio
con diametro di circa 2,5 mm.
Nella parte interna degli ugelli sono collocate invece le spirali. Queste servono
ad imprimere un moto rotatorio al flusso della barbottina e quindi ad aprire e chiu-
dere i ventagli della barbottina stessa nebulizzata. I tipi più usati hanno unaltezza
variabile che può oscillare tra 8 e 15 mm. Il numero e il tipo di ugelli da usare è
stabilito in base alla tipologia e quantità di polvere atomizzata da produrre.
80
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
81
Tecnologia ceramica applicata
82
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Fig. 14. Schematizzazione dei cicloni separatori per labbattimento delle polveri fini.
I bruciatori del tipo in vena daria sono adatti per combustibili gassosi e ad aria
soffiata per i combustibili liquidi. In entrambi i casi, la regolazione delle fiamme
avviene per mezzo di un sistema che modula la quantità di combustibile in funzione
del valore della temperatura da ottenere.
Nella fig. 15 è riportato il disegno schematico di un bruciatore in vena daria.
Questi prevedono un eccesso di aria di combustione pari al 150% dellaria stechio-
metrica.
I bruciatori FLU-FIRE non hanno invece un proprio ventilatore per laria com-
burente. La combustione del gas avviene pertanto con laria di processo che deve
presentare una quantità minima di ossigeno.
La fig. 16 riporta un disegno schematico del suddetto bruciatore.
Questi bruciatori sono adatti ad integrare gli impianti di cogenerazione e a se-
conda delle loro caratteristiche possono fungere da post combustori negli impianti
di cogenerazione forniti anche di generatori standard (fig. 17).
83
Tecnologia ceramica applicata
Il movimento di aria che risulta conferisce alla stessa un vortice che facilita lo
scambio termico con il materiale (fig. 19).
84
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Fig. 19. Schematizzazione dei vortici di aria calda che si formano nel distributore.
85
Tecnologia ceramica applicata
Il camino (10)
Il camino costituisce la parte terminale del sistema di circolazione dellaria e
collega il sistema con lesterno.
La barbottina, che può presentare una temperatura compresa fra 20-70 °C, viene
pompata con una pressione variabile fra 20-30 bar verso i dispositivi di nebuliz-
zazione.
La pressione P1 nella torre di essiccamento è nellordine di - 0.5/-1.5 mbar.
La temperatura di ingresso dei fumi caldi è compresa fra 550-650 °C.
La temperatura del semilavorato essiccato normalmente oscilla fra 40-70 °C.
86
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
La temperatura dellaria indirizzata verso i cicloni (T1) è compresa fra 80-120 °C.
La depressione dellaria allinterno del ciclone è nellordine di 10/20 mbar.
La temperatura dei fumi in uscita dal camino può essere nellordine di
60-80 °C nel caso di presenza di abbattitore, 80-120 °C senza abbattitore.
La pressione degli stessi è nellordine di +10/+15 mbar.
Nel momento stesso in cui la barbottina viene frazionata in gocce, queste risulta-
no frantumate, proiettate in alto, prese dalle turbolenze delle correnti calde discen-
denti e portate a seguire traiettorie complete di collisioni, aggregazioni, impatti alle
pareti.
Con lausilio di un modello di calcolo fluidodinamica computazionale è stato pos-
sibile studiare le modalità di funzionamento dellatomizzatore indagando la traiet-
toria delle particelle, il loro tempo di permanenza nella camera di essiccamento,
landamento della temperatura e del contenuto di umidità dellarea di processo e
delle gocce di barbottina (vedi fig. 21).
Come in tutti i fenomeni interfacciali, sono importanti tra le altre grandezze, i
rapporti tra masse (volumi) e superfici. In questo caso, il fenomeno dellevaporazione
è direttamente proporzionale alla superficie di scambio (oltre che alla temperatura,
alla tensione superficiale e ad altri parametri) vale a dire alla superficie della goccia.
La dimensione delle gocce, dalla quale dipende la dimensione delle particelle
Fig. 21. Modello di distribuzione della traiettoria delle particelle allinterno dellatomizzatore.
87
Tecnologia ceramica applicata
solide finali, determina la superficie specifica a contatto con i fluidi caldi e quindi il
rapporto di essiccamento.
Allo stesso tempo, la dimensione delle gocce, la direzione del flusso nebulizzato e
la sua velocità determinano il tipo e la dimensione della camera di essiccamento.
In generale, nella produzione ceramica, le dimensioni delle gocce vanno da pochi
micron a 900-1000 micron con una classica distribuzione statistica centrata sui 300-
400 micron.
Nel tempo medio di vita delle gocce (5-6 sec.), che risulta pari al tempo di contat-
to tra le due fasi, lenergico scambio termico allinterfaccia del liquido con laria ad
oltre 500 °C (i valori massimi di temperatura raggiungono 650 °C) procura levapo-
razione dellacqua dalla gocciolina e laddensamento conseguente delle parti solide
in essa sospese.
La dimensione e la forma dellessiccato dipendono ovviamente dalla natura della
fase solida. Precisiamo che il caso esaminato si riferisce ad un impasto ceramico
dove è molto elevata la frazione di inerti rispetto alle parti argillose.
A seconda delle dimensioni delle gocce, i granuli generati presentano quindi vari
casi che possono essere schematizzati come sotto (fig. 22):
a) Per misure fino a 70 micron di diametro, lessiccazione è assoluta e le particel-
le più fini in forma di polvere vengono catturate dal flusso in uscita da dove dovran-
no essere abbattute e recuperate. La frazione più minuta è costituita anche da parti-
celle individuali di residuo della macinazione.
b) Per misure da 70-400 micron lessiccamento è conforme ai valori medi del-
lumidità complessiva e si genera un granulo già caratterizzato dalla forma sferoida-
le con cavità più o meno pronunciata, che ricade in basso nella zona conica di raf-
freddamento e raccolta dellatomizzatore.
c) Oltre i 400 micron, lessiccamento è tale da mantenere al grano una umidità
Fig. 22. Possibile distribuzione granulometrica di un impasto atomizzato e aspetto morfologico dei
grani per le varie dimensioni.
88
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
superiore alla media complessiva; ciò dovuto al tempo ridotto di permanenza dello
stesso nella camera di essiccazione, in funzione del proprio volume. Tale grosso
granulo si identifica quasi totalmente nella forma tipica già illustrata e presenta
inoltre una forte tendenza alla agglomerazione e inclusione di particelle entrambe
dovute allelevata umidità residua (fig. 23).
89
Tecnologia ceramica applicata
90
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Fig. 25.
Fig. 26. Schematizzazione delle caratteristiche dei materiali e fumi (fasi) in entrata e in uscita dal-
latomizzatore.
91
Tecnologia ceramica applicata
Come abbiamo già avuto occasione di dire il grano atomizzato si presenta in una
forma più o meno sferoidale con una cavità interna più o meno pronunciata; esso
contiene lumidità residua necessaria per la pressatura e, generalmente, questa si
trova allinterno della suddetta cavità. Nella fig. 27 è possibile confrontare la morfo-
logia dei grani di un semilavorato atomizzato con quello di una polvere macinata a
secco. Nel caso dell atomizzato si nota un insieme di grani sferoidali di differente
dimensione nellaltro, un agglomerato composto da particelle aghiformi e aciculari.
È facile prevedere per i due semilavorati un differente caricamento degli stampi,
certamente il primo caso è da ritenersi più favorevole.
Dimensioni
Fig. 27. Confronto fra la morfologia dei grani di un semilavorato atomizzato e quella di una polvere
macinata a secco.
92
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
1 2 3 4
GRANULOMETRIA:
mgl/cm2 um
sopra 100 600 2 6 2 1
“ 196 425 10 20 13 9
“ 400 300 11 13 13 10
“ 576 250 43 41 44 42
“ 1050 180 15 12 14 17
“ 2500 125 12 7 9 14
sotto 2500 125 7 2 6 7
Disperso 0 0 0 0
Totale 100 100 100 100
Diam. medio approx. (µm) 283 344 295 272
93
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 28. Disegno schematico del dispositivo preposto per la misura della scorrevolezza delle polveri.
Tab. 2. Misure di scorrevolezza di polveri atomizzate che presentano diversi valori di umidità residua.
94
CAMPIONE T.Q. GROSSO MEDIO FINE G+ M M+F G+ F
GRANULOMETRIA:
mgl/cm2 um
sopra 100 600 1 6 0 0 3 0 3
“ 196 425 8 44 0 0 22 0 22
95
sotto 2500 125 7 0 0 21 0 10 10
disperso 1 0 0 0 0 0 0
Totale 100 100 100 100 100 100 100
Diam. medio approx. (µm) 267 456 275 162 365 218 308
UMIDITÀ POLVERI % 4.2
FLUIDITÀ rel. al VOLUME cm3/s 17.0 15.3 17.7 16.5 16.2 17.4 16.4
FLUIDITÀ rel. alla MASSA g/s 18.4 15.8 18.8 18.0 17.2 19.1 18.8
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
DENSITÀ APPARENTE g/cm3 1.08 1.03 1.06 1.09 1.06 1.10 1.15
ANGOLO DI CADUTA (°) 27 30 27 28 29 27 28
96
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
25
20
Portata x 10
15 Barbottina
10 Acqua
0
1 2 3 4
Diametro ugelli
Fig. 30. Variazione della portata nel caso di utilizzo di ugelli di diametro diverso.
70
60
Angolo cono
50
40 spirale 10 -4
30 spirale 13-6
20
10
0
1 2 3 4
Diametro ugello
Fig. 31. Variazione dellangolo del cono nel caso di utilizzo di ugelli di diametro diversi.
97
Tecnologia ceramica applicata
Portata volumetrica
á pressione pompa
La portata aumenta allaumentare della luce libera nella spirale. La fig. 32 ri-
porta in ordinata i valori della variazione delle portate nel caso di utilizzo di spi-
rale con altezze diverse, relazionate alladozione di ugelli con diametro diverso
(ascissa).
Nel caso di viscosità più elevate si può ottenere una granulometria superiore.
Maggiore viscosità ⇒ granulometria maggiore
Consumi energetici
98
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
reti e con laria esausta, ma anche, seppure in piccola parte, con il prodotto essiccato.
Il consumo specifico di combustibile nellessiccatoio a spruzzo dipende dai para-
metri operativi (in particolare dalla temperatura di essiccamento), dal tipo di mate-
riale da essiccare, in particolare come abbiamo già detto, dal contenuto dacqua della
barbottina, e quindi dalla quantità dacqua che è necessario far evaporare ed aspor-
tare, dalle caratteristiche costruttive dellessiccatoio.
Come riportato in tab. 4 si può mediamente assumere per lessiccatoio a spruzzo
un consumo specifico termico ottimale di circa 370 Kcal/kg.
99
Tecnologia ceramica applicata
G e, A .Q
qA = = 438.5 kcal/kg
Gp
ATM
Tab. 4.
100
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Ui% − Uf%
Y =
100 − Ui%
Descrizione dei simboli:
Ui% Acqua contenuta nella barbottina (%)
101
Tecnologia ceramica applicata
Tab. 5. Tabella per calcolare la capacità evaporativa di un ATM e la quantità di prodotto atomizzato.
b) Calcolo:
Determinazione della quantità di polvere secca prodotta (Qs):
Qs = 6800 × 94/100 = 6392 kg/h
Dove 94 è dato da (100-%) dacqua contenuta nella polvere atomizzata.
Risulta anche che la quantità dacqua contenuta nella polvere umida e quindi non
evaporata dallatomizzatore è di:
6800 6392 = 408 l H2O/h
Determinazione della quantità di acqua contenuta in una barbottina al 38%
dacqua composta di 6392 kg di secco
38 : 62 = × : 6392
× = 3917 l H2O/h
102
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
dove
38 = % acqua nella barbottina
62 = % secco contenuto nella barbottina
Risparmio energetico
103
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 33. Variazione del consumo specifico di un atomizzatore relazionato alla temperatura dellaria
calda in entrata.
104
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Recuperi di energia
105
Tecnologia ceramica applicata
106
Pressatura
Capitolo III
PRESSATURA
Premessa
Rispetto agli altri sistemi di formatura, quali trafilatura, colaggio, ecc., la pressa-
tura presenta notevoli vantaggi:
alta produttività;
altissima ripetibilità dei parametri dimensionali;
facilità dessiccamento dei pezzi;
contenimento del ritiro in essiccamento ed in cottura.
Sistemi di pressatura
107
Tecnologia ceramica applicata
Questa caratteristica dipende essenzialmente dalla forma del grano e quindi dal
tipo di preparazione, cioè:
macinazione a secco seguita da opportuna granulazione;
atomizzazione di una sospensione ceramica (barbottina).
Pressa a ginocchiera
Pressa a frizione
108
Pressatura
109
Tecnologia ceramica applicata
Presse idrauliche
F=S×P
dove
F = Forza deformante (in kg)
S = Superficie (in cm2)
P = Pressione dellolio (in kg/cm2)
110
Pressatura
ne le esigenze tecniche dei prodotti finiti, nella pressatura di prodotti che evidenzia-
no elevati valori di ritiro dopo cottura.
I requisiti principali che deve possedere una moderna pressa per ceramica sono:
laffidabilità;
la produttività;
lautomazione;
la flessibilità;
la precisione nelle singole fasi del ciclo di lavoro;
il massimo risparmio energetico;
la versatilità.
111
Tecnologia ceramica applicata
112
Pressatura
3. Presse per formati medio grandi. Nella gamma di questi tipi di piastrelle, o per la
formatura di piastrelle di formato più grande per es. (30 × 60, 60 × 60 o maggiore)
o piastrelle decorate alla pressa e non destinate alla smaltatura, la pressatura deve
poter essere condotta a cicli più rallentati senza penalizzazioni energetiche. Per
questo motivo sono anche state realizzate presse idonee a produttività inferiore,
essendo la produzione di piastrelle di formato medio grande di questo tipo sempre
più rilevante. La oleodinamica viene dotata di regolazione con valvole proporzio-
nali, o servovalvole, e non più con circuitazione on/off, come nei precedenti model-
li. Anche questo contribuisce a poter operare ed effettuare variazioni di settaggio
tramite speciali reset elettronici, mantenendo una conduzione della macchina in
regime di qualità, con opportune procedure di salvaguardia e di cautela. Normal-
mente, la struttura è portante, a colonne, e/o saldata. Nella gamma da 600 a 1500
113
Tecnologia ceramica applicata
Estrattore
Gli estrattori di nuovo tipo ad aste, hanno fortemente contribuito ad elevare la
flessibilità della macchina: si è, infatti, passati da quelli tradizionali, ad aste, installa-
ti, sotto la pressa a quelli montati sul bancale, direttamente sotto lo stampo, otte-
nendo una maggiore precisione di movimento, dovuta alle aste più corte; la oleodi-
namica proporzionale, assieme al moltiplicarsi degli elementi sollevatori, che sono
passati da uno ad almeno due, realizza un migliore assetto di estrazione. Per ottene-
re la massima flessibilità di produzione sono, poi, stati realizzati estrattori integrati
nello stampo stesso, in modo che sia possibile la regolazione dello stampo fuori
pressa, riducendo così i tempi di fermo linea.
114
Pressatura
1 Struttura portante
2 Traversa mobile
3 Traversa fissa a cilin-
dro oleodinamico
4 Pistone oleodinamico
5 Filtraggio aria stampo
6 Estrattore tradizionale
(in alternativa all’e-
strattore SMU)
7 Moltiplicatore
8 Estrattore oleodinami-
co SMU (in alternati-
va all’estrattore tradi-
zionale)
9 Supporto carrello
10 Carrello
11 Tramoggia
14 Motoriduttore carrello
15 Fer ma meccanica,
protezioni
16 Cappe aspirazione
17 Ammor tizzatore a
molla
18 Cablaggio oleodina-
mico
19 Raccolta trafilamenti
20 Piastra elementi logi-
ci
21.1 Piastre accumulatori
21.2 Gruppo di frenatura
22 Comando estrattore e
carrello
27 Centralina oleodina-
mica
28 Motopompa raffredda-
mento
29 Protezioni
30 Cablaggio elettrico
31 Automatismo micro-
processore
32 Cabina elettrica
33 Controllo posizione
traversa
34 Stampo
35 Tastiera PLC
115
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 9. Schema di uno stampo a punzone rientrante: 1) tampone superiore, 2) tampone inferiore, 3)
cassetta stampo.
Stampi a specchio
In questo caso invece, i punzoni superiori si appoggiano sulla matrice che, a sua
volta, è mobile rispetto allo stampo essendo collegata alla parte inferiore con sistemi
elastici (fig. 10).
Gli stampi a specchio sono caratterizzati quindi dal movimento traslatorio della
matrice dovuto alla forza esercitata dai tamponi superiori sulla matrice stessa.
Lo stampo a specchio consente di salvaguardare il lato a vista della piastrella
dallo strisciamento sulla matrice dello stampo ma non consente di realizzare il bor-
dino distanziatore. La durata del punzone superiore e della lastrina risulta notevol-
mente maggiore in confronto a quella offerta dallo stampo a punzoni rientranti.
Lo stampo a specchio è da considerarsi senzaltro più complesso negli schemi di
progetto, più costoso e relativamente più difficoltoso nel montaggio, rispetto al tipo
a punzone rientrante.
116
Pressatura
Fig. 10. Schema di uno stampo a specchio: 1) tampone superiore, 2) tampone inferiore, 3) cassetta
stampo, 4) piastra di legame, 5) spintore.
Fig. 10a. Schema di uno stampo a formatura superiore: 1) tampone superiore, 2) tampone inferiore, 3)
cassetta stampo superiore, 4) cassetta stampo inferiore, 5) spintore.
117
Tecnologia ceramica applicata
Stampi isostatici
Per ottimizzare la omogeneità di carico su tutta la superficie, da diverso tempo
sono stati realizzati stampi, detti isostatici, o, più propriamente, ad effetto isostati-
co, che hanno notevolmente ridotto la difettologia delle piastrelle finite, nei quali
lazione di compressione viene esercitata tramite un tampone dotato di un dorso
rigido e di un frontale in polimeri duri ma deformabili, a contatto con la polvere da
pressare, separati da una camera contenente un fluido incomprimibile. La fig. 12
rappresenta il principio di funzionamento di questi tamponi.
118
Pressatura
Fasi di pressatura
119
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 14. Sequenza delle diverse fasi di formatura nel caso di stampo a specchio.
Fig. 15. Sequenza delle diverse fasi di formatura nel caso di stampo a punzone rientrante.
Fig. 16. Sequenza delle diverse fasi di formatura nel caso di stampo a formatura superiore.
menti, prelevando, da determinati punti della pressa, degli impulsi elettrici tramite
opportuni sensori di prossimità. Tali impulsi vengono commutati in una centralina
elettronica che, riconoscendo quale operazione sta eseguendo in quel momento la
pressa, stabilisce loperazione successiva e i tempi di esecuzione, trasmettendo gli im-
pulsi alla centralina idraulica che aziona i comandi della pressa.
120
Pressatura
Per una conoscenza più dettagliata di tutti degli elementi descritti prima, si ri-
manda alle documentazioni specifiche.
Di seguito vengono comunque descritte brevemente le principali caratteristiche
che distinguono i vari punzoni che è possibile utilizzare.
Tampone isostatico
Tampone marca ad effetto compensante che, come già detto, sfrutta le caratteri-
stiche di incomprimibilità dellolio presente nelle canalizzazioni realizzate allinter-
no del tampone.
121
Tecnologia ceramica applicata
Il caricamento non uniforme della polvere negli alveoli dello stampo o le even-
tuali variazioni delle condizioni di lavoro della pressa, sono le cause principali di
questi difetti.
b) Contribuire a formare una microstruttura nella piastrella cruda tale da soddisfare i se-
guenti requisiti:
ottenere piastrelle che evidenzino sia subito dopo la pressatura che dopo es-
siccamento, una resistenza meccanica sufficiente a garantire la lavorabilità
nelle fasi successive;
ottenere, nel tessuto crudo delle piastrelle, una permeabilità necessaria al fine
di favorire la fuoriuscita dei gas che si formano in alcune reazioni che avven-
gono nella fase di preriscaldo e/o cottura (combustione sostanze organiche,
decarbonatazione ecc.);
permettere di ottenere un prodotto che, dopo cottura, evidenzi caratteristiche
tecnologiche confacenti agli standard (contrazione in cotto, porosità, resistenza
meccanica) con i cicli di cottura normalmente adottati.
122
Pressatura
DENSITÀ VIBRATA
È il valore della densità apparente della polvere dopo unazione di vibrazione
controllata e comunque il più omogenea possibile, sempre riferita ad un volume
noto.
Dv
I.H. =
Da
dove
Dv = densità vibrata (g/cm3)
Da = densità apparente della polvere (g/cm3)
DENSITÀ APPARENTE
Risulta il rapporto tra la massa ed il volume apparente.
M M
Dens. app. = =
Vtot Vpori + Vsolido
DENSITÀ REALE
Risulta il rapporto tra la massa (intesa come quantità di materia) e il volume
reale occupato.
123
Tecnologia ceramica applicata
M
Dens. reale =
Vsolido
POROSITÀ TOTALE
Risulta il rapporto tra il volume dei pori e quello totale.
POROSITÀ APERTA
Risulta il rapporto tra il volume occupato dai pori aperti (comunicanti con lester-
no) e quello totale.
POROSITÀ CHIUSA
Risulta il rapporto tra il volume occupato dai pori chiusi (non comunicanti con
lesterno). Il valore è trascurabile per le polveri atomizzate.
Msol
Rapporto di compressione = ___________
V apparente = ___________
D apparente
= ___________
D compattato
___________
Rapporto di compressione = V compattato = ___________ = ___________
Msol D apparente
Rapporto di compressione = ___________ = ___________
D compattato
= ___________
124
Pressatura
125
Tecnologia ceramica applicata
(µm)
Fig. 17. Valori di densità apparente per diversi semilavorati (rigranulato e atomizzato) rispettivamen-
te per diverse frazioni granulometriche.
La fluidità della polvere è, tra le altre cose, uno dei parametri più importanti
nella fase della pressatura.
Gli indici utilizzati più frequentemente per caratterizzare questa proprietà sono:
la velocità di flusso;
lindice di Hausner.
Lindice di Hausner, come visto, si basa invece sullaumento di densità che eviden-
zia una polvere dopo che il recipiente, dove la stessa è contenuta, viene vibrato ener-
gicamente. Quanto più alta è la fluidità fra le particelle maggiore risulta laumento
di densità che si consegue con la vibrazione e conseguentemente più elevato è lindi-
126
Pressatura
Tab. 1. Valori di densità apparente per diversi tipi di polveri semilavorate (atomizzato, macinato a
secco e rigranulato validi per certi tipi di composizione).
127
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 18. Variazione della velocità di flusso in funzione della variazione dellumidità per una polvere
atomizzata.
micron (fascia granulometrica a bassa fluidità) relativamente alta. Nelle polveri ato-
mizzate, la percentuale di particelle inferiori a 125 micron (fascia a bassa fluidità) è
da considerarsi bassa, nellordine del 5%.
Si può notare fra i due tipi di processi, rigranulazione e atomizzazione, una forte
differenziazione nella distribuzione granulometrica finale.
Nella fig. 22 si possono verificare, nel caso di una polvere atomizzata, le variazio-
ni di parametri quali:
la densità apparente;
la densità vibrata;
lindice di Hausner;
in funzione della variazione dellumidità. Si osserva che incrementando lumidità
128
Pressatura
(cm3/s)
(µm)
Fig. 19. Variazione della fluidità per polveri di diametro specifico, preparate rispettivamente per ato-
mizzazione e granulazione.
residua dei semilavorati i valori di densità apparente normale e densità vibrata dimi-
nuiscono. Questa diminuzione è più forte per la densità apparente rispetto alla den-
sità vibrata.
I valori dellindice di Hausner invece aumentano.
Nella fig. 23 viene invece evidenziata linfluenza che determina la dimensione
delle particelle sullindice di Hausner, sempre nel caso di polveri atomizzate.
Si osserva che lindice di Hausner presenta la medesima tendenza che mostra la
velocità di flusso; infatti, si riscontrano valori similari per fasce di particelle compre-
se fra 200 e 500 micron che corrispondono anche ai valori massimi di velocità di
flusso.
La frazione dei grani inferiore a 125 micron e superiore a 400 micron presenta i
valori di densità apparente più bassi.
Lalto valore della densità apparente per la fascia granulometrica compresa inve-
ce fra 125 e 400 micron, si può spiegare considerando la densità più elevata dei grani
piccoli e che la distribuzione granulometrica in questa frazione è ottimale per
ottenere valori buoni di addensamento naturale (compattamento).
129
Tecnologia ceramica applicata
(µm)
(µm)
Fig. 21. Curva granulometrica di una polvere atomizzata.
130
Pressatura
INDEX
Fig. 22. Variazione dei valori di densità apparente vibrata e indice di Hausner nel caso di valori
crescenti di umidità residua (polvere atomizzata).
INDEX
(µm)
Fig. 23. Influenza della variazione della dimensione dei grani sulla densità apparente, densità vibrata
e indice di Hausner di una polvere atomizzata.
131
Tecnologia ceramica applicata
Nella fig. 24 è invece riportata linfluenza che esercita la variazione della dimen-
sione dei grani, sempre sui parametri già trattati precedentemente, però nel caso di
materiale rigranulato.
Landamento della curva relativa allindice di Hausner è similare a quello presen-
tato dalla curva già riportata relativa alla velocità di flusso; cioè, per la fascia di
particelle superiore ai 300 micron lindice di Hausner rimane costante.
La fig. 25 evidenzia invece la relazione fra lindice di Hausner e la velocità di
flusso. Il grafico evidenzia una buona correlazione fra entrambi i dati.
Senza dubbio, per polveri che non defluiscono liberamente, e di cui non si può
misurare la velocità di flusso, lindice di Hausner è il metodo più idoneo per determi-
nare la fluidità.
Al fine di verificare lincidenza che la variazione dellumidità residua esercita
sulla fluidità di polveri preparate per via tradizionale (macinazione a secco e umi-
dificazione), si è determinato lindice di Hausner di polveri industriali che presenta-
vano valori diversi di umidità residua. I risultati sono riportati nella fig. 26.
Nella stessa figura vengono anche proposti gli indici di Hausner per polveri ato-
mizzate con umidità residua diversa al fine di poter comparare i dati. Come si può
riscontrare lumidità esercita un effetto molto più marcato sulla fluidità delle polveri
preparate per via secca tradizionale che sulle polveri preparate per atomizzazione.
Questo effetto di bassa scorrevolezza del grano, nel caso delle polveri macinate a
secco e rigranulate, è da attribuirsi alla forma irregolare delle particelle e allalta
percentuale di materiale fine.
È interessante valutare quali sono gli effetti della pressione di formatura e del-
lumidità delle polveri sul meccanismo di compattazione di atomizzati.
Il comportamento delle polveri durante la formatura è molto complesso e sem-
bra dipendere da processi di compattazione che probabilmente a causa della loro
natura composita è molto difficile da interpretare.
Le polveri, siano esse polveri atomizzate o materiale macinato a secco, presenta-
no nella fase di pressatura una certa resistenza a questa forza esterna. Questi dati
possono essere riportati in un diagramma che mette in relazione la densità apparen-
te in crudo e la pressione di formatura espresso in scala logaritmica.
Come si può notare nel diagramma riportato (fig. 27) si riscontrano valori uni-
formi di densità apparente per ordine di pressione di formatura medio bassi, mentre
si nota un incremento sempre della densità apparente nel caso di valori alti.
La densità apparente del materiale pressato è generalmente legata in modo line-
are al logaritmo della pressione di formatura per polveri ceramiche semplici.
Varie situazioni, infatti, si verificano durante loperazione di pressatura in cru-
do, sia allo stato secco che in presenza di lubrificanti o leganti; processi che inte-
ressano la risistemazione delle particelle o dei grani alle pressioni minori, proces-
si di deformazione elastica e plastica, scorrimenti e abrasioni fino a vere e proprie
fratture ed effetti di macinazione delle particelle e dei grani alle pressioni più alte.
132
Pressatura
INDEX
Fig. 24. Influenza delle variazioni di dimensione dei grani sulla densità apparente, densità vibrata e
indice di Hausner di una polvere macinata a secco e rigranulata.
INDEX
Fig. 25. Relazione fra lindice di Hausner e la velocità di flusso rispettivamente per polvere atomizzata
e materiale rigranulato.
133
Tecnologia ceramica applicata
INDEX
Fig. 26. Influenza della variazione della umidità residua sui valori di fluidità (indice di Hausner) per
polveri macinate a secco atomizzate.
134
Pressatura
Fig. 27. Relazione tra pressione di formatura e densità in crudo (scala logaritmica).
Fig. 28. Diagramma di compattazione di diversi semilavorati (A) polvere atomizzata, (G) polvere
rigranulata, (V) macinato a secco.
135
Tecnologia ceramica applicata
sati perviene a valori di densità apparente prossima a quella del granulo (Ρg), fig.
28.
In questo stato i pori esterni al granulo sono stati praticamente annullati (termi-
na la fase II) e inizia la riduzione della porosità intergranulare (fase III) nuovo
appiattimento dei tratti.
Il diagramma di compattazione è un metodo fra i più appropriati per verificare il
comportamento di un materiale granulato nella fase di compattamento.
Normalmente vengono eseguiti controlli più semplici per verificare linfluenza
delle caratteristiche dellatomizzato (distribuzione granulometrica e contenuto dumi-
dità) sul comportamento dello stesso durante la fase di compattazione.
Di seguito vengono proposti i risultati ottenuti da prove effettuate usufruen-
do di una polvere atomizzata idonea alla fabbricazione di pavimenti di bassa po-
rosità.
La tab. 2 riporta la distribuzione granulometrica del semilavorato in questione.
136
Pressatura
Densità del granulo (Ρg) e densità apparente dellatomizzato semicompattato per vibrazione (Ρv)
Frazione Ρg (g/cm3) Ρv (g/cm3)
Miscela (I) - 1.110
125 - 200 µm (F) 2.047 1.130
Tab. 3. Densità del granulo (Pg) e densità apparente dellatomizzato semicompattato per vibrazione
per diversi semilavorati atomizzati a granulometria più uniforme.
Riguardo alla meccanica della compattazione delle polveri è possibile fare quindi
le seguenti considerazioni di tipo generale:
1. Laumento di densità apparente delle polveri atomizzate in fase di compattamen-
to è da considerarsi in linea con i modelli proposti, studiati e messi a punto nel
caso di agglomerati di natura non plastica.
2. La resistenza allo scorrimento del materiale atomizzato (pressione di scorrimen-
to) Pf diminuisce linearmente nella misura in cui si riduce la dimensione media
delle particelle e nella misura in cui aumenta lumidità (fig. 31).
3. La pressione di unione (Pj) dellagglomerato si riduce nella misura in cui sincre-
menta (in forma esponenziale) la percentuale di umidità. La dimensione delle
Fig. 29. Variazione della densità apparente (d) in funzione della forza di pressatura e dellumidità del
semilavorato.
137
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 30. Variazione della densità apparente in funzione della forza di pressatura e della granulometria
del semilavorato.
2 4 6 8
Fig. 31. Variazione della pressione di scorrimento (Pf) di un semilavorato in funzione della sua granu-
lometria (fascia granulometrica) e dellumidità percentuale dacqua.
138
Pressatura
particelle non esercita invece nessun effetto apprezzabile sopra questa proprietà
nel caso di umidità standard delle polveri (fig. 32).
4. Il comportamento dellagglomerato atomizzato nella fase di compattazione e la
densità apparente della piastrella dipendono essenzialmente dallumidità residua
delle polveri (figg. 29 e 33) mentre la dimensione dei grani non esercita una
grande influenza, sempre nel caso di pressioni medio basse di pressatura (fig. 30).
2 4 6 8 10
Fig. 32. Variazione della pressione di compattamento (Pj) di un semilavorato in funzione della sua
granulometria (fasce granulometriche) e della percentuale dacqua.
UMIDITÀ (%)
139
Tecnologia ceramica applicata
Si è già visto nella fig. 27 come la densità apparente del materiale pressato sia
generalmente legata in modo lineare al logaritmo della pressione di formatura.
A prescindere da queste considerazioni di tipo teorico, sembra importante ripor-
tare a questo punto anche alcuni dati ricavati da esperienze effettuate a livello se-
mindustriale nel caso di pressatura di polveri atomizzate idonee ad ottenere un pro-
dotto tipo monocottura greificata. I grafici riportati nella fig. 33, riportano i valori
di densità apparente del prodotto in questione, relazionati a diverse pressioni di
formatura nel caso di pressatura di polveri con umidità residua diverse.
Come si può notare la forza di pressatura e la diversa percentuale dumidità resi-
dua delle polveri, agiscono in maniera sinergica sui valori di densità apparente dei
materiali pressati, permettendo di ottenere valori di densità uniforme (densità appa-
rente) rispettivamente delluna e dellaltra variabile.
I grafici riportati nelle figg. 34 e 35 riportano invece i valori del carico di rottura
in verde e dopo essiccamento sempre per i materiali pressati nelle condizioni diffe-
renti e usufruendo di polveri atomizzate con diverse umidità. In questo caso si nota
chiaramente come laumento della forza di pressatura e dellumidità residua delle
polveri comporti un incremento dei carichi di rottura sia in verde che in secco.
Questo comportamento può essere spiegato con un avvicinamento delle particelle
e quindi con una forte diminuzione dei vuoti interparticellari ed un incremento dei
contatti fra i grani favorendo la formazione di giunti e ponti fra le particelle medesime.
Tale avvicinamento che comporta la formazione di un tessuto più compatto e
quindi con valori di densità più alti, è favorito sia dallaumento della forza di pressa-
tura che dallumidità residua. Questultima, infatti, oltre a migliorare la plasticità
delle polveri, favorisce lo scorrimento delle particelle stesse.
140
Pressatura
Fig. 34.
Fig. 35.
141
Tecnologia ceramica applicata
apparente in crudo e ritiro lineare in cottura. La variazione del valore della densità
apparente non è dipendente solamente dalla forza di pressatura. Una variazione
dumidità nellordine dell1.5% equivale ad una variazione della densità apparente in
secco di 0.03 gr/cm3. Un altro fattore che influisce sulla variazione della densità
apparente del pressato risulta la velocità di pressatura. La fig. 38 riporta appunto
questa relazione.
La conoscenza dei valori di densità apparente in zone diverse della stessa piastrel-
la, da attribuirsi ad una carica non omogenea oppure ad altri fattori come abbiamo
visto precedentemente, può portare a diversi valori di ritiro allinterno delle piastrelle
stesse e quindi comportare problemi di deformazione nei lati delle medesime.
La fig. 39 riporta un esempio quantitativo della variazione del ritiro nel caso di
cottura nelle stesse condizioni di campioni che evidenziano valori differenti di den-
sità apparente. Si può riscontrare come per valori diversi di densità apparente di
0.06 gr/cm3 si riscontrino differenze di ritiro nellordine di circa 0.3% che nel caso
di una piastrella di 330 × 330 mm significa una variazione di un lato di 1 mm.
La fig. 40 rappresenta un caso limite delle problematiche che possono insorgere
in una piastrella nel caso di caricamenti delle polveri non omogenei e quindi di
valori di densità apparente diversi da una zona allaltra delle piastrelle.
Fig. 36. Curve di greificazione per un impasto di tipo greificabile che evidenzia valori diversi di den-
sità apparente.
142
Pressatura
Fig. 37. Relazione esistente fra la densità apparente in crudo e ritiro lineare.
5 mm/min
500 mm/min
Fig. 38. Relazione fra valore della densità apparente in funzione della velocità di pressatura.
143
Tecnologia ceramica applicata
330×330 mm size
Difference of side = 1 mm
∇
∇ shrinkage = 0.3%
Fig. 39. Variazione del ritiro in funzione della variazione della densità apparente.
mili alle pietre ed ai materiali naturali. Dal punto di vista delle macchine ciò porterà
sicuramente ad una richiesta di luci maggiori e tonnellaggi più elevati, per la realiz-
zazione di lastre sempre più decorate in fase di pressatura, tramite la miscelazione di
impasti granulati colorati, graniglie di smalto ed altre tecniche di decorazione a
secco. A questo proposito va rilevata una già presente tecnologia che prevede, onde
razionalizzare luso della pressa, ladozione di un processo di doppia pressatura,
durante il quale una prima pressa, di caratteristiche tecnologiche minori, provvede a
formare, ed eventualmente a decorare, la lastra ad un livello di compattazione non
definitivo; segue poi una mini-linea di decorazione a secco, a cui segue linserimento
nella seconda e definitiva pressa, che provvede a produrre il semi lavorato finito, al
giusto grado di compattazione.
Laumento delle dimensioni e la realizzazione di lastre sempre più simulanti le
pietre naturali ha fatto anche comparire nuove tecnologie produttive, che in un
certo senso mimano quelle utilizzate per il taglio e la preparazione dei materiali
naturali. Scompare, quindi, la necessità dei distanziatori e dello spigolo arroton-
dato o bisellato, poiché le lastre vengono posate senza fuga, e si fa strada lidea di
produrre primariamente soltanto grandi lastre, provvedendo, poi, alla necessità
produttiva di formati differenti tramite il taglio in verde delle lastre stesse, utiliz-
zando appositi sistemi di traslazione e di taglio, ed evitando, così, tutte le compli-
cate e costose operazioni di cambiamento degli stampi, per procedere al cambio
dei formati prodotti. Tale tecnologia avrà un sicuro impatto anche sulla tecnolo-
144
Pressatura
gia di produzione degli stampi, che, nel formato lastra, dovranno garantire lun-
ghissime durate.
Altri miglioramenti sono previsti per i sistemi di alimentazione delle polveri allo
stampo, mentre i circuiti oleodinamici sono ottimizzati per confinare lalta pressione
soltanto nel circuito principale, evitando di caricare a oltranza componenti più deli-
cati: al fine di ridurre la necessità di interventi per la manutenzione straordinaria
che risulta laspetto più deleterio per lefficienza delle linee di produzione.
145
Tecnologia ceramica applicata
APPENDICE
Nel caso della macinazione a secco le polveri macinate (in modo estremamente
fine) al fine di favorire lagglomerazione dei grani sono state trattate con macchine
diverse quali:
bagnatrici standard;
rigranulatori.
146
Pressatura
Fig. 41. Distribuzione granulometrica delle polveri macinate a secco, destinate rispettivamente alla
bagnatura, nel processo a secco, ed alla granulazione con limpianto in esame.
147
Tecnologia ceramica applicata
saerazione. Tali difficoltà vengono a cadere nel caso della granulazione, in quanto,
tale processo comporta lagglomerazione delle particelle fini.
Tanto la granulazione quanto lessiccamento a spruzzo portano alla formazione
di agglomerati, di granuli formati dalle particelle ottenute per macinazione. La di-
stribuzione granulometrica di tali agglomerati è tuttavia, con limpianto e nelle con-
dizioni in esame, sensibilmente diversa come rilevabile in fig. 42. Da tale figura
emerge chiaramente che, mentre la distribuzione granulometrica dellatomizzato
appare prevalentemente concentrata e raccolta intorno ai tagli centrali dello spettro
(0.125-0.500 mm), quella del granulato è invece caratterizzata da incidenze ugual-
mente importanti in tutte le frazioni considerate.
Penetrazione (mm)
Fig. 43. Distribuzione dei dati penetrometrici per le diverse tecnologie di preparazione delle materie
prime.
148
Pressatura
per gli altri tipi di semilavorato). Le prime sono dunque maggiormente compat-
tate;
oltre che una maggiore compattezza in assoluto, le piastrelle ottenute dalle pol-
veri atomizzate, presentano una migliore uniformità di compattazione, che è ri-
conducibile non tanto ad una diversa gestione o ad un più accurato controllo
della pressa, quanto piuttosto alle caratteristiche morfologiche e strutturali del-
latomizzato (omogeneo caricamento dellalveolo).
Fig. 44. Distribuzione dei dati di permeabilità per le diverse tecnologie di preparazione dellimpasto.
149
Tecnologia ceramica applicata
150
Pressatura
Fig. 45. Andamento della resistenza a flessione in verde ed in essiccato in funzione della pressione di
pressatura per i tre materiali in esame.
Fig. 46. Valori di assorbimento dacqua per materiali ottenuti con semilavorati diversi: atomizzato,
rigranulato, macinato a secco.
151
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 47. Andamento dei valori di resistenza a flessione (in funzione della pressione di formatura) per i
tre prodotti analizzati.
Per questultime, come per la porosità, i valori del carico di rottura a flessione si
avvicinano a quelli ottenuti per i materiali rigranulati solamente nel caso di pressio-
ne di formatura superiore a 250 kg/cm2.
152
Essiccamento a spruzzo di barbottine ceramiche
Capitolo IV
ESSICCAZIONE
Come è stato introdotto nel primo volume, parlando del ruolo dellacqua e della
sua eliminazione in un sistema ceramico, il termine essiccare significa allontanare
lacqua contenuta in un solido per evaporazione cioè per conversione dellacqua dal-
lo stato liquido allo stato vapore.
I liquidi hanno maggiore o minore tendenza ad assumere lo stato gassoso a se-
conda delle loro caratteristiche fisiche-chimiche. Da un liquido per effetto dellener-
gia cinetica si allontanano continuamente molecole allo stato vapore, mentre con-
temporaneamente si condensano molecole di vapore. Il numero di molecole che ab-
bandonano il liquido dipende dalla temperatura; quello delle molecole che conden-
sano dipende dal numero di molecole allo stato di vapore che urtano la superficie di
un determinato tempo e quindi dal numero di molecole contenute in un determinato
spazio e dalla loro velocità, vale a dire dalla pressione esercitata dal vapore.
In maniera molto minore, invece, viene allontanata lacqua cosiddetta di cristalliz-
zazione, zeolitica o strutturale, presente in alcuni minerali (tipo montmorillonite, ecc.).
Lacqua, come tutte le sostanze liquide (ed anche le solide, sebbene in minor
grado), ha una certa tendenza a passare allo stato di vapore, assorbendo energia.
Lemissione di vapore non continua indefinitamente, ma ad un certo punto cessa,
quando il vapore raggiunge la saturazione: si stabilisce, cioè, un equilibrio fra il
numero di molecole che evaporano ed il numero di molecole di vapore che conden-
sano nel liquido: questo equilibrio corrisponde ad una certa pressione, detta tensio-
ne del vapore saturo. La tensione di vapore cresce con la temperatura. Quando, au-
mentando la temperatura, la tensione di vapore uguaglia la pressione atmosferica, si
ha lebollizione, cioè il vapore non si libera più soltanto dalla superficie del liquido
ma anche dal suo interno, in forma di bolle. La temperatura di ebollizione diminui-
sce con la pressione ed ogni sostanza, ad una determinata temperatura, ha la sua
tensione di vapore. In particolare lacqua, fig. 1, a 100 °C ha una pressione del vapor
saturo di 1 atm.
Le energie in gioco, tenendo conto di quanto assorbito per la trasformazione di
fase liquido-vapore, sono spesso sottovalutate.
Essenzialmente si può guardare allessiccazione come ad un processo che avvie-
ne sotto il condizionamento di tre fattori:
il potere essiccante dellambiente, umidità relativa, velocità dellaria
;
le forze che agiscono a livello capillare;
le variazioni dimensionali dovute alla cessione di umidità.
153
Tecnologia ceramica applicata
il primo trasferimento può essere ricevuto dal pezzo per convezione, irraggiamento
o conduzione e, normalmente, tutti e tre i processi sono coinvolti. Parlando dellef-
fetto più comune di essiccazione, la convezione, con aria calda, è possibile stimare
che avvengano, consecutivamente, i seguenti stadi:
trasferimento del calore dallaria al pezzo;
trasformazione dellacqua da liquida a vapore;
allontanamento del vapore dalla superficie del pezzo;
trasporto di acqua allo stato liquido dallinterno del pezzo alla superficie.
154
Essiccazione
toi convenzionali il materiale in ingresso viene messo in contatto con aria calda ma
relativamente umida. Il riscaldamento avviene per convezione fino allinterfaccia
con il semilavorato, per conduzione allinterno di questultimo, il quale generalmen-
te presenta valori molto bassi della conducibilità termica. La velocità di riscalda-
mento viene regolata tramite la temperatura dellaria e la sua velocità (portata). Per
un dato materiale a porosità definita, il tempo necessario ad ottenere un riscalda-
mento uniforme fino a temperature che consentano una corretta cinetica di diffusio-
ne dipende essenzialmente dallo spessore.
Oltre allo spessore, ovviamente, il ciclo di essiccamento è influenzato dallumi-
dità del materiale. Mentre i prodotti estrusi o colati, a causa della loro umidità
elevata, presentano, nel corso dellessiccamento, fasi di essiccamento a ritiro co-
stante, a ritiro in diminuzione e senza ritiro, le piastrelle pressate presentano solo
una frazione della seconda fase e lintera terza fase, quindi manifestano un ritiro
decisamente più limitato ed i rischi di tensionamento per ritiro non omogeneo
sono contenuti.
Nei tempi più recenti, proprio grazie a questa limitata sensibilità del materiale,
dovuta al basso contenuto di acqua, si sono, anzi, realizzate macchine termiche ad
elevatissimi gradienti di riscaldamento sino a temperature molto elevate, in modo
da contrastare il naturale processo di ritiro, che potrebbe portare a fratture, con
lopposta tendenza del materiale ad espandere per riscaldamento elevato, mantenen-
do, così, la piastrella in una sorta di equilibrio dinamico che permette cicli di essicca-
zione veramente rapidissimi (alcuni minuti).
Evaporazione superficiale la cinetica del processo che in realtà comprende due pro-
cessi elementari.
155
Tecnologia ceramica applicata
156
Essiccazione
157
Tecnologia ceramica applicata
Quando il contenuto dacqua del pezzo è molto alto, la diffusione avviene senza
difficoltà. Con il diminuire di questo le particelle solide si accostano le une alle altre
con un movimento verso un centro comune (fenomeno del ritiro) che cessa solo
quando si trovano tutte in contatto fra loro.
Durante questo movimento convergente il diametro dei capillari diminuisce, una
parte di essi si chiude ed in conseguenza aumenta la resistenza alla diffusione del-
lacqua attraverso la massa. Secondo alcuni studiosi tale resistenza è inversamente
proporzionale alla quarta potenza del diametro dei capillari. Si è trovato comunque
che, più del volume, è la forma dei capillari che influisce sulla diffusione. Tale forma
dipende dalla grandezza e dalla struttura delle particelle.
Infine la diffusione sarà possibile soltanto se si avrà evaporazione sulla superfi-
cie del pezzo e poiché tale evaporazione dipende, come si è detto, dal rapporto fra
la tensione superficiale del liquido e la pressione di vapore dellatmosfera che so-
vrasta il sistema, è ovvio che anche la velocità di diffusione dipenda da questo
rapporto.
158
Essiccazione
Quanto più alta è la temperatura dellaria, tanto maggiore sarà la quantità dac-
qua che questa può trattenere in sospensione.
Poiché laria, nella maggior parte degli essiccatoi usati in ceramica viene utilizza-
ta come mezzo per asportare lumidità tolta agli stessi, ne consegue che:
la sua temperatura determina la quantità dacqua che può tenere in sospensione;
il suo stato igrometrico determina, per una data temperatura, la quantità dacqua
che può essere asportata dal materiale;
la sua velocità determina la velocità di evaporazione e regola lo stato igrometrico
dellambiente.
Glossario
UMIDITÀ ASSOLUTA
la quantità di acqua per kg di aria secca.
TENSIONE DI VAPORE
La pressione del vapore in equilibrio con quel liquido.
TENSIONE SUPERFICIALE
La forza che agisce sulla superficie di un liquido, tendente a minimizzare larea
della superficie.
159
Tecnologia ceramica applicata
160
Essiccazione
161
Tecnologia ceramica applicata
Quindi i parametri di cui tenere conto nella corretta formulazione degli impasti
sono:
percentuale delle materie prime plastiche: aumentano la coesione degli oggetti essic-
cati, ma incrementano il ritiro;
natura mineralogica delle argille: le argille deflocculate allo stato naturale formano
in essiccamento un tessuto compatto ed impermeabile. Sono scarsamente predi-
sposte ad adsorbire cationi, formando così strutture più aperte e permeabili che
permettono una disidratazione più rapida;
percentuale di materie prime non plastiche: peggiorano la resistenza meccanica in
crudo ma aiutano a contenere il ritiro (soprattutto se a granulometria fine);
percentuale di acqua: incrementa il ritiro e la plasticità. Infatti la finezza granulo-
metrica delle particelle argillose è proporzionale alligroscopicità dellimpasto;
pressione di formatura: influisce sullattitudine allessiccamento, e ad una maggiore
compressione corrisponde una minore permeabilità alla diffusione dellacqua;
la geometria dei pezzi: è molto importante. Infatti lessiccamento è facilitato per
gli oggetti ad elevato rapporto superficie/volume (essiccamento tanto più rapido
quanto minore è lo spessore).
Macchine
Gli essiccatoi più utilizzati nel comparto delle piastrelle ceramiche sono sia del
tipo verticale che orizzontale. Rimanendo equivalenti i principi tecnologici di base
inerenti lessiccamento, la dinamica è certamente differente, poiché variando i cicli
variano notevolmente i tempi in cui le tensioni stesse (ritiro, aumento della resisten-
za meccanica, ecc.) si sviluppano.
Necessariamente quindi le condizioni di lavoro della macchina e le condizioni
fisiche dellaria (massima temperatura, velocità, volume e stato igrometrico) devono
essere diverse per i due tipi di essiccatoi.
162
Essiccazione
163
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 4. Schematizzazione essiccatoio verticale e vista di insieme dei dispositivi funzionali alla fase di
carico e scarico.
mentre una porzione regolabile viene espulsa dal ventilatore del camino e reinte-
grata con aria esterna.
Nella seconda zona, percorso discendente delle piastrelle, si ha un circuito analogo
al precedente, ma completamente indipendente da esso, in quanto realizzato con il
secondo ventilatore, un bruciatore ed una propria serranda di aspirazione aria esterna.
Un ulteriore ventilatore gestisce lesercizio della zona di stabilizzazione, nella par-
te finale del ciclo di essiccamento. Questa è stata continuamente sviluppata, per soddi-
sfare lesigenza sempre più spinta di ottenere temperature uniformi delle piastrelle.
Per raggiungere questo scopo è necessario lambire le piastrelle con flussi di aria,
opportunamente diretti, a temperatura costante; ciò si ottiene miscelando allaria
calda proveniente dalla seconda zona, aria fredda proveniente dallesterno in quan-
tità dosata da una apposita valvola modulante.
Questo processo consente di ottenere le condizioni ideali per le applicazioni suc-
cessive (smaltatura, sali solubili, levigatura, ecc.).
Il ciclo di essiccamento normalmente porta ad investire subito le piastrelle con
temperature elevate, compatibilmente con la loro capacità di sopportare inizialmen-
164
Essiccazione
SECONDA
ZONA PRIMA
ZONA
ZONA
RAFFREDDAMENTO
ZONA
STABILIZZAZIONE
165
Tecnologia ceramica applicata
dalla doppia motorizzazione dei rulli che evita slittamenti e dallencoder che ne
controlla la rotazione.
La movimentazione dei cestelli tramite un azionamento a frequenza variabile
(inverter) sul motore della catenaria, garantisce la massima precisione e costituisce
un valido controllo elettronico contro i sovraccarichi di trazione; inoltre, un sistema
di guide su tutto il percorso del cestello, ne assicura sempre il corretto posiziona-
mento.
I cestelli sono sostenuti da speciali bracci che fissati alla catena, ne garantiscono
una movimentazione senza attriti e quindi con bassa potenza assorbita.
Lelevato spessore di coibentazione della pannellatura isolante riduce al minimo
la dispersione termica. Di seguito si riportano alcuni grafici che ben rappresentano
le potenzialità di questi essiccatoi (fig. 6 e tab. 1).
Essiccatoi orizzontali
Dalla pratica operativa dei primi essiccatoi rapidi si sono potuti desumere alcuni
concetti fondamentali nel caso dellessiccamento di piastrelle formate con umidità
residua molto bassa (4-7%).
1. La ventilazione: deve risultare il più possibile con flusso parallelo alle facce del
prodotto rendendo omogeneo il riscaldamento e la sottrazione di vapore dal pez-
zo.
2. La temperatura dellaria dessiccamento: ha un ruolo fondamentale sulle velocità di
evaporazione.
166
Essiccazione
Tutto questo può essere ottenuto effettuando un passaggio delle piastrelle pres-
sate, in singolo strato su rulli, per uno o più piani (sino a 5) attraverso un tunnel
coibentato ed alimentato con aria calda prodotta da appositi bruciatori o recuperata
dal camino dei forni e con aria di evacuazione umidità fornita da appositi generatori
(figg. 7 e 8).
Si possono vedere nelle figg. 9, 10 e 11 alcuni diagrammi che mettono in relazio-
167
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 9. Relazione tra velocità dellaria e velocità di essiccamento espressa in kg/m2 h (W = umidità %
piastrella).
168
Essiccazione
Fig. 10. Relazione tra umidità dellaria in °C e velocità di essiccamento espressa in kg/m2 h (W =
umidità % piastrella).
Fig. 11. Relazione tra temperatura dellaria in °C e velocità di essiccamento espressa in kg/m2 h (W =
umidità % piastrella).
169
Tecnologia ceramica applicata
Condizioni di evaporazione
170
Essiccazione
Nella fig. 12 viene invece riportato landamento indicativo della velocità max
devaporazione (Ve max kg/m2h) in funzione della temperatura di trattamento.
Considerando la velocità di essiccamento che si potrebbe ottenere in funzione del
formato e dello spessore delle piastrelle, si può affermare che è possibile ottenere
grandi velocità di evaporazione, senza alcun danneggiamento dei pezzi, con lausilio
di sola aria calda e senza ricorrere ad altri sistemi di essiccamento, dei quali di segui-
to riportiamo alcuni concetti generali:
Raggi infrarossi
171
Tecnologia ceramica applicata
Microonde
Aspetti tecnologici
Per quanto riguarda gli aspetti tecnologici nel caso dellessiccamento rapido oriz-
zontale, questi possono ritenersi similari a quelli già riportati nel capitolo inerente
lessiccamento dei materiali con essiccatoi verticali.
Anche le condizioni di formulazione degli impasti devono tenere conto degli
aspetti già riportati, e delle diverse condizioni di lavorazione (cicli dessiccamento,
velocità dellaria, grado igrometrico e temperatura della medesima).
Per comodità si ritiene utile riportare ancora una volta, anche nel caso dutilizzo
degli essiccatoi orizzontali le condizioni corrette dessiccamento.
172
Essiccazione
Quindi i parametri di cui tenere conto nella corretta formulazione degli impasti
saranno i medesimi visti per lessiccazione verticale.
Considerazioni generali
173
Tecnologia ceramica applicata
ratura tale da potere controllare con opportuni artifici gestionali a livello della ter-
moregolazione la temperatura dei pezzi in uscita anche dopo soste prolungate.
Inoltre, dal punto di vista termodinamico, luso di aria a temperatura elevata, per
non avere eccessive perdite al camino, costringerebbe ad operare con titoli di vapore
molto alti, con la conseguenza di non improbabili indesiderate condense sui pezzi
stessi.
Gli aspetti fondamentali per questo tipo di essiccamento risultano:
1) Ciclo di essiccamento adeguato allo spessore delle piastrelle ed utilizzo di temperature
non molto elevate.
2) Controllo delle temperature dei pezzi alluscita dellessiccatoio.
3) Contenimento dei consumi specifici.
4) Meccanica semplice ed ingombri contenuti.
174
Essiccazione
Fig. 13. Essicatoio orizzontale multipiano (particolare dei flussi di circolazione dellaria).
175
Tecnologia ceramica applicata
176
Essiccazione
Capitolo V
Gli smalti si possono utilizzare in diversi stati fisici: sospensioni acquose, sospen-
sioni non acquose, granulati (graniglia, sinterizzati o pellettizzati), polveri.
Le tecniche di preparazione degli smalti allo stato solido, granulati e polveri,
sono in genere delegate ai colorifici ceramici. Allinterno delle aziende ceramiche, di
solito ci si occupa soprattutto della preparazione di smalti compositi mediante maci-
nazione ed omogeneizzazione per renderli idonei alla successiva, delicata fase di
applicazione.
177
Tecnologia ceramica applicata
2) Le macchine
Le macchine usate nella preparazione degli smalti sono:
Mulini Alsing, di varia capacità. I più usati sono i 5000 l, ma si spazia dai 300 l,
usati per prove fiammature, ai 12.000 l per gli smalti di grande tiratura. Sono in
genere dotati di sfere macinanti in allumina sinterizzata che si consuma dai 500
ai 2000 gr/ton di smalto macinato. Il rivestimento è in genere di allumina sinte-
rizzata che dura ca 20.000 ore. La gomma e la silice non sono più usate in questo
campo. Il tappo utilizzato per lo scarico deve essere in acciaio inox.
Il consumo energetico è approssimativamente di 10 kW/Ton di smalto macinato
per ora di macinazione a 17 giri/min.
Vasche con agitatori. Sono di varia foggia: ottagonali, in cemento plastificato o
piastrellato, oppure cilindriche in acciaio inox. La capacità è in media di 5 m3 e
può ospitare il contenuto di 2 mulini da 5000 l. Le vasche devono essere coperte
e sono munite di agitatore costituito da un gruppo motoriduttore direttamente
calettato allalbero che sostiene la struttura che deve trasmettere allo smalto la
turbolenza sufficiente ad evitarne la sedimentazione.
178
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
179
Tecnologia ceramica applicata
180
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
181
Tecnologia ceramica applicata
del mulino va fatta in ogni caso con metodo, almeno semestralmente. Non è oppor-
tuno sottrarre, in queste occasioni, mediante setacciatura, la parte più piccola della
carica macinante: si andrebbe infatti ad alterare un equilibrio ed a variare i tempi di
macinazione e la distribuzione granulometrica. In genere, il tempo di macinazione è
regolato da un contagiri a scalare, che viene impostato di volta in volta a seconda
dello smalto in lavorazione.
Particolare attenzione va posta nella fase di partenza del mulino, momento di mas-
simo sforzo e sollecitazione delle cinghie di trasmissione. Nella prima mezzora lo
sforzo può anche aumentare e se le cinghie non sono opportunamente tese, tendono a
slittare e quindi ad usurarsi in modo irrimediabile e talvolta ad incendiarsi con grave
danno economico. È bene perciò che i mulini vengano avviati da personale presente.
Luso di preparati antislittamento da spruzzare sulle cinghie in caso di avviamento
difficoltoso, è da evitare poiché danneggia le cinghie stesse. Soprattutto quando si
macinano smalti colorati è bene fermare ed aprire il mulino e pulire la fessura fra
tappo e rivestimento da eventuali residui grossolani che si potrebbero sottrarre al-
lazione macinante ed agire poi da inquinanti.
182
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
oltre il 99%. Lavaggi più spinti sono necessari solo col cambio di smalti colorati
particolarmente pericolosi ed intensi. Particolare attenzione nellimpiego di mode-
rate quantità di acqua, richiedono gli smalti da monoporosa e da bicottura rapida
poiché devono essere applicati a densità elevata e sedimentano con molta difficoltà.
Lo smalto viene quindi pompato in una vasca di stoccaggio e qui controllato.
183
Tecnologia ceramica applicata
Gli ultimi anni hanno visto una crescita vertiginosa del ricorso alla tecnica seri-
grafica per la decorazione. Dapprima gli smalti lucidi in monocottura, ma in seguito
anche i rustici, hanno fatto ricorso sempre di più alla tecnica serigrafica, aiutata
anche da una notevolissima evoluzione della grafica.
La serigrafia, cui, da qualche anno, segue con sempre maggior convinzione, la
flessografia, garantisce una certa facilità di rinnovamento della gamma con una buona
ripetibilità. Nel tempo la serigrafia si è caratterizzata per una costante diminuzione
dei pesi applicati: i retini serigrafici più usati andavano dai 30 ai 50 fili nel pavimento
e 50 fili nel rivestimento. Ciò comportava alti consumi di smalto, facilità al cuor nero
in monocottura a causa dei veicoli organici con conseguente rallentamento dei for-
ni, scarsa definizione dei decori, soprattutto di quelli sfumati.
La tecnica di preparazione della pasta serigrafica era grossolana: in genere si
acquistava la base macinata dai colorifici che una volta impastata con il veicolo ed i
necessari additivi, veniva passata attraverso una raffinatrice a mole e da qui, dopo
setacciatura con setacciatrici a spatole rotanti, a 5-6.000 maglie (75-80 micron) nel
migliore dei casi, veniva inviata allutilizzo.
I materiali e le tecniche serigrafiche saranno descritti qui di seguito, in un appo-
sito capitolo.
Il reparto smalteria
184
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
duzione e le messe a punto, uno spazio per la ricambistica spicciola e per piccoli
interventi manutentivi.
Nella gestione della smalteria è vitale un corretto e rapido flusso delle informa-
zioni sulla difettologia. Non sempre i difetti sono accertabili sui pochi pezzi della
staffetta. È necessario quindi che qualcuno verifichi il materiale alluscita dal forno e
faccia un continuo rilevamento statistico dei difetti.
Componenti importanti nel reparto, oltre alle linee di smaltatura, risultano an-
che:
Impianto Elettrico
La tensione di servizio nella linea di smaltatura non deve superare i 50 V se non
è presente un differenziale (salvavita).
Attualmente è normale la tendenza ad alimentare la linea tramite blindo sbarre
rispettivamente da 380 V e 60 V.
Aria Compressa
Il fabbisogno daria compressa di una linea di smaltatura è molto variabile, ma
comunque può oscillare fra i 100 ed i 300 m3/h per linea.
Questaria, in genere, viene utilizzata per gli aerografi, per comandi pneumatici
(serigrafiche), per i fissatori e per soffiatura della superficie delle piastrelle. Anche
lapplicazione del fissatore può essere fatta adottando le apposite pompe per la nebu-
lizzazione ad alta pressione airless.
Limpianto di distribuzione dellaria compressa è normalmente costituito da una
tubazione da 1".
Laria dovrebbe essere ad una pressione di 6-8 atm.
Acqua
I circuiti di acqua, che servono il reparto di smaltatura sono solitamente due,
talvolta anche tre. Un circuito è di solito servito da acqua di pozzo o di acquedotto.
Lacqua di questo circuito serve di solito alla diluizione degli smalti; mentre il
secondo utilizza acqua di riciclo per i lavaggi.
Impianto di aspirazione
Risulta indispensabile aspirare parte dei fumi che si formano allinterno dei gruppi
dapplicazione, fumi che contengono particelle di smalto. La corretta modulazione
delle serrande e quindi dellaspirazione allinterno delle apparecchiature per lappli-
cazione degli smalti, in particolare dischi e aerografi, oltre a tutelare la salute degli
operatori, influisce sulla difettologia applicativa: grumi, gocce di smalto o di con-
densa.
Ogni linea di smaltatura ha bisogno di circa 8000-10000 m3/h di aspirazione.
Rilevamento dati
La linea di smaltatura deve essere dotata degli opportuni sensori che consentono
di controllare il rendimento, ma anche altri parametri importanti per la gestione
della produzione.
185
Tecnologia ceramica applicata
Velocità
La velocità di trasporto si aggira attorno ai 20-25 m/min, ma può raggiungere
anche i 60 m/min in particolari tratti della linea (stacchi in prossimità della linea di
carico cestoni).
Una volta preparati, gli smalti possono venire applicati in vari modi su piastrelle
crude (monocottura) o cotte (bicottura). La smaltatura di pezzi in crudo è sempre più
diffusa, considerando la possibilità di automazione degli impianti e della diffusione
ormai universale della tecnologia della monocottura. La smaltatura in crudo è forte-
mente condizionata dalla resistenza meccanica in crudo del pressato, che deve essere
sufficiente per sopportare senza danni applicazioni e decorazioni multiple.
Lapplicazione di un ingobbio (composizione terrosa vetrificante) prima dello
smalto, è utile per limitare eventuali fenomeni di degasazione o per evitare il contat-
to con lo smalto di sostanze inquinanti presenti nel supporto.
Un velo uniforme di ingobbio di opportuna composizione viene talora distribuito
sulla faccia inferiore delle piastrelle per isolarle e quindi evitare così il contatto
diretto dei rulli e quindi di accelerare la sporcatura dei medesimi.
In generale una linea di smaltatura è composta da un trasportatore a cinghie,
delimitato agli estremi da un dispositivo di alimentazione in ingresso e uno di rac-
colta in uscita, lungo il quale sono disposte le macchine applicative.
Per la realizzazione del piano di trasporto delle piastrelle sono utilizzate cinghie
a sezione trapezoidale, preferibili ad altri sistemi, per la loro piccola superficie di
contatto con il supporto, per la loro facile pulizia e ancora per la versatilità dimpie-
go. Le cinghie sono supportate da pulegge montate su un telaio metallico che funge
da struttura portante.
Nel suo insieme il sistema di trasporto è costituito da una serie di tratti fra loro
collegati, tra loro indipendenti per quanto riguarda la regolazione della velocità,
che può essere adeguata tramite motovariatori nelle varie fasi operative (prepara-
zione del supporto, applicazione dello smalto, decorazioni, ecc.).
A parte le macchine per le applicazioni vere e proprie, le linee di trasporto posso-
no essere integrate con un certo numero di attrezzature ausiliarie quali polmoni
compensatori per laccumulo e la reimmissione automatica delle piastrelle sulla li-
nea, girelli motorizzati per ruotare le piastrelle di 90°, distanziatori, guide laterali,
dispositivi per la pulizia delle piastrelle (ventole, spazzole, aspiratori), sbavatori,
raschiatori, ecc.
Per quello che riguarda lapplicazione degli smalti i principali dispositivi sono:
a) campana;
b) filiera;
c) dischi rotanti;
d) aerografo;
e) gocciolatoi;
f) applicatori a secco.
186
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Campana
È fondamentalmente una calotta metallica, con superficie convessa dal cui bordo
cade sulle piastrelle un velo continuo ed uniforme di smalto.
Lo smalto, che può essere relativamente denso e viscoso, densità anche 1950-
2000 g/l, ha la tendenza a depositarsi in leggermente maggior quantità ai bordi
della piastrella.
Sul dispositivo possono essere montate campane con diametri diversi a seconda
del formato del supporto da smaltare (fig. 2).
È lo strumento principale per lapplicazione di smalto a velo continuo. Come è
noto questo tipo di applicazione consente di ottenere superfici molto lisce partico-
larmente interessanti per certe tipologie.
Lalimentazione, che avviene in posizione centrale, può assumere configurazioni
diverse a seconda delle caratteristiche dello smalto da applicare. Una apposita coro-
na circolare posta sul bordo del primo stramazzo, consente di applicare uno o due
veli contemporaneamente.
Lapplicazione a campana, una volta centrata nei suoi parametri essenziali, è co-
stante ed ha bisogno di poche attenzioni. Però sono molti i parametri da considerare
per la messa a punto. Uno dei difetti più ricorrenti è quello delle formazioni di bolle
o di avvallamenti sulla superficie dello smalto. Può dipendere da molte cause: emul-
sione di aria nei travasi e nellagitazione, fluidificazione sbagliata, densità e viscosità
inadatte.
Non è possibile individuare una ricetta che risolva tutti i problemi di applicazio-
ne a campana perché sono troppe le variabili in gioco.
Lalta densità, fra laltro, non consente unagevole setacciatura. Oggi si riesce a
setacciare sul ritorno anche con setacci di 4000 maglie con vibrosetacci di grande
diametro. Questi servono a togliere i grumi che si possono staccare dai bordi del
mastello ad otto usato per lalimentazione o dal recupero dello smalto. Le applica-
zioni a velo risentono di qualsiasi vibrazione, quindi si dovrà porre particolare cura
ad isolare dal resto della linea, il palo di sostegno della campana.
Fig. 2. Filiera a campana e particolare di un andamento anomalo nel velo della campana (foto di destra).
187
Tecnologia ceramica applicata
Filiera
È costituita da una piccola tramoggia a sezione triangolare, sul cui spigolo più
acuto è montata una filiera con fessura per il passaggio dello smalto, di spessore
regolabile. La filiera ha lunghezze diverse a seconda del formato che deve smaltare.
Si avvale di un sistema di alimentazione simile a quello della campana: vibrose-
taccio, tramoggia, tubo con rubinetto di regolazione. Il regolare funzionamento del-
lapparecchiatura può essere impedito da ostacoli allo scorrimento del velo in parti-
colare da grumi di smalto e dalla presenza di bolle daria. Anche uno smalto troppo
liquido può dar luogo a difetti (rigature irregolari); in questo caso si può rimediare
diminuendo il carico della filiera e riducendo lapertura della fessura calibrata.
Iniezione pressurizzata
È stata recentemente introdotta una tecnica di applicazione di smalti, o altre
barbottine, anche particolarmente dense, che prevede l iniezione pressurizzata at-
traverso apposite filiere: è conosciuta con il nome di Vela®. Con questa tecnologia
è possibile applicare lo smalto omogeneamente nella sezione della piastrella, portan-
do con sè alcuni difetti applicativi tipici della filiera. Nel sistema di alimentazione è
possibile introdurre più prodotti colorati durante il ciclo operativo con lo smalto
base, e ciò consente di ottenere decori di varia natura, con effetti modulabili nelle
forme, nelle posizioni e nelle sovrapposizioni di tono; il controllo delle iniezioni è
eseguito elettronicamente, in modo da garantire la ripetibilità, se desiderata. Una
notevole flessibilità espressiva può essere ottenuta combinando opportunamente le
caratteristiche degli smalti di base con i prodotti di iniezione, colorati. Con queste
strumentazioni, data la grande capacità di deposizione di materiale per unità di su-
perficie, nellunità di tempo, è poi possibile formare dei veri e propri strati superficiali
di spessore anche considerevole, in una sorta di caricamento plurimo in fase umida.
188
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Le cabine per dischi hanno assunto nel tempo tutte le possibili fogge nel tentati-
vo soprattutto di evitare i difetti di gocciolature e di grumi (fig. 3).
Lalimentazione dei dischi avviene a portata costante per mezzo di un battente
regolato da un sistema di troppo pieno e da una valvola di regolazione. La filtrazio-
ne dello smalto avviene attraverso filtri a cartuccia posti sulla mandata e con vibro-
setacci adeguati posti sul ritorno.
Gocciolatoi
Utilizzati per applicazioni a gocce piuttosto grandi (1 cm circa) per ottenere ef-
fetti particolari (rustici per esempio), possono essere di due tipi: a tubo e a tazze.
I gocciolatoi a tubo sono sostanzialmente similari ad una macchina per applica-
zione a dischi rotanti, solo che al posto del pacco di dischi viene montato un tubo
cilindrico di 3-4 cm di diametro, opportunamente forato in superficie.
I gocciolatoi a tazze prevedono invece piccole tazze merlate, ruotanti attorno ad
un asse verticale e continuamente alimentate, che provvedono a lanciare lo smalto
sulle piastrelle secondo modalità che dipendono dalle caratteristiche dello smalto
(densità e viscosità), dalla forma delle tazze, dalla loro altezza sulla linea, dalla velo-
cità di rotazione e di traino.
Aerografo
Permette lapplicazione di piccole quantità di smalto tramite un nebulizzatore. Si
può ottenere leffetto della fiammatura con movimentazione oscillante dellaerogra-
Fig. 3. Rappresentazione di una cabina a disco e particolare dei dischi (pacchi di lamelle).
189
Tecnologia ceramica applicata
Applicatori a secco
Servono ad applicare smalti allo stato granulare con una vasta gamma di granu-
lometrie, oppure sabbie di varia natura. Il ricircolo delle graniglie può essere realiz-
zato per mezzo di un circuito pneumatico. Un altro sistema di ricircolo è realizzato
per mezzo di un elevatore a tazze chiuso. Questo sistema genera meno polvere.
Lalimentazione dei granulati avviene caricando una tramoggia dalla quale, per
mezzo di un estrattore, il granulato cade con velo omogeneo su un rullo o su un
nastro trasportatore o su un setaccio distributore (fig. 4). Il sistema di distribuzione
è molto importante per evitare fenomeni di rigatura derivanti da difetti di distribu-
zione che si possono generare già nella tramoggia di carico.
Le graniglie cadono sulla piastrella coperta, nelle zone desiderate, da un apposito
collante o smalto umido con la funzione di trattenerle. Leccedenza ritorna in ciclo
dopo soffiatura.
Lapplicazione del collante è in genere fatta a mezzo di retino serigrafico.
Lapplicazione di graniglie ha conosciuto momenti di grande diffusione con limi-
tazione di finti graniti ed anche con la diffusa convinzione che grossi spessori di
vetro potessero valorizzare di più la piastrella conferita alla stessa con migliori pre-
stazioni tecniche (anni 1985-2000).
Esistono applicatori universali per granulati e polveri che possono dare origine a
venature prestabilite utilizzando rulli o nastri incisi.
190
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
191
Tecnologia ceramica applicata
Attrezzature particolari
Spazzolatrice per effetti rustici è una macchina utilizzata principalmente per mono-
cottura e per grès porcellanato, con superfici strutturate. Si tratta di un dispositivo
costituito da più dischi abrasivi o attrezzati con spazzole che generalemente viene
posizionato dopo un aerografo o un disco, ad una distanza minima di 6 metri.
Dischi per effetto scorza possono essere sia dischi tradizionali modificati (sostitu-
zione del pacco dischi con tubetto forato) oppure apposite cabine che permettono di
ottenere un effetto granito.
La linea di smaltatura
192
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Decoratrici
193
Tecnologia ceramica applicata
La racla
Langolo di attacco dipende dalla flessibilità della lama, dalla pressione esercita-
ta, dalla forma del filo della lama, dallangolo di montaggio della racla e influenza in
modo determinante la quantità di inchiostro spremuto. In particolare il deposito di
inchiostro sarà maggiore per α piccoli e quindi per lame morbide con bordo arro-
tondato.
Serigrafia piana
194
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Fig. 5. Schema funzionale della serigrafia in piano: 1 racla; 2 inchiostro; 3 schermo; 4 cornice; 5 pia-
strella.
195
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 6. Schema funzionale della serigrafia rotativa: A alimentazione; D rullo di stampa; P piastrella;
T cinghie; L cinghie della linea; FT fotocellula.
gni lungo la circonferenza del cilindro. Naturalmente, più alto è il numero di disegni
presenti sullo stesso cilindro e più è possibile diversificare il prodotto.
Per questo nella serigrafia cosiddetta random, la rotativa dà più possibilità ri-
spetto alla piana per un maggior numero di combinazioni grafiche. Anche la durata
di un retino rotativo aumenta, a parità di condizioni operative, rispetto ad un retino
tradizionale piano.
196
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Decorazione a rullo
In questo caso i supporti di stampa sono cilindri polimerici e siliconici, sui quali
le immagini vengono incise con sistemi laser. Questa tecnica permette una grande
fedeltà, grazie allelaborazione digitale di unimmagine allincisione laser, ottenendo
retinature molto fini e sfumature omogenee che danno una qualità di definizione
elevatissima ed una riproduzione del soggetto costante nel tempo. Si ottengono de-
cori ripetitivi, effetti di stonalizzazione in linea ed una riproduzione infinita e fedele
della matrice originale.
Accanto al metodo standard dincisione laser dei rulli, si è affiancato quello ad
Alta Definizione, o HD. Questa nuova tecnica permette la riproduzione di unim-
magine da stampare sulla piastrella, senza retinatura di base, né inclinazioni, poiché
viene ricostruita punto per punto.
Labbandono della retinatura elimina tutti i problemi creati dalla sovrapposizio-
ne di più colori ed una riproduzione dei minimi dettagli dellimmagine originale.
Quindi il grande vantaggio che lincisione HD offre è quello di non perdere i parti-
colari di una grafica, ma anzi di definirli maggiormente. Per la ricchezza dei partico-
lari ottenibili, per la dolcezza delle sfumature, questo tipo di incisione è particolar-
mente indicata per riprodurre marmi con vene particolari, le sfumature più detta-
gliate di una pietra naturale ed anche di disegni geometrici.
La decorazione con sistema rotativa a rullo avviene con i contatti fra cilindro e
piastrella, che si muovono esattamente alla stessa velocità e che permette di non
fermare il supporto, con conseguenti vantaggi sia di velocità decorativa sia di dimi-
nuzione di rotture di angoli, crepe ed altri difetti tipici. Si tratta quindi di una deco-
razione che avviene con tutte le componenti in movimento sincrono: cioè cilindro,
colore e supporto.
Lincisione del cilindro siliconico crea alveoli che contengono il colore da trasfe-
rire sulla piastrella ed ancora prima che il rullo la tocchi, la racla, ad ogni rotazione,
197
Tecnologia ceramica applicata
toglie leccesso di pasta serigrafica. Il rilascio del colore dallalveolo del cilindro
avviene con due meccanismi: il primo con trasferimento per gravità forzata, dove il
colore, grazie alla sua bassa viscosità, passa velocemente sul supporto usufruendo
della gravità e della forza centrifuga aggiuntiva del movimento rotatorio del cilin-
dro; il secondo meccanismo è invece molto più importante perché è un trasferimen-
to dovuto al fatto che il colore quando viene a contatto con la piastrella si aggancia
ad essa perché una piccola parte viene già assorbita.
Altro importante vantaggio del sistema è la durata del cilindro. Resta inteso che
alcuni fattori importanti influenzano durata, quali, la pressione della racla che agi-
sce sullabrasione del silicone, laspetto dello smalto che, se grossolano, incrementa
la frizione tra il cilindro e la piastrella, ma soprattutto la sua umidità. Infatti uno
smalto ancora umido funge da efficace lubrificante per il silicone, contribuendo ad
ottenere una durata più elevata del cilindro.
Tessuti serigrafici
Alla base del processo serigrafico, sia piano che rotativo, il tessuto, fornisce in
primo luogo, il supporto necessario allimmagine da stampare e ne influisce la defi-
nizione e la precisione di registro.
Per essere idoneo alla serigrafia di elevata qualità il tessuto deve avere le seguen-
ti caratteristiche:
a) tessitura uniforme;
b) elevata resistenza allabrasione ed allo sfregamento per sopportare lo stress
meccanico durante la fase di stampa;
c) elevata resistenza alla trazione durante la fase di produzione del quadro di
stampa;
d) unappropriata costruzione tessile in rapporto al tipo di disegno ed alla qualità
del materiale da stampare, poiché in base a questi vengono definiti il numero di
fili, lapertura maglia e lo spessore del tessuto da utilizzare;
e) resistenza ai prodotti chimici utilizzati in serigrafia, come le paste serigrafiche,
acqua, i solventi e gli agenti sgrassanti;
f) elasticità per riacquistare la posizione originale dopo la pressione esercitata dal
passaggio della racla nella stampa;
g) elevata insensibilità alla pressione ed agli impatti;
h) minor rigonfiamento possibile per evitare modifiche nellapertura maglia del tes-
suto e il passaggio della pasta serigrafica;
i) una buona adesione a tutte le emulsioni fotosensibili.
198
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
gna tenere presente che il deposito ed il consumo di colore sono influenzati diret-
tamente dal numero dei fili, poiché questi devono attraversare il tessuto.
Il tessuto è lunico supporto dellimmagine e, pertanto, il numero dei fili deve
essere in grado di costituire un sostegno sufficiente per i dettagli più fini che si
vogliono riprodurre.
Altro dato importante che contraddistingue un tipo di tessuto è il diametro del filo.
Un altro fattore da considerare nella scelta del tessuto è lapertura della maglia (o
superficie libera).
Va sottolineato che lapertura maglia è un dato molto utile quando si ha a che fare
con paste formate da particelle piuttosto grosse.
Il tipo di tessuto viene determinato dallo spessore, valore dato dalla combinazione
del numero di fili, dal diametro filo e dallarmatura del tessuto stesso.
I parametri teorici (espressi in centimetri cubi per metro quadrato) riguardanti
la quantità massima di colore che rimane sul supporto da stampare dopo il passag-
gio della racla, vengono chiamati volume teorico del colore. Questo dato varia da tessu-
to a tessuto e dipende dalla percentuale di superficie libera (o apertura maglia) e
dallo spessore del tessuto.
Inoltre, sul consumo ed il deposito di colore influiscono altri fattori, quali:
armatura del tessuto;
metodo di matrice;
durezza, profilo, pressione ed angolazione della racla;
velocità di stampa;
tensione del tessuto;
pressione di stampa in relazione al tipo di macchina (piana o rotativa);
numero di applicazioni dellemulsione.
Tipi di tessuto
Analizziamo ora i tipi di tessuto maggiormente utilizzati dai produttori di retini
serigrafici, prodotti con fibre sintetiche per ben rispondere alle sollecitazioni meccani-
che, fisiche e chimiche a cui sono sottoposti e che si dividono in tre gruppi (fig. 7).
a) Filo di poliestere
Questa fibra offre unapprezzabile resistenza alla trazione, da cui ne deriva un
minor allungamento dei fili e, quindi, fa sì che sia ideale per stampe ad alta precisio-
ne, dove laccuratezza del registro è indispensabile. Ha uneccellente resistenza al
calore ed è poco sensibile alle oscillazioni termiche o allumidità. Il poliestere pos-
199
Tecnologia ceramica applicata
La cornice (telaio)
200
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
protetta, con costi relativamente bassi e buona resistenza alle sollecitazioni; per
contro risulta difficile da maneggiare in grandi misure e se non è adeguatamente
protetta con vernici o lacche è predisposta alla ruggine;
b) in alluminio, che ha il vantaggio di essere leggera e facile da maneggiare, di avere
resistenza alla ruggine e di essere ideale per piccole e medie misure; a suo sfavore
va considerato il fatto che è insufficientemente resistente agli acidi ed alcali, che
è meno indicata per grandi formati in quanto non abbastanza resistente alla forza
del tessuto in trazione e di avere un costo relativamente alto.
La tensione
La fase di tensionatura è una delle operazioni più importanti nella preparazione
di un quadro serigrafico, poichè essa influenza direttamente i risultati di stampa.
Solamente un quadro tensionato correttamente porta a risultati adeguati, quali:
alta resistenza;
ottima adesione delle matrici;
colore dimmagine adeguato.
L’emulsione
201
Tecnologia ceramica applicata
La fotoincisione
202
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Sono delle paste o dei liquidi più o meno viscosi costituiti da un insieme di parti-
celle solide disperse in un veicolo fluido più eventuali sostanze complementari, facil-
mente trasferibili sulla superficie da stampare dove formano un deposito dellordine
del decimo di millimetro di spessore.
La fase solida è costituita da coloranti che si trasformano in vetro con la cottura.
Sono essenzialmente delle miscele di cristallina o fondenti con ossidi e pigmenti
coloranti, preparate tramite macinazione ad umido ed essiccamento.
La fase liquida dellinchiostro, che funge da veicolo per i coloranti è solitamente
costituita da prodotti quali glicole e poliglicole etilenico, caratterizzati da un grande
potere bagnante nei confronti del supporto.
Tale fase deve inoltre possedere buone qualità come legante, plastificante e stabi-
lizzante. Veicoli con maggiori caratteristiche di adesività particolarmente adatti per
la monocottura, possono essere preparati con carbossimetilcellulose in soluzione
addizionate con alcool polivinilico, glicoli o poliglicoli.
Per quanto riguarda la preparazione degli inchiostri, in genere la base solida
viene preparata per macinazione ad umido in modo analogo a uno smalto ceramico,
quindi viene essiccata gradualmente secondo un ciclo termico ottimale, polverizzata
ed infine stoccata.
Segue la miscelazione e lomogeneizzazione della polvere ottenuta col veicolo
serigrafico.
Solitamente si opera con un agitatore aggiungendo un determinato peso di pol-
vere a una quantità prestabilita di veicolo.
La pasta così ottenuta deve essere infine raffinata, operazione che può essere
fatta con macchine diverse (setacciatrici, raffinatrici cilindriche, raffinatrici a mole o
mulini a micro sfere).
203
Tecnologia ceramica applicata
Raffinazione
I veicoli serigrafici
204
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Decorazione soprasmalto
205
Tecnologia ceramica applicata
Decorazione sottosmalto
Questo tipo di decorazione è applicata direttamente sul supporto, che deve essere
preventivamente ben pulito e leggermente spruzzato con acqua, in modo da rendere
uniforme la bagnabilità e la capacità di assorbimento dacqua.
Oltre a questo è comunque bene applicare anche nella serigrafia sottosmalto un
fondo di preparazione che faccia da base allinchiostro serigrafico.
Oltre ai difetti già visti per i decori sopra smalto, un inconveniente caratteristico
della decorazione sotto smalto è la comparsa dopo cottura di piccoli avvallamenti,
buchi o crepe in corrispondenza dei decori, per lo più quelli molto sottili.
La causa di questo difetto può essere ricercata nella presenza di granuli di di-
mensioni eccessive (scarsa macinazione delle polveri) o in una troppo scarsa velocità
di essiccamento della parte che al momento dellapplicazione può agire da idrore-
pellente.
Sfumatura
Tinta unita
206
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Sovrapposizioni di colore
207
Tecnologia ceramica applicata
208
Tecniche di applicazione degli smalti e di decorazione
Capitolo VI
COTTURA
Considerazioni generali
209
Tecnologia ceramica applicata
210
Cottura
211
Tecnologia ceramica applicata
a partire da 900 °C circa dissociazione termica di altri sali presenti, quali solfati e
fluoruri;
se si raggiungono temperature superiori ai 1000 °C, possono evaporare alcuni
componenti degli impasti e dei rivestimenti come gli ossidi alcalini, lossido di
piombo, lossido di zinco, lanidride borica.
212
Cottura
che tendono ad allontanarsi sfuggendo attraverso gli spazi intergranulari: sarà quindi
di primaria importanza che vengano sottoposte a cottura piastrelle con un idoneo
grado di compattazione, che permetta il raggiungimento della sinterizzazione
ottimale, ma aventi ancora una buona permeabilità ai gas, per favorire lespulsione dei
prodotti gassosi di pirolisi e di ossidazione e, contemporaneamente, lo scambio
gassoso con latmosfera del forno, in particolare con laria, quindi con lossigeno in
essa contenuto.
Anche i gas presenti nellambiente del forno, infatti, (atmosfera di cottura)
possono attivare reazioni con i materiali presenti negli impasti e nei rivestimenti
o con i prodotti delle loro trasformazioni. Molto spesso si cerca di indirizzare
latmosfera di cottura in modo da far evolvere le reazioni nel senso voluto: così per
quelle trasformazioni che sviluppano gas o hanno bisogno di ossigeno, si creano
circolazioni di aria in modo da favorire il ricambio gassoso e la creazione di
unatmosfera ossidante; viceversa, quando si intende realizzare un ambiente povero
di ossigeno o addirittura ridurre gli ossidi presenti, si deprime la circolazione
dellaria e/o si ammettono sostanze che producono nellambiente di cottura gas
riducenti come CO e H2O. Ciò può essere ottenuto variando limmissione di aria in
atmosfera forno, tramite lopportuna regolazione delle arie secondarie dei brucia-
tori, o variando le impostazioni della pressione relativa dei gas nelle varie zone del
forno, ponendo, quindi, in pressione o in depressione differenti parti del forno
stesso.
Per esempio, le sostanze organiche presenti bruciano, come visto, fra 300 e 450
°C circa, producendo anidride carbonica e vapore acqueo; se il riscaldamento è
graduale, la circolazione di aria è buona e non si ha vetrificazione superficiale, la
combustione si completa a circa 600 °C lasciando minimi residui e producendo una
porosità fine.
In caso contrario le sostanze organiche subiscono una distillazione secca con
produzione di carbone e di altri prodotti di riduzione, che anneriscono la massa
dellimpasto (difetto del cuore nero); solo a temperature più alte il carbone reagisce
con gli ossidi circostanti che si riducono secondo il seguente schema (Me = generico
metallo):
213
Tecnologia ceramica applicata
214
Cottura
Mullite formatasi in un impasto da porcellana - S mullite primaria, A Viscosità dei feldspati in funzione della
mullite secondaria formatasi dalla fase vetrosa feldspatica, V fase ve- T.
trosa, Q granulo di quarzo in fase di dissoluzione.
Fig. 3.
Il ciclo di cottura
215
Tecnologia ceramica applicata
riconosciuto, dopo ripetute prove, come ottimale per il conseguimento delle pro-
prietà prefissate del prodotto ceramico; la velocità di aumento della temperatura
è opportunamente regolata sulla base di parametri intrinseci al materiale e alle
condizioni operative;
b) tempo di permanenza del manufatto alla massima temperatura; la durata di que-
sta fase è in relazione alle dimensioni del manufatto e del forno; più elevati sono
tali parametri, maggiore è lesigenza di uniformare la temperatura per far sì che
si compiano le trasformazioni fisiche e chimiche previste;
c) diminuzione della temperatura fino a raggiungere i valori ambientali secondo un
programma che tenga conto della sensibilità del corpo ceramico ai gradienti ter-
mici e di particolari esigenze; ad esempio in questa fase verrà eventualmente
considerata la necessità di favorire fenomeni di cristallizzazione rallentando il
raffreddamento in certi intervalli di temperature.
Le stesse reazioni chimiche e fisiche innescate dalla cottura, a seconda che siano
endotermiche o esotermiche, provocano nella massa dei manufatti variazioni di
temperatura delle quali si dovrà tenere conto nella programmazione del ciclo di
cottura. In linea di massima le reazioni di decomposizione, di disidratazione ed i
fenomeni che portano da uno stato più condensato ad uno meno condensato (ad
esempio una fusione o una evaporazione) sono endotermici; le ossidazioni, le
combustioni, il passaggio da uno stato disordinato ad uno più ordinato, come nella
cristallizzazione, sono trasformazioni esotermiche. In corrispondenza degli inter-
valli di temperature a cui si possono avere tensioni nei pezzi, il ritmo della crescita
o della diminuzione di temperatura (∆T/t = gradiente termico) deve subire
opportuni rallentamenti, mentre per le altre temperature può essere anche molto
rapido.
Per impostare correttamente il ciclo termico (curva temperatura-tempo) di una
cottura è quindi importante la conoscenza dei fenomeni che avvengono e delle
temperature a cui si verificano; inoltre a parità di materiale da cuocere hanno un
importante ruolo nel determinare il gradiente di crescita e il tempo di permanenza le
dimensioni dei pezzi, la densità di carica (il calore si propaga meglio se i pezzi sono
più radi e di dimensioni uniformi) e la diffusività termica del materiale, data da
conducibilità termica/calore specifico e la densità.
La progettazione della curva di cottura consiste, dunque, nella difficile arte di
conciliare la migliore produttività del forno con la buona qualità del prodotto. Per
molti secoli si è puntato ad avere grandi camere di infornamento che necessitavano
di lunghi tempi di cottura per avere una uniforme penetrazione del calore nella massa
dei manufatti senza provocare, negli stessi, disparità termiche. Verso la metà degli
anni 70, con lapplicazione dei forni a rulli per la cottura monostrato delle piastrelle,
la durata della cottura è passata, soprattutto nei cicli industriali, a tempi relativamen-
te brevi (alcune decine di minuti). Dagli studi sulle cotture rapide è emerso anche che,
accelerando i tempi di riscaldamento, le trasformazioni chimico-fisiche tipiche della
cottura subiscono un ritardo: si crea un gradiente tra la temperatura del forno e quella
dei manufatti che rappresenta linerzia e il ritardo con cui avvengono tali reazioni.
Questo fenomeno si giustifica col fatto che occorre un certo tempo perché dal forno
216
Cottura
il calore si diffonda in modo omogeneo nella massa dei manufatti; è stato dimostrato
che, aumentando i coefficienti di trasmissione del calore nel materiale, la differenza
di temperatura decresce.
Pertanto una indicazione valida sia per le cotture lente che per quelle rapide è
quella di prevedere, nel grafico di cottura, una permanenza alla temperatura più alta
per uniformare il livello termico e quello di avanzamento delle reazioni.
La cottura rapida ha determinato radicali mutamenti nella carica dei forni, nella
struttura del forno, nella formulazione degli impasti e dei rivestimenti.
Gli oggetti sottoposti a cottura rapida sono infornati in modo da esporre al calore
la più ampia superficie possibile; vengono quindi disposti singolarmente su di un
piano in modo da formare un unico strato e da ricevere il calore da tutte le direzioni
nel modo più uniforme. Il ritmo di riscaldamento o di raffreddamento va rallentato
solo nelle zone critiche, mentre nelle altre fasce di temperatura si adottano gradienti
termici molto alti.
I forni sono fabbricati con materiali refrattari a bassa inerzia termica, in grado di
accumulare poco calore, che viene distribuito uniformemente allinterno da vari
bruciatori. Queste modificazioni hanno permesso di mantenere abbastanza alta la
produttività.
217
Tecnologia ceramica applicata
218
Cottura
I combustibili
Tab. 1. Proprietà dei gas che intervengono nella combustione, considerati in condizioni normali (0 °C,
760 mm Hg, secchi).
219
Tecnologia ceramica applicata
220
Cottura
Pressione
effettiva
Composizione percentuale in peso del G.P.L. ( Propano/n Butano)
rete (bar) Propano n Butano
100/0 90/10 80/20 70/30 60/40 50/50 40/60 30/70 20/80 10/90 0/100
0.5 6 6 6 6 6 6 9 12 15 18 21
0.75 7 7 7 7 7 9 12 16 19 22 25
1 8 8 8 8 9 13 16 20 23 26 29
1.5 9 9 9 10 14 19 22 26 29 32 35
2 10 10 10 15 20 24 27 31 34 38 41
Tab. 2. Temperature minime e pressioni del G.P.L. nelle reti di distribuzione agli utilizzi.
221
Tecnologia ceramica applicata
Quindi, nel caso il G.P.L. venga utilizzato come combustibile, visto che molto
spesso la composizione in peso non è nota o può variare nel tempo, è sempre
consigliabile utilizzare pressioni attorno a 0.5 bar, per evitare pericolose formazioni
di fasi liquide o formazioni di ghiaccio nelle apparecchiature di controllo.
222
Cottura
scambiato dipenda in piccola parte dalla differenza di temperatura tra il fluido e i solidi
che si scaldano, mentre sono invece molto importanti per lo scambio termico le
condizioni che agevolano, o che servono ad indirizzare, il moto del fluido. Il
movimento dei fluidi può dipendere da una particolare posizione della sorgente di
calore rispetto al condotto di aspirazione dei fumi, dalluso di bruciatori soffiati o ad
alta velocità, da ventilatori che provocano una circolazione forzata.
La convezione può essere accentuata se si infornano gli oggetti in modo da
permettere ai fluidi di circolare tra essi liberamente e se si dispongono i bruciatori ad
alta velocità sulle pareti, da parti opposte ma sfalsati, per produrre turbolenze e una
circolazione dei gas trasversale al moto del materiale.
Nella propagazione del calore per irraggiamento il calore si trasmette attraverso
i raggi infrarossi che sono emessi da tutti i corpi caldi. La quantità di calore trasmessa
dipende dalla temperatura secondo la relazione:
Q = σ (T24 T14)
Pertanto questo meccanismo diventa sempre più importante con linnalzarsi della
temperatura del forno, tanto che in alcuni casi, soprattutto nei forni a fiamma libera
in cui le fiamme possono giungere nelle immediate vicinanze degli oggetti, si
provvede a proteggere le loro superfici con materiale refrattario. La trasmissione del
calore per irraggiamento è tipica dei forni muffolati e della cottura in caselle: è infatti
la struttura di refrattario che irradia il calore ricevuto agli oggetti infornati.
Lirraggiamento viene anche sfruttato per produrre un raffreddamento rapido
degli oggetti cotti ad alta temperatura: in tal caso le radiazioni emesse dai corpi
vengono captate da tubi di carburo di silicio (dotati di alto potere assorbente per i
raggi infrarossi) entro cui circola aria prelevata dallambiente.
223
Tecnologia ceramica applicata
224
Cottura
Fig. 6. Schematizzazione di una parete del forno che evidenzia lisolamento termico.
225
226
Tecnologia ceramica applicata
Impianto di combustione
Nel primo caso, una volta regolata, la quantità di aria che arriva al bruciatore
rimane costante, indipendentemente dalle variazioni di carico, o altro che possa
mutare il valore di temperatura impostato in quella zona: il valore di temperatura
impostato viene mantenuto solo attraverso la modulazione del gas. In questo modo
è evidente che il bruciatore può lavorare in corretto rapporto stechiometrico gas/aria
solo in un ristretto campo di funzionamento, essendo leccesso di aria la situazione più
comune. Questo sistema è semplice da costruire, permette una buona stabilità
pressoria del forno in caso di lacune del carico, ma si rivela più dispendioso in quanto
a consumo di combustibile.
Nel secondo caso, la quantità di aria e gas è variabile secondo un rapporto costante
che dipende dalle eventuali variazioni di carico allinterno del forno o altro che possa
variare il valore di temperatura impostato nella zona.
Il valore di temperatura impostato viene mantenuto attraverso la variazione
simultanea di aria e gas e questo comporta una variazione di volumi allinterno del forno.
Per contro, i bruciatori lavorano prevalentemente in un rapporto stechiometrico
che è ottimale in termini di consumo di combustibile.
Linstabilità pressoria per lacune nel carico, la maggior complicazione costruttiva
e la difficoltà di recuperare transitori di temperatura sono alcuni punti negativi
importanti soprattutto se collegati al progressivo ampliamento dei forni in termini
di larghezza e lunghezza.
227
Tecnologia ceramica applicata
Tab. 4. Consumo specifico di un forno monostratico in relazione della temperatura dellaria comburente
(aria di recupero).
In accordo alle reazioni che debbono svilupparsi alle differenti temperature ed alla
realizzazione strutturale del forno, è allora possibile descrivere questa macchina
termica con la seguente schematizzazione:
1 - Preforno
È la zona di entrata delle piastrelle in forno, destinata alleliminazione dellacqua
igroscopica residua dopo il processo di essiccazione principale, dopo smaltatura e
dopo parcheggio in ambiente igroscopicamente sfavorevole: è accettabile unumidità
massima non oltre il 2% in peso. Si avvia anche leliminazione dellacqua zeolitica delle
228
Cottura
2 - Preriscaldo
È lo stadio del processo di cottura dedicato alla degasazione del corpo ceramico,
indispensabile perché non si producano poi, in cottura, rigonfiamenti, bolle, buchi,
porosità dello smalto e stonalizzazioni.
Il campo di temperatura che gli compete è fortemente condizionato dalla tipologia
del prodotto da cuocere ed ancor più dalla tipologia dello smalto più o meno
bassofondente. Vale pertanto il concetto che il preriscaldo finisce là dove si innesca
la fusione; la porosità superficiale delle piastrelle si riduce, perdendo rapidamente
permeabilità ai gas. Ciò premesso, il campo di temperatura del preriscaldo può essere
500-700 °C o 500-1000 °C, se lo smalto è di buona fattura; può essere esteso ai 1100
°C per impasti e smalti eccezionalmente altofondenti.
Altro compito del preriscaldo è accompagnare la trasformazione allotropica del
quarzo α in quarzo β, senza che si producano rotture per eccesso di tensioni, durante
il forte aumento di volume del corpo ceramico.
Di conseguenza alla differenza di temperatura tra ambiente e piastrelle in rapido
avanzamento, gli eventi in preriscaldo devono essere parametrati alle temperature
nel canale di cottura, così da individuare i campi di temperatura più efficaci agli eventi.
Il preriscaldo è dotato di un robusto impianto di bruciatori alloggiati in parete,
sopra e sotto il piano rulli. Solo forni destinati alla cottura a vetrato mancano di
bruciatori sotto il piano dei rulli, fatta eccezione per il fine zona cottura. I bruciatori
sono suddivisi, per erogazione del combustibile, in raggruppamenti di più pezzi
distribuiti su due moduli di forno, simmetricamente sfalsati tra lato destro e sinistro.
I raggruppamenti sopra e sotto il piano rulli sono sempre separati per regolazione.
La sezione verticale della camera del forno è aumentata rispetto al preforno e il
dimensionamento dei moduli è aumentato per contenere un isolamento di maggior
spessore. Le pareti sono costruite con mattoni isolanti nella sezione prospiciente il
laboratorio e fibre in secondo ordine. La volta è realizzata con blocchi di refrattario
leggero, appesi con ancoraggi metallici a tubolari poggianti sulla struttura dei
moduli. In secondo e terzo strato troviamo fibre refrattarie ed un getto isolante di
229
Tecnologia ceramica applicata
3 - Cottura
Interessa il campo delle massime temperature, a partire da ca 1000 °C.
Circa la qualità dellisolamento termico, le pareti trovano esposti al fuoco mattoni
refrattari-isolanti con più spiccate caratteristiche refrattarie e fibre isolanti a comple-
tamento dellisolamento. In particolare gli spessori dellisolamento sono dimensiona-
ti differentemente, consequenzialmente alle previste temperature necessarie per
specifiche caratteristiche del prodotto. È da tenere presente che per adeguare in forma
ottimale lisolamento a temperature nel campo 1100-1250 °C sono utilizzati 3
differenti livelli di isolamento: tanto è necessario per il funzionamento non critico del
forno a costo dimpianto ottimizzato.
Tutta la zona di cottura è dotata di bruciatori in parete disposti sopra e sotto il
piano rulli.
È quasi esclusivamente in zona cottura che si imprimono nella piastrella le
caratteristiche finali di dimensione, planarità, greificazione e sviluppo dello smalto.
È pertanto indispensabile il controllo particolarmente raffinato delle temperature e
lottima fattura del piano rulli, tenendo conto che determinati prodotti subiscono un
rammollimento deciso.
Per controllare e gestire linfluenza con la contigua zona del raffreddamento
rapido, la zona cottura termina con doppio sbarramento fisico, costituito ciascuno da
un muro trasversale che seziona la parte bassa del canale di cottura fino al limite del
piano rulli e da lastre rigide di fibra isolante (chicanes), inserite attraverso unapposita
apertura ricavata nella volta del forno, a sezionare il canale di cottura sopra piano
rulli.
Altri analoghi sezionamenti del canale di cottura in zona cottura o preriscaldo,
mentre sono causa di frequente ed a volte gravosa manutenzione, difficilmente
sortiscono risultati apprezzabili: sono pertanto predisposti solo in casi di potenziale
utilità, vale a dire in forni molto corti o per cottura di prodotti con particolari e
specifiche esigenze.
4 - Raffreddamento rapido
Interessa il campo di temperatura compreso tra la massima temperatura di cottura
ed i 600 °C.
È destinato a raffreddare le piastrelle il più rapidamente possibile fino a tempera-
ture sicuramente superiori a quella della trasformazione allotropica del quarzo.
Questo stadio del processo di cottura, per la velocità impressionante di abbattimento
della temperatura e di riconduzione allo stato solido di impasto e smalto, è sicuramen-
te alquanto critico per le piastrelle. Lattrezzatura per il raffreddamento rapido è
costituita essenzialmente da tubi soffiatori inseriti in parete sopra e sotto il piano rulli,
230
Cottura
che immettono aria fredda attraverso fori allineati nella camera del forno. La foratura
dei soffiatori permette di distribuire con buona omogeneità laria nella sezione del
carico in forno; i tubi soffiatori sono orientabili secondo necessità; sono realizzati in
acciaio austenitico o, a richiesta, in carburo di silicio per quelli più esposti allalta
temperatura.
La temperatura in zona raffreddamento rapido è controllata da una termocoppia
sopra ed una seconda sotto il piano rulli.
Attrezzatura accessoria per il raffreddamento rapido è uno scambiatore di calore
realizzato con tubi di acciaio inseriti al di sotto della volta del forno, trasversalmente
al canale di cottura: al loro interno viene fatta circolare laria di combustione destinata
ai bruciatori.
La duplice funzione dello scambiatore risiede nella possibilità di aiutare lazione
raffreddante del soffiaggio e nel fornire aria preriscaldata, normalmente attorno ai
100-120 °C, quale aria di combustione per i bruciatori.
Tale temperatura assicura unaria già sufficientemente dilatata nei volumi, priva
di umidità, e non dannosa per le strutture interne della camera in caso di spegnimento
dei bruciatori stessi.
Lisolamento termico delle pareti della zona raffreddamento rapido è realizzato
con mattoni refrattari-isolanti prospicienti il canale di cottura e fibre isolanti in
secondo ordine. Gli spessori sono ridotti, conseguentemente alle relative basse
temperature in laboratorio.
5 - Raffreddamento lento
È lo stadio del processo di cottura dedicato alla delicatissima ritrasformazione
allotropica del quarzo.
Levento comporta una forte diminuzione in volume del corpo ceramico; deve
svilupparsi con dovuta lentezza e gradualità affinché la trasformazione avvenga con
sufficiente contemporaneità in tutta la piastrella: nel corpo ceramico, già rigido, le
tensioni possono facilmente produrre la caratteristica rottura a vetro che, in
prodotti a medio-alta greificazione, fa assumere alla frattura un aspetto liscio, lucido,
concoide e con bordi taglienti.
Il campo di temperatura interessato è compreso tra 600 e 450 °C, cui corrispon-
dono reali temperature della piastrella tra 700 e 500 °C.
Lattrezzatura di questa zona è costituita da un sistema di tubi scambiatori di
calore trasversali al forno al di sotto della volta, attraverso i quali un ventilatore fa
circolare aria fredda aspirata in ambiente. Il senso della circolazione dellaria, in tubi
successivi, è alternato da destra a sinistra e da sinistra a destra. Il sistema è sezionabile
in lunghezza con apposite valvole sul collettore dellaria calda.
La sezione verticale della camera del forno è nuovamente ridotta e così pure il
dimensionamento dei moduli, per contenere lisolamento più leggero, sufficiente alle
basse temperature. Lisolamento della volta è realizzato in lastre rigide di fibra
ancorate alla carpenteria dei moduli; le pareti vedono nella sezione prospiciente il
laboratorio mattoni e fibre in secondo ordine; la suola è costruita con mattoni isolanti.
Il refrattario in questa zona del forno esercita un secondario ruolo di isolamento
termico, che durante i vuoti di carico è utile nel mantenere una sufficiente tempera-
231
Tecnologia ceramica applicata
tura nel laboratorio. La zona termina con un doppio sbarramento trasversale al forno,
a distanza ravvicinata.
Entrambi gli sbarramenti sono costituiti da un muro a secco che seziona il
laboratorio sotto piano rulli e lastre di lamiera di acciaio austenitico infilate in
apposite aperture nella volta; la porzione terminale di queste chicanes può basculare
se urtata da materiale che avanza accavallato.
Tali sezionamenti hanno lo scopo di controllare la corsa in controcorrente al
carico dei grossi volumi daria in gioco nel raffreddamento finale.
6 - Raffreddamento finale
È lultimo stadio del processo di cottura ed ha il compito di abbattere quanto più
possibile il calore latente del prodotto che ormai ha superato la criticità della
ritrasformazione del quarzo.
È attrezzato con un sistema di soffiatura di aria fredda direttamente sopra e sotto
il materiale, tramite terne di tubi trasversali forati, con ciascuna terna regolabile per
portata daria da una serranda sullalimentazione aria.
Un secondo ventilatore preleva nel laboratorio laria che si è riscaldata a contatto
del prodotto tramite prese nella volta, da tramogge con valvola a farfalla di
regolazione.
Le prese di aspirazione dellaria calda si estendono verso la zona del raffreddamen-
to lento con una presa tra i due sbarramenti tra zona raffreddamento lento e quello
finale ed una presa immediatamente a monte degli sbarramenti: questa presa risulta
utile nelle fasi di riscaldamento dei forni e per stabilire il necessario equilibrio nella
corsa dei volumi daria verso la zona di cottura.
Movimentazione rulli
Il sistema di movimentazione rulli più usato consiste nella trasmissione del moto ai
rulli con ingranaggi: per la trasmissione angolare del moto ai rulli utilizza una coppia
di ingranaggi a denti inclinati. La successione degli ingranaggi motori è fissata con
grani ad un albero dacciaio: uno per ciascun modulo di forno. Due, tre o quattro alberi
sono uniti tra loro da giunti con bussole biconiche ad espansione, lavorate in modo da
ricavarne esternamente un doppio ingranaggio: si compone così un traino rulli.
Lalbero riceve il moto da un motovariatore con rinvio a catena con regolazione
automatica della velocità a mezzo computer. Raccoglie sempre più favore lalterna-
tore del motoriduttore pilotato da modulatore di frequenza.
Tutti gli ingranaggi sono protetti da carter chiuso, che funge anche da vasca per
il bagno dolio.
232
Cottura
mente disposte sopra e sotto piano rulli. Non sono orientate nel senso della corsa dei
fumi provenienti dalla zona di cottura: semplicemente generano una depressione
verso la quale i fumi affluiscono.
Le prese sopra piano rulli singolarmente e quelle sotto piano rulli insieme sono
regolabili con valvole a farfalla: dette valvole sono intese come valvole di ripartizione
del tiraggio tra sopra e sotto piano rulli.
La portata del ventilatore fumi è limitabile secondo diverse soluzioni dimpianto:
una valvola a farfalla a governo manuale a monte della bocca del ventilatore
rappresenta lesecuzione standard. Lattuazione della valvola con servomotore co-
mandato dal quadro forno o lapplicazione di modulatori di frequenza (inverter) al
motore del ventilatore sostituiscono, con o senza dispositivo per la regolazione
automatica della pressione in forno, soluzioni opzionali realizzate su richiesta.
È disponibile inoltre una presa di aria ambiente sul collettore fumi, regolabile
manualmente con valvola a farfalla, che permette di abbassare la temperatura dei fumi
quando questa può risultare eccessiva per il ventilatore. Rappresenta anche un
organo di regolazione fine della quantità di fumi aspirati.
La ripartizione del tiraggio tra sopra e sotto il piano rulli ha unefficacia limitata:
si osserva infatti che già a 10-12 metri dalle prese in forno i fumi prendono il percorso
più naturale, sopra piano rulli. Sono favoriti in ciò dalla facile comunicazione tra i due
livelli del laboratorio, attraverso gli spazi vuoti tra rullo e rullo delle porzioni di
rulliera non coperte dal carico.
Laria di combustione somministrata ai bruciatori, in quantità solitamente varia-
bile tra 5 e 35 m3/h per bruciatore, è definita secondo necessità. Dilatata dalla
temperatura, essa rappresenta la gran parte dei volumi da evacuare.
A questi volumi si aggiunge almeno una parte dellaria soffiata in raffreddamento
rapido.
Laria soffiata nel raffreddamento rapido può essere del tutto o in parte aspirata dal
ventilatore fumi o da quello di aspirazione aria calda in raffreddamento finale.
Aspirata dal ventilatore fumi, almeno in parte, gioca un ruolo positivo nel consumo
di combustibile poiché, già fortemente surriscaldata, permette di somministrare
quantità inferiori daria ai bruciatori (più fredda), ed assicura buona ossigenazione in
laboratorio (fig. 9).
Aspirata dal ventilatore aria calda in raffreddamento finale, con percorso in
equicorrente al carico, può essere di notevole aiuto nel conservare caldo il laboratorio
in concomitanza ad importanti vuoti di carico quindi salvare la testa di produzione
da rotture eventuali in fase di ritrasformazione del quarzo (fig. 8).
Fig. 8. Andamento della circolazione dellaria con aspirazione parziale verso luscita.
233
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 9. Andamento della circolazione dellaria e convogliamento della stessa verso uscita.
Controlli
234
Cottura
235
Tecnologia ceramica applicata
delle varie zone del forno o per occasionali controlli sui materiali, ad esempio
inserendole allinterno dei rulli sino a differenti livelli allinterno del forno.
Altro mezzo efficace di misurazione della temperatura sono i pirometri ottici, che
basano la loro misura, di un oggetto focalizzato tramite un traguardamento ottico, sul
confronto tra il colore della radiazione emessa dalloggetto da misurare e quello di un
campione a temperatura nota (es. un filamento riscaldato elettricamente).
Maggiori prestazioni sono ottenibili tramite lutilizzo di strumenti in grado di
misurare la radiazione infrarossa emessa, i pirometri IR. In questo caso è di estrema
importanza la corretta calibrazione dello strumento, tramite la scelta di un coefficien-
te di emissione significativo.
Un metodo di stima della temperatura effettivamente raggiunta dai pezzi
ceramici sottoposti a cottura è, poi, quello di far passare nel forno, assieme ad essi,
particolari oggetti, realizzati con materiali ceramici a ritiro noto e calibrato con la
temperatura: i più utilizzati sono senzaltro gli anelli Buller, di diametro di circa
63,5 mm, e realizzati con un impasto per porcellana. Misurando il diametro dopo
cottura è possibile risalire, tramite apposite tabelle, ad una temperatura. Queste
misurazioni hanno il grossissimo limite di essere fortemente dipendenti anche dal
tempo di passaggio attraverso il forno, e non possono dare, quindi, se non una
indicazione relativa, mai assoluta, di temperatura. Possono essere utili per control-
lare la stabilità trasversale di temperatura in un forno. Essendo, poi, il diametro a
crudo non calibrato è assolutamente opportuno registrare la effettiva differenza
dimensionale fra crudo e cotto, e non fare attribuzioni soltanto sulla base del
diametro a cotto.
Quanto a controlli di temperatura si cita, infine, la possibilità di utilizzare
appositi registratori, opportunamente isolati, che è possibile far passare diretta-
mente in ambiente di cottura, assieme al materiale; essi hanno la capacità di ricevere
e registrare per tutta la durata del ciclo il segnale che proviene da svariate
termocoppie ad essi collegate. In questo modo è possibile, tramite lopportuna
collocazione delle termocoppie, ottenere informazioni preziose anche sullinerzia
termica del materiale, e sulla distribuzione di temperatura fra lesterno e linterno
del pezzo.
Esula dagli scopi del presente volume approfondire tematiche di conduzione
ottimale dei forni per la cottura di piastrelle ceramiche, in particolar modo per quanto
riguarda i consumi specifici di combustibile, di energia elettrica ecc.
È senzaltro interessante, però, citare un esempio di bilancio termico indicativo,
che permetta di avere alcuni parametri medi di valutazione sui principali consumi;
nelle figure che seguono sono riportati due di tali schemi, relativi alla produzione di
piastrelle, e calcolati per il caso di utilizzo di aria comburente a temperatura ambiente,
o di ricupero, preriscaldata (figg. 11 e 12).
236
Cottura
Aria calda
Reazioni 12 Kg
1,62 Kg di Dispersio
Endo-
Fumi + aria ni
termiche T= 126°C
tecnologica struttura
T= 250°C 70 276
Kcal/kgp 50 Kcal/kgp
89 Kcal/kgp Kcal/kgp
1 Kg di mat.
cotto
1 Kg di T= 90°C 3%
mat. da 15 Kcal/kgp
cuocere. Roller Kiln
Aria Combustibile
comburente
Fig. 11. Bilancio termico indicativo di un forno a rulli con aria comburente a 30 °C.
1 Kg di
1 Kg di mat. mat. cotto 3,5%
da cuocere. T= 90°C
T= 30°C 15
Roller Kiln
Aria Combustibile
comburente
0,74 kg 420
36 Kcal/kg Kcal/kgp
T=230°C
e=1,10
Fig. 12. Bilancio termico indicativo di un forno a rulli con aria comburente a 200 °C.
237
Tecnologia ceramica applicata
Rulli
Uno dei principali componenti del forno, il rullo, ha subito unevoluzione parallela
a quella del forno stesso.
Si è infatti passato dai rulli metallici ai rulli ceramici, adattandoli man mano che
le temperature di cottura subivano un incremento per le necessità tecniche del
prodotto da cuocere, per i cicli di cottura sempre più rapidi e per il continuo aumento
della larghezza delle bocche dei forni
Si è infatti osservato che il superamento dei 1160-70 °C ha determinato labbandono
dei rulli metallici, che a tali temperature, subivano un rapidissimo deterioramento,
anche quando costruiti in acciai molto pregiati e costosi, come lINCONEL 601.
I produttori di rulli ceramici hanno poi reso disponibile al tecnico ceramista una
gamma di rulli, di formulazione a base ossidica e non ossidica, ottimizzati per le varie
zone del forno, che coniuga una qualità eccellente ad un costo relativamente
contenuto e tale da far abbandonare quasi completamente luso del rullo metallico
(utilizzati a volte alluscita forno).
Rulli metallici
Come indicato nella premessa, i primi forni a rulli erano equipaggiati esclusiva-
mente con rulli metallici, la cui qualità andava dal semplice rullo Mannesman ai rulli
in acciaio inox, di tipo sempre più pregiato, man mano che si avanzava nel forno verso
la zona di cottura.
I rulli impiegati erano normalmente delle seguenti qualità:
Mannesman per temperature fino a 300 °C
Aisi 310 S per temperature fino a 900 °C
Inconel 601 per temperature fino a 1170 °C
238
Cottura
Per contro i fattori negativi che nel tempo hanno determinato il progressivo
abbandono dei rulli metallici sono i seguenti:
costo, i rulli metallici presentano costi indicativamente tre/quattro volte superio-
ri a quelli dei rulli ceramici;
durata molto limitata in presenza di aggressivo chimico nellatmosfera del forno,
in modo particolare risultano particolarmente dannosi i composti dello zolfo che
reagiscono con il nichel presente negli acciai formando sulfuro di nichel basso-
fondente; in casi limite si è osservata la presenza di fori passanti nei rulli anche
dopo sole 72 ore di funzionamento;
impossibilità di utilizzo ad alte temperature per rapido deterioramento e per in-
curvamenti molto accentuati a temperature superiori ai 1160 °C, escludendo di
fatto la possibilità di utilizzo per la monocottura da pavimento bianca e il grès
porcellanato in genere;
impossibilità di utilizzo in forni larghi per problemi di incurvamento anche quan-
do sottoposti a carichi di basso peso.
Il bilancio dei pro e dei contro ha fatto sì che attualmente i rulli metallici siano
praticamente abbandonati ad esclusione di alcuni casi molto specifici quali:
monoporosa bianca a grande formato in cui, per caratteristiche dellimpasto, sia
necessario tenere, in preriscaldo, grandi differenziali fra sotto e sopra il piano dei
rulli;
bicottura porosa in cui, sempre per caratteristiche delle materie prime impiegate
nellimpasto, si ha una rapidissima sporcatura dei rulli nella zona di preriscaldo
nel forno del biscotto.
Sono comunque casi abbastanza limitati e normalmente si cerca di ottimizzare gli
impasti, curare la pulizia della parte inferiore delle piastrelle, modificandone se
necessario anche le murature e gestire il forno al meglio per non essere obbligati ad
utilizzare i rulli metallici.
Rulli ceramici
239
Tecnologia ceramica applicata
Essendo logico che ciascuna categoria di rullo presenti costi anche molto diversi
fra loro, è diventata normale abitudine diversificare la categoria del rullo utilizzato
nelle varie zone del forno per contenere i costi di installazione.
COMPOSIZIONI RULLI
MATERIE PRIME RULLO STANDARD STANDARD SEMITECNICO o
CORDIERITICO MULLITICO TECNICO
ALLUMINE 50 55 60 65 50 55
MULLITE ZIRCONIO
ZIRCO-MULLITE - - 10 - 15
ARGILLE 10 15 10 20 10 15
CAOLINO 10 15 15 20 10 15
TALCO 5 10 - -
Tab. 5.
Tab. 6.
240
Cottura
Le diverse temperature e cicli a cui vengono cotti i rulli sono responsabili della
formazione di fasi cristalline differenti in qualità e quantità che poi determinano le
caratteristiche del rullo finito.
I motivi che possono essere causa delle rotture dei rulli sono riconducibili
essenzialmente a:
Problemi meccanici
È intuitivo che il rullo, essendo un materiale ceramico, presenta una fragilità
piuttosto accentuata e quindi sollecitazioni meccaniche, quali urti o pressioni ecces-
sive, possono determinare la rottura anche di rulli nuovi.
I rulli vanno quindi sempre trattati con cura a cominciare dalle operazioni di
apertura della cassa in cui sono contenuti. Unaltra operazione da eseguirsi con cura
è la pulizia con lapposita macchina, che deve essere regolata opportunamente per non
sollecitare eccessivamente il rullo in pulizia. Un altro momento di rischio rottura è
allatto di introduzione del rullo nel forno, infatti se il rullo non è stato accuratamente
essiccato, la troppo brusca fuoriuscita dellacqua può provocare la rottura.
σ (N/mm2) = M/W
dove
M = (P1 L/8) + [P2 (2L-I)/8]
W =
π
32 (DeDe-Di )
4 4
241
Tecnologia ceramica applicata
Aggressione chimica
È principalmente la causa della rottura anticipata dei rulli. Tale rottura può
generarsi allinterno del forno durante il normale funzionamento, allestrazione di un
rullo dal forno per operazioni di pulizia, in corrispondenza di una fermata di
emergenza del forno o anche in occasione di fermate programmate del forno per la
normale manutenzione. Laspetto della rottura è piuttosto caratteristica in quanto
normalmente si può presentare come crepa longitudinale di lunghezza di alcune
decine di centimetri o come crepa trasversale che seziona il rullo sotto forma di
molteplici cilindri di lunghezza di 15-20 centimetri.
La parte dei forni dove si manifestano i danni ha una lunghezza di circa 10 metri ed
è compresa fra le zone di preriscaldo e inizio cottura, le temperature corrispondenti
vanno da 680 °C a circa 880 °C ed è possibile osservare depositi salini sulla volta e sulle
pareti del forno. Le composizioni di questi sali, prevalentemente K2SO4 e K3Na(SO4)2,
denunciano la presenza di vapori alcalini e vapori di zolfo nellatmosfera dei forni: i primi
provenienti evidentemente dal materiale in cottura e i secondi anche dal combustibile.
In alcuni casi, studiati in modo approfondito, le materie prime impiegate erano
argille con alto contenuto di sali solubili costituiti da solfato di sodio, con quantità
minori di solfato di calcio e sali complessi di potassio e sodio (SO3 = 0.8%). I rulli
degradati mostravano di aver subito un attacco alcalino, principalmente da parte del
potassio, con formazione di fasi cristalline quali leucite, kalsilite e sanidino, del tutto
assenti negli stessi rulli prima del loro impiego. È stata fatta lipotesi che lattacco
alcalino avvenisse attraverso un processo di deposito di solfato potassico sulla
superficie esposta e nei pori dei rulli e la reazione principalmente con la mullite
contenute in questi, come ad esempio:
242
Cottura
Si consiglia la tamponatura con fibra ceramica allinterno dei rulli per diminuire
i fenomeni di aggressione chimica, dovuti alleffetto camino del rullo stesso.
Al fine di distanziare al massimo le fermate per la pulizia e di limitare (per quan-
to possibile la formazione di croste, i rulli possono essere ingobbiati utilizzando,
ad esempio, i seguenti tipi di engobbio invece le piastrelle devono essere ingob-
biate, ingobbio retro/marca.
243
Tecnologia ceramica applicata
Zona di cottura
Il materiale avanza disposto secondo il seguente modello (fig. 13).
Zona di raffreddamento
Il materiale si presenta secondo lo schema della fig. 14, o peggio ancora si
sormonta.
Per risolvere il problema si può intervenire in zona cottura o in zona raffredda-
mento.
Zona cottura
In zona cottura coesistono due stati del rullo che tendono a rallentare il materiale
al centro rispetto alla zona pareti. Il primo è il naturale effetto della temperatura che,
come è noto, spancia al centro il rullo per piroplasticità. Anche una variazione di solo
qualche decimo è sufficiente a creare un ritardo in avanzamento al centro. Questo
stato è noto e presente in tutte le cotture in relazione alle temperature che si
raggiungono.
Laltro stato, è dovuto alla tecnologia di fabbricazione del rullo stesso che,
riteniamo utile ricordare, prevede una cottura sospesa, trattenendo il rullo ad un suo
estremo. Questo comporta uno scorrimento verso il basso ottenendo una sezione
del rullo così raffigurabile (fig. 15).
Il rullo viene poi tagliato a misura lungo le linee tratteggiate.
In tal modo, a fine cottura, il materiale dovrebbe risultare con un fronte di
avanzamento più rettilineo. Nel caso che la nuova disposizione del piano dei rulli non
244
Cottura
dia ancora il risultato desiderato, che cioè lavanzamento del materiale risulti
insoddisfacente, si può ricorrere ai rulli di forma biconica, tale da imprimere una
velocità periferica massima al centro e degradante verso lestremità. Lutilizzazione
di questi rulli è consigliata a blocchi di 5-8 pezzi per modulo di forno dopo la zona di
cottura, per un totale massimo di 30-40 rulli, fino alluscita dei pezzi.
Zona raffreddamento
In relazione a quanto si raffredda col Diretto, si crea una situazione del tipo
descritta nella fig.16.
Questa differenza di temperatura provoca una deformazione dei rulli con un
incurvamento verso lalto creando un effetto opposto a quello della zona cottura. È
chiaro che lavanzamento delle piastrelle sarà ora più veloce al centro che non a parete.
Naturalmente, creare un raffreddamento più omogeneo, fra sopra e sotto il piano dei
rulli, può essere di grande aiuto.
T2
DOVE T2 >T1
T1
245
Tecnologia ceramica applicata
246
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
Capitolo VII
Premessa
Occorre, dunque, distinguere fra difetto, inteso come elemento di alterazione del
valore della piastrella, e differenziazione dimensionale e di tono che non altera il
valore della piastrella purché si abbia un raggruppamento delle stesse in confezioni,
e pallet omogenei come tono e come calibro.
247
Tecnologia ceramica applicata
Linee di collegamento
Lallacciamento alle macchine a monte, siano esse direttamente allacciate al
forno oppure costituite da sistemi di stoccaggio del materiale, è costituito da linee
di trasporto piastrelle che hanno il compito di preparare il flusso del materiale;
generalmente discontinuo e non uniforme, al fine di ottenere la migliore condizione
di ingresso alla zona di scelta. Si introducono pertanto, qualora non previsti a
monte, dispositivi tesi ad uniformare il flusso: lo scopo è ottenere una continuità
uniforme nel fiume di piastrelle in ingresso al banco scelta recuperando le eventuali
discontinuità e disuniformità e restituendo un flusso continuo, omogeneo e privo
di spaziature fra una piastrella e laltra. Il raggiungimento di questa semplice
condizione è basilare nellottenimento della massima linearità di esercizio; basti
pensare come alleventuale flusso disomogeneo occorre far fronte incrementando,
a parità di piastrelle da trattare nellunità di tempo, la velocità dei trasporti su cui
le piastrelle transitano con conseguenti disagi per loperatore umano addetto alla
scelta che vede scemare, causa la maggiore velocità, il tempo a sua disposizione per
analizzare la piastrella.
Accanto a questa funzione il trasporto di collegamento è solitamente preposto ad
accogliere vari dispositivi ausiliari quali sistemi di controllo sfilato a ruota di
pressione (generalmente se ad uscita forno), sistemi di pulizia a spazzola e ventola,
girapiastrelle (per orientare opportunamente le piastrelle rettangolari), sistemi di
accumulo a compenser verticale per la gestione delle microfermate della scelta.
248
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
Criteri estetici
1a SCELTA
La superficie di esercizio delle piastrelle deve apparire integra in ogni sua parte; per una
valutazione estetica deve essere sottoposto a prova un campione di almeno 1 m2 od un
numero minimo di piastrelle, secondo quanto stabilito dalle norme.
La valutazione viene effettuata osservando la superficie di esercizio delle piastrelle alla
distanza di 1 m e sotto un’intensità luminosa di 300 lx. Il risultato è espresso come percen-
tuale di piastrelle con difetti.
2a SCELTA
3a SCELTA
Le piastrelle appartenenti a questo gruppo comprendono tutte quelle che non soddisfano
i requisiti stabiliti per la 1a e 2a scelta.
Criteri funzionali
Requisiti per la 1a scelta
Le piastrelle devono soddisfare i requisiti richiesti dalla 1a scelta, stabiliti dalla specifica
norma di prodotto del gruppo di appartenenza.
249
Tecnologia ceramica applicata
250
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
251
Tecnologia ceramica applicata
252
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
12345678901234567890123
compilazione della tab. 1 in cui i calibri centrali sono riportati nella prima riga mentre
nella prima colonna vi sono i valori misurati ed in ogni altra colonna si esegue la
differenza tra calibro centrale di quella colonna e la misura di sezione corrispondente
alla riga. Si ottiene così in ogni casella un valore di scostamento; si scelgono i valori
massimi di ogni colonna (quindi massimo scostamento della misura dal calibro
centrale corrispondente), ed il minimo identifica in definitiva la classe di appartenen-
za del calibro (colonna).
A titolo di esempio si veda la tabella con dati numerici (tab. 2).
Tab. 1. Esempio: X1 = valore dimensionale misurato, C1 = valore centrale del calibro impostato.
Decimi di millimetro
26
Tab. 2.
253
Tecnologia ceramica applicata
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
12345678901234567890
254
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
255
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 8. Apparecchio per la misura della ortogonalità dei lati secondo normativa.
Premessa
256
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
257
Tecnologia ceramica applicata
no alla identificazione del tono, e delle informazioni di tipo locale che invece verranno
utilizzate nellindividuazione dei difetti.
Al passaggio delle piastrelle, loperatrice deve mantenere sempre un certo livello
dattenzione che subisce un brusco innalzamento qualora vengano identificate delle
anomalie sulla piastrella in ispezione.
In certi casi però lesercizio della sola funzione visiva può trarre in inganno
loperatrice nel riconoscimento dei difetti. A volte, lungo il trasporto, sulle piastrelle,
possono cadere particelle, polveri, piccoli detriti o gocce di liquidi. A prima vista le
piastrelle, interessate da questi corpi estranei, possono essere considerate difettose,
ma non lo sono più una volta che questi vengono rimossi.
Sono questi i casi in cui loperatrice ricorre ad una veloce pulitura della piastrella,
passandovi sopra la mano (con i guanti).
Possiamo quindi concludere che il senso umano principalmente coinvolto, nella
fase di acquisizione delle informazioni sulla piastrella, è la vista che viene coadiuvata
dal tatto qualora si renda necessario per fugare sistuazioni dubbie. Le informazioni
acquisite permettono alloperatrice di giudicare la piastrella e di assegnarla ad una
certa classe.
Automatizzare questa attività significa quindi essere in grado, in un certo modo,
di emulare i sensi umani coinvolti e replicarne le funzioni intellettive. È naturale
quindi ricorrere a sistemi di visione, sistemi quindi in grado di vedere gli oggetti
che devono essere ispezionati e in grado di prendere su di essi delle decisioni.
In un generico sistema di visione, la funzione visiva viene svolta da telecamere.
Una telecamera opportunamente pilotata è in grado di acquisire unimmagine
delloggetto da ispezionare e trasferirla al sistema di elaborazione che è in grado di
svolgere la funzione decisionale.
Un generico sistema di visione non è però in grado di emulare il senso del tatto e
quindi è facilmente ingannabile qualora gli oggetti, nel nostro caso piastrelle, giungano
sporchi sotto le telecamere. Per ovviare a questo inconveniente, che porterebbe a giudizi
errati sulle piastrelle, è necessario corredare il sistema di visione di un sistema per la
pulitura delle piastrelle posto a monte dello stesso, lungo la linea di trasporto.
La complessità della realizzazione di un sistema di visione per piastrelle, che si
pone come obiettivo ultimo quello di sostituire loperatrice e quindi quello di
riprodurne in qualche modo i meccanismi decisionali, richiede molte competenze in
settori come lottica, limage processing, lintelligenza artificiale.
Nonostante ciò, da alcuni anni sono disponibili sul mercato sistemi automatici per
la scelta delle piastrelle e numerose sono le ceramiche che hanno inserito tali sistemi
nelle loro linee di scelta sostituendo, di fatto, gli addetti alla scelta.
Abbiamo già detto che il primo compito, di un qualsiasi sistema di visione che si
pone come obiettivo quello di sostituire loperatore è di replicare la funzione visiva
delluomo mediante lutilizzo di telecamere.
Nel caso particolare delle piastrelle, sono necessarie telecamere ad alta risoluzione
258
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
per acquisire immagini con un dettaglio tale da consentire il rilevamento dei difetti
piccoli anche su piastrelle di grande formato.
Il secondo compito è quello relativo alla fase decisionale, attività che in un sistema
di visione viene svolto dallelaboratore in cui si cerca di riprodurre, attraverso
lutilizzo di algoritmi complessi, i meccanismi decisionali adottati dalloperatore.
Il terzo compito è di comunicare ai dispositivi automatici di confezionamento a
valle il risultato ottenuto dallelaborazione di ogni singola immagine acquisita. Nel
caso in esame il sistema di ispezione può procedere a marcare ogni piastrella con
codici analoghi a quelli usati dagli operatori e quindi facilmente compresi dai normali
lettori già presenti nelle linee.
259
Tecnologia ceramica applicata
260
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
Fig. 11. Lunghezza donda delle componenti principali, recepite dai coni presenti nellocchio umano.
261
Tecnologia ceramica applicata
262
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
263
Tecnologia ceramica applicata
Tutto questo viene fatto attraverso uninterfaccia grafica di tipo user- friendly che
può essere utilizzata anche da personale non esperto alluso del computer.
264
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
265
Tecnologia ceramica applicata
corrisponde quindi una certa area. È chiaro che difetti inferiori a questa area non
possono essere visti nellimmagine.
In generale potremo dire che affinché un difetto sia rilevabile la sua dimensione
sia superiore a 0,5 mm2.
Un altro vincolo è rappresentato dal contrasto del difetto stesso. Tanto maggiore
è il contrasto del difetto tanto maggiore è la probabilità di rilevarlo. Laffidabilità nella
rilevazione dei difetti è quindi legata al contrasto che tali difetti generano nellimma-
gine nelle migliori condizioni di illuminazione.
La rilevazione dei difetti di superficie richiede poi algoritmi tanto più sofisticati
quanto più la superficie stessa della piastrella risulta essere complessa: è il caso delle
piastrelle fortemente strutturate, dove rugosità e/o zone liscie si mescolano voluta-
mente a zone matt e/o lucide.
La stessa considerazione può valere per la rilevazione dei difetti di colore in quelle
piastrelle in cui il decoro presenta un ampio contenuto cromatico mescolato ad
elementi di casualità.
Abbiamo quindi visto che contrasto e dimensione sono due elementi discriminanti
nella rilevazione dei difetti.
Un altro aspetto da non trascurare è lidentificazione del tipo di difetto rilevato.
Difficoltà possono sorgere qualora di un difetto ne venga individuata una sola
porzione e non il difetto nella sua integrità.
Questo può esser dovuto al fatto che un difetto generi un contrasto significativo
solamente in una piccola parte di esso. Anche in questo caso è necessario ricorrere ad
algoritmi che permettano di ricostruire il difetto nella sua integrità.
Tutti i difetti rilevati e identificati contribuiscono in base a quanto impostato
dallutente attraverso linterfaccia a determinare leventuale declassamento della
piastrella ispezionata.
Formato
(lato parallelo al modo in cm) 20 25 30 33 40 45 50
Sistema di visione 125 115 100 90 80 60 50
Operatore su banco singolo 120 96 85 75 65 52 45
Nella tabella sono riportati dei valori medi che mettono a confronto le prestazioni
di un sistema di ispezione automatica e di un operatore.
In effetti, con il continuo progresso tecnologico sia hardware che software, il
problema della velocità di ispezione perde di consistenza. Lutilizzo di processori
sempre più potenti in parallelo permette di lavorare ad unalta velocità di ispezione,
266
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
Vediamo in sintesi quali sono i vantaggi che offre un sistema di scelta automatica
per le piastrelle:
sostituzione della stazione di scelta manuale;
ispezione e controllo di tutte le piastrelle prodotte;
consente di realizzare un impianto continuo dal forno al confezionamento;
permette di ridurre le giacenze di tono a magazzino;
garantisce oggettività e ripetibilità nel tempo irraggiungibili dalla scelta ma-
nuale;
può garantire unoperatività giornaliera di 24 ore;
permette una riduzione considerevole degli addetti alla scelta;
garantisce una riduzione dei costi fissi di produzione.
267
Tecnologia ceramica applicata
Alluscita dal tratto controlli la piastrella è stata esaminata in tutti i suoi aspetti.
Dalloperatore umano o dal sistema automatico di visione è stata classificata come
tono e qualità (p.e. tono A 1a classe, Tono B 1a classe, tono A 2a classe, tono B 2a classe,
3a classe, scarto. Questa potrebbe essere una tipica classificazione); solitamente il tono
dominante non viene segnato e così avremo che loperatore interviene a marcare le
piastrelle soltanto negli altri casi. Una fotocellula dedicata, posta a monte della zona
di formazione delle pile legge e decodifica il segno di marcatura.
Dal dispositivo calibro la piastrella è stata divisa in classi di calibro ed in classi di
qualità.
Dal dispositivo planar la piastrella viene divisa per classi di qualità.
A questo punto la stazione di controllo e gestione possiede tutti gli elementi per
giungere a una classificazione della piastrella: la attribuzione di classe qualitativa-
mente più negativa individua la classe di appartenenza finale della piastrella. In altre
parole una piastrella che risulta essere classificata di prima qualità per loperatore e
per planarità, ma che è posta nello scarto dal calibro, finisce nello scarto, così come
nello scarto finisce una piastrella perfetta per il calibro e per planarità, ma che
loperatore trova da declassare a causa di vari difetti superficiali.
268
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
La piastrella così classificata entra, sorretta da due cinghie laterali dotate di gioco
elastico a permettere laccoglimento di calibri diversi, allinterno della zona di
smistamento ed impilamento. È in questa macchina che si opera la suddivisione delle
piastrelle secondo le classi di qualità sopra descritte indirizzando tutte le piastrelle
omogenee ad una stessa stazione di impilamento dove vengono estratte dalle cinghie
a costituire una pila pronta ad essere inviata alla successiva stazione di confeziona-
mento.
Fatto salvo lo stadio finale di ottenere pile di piastrelle di qualità omogenea, due
sono le metodologie maggiormente eseguite per compiere loperazione:
Impilamento diretto.
Impilamento indiretto.
Nel primo caso lestrazione della piastrella avviene solitamente con una coppia di
tamponi azionati da cilindri pneumatici che intervengono sulla pila estraendola dalle
cinghie dello smistamento e depositandola sulla pila in formazione posta ad una
distanza che risulta essere inferiore allo spessore stesso della piastrella (fig. 13).
Esiste quindi un moto combinato fra movimento del cilindro estrattore e del piattello
dellimpilatore che consente un controllo della estrazione assicurando sia la massima
produttività che lottimale dolcezza di deposito in quanto la velocità relativa fra
piastrella in estrazione e pila sottostante viene minimizzata ad evitare ogni fenomeno
di urto e sfregamento relativo; è quindi una soluzione che ben si presta allutilizzo
269
Tecnologia ceramica applicata
270
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
e di procedere ad una suddivisione sicura del materiale in pile omogenee che vengono
consegnate alla successiva fase di confezionamento prodotto.
Confezionamento
271
Tecnologia ceramica applicata
900000
800000
AREA CARTONE COMPRESO SFRIDO
700000
636804 VASSOIO
600000
500000 512656
440896
100000
0
150 200 300 400 500 600
FORMATO
272
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
273
Tecnologia ceramica applicata
Zona di pallettizzazione
274
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
275
Tecnologia ceramica applicata
276
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
pallettizzazione subito allinizio della rulliera del pallettizzatore così che questulti-
mo proceda ad un prelievo del pacco andandogli incontro e procedendo al pinzaggio
soltanto quando esso si viene a trovare in posizione il più possibile prossima al fronte
pallet di destinazione; tale logica di funzionamento se da un lato apporta una qualche
velocizzazione alloperazione complessiva richiede una maggiore base di appoggio
per assicurare buona stabilità al pacco durante la fase di movimentazione lungo tutto
il fronte pallet (lungo a volte decine di metri), inoltre tale logica mal si presta al
pinzaggio contemporaneo di pacchi aventi diverso codice e pertanto destinati a
successivo scarico separato.
Tornando alloperazione di prelievo e deposito, vista nella sua genericità, abbiamo
che il pacco viene pinzato dallapposito dispositivo e successivamente depositato
eventualmente ruotato in maniera tale da presentare verso lesterno pallet, in
posizione di possibile visione, sia la stampa contenente le indicazioni di prodotto che
il cosiddetto lato bello della piastrella, così da rendere evidenti tutte le caratteristiche
e le proprietà delle piastrelle.
Il layout di deposito, detto anche formatura, è un qualcosa di variabile in funzione
del prodotto, delle sue caratteristiche, delle sue dimensioni, delle esigenze di
trasporto e di presentazione; ecco pertanto che lo strumento di realizzazione e
modifica di tale layout è integrato allinterno del computer di comando della scelta
ed è solitamente realizzato al fine di rispondere a dettami di semplicità e velocità
nellapprendimento e nellutilizzo (fig. 22).
Tutto quanto sino ad ora indicato risulta più espressamente valido per normali
formati in lavoro. Quando si passa a dimensioni eccedenti quelle più standard, quando
da piastrelle si passa a prodotto che è più consono definire lastra (600 × 900, 900 ×
900, 600 × 1200) allora il discorso assume una veste meno riconducibile a canoni
standardizzabili, sia per quanto riguarda il confezionamento (a volte tali prodotti non
vengono confezionati in scatole, ma trattati singolarmente e manualmente) sia per
quanto riguarda la pallettizzazione, che viene eseguita appoggiando le piastrelle
direttamente sul pallet, in quanto loperazione di accoppiamento per raggiungere
dimensioni totali stabili porterebbe a masse da sollevare di grandezze molto elevate
e tali da richiedere dispositivi di pallettizzazione diversamente dimensionati e
277
Tecnologia ceramica applicata
278
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
sia la tipologia di stampante richiesta che di lettore necessario sono di altra classe di
finezza e qualità rispetto al sistema di macrotacche sopra descritto.
279
Tecnologia ceramica applicata
piastrelle al minuto analizzabili da una singola persona: dipende dal formato, ma non
in misura strettamente proporzionale alla superficie da esaminare, dipende dalla
difettologia da ricercare, dalla cura posta a valutazione della tonalità, dalla possibilità
di migrazioni di tonalità da considerare ed evidenziare, dalla tipologia del prodotto,
dalle scelte commerciali e strategiche della azienda (massima cura nella ricerca o al
contrario minimizzazione degli scarti) e così a procedere con innumerevoli altri
possibili variabili da considerare.
Con tali considerazioni si capisce come non abbia alcuna velleità oggettiva
lindicazione di 20 metri al minuto quale velocità da impostare sul banco scelta come
valutazione di massima del numero di pezzi (nella ipotesi di flusso continuo ed
uniforme) analizzabili, dalloperatore medio su un prodotto medio, con criteri di
scelta medi.
Preso tale dato di partenza la configurazione di una linea di scelta confezionamen-
to e pallettizzazione ha come meta il cercare di sfruttare al meglio le capacità del
singolo operatore (o della coppia nel caso di banco a doppia fila di piastrelle e doppia
postazione di osservazione). La configurazione da ricercare è, pertanto, quella che
consente il migliore sfruttamento della capacità umana evitando la presenza di imbuti
produttivi nei singoli componenti automatici presenti lungo il flusso del materiale.
Da qui lopportuno inserimento di tutta una serie di dispositivi quali: il divisore di
pile, laccoppiatore di pacchi a colla od a reggetta, il ribaltatore accoppiatore sul
prelievo, la pinza doppia di pallettizzazione, il dispositivo di presa e deposito dei pallet
vuoti
La giusta combinazione di tali dispositivi rende una linea vincente sotto il
profilo di un giudizio complessivo in cui semplicità impiantistica, massimizzazione
del rendimento ed economicità generale e specifica costituiscono una equazione a
innumerevoli e non sempre facilmente risolvibili incognite.
280
Linee di scelta, confezionamento e pallettizzazione
Per quanto riguarda le lavorazioni occorre infatti rilevare come una notevole
quota del materiale prodotto venga destinata a lavorazioni di levigatura superficiale
e di rettifica dei bordi; il prodotto da inviare a tali lavorazioni può essere individuato
attraverso una pre-scelta in cui in funzione delle caratteristiche desiderate si ha
lindividuazione e laccatastamento del materiale. Limpianto di scelta e pallettizza-
zione può prevedere varie possibilità di estrarre le piastrelle destinate alla levigatura
e/o lavorazioni successive: le opzioni descritte di seguito sono da considerarsi quali
alternative da scegliersi in funzione della quantità percentuale di grès porcellanato
che si vuole inviare alla levigatura e/o lavorazioni successive, oppure da come sono
organizzate le campagne di produzione.
281
Tecnologia ceramica applicata
282
Cottura
Capitolo VIII
LEVIGATURA
Premessa
I primi approcci industriali verso le piastrelle levigate sono riconducibili alla metà
degli anni 80, e rivolti totalmente al trattamento solo superficiale delle piastrelle di
porcellanato nel tipo granito (sale e pepe).
Successivamente verso la fine del decennio si iniziò a rettificare perimetralmente
le piastrelle che andavano via via aumentando dimensionalmente e così facendo se ne
limitava la proliferazione dei calibri a magazzino.
Nel contempo si cominciavano a proporre piastrelle realizzate con granuli grossi,
micronizzati, scaglie, smalti pellettizzati e sinterizzati, nella tipologia dei prodotti
maculati, venati, stonalizzati ecc. che richiedevano necessariamente la levigatura
superficiale ed in maggior misura la squadratura, in quanto difficilmente queste
piastrelle risultavano geometricamente valide.
A seguire, si affacciavano sul mercato i prodotti da rivestimento levigati, poi solo
rettificati, e quindi ancora il porcellanato smaltato (che spesso è confondibile con una
monocottura ben greificata) anche questo levigato, ma con trattamenti estremamente
mirati alleffetto specifico quali ad esempio, lappatura, anticatura, ecc.
Si vuole, cioè, che il prodotto assuma un aspetto specifico, confondibile, special-
mente per le pavimentazioni, con materiali oggi visibili in vecchie chiese, castelli, case
patrizie ecc., dove lusura del tempo, dei camminamenti e della ceratura superficiale
hanno contribuito a modificarne laspetto dorigine e ad aumentarne un valore
domestico sempre più ricercato in una società molto tecnologicizzata.
I sistemi random oggi applicabili a molte zone di lavorazione (preparazione
impasto - caricamento presse - struttura stampi - taglio e lavorazioni meccaniche in
283
Tecnologia ceramica applicata
Fasi di lavorazione
284
Levigatura
Fig. 1. Macchina per la calibratura-spianatura della superficie delle piastrelle, e particolare del rullo
diamantato.
285
Tecnologia ceramica applicata
di avanzamento sul nastro resta una luce di 2÷3 mm (la luce è necessaria, perché se
il rullo avesse la stessa larghezza della piastrella o addirittura superiore tenderebbe
a consumarsi in modo disomogeneo e a lavorare in modo non corretto sullo spigolo,
favorendo le sbeccature) esiste la necessità di calibrare anche le due fasce di piastrella
parallele alla direzione di avanzamento in prossimità degli spigoli. Per fare questo
esistono due alternative (fig. 2a): a) ruotare la piastrella di 90° con un girello dopo i
primi rulli e riprendere la calibratura; b) inserire una testa satellitare di sgrossatura
a movimento trasversale tra le stazioni a rullo. La soluzione a) presenta ingombri
superiori, a parità di stazioni di calibratura.
SGROSSATURA-LEVIGATURA
Sistema combinato di teste satellitari o teste coniche + teste tangenziali (fig. 3).
Lo scopo della sgrossatura/levigatura è di eliminare la rugosità superficiale in-
trodotta con la calibratura.
286
Levigatura
287
Tecnologia ceramica applicata
LUCIDATURA
Si utilizzano teste tangenziali. Lo scopo della lucidatura è di rifinire a specchio la
superficie in assenza di graffi, ombre e segni di lavorazione.
Si ottiene con teste tangenziali del tutto analoghe a quelle impiegate per la sgros-
satura, ma con utensili più fini (grane di finezza che inizia da 400 e termina con
quelle anche superiori ai 1200 ÷ 1500 mesh e utensili lucidanti, costituiti solitamen-
te da compositi cementizi a base di ossidi sinterizzati).
La lucidatura è normalmente effettuata nella seconda sezione della macchina che
esegue anche la sgrossatura-levigatura. Anche la lucidatura prevede che il piano di
supporto o la trave superiore porta-utensili oscillino in direzione trasversale al moto.
Le velocità di avanzamento sono di circa 6 ÷ 7 m/min.
SQUADRATURA-BISELLATURA
Sistema combinato di mandrini calibratori tangenziali, mandrini calibratori frontali
(fig. 4) e mandrini bisellatori inclinati (fig. 5) equipaggiati di utensili diamantati.
288
Levigatura
289
Tecnologia ceramica applicata
mentazione particolarmente accorto, che si può realizzare con una doppia serie di
cinghie sopra (spingenti) e sotto (traenti) i pezzi. Il rispetto di strette tolleranze
sullortogonalità degli angoli e il parallelismo degli spigoli richiede dispositivi di
centraggio efficienti. Nelle macchine il centraggio è favorito da un dispositivo spin-
tore a velocità superiore a quella della movimentazione, situato in corrispondenza
delle rotelle centratrici.
Le velocità di avanzamento arrivano a 10-15 m/min.
Una sezione di squadratura-bisellatura per produzioni di 1200 m²/turno consi-
ste normalmente, per ogni lato di lavoro, di:
2 mole tangenziali ad alta asportazione;
2 mole frontali di finitura;
1 gruppo di mandrini da bisello.
Inizialmente sono state provate soluzioni con utensili da taglio, ma con scarsi
risultati, quindi si è passati a squadratrici potenziate ma concettualmente analoghe a
quelle utilizzate per il grès porcellanato.
Configurazione tipo (per ogni coppia di lati di lavoro):
3 mole tangenziali diamantate ad alta asportazione;
1 mola frontale diamantata;
1 mola frontale diamantata resinoide;
290
Levigatura
Tali macchine sono progettate per poter svolgere, su formati piccoli (10 × 30 cm)
e medi (60 × 60 cm), con produzioni superiori a 600 m²/turno.
LUCIDATURA (a specchio) dei rilievi presenti su materiali smaltati da terzo
fuoco. Si usano teste frontali singole (non satellitari) ammortizzate con utensili
di SiC o diamantati di diametro 150 ÷ 180 mm. Per effettuare la lucidatura è
necessario che a monte siano presenti alcuni piatti diamantati per la calibratura.
SEMILEVIGATURA: consiste nella levigatura morbida non a specchio di su-
perfici smaltate e non, anche strutturate: le teste frontali di SiC o diamantate
sono basculanti e si adeguano alla struttura superficiale.
SATINATURA-LAPPATURA di grès porcellanato non smaltato e di materiali
smaltati non brillanti: la lavorazione serve a promuovere la lucentezza della super-
ficie mediante la riduzione della rugosità superficiale, senza arrivare alla finitura a
specchio. Le teste frontali montano spazzole di gomma semirigida immerse in SiC.
Sono linee studiate per essere molto flessibili in termini di tipo di lavorazione e di
formati lavorati, ma non possono competere, sulle lavorazioni complete, con la
produttività delle linee per grès porcellanato.
I compiti per i quali sono state progettate consistono in lavorazioni parziali (levi-
gatura non a specchio o lucidatura a specchio non a campo pieno) su formati anche
medio-grandi (60 × 60 cm): la loro produttività è insufficiente per effettuare la luci-
datura a campo pieno di formati anche medi (30 × 30 cm).
Appendice
291
Tecnologia ceramica applicata
I fanghi di levigatura
292
Levigatura
sto da due parti principali: una relativa alla depurazione delle acque reflue (chiarifi-
catore) e laltra relativa al trattamento e disidratazione dei fanghi (filtro pressa). La
chiarificazione si basa sul principio della sedimentazione delle particelle sospese
nellacqua, accelerata da coagulanti chimici (cloruro ferrico e di alluminio) che per-
mettono alle particelle di agglomerarsi e da agenti flocculanti (polielettroliti orga-
nici) che favoriscono laccrescimento degli aggregati formando fiocchi o flocculi di
dimensioni tali da assicurare la sedimentazione. Una volta sedimentati i fanghi ven-
gono filtropressati abbassando il grado di umidità ad un 40% circa e successivamen-
te vengono essiccati.
I fanghi di levigatura sono il risultato delloperazione di asportazione ad umido
della parte superficiale della piastrella di grès porcellanato, eseguita con elementi
abrasivi a base di carburo di silicio (mole). I residui derivati sono composti da polve-
ri provenienti dal grès (quarzo, mullite, silicato di zirconio qualora presente come
sbiancante, e calcite, carburo di silicio e ossidi alcalino-terrosi derivanti dalle mole
abrasive ed acqua di lavaggio. Il materiale presenta una consistenza di fanghiglia ed
il quantitativo che si forma è di circa 2-3 kg di fanghi/m 2 di grès levigato. Per la loro
composizione non pericolosa dal punto di vista ambientale i fanghi vengono consi-
derati come residuo speciale inerte.
OSSIDI (%peso)
SiO2 62,08
Al2O3 15,32
CaO 2,24
MgO 6,24
Na2O 2,28
K2O 1,49
Fe2O3 0,87
TiO2 0,63
ZrO2 1,96
P.F 7,2
Tab. 1. Composizione chimica dei fanghi di levigatura.
293
Tecnologia ceramica applicata
ziare le principali fasi cristalline. Alcune di esse sono rappresentative dei materiali
utilizzati nellimpasto del grès porcellanato: sono particolarmente evidenti i picchi
dovuti a quarzo (SiO2), silicato di zirconio (ZrSiO4) e mullite (3Al2O3.2SiO2). Sono
presenti in modo evidente anche altre fasi cristalline come carburo di silicio (SiC),
calcite (CaCO3) e composti solubili di magnesio quali ossicloruro di magnesio
(MgOHCl), periclasio (MgO) riconducibili al legante delle mole abrasive.
Lanalisi mineralogica degli abrasivi riportata in tab. 2 evidenzia la presenza di
composti riconducibili alla fase legante: magnesite (MgCO3), magnesio solfato
(MgSO4), magnesio cloruro (MgCl2) ed alla fase abrasiva: carburo di silicio (SiC) e
pomice.
COMPONENTI (% peso)
MgCO3 55
SiC 14
MgCl2 28
MgSO4 2
pomice 1
Tab. 2. Analisi mineralogica degli abrasivi studiati.
I fanghi di levigatura del grès porcellanato non possono essere utilizzati nel ciclo
produttivo perché provocano una serie di effetti indesiderati tra cui: 1) aumento
della viscosità apparente e tissotropia delle barbottine nella fase di macinazione ad
umido per azione di sali solubili (prevalentemente cloruri); 2) aumento della fusibi-
lità e deformazione in fase di cottura per la presenza di composti di calcio e magne-
sio derivati dal legante (cemento magnesiaco) delle mole; 3) elevata porosità dei
294
Levigatura
TEMPERATURA g Cl / kg
(°C ) fango
20 0,800
200 0,616
400 0,601
600 0,559
800 0,144
1000 0,020
1200 0,009
Tab. 4. Valori di cloro presenti nei fanghi a diverse temperature.
295
Tecnologia ceramica applicata
296
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Appendice 1
297
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 1. Bilancio di materiali ed energie per una fabbrica di piastrelle (da Piastrelle Ceramiche &
Ambiente EdiCer 1995).
298
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Gli interventi possibili sono articolati su diversi livelli, a monte e a valle della
fase produttiva che genera il carico inquinante.
A monte, operando in modo da favorire:
limpiego di materiali a minor rischio ambientale (ad esempio riducendo il conte-
nuto di boro e di elementi nocivi negli smalti);
luso razionale di combustibili ad alto rendimento di combustione e a basso teno-
re di zolfo;
la diffusione di soluzioni impiantistiche che consentano una razionalizzazione
del consumo energetico (come gli impianti di cogenerazione per la produzione
mista di energia termica ed elettrica);
ladozione di tecnologie opportune (come il trasporto delle polveri con dispositi-
vi di confinamento che evitino la dispersione delle stesse);
la gestione responsabile delle procedure connesse con le fasi a maggior impatto
ambientale (ad esempio il lavaggio dei mulini e delle linee di smaltatura);
il frequente controllo dellefficienza del processo, soprattutto per quanto riguar-
da i principali apparati termici (forni, essiccatoi, essiccatoi a spruzzo), anche tra-
mite limpiego di strumenti informatici per la supervisione dei parametri di fun-
zionamento dei diversi reparti.
Si tenga presente che un approccio serio non può limitarsi agli inquinanti speci-
fici del processo (prevalentemente polveri, fluoro, piombo e boro), ma deve esten-
dersi anche ad una corretta gestione delle problematiche di rilevanza mondiale (ri-
sorse energetiche, gas da effetto serra legati ai processi di combustione...).
Infine, non si può e non si deve sottovalutare il vantaggio competitivo che le
aziende più attente a queste tematiche possono acquisire in termini di immagine e
quindi di forza promozionale, in modo particolare sui mercati in rapida crescita, nei
quali la consapevolezza dei consumatori e la loro percezione della qualità si evolve
quotidianamente.
299
Tecnologia ceramica applicata
ZOLFO: come solfuri minerali, tipo Pirite FeS2 (dissociazione dai 300 0C) e solfa-
ti SO42-, che dissociano oltre 800 °C.
300
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Fig. 2. Inquinanti nelle emissioni gassose (da Piastrelle Ceramiche & Ambiente EdiCer 1995).
301
Tecnologia ceramica applicata
COMPOSTI DELLARSENICO
Presenti in piccola quantità nei fumi, in caso di depurazione con filtri a manica si
accumulano nel reagente solido da smaltire e possono superare il limite di legge nei
rifiuti (secondo la normativa italiana, i residui di depurazione possono passare da rifiu-
ti speciali a rifiuti tossici e nocivi, con notevole aggravio delle spese di smaltimento).
COMPOSTI DI AMMONIO
Si generano in cottura a partire da sostanze organiche azotate e si pensa anche
dagli NOx prodotti in cottura. Alcuni (es. NH4CI) possono condensare depositando-
si nei camini.
SOSTANZE ORGANICHE
Sono aldeidi, benzene, xileni, diossani, nitroderivati, alcoli, chetoni, esteri. La pre-
senza nei fumi delle sostanze organiche, introdotte prevalentemente nella smaltatura,
è legata al funzionamento in controcorrente dei forni. Le sostanze organiche evapora-
no in preriscaldo (ed eventualmente crackizzano), miscelandosi ai fumi senza raggiun-
gere le condizioni termiche per la combustione. Possono avere effetto cancerogeno
(aromatici) o, più spesso, effetto odorigeno a bassa soglia di percettività.
Inquinamento atmosferico
302
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Si distinguono:
FEM = Fattore di emissione medio a monte dellimpianto depurazione (g/kg
prodotto);
FEV = Fattore di emissione medio a valle dellimpianto di depurazione (g/kg
prodotto);
i = Efficienza % di abbattimento dellimpianto di depurazione;
c = Concentrazione dellinquinante nellemissione depurata (mg/Nm3).
303
Tecnologia ceramica applicata
Prevenzione e Depurazione
Pur esulando dagli scopi del presente volume una descrizione specifica delle mac-
chine necessarie a questi scopi, può essere opportuno riassumere le principali carat-
teristiche su cui esse sono basate; per labbattimento delle polveri, ad esempio, è
possibile utilizzare:
Abbattimento polveri
IMPIANTO FUNZIONAMENTO ABBATTIMENTO
Cicloni Agglomerazione da turbolenza Forza centrifuga
Separatori Venturi Agglomerazione da turbolenza Impatto inerziale e diffusione
Elettrostatici Agglomerazione Attrazione elettrostatica
Filtri a tessuto Separazione Impatto inerziale+intercettazione
Filtrazione a tessuto
304
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
nel tempo, e la resistenza dello strato di polvere via via depositata, che, onde ottene-
re un funzionamento regolare del filtro stesso, deve essere periodicamente rimossa
dalle pareti filtranti, tramite appositi dispositivi a scuotimento meccanico, ad inver-
sione di flusso, ad aria compressa ecc.
Un quadro dei valori tipici di dimensionamento e funzionamento dei filtri a tes-
suto, detti a maniche, è riportato nella seguente tabella:
Depurazione fumi
305
Tecnologia ceramica applicata
nella difficile gestione dei prodotti di reazione, calci o calcari arricchiti di calcio
fluoruro, che sono difficilmente riciclabili allinterno degli impasti ceramici, a causa
dellazione reologica espletata e della presenza del Calcio carbonato, che altera le
caratteristiche di fusibilità dellimpasto.
Come già visto, in particolar modo nella produzione di piastrelle smaltate, è faci-
le avere ad ingresso forno una quantità considerevole di sostanze organiche; pre-
scindendo, infatti, da quelle eventualmente contenute nelle materie prime di parten-
za, che normalmente si cerca di limitare il più possibile, tramite unoculata scelta di
materiali, per evitare problemi di cuore nero, molte sono le sostanze organiche che
vengono aggiunte durante la lavorazione, ad esempio come additivi reologici duran-
te la macinazione e come veicoli, addensanti, fissativi ecc. per la decorazione seri-
grafica.
Tutte queste materie prime, durante il trattamento termico allinterno del forno,
saranno soggette a reazioni più o meno complesse, che vanno dalla semplice evapo-
razione, alla dissociazione ossidativa, alla pirolisi più o meno complessa, in funzione
della complessità della catena polimerica costituente le molecole presenti. In defini-
tiva, si può senzaltro affermare che praticamente mai la presenza di una sostanza a
base di carbonio dà luogo alla semplice reazione di combustione
306
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
possono esplicare la loro azione anche in presenze di parti per miliardo (ppb) o
meno.
In generale, ove il problema degli inquinanti organici sia molto sentito (es.
laterizio alleggerito con polistirolo o segatura di legno) la riduzione del carico
inquinante nei fumi la si cerca di ottenere tramite unoculata progettazione dei
forni di cottura, in cui i vapori emessi in preriscaldo, fra i 400 ed i 600 °C vengono
parzialmente recuperati e convogliati in zona di cottura, ove pirolizzano comple-
tamente.
Inquinamento idrico
307
Tecnologia ceramica applicata
Nel caso della bicottura con macinazione a secco il ricircolo avviene a favore dei
contributi idrici per umidificazione della materia prima e, soprattutto, per il lavaggio
delle linee di smaltatura. In questo caso però la percentuale di aziende che fanno
ricorso al ricircolo integrale risulta inferiore.
È chiaro, a questo punto, che per poter eventualmente scaricare acque reflue
nelle acque superficiali attorno allo stabilimento, come per riutilizzare le acque
provenienti dalle diverse fasi del processo produttivo allinterno dello stesso ci-
clo produttivo, è necessario sottoporre gli scarichi idrici a trattamenti di depura-
zione.
Osservando quali sono i parametri che determinano laccettabilità di uno scarico
(concentrazione massima nelleffluente), tab. 1, si può avere un quadro di quelli che
sono i contenuti inquinanti da ridurre con opportuni trattamenti.
Fig. 3. Schema generale di bilancio idrico per una generica fase produttiva del ciclo di fabbricazione di
piastrelle ceramiche e di prodotti per smalti (da Piastrelle Ceramiche & Ambiente EdiCer 1995).
308
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Fig. 4. Utilizzi e reflui idrici nella produzione di piastrelle ceramiche (L = lavaggio R = raffredda-
mento - da Piastrelle Ceramiche & Ambiente EdiCer 1995).
309
Tecnologia ceramica applicata
Tab. 1. Parametri che determinano laccettabilità di uno scarico (concentrazione massima nelleffluente).
310
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Depurazione acque
311
Tecnologia ceramica applicata
312
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Grès Porcellanato
313
Tecnologia ceramica applicata
Tab. 2. Classificazione dei rifiuti per fase produttiva (da Piastrelle Ceramiche & Ambiente EdiCer
1995).
314
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
315
Tecnologia ceramica applicata
316
L’impatto ambientale dell’industria ceramica
Appendice 2
CONTROLLI DI PRODUZIONE
La preparazione dei campioni, sui quali devono essere determinate le varie carat-
teristiche, dovrebbe essere la seguente:
macinazione in mulino ad umido da laboratorio, e valutazione della quantità di
acqua necessaria a fornire una barbottina di viscosità standard, predeterminata.
La macinazione dovrebbe essere sempre controllata tramite verifica del residuo
su setaccio da 63 o 45 µm, a seconda dei casi;
setacciatura della barbottina a 1000 ÷ 1600 maglie/cm2;
essiccamento della sospensione acqua + materiale;
disgregrazione del materiale in mulinetto a martelli, o a mortaio a mano;
umidificazione delle polveri e setacciatura a 90 maglie/cm2;
invecchiamento standardizzato;
pressatura delle polveri in una pressa idraulica da laboratorio da 4 ton, con
una pressione specifica di almeno 300 kg/cm 2, preferibilmente con stampo
cilindrico, diametro 50-70 mm, o, se rettangolare, almeno di dimensioni mm
50 × 100.
Nel caso di materiali senza una propria plasticità i provini potranno essere pre-
parati utilizzando la miscelazione con un quantitativo standard (es. 30%) di unargil-
la illitica pure standardizzata: tale procedura è solitamente preferita a quella, talvol-
ta usata, di additivare la materia prima non plastica con un legante organico (tipica-
mente CMC nellacqua di bagnatura).
317
Tecnologia ceramica applicata
L2 - L1
%E= × 100
L1
dove
E = Espansione di pressatura
Vengono considerati valori di espansione bassi quelli inferiori allo 0.4%, medi fra
lo 0.4 e lo 0.7% ed alti quelli superiori allo 0.8%.
3×P×L
MRF =
2 × h2 × b
dove
MRF = modulo di rottura alla flessione
P = lettura sulla scala
318
Controlli di produzione
L3 -L2
% Re = × 100
L2
dove
Re = Variazione dimensionale da essiccamento
I campioni essiccati vengono poi cotti in forno (elettrico a muffola) a varie tem-
perature (1060°-1220 °C) o in un forno a gradienti con ciclo di 1 ora alle idonee
temperature: es. 1100-1150-1200 °C; sui provini cotti si determina:
P1-P2
% PF = × 100
P1
319
Tecnologia ceramica applicata
tura oltre alla descrizione di eventuali impurezze, puntinature, vulcanetti, ecc. che si
presentano sulla superficie del materiale.
L4 - L1
% R = × 100
L1
dove
R = Ritiro in cotto
P2 - P1
% AA = × 100
P1
dove
AA = assorbimento acqua
I risultati di tutte le prove sopra descritte sono poi riassunti nelle schede tecno-
logiche delle materie di cui va tenuto un archivio ordinato ed aggiornato, anche
tramite la effettuazione, a intervalli di tempo regolari, di analisi strutturali, chimi-
che, granulometriche, termiche ecc. presso strutture esterne allAzienda.
Nel caso dei materiali non plastici vengono invece eseguite le normali analisi
chimiche, eventualmente analisi diffrattometriche e punto di rammollimento e di
fusione monitorata (vedi da tab. 1 a tab. 8).
Di seguito sono riportate le schede tecnologiche che possono essere ritenute un
esempio di come possano essere raggruppate le principali caratteristiche fisiche e
meccaniche delle materie prime plastiche e dure utilizzate per la produzione di pia-
strelle ceramiche
Naturalmente, per mantenere la costanza del prodotto, lefficienza dellimpianto,
lottenimento del prodotto ottimale desiderato, oltre alla conoscenza delle caratteri-
stiche tecniche delle materie prime, occorre eseguire, presso il Laboratorio Tecnolo-
gico della fabbrica, o dove è possibile, una serie di controlli, con una frequenza ben
determinata, anche su tutti i semi-lavorati, in tutte le fasi del ciclo di produzione.
320
Controlli di produzione
ARGILLA PLASTICA
321
Tecnologia ceramica applicata
ARGILLA PLASTICA
Tab. 2. Argilla plastica, cuocente bianco, con caratteristiche abbastanza refrattarie in cottura.
322
Controlli di produzione
ARGILLA MEDIO-PLASTICA
Tab. 3. Argille con caratteristiche interessanti in crudo. La greificazione in cottura è da ritenersi gra-
duale, senza evidenziare una fusione incipiente.
323
Tecnologia ceramica applicata
Tab. 4. Argilla con caratteristiche plastiche limitate. Evidenzia una bassa resistenza in crudo. In cottura
è da considerarsi refrattaria.
324
Controlli di produzione
SABBIA FELDSPATICA
Tab. 5. Materiale non plastico, che evidenzia valori da ritenersi medi di ossido di potassio e di sodio.
325
Tecnologia ceramica applicata
FELDSPATO POTASSICO
Tab. 6. Materiale non plastico, con titolo molto interessante di ossido di potassio (roccia feldspatica ad
alta concentrazione di ortoclasio).
326
Controlli di produzione
FELDSPATO SODICO
Tab. 7. Materiale non plastico con titolo molto interessante di ossido di sodio (roccia feldspatica ad alta
concentrazione di albite).
327
Tecnologia ceramica applicata
QUARZO
Tab. 8. Materiale refrattario non plastico, molto elevato risulta il titolo di SiO2.
328
Controlli di produzione
2a) Residuo
Si setacciano attraverso 10.000 maglie/cm2 (63 µm o a 1600 mgl/cm2 uguale a 45
µm per gli smalti) g 200 di barbottina, si essicca il residuo fino a peso costante e si pesa:
2d) Viscosità
Per ciò che attiene alle proprietà reologiche delle sospensioni acquose, viscosità,
sforzo di taglio, tissotropia ecc., si consulti il volume 1 al capitolo 6. Da notare che la
comparazione tra i vari viscosimetri ad efflusso i valori possono essere disturbati
dalla tissotropia. Per un controllo fattivo di orientamento sulle linee di produzione,
si consideri lutilizzo di un viscosimetro elementare, come il Gallenkamp, o la misu-
ra in gradi ENGLER, che esprime il rapporto del tempo impiegato dalla barbottina
329
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 2. Dispositivo per la misura della viscosità (Coppa Ford; può essere usata per misurare la viscosità
Engler).
°E = T1 / T2
dove
°E = viscosità in gradi Engler
T1 = tempo impiegato dalla barbottina in esame secondi (questo valore equivale
alla viscosità Ford ed è utilizzato per gli smalti)
T2 = tempo impiegato dallacqua
3a) Umidità
Può essere determinata con procedimento simile a quelli già riportati, tramite
essiccazione in stufa, con frequenza di controllo ogni 4 ore, in genere però si prefe-
risce usare lapparecchiatura Speedy, consistente in una bottiglia metallica munita
di tappo a tenuta e manometro ed una bilancina, con cui si determina il peso presta-
bilito di polvere da introdurre nella bottiglia-reattore; in essa viene aggiunto una
quantità nota carburo di calcio, facendo attenzione a che non si mescoli con la polve-
re se non quando la bottiglia è stata ermeticamente chiusa. Si agita quindi la botti-
glia e la lettura si può fare direttamente in % di umidità presente nella polvere,
330
Controlli di produzione
poiché essa è direttamente proporzionale alla pressione che si crea dentro la botti-
glia per effetto dello sviluppo di acetilene:
3c) Granulometria
Si essicca a peso costante un campione di polvere atomizzata, si pesano 200 g di
secco e si esegue la determinazione granulometrica nellapposito gradiometro (fig.
3) formato da una serie di setacci a caduta (tra i 600 ed i 125 µm di luce netta).
La frequenza dellesecuzione del controllo è ogni giorno su un campione medio.
Nel reparto presse devono essere eseguiti dagli operatori una serie di controlli
periodici per mantenere lefficienza dellimpianto e la produzione ottimale.
331
Tecnologia ceramica applicata
4c) Spessore
Misura eseguita con calibro ed espressa in mm si misurano gli spessori di tutte le
piastrelle di una battuta sui 4 lati marcando A), B), C), D), il confronto dà opportune
indicazioni per lottimizzazione del caricamento degli stampi e dellassestamento
dei punzoni. Un controllo più accurato nel caso vengano riscontrati difetti nel cari-
camento, si può fare con il penetrometro.
La frequenza del controllo è ogni 2 ore.
4d) Penetrometria
Utilizzando lapposito strumento, fig. 5, che applica un carico standard (di circa
3-4 kg) su di una sonda cilindrica (ago) di sezione selezionabile, è possibile registra-
re, tramite un micrometro elettronico o analogico, la penetrazione in varie parti
332
Controlli di produzione
della piastrella pressata. Quanti maggiori sono i punti controllati, tanto migliore
sarà il quadro che è possibile fare sullomogeneità di pressatura, comunque almeno
una misura al centro e 4 misure agli angoli, evitando di collocarsi a meno di 15 mm
dal bordo stesso, sono necessarie per ogni piastrella. Un controllo più accurato della
densità apparente può essere effettuato mediante densimetro a mercurio (fig. 6).
333
Tecnologia ceramica applicata
I controlli che si devono eseguire sul prodotto in questa fase sono i seguenti:
334
Controlli di produzione
D1 -D2
Re = × 100
D1
dove
Re = Ritiro di essiccamento
D1 = dimensione dopo pressatura
D2 = dimensione dopo essiccamento
335
Tecnologia ceramica applicata
Gli addetti al Laboratorio Controlli devono eseguire nel reparto una serie di con-
trolli periodici per mantenere la efficienza dellimpianto e la produzione ottimale.
7a) Densità dello smalto e Viscosità alla coppa Ford (come visto precedentemente).
336
Controlli di produzione
337
Tecnologia ceramica applicata
I controlli eseguiti nelle varie fasi del ciclo di produzione, e descritte nel corso di
questo capitolo, vengono riportati in una tabella mensile riassuntiva. Queste tabelle
vengono schedate ed archiviate dal Laboratorio Tecnologico.
Tutti i controlli, qui di seguito descritti, devono essere eseguiti sempre in paral-
lelo e nelle stesse condizioni con un campione standard di laboratorio. Di conse-
guenza il laboratorio dovrà disporre di una campionatura completa e consistente di
tutti i materiali in uso corrente.
Sia per le fritte viscose che per i fondenti si consiglia di effettuare i controlli su
più campioni prelevati da più sacchi, proporzionalmente alla quantità di fornitura.
Ciò se la fritta viene acquistata: se essa viene invece prodotta direttamente in
Azienda, si consigliano controlli costanti (ogni 2 ÷ 4 fusioni per produzione con i
rotativi oppure ogni 4 ÷ 6 ore per fusori continui uguale a 2 ÷ 3 ton) se non inter-
vengono grosse differenze, riscontrabili ad occhio, che ne consiglino controlli più
ravvicinati.
338
Controlli di produzione
9e) Wollastonite
La Wollastonite (Silicato di calcio) è un mattizzante per basse temperature, per-
tanto questa è la proprietà da controllare. Questa prova si effettua introducendo la
Wollastonite nella percentuale del 20-25% a secondo dei casi (valore minimo in cui
si inizia a mattizzare) in una fritta lucida opacizzata allo Zirconio.
9f) Caolino
Si consigliano due tipi di controllo per questa materia prima:
1a prova: controllo del potere sospensivante. Metodologia: introdurre in una frit-
ta il 5% di caolino, macinare e vuotare il tutto in un cilindro graduato. Agitare e
controllare la sedimentazione ogni 15 minuti.
2a prova: controllo della granulometria e della purezza. Metodologia: passare g
200 di caolino dispersi in circa 1 litro di acqua ad un setaccio a 16.000 maglie/
cm2, controllare visivamente se vi sono delle impurezze, seccare e pesare il resi-
duo.
339
Tecnologia ceramica applicata
9l) Carbonati: Ca - Mg - Ba - Sr
Il controllo da effettuare su queste materie prime è la rilevazione della CO2 quan-
titativamente. Un controllo introducendo 15 ÷ 25% della materia prima in uno smalto
opaco lucido è utile per verificare le impurezze.
340
Difetti
Appendice 3
DIFETTI
Tutte le fasi del processo produttivo sono, ovviamente, correlate fra di loro, poiché
il semilavorato che è in ingresso ad un settore della linea di produzione porta con sé
la traccia e la storia di tutto quanto è avvenuto nel corso della sua realizzazione, e
questo non può non avere implicazioni, positive o negative, sulla successiva fase di
lavorazione.
In questo senso la cottura, essendo lultimo trattamento (escluse le finiture
meccaniche superficiali) nella serie di produzione, ed essendo quello in cui avvengono
importanti cambiamenti fisici, chimici, strutturali, rappresenta una sorta di setaccio
che mette facilmente in evidenza tutti i difetti, più o meno latenti, che sono stati
causati dalle precedenti lavorazioni, oltre che, ovviamente, quelli propri della cottura
stessa.
Il saper riconoscere un difetto, in una qualunque fase del processo produttivo, ed
il saperne individuare lorigine non sono una conoscenza ed un sapere di facile
istruzione: essi dipendono in larga parte dallesperienza maturata sul campo e dalla
capacità di pensare alla linea di produzione, dallo stoccaggio delle materie prime alla
scelta, come ad un organismo unico e non frazionabile: in altre parole è, qui più che
mai, necessaria una preparazione tecnica completa e specifica dellimpianto, una
cultura ceramica a tutto tondo.
Lacquisizione di queste abilità, inoltre, potrà essere di grandissima utilità nella
rapida soluzione dei problemi di produzione, poiché, è indubbio, il saper riconoscere
velocemente un difetto ed il saperne ipotizzare la provenienza, permettono di
intervenire in maniera mirata ed efficiente sullimpianto, limitando la perdita od il
declassamento della produzione.
In generale, particolarmente sulle piastrelle dopo cottura, sono individuabili
difetti:
strutturali, ad esempio di planarità, di ortogonalità, crepe, laminazioni;
superficiali, cioè grinze, crateri, bolle, particelle, scaglie, cavilli;
estetici, come macchie, disuniformità di colore o di decorazione;
di processo, legati non tanto al prodotto, quanto alla movimentazione ed al
flusso del materiale, come sovrapposizioni, sbeccature, incollamenti, inceppa-
menti.
Linsorgere di ciascuno di questi difetti, pur avendo maggiore probabilità di essere
correlabile a qualche specifica fase del processo produttivo, è sicuramente legato ad
una serie di concause, che, a partire dalla scelta delle materie prime, hanno contribuito
alla sua comparsa.
Un esempio, certamente non esaustivo, di quanto affermato può essere proposto,
se si cerca di individuare le principali correlazioni incrociate, come proposto dalla
seguente tabella (tab.1).
341
Tecnologia ceramica applicata
D IF E T T O C A USA
PREPARAZIONE Cuore nero Errata distribuzione granulometrica
(residuo di macinazione basso)
Calibro Errata distribuzione granulometrica
Alto Assorbimento H2 O Macinazione troppo grossolana, Umidità
Basso carico di rottura insufficiente
Macchie, crateri, puntini Errori nella setacciatura e deferrizzazione
PRESSATURA Cuore Nero Pressione troppo alta o squilibrata
Crepette laterali Estrazione troppo rapida o squilibrata
Calibro Caricamento errato
Difetti dimensionali Errato settaggio della pressa
Basso carico di rottura Pressione insufficiente, Umidità bassa
Esplosioni ingresso forno Pressione troppo alta. Laminazioni
ESSICCAZIONE Crepe Regolazione errata, temperatura elevata
Esplosioni ingresso forno Alta umidità residua, Regolazione errata
Difetti di smalto Temperatura in uscita essiccatoio errata
Macchie da sali solubili Ciclo di essiccazione errato
SMALTATURA Crepe Temperature errate, Urti in linea
Esplosioni ingresso forno Eccessiva bagnatura
Crepe centrali Stoccaggio del crudo troppo lungo
Macchie, buchi, crateri Cattiva applicazione, smalto non ben stagionato
Planarità errata Mancato accordo dilatometrico smalto-impasto
Colore, difetti superficiali Cattiva qualità dellingobbio
COTTURA Crepette laterali Preriscaldo troppo alto
Crepe laterali sfilo Raffreddamento troppo veloce
Esplosioni ingresso forno Alta temperatura in ingresso forno
Planarità errata Cattivo controllo della temperatura
Cuore nero, Difetti smalto Ciclo errato, Atmosfera errata
Calibro Cattiva distribuzione della temperatura
Macchie superficiali Accumuli di condense di smalto
Crateri, buchi ecc. Preriscaldo a elevata temperatura
Di seguito si riporta un possibile elenco di correlazioni fra varie fasi del processo
produttivo e difetti sul materiale, che può essere di aiuto per una migliore compren-
sione delle correlazioni espresse in tabella.
I difetti attribuibili alla presenza di impurezze nelle materie prime possono essere
classificati in tre grandi gruppi:
Difetti puntuali: dovuti alla presenza di impurezze nelle materie prime, normal-
mente particelle di minerali carbonatici, pirite, pirolusite, carbone e mica.
Difetti puntuali: dovuti a impurezze inglobate durante il processo di fabbricazio-
ne, come particelle di ferro, gocce di olio o grasso, o piccoli frammenti di gom-
ma (associati in un secondo tempo alle materie prime).
Difetti più generalizzati: non puntuali, dovuti alla presenza di altri tipi di impu-
rezze, come materiale organico ed efflorescenze.
Particelle di carbonati (calcite e/o dolomite).
342
Difetti
343
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 2.
Particelle di pirite
La pirite è un solfuro di ferro e può essere presente come impurezza in alcuni tipi
di materiali argillosi.
Il difetto più probabile, che può essere associato alla presenza di particelle
grossolane di questo minerale, consiste in colorazioni puntuali del supporto e/o dello
smalto (fig. 3).
La reazione di decomposizione del suddetto minerale, durante la cottura, può
essere descritta come nella reazione riportata sotto:
344
Difetti
Fig. 3.
La decomposizione, in condizione di gradiente termico lento, avviene fra 400 e 500 °C.
In condizioni di cottura con ciclo rapido e se la quantità di ossigeno nella cottura
è insufficiente, la reazione di ossidazione non si completa e si possono produrre
differenti reazioni.
Sia nel caso della cottura lenta e tradizionale, sia della monocottura rapida, i difetti
associati alla presenza di particelle grossolane di questo minerale comportano la
formazione di colorazioni puntuali atipiche.
Nel caso poi della cottura rapida, se le reazioni di ossidazione sono incomplete, o
se lanidride solforosa formata causa condensa allinterno del forno, si possono
riscontrare dei problemi relativi alla reazione di aggressione del suddetto gas sulla
superficie vetrosa delle piastrelle (perdita di brillantezza).
Questo problema non è, però, legato alla morfologia delle particelle di pirite
(dimensione), ma alla quantità totale di pirite ed alla condizione del forno.
Anche in questo caso, il procedimento per identificare eventuali particelle grosso-
lane di questo minerale consiste sempre nel lavare il residuo di macinazione
dellimpasto sul setaccio di 80 mesh (approssimativamente 180 micron) e osservare
la natura del materiale non passato.
Nella maggioranza dei casi, il difetto può essere inibito riducendo la dimensione
delle eventuali particelle di pirite al di sotto di 180 micron, usando, quindi, setacci
adeguati nella preparazione della barbottina.
Anche in questo caso, lutilizzo di un ingobbio come interstrato fra supporto e
smalto può essere efficace per la soluzione del problema.
Particelle di pirolusite
La pirolusite (biossido di manganese) e la goetite (idrossido di ferro), quando
presenti sotto forma di particelle grossolane, comportano la formazione di difetti
puntuali (macchie di colore) sulla superficie dello smalto (fig. 4).
Come nel caso precedente, le particelle possono essere individuate dopo setac-
345
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 4.
Particelle di carbone
Particelle grossolane di carbone, se presenti nel residuo dopo macinazione,
possono causare difetti puntuali simili a quelli attribuibili ai carbonati.
Questi difetti derivano dalla combustione del carbone durante la cottura, con
formazione finale di CO2 o CO, come si può vedere dalle reazioni riportate di seguito:
C + ½ O2 > CO
CO + ½ O2 > CO2
Fe2O3 + C > 2FeO + CO
346
Difetti
Fig. 5.
Se non è possibile sostituire le materie prime che causano il difetto, può essere
efficace, se le condizioni tecnologiche lo permettono, esasperare la macinazione e
setacciare la barbottina con setacci sempre più fini, fino allimpiego del setaccio da 120
mesh (2400 maglie/cm2 uguale a 125 micron).
Lutilizzo anche di un engobbio come interstrato fra il supporto e lo smalto può
essere utile per diminuire lentità del problema.
347
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 6.
fornire tutti quei dati chimici sulla natura del campione che permettono di avere utili
informazioni sul tipo di materiale inquinante e, quindi, individuarne lorigine.
È impossibile elencare le fasi della produzione in cui la probabilità di incontrare
questi problemi è più elevata. Tutto ciò può essere fatto solamente una volta
individuata la natura o la causa del problema.
Comunque le attenzioni dovranno essere rivolte ai seguenti fattori:
pulizia e ordine (che può aiutare a identificare gli inquinanti);
manutenzione preventiva;
sostituzione preventiva dei componenti obsoleti dellimpianto.
Altre impurezze
Altri tipi di impurezze, o altre sostanze inquinanti, associate comunque in un
secondo tempo alle materie prime, possono essere motivo di inquinamento.
Questi materiali possono essere gocce di vernice, di grasso, di olio, trucioli di
legno, residui di gomma ecc. (fig. 7).
La presenza di inquinanti, come quelli descritti sopra, che implicano una
Fig. 7.
348
Difetti
combustione, causa complicazioni e problemi molto gravi nel caso della monocot-
tura.
Nel caso di una polvere atomizzata che contenga tracce di combustibile incombu-
sto (nafta), è molto probabile che compaia sulla superficie della piastrella (dopo
cottura), un difetto consistente nel sollevamento puntuale, di alcuni mm di diametro,
di una porzione dellarea della piastrella (fig. 8).
Fig. 8.
Questo è molto più evidente quando si utilizzano smalti fondenti e cicli di cottura
con preriscaldo molto breve.
Anche in questo caso, non esistono soluzioni generali idonee a risolvere tali
problemi. È evidente che ogni problema dovrà essere analizzato in ragione della sua
natura e della fase di processo in cui si verifica.
Le soluzioni da adottare devono essere quelle più idonee, al fine di ottenere
controlli più efficaci sullo stato delle macchine e dei dispositivi complementari che
interessano quella specifica fase di lavorazione.
Difetti generalizzati associati alla presenza di altri tipi di impurezze (materiale organico
e sali solubili)
Materia organica
I materiali argillosi possono contenere tracce o percentuali importanti di materia
organica.
Alcune argille cuocenti bianco, classificate come ball-clay, possono contenere
materia organica sotto forma di lignite in percentuale anche dell1%÷2%, espressa
come percentuale di carbonio, o anche carbone in percentuali superiori al 5%.
Durante la cottura di piastrelle ceramiche, la cui composizione contiene percen-
tuali importanti di materia organica, può presentarsi un alone scuro che è
conosciuto con il nome di cuor nero (fig. 9).
Nel caso dei processi di monocottura rapida, sia per materiali tipo pavimento che
rivestimento, è abbastanza frequente incontrare questo difetto quando si utilizzano
cicli di cottura rapidissimi, o quando, nella fase di pressatura, si utilizzano pressioni
di formatura molto elevate.
A volte, le eventuali serigrafie contribuiscono a esasperare questo difetto; infatti
349
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 9.
Come riportato sopra, si può notare che gli effetti sulle piastrelle imputabili allo
stesso problema sono molteplici; di seguito saranno descritti, per ogni caso, laspetto
esteriore del difetto e la probabile causa.
Fig. 10.
350
Difetti
351
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 11.
Nel caso, invece, di prodotti da rivestimento con alti contenuti di calcio, il tono
passa da color arancio-biscotto a beige-verdastro.
352
Difetti
Durante il riscaldamento dei suddetti materiali, al di sotto dei 500 °C, si produce
uno sviluppo di CO2, dovuto alla rottura della molecola, secondo le seguenti reazioni:
dove
CmH2m+2 = è un idrocarburo che si è formato dalle reazioni di decomposizione
s = materiale solido
353
Tecnologia ceramica applicata
354
Difetti
Efflorescenze
Le efflorescenze sono concentrazioni di sali che, eventualmente, possono apparire
sulla superficie delle piastrelle cotte, se la percentuale di sali solubili nellimpasto
supera certi livelli.
Queste concentrazioni sono da attribuire alla migrazione di soluzioni saline
attraverso il tessuto poroso della piastrella, causando, quindi, il susseguente accumu-
lo dei suddetti sali dove levaporazione dellacqua è più rapida.
Laccumulo comporta la precipitazione dei sali solubili in quanto la soluzione
diventa sovrasatura. A parità di concentrazione di sali solubili, i supporti che presentano
una permeabilità più elevata tendono ad evidenziare maggiormente questo problema.
I sali solubili presenti nel supporto possono avere origini molto diverse. Possono
essere già presenti nelle materie prime o formarsi durante la cottura, in seguito a
reazioni chimiche fra diversi componenti o fra questi e i gas della combustione che
avvolgono i pezzi ceramici.
In generale, i sali solubili causa di efflorescenze possono essere presenti nelle
materie prime argillose o possono originarsi:
dai gas prodotti dalla combustione (SO3);
dallacqua usata nella produzione (solfati, cloruri, nitrati).
Non solamente i solfati e i cloruri più solubili presenti nelle materie prime possono
essere causa delle efflorescenze, ma anche alcuni solfati poco solubili come quelli di
Ca e Mg e altri solfuri insolubili.
I difetti di fabbricazione imputabili alla presenza di sali solubili si possono manife-
stare come macchie giallo-brunastre o presenza di crateri o bolliture sulla superficie
dello smalto o, anche, come mancanza di adesione al supporto dello smalto in alcuni casi
(fig. 12).
Le macchie giallo-brunastre possono essere causate dalla presenza di sali solubili
di ferro e manganese.
I difetti sopra menzionati, a volte, non dipendono solamente dalla percentuale di
sali solubili presenti nel supporto, ma anche da altri fattori, come:
condizioni igrometriche dellaria ambientale, valori elevati dellumidità dellaria
e temperature ambientali alte che favoriscono la concentrazione dei sali nel peri-
metro o negli angoli della piastrella;
355
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 12.
356
Difetti
Difficoltà di pressatura
Anche questo problema può interessare tutte le famiglie dei prodotti descritte ai
punti A, B, C, D, E.
I difetti possono essere diversi ma le cause di natura tecnologica che li originano,
in generale, sono simili e sono:
la natura mineralogica delle argille costituenti limpasto;
la granulometria troppo fine delle particelle argillose o anche di altri minerali;
357
Tecnologia ceramica applicata
la forma delle particelle stesse, cioè a struttura piana (bidimensionale), aciculare o fibrosa;
la plasticità o non plasticità dellimpasto.
Tutti questi aspetti o condizioni delle materie prime costituenti limpasto portano
a problemi nella produzione, quali:
difetto di laminazione o sfogliatura;
scarsa resistenza meccanica;
sporcatura degli stampi.
Il difetto della laminazione comporta una stratificazione delle polveri che impe-
disce leffusione dellaria contenuta nelle polveri stesse, impedendo, quindi, la
pressatura delle piastrelle. Una scarsa resistenza meccanica dopo pressatura compor-
ta frequenti rotture delle piastrelle sia nelle produzioni di bicottura che monocottura.
Una sporcatura eccessiva degli stampi comporta una notevole perdita di tempo per
la loro pulizia, diminuendo, quindi, il coefficiente di utilizzo della macchina. È
evidente che questo problema si riscontra in modo rilevante nel caso di stampi in
acciaio e molto meno in quelli rivestiti in gomma o resina.
Difficoltà di essiccamento
Il problema si può presentare in maniera differente a seconda della tecnologia di
produzione, cioè monocottura o bicottura tradizionale.
Comunque, in entrambi i casi, anche se il difetto può essere diverso, le cause che
lo hanno originato possono ritenersi abbastanza simili, cioè:
la natura dei minerali argillosi;
la granulometria troppo fine delle particelle argillose;
comportamento atipico delle piastrelle pressate nella fase di essiccamento (forte espansio-
ne e scarsa resistenza meccanica).
Nel caso della tecnologia della monocottura, il difetto è più evidente poiché la
rottura dei pezzi lungo le linee di smaltatura o nei punti di maggiore sollecitazione
meccanica diventa molto più probabile e frequente.
Normalmente, la resistenza a flessione dopo essiccamento di un manufatto
ceramico non dovrebbe essere inferiore ai 25 kg/cm2.
Certamente, oltre alla composizione dellimpasto e, quindi, alle caratteristiche
delle materie prime, i difetti che si possono associare a questa fase della lavorazione
possono dipendere dai metodi di lavoro e dalle caratteristiche dei semilavorati cioè:
conduzione dellessiccatoio (curva di essiccamento);
percentuale di acqua nelle piastrelle in entrata;
condizioni e stato igrometrico dellaria;
altre cause.
358
Difetti
Questo argomento, ancora più dei precedenti, non può essere esaustivamente
trattato in poche righe. Infatti, le variabili dipendenti dal processo di sinterizzazione
o greificazione sono molteplici e interagiscono in modo molto complesso. La
descrizione non può quindi che essere generale.
È chiaro che una buona greificazione o sinterizzazione dellimpasto è dipendente
dalla qualità delle materie prime utilizzate, dal loro rapporto e dalla reattività fra i vari
componenti (ossidi).
È evidente, tuttavia, che le caratteristiche quali:
valori elevati del carico di rottura;
contenimento dei valori di ritiro;
valori della porosità compatibili con il prodotto;
stabilità elevata in cottura (palier di cottura ampio), dipendono essenzialmente dalla
natura delle materie prime e dalla loro reattività;
scarsa stabilità dimensionale in cottura.
Questo difetto è senza dubbio più frequente nei materiali greificati (famiglie A, B,
C) dove i cambiamenti dimensionali sono più evidenti e quindi assumono un peso
importante.
I problemi risultano difetti di geometria (ortogonalità), di variazione dimensiona-
le, dei lati (calibro), ecc.
Gli stessi sono tanto più evidenti quanto più ristretto è lintervallo di stabilità
(differenziale di temperatura).
Lorigine del problema può riguardare anche il processo di lavorazione, cioè la
pressatura, la cottura; tuttavia, la natura delle materie prime e quindi la composizione
dellimpasto hanno un ruolo fondamentale.
Infatti, la stabilità o meno di una composizione greificabile è regolata dallentità
dei flussi vetrosi che si formano e dalla loro viscosità. È riconosciuto che gli impasti
cuocenti bianco presentano intervalli di stabilità più ampi che gli impasti cuocenti
rosso; ciò deriva appunto dalla natura dei vetri che si formano e dalla loro viscosità
più elevata. Il fenomeno è molto complesso ed è connesso con molti fattori chimico-
fisici fra loro concatenati. La composizione dellimpasto o, meglio, la natura delle
materie prime ha grande influenza sul manifestarsi o meno del difetto. La presenza
di materiale organico in eccesso, assieme ad una granulometria molto fine dei
minerali argillosi, può essere una causa del problema.
359
Tecnologia ceramica applicata
Quando il prodotto viene essiccato; la bassa resistenza meccanica dello stesso non è
sufficiente a sopportare lo sforzo meccanico che la contrazione provoca sulla piastrel-
la. Il limite normale sopportabile per prodotti pressati, in essiccamento, è un ritiro
dello 0,25-0,30%.
Il difetto può verificarsi in produzione su diverse forniture di argilla provenienti
da punti diversi della cava e per scarsa omogeneizzazione dei prodotti estratti. La
caratteristica è comunque verificabile con un semplice controllo di laboratorio.
360
Difetti
a) Insufficiente macinazione
Leffetto di una insufficiente macinazione è naturalmente diverso a seconda che si
tratti di impasto a componente unico oppure di impasto composto vero e proprio.
Nel primo caso si ottiene una leggera differenza di aspetto superficiale (superficie
più rugosa) ed una diminuzione della resistenza meccanica che in molti casi non è
apprezzabile.
Nel secondo caso invece i problemi possono essere di natura diversa. Infatti
particelle grossolane ritardano le reazioni dei componenti (es. degasazione dei
carbonati).
Nella maggior parte dei casi non si ottengono le caratteristiche fisico-meccaniche
prestabilite. È spesso sufficiente controllare i residui a setaccio delle barbottine, e,
ogni qualvolta è possibile, la curva di distribuzione granulometrica, per prevenire o
correggere linconveniente sopracitato.
b) Disuniformità di umidità
Normalmente si riscontra quando la polvere da pressare non ha ricevuto un
sufficiente tempo di riposo (stoccaggio) affinché lumidità possa diffondersi ed
omogeneizzarsi allinterno del silos. Il fenomeno è più frequente nelle macinazioni a
secco.
Come primo effetto si ha una evidente tendenza alla sfogliatura (laminazione);
successivamente si riscontrano resistenze meccaniche in verde molto diverse di
momento in momento.
Nel caso di polveri atomizzate la situazione è meno grave perché lumidità non è
concentrata allesterno delle particelle, bensì allinterno. Il controllo di umidità infatti
si effettua solitamente su un campione medio delle polveri prelevato su diversi punti
del nastro dellatomizzatore e nellarco di tempo di circa un minuto.
Il problema viene ridotto con almeno 24 ore di riposo, nel caso dellatomizzato e
con 36-40 ore nel caso della macinazione a secco.
361
Tecnologia ceramica applicata
g) Separazioni granulometriche
Il problema è particolarmente sentito nelle produzioni di grès porcellanato dove
la separazione granulometrica nella tramoggia della pressa provoca il riempimento
degli alveoli esterni con materiale a granulometria più grossa. Il difetto è molto più
evidente quando si miscelano polveri di diversi colori (es. sale e pepe).
Resta comunque il concetto di usare polveri atomizzate a granulometrie uniformi
e tendenzialmente comprese nella fascia granulometrica di 0.3-0.5 mm.
h) Grumi da incrostazioni
I grumi si formano per il fenomeno delle condense nei silos, negli elevatori e nelle
tramogge. Avendo grumi ad umidità e densità diversi dai valori medi normali della
polvere, hanno un comportamento diverso alla cottura.
Nei casi più evidenti intorno al grumo si forma una piccola crepa per differenza di
ritiro. Nei casi meno evidenti si formano dei piccoli avvallamenti sulla superficie dello
smalto per effetto del minor assorbimento che hanno le zone interessate dai grumi
stessi.
Per eliminare il difetto generalmente si usano setacci di controllo, prima del-
lalimentazione alle presse, con tele più fini, e si cerca di diminuire il fenomeno
allorigine.
362
Difetti
Sfogliatura o scatolone
Il difetto si manifesta con stratificazioni lamellari del materiale che a volte si vede
solo dopo smaltatura e cottura (fig. 14).
Il difetto può originarsi per diverse ragioni:
Fig. 13.
Fig. 14.
363
Tecnologia ceramica applicata
1) Quando la velocità di discesa della traversa per la prima pressata è eccessiva, non
permettendo allaria di separarsi dalla polvere.
2) Quando il tempo di sollevamento della traversa fra la prima e la seconda pressata
è insufficiente al punto di non permettere luscita di tutta laria.
3) Il difetto può avere origine nella costruzione dello stampo quando non vengono
lasciate sufficienti luci di apertura fra tamponi e lastrine, luci che devono essere
calcolate alla temperatura di esercizio dello stampo stesso.
Difetto da caricamento
La disuniformità di caricamento dipende dalla regolazione del carrello di alimen-
tazione, determinando quindi densità differenti nei diversi punti della piastrella.
Fig. 15.
364
Difetti
Eccesso di pressione
Nelle monocotture a ciclo rapido può provocare il difetto di cuore nero.
Leccessivo avvicinamento delle particelle impedisce la fuoriuscita dei gas prodot-
ti dalla combustione delle sostanze organiche, determinando quindi linsorgere del
cuore nero.
Si prendono ora in esame alcuni dei difetti più tipici e frequenti che si possono
incontrare.
b) Mancanza di plasticità
Il termine plasticità per uno smalto, pur essendo improprio, è molto utilizzato per
indicare la capacità di adesione al supporto.
In crudo molte volte è difficile notare il problema perché si manifesta maggior-
mente nelle prime fasi della cottura, quando cominciano le prime azioni di ritiro e
fusione dello smalto che non aderendo perfettamente al supporto tende ad arricciarsi.
Nelle monocotture è necessario ricorrere a collanti tipi C.M.C.
Laggiunta del collante è spesso utile anche in bicottura dove sussistono problemi
di adesione di smalto.
Altri elementi che contribuiscono ad aumentare la plasticità sono argille, tipo ball-
clay, caolini che si possono aggiungere in percentuali fino all8-10%, e le bentoniti
(fino al massimo del 2%).
365
Tecnologia ceramica applicata
d) Eccessiva fusibilità
Questo problema ha origine dalla composizione stessa dello smalto.
In caso di eccesso di fusibilità possono prodursi difetti tipo bollicine superficiali ai
bordi o dove lo smalto ha spessori più sottili.
e) Frittaggio incompleto
È un inconveniente che chiaramente si origina nelle fritte e porta normalmente
due tipi di difetti:
1) formazione di bollicine ed altri difetti superficiali per fuoriuscita di prodotti gas-
sosi non totalmente decomposti in fusione;
2) parziale solubilità di componenti che non si sono completamente legati chimi-
camente.
Si ritiene quindi importante che le fritte in entrata siano verificate con i metodi di
controlli previsti in azienda.
Difetti di applicazione
366
Difetti
Eccessiva macinazione
Un eccesso di macinazione provoca un aumento del ritiro dello smalto e una
perdita di adesione.
Applicazioni sovrapposte
Può accadere talvolta che smalti non soggetti a problemi di ritiro presentino
questo problema quando:
lo smalto di fondo risulta polveroso ed impedisce allo smalto applicato successi-
vamente di ancorarsi correttamente.
La seconda applicazione va a bagnare nuovamente il primo strato di smalto appe-
na essiccato che si solleva dal supporto.
I due smalti sono incompatibili fra di loro per tensione superficiale e viscosità in
cottura.
367
Tecnologia ceramica applicata
smalto differiscono in maniera sensibile tra loro, si possono instaurare delle tensioni
tali da causare linsorgere di fratture nello smalto ormai solidificato (cavillo-scaglia).
a) Cavillo e scaglia
Se il coefficiente di espansione termica del vetro è più alto di quello del supporto,
lo smalto in raffreddamento, al di sotto del punto di trasformazione del vetro, si
contrarrà maggiormente e pertanto si troverà in trazione. Se tale tensione è superiore
al modulo di elasticità del vetro, ne causerà la rottura. Tale difetto viene conosciuto
come cavillo e si manifesta come sottilissime fessure.
Nel caso inverso, quando cioè durante il raffreddamento il coefficiente dilatome-
trico del supporto risulta superiore a quello dello smalto, il vetro si troverà in
compressione. Ciò in condizioni limite può causare la frattura del vetro in numerose
scaglie che restano sollevate in corrispondenza delle linee di rottura. È questo il
fenomeno detto scaglia. Il rischio di tale difetto è tuttavia molto raro, poiché la
resistenza a compressione è nei vetri circa 10 volte superiore di quella a trazione.
Lesperienza ha mostrato come sia preferibile operare con vetri in leggera
compressione anche per preservarsi dagli eventuali accrescimenti in volume del
supporto causati dallassorbimento di umidità prima e durante la posa.
Non di rado il cavillo può palesarsi come una serie di fratture localizzate
prevalentemente sui bordi della piastrella e con andamento circolare (cavillo a
cipolla).
b) Interazione supporto-smalto
Un cenno merita anche linfluenza esercitata sui fenomeni dilatometrici dalla
interazione tra supporto, ingobbio e smalto. Unadeguata reattività tra supporto,
ingobbio e smalto è indispensabile per avere una buona adesione tra gli stessi.
Una buona compenetrazione tra lo smalto ed il supporto è indispensabile per
evitare che il rivestimento cotto si distacchi dal supporto in conseguenza di piccoli
urti sui bordi. È questo un fenomeno assai tipico nelle bicotture. In monocottura
infatti i supporti, essendo più permeabili nella prima fase di cottura, risultano più
reattivi.
368
Difetti
Le piastrelle difettate dopo cottura presentano una superficie più o meno intensa-
mente cosparsa di minuscoli avvallamenti.
Questo è il risultato dellaffioramento, nel vetro fuso, di bollicine gassose che, una
volta vinta la tensione superficiale dello smalto scoppiano.
In certe condizioni questi fenomeni possono avvenire senza lasciare traccia in
quanto lo smalto è in grado di richiudere gli avvallamenti formatisi, altre volte ciò non
accade. I parametri che più influenzano luscita dei gas dai vetri fusi sono la viscosità
e tensione superficiale.
La viscosità alla temperatura di maturazione è unimportante caratteristica
degli smalti che ne determina la capacità di stendersi sul supporto, formando uno
strato uniforme. I vetri più fluidi permettono un più completo e rapido allontana-
mento dei gas inglobati nella massa vetrosa. Nelle medesime condizioni di cottura
i vetri, caratterizzati da elevata viscosità, risultano più sensibili ai difetti di
puntinatura grossolana.
Anche linfluenza della tensione superficiale in questi fenomeni gioca un ruolo
fondamentale. Una tensione superficiale più elevata è preferibile per agevolare il
riassorbimento delle bolle residue nel corso del raffreddamento.
a3) Sovracottura
La sovracottura dei rivestimenti può essere causa di puntinature.
Particolarmente sensibili a questi fenomeni sono gli smalti caratterizzati da una
elevata presenza di ossidi alcalini o di boro. Questi ossidi hanno infatti la tendenza a
volatilizzare per eccessiva cottura sviluppando minuscole bollicine che sono fonte di
puntinature.
369
Tecnologia ceramica applicata
La puntinatura degli smalti può inoltre essere frutto di cause accidentali quali:
Inquinamento dello smalto durante il ciclo produttivo;
Ritenzione di aria durante lapplicazione;
Essiccamento imperfetto;
Cottura incompleta.
b) Avvallamenti
Talvolta le superfici degli smalti lucidi, in particolare modo gli smalti bianchi allo
zirconio, presentano avallamenti di una certa importanza. Questo difetto si palesa
come una lieve depressione di forma circolare le cui dimensioni assai raramente
superano i 5-6 mm di diametro.
Una ragione dellinsorgere di tali imperfezioni è da ricercarsi nella presenza di
granuli da fritta con una granulometria superiore. Solitamente ciò è dovuto ad una
setacciatura imperfetta. Questi granuli in fusione hanno ovviamente un comporta-
mento anomalo rispetto alla circostante massa vetrosa.
Unulteriore causa di questi avvallamenti è una sensibile disuniformità di assor-
bimento da parte del supporto, nel caso di bicottura.
c) Granuli in rilievo
La presenza di granuli in rilievo sulla superficie degli smalti è sovente conseguen-
za di inquinamenti che possono avvenire durante il ciclo produttivo delle piastrelle.
Unaltra causa della presenza di granuli in rilievo può essere la conseguenza di
unaggiunta al mulino di silicato di zirconio o di altre materie dure che non siano poi
state convenientemente macinate.
Il difetto in questo caso è caratterizzato dalla presenza di minuscoli puntini bianchi
a rilievo particolarmente ben visibili.
370
Difetti
371
Tecnologia ceramica applicata
e) Presenza di zolfo
Gli effetti dannosi provocati dai solfati provenienti dal supporto, dalle materie
prime, dallacqua di macinazione o dai composti di zolfo presenti nei fumi dei forni,
danno luogo ad una svariata serie di difetti sul prodotto finito. I più comuni sono
opalescenza, aloni superficiali, spillature, sobbolliture, devetrificazioni, raggrinza-
menti sui bordi.
Questi difetti si presentano con maggior frequenza quando si utilizzano smalti che
sono caratterizzati da una composizione marcatamente alcalina.
Gli alcali vengono usualmente introdotti come fritte negli smalti. Tuttavia,
qualora queste fritte non siano sufficientemente ricche in silice, anidride borica,
allumina o presentino una certa reattività dovuta a un frittaggio incompleto, può
accadere che gli alcali risultino attaccabili dagli ossidi di zolfo presenti.
È presumibile che reazioni del tipo suddetto, determinate cioè da zolfo presente
nella composizione o proveniente dai fumi, avvengano anche in fase di frittaggio.
Tuttavia le determinazioni effettuate per rivelare tale fenomeno non hanno mai
consentito di suffragare questa idea.
La presenza di anidride solforosa e solforica proveniente dai fumi di combustione
varia a seconda delle condizioni di cottura. Ambienti ossidanti, particolarmente nelle
fasi iniziali di cottura, favoriscono uno sviluppo superiore di anidride solforica. La
presenza concomitante di elevati quantitativi di vapor dacqua proveniente dallallon-
tanamento di questa dalle piastrelle e dalla decomposizione degli idrati, può portare
alla formazione di acido solforico.
Questo attacca le componenti basiche dello smalto, particolarmente piombo,
calcio, magnesio, che non siano fortemente legate alla silice o ad altri componenti
acidi del vetro.
Ne consegue una formazione di solfati molto dannosa poiché la loro decomposi-
zione avviene con difficoltà e ad alta temperatura. Questi sali solitamente tendono a
formare dei film molto sottili sulla superficie della piastrella dando luogo ad aree
devetrificate. Qualora questi composti si concentrino in zone ristrette della piastrella
quali gli spigoli, possono generare raggrinzimenti o sbolliture. I fenomeni sin qui
descritti, si possono riscontrare nelle produzioni di bicottura rapida.
372
Difetti
a) Volatilizzazioni
Alcuni ossidi coloranti sono soggetti a fenomeni di volatilizzazione che danno
luogo a numerosi inconvenienti sulle superfici delle piastrelle durante la cottura.
Gli ossidi di cromo, ad esempio, oltre ai già accennati inconvenienti relativi a
puntinature e sobbolliture, sono ampiamente impiegati in ceramica in virtù del loro
forte potere colorante e della loro relativa stabilità. Tuttavia lossido di cromo puro
presenta una forte tendenza a generare aloni. Infatti, benché sia dotato di una bassa
pressione di vapore ed un rapporto di volatilizzazione non elevato, il suo intenso potere
colorante è facile causa di aloni.
Leliminazione di questi è possibile facendo ricorso alla calcinazione ed al succes-
sivo lavaggio dellossido.
b) Calcinazione
La calcinazione è una fase determinante nella preparazione dei coloranti. Questa
operazione ha scopi diversi a seconda delle materie prime che si utilizzano ed in
relazione al prodotto che si desidera ottenere. Schematicamente possiamo dire che nel
caso più semplice questa operazione è volta a permettere la decomposizione dei
composti costituenti il colorante che per effetto della temperatura tendono a decom-
porsi sviluppando gas. Lutilizzo negli smalti di questi materiali non preventivamente
calcinati sarebbe inevitabilmente accompagnato dallapparire di numerosi difetti
quali puntinature, sbolliture, aloni, ecc.
Ben più complessa è la funzione della calcinazione quando ci si propone con essa
la formazione di reticoli cristallini. Questi reticoli si caratterizzano per essere il
prodotto di materie prime intimamente miscelate che nel corso della calcinazione
originano con lausilio di catalizzatori neo-strutture cristalline allinterno delle quali
per scambio ionico sono presenti ioni cromofori. Un caso ancora diverso è quello in
cui si fa ricorso alla calcinazione per ottenere soluzioni solide di ossidi che abbiano
caratteristiche migliori rispetto ai singoli componenti di partenza.
Un tipico esempio di questo genere è rappresentato appunto dalla calcinazione di
ossido di cromo ed idrato di alluminio onde ottenere una soluzione solida dei due
ossidi che garantisce una maggior stabilità ed una minor volatilizzazione del cromo
particolarmente nellimpiego ad alta temperatura.
c) Lavaggio
Dopo la calcinazione il colorante può contenere ancora una certa quantità di sali
soggetti a volatilizzazione. Per eliminare questi sali si fa ricorso al lavaggio dellos-
sido, finemente macinato, utilizzando acqua ed eventualmente additivi specifici che
favoriscono la lisciviazione dei composti solubili. Nel caso visto in precedenza il
lavaggio permetterà di rimuovere quella parte di ossido di cromo che non essendo
entrato nella formazione della soluzione solida risulta solubile in acqua e sarebbe
quindi fonte di aloni dovuti alla sua diffusione.
Un altro caso in cui il lavaggio si rende indispensabile si ha quando la calcinazione
prefiggendosi lo scopo di ottenere la formazione di strutture cristallino viene
condotta facendo uso di catalizzatori e di sali cromofori in eccesso.
Un esempio tipico è quello della produzione di zirconati. Nel caso dello zirconato
373
Tecnologia ceramica applicata
374
Difetti
b) Grumi di smalto
Ha unorigine molto simile al difetto precedente.
Si tratta infatti di incrostazioni di smalto che possono formarsi sulla superficie
interna delle cabine che in seguito si distaccano cadendo sulla superficie dei pezzi in
fase di smaltatura.
Il difetto ha origine quando esistono condizioni di aspirazione eccessiva per cui lo
smalto che colpisce le pareti tende ad essiccarsi formando una crosta.
Altra origine sono gli smalti con elevata componente plastica, soprattutto se
applicati a densità abbastanza elevate. Particolare tendenza a questo difetto hanno gli
ingobbi per la loro elevata componente plastica.
Unaltra fonte molto importante sono le vibrazioni alle quali è sottoposta la cabina
che naturalmente accelerano il distaccarsi delle croste.
Il sistema più semplice per ridurre linconveniente è di lavare con maggior
frequenza le cabine stesse programmandone il tempo, affinché lintervento risulti
preventivo. Naturalmente dove si verificassero condizioni di eccessiva aspirazione o
eccessive vibrazioni si dovranno eliminare le cause originali.
375
Tecnologia ceramica applicata
Le bolle daria presenti nello smalto provocano lo strappo del velo che forma
carenze di smalto sul supporto di forma ovale.
Per smalti a caratteristica molto plastica è necessario nellarco della giornata
effettuare almeno un paio di lavaggi così da eliminare le croste che si formano su
tubazioni e setacci.
376
Difetti
I principali difetti che si possono avere con questa apparecchiatura sono i seguenti:
1) Maggior deposito di smalto sui bordi paralleli al senso del moto. Si verifica so-
prattutto sui formati più grandi. Si rimedia aumentando la velocità di rotazione
della tazza o aumentando la distanza della tazza dal supporto da smaltare.
2) Maggior deposito su un lato della piastrella parallelo al senso del moto. In que-
sto caso occorre verificare la perpendicolarità dellasse della tazza, lorizzontalità
della stessa e quella del supporto. La tazza inoltre deve essere perfettamente
centrata sullasse di scorrimento delle piastrelle, e lalimentazione perfettamente
centrale.
3) Nel caso che si impieghi smalto a bassa densità può verificarsi un minor deposito
di smalto in ingresso ed in uscita della piastrella. Si può ovviare a questo incon-
veniente facendo sì che le piastrelle formino un tappeto nel tratto sottostante al
gocciolatoio.
4) Si possono avere difetti di rigature leggermente arcuate disposte trasversalmen-
te al senso di moto delle piastrelle. Questo è spesso dovuto al fatto che la tazza
non è perfettamente centrata sul suo asse. Questo difetto può anche essere dovu-
to alla eccessiva velocità di trascinamento del supporto rispetto alla velocità di
rotazione della tazza. Si può allora diminuire la velocità di trascinamento o au-
mentare la velocità di rotazione della tazza adeguando il peso; naturalmente la
forma delle gocce risulterà in questo caso leggermente diversa.
5) Orientamento delle gocce in senso parallelo al moto delle piastrelle. Questo in-
conveniente è principalmente causato dallangolo di impatto troppo acuto delle
gocce di smalto sul pezzo; quindi ovviabile diminuendo la velocità di rotazione,
alzando la tazza, o inserendo dei diaframmi lungo larco di caduta.
6) Qualora esistano fondi di preparazione a colori intensi o serigrafie, precedenti
allapplicazione di una scorza molto liquida, è opportuno distanziare al massimo
queste operazioni al fine di evitare inquinamenti dello smalto impiegato per la
scorza. Infine è molto importante per una costanza di applicazione delle scorze
mantenere costante lassorbimento prima dellapplicazione della scorza stessa.
377
Tecnologia ceramica applicata
della smaltatura) di ingobbi in grado di formare una base di appoggio refrattaria sui
rulli.
È questo uno dei problemi che possono notevolmente ridurre la produttività di un
impianto di cottura rapida, aumentando contemporaneamente i costi di manutenzio-
ne per il notevole ricambio di rulli che tale problema provoca.
378
Difetti
Difetti di decorazione
379
Tecnologia ceramica applicata
380
Difetti
a) Differenze di temperatura
È una condizione molto facile a verificarsi, soprattutto nei vecchi forni a tunnel,
si tratta comunque di una condizione facile a verificarsi in ogni tipo di forno. Il difetto
che la situazione determina è una diversa tonalità di colore ed a volte anche di
superficie degli smalti.
Il problema è molto sentito perché le tonalità di colore variano impercettibilmente
tra piastrelle vicine. Ciò crea molte difficoltà in fase di scelta.
b) Mancanza di ossidazione
Non significa avere lambiente del forno completamente riducente, bensì non
avere un sufficiente eccesso di aria da garantire il cosiddetto lavaggio. Si formano
così zone di passaggio di fumi a concentrazioni tali da produrre difetto, normalmente
si tratta di un angolo del pezzo con formazione di pelle duovo o di bollicine.
Inoltre, si possono avere zone di ristagno di aria che può essere carica di vapori di
smalto, quasi sempre provocando zone di opacità superficiale a volte accompagnata
da spillature. In entrambi i casi la correzione del difetto sta nellaumentare la
turbolenza di aria ed i volumi della stessa in gioco e quindi aumento di aspirazione
al camino e maggiore immissione di aria.
381
Tecnologia ceramica applicata
otteniamo così una superficie molto rugosa e dura che a prima vista fa pensare ad una
mancanza di temperatura di cottura.
In questi casi è necessario conoscere bene la natura degli smalti e conoscerne il
comportamento termico.
382
Difetti
Difetti di cottura
Rotture in preriscaldo
Sono caratterizzate da linee di frattura con bordi frastagliati, che procedono dalla
periferia verso il centro del pezzo; lo smalto tende a penetrare nella frattura
arrotondandone i bordi (fig. 16).
La rottura si produce per strappo, quando il ritiro del bordo, che si riscalda
anticipatamente, è contrastata dal centro ben più freddo.
In monocottura la rottura di preriscaldo è piuttosto rara ed è in genere associata
a condizioni estreme di gradienti di temperatura.
Può manifestarsi con crepe poco divaricate, lunghe 20-30 mm; raramente una
unica nel pezzo, mai in prossimità degli spigoli.
Nella sezione del carico sono distribuite là dove le temperature aumentano
anticipatamente: alle estremità del carico. Il campo di temperatura critico è tra 700
e 900 °C, dove fiamme molto calde sotto piano rulli sono la causa principale.
Di solito è sufficiente diminuire di 20-30 °C la temperatura al primo - secondo
Fig. 16.
383
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 17.
384
Difetti
Fig. 18.
a) Lunghe crepe, divaricate, episodiche, non localizzate nella sezione del carico (fig.
19).
Fig. 19.
b) Crepe di 10-30 mm in prossimità degli angoli, non localizzate nella Sezione del
carico.
La rottura è prodotta per stress meccanico, in particolare per urto tra i pezzi in fase
di formazione di file. Il punto critico nella linea di trasporto è segnalato dallaccumulo
al suolo di schegge e spuntatura di angoli.
c) Crepe nello smalto, parallele a uno o più lati della piastrella (fig. 20).
d) In modo analogo si formano le fessure che corrono parallele ai lati, nello spesso-
re del pezzo (fig. 21).
La rottura si produce alla pressa in fase di estrazione del pezzo dalla cavità dello
stampo.
385
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 20.
Fig. 21.
e) Crepe poco divaricate della lunghezza di 20-30 mm. non localizzate nella sezione
del carico. Aumentano o si riducono in frequenza in modo dipendente dal tempo
di stoccaggio del prodotto crudo. Sono associate a fessure longitudinali nello
spessore (fig. 22).
Fig. 22.
Lorigine sta nella rottura longitudinale di estrazione dalla cavità dello stampo;
lacqua applicata in quantità durante la smaltatura si stratifica nella fessura longitu-
dinale. La crepa nella superficie smaltata si sviluppa poi nelle prime fasi di preriscaldo.
f) Piccoli strappi nella superficie smaltata, a volte piccoli al punto da poter essere
confusi con spillatura o avvallamenti dello smalto (fig. 23).
La causa va ricercata in un difetto in fase di estrazione dalla cavità dello stampo
386
Difetti
Fig. 23.
Fig. 24.
h) Sfogliatura detta anche scatolone con distacco o scoppio di grosse placche su-
perficiali dimpasto fino allo sfettamento del pezzo (fig. 25).
Fig. 25.
387
Tecnologia ceramica applicata
i) Crepe del tutto simili alle reali rotture di preriscaldo descritte (fig. 16) sono rico-
noscibili purché riscontrate soprattutto in pezzi formati in una determinata cavi-
tà dello stampo della pressa. Non sono localizzate in una particolare zona del
carico forno mentre sono piuttosto ben localizzate nel pezzo. La causa va ricerca-
ta alla pressa in un non buono stato dello stampo o del tampone.
Anche il processo di essiccazione può produrre crepe del tutto simili: non sono
localizzate nella sezione del carico forno, mentre sono localizzate con puntualità nel
carico dellessiccatoio. In tal caso le crepe sono evidenziabili per assorbimento di
liquidi colorati alluscita dellessiccatoio (gasolio).
Nel caso di seconda cottura, la rottura completa di pezzi, sparsi in modo casuale
nel carico, che si intensificano in determinati momenti, sono da attribuire a precen-
denti lesioni del supporto che ne compromettono la resistenza alle tensioni che si
generano in fase di preriscaldo.
Allorigine cè una eccessiva tensione nel pezzo causata da variazioni dimensionali
disomogenee.
Il caso più comune si produce durante la ritrasformazione del quarzo libero
quando, per rapido gradiente termico, si generano vistose differenze di temperatura
tra aree diverse a cavallo dei 573 °C.
Elementi che costituiscono maggior fonte di rischio sono lelevato tenore di
quarzo libero nellimpasto, lelevato spessore del pezzo, il grande formato e la rapidità
del ciclo di raffreddamento.
Gradienti di raffreddamento non ottimali e le alterazioni ai gradienti, come
conseguenza di una alimentazione discontinua del carico, sono sempre determinanti
per le rotture.
La linea di rottura ha landamento curvilineo tipico della rottura del vetro, con
bordi dello smalto affilati e netti. La fessura non è mai divaricata, spesso è addirittura
a stento individuabile senza mezzi di contrasto. Landamento è sempre dalla periferia
verso il centro del pezzo. Nei prodotti non porosi la frattura ha un aspetto liscio, lucido
e concoide. Battendo il pezzo, ne risulta un suono sordo.
Il trattamento di raffreddamento si sviluppa attraverso tre fasi successive, ognuna
con specifica dotazione dimpianto.
Una prima fase di raffreddamento rapido per abbattere rapidamente la tempe-
ratura dei pezzi fino a 650-700 °C.
Una seconda fase di RAFFREDDAMENTO LENTO per abbassare lentamen-
te la temperatura dei pezzi fino ad almeno 550-500 °C.
Una terza fase di RAFFREDDAMENTO FINALE per abbassare fortemente
la temperatura dei pezzi per renderli manipolabili in uscita forno.
388
Difetti
Per intervenire con cognizione di causa nei problemi del raffreddamento è utile
premettere alcune fondamentali considerazioni.
1 Le temperature rilevate dalle termocoppie nel canale di cottura sono abbondan-
temente più basse della reale temperatura del materiale in transito.
2 I pezzi alle estremità del carico si raffreddano con apprezzabile anticipo rispetto
ai pezzi in centro carico: tanto più, quanto più rapido è il gradiente.
3 La temperatura della periferia dei pezzi è tanto più bassa rispetto al centro, per
tanto più rapido è il gradiente di raffreddamento. Qui sta la vera ed effettiva
causa della rottura.
4 I diaframmi tra cottura e raffreddamento rapido (chicanes) devono essere sempre
integri; essi costituiscono una efficiente separazione, fondamentale per la stabili-
tà della regolazione sia del raffreddamento che del fine-cottura.
389
Tecnologia ceramica applicata
c) Le rotture si presentano nel primo prodotto dopo vuoti di carico di una certa
importanza e perdurano alcuni minuti.
Durante il vuoto le temperature del raffreddamento si abbassano: già 50-70 °C
sotto al normale valore possono creare problemi.
Verificare in raffreddamento rapido che, per valvola di modulazione aria chiusa,
ai soffiatori non risulti pressione eccessiva.
Può essere necessario diminuire lefficienza dello scambiatore di calore aprendo
parzialmente la valvola di by-pass.
In raffreddamento lento verificare che la valvola modulante dei dissipatori di
calore si posizioni in completa chiusura quando la temperatura si abbassa.
È generalmente utile orientarsi verso una gestione dei volumi in forno con ab-
bondante aspirazione di aria calda.
Verificare lintervento puntuale dei termoregolatori che governano le tempera-
ture in raffreddamento rapido e raffreddamento lento.
d) Le rotture si presentano dopo vuoti di carico di una certa importanza non nel
primissimo prodotto in uscita, ma solo dopo alcuni minuti e durano per un tempo
comunque breve.
Cavillo
Simile per aspetto, ma assai diverso per origine e natura, il cavillo viene frequen-
temente nominato a sproposito e confuso con la rottura di raffreddamento. Si presenta
come una frattura nel solo smalto netta e con i bordi taglienti, spesso visibile solo con
adeguati mezzi di contrasto o particolare angolazione della luce.
Perlopiù il cavillo non si presenta già alluscita forno perché può prodursi anche
molto tempo dopo, durante il detensionamento che può proseguire per diverso tempo,
o durante la reidratazione del supporto igroscopico. A caratterizzare il cavillo è il
modo di procedere della linea di rottura che non necessariamente va dalla periferia
verso il centro: spesso non coinvolge il bordo della piastrella.
Il fenomeno non è prodotto da errori nel processo di raffreddamento, ma da errore
nel dimensionamento del rapporto tra i coefficienti di dilatazione di supporto e
smalto, per cui il vetro risulta sottoposto a trazione.
Il test del cavillo viene fatto sottoponendo il campione a più cicli in autoclave,
scegliendo lo specifico protocollo. Più empirico ma efficace nellindividuare la
predisposizione al cavillo è la posa di campioni con cemento: la comparsa di rottura
è indicativa.
390
Difetti
Fig. 26.
Il confronto indistinto tra lati destri e sinistri comprende errori di pressatura (0,4
mm sul lato destro del pezzo); il confronto tra davanti e dietro è dovuto solo ad errore
di pressatura e non riguarda il nostro caso.
a) Il caso più frequente è dato da un calibro più lungo in prossimità delle pareti,
come rappresentato in figura. Le cause sono diverse, diversamente influenti, ma
tutte concorrenti (fig. 27).
Più bassa temperatura di fiamma allo scarico dei bruciatori che più avanti, dove
la combustione si completa.
Ricircolo di volumi ambiente più freddi, per leffetto venturi generato dalla velo-
cità della fiamma.
Maggior quantità e velocità di fumi al centro del canale che vicino alle pareti,
dove si genera attrito (che si muovono verso il camino).
Più forte irraggiamento sul centro carico da parte delle pareti perpendicolari.
Dispersione di calore dei rulli verso lesterno forno per conduzione termica.
Aspirazione di aria fredda attraverso pur piccoli difetti di tamponamento attorno
ai rulli in zona cottura.
Soffiature di aria fredda con bassa velocità, soprattutto sopra ai rulli.
391
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 27.
392
Difetti
Fig. 28.
Fig. 29.
393
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 30.
In parte vale quanto detto per il precedente caso, ma cè un importante coinvol-
gimento della geometria della fiamma, soprattutto per i bruciatori sopra i rulli. Il
problema si affronta modificando in modo significativo velocità e geometria di
fiamma. La via più facilmente praticabile ed efficace è spegnere uno o più bruciatori
in gruppi determinanti per il controllo del calibro; in alternativa si interviene sulla
quantità daria ai bruciatori.
La porzione della curva di cottura che ha una effettiva influenza sulla riuscita dello
smalto per brillantezza, satinatura, opacità, stesura e tonalità del colore è quella delle
alte temperature della zona di cottura. Una più alta temperatura o una più lunga
permanenza favoriscono una più compatta vetrificazione dello smalto e perciò una
maggior brillantezza. Una più lunga permanenza a temperatura relativamente più
bassa favorisce leffetto satinato e la stesura dello smalto. Ovviamente molto dipende
dalla natura dello smalto che denuncerà i suoi limiti con spillature e microbolle, se si
forzano eccessivamente le temperature.
La comparsa di satinatura, come una sorta di nebbia sullo smalto in una zona della
sezione del carico, denuncia un difetto di combustione di uno o più bruciatori operanti
nelle alte temperature ai quali dopo un controllo potrà anche essere aumentata laria
di combustione.
Eventuali stonalizzazioni localizzate in determinate aree della sezione del carico
vanno messe in relazione ad una maggior o minor temperatura. Un esempio è dato
dalla applicazione del lustro, sempre assai delicato e sensibile che per eccesso di
temperatura facilmente svanisce.
Relativamente ai problemi di tonalità dei colori, soprattutto quando si utilizzano
ossidi fortemente reattivi (ferro, selenio, ecc.), è noto che una più lunga permanenza
è causa di problemi nello sviluppo del colore.
Lossido di ferro risulterà più virante al verde con permanenza lunga, più virante
al rosso con un picco di temperatura.
394
Difetti
Il difetto appare come piccoli buchi nello smalto simili a punture di spillo. Sempre
si tratta di piccole bolle di gas che si gonfiano nello smalto e si aprono lasciando un
piccolo cratere. Lorigine delle bollicine di gas può essere diversa. Rompendo una
piastrella difettosa ed osservandone attentamente lo spessore si possono ricavare
preziose indicazioni. Con una lente contafili o con un microscopio tascabile si osservi
lo spessore dello smalto lungo la rottura, facendo attenzione alle bollicine in esso
contenute.
Fig. 31.
Fig. 32.
Il caso denuncia uno smalto con alta viscosità in fusione o di qualità scadente
contenente impurità. Può trattarsi anche di un difetto di preparazione dello smalto
(macinazione) o di applicazione (bolle daria).
Il caso non è risolvibile con specifica regolazione di forno. È il caso anche di
smaltatura di supporto troppo caldo, con formazione di bolle di vapore tra supporto,
ingobbio e smalto.
395
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 33.
396
Difetti
Degasazione
397
Tecnologia ceramica applicata
Cuore nero
Di questo difetto si è già diffusamente trattato nel capitolo dei difetti derivanti
dalle materie prime (vedi appendice 3 Difetti - materia organica).
Si manifesta con un alone di colore che va dal giallo-verde al grigio ed al nero
nello spessore del pezzo. Anche semplici puntini neri dispersi nellimpasto possono
rientrare in tale tipologia di difetto. Si tratta di incompleta combustione di residui
organici inclusi nellimpasto o di sottrazione di ossigeno agli ossidi di ferro: in ogni
caso è un fenomeno di riduzione.
La presenza di cuore nero in sé non costituirebbe un problema (frequentemente
normale nei prodotti estrusi) se non fosse associata ad altri difetti quali:
Spillatura e bollicine nello smalto.
Porosità e macchiabilità dello smalto.
Aloni e chiazze stonalizzate.
Apparenza in superficie di tracce del reticolo della marca.
Alterazioni dimensionali e di planarità.
398
Difetti
700 °C: in tal caso non può non risultarne penalizzato il ciclo di cottura che dovrà
essere decisamente più lento.
Per smalti ed impasti particolarmente alto-fondenti, il preriscaldo può protrarsi
anche fin verso i 1100 °C. Di pari passo alla ricerca della temperatura ottimale va
cercata la lunghezza della permanenza in temperature utili alla degasazione. Per la
massima efficienza devono essere tenute alte le temperature di inizio preriscaldo e
basse le temperature a ridosso della cottura: qui risulta spesso utile soffiare aria
attraverso bruciatori spenti, facendo attenzione a non generare grosse differenze di
temperatura sopra e sotto i rulli, che potrebbero innescare deformazioni.
Per una buona degasazione è bene avere disponibili abbondanti volumi: sia
provenienti dalla cottura e dal raffreddamento che erogati attraverso i bruciatori. È
da evitare pertanto una regolazione del raffreddamento che aspiri molta aria calda
(camino del raffreddamento). Problemi di degasazione comportano maggiori costi
energetici: va ben valutato perciò la convenienza di più raffinate materie prime e
tecnologia della piastrella.
Fig. 34.
Fig. 35.
Alone localizzato in centro allo spessore e sfumato verso lo smalto (fig. 36).
Manca permanenza in una temperatura sufficientemente alta in preriscaldo; in
fine preriscaldo temperatura troppo alta sotto il piano rulli.
Lalone è limitato entro aree a sezione lenticolare (fig. 37).
399
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 36.
Fig. 37.
Evidenzia una disuniformità di densità del pezzo pressato: per difetto di carica-
mento dello stampo o accumulo di polvere fine.
Se lintensità è modesta, si può pensare di risolvere il difetto con una sufficiente
permanenza alla temperatura ottimale di degasazione.
Non alone ma un deciso rigonfiamento in unarea assai limitata e circoscritta. Si
tratta di casi sempre sporadici (fig. 38).
Fig. 38.
Lintensità è tale per cui non è pensabile di intervenire con la regolazione del forno.
Solitamente si tratta delleffetto di gocce dolio provenienti da macchine, parti di
carbone formatosi per cattiva combustione nellatomizzatore o altri forti inquinanti
dellimpasto (anche grani molto umidi o molto densi).
Difetti di planarità
400
Difetti
riferito alle caratteristiche del prodotto trattato, è di base per una prima ipotesi, da
verificare poi con successive prove.
Non necessariamente il difetto di planarità è generato da errore di funzionamento
o di regolazione del forno; spesso si tratta di inadeguatezza del forno ad eliminare
leffetto di altri errori a monte nel processo produttivo. Un caso assai frequente è
la non compatibilità tra impasto, smalto ed eventuale ingobbio per andamento delle
rispettive curve dilatometriche; ancora, può darsi una non omogenea densità nei
pezzi, una scarsa resistenza strutturale in pezzi molto fusi, molto sottili o particolar-
mente conformati.
Spesso una regolazione del forno particolarmente oculata risolve il problema, a
volte può solo attenuarlo, a volte non si trova o non esiste regolazione di soddisfazio-
ne: sempre e comunque è auspicabile un aperto dialogo tra conduttore del forno e
tecnologo per concertare strategie dazione proficue.
Per governare la planarità delle piastrelle si sfruttano soprattutto le implicazioni
del ritiro lineare al fuoco della ceramica.
Immaginiamo la piastrella sezionata nello spessore.
La parte esposta a più temperatura si contrae di più; per più temperatura sopra, il
pezzo ritira più sopra e si deforma concavo; per più temperatura sotto, il pezzo ritira
più sotto e si deforma convesso.
Pezzi concavi o convessi, avanzano poggiando sui rulli solo con unarea limitata.
La parte sospesa, quando già sia avviato il rammollimento dellimpasto, per gra-
vità tende ad appiattirsi (collassare): ciò è causa di ulteriore deformazione so-
stanzialmente contraria a quella impressa per differenza di temperatura.
Poiché lappiattimento richiede un minimo di tempo, la deformazione può produr-
si soprattutto quando la deformazione termica avviene in inizio- centro zona cottura.
Poiché il riscaldamento dei pezzi è favorito ed anticipato nella periferia rispetto
al centro, una apprezzabile differenza di temperatura nel breve tempo del fine
cottura produce convessità o concavità accentuata negli angoli della piastrella.
Ancora effetti sulla planarità possono ottenersi sfasando il raffreddamento delle
due facce delle piastrelle, modificando di fatto il momento di aggancio dello smalto
al supporto e influendo sulla relazione tra le due dilatometrie.
Un buon piano di appoggio per le piastrelle, con rulli puliti e dritti, è sempre
importante per lordinato movimento dei pezzi in forno e per la prevenzione di
svergolature e deformazioni di origine meccanica.
Come esempio si consideri alcuni dei difetti di planarità più spesso riscontrabili in
produzione.
Angoli bassi
Tutti gli spigoli della piastrella, per un tratto di circa tre centimetri sono rivolti
verso il basso; la restante superficie è sostanzialmente piana o solo tendenzialmente
convessa (fig. 39).
La distribuzione del difetto nel carico è uniforme e costante nel tempo; lentità
della deformazione è solo un po minore alle estremità del carico (testa e coda).
401
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 39.
Fig. 40.
Fig. 41.
Angoli alti
Tutti gli spigoli della piastrella, per un tratto di circa tre centimetri, sono rivolti
verso lalto; la restante superficie è sostanzialmente piana o solo tendenzialmente
concava (fig. 42).
Fig. 42.
La distribuzione del difetto nel carico è uniforme e costante nel tempo; lentità
della deformazione è un po minore alle estremità del carico. La zona del forno dove
operare la correzione è il fine cottura; là è necessario diminuire la temperatura sopra
piano rulli ed aumentarla sotto piano rulli. Occorre fare attenzione a distinguere
402
Difetti
Fig. 43.
Fig. 44.
Convessità
Fig. 45.
Rappresenta uno dei più frequenti ed ostici problemi della planarità, anche perché
allorigine cè difetto di compatibilità tra supporto e smalto per andamento delle
rispettive curve dilatometriche. Elementi quali ingobbio, rapporto di spessore tra
smalto e supporto, formato, densità del pezzo, grado di greificazione, disegno della
muratura ed altro ancora, sono variabili capaci di influire sulla planarità. Raramente è
la curva delle temperature la causa diretta della convessità: solo un centro e fine cottura
caratterizzato da più alta temperatura sotto piano rulli può produrre tale difetto.
Esistono forzature della regolazione del forno che in molti casi danno risultati
assai buoni, tuttavia non tutti i prodotti rispondono analogamente alle stesse
sollecitazioni: è pertanto indispensabile distinguere tra tipologie diverse di prodotto:
ad esempio, per la Monocottura per pavimento posono essere ipotizzati:
403
Tecnologia ceramica applicata
pezzo, più marcatamente nei lati paralleli ai rulli. Si suppone che anticipando il
raffreddamento del supporto questo si contragga in certa misura, prima che lo smalto,
irrigidito, inizi ad opporre resistenza e a dar vita alla curvatura della piastrella.
La diversa correzione dei lati paralleli ai rulli può essere giustificata dal diverso
andamento del raffreddamento del pezzo: contemporaneo su tutta una fascia tra rullo
e rullo (parallelamente ai rulli), per successive porzioni perpendicolarmente ai rulli
(fig. 46).
Fig. 46.
404
Difetti
Fig. 47.
1° Momento
Con più temperatura sotto piano rulli ritira anticipatamente la faccia inferiore
del pezzo rispetto alla superiore: di conseguenza il pezzo si deforma convesso (fig.
48).
- t°
-RITIRO
+RITIRO
+ t°
Fig. 48.
2° Momento
Nel passare da un rullo allaltro la piastrella convessa, ha come base dappoggio
una limitata fascia sul fronte e sul retro: la restante fascia centrale risulta costante-
mente sospesa (fig. 49).
Fig. 49.
Il peso della parte sospesa della piastrella grava costantemente su punti compre-
si nelle due fasce di appoggio (fig. 50).
~8cm
-RITIRO%
+RITIRO%
Fasce di appoggio
Fig. 50.
405
Tecnologia ceramica applicata
Premuta dal peso della parte sospesa la piastrella flette tendenzialmente raddriz-
zandosi.
3° Momento
Proseguendo nella cottura, quando la faccia superiore della piastrella raggiunge-
rà temperatura e ritiro analogo alla faccia inferiore, ne risulterà un pezzo concavo
(fig. 51).
= t°
= RITIRO %
= t°
Fig. 51.
Forzare in modo eccessivo questa manovra può produrre una deformazione ca-
ratterizzata da fasce di circa 8 cm davanti e dietro tendenzialmente piegate verso
lalto (fig. 52).
~8 cm
~8 cm
Fig. 52.
Fig. 53.
Può risultare utile anche una maggior temperatura sopra piano rulli nel fine
cottura e/o nella zona di massima temperatura, giungendo al limite di spegnere
alcuni bruciatori sotto piano rulli.
Eccedere in questo senso può produrre la già vista deformazione cappello da
prete con una tendenza dei quattro angoli verso lalto (fig. 54).
406
Difetti
Fig. 54.
Concavità
Fig. 55.
1° Momento
Con più temperatura sopra piano rulli ritira anticipatamente la faccia superiore
rispetto alla inferiore: di conseguenza il pezzo si deforma concavo (fig. 56).
+ T°
Fig. 56. - T°
contemporaneamente al ritiro si avvia la fase plastica del supporto.
407
Tecnologia ceramica applicata
2° Momento
Nel passare da un rullo allaltro, la piastrella concava ha come base dappoggio
una limitata area centrale; la restante area periferica rimane sospesa (fig. 57).
Fig. 57.
Il peso della parte sospesa della piastrella grava costantemente sui punti com-
presi nellarea centrale dappoggio (fig. 58).
Aree sospese
Fig. 58.
+ ritiro %
- ritiro %
Fig. 59.
3° Momento
Proseguendo nella cottura, quando la faccia inferiore della piastrella raggiunge-
rà temperatura e ritiro analogo alla faccia superiore, risulterà un pezzo convesso
(fig. 60).
= T°
= Ritiro %
= T°
Fig. 60.
408
Difetti
Fig. 61.
In fine cottura
Risulta utile una maggior temperatura sotto ai rulli nel fine cottura e nel campo
della massima temperatura, giungendo al limite di spegnere alcuni bruciatori sopra
piano rulli.
“spigoli bassi”
“effetto rullo”
Fig. 62.
409
Tecnologia ceramica applicata
Effetto rullo
3 cm
Fig. 63.
Fig. 64.
2. Nella parte iniziale della zona di cottura il maggior riscaldamento dal basso pro-
duce maggior ritiro della faccia inferiore: di conseguenza il pezzo si deforma
convesso (fig. 65).
410
Difetti
- T°
RITIRO
+ T°
Fig. 65.
8 cm 8 cm
Fig. 66.
3 cm
Fig. 67.
3. Cè un terzo caso, alquanto raro e limitato a prodotti cotti a temperatura piutto-
sto elevata. La deformazione anche chiamata EFFETTO RULLO è ben visibile
ma con curve molto morbide (fig. 68).
411
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 68.
È caratterizzata da una parte centrale convessa con un culmine sul centro geo-
metrico e punte rivolte verso lalto, ben leggibili sui lati perpendicolari ai rulli nei 3-
4 cm terminali (fig. 69).
Nella sua forma attenuata si presenta:
Fig. 69.
Con le punte che paiono appianate. Il raggio di curvatura della parte convessa
centrale rimane però invariato (fig. 70).
Fig. 70.
Può essere il risultato del tentativo di risolvere una deformazione convessa sem-
plicemente aumentando il riscaldamento sopra piano rulli in fine zona cottura o
nella sua parte centrale.
412
Difetti
Può essere causato anche da eccesso di temperatura sotto ai rulli nella parte
iniziale della cottura. In tal caso si presentano due oppurtunità:
riportare i differenziali di temperatura entro limiti più tollerabili;
estremizzare la regolazione esistente aumentando il differenziale di temperatu-
ra, proseguendo nella parte centrale e, se occorre, anche nella parte finale con
decise temperature più alte sotto piano rulli.
Si tenga presente che questa forma di regolazione, in un prodotto senza vizi nei
coefficienti di dilatazione, produrrebbe una deformazione effetto rullo (fig. 71).
Fig. 71.
Fig. 72.
413
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 73.
Le soluzioni:
Regolare la densità del carico in avanzamento, così da mantenere, per quanta
più lunghezza di forno possibile, minima distanza tra le file: in un carico ben
compatto singoli pezzi hanno meno possibilità di uscire dai ranghi disordinan-
do il carico.
Compatibilmente con priorità di planarità, ricercare temperature che evitino ai
414
Difetti
Fig. 74.
415
Tecnologia ceramica applicata
Lefficacia della regolazione risulta rinforzata orientando i getti dei soffiatori verso
lalto e con un carico ben addensato rallentando il traino rulli della zona.
In altri casi tuttavia si è mostrato utile luso dei soli soffiatori sotto ai rulli orien-
tati direttamente sul sovrastante materiale. In ogni caso va cercata la soluzione più
idonea.
Monoporosa
Nel processo di cottura della monoporosa molti aspetti devono ancora esser ap-
profonditi e sono oggetto di opinioni non sempre concordi.
La continua attenta osservazione dei fenomeni, in tante diverse situazioni, ha
prodotto, tuttavia, già una mole di esperienze sufficienti al tecnico per agire sciente-
mente nellaffrontare i problemi, almeno quelli più frequenti e comuni.
C°
Fig. 75.
416
Difetti
Al forno rimane più duna opportunità di aggiustare una planarità convessa, posto
che lerrore di base nella progettazione della piastrella sia di entità ragionevole.
Si è voluto evidenziare limproprietà del termine quando per errore si intende
un dimensionamento dei coefficienti di dilatazione tale per cui la piastrella cotta
risulta convessa.
La natura porosa del supporto è causa di assorbimento di umidità dallatmosfera
con conseguente dilatazione. In nessun caso tale dilatazione dovrà poter giungere a
mettere lo smalto in stato di trazione, pena la rottura a cavillo. Per ragionevole
errore sintende così quella maggior contrazione del supporto rispetto allo smalto
in fase di raffreddamento, sufficiente ad assicurare comunque un pur minimo stato
di compressione dello smalto in qualunque circostanza.
In preriscaldo
Con termine di PRERISCALDO si indica per tradizione il campo delle basse
temperature dedicato alla degasazione, contrapposto alla cottura, campo delle alte
temperature, della fusione, del ritiro e quindi del governo della planarità. Tale sche-
matica distinzione non è applicabile alla monoporosa, poiché nel campo di tempera-
tura 920-1020 °C si verifica la decomposizione del carbonato di calcio, con copiosa
fuoriuscita di CO2, e contemporaneamente si sviluppa levento dilatometrico più
vistoso ed importante di tutta la cottura.
In funzione anti-convesso si usa comunemente una temperatura più alta sotto
piano rulli, efficace soprattutto a partire da 950 °C.
Una simile organizzazione delle temperature di preriscaldo è abbastanza comu-
ne. Il suo successo è raramente completo, ma si fa apprezzare sommato al risultato
di altre specifiche regolazioni.
Minima o nessuna differenza di planarità compare sui lati paralleli ai rulli.
Non si sono notate sostanziali differenze di risultato utilizzando maggiori o mi-
nori volumi ai bruciatori in campo né producendo fiamme più o meno veloci.
Moderatamente favorevole è un approccio lento e graduale alle temperature di
950-960 °C.
Con tali condizioni di temperatura losservazione diretta in forno del materiale
fornisce limmagine di piastrelle convesse che avanzano beccheggiando sui rulli (fig.
76).
Fig. 76.
417
Tecnologia ceramica applicata
Le differenze di temperatura tra sopra e sotto i rulli potranno esser anche più
marcate rispetto ai valori in esempio; se eccessive, si rileverà come conseguenza in
uscita forno una deformazione del tipo (fig. 77):
Fig. 77.
Fig. 78.
In cottura
In funzione anti-convesso si usa comunemente più alta temperatura sopra piano
rulli, efficace soprattutto a partire dai 1100 °C.
I differenziali di temperatura tra sopra e sotto i rulli sono normalmente tra 5 e
30 °C.
Leffetto anti-convesso che si ottiene è abbastanza omogeneo sui quattro lati
del pezzo, un po meno omogeneo nella sezione del carico. Nella curva dilatometrica
dellimpasto, si agisce nella parte del ritiro prodotto dalla sinterizzazione in alta
temperatura (fig. 79):
418
Difetti
DILATAZIONE %
C°
Fig. 79.
Così come in produzione di pavimento vale la logica secondo cui la parte superio-
re della piastrella, più riscaldata, ritira di più concavizzando il pezzo (fig. 80):
+ Temperatura
+ Ritiro
- Temperatura
- Ritiro
Fig. 80.
Differenze di temperatura eccessive tra sopra e sotto piano rulli producono come
conseguenza in uscita forno una deformazione del tipo (fig. 81):
Fig. 81.
419
Tecnologia ceramica applicata
Fig. 82.
Fig. 83.
Identica tecnica funziona in produzione di pavimento, solo ritardata alle più bas-
se temperature del raffreddamento rapido.
420
Difetti
Rimedi
a) Risulta sempre vantaggiosa una pressione di forno alquanto sostenuta; ideale si è
rilevato un valore di 0,3-0,4 mm ca in zona di cottura, al livello dei bruciatori
sopra piano rulli. Occorre fare attenzione a che tale pressione si produca per
limitazione del camino fumi, non per limitazione dellaspirazione daria calda in
raffreddamento. In altri termini: la manovra funziona se cè un pur modesto pas-
saggio di volumi dalla cottura al raffreddamento, non viceversa.
b) Apprezzabili risultati si ottengono con un uso appropriato delle chicanes allog-
giate nella volta del forno, che dovranno esser integre e alte non più di 80-100 mm
dai rulli. Di fondamentale importanza è che risulti compresa tra chicanes abbas-
sate la zona delle alte temperature, dove si sono imposte temperature più alte sopra
piano rulli. Contrariamente, sono assolutamente da eliminare eventuali muri tra-
sversali sotto ai rulli, eretti allinizio o allinterno della zona di cottura.
c) Un contributo viene anche dallimpiego di blocchi bruciatori semi-radiali utiliz-
zati sopra piano rulli in zona cottura, opportunamente disposti e regolati così che
non ne risenta la riuscita dello smalto.
d) Si tenga presente che, in linea di principio, è preferibile una regolazione morbi-
da del raffreddamento rapido, soffiando niente più che la minima quantità di aria
strettamente indispensabile.
Quanto detto vale altrettanto quando il problema si presenta in bicottura: sia
nella cottura del biscotto che vetrato.
È normale e comprensibile che nelle ore e nei giorni si producano piccole varia-
zioni di planarità causate da piccole e mal apprezzabili variazioni dei parametri pro-
duttivi e della materia prima: le piccole correzioni sono quotidiano impegno del
fuochista.
Altro sono le macro-alterazioni che si producono nella testa di produzione dopo
vuoti di carico più o meno prolungati.
È comprensibile come in un forno vuoto, o per meglio intendere: in un forno senza
il tappeto delle piastrelle che separi fisicamente temperature e volumi dei prodotti
421
Tecnologia ceramica applicata
della combustione tra sopra e sotto i rulli, gli equilibri risultino alterati. In particolare,
i bruciatori sotto i rulli lavoreranno sempre con maggior potenzialità del solito ed i
bruciatori sopra ai rulli lavoreranno sempre con minore potenzialità del solito. La
testa di produzione dopo un vuoto transita nel forno con questa particolare e diversa
distribuzione dellenergia: è naturale che leffetto sulla planarità si faccia sentire.
Si è provato a forzare in modo mirato le valvole di portata gas ai gruppi di brucia-
tori ottenendo certamente deformazione meno accentuata nei pezzi, ma ahimè ben
più prolungata nel tempo prima del ripristino della normalità.
Il suggerimento è di accettare linconveniente come inevitabile, lasciare libertà
di veloce azione alle valvole modulanti il gas ai bruciatori così da limitare al massi-
mo il transitorio della deformazione; dirottare abitualmente sullo scarico di emer-
genza le prime 10-20 file dopo ogni vuoto di una certa importanza.
Se il dopo-vuoto con piastrelle deformate risulta ben più lungo dello scarico delle
prime 10-20 file, dove possibile è raccomandabile sveltire lazione dei termoregola-
tori e delle valvole modulanti gas.
Non è del tutto chiara la ragione del perché il difetto di calibro per determinati
impasti è una costante presenza, mentre per altri è totalmente sconosciuto (fig. 85).
Il confronto tra le curve dilatometriche tra impasti con ed impasti senza problema
evidenzia che:
422
Difetti
- temperatura dilatazione
+ temperatura
- contrazione
Fig. 84.
Fig. 85.
423
Tecnologia ceramica applicata
Dovuta premessa è che nessuna particella contaminante prodotta dal forno potrà
mai sprofondare al di sotto dello spessore dello smalto: spaccata la particella, il
microscopio ne rileverà la localizzazione nello spessore della piastrella. Altro caso da
considerare a parte è quello della contaminazione prodotta da mole, saldatrici e detriti
in prossimità della linea di produzione durante lavori di montaggio e manutenzione.
a) Contaminazione vetrosa
Si presenta con macchie tondeggianti di notevole pezzatura (diametro 1-40 mm)
per lo più di colore giallo-verde-marrone, vetrose e brillanti. Il fenomeno inizia con
rara frequenza che aumenta in misura notevole col passare dei giorni. Aumenta
decisamente di intensità dopo vuoti di alimentazione forno di una certa importanza
ed a seguito di aumento delle temperature in fine zona preriscaldo.
Il fenomeno dipende dalla presenza di forti inquinanti (soprattutto piombo e boro)
nelle fritte degli smalti in produzione, i cui vapori condensano su volta e pareti del
forno a temperature comprese tra 850 e 1000 °C.
Per eccesso di accumulo o per aumento di fluidità dovuto ad aumenti di tempera-
tura, si verifica lo sgocciolamento sul materiale in transito: laspetto delle macchie è
chiaramente vetroso.
È opportuno premettere che non esiste una regolazione di forno capace di evitare
la formazione di tale condensa: un grosso aumento dei volumi rappresenta una
miglioria il cui beneficio pratico è comunque assai modesto, mentre sostanziale
diventa laumento del consumo energetico. Allorché il fenomeno acquista dimensioni
tali da determinare pregiudizio alla resa in scelta, si impone una pulizia della volta.
Poiché spesso la velocità di accumulo delle condense è tale per cui diventa
improponibile raffreddare con tanta frequenza il forno per la pulizia (da effettuare
martellando e raschiando), si usa lespediente di aumentare decisamente la tempera-
tura (100-150 °C) nella zona dei 900-1000 °C per un tempo di circa 2 ore: si provoca
così un forte aumento della fluidità della condensa che cadrà in grande quantità.
Ovviamente è indispensabile preservare i rulli sottostanti dallinevitabile forte
imbrattamento: raccomandabile è estrarli prima dellaumento di temperatura. Nel
caso i rulli siano malandati, al punto di sconsigliarne lestrazione, proteggerli con
424
Difetti
zavorra (es.: piastrelle non smaltate) mantenuta in brandeggio per tutto il tempo della
pulizia nella zona critica.
In tal caso, avere lavvertenza di disinserire e reinserire il brandeggio con
frequenza sufficiente ad evitare lintervento della sicurezza tempo di brandeggio
che provoca la chiusura delle valvole a gas. Per aiutare laumento di temperatura,
mantenere in funzione il ventilatore soffiatura-raffreddamento finale ed eventual-
mente fermare il ventilatore aspirazione aria calda. Tenere attentamente sotto
controllo il forno ed in particolare lingresso, dove per effetto dellaumentata
pressione e temperatura cè rischio di provocare danni (fotocellule, cavi, rulli in
gomma, ecc.). In ogni caso la pulizia della volta per fluidificazione delle condense è
un espediente del quale non abusare: alla lunga ne risente la resistenza dellisolamen-
to che comunque dovrà esser pulito a forno freddo, anche perché impregnandosi il
refrattario, lefficacia della pulizia si riduce.
In ultima analisi, lunica vera soluzione al problema condense è una intelligente
scelta di smalti compatibili. Altro caso è quando si riscontrano condense di aspetto
polveroso nelle basse temperature del preforno e di inizio preriscaldo. Qui è possibile
pulire volta e pareti manovrando un tubo metallico con aria compressa attraverso i
portelli disposti in parete al di sotto della volta. Ancor meglio viene fatto utilizzando
acqua nebulizzata con aria compressa usando qualcosa di simile agli spruzzatori a
pressione usati per il lavaggio degli automezzi. Neanche in questo caso è necessario
raffreddare il forno o estrarre i rulli.
b) Contaminazione ceramica
La contaminazione ceramica presenta laspetto del punto scuro, relativamente
brillante, di forma tondeggiante avvertibile con lunghia e di piccola pezzatura.
Losservazione con microscopio ne rivela laspetto di aggregato tipico della cerami-
ca, senza alone; non produce cavità. Si tratta della onnipresente polvere fine che si
accumula in piccole dune ovunque ci sia una turbolenza e si distacca in piccole scaglie
per eccesso di accumulo, vibrazioni o variazioni termodimensionali del suo supporto.
Altra produzione di scaglie può aversi per sfregamento tra loro delle piastrelle che
avanzano beccheggiando in un carico eccessivamente compatto.
Buona norma preventiva è curare la pulizia nella adiacenza del forno, evitando di
alzare polvere, tenendo presente che allinterno dello stabilimento la zona forno è
zona di bassa pressione verso cui convergono correnti da ogni direzione: per i grossi
volumi aspirati dai ventilatori ed espulsi dai camini e per le correnti ascensionali
prodotte dalla grande massa calda del forno. Ancora, validissima prevenzione è
linstallazione di buoni filtri alla bocca daspirazione dei ventilatori aria di combu-
stione e raffreddamento rapido di cui curare con scrupolo la pulizia.
425
Tecnologia ceramica applicata
Preforno
Sportello in ingresso forno, sovrastante il carico: spazzolare ed aspirare.
Volta, prese dei fumi e pareti sopra piano rulli vanno pulite con aria compressa
soffiata con un tubo metallico manovrato attraverso gli appositi sportelli.
Bordi della presa aria ambiente in volta a fine preforno: spazzolare ed aspirare.
Bruciatore
Coinvolti sono esclusivamente i bruciatori sopra piano rulli; ciò non toglie tuttavia
che anche quelli sotto piano rulli vadano regolarmente puliti per assicurarne il buon
funzionamento: carteggiare e soffiare combustore ed elettrodi, soffiare il corpo
bruciatore, battere e soffiare la valvola di regolazione aria ed il tubo flessibile.
Raffreddamento rapido
Se di tale provenienza, la scoria si presenta per niente o solo in parte fusa, ruvida
al tatto e del tutto superficiale.
Pulire periodicamente i soffiatori: soffiare semplicemente staccando da un lato il
raccordo flessibile e batterli.
Battere e soffiare anche la valvola di regolazione ed il raccordo flessibile.
Orientare verso il basso i soffiatori sotto piano rulli può sollevare polvere e scorie
che inevitabilmente si depositano sul fondo, tuttavia la contaminazione cessa imme-
diatamente dopo la manovra. In rarissimi casi, si è verificato che bave prodotte da
presse con tamponi usurati e piastrelle non raschiate, sfilino violentemente nella fase
di raffreddamento rapido e schizzino via ricadendo sullo smalto non ancora comple-
tamente consolidato: questo tipo di contaminazione si presenta con frammenti di
forma allungata e bordi frastagliati e taglienti, appena incollati allo smalto.
Rottami di piastrelle esplose e scorie prodotte camminando sulla volta del forno
o manovrando chicanes e valvola delle tubazioni non fanno testo.
La soffiatura del raffreddamento finale non è in grado di produrre contaminazioni
in quanto lavora in unarea del forno già molto lontana dallo smalto fuso.
426
Difetti
Bruciatori
Lavorando in condizioni particolarmente gravose il combustore può surriscaldar-
si con conseguente degrado per cui il combustore si consuma: le scorie così prodotte
vengono messe in circolo dalla fiamma veloce, producendo contaminazione.
Si tratta sempre di scorie di piccola dimensione e di forma tondeggiante che si
presentano con frequenza e diffusione costante ed uniforme.
Altrettanto vale per gli elettrodi di accensione quando sono eccessivamente
lunghi: in tal caso è sufficiente accorciare gli elettrodi, eliminando la parte terminale
che denuncia segni di carbonizzazione.
427
Tecnologia ceramica applicata
Evitare una impostazione del raffreddamento per cui si abbia aspirazione di fumi
dalla cottura in raffreddamento rapido.
Se il degrado dei soffiatori è entro un limite ragionevole, è sufficiente staccare da
un lato il flessibile di raccordo e soffiare in esterno la scoria accumulata. Per un
degrado più avanzato, estrarre i soffiatori, spazzolarli e batterli.
Oltre un certo limite, soprattutto se i soffiatori sono fortemente deformati, è
indispensabile la sostituzione.
Il rivestimento in fibra ceramica dei soffiatori più a rischio evita la contaminazione
con le scorie che si producono sulla superficie esposta al canale di cottura.
Oggi si è diffuso limpiego di tubi soffiatori in carburo si silicio, che ha permesso
il superamento del problema.
Tubi soffiatori in materiali silico-alluminosi hanno problemi di rottura per shock
termico e, quando la rottura avviene, è immancabile il cavallotto.
Scambiatore di calore
Assai raramente è allorigine di contaminazione: ciò per lattenzione e la cura
profusa nella sua esecuzione.
Tale contaminazione è riconoscibile per la forma delle scaglie metalliche: lamellari
e con spigoli vivi.
In tal caso è necessario smontare lo scambiatore, che nella sua attuale esecuzione
è consentita anche a forno caldo, operando dallesterno.
e) Contaminazione carboniosa
È assai infrequente e limitata ai casi in cui, utilizzando combustibili come G.P.L.
o combustibili liquidi, si verifica formazione di carbone nei bruciatori per cattiva
combustione.
Si presenta come punto nero di piccola dimensione, opaco e senza alone.
È indispensabile la pulizia dei bruciatori ed una verifica e correzione della
regolazione aria-combustibile.
428
Finito di stampare nel mese di ottobre 2003
presso le Grafiche MDM di Forlì
per conto della Editrice La Mandragora di Imola