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L’immagine di Federico II
3 Raffaello SanziO, Scuola di Atene, 1509-1511 ca., affresco, 500 × 770 cm, Stato
della Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura.
4 Per questo: VASARI 1976, p. 166.
5 Giovanni Antonio de’ Sacchis detto “Il Pordenone”, Ritratto di Federico II
Gonzaga in armi a cavallo, 1520 ca., affresco, Mantova, facciata della Casa della
Corporazione dei Mercanti in Piazza Broletto. Intorno all’affresco, almeno: ZEITZ
2000, p. 125; L’OCCASO 2009, p. 27.
putti, di meravigliosa bellezza, lottano ancora, prima di sparire
affatto, contro la moderna barbarie vandalica». Un’osservazione
attenta del fronte edilizio permette di intuire le linee principali
della composizione. La più ampia facciata è divisa in senso
verticale dalle coppie sovrapposte di finestre, che individuano
una fascia centrale dove l’intonaco originale mostra le tracce di
pittura. Al di sopra una cornice a dentelli al di sotto della quale
si scorge, con tracce di coloritura, una fascia con giochi di putti,
probabilmente reggenti dei festoni. Quest’area sembra conservare
ancora l’intonachino dipinto; al di sotto, invece, ogni traccia di
pigmento appare perduta e solo una variazione dei toni di grigio
costituiti dalla differente conservazione dell’intonaco suggerisce
la figura del cavaliere. Rivolto verso la sinistra della composizione,
Federico II pare indossare l’elmo, probabilmente con la ventaglia
alzata, e l’armatura (forse alla massimiliana). Si scorge il braccio
sinistro flesso a tenere le redini, a malapena gli scarselloni. Ai lati
della figura del signore di Mantova (l’intero cavallo è perduto)
sembrano potersi scorgere due architetture alte quanto il capo di
108 Federico II, probabilmente due torrioni (e forse in quello sinistro si
possono riconoscere, a fatica, i caditoi e una sorta di altana), quasi il
pittore avesse voluto ribadire l’aspetto guerresco dell’allora quinto
marchese; più labile, invece, è un possibile confronto con il castello
di San Giorgio. Il dipinto, in pessime condizioni, è stato restaurato
dapprima nel 1972 e, recentissimamente, nella primavera del
2012. L’ultimo intervento, condotto da Maria Giovanna Romano,
ha anche approfondito la conoscenza del precedente, che vide
gli affreschi strappati, restaurati in laboratorio e successivamente
ricollocati, seppur con differente disposizione.6 Appare perlomeno
curioso che secondo la restauratrice la figura di Federico II sia
probabilmente un secondo strappo: questo implica che in qualche
collezione privata possa esservi, ben più leggibile, il primo strato
dell’affresco con l’effigie del primo duca di Mantova (allora, per la
6 Il restauro del 1972 vide al lavoro per la parte edilizia l’impresa Vergani,
direttore dei lavori l’arch. Dino Nicolini e come restauratore Assirto Coffani.
La rimozione dell’affresco permise di verificare che la forometria della parete
(finestre, cornici e oculi) in antico coincideva con quella della parte meridionale
dell’edificio, corrispondente all’elevato soprastante l’arco posto a sinistra rispetto
a quello sul quale compaiono i dipinti. Secondo la restauratrice la disposizione
delle figure doveva essere in origine differente, col cavaliere al centro e i putti
attorno. Interventi effettuati nell’Ottocento sulle finestre e la ricollocazione
incongrua degli strappi effettuati nel 1972 hanno mutato la composizione. Per
una narrazione del restauro: SCANSANI 2012a; DALL’ARA 2012; SCANSANI 2012b.
precisione, ancora quinto marchese). Dell’immagine sopravvivono
alcuni frammenti dell’incarnato del volto, tracce del busto e del
braccio reggente le briglie del cavallo.
9 Tiziano Vecellio, Ritratto di Federico II Gonzaga, 1523 ca., olio su tavola, 125
× 99 cm, Madrid, Museo del Prado, P00408. Almeno: WETHEY 1971, pp. 107-108 n°
49.
282, 442; BRAGHIROLLI 1881, p. 45); anche se il personaggio non viene
identificato, è probabile che si tratti proprio del dipinto del Prado,
che si colloca infatti nei primi anni Venti. Può essere interessante
ricordare che la prima visita di Tiziano a Mantova avvenne
esattamente nel febbraio di quell’anno.
Da un punto di vista storico l’opera potrebbe essere rimasta a
Mantova almeno fino al 1627; le tracce si perdono durante il sacco
del 1630 riemergere successivamente a Madrid, nella raccolta del
Marqués de Leganés (nell’inventario del 1655, stilato dopo la sua
morte, si legge: «otro retrato de un Duque de Ferrara con su perro»);
la tela giunge successivamente all’Alcázar (descritta nell’inventario
1666 al n° 571, collocata nella Galería de Mediodía) e sopravvive
all’incendio del 1734 (compare nell’inventario di quell’anno al
numero 90). Nel 1772 il dipinto è documentato all’interno del
Palacio Nuevo nell’Anticámera del Infante don Luis; nel 1794 è
«Pieza de la librería» (e curiosamente attribuito a Tintoretto: BEROQUI
1946, p. 42). Dal 1821, infine, viene esposto al Museo del Prado
(BEROQUI 1933, p. 144).
Estremamente nobile nella posa e strepitosa nella qualità pittorica,
l’opera ha avuto una notevole fortuna iconografica: di grande
interesse, ma assai meno conosciuta, infatti, è l’intrigante copia
113
conservata al Musée Jacquemart André di Parigi.10 Da un punto
di vista iconografico il ritratto è perfettamente sovrapponibile
con il suo antigrafo, senza alcun mutamento o innovazione. Più
problematica sembra essere l’attribuzione. L’opera, infatti, mostra
alcuni danni che non compromettono la leggibilità, ma, nel
contempo, rivela un aspetto “non finito” in diverse zone. La materia
appare corposa, in alcuni punti densa e in rilievo, talora stesa con
una tessitura sommaria nella rapidità ma non nell’attenzione del
gesto. La copia si deve ad un artista capace che è stato indicato da
Didier Bodart (1990) nel giovane Rubens appena giunto alla corte
dei Gonzaga (1602-1603). Il pittore fiammingo, infatti, ebbe modo
proprio a Mantova di intraprendere una serie di copie dei capolavori
tizianeschi (basti rammentare il Ritratto di Isabella d’Este in
rosso di Vienna). Bodart in questo contesto ritiene che nelle copie
giovanili da Tiziano «Rubens rimane fedele al modello, mentre nelle
repliche posteriori, che risalgono al secondo soggiorno spagnolo,
10 Tiziano Vecellio, copia da, Ritratto di Federico II Gonzaga, 1523 ca., olio su
tela, 111 × 97 cm, Parigi, Museo Jacquemart André. Pubblicato come Rubens in
BODART 1990.
la pennellata è assai fluida, e l’effetto più barocco». In realtà appare
più prudente e ponderato accogliere la lucida osservazione di
Bernard J. Aikema,11 il quale nota l’aspetto calligrafico e fedelmente
descrittivo che è alieno dal modus operandi del giovane Rubens e
più probabilmente dovuto ad un artista spagnolo o fiammingo di
buona qualità che interpreta la novità tizianesca intorno alla metà
del XVI secolo o poco oltre.
Praticamente sconosciuta (e se ne ignora l’attuale collocazione)
è un’ulteriore copia, invero di buona qualità, già appartenuta alla
collezione mantovana del conte Alessandro Magnaguti ed esposta
alla Mostra Iconografica Gonzaghesca del 1937.12 Dopo il trittico
tintorettiano è interessante notare come la tela oggi a Madrid (e
secondo la critica realizzata nel 1523) costituisca l’esemplare
capostipite di un gruppo di dipinti, segno di una buona fortuna del
modello iconografico anche valorizzato dal pregio dell’artista.
affresco, San Secondo (Pr), Rocca dei Rossi, Stanza di Adone. Ringrazio Renato
Berzaghi per la segnalazione. Intorno al dipinto: BASTERI, ROTA 1994.
19 Intorno al quale, almeno: BERZAGHI 1998, pp. 209, 226 (ill. pp. 210-211).
20 Domenico Fetti, Ritratto retrospettivo di Federico II, 1620 ca., olio su tela,
101 × 88 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, Inv. Nr. GG
2423. Almeno: LAPENTA 2002.
21 Scuola mantovana (Antonio Calabrò? Sante Vandi?), Ritratto di Federico II
Gonzaga, 1701, affresco strappato, 248 × 345 cm, Mantova, Palazzo Ducale, Sala
degli Staffieri, inv. 2067. Rimando al dettagliatissimo L’OCCASO 2011, pp. 378-381
n° 476.
22 Ambrogio Oliva, Madonna del Rosario, 1580 ca., olio su tela, Occimiano (Al),
chiesa del Santissimo Nome di Gesù e del Rosario.
23 Il dipinto con la Madonna del Rosario conservato nella chiesa del Santissimo
Nome di Gesù e del Rosario (chiesa domenicana, sede dei battuti vestiti di cappa
bianca) di Occimiano (Al) nella parte inferiore vede un’infilata di personaggi
storici di particolare interesse: Margherita Paleologa, Anna d’Alençon, Carlo
V, Stefano Guazzo, papa Pio V, Ambrogio Aldegatti, Ercole Gonzaga, Guglielmo
Gonzaga, Isabella Gonzaga. L’opera, già ridotta in ovale, si deve all’artista casalese
Ambrogio Oliva (tra l’altro padre di Laura, moglie di Guglielmo Caccia detto il
Il riconoscimento, in questo caso, è ad sensum, ma i tratti somatici
non sono lontani (benché, come detto, giovanili) da quelli delle altre
effigi certe conosciute. È quindi la volta, nell’ideale serie iconografica
relativa a Margherita Paleologo, del magniloquente ritratto realizzato
da Giulio Romano e conservato a Londra (Hampton Court).24 Il
dipinto, per lungo tempo ritenuto un Ritratto di Isabella d’Este,
raffigura una dama, seduta in un ambiente chiuso e scuro; alle sue
spalle una curiosa scena, dal significato oscuro, mostra l’arrivo di altre
dame. Splendida è la mise della donna in primo piano: vestiti, gesti,
gioielli, tutto concorre a stabilirne l’alto rango. Anche per questo
il soggetto ha visto un non corretto riconoscimento (e, va detto,
la ritrattistica relativa ad Isabella d’Este presenta numerosi errori
e fraintendimenti); i tratti somatici, invece, esprimono una positiva
coincidenza con la fisionomia di Margherita Paleologo nella prima
maturità (MARTINEAU 1981; CASTAGNA, LORENZONI 1989; FERINO PAGDEN
1994, pp. 114-116). Il viso è allungato, con la parte mandibolare
leggermente sfuggente; i capelli, al di sotto della capigliara gonfia e
decorata al centro da un diadema (datata da J. Bridgeman 1525-1532;
cfr.WHITAKER, LOCONTE 2007, p. 138 n. 1), sono castani e ricci, pettinati
con una scriminatura centrale e numerose ciocche libere. La fronte
è alta, gli occhi, dal taglio tondo leggermente allungato, sono
119
castani; il naso retto, la bocca regolare. Alle orecchie due pendenti
con perle barocche. Strepitoso l’abbigliamento: l’ampia scollatura
esaltata dalla catena d’oro che scende fin sul ventre, è coperta dalla
camicia bianca decorata, specie nella bordura al collo, con motivi
geometrici in filo d’oro. Sopra tutto la sopraveste caratterizzata da
25 Giulio Romano, Una giovane che tira la tenda, 1531-1533 ca., penna e
acquarello, 233 × 158 mm, Musée du Louvre, Cabinet des Dessins, n° 3568.
26 Artista piemontese, Gloria di San Domenico, sesto-settimo decennio
del Cinquecento, olio su tela, 370 × 212 cm, Giarole (Al), cappella del castello
Sannazaro. Intorno alla tela: NATALE 1985, pp. 417-421; ALETTO 2006. Il dipinto con
la Gloria di San Domenico, posto all’inizio della navata sinistra della cappella
del castello di Giarole (Al), dedicata a San Giacomo, rivela una serie di ritratti tra
i quali una possibile effigie di Margherita Paleologo. La grande tavola che fino
al 1754 era all’altar maggiore della chiesa di San Domenico di Casale (NATALE
1985, pp. 417, 421), e che si lega ad un pittore piemontese-lombardo (1568) vede
in effetti sul lato destro un volto che ben si adatta all’iconografia di Margherita
Paleologo. L’aspetto, a confronto con il ritrattino di Ambras, che è praticamente
sovrapponibile, è piuttosto giovanile; il volto appare meno segnato dal tempo;
solo lo sguardo differisce leggermente dall’effigie viennese. Risulta pertanto
assai probabile che si tratti effettivamente di un ritratto della prima duchessa
di Mantova, il cui viso, però, appare tratto da un’opera non meglio identificata
e risalente alla sua gioventù. Tra i vari personaggi raffigurati, sulla destra sembra
riconoscibile papa Pio V, meno percorribile è l’individuazione di uno dei cardinali
con Ercole Gonzaga; sul lato sinistro risultano forse identificabili Bonifacio IV e
Guglielmo IX Paleologo.
la duchessa guardi al di fuori della composizione, a differenza
del marito, proprio in quanto il particolare è desunto dalla pala
di Giarole (nella quale, invece, si rivolge al santo protagonista
del dipinto). Il medesimo modello, infine, è quello utilizzato nel
ritrattino di Ambras, ove lo sguardo fuori campo della duchessa
viene leggermente attenuato.27
123
ABBREVIAZIONI
A STAMPA
ALETTO 2006
C.ALETTO, Chiese extraurbane della Diocesi di Casale Monferrato. Repertorio
storico-bibliografico degli edifici di culto, Casale Monferrato, 2006.
BAYER 2011
A. BAYER, Scheda 93, in K. Christiansen, S. Weppelmann (hrsg. von), Gesichter
der Renaissance. Meisterwerke italienischer Portrait-Kunst, catalogo della
mostra (Berlino, Bode-Museum, 25 agosto 2011 – 20 novembre 2011; New
York, Metropolitan Museum of Art, 19 dicembre 2011 – 18 marzo 2012),
München, Hirmer, 2011, pp. 242–244.
BEAUFORT-SPONTIN 1994
C. BEAUFORT-SPONTIN, Scheda 19, in S. Ferino-Pagden (hrsg von), Isabella d’Este
“la prima donna del mondo”. Fürstin und Mäzenatin der Renaissance,
catalogo della mostra (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 10 febbraio – 29
maggio 1994),Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1994, pp. 53, 51 (immagine).
BEROQUI 1933
P. BEROQUI Y MARTÍNEZ, El Museo del Prado (notas para su historia), Madrid,
Gráficas marinas, 1933.
BEROQUI 1946
P. BEROQUI Y MARTÍNEZ, Tiziano en el Museo del Prado, [S.l.], 1946.
BERTELLI 2011
P. BERTELLI, Notarelle di iconografia gonzaghesca, «La Reggia – giornale della
Società per il Palazzo Ducale», a. XX, n. 1 (marzo 2011), pp. 6-7.
BERZAGHI 1998
R. BERZAGHI, Francesco Borgani (1557-1624), in S. Marinelli (a cura di),
Manierismo a Mantova. La pittura da Giulio Romano all’età di Rubens,
Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 1998, pp. 208-227.
BERZAGHI 2011
R. BERZAGHI, Scheda 47, in R. Berzaghi, S. L’Occaso (a cura di), Museo Diocesano
Francesco Gonzaga. Dipinti e Arazzi 1430-1630, Mantova, Publi Paolini,
2011, pp. 84-85.
BODART 1990
D. BODART, Scheda 10, in D. Bodart (a cura di), Pietro Paolo Rubens (1577-
1640), catalogo della mostra (Padova, Palazzo della Ragione, 25 marzo – 31
maggio 1990; Roma, Palazzo delle Esposizioni, giugno-agosto 1990; Milano,
Società per le Belle Arti ed esposizione Permanente, settembre-ottobre 1990),
Roma, De Luca Edizioni d’Arte, 1990, pp. 54-55.
BRAGHIROLLI 1881
W. BRAGHIROLLI, Tiziano alla corte dei Gonzaga di Mantova memoria letta nella
tornata del 27 marzo 1881 all’Accademia Virgiliana in Mantova dal Can.
125
Willelmo Braghirolli, «Atti e Memorie della R.Accademia Virgiliana», 7, 1881.
DALL’ARA 2012
R. DALL’ARA, Via le impalcature: in centro torna l’Ufficio della Stadera, nel
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S. DAVARI, Federico Gonzaga e la famiglia Paleologa del Monferrato 1515-
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A. H. DE GROFT, Scheda 23, in Patrizia Nitti,Tullia Carratù (sous la dir. de), Titien,
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settembre 2006 – 21 gennaio 2007), Milano, Skira, 2006, pp. 126-127.
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S. FERINO PAGDEN, Scheda 52, in S. Ferino-Pagden (hrsg von), Isabella d’Este
“la prima donna del mondo”. Fürstin und Mäzenatin der Renaissance,
catalogo della mostra (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 10 febbraio – 29
maggio 1994), Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1994, pp. 114-116.
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D. FERRARI, Le collezioni Gonzaga. L’inventario dei beni 1540-1542, Milano,
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A. LUZIO, La Gallera Gonzaga venduta all’Inghilterra nel 1626-1628, Milano,
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G. MALACARNE, La vetta dell’Olimpo. Da Federico II a Guglielmo (1519-1587),
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P. J. MARIETTE, Abecedario de P. J. Mariette et autres notes inédites de cet amateur
sur les arts et les artistes: Ouvrage publié d’après les manuscrits autograhes
conservés au cabinet des estampes de la Bibliothèque impériale, et annoté
par Ph. de Chennevières et A. de Montaiglon,VIII, Paris, Dumoulin, 1857-1858.
MARIETTE 1969
P. J. MARIETTE, Les grands peintres. I, Ecoles d’Italie: notices biographiques et
catalogues des oeuvres reproduites par la gravure, XVIe – XVIIIe siècle,
Paris, Les Beaux-Arts, 1969.
MARTINDALE 1980
A. MARTINDALE, Andrea Mantegna. I Trionfi di Cesare nella collezione della
Regina d’Inghilterra ad Hampton Court, edizione italiana, Milano, Rusconi
Immagini, 1980.
MARTINEAU 1981
J.T. MARTINEAU, Scheda 110, in D. S. Chambers, J.T. Martineau (ed. by), Splendours
of the Gonzaga, catalogo della mostra (Londra, Victoria and Albert Museum,
4 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Cinisello Balsamo (Mi), Amilcare Pizzi
arti grafiche, 1981, pp. 160-162.
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127
provincia di Alessandria tra fine Cinque e inizio Seicento, in C. Spantigati,
G. Ieni (a cura di), Pio V e Santa Croce di Bosco: aspetti di una committenza
papale, s.l., Edizioni dell’Orso, 1985, pp. 399-428.
NICOLSON 1947
B. NICOLSON, Di alcuni dipinti veneziani nelle Collezioni Reali d’Inghilterra,
«Arte Veneta», I, 1947, pp. 222-226.
SCANSANI 2012a
S. SCANSANI, Quella parete che nitriva firmata dal Pordenone, nel quotidiano
“La Gazzetta di Mantova” di venerdì 6 aprile 2012, pp. 38-39.
SCANSANI 2012b
M. SCANSANI, Ufficio della Stadera I putti tornano a volare. E il cavallo non
c’è più, nel quotidiano “La Gazzetta di Mantova” di sabato 28 luglio 2012, p. 35.
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J. SHEARMAN, The Early Italian Pictures in the Collection of Her Majesty The
Queen, Cambridge, Cambridge University Press, 1983.
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C. SYRE (a cura di), Tintoretto, der Gonzaga-Zyklus, catalogo della mostra
(München, Alten Pinakothek, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, 17
maggio – 27 agosto 2000), Ostfildern-Ruit, Hatje Cantz, 2000.
TSCHUDI 1911
V. H. TSCHUDI, Katalog der aus der Sammlung des Kgl. Rates Marczell von
Nemes-Budapest ausgestellten Gemälde. Kgl. Alte Pinakothek München.
Vorwort von Hugo von Tschudi. (Das Verzeichnis der Gemälde verfasste
August L. Mayer), Munich, Alte Pinakothek, 1911.
VASARI 1971
G.VASARI, Le vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni
del 1550 e 1568, testo a cura di R. Bettarini, commento secolare a cura di P.
Barocchi, III, Firenze, SPES, 1971.
VASARI 1976
G.VASARI, Le vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni
del 1550 e 1568, testo a cura di R. Bettarin, commento secolare a cura di P.
Barocchi, IV, Firenze, SPES, 1976.
128
WETHEY 1971
H. E. WETHEY, The paintings of Titian, complete edition, II, The Portraits,
London, Phaidon, 1971.
ZEITZ 2000
L. ZEITZ, »Tizian, teurer Freund...« Tizian und Federico Gonzaga
Kunstpatronage in Mantua im 16. Jahrhundert, Petersberg, Imhof, 2000.