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Il Sutra del Loto: Il

re dei Sutra
Febbraio 2011

C'erano una volta due monaci giapponesi,


Hógon e Renzó. La pratica di Hógon
consisteva nella recitazione
dell'Avatamsaka Sútra, mentre Renzó era un
devoto del Sutra del Loto. Grazie al potere
conferitogli dall'Avatamsaka Sútra, Hógon
era regolarmente visitato da un dio che gli
portava tutto il cibo di cui aveva bisogno.
Spinto dalla carità, e dall’orgoglio, Hógon
chiese un giorno al dio di portargli da
mangiare per due, e invitò a pranzo Renzó.
Nonostante il consenso del dio, il giorno
stabilito, il dio con il cibo, non si vide.
Quando si fece sera, Renzó, stanco di
aspettare se ne tornò a casa. Non appena
uscito dall'eremo, comparve il dio carico di
vivande. Sulle prime, si potrebbe pensare
che Renzó non fosse sufficientemente
virtuoso, ma ciò non corrisponderebbe alla
verità. In realtà Renzó, grazie al potere del
Sútra delLoto, era venuto accompagnato da
tante invisibili divinità protettrici che il
povero dio dell'Avatamsaka Sútra non era
nemmeno riuscito a entrare. Hógon
impressionato, smise di recitare
1'Avatamsaka Sutra e divenne un fervente
seguace del Sutra delLoto.

Questa storia contenuta nell’Hokke Genki,


una raccolta di narrazioni miracolose
riguardante il Sutra del Loto, ci introduce
all’importanza di questo antico e mistico
testo. La versione che conquistò l’Asia
orientale, fu quella eseguita da Kumàrajiva
e dalla sua squadra di traduttori nel 406 d.C.
Le più antiche parti del testo, i Capitoli 1-9
e il Capitolo 17, è opinione comune che
siano stati composti tra il I secolo a.C. e il I
secolo d.C. La maggior parte del testo è
invece comparsa pressappoco verso la fine
del II secolo. Una parte molto emozionante
sono le numerose parabole contenute nel
testo, che rappresentano per certi versi la
chiave di comprensione dei profondi
Insegnamenti contenuti. Per molti Buddhisti
dell'Asia orientale il Sutra del Loto
rappresenta, sin dai tempi più antichi, il
testo buddhista più simile alla bibbia, ossia,
un'opera rivelata, contenente la verità
ultima bastevole per il raggiungimento
dell’Illuminazione. Il Sutra del Loto
invocato da milioni di seguaci nel mondo è
anche considerato il re dei Sutra o la più
alta vetta degli insegnamenti buddhisti,
proclamato dal Buddha Shakyamuni alla
fine della sua vita. Sono molte le scuole che
fanno riferimento a questo mistico
insegnamento, come la scuola Zen e Tendai.
Fra le molte scuole che professano Nichiren
come ispiratore o fondatore, certamente
merita una menzione particolare la Kempon
Hokke Shu fondata da Nichiju Shonin nel
XIV secolo, che rappresenta la reale scuola
ortodossa Nichirenista facendo fede solo ed
esclusivamente sul Sutra del Loto e gli
scritti autentici del Maestro Nichiren
realmente, senza interpretazioni patriarcali
o di ispirazione Tendai. Nichiren identificò
nel testo la verità attualizzata, lo spirito
stesso del Buddha Shakyamuni,
nell’invocazione del suo titolo giapponese,
Myoho Renge Kyo, preceduto da Namu.
Questa pratica è conosciuta universalmente
come Daimoku o meglio Odaimoku, dove
la “O” che precede rappresenta una sorta di
prefisso onorifico, un po’ come pronunciare
la parola Daimoku, con la “D” maiuscola.
Purtroppo questa meravigliosa e
potentissima pratica è spesso associata a
organizzazioni o scuole, che nulla o poco,
hanno a che vedere con il Buddhismo o con
il corretto e autentico insegnamento rivelato
da Nichiren Daishonin. Davvero uno
spiacevole destino per un uomo che ha
saputo cogliere l’essenza di questo
meraviglioso testo e concretarla
nell’invocazione di un Mantra o Dharani,
che nulla ha a che vedere con quella sorta di
grido di battaglia o formula magica come è
spesso e a torto, considerata o vissuta
questa pratica meditativa profonda e mistica
dagli adepti di queste scuole. Il Sutra del
Loto ci propone un Buddha Shakyamuni
differente dalla figura storica alla quale la
maggior parte di scuole buddhiste fa
riferimento. Un Buddha che trascende lo
spazio e il tempo e che dichiara di aver
raggiunto l’Illuminazione in un remoto
passato, asserendo di aver fatto diverse
volte il suo avvento in epoche passate
proclamando una grande moltitudine
d’insegnamenti asseconda del periodo e
delle capacità delle persone alle quali si
rivolgeva. Un Buddha che dichiara di aver
solo apparentemente lasciato il mondo,
proclamando il suo Nirvana (morte) ma che
in realtà, è soltanto scomparso dalla vista
degli uomini per fare in modo che essi
maturino in se il desiderio della suprema
saggezza. I ricercatori possano trovare
all’interno della narrazione del Loto la
ragione delle diverse dottrine o addirittura
religioni. Questo fa del Sutra del Loto un
testo che trascende per certi versi la
concezione tipica e conosciuta del
Buddhismo.

Rev. Nisshin
02 - La rivelazione
della "Dottrina degli
abili mezzi" Hoben
(Stratagemmi)
Marzo 2011

Nel Sutra del Loto nel secondo capitolo


(Hoben) il Buddha risvegliandosi dalla Sua
meditazione si rivolge a Shariputra dicendo:

“La sapienza del Buddha è


profonda e infinita, la porta che
vi conduce è difficile da
oltrepassare. Essa non può
essere compresa da nessuno
degli ascoltatori e tanto meno
da coloro che ricercano
l’Illuminazione senza la guida
di un maestro. Perché
Shariputra Io ho conseguito il
profondo insegnamento che non
è mai stato udito in precedenza.
Ciò che insegno si accorda con
le capacità di coloro che
ascoltano. Shariputra sin da
quando divenni un Buddha ho
insegnato diverse dottrine
avvalendomi di varie parabole.
Ho guidato tutti gli esseri
viventi avvalendomi di vari
stratagemmi per salvarli dai
loro attaccamenti, poiché io
conosco come impiegarli.
Shariputra facendo una grande
quantità di distinzioni Io posso
insegnare i vari insegnamenti.
Le mie parole sono benevole e
allietano molti cuori. Shariputra
soltanto chi ha raggiunto ciò
che io ho raggiunto può
comprendere la vera essenza di
tutti i fenomeni...

Questa rivelazione sconvolge l'intera


assemblea riunita per ascoltare la
rivelazione del Buddha, allora Shariputra
interpretando i pensieri di tutti, chiede al
Buddha spiegazioni. Il Buddha rifiuta
dicendo:

“Shariputra! Se io ti
rispondessi, tutti coloro che
dimorano nel mondo celeste, e
in quello degli esseri umani
rimarrebbero perplessi e
spaventati, e gli arroganti
udendolo, non vi crederebbero
ne lo rispetterebbero.
Shariputra ansioso di conoscere il motivo di
una simile dichiarazione prega nuovamente
il Buddha di parlare e a questo punto
l’Onorato dal Mondo rivolgendosi a
Shariputra dice:

“Dal momento che con animo


sincero, mi chiedi, come potrei
rifiutarmi di parlare? Ascolta
attentamente, rifletti e ricorda.
Quando il Signore ebbe finito di
parlare, circa cinquemila fra
monaci, monache, laici e laiche,
presenti alla Grande Adunanza,
le cui radici del peccato erano
così profonde, e l’arroganza nei
loro cuori così smisurata, tanto
da fargli credere di aver
conseguito ciò che non avevano
conseguito, si alzarono e
salutato il Buddha, si ritirarono.
Il Signore rimase in silenzio,
senza cercare di trattenerli.
Guardandoli disse a Shariputra:
“Adesso questa congregazione è
libera d’inutili rami e foglie.
Non è costituita da altri che non
siano sinceri e leali. Shariputra,
è un bene che individui tanto
arroganti se ne siano andati.”
Shariputra disse: “Così sia,
Signore. Con gioia ascolterò la
Tua Parola”.
Il Buddha proseguì: “Questo
mistico Insegnamento viene
predicato dai Grandi Illuminati
solo in rare occasioni, proprio
come il fiore udumbara si vede
solo una volta in lunghissimi
lassi di tempo. Shariputra,
credimi! Tutti voi, credetemi!
Nell’Insegnamento del Buddha
non c’è parola che sia falsa. Il
vero significato degli
Insegnamenti che Io espongo a
seconda delle circostanze, è
molto difficile da comprendere
per questo espongo il Dharma
attraverso innumerevoli
stratagemmi, facendo ricorso a
molte parabole e similitudini.
Quanto insegno non può essere
compreso attraverso la dialettica
o il ragionamento, solo
un’illuminato può
comprenderlo veramente. Il
Buddha, fa il Suo avvento solo
perchè desidera che gli esseri
viventi aprano i loro occhi alla
Saggezza, purificando la
propria mente perché desidera
che tutti gli esseri viventi si
incamminino lungo la Strada.
Questa è l’unica grande ragione
per cui il Buddha fa il Suo
avvento nel mondo.

Questa rivelazione pone il Sutra del Loto su


un piano differente dagli altri insegnamenti
predicati dal Buddha fino a quel momento,
dichiarando apertamente che tutti gli
Insegnamenti predicati nel corso della Sua
vita sono da considerarsi degli stratagemmi
e non la Verità ultima. Questo è uno dei
motivi fondamentali per cui il Sutra del
Loto è considerato universalmente il Re dei
Sutra. Questa Insegnamento conosciuto
come "La dottrina degli abili mezzi" apre la
rivelazione del Sutra del Loto. Molte scuole
che fanno riferimento a questo meraviglioso
Insegnamento, considerano quelli
precedenti al Sutra del Loto come sbagliati.
Nella realtà il Buddha annuncia che tutto
ciò che ha predicato e da considerarsi
provvisorio nel senso di preparatorio, non
sbagliato. Questi insegnamenti sono
espressione della verità e contengano la
verità, ma non sono direttamente la verità.

La suddivisione del testo del


Sutra del Loto: Shakumon
e Honmon
Shakumon e Honmon sono due parole che
indicano due sezioni del Sutra del Loto.
Shakumon significa "Porta del Riflesso" e
comprende dal capitolo primo fino al
quattordicesimo. Gli insegnamenti
contenuti nello Shakumon sono
insegnamenti che hanno l'uomo come punto
di riferimento e parlano di fede e di
sapienza. La prima parte del Sutra del Loto
è predicata dal Buddha Gautama,
l'incarnazione e l'emanazione plenaria del
Buddha eterno Shakyamuni, rivelatoSi nel
sedicesimo capitolo "La durata della vita
del Buddha". Per quasi tutta la durata della
predicazione del Buddha nella sezione
Shakumon, gli interlocutori sono i suoi
discepoli diretti. In questa sezione
nonostante si intuisca la vera entità del
Buddha questa non viene chiaramente
enunciata.
La parola Honmon significa "Porta
dell'Origine". La porta dell'origine comincia
nel capitolo quindici e finisce con la
conclusione del Sutra del Loto nel capitolo
28 (nella versione di Kumarajiva). Mentre
la porta del riflesso parla di sapienza e fede,
la porta dell'origine a come tema centrale la
compassione e l'amore e contiene la
rivelazione del Buddha sull' eternità della
Sua vita e della sua relazione con noi
comuni mortali che siamo suoi figli sin dal
tempo senza inizio. Attraverso la nostra
azione come suoi figli, il Buddha si rende
manifesto nel mondo, così come ha già fatto
nella persona di Siddharta Gautama e
Nichiren Daishonin e tutti i grandi maestri
illuminati del passato, come ci conferma
proclamando:

"In verità io non muoio mai e


sono sempre qui accanto a voi a
predicare il Dharma".

L'insegnamento della Porta dell'Origine


viene anche detto insegnamento "Zuiji",
ovvero "in accordo con la mente del
Buddha". L'insegnamento contenuto nello
Shakumon viene definito "Zuitai", "in
accordo con la mente di chi ascolta".
Nella Porta dell'Origine il Buddha rivela in
definitiva il Supremo Dharma, senza tenere
conto delle capacità di comprensione delle
persone che ascoltano per il bene di tutti gli
esseri viventi e principalmente per le
generazioni future dopo la sua scomparsa
dal mondo fenomenico. I capitoli essenziali
del Sutra del Loto sono otto e vanno dal
quindicesimo al ventiduesimo. Fra questi
otto i capitoli quindici, sedici e diciassette
rivestono un'importanza capitale per la
Rivelazione, parte del capitolo diciassette e
i capitoli diciotto, diciannove e venti sono
inerenti alla pratica, i capitoli ventuno e
ventidue compongono la trasmissione del
Sutra.
L'insegnamento sublime del
Sutra del Loto
Da un punto di vista Buddhista
l'Insegnamento sublime del Sutra del Loto
è:
1. Tutti gli esseri possono raggiungere
l'illuminazione e solo questa è la
grande meta a cui devono anelare i
praticanti.
2. Il Buddha è Eterno, è sempre
esistito fin dal passato senza inizio
ed è apparso varie volte in molte
forme per guidare gli esseri viventi
attraverso l'insegnamento del
Dharma.
3. La pratica più appropriata per i
discepoli del Buddha è la via del
Bodhisattva.

Da un punto di vista non buddhista i tre


punti possono essere così interpretati:

1. Tutti possono conseguire la salvezza


2. Dio è apparso in molte forme e con
vari nomi, per guidare gli uomini
alla salvezza
3. La pratica più appropriata per
conseguire la salvezza è la via
dell'Amore per tutti gli esseri
viventi. Amore che non si limita al
sentimento ma si trasforma in
azione.

Il Buddhismo detto Hokke (del Sutra del


Loto) si differenzia dagli altri tipi di
Buddhismo proprio per questi insegnamenti
fondamentali, che sconvolgono la
concezione comune del Buddhismo così
come è comunemente conosciuto e
considerato, una filosofia incentrata
sull'uomo e non una religione. Ciò che
distingue una filosofia da una religione è la
presenza di un oggetto di culto. L'oggetto di
culto dei Buddhisti Hokke è il Buddha
eterno del sedicesimo capitolo che come
abbiamo visto in altre culture è chiamato
Dio anche se non si può certamente
considerare il Buddhismo Hokke
monoteismo. La differenza risiede
nell'assenza di distinzione fra creatore e
creato.

Rev. Nisshin
Tutti i passi del Sutra del Loto citati nel
testo sono presi da "Il Sutra del Loto in
lingua corrente" curata dal Rev. Nisshin
Claus, edito da Myo Edizioni.
La Narrazione del
Sutra del Loto
Aprile 2011

Prima di affrontare il seguito della


narrazione del Sutra del Loto, mi è stato
richiesto a gran voce da numerose lettere
pervenutomi, di discutere sul problema
delle traduzioni attualmente in commercio
in Italia di questo Sacro testo. Questa è la
ragione per la quale, ho deciso di affrontare
l’argomento essendo questo, davvero un
aspetto molto importante ai fini della
comprensione dei vari Insegnamenti. Visto
l’attenzione che questa rubrica sta
suscitando nei devoti delle diverse scuole
buddhiste, ho ritenuto doveroso esprimere il
mio parere in merito. Mi scuso con tutti, per
non aver affrontato prima questo spinoso
punto e soprattutto per aver fatto attendere
oltremodo la pubblicazione di questo
episodio. Le ragioni sono state molte e di
diversa natura. Ringrazio tutti voi della
vostra attenzione e il direttore del portale
Riflessioni.it, Ivo Nardi, per la pazienza e la
possibilità donatomi.
La Narrazione del Sutra del
Loto
Uno dei problemi che certamente incontra il
lettore occidentale nell’avvicinarsi al Sutra
del Loto, è il linguaggio con il quale sono
espressi i diversi racconti in esso contenuti,
nelle traduzioni in commercio. Attualmente
sul mercato italiano si trovano tre diverse
traduzioni di questo meraviglioso testo. La
più conosciuta è quella edita dalla BUR.
Questa traduzione molto curata, fa
riferimento alla versione sanscrita del testo
del Sutra del Loto, che differisce, per certi
versi anche notevolmente, da quella più
conosciuta e presa in esame da tutti coloro
che professano la loro fede in questo Sacro
Testo. Questa versione essendo una
traduzione letterale del Testo sanscrito, è
davvero di difficile comprensione essendo
dedicata agli studiosi o lettori esperti di
questo particolare tipo di letteratura. Coloro
i quali si avvicinano per la prima volta al
Sutra del Loto, si trovano certamente di
fronte ad una montagna inesplorata e di
difficile percorribilità. C’è poi la difficoltà
delle differenze fra la versione di
Kumarajiva che risale alla versione cinese
del Sutra e quella sanscrita. Quest’ultima
comporta una diversa numerazione dei
capitoli e alcune parti del desto, mancanti
nella versione cinese. Certamente si tratta di
una pubblicazione di notevole spessore
culturale, che ha contribuito non poco alla
diffusione del Testo in Italia. La seconda
versione presa in esame, è quella edita
dall’Esperia che nonostante derivi dalla
versione di Kumarajiva, ha in se alcune
incongruenze che la rendono “particolare” e
altrettanto di difficile comprensione, per via
delle numerose ripetizioni formali e per la
traduzione dei vari nomi dei Bodhisattva,
che rendono questa pubblicazione,
purtroppo difficilmente consultabile e
attendibile dal punto di vista formale e
religioso. La versione da me curata edita da
Myo Edizioni è una pubblicazione dedicata
a tutti coloro che si avvicinano al Sutra, non
avendo una particolare preparazione. Il
linguaggio scelto per raccontare i diversi
avvenimenti è detto: “linguaggio corrente”,
ossia una forma di narrazione molto più
vicina al nostro modo di parlare ed
esprimerci, ma che rispetta in tutto e per
tutto, sia la narrazione sia l’aspetto
filologico del Sutra. Ho preferito questo
tipo di approccio, per dare realmente la
possibilità a tutti coloro che si avvicinano al
Sutra del Loto, di entrare direttamente ed
efficacemente nel cuore dei diversi
insegnamenti. La stesura scorrevole aiuta il
lettore a seguire le varie narrazioni, senza
perdersi in inutili ripetizioni, che al tempo
avevano uno scopo, ma che adesso
appesantiscono il testo, non permettendo ai
lettori inesperti di gustare la bellezza del
racconto. Per seguire le diverse vicende
riportate nelle altre versioni, è
indispensabile la comprensione di termini
antichi e di difficile utilizzo, che nella
versione in lingua corrente, sono riportarti
con il loro significato. Qualora chi si
avvicinasse non conoscesse il significato di
questi termini, correrebbe il rischio di
perdere di vista il più delle volte addirittura
il senso, di quanto narrato. Questo tipo di
problematiche sono state affrontate, in
ambito cattolico, dalla conferenza
episcopale italiana (C.E.I) che per la
Bibbia, ha scelto di proporre ai lettori meno
preparati, una versione detta TILC.
Attualmente si è constatato che questa
versione è la più conosciuta e venduta nel
panorama dell’editoria del settore in Italia.
Ho voluto da parte mia dare ai lettori e
credenti Buddhisti la possibilità di leggere
una versione del Sutra del Loto a loro
dedicata, che ha lo scopo soprattutto
divulgativo. Troppo spesso il Sutra del Loto
per via del suo linguaggio antico e troppo
ridondante, anche se meraviglioso, ha
rappresentato per i lettori inesperti uno
scalino fin troppo alto, spingendo il più
delle volte, anche quelli più volenterosi, a
riporre e dimenticare il testo nella libreria di
casa. Ho ritenuto che questo fosse davvero
un torto fatto a se stessi. Il Sutra del Loto
certamente non è un libro semplice e spesso
senza l’aiuto di una guida anche leggendo e
rileggendo, non si riesce a scorgere il centro
e il significato della narrazione. Una
versione più consona all’epoca in cui
viviamo, per certi versi aiuta il lettore a
comprendere il più delle volte anche senza
l’aiuto di una guida esperta, il significato
dei vari Insegnamenti. Ciò certamente non
vuole dire che la narrazione è ridotta ai
minimi termini o che è snaturata, ma solo
depurata come dicevamo, da tutti quegli
scalini che alla lunga, ma nemmeno poi
tanto, stancano il lettore spingendolo a
rinunciare alla lettura. La difficoltà della
narrazione, ha spinto diversi autori a fornire
al lettore una sorta di guida che nella
maggior parte dei casi risulta snaturata o
interpretata dall’autore dell’esegesi, ad hoc
a seconda delle sue convinzioni o
convenienze. Il Sutra del Loto, essendo il
Testo guida di diverse scuole Buddhiste, è
interpretato non come realmente dovrebbe
essere, ma bensì a seconda della dottrina
professata dalla determinata scuola. Questo
certamente è il caso della Soka Gakkai, la
quale fornisce ai suoi iscritti attraverso le
guide del leader indiscusso del movimento,
Daisaku Ikeda, nella collana denominata
“La saggezza del Sutra del Loto”
interpretazioni, che ritengo al limite del
paradosso. Il vero significato del Sutra del
Loto, certamente va aldilà di soluzioni
semplicistiche e di convenienza, quindi
ritengo che il lettore abbia davvero la
necessità di toccare con mano, il testo reale
e non artefatto o modificato. Il Sutra del
Loto rappresenta davvero una grande
opportunità di maturazione personale, sia
fisica che spirituale, offerta dal Buddha e
comprende come narrato nello stesso Sutra,
tutti gli insegnamenti precedenti del Grande
Illuminato. Affrontare la traduzione del
testo, e proporla come dicevamo in una
forma più attuale, certamente ha
rappresentato una grande opportunità per
me di approfondimento e una personale
offerta al Buddha, al quale va la mia più
profonda riconoscenza e gratitudine.
L’ampio successo che sta riportando questo
mio lavoro, è la risposta alle mie preghiere.
Avvicinandosi alla dottrina Buddhista,
spesso ci si imbatte in tutta una successione
di termini ed insegnamenti che spesso,
essendo molto lontani da noi ci risultano
per certi versi addirittura al di fuori della
nostra comprensione. Ho ritenuto doveroso
come monaco, offrire quanto di meglio
potessi per fare in modo che questo
meraviglioso Insegnamento, arrivasse fra le
mani di tutti coloro che come detto dal
Buddha nel Sutra stesso, hanno formato nel
tempo passato un chiaro e reale legame
karmico con il Grande Illuminato.

Ciao Vittorio.

Rev. Nisshin
L'Insegnamento
della Grande
Nuvola
Maggio 2011

Uno degli insegnamenti maggiormente


importanti del Sutra del Loto risiede nel
Capitolo 5°: in questo meraviglioso
capitolo, il Buddha, l’Onorato dal mondo,
ci dà la spiegazione e il motivo della
presenza di diverse dottrine sparse per il
mondo. Nel Secondo Capitolo, come
abbiamo avuto modo di vedere, il Buddha
presenta la “Dottrina degli Abili Mezzi”, la
quale ci insegna che il Buddha parla agli
esseri umani a seconda del loro stadio
evolutivo e della loro capacità e fede. Nel
Quinto Capitolo, come dicevamo, abbiamo
invece la possibilità di apprendere
direttamente dal Buddha la ragione delle
diverse religioni o dottrine esistenti nel
mondo: si tratta della prima volta che un
libro sacro affronta questo particolare e
spigoloso argomento. Leggendo
attentamente quanto il Buddha ci insegna,
abbiamo la possibilità di comprendere
anche un aspetto davvero singolare e
importante del Sutra del Loto: la sua
inclusività.
Nel Sutra del Loto sono contenuti tutti gli
insegnamenti presenti nel mondo e,
attraverso i suoi insegnamenti, siamo
davvero in grado di apprendere lo spirito e
l’essenza dell’insegnamento del Buddha
che si basa sulla compassione e sull’amore
verso tutto ciò che ci circonda e verso ogni
essere umano, anche se di diversa natura e
religione. Ho pensato a questo proposito di
presentarvi tutto il Capitolo 5° della
versione del Sutra del Loto in lingua
corrente curata da me ed edita da Myo
Edizioni. Questo per dare la possibilità a
ognuno di voi di poter davvero entrare
all’interno di questo meraviglioso scrigno
che il Buddha ci schiude davanti agli occhi.
Sono sicuro che apprezzerete la profondità
dell’insegnamento che vi troverete di fronte
e la mia speranza è che possiate riformare la
vostra vita in virtù di questo, comprendendo
che nella realtà le differenze sono solo nei
nostri occhi e nel nostro comportamento:
chiunque si avvicini all’insegnamento del
Buddha deve comprendere che il Buddha
stesso si manifesta nel mondo attraverso la
nostra vita, attraverso le nostre azioni. Nel
Sutra del Loto il Buddha ci dice
chiaramente che ognuno di noi ha dentro di
sé le Sue potenzialità, come un seme è
potenzialmente una pianta. Questa
trasformazione avviene solo se si verificano
determinate condizioni e siamo noi a creare
ed alimentare quelle condizioni, con la
nostra vita e con il nostro sincero desiderio
di riuscire a manifestare profondamente ciò
in cui realmente crediamo. Abbiate cura
delle vostre vite e delle parole che lasciate
nel mondo, perché queste hanno davvero la
possibilità di trasformarsi nella vita e nella
parola del Buddha.

Capitolo V
La grande nuvola

Allora il Buddha si rivolse a


Kashyapa e a tutti gli altri
grandi discepoli dicendo: “Le
tue parole corrispondono al
vero. Il Buddha ha infinite virtù
tanto che nessuno può o
riuscirebbe ad elencarle tutte.
Sappi Kashyapa che il Buddha è
il re del Dharma. Tutto ciò che
dico è assolutamente vero.
Discepoli miei, il Buddha
conosce il fine ultimo cui
tendono tutte le dottrine, così
come conosce quello che gli
esseri viventi hanno nel cuore e
ciò che stanno facendo.
Kashyapa, supponi che gli
alberi e l’erba dei prati di
migliaia di mondi, incluse le
erbe che crescono nei boschi,
nelle foreste, sui monti, nelle
valli, in pianura o accanto ai
fiumi, di forma e nomi diversi,
siano sovrastate da una grande
nube. Immagina poi che, da
questa nube immensa, prenda a
riversarsi una grande, leggera e
benefica pioggia. Tutte le piante
sono bagnate dalla medesima
acqua, sia che abbiano radici
forti e profonde, che giovani e
deboli. I tronchi, i rami e le
foglie degli alberi, i prati e le
erbe che crescono nei boschi e
nelle foreste, sono tutti irrorati
dall’acqua.
Ecco quindi che i vecchi alberi,
quelli giovani, quelli più alti,
quelli medi e quelli molto bassi,
ricevono tutti l’acqua di questa
grande pioggia. Tutte le piante
ricevono quest’acqua, chi più
chi meno, e l’acqua è la stessa
per tutte le piante, e proviene da
una sola unica nube. In base alla
loro età, dimensioni e specie, le
varie piante prendono più o
meno acqua da quella che viene
riversata in modo equanime su
tutte loro, e l’acqua così
assimilata le fa crescere e
fiorire. Sebbene crescano tutte
sulla stessa terra, ogni pianta
produce così diversi fiori e
frutti, ma tutte hanno ricevuto la
stessa acqua dalla stessa nube.
Ora sappi, Kashyapa, che io, il
Tathagata, sono proprio come la
nube. Così come la nube appare
nel cielo, io faccio il mio
avvento in questo mondo. Io
rivelo il Dharma alle entità
celesti, agli uomini e ai demoni
attraverso il suono della mia
Voce, così come la grande nube
riversa la sua pioggia sulle
piante di quei mondi. Voi che
non avete ancora attraversato il
grande oceano del Samsara, Io
farò in modo di condurvi
all’altra sponda. Voi che non vi
siete ancora liberati dalla
sofferenza, io farò in modo che
lo facciate. Voi che non avete
ancora raggiunto la serenità
nelle vostre menti, Io farò in
modo che la serenità dimori in
voi. Conosco molto bene la
vostra vita, come conosco le
vostre vite future. Sappiate che
sono sempre accanto a voi.
Quando espongo il grande
Insegnamento vedendo le
persone innanzi a me capisco
chi è intelligente e chi è stolto,
chi è diligente e chi è indolente
e, in accordo che le loro
capacità, uso un linguaggio
appropriato insegnando
un’enorme varietà di Dottrine,
rallegrando tutti i cuori, dando
loro ciò di cui hanno bisogno.
Una volta uditi i miei
insegnamenti tutti vivono in
pace, nelle loro vite presenti,
mentre nelle prossime rinascono
in condizioni favorevoli,
ritrovano la Strada e riprendono
a percorrerla. In accordo sempre
con le loro capacità.
I vari insegnamenti e le varie
dottrine che Io espongo hanno
lo stesso significato. Coloro che
praticano, leggono o recitano i
Sutra ove sono scritti i sacri
insegnamenti e vivono in
accordo con quanto esposto,
non si rendono conto di quali
enormi benefici e fortuna
questo gli porti. Coloro che si
liberano dai vincoli delle
illusioni conseguiranno la
grande ed eterna serenità.
Benché io conosca quali sono le
differenze delle diverse dottrine
e insegnamenti, mi astengo dal
rivelarle, perché conosco
quanto gli esseri umani siano
soggetti alla brama di potere.
Ciò che v’insegno è davvero
molto difficile da
comprendere.”

Rev. Nisshin
Tutti i passi del Sutra del Loto citati nel
testo sono presi da "Il Sutra del Loto in
lingua corrente"curata dal Rev. Nisshin
Claus, edito da Myo Edizioni.
Ci vuole umiltà per
il Sutra del Loto?
Giugno 2011

Nan-in, un maestro giapponese


dell'era Meiji (1868-1912),
ricevette la visita di un
professore universitario che era
andato da lui per interrogarlo
sullo Zen. Nan-in servì il tè.
Colmò la tazza del suo ospite, e
poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare
il tè, poi non riuscì più a
contenersi. «E' ricolma. Non ce
n'entra più!».
«Come questa tazza,» disse
Nan-in «tu sei ricolmo delle tue
opinioni e congetture. Come
posso spiegarti lo Zen, se prima
non vuoti la tua tazza?».

Da 101 storie zen a cura di


Nyogen Senzaki e Paul Reps,
Adelphi Edizioni, 1973

Chi si avvicina al Sutra del Loto si trova


proiettato all'interno di un mondo mistico,
senza tempo, dove tutto sembra lontano
oltre che dalle nostre vite, dalla nostra
concezione di tempo e di spazio. Ma allora
come può questo meraviglioso
Insegnamento del Buddha realmente aiutare
nel concreto le persone? Qual è la chiave di
lettura che ci permette di penetrare la
misticità del testo e proiettarci aldilà della
narrazione? Chi ha esperienza di studio di
libri sacri, sa che se i vari insegnamenti non
sono trasferiti nella nostra vita, rimangono
solo frasi, magari anche fantastiche, ma pur
sempre frasi. Ma allora come si studia il
Sutra del Loto?
Il Sutra del Loto è universalmente, come
riferito varie volte nella narrazione stessa,
riconosciuto come il manuale per i
Bodhisattva. Ma chi sono i Bodhisattva?
Nel Buddhismo i Bodhisattva sono persone
che hanno rinunciato alla propria
Illuminazione per amore delle persone.
Uomini che, una volta appreso il percorso,
decidono di condurre le altre persone alla
salvezza. Il concetto di salvezza nel
Buddhismo differisce non poco dal concetto
di salvezza proprio del Cristianesimo, dove
chi non si salva è destinato all’inferno,
luogo in cui dimorano tutti coloro che non
hanno seguito gli insegnamenti di Gesù e si
sono persi. Nel Buddhismo, il concetto di
salvezza è legato a quello di Samsara: il
ciclo di vita e morte al quale l’essere umano
è legato fino a quando non raggiunge la
suprema Illuminazione. Nel Buddhismo
fino a che l’uomo non ha incontrato e
praticato gli insegnamenti e raggiunto
attraverso questi la liberazione dalle proprie
visioni errate, continua a nascere e morire:
una sorta di giostra infinita che
s’interrompe non appena si “imbocca” e si
percorre diligentemente la strada giusta.

Nel Buddhismo non esiste il concetto di


peccato, perché non esiste quello di
creatore. Nessuno punisce nessuno, ma è
piuttosto la legge di causa ed effetto che
propone una specie di punizione naturale a
seconda della causa messa: se io mangio un
chilo di nutella l’effetto sarà come minimo
una serie di brufoli sul viso. La nutella
rappresenta la causa e i brufoli l’effetto. Ho
sempre trovato il concetto di “causa ed
effetto” come l’essenza della giustizia, il
suo fulcro. Allo stesso modo se un
individuo pratica il male, riceverà male
come effetto della sua causa e ciò
ovviamente vale anche nel caso del bene.

Nel concetto Buddhista, lo scopo della vita,


ossia il perché viviamo è legato
all’illuminazione: ogni praticante della
strada del Buddha ha e deve avere come
scopo non l’ottenimento dei benefici propri
derivati dalla pratica, ma quello di
raggiungere la suprema Illuminazione. Il
Buddhista che pratica gli insegnamenti per
raggiungere scopi diversi, sta abbracciando
una sua filosofia o religione, non quella
insegnata dal Buddha. Questo vale come
“specchio” per giudicare una scuola
buddhista: se questa insegna la strada per
raggiungere l’illuminazione allora è una
scuola che percorre la strada tracciata dal
Buddha, diversamente new age. Lascio da
parte l’unica scuola che si definisce
Buddhista, salvo poi l’aver sostituito il
Buddha, e che asserisce che tutti gli esseri
umani sono già dei Buddha, ossia hanno già
raggiunto l’illuminazione, ma non ne hanno
memoria, come una sorta di trauma, o di
peccato originale se vogliamo avvicinarlo al
Cristianesimo. Va da sé che teorie
strampalate come questa non solo sono da
bollare come follie assolute, ma anche
come pericolose se alla fine rendono le
persone che sottostanno ad esse come
semidei smemorati, che camminano nella
vita aspettando il colpo di memoria finale
prodotto da una grande quantità di benefici
e che rammenti a costoro di essere aldilà
delle parti, nel Nirvana assoluto. Sembra
follia credere a tutto ciò, ma vi assicuro che,
una delle scuole Buddhiste più frequentate
almeno in Italia, perché dalle altre parti si
sono rinsaviti prima, la Soka Gakkai,
asserisce questo. Tralasciando la follia, per
non confondere, come diceva Beppe Grillo,
i fulards con gli stracci, ritorniamo al
discorso che stavamo facendo.
Il Bodhisattva rappresenta la guida, colui
che indica alle persone quale strada
percorrere per uscire dal buio del Samsara e
raggiungere la serenità propria
dell’Illuminazione. Il Sutra del Loto
rappresenta una sorta di manuale, di guida
al raggiungimento della condizione di
Bodhisattva. Questa figura però non deve
essere confusa con il concetto di Santo
proprio del Cristianesimo. Il Sutra del Loto
asserisce a piene mani che tutti noi abbiamo
la possibilità di raggiungere non solo la
condizione di Bodhisattva, ma addirittura
l’Illuminazione, concetto che negli
Insegnamenti precedenti al Sutra del Loto
era riservato solo a pochi asceti. Il Sutra del
Loto è molto democratico, se vogliamo
usare questa affermazione molto in voga ai
giorni nostri: per riuscire a trasformare i
vari Insegnamenti in azioni, bisogna
comprendere ciò che realmente c’è dietro al
linguaggio simbolico usato nella narrazione
del Sutra del Loto. Quando due e tre anni fa
ho intrapreso la strada della traduzione in
lingua corrente del testo del Sutra del Loto,
l’ho fatto proprio per questo motivo.
Come si fa ad amare e a mettere in pratica
ciò che non si comprende? Molte scuole
buddhiste che fanno riferimento al Sutra del
Loto, nella loro “pratica” quotidiana
insegnano a recitare due fra i più
rappresentativi capitoli del Sutra, in una
lingua detta Shindoku, che significa
letteralmente lingua della fede. Questa
antica lingua è usata solo per l’invocazione
dei vari sutra nella tradizione del
Buddhismo giapponese, ma si tratta di un
linguaggio morto, non più in uso da vari
secoli. Nella mia esperienza come
missionario del Loto, mi imbatto spesso in
persone che anche se da molti anni
invocano il Sutra del Loto, nella realtà non
sanno né quello che dicono, né, cosa molto
più grave e demotivante, comprendono gli
insegnamenti racchiusi in quei famosi
capitoli. Quando ci si avvicina al Sutra del
Loto, bisogna innanzi tutto fare chiarezza
su ciò che nella realtà rappresenta questo
meraviglioso testo e con l’aiuto di una
persona preparata incominciare a studiare i
vari capitoli, senza fretta, senza presunzione
o arroganza, come spesso il Sutra è
affrontato. Il ruolo della guida allo studio
del Sutra del Loto è quello di fornire le
chiavi di comprensione del testo. Molti
praticanti invece pensano che basti
pronunciare quelle frasi, emettere quei
suoni, per essere sulla strada giusta per
l’Illuminazione. Se così fosse cari miei,
sarebbe magia non religione e il Buddhismo
è religione. Molte persone, prevenute dal
concetto cristiano di prete, pensano che il
monaco Buddhista sia un tramite fra lui e il
Buddha: questo è cristianesimo non
Buddhismo. Chi si avvicina ad una scuola
non può certo fare da sé, perché come in
ogni altro ambito della vita, se si vuole
imparare, si deve chiedere aiuto a chi
conosce. Bisogna fare però attenzione che
la persona scelta conosca seriamente
l’argomento, altrimenti si rischia di fare la
fine di coloro che, spesso in buona fede, si
avvicinano ad organizzazioni come la Soka
Gakkai che insegna una sua particolare
versione di Buddhismo senza Buddha.
Come rappresentante della Kempon Hokke
Shu, universalmente nota come la scuola
che segue scrupolosamente gli
insegnamenti del Sutra del Loto e di
Nichiren Daishonin, mi trovo spesso a
contatto con persone che si avvicinano a noi
con il desiderio di incominciare a praticare
il Buddhismo, ma poi, una volta ricevuto il
libretto del Gongyo, spariscono convinti
che si possa fare tutto da soli. Mai una
domanda: per loro tutto è chiaro. Mi sono
chiesto spesso il perché invece di voler
aderire ad un Sangha, non facciano una
scuola tutta loro, visto che sono così
preparati e avanti nella pratica. La realtà è
che grazie a falsi maestri ed interpretazioni
fasulle, molti pensano che il Sutra del Loto
sia un insegnamento semplice, molto vicino
alla magia. Nulla di più sbagliato e di
lontano da ciò che il Buddha ha predicato
sia nel Sutra del Loto che negli altri
insegnamenti preparatori. Per comprendere
il Sutra del Loto, ci vuole umiltà e
dedizione e senza queste importanti qualità
è meglio andare al mare d'estate e in
montagna d'inverno.
Le mie parole mi rendo conto che possono
apparire dure, ma se non si comprende
questo punto spesso si arriva a soffrire
davvero e a far soffrire le persone. Non si è
super uomini perché si è incontrato il Sutra
del Loto. Abbiamo la possibilità di
diventare davvero delle persone degne di
essere chiamati discepoli del Buddha solo
se si rinuncia alla nostra predisposizione
naturale di fare sempre e costantemente dei
minestroni. Il Buddhismo non lo si impara
nei libri, ma accanto ad un maestro. Abbiate
cura di voi e delle vostre vite.

Rev. Nisshin
Il Sutra del Loto è
nella nostra vita!
Luglio 2011

La prima volta che ho ascoltato il Sutra de


Loto era una giornata di sole a Genova, la
mia città. Ricordo che tutte le persone
intorno a me erano entusiaste, eccitate e io
non capivo il perché quell’insieme di suoni:
perché di suoni si trattava, visto che ciò che
avevo ascoltato era sì il Sutra del Loto, ma
letto in una lingua detta Shindoku (lingua
della Fede) la quale, oltre ad essere lontana
dalla comprensione, è anche di difficile
pronuncia, li rendesse tutti così euforici.
Ricordo che dentro di me dicevo: "Questi
sono davvero bravi, devono aver studiato
davvero tanto per comprendere una lingua
così “strana”. Io ho difficoltà anche con
l'italiano, pensa questi come sono avanti!”
Poi la svolta. Nel pomeriggio fui invitato a
casa di un credente e con mia somma
delusione, scoprii che non solo le persone
che avevo conosciuto non capivano nulla di
ciò che invocavano due volte al giorno con
- almeno apparente - devozione, ma non
conoscevano nemmeno il senso di quanto
leggevano. Il mio stupore fu talmente
grande che ricordo mi misi a ridere
dicendo: "Perché nella mia vita ho difficoltà
ad incontrare una persona normale?”.
Siccome fra il mio campionario dei difetti,
manca quello della sfrenata sicurezza in ciò
che penso (e scrivo), ho cominciato a
informarmi su cosa fosse realmente questo
Sutra del Loto. Andai in libreria e comprai
la versione italiana del Sutra, edita
dall’Esperia. La difficoltà di linguaggio a
mio parere troppo ridondante e monotono
di questo tipo di letteratura mi fece faticare
non poco nella lettura, ma mi misi in testa
di finirlo. Fra le righe scorsi un mondo
fantastico, nuovo e pregno di sentimenti e
insegnamenti dei quali mi sfuggiva il senso,
ma dentro di me intuivo che erano davvero
grandi, se solo una persona comune
riuscisse a comprenderli e, ciò che è più
difficile, a metterli in pratica. Da quel
giorno allora cominciai a chiede e
richiedere, ma tutti coloro che si
professavano sia discepoli del Buddha che
devoti del Sutra del Loto, rimanevano nel
vago e, invece di dissolvere i dubbi e le mie
curiosità, spesso le amplificavano con frasi
ancora più criptiche di quelle che avevo
letto nel Sutra stesso: una sorta di
campionario di slogan che non solo non mi
aiutava, ma mi confondeva ulteriormente,
portandomi via da quello che era il mio
intento. Mi sentivo come quello che va al
supermercato per comprare le uova e alla
fine, per via di tutto ciò che vede attorno,
non sa più cosa comprare e incomincia a
mettere nel carrello tutta una serie di
prodotti inutili, che soddisfano più le sue
libidini che le sue esigenze. Ecco mi sentivo
proprio così. Ma allora cosa fare? Ma questi
in cosa e a cosa credono, continuavo a
chiedermi, se non mi sanno nemmeno
spiegare cosa significa la parola “sutra”?
Ovviamente non tutti erano così, ma lo
stampo, credetemi, era quello.
Avevo fatto la mia conoscenza con la Soka
Gakkai e la sua confusione ad hoc, ma ciò
che conta di più è che avevo incontrato il
Sutra del Loto. Ecco mi accorgo che è
incominciato tutto da lì. Probabilmente, se
avessi incontrato persone che sapevano
davvero cosa era il Sutra del Loto e cosa
conteneva, non sarei stato spinto a cercare e
ricercare. La mia esperienza invece mi ha
spinto ad approfondire, a cercare di capire e
mettere in pratica: ciò che mi sembrava e
sembra un’organizzazione più vicina ad
Harry Potter che al Sutra del Loto, proprio
questa loro lontananza, era stata la causa del
mio desiderio di avvicinarmi al Re del
Sutra. Quel giorno, questa mia nuova
consapevolezza mi insegnò uno degli
insegnamenti più belli del Sutra del Loto,
presente nel Capitolo 12 Devadatta.
Incredibile: l’ignoranza ha la facoltà di
insegnare!
Dovete sapere che Devadatta, fra i
primissimi discepoli del Buddha e suo
parente, per gelosie e risentimenti vari,
allontanatosi dalla comunità di discepoli,
decise più volte di uccidere il Buddha. Ora:
certamente tutti saremmo portati a pensare
che il Buddha avrebbe potuto parlare bene
di tutti, ma proprio di Devadatta
francamente io non ne sarei così sicuro.
Proviamo a metterci nel Sui panni. Ebbene
nel capitolo dedicato a Devadatta nel Sutra
del Loto il Buddha dice:

“Molto tempo fa, in una mia


precedente esistenza, fui un
bodhisattva alla ricerca del Sutra del
Loto. Lo cercai per molto, moltissimo
tempo. Divenni un re, e così rimasi
per molto tempo, facendo voto
solenne di conseguire l’Illuminazione.
Senza mai cedere, nel corso della mia
Ricerca ho praticato la virtù
dell’offerta, compiendo le sei
paramita. Non fui mai avaro nel
donare. Mai esitai a offrire la mia
stessa vita per la Strada. In quei giorni
lontani, la vita era lunghissima. Un
giorno, decisi di lasciare il mio trono
per incamminarmi alla Ricerca del
Dharma. Affidai la corona e il regno
al mio erede; poi, suonando un
tamburo, ricercai il Dharma in ogni
direzione, proclamando a gran voce:
‘Chi può insegnarmi il Grande
Veicolo? Se c’è qualcuno in grado di
farlo, gli tributerò grandi offerte, e
farò ciò che mi ordinerà per il resto
della mia vita.’
Un giorno, un veggente si avvicinò al
re e disse: ‘Io conosco un
Insegnamento chiamato Sutra del
Loto. Se non mi disobbedirai, io te lo
insegnerò.’ Avendo udito queste
parole, la mia mente si colmò di gioia
e senza indugio mi misi al suo
servizio. Raccoglievo la frutta,
attingevo l’acqua, accumulavo la
legna, preparavo i pasti e gli offrivo il
mio corpo affinché lo utilizzasse per
sedersi. Mai gli feci mancare nulla,
mai ebbi dubbi, mai mi sentii stanco e
provato nel corpo o nella mente. In
questo modo lo servii per molto
tempo.”
Disse il Buddha ai fratelli monaci: “Il
veggente di questa storia era
Devadatta in una vita precedente.
Grazie al mio buon amico ho potuto
completare le sei paramita, e divenire
abile nella predicazione della dottrina.
Io ho potuto conseguire
l’Illuminazione e dedicarmi alla
salvezza di tutti gli esseri viventi,
grazie al mio legame con Devadatta.”
Capite quale grande insegnamento si
racchiude in questa storia? Il Buddha ci
dice chiaramente che spesso ciò che ci
sembra, in realtà non è come ci appare.
Tutte le difficoltà che incontriamo nel
nostro cammino, spesso le viviamo come
bastoni fra le ruote, come cattiverie di un
Dio che si diverte. Il Buddha in questo
capitolo ci indica una nuova
consapevolezza, che va aldilà della nostra
percezione delle cose, anzi mette in ridicolo
ciò che noi consideriamo il nostro timone
guida: la nostra opinione. Avrete certamente
sentito dire il proverbio “Non tutti i mali
vengono per nuocere”: ecco possiamo
rintracciare in questo proverbio l’antico
insegnamento impartito dal Buddha. Ciò
che sconcerta ancora di più è il
proseguimento del capitolo in questione,
infatti ad un certo punto il Buddha ci
assicura:

"Coloro che ascolteranno, siano essi uomini


o donne, questo capitolo su Devadatta del
Sutra del Fior di Loto del Vero Dharma
accettandolo, senza aver alcun dubbio in
merito ai suoi insegnamenti, non cadranno
nei cattivi sentieri. Rinasceranno da fiori di
loto al cospetto dei Buddha dei mondi delle
dieci direzioni, e sempre incontreranno
questo Insegnamento.”
Quindi il Buddha non si accontenta di
sconcertarci con quanto precedentemente
detto, ma ci assicura che comprendere
questo insegnamento ci sarà davvero molto
utile, al punto che ci renderà persone
davvero sagge. Questo intende dicendo:
Rinasceranno da fiori di loto al cospetto dei
Buddha dei mondi delle dieci direzioni.

Il Sutra del Loto è davvero il Re dei Sutra,


ma bisogna comprenderlo, accettarlo anche
quando ci sembra lontano dalla nostra
comprensione: anzi proprio questa
lontananza certifica la sua profondità. Come
si può comprendere la causa della nostra
sofferenza e della nostra inadeguatezza, se
pensiamo che ciò che ci è lontano non sia la
soluzione o la rappresenti? Se realmente
fossimo in grado di proseguire da soli,
perché continuiamo a stare male, a fare gli
stessi errori e a crogiolarci in essi. Il Sutra
del Loto, credetemi, è la medicina che molti
di voi aspettano da tanto tempo. Bisogna
soltanto avere l’umiltà di riconoscerlo e di
affidarci a chi davvero ci può aiutare a
comprendere. Il ruolo del maestro è questo.
Da soli si è soli, non liberi!

Rev. Nisshin
Indicazioni per la
Strada
Novembre 2011

“Se un mio discepolo dopo la


mia estinzione desiderasse
predicare gli insegnamenti del
Sutra del Loto dovrebbe entrare
nella dimora del Buddha,
indossare la veste del Buddha e
sedere sul seggio del Buddha.
La dimora del Buddha è il
grande cuore misericordioso
verso tutti gli esseri viventi; la
veste del Buddha è la gentilezza
e la pazienza verso tutti gli
esseri viventi e il seggio del
Buddha è comprendere e
conoscere le illusioni.”

Ho voluto incominciare il mio editoriale


dopo questa lunga pausa con questo
meraviglioso Insegnamento contenuto nel X
Capitolo del Sutra del Loto: “Il Maestro del
Dharma”. Il Sutra del Loto racchiude al suo
interno tutti gli Insegnamenti del Buddha. Il
Sutra rappresenta come una sorta di
autostrada, scenario di numerosi incidenti
dovuti a vari fraintendimenti degli
Insegnamenti esposti. Il Buddha sembra
avvisarci spesso, nel corso della narrazione,
dei pericoli derivanti dal perdere di vista lo
scopo stesso della narrazione del Sutra: la
compassione. Nel III Capitolo il Buddha
dice:
“Io sono grande compassione,
amore e benevolenza. Sono
giunto per porre fine ad
angoscia, dolore, lamento, e
stupidità; per istruire tutti gli
esseri viventi e per porre la
causa affinché conseguano la
Serenità. Gli esseri umani
soccombono a tutte le
sofferenze poiché sono preda
della brama di guadagno. Dal
momento che hanno diversi
attaccamenti e che i loro sforzi
nascono da essi, sono destinati
ad incontrare molte sofferenze
nel corso delle loro esistenze.
Patiscono dolore e sofferenza
poiché non hanno ciò che
desiderano, sono costretti a
separarsi da coloro che amano o
devono stare a contatto con ciò
che odiano.
Non attaccatevi a cose
materiali! Se quelle saranno le
vostre aspirazioni se a quello
che vi attaccherete, finirete con
l’essere bruciati dall’oggetto
della vostra stessa brama.
Impegnatevi e sforzatevi lungo
la Strada!
Questo insegnamento vi salverà
da qualsiasi attaccamento,
vincolo o desiderio. Conseguite
consapevolezza, in modo che
possiate godere di pace e
sicurezza illimitata.”

Nel XVI Capitolo, considerato


universalmente il cuore del Sutra, il Buddha
dice: “La suprema pratica è la via della
compassione e la mia vita è scaturita da
questo”.

Nel corso dei miei interventi abbiamo avuto


modo di vedere quali siano gli
Insegnamenti essenziali del Sutra. Vediamo
di ripassarli da un punto di vista non
buddhista, per renderli comprensibili anche
a chi buddhista non è:

1. Tutti possono conseguire la


salvezza.
2. Dio è apparso in molte forme e con
vari nomi, per guidare gli uomini
alla salvezza.
3. La pratica più appropriata per
conseguire la salvezza è la via
dell'Amore per tutti gli esseri
viventi. Amore che non si limita al
sentimento, ma si trasforma in
azione.

Quindi: Amore che si trasforma in azione.


Ma quand'è che l'amore si trasforma in
azione? La compassione, ci dice il Buddha,
è l'azione dell'amore. La compassione nel
buddhismo non significa amare tutto e farsi
andare bene tutto. La compassione si deve
intendere come comprensione: cercare di
capire, comprendere ciò che c'è dietro,
l'essere coscienti che non siamo perfetti e
che quindi tutti sbagliamo. Non irrigidirci
di fronte a tutto ciò che non condividiamo
combattendolo, ma cercare piuttosto di non
erigerci a giudici, di non considerarci déi,
come spesso ci consideriamo, ma piuttosto
cercare di imitare il comportamento del
Buddha che, nonostante conosca le nostre
pochezze e i nostri interessi - e ne abbiamo
tanti e di tutti i tipi, cerca di venirci incontro
parlandoci in un modo che possiamo
comprendere, cercando di escogitare il
modo per entrare nel nostro cuore.
Ma come si esercita la compassione? Il
primo grande insegnamento del Buddha
sono le quattro nobili verità, che
rappresentano le fondamenta di tutto il suo
pensiero. La seconda nobile verità è:
riconoscere la sofferenza. Quindi la
compassione si esercita nel comprendere le
cause della sofferenza e il Buddha, come
abbiamo visto nelle sue parole, ci indica
esattamente quali sono:

Gli esseri umani soccombono a


tutte le sofferenze poichè sono
preda della brama di guadagno.
Dal momento che hanno diversi
attaccamenti e che i loro sforzi
nascono da essi, sono destinati
ad incontrare molte sofferenze
nel corso delle loro esistenze.

Il Dharma non è magia. Percorrere il


sentiero tracciato dal Buddha, non è facile
come spesso molti credono, perché è
riformare la propria vita, mettere in
discussione il nostro punto di vista e questo
richiede una grande umiltà. Il Buddha ha
detto che ci sono due grandi errori che
l'essere umano può fare: uno non andare
fino in fondo, l'altro, non incominciare
nemmeno.
Un grande fraintendimento che causa
davvero molti incidenti sull'autostrada del
Sutra del Loto è pensare che non serve
seguire i precetti insegnati dal Buddha,
ossia avere un comportamento morale, ma
basta recitare un mantra per essere in grado
di vivere una vita da illuminati. La maggior
parte dei credenti del Sutra del Loto,
addirittura, pensa che basti invocarne il
titolo, e poi fare quello che si vuole come e
quando lo si vuole. Il Sutra del Loto però
non dice questo. Per andare in autostrada
bisogna non solo avere la patente, ma serve
anche avere una certa esperienza di guida.
Una radio senza antenna può ricevere le
stazioni, ma spesso è disturbata, e questi
disturbi limitano le trasmissioni.
Il Sutra del Loto contiene molti
Insegnamenti e lo stesso Buddha ci avverte
che bisogna comprenderli e metterli in
pratica, perché solo in questo modo si potrà
ottenerne i meriti. Vivere gli Insegnamenti
contenuti nel Sutra del Loto non è facile,
perché prima di tutto bisogna conoscerli e
poi bisogna sviluppare la forza per metterli
in pratica. Il Sutra del Loto non è un trattato
di magia, tutt'altro! È un Insegnamento
estremamente concreto, che spesso viene
ridotto alla pratica che i fedeli fanno
davanti al proprio altare di casa. La vera
pratica del Sutra del Loto è nella vita di tutti
i giorni, è esercitare e liberare l'amore che
c'è dentro di noi, lasciando da parte i propri
interessi e l'orgoglio. Il Sutra del Loto è
cibo per il cuore, perché solo un grande
cuore può vincere i giochi di potere, gli
interessi legati ad organizzazioni che per
continuare ad esistere devono per forza
sottostare alle leggi umane. Il Buddha però
ci dice: La Suprema pratica è la via della
compassione e la mia vita è scaturita da
questo!

Per concludere questo mio intervento e per


scusarmi per il mio ritardo con coloro che
seguono ciò che scrivo, dirò che prima
dell'estate ho lasciato la carica di guida del
Sangha della Kempon Hokke Shu, così
come la tradizione Nichirensita che ho
amato e seguito, e a cui ho dato tanto per
poter seguire quegli ideali di compassione e
di non belligeranza tipici del Buddhismo e
del Sutra del Loto - che nelle scuole
Nichireniste sono stati, a mio parere,
rimossi. Nel 2006 avevo già abbandonato il
Nichirenismo, fondando una scuola che ne
prendeva le distanze, che aveva le sue basi
sugli Insegnamenti profondi del Sutra del
Loto. Con il mio ritorno nella corrente
Nichirenista, nonostante la scuola da me
fondata “La Confraternita del Sutra del
Loto” (Hokkekyo Shu) avesse un notevole
successo, avevo chiuso ufficialmente la
scuola; nonostante io fossi sceso da quel
treno, molti nel tempo hanno continuato, in
forma privata, a farne parte. Da tempo sono
ritornato alla guida del Sangha
pubblicamente e sono grato per questo a
quelle persone che nel tempo mi hanno
seguito e continuano a seguirmi.
Desidero lasciarvi con la preghiera che apre
la liturgia quotidiana della mia scuola,
perché in essa è contenuta la missione della
Confraternita del Sutra del Loto.

PREGHIERA DI
RINGRAZIAMENTO
Signore Buddha aiutami a
comprendere i Tuoi
insegnamenti a viverli nella mia
vita e a trasmetterli a quanti ne
hanno bisogno.

Signore Buddha rivolgo a Te la


mia gratitudine per aver
incontrato il sentiero tanto
difficile da incontrare. Ai
Maestri che hanno propagato il
mistico insegnamento fino ai
giorni nostri rivolgo il mio più
profondo rispetto e gratitudine.

Propongo di sforzarmi di vivere


secondo i principi della
misericordia e della non
violenza e di impegnarmi a dare
la parte migliore di me al
mondo, favorendo il dialogo e
l’altruismo.

Prometto di aiutare quanti


hanno bisogno del mio aiuto, e
prego affinché gli esseri viventi
possano vivere felici e in salute.

Possano beneficiare dei miei


meriti, attraverso il legame che
ci unisce, i miei cari defunti e lo
spirito di tutti i miei antenati fin
dalla notte dei tempi.

Prendo rifugio nel Sutra del


Loto

Rev. Nisshin
La casa del Loto
quanto costa?
Dicembre 2011

Abbiamo avuto modo di parlare del senso


di inclusività racchiuso all'interno del Sutra
del Loto, ma questo cosa significa allo stato
pratico? Molte persone, sviate da
interpretazioni personali o di guide
carismatiche, pensano che il Sutra del Loto
sia da considerarsi un Insegnamento a parte.
Questo porta inevitabilmente a delle dure
divisioni fra le scuole che venerano questo
Sutra e tutte le altre che fondano la loro
pratica e dottrina su altri Sutra. Conoscere il
Sutra del Loto però significa comprendere e
conoscere l'esatto opposto di questo. Il
Buddha, durante la Sua predicazione del
Dharma del Loto, svela all'assemblea
riunita al Suo cospetto che in realtà tutti gli
Insegnamenti predicati prima del Sutra del
Loto sono Insegnamenti “preparatori”,
predicati allo scopo di condurre tutti gli
esseri viventi a comprendere la comune
origine di tutti gli Insegnamenti. Per
comprendere e praticare davvero gli
Insegnamenti profondi del Sutra del Loto
bisogna conoscere quantomeno le
fondamenta dell'Insegnamento del Buddha.
Il Sutra del Loto rappresenta, come più
volte proclamato nel corso della
predicazione del Sutra, l'apice, il tetto.
Sappiamo bene che però ogni tetto si regge
non per “grazia ricevuta”, ma su basi solide
le quali conferiscono al tetto la sua solidità.
Senza fondamenta la casa del Loto appare
come una magia e spesso è vissuta proprio
come una sorta di incantesimo dalla
maggior parte dei credenti che professano il
Sutra del Loto come loro pratica. Il
Buddhismo non è magia, però. Gli
Insegnamenti proposti dal Buddha prima
della predicazione del Loto, hanno lo scopo
di mettere davvero in condizioni il credente,
sia psicologicamente che fisicamente, in
grado di comprendere quanto
nell'Insegnamento del Loto viene predicato.
I discepoli presenti alla grande adunanza
riescono a comprendere quanto il Buddha
dice loro proprio per la loro conoscenza ed
esperienza degli insegnamenti
“preparatori”. Come possiamo noi
pretendere di comprendere, se non
conosciamo nulla? Il Buddha non dice
assolutamente che ciò da Lui predicato va
scartato, altrimenti a quale scopo l'avrebbe
predicato per tutta la vita? La grandezza del
Sutra del Loto sta proprio nel dare un tetto
all'intero Insegnamento del Buddha. Il Sutra
del Loto deve unire, non dividere le
persone. Il Praticante del Sutra del Loto
dovrebbe essere colui che, conoscendo gli
Insegnamenti presenti nel Sutra, si adopera
per unire ed indicare la strada ai suoi simili:
questo è il percorso del Bodhisattva. Una
persona che si considera superiore perché
ha avuta la fortuna di conoscere il Sutra del
Loto, è una persona che non ha compreso
nulla del Sutra stesso e agisce contro gli
Insegnamenti. Questo è il motivo per cui
spesso nel corso della narrazione del Sutra
si ammonisce i credenti a non andare contro
al senso stesso del Sutra. Considerare gli
altri discepoli del Buddha come degli
sfigati, che non hanno compreso è buttare
nella spazzatura il Sutra del Loto e ciò che
rappresenta. L'Illuminazionepuò essere solo
una questione di fortuna? L'illuminazione,
credetemi, va guadagnata sacrificando
sull'altare del Sutra del Loto le nostre
piccolezze e meschinità in favore della
grandezza che si racchiude nella
comprensione, intesa come compassione o
misericordia. Molti Buddhisti quando
sentono parlare di misericordia, si
ritraggono come difronte ad un serpente,
perché questo termine gli ricorda il
Cristianesimo, ed è opinione diffusa che le
religioni debbano essere una contro l'altra.
Il Buddha però dice anche in questo caso il
contrario. Il Sutra del Loto parla – e avremo
modo di approfondire presto questo
discorso – della comune origine di tutte le
religioni. Il Cuore del sedicesimo capitolo
non è altro che questo e comprendere
questo punto significa comprendere
l'essenza non solo della nostra vita, ma del
Sutra del Loto. Molti buddhisti nutrono
dentro di sé una sorta di avversione al
Cristianesimo. Il paradosso sta nel fatto che
questi “piccoli” credenti e praticanti
appartengono per lo più alla corrente che
fonda la Sua dottrina sul Sutra del Loto.
Capite l'assurdità? Il vero credente
Buddhista ha un enorme rispetto per tutte le
religioni, perché la dottrina del Buddha si
fonda proprio sul rispetto e non si sente più
grande, o migliore perché è troppo
impegnato a vivere l'Insegnamento del
Buddha e non perdersi in strani giochi o
diatribe che hanno la comune origine
nell'ignoranza più bieca, causa di conflitti e
separazioni. Il ricercatore spirituale
comprende che c'è poco da capire se si
vuole procedere, ma molto da praticare.
Abbiamo avuto modo di parlare del quinto
capitolo del Sutra del Loto “La grande
nuvola”. Bene la ricchezza di questo
Insegnamento non è altro che questo.
Proviamo a ritornarci un momento se avete
voglia o tempo. Il Buddha rispondendo a
Kashapa dice:

Kashyapa, supponi che gli


alberi e l’erba dei prati di
migliaia di mondi, incluse le
erbe che crescono nei boschi,
nelle foreste, sui monti, nelle
valli, in pianura o accanto ai
fiumi, di forma e nomi diversi,
siano sovrastate da una grande
nube. Immagina poi che, da
questa nube immensa, prenda a
riversarsi una grande, leggera e
benefica pioggia. Tutte le piante
sono bagnate dalla medesima
acqua, sia che abbiano radici
forti e profonde, che giovani e
deboli. I tronchi, i rami e le
foglie degli alberi, i prati e le
erbe che crescono nei boschi e
nelle foreste, sono tutti irrorati
dall’acqua.
Ecco quindi che i vecchi alberi,
quelli giovani, quelli più alti,
quelli medi e quelli molto bassi,
ricevono tutti l’acqua di questa
grande pioggia. Tutte le piante
ricevono quest’acqua, chi più
chi meno, e l’acqua è la stessa
per tutte le piante, e proviene da
una sola unica nube. In base alla
loro età, dimensioni e specie, le
varie piante prendono più o
meno acqua da quella che viene
riversata in modo equanime su
tutte loro, e l’acqua così
assimilata le fa crescere e
fiorire. Sebbene crescano tutte
sulla stessa terra, ogni pianta
produce così diversi fiori e
frutti, ma tutte hanno ricevuto la
stessa acqua dalla stessa nube.
Ora sappi, Kashyapa, che io, il
Tathagata, sono proprio come la
nube. Così come la nube appare
nel cielo, io faccio il mio
avvento in questo mondo. Io
rivelo il Dharma alle entità
celesti, agli uomini e ai demoni
attraverso il suono della mia
Voce, così come la grande nube
riversa la sua pioggia sulle
piante di quei mondi.

Alla luce, è proprio il caso di dire, di quanto


ci dice il Buddha come possiamo
considerarci superiori, inferiori, fortunati e
sopra ad ogni cosa, come possiamo
discriminare le persone? Dobbiamo creare
unità, non divisioni. Se il Buddha avesse
voluto creare diverse fazioni fra gli uomini,
non sarebbe stato una persona degna di
essere seguita, ma soltanto una di quei tanti
piccoli uomini che a causa della propria
pochezza e insicurezza si credono superiori
o appartenenti ad un popolo eletto. Il
popolo eletto è composto da persone che
sorridono, che non puntano il dito verso
nessuno. Il popolo eletto è composto da
persone che sognano che tutti facciano parte
del popolo eletto e si adopera per
comprendere, perdonare, non accusare e
additare. Ogni volta che in un mio sermone
uso una definizione considerata troppo
cristiana, vengo subito additato come uno
“strano” buddhista che mescola Dharma
con cristianesimo e altro. Io sorrido e mi
limito a sforzarmi di inserire più spesso
termini “incriminati” perché il vero crimine
è considerare un credente di un'altra
religionediverso da noi. Abbiate cura di voi.

Rev. Nisshin Taisen


Aldilà di ognuno di
noi
Gennaio 2012

Questi sono giorni d'attesa per ognuno di


noi. Le notizie che giorno dopo giorno
rimbalzano su televisioni e radio entrano
nel profondo delle nostre coscienze e ci
riportano alla reale realtà della vita. Ora è il
momento dei giudizi, delle condanne
sommarie, della rabbia che più della
comprensione e della compassione ci guida
e ci consiglia, facendoci dimenticare che
tutti per quanto grandi - conosciuti, famosi,
o semplici persone - siamo solo uomini.
Piccoli danzatori nel balletto della vita, e
spesso ci sentiamo protagonisti, e
danziamo, danziamo, magari solo per la
paura di scoprirci sempre più piccoli. Ora è
troppo facile comportarci come esperti di
marineria, capitani coraggiosi e lupi di
mare. Ma aldilà delle nostre convinzioni,
non dobbiamo dimenticare mai che siamo
solo uomini. Per quanto il nostro sdegno in
questi giorni nutra ogni istante delle nostre
giornate, ricordiamoci che è un uomo il
comandante Schettino, che sono uomini i
soccorritori e sono uomini quelle povere
vittime che nulla hanno fatto se non quello
di voler vivere una bella esperienza, magari
sognata per anni e che ora i loro nomi ci
sono diventati familiari, come quelli dei
nostri amici o parenti. Ora possiamo
soltanto cercare di non coprire i loro corpi
con la nostra rabbia, la nostra arroganza, la
nostra inadeguatezza. Comportiamoci
cercando con tutte le nostre forze di
camminare al centro, per quanto ci è
possibile, e facciamo attenzione alle nostre
parole e ai nostri sentimenti.
“Non sarete puniti per la vostra rabbia, ma
sarà la vostra rabbia a punirvi”: questo ci ha
lasciato il Buddha e noi dobbiamo sforzarci
di cercare, perlomeno provarci, perché la
rabbia non ci aiuta e non aiuta nemmeno
coloro che ora sono nella sofferenza e
nell'angoscia. Siamo tutti il comandante
Schettino, perché siamo maestri di egoismo,
e professori di arroganza. Io cerco di
regalare a quei poveri corpi la parte
migliore di me che non è certo la rabbia
agitata contro un uomo troppo piccolo per
le responsabilità affidatogli, un uomo che
non era solo, quella sera, ma che ora è reso
solo proprio dalla sua inadeguatezza. Ora
prego che al più presto possibile si aprano
le porte a tutte quelle persone che dormono
nel ventre di un gigante, troppo gigante per
lasciarsi governare, da una tecnologia che
abbiamo reso insensibile e troppo sicura di
se stessa. Qualsiasi sia la vostra religione,
pregate. Qualsiasi sia la vostra filosofia
restate vicini al cuore delle persone che
soffrono, e che non vedono altro che il buio
di fronte a sé. Abbiate cura di loro con le
vostre parole, i vostri pensieri e non
addormentatevi o sfogatevi per loro.
Meritano molto di più da noi, che nelle
nostre case ora guardiamo a loro come
piccoli grandi eroi, che ci gridano di non
continuare a fare e praticare il male. Se
credete ai miracoli, sognatene uno enorme,
ricolmo di luce e speranza. Sognate di
vederli uscire fradici, tossire, ma vivi, da
quella nave. Preoccupiamoci di loro,
sosteniamoli, nel viaggio, abbracciamoli
forte per non fargli più avere paura.
Allunghiamo noi quella mano che
aspettavano, ma che non è arrivata, che non
è voluta arrivare fino a loro, per paura di
essere fra quelli che ora, come loro,
danzano nei nostri pensieri. La paura non è
e non deve essere una colpa, perché ognuno
di noi ha paura e ognuno di noi non conosce
cosa avrebbe fatto o detto. Ora è troppo
facile mettersi nei panni dell'eroe, difficile è
riconoscere che è difficile esserlo, perché il
nostro egoismo è più forte dell'amore che
crediamo di nutrire, di avere o di dare.
Preghiamo, perché tutto ciò che possiamo
fare è pregare e a chi non crede nella
preghiera mi sento di consigliare di
sognare, quanto meglio può, che la
preghiera funzioni.
Ora il Sutra del Loto ci dice di stare vicini,
di guardare, di cercare di comprendere che
nessuno può comprendere il disegno che
ora si prospetta davanti ai nostri occhi. Ora
il Sutra del Loto deve diventare una
stampella alla quale appoggiarci per non
cadere nella rabbia, nella paura, nel terrore.
Ora il Sutra del Loto, aldilà di ciò che
ognuno di noi può comprendere, ci confessa
che non possiamo capire e allora l'unica
cosa che possiamo fare è quella di dare la
parte migliore di noi a tutto questo,
pregando per le vittime, per i parenti e per
coloro che sono stati la causa di tutto
questo. Preoccupiamoci del come e non del
perché, anche questo ci ha detto il Buddha,
ma cosa significa? Significa che in una
brutta situazione, non dobbiamo scaldare i
nostri cervelli per comprendere le cause o le
condizioni, ma comportarci al meglio anche
in questo frangente.
Non me la sono sentita - anche se il nuovo
editoriale era pronto - per la pubblicazione
del vero editoriale. Ho preferito cercare di
unire, piuttosto che dividere e così questo
che avete appena letto, anche se banale è
scritto e pensato da una persona che non era
su quella nave e non ha nessuno ancora lì
dentro, ma mi piace immaginare che anche
in quel caso avrei fatto di tutto per pensarla
come ora sapete. Ora continuiamo ad
aspettare.

Rev. Nisshin Taisen (19 gennaio 2012)


Passato e presente
Febbraio 2012

Tutti noi abbiamo un passato.


Alcuni di noi respirano nel presente, ma
vivono nel passato e ciò è in contrasto con
il messaggio del Buddha, che ci esorta
invece a considerare solo il ‘qui e ora’.

La maggior parte di coloro che si


avvicinano al Buddhismo ha alle spalle
toccanti o drammatiche esperienze
personali. Solo una minima parte arriva al
Buddhismo per altri motivi. Nonostante
questo però tutti tendiamo a vivere nel
passato e il nostro presente è vincolato dalle
nostre esperienze passate. Verrebbe allora
da chiedersi: ‘Ma allora quand’è che il
nostro passato diventa passato? Se il
passato guida il presente, allora non è
passato, ma è presente.’ Alla luce di questo,
quale risposta diamo a questa domanda?

Fatti i dovuti calcoli risulta che noi non


viviamo mai il presente: in ogni frangente
della nostra vita volgiamo la testa indietro o
avanti e, a seconda di ciò che vediamo,
agiamo. Non pensare al futuro ci appare
incoscienza e non basarci sul nostro passato
ci appare pazzesco, o pazzia. In effetti non
considerare né il passato né il futuro a
priori, può apparire effettivamente così, ma
il punto è l’importanza che noi diamo sia al
passato che al futuro. Nella realtà
conosciamo soltanto il passato e questo ci
porta a pensare che tutto dipenda da noi,
dalle nostre capacità, dalla nostra
razionalità, dal nostro ‘grado evolutivo’.
Ma allora se siamo convinti di questo,
perché ci siamo avvicinati al Buddhismo, e
soprattutto perché ci siamo avvicinati ad
una religione? Domanda questa a cui è
complicato rispondere.

Quale senso ha tutto questo? Quale senso


ha il nostro comportamento abituale?
Quanto la nostra pratica del buddhismo si
limita all’invocazione delle parole del
Buddha e alle preghiere? Nella nostra vita
nel mondo quanto c’è della parola del
Buddha? Qual è il nostro atteggiamento nei
confronti di tutto ciò che ci circonda?
Questo che sto facendo rispecchia in
qualche modo l’insegnamento del Buddha o
è frutto soltanto delle mie aspirazioni o
delle mie esperienze passate? Quanto ci
interessa davvero stare bene e cosa siamo
disposti a dare di noi stessi per questa
causa? Queste sono domande che ognuno di
noi dovrebbe porsi, specialmente in quei
momenti in cui ci rendiamo conto che
siamo forse troppo indulgenti con noi stessi.
Dovremmo essere coscienti quindi che
spesso tendiamo a praticare più una nostra
religione anziché il buddhismo.

In ogni frangente della vita dovremmo


chiederci: ‘Cosa farebbe il Buddha al mio
posto?’

Certamente il Buddha viveva in un’epoca


diversa dalla nostra e lo sappiamo bene, ma
sappiamo anche che il suo insegnamento ha
colpito e colpisce tuttora milioni di persone
sul nostro pianeta! Conosciamo bene
l’attualità del messaggio del Buddha ed è
per questo che abbiamo deciso di seguirla,
ma la seguiamo veramente? Quanto ci
sforziamo di seguirla? Quanto tendiamo a
manipolarla fino a plasmarla alla nostra
vita? Questo dovrebbe farci riflettere.
Il passato ci serve per comprendere il
presente, non per viverlo al nostro posto. Il
futuro allo stesso modo è qualcosa di troppo
incerto per poterci basare le nostre
esistenze.

Il buddhismo ci insegna che per arrivare


alla meta non bisogna preoccuparsi della
meta stessa, ma di ogni singolo passo che
intercorre fra noi e la meta, fra noi e il
nostro obiettivo. Per fare un esempio si
potrebbe dire che se noi camminando,
considerassimo soltanto ciò che è di fronte
a noi, ad una distanza di 4-5 metri,
potremmo incorrere nello spiacevole
inconveniente di inciampare in qualcosa
posto ad una distanza inferiore! Per questo,
per arrivare dove abbiamo deciso di andare,
dobbiamo preoccuparci di ogni singolo
passo, di dove mettiamo i piedi. Allo stesso
modo per conquistare la nostra serenità
dobbiamo preoccuparci di ogni singolo
momento, e di ogni singolo giorno che
compone la nostra vita. In questo modo
avremo davvero la certezza che non
abbiamo perso la direzione nel corso del
tempo. Se noi ci preoccupiamo di seguire
solo la direzione finiremo per inciampare in
qualcosa di molto più vicino a noi: il nostro
ego, la nostra inadeguatezza, la nostra
debolezza e cose di questo genere.

Alla guida di un Sangha vengono sempre


poste molte domande, si potrebbe anche
dire che viene fatta richiesta di molte
risposte.
Nella meditazione di oggi ho voluto portare
delle domande anche io, delle domande che
ritengo ci si debba porre per non perdere il
contatto con la realtà. Siamo tutti ben
predisposti alla critica e questa nostra
particolare caratteristica spesso si
trasferisce anche nei confronti
dell’insegnamento del Buddha,
considerandolo a volte obsoleto, arrivando a
pensare anche che le nostre preghiere non
siano ascoltate da nessuno. Siamo come dei
malati che criticano la cura data dal dottore
senza averla mai provata. Questo può far
sorridere, ma pensate a quanto c’è di vero
in questo.

Imparare a praticare gli Insegnamenti del


Buddha nella nostra vita, questa è la nostra
meta, che tendiamo però a perdere di vista
ogni volta che ci alziamo dall’altare e
cominciamo a vivere. L’invocazione delle
parole del Buddha, dei mantra e delle nostre
preghiere recano in sé innumerevoli meriti -
come ci viene descritto dal Buddha nel
Sutra del Loto. Ma nel Sutra si dice anche
di vivere secondo i suoi insegnamenti,
secondo gli insegnamenti racchiusi nel
Sutra stesso senza interpretazioni personali
o adattamenti, perché soltanto allora
potremmo asserire di praticare gli
insegnamenti del Buddha. Potremmo quindi
dire di aver fatto la nostra cura e di essere
sotto cura del Buddha.
Il Sutra del Loto è realmente una guida per
la nostra vita di tutti i giorni, ma fin quando
non comprendiamo davvero quale sia
l'atteggiamento giusto per studiare ogni
singolo capitolo, studiare non ci porterà a
nessun risultato. Ogni volta che leggiamo
un capitolo del Sutra del Loto, dovremmo
fare bene attenzione anche alle singole
parole usate, perché dietro spesso si
nascondano i vari “segreti”. Chiediamoci
cosa ci vuole dire il Buddha con questo
Insegnamento. Chiediamoci cosa possiamo
fare noi per vivere quel determinato
Insegnamento e sopra ad ogni cosa, cosa
possiamo fare per portare questo
Insegnamento alle persone che ci
circondano. Il più grande errore è quello di
considerare solo la meta senza tenere in
considerazione il modo con cui ci
arriviamo. Bisogna essere disposti a
sacrificare la meta se questa ci porta ad
accettare compromessi di ordine morale.
Praticare il Sutra del Loto è praticare
l'umiltà giorno per giorno, è chiedersi se si
è davvero umili, se si è stati umili. Il Sutra
del loto non è distante dalla nostra vita e la
nostra comprensione dello stesso è
subordinata a quanto noi lo consideriamo
vicino a noi. Incontro spesso persone che si
vogliono avvicinare al percorso che noi di
Hokke Shoshu percorriamo e spesso sono
persone che hanno praticato il Sutra del
Loto soltanto davanti ai loro altari, ma
raramente si incontrano persone che lo
hanno praticato nella loro vita. Persone che
da molti anni, dieci, venti e più anni hanno
studiato il Sutra del Loto come libro, ma il
Sutra non è un libro, rappresenta la voce
santa del Buddha e finché noi non
comprendiamo questo sarà e resterà solo
come un fumetto! Spesso quando si ha la
fortuna di accorgersi di questo, nasce in noi
il desiderio di ricominciare, e ci sentiamo
sereni, ma dopo poco scatta la presunzione
e allora tendiamo a considerare tutto alla
luce di ciò che sappiamo o crediamo di
sapere. Questo non è ricominciare, ma solo
percorrere una strada parallela a quella che
abbiamo percorso per tanti, troppi anni.
Sono davvero poche le persone che
realmente incominciano, che realmente
sono disposte a mettersi nelle mani di una
guida, probabilmente perché a loro volta lo
sono stati anche loro, ma la strada che
indicavano era sbagliata e anche se hanno
ricominciato da capo continuano,
sbagliando, a sentirsi ancora guide e questo
gli impedisce di crescere, di raggiungere ciò
che davvero desiderano: la serenità.
Incontro spesso persone così, e mi fa male
riconoscere che basterebbe che si
accorgessero di questo maligno errore, per
voltare davvero pagina e godere dei
benefici della fede. Non riuscire a
comprendere però come dicevamo, non è e
non deve essere una colpa. Il compito di
una guida non è altro che quello di indicare
l'inghippo, ma indicarlo è difficile, perché
dentro ad ognuno di noi l'orgoglio danza
come le foglie d'autunno ed è difficile
fermare la musica, specie quando si è fra
quelli che si è guidato. Allora ci vuole
amore, per ascoltare, fiducia in chi ci parla
e si deve pregare davvero con il cuore per
riuscire a sedersi e ascoltare anche quando
l'entusiasmo dei primi giorni tende ad
affievolirsi, perché è difficile ammettere di
aver sbagliato, specie quando non si
comprende che lo si è fatto in buona fede.
Ecco, dove dovremmo prendere la forza,
dalla nostra buona fede, allora
comprenderemmo che tutto non è perso,
che la nostra esperienza ci servirà, che tutto
ciò che dicevamo, che insegnavamo se
messo nella giusta ottica può essere davvero
di grande aiuto alle persone. Questo
davvero dovremmo comprendere, e il Sutra
del Loto ci parla di tutto questo. I discepoli
presenti alla grande adunanza anche loro
credevano di aver compreso, anche loro
erano guide, ma il Buddha li ha guidati ad
una nuova comprensione. Quando il
Buddha ha incominciato a predicare il Sutra
del Loto tutti coloro che credevano di aver
capito e che non ci fosse più nulla da capire,
o che non sono riusciti a comprendere ciò
che dicevamo prima, si sono alzati e hanno
lasciato l'assemblea. Ora sta a noi decidere
a quale gruppo appartenere.
Abbiate cura di voi.

Rev. Nisshin
Ascolto profondo
Marzo 2012

Ascoltare con il cuore, questo permette di


esercitare davvero l’ascolto profondo. Avete
mai fatto caso che sia per i suoni sia per i
sentimenti si usa la stessa definizione:
“sentire”? Ciò vuol dire che in realtà noi
abbiamo la capacità di ascoltare non solo
con le orecchie ma anche con il cuore, ossia
se vogliamo, se ci esercitiamo possiamo
andare aldilà delle parole e degli
atteggiamenti. Se provate ad analizzare una
lite vi renderete conto che questa è
avvenuta grazie a parole buttate li o ad
atteggiamenti di riflesso. In un’epoca dove
tutto sembra e forse è realmente alla
rovescia, noi ci permettiamo il lusso, perché
di lusso si tratta, di fermarci all'esteriorità.
Il Buddismo è trasformazione e noi siamo
davvero desiderosi di trasformare ciò che
siamo in ciò che vorremmo essere.
Facciamo attenzione alle nostre emozioni,
ci prodighiamo in ogni tipo di sorriso, e poi
spesso ci fermiamo di fronte a cose che se
viste nella giusta ottica, ci farebbero
sorridere. Quante volte ci è capitato di
sorridere o ridere di cuore al ricordo di una
litigata? Nella realtà noi fatalmente ci
arrabbiamo sempre per le stesse cose. Forse
è proprio questo che ci irrita di più. Siamo
stanchi di prendercela.
Ma secondo voi quanto senso ha tutto
questo? Noi dovremmo essere degli esperti
di questo campo, perché conosciamo che
cosa c’è dietro ad un comportamento
sbagliato. Ringraziamo sempre il Signore
Buddha per averci fatto incontrare quel
sentiero (il Dharma) tanto difficile da
incontrare, perché questo rappresenta una
fortuna. La parola Dharma si potrebbe
tradurre “così come vanno le cose”. Quindi
noi che studiamo il Dharma dovremmo
trovare in Essa la mappa per condurre
un’esistenza serena. Questa è la nostra
fortuna: avere la mappa.
Come possiamo prendercela con chi non ha
nessuna guida se non le proprie sensazioni,
la società in cui viviamo, che non è proprio
una distributrice di buoni propositi. Eppure
lo facciamo e continuiamo a farlo. Ma se
fosse la stessa cosa aver incontrato il
Dharma che non averlo incontrato, quale
sarebbe la nostra fortuna? Nella preghiera è
importante il cuore, non le parole.
Dovremmo fare allo stesso modo delle
nostre vite una si spera lunga preghiera.
Perché ci chiediamo di rado: “che cosa
farebbe il Buddha al mio posto? Imitare
significa accettare a tal punto da voler fare
propri gli atteggiamenti o addirittura le
parole di chi imitiamo. Il miglior modo di
praticare il Dharma è imitare il Buddha nei
nostri giorni.
Un giorno una mamma dovette allontanarsi
per qualche giorno da sua figlia per lavoro.
La bimba inevitabilmente patì molto per
l’assenza della madre. Dopo qualche giorno
la madre terminato il lavoro che l’aveva
tenuta sua malgrado distante da casa tornò
felice a casa con il desiderio di abbracciare
la figlia. La figlia appena vide la madre
scoppiò in un pianto dirotto gridando che
non voleva che la madre fosse ritornata.
Certo per una madre questa non è certo una
bella esperienza, ma ella riuscì a
comprendere che in realtà quelle frasi
urlatele in faccia dalla figlia volevano
essere soltanto la punizione che la bimba
voleva infliggere per essere stata lasciata
sola. In realtà la bimba gridava con tutto il
fiato in gola: “Mamma ti prego mi sei
mancata, non allontanarti più per questo
tempo”. Capite cosa desidero dire?
Nella meditazione si scende dentro di noi
per ascoltare e ascoltando si comprende, si
diventa consapevoli delle cause. Questo
avviene nella meditazione. La respirazione
serve per permetterci di andare aldilà dei
nostri confini per poter vedere diciamo,
“dall’alto” ciò che sta accadendo. Estendere
la meditazione nella nostra vita significa
adottare lo stesso tipo di visione. Allenarci a
comprendere cosa c’è dietro alle parole e
agli atteggiamenti ci aiuta a comprendere
cosa c’è all’interno della persona o delle
persone che abbiamo di fronte. Questo è il
comportamento del bodhisattva, questo è il
desiderio di provare compassione! Nel
Sutra del loto si narra la vicenda del
Bodhisattva Kannon, colui che ascolta le
grida del mondo chi ha la capacità di
ascoltare profondamente. Imparate ad
ascoltare con il cuore e diventerete il
Bodhisattva Kannon, anche voi vi darete
ma soprattutto darete la possibilità ad altri
di alleviare la propria sofferenza. Dobbiamo
tutti sforzarci di arrivare a comprendere
questo e di riuscire a poco a poco a mettere
in pratica questo infinito insegnamento.

Siate sereni

Rev. Nisshin
Come una grande
quercia
Aprile 2012

Immaginate il tronco di una quercia


secolare, dal quale prendano vita moltissimi
rami che si lanciamo contro il cielo. Il Sutra
del Loto, nella tradizione buddhista
Mahayana rappresenta questo. Al suo
interno si possano trovare tutte le dottrine
esposte dal Buddha storico Shakyamuni,
nel corso della sua vita terrena. Il Sutra del
Loto rappresenta l'unione di tutti i
meravigliosi stratagemmi atti a risvegliare
nel cuore e nella mente dei diversi
praticanti, il desiderio e l'attitudine
all'Illuminazione. Ciò che appare chiaro
fino dall'inizio è che si tratta di
insegnamento rivolto a tutte le persone a
differenza di altri Sutra precedentemente
predicati, rivolti solo alle persone che
condividevano lo stesso tempo del Buddha.
Le immagini con le quali sono esposti i vari
Insegnamenti rappresentano anch'essi una
sorta di stratagemma che ha lo scopo di
incoraggiare il lettore ad andare aldilà, delle
barriere del tempo e dello spazio. La
dimensione storica, si fonde con quella
assoluta rendendo la comprensione del
Sacro Testo reale e meravigliosa. Il fatto
che la narrazione incominci dalla terra,
indica che si tratta di insegnamento
profondamente radicato nella vita di tutti gli
esseri viventi. Riuscire a scorgere aldilà
delle parole le allegorie, rende la narrazione
stessa esemplare da un punto di vista
filologico. Proprio le immagini riportate
hanno da sempre stimolato la creatività di
numerosi artisti di tutti i campi dell'arte a
noi conosciuti, formando una sorta di arte
devozionale che ancora oggi si può trovare
raffigurata in numerosi templi dell'Asia
meridionale. Certamente come tutti i Sutra
Mahayana essendo composto da Allegorie
non è di facile comprensione, ma spesso si
riesce lo stesso a coglierne, magari per un
attimo, la profonda importanza di quanto
narrato. In molti anni di ministero, come
sacerdote Buddhista, mi sono imbattuto in
numerose persone che proprio perché non
avevano particolari nozioni dottrinali, o
culturali, riuscivano a cogliere degli aspetti,
davvero estremamente profondi. Ciò mi
porta a pensare che forse questo è il vero
intento del Sutra: parlare alle persone pure
di cuore. Più si cerca di comprenderne i fari
significati seguendone razionalmente la
narrazione e meno si riesce a penetrare lo
scopo della ragione della Sua esistenza. Il
Sutra avvisa numerose volte gli uditori, di
lasciare aperte o aprire le porte della fede,
perché soltanto attraverso una visione
mistica e assoluta si riesce a seguirne la
narrazione. Come spesso accade in questo
genere di insegnamenti, non sempre ciò che
è scritto significa esattamente ciò che
appare, anzi il Sutra del Loto essendo
insegnamento atto ad aprire le porte come
dicevamo dell'assoluto, spesso nasconde fra
le righe piccoli suggerimenti che se colti, si
trasformano in una sorta di stele di rosetta
che ti permette di, oltre che seguire
attentamente la narrazione, anche quella di
coglierne i significati misteriosi. Spesso
nelle descrizioni dei vari eventi, si cela il
segreto. La maniera migliore per affrontare
la lettura del Sutra del Loto è quella di
affidarsi non tanto alla narrazione stessa,
quanto a quella sorta di capacità innata
presente in ognuno di noi, chi più chi meno,
che ci permette di cogliere, ciò che non si
palesa: l'intuizione. L'intuizione si palesa
sempre, quando da parte del lettore c'è una
certa apertura a ciò che si legge. Il Sutra del
loto come gran parte della letteratura del
genere, non si deve leggerla prendendo per
assoluto ciò che si legge, ma cercare di
cogliere il significato dei racconti e delle
immagini. Il Sutra del Loto racchiude in se
numerose parabole che rappresentano la
chiave per la comprensione del Sutra. Lo
scopo della realizzazione della versione in
lingua corrente è appunto quello di
facilitare la comprensione del testo, usando
un linguaggio più attuale e meno
ridondante. Il Sutra del loto rappresenta una
finestra aperta verso l'infinito racchiuso già
dentro di noi. Coglierne gli aspetti e il filo
che ci conduce, è frutto di attento studio e
dedizione. Prima di avvicinarsi quindi alla
lettura e studio del Sutra del Loto bisogna
necessariamente comprendere il giusto
atteggiamento da avere e tenere.
Fondamentale per una corretta
comprensione conoscere gli insegnamenti
precedenti, o perlomeno avere una buona
infarinatura dei vari aspetti della strada
tracciata dal Buddha. Ogni mercoledì alle
ore 21 circa come ordine Buddhista,
trasmettiamo in streaming delle guide che
hanno lo scopo di aiutare le persone a
comprendere nel giusto modo i vari
Insegnamenti. Le guide settimanalmente
sono inserite nel nostro canale YouTube
all'indirizzo
www.youtube.com/user/hokkeshoshu
Spero che questo aiuti molte persone ad
avvicinarsi al Sutra del Loto.

Rev. Nisshin Taisen


La Presenza
mentale e
consapevolezza del
respiro
Settembre 2012

Nel mio giardino c’è un albero

che brilla di una luce strana


I suoi rami sono d’oro
le sue radici sono di filo di
ferro.
Tutto, intorno a lui, si muove
forte,
come attorno al nucleo di un
atomo.
Lui sta fermo e non bada che a
sé…
(da “Il giardino ” di Laura
Silvestri)

Abitudine, soltanto per abitudine, sempre e


solo per abitudine ci muoviamo, ci
pettiniamo in un determinato modo, ci
dipingiamo di sicurezza o di genialità.
Provate a ragionare sui motivi che ci
portano a fare queste e molte altre cose in
un certo modo piuttosto che in un altro:
troverete molto difficile riuscire a risalire a
motivi veri, fondati e coscienti.
Quante volte stando vicino alla persona che
amate siete davvero lì con lei, pronti e
consapevoli della sua presenza? Vi è mai
capitato di passarvi una mano fra i capelli
volutamente, voglio dire coscienti di farlo?
Molte volte, mangiando, vi sarà capitato di
pensare ai vari problemi che avete sul
lavoro oppure a mille altre cose. Quando
ciò accade, state in realtà mangiando non il
cibo che avete nel piatto ma ciò a cui state
pensando. È anche per questo che quando si
mangia innervositi da qualunque causa
esterna si ha la tendenza a non digerire con
tutti i problemi che ne conseguono, perchè
nella realtà mangiamo il nostro nervosismo.
Nella religione buddista si dà molta
importanza alla presenza mentale, alla
consapevolezza dell’essere, perché solo
attraverso questa disciplina si riesce a
modificare il nostro atteggiamento.
Cosa s’intende per presenza mentale?
La presenza mentale è l’unione fra mente e
corpo, ossia la piena coscienza del
momento presente, d’ogni gesto, d’ogni
pensiero che la nostra mente insegue. Sono
cose che, dette così, potrebbero apparire
quasi soprannaturali: nella realtà, possono
diventare consuetudine.
Noi esseri umani abbiamo la tendenza a
fare tutto metodicamente. Quindi, se ci
abituiamo a vivere intensamente e
coscientemente ogni momento, sulle prime
troveremo delle difficoltà dovute al
cambiamento, poi il nostro comportamento
diverrà una nuova abitudine, che
chiameremo cosciente.
Un atteggiamento negativo, così come un
comportamento errato, dopo essersi
insinuato in noi piano piano tende ad
allargarsi, scatenando un’infinità d’altri
comportamenti: alla fine,
quell’atteggiamento negativo diventa
“Noi”.
Tutto è pura energia e in quanto tale non
può essere annientata, ma solo modificata.
Sfruttando la nostra stessa natura,
riusciremo a raggiungere lo scopo.
Quante cose di voi avete cambiato da
quando siete al mondo? Probabilmente
tante. Si tratta di farlo ancora, questa volta
per un motivo sicuramente differente dai
precedenti e probabilmente, più
profondamente personale. Le rivoluzioni
iniziano rivoluzionando prima noi stessi.
Non vi aspettate che tutto avvenga nel giro
di una settimana o di un mese: se
persisterete, noterete cambiamenti
favorevoli non solo in voi stessi ma anche
nella vita di tutti i giorni.
L’abitudine è paragonabile ad un vortice
che ci risucchia e c’impedisce di vedere
nella giusta ottica. Quando le cose vanno
storte ricordatevi questo: il sole continua a
splendere nel cielo di giorno e di notte
risplendono le stelle.
Osservando il sole di giorno e le stelle di
notte, molto attentamente, identificandovi
con queste meraviglie distoglierete
l’attenzione dai problemi interrompendo
l’energia che li alimenta. A questo punto
tutto si porrà su un piano cosciente e lì la
vostra vera natura troverà la soluzione per
risolverli.
Immaginate la vostra vita come un grande
giardino in cui a volte le erbacce sembrano
crescere più rigogliose delle piante da
frutto. Soffermandoci a pensare o a notare
esclusivamente quelle cattive, finiamo per
non vedere quelle buone, il nostro
atteggiamento non fa altro che innaffiare le
erbacce dentro di noi, inconsciamente
rendendole rigogliose e apparentemente
uniche.
Il sole e le stelle sono paragonabili alle
piante da frutto. Secondo la legge di causa
ed effetto le azioni di oggi sono gli effetti di
domani.
Se mangiassimo un etto di cioccolata tutti i
giorni e dopo una settimana o dieci giorni ci
venisse il mal di denti, ciò rappresenterebbe
l’effetto della cioccolata, mentre il fatto di
mangiarla la causa.
Cercando di modificare prima i piccoli gesti
poi quelli più grandi, arriverete a riprendere
pieno possesso della vostra vita. Vivrete
finalmente da uomini liberi.
La presenza mentale ci aiuta a centrare la
nostra attenzione verso noi stessi,
portandoci ad essere più spontanei perché
meno coinvolti dalle cause esterne.
Il primo risultato che si ottiene è uno strano
senso di tranquillità, che ci porta a vedere le
cose sotto un’ottica diversa da quella solita.
La presenza mentale può essere paragonata
all’obiettivo di una macchina fotografica o
di una telecamera: quando non è regolato
nel modo giusto, fa apparire l’immagine
sfocata. La consapevolezza mentale ci porta
a mettere a fuoco la nostra vita e tutto
quello che ci accade, facendo apparire gli
esatti contorni di tutto ciò che ci circonda.
La loro vera natura. Anche i problemi, visti
sotto quest’ottica assumono una grandezza
diversa, reale.
Normalmente, purtroppo, è come se
vivessimo in sella ad un cavallo che corre al
galoppo: non sappiamo quale sia la
direzione ma corriamo ugualmente.
Viviamo come quel padrone che porta a
spasso il cane convinto di essere lui a
condurre, mentre è il cane a guidarlo.
Tutto è reso più difficile da questo
atteggiamento, che siamo convinti essere il
nostro invece c’è imposto dalla vita che
conduciamo.
Ma come si può parlare di spontaneità
cosciente?
La spontaneità diventa cosciente dal
momento in cui non sono le cause esterne a
condurre il gioco, ma la nostra vera natura.
Dimorando nell’attimo presente, ci appare
davanti agli occhi un universo nuovo, che ci
assomiglia più di quello che la nostra
mente, come nel gioco della nuvoletta, crea.
Essere coscienti di ogni gesto che facciamo
significa essere concentrati su quello che si
fa. Il primo passo che vi consiglio di fare è
quello dire a voi stessi ciò che state per fare
prima ancora di farlo. Per iniziare questa
“rivoluzione”, può aiutare molto anche il
solo fatto di dirsi mentalmente “mi sto
mettendo i pantaloni” mentre lo si sta
facendo. Questo è un esempio che vale per
tutti quei gesti quotidiani che solitamente
facciamo inconsciamente.
Paolo Coelho, nel suo libro “Il manuale del
guerriero di luce”, descrive così la presenza
mentale:

“Un guerriero della luce compie


un possente esercizio di crescita
interiore presta attenzione alle
cose che fa automaticamente,
come respirare, strizzare gli
occhi, o notare gli oggetti
intorno a sé. Si comporta così
quando si sente confuso. In
questo modo si sbarazza delle
tensioni e permette alla sua
intuizione di agire più
liberamente, senza l'interferenza
delle paure o dei desideri.
Alcuni problemi che
sembravano insolubili finiscono
per essere risolti, certi dolori
che riteneva insuperabili
svaniscono senza nessuno
sforzo. Quando deve affrontare
una situazione difficile, adotta
questa tattica”.

Esistono vari metodi di allenamento per


raggiungere la piena consapevolezza
mentale, ma il migliore è quello dedicato al
respiro. Per quanto riguarda questo punto
c’è da dire che si è fatta, e si continua a
fare, molta confusione. Quando solitamente
si descrive questo metodo di
consapevolezza mentale si dà sempre per
scontato che l’allievo sappia che cosa
s’intende per respiro consapevole.
Per consapevolezza del respiro s’intende
l’osservare coscientemente l’andamento
dell’aria all’interno del nostro corpo senza
fare nulla che possa modificarlo: il primo
risultato che si otterrà da questo tipo di
allenamento sarà proprio la regolazione
spontanea del respiro.
L’esercizio, portandoci ad osservare il
nostro addome, ci conduce a vivere
coscientemente sia la fase di inspirazione
che quella di espirazione. Contare i respiri
ci aiuta a vivere questo fenomeno in
maniera totalmente differente.
La respirazione è la base della nostra vita,
quindi incominciare da lì significa partire
direttamente dalla nostra natura.
Sono stati scritti molti libri sulla presenza
mentale, ma quelli che considero migliori
sono senz’altro quelli del monaco Zen
vietnamita Thich Nhat Hanh. Egli esorta a
essere realmente consapevoli in tutti i
momenti della giornata, sia che si lavori sia
che si cucini, sia che si lavino i piatti sia
che si vada in bagno; esorta a fare
attenzione ai piccoli richiami che aiutano a
fare tornare la mente, sempre distratta, al
“qui e ora”.
Ho letto che anche il semaforo rosso può
diventare un amico, che ci ricorda di
fermarci e ritornare a noi stessi.
Respirare in consapevolezza significa
essere sempre padroni di noi stessi, essere il
conducente della nostra vita, sapere come
prendersi cura di sé in modo meraviglioso.
Il Sutra Anapanasati, o Sutra della Piena
Consapevolezza del Respiro, tratta dei
sedici esercizi per la pratica della
respirazione cosciente. Nel primo esercizio
del Sutra siamo invitati a riconoscere la
nostra respirazione così facendo:
"Inspirando, so che sto inspirando.
Espirando, so che sto espirando".
Riportate la vostra mente al corpo e al
respiro e all'improvviso a voi stessi, nella
vostra reale casa. Riconoscete
semplicemente il vostro respiro, senza
forzare alcun movimento. Dire "so che
sto…" significa che state portando tutta la
vostra attenzione, tutta la vostra mente,
sull'inspirazione e sull'espirazione.
L'attenzione della vostra mente è
interamente concentrata sul respiro, quindi
senza alcuno sforzo potete lasciare andare
le preoccupazioni, la rabbia, la paura, la
gelosia e tutti quei sentimenti che
solitamente coinvolgono in maniera
negativa la nostra sfera emotiva.
Con queste parole il monaco Thich Nhat
Hanh descrive la presenza mentale:

“La presenza mentale è come


una guardia che controlla i
cancelli di una fortezza e che,
quando vede una persona che
entra o esce, sa se si tratta di
una persona del posto o di uno
straniero. La presenza mentale è
la guardia che sa che state
inspirando e sa che state
espirando.”
La nostra mente riconosce se una certa
energia è positiva o negativa. Sviluppando
sempre di più la pratica, saprete riconoscere
i vari sentimenti; all'inizio, esercitate
semplicemente la mente a riconoscere il
respiro. Alcuni mettono una mano
sull'addome e vi portano tutta l'attenzione:
"Il mio addome si solleva (inspirando), il
mio addome si abbassa (espirando)".
Concentrando la vostra attenzione sul
sollevarsi e l'abbassarsi dell'addome: tutti
gli altri pensieri svaniranno.
Quando nella vita di tutti i giorni ricevete
delle notizie sgradevoli o vedete qualche
cosa che vi agita e vi impedisce di prendere
sonno, portate tutta la vostra attenzione al
movimento dell'addome: così facendo
consentirete al cervello di riposare,
all'agitazione e all'irritazione di calmarsi.
Continuando quest’esercizio ristabilirete i
vostri valori emotivi e raggiungerete ben
presto la calma necessaria per prendere
sonno.
Ci sono molti altri esercizi che possono
aiutarci a raggiungere la piena
consapevolezza del respiro: alcuni sono una
rivisitazione di quest’ultimo, altri ne
rappresentano un approfondimento.
Quello che maggiormente importa è
persistere nella pratica senza stancarsi. A
volte è proprio la lotta per superare le
avversità che ci fa sviluppare e maturare
come esseri umani.
Mentalmente possiamo elevarci fino al
cielo, possiamo andare in paradiso;
fisicamente siamo legati a limitazioni che
invecchiando diventano sempre più
restrittive. Non avete bisogno di pensare
che lo scopo sia qualcosa di molto lontano o
di inaccessibile.
Ci sono momenti della nostra vita in cui il
sé smette di funzionare ed entriamo in
contatto con lo stato puro dell'esperienza
consapevole. Questo è ciò che chiamiamo
beatitudine. Nel momento in cui abbiamo
tali esperienze, immediatamente ci prende il
desiderio di averne altre; non importa
quanto c’impegniamo per riottenerle: finché
resteremo attaccati all'idea di avere
nuovamente uno stato di beatitudine, questo
non si realizzerà. Non è così che funziona:
volerlo significa che lo abbiamo già reso
impossibile. L'attitudine corretta è quella di
lasciare andare il desiderio, senza cercare di
sopprimerlo perché ciò sarebbe un altro tipo
di desiderio che ci riporterebbe all’identico
problema. Se tentiamo di sopprimere o di
annientare il desiderio la cosa non funziona.
Non funziona neanche se lo assecondiamo.
Invece, in uno stato di vigile
consapevolezza, iniziamo a vedere cosa sta
veramente accadendo e allora possiamo
lasciare andare le cause della nostra
sofferenza: semplicemente guardare, senza
desiderio alcuno, senza idea di prima o di
poi, senza idea di perché.
Molti pensano che la concentrazione sia
uno stato alterato di coscienza. Io sono
convinto che sia, invece, piena coscienza.
Concentrarsi significa perdere la percezione
dell’esterno. Non essendo guidati o costretti
da cause esterne che potrebbero
compromettere la congiunzione fra mente e
corpo, riusciamo ad esprimerci liberamente.
Purtroppo per noi occidentali, così abituati
a non riconoscere la conquista senza che ciò
debba necessariamente implicare un
notevole sforzo per ottenerla, è difficile
riuscire a comprendere questo concetto fino
in fondo. È un concetto che gli orientali
vedono rovesciato: proprio quando non c’è
sforzo all’interno di noi, allora si raggiunge
uno stato di concentrazione tale che
permette alla vera natura di liberarsi. La
piena concentrazione si ottiene non
volendola ottenere. Vivere in presenza
mentale non significa non avere un
comportamento spontaneo: significa
rendersi conto che tutto ciò che accade
all’esterno di noi è solo l’esatta proiezione
delle nostre paure, o di qualcosa che
comunque ci appartiene solo dal momento
in cui crediamo che ci appartenga.
Possiate essere sereni!

Rev. Nisshin
La Rivelazione
Ottobre 2012

Cosa significa "esoterico"? Molti, al giorno


d'oggi, credono che esoterismo significhi
"magia". Sebbene in alcuni casi l'esoterismo
abbracci la magia, esso non può essere
considerato una scuola di magia. Esoterico
significa “Insegnamento intimo e segreto".
Le scuole esoteriche non sono aperte a tutti.
Gli Insegnamenti di queste scuole sono
rivolte solo ed esclusivamente agli Iniziati,
ovvero a quelle persone che sono state
ammesse all'interno della scuola dopo
un'adeguata preparazione. Il Gohonzon è
"esotericamente svelato nelle profondità del
capitolo sulla Durata della Vita del
Tathagata". Come si può svelare
esotericamente qualcosa? Ebbene, il
significato di queste parole è che il Buddha
ha svelato il Gohonzon solo ad alcuni
Iniziati. Non è possibile, in questa sede,
discutere del significato profondo ed
esoterico del capitolo sulla Durata della
Vita del Tathagata, che costituisce il
sedicesimo capitolo del Sutra del Loto. È
possibile però evidenziare che questo
capitolo contiene la rivelazione esoterica
del Gohonzon. In altre parole, senza un
maestro e senza un'Iniziazione è
impossibile trovare tracce del Gohonzon nel
capitolo 16 del sutra.
Ricapitolando, quindi, "esotericamente
svelato" significa che la rivelazione segue
le metodologie proprie della Tradizione
esoterica e che il contenuto della
rivelazione stessa è occulto ai profani. Il
fatto che la rivelazione segua le
metodologie esoteriche indica l'importanza
dell'uso del Simbolo, che è una sorta di
chiavistello, di sigillo, posto a protezione
del Sancta Sanctorum dell'Insegnamento.
Senza la Chiave che apra il sigillo non è
possibile accedere ai segreti del sutra.
Le parole "nelle profondità del capitolo
sulla Durata della Vita del Tathagata
dell'Homnon del Sutra del Loto", hanno una
particolare importanza dal punto di vista
della tecnica del linguaggio occulto del
sutra. Le "profondità" sono luoghi
inaccessibili, ove mai nessuno si è
avventurato. Le "profondità" del capitolo
sulla Durata della Vita del Tathagata non
sono altro che il significato occulto del
sedicesimo capitolo del Sutra del Loto. Di
tale messaggio, in questa sede, non è
possibile parlare. Ad ogni modo, il fatto che
il Gohonzon sia "esotericamente svelato
nelle profondità del capitolo sulla Durata
della Vita del Tathagata" rende
ulteriormente chiaro quanto sia difficile
accedere al messaggio esoterico del sutra.
Non solo il Buddha Eterno rivela Se Stesso
nel cuore del sutra, ma svela all'universo
ogni Suo Segreto facendo ricorso alla
Trasmissione Esoterica, attraverso un
simbolismo segreto. Questo simbolismo del
capitolo 16 è rappresentato dalla parola
"profondità". Che la Verità sul Buddha
venga finalmente e completamente rivelata
nel capitolo 16 e trasmessa agli Adepti che
erano fuoriusciti dalla Terra nel capitolo 15
nel corso dei capitoli 21 e 22, è
assolutamente chiaro. I capitoli essenziali
del Sutra del Loto sono otto, e vanno dal
quindicesimo al ventiduesimo. Fra questi
otto, i capitoli 15, 16 e 17 rivestono
un'importanza capitale per quanto concerne
la Rivelazione; parte del capitolo 17, e i
capitoli 18, 19 e 20 sono inerenti alla
Pratica, anche se il capitolo 19 parla più che
altro dei benefici dei Maestri e di chi si
associa con essi; i capitoli 21 e 22
compongono la Trasmissione del sutra.

Sta scritto: "Ascoltate attentamente il mio


Segreto, ché ora conoscerete veramente il
Mistero del Buddha e l'Onnipotenza dei
Suoi Divini Poteri".

Queste parole indicano chiaramente che la


Verità sul Buddha è rivelata nel Sutra del
Loto.
Nessun altro sutra contiene questa forte
affermazione. Queste parole sono il ruggito
del leone del Sutra del Loto.

Shakumon
Il capitolo 16 fa parte "dell'Honmon del
Sutra del Loto". Cosa significa? Shaku-mon
e Honmon sono due parole che indicano
due sezioni del Sutra del Loto. Questo è
uno degli argomenti che ha creato maggiore
confusione fra le scuole buddhiste.
Shakumon significa "Porta del Riflesso".
Questa non è una traduzione letterale del
termine. Letteralmente, "Mon" significa
"porta" o "cancello", mentre "Shaku"
significa "traccia". Ma nel Buddhismo la
traccia non è altro che il riflesso. Per
comprendere appieno questo insegnamento
è necessario avere piena conoscenza del
segreto del Triplice Corpo del Tathagata.
Per quel che riguarda l'analisi del Libro del
Sutra, è sufficiente dire che la "traccia" è
come la proiezione di un qualcosa. Nichiren
Daishonin usa l'esempio del corpo e
dell'ombra che proietta. In questo senso,
l'ombra è la traccia. Oppure allude al
riflesso della luna in uno stagno. Il riflesso
è la traccia. Per questa ragione ho scelto di
tradurre Shakumon in "Porta del Riflesso".
Gli insegnamenti della Porta del Riflesso
sono stati predicati prima che il Buddha
rivelasse i Suoi Segreti nel corso del
capitolo 16. Essi sono stati predicati dal
Buddha Gautama, che è l'incarnazione,
l'emanazione plenaria del Buddha Eterno
Shakyamuni, rivelatoSi nel capitolo 16 del
Sutra del Loto. Detti insegnamenti
discutono di fede e di sapienza. Sono
insegnamenti che hanno l'uomo come
principale punto di riferimento, ed infatti
per quasi tutta la durata della Porta del
Riflesso, gli interlocutori del Grande
Illuminato sono i Suoi discepoli diretti, i
monaci da Lui stesso ordinati. La Porta del
Riflesso allude alla vera identità del Buddha
Gautama, ma non fornisce spiegazioni
chiare in merito. Citerò qui alcuni esempi
tratti dal capitolo 3 e dal capitolo 10 del
Sutra, entrambi appartenenti alla Porta del
Riflesso, lo Shakmon. "Ora, tutto questo
triplice mondo è il mio regno, e gli esseri
che lo abitano sono tutti miei figli. Ma
adesso questo luogo è colmo di dolore e
pianto, e solo io sono in grado di salvarli e
di proteggerli". Questo brano comprende le
Tre Virtù di Shakyamuni Buddha. Egli è
Sovrano, in quanto il triplice mondo è il
Suo regno. Il triplice mondo comprende il
mondo del desiderio, ove dimorano i
comuni mortali e gran parte dei demoni e
degli spettri. Nel triplice mondo si trova
inoltre il mondo della forma, ove il
desiderio, la brama e l'attaccamento non
sono più il motore degli esseri viventi, ma è
ancora presente una forma, una materia,
sebbene non grossolana come quella che
compone gli esseri viventi del mondo del
desiderio. Infine vi è il mondo senza forma,
ove dimorano i deva supremi, i quali non
hanno né forma né desideri. Ishvara, o
Bonten, ritenuto il Creatore da parte di
coloro che aderiscono alla dottrina della
Creazione, dimora in questo cielo. Il triplice
mondo quindi, è tutto l'universo. Inoltre, il
Buddha Shakyamuni è Padre, in quanto tutti
gli esseri viventi del triplice mondo sono i
Suoi figli. Egli stesso usa queste parole.
Infine, il Buddha Shakyamuni é Maestro, in
quanto solo Lui è in grado di salvare e
proteggere le creature del triplice mondo.
La proclamazione delle Tre Virtù è occulta,
in quanto il Buddha non afferma
chiaramente queste cose, non le fa
precedere da un grande proclama come
avviene invece nel capitolo 16. Le Sue
Parole rendono però chiaro un fatto: il
Buddha Gautama non è semplicemente un
uomo illuminato. Se così fosse, non
potrebbe essere Padre, Maestro e Sovrano
di tutto il triplice mondo, ma solo delle
creature di questa parte del Mondo Saha,
ovvero del nostro pianeta. "Io sono il padre
di voi tutti. Kalpa dopo kalpa, voi siete
rimasti avvolti dalle fiamme del rogo del
dolore, ma io vi salverò tutti, così che
possiate fuggire dal triplice mondo".
Anche in questo brano si evidenzia il fatto
che il Buddha Gautama, nato, vissuto e
deceduto in India circa 2600 anni fa, non è
un comune mortale. Egli afferma di essere
il padre di tutti noi. Le Sue Parole non si
limitano a coloro che Lo ascoltavano a quel
tempo, poiché, come abbiamo visto dal
brano precedente, Egli si presenta come
Padre, Maestro e Sovrano di tutti gli esseri
dell'universo. Il Buddha dice di essere
consapevole, di essere al corrente delle
nostre tribolazioni e ci rassicura: Egli è in
grado di aiutarci e di salvarci. Dobbiamo
avere assoluta fede in Lui. "Yakuo, anche se
dopo la mia scomparsa io dovessi trovarmi
in un altro mondo, attraverso i miei divini
poteri invierò degli uomini che si faranno
seguaci del maestro del Dharma, così che
egli non sia mai solo e che vi sia sempre
qualcuno che da lui apprende la Legge".
Questo brano, come i seguenti, è tratto dal
capitolo 10 del Sutra del Loto. Se il Buddha
Gautama fosse un semplice uomo, come
potrebbe, dopo la Sua morte, inviare degli
uomini per sostenere i maestri del Dharma?
Eppure il Buddha afferma di poter far
ricorso a dei “divini poteri”, e che nessuno
dei maestri del Dharma che insegnano in
Suo Nome varrà lasciato solo e
abbandonato. Quando tutto sembrerà
perduto ecco che l'inviato del Buddha si
parerà davanti agli occhi del maestro. Ecco
che lo sosterrà con delle offerte, che lo
aiuterà a propagare il Dharma. Un uomo
comune non potrebbe fare niente di tutto
questo, men che meno inviare degli
emissari dall'aldilà. "Queste persone, da me
inviate attraverso i miei divini poteri,
ascolteranno dal maestro il Dharma, lo
riceveranno per fede, ne seguiranno
obbedientemente gli insegnamenti e non si
opporranno alla Buona Legge".
Ecco che si chiarisce ulteriormente quanto
detto in precedenza. Se il maestro del
Dharma si trovasse in difficoltà, se fosse
solo, senza cibo o riparo, ecco che il
Buddha farà in modo che egli incontri delle
persone che si faranno suoi allievi. Questi
allievi ascolteranno e praticheranno il
Dharma in piena conformità con la Buona
Legge. Essi aiuteranno il maestro,
ripagando così il grande Debito di
Gratitudine che hanno nei suoi confronti.

L'unica preoccupazione che l'allievo deve


avere in merito a questo è: "come potrò
ripagare l'immenso Debito di Gratitudine
che ho verso il mio maestro"? Ebbene,
l'unica cosa da fare è applicarsi
diligentemente, sostenere ed aiutare il
maestro, ma soprattutto avanzare lungo la
Strada e conseguire l'Illuminazione. Questo
è il solo modo per sdebitarsi nei confronti
del maestro. Anche in questo brano, il
Buddha Gautama rivela implicitamente il
fatto che la Sua influenza spirituale
permarrà anche dopo la Sua morte. Egli
allude alla Sua Eternità, che verrà poi
discussa nel capitolo "Se il maestro vivesse
in un luogo isolato, allora io invierò presso
di lui dei deva, draghi, semidei, gandharva,
asura e altri, e tutti questi esseri da lui
ascolteranno il Dharma". In questo passo si
afferma che, se il maestro si trovasse solo, il
Buddha invierebbe dei deva o degli spiriti
per aiutarlo. Possiamo dire che i deva
stanno al Buddhismo come gli angeli
stanno al Monoteismo. Gli spiriti possono
essere spiriti della natura, come i draghi, o
furie colleriche come gli asura. Qualsiasi
sia la loro caratteristica o il loro potere, essi
li useranno per sostenere, aiutare e
proteggere il maestro del Dharma.
Come potrebbe un comune mortale avere
una qualche influenza sui deva o sugli
spiriti?
Questo brano si riferisce anche a coloro che
hanno deciso di vivere una vita
contemplativa in solitudine. Il Gran
Maestro Nichiren visse in questo modo
durante il suo eremitaggio sul Monte
Minobu. A costoro, il Buddha invierà i Suoi
emissari. "E sebbene io possa trovarmi in
un altro mondo, lontano, di tanto in tanto
mi mostrerò a quel maestro del Dharma; e
se dimenticasse un brano di questo sutra, io
glielo ripeterò affinché possa veramente
comprenderlo e rammemorarlo". Anche
questa è un'implicita rivelazione dei poteri
divini del Buddha, e di conseguenza
un'affermazione dell'immensa portata
spirituale del Buddha Gautama. Egli ci dice
di poter trascendere la morte. In altre
tradizioni, fuori dal nostro Ordine, si crede
che il Buddha Gautama, lontano spirito
disincarnato dimorante nel Nirvana, abbia
ormai reciso ogni possibile legame o
contatto con noi che dimoriamo nel
Samsara. Ma il Sutra del Loto ci rivela che
non è così: l'ingresso nel Nirvana non
preclude il contatto e la relazione con il
mondo fenomenico, polare e duale, nel
quale dimorano i comuni mortali. Il Buddha
afferma di poterSi manifestare di Persona, e
di poter insegnare il Sutra del Loto ai
maestri del Dharma che ne avessero
necessità.

La rivelazione implicita
Questi brani, e altri se ne potrebbero citare,
sono la prova inconfutabile che il Sutra del
Loto sostiene, anche nello Shakumon, la
portata divina della Persona del Buddha. In
particolare, sono degni di nota i passi del
capitolo 11 che sottintendono l'Unicità del
Buddha Gautama.
Sebbene non si affermi ancora che Egli è
effettivamente il Tathagata Shakyamuni
illuminato nel passato senza inizio, molte
allusioni inducono a pensare che sia così.
Nel corso del capitolo 11, infatti, un grande
stupa ingioiellato emerge dalle profondità
della terra e si alza in cielo. Al vedere un
simile miracolo, tutta la grande adunanza
rimane assolutamente sbalordita e
stupefatta. I discepoli chiedono allora al
Buddha di rispondere alle loro domande in
merito allo stupa. Il Signore risponde alle
loro domande spiegando che un Buddha del
passato, Taho Nyorai, si trova all'interno
dello stupa. Ancora una volta viene ribadito
il concetto del perenne contatto fra il
Buddha e il mondo dei comuni mortali,
anche dopo il termine della vita corporea
del Signore. Il Buddha racconta che il
Tathagata Taho fece voto solenne di
apparire in ogni luogo ove fosse stato
predicato o insegnato il Sutra del Loto:
"Quando, nei tempi a venire, vi sarà un
devoto figlio che esporrà il Sutra del Fior di
Loto del Vero Dharma, in qualsiasi mondo
si trovi, in qualsiasi direzione esso sia, quel
Buddha, facendo uso dei suoi divini poteri e
dei legami spirituali del voto da lui
pronunciato, farà apparire lo Stupa dei Sette
Tesori nel quale è consacrato il suo corpo
perfetto". Il "corpo perfetto" del Buddha
Taho rappresenta la Verità Oggettiva, la
Verità Eterna. Ma anche in questo
momento, non è possibile vedere la Verità
Oggettiva, in quanto il corpo del Buddha
Taho è all'interno dello stupa, e le porte di
quest'ultimo sono chiuse.
Allora i discepoli chiedono al Signore di
mostrare loro il corpo del Buddha Taho.
Questo punto è di Vitale importanza. I
discepoli non possono vedere da soli la
Verità: c'è bisogno di un intermediario. Il
Tathagata Shakyamuni è questo
intermediario. Dal punto di vista della
ricerca soggettiva, l'intermediario è il
maestro che guida il discepolo nella pratica
e nella comprensione. Dal punto di vista
della ricerca oggettiva e religiosa,
l'intermediario è il Buddha Eterno, che è il
Buddha Originale, l'Origine di tutti gli altri
Buddha. Il Buddha Eterno è come la luna, e
i molti riflessi della luna negli stagni, nei
laghi, nelle pozze, nei fiumi e nei mari sono
i Buddha Emanati. Hon-Butsu è la parola
che descrive questa funzione del Buddha
Eterno. Hon significa "origine". Butsu
significa "Buddha". Quindi, Hon-Butsu
significa letteralmente "Buddha Originale".
Shaku-Butsu sono tutti quei Buddha
emanati dal Buddha Eterno. Come abbiamo
detto, Shaku significa "traccia", o "riflesso".
Perciò, gli Shaku-Butsu sono i "Buddha
riflessi", o anche "proiettati". Nessuno al di
fuori del Buddha Eterno può rivelare la
Verità Ultima. Questo principio è chiarito
dalle parole che il Buddha Shakyamuni
fornisce in risposta alla richiesta dei Suoi
discepoli. Così si rivolse il Buddha al
Bodhisattva Daigyosetsu, che aveva
richiesto al Signore di mostrare alla grande
adunanza il corpo del Tathagata Taho: "Il
Buddha Taho pronunciò anche un altro
grande voto: `Se, una volta che lo Stupa dei
Sette Tesori è apparso al suo cospetto
affinché io possa udire il Sutra del Fior di
Loto de1 Vero Dharma direttamente da lui,
un Buddha desiderasse rivelarmi ai quattro
gruppi di seguaci, allora egli dovrà
richiamare tutti i Buddha che sono sue
emanazioni che stanno esponendo il
Dharma in tutti i mondi delle dieci
direzioni. Solo allora io mi rivelerò ai
quattro gruppi di seguaci'. Ora,
Daigyosetsu, proprio adesso, io richiamerò i
Buddha che sono mie emanazioni che
attualmente stanno esponendo il Dharma in
tutti i mondi delle dieci direzioni".
In questo brano apprendiamo che:

1. il Buddha Taho manifesta il suo


stupa al "suo cospetto" per "udire il
Sutra del Fior di Loto del Vero
Dharma direttamente da lui'. Questo
significa che il Sutra del Loto può
essere predicato solo dal Buddha
Eterno.
2. lo stupa del Buddha Taho viene
chiamato "Stupa dei Sette Tesori".
Lo Stupa dei Sette Tesori è il
Gohonzon di Namu Myo Ho Ren
Ge Kyo. Sette sono gli ideogrammi
del Daimoku, e sette sono i tesori.
La Verità è cristallizzata nel
Daimoku del Sutra del Loto.
3. il Buddha che desiderasse mostrare
il corpo del Buddha Taho dovrebbe
aprire le Porte dello Stupa dei Sette
Tesori. Esotericamente, questo
significa che si dovrebbe rivelare il
Gohonzon. Per aprire le porte, il
Buddha dovrebbe "richiamare tutti i
Buddha che sono sue emanazioni
che stanno esponendo 11 Dharma in
tutti i mondi delle dieci direzioni".
Questo, implicitamente, significa
che uno Shaku-Butsu non potrebbe
in alcun modo aprire lo Stupa e
rivelare il corpo del Buddha Taho:
non potrebbe rivelare il Gohonzon.
Solo il Buddha Originale ed Eterno,
quindi, può fare da mediatore fra il
relativo dei comuni mortali e
l'Assoluto proprio della dimensione
del Nirvana.

In un brano successivo si legge che "il


Buddha Shakyamuni purificò duecento
miliardi di nayuta di mondi in ognuna delle
otto regioni prossime al mondo Saha, in
modo da poter ricevere tutti i Buddha che
erano Sue emanazioni".
Le parole del brano precedente si
trasformano in fatto in questo passo del
sutra: il Buddha Shakyamuni richiama a Sé
tutti i Buddha emanati nell'universo. Ancora
una volta si allude al Buddha Gautama
quale Buddha Originale.
Nonostante questo, il Buddha Eterno non Si
rivela esplicitamente nel corso della Porta
del Riflesso. Le allusioni rimangono tali,
senza avere una conferma diretta dalla
Bocca del Grande Illuminato. Tendai
Daishi, il grande maestro cinese considerato
una reincarnazione del Bodhisattva Yakuo,
chiamò questi brani del capitolo 11 la
"Rivelazione implicita”.

Honmon
Le parole Hon-mon significano la "Porta
dell'Origine". La Porta dell'Origine
comincia nel capitolo 15 e ha termine con la
conclusione stessa del Sutra del Loto, nel
capitolo 28.
Mentre la Porta del Riflesso discute di
sapienza e di fede, il tema centrale della
Porta dell'Origine sono la compassione e
1'amore. La Porta dell'Origine contiene le
rivelazioni sui Segreti del Buddha inerenti
all'Eternità della Sua Persona e sull'eredità e
la trasmissione dell'unica grande cosa
inerente alla vita e alla morte. La porta
dell'Origine contiene la Rivelazione
Esplicita, ovvero la chiarificazione diretta,
la manifestazione pratica e concreta,
l'attualizzazione di quanto esposto
teoricamente nella Porta del Riflesso,
nonché la rivelazione del Buddha Eterno,
della Sua relazione con noi comuni mortali
che siamo i Suoi figli sin dal tempo senza
inizio, e della storicizzazione dell'Eterno
propria del Sutra del Loto, nel quale
l'Eterno diviene Storia. Ciò non avviene
solo nella Sacra Persona del Buddha
Shakyamuni, ma anche in noi che siamo i
Suoi figli: questa relazione è il cuore
dell'unica grande cosa inerente alla vita e
alla morte. Attraverso la nostra azione nel
mondo quali Figli del Buddha, il Buddha si
rende manifesto nel mondo, così come ha
già fatto nelle persone di Siddharta
Gautama, Nichiren Daishonin e tutti i
grandi maestri illuminati del passato. Infatti
sta scritto:

"In verità io non muoio mai, ma


sono sempre qui a predicare il
Dharma".

Leggete e rileggete questo scritto, in modo


che i concetti qui esposti vi si chiariscano
piano piano.
Rev. Nisshin
La rabbia dentro di
noi
Gennaio 2013

Spero di trovarvi in buona salute e sereni.


Nel Sutra del Loto si fa grande enfasi del
mondo Saha. Come sappiamo il mondo
Saha è il mondo in cui noi viviamo,
quest’epoca in cui tutto sembra sfuggire al
controllo. Perché il Sutra dovrebbe tenere
quest’epoca in così alta considerazione?
Uno degli insegnamenti fondamentali del
Sutra è la via del Bodhisattva, che ci viene
presentata come unica strada verso la
salvezza. Per comprendere l’importanza del
Sutra del Loto è necessario comprendere le
numerose parabole e storie contenute:
pensate, sono molte, addirittura ventisei.
Ogni parabola racconta come, usando uno
stratagemma, il protagonista della storia
riesce ad aiutare il malcapitato o malcapitati
di turno. Mi rendo conto che l’epoca in cui
viviamo non invogli certamente ad avere
atteggiamenti compassionevoli, tuttavia non
ci si chiede di stamparci un sorriso in faccia
e opporsi al degrado dei sentimenti come si
opporrebbe un santo, ma di vivere la vita
cercando di non avere un atteggiamento
ostile nei confronti del mondo. Ma come
riuscirci? Il Buddha ha detto:

“Non sarete puniti per la vostra


rabbia, ma sarà la vostra rabbia
a punirvi!”

Personalmente ritengo che l’unico modo


per non avvelenarci il sangue, ogni volta
che riteniamo di aver subito un torto, è
quello di “addestrarci” e metterci nei panni
di chi ci ha fatto il torto. Tengo a precisare
che ho parlato di addestramento. Chiunque
di noi abbia fatto nella vita un minimo di
sport sa che la funzione dell’addestramento
è quella di spostare i nostri limiti,
portandoci a fare cose che altrimenti non
saremmo in grado di fare. Questo mondo, il
mondo Saha appunto, è davvero un’ottima
palestra per addestrarci! Purtroppo però
quando ci si trova in momenti che non ci
permettono di avere la lucidità necessaria
per riconoscere l’occasione, ecco che ci
sentiamo, quindi ci troviamo, immersi in un
ambiente ostile.

“Questo triplice mondo non è


come viene percepito da chi lo
abita.”

Dovremmo sempre tenere a mente questi


versi del 16° capitolo “La durata della vita
del Tathagata”. È comune opinione che
sfogarsi aiuti, o addirittura sia necessario
per non stare male ulteriormente. Nella
realtà infatti le volte che perdiamo il
controllo, abbiamo l’impressione di stare
meglio. Questo accade unicamente perché
lo sfogarci in realtà stanca e di
conseguenza, avendo meno energie, la
nostra rabbia non trova alimentazione per
proseguire la sua corsa. In realtà lo sfogo
non fa altro che mettere in scena la nostra
rabbia. “Chi fa la voce grossa fa soltanto
sentire che sta male” si sente nel film “I
cento passi”. Bisogna semmai imparare a
capire quando la rabbia sta raggiungendo i
livelli di guardia. Come? Con
l’addestramento. L’essenza del Buddismo è
la consapevolezza ed è proprio la
consapevolezza che ci aiuta a crescere. Per
consapevolezza intendo essere consapevoli
di cosa avviene dentro e fuori di noi. Ci
conosciamo e quindi sappiamo i percorsi
della nostra testa: conoscendoli e
prendendoli in tempo, se davvero lo
vogliamo, riusciremo senza dubbio a
fermarci. Ad ognuno di noi sarà capitato di
vivere periodi in cui tutto va a gonfie vele e
altri in cui tutto sembra crollarci addosso.
Quando siamo in periodi “sì” viviamo
sollevati da terra: nulla riesce a toccarci
veramente, sperimentiamo naturalmente
quella strana sensazione di beatitudine che
ci porta a sentire un sentimento“amorevole”
verso tutto e tutti, verso il mondo che ci
circonda, e ci comportiamo di conseguenza.
Il contrario succede quando invece viviamo
periodi in cui tutto ci innervosisce, quando
anche il sole ed il canto degli uccelli ci
disturba; allora basta che qualcuno ci sfiori
ed ecco che abbiamo delle reazioni
inaspettate, in alcuni casi addirittura
violente. Da questo dovremmo
comprendere che chi si comporta“male” lo
fa essenzialmente perché sta “male”.
Esercitarci nell’“arte della compassione”
significa cercare di comprendere bene
questo punto. Alla luce di questo dovrebbe
essere più facile comprendere chi si
comporta in un determinato modo. Quindi,
rimproverereste uno zoppo perché non sa
correre veloce? Allo stesso modo dobbiamo
tutti comprendere che chi agisce in un
determinato modo lo fa solo perché sta
male! Tutti noi sappiamo cosa vuol dire star
male. La prima Nobile Verità, espressa nel
primo sermone del Buddha è:

“Esiste la sofferenza”

Non dimentichiamo che il Buddha l’ha


chiamata la Prima Nobile Verità. Bisogna
comprendere questo grande insegnamento,
per trovarci davvero sul sentiero tracciato
dal Buddha e sperimentare i benefici della
fede. Quando c’è rabbia dentro di noi
perdiamo di fatto la libertà. Un vecchio
adagio buddista racconta di un uomo su un
cavallo al galoppo; un passante chiede
all’uomo dove sia diretto e questo gli
risponde: “Non lo so, chiedilo al cavallo!”.
La rabbia è come un cavallo al galoppo e
noi siamo l’uomo che lo cavalca.
Conquistiamoci davvero quindi la nostra
libertà cercando di addestrarci ad essere e
rimanere in noi. Come? Facendo attenzione
a vivere una vita più responsabile, cercando
di essere realmente, e non solo fisicamente,
dove ci troviamo. E’ dovere di ogni
discepolo del Buddha essere attento, perché
dietro ad ogni momento o episodio, e
purtroppo quasi sempre in quelli negativi, si
nasconde una grande e vera occasione di
trasformazione e crescita!

Rev. Nisshin

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