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Lezione n.

11
Il metodo dell’equilibrio
Esempi di sistemi riconducibili ad un solo movimento
indipendente
Nell’ottica della semplificazione della soluzione di una travatura iperstatica seguendo il metodo
dell’equilibrio, è spesso opportuno operare una riduzione del numero dei movimenti indipendenti da
assumere come incognite del problema.
Si è già visto che le seguenti circostanze possono contribuire alla riduzione del numero delle
incognite:
- assenza di sforzo normale o utilizzo dell’ipotesi di trascurabilità delle deformazioni per sforzo

A
normale rispetto a quelle per momento flettente (nel seguito scritta come ipotesi di
“indeformabilità assiale”, EA=∞);
- possibilità di rendere alcuni movimenti dipendenti da altri (ad esempio, nel caso di un estremità
con momento nullo o noto, in cui la condizione statica M=0 permette di poter considerare la
rotazione in tale sezione di estremità come movimento dipendente dagli altri);
- utilizzo delle (eventuali) simmetrie della struttura e delle simmetrie o antimetrie del carico (per
ZZcui i movimenti in sezioni simmetriche presentano caratteristiche di simmetria o antimetria).
Le strutture riportate nelle figure seguenti, forniscono alcuni esempi di strutture che, grazie alle
ipotesi appena fatte, ne consentono la soluzione considerando un solo movimento indipendente.

q C
Mov. indipendenti
A B
B: wB vB ϕB
Per indeformabilità assiale:
wA=wB=wC=0
O
vB=0

D Unico mov. indipendente: ϕB

Mov. indipendenti
F
B: wB vB ϕB
A C
B

C: wC ϕC
B D: ϕD
Per indeformabilità assiale:
wA=wB=wC=0
vB=0

D Mov. “dipendenti”: ϕC ϕD
Unico mov. indipendente: ϕB

Gianni Bartoli – Appunti di Tecnica delle Costruzioni Revisione – 11/11/01


Lezione n. 11 – pag. XI.2

Mov. indipendenti
G: wG vG ϕG
C: ϕC
q H: wH vH ϕH
A G B D: ϕD
Per indeformabilità assiale:
wA=wG=wB=0
wC=wH=wD=0
vG= vH

C H D Mov. “dipendenti”: ϕC ϕD
Per simmetria: ϕG=ϕH=0

A
Unico mov. indipendente: vG

Mov. indipendenti
A: wA ϕA
B: wB vB ϕB
C: wC vC ϕC
ZZ A q
B H C
D
D: wD ϕD
Per indeformabilità assiale:
wA=wB=wC=wD
vB=0
vC=0
Mov. “dipendenti”: ϕA ϕD
E F Per simmetria:
ϕB=-ϕC
wH=0 ⇒ wA=wB=wC=wD=0
O
Unico mov. indipendente: ϕB

La casistica è ovviamente illimitata: senza la pretesa di voler esaurire l’elenco delle condizioni
attraverso le quali è possibile ridurre il numero dei movimenti indipendenti, alcune delle
considerazioni precedenti possono essere estese anche ad altri casi di particolare interesse.
B

Esempio: sostanziale differenza di rigidezza delle membrature


In molti telai, è possibile osservare che spesso gli elementi che lo costituiscono presentano rigidezze
abbastanza diverse tra loro.

B Jtr C
Jpil

Jpil

A D
q L

Gianni Bartoli – Appunti di Tecnica delle Costruzioni BOZZA SOGGETTA A REVISIONE


Lezione n. 11 – pag. XI.3

Nell’esempio riportato in figura, si è supposto che gli elementi verticali (pilastri) abbiano una
sezione diversa dall’elemento orizzontale (trave); di conseguenza, il rapporto tra le rigidità del tratto
verticale (indicata con Rpil) e quella del tratto orizzontale (che indicheremo con Rtr) può assumere
valori anche abbastanza diversi da uno.
Normalmente, la rigidità degli elementi verticali è di solito più piccola di quella degli elementi
orizzontali. Per fissare le idee, se considerassimo un telaio completamente in cemento armato (in
cui si abbia quindi lo stesso materiale per i pilastri e le travi) in cui i pilastri presentino una sezione
di 30×30 cm, mentre le travi presentino una sezione di 30×50 cm (dove la dimensione maggiore si
riferisce all’altezza) si avrebbe
304 30 ⋅ 503
J pil = = 67500 cm4 J tr = = 312500 cm4
12 12
e quindi, considerando la stessa lunghezza L per entrambi gli elementi,

A
R tr EJ tr L J 312500
= = tr = = 4.63
R pil L EJ pil J pil 67500
ossia una differenza di più di 4 volte in termini di rigidità.
E’ allora spesso possibile rappresentare il caso in esame assumendo che, almeno come prima ipotesi
di calcolo, la trave sia infinitamente rigida rispetto ai pilastri, rappresentando il telaio come in figura
Jtr=∞
ZZ B Jtr C B C
Jpil

Jpil

L L

A D A D
q L q L

Ovviamente, l’ipotesi di infinita rigidezza ha significato soltanto in rapporto a quella degli elementi
O
verticali, nel senso che non di valore infinito si tratta ma di valore considerevolmente più grande
(un ordine di grandezza almeno) rispetto a quella degli altri elementi costituenti la struttura.
Tale schematizzazione comporta che l’elemento orizzontale sia praticamente indeformabile, e può
quindi soltanto compiere atti di moto rigido.
Le implicazioni sulla valutazione del numero dei movimenti che possono essere assunti come
indipendenti sono notevoli. In assenza di tale ipotesi, il telaio presenterebbe i seguenti 7 movimenti
B

indipendenti
nodo B: wB vB ϕB
nodo C: wC vC ϕC
nodo D: ϕD
Se per i pilastri si continua a mantenere l’ipotesi di trascurabilità della deformazione per sforzo
normale rispetto a quella per momento flettente, si potrebbero comunque ridurre i movimenti
indipendenti a 4 poiché
wB=wC
vB=0
vC=0
Infine, le usuali considerazioni di dipendenza tra i movimenti porterebbero a ritenere il valore di ϕD
come dipendente dagli altri, fissando il numero minimo dei movimenti indipendenti (e quindi delle
incognite) a tre.

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Lezione n. 11 – pag. XI.4

L’ipotesi di rigidità dell’elemento orizzontale comporta un’ulteriore riduzione nel numero dei
movimenti indipendenti: dal momento che, come già osservato, i punti B e C non possono traslare
verticalmente per non violare la condizione di indeformabilità assiale dei piedritti, la rigidezza del
tratto orizzontale impedisce di fatto la rotazione sia in B che C.
Se l’asta orizzontale ruotasse, infatti, dovrebbe farlo rigidamente: quindi, ad esempio nel caso di
una rotazione oraria, si dovrebbe spostare verso l’alto il punto B e verso il basso (della stessa
quantità) il punto C. Dal momento che entrambi tali spostamenti risultano impediti, la rotazione
dell’asta orizzontale deve necessariamente risultare nulla, quindi riducendo di fatto la soluzione
della struttura all’individuazione di un solo movimento indipendente, la traslazione orizzontale della
trave.
Si è quindi in presenza di un telaio che, nella sua componente orizzontale, può soltanto traslare,
mentre le rotazioni sono praticamente impedite dalla differenza di rigidezza tra elementi verticali ed
orizzontali(*).

A
Una volta individuato il movimento indipendente, è quindi possibile procedere alla soluzione della
struttura, secondo le usuali procedure.
Fase I
Bloccando l’unico movimento indipendente (la traslazione dell’asta orizzontale) attraverso
l’introduzione di un vincolo ausiliario (ad esempio in C), si perviene alla struttura in figura, dove si
ZZ
è riportato, isolandolo dal resto, anche l’unico tratto caricato (AB) ed il relativo diagramma dei
momenti.
Jtr=∞ qL2/12
B C B qL/2

L L

A D A qL/2
O
q L q
qL2/12

Il vincolo in B è offerto da un incastro alla luce delle osservazioni precedenti (B è impedito, di fatto,
di compiere qualsiasi movimento, a causa della presenza del vincolo ausiliario [che impedisce wB],
della indeformabilità assiale dell’asta AB [che annulla vB] e della rigidità dell’asta BC [che rende
impossibile qualunque rotazione ϕB]).
B

E’ però importante notare che nella struttura non sono presenti “vincoli” che blocchino la rotazione
in B, ma è l’asta BC che praticamente impedisce tale movimento. Di conseguenza, la reazione
qL2/12 disegnata in B deve essere esercitata dall’asta orizzontale BC, che quindi non può essere
scarica. L’asta BC può allora essere rappresentata come in figura, dove i vincoli sono dovuti al fatto
che, data l’elevata rigidezza di tale asta, le altre aste riescono a fornirle soltanto un vincolo alla
traslazione verticale (stante la loro indeformabilità assiale), mentre il vincolo ausiliario ne blocca la

(*)
Telai come quello riportato in figura, in cui gli elementi orizzontali presentino rigidezze molto più alte
degli elementi verticali tali da poter ricondurre lo studio a quello di un telaio che trasla soltanto, vengono
denominati come “shear-type” (letteralmente, “tipo-taglio”) in quanto subiscono una deformazione che,
complessivamente, è paragonabile a quella di un concio di una trave che si deformi soltanto per taglio,
essendo possibili soltanto “scorrimenti” dell’elemento orizzontale rispetto alla base. Tale
schematizzazione è spesso utilizzata in ingegneria sismica, al fine di valutare la risposta di telai ad
azioni orizzontali, almeno come prima approssimazione dell’effettiva soluzione della struttura.
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Lezione n. 11 – pag. XI.5

traslazione. Gli elementi verticali sono infatti, rispetto all’asta in esame, “infinitamente flessibili” e
quindi non forniscono nessun grado di vincolo efficace rispetto alla rotazione degli estremi dell’asta
BC.
qL2/12
C
B

L qL/12
qL/12

E’ infine importante sottolineare che lo stato di sollecitazione in elementi indeformabili (quali la


trave del telaio in esame) è ricavabile utilizzando esclusivamente condizioni di equilibrio, non
essendo possibile ricorrere alle usuali relazioni che collegano lo stato di deformazione a quello di

A
sollecitazione. Nel caso in cui la parte infinitamente rigida risulti vincolata da un numero di vincoli
che la rendano staticamente determinata, il solo ricorso alle equazioni di equilibrio permetterà di
risalire allo stato di sollecitazione (come nel caso riportato in figura). Se, viceversa, fosse presente
un numero sovrabbondante di vincoli e la trave risultasse quindi staticamente indeterminata, lo stato
di sollecitazione ed i valori delle reazioni vincolari rimarrebbero evidentemente indeterminati.
In conclusione, la fase I fornisce il risultato riportato in figura, in termini di reazioni vincolari e
ZZ
diagramma dei momenti.

qL2/12
qL2/12

B C qL/2

qL2/24
L

A qL/2 D
O
q
qL2/12
qL/12 L qL/12

Fase II
In fase II si considera la struttura riportata in figura, in cui si è applicata la reazione del vincolo
B

ausiliario in B con il segno opposto. I due tratti AB e CD, isolati dal resto, sono anch’essi
rappresentati in figura.
δ δ
δ
qL/2 Jtr=∞ F1 F2
B C B C

L L L

A D A D
L

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Lezione n. 11 – pag. XI.6

Il telaio, libero soltanto di traslare, subirà uno spostamento orizzontale (per il momento incognito)
che è stato indicato con δ.
Entrambi i casi riportati in figura rappresentano situazioni che sono già note.
Nel primo caso (trave con entrambe le estremità impedite di ruotare e soggetto ad una traslazione
all’estremità libera di traslare) la rigidezza alla traslazione (cioè la forza necessaria per ottenere uno
spostamento unitario) vale 12EJ/L3, da cui
12 EJ
F1 = δ
L3
In figura seguente, sfruttando risultati già noti, sono riportate le reazioni vincolari ed il diagramma
del momento.
δ (6EJ/L2) δ
δ (12EJ/L3) δ (6EJ/L2)

A
B

δ (12EJ/L3)
ZZ A

δ (6EJ/L2)
δ (6EJ/L2)

Il secondo caso è invece riconducibile (in termini di sollecitazioni e spostamenti di estremità) a


quello di una mensola di uguale lunghezza sottoposta all’estremo libero ad una forza concentrata
pari a F2.
Nel caso in esame si era quindi già visto che il collegamento tra lo spostamento δ e la forza F2 è
offerto dalla relazione
F L3
δ= 2
O
3 EJ
per cui la rigidezza alla traslazione vale 3EJ/L3 e di conseguenza
3 EJ
F2 = δ
L3
M2 δ
F2L
F2
B

F2L
C C

D F2 D F2
δ

A questo punto è agevole ricavare il valore dello spostamento δ incognito. La somma delle due
forze F1 e F2, deve equilibrare l’azione complessiva esterna, da cui
qL 12 EJ 3 EJ qL qL4
F1 + F2 = ⇒ δ +δ = ⇒ δ=
2 L3 L3 2 30 EJ
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Lezione n. 11 – pag. XI.7

e quindi(**)
12 EJ qL4 12 EJ 2
F1 = δ = ⋅ = qL
L3 30 EJ L3 5
3 EJ qL4 3 EJ qL
F2 = δ = ⋅ =
L3 30 EJ L3 10
E’ possibile a questo punto riportare i diagrammi finali relativi alla fase II, assemblando i risultati
appena ottenuti. In figura seguente sono riportati i valori delle reazioni vincolari ed il diagramma
dei momenti della struttura in questa fase.

qL4/(30EJ)

qL2/10
qL/2 Jtr=∞ qL2/5

A
B C qL2/10

qL2/5
ZZ L

A 2qL/5 D qL/10
qL2/5
qL2/5 3qL/10
3qL/10
L
I valori delle reazioni vincolari verticali e dei momenti nel tratto BC sono stati ottenuti,
analogamente a quanto fatto in precedenza, imponendo l’equilibrio del tratto infinitamente rigido,
anche in questo caso staticamente determinato.
qL2/10
qL2/5 qL2/10
O
B C
qL2/5

L 3qL/10
3qL/10
B

(**)
E’ interessante notare che, in analogia a quanto fatto nel caso della rotazione, si potrebbe definire una
rigidezza totale alla traslazione come la somma delle rigidezze dei due elementi
12 EJ 3 EJ 15 EJ
Wtot = WBA + WCD = + =
L3 L3 L3
La forza orizzontale si ripartisce quindi tra i due elementi secondo il valore dei coefficienti di
ripartizione (questa volta relativi ad una forza anziché ad un momento)
WBA 12 EJ / L3 12 4 W 3 EJ / L3 3 1
ρ BA = = = = , ρ CD = CD = = =
Wtot 15 EJ / L3 12 + 3 5 Wtot 15 EJ / L3 12 + 3 5
da cui i valori delle forze nei due elementi verticali
4 qL 2 1 qL qL
F1 = FBA = ρ BA ⋅ Ftot = ⋅ = qL, F2 = FCD = ρ CD ⋅ Ftot = ⋅ =
5 2 5 5 2 10
in cui Ftot è la forza applicata nel tratto orizzontale.

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Lezione n. 11 – pag. XI.8

Fase I + Fase II
La somma delle due fasi, infine, fornisce i risultati complessivi nella struttura, anche in questo caso
riportati soltanto in termini di reazioni vincolari e diagramma dei momenti flettenti(***).

qL2/10
q Jtr=∞ B 7qL2/60
qL2/10

7qL2/60
B C C

A 9qL/10 D qL/10 A D
2
17qL /60

A
17qL2/60 13qL/60
13qL/60
L

Esempio: tratti con taglio nullo


Un’altra classe di casi in cui è possibile ricondursi ad un solo movimento indipendente è
ZZ
rappresentata da strutture nelle quali le particolari condizioni di carico permettano di incrementare
la gamma delle situazioni dove alcuni movimenti possono essere ritenuti dipendenti da altri.
A titolo di esempio, si riporta il caso del telaio in figura, costituito da una struttura simmetrica
sottoposta ad un carico antimetrico.
F
A B C

L
O
D

L/2 L/2 L/2 L/2


B

(***)
Il caso appena studiato, corrispondente alla circostanza in cui Jtr=∞, approssima in realtà molto bene
anche situazioni diverse da quelle esaminate. Infatti, differenze di rigidezza anche non così marcate tra i
pilastri e la trave condurrebbero comunque a risultati simili a quelli indicati. Nella tabella seguente sono
riportati, in funzione del rapporto Jtr/Jpil ed a meno del fattore qL2, i valori dei momenti nelle tre sezioni
A, B e C.
Jtr/Jpil=10 Jtr/Jpil=3 Jtr/Jpil=1
sezione Jtr/Jpil=∞
diff. % diff. % diff. %
MA 17/60=0.283 0.286 +0.88% 0.292 +2.94% 0.307 +8.24%
MB 7/60=0.117 0.115 -1.43% 0.111 -5.00% 0.103 -12.14%
MC 1/10=0.100 0.099 -0.83% 0.098 -2.50% 0.091 -9.17%
Come si può osservare, già nel caso in cui il rapporto tra il momento di inerzia della trave e quello del
pilastro sia pari a 3, l’errore che si commetterebbe studiando il telaio come composto da un traverso
infinitamente rigido ammonta, al massimo al 5%. Inoltre, il caso Jtr/Jpil=10 corrisponde, di fatto, al caso
Jtr=∞.
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Lezione n. 11 – pag. XI.9

In generale, i movimenti indipendenti per la struttura in esame sarebbero i seguenti:


nodo A: wA ϕA
nodo B: wB vB ϕB
nodo C: wC ϕC
Sfruttando l’ipotesi di indeformabilità assiale si ottiene
wA=wB=wC=w
vB=0
mentre le due rotazioni ϕA e ϕC (che per rispettare l’antimetria devono essere uguali), possono
essere assunte come movimenti dipendenti a causa dalla presenza delle cerniere in A e C.
In ultima analisi, la struttura potrebbe essere studiata ricorrendo a soltanto due movimenti

A
indipendenti, la traslazione w dell’elemento orizzontale e la rotazione in B (ϕB).
E’ però immediato rendersi conto che, trattandosi di una situazione antimetrica ed essendo la
struttura sottoposta soltanto a forze verticali, l’elemento verticale BD non è soggetto a taglio.
Sull’elemento verticale, quindi, si è in presenza di una condizione statica aggiuntiva che, in
analogia a quanto già fatto per l’estremità delle travate in cui la condizione M=0 rendeva possibile
il considerare la rotazione in tale sezione come dipendente, consente di ridurre il numero dei
ZZ
movimenti che è necessario assumere come indipendenti.
L’integrazione della linea elastica limitatamente al tratto in esame, è infatti possibile anche se
conoscessimo soltanto il valore della rotazione in B ma non il valore dello spostamento orizzontale
w.

ϕB B
MB
D
wB
L

v(D) = 0 T(B) = −EJv′′′(B) = 0


O
v′(D) = −φ(D) = 0 v′(B) = −φ(B) = −φB

Le quattro condizioni al contorno (due cinematiche in D e due statiche in B) consentono la


definizione della linea elastica della struttura; il valore dello spostamento in B (indicato con wB)
potrebbe quindi essere ricavato in un secondo momento come wB=v(L), Nella stessa sezione si
potrà ricavare anche il valore del momento flettente utilizzando la relazione
B

M(B) = −EJv′′(B)
Di conseguenza, si può studiare la struttura assumendo, come unico movimento indipendente, il
valore della rotazione in B.

Fase I
Al solito in questa fase occorre risolvere la struttura in cui, attraverso l’introduzione di un vincolo
ausiliario (morsetto) in B si imponga la condizione ϕB=0.
La soluzione (in termini di reazioni vincolari e diagrammi dei momenti) è riportata nella figura
seguente; i singoli tratti, una volta isolati dal resto della struttura, sono rappresentati da travi già
incontrate in precedenza, per le quali si sono sfruttati risultati noti.

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Lezione n. 11 – pag. XI.10

5FL/32 3FL/16
3FL/8
F F
A B C A C

3FL/16
F F B
5FL/16 5FL/32
L 5FL/16

D D

L/2 L/2 L/2 L/2

A
Fase II
In fase II occorrerà ripartire la reazione del vincolo ausiliario in B, cambiata di segno, tra le varie
aste che concorrono in B, una volta stabiliti i valori delle rigidezze alla rotazione in B di tali aste.
I due tratti AB e BC sono rappresentati da travi semplicemente appoggiate, per le quali si è già visto
che la rigidezza alla rotazione assume il valore 3R.
L’asta verticale DB è rappresentata da una trave nella quale, a causa delle osservazioni effettuate in
ZZ
fase di riduzione dei movimenti indipendenti, il valore del taglio è nullo. Si tratta quindi, una volta
che tale tratto venga isolato dal resto della struttura, di una trave in cui l’estremità inferiore è fissa,
quella superiore è libera sia di traslare che di ruotare: si è quindi in presenza di una mensola
sottoposta ad un momento costante, per la quale si era già ricavato un valore della rigidezza alla
rotazione pari ad R.
MDB=-MBD
D ϕB B k BD =
EJ
L
t=-1
L MBD
O
Si può quindi ricavare il valore della rigidezza totale alla rotazione del nodo B
k B = k BA + k BC + k BD = 3R + 3R + R = 7R
e, di seguito, i valori dei coefficienti di ripartizione
k 3R 3 k 3R 3 k R 1
ρ BA = BA = = , ρ BC = BC = = , ρ BD = BD = =
B

kB 7R 7 kB 7R 7 kB 7R 7
E’ quindi possibile “ripartire” il momento flettente tra le varie aste, ottenendo i risultati riportati in
figura seguente, in cui, per semplicità di scrittura, si è posto:
3
M= FL
16
Inoltre, il valore della rotazione in B assume il valore

2M 2M  3  1 L 3 FL2
φB = = =  FL  =
kB 7R  8  7 EJ 56 EJ

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Lezione n. 11 – pag. XI.11

2M
3FL/8=2M

6M/7
A C A B C
B 2M/7

6M/(7L)

6M/7
L 6M/(7L)

D D
2M/7
L/2 L/2 L/2 L/2

A
Fase I + Fase II
Sommando i risultati ottenuti nelle due fasi, si ottiene infine la soluzione della struttura, riportata in
figura seguente in termini di reazioni vincolari e diagrammi del momento flettente.
53M/42
M/7
F
A C
ZZ 53M/(21L)
F
B
M/7

53M/42
53M/(21L) L

2M/7 D
2M/7
L/2 L/2 L/2 L/2
O
Un’ultima osservazione riguarda il valore dello spostamento orizzontale w del traverso, assunto
come movimento dipendente dagli altri. E’ possibile risalire al valore di w considerando che, in fase
I, tale valore è nullo (come si può facilmente osservare dal fatto che l’elemento verticale BD è
scarico e quindi non nascono movimenti in nessuna delle sue sezioni e, quindi, neanche in B).
In fase II, tale spostamento può essere valutato attraverso il valore che si avrebbe in una mensola di
luce L sottoposta ad un momento flettente costante pari a 2M/7.
B

Si è già avuto modo di osservare, in lezioni precedenti, che gli spostamenti dell’estremità libera di
una mensola sottoposta a momento costante ammontano a:

M* M*L M * L2 L
φB = = , wB = = φB
R EJ 2EJ 2
dove M* è il valore del momento flettente cha agisce sulla mensola. Di conseguenza si ha

L  3 FL2  L 3 FL3
w B = φB = =
2  56 EJ  2 112 EJ

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