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ABSALOM, IL FIGLIO PERDUTO

Giancarlo Larossa
www.parolaviva.com
1970gian@libero.it

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ABSALOM, IL FIGLIO PERDUTO
“Poi Absalom s’imbatté nella gente di Davide. Absalom cavalcava un mulo; il
mulo entrò sotto i fitti rami di una grande quercia e il capo di Absalom rimase
impigliato nella quercia, e così rimase sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che
era sotto di lui passava oltre”(2 Samuele 18:9).
Absalom come sappiamo è figura del diavolo. Certamente questo non vuole
significare che tutto di lui ci parla del grande seduttore, ma la figura predominante
della sua immagine, per come appare nelle scritture, ci da questa idea. In queste
righe non possiamo trattare minutamente la vita di Absalom; sarebbe sicuramente
molto istruttivo. Là dove c’è molto male, vi sono grandi lezioni.
Absalom, figlio ribelle. Per Davide è stata una tappa difficilissima della sua vita
affrontare questa anomalia, che le conseguenze del peccato causano, sebbene anche
nella casa dell’unto del Signore… Affianco ai grandi servi di Dio, si trovano grandi
servi del maligno; aimè spesso anche nella propria famiglia. Due principali lezioni
apprendiamo da questo: una, di fare molta attenzione, nel senso di non farsi illusione
alcuna che là dove siamo noi, i nostri famigliari sono sempre al sicuro, o esenti da
certi mali o seduzioni; l’altra, ci incoraggia personalmente, che se anche dovesse
capitare a noi, Dio rimane pur sempre con noi. Sappiamo come certi episodi e
condizioni vengono scambiate, nel mondo religioso, come segni che Dio si sia ritirato
dallo sfortunato genitore, o che Dio stia punendo per qualche presunto male o
peccato da lui commesso. Non ci soffermiamo su questo.
Davide dunque scelse i guerrieri e li passò in rassegna (v.1). Quando si fa una
scelta di guerrieri, è necessario costituire delle guide, i capitani. Questi fu Davide che
li scelse. Nello stesso modo, Gesù, il gran Re, sceglie dei soldati, li passa in rassegna,
li conta, li esamina. E’ da ricordare l’episodio di Gedeone e della scelta dei trecento
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in parallelo. Quando trovati, sempre Lui sceglie dei ministri adatti a svolgere il ruolo
di guide… di centinaia, di migliaia.
Dopo che Davide assegnò le schiere ai tre capitani di fiducia, volle guidare
personalmente la battaglia, ma il popolo glielo sconsigliò. Gli dissero: ≪E’ meglio
dunque che tu sia pronto a darci aiuto dalla città≫ (v.3). Il re acconsentì. Anche
se in battaglia, il popolo di Dio, sa che può ricevere aiuto dalla città. Nella battaglia
abbiamo un potente aiuto dalla casa del Padre. Là dove sono riposte le nostre
provviste, là dove la ruggine (il peccato) non consuma. Da dove ci viene l’aiuto, come
anche Enok profetizzava: ≪Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi…≫
(Giuda v. 14). Il Signore viene e interviene dalla sua santa dimora, con il suo esercito:
≪Egli manderà dal cielo a salvarmi; egli sgrida colui che vuole divorarmi, Dio
manderà la sua benignità e la sua verità≫ (Salmo 57:3).
C’è stato un tempo in cui l’Iddio invisibile camminò attraverso un corpo di carne;
diede la sua vita come prezzo di riscatto, una volta, e quando risuscitò salì nel cielo
da dove intercede e interviene a beneficio dei suoi.
Davide diede l’ordine di non far del male a suo figlio Absalom (v.5). In qualche
modo voleva proteggere suo figlio dalla morte, pur cosciente della parola del profeta
Nathan (2Samuele 12:10-12). Contro i decreti di Dio, soprattutto legati a dei nostri
peccati, non si può fare nulla; solo, rimettersi alla sua grazia.
≪Così l’esercito uscì in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta
di Efraim≫ (v.6). Questa precisazione è per dirci più che il luogo materiale dove si
svolse la attaglia; sta ad indicarci dove si devono svolgere le nostre battaglie
possibilmente e in quale condizione. Efraim significa fruttifero. Questo ci insegna
com’è importante farsi trovare ricchi di frutti dello Spirito. In questo modo potremo
essere vincitori. I frutti dello Spirito, ci danno forza per vincere le battaglie del
Signore. Agli attacchi improvvisi del nemico, quand’egli si insinua nella foresta della
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nostra vita (l’anima, nella sua natura selvatica è come una foresta), troverà i frutti
dello Spirito, supportati dalle piante forti che li sostengono, a fargli resistenza. Se
leggiamo 2 Pietro 1:1-16, specie dal verso otto all’undici, vediamo come è importante
essere muniti di tali frutti.
Essi sono il carattere di Cristo in noi; per questo è detto: ≪Colui che è in voi è più
grande di colui che è nel mondo≫ (1 Giovanni 4:4).
Continua nel verso sette del nostro studio: ≪Il popolo d’Israele fu la sconfitto
dai servi di Davide; e in quel luogo la strage fu grande≫. Il messaggio nella
informazione della foresta di Efraim continua, insistente e profetica: ≪La battaglia
si estese su tutta la regione; e la foresta divorò più gente di quanta ne avesse
divorato la spada≫ (v.8).
Vediamo come quella foresta divorò più persone che gli stessi guerrieri con la
spada. Possiamo dire in qualche modo, che la foresta che si trova in noi, cioè, quel
che rappresenta i frutti dello Spirito, con i suoi frutti, annienta “naturalmente” più
nemici che con l’intervento dell’uomo, più che i nostri sforzi. Spesso siamo soliti
aiutarci e farci aiutare, resistere e combattere con qualche mezzo o qualche esercito.
Ci concentriamo più in qualche espediente, che non in quella consacrazione continua
e crescente, da produrre in noi i Suoi frutti. Come abbiamo detto, i frutti dello Spirito
sono le virtù e caratteristiche di Cristo piantate nella nostra vita. Essendo
caratteristiche della persona divina di Gesù, sono già di per se stesse segno di vittoria
sui veri nemici dell’anima.
Furono sconfitti i guerrieri (le conseguenze), il capo (la causa) ancora resisteva
e combatteva. Giunse il momento decisivo della battaglia; da un lato Absalom,
elettosi re da solo e figlio di Davide; dall’altra, Davide e i suoi uomini, il vero re
stabilito da Dio per Israele. L’auto elezione di Absalom ci ricorda quella di Satana
quando di lui è detto: ≪Tu dicevi in cuor tuo: Io salirò in cielo, innalzerò il mio
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trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte
estrema del nord; salirò sulle parti più alte delle nubi, sarò simile all’Altissimo.
Invece sarai precipitato nello Sceol, nelle profondità della fossa≫ (Isaia 14:12-15).
Absalom si conduceva così, secondo lo stesso spirito di Lucifero.
≪Poi Absalom si imbatté nella gente di Davide. Absalom cavalcava un mulo;
il mulo entrò sotto i fitti rami di una grande quercia e il capo di Absalom rimase
impigliato nella quercia, e così rimase sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che
era sotto di lui passava oltre≫ (v.9).
Absalom fu ostinato nella sua ribellione e nei suoi propositi, e in questa scena
si può vedere come la sua ostinatezza viene raffigurata. Il mulo rappresenta questa
sua ostinatezza e la mancanza di intendimento. Il mulo è un animale ibrido, un
misto. Non può riprodursi, e non si può definire quel che è di preciso, se un asino o
un cavallo. Lui cavalcava questo! Il mulo, l’ostinatezza e la stoltezza, lo fece
imbattere in una grande quercia, nei suoi folti rami. In questi rimase impigliato col
capo, segno della sua mente ostinata. Nello stesso modo Giuda; si impiccò per il suo
tradimento nei confronti di Gesù, e il suo peccato (il mulo) lo portò fra i rami di
quella pianta dove fu appeso dal suo capo; quella mente diabolica.
Rimane un avviso a guardarsi dall’ostinatezza e superbia, con tutti i suoi frutti,
che cavalcandole, potremo presto trovarci afferrati per il capo, quel capo formulante
pensieri malvagi. Quei folti rami, rappresentano le ramificazioni dei pensieri tortuosi
della mente. E’ importante dunque imparare e considerare quanto sia pericoloso
nutrire, seguire, cavalcare, pensieri di ribellione e di guerra. Diremmo: ma io non
amo guerreggiare. Basta che non difendi la pace con forza che subito scivolerai in
qualche guerra. Quando il nemico non può insinuarsi direttamente in modo
grossolano, lo fa da un altro lato; quello religioso, attraverso qualche giustizia…
Il Signore vuole che tu combatta per la pace.
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Nessuna forza, nessun nemico può vincere quelle querce che Dio ha piantato
dentro di noi. ≪Per accordare gioia a quelli che fanno cordoglio in Sion, per dare
loro un diadema invece della cenere, l’olio della gioia invece del lutto, il manto
della lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di
giustizia, la piantagione dell’Eterno per manifestare la sua gloria≫ (Isaia61:3).
Lo scopo, in quell’ “affinché”, del ristoramento è che, quelli che sono di Sion
saranno querce di giustizia ed anche una piantagione, per manifestare la gloria del
Signore. Nello stesso modo la storia che abbiamo esaminato brevemente, ci parla di
Efraim, che significa fruttifero; la foresta, la piantagione e la quercia. Tutto questo
possa considerarsi in noi, e per vivere, e per combattere; affrontare le battaglie.
≪Dimorate in me e io dimorerò in voi; come il tralcio non può da se portare frutto
se non dimora nella vite, così neanche voi, se non dimorate in me. Io sono la vite,
voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto, poiché senza di me
non potete fare nulla≫ (Giovanni 15:4,5).
≪Voi li riconoscerete dai loro frutti≫ (Matteo 7:16).
≪Ripieni di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo≫ (Filippesi
1:11).
Consideriamo la contraddizione; Absalom significa: padre della pace. Mentre, il
suo carattere era, padre della guerra. Questo ci insegna come non è chi si chiama col
nome delle cose buone che è realmente buono. Spesso, il definirsi e il presentarsi
attraverso buone cose, è per mascherare, nascondere e sedurre. Pur così, quando
l’avversario si insinua nella foresta della vita dei santi, si imbatterà in una imponente
quercia; dovrà fare i conti con essa e con tutti i frutti che troverà. Fra quei rami
robusti, i pensieri (il capo) perversi ispirati da un tal seduttore, rimangono
impigliati. Come afferma l’apostolo Paolo: ≪Infatti anche se camminiamo nella
carne, non guerreggiamo secondo la carne, perché le armi della nostra guerra non
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sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortezze, affinché distruggiamo le
argomentazioni ed ogni altezza che si eleva contro la conoscenza di Dio e rendiamo
sottomesso ogni pensiero all’ubbidienza di Cristo≫ (2 Corinzi 10:3-5).
Dopo che Absalom rimase impigliato e sospeso, fu ucciso da Joab con una
lancia al cuore. Di subito altri dieci soldati lo circondarono e lo finirono (v.14,15).
Quando la notizia giunse a Davide, egli reagì come qualunque padre reagirebbe.
Leggiamo con devozione:
≪Allora il re, fremendo tutto, salì nella camera che era sopra la porta e
pianse; mentre andava diceva: O mio figlio Absalom; mio figlio, mio figlio Absalom!
Fossi morto io al tuo posto, o Absalom figlio mio, figlio mio!≫ (v.33).
Riprendiamo il discorso. Prima della venuta di Gesù eravamo sotto la legge,
quella che chiamiamo legge di Mosè. Iddio stesso pensava e desiderava salvare
l’umanità, ma con l’inserimento del peccato, e poi della legge, siamo entrati nella
condanna. Siamo diventati nemici di Dio, figli d’ira (Efesini 2:3. Romani 5:10). Si
parla di nemici nella nostra mente (Colossesi1:21),
Quando Iddio si fece Uomo, prese su di se questa condanna e risolse il
problema della inimicizia, distruggendo il motivo della condanna, la legge. Essa
esigeva un sacrificio perfetto che, nel mondo contaminato non si poteva trovare. Per
questo venne Egli stesso (Isaia 35:4). Quindi, la legge (Joab) trafisse il cuore di
Absalom, lo giudicò, visto anche come l’impersonificazione del peccatore e del
ribelle. Dieci scudieri (i dieci comandamenti) lo finirono. L’uomo, solo con le sue
forze non può resistere nella perfezione dei comandamenti. Alla fine di questo
quadro, vediamo il padre, Davide; il modo come piange il figlio ribelle. In quel
pianto straziante, si odono le note strazianti di un amore verso il peccatore e il
perduto. Davide aveva ordinato ai soldati di non fare del male a suo figlio, per
riguardo a Davide, non come re ma come padre. Nello stesso modo Iddio, aveva nel
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cuore di salvare la sua creazione, perché ama il peccatore. Ma l’intervento della legge
a motivo del peccato aveva prodotto la morte attraverso il giudizio. Nella figura di
Absalom, si incrociano il Figlio di Dio, e il peccato. Sospesi entrambi fra cielo e terra;
uno per la SUA ribellione e peccato; l’altro, per la NOSTRA ribellione e peccato. Nel
pianto commovente di Davide, vediamo il pianto del Padre celeste, in cui risalta il
gran dolore della perdita di un figlio amato. Attraverso quello strazio, il dolore
profetico di come l’umanità, tanto amata da Dio, avrebbe trattato il suo Unico Figlio.
La nostra condizione in quel Pianto. Da quel pianto e da quel continuo ripetere
“figlio mio”, possiamo appena immaginare il pianto e il dolore immenso del nostro
caro Padre celeste. Se entriamo nello spirito di quel pianto, possiamo toccare il cuore
infinito di Dio. Quanti mali da noi verrebbero meno!
Attraverso questo vediamo il significato di quella parola che dice:
≪…L’Agnello, che è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo≫ (Apocalisse
13:8). Eravamo morti senza quell’intervento. La legge, proprio per la sua perfezione e
giustizia ci trovava infedeli e meritevoli di morte. Aveva affondato la sua lancia nel
cuore, quel cuore che Dio si ha serbato e riscattato per farne la sua dimora (Ezechiele
18:31; 36:26). I comandamenti, simboleggiati nel numero dieci, hanno finito, portato
a termine quel che la legge esigeva. Ma quel pianto… Oh; quel pianto che ci parla di
quella redenzione, di quei pensieri di pace (Geremia 29:11), ha rimesso ogni cosa al
suo posto. Come disse Davide: Fossi morto io al posto tuo! Anche Paolo disse lo
stesso: ≪Infatti desidererei essere io stesso anatema e separato da Cristo, per i miei
fratelli≫ (Romani 9:3). Ma questi slanci sinceri, ma non realizzabili da noi, non
sono altro che l’ombra, e il riflesso di chi si offerse e potè farlo; Gesù Uomo.
Ora, il dare la nostra vita non è per riscattare altri; già è atto compiuto da Cristo, ma
per partecipare a quelle sofferenze, per qui è stato pagato il riscatto.Ci dia il Signore
di sottomettere il nostro capo ai Suoi pensieri, amen!
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